5
INTERAZIONE TRA FOTONI E PARTICELLE DI GAS COLLISIONE FRA PARTICELLE DI GAS ORIZZONTE DEGLI EVENTI di Jean-Pierre Lasota Fino a tempi recenti, l'esistenza dei buchi neri non era stata realmente dimostrata. Ma ora gli astronomi hanno forse ottenuto una prova diretta, evidenziando come l'energia svanisca da certi volumi di spazio senza lasciare tracce Smascherare i buchi neri I n tutto l'universo si può avvertire la presenza dei buchi neri. Questi oggetti affascinanti si trovano nel centro di molte galassie (compresa la Via Lat- tea), formano coppie con stelle normali in sistemi binari e forse vagano anche da soli nel mezzo interstellare. Sono i corpi più compatti dell'universo e contengono la forma di materia più estrema che sia nota alla scienza: la concentrazione di una massa arbitrariamente grande in quello che si avvicina a un punto in senso matema- tico. E le sfide che essi pongono agli osservatori sono corrispondentemente enormi. Dopo tutto, sono realmente neri: non emettono radiazione elettromagnetica, alme- no non a livelli che gli astronomi possano mai sperare di rilevare. Per dedurne l'esistenza, i ricercatori hanno dovuto affidarsi a due argomentazio- ni differenti. Presso i nuclei galattici, le stelle si muovono così rapidamente che solo l'attrazione gravitazionale di una massa enorme - equivalente anche a un miliardo di soli - può impedire che vengano scagliate verso l'esterno. Qualunque cosa sia questa massa deve essere estremamente densa, e non si conosce alcuna alternativa teorica a un buco nero. In secondo luogo, molti nuclei galattici e sistemi binari espellono quantità colossali di materia e radiazione; devono quindi contenere un meccanismo straordinariamente efficiente per generare energia. In teoria, la »mac- china» più efficiente possibile è un buco nero. Tutte queste osservazioni, però, provano solamente l'esistenza di un qualche tipo di corpo compatto. Non permettono di identificare con certezza i buchi neri in base a una delle loro caratteristiche peculiari; la deduzione dell'esistenza di un buco nero si compie escludendo ogni altra possibilità. Nei sistemi binari l'identificazione è particolarmente ambigua perché c'è un'altra classe di corpi comArtti dotati di alcune proprietà dei buchi neri: le stelle di neutro- ni. Si tratta anc n questo caso di una forma estrema di materia, compressa dalla ---gravità-figo a de sità colossali, caratteristica delle ultime fasi di vita di molte stelle massicce. Un stella di neutroni di I massa solare ha lo stesso raggio (circa 30 chi- lometri) del ' rizzonte degli eventi» c delimita un buco nero di 10 masse solari. FOTONE PARTICELLA DI GAS _/ COLLISIONE RA PARTICELL DI GAS I 'ardua discesa in un buco nero avviene in modo dif- ferente a seconda che il gas in caduta sia denso (metà di sinistra dell'illustrazione) o rarefatto (metà di de- stra). Se il gas è denso, le collisioni fra particelle - che liberano fotoni - sono frequenti. In questo modo, il moto di caduta viene trasformato in moti casuali (ov- vero in calore) e radiazione. Quando le particelle at- traversano l'orizzonte degli eventi del buco hanno or- mai perduto la maggior parte della loro energia. I fo- toni diretti verso l'esterno sono degradati dalle intera- zioni con la materia. Se invece il gas è rarefatto, le col- lisioni sono rare, e i fotoni interagiscono poco con la materia. Quando le particelle precipitano, portano con sé tutta l'energia di moto che possiedono; in que- sto caso, la capacità della singolarità di Aivorare- energia diventa più facile da osservare. SINGOLARITÀ

Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

INTERAZIONE TRA FOTONIE PARTICELLE DI GAS

COLLISIONE FRAPARTICELLE DI GAS

ORIZZONTE

DEGLI EVENTI

di Jean-Pierre Lasota

Fino a tempi recenti, l'esistenza dei buchi nerinon era stata realmente dimostrata. Ma ora gli astronomihanno forse ottenuto una prova diretta, evidenziandocome l'energia svanisca da certi volumidi spazio senza lasciare tracce

Smascherare i buchi neri I

n tutto l'universo si può avvertire la presenza dei buchi neri. Questi oggettiaffascinanti si trovano nel centro di molte galassie (compresa la Via Lat-tea), formano coppie con stelle normali in sistemi binari e forse vagano anche

da soli nel mezzo interstellare. Sono i corpi più compatti dell'universo e contengonola forma di materia più estrema che sia nota alla scienza: la concentrazione di unamassa arbitrariamente grande in quello che si avvicina a un punto in senso matema-tico. E le sfide che essi pongono agli osservatori sono corrispondentemente enormi.Dopo tutto, sono realmente neri: non emettono radiazione elettromagnetica, alme-no non a livelli che gli astronomi possano mai sperare di rilevare.

Per dedurne l'esistenza, i ricercatori hanno dovuto affidarsi a due argomentazio-ni differenti. Presso i nuclei galattici, le stelle si muovono così rapidamente che solol'attrazione gravitazionale di una massa enorme - equivalente anche a un miliardodi soli - può impedire che vengano scagliate verso l'esterno. Qualunque cosa siaquesta massa deve essere estremamente densa, e non si conosce alcuna alternativateorica a un buco nero. In secondo luogo, molti nuclei galattici e sistemi binariespellono quantità colossali di materia e radiazione; devono quindi contenere unmeccanismo straordinariamente efficiente per generare energia. In teoria, la »mac-china» più efficiente possibile è un buco nero.

Tutte queste osservazioni, però, provano solamente l'esistenza di un qualche tipodi corpo compatto. Non permettono di identificare con certezza i buchi neri in basea una delle loro caratteristiche peculiari; la deduzione dell'esistenza di un buco nerosi compie escludendo ogni altra possibilità.

Nei sistemi binari l'identificazione è particolarmente ambigua perché c'è un'altraclasse di corpi comArtti dotati di alcune proprietà dei buchi neri: le stelle di neutro-ni. Si tratta anc n questo caso di una forma estrema di materia, compressa dalla

---gravità-figo a de sità colossali, caratteristica delle ultime fasi di vita di molte stellemassicce. Un stella di neutroni di I massa solare ha lo stesso raggio (circa 30 chi-lometri) del ' rizzonte degli eventi» c delimita un buco nero di 10 masse solari.

FOTONE

PARTICELLA DI GAS

_/•

COLLISIONERA PARTICELL

DI GAS I 'ardua discesa in un buco nero avviene in modo dif-ferente a seconda che il gas in caduta sia denso (metàdi sinistra dell'illustrazione) o rarefatto (metà di de-stra). Se il gas è denso, le collisioni fra particelle - cheliberano fotoni - sono frequenti. In questo modo, ilmoto di caduta viene trasformato in moti casuali (ov-vero in calore) e radiazione. Quando le particelle at-traversano l'orizzonte degli eventi del buco hanno or-mai perduto la maggior parte della loro energia. I fo-toni diretti verso l'esterno sono degradati dalle intera-zioni con la materia. Se invece il gas è rarefatto, le col-lisioni sono rare, e i fotoni interagiscono poco con lamateria. Quando le particelle precipitano, portanocon sé tutta l'energia di moto che possiedono; in que-sto caso, la capacità della singolarità di Aivorare-energia diventa più facile da osservare.

SINGOLARITÀ

Page 2: Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

SOLE •

PARTICELLA

DI GAS

3.

• • • •

\.;•• 1,4 M LIONI DI KM

•-11.n

• t4— •

NANA BIANCA e • ./it. _1111%)

2,04 471.41 11

P le» IN". IP* eO ql . eAP i 10:194. 111.e ' fieeil I/ / 3,4011"t o

itAjayll9P. 41SEtioE

i. • . il. •

41.0 • 0 vi

4 4» efingili• lin or15 INath 11 4/ di 20li ~S li,

10 000 KMSO

10-6

••

Le caratteristiche osservabili, qualila temperatura della materia in caduta,non permettono di distinguere i dueoggetti. Un problema centrale dellostudio dei buchi neri è proprio quellodi scoprire un modo per distinguerlidalle stelle di neutroni.

Esiste però una differenza fra stelledi neutroni e buchi neri: le prime han-no una superficie solida su cui la mate-ria può accumularsi, mentre ciò checade su un buco nero viene inghiottitoe scompare. Ciò altera lievemente laradiazione emessa dalle vicinanze delcorpo e permette agli astronomi di di-mostrare che gli oggetti più strani del-l'universo esistono realmente.

Densità variabileL'intensa gravità dei buchi neri è ciò

che li rende macchine così efficienti.L'orizzonte degli eventi è una superfi-cie da cui nulla può sfuggire, anchemuovendosi alla velocità della luce.Gli oggetti sono attratti verso l'oriz-zonte a una velocità corrispondente-mente elevata e possono collidere conaltri corpi, spezzandosi. L'effetto èquello di riscaldare la materia presso ilbuco nero. Dato che gli oggetti si muo-vono quasi alla velocità della luce, l'e-nergia cinetica disponibile per la tra-sformazione in calore è confrontabilecon quella intrinseca della loro massaa riposo (E = mc2 ). Per tornare al pun-to di partenza, lontano dal buco nero,un oggetto dovrebbe perdere una fra-zione significativa della propria massae convertirla in pura energia. In questosenso, i buchi neri trasformano la mas-sa a riposo in energia termica.

L'efficienza di questa conversionedipende dalla velocità di rotazione delbuco nero. Il momento angolare è unadelle poche proprietà che la materiaconserva quando entra a far parte diun buco nero; sebbene la rotazionenon possa essere osservata direttamen-te, essa distorce lo spazio-tempo neipressi dell'orizzonte. Un buco nero,però, non può ruotare a velocità arbi-traria: al di sopra di una certa velocità,la sua superficie cesserebbe di esistere.Un buco nero rotante a una velocitàvicina a quella massima potrebbe con-vertire in energia il 42 per cento dellamassa che vi cade sopra, mentre unbuco stazionario ne convertirebbe il 6per cento. Per confronto, l'efficienzadella fusione termonucleare nelle stelleordinarie è dello 0,7 per cento; il valo-re relativo alla fissione dell'uranio èappena dello 0,1 per cento.

Se le particelle intorno al buco neropossono scambiarsi energia - peresempio tramite collisioni - la materia

in caduta può diventare inimmagina-bilmente calda. La temperatura tipicadi un protone appena all'esterno del-l'orizzonte corrisponde alla conversio-ne di gran parte della sua massa in pu-ra energia, ovvero a 10 13 gradi. A unatemperatura simile, la materia dovreb-be splendere intensamente nei raggigamma; ma, sebbene i protoni - e gliioni in generale - siano facili da riscal-dare, non sono buoni emettitori dienergia. Viceversa, essi tendono a tra-sferire la propria energia a emettitoripiù efficienti, in particolare agli elet-troni, che generano fotoni di energiepiù basse, come i raggi X. Gli astrono-mi dovrebbero quindi osservare un'in-tensa emissione di raggi X da una re-gione ricca di elettroni.

In effetti, è proprio ciò che si è tro-vato in certi sistemi binari a raggi X. Ilprimo di essi fu scoperto nel 1962, eda allora se ne sono identificate diver-se centinaia. Essi sono le sorgenti diraggi X più luminose del cielo e si ritie-ne che siano formati da una stella or-dinaria in orbita intorno a un oggettoinvisibile. Alcuni emettono radiazionecontinua, altri, le cosiddette sorgenti diraggi X intermittenti, si osservano solodi tanto in tanto per periodi di alcunimesi, ma trascorrono la maggior partedella propria esistenza in uno statoquiescente, senza emettere raggi X oquasi. La maggior parte di questi siste-mi è stata vista una sola volta. Quan-

.11?t

200 250

do sono attivi emettono 1030-1031 wattin forma di raggi X: anche 100 000volte più dell'emissione totale del Sole.

La distribuzione di energia di questaradiazione è quasi sovrapponibile allospettro della radiazione di corpo nero,simile (benché molto più intenso) allospettro di oggetti disparati come il So-le, un carbone ardente e il corpo uma-no. Uno spettro di corpo nero è pro-dotto da un mezzo «otticamente den-so», dal quale i fotoni non possonosfuggire senza subire numerose colli-sioni con elettroni. Le collisioni di-struggono e creano fotoni, oscurandola sorgente originaria e «mediando» iparticolari di ogni interazione. Lospettro risultante dipende solo dallatemperatura e dalla dimensione dellasuperficie emittente. In un gas «ottica-mente trasparente», i fotoni non subi-scono quasi interazioni prima di sfug-gire e il loro spettro dipende dalle pro-prietà in dettaglio della materia.

La temperatura calcolata per le bi-narie a raggi X è di 107 gradi, coerentecon quella attesa per un buco nero.Per generare l'emissione osservata, ilbuco dovrebbe inghiottire da 10- 9 a10-8 masse solari all'anno, una stimain accordo con quella della velocitàcon cui la stella ordinaria perde massain favore della compagna. Così, le bi-natie a raggi X potrebbero essere laprova migliore dell'esistenza di buchineri di massa stellare.

SINGOLARITÀ

V

BUCO NERO STELLARE 6KM

AORIZZONTE DEGLI EVENTI

Nelle stelle, l'equilibrio fra gravità e un qualche tipo di pressione diretta verso l'esternodetermina la grandezza. (I tre oggetti mostrati sotto il Sole hanno tutti una massa paria 1 unità solare.) In una stella ordinaria, la pressione è prodotta dal gas e dovuta, in ul-tima analisi, alle reazioni nucleari nel suo centro. In una nana bianca - residuo lumino-so di una stella di tipo solare - la pressione è data dalla “ degenerazione» quantisticacreata dall'impaccamento degli elettroni. In una stella di neutroni - il residuo dell'e-splosione di una stella di grande massa - gli atomi sono schiacciati e i loro nuclei sonoimpilati strettamente l'uno contro l'altro. In un buco nero non vi è pressione direttaverso l'esterno; la gravità non è controbilanciata da altri fattori e la stella collassa finoquasi a un punto all'interno di una superficie di non ritorno: l'orizzonte degli eventi.

Misurare le pulsazioni

Identico ragionamento si può peròapplicare anche a una stella di neutro-ni. Meno potente di un buco nero, èpur sempre una «macchina »rispettabi-le: la materia che cade sulla sua super-ficie può raggiungere una velocità paria metà di quella della luce e venir con-vertita in energia con un'efficienza del10 per cento circa, non molto lontanada quella di un tipico buco nero.

In effetti, gli astronomi sanno chel'oggetto compatto contenuto in moltisistemi binari non è un buco nero. Siritiene che le radiopulsar individuatein diverse binarie siano, così come lepulsar isolate, stelle di neutroni ma-gnetizzate in rapida rotazione. I buchineri non possono avere campi magne-tici; sono oggetti quasi privi di caratte-ristiche e non sono in grado di genera-re gli impulsi regolari emessi dalle pul-sar. Così pure, le pulsar a raggi X nonpossono essere buchi neri. Qualsiasipulsazione stabile e regolare esclude lapresenza di un buco nero. Anche im-pulsi irregolari di raggi X denuncianouna stella di neutroni, che costituisceuna superficie sulla quale la materiapuò accumularsi e, di tanto in tanto,esplodere (si veda l'articolo Binarie araggi X di Edward P. J. van den Heu-vel e Jan van Paradijs in «Le Scienze»n. 305, gennaio 1994).

Purtroppo, non è vero il contrario:l'assenza di pulsazioni o di impulsi ir-regolari non implica l'esistenza di unbuco nero. Per esempio, una stella dineutroni che accumuli materia a unavelocità molto elevata non dovrebbeprodurre impulsi di raggi X. E, datoche le velocità d'accrescimento varianocol tempo, sono sempre possibili sor-prese. Un caso eloquente è quello delsistema Circinus X-1: si ipotizzava checontenesse un buco nero fino al giornoin cui iniziò a produrre impulsi X.

I buchi neri hanno due proprietàche possono indicarne la presenza inun sistema binario: la mancanza diuna superficie solida e la massa illimi-tata. In un buco nero la massa è deter-minata dal modo in cui esso si è for-mato, in particolare dalla massa dellastella che lo ha generato, e dalla quan-tità di materia che è riuscito a inghiot-tire. A differenza di quanto avvieneper altri oggetti compatti, come le stel-le di neutroni, nessun principio fisicolimita la massa di un buco nero.

La massa di un oggetto che non siaun buco nero è limitata dalla sua capa-cità di sostenere il proprio stesso peso.Nelle stelle ordinarie, i moti termicidelle particelle - alimentati dalla fusio-ne termonucleare - producono la pres-

o

50 100 150

GIORNI DOPO IL PICCO DELL'EVENTO

Un lampo di raggi X emessi da una sorgente intermittente ha raggiunto la massima in-tensità il 13 agosto 1975. Nel corso di alcune settimane, l'intensità (asse verticale) è au-mentata di un fattore almeno pari a 10 000. Questa sorgente di raggi X, chiamataA0620-00 e situata nella costellazione del Liocorno, è stata la più brillante mai osserva-ta. Gli astronomi avevano individuato un lampo di luce visibile proveniente dalla stessaregione anche 58 anni prima, ma all'epoca non si possedevano rivelatori di raggi X.

NANBIAN

38

LE SCIENZE 371/luglio 1999

LE SCIENZE 371/ luglio 1999

39

Page 3: Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

DISCO DIACCRESCIMENTO

Ai*

STELLA DINEUTRONI

ché si sovrappongono, generando unapressione diretta verso l'esterno.

Le proprietà della materia nuclearedegenere non sono ben note, in quan-to occorre tenere conto delle intenseinterazioni tra i neutroni e i loro quarkcostituenti (si veda l'articolo L'equa-zione di stato del nucleo di Hans Gut-brod e Horst Stócker in «Le Scienze»n. 281, gennaio 1992). Per questa ra-gione, non è certo quale sia la massapiù elevata possibile per una stella dineutroni, benché un semplice ragiona-mento possa indicare il massimo asso-luto. In una stella degenere l'attrazionegravitazionale aumenta con la massa;per resisterle, la materia deve diventarepiù rigida. Al di sopra di una certamassa critica, però, diventerebbe cosìrigida che il suono si propagherebbe auna velocità superiore a quella dellaluce, in contraddizione con i principidi base della relatività. Questa massacritica è pari a circa 6 masse solari. Se-condo calcoli più dettagliati eseguiti dagruppi americani, francesi e giappone-si, il valore massimo è in realtà inferio-re a 3 masse solari; e, di fatto, le stelledi neutroni conosciute non superanomai le 2 masse solari.

Per un processo di esclusione, i bu-chi neri - o, più prudentemente, i can-didati a buchi neri - devono esserequindi oggetti compatti di massa supe-riore a 3 unità solari. Nei sistemi bina-ri, la misurazione delle velocità dei duecorpi, insieme con le leggi di Kepleroche descrivono i moti orbitali, pone unlimite inferiore sicuro alle masse stella-ri. Attualmente si conoscono sette bi-narie intermittenti a raggi X nelle qua-li l'oggetto compatto certamente sod-disfa questo criterio per un buco nero.

Con alcune ipotesi aggiuntive, si è sti-mato che la massa di questi buchi nerivari da 4 a 12 unità solari.

L'identificazione di questi oggetticome buchi neri sarebbe più affidabilese essi mostrassero l'altra caratteristicache una stella di neutroni non puòavere: un buco nero è privo di superfi-cie solida. L'orizzonte degli eventi èsolo una superficie di non ritorno; tut-to ciò che la attraversa scompare irre-vocabilmente dal nostro universo.

Se una massa di plasma caldo checade in un buco nero non ha tempo asufficienza per irradiare la propriaenergia termica, il calore viene trasci-nato nel buco insieme con la materia.La sua energia non verrà mai vista daosservatori lontani, ma sparirà passan-do attraverso l'orizzonte degli eventi.Questa perdita non viola la legge diconservazione della massa-energia, inquanto l'energia termica viene incor-porata nella massa del buco nero; tut-tavia essa riduce in misura notevolel'efficienza apparente del «motore» delbuco nero. Viceversa, quando il pla-sma caldo cade su una stella di neutro-ni, tutta la sua energia termica finisceper essere irradiata, o dal plasma stes-so o dalla superficie della stella.

Pertanto buchi neri e stelle di neu-troni dovrebbero essere facilmente di-stinguibili quando la materia in cadutaè, per qualche ragione, incapace di ir-radiare il proprio calore prima di in-contrare l'orizzonte degli eventi o lasuperficie della stella. A una conferen-za tenuta a Kyoto nel 1995, ho deno-minato questi flussi ADAF (advection-dominated accretion flows), termineormai comunemente usato. Nei plasmimolto caldi e rarefatti, per esempio, si

0,25 0,5 0,75 1,0 1,25

1,5

1,75

2,0TEMPO (PERIODI ORBITALI)

Le oscillazioni di luminosità della stella compagna hanno permesso di«pesare» il buco nero nel sistema binario GRO J1655-40. Di norma unastella non mostra variazioni di luminosità come quelle nel grafico; la stel-la di questo sistema, però, è stata deformata dalla gravità del buco nero.Come una pera, è più grande se vista di lato e quindi sembra emettere piùluce. ( nel riquadro). Il periodo orbitale rispecchia la massa del buco nero.

19 21 23 25

27

29APRILE 1996

Sei giorni dopo aver iniziato a diventare più luminoso nel visibile (a sini-stra), GRO J1655-40 ha cominciato a emettere raggi X (a destra).

Un buco nero colto sul fattodi Jeffrey E. McClintock

Tre possibili modalità di accrescimento portano all'emissione diradiazione in modi diversi. Il gas che cade spiraleggiando su unastella di neutroni libera gran parte della propria energia all'im-patto (a sinistra). Ma nel caso di un buco nero l'impatto nonavviene; il gas svanisce semplicemente oltre l'orizzonte degli

sione che impedisce il collasso. Mastelle come le nane bianche e le stelledi neutroni non generano energia; inquesti casi la pressione che si opponeall'attrazione gravitazionale è il risul-tato della cosiddetta degenerazione,una forza passiva che deriva da intera-zioni quantistiche a densità estreme.

Secondo il principio di esclusione diPauli, vi è un limite al numero di fer-mioni (una delle due classi di particelleelementari, che include elettroni, pro-toni e neutroni) che possono essere im-paccati in un dato spazio. In una nanabianca gli elettroni tentano di occupa-re i livelli energetici più bassi possibili.A causa del principio di Pauli, però,non possono stare tutti nel livello mi-nimo: solo a due elettroni è permessooccupare il medesimo stato energetico.Gli elettroni pertanto si «sovrappon-gono» fino a un certo valore dell'ener-gia, che dipende dalla densità. Questasovrapposizione crea una pressioneche si oppone alla gravità. (Lo stessoeffetto impedisce ai livelli elettronicidegli atomi di collassare l'uno sull'al-tro.) Come dimostrato nel 1930 da Su-brahmanyan Chandrasekhar, la massadi una nana bianca deve essere inferio-re a 1,4 masse solari.

Resistere alla gravitàNelle stelle di neutroni la densità è

così elevata che persino la degenera-zione elettronica non può opporsi allagravità. Gli atomi si deformano, pro-toni ed elettroni si impaccano forman-do neutroni e i nuclei atomici si fon-dono: il risultato è una sfera di neutro-ni. Le particelle non possono occuparetutte lo stesso livello energetico, cosic-

eventi. Se la sua densità è alta, e quindi si hanno collisioni fra gliatomi, il gas può liberare energia prima di raggiungere l'oriz-zonte (al centro) oppure trasporta con sé la propria energiamentre scompare (a destra). Gli astronomi sfruttano il tipo diradiazione rilevato per dedurre quale oggetto sia presente.

Per gli astronomi che sperano di osservare un buco nero

mentre inghiotte energia, il posto migliore dove cercaresono le sorgenti intermittenti di raggi X. Nel corso di una setti-mana, un tipico oggetto di questa classe può diventare un mi-lione di volte più brillante nei raggi X e 100 volte più brillantenel visibile; la sorgente mantiene questa luminosità per circaun anno prima di svanire e rimanere invisibile per 100 100 an-ni, per poi manifestarsi di nuovo. Tutte le altre sorgenti variabi-li di raggi X note non presentano simili intensi, pro-lungati e rari episodi di aumento della luminosità.

Gli astronomi stimano che nella nostra galassia visiano, ancora non identificate, alcune migliaia diqueste sorgenti di raggi X attualmente in quiete; unaventina di esse è stata individuata nel corso di unepisodio attivo. Ciascuna sorgente è un oggettocompatto (un buco nero o una stella di neutroni) chesta accumulando gas a spese della stella compagna.

Di questi sistemi, nessuno ha fornito informazionipreziose quanto GRO J1655-40, che ospita un buconero. Esso venne scoperto nel 1994 da Shuang NanZhang del Marshall Space Flight Center della NASA ecollaboratori, grazie al satellite Gamma Ray Observa-tory. Da allora, si sono osservate variazioni della velo-cità orbitale della stella compagna (che permettonouna misurazione precisa della massa dell'oggettocompatto); segni inequivocabili del fatto che il buconero sta ruotando rapidamente; una peculiare oscil-lazione proveniente dalle vicinanze del buco nero; egetti di materia che vengono espulsi a velocità vicinea quella della luce.

La velocità della compagna ha permesso agliastronomi di calcolare la massa minima che l'ogget-to compatto può avere: 3,2 volte quella del Sole. Unastima più esatta è stata difficile da ricavare perché di-pendeva dai valori di due ulteriori grandezze: la mas-sa della stella e l'inclinazione dell'orbita rispetto allalinea di vista. Essi sono stati ricavati dalle variazioni diintensità luminosa della stella nella sua orbita intor-no al buco nero (a destra al centro). L'intensità massi-ma corrispondeva alla vista laterale della stella (che èresa oblunga dalla gravità del buco nero); l'intensitàminima si aveva un quarto di orbita più tardi, quan-do la stella veniva a porsi di fronte. Per un colpo difortuna, si è scoperto che il piano dell'orbita e il discodi accrescimento si ponevano quasi di taglio rispettoalla nostra linea di vista. Inoltre la superficie dellacompagna era priva di chiazze (per esempio, macchie stellari).Si è potuta così effettuare la misurazione più precisa mai com-piuta per un candidato a buco nero: 7,0 masse solari.

Nel 1994 e nel 1996 GRO J1655-40 ha mostrato un compor-tamento senza precedenti per una sorgente intermittente araggi X, producendo due lampi a breve distanza di tempo.L'aumento dell'emissione nel visibile iniziò circa sei giorni pri-ma dell'inizio del lampo nei raggi X, il 25 aprile 1996 (a destra inbasso). I teorici ritengono che il ritardo si sia verificato perché lamateria impiega un certo tempo per diffondere verso l'internoe rendere più denso il gas nei pressi del buco nero. La formadello spettro nei raggi X faceva pensare che il buco ruotassequasi al 90 per cento della sua massima velocità possibile.

Quattro mesi più tardi Ronald A. Remillard del Massachu-setts lnstitute of Technology e collaboratori, usando il satelliteRossi X-ray Timing Explorer, rilevarono oscillazioni occasionali

nell'emissione X. Con una frequenza di quasi 300 al secondo, leoscillazioni erano le più veloci mai osservate in un sistema con-tenente un buco nero. Secondo la teoria, la frequenza della vi-brazione dipende dal raggio dell'orizzonte degli eventi del bu-co nero, che a sua volta dipende dalla massa e dalla velocità dirotazione del buco. Utilizzando la massa misurata per questosistema, gli astronomi stanno ora cercando di ottenere il primovalore certo per la velocità di rotazione di un buco nero.

Per diversi mesi dopo il lampo, due getti di materia ai latidella sorgente furono espulsi dal sistema a una velocità pari al92 per cento di quella della luce. L'accelerazione di questa ma-teria probabilmente aveva luogo al margine interno del discodi accrescimento, dove il gas è costretto a orbitare intorno albuco nero a una velocità quasi pari a quella della luce.

Ora il sistema è tornato nel suo stato di quiete. Anziché spi-raleggiare verso l'interno emettendo grandi quantità di raggiX, il gas precipita direttamente oltre l'orizzonte senza avere iltempo di irradiare prima di essere inghiottito. Così facendo, gliatomi del gas e circa il 99,9 per cento della loro energia spari-scono dal nostro universo per non ricomparirvi più.

JEFFREY E. McCLINTOCK lavora allo Harvard-Smithsonian Cen-ter for Astrophysics. Con i suoi collaboratori, nel 1986 ha scopertoil primo buco nero in una sorgente di raggi X intermittente.

40

LE SCIENZE 371/ luglio 1999

LE SCIENZE 371/ luglio 1999

41

Page 4: Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

LUCEVISIBILE

o

tu,

E

2

dovrebbero notare queste difficoltà diirradiazione. Pertanto gli astronomisono andati in cerca di sorgenti di rag-gi X e gamma che appaiano più debolidi quanto dovrebbero essere se la loroefficienza di irradiazione fosse intornoal 10 per cento.

Nello scaricoLa materia che precipita verso un

oggetto compatto non segue unatraiettoria rettilinea. A causa dellaconservazione del momento angolare,si dispone in orbite grosso modo cir-colari, dalle quali può scendere ulte-riormente solo se vi è attrito, che sot-trae momento angolare. L'attrito ri-scalda anche il gas in caduta. Se que-sto riesce a raffreddarsi in modo effi-ciente, perde energia orbitale e formauna struttura piatta e sottile: un discodi accrescimento. Si sono osservati di-schi di questo tipo in molti sistemi bi-nari (si veda l'articolo I dischi di ac-crescimento delle stelle binarie intera-genti di John K. Cannizzo e RonaldH. Kaitchuck in «Le Scienze» n. 283,marzo 1992). Ma se il raffreddamentoè inefficiente, come accade con gliADAF, la materia si dispone in unastruttura pressoché sferica.

Nel 1977, Setsuo Ichimaru dell'Uni-versità di Tokyo utilizzò questo con-cetto per spiegare alcune proprietà del-la binaria massiccia Cygnus X-1, con-tenente il primo candidato a buco neroche sia stato riconosciuto. Purtroppo,per motivi poco chiari, il suo lavoropassò inosservato. Il recente, vivace in-teresse per gli ADAF è iniziato nel1994, con semplici modelli teorici diADAF otticamente trasparenti realiz-zati da Ramesh Narayan e Insu Yi del-la Harvard University e da MarekAbramowicz e Ximing Chen dell'Uni-versità di Gothenburg, Shoji Kato del-l'Università di Kyoto, Oded Regev delTechnion di Haifa e da me. Nelle manidi questi ricercatori e di altri, qualiAnn Esin, Rohan Mahadevan e JeffreyE. McClintock dello Harvard-Smith-sonian Center for Astrophysics e Fu-mio Honma di Kyoto, i modelli ADAFsono passati di successo in successo.Per esempio, un ADAF descrive lospettro del centro galattico, confer-mando pienamente una proposta fattaa una conferenza, nel 1982, da MartinJ. Rees dell'Università di Cambridge.

Un tipo di sistema binario, definitointermittente a raggi X in quiete, sem-bra comportare un flusso di accresci-mento a due componenti. La parte in-terna è un ADAF; quella esterna formaun disco di accrescimento piatto. Que-sti sistemi trascorrono la maggior par-

In un sistema intermittente a raggi X il flusso d'accrescimento consiste in gas caldo, ra-refatto e organizzato in forma sferoidale (in rosa) circondato da un disco di accresci-mento freddo, denso e appiattito (in rosso). Nel normale stato di quiete (1) il gas caldocade nel buco nero emettendo solo una piccola quantità di radiazione: è il regime chegli astronomi chiamano ADAF (advection-dominated accretion flow). Ma durante unlampo di emissione il disco instabile si riscalda e comincia a splendere nel visibile (2). Ilbordo interno del disco avanza a poco a poco verso il buco nero (3, 4, 5), sostituendol'ADAF, fino a che comincia a emettere raggi X. Questo modello spiega il ritardo di seigiorni fra l'emissione nel visibile e quella nei raggi X osservato in GRO J1655-40.

42

LE SCIENZE 371/ luglio 1999

Page 5: Smascherare i buchi neri - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1999_371_1.pdf · studio dei buchi neri è proprio quello di scoprire un modo per distinguerli

o

1032

oTTo°

•i (III

10

PERIODO ORBITALE (ORE)

te del tempo in uno stato quiescente,durante il quale il grosso della deboleradiazione che si osserva è emesso dal-l'ADAF. Occasionalmente, però, pro-ducono un intenso «lampo» di radia-zione. Dato che gli ADAF sono intrin-secamente stabili, questi impulsi devo-no essere generati nel disco esterno.

Il 20 aprile 1996 un gruppo di astro-nomi - McClintock, Ronald Remillarddel Massachusetts Institute of Techno-logy, Jerome Orosz della PennsylvaniaState University e Charles Bailyn dellaYale University - stava osservando il si-stema intermittente a raggi X GROJ1655-40. Sembrava che qualcosa nonandasse nelle osservazioni. Ben presto,però, divenne evidente che, per un col-po di fortuna, il gruppo aveva colto un

• GRO J1655-40

1111100 200

evento assai raro: un lampo di radia-zione. Nei cinque giorni successivi il si-stema divenne più luminoso nel visibi-le, ma rimase irrilevabile nei raggi X.

Il sesto giorno cominciò a emetterebrillantemente anche in quest'ultimaregione dello spettro. Come era statodimostrato da Jean-Marie Hameurydell'Osservatorio di Strasburgo, Mc-Clintock, Narayan e da me, il ritardoera quello atteso per i flussi di accresci-mento a due componenti. Il discoesterno, lontano dal buco nero, emetteluce ma non raggi X; perciò, all'inizio,un lampo è visibile solo alle lunghezzed'onda del visibile. Successivamente lamateria diffonde in modo più rapidoverso il buco nero e la rarefatta regio-ne dell'ADAF si riempie, fino a che di-

venta capace di produrre raggi X. Leosservazioni sono giunte come un'ele-gante e inattesa conferma della teoria.

Sfruttando i sistemi intermittenti araggi X in quiete, Narayan, McClin-tock e Michael Garcia del Center forAstrophysics furono a primi a propor-re un criterio quantitativo per distin-guere gli oggetti con superficie solida(le stelle di neutroni) da quelli che nesono privi (i buchi neri). In seguito,suggerii un criterio differente basatosul fatto che i sistemi intermittenti constelle di neutroni dovrebbero essere piùbrillanti dei buchi neri che si accresco-no alla stessa velocità. Sebbene non siapossibile misurare direttamente la ve-locità di accrescimento, il periodo orbi-tale è un buon sostituto, perché dueoggetti con lo stesso periodo dovrebbe-ro inghiottire materia più o meno allastessa velocità. Tutto considerato, ci siaspetta che i sistemi con buchi neri sia-no più fiochi di quelli con stelle di neu-troni aventi lo stesso periodo orbitale.Dato che si conoscono i periodi soloper un piccolo numero di questi siste-mi, la differenza da attendersi non èancora stata stabilita. Nonostante ciò,per ogni dato periodo orbitale, i buchineri accertati sono di fatto meno bril-lanti delle stelle di neutroni.

Lavori recenti gettano dubbi sulsemplice modello degli ADAF, che nontiene conto dei flussi verso l'esterno,ma anche i modelli più generali richie-dono la presenza di un buco nero perriprodurre le osservazioni. La costru-zione di modelli dei flussi diretti verso ibuchi neri rimane un campo di ricercamolto attivo. In ogni caso, i corpi trop-po massicci per essere stelle di neutronipossono passare da candidati a buconero a buchi neri confermati. Solo uncorpo dotato di un orizzonte deglieventi può far sì che l'energia scompaianel modo calcolato per questi sistemi.Le future ricerche con gli osservatoriorbitanti per raggi X come Chandra eXMM dovrebbero allungare l'elencodegli oggetti noti. I buchi neri non po-tranno nascondersi ancora a lungo.

L'esistenza di buchi neri è provata dal confronto fra la luminosità di oggetti più pesan-ti (cerchi neri) e più leggeri (cerchi vuoti) di 3 masse solari. I corpi più pesanti sono me-no luminosi dei più leggeri anche a parità di periodo orbitale. Tuttavia due oggetti conlo stesso periodo orbitale accumulano materia alla stessa velocità e dovrebbero quindiemettere circa la stessa quantità di radiazione. La discrepanza è spiegabile ammettendoche materia ed energia stiano svanendo dal nostro universo: cosa che solo un buco ne-ro può compiere. (Le frecce indicano il limite superiore di una misurazione.)

JEAN-PIERRE LASOTA ha studia-to fisica, durante la gioventù trascorsain Polonia, per consiglio del padre cheaveva conosciuto personalmente Al-bert Einstein. Dopo 10 anni di studisulla teoria dei buchi neri, ha iniziato aoccuparsi di astronomia osservativa,scoprendo che non è noiosa come te-meva. Oggi lavora all'Istituto di astro-fisica di Parigi ed è direttore delle ricer-che presso il CNRS.

SHAPIRO STUART L. e TEUKOLSKY SAUL A., Black Holes, White Dwarfs, and Neu-tron Stars: The Physics of Compact Objects, John Wiley & Sons, 1983.

BEGELMAN MITCHELL C. e REES MARTIN J., L'attrazione fatale della gravità, Za-nichelli, Bologna, 1997.

WALD ROBERT M. (a cura), Black Holes and Relativistic Stars, University ofChicago Press, 1998.

McCLINTOCK JEFFREY E., Probing Strong Gravitational Fields in X-ray Novaein Accretion Processes in Astrophysical Systems: Some Like It Hot! a cura diStephen S. Holt e Timothy R. Kallman, American Institute of Physics, 1998.

LASOTA JEAN-PIERRE, AD AFs: Models, Observations and Problems, in «Phy-sics Reports», 311, nn. 3-5, aprile 1999.

44 LE SCIENZE 371/ luglio 1999