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COLLEGAMENTO PASTORALE Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2, DCB Vicenza Vicenza, 9 dicembre 2010 Anno XLII n. 21 SOMMARIO p. 3 DETTO TRA NOI… p. 4 COMUNICAZIONI SU CRESIMANDINSIEME p. 5 BRICIOLE DI STORIA DELLA CATECHESI… p. 6 ANNUNCIO E CATECHESI PER LA VITA CRISTIANA (sintesi della 2 a parte) p. 7 STRUMENTARIO (1 a parte) p. 9 STRUMENTARIO PER PREADOLESCENTI p. 10 IL CATECHISTA, EDUCATORE E COMUNICATORE DELLA FEDE OGGI p. 21 INCONTRO FORMATIVO PER ANIMATORI DEI CAP, GRUPPI BIBLICI E DEI GRUPPI SPOSI, PER QUANTI OPERANO NELLA PASTORALE p. 22 CATECHISMO IN MUSEO Periodico mensile degli uffici pastorali diocesani – Autorizzazione trib. di Vicenza n. 237 del 12/03/1969 Senza pubblicità Direttore respons. Bernardo Pornaro – Ciclostilato in proprio – Via Vescovado, 1 – Vicenza – Tiratura inferiore alle 20.000 copie. www.vicenza.chiesacattolica.it

SPECIALE CATECHESI 216 - webdiocesi.chiesacattolica.it · Desideriamo unirci a voi e ringraziare Maria Chiara per il suo paziente lavoro. Nostro desiderio sarà quello di dare semplice

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COLLEGAMENTO

PASTORALE

Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2, DCB Vicenza Vicenza, 9 dicembre 2010 Anno XLII n. 21

SOMMARIO

p. 3 DETTO TRA NOI…

p. 4 COMUNICAZIONI SU CRESIMANDINSIEME

p. 5 BRICIOLE DI STORIA DELLA CATECHESI…

p. 6 ANNUNCIO E CATECHESI PER LA VITA CRISTIANA (sintesi della 2a parte)

p. 7 STRUMENTARIO (1a parte)

p. 9 STRUMENTARIO PER PREADOLESCENTI

p. 10 IL CATECHISTA, EDUCATORE E COMUNICATORE DELLA FEDE OGGI

p. 21 INCONTRO FORMATIVO PER ANIMATORI DEI CAP, GRUPPI BIBLICI E DEI GRUPPI SPOSI, PER QUANTI OPERANO NELLA PASTORALE

p. 22 CATECHISMO IN MUSEO

Periodico mensile degli uffici pastorali diocesani

– Autorizzazione trib. di Vicenza n. 237 del

12/03/1969 – Senza pubblicità – Direttore

respons. Bernardo Pornaro – Ciclostilato in

proprio – Via Vescovado, 1 – Vicenza – Tiratura

inferiore alle 20.000 copie.

www.vicenza.chiesacattolica.it

Speciale Catechesi 2

� In copertina: Fontana Marco sec. XIX, Stampa con Adorazione dei pastori, litografia

Ufficio per l’Evangelizzazione e la Catechesi Curia Vescovile di Vicenza – Piazza Duomo, 2

Tel .0444/226571 – telefax 0444/226555 – e-mail: [email protected]

In occasione delle prossime festività natalizie Don Antonio, tutto il personale dell’Ufficio e la

redazione di Speciale Catechesi, augurano a tutti voi e alle vostre famiglie un sereno Natale di

pace e un felice Anno Nuovo. “Che la luce della piccola capanna di Betlemme

sia per tutti voi sorgente di forza nella testimonianza

della fede in Cristo”.

“….biglietto da visita per Speciale Catechesi!!....”

Cari amici, siamo Maria Angela, Anna e Daniela!! Come avrete già saputo, sarà da ora nostro compito organizzare e curare la redazione dello Speciale Catechesi; poche righe per presentarci a voi e, con molta semplicità, porgere un nostro “speciale” ringraziamento a chi, sino a questo momento, ha dedicato tempo e professionalità per portare nelle case e nel cuore di tutti i catechisti e le catechiste della nostra diocesi, i commenti e le informazioni utili per sostenere quel prezioso lavoro, volto a facilitare e migliorare il cammino dei nostri bambini e ragazzi alla scoperta del Vangelo. Un cammino di evangelizzazione che giorno dopo giorno aiuta a crescere cristianamente chi adulto desidera divenire e… arricchisce colui che sceglie di aiutare la nostra Chiesa, attraverso il percorso di evangelizzazione. Per tutti noi Cristo è grazia quotidiana, una fonte inesauribile di amore, ispirazione, saggezza, generosità….

Desideriamo unirci a voi e ringraziare Maria Chiara per il suo paziente lavoro. Nostro desiderio sarà quello di dare semplice continuità. Ringraziamo, inoltre, Don Antonio per la fiducia dimostrata nei nostri confronti e, augurando a tutti buon lavoro! Salutiamo con simpatia e gratitudine.

Ciao a tutti!!! Maria Angela, Anna e Daniela

Speciale Catechesi 3

Detto tra noi … di d. A. Bollin

CON IL NATALE, RITORNIAMO ALL’ANNUNCIO DI GESU’ CRISTO

Durante l’Assemblea del Clero in Seminario, lo scorso 23 settembre 2010, l’allora nostro Vescovo Cesare – ora Pastore dell’Arcidiocesi di Torino – ricordava che nella recente ricerca sui giovani vicentini, pubblicata nel volume “C’è campo? Giovani, spiritualità, religione”, era stato colpito e preoccupato di questo fatto: nelle 72 interviste ai giovani non si parlava mai, non c’era alcun riferimento da parte dei giovani a Gesù Cristo. E lanciava un forte invito – che raccogliamo come ultima consegna per quanti operano nella catechesi – di ritornare all’essenza, al cuore del nostro annuncio che è Gesù Cristo, torniamo a parlare e puntare nella proposta catechistica su Gesù, il Maestro e il Signore nostro.

Nella nostra programmazione e azione catechistica siamo “presi da molte cose”, possiamo suggerire e avviare diverse attività e iniziative, ci dobbiamo servire dei vari mezzi multimediali e di tante esperienze per motivare e coinvolgere i ragazzi che le famiglie ci affidano, ma tutto deve convergere nell’annuncio e

nell’incontro con Gesù Cristo. Non va mai dimenticato quanto scriveva papa Giovanni Paolo II nella esortazione apostolica del 1979 “Catechesi tradendae”: “… lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all’amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della santa Trinità” (CT n. 5).

Tutti i catechismi della CEI sono centrati su Gesù, pensiamo solamente ai titoli: Io sono con voi, Venite con me, Vi ho chiamato amici… La catechesi italiana ha fatto giustamente la scelta del cristocentrismo; il RdC riserva a Gesù tutto il quarto capitolo “Il messaggio della Chiesa è Gesù Cristo”. Pure le feste liturgiche sono centrate su Gesù e la sua vita: dalla sua nascita, alla morte e risurrezione, al dono del suo Spirito, vita e forza del cristiano e della Chiesa. Ma la stessa preghiera e la testimonianza della carità partono e portano a Gesù. E ogni domenica, nell’Eucaristia, Gesù viene a noi e ci dona la sua parola e il suo corpo, pane spezzato per l’umanità. Ricentriamo – se occorre – la proposta catechistica, gli itinerari di fede con i ragazzi e i genitori su Gesù il Messia, unico nostro Salvatore. All’amico e discepolo Timoteo scriveva l’apostolo Paolo: “Questa [la grazia] ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e la incorruttibilità per mezzo del Vangelo” (1Tim 1,9-10).

Si avvicina il Natale che “è la festa di Gesù che nasce per tutti” (CdF / 1,38)). Con un breve racconto natalizio cerco di concretizzare la consegna di Mons. Nosiglia (al quale auguriamo un fecondo ministero pastorale a Torino):

Un giorno Gesù tornò visibilmente sulla terra: era Natale e c’erano molti bambini riuniti per una festa. Gesù si presentò in mezzo a loro che lo riconobbero e lo acclamarono. Poi, uno di loro, cominciò a chiedere che dono Gesù avesse portato e poco a poco tutti i bambini gli chiesero dove fossero i doni. Gesù non rispondeva e allargava le braccia. Finalmente un bambino disse: “Vedete che non ci ha portato niente? Allora è vero ciò che dice mio papà: che la religione non serve a niente, non ci dà niente, non ha nessun regalo per noi!”. Ma un altro bambino replicò: “Gesù, allargando le braccia, vuol dire che ci porta se stesso, che è lui il dono, è lui che si dona a noi come fratello, come Figlio di Dio per farci tutti figli di Dio come lo è lui”.

Gesù è il dono di Dio per noi, egli è il Figlio di Dio che si è incarnato, è vero Dio e vero uomo. Approfittiamo di questa festività, tanto cara alla tradizione cristiana e popolare, per parlare di Gesù, per preparare spiritualmente ragazzi e famiglie alla festa del Natale di Gesù, che resta sempre al centro del nostro annuncio e della proposta cristiana.

Buon Natale a tutte/i voi, che vi spendete per trasmettere l’annuncio di fede alle nuove generazioni, a nome mio personale e dei Collaboratori dell’Ufficio, specialmente Igino, Sr. Idelma e Paola. Buon Natale alle vostre famiglie e parrocchie perché possiate scoprire la vicinanza del Signore – e la gioia di essere tra i suoi – in ogni giorno del nuovo anno.

Don Antonio Bollin Vicenza, 30 novembre 2010 Festa dell’Apostolo S. Andrea

Speciale Catechesi 4

Comunicazioni su Cresimandinsieme…

Con la nomina del nostro Vescovo, Mons. Cesare Nosiglia ad Arcivescovo Metropolita di Torino, è necessario ripensare alcune iniziative pastorali diocesane, tra cui la festa del Cresimandinsieme.

Sappiamo tutti quanto il nostro Vescovo Cesare, pur fra mille impegni, ci tenesse ad incontrare i ragazzi di questa età, in prossimità al Sacramento della Cresima o dopo. Infatti il ritrovo gioioso di tutti i cresimandi o cresimati della Diocesi è stata proposta e caldeggiata sempre da lui.

Con lui si sceglievano il tema e alcune modalità generali dell’esperienza. Spesso desiderava che la Commissione preposta a questo lo informasse sul procedimento dei preparativi. E poi, naturalmente, egli stesso arrivava puntuale, salutava con entusiasmo per poi perdersi tra i ragazzi stessi dialogando e chiedendo informazioni sui gruppi.

Cresimandinsieme doveva essere ed era davvero una festa in cui respirare la gioia e la fierezza di essere cristiani; l’essere in tanti attorno al pastore della Diocesi diventava un bel segno di appartenenza alla nostra Chiesa locale.

Per il corrente anno pastorale ci si era orientati a vivere il Cresimandinsieme sabato 7 maggio 2011 all’Ente Fiera di Vicenza su un tema legato all’Eucaristia (e lo strumento di lavoro era già impostato). Ma due fatti concomitanti ci spingono a proporre un anno di sosta (in accordo con mons. Nosiglia e il Vicario Generale):

� il 7-8 maggio 2011 avremo il papa Benedetto XVI in visita ad Aquileia e a Venezia; � il Cresimandinsieme era centrato sulla figura e la presenza del Vescovo, nel segno della

diocesanità ed ecclesialità: non sappiamo se, per quella data, il nuovo Vescovo sarà tra noi.

Si propone la sospensione per quest’anno pastorale a livello diocesano centrale del Cresimandinsieme e il suggerimento di viverlo a livello vicariale, zonale.

Le possibilità sono almeno due: a) partecipare al Congressino vicariale dell’ACR, dove ci sarà un’attenzione particolare

per i quattordicenni (in accordo con i Responsabili dell’ACR); b) organizzare un pellegrinaggio speciale con i ragazzi delle medie (Assisi, Roma,

Aquileia…), come hanno sperimentato alcune diocesi del Triveneto e il vicariato di Bassano.

Se il nuovo Pastore della nostra Chiesa lo riterrà opportuno, si potrà celebrare il Cresimandinsieme a livello centrale a settembre o ottobre, cioè all’inizio del nuovo anno pastorale.

Per tener vivo il senso della diocesanità, specifico dell’itinerario crismale, si conferma e si suggerisce di continuare l’esperienza del pellegrinaggio alla Chiesa Cattedrale o alla Basilica dei SS. Felice e Fortunato in città (per ulteriori informazioni e l’organizzazione si può contattare a tempo debito la segreteria dell’Ufficio per l’evangelizzazione e la catechesi).

Don Antonio Bollin Direttore

� Il presente testo è stato concordato con i Vicari Foranei della Diocesi

Speciale Catechesi 5

Briciole di storia della catechesi…

A 100 ANNI DAL DECRETO DI PIO X

“QUAM SINGULARI CHRISTUS AMORE”

SULLA PRIMA COMUNIONE DEI FANCIULLI

L’8 agosto 1910 – proprio cent’anni fa – la Sacra Congregazione dei Sacramenti emanava, per volere di papa Pio X (1903-1914), il Decreto “Quam singulari Christus amore” (“Di qual affetto particolare abbia Cristo sulla terra amato i bambini…”) sull’età della prima Comunione. Il documento vaticano in apertura richiama alcune pagine evangeliche sul rapporto di Gesù con i bambini (cf. Mc 10,13-16 e Mt 18,3-5). Ricorda poi l’antica disciplina della chiesa che fino al XIII secolo amministrava ai bambini il battesimo e l’eucaristia sotto la sola specie del vino. Con il Concilio Lateranense IV (1215), confermato da quello tridentino, si stabilì di amministrare la Confessione sacramentale e la Santa Comunione all’età della discrezione o della ragione. Successivamente si introdussero errori e abusi (di matrice giansenista) nel determinare l’età della discrezione o ragione, per cui in alcune diocesi si proibiva ai fanciulli di accostarsi alla Comunione prima dei dieci, dodici o quattordici anni. Ora l’intervento pontificio chiariva che l’età della discrezione, sia per la Confessione come per la Comunione, era quella in cui il fanciullo comincia a ragionare, cioè verso il settimo anno.Come preparazione alla prima Comunione risultava sufficiente una minima ed essenziale istruzione religiosa, poiché il fanciullo doveva seguire anche in seguito il catechismo. Egli doveva almeno “saper distinguere il Pane eucaristico dal pane comune”. Si affidava ai genitori e ai parroci il compito di accompagnare, preparare i fanciulli incoraggiandoli ad accostarsi spesso alla Mensa eucaristica, anche ogni giorno, secondo il Decreto della S.C. del Concilio sulla Comunione quotidiana (del 26 dicembre 1905).Questo Decreto non fu accolto e applicato facilmente in tutte le diocesi e da tutti i Vescovi. Vi fu una forte resistenza nell’episcopato francese (e della Germania), per cui si giunse ad un compromesso: si anticipò la prima Comunione verso i 7 anni, ma si mantenne o si introdusse a 12 la Comunione solenne. Era inoltre necessario un catechismo semplice e facile da imparare per aiutare i genitori, catechisti e parroci nel preparare i fanciulli all’eucaristia. Pio X pensò anche a questo. Tra l’ottobre e il novembre 1912 pubblicò, in due edizioni, il Catechismo della Dottrina Cristiana (in 433 domande – risposte) e i Primi elementi della Dottrina Cristiana (un estratto del medesimo formulario in 179 domande – risposte, finalizzato proprio alla formazione catechistica dei fanciulli). A proposito di questo documento – rivoluzionario in quel tempo – papa Sarto ebbe a dire “Questo decreto mi è stato ispirato da Dio stesso”. Inoltre – come testimonia un breve di Pio X alla parrocchia di Lonigo (VI) del 22 febbraio 1911 - negli anni successivi all’applicazione di tale decreto il papa era solito farsi presente con uno scritto nelle parrocchie dove si celebrava la prima Comunione dei fanciulli, esortandoli ad essere “sempre buoni come in quel santo giorno anche a consolazione dei loro genitori e parenti…”. Così Giuseppe Sarto, il papa Veneto (1835-1914), un pastore buono e fermo, un vero riformatore della Chiesa, viene giustamente ricordato come il papa dell’eucaristia e del catechismo. I Vescovi del Triveneto per ricordare il centesimo anniversario di tale decreto, ma soprattutto per attualizzarlo e richiamare il valore decisivo dell’iniziazione cristiana dei ragazzi in un tempo segnato dalla secolarizzazione e dall’indifferenza religiosa, hanno sottoscritto una Nota pastorale dal titolo “La prima comunione all’età dell’uso della ragione” ( che si può scaricare dal sito web dell’Ufficio diocesano per l’Evangelizzazione e la Catechesi di Vicenza www.vicenzachiesacattolica.it).

Don Antonio Bollin Direttore Docente di Storia della catechesi e Catechetica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Vicenza

Speciale Catechesi 6

Annuncio e catechesi per la vita cristiana (sintesi della seconda parte) di Sr. M. Zaffonato

IL CONTESTO ATTUALE

La Commissione episcopale per la dottrina della fede, con molto realismo, rileva che nei quarant’anni di tempo trascorsi dalla pubblicazione del DB il contesto cultuale italiano è molto mutato. Se in qualche zona si vive ancora una forma di cristianesimo tradizionale, la secolarizzazione ha intaccato larghe fasce della nostra società ed è la conseguenza di un clima culturale caratterizzato dal razionalismo che accentua in modo esasperato il valore della ragione che entra in conflitto con la fede; dallo scientismo che valuta credibile solo la realtà sperimentale; dal relativismo che assolutezza la libertà dell’individuo e non ammette regola alcuna al di fuori del proprio utile; dal materialismo

consumista che giudica i beni materiali come valore supremo.

In questo contesto la religione è relegata nella sfera dell’indifferenza, frutto, spesso, di ignoranza religiosa e di una formazione catechistica che si à fermata agli anni della preadolescenza. Molte

persone hanno di Dio un’immagine infantile che incide poco o per nulla nella loro vita. A ciò si aggiunge il soggettivismo che seleziona sia contenuti di fede, sia implicanze morali. Non si nega Dio e neppure la Chiesa, ma esse hanno soltanto il valore che il singolo attribuisce loro.

La religione viene relegata, così, nella sfera del privato, si relativizzano sia la storia che i contenuti dottrinali del messaggio cristiano che nella vita pubblica non ha alcuna rilevanza. Urge, perciò, un serio e profondo impegno di educazione alla fede, una nuova evangelizzazione, tanto più urgente quanto più multiforme diventa il pluralismo culturale e religioso presente nel nostro Paese.Il DB, quindi, se da un lato conserva tutto il suo valore quanto a intuizioni pedagogiche e di metodologie, va integrato con opportuni apporti che renda più viva, profonda e sistematica l’azione evangelizzatrice e catechistica della Chiesa.

“……Speciale!!......Movimento per la Vita…..” di M. Bertoncello ….e un giorno Gesù disse: “Io sono la Via, la Verità e la Vita…”. Tutti noi ricordiamo queste parole; sono parole, cari amici, che hanno uno straordinario sapore di completezza, sanno dare identità, forza, coraggio; sono ingrediente di dibattito filosofico, teologico e scientifico… sono in definitiva la perfetta carta d’identità del Dio fattosi uomo tra noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato, chiamato Gesù. Ho voluto inserire questa piccola rubrica per dare spazio e per introdurre nelle nostre comunità parrocchiali, in modo ancor più deciso, una realtà molto importante ossia: la questione della difesa della vita umana.Vedete, in questi ultimi trent’anni, da quando nell’anno 1978 è entrata in vigore la legge 194, gli attacchi alla sacralità della vita sono stati innumerevoli. Una vera e propria tragedia iniziata 30 anni fa e che ancor oggi continua mietere vittime innocenti. Cari catechisti, evangelizzare è un compito difficile ma fondamentale; noi abbiamo il compito di aiutare le famiglie ad educare alla fede i bambini e i ragazzi che ci vengono affidati; porre sui tavoli delle nostre parrocchie la questione della difesa della vita umana, significa semplicemente aiutare Gesù a continuare a camminare per le vie del mondo. La Vita come dono di Dio; la vita come esercizio della propria libertà. Quando parliamo della difesa della vita umana non ci esprimiamo solo come cristiani, ma anche come uomini e donne del nostro tempo. La persona vede, pensa, riflette; il cristiano che è in noi Ama e Dona gratuitamente. Per noi l’Amore di Gesù è stato un grande dono, un dono che ci è stato dimostrato e trasmesso attraverso l’estremo sacrificio: la Croce. Sono felice di avere avuto questa possibilità per tutti noi. Da questo momento in poi cammineremo insieme per costruire la casa della “difesa della vita”, sulla solida roccia. Ogni bambino, uomo o donna che avrà salva la vita, grazie alla nostra voce, potrà ringraziare Dio, non di avere incontrato noi, ma di essere vivo nel suo nome. Il Movimento per la Vita lavora da decenni per promuovere la difesa della vita umana “dal concepimento alla morte naturale”. Gli ostacoli sono molti, ma l’intelligenza degli uomini e la fede dei cristiani e di molti altri credenti, sono armi efficaci contro ogni attacco che la Vita subisce in ogni momento della nostra storia. Tutto ciò è possibile grazie anche all’ammirevole lavoro pratico, di immediata necessità, svolto quotidianamente dai Centri di Aiuto alla Vita (CAV), presenti in molte parrocchie della nostra diocesi. Il loro assiduo lavoro possa essere sostenuto dalla nostra preghiera. Sicuramente non è stato detto tutto, ma…ora il tempo può volgere dalla nostra parte. Per il momento ringrazio tutti voi!! Vi saluto cari amici! e… buon lavoro! A presto!

Speciale Catechesi 7

STRUMENTARIO (1a parte) di M. C. Guidolin

“Seguimi se vuoi…la gioia di dire sì”

Schede di attività catechistica in riferimento alle pagine 12-13 del catechismo Cei “Venite con me”, (La giornata di Levi e Un giovane se ne va triste)

Partiamo da una storia:

Ai giorni nostri la storia di Andrea - prima parte Anche per Anna è arrivato il primo giorno di scuola: però non è molto presa: saluta i compagni, ascolta le maestre, ma la sua attenzione è ancora legata a quanto dicevano ieri papà e mamma. "Che cosa strana, Stefania - diceva papà - ma sei sicura di aver capito bene?" "Certo, me l'ha detto Paola; anche lei è rimasta molto stupita, perché ha ribadito anche che Andrea ha deciso ed è convinto della scelta". Anna aveva riflettuto a lungo prima di addormentarsi: certo Andrea era un bel tipo! Quanta sofferenza aveva provocato ai genitori quando aveva cominciato a drogarsi. Erano stati giorni bui per tutta la famiglia... Poi, per fortuna, il peggio era passato e, dopo un lungo periodo di cure, Andrea si era ripreso. Certo che era sempre un po' strano: era come se gli mancasse qualcosa e una gioia malinconica riempiva i suoi occhi così giovani, eppure così segnati dalla sofferenza... Finalmente anche l'ultima campanella è suonata e Anna si affretta, veloce, verso casa. "Sono proprio curiosa di chiedere a mamma cosa ha combinato Andrea pensa tra sè, camminando. Da tipi così c'è poco di buona da aspettarsi; lo dice sempre la maestra Serena che la droga è una cosa pericolosissima e che, una volta entrati nel giro, non si riesce più ad uscirne! Per fortuna che io sono brava e non procuro tutti questi grattacapi ai miei genitori!" Arrivata a casa, Anna si precipita in cucina. "Mamma, mamma - chiede senza nemmeno salutare - cosa ha combinato questa volta Andrea?" "Niente di grave, anzi! - risponde Stefania - ha deciso di entrare in seminario e di farsi prete." "Nooo… Andrea ? Un tipo come lui? Non posso crederci - ribatte Anna. "E perché? - dice la mamma - Gesù non fa preferenze fra le persone." "Eh sì, ma Andrea una volta si drogava…!" "Anna, Anna; guarda che solo Gesù vede nel cuore di ognuno di noi e conosce veramente ciascuno." "Sì, sì ..." conclude Anna, impensierita. (tratto da: “Farsi Chiesa” Battistella, Mendo, EDB)

Ai tempi di Gesù Lc 5,27-32

La chiamata di Levi: il coraggio di lasciare e la gioia del cuore

Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi».

PER DIALOGARE

� Perché Anna è preoccupata per Andrea?

� Perché Anna è stupita, meravigliata che Andrea sia stato chiamato a farsi prete?

� La storia dice che Andrea non era contento. Perché?Entrando in Seminario, secondo voi, sarà felice? Perché?

Speciale Catechesi 8

Dentro al testo

Per capire meglio � I pubblicani erano degli esattori delle tasse che, al tempo di Gesù, riscuotevano i tributi

per i romani che dominavano la Palestina. Poiché i romani erano di religione pagana, chi lavorava per loro era considerato peccatore. Inoltre coloro che facevano questo mestiere spesso erano disonesti, ne approfittavano per spremere più del dovuto alla povera gente. I pubblicani non erano quindi amati dal popolo né dai capi degli ebrei.

Ora tocca a te� Sottolinea al massimo quattro parole che ti sembrano importanti nel testo e poi confrontale con quelle dai

tuoi compagni, motivandone la scelta. � Come mai secondo te, Gesù chiama proprio uno come Levi? � Cosa fa Levi quando Gesù lo chiama? Ti sembra scontato questo suo comportamento? � A cosa rinuncia Levi e perché secondo te?

Il fiore delle qualità un gioco per scoprire il bello che c’è in ognuno di noi Guida: Dal brano emerge in modo particolare come Gesù non si preoccupi di chiamare una persona che finora si è comportata male. È importante dare fiducia alle persone, perché tutti possono cambiare, diventare migliori. A volte bisogna aiutarsi a scoprire il bello che c’è in noi e che non vediamo. Oggi lo proviamo con un gioco: “Il fiore delle qualità”.

Cosa serve:

Tanti fiori in cartoncino di vari colori (vedi esempio figura ) quanti sono i ragazzi. Al centro del fiore va scritto il nome di ognuno.

Svolgimento

Ogni ragazzo riceve un fiore con un nome di un compagno/a a caso; al via scriverà su di un petalo una bella qualità di quel compagno/a. Al termine il catechista o animatore, dicendo “cambio”, farà slittare i fiori di un posto verso l’amico/a di sinistra. Così ognuno avrà davanti un nuovo fiore con un nuovo nome e dovrà fare come prima, cioè scrivere una bella qualità di questi. Così via fino a completamento del giro. Va precisato che quando si trova il proprio nome non si dovrà scrivere nulla e neppure leggere quanto gli altri hanno scritto, ma semplicemente girare il fiore nell’attesa del cambio. Alla fine la guida raccoglierà i vari fiori e inizierà a leggere a voce alta quanto scritto su uno di essi. Chi pensa di riconoscersi dirà: “Sono io!”In caso non avesse indovinato si procede con la lettura di altre qualità finché si scopre il vero “proprietario” Si potrà notare che, mentre è più facile indovinare ciò che riguarda gli altri, risulterà più difficile per i ragazzi esporsi in prima persona, “riconoscendosi” in qualcosa di bello. I fiori, una volta letti tutti, possono essere riuniti insieme in un cartellone e appesi. Sarebbe bello che anche il catechista- animatore partecipasse al gioco per poter dire qualcosa di bello di ciascun ragazzo e per sentire cosa loro pensano di lui.

(continua)

�� Gesù non fa preferenze per le persone. �� Egli vede nel cuore di ciascuno e sceglie i suoi amici anche tra coloro che gli altri non considerano. �� Gesù sa che ognuno possiede dei doni che a volte possono essere nascosti ma che solo l’Amore è in grado di far emergere �� Seguire Gesù è motivo di gioia, si ritrova il vero senso della vita. Levi organizza un banchetto per esprimere la sua gioia.

Il messaggio nascosto

Speciale Catechesi 9

STRUMENTARIO per preadolescenti di C. Meneghetti Il Natale dell’essere o dell’apparire ?

Visto che a breve i canali della tv e la pubblicità sui giornali saranno riempiti di “articoli natalizi” possiamo proporre qualche attività ai ragazzi che “rieduchi” all’essenzialità del Natale vissuto nella grotta accanto a Cristo e non nei “grandi magazzini” mediatici e/o commerciali.

1) Leggiamo assieme il brano del Vangelo di Matteo 2, 1-20: [1]In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. [2]Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. [3]Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. [4]Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di

Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, [5]per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. [6]Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. [7]Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. [8]C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. [9]Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, [10]ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: [11]oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. [12]Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». [13]E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: [14]«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». [15]Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». [16]Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. [17]E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. [18]Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. [19]Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. [20]I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 1) Facciamo ascoltare la canzone “O è Natale tutti i giorni” (Carboni-Jovanotti) E’ quasi Natale Il mondo e a Bologna forse no, non è cambiato mai che freddo che fa. e pace in terra Io parto da Milan forse un giorno ci sarà per passarlo perché il mondo ha molto tempo, con mamma e papà. ha tempo Il mondo molto più di noi. forse no, non è cambiato mai E intanto noi e pace in terra ci facciamo i regali no non c’è il giorno che è nato Cristo e non ci sarà arricchiamo gl’industriali perché noi non siamo uomini e intanto noi ci mangiamo i panettoni di buona volontà. il giorno che è nato Cristo Non so perché diventiamo più ciccioni. questo lusso di cartone Lo sai cos’è, se razzismo guerra e fame dovremmo stringerci le mani ancora uccidon le persone. … O è Natale tutti i giorni Lo sai cos’è, o non è Natale mai dovremmo stringerci le mani … O è Natale tutti i giorni … O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai. o non è Natale mai… E intanto i negozi brillano e brilla la TV e le offerte speciali e i nostri dischi si vendono di più. 1) Cerchiamo di cogliere assieme ai ragazzi le varie differenze tra il testo del brano del Vangelo e la canzone: * che differenze troviamo? * Quali dei due Natali presentati è quello che vedi oggi? * Perché? 2) Prepariamo due cartelloni uno con il titolo: Il vero Natale, uno con il titolo Il falso Natale. Diamo alcune riviste ai ragazzi e facciamo ritagliare le immagini che secondo loro sono da collocare su uno e l’altro cartellone commentandole poi assieme (anche raffrontando il Vangelo e la canzone). L’incontro può essere svolto in due volte per evitare di correre troppo e di “riempire” in modo eccessivo l’ora a disposizione

Speciale Catechesi 10

Fede , identità e ….consigli utili…..

Il catechista, educatore e comunicatore della fede oggi

1. Introduzione Una domanda che, come formatrice dei catechisti, mi sento rivolgere spesso è questa: "Possiamo, noi catechisti, essere definiti anche educatori? La parola stessa mette soggezione, a volte sembra che sarebbe già tanto poter trasmettere delle informazioni…". Credo sia importante, per questa riflessione, prendere le mosse proprio da qui, dalla nostra percezione di cosa significa essere ciò che ci viene detto che siamo, per poter guadagnare in serenità e fiducia: tutti noi possiamo davvero essere educatori e comunicatori della fede, nel nostro oggi. Queste due dimensioni dell'essere catechista si collocano all'interno di una dinamica che è più grande di noi, è globale: noi operiamo a partire da una esperienza di fede, profondamente immersi nel nostro tempo. Non potrebbe essere altrimenti:

- ognuno di noi è catechista perché, in modo più o meno chiaro, più o meno forte e più o meno segnato da certezze e da paure, vive un'esperienza di fede.

- ognuno di noi è profondamente immerso in questo tempo, nella nostra cultura, nella realtà a cui apparteniamo, che ci segna in modo più o meno consapevole.

Sono queste allora le tracce della nostra ricerca: si tratta di riflettere sull'essere educatori nell'ambito di una esperienza di fede, e di interrogarci sulle nostre abilità di comunicarla agli altri all'interno del nostro contesto culturale. Come potete notare, le dimensioni in gioco sono due: la prima è una dimensione esistenziale, cioè che tocca la nostra stessa vita, le profondità di ciò in cui crediamo e che viviamo (esperienza di fede – educazione);la seconda è una dimensione pragmatica, che tocca le modalità attraverso cui ciò che amiamo può essere condiviso oggi con altri.

2. Nell'esperienza di fede Inizio con un (necessariamente) brevissimo cenno all'idea di esperienza di fede. Sappiamo che la fede, in senso antropologico, non è altro che il dinamismo aperturale dello spirito umano, l'attitudine ad aprirsi fiduciosamente alla realtà e alle relazioni, per strutturare affetti, per imparare, per progettare, per crescere. La fede in Dio si può comprendere quindi come un atto di apertura all'azione di Dio nella nostra esistenza, un atto di affidamento radicale1. Si tratta di qualcosa che va oltre l'adesione puramente intellettuale, l'atto del credere è una scelta che abbraccia la nostra vita e diviene perciò esperienza. È in base ad essa e su di essa che il credente si struttura, costruisce il proprio presente, come ci dice bene la parabola della "Casa sulla roccia" (Mt 7,24 ss.). Per noi catechisti, concretamente, questo significa che nella nostra missione facciamo molto più che insegnare una dottrina. Siamo testimoni e partecipi di un mistero, che segna la nostra vita e che noi ci sforziamo di comunicare agli altri nell'amore. Questo mistero è infinitamente più grande di noi e tuttavia esso trova voce e compimento nel presente anche attraverso la nostra azione catechistica, che lo attesta, lo spiega, lo fa rivivere. Si tratta, come possiamo comprendere, di una grande Grazia, un dono che Dio ci fa e che noi siamo impegnati ad accogliere, comprendere, condividere, diventando

o educatori dei fratelli in quanto debitori del Vangelo che annunciamo, o e contemporaneamente impegnandoci a lasciarci educare dagli altri nella continua ricerca

di comprendere meglio il Vangelo che ci è affidato.

Educare significa…

1 DE CERTEAU M., Debolezza del credere. Fratture e transiti del cristianesimo, Città Aperta, Troina (En) 2006, pp. 3-5.

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Educatori ed educati, quindi. Vorrei ora soffermarmi su alcune coordinate importanti per la nostra riflessione, seguendo le linee indicate da Benedetto XVI nel discorso tenuto a conclusione del Convegno di Verona: «In concreto, perché l'esperienza della fede e dell'amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all'altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell'educazione della persona. Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, senza trascurare quelle della sua libertà e capacità di amare. E per questo è necessario il ricorso anche all'aiuto della Grazia. Solo in questo modo si potrà contrastare efficacemente quel rischio per le sorti della famiglia umana che è costituito dallo squilibrio tra la crescita tanto rapida del nostro potere tecnico e la crescita ben più faticosa delle nostre risorse morali. Un'educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l'amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà»2.La dimensione educativa quindi:

1. ha a che fare con la formazione autentica e globale della persona 2. tende a strutturare in essa una buona capacità di orientarsi nella vita 3. le consente di trovare motivi di impegno e di fiducia 4. promuove la capacità di costruire relazioni significative con gli altri 5. aiuta a non perdersi di fronte alle difficoltà.

Si tratta di un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco le strutture fondamentali dell'esistenza dell'uomo e della donna: la relazionalità, la conoscenza, la libertà, in un rapporto costante con la credibilità e l'autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare3.Se l'educazione quindi è necessaria, per scongiurare il rischio che l'uomo cada vittima dei propri desideri senza limite, è altrettanto vero che occorrono educatori capaci di insegnare, capaci di strutturare le relazioni con gli educandi intorno ad un patrimonio di valori e di saperi che essi per primi devono aver fatto proprio. Inoltre possiamo notare che la conoscenza, che tanto ci preoccupa, viene dopo la relazionalità, è ad essa strettamente connessa e ci dice di un processo ulteriore rispetto al semplice "insegnare". Siamo in gioco, quindi, in profondità! In nessun modo, se mai fosse ancora possibile, ci è dato di illuderci di avere tra le mani un "prodotto" preconfezionato secoli fa, che dobbiamo semplicemente trasferire ad altri: siamo noi ad essere chiamati in causa, nella nostra competenza e nella nostra disponibilità a lasciarci interrogare e a crescere, come persone, come cristiani, come catechisti. Solo così possiamo accompagnare la crescita di chi ci è affidato.

Centralità della persona… Per rispondere a questa impegnativa vocazione proviamo a farci guidare dalle parole del card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella “lectio magistralis” tenuta a Bologna il 15 giugno, al convegno dell’Ufficio Catechistico Nazionale. “La passione educativa che Gesù mostra in ogni suo incontro non può essere compresa altrimenti che a partire dal suo amore, dal suo amore per la vita, per la vita di tutti gli uomini”. “Ogni atto educativo non può avere altra sorgente che l’amore. Si educa perché si ritiene la vita dell’altro meritevole di attenzione, di cura, perché la si ritiene preziosa, più preziosa addirittura della propria”.

� Il primo punto di riferimento è, quindi, la centralità della persona che mi è affidata. Questo significa mantenere il cuore e la mente aperti per cogliere ciò che Dio sta operando nell'altro, anche al di là o diversamente da quelle che sono le mie attese. Significa aprirsi ad un incontro che vada oltre i pregiudizi, che spesso ci ostacolano molto nel cogliere la bellezza di ciascuna delle persone che ci passano accanto. E si può farlo se ci si lascia trasformare dall'amore, dall'amore per il Signore presente nelle persone.

2 BENEDETTO XVI, Discorso allo Stadio Comunale di Verona, 19 ottobre 2006. Il discorso tenuto a conclusione del Convegno Ecclesiale di Verona, è consultabile in: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/october/documents/hf_ben-xvi_spe_20061019_convegno-verona_it.html3 C.E.I., La sfida educativa. Rapporto-proposta sull'educazione, Laterza, Roma-Bari 20097, pp. IX-XVI.

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Questo può avvenire solo se l'educando è, fin dall'inizio, soggetto dell'azione educativa. Qui entra in campo con forza l'aspetto comunicativo, che riprenderò dopo. Anticipo solo che non si può educare un soggetto passivo. Occorre che ci sia inter-azione tra educando ed educatore, che entrambi siano presenti nel pieno delle loro dimensioni personali e del loro interesse. Diceva Habermas che "Non c'è conoscenza che non nasca da un interesse dove, con interesse, si intende l'orientamento di fondo che tocca le dimensioni costitutive della sopravvivenza dell'uomo, che sono il lavoro e la relazione"4. Cosa significa "lavoro" per un bambino delle elementari? Ciò che egli ritiene centrale nella propria vita, gli impegni che vive quotidianamente e che lo fanno sentire importante. Sul ruolo delle relazioni, poi, non occorre insistere ulteriormente. Sottolineiamo solo un aspetto: è esperienza comune a tutti il fatto che gestire i conflitti relazionali all'interno del gruppo di catechismo è uno dei compiti più impegnativi che ci vengono affidati. Se queste realtà (lavoro – relazione) non sono implicate, in qualche modo, nell'azione catechistica è difficilisimo che noi possiamo raggiungere il cuore del bambino. Se invece riusciamo a mantenere viva l'attenzione intorno a questi aspetti, oltre ad aprire autentici percorsi comunicativi evitiamo anche l'altro grande rischio delle diverse proposte "istruttive" presenti oggi nella nostra realtà: il rischio della scissione tra le diverse dimensioni dell'umano, intelligenza, affettività, praticità. Quindi il primo punto di riferimento di ogni nostra azione è il singolo educando, di cui va promossa la soggettualità per una sua crescita integrale (anche se sempre graduale). La centralità della persona non implica il venir meno della propositività, anzi la richiede maggiormente, in quanto noi siamo debitori nei confronti di chi ci viene affidato, debitori di un messaggio da trasmettere con chiarezza e competenza.

…nella luce della Parola

� L'altro grande punto di riferimento è, infatti, la Parola di Dio, cuore di ogni nostra catechesi. Ricordiamo sempre che la Parola prima di essere qualcosa è qualcuno, e la catechesi, servizio della Parola, deve condurre a questo Qualcuno che è Cristo.

Ribadire questa verità è oggi particolarmente importante. E' noto che si va diffondendo un tipo di religiosità informe e dai mille volti, che è attraente perché indeterminata, e ognuno può costruirla a propria misura. Affermare chiaramente che Cristo – Parola eterna del Padre – è il centro e il cuore di ogni cammino di fede è riportare ogni azione educativa della comunità cristiana al suo nucleo fondamentale. In tutti gli educandi, nei giovani in particolare, occorre far crescere quella sete di conoscenza e di comunione con il Signore che i primi discepoli riassumevano in un semplice interrogativo: «Maestro, dove abiti?» (Gv 1,38)5.Questi due grandi punti fermi sono il fulcro di ogni azione educativa in prospettiva di fede, azione educativa che si svolge secondo alcune coordinate fondamentali:

1. l'importanza di una comunità educante 2. l'aspetto generativo 3. l'asimmetria tra educando ed educatore 4. l'attenzione ai contenuti 5. la cura per le dinamiche comunicative

Comunità educante (educata)6

Un proverbio africano, ripreso dai nostri Vescovi, afferma che: "C'è bisogno di un villaggio per far crescere un bambino". Noi catechisti non siamo, e non possiamo essere, soli. Siamo espressione di una comunità, che ci ha generati alla fede, comunità che continuamente ci plasma e che continuamente contribuiamo a plasmare7.

4 J.HABERMAS , Conoscenza e interesse, Laterza, Bari 1970, p. 193. 5 C.E.I., Educare i giovani alla fede, XLV Assemblea Generale, 27 febbraio 1999, n. 2, consultabile in http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/edit_bancadati.apri_pagina?sezione=doc&tipo_ente=uff&id_oggetto=3063&id_ente=10.6 M. CORSI, Il coraggio di educare. Il valore della testimonianza, Vita e Pensiero, Milano 2003. 7 C.E.I., La sfida educativa…, p. 72.

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Se è vero infatti che non è concepibile una comunità cristiana senza catechesi, perché verrebbe meno un canale fondamentale di trasmissione della fede, è altrettanto inconcepibile una catechesi che non viva del contributo di tutta la comunità. Il nostro compito è di impegnarci, continuamente, per creare spazi di collaborazione, intrecci di attività, dialogo con la comunità tutta, e contemporaneamente operare perché, per quanto ci compete, la nostra comunità sia il più possibile strumento visibile dell'amore di Dio. Qui il compito diviene scottante e chiama in causa tutte le componenti comunitarie, a partire dal presbitero che le anima fino al gruppo di manutenzione della chiesa: non possiamo pretendere di avere una catechesi viva in comunità fredde, simili a "distributori automatici di sacramenti". L'effetto benefico di catechisti che siano soggetti attivi di una comunità vitale si riflette anche sulle famiglie. Il dialogo con i genitori, a livello personale o di gruppo, il sostegno alla coppia nel suo compito educativo, è parte integrante del nostro essere educatori della fede.

Aspetto generativoC'è infatti una realtà che si colloca al cuore dell'educazione: la generazione, che possiamo definire anche "chiamata alla vita"8.

Primo aspetto: accezione passiva Ciascuno di noi è al mondo in quanto è "generato": noi esistiamo in forza della scelta di altri. Questo aspetto, che può apparire quasi banale, in realtà viene spesso rimosso nella nostra cultura contemporanea che inneggia all'individuo e all'autonomia assoluta. Sentirsi innanzitutto "figli" chiede, infatti, di accettare il dato che nessuno di noi può vivere autoreferenzialmente, nessuno può dire "Mi sono fatto da solo, non devo ringraziare nessuno". Inoltre il mito moderno dell'autorealizzazione è smentito dal fatto che non veniamo generati solo biologicamente, dai genitori, ma siamo il frutto delle relazioni significative (nel bene e nel male) della nostra vita, relazioni con i più grandi, con i pari, con i più piccoli.

Secondo aspetto: accezione attiva Se io accetto, quindi scelgo, di riconoscermi figlio, significa che comprendo come questo sia un dato essenziale per la mia persona, che mi pone in atteggiamento radicale di accoglienza e gratuità, non di chiusura, nei confronti di chi si relaziona con me. Credersi superiori è il modo migliore per non imparare nulla, per non crescere mai. Sapersi radicalmente donati a noi stessi ci aiuta a diventare più accoglienti anche nei confronti di altri. Questo ha una ricaduta in senso attivo. Se è vero che io sono "figlio" (non solo biologicamente) è altrettanto vero che io sono chiamato (insieme ad altri: con-vocato) ad essere anche "genitore", e questo sia che lo sia biologicamente, sia che non abbia fisicamente generato nessuno. Proprio per la dinamica generativa che segna l'umanità io divento co-protagonista della generazione (chiamata alla vita) delle persone con cui entro in relazione, soprattutto se sono persone che si stanno affacciando alla vita stessa, come bambini e ragazzi. Se scelgo questo fatto consapevolmente (come facciamo noi catechisti, ad es.), accade che io riesca a trasmettere il messaggio che la vita è un dono promettente, e che è bello desiderare, volere, progettare. Ma questo è possibile solo attraverso la testimonianza: una vita vissuta nella speranza è il modo migliore per generare alla speranza (quindi una catechista che entra in classe "di-sperata" ha un grosso lavoro previo da compiere su se stessa, perché ha posto la prima condizione per far fallire il proprio atto catechistico!). Nel relazionarmi con gli educandi il catechista, l'educatore, transitando attraverso la condivisione della condizione di generato-figlio, concretizza il proprio essere generante-genitore nel dono di se stesso, assumendo quindi un ruolo attivo e responsabile.

Asimmetria Sappiamo che una caratteristica dominante nel nostro oggi è la frammentazione, la divisione che si riscontra a diversi livelli, sociale, culturale, generazionale… Di fronte all'emergenza educativa piùvolte evocata e oggetto della riflessione dei Vescovi viene invocata una rinnovata alleanzaeducativa. Occorre che ci fermiamo un momento su quest'idea:

8 G. ANGELINI, Educare si deve, ma si può?, Vita e Pensiero, Milano 2002; ID., Il figlio: una benedizione, un compito,Vita e Pensiero, Milano 1991.

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1. Generalmente intendiamo l'alleanza come dinamismo "orizzontale", patto che si stabilisce tra pari, in cui entrambi hanno un ruolo attivo e sono chiamati a dare e ricevere. Pensiamo, per esempio, alla necessaria collaborazione tra genitori ed insegnanti per il bene dei figli. 2. Ma c'è anche un tipo di alleanza "verticale", che possiamo definire "asimmetrica". La Scrittura costituisce un meraviglioso racconto di questo genere di alleanza. In Genesi, per esempio, Dio stringe un patto con Abramo, (Gen. 15,6-19). Si tratta di un patto in cui ciascuno dei due esercita un ruolo attivo, ma non c'è parità: Abramo crede in Dio, quindi ob-audisce = lo ascolta e fa quello che Egli gli suggerisce. Ma è Dio che prende l'iniziativa, che sceglie, che guida, che si dona: Dio è il primo educatore! Il rapporto educativo è, infatti, caratterizzato da una asimmetria, in virtù della quale, ad esempio, i genitori non hanno semplicemente generato i figli, “ma sono all’origine della loro maturazione, avendoli accompagnati nella loro crescita”. Il catechista come educatore deve essere consapevole di questa asimmetria dialogale, e svolgere il suo ruolo con autorevolezza, nella promozione dell'altro. Sottolineo questo dato per sfatare l'illusione secondo la quale occorre essere "amici" di coloro che intendiamo educare. Non è così. L'amico è un pari, con il quale si entra in relazione e con cui spesso si giunge a patteggiare. Il patteggiamento invece va eliminato dalla nostra prospettiva. Si deve proporre autorevolmente, senza essere dispotici ma anche senza cedere ai sottili ricatti che i più piccoli sono spesso abili a mettere in atto.

Educatore: At. 9,10 ss.La proposta della Parola di Dio ci chiede sempre di fare i conti con il carattere non solo informativo ma performativo del messaggio che essa ci offre. Le Sacre Scritture non intendono solo darci delle informazioni (su Gesù Cristo, sulla storia della salvezza…) ma incidono sulla nostra vita, chiedono di modificare il nostro fare e il nostro pensare, secondo il progetto di Dio. Ne abbiamo un chiaro esempio nel brano che vi propongo a chiusura di questa prima parte. 10Ora c’era a Damasco un discepolo di nome Anania e il Signore in una visione gli disse: “Anania!”. Rispose: “Eccomi, Signore!”. 11E il Signore a lui: “Su, và sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, 12e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista”. 13Rispose Anania: “Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme. 14Inoltre ha l’autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome”. 15Ma il Signore disse: “Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; 16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”. 17Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: “Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”. 18Eimprovvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, 19poi prese cibo e le forze gli ritornarono”. In esso ritroviamo molti degli elementi che abbiamo tratteggiato:

1. centralità della persona: sia Paolo sia Anania sono "importanti", strumenti "eletti", fratelli; 2. nella luce della parola: è Dio che chiama, è la sua Parola che provoca; 3. comunità educante: Anania è discepolo, il libro di Atti è il libro della comunità cristiana; 4. aspetto generativo: Paolo e Anania sono generati a vita nuova, vengono aperti gli occhi ad

entrambi, perché vedano e vivano in modo nuovo; 5. asimmetria: tra educato ed educatore, a due livelli: tra Anania e il Signore, tra Anania e

Paolo Attraverso questa Parola siamo chiamati a vedere oltre i pregiudizi e le apparenze, ad uscire dalla nostra presunta sicurezza ed accettare di essere strumento, perchè la persona dell'educato veda, oltre i pregiudizi e le apparenze.

3. L'attenzione al "che cosa"“L’emergenza educativa ha la sua principale radice nella separazione, ormai in Occidente consumata, fra l’io e la verità". Tradotto in termini catechetici, “questa divisione – fatale per il destino eterno dell’uomo – significa la sottovalutazione della dimensione veritativa della fede in ordine all’edificazione del soggetto cristiano. Non di rado accade che alla fine del primo percorso catechistico, quello che si conclude con la Cresima, il ragazzo non sa rispondere alla domanda ‘che cosa è …’, semplicemente perché non sa, non conosce il ‘che cosa’ di ciò che è

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(l’Eucarestia, la Chiesa, un sacramento …)"9.Abbiamo visto che il contenuto fondamentale di ogni nostro atto comunicativo, ciò a cui intendiamo condurre gli educandi, che fa da sfondo e costituisce lo scopo del nostro impegno, è Cristo. Ma i nostri incontri si svolgono intorno a temi molteplici. Molti catechisti mi rivolgono domande di questo tenore: "Quest'anno ho i ragazzi della Cresima: come faccio a spiegare loro che cosa riceveranno?" "Hai un buon percorso per accompagnare i bambini alla Prima Comunione?". Le preoccupazioni contingenti segnano profondamente il nostro lavoro. Non è un errore, però: per comunicare adeguatamente, in campo catechistico, è necessario essere consapevoli che tutto ciò che proponiamo, volta per volta, fa parte di un mistero globale, che abbraccia tutte le singole modalità attraverso cui il Signore ha voluto rendersi presente tra noi. In qualche modo questa consapevolezza deve essere trasmessa ai ragazzi, ancor più in un tempo come il nostro, segnato dalla frammentazione. In questa prospettiva di base, interroghiamoci sul nostro essere comunicatori della fede.

Comunicare

Non è sufficiente "dire" per comunicare. Si tratta di una operazione complessa in cui entrano in gioco numerosi elementi, a partire dalla disposizione con cui ci avviciniamo all'azione comunicativa, dalla situazione in cui ci troviamo…. Comunicare "richiede un va e vieni dialogico, interlocutori pazienti, ben disposti ed attivi"10. Ma allora, cosa significa comunicare? Si sono tentate molte definizioni, volendo essere semplici possiamo dire che la comunicazione è un processo dialogico, che impegna le persone in un continuo confronto e scambio di esperienze. Nella comunicazione in ambito comunitario, che è quella che ci interessa, riveste un ruolo fondamentale il codice simbolico attraverso il quale noi mediamo i significati che intendiamo condividere11.

Proviamo ad avvicinarci ai diversi elementi in gioco:

In primo luogo il referente, cioè il tema di un atto comunicativo. I passi del nostro cammino per condurre a conoscere Cristo passano attraverso la riflessione sui comandamenti, sull'Eucaristia, il Natale... Il messaggio di ogni incontro sarà quindi adeguato allo scopo, occorre però che sia ben chiaro, innanzitutto a chi lo propone, dove si intendono condurre i ragazzi.

9 Intervento del Card. Caffarra a Bologna, atti del Convegno UCD – 14/17 giugno 2010, consultabili in http://www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/s2magazine/mostraV3.jsp?idPagina=11368 . 10 C.M. MARTINI, Effatà, apriti, Lettera pastorale 1990-91, in http://www.odg.mi.it/node/23611 EILERS F. J., Comunicare nella comunità, Elledici, Leumann 1997, p. 14.

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Per comunicare adeguatamente dobbiamo porci una domanda previa: "cosa voglio che i ragazzi si portino a casa oggi?" E nel rispondere dobbiamo essere molto precisi! Proviamo a fare un esempio. Conduciamo un incontro in cui il referente, il nostro tema, è l'Eucaristia. Intendiamo parlare dell'importanza del Sacramento. Ci dilunghiamo su come sia necessario accostarsi all'eucaristia ogni settimana, perché la messa domenicale è momento essenziale senza il quale non possiamo nutrire la vita di fede. In questa modalità corriamo un rischio: ciò che passa, il messaggio, può essere solo l'obbligo di andare a messa la domenica. Non è infatti scontato riuscire a comunicare correttamente. Sia noi che i ragazzi abbiamo delle precomprensioni che fanno da filtro. Ciascuno vive in una situazione duplice: c'è il mondo esteriore e quello interiore, una sorta di "mondo dietro al nostro naso" che è fatto dai nostri atteggiamenti, valori, esperienze. Esso determina il modo in cui vediamo ed interpretiamo le cose, le persone, gli avvenimenti che capitano "davanti al nostro naso"12.E' quindi opportuno considerare la possibilità che il messaggio che passiamo non corrisponda al referente che intendiamo, e operare perché ciò non avvenga. Per questo è bene non trascurare i momenti di verifica, che devono essere presenti nel nostro percorso catechistico, anche se con modalità e misure diverse. Le verifiche si fanno confrontandosi con i ragazzi, ascoltandoli, facendoli disegnare, drammatizzare, lavorare in gruppo. La verifica non è funzionale ad una valutazione di tipo scolastico, ma serve a noi per verificare se, attraverso il nostro messaggio, siamo riusciti a condurre i ragazzi al referente che intendevamo, oppure no. Ricordando, per inciso, che il confronto, una discussione di gruppo ben gestita, favorisce un atteggiamento etico, in quanto implica esercizio di solidarietà per favorire la convergenza tra gli interlocutori. In conclusione far discutere i ragazzi vuol dire promuovere educazione morale (Carla Xodo – pedagogista Pd).

Dimensioni dell'umano Senza dilungarci a riflettere sui soggetti della comunicazione, è importante, però, sottolineare che la catechesi non può essere ridotta ad una attività che coinvolga solo la razionalità del ragazzo. Siamo chiamati ad attivare tutte le dimensioni dell'umano, perché la persona è intelligenza, affettività, praticità ed è abbracciando tutte queste componenti che si può veramente comunicare qualcosa. Momenti cognitivi (contenuti), momenti celebrativi (coinvolgimento), momenti attuativi (concretizzazione) non devono mancare in una catechesi rivolta alla persona. Ricordando sempre che "La parola è un suono, l'esempio un tuono" (Ippolito Nievo), perciò ci dobbiamo lasciar implicare dalla nostra vocazione.

Pluralità di linguaggi Giovanni Paolo II, nel discorso tenuto per la XXV giornata mondiale delle comunicazioni sociali, si riferiva alle"meravigliose invenzioni tecniche che l'ingegno umano è riuscito, con l'aiuto di Dio, a trarre dalle cose create" (Inter Mirifica, 1), affermando che nel nostro tempo esse hanno amplificato il volume della nostra voce… " Quante volte, nel gruppo catechistico, ci troviamo ad urlare? Capita mai? Non succede che sentiamo come l'esigenza di qualcosa che ci aiuti a superare una sorta di muro che si erge tra noi e i ragazzi perché il nostro messaggio arrivi? Se avessimo davvero un muro, davanti, come faremmo? Non prenderemmo forse una scala? E perché non utilizzare anche a catechismo tutte quelle scale che oggi ci vengono offerte?

Allora, adesso parliamo di scale. Cioè di strumenti, modalità, del canale che utilizziamo per veicolare il nostro messaggio. In questo ambito occorre riconoscere che andiamo un pochino a rilento. Faccio un esempio:

Il cardinal Scola è intervenuto, a fine agosto, al meeting di Rimini, ed ha aperto così il suo intervento:

12 EILERS F. J., Comunicare nella comunità, Elledici, Leumann 1997, p. 15.

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"Molti di voi avranno visto Matrix, il celebre film dei due fratelli polacchi Wachowski. Il cinema è la lingua franca della nostra società. È un mezzo formidabile per indagare la verità sul mondo. Spalanca la nostra esperienza in modo assai spesso più efficace di tanti discorsi e di tanti libri"13.

Vorrei chiedervi: quanti di noi usano anche il cinema nella catechesi come canale comunicativo? Non intendo riferirmi ad un uso passivo, come riempitivo di momenti o periodi di emergenza, ma ad un uso intelligente, pensato. Non occorre guardare, ad esempio, un film intero, bastano degli spezzoni ben scelti, o si può proporre la visione in momenti extra (una serata in patronato) per poi riprendere in gruppo. Non è certo facilissimo improvvisarci critici cinematografici, ma abbiamo mai considerato l'ipotesi di formarci in questo senso14?

Pensate a quale impatto potrebbe avere una ricerca, compiuta attraverso internet, sul numero di film su Gesù che sono stati realizzati da quando è stato inventato il cinema. I titoli sono infiniti, le modalità espressive anche, la quantità e la varietà delle proposte dovrebbe aiutarci a stimolare una domanda (sappiamo che suscitare domande è uno dei modi migliori per promuovere la comunicazione): ma perché questo "tipo" provoca così tanto? CHI E' COSTUI (Mc. 4,41) per suscitare sempre tanto interesse?

Parlando della rete tocchiamo un altro punto "dolente". Il Papa ha ricordato che la Chiesa vuole “prendere il largo nel mare digitale” “senza timori”, “affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la “barca ecclesiale” (25 aprile 2010 - messaggio del Papa in preparazione alla giornata mondiale delle comunicazioni sociali): non dobbiamo aver paura di utilizzare canali comunicativi diversi, come non dobbiamo nutrire verso di essi la sfiducia che oggi sentiamo così presente. I mezzi sono neutri, la bontà viene dal loro utilizzo. So bene che le nostre parrocchie normalmente non hanno i mezzi per consentirci di lavorare a livello multimediale, ma bisognerà pur cominciare ad imparare, da qualche parte… Saper almeno destreggiarsi con le nuove tecnologie è un modo meraviglioso per ottenere la stima dei ragazzi che ci sentono capaci di muoverci sul loro stesso piano.

Un altro canale comunicativo, relativamente semplice da utilizzare e molto fecondo, è l'arte. Iniziano a moltiplicarsi le proposte, i percorsi di catechesi, strutturati sulla traccia delle grandi opere di arte sacra15. Sappiamo che l'espressione artistica costituiva la "Bibbia dei poveri", è noto che la potenza comunicativa delle immagini dei grandi artisti è straordinaria.

Le possibilità per accostarsi a questo linguaggio sono molte, viviamo in una terra piena di tesori, che spesso ci sono diventati così familiari da passare inosservati. Occorre recuperarli, dar loro di nuovo voce. Per esempio, in diocesi di Vicenza c'è la grande ricchezza del Museo Diocesano, accedendo al quale si può essere accompagnati e guidati da un esperto.

Altri spunti interessanti possono essere forniti dall'architettura. Possiamo far notare ai ragazzi che la maggior parte delle nostre chiese è costruita con una pianta a forma di croce, di solito immissa (T): cosa vorrà dire entrare in un luogo di culto che ha la forma della croce? Oppure possiamo parlare del Battesimo facendo vedere un battistero ad immersione: è un ottimo modo per trasmettere l'idea dell'immersione in una vita nuova, frutto del sacramento. Si può organizzare un'uscita ad Aquileia, oppure, per esempio qui vicino, a Verona, c'è il convento delle Piccole Figlie di san Giuseppe, in cui è stato costruito un fonte battesimale, moderno, ad immersione; ci sono anche delle bellissime vetrate sul tema della Pasqua, che una sorella guida i gruppi a comprendere. Ancora: mi ha colpito molto vedere la chiesa di Trissino con la sua struttura ed i sedili del Concilio

13 Intervento del 25/08/2010 consultabile in http://angeloscola.it/2010/08/25/meeting-di-rimini-desiderare-dio-chiesa-e-post-modernita-lintervento-del-patriarca/14 Può fornire qualche spunto il libro I. BELLIGOTTI , Ragazzi in regia. Insegnare religione cattolica con il cinema,EDB, Bologna 2010. 15 M.L. MAZZARELLO – M.F. TRICARICO (a cura), Insegnare la religione con l'arte. Orientamenti per l'azione didattica, collana dell'Istituto di Catechetica UPS – Auxilium, Elledici, Leumann 2004; BONOMI VOLONGHI M.R., Arte in gioco, Elledici Scuola, Cascine Vica (To) 2009.

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Vaticano II. Sapete che c'è un sito, www.vivailconcilio.it in cui ci sono le foto d'epoca del Vaticano II? I ragazzi potrebbero essere avvicinati a questo evento con una semplice visita guidata in chiesa.

Quante opere d'arte, quanti tesori ci sono nelle nostre parrocchie, a volte chiusi nelle sacrestie… imparare a riappropriarcene avrebbe diversi benefici effetti: farebbe comprendere meglio i segni che compiamo, agevolerebbe il nostro compito comunicativo ed aiuterebbe anche a sentire più "propria" la chiesa dentro la quale a volte ci sentiamo un po' estranei…

Si tratta solo di suggerimenti, ma sono ispirati da un dato: la pedagogia ci dice che dopo tre giorni uno studente può ricordare:

� il 10% di quello che vede; � il 10% di quello che sente; � il 65% di quello che sente e vede.

Infine, e questo è un suggerimento spicciolo, è opportuno tenere presente anche che dopo 15 minuti l’attenzione tende a calare e quindi va risvegliata con uno stimolo diverso: se stiamo parlando, facciamo vedere; se stiamo vedendo, facciamo sentire……...

Con parole di oggi

Sì, come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che, puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta, è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti (incipit del Convivium, Dante 1304-1307)

Ho letto un testo scritto in italiano, ma in un italiano di sette secoli fa, divenuto ormai per noi difficilmente comprensibile, almeno ad un approccio immediato. E i nostri ragazzi, quale lingua parlano?

Se ripetiamo loro le formule del catechismo in maniera stereotipata possiamo essere certi di aver detto cose corrette sul cristianesimo, ma abbiamo comunicato? Comunicare, oltre che un problema di contenuti e di strategie comunicative, è anche una questione di linguaggio. Dobbiamo sforzarci di uscire dalle formule fisse, dal linguaggio lontano dalla quotidianità che qualcuno ha definito "ecclesialese", ma per farlo (senza banalizzare il messaggio) dobbiamo essere ben saldi nella conoscenza dei contenuti, così da essere in grado di mediarli per i piccoli. Per questo occorre essere disponibili a formarsi, ad approfondire il proprio cammino di conoscenza delle verità che crediamo, e che il nostro cuore ama. Giovannni Paolo II ci ricordava che "La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità"16.Facciamoci ancora guidare dalla Scrittura:

Comunicatore: At. 8,26 ss.

26Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: “Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta”. 27Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, 28se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia. 29Disse allora lo Spirito a Filippo: “Và avanti, e raggiungi quel carro”. 30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: “Capisci quello che

16 GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, Lettera Enciclica 14 settembre 1998, n. 1, EDB, Bologna 1998.

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stai leggendo?”. 31Quegli rispose: “E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?”. E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:

Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca.

33 Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

34E rivoltosi a Filippo l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”. 35Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. 36Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”. 37 38Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. 39Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino. 40Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.

Filippo si mette in cammino, si "scomoda" seguendo la propria vocazione, va in cerca, per raggiungere l'educando. L'eunuco è in difficoltà. Legge, sa il significato di ciò che legge, ma non ne capisce il senso profondo; egli intuisce che c'è più di ciò che appare ad un primo livello. Ed è consapevole di essere "piccolo", di aver bisogno di qualcuno che lo guidi. Filippo sale sul carro: condivide la condizione e il percorso dell'eunuco, non si pone ad un livello di superiorità, ma accompagna, pur proponendo autorevolmente. Il risultato è che, ancora una volta, tutti e due scendono nell'acqua, e poi l'eunuco viene lasciato andare, generato a vita nuova può camminare da solo, ed è pieno di gioia.

4. ConclusioneVolendo sintetizzare, la questione potrebbe suonare così: come sarebbero i nostri incontri se, ogni volta che li prepariamo, ci chiedessimo "Che cosa Cristo può insegnarci della trasmissione della vita e della fede?"17.Chiudiamo allora questa conversazione con un'ultimo sguardo alla nostra "stella polare", la Parola di Dio. Si tratta di un passo celeberrimo, ancora tratto da Atti. Ho scelto intenzionalmente di farci condurre, oggi, da tre brani tratti da questo libro, che narra la nascita e lo sviluppo della Chiesa subito dopo la Risurrezione, nella nuova condizione degli apostoli che non hanno più Gesù fisicamente accanto a loro, per chiedergli consiglio e per confrontarsi, ma che proprio grazie al modo nuovo di "stare" con Cristo ricevono una forza tale da guidarli a diffondere il Vangelo, comunicando la buona novella fino agli angoli più lontani del mondo allora conosciuto.

Pentecoste – At 2,1 ss. 1Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. 5Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. 6Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria

17 CH. THEOBALD, Trasmettere un Vangelo di libertà, EDB, Bologna 2010, p. 15.

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lingua. 7Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? 8E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, 11Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”.

Ecco, la Buona Notizia della Pentecoste è il Vangelo della comunicazione: Dio stesso, infatti, è nella sua intima natura comunione e comunicazione (Trinità) e si comunica a noi, si dona a noi per renderci capaci di comunicare tra noi, aiutandoci a superare gli ostacoli al nostro dialogo e alla comprensione. Nel libro della Genesi compare il nome di una città che è divenuta simbolo della fatica che gli uomini (e le culture) fanno per capirsi tra di loro: "La si chiamò Babele, perché il Signore confuse la lingua di tutta la terra" (Gen. 11,9): il dono dello Spirito Santo è il dono della guarigione dall'incomprensione, è il dono della capacità di ascoltare, comprendere, dialogare tra noi e con Dio. Facciamo appello allo Spirito, nella nostra missione di educatori e comunicatori. Non saremo delusi, lo ha promesso Cristo stesso che ci ha detto: "Chiedete e otterrete… Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11,9-13)

PROF.SSA ASSUNTA STECCANELLADocente di religione e animatrice dei catechisti - Padova

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Bibliografia A.A. V.V., L'educatore educato. Promuovere e motivare alla relazione e all'apprendimento, EDB, Bologna 2010. ANGELINI G., Educare si deve, ma si può?, Vita e Pensiero, Milano 2002. ANGELINI G., Il figlio: una benedizione, un compito, Vita e Pensiero, Milano 1991. BARBON G. – PAGANELLI R., Cammino per la formazione dei catechisti, EDB, Bologna 2000. BELLIGOTTI I., Ragazzi in regia. Insegnare religione cattolica con il cinema, EDB, Bologna 2010. BONOMI VOLONGHI M. R., Arte in gioco. Scoprire la Bibbia con l'arte, Elledici, Leumann 2009. C.E.I., Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell'episcopato italiano per il primo decennio del 2000, EDB, Bologna 2001. C.E.I., La sfida educativa. Rapporto-proposta sull'educazione, Laterza, Roma-Bari 20097.CORSI M., Il coraggio di educare. Il valore della testimonianza, Vita e Pensiero, Milano 2003. DE CERTEAU M., Debolezza del credere. Fratture e transiti del cristianesimo, Città Aperta, Troina (En) 2006. EILERS F. J., Comunicare nella comunità, Elledici, Leumann 1997. HABERMAS J., Conoscenza e interesse, Laterza, Bari 1970. MAULE L., In quel tempo… Racconti dal Vangelo, EDB, Bologna 2008. MAZZARELLO M.L. – TRICARICO M.F. (a cura), Insegnare la religione con l'arte. Orientamenti per l'azione didattica, collana dell'Istituto di Catechetica UPS – Auxilium, Elledici, Leumann 2004. THEOBALD CH., Trasmettere un Vangelo di libertà, EDB, Bologna 2010.

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DIOCESI DI VICENZA

UFFICIO PER L’EVANGELIZZAZIONE E LA CATECHESIIN COLLABORAZIONE CON L’UFF. PER LA PASTORALE DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA

EUCARISTIA:

FULCRO E FONTE DELLA VITA CREDENTE

INCONTRO FORMATIVO PER ANIMATORI DEI CENTRI DI ASCOLTO, DEI GRUPPI BIBLICI E DEI GRUPPI-SPOSI,

PER QUANTI OPERANO NELLA PASTORALE

DATA: Domenica 30 Gennaio 2011 ORARIO: ore 15,00 -18,00 SEDE: Chiesa Parrocchiale di San Marco – Vicenza

PROGRAMMA DELL’INCONTRO ore 15,00 -15,15 Accoglienza e preghiera iniziale ore 15,15 -16,30 Eucaristia: fulcro e fonte della vita credente

(prof. Bonaccorso don Giorgio – monaco benedettino e Liturgista) ore 16,30 -17,00 Pausa ore 17,00 -18,00 Lectio… in musica (Mt 14,13-21): preghiera attorno alla parola

accompagnata da alcuni brani musicali

DESTINATARI:

- quanti animano i Centri di Ascolto della Parola di Dio (CAP) in parrocchia o i gruppi biblici - coordinatore/i dei CAP in Parrocchia - quanti seguono la catechesi dei Giovani/Adulti - responsabili e membri dei gruppi liturgici - giovani e adulti interessati a pregare con la Parola di Dio - adulti impegnati nella Pastorale familiare e nella vita di coppia - catechisti parrocchiali

COORDINATORI DELL’INIZIATIVA:

Davide Viadarin, Annalinda Zigiotto, Suor Maria Zaffonato

PER PARTECIPARE:

Si invita, per questioni organizzative, a segnalare la propria presenza alla Segreteria dell’Ufficio entro

Mercoledì 26 Gennaio 2011, telefonando (0444/226571) o inviando una e-mail ([email protected]).

NOTE TECNICHE:

Per il parcheggio, è possibile usufruire di quello interno al Cinema Parrocchiale San Marco oppure degli appositi spazi che costeggiano le mura di Parco Querini.

PRESENTAZIONE E SENSO DELLA PROPOSTA

In linea con il programma pastorale, si cercherà di approfondire il senso dell’Eucaristia, nella celebrazione, l’annuncio e la vita sia della comunità che delle famiglie e del singolo credente.

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