48
ANNO VI I GIUGNO 2014 N. 2 SPECIALE XI EDIZIONE SPECIALE XI EDIZIONE CONGRESSO CONGRESSO NAZIONALE OSDI NAZIONALE OSDI

SPECIALE XI EDIZIONE CONGRESSO NAZIONALE OSDI - N.2 Giugno 2014_72053.pdf · renderli conformi allo stile della Rivista La rivista In ... infermieri in questo percorso di professionalizzazione

Embed Size (px)

Citation preview

AN

NO

VI I

GIU

GN

O 2

01

4

N.

2

SPECIALE XI EDIZIONESPECIALE XI EDIZIONECONGRESSOCONGRESSO

NAZIONALE OSDINAZIONALE OSDI

normeautoriper gli

Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione.Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono la responsabilità diquanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità o l’immaginedell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima, occorrerà unaliberatoria scritta dei relativi responsabili.La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto, anche se non pubblicato,non sarà restituito.Gli autori sono tenuti a specificare se la proposta di pubblicazione è stata inoltrata presso altreriviste.Il comitato editoriale si riserva di eseguire, nell’eventualità che appaia opportuno, un lavoro direvisione formale del testo, ferma restando la conservazione dei contenuti espressi dall’Autore, perrenderli conformi allo stile della Rivista

La rivista In...formazione OSDI pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenzialiriguardanti il diabete e gli argomenti correlati.Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del

lavoro.- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a

ciascun nome uno o più asterischi con riferimento alla successiva indicazione.- Indicazione, preceduta dal relativo numero di asterischi, per ciascun autore della qualifica o

struttura di appartenenza; va indicato l’indirizzo e-mail dell’Autore cui fare riferimento.- Riassunto: il riassunto dovrà essere non superiore alle 300 parole e illustrare succintamente scopo

del lavoro e risultati.- I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente

in cifre arabe poste tra parentesi quadre:indicando il cognome e le iniziali del nome dell’Autore, il titolo dell’articolo per esteso, il titolo dellarivista, il volume (in corsivo), i numeri della prima e dell’ultima pagina e l’anno.

Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni.

Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: [email protected]

7pag.

Lettera del Presidente

IN...FORMAZIONEPeriodico trimestraledell’Associazione OSDIOperatori Sanitaridi Diabetologia ItalianiVia Guelfa, 9 - 40138 Bolognawww.osdi.itAutorizzazione del tribunaledi Lecce n. 1014 - marzo 2009

DIRETTORE RESPONSABILEMaria Teresa Branca

VICE-DIRETTORERoberta Chiandetti

COMITATO SCIENTIFICORoberta ChiandettiMaria Teresa BrancaGiovanni Lo GrassoLia Cucco

COMITATO DI REDAZIONEGemma AnnicelliElisa BelliniLia CuccoRaffaella FiorentinoMarcella LaiElisa LevisGiovanni Lo GrassoVilma MaglianoAlberto PambiancoSilvana PastoriClara ReboraKatia SpeeseSilvia Tiozzo

PROGETTAZIONE GRAFICA,IMPAGINAZIONE E STAMPACarra Editrice73042 Casarano (Le)Tel. 0833.502319

17Articolo originale

4pag.

11pag. IL SIGNIFICATODELLE CURE INFERMIERISTICHEIN DIABETOLOGIAa cura di Lia Cucco,dal Congresso OsdiTrieste 2014

25pag.

Presidente uscenteLettera del

Dal CongressoNazionale...

Comunicazioni oralie Poster

4

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Carissimi tutti,

con grande piacere e soddisfazione scrivo dueparole di commento sul Nostro XI CongressoNazionale.

E’ stato un evento che, contrariamente alleaspettative, ha visto la partecipazione di circa400 iscritti. Già questo è stato un importanteobiettivo che il CDN ha portato a casa, graziealla vicinanza ed alla partecipazione delleAziende che comunque, nonostante i tempi dicris i , hanno scelto di stare vicinoall’Associazione e alle strategie che negli ultimidue anni, così come nei mandati precedenti,OSDI sta cercando di perseguire.

Il Congresso Nazionale è da sempre mo-mento di incontro, di conoscenza, di condivi-sione di saperi ed esperienze talvolta comuni.In questa edizione il CDN ha scelto di affrontarein apertura il tema dell’assistere e del curare

da un punto di vista complementare a quellodel nursing grazie agli interventi del filosofoesperto di bioetica prof Enrico Furlan e dellapsicologa esperta in comunicazione Dott.ssaMarina Cassoni. A loro va il grande merito diaver iniziato i lavori congressuali con il giusto“ritmo”. I lavori sono poi proseguiti sempre adaltissimo livello grazie al contributo di relatorie moderatori che, ciascuno nel proprio ruolo,hanno saputo affrontare le tematiche cliniche,organizzative e relazionali con grande compe-tenza e professionalità.

5

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

E’ stato un Congresso che ha scelto di trat-tare una tematica importante come quelladell’assistenza al paziente anziano ed allacronicità nel suo insieme, e ha toccato variaspetti di approfondimento multidisciplinaree multi professionale, con ricchezza di contenutie molteplici opportunità di confronto. Le tregiornate di lavoro hanno quindi segnato ilsuccesso del CDN che, in due anni di incontroe condivisione di momenti anche difficili edelicati dal punto di vista associativo, ha dimo-strato impegno e perseveranza in un percorsodi crescita non solo professionale ma ancheculturale.

Rimane infine il ricordo dell’incontro diamici vecchi e nuovi, con i quali continuare uncammino di crescita personale e professionalecon rinnovato ottimismo.

Un Grazie a tutto il CDN che mi ha suppor-tato in questi due anni, al Comitato scientificodel Congresso che ha permesso un’ottima riu-scita dell’evento ed a tutti i partecipanti chehanno dato vita a questo importante momentoassociativo.

Auguri di buon lavoro al prossimo CDN eal nuovo Presidente OSDI, l’amico Giovanni.

Arrivederci e…ad maiora!.

Care Colleghe e Cari Colleghi

reduce dall’XI Congresso Nazionale OSDI non nascondo l’orgoglio e la grande emozione

con cui mi accingo a scrivere la prima “lettera del Presidente”. L’evento congressuale

nazionale non solo segna il passaggio di consegne alla guida della Nostra Associazione

ma è sempre più un appuntamento di prestigio utile a dare lustro alle attività portate

avanti nel biennio precedente, a mettere in bella mostra le professionalità del mondo

OSDI e a manifestare l’impegno nel prendersi cura delle persone affette da diabete.

Dentro il mondo OSDI mi piace vederci i colleghi che aderiscono e lavorano con entusiasmo,

quanti di essi partecipano attraverso contributi scientifici e culturali, quanti rappresentano

l’associazione ai vari livelli, quanti ancora si prodigano nel quotidiano per far crescere

la cultura della presa in carico del paziente come strumento per assistere le persone

con malattie croniche. Di questo mondo fanno parte anche tanti professionisti sanitari

e non, che pur non appartenendo all’universo infermieristico, sono al fianco degli

infermieri in questo percorso di professionalizzazione e di crescita culturale (e lo sono

stati anche in questo evento congressuale) contribuendo con contenuti scientifici e

culturali a migliorare il nostro cammino.

Grazie a tutti per averci creduto e soprattutto perché sono certo che continuerete a

crederci!

La vetrina della Stazione Marittima, della splendida Trieste, ha adempiuto a pieno al

compito per la quale è stata scelta come sede congressuale. I contenuti scientifici e

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

7

N.

2 G

iug

no

20

14

letteradel presidente

di Giovanni Lo Grasso

culturali previsti dal comitato organizzatore sono stati piacevolmente resi fruibili e, dai

feedback ricevuti da molti di coloro che hanno partecipato attivamente ai lavori

congressuali, pare siano anche stati graditi. Un aspetto che esula dai contenuti scientifici

ed è annoverato tra le formalità, i così detti saluti di rito delle “autorità”, anche questa

volta e forse sempre con più incisività, si sono trasformati in vere manifestazione di

stima, affetto e amicizia, a testimoniare percorsi, esperienze, vissuti e prospettive

professionali comuni. Anche per questo un sentito grazie a tutti questi “compagni di

viaggio”.

Veniamo alle sfide di questo recente passato e a quelle che mi immagino caratterizzeranno

il prossimo futuro.

Il tema del congresso, “la malattia diabetica nella persona anziana e la sostenibilità del

percorso”, scelto dal comitato scientifico, ha voluto mettere in risalto una realtà

caratterizzata dal cambiamento demografico, dall’aumento delle persone affette da

diabete e da comorbilità, dalla riorganizzazione dell’offerta sanitaria che mette sempre

più in discussione la sostenibilità delle cure (non solo dal punto di vista economico ma

sempre più da quello organizzativo). Se lo scenario demografico del nostro paese sta

cambiando, e il sistema sanitario lo sta seguendo, anche le organizzazioni professionali

devono seguire tale cambiamento. OSDI, negli ultimi anni, ha operato in questa direzione,

mantenendo il focus sull’infermiere che si occupa di assistere le persone con diabete

ma ponendo la giusta attenzione ad un contesto sanitario che muta facendosi portavoce

di questi cambiamenti e delle istanze professionali in ogni occasione, compresi i tavoli

tecnici con le istituzioni. In questo contesto entrano i percorsi e gli strumenti storici di

OSDI quali la Scuola Formatori, la rivista, il sito internet, l’attività del Provider ECM e

non per ultimo il lavoro intrapreso nel 2011 e continuato sino al 2013 di Revisione della

Letteratura, che ha prodotto le Raccomandazioni Assistenziali in campo diabetologico.

Tutte le attività elencate vanno supportate e promosse al fine di perseguire le finalità

associative che ci consentono di stare tutti assieme all’interno di OSDI. Il percorso di

Revisione della letteratura che si è rivelato uno strumento con un potenziale propulsivo

notevole non si può e non si deve arrestare; è necessario pertanto trovare la forma e i

mezzi per continuare in questa direzione.

I prossimi anni saranno di fondamentale importanza per il consolidamento dei rapporti

con le Istituzioni, con le Società Scientifiche e con le Associazioni delle persone con il

diabete. Durante questo cammino avrò certamente bisogno di tutti Voi per continuare

la nostra storia sull’onda della continuità di quanto fatto negli ultimi anni, sulla strada

8

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

già tracciata da Maria Teresa e da Roberta che mi hanno egregiamente preceduto negli

ultimi anni e che ringrazio per il supporto sin oggi prestato. Sono certo che sia loro che

tutti gli altri colleghi che a vario titolo hanno rappresentato e rappresentano ad oggi

l’associazione ci sono stati e continueranno ad esserci perche sono indispensabili per

il futuro dell’associazione stessa. Essere uniti, condividere il percorso aiuta a portare

avanti i risultati di oggi ma soprattutto aiuta a far crescere OSDI.

Vi invito alla lettura di questo numero della rivista dove troverete un reportage sia di

contenuti scientifici che iconografici del Congresso di Trieste.

AugurandoVi una buona lettura Vi saluto per ritrovarci dopo l’estate con il prossimo

numero della Nostra rivista.

Giovanni Lo Grasso

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

9

N.

2 G

iug

no

20

14

Dal CongressoNazionale...

12

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Sempre più spesso i professionisti della salutefanno esperienza di un profondo disagio morale(moral distress). In molte circostanze, si chiedonose abbia senso fare tutto ciò che è tecnicamentedisponibile e si interrogano se non vi siano modidiversi di prendersi cura delle persone, special-mente quelle affette da patologie croniche.

Per affrontare tale disagio morale è necessarioinnanzitutto mettere a fuoco i fattori all’originedel cambiamento epocale che caratterizza il mon-do sanitario da circa mezzo secolo. Tali fattori(irruzione della tecnica, emancipazione del pa-ziente, iper-specializzazione, problemadell’allocazione di ricorse limitate, pluralismoetico) sono all’origine della stessa bioetica.

Ciò che emerge con chiarezza in questo mu-tato contesto è la necessità di argomentare conpazienza e rigore le ragioni alla base delle scelteche si compiono ogni giorno in ambito sanitario:in molti casi, non è più auto-evidente cosa siabenefico per un paziente e non è sempre veroche il massimo dell’ intervento tecnico coincidacon il massimo del rispetto per la persona malata.

Argomentare il giudizio etico in un contestopluralistico richiede però il riferirsi a un orizzontecomune, condivisibile anche da persone che – peraltri aspetti – aderiscono a visioni etiche, filoso-fiche e religiose diverse fra loro. In ambito euro-peo, è utile fare riferi-mento alla Convenzioneeuropea sulla bioetica(Convenzione di Oviedo),la quale riconosce nelladignità umana e nei dirittiumani la base comunecondivisa da cui partireper articolare una rifles-sione pubblica sullequestioni etiche postedall’avanzamento dellabiomedicina.

Ma cosa richiede, in concreto, il rispetto chedobbiamo a ogni essere umano, in particolare semalato e fragile? La riflessione bioetica ha indivi-duato alcuni principi in grado di orientarel’argomentazione etico-clinica: non-maleficenza,beneficenza, autonomia e giustizia. Opportuna-mente intesi, tali principi possono guidare i pro-fessionisti della salute a rispettare i propri pa-zienti, prendendo in considerazione le dimensionifondamentali della vita personale: l’integrità psico-fisica, la libertà e la relazionalità.

Questo approccio promuove e sostiene lacreatività morale dei professionisti della salute,perché richiede di individuare assieme modi nuovidi curare le persone, guardando all’intero dellaloro vita e della loro storia (non solo a un organoo a una patologia) e tenendo conto dell’equilibriocomplessivo del sistema sanitario.

Richiede inoltre di andare oltre il concettoliberale di autonomia e di riconoscere che lepersone esercitano la loro autonomia sempredentro le relazioni.

In sintesi, prendersi cura delle persone signi-fica riconoscerne la comune umanità (relazionalitàe vulnerabilità) e costruire percorsi di accompa-gnamento adatti a manifestare il rispetto nellemutate circostanze in cui siamo chiamati a operarenel mondo sanitario contemporaneo.

L’etica del prendersi curaDr. Enrico Furlan,Filosofo, Università di Padova

13

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Una breve premessa

La cifra dell’uomo – sin dalla sua comparsa –è stata quella di trascendere la natura con lacultura, al punto che gli studiosi affermano chela cultura è una nostra possibilità biologica.

L’uomo vive “all’incrocio” tra il dominio dellanatura e il dominio della cultura, cioè della tra-sformazione continua di ciò che esiste: siamodotati di un corpo con alcune caratteristicheimprescindibili, viviamo in un ambiente fisico,ma abbiamo sviluppato la nostra civiltà graziealla conoscenza scientifica e alla capacità di esten-dere le nostre possibilità con l’uso di strumentie di tecniche, con la creazione di istituzioni sociali,di regole di convivenza la cui sorgente è il dirittoe non la forza, di riti e consuetudini che ci educanoalla relazione e alla protezione, non solo deiconsanguinei, ma anche di ambiti molto allargatidella collettività.

La specie umana rappresenta quindi la specieculturale per antonomasia, benché non sia l’unica,-come dimostrato dalle scienze etologiche- èsicuramente quella più sviluppata.

La cultura si evolve e modifica le generazioni,modifica gli sguardi sul mondo e le pratiche diconvivenza, di salute, di giustizia e –più in gene-rale- lo sguardo sociale.

Lo sguardo quindi è la metafora di una pro-spettiva, di una concezione psicologica o emotiva,sia a livello individuale, sia a livello sociale.

Lo sguardo sull’anziano

Anche il concetto di «anziano» è frutto di unosguardo che incrocia punti di vista:

• biologico;• sociologico;• culturale;• politico.L’uomo da sempre teme la vecchiaia ed esalta

la giovinezza, l’una vicina al declino e alla morte,

l’altra progettuale e protesa verso l’eros dellavita.

27 secoli fa il poeta greco Mimnermo:

“cosa di breve durata come sognoè giovinezza preziosa; e terribile e deformevecchiaia sul capo a un tratto è sospesa,odiosa del pari e spregevole,che irriconoscibile fa l’uomoe rovina, avviluppandoli, gli occhi e la mente”

E l’uomo teme lo sguardo che oggettivail corpo che decade:

“Sono andato questa mattina dal mio medico,Ermogene, recentemente rientrato in Villa da unlungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitassea digiuno, ed eravamo d’accordo di incontrarci diprimo mattino. Ho deposto mantello e tunica, misono adagiato sul letto. Ti risparmio particolariche sarebbero altrettanto sgradevoli per te, quantolo sono per me, e la descrizione del corpo di unuomo che si inoltra negli anni, ed è vicino a moriredi un’idropisia al cuore. Diciamo solo che ho tossito,respirato, trattenuto il fiato…

E’ difficile rimanere imperatore in presenza diun medico ; difficile anche conservare la propriaessenza umana; l’occhio del medico non vede inme che un aggregato di umori e odori , poveroamalgama di linfa e di sangue …

E’ terribile … quando il corpo è sano ubbidisce,quando è ammalato comanda….

Comincio a scorgere il profilo della mia morte”.Tratto da “Memorie di Adriano” MargueriteYourcenar

Un neuroscienziato

“Invecchiamo perché alla natura, cioè allaselezione naturale, non “interessa” ciò che avvienedopo l’età riproduttiva… la natura non ci condannaad invecchiare, né vuole farci invecchiare. Sempli-

Fragilità, potenzialitàe relazione di cura

Marina Cassoni,Psicologo, psicoterapeuta, esperto di formazione

14

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

cemente ci lascia invecchiare …abbiamo assoltoal nostro compito riproduttivo e la biologia non èpiù «interessata» al mantenimento in piena effi-cienza dei geni individuali”. Tratto da “Letteraa un bambino che vivrà 100 anni” EdoardoBoncinelli – Rizzoli Editore

Il modo in cui le persone anziane sono perce-pite e trattate all’interno di una società è fruttodi molteplici fattori: fattori di tipo socio-sanitario:qualità delle cure, stili di vita, diffusione di com-portamenti e atteggiamenti di prevenzione; fattoriculturali: accesso all’istruzione, alla ricchezza,al tempo libero, riconoscimento collettivo cheogni età della vita racchiude in sé valori e risorse,potenzialmente accessibili.

Poiché l’umanità è progredita e la lunghezzamedia della vita si è allungata, l’invecchiamentodella popolazione interroga tutti i policy maker:gli anziani sono un costo? sono una risorsa? qualiinterrogativi etici pone la durata della vita e aquali condizioni ha senso?

Socialmente le politiche socio-sanitarie miranoa riconoscere crescente valore agli anni: il 2012è stato proclamato “Anno europeo dell’invec-chiamento attivo e della solidarietà inter-generazionale” a testimonianza del fatto che èimportante che l’anziano abbia un mondo esternoa cui consegnare i propri pensieri, le proprie azionied emozioni e i propri desideri.

Molti in questo senso sono i progetti: ne citoalcuni: il progetto SEVEN una rete europea di 29organizzazioni che promuovono l’apprendimentocontinuo e le attività di volontariato; il progettoMATES che -in Andalusia- ha prodotto linee guida per la realizzazione e l’attuazione di progettiintergenerazionali. Anche in Italia possiamo citarela Regione Veneto che sperimenta forme di serviziocivile per gli anziani o la Regione Liguria, o laRegione Toscana, solo per fare alcuni esempi.Insomma le politiche muovono alcuni passi im-portanti proprio per ridurre la fragilità sociale,

psicologica, economica e indebolire il legame frafragilità e vita anziana.

Come potenziare queste policy, come farela propria parte per renderle possibili?

In questo senso noi operatori sanitari pos-siamo fare la differenza e la possiamo agirenell’incontro di cura concreto, quotidiano,nell’essere portatori di uno sguardo sulle per-sone anziane, che riconosce le loro possibilità.

Come può essere uno sguardo: sfuggente,attento, disinteressato, giudicante, assente, amo-revole, benevolo, gentile, tagliente...

Il nostro sguardo cambia: risente della nostrastanchezza, della nostra delusione, soddisfazione,paura, ecc... Il nostro sguardo muta anche ciò cheguardiamo: pensate come è diverso guardare inmaniera giudicante, piuttosto che benevolo.

Essere in grado di aiutare le persone a rico-noscere le loro possibilità residue e concrete –significa guardarle come persone desideranti:vedere in loro individui che amano la compagnia,amano essere utili, essere amiche di.., significaquindi restituire uno sguardo che le avvicina allavita e non alla morte.

Si crea una relazione di cura corretta tecni-camente e risonante emotivamente.

Nell’essere risonanti o sintonici stabiliamouna relazione di cura che si sviluppa nel presente,con ascolto partecipe e non giudicante.

Il tema dello sguardo verso l’anziano diven-ta quindi simmetrico al tema dello sguardoche abbiamo verso noi stessi: ci guardiamocome persone che curano il proprio valoree quindi promuoviamo il valore degli altriquando professionalmente li incontriamo?

Il valore non è mai un’astrazione è ciò a cuinoi dedichiamo tempo ed energie: la cura delcorpo, degli ambienti in cui viviamo, dei nostri

15

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

desideri e della nostra cultura personale e profes-sionale.

Un’infermiera una volta mi ha detto: “Perfortuna si usa sempre meno dare del tu aglianziani, chiamarli con vezzeggiativi, avvicinarlipsicologicamente ai bambini, parlare loro avoce alta come se non capissero … ecco da unaparte si vuole essere teneri, ma dall’altra sirimanda loro un’immagine depotenziata, in cuila dignità dell’essere uomo è svilita da unacortesia molle”.

La massima fragilità dell’anziano sta nelfatto che il suo mondo si riduce sempre di piùsino a coincidere con la sua casa, con il suo

tavolo, il suo letto, i suoi dialoghi sempre piùradi … la cura risonante che noi possiamo pre-stare agli anziani è certo una cura tecnica, maè anche la cura delle loro possibilità, di ciò chepossono ancora afferrare e non di ciò che hannoperso.

In questa dimensione aiutiamo a far sì che lacronicità non divori tutte le possibilità e restitu-iamo all’altro uno sguardo che non lo depotenzia,ma gli dice “usa e conserva il più possibile tuttele risorse che hai”.

Penso che questa attenzione di cura ci prepariad incontrare interiormente anche l’anziano chesaremo, che a sua volta avrà bisogno di rimanereil più possibile aperto verso il mondo.

La funzione primordiale della curaconnessa ad ogni essere vivente, si èprofondamente modificata nella societàumana in relazione ai grandi mutamentitecnologici, socio-economici, culturali chehanno generato lo sfaldarsi delle praticheassistenziali in una moltitudine di compitie attività diversi, da cui si sono delineatisia dei mestieri che delle professioni, tracui quella infermieristica [1].

Comprendere ciò che contribuisce adidentificare le cure infermieristiche rappre-senta un tema vasto ed estremamentecomplesso.

E’ un tema di carattere universale emultidimensionale, che assume connota-zioni particolari quando inserito in unasingola cultura, nel singolo sistema socio-sanitario, nella singola situazione [2].

Tema delicato, in ragione delle zoned’interferenza di saperi, di poteri e didecisioni; difficile, perché facilmente ridu-cibile all’applicazione di una tecnica, o alcontrario, coincidente con il nursing; coin-volgente perché legato a abitudini di vita,credenze, valori che fanno riecheggiarein noi le domande più profonde circal’esistenza, la morte, la sessualità, il dolore,l’amore, la sofferenza, il lavoro.

Il problema di una scienza delle curespecifiche è un dibattito attuale nellacomunità infermieristica, che si interrogasui suoi valori fondanti e sul valore aggiun-to dell’intervento professionale. Numerosistudi hanno affrontato il caring dal puntodi vista degli infermieri [3-4-5], ma staemergendo anche la necessità di indagare

le esperienze e le percezioni dei pazienti[6] per valutare/valorizzare in quale misural’intervento dell’infermiere sia utile a svi-luppare nell’utente delle cure, in particolarenelle situazioni di cronicità, risorse e ca-pacità, potenzialità e desideri, che lo met-tano in grado di rispondere alla sua situa-zione di salute, transitando così in unostato di migliore qualità di vita [7].

Appare chiaro quindi che non puòessere solo la prassi a determinarel’indipendenza e il significato di un ruoloprofessionale delle cure, ma la costruzionedi una sua autonomia culturale, la suacapacità di produrre in proprio il saperenecessario al governo dell’azione, perchénel rapporto tra le professioni quella cheproduce un sapere avrà anche necessaria-mente il controllo della sua prassi appli-cativa, indipendentemente da chi la attua[8]. In questa filosofia, l’assistenza infer-mieristica non conta per quello che fa,ma per quello che rende possibile: non ènelle attività che vanno ricercate le speci-ficità ma nei risultati perseguibili e negliobiettivi che è in grado di proporre eportare avanti.

Capire o esprimere il senso, il valoree il contenuto delle cure infermieristicheper le persone con diabete, significa con-frontarsi con il dibattito in corso nellacomunità professionale, anche alla lucedelle nostre esperienze e dei nostri saperispecifici sulla cronicità, mettendosi in unaprospettiva di passaggio da una tradizio-nale trasmissione orale ad una più congruatrasmissione scritta, non per rivendicare

IL SIGNIFICATODELLE CURE INFERMIERISTICHEIN DIABETOLOGIAa cura di Lia Cucco, dal Congresso Osdi - Trieste 2014

17

N.

2 G

iug

no

20

14

AR

TIC

OLO

OR

IGIN

ALE

quello che facciamo, ma per capire cosamodifichiamo con le nostre pratiche.“Nelle attività e nel know how degli infer-mieri clinici esperti è racchiusa una grandequantità di sapere inutilizzato, ma questonon si potrà ampliare e sviluppare appienose gli infermieri non registreranno in modosistematico ciò che apprendono dalla loroesperienza” [9].

D’altra parte, gli infermieri che curanole persone con malattie croniche hannoa che fare con alcune variabili che assu-mono un significato e un valore diversonelle cure che gli infermieri erogano allepersone con malattie acute. Tra queste,a mio parere, particolarmente rilevantisono la concezione del tempo, della com-plessità, del confine/contaminazione trasalute e malattia.

Il tempo ha diverse aggettivazioni:irreversibilità, istante, durata, frequenza,ritmo…, ma anche la comprensione deltempo nelle diverse tappe della vita o lanozione di stabilità e di identità, di cam-biamento e di trasformazione, in un pro-cesso di adattamento e disadattamento.

Il tempo è la prima variabile che diffe-renzia le malattie acute e le croniche: nelleacute è un tempo di permanenza di stato,con durata variabile, in un contesto in cuiil tempo non è mai sufficiente; nelle ma-lattie croniche il tempo è un tempo divita.

Perciò le caratteristiche e il sen-so/sentimento delle cure non possonoessere gli stessi.

Cure rapide (fast/rapid care/cure) dibreve durata, ad alta intensità e comples-sità tecnica sono necessarie a persone conpatologie acute, con prevedibile e rapidaevoluzione clinica, in situazioni assistenzialidi area critica e per acuti, caratterizzateda sempre più brevi periodi di degenza,in cui la personalizzazione dell’assistenzae la frammentazione delle cure è in co-stante dis/equilibrio.

Cure lente (slow care/cure), a bassaintensità tecnico-terapeutica e ad elevatacomplessità relazionale, educativa e dicare devono invece essere assicurate apersone con malattia cronica della qualeconosciamo una prevedibile evoluzioneclinica [7]. Sono cure ispirate al lentius,profundius, suavius, che rispettano itempi dell’altro, vanno nel profondodell’essere umano, usano la saggezzainsieme alle evidenze scientifiche.

E’ un tempo da amministrare, pro-grammare, progettare, rispettare, unarisorsa per il team e per le singole profes-sioni, se ad abitarlo non sono solo leprestazioni, ma anche le non misurabi-li/rimborsabili relazioni di cura.

Una seconda variabile da considerareè la complessità che riguarda non tantola malattia, ma l’unità e la complessità

18

AR

TIC

OLO

OR

IGIN

ALE

N.

2 G

iug

no

20

14

19

N.

2 G

iug

no

20

14

AR

TIC

OLO

OR

IGIN

ALE

dell’essere umano, che ci sfida a riuniree organizzare conoscenze disperse nelmondo della natura, nelle scienze umane,nella letteratura, nella filosofia e a rifletteresu come sia possibile mostrare il legameindissolubile tra l’unità e la diversità ditutto ciò che è umano. Riconoscere eaffrontare la complessità, e con essal’inaspettato, è interiorizzare e metterecostantemente in discussione le cure disostituzione per favorire l’autodeter-minazione, in una progettazione continuache abbia alte modalità adattative e capa-cità decisionali.

La terza variabile è il confine, spessosfumato, tra diagnosi di malattia e salute,in una crisi delle classificazioni (otticafuzzy) che riguarda anche la medicina[10]. E’ la trasformazione del continuumsalute/malattia in una contaminazione distati differenti dell’arte di vivere, modidiversi di soggiornare nel mondo, in cuipossiamo intervenire per aiutare le personead affrontare i cambiamenti necessari perscongiurare o ritardare la malattia vera epropria, o le complicanze.

Un terreno di confine poco presidiatodagli infermieri, ma nel quale le cureinfermieristiche potrebbero assumere ilsignificato di terapia, dove il farmaco èinsegnare alle persone a prendersi curadi se stesse e per queste “prescrizioni”non abbiamo bisogno di nuova legislazio-

ne ma di nuove competenze, che indaghi-no e teorizzino le condizioni modificabilidalle cure infermieristiche.

La crisi della logica classificativa hariguardato anche i limiti di età che fannodiventare le persone geriatriche in baseall’anno di nascita, limiti messi in discus-sione non solo dall’allungamento dellavita media ma anche dalla sempre mag-giore consapevolezza che variabili comela povertà, la solitudine, la perdita diautonomia, la difficoltà di accesso allecure e le differenze di genere possonoinfluenzare in modo più o meno determi-nante la salute delle persone anziane.

L’Italia è il paese d’ Europa in cui sivive più a lungo, ma non tutti gli anniguadagnati sono in buona salute [11].

Le persone anziane con diabete, inse-rite in questo contesto, ci appaiono estre-mamente eterogenee, perché pur acco-munate dalla malattia, spesso concomplicanze e comorbilità, per tanti opochi anni, sono invecchiate in mododiverso, in accordo con i propri programmie la storia vissuta.

Le cure infermieristiche sono partico-larmente rivolte a preservarle dalla fragilità,con un approccio valutativo multidimen-sionale [12 ], monitorando la perdita fun-zionale progressiva dello stato fisico ecognitivo in rapporto all’alimentazione,all’attività fisica, alle ipoglicemie… Gli

approcci educativi saranno congruenticon lo stato fisiologico e psichico, saràverificata la capacità di gestire i farmaci,saranno colte come opportunità educativegli episodi di assistenza sanitaria, saràri/conosciuto il ruolo dei care giver e deifamiliari, considerando l’eventuale com-promissione della loro salute [13-14 ].

Il significato delle cure ha come filoconduttore la conservazione dell’auto-nomia (attraverso la prevenzione delleipo/iperglicemie, del rischio di cadute,della malnutrizione…) e la qualità di vita,che si alimenta coltivando progettualitàe indipendenza, ma anche gestendo ildolore e rimuovendo gli ostacoli che limi-tano l’accesso alle cure. Conseguentemen-te le azioni professionali saranno impron-tate alla vigilanza, agendo sulla porzionedi evitabilità con funzione proattiva, valu-tazione del rischio e monitoraggio, anchedelle risorse familiari.

Ma lo sguardo delle cure infermieristi-che deve anche saper riconoscere e affron-tare gli stereotipi, attraversare quelle bar-riere che costruiamo ogni qualvolta nonsi ascoltano le storie di vita, non si ricono-scono i valori di ciò che si è vissuto, sipensa che la dipendenza fisica sia anchedipendenza decisionale o che ciò cheaccade è sempre dovuto all’inevitabilitàdella vecchiaia, compresa la capacità diimparare, che invece non si arresta allasoglia dell’età [15]. O considerare le curealle persone anziane di tipo sostitutivo,eludendo la complessità delle competenzenecessarie [16]. Uno sguardo di cura che

dovrebbe essere lungimirante, aperto, perproporsi come punto di incrocio di promo-zioni di competenze che rappresentino lapluralità dei bisogni e delle diverse fragilitàdelle persone diabetiche anziane, nonprincipalmente mediche sanitarie [17].

Dare valore e disseminare una culturadi cura non punitiva (si è forse colpevolidi invecchiare, nonostante il diabete?) maprogettuale di una presa in carico dianziani sempre più anziani, identificandoe restituendo dignità ai differenti contestiin cui le persone anziane diabetiche vivonoe che possono definire la natura e l’unicitàdi cure infermieristiche anche creative,sperimentando percorsi che sono tutti dascrivere, se non vogliamo cadere nel mitodi contenitori precostituiti.

Dovremmo però assumerci la respon-sabilità di operare con equilibrio emotivoed etico, con rispetto e con saggezza,imparando ad ascoltare ciò che dicono lepersone, anche se non sempre riesconoad esprimersi e a considerare l’essereanziani-vecchi come un tempo parte enon termine della vita.

E allora, forse, sarà possibile accettarela sfida di proporsi come scienza delle curenella misura in cui studieremo e sperimen-teremo l’efficacia di una cura attivante emigliorante la risposta della persona, chenon mira a guarirla o curarla da alterazionio lesioni (per questo già collaboriamo conaltre professioni) ma a renderla massima-mente indipendente in rapporto al suostato, anche convivendo con la malattiae affrontando meglio la morte.

20

AR

TIC

OLO

OR

IGIN

ALE

N.

2 G

iug

no

20

14

BIBLIOGRAFIA

1) M.F. Colliere Aiutare a vivere Sorbona Milano 19922) Leininger M Culture care theory: a major contribution to advancetranscultural nursing knowledge

and practices. J Transcult nurse 2002; 13:189-92. 43) Hudacek SS Dimensions of caring: a qualitative analysis of nurses stories. J Nurs Educ 2008;

47:124-94) Burhans LM, Alligood MR. Quality nursing care in the words of nurses. J Adv 2010, 66:1689-975) C. Viafora, R.Zanotti, E. Furlan L’etica della cura Franco Angeli 20076) F. Canzan, L.Saiani, L. Mortari, E. Ambrosi Quando i pazienti parlano di cura: uno studio qualitativo

fenomenologico7) R. Costanza La questione infermieristica: prendersi cura o curare? L’infermieristica è o non è una

scienza? Casa Editrice Ambrosiana 20128) R. Zanotti Filosofia e teoria nella moderna concettualità del nursing professionale Piccin 2010

U. Galimberti La casa di psiche Feltrinelli 20069) P Benner L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere. Milano Mc Graw- Hill 200110) P.Vineis, R.Satolli I due dogmi. Feltrinelli –Milano 200911) PASSI d’Argento http://www.epicentro.iss.it/passi-argento/12) Sinclair A, Morley JE, Rodriguez-Mañas L, Paolisso G, Bayer T, Zeyfang A, Bourdel-Marchasson I,

Vischer U, Woo J, Chapman I, Dunning T, Meneilly G, Rodriguez-Saldana J, Gutierrez Robledo LM,Cukierman-Yaffe T, Gadsby R, Schernthaner G, Lorig K.

Diabetes mellitus in older people: position statement on behalf of the International Associationof Gerontology and Geriatrics (IAGG), the European Diabetes Working Party for Older People(EDWPOP), and the International Task Force of Experts in Diabetes. J Am Med Dir Assoc. 2012Jul;13(6):497-502. doi: 10.1016/j.jamda.2012.04.012.

13) Tolson D, Morley JE, Rolland Y, Vellas B Advancing nursing home practice: the InternationalAssociation of Geriatrics and Gerontology Recommendations. Geriatr Nurs. 2011 May-Jun;32(3):195-7. Epub 2011 Apr 17.

14) Espeland MA, Rejeski WJ, West DS, Bray GA, Clark JM, Peters AL, Chen H, Johnson KC, HortonES, Hazuda HP; Action for Health in Diabetes Research Group.Intensive weight loss interventionin older individuals: results from the Action for Health in Diabetes Type 2 diabetes mellitus trial.J Am Geriatr Soc. 2013 Jun;61(6):912-22. doi: 10.1111/jgs.12271. Epub 2013 May

15) Thongsai S, Youjaiyen M . The long-term impact of education on diabetes for older people: asystematic review. Glob J Health Sci 2013 Jul 28; 5(6):30-9

16) S. Squaglia, M. Matarese Studio qualitative sui fattori che influenzano la scelta degli infermieridi lavorare con gli anziani Ass Inf Ric 2007, 26, 2

17) Lepore V, Cecchetto G, Di Giulio P, Saiani S et al. Età anziana - molto-anziana e “aspettativa divita”? Ass Inf Ric 2007, 26, 4

21

N.

2 G

iug

no

20

14

AR

TIC

OLO

OR

IGIN

ALE

26

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Poster e Comunicazioni Oralipresentati al Congresso

Autore riferimento Titolo Tipo di presentazione

Valentina AuriniArea Vasta 5 Ospedali di San Benedetto Laboratorio Motivazionale Posterdel Tronto- Ascoli-Piceno

Cauli ManuelaAzienda Ospedaliero – Universitaria L’infermiere: agente di PosterMonserrato Cagliari cambiamento nell’intervento

educativo al paziente anzianocon malattia diabetica

Guarnieri MaurizioDipartimento nefro-urologico Asl Taranto La nefropatia diabetica nella Poster

popolazione anziana della ASLTaranto

Rosso ElenaAmbulatorio Diabetologico Ospedale Percorso diagnostico terapeutico PosterS. Antonio San Daniele del Friuli del piede diabetico

Sorgi ClaudioCentro di Diabetologia Area Vasta Scuola di diabete Poster5 Ospedali di San Benedetto delTronto- Ascoli (AP)

27

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Autore riferimento Titolo Tipo di presentazione

Speese KatiaAmbulatorio Diabetologico Ospedale La tecnologia a supporto della PosterSanta Maria del Carmine di Rovereto (Tn) cura del diabete nella persona :

anziana: la nostra esperienza

Toffoletti ValentinaAzienda Ospedaliero-Universitaria Lipodistrofia: complicanza da PosterS. Maria della Misericordia Udine monitorare

Dipartimento di Endocrinologia e Malattiedel metabolismo

Tommasi ElisabettaASS1 Triestina S.S. Centro Diabetologico Il distretto e l’assistenza Poster

domiciliare integrata.L’innovazione del progettoDreaming, il contributo dellenuove tecnologie di home care.“Progetto europeo Dreaming”Loc. Sistiana 227Duino-Aurisina TS

Cainero Paola e Roberto MarsonMedicina 1B, Azienda Ospedaliera Attivazione di progetti educativi ComunicazioneUniversitaria di Udine per gruppi selezionati di pazienti Orale

secondo buona prassi clinicoassistenziale (standard JCI)”

Daris NeviaCentri Diabetologici Distrettuali L’anziano diabetico ComunicazioneA.S.S. N°1 Triestine istituzionalizzato: partire dalla Orale

formazione degli operatori permigliorare l’assistenza

Pasquini Valentina e A. MichelettiUSL Umbria 1 ospedale Gubbio-Gualdo Tra il dire e il fare: ”SETTIMANA Comunicazione

AUTOGESTITA PER PAZIENTI OraleDIABETICI DI TIPO 1 e 2

Rapino VincenzoEnte Ospedaliero “Ospedali Galliera” Genova Diciamolo tutti allo stesso modo: Comunicazione

educare alla salute con un Oralelinguaggio condiviso per migliorarela risposta di salute e la compliancedel paziente

28

N.

2 G

iug

no

20

14

Il contatto giornaliero con i pazienti e l’ascoltodelle loro problematiche ci hanno spinto a darvita al “LABORATORIO MOTIVAZIONALE”.

Una delle criticità riscontrate infatti riguardail “vorrei ma non riesco, il tempo, il lavoro, lafamiglia… lo so ma quando mi trovo li…”.

La conoscenza non basta ad innescare il pro-cesso di cambiamento, superare l’ostacolo tra ilvolere ed il fare è qualcosa di complesso, insor-montabile.

Il LABORATORIO MOTIVAZIONALE forniscestrumenti operativi per attuare un programma dicambiamento e accompagnare i pazienti attraversola pianificazione, azione e controlli nel tempo.

E’ strutturato in quattro incontri settimanalidi due ore e contatti di follow up.

La METODOLOGIA è quella del counseling digruppo, con dieci/quindici partecipanti. Attraversoquesta tecnica, ognuno progetta un percorso dicambiamento personalizzato procedendo a“piccoli passi” dall’individuazione di obiettivi piùampi, passando alla scomposizione in strategiepiù specifiche e infine in azioni concrete.

Vengono svolte esercitazioni in sede e a casa.

I partecipanti sono guidati con l’ausilio dislide, schede per lavorare, riflettere e condividerecon il gruppo.

A fine percorso si stipula un “Contratto dicambiamento” redatto da ogni partecipante e chesarà personale, scelto, concreto e realizzabile.

L’adesione al contratto viene monitorata at-traverso contatti in call center e incontri di rin-forzo.

Ad ognuno viene assegnato un tutor all’internodel gruppo al quale potrà rivolgersi per qualsiasinecessità.

E’ RIVOLTO alle persone diabetiche e non chehanno frequentato la “SCUOLA DI DIABETE” oche hanno partecipato al gruppo “COS’E’ ILDIABETE” e ritenuti idonei.

LA FINALITÀ è fornire strumenti per attuareil cambiamento attraverso la programmazione, ilmonitoraggio e la verifica.

In principio vi è la supervisione di un operatorema il fine è fornire strumenti operativi e motiva-zionali che rendano il paziente autonomo nellaprogrammazione e mantenimento del cambia-mento.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

Laboratorio motivazionaleValentina AuriniArea Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto- Ascoli Piceno

Altri autori:Claudio Sorgi, Centro di Diabetologia Area Vasta 5 Ospedali diSan Benedetto del Tronto - Ascoli PicenoCinzia Poli, UNIVPM sezione Ascoli Piceno

29

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

La gestione di una relazione terapeutica, ri-chiede sempre di più al personale sanitario laconsapevolezza delle dinamiche psicologiche adesse sottese.

La soddisfazione del paziente si dimostracome un fattore terapeutico in grado di influenzarenotevolmente sia la compliance che gli obiettivistessi del trattamento. Interventi educativi quandocondotti da team di educatori e talora completatida momenti di rinforzo, sono in grado di offrireun’opportunità per migliorare l’outcome dei pa-zienti. Una relazione di tipo collaborativo checoinvolge il paziente, rafforza la motivazione el’adesione al trattamento, ma richiede tempoadeguato e competenze. La diversità dei program-mi attuati non permette di ottenere dati consistentisu quale sia il metodo di intervento più adeguatoe su quale sia il reale miglioramento del compensometabolico, della qualità di vita e di altri parametripsicologici che diventano pertanto centrali nellacura del Diabete Mellito e richiedono interventi

in grado di incidere sulla capacità di affrontarela malattia, l’adattamento ad essa, il mantenimentodi relazioni positive in ambito familiare e sociale.

In questo l’infermiere si ritrova in una posi-zione di favore perché a differenza di altre spe-cialità mediche, che privilegiano gli aspetti tecnico-strumentali, conserva nel suo operare, una grandeattenzione all’aspetto relazionale. La personaconquista una dimensione di centralità primariaed un ruolo attivo, questo implica un’insieme didiritti, ma anche dei doveri sia per l’operatoreche per il paziente. Qualunque intervento deveprevedere l’estensione di un manuale di protocollo,indispensabile per tracciare i percorsi proceduraliche si focalizzano su quando, come e quanto deveessere realizzato con la consapevolezza che unarelazione collaborativa richiede tempo da dedicareal rapporto con il paziente per discutere a fondoi vari passaggi del processo assistenziale e questospesso mal si associa con la riduzione dei tempiassistenziali imposti dal management sanitario.

L’infermiere: agente di cambiamentonell’intervento educativo al paziente

anziano con malattia diabeticaManuela Cauli

Azienda Ospedaliero –Universitaria Monserrato CagliariServizio Diabetologia, Endocrinologia e Malattie Metaboliche

30

N.

2 G

iug

no

20

14

Oggi la nefropatia diabetica è una delle mag-giori responsabili dell’uremia.

Su 600.000 abitanti della nostra ASL, il 20.2%ha superato i 65 anni (dati fine 2011). Circa 27500ultra-65enni sono affetti da diabete e di questi il33.2% (oltre 9000) anche da nefropatia. Si stimache questi ultimi siano così distribuiti: il 7.1%nello stadio 1, con microalbuminuria e filtrazioneglomerulare (FG) normale o aumentata; negli stadiin cui compare insufficienza renale, cioè stadi 2(FG 90-60 ml/min), 3 (FG 60-30 ml/min), 4 (FG30-15 ml/min) e 5 (FG < 15 ml/min), abbiamorispettivamente il 32.3%, 40.2%, 16.8% e 3.1% dipazienti.

Macroalbuminuria, ipertensione, dislipidemiadivengono più frequenti avanzando di età e distadio, e la loro associazione al diabete e allanefropatia provoca elevate morbilità e mortalitàcardiovascolari, in particolare per ischemie delcuore, del cervello e degli arti.

Pertanto, in caso di insufficienza renale avan-zata (stadi 3-5), il piano assistenziale assumeun’elevata complessità per l’aggiungersi di ulterioriproblematiche, come le controindicazioni a far-

maci antidiabetici, le variazioni del fabbisogno diinsulina, la necessità di ridurre l’apporto di pro-teine, lo sforzo di procrastinare la dialisi, la sceltadel trattamento dialitico (emodialisi o dialisiperitoneale), la qualità dei vasi in caso di costru-zione della fistola arterovenosa, il controllo glice-mico nei pazienti trapiantati trattati con farmaciimmunosoppressori.

Perciò gli aspetti organizzativi di un modelloassistenziale a lungo termine in questi pazientiprevedono:

• prevenzione• diagnosi precoce• educazione e supporto al self-management• controllo dei fattori di rischio• monitoraggio delle condizioni cliniche• trattamento delle complicanze• cure palliative o di fine vita.In conclusione, i numerosi pazienti anziani

con diabete e nefropatia richiedono un supportomulti-professionale, sempre più intensivo manmano che le patologie e le complicanze progredi-scono, e necessitano di continuità assistenzialeed elevate capacità di comunicazione.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

La nefropatia diabetica nella popolazioneanziana della Asl TarantoMaurizio GuarnieriDipartimento Nefro-Urologico Asl Taranto

Altri Autori:Arcangelo Di Maggio, Cosimo Lodeserto Dipartimento Nefro-Urologico Asl Taranto

31

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Il piede diabetico è la conseguenza delle com-plicanze croniche del diabete a livello degli artiinferiori. Il 15% dei diabetici nell’arco della lorovita sviluppano un’ulcera del piede, nel 85% deicasi esita in amputazione.

Per dare risposta alle necessità di un numerosempre crescente di pazienti, dal 2010 è statoistituito presso l’ambulatorio diabetologico unpercorso dedicato al paziente con lesioni ulcera-tive. Doveva essere un percorso attuabile nelnostro contesto, semplice e condivisibile conpersonale infermieristico formato. Questo è statopossibile anche grazie all’arrivo di un medicoconsulente esperto. Il percorso inizia con l’inviodel paziente al centro (MMG, Reparti, PS) a cuiviene fissato appuntamento in base gravità.

L’infermiera durante la visita controlla lasituazione pregressa del piede sulla cartella (pa-ziente noto) o compila la cartella se è un primoingresso quindi, dopo l’anamnesi riferita allalesione ispeziona entrambi i piedi annotando sucartella predisposta l’eventuale alterazione dellasensibilità e dei polsi. Contestualmente educapaziente e care giver alla cura dei piedi, conse-

gnando un opuscolo informativo predisposto.Valuta quindi la lesione: profondità, localizzazione,infezione, dolore riportando il tutto sulla scheda.Se la lesione non presenta infezione, sottomina-mento, ecc, si procede al curettage e medicazionesecondo protocollo. Il medico diabetologo inter-viene per decidere eventuale antibiotico terapia,esami ematici, rx; il consulente esterno per ognieventuale dubbio terapeutico e/o per la bonificachirurgica preceduta o meno da rivascolarizza-zione.

In due anni abbiamo seguito in ambulatorio189 pazienti, di età media 72a, per il 77% maschi,di cui il 4% aveva già subito un’amputazionemaggiore. Il 28% dei pazienti è stato rivascolariz-zato prima della bonifica chirurgica, il 20% hasubito un’amputazione minore, 2% maggiore. Ladurata media del follow up è stata di 38 settimane,periodo nel quale mediamente ognuno ha avuto76 accessi (fra ospedale e domicilio). L’entitàdell’impegno nella gestione del piede diabeticorichiede personale competente, motivato, dedicato,e un follow up attento, che consentono di ottenere

buoni risultati anche in piccole realtà.

Percorso diagnostico terapeuticodel piede diabetico

Rosso Elena,Ambulatorio Diabetologico Ospedale S. Antonio San Daniele del Friuli,

Felicetti Daniela, Pupin Nella, Rosso Elena, Zamparo Fabiola,Ambulatorio Diabetologico Ospedale S. Antonio San Daniele del Friuli

32

N.

2 G

iug

no

20

14

L’idea della scuola, nasce dalla necessità diportare sul territorio la lotta al diabete, malattiache ha un peso socio economico crescente neiconfronti della collettività. Il progetto mira araggiungere un ampio segmento di popolazione,agisce capillarmente sul territorio, sconfina oltrele mura dell’ospedale.

Inoltre è costruito sull’esperienza con preva-lenza della parte pratica attraverso un ruolo attivodei partecipanti. Gli obiettivi sono quelli di faracquisire conoscenze, migliorare la consapevolez-za e favorire il cambiamento.

La Scuola è strutturata per agire sui tre gradidella prevenzione e cioè sui fattori di rischio,sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione dellecomplicanze.

Il percorso didattico è strutturato in un per-corso modulare, suddiviso in 9 incontri a cadenzasettimanale rivolto a tutta la popolazione (diabeticie non) per educare all’adozione di stili di vitasalutari e far conoscere meglio la malattia. Ogniincontro è riservato a un argomento e prevede

una parte teorica gestita da un docente (<40%) euna parte pratica (stage di cucina, di educazionefisica, spesa guidata, ballo, cura dei piedi, ecc)gestita da un esercitatore.

Il reclutamento avviene attraverso i Centri diDiabetologia, il sito dedicato, Facebook e attraversoI canali promozionali tradizionali (stampa, radio,ecc.). Attraverso il sito web è possibile scaricarei filmati degli incontri e il materiale didattico.

Sono stati predisposti strumenti quantitativie qualitativi di verifica: test di valutazionedell’apprendimanto e dell’adesione ai comporta-menti, contratti di motivazione al cambiamento,follow-up attraverso percorsi motivazionali dedi-cati. La Scuola di Diabete, avviata un anno fa èalla 7a edizione.

Al momento si stanno elaborando I primi dati,ancora in piccoli numeri, che evidenziano unariduzione dei livelli di HbA1c, per quanto riguardaI diabetici e di peso per i non diabetici, oltreall’adozione continuativa di abitudini di vitasalutari.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

Scuola di DiabetePremiato come miglior Poster presentato al Congresso

Claudio Sorgi,Centro di Diabetologia Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto-Ascoli Piceno,

Valentina Aurini, Nena Giostra, Roberta Corimbi, Raffaella Eusebi, Patrizia Amadio, Giacomo Vespasiani,Marianna Galetta, Stefania Romandini(Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto-Ascoli Piceno),

Cinzia Poli, Donatella Agasucci, Marzia Sturba(UNIVPM Infermieristica sezione Ascoli Piceno)

33

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

34

N.

2 G

iug

no

20

14

Introduzione

Nel momento in cui si cura una malattia cro-nica occorre integrare la formazione medica“classica” ad altre competenze atte a migliorarela qualità di vita del paziente ed agevolare il lavorodel team diabetologico. Troppo spesso le attivitàambulatoriali devono fare i conti con tempi erisorse insufficienti per il carico dei pazienti ingestione. Le conseguenze sono evidenti: da unlato le condizioni di salute e la qualità della vitadei pazienti peggiorano nel tempo, dall’altro icosti sanitari e sociali aumentano. Una soluzione

a questo problema, in un mondo che sta cambian-do grazie alla tecnologia, non poteva mancare iltentativo di utilizzare la telehealth come risorsaper migliorare la qualità di vita del paziente efavorire l’autogestione quotidiana e consapevoledella sua malattia, nonché supportare il lavorodel team diabetologico.

Metodo

Ad un sottogruppo selezionato di pazientianziani è stato proposto l ’util izzo diun’applicazione Android per la raccolta e la ge-stione su tablet dei dati legati al diabete.L’applicazione è stata studiata appositamente perl’utilizzo da parte di persone anziane poco espostealla tecnologia.

Risultati

Nella fase di arruolamento dei pazienti abbia-mo riscontrato una notevole perplessità all’utilizzodella tecnologia in sostituzione del più familiarediario cartaceo. Pur con una sola persona, i risultatisono molto promettenti: l’andamento glicemicosi è stabilizzato, il paziente è tranquillo,soddisfattoe le sue richieste di contatto si sono ridottedrasticamente.

Conclusioni

Con questa sperimentazione è stato possibiledimostrare che anche un anziano, dopo averabbattuto la resistenza al cambiamento ed allanovità, con una corretta Educazione Terapeuticaed uno strumento costruito “ad hoc” è in gradodi tenere un diario digitale con cui gestirsi effica-cemente, a casa, pur rimanendo sempre sottocontrollo. Lo studio è ancora in corso e attualmentesi stanno arruolando nuovi pazienti al fine divalidare i risultati ottenuti.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

La tecnologia a supporto della curadel diabete nella persona anziana:la nostra esperienzaKatja SpeeseAmbulatorio DiabetologicoOspedale Santa Maria del Carmine di Rovereto (Tn)

35

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Introduzione

Nei pazienti diabetici insulinotrattati con undato laboratoristico dell’emoglobina glicata nonottimale e con variabilità glicemica, la soluzioneche dovrebbe portare al miglioramento, spessoviene ricercata nella modifica del dosaggio dellaterapia o in un’alternativa a quella specifica terapiae/o nell’alimentazione.

Scarsa è l’attenzione dell’operatore sanitarionei confronti della lipodistrofia e, anche laddoveci sia maggiore sensibilità all’argomento, nonesiste un percorso educazionale strutturato chemonitorizzi sistematicamente nel tempo la pre-senza, l’eventuale risoluzione, il miglioramentoo il peggioramento di questo problema.

Metodi

Nel presente studio sono stati arruolati, in unarco di tempo di due mesi.,in modo casuale, ipazienti insulinotrattati afferenti alla nostra SOSdi diabetologia per il controllo programmato.

E’ stato compilato un questionario sulla os-servazione delle lipodistrofie e, le medesime sonostate correlate agli anni di diabete, all’ipoglicemia,all’emoglobina glicata, alla rotazione dei siti, alcambio dell’ago e alla lunghezza.

Risultati

Il campione osservato consta di 150 soggettied è costituito per il 52% da femmine; l’età mediaè 59,9 anni, l’ HbA1c media è 8%. Zone di lipodi-strofia sono state evidenziate nel 65,3% dell’interocampione di pazienti, il 60% dei quali presentaepisodi frequenti di ipoglicemia.

L’HbA1c è più elevata nei pazienti con lipodi-strofia, non ci sono differenze tra i due gruppiriguardo al cambio e lunghezza dell’ago e allarotazione dei siti. La lipodistrofia è presentemaggiormente (>80%) nei pazienti con più lungadurata di malattia.

Conclusioni

L’elevata frequenza di lipodistrofie , soprat-tutto nei pazienti con maggior numero di anni dimalattia, suggerisce una maggiore attenzione aquesto problema anche nei soggetti apparente-mente più esperti. Tutti i pazienti devono esseresottoposti ad un controllo sistematico dei siti diiniezione ad ogni visita e, quando necessarioindirizzati ad uno specifico percorso educativoverificato.

Lipodistrofia: complicanzada monitorare

Valentina Toffoletti,Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Maria della Misericordia

Dipartimento di Endocrinologia e Malattie del metabolismo, Udine.

Altri autori:Zuliani Valentina Udine, Sartori Cristina, Pagnacco (UD), Vidotti Francesca , Udine,

Boscariol Clara Basiliano (UD), Pellarini Lina, Tarcento (UD), Cannella Simonetta, Remanzacco (UD),Rutigliano Angela, Remanzacco (UD), Brovedani Rita, Moimacco (UD)

36

N.

2 G

iug

no

20

14

Nel passato la persona affetta da mutipato-logia doveva ricevere a domicilio la visita di Mmg,cardiologo, diabetologo, infermiere,… o magarifar trasportare la stessa a visita c/o l’ambulatoriocon l’utilizzo di ambulanza e con la possibilitàa volte di non avere a disposizione tutti i datinecessari alla visita o avere dati di difficile inter-pretazione (per quel che concerne il diabete, peresempio mancanza di esami o glucometro o diariodelle glicemie, dati non leggibili o non interpre-tabili…).

Grazie al telemonitoraggio si è potuto seguirela persona con diabete più da più vicino, convantaggio sia per il paziente che in qualsiasimomento poteva avere un punto di riferimentoed era in grado di gestire la situazione; sia per i

familiari che avevano un punto d’appoggio perun consiglio; sia per gli operatori sanitari chepotevano spesse volte evitare degli accessi inPronto Soccorso o ricoveri impropri potendomettersi in contatto direttamente con il pazientee potendo r i levare le problematichenell’immediatezza.

Lo studio ha mostrato che il 10% delle personeadulte affette da diabete mellito di tipo 2 consi-derano la loro posizione finanziaria come unproblema che ostacola il rispetto di una dietanutrizionale sana. Nel momento in cui i pazientisono stati guidati nella scelta di metodi economiciper seguire una dieta sana tramite telemedicina,la maggioranza dei partecipanti è riuscita a mi-gliorare le proprie abitudini alimentari.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

Il distretto e l’assistenza domiciliare integrata.L’innovazione del progetto DREAMING,il contributo delle nuove tecnologie di HomeCare. “Progetto europeo Dreaming”Tommasi ElisabettaASS1 Triestina S.S. Centro DiabetologicoLoc. Sistiana 227 Duino-Aurisina Ts

Altri autori:Dr. R. Candido, Inf. E. Tommasi, Dr. Da Col

Il processo di educazione al paziente nelsetting ospedaliero per acuti è un tema di difficilesoluzione. Gli ostacoli principali possono essererappresentati da un lato dall’acuzie della patologiae dall’altro dalla numerosità delle attività che gliinfermieri devono garantire in un breve intervallodi tempo.

Per rendere efficace questa attività, comunqueerogata dal team assistenziale a vario livello,vanno identificati degli strumenti che consentonola condivisione dei contenuti e l’applicazione delprocesso. Deve inoltre essere facilitata la traccia-bilità dell’attività educativa, anche a vantaggiodel paziente e/o dei familiari.

L’educazione terapeutica ha un ruolo fonda-mentale nel garantire che il paziente possa affron-tare il processo di dimissione in sicurezza, nellamaggior parte dei casi coinvolge solo il pazientebenché un caregiver sia spesso responsabiledell’assistenza nel post-dimissione.

Una bassa adherence al trattamento terapeu-tico può essere migliorata durante la fase della

degenza. L’educazione al paziente ed un miglio-ramento della comunicazione hanno un positivoimpatto anche sulla qualità percepita.

Negli ospedali dove la gestione dei pazienticon diabete rappresenta una priorità, il programmaeducativo è strutturato, i ruoli sono espliciti e laqualità dell’assistenza viene monitorata.L’educazione terapeutica alla persona degente èlegata ad una dimissione precoce ed al migliora-mento dei risultati legati alla compliance delpaziente alla dimissione (Nettles, 2005). È neces-sario identificare il metodo educativo più appro-priato in relazione agli obiettivi educativi e alsetting (Valverde et al. 2012).

Il progetto educativo individuato propone lastandardizzazione dei contenuti educativi, illavoro di contestualizzazione condotto presso lestrutture operative e l’adozione di un metodocondiviso (teach-back).

37

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Attivazione di progetti educativi pergruppi selezionati di pazienti secondo

buona prassi clinico assistenziale(standard JCI)”

Paola CaineroInfermiera Medicina 1B

Roberto MarsonResponsabile Dipartimentale dell’Assistenza DPT di Medicina Interna

Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine

38

N.

2 G

iug

no

20

14

Introduzione

La cura dei soggetti anziani diabetici istituzio-nalizzati necessita di una valutazione multidi-mensionale che può fornire informazioni fonda-mentali per l’inquadramento dell’assistitogeriatrico la cui gestione deve essere affidata apersonale adeguatamente formato.

Da una indagine condotta nel 2012nell’ambito di un progetto regionale riguardantela gestione e la cura della persona anziana condiabete istituzionalizzata erano emerse nelleStrutture Protette di Trieste e Provincia alcunecarenze gestionali e la necessità di formazionedel personale.

A tale scopo nel 2013 si è messo a punto unprogetto formativo rivolto al personale delleStrutture Protette di Trieste e Provincia .

Metodo

Sono stati condivisi dei protocolli operatividi assistenza, raccolti i bisogni formativi e pro-grammati degli eventi formativi calendarizzatied itineranti allo scopo di sviluppare le cono-scenze e competenze su come affrontarel’assistenza alle persone affette da diabete emeglio gestire -in modo integrato ed interdisci-plinare - gli aspetti complessi sociali e clinicicostituiti da pluripatologie, politerapie e fattoridi rischio.

Attraverso la formazione saranno implemen-tate le conoscenze necessarie a garantire le buonepratiche assistenziali rispetto a:• mantenere il massimo livello di qualità di vita

e di benessere, evitando di sottoporre gli ospiti

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

L’anziano diabetico istituzionalizzato:partire dalla formazione degli operatoriper migliorare l’assistenzaN. Daris, R. Candido, R. Alberti,G.Koricanac, E. Presti, K. Tercelj, E.Tommasi,G. Jagodnik, S. Perini, A. Toso, M.Casson, E. Del Forno, S. Cum, A. Petrucco, E. Manca, E. CaroliISTITUTO: Centri Diabetologici Distrettuali, A.S.S. n° 1 Triestina

39

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

anziani ad interventi assistenziali non appro-priati e superflui;

• fornire un supporto di riferimento ed opportu-nità agli operatori delle strutture residenzialiper la gestione di eventuali criticità (ipoglicemia,iperglicemie) evitando ricoveri ospedalieri nonnecessari;

• assicurare il rispetto di un piano nutrizionalee dietetico bilanciato al fine di prevenire unostato di malnutrizione; assicurare la sorveglian-za sui fattori di rischio e la prevenzione dellecomplicanze diabetologiche e cardiovascolari

Risultati

Dalla analisi delle realtà esistenti e dalla rile-vazione dei bisogni formativi è emersa universal-mente l’esigenza di una formazione del personaleaddetto all’assistenza e la carenza su alcuni aspettigestionali della malattia diabetica (mancanza diun protocollo di gestione delle ipoglicemie, man-canza del glucagone in struttura, mancanza diun protocollo di gestione ed esecuzionedell’autocontrollo glicemico, gestione non adegua-ta della terapia insulinica e mancata esecuzione

periodica di esami di laboratorio inclusal’emoglobina glicata)

Conclusioni

Ne deriva che la formazione ad hoc del per-sonale dedicato all’assistenza agli anziani è difondamentale importanza e su questo aspettoverterà la programmazione degli eventi di aggior-namento.

SCOPO

Valutare su un gruppo di persone con diabetedi tipo 1 e 2 gli effetti di un’ educazione terapeuticastrutturata.

INTRODUZIONE

Il diabete si può considerare il prototipo dellamalattia cronica per eccellenza: curabile ma allostesso tempo non guaribile.

Tale patologia richiede di apprendere unnuovo stile di vita che influenza la malattia stessaed interferisce con la vita familiare, lavorativa,sociale ed affettiva.

Qualsiasi tipo di intervento, il farmaco più

sofisticato e costoso, in realtà servono molto pocose il paziente non aderisce ad un concetto di stiledi vita (sana alimentazione e costante attivitàfisica ).

E’ proprio per questo che nasce L’ EDUCAZIO-NE TERAPEUTICA STRUTTURATA :

• un processo educativo che si propone diaiutare la persona affetta da una malattia cronicaed i suoi famigliari, ad acquisire e mantenere neltempo la capacità di gestire in maniera ottimalela propria vita insieme alla malattia.

Il PAZIENTE DEVE DIVENTARE ARTEFICE DELPROPRIO DESTINO, assumendosi in prima personala responsabilità del proprio stato di salute.

40

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

Tra il dire e il fare: settimana autogestitaper pazienti diabetici di Tipo 1 e Tipo 2A. Micheletti,Usl Umbria 1 Ospedale Gubbio-GualdoV. Pasquini,Usl Umbria 1 Ospedale Gubbio-Gualdo Tadino

41

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

MATERIALI E METODI

– 40 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1e 2 di età media compresa tra 30-80 anni ed iloro familiari

– TEAM DIABETOLOGICO:– 2 MEDICI– 2 INFERMIERI– 1 DIETISTA– 1 PODOLOGO– 2 INSEGNANTI DI FITNESS– 1 PSICOLOGA– 1 CUOCO METABOLICO

La giornata tipica era così strutturata:

– ore 7.30 controllo glicemico a digiuno ore 8.00colazione

– ore 8.30 camminata (percorso breve circa 3 km,percorso lungo circa 5 km)

– ore 10.30 controllo glicemico 2 ore dopo cola-zione

– ore 11.00 EDUCAZIONE SANITARIA– ore 12.30 controllo glicemico pre-prandiale– ore 13.00 pranzo– ore 15.00 controllo glicemico post-prandiale– ore 15.30 EDUCAZIONE SANITARIA– ore 17.30 ginnastica in acqua– ore 19.00 controllo glicemico 2 ore dopo pranzo– ore 20.00 cena– ore 22.00 controllo glicemico a 2 ore dopo cena.

RISULTATI

• RIPRODUCIBILITA’ DELL’ESPERIENZA NELLAVITA QUOTIDIANA

• CONCETTO DI AUTOCONTROLLO GLICEMICO• PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE• PREVENZIONE E GESTIONE DELLE CRISI IPO-

IPERGLlCEMICHE

• PREVENZIONE E CURA DEL PIEDE DIABETICO• CORRETTA AUTOGESTIONE DELL’ATTIVITA’

FISICA E DI UNA SANA ALIMENTAZIONE

CONCLUSIONI

In questa settimana c’è stato un miglioramentodei seguenti parametri glico-metabolici: una ridu-zione della glicemia a digiuno pre e post - pran-diale, una riduzione significativa della circonfe-renza vita, del peso corporeo ed una diminuzionedella pressione arteriosa.

I pazienti hanno imparato ad autosommini-strarsi l’insulina in maniera corretta ( giusta sede,giusta dose) cercando di effettuare la tecnica dellarotazione dei siti all’ interno della stessa sede perevitare l’insorgenza delle LIPODISTROFIE.

Hanno imparato a gestire ed effettuare inmaniera corretta l’autocontrollo glicemico rispet-tando i giusti orari e la giusta sede;

Hanno compreso l’importanza della preven-zione per ridurre le complicanze a breve ed alungo termine;

Hanno acquisito la consapevolezza di uncorretto stile di vita:

• come mangiare in maniera equilibrata, quan-

PRIMA DOPO 3 MESI

BMI 30.09 Kg/m2 29.2 kg/m2

EMOGLOBINA 8.23% 7.6%

GLlCOSILATA

CIRCONFERENZA

VITA 99.6 cm 91.8 cm

PRESSIONE

ARTERIOSA 140/85 mmHg 124/72 mmHg

42

N.

2 G

iug

no

20

14

tità, dosi, nutrienti e giuste proporzioni, alimentida evitare e quelli ad elevato indice glicemico edeffettuare il CONTEGGIO DEI CARBOIDRATI.

Hanno imparato l’importanza di una correttae costante attività fisica e le corrette norme dicomportamento per prevenire le complicanzedel piede diabetico ed a gestire le crisi ipoglice-miche.

Questa settimana autogestita ci ha fatto capireche il metodo migliore per aiutare a gestire almeglio la malattia cronica è sapere ascoltare ilpaziente, capire i suoi bisogni, i suoi dubbi, lesue incertezze e le piccole o grandi difficoltà della

vita quotidiana e le ricadute di queste sulla sferafamiliare, sociale ed affettiva.

Da questa esperienza abbiamo riscontratoche la motivazione è l’elemento fondamentalenella gestione di una patologia cronica; occorrequindi applicare un approccio OLISTICO ponendoal centro della cura il paziente che deve diventareil primo attore della sua patologia.

Vivere la patologia cronica in gruppo aiuta afar emergere e tirar fuori le proprie debolezzesenza vergogna o paura di essere giudicati; ilgruppo riesce a trascinare anche il più debolegrazie ad un approccio di auto-mutuo aiuto.

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

ComunicazioniOrali e Poster

Nel 2012 presso l’Ente Ospedaliero OspedaliGalliera un gruppo di Coordinatori delle profes-sioni sanitarie ha indagato come veniva effettuatal’educazione sanitaria al paziente e caregiverdurante il ricovero ed alla dimissione.

Lo studio ha preso in considerazione 53 repartie servizi indagando sulla tipologia dell’educazionesanitaria effettuata e il sistema utilizzato (trasmis-sione orale, scritta, registrazione dell’avvenutatrasmissione.

Si è rilevato che delle 53 strutture contattatein 40 di queste veniva svolta educazione sanitaria;sono state individuate 84 tipologie di tematichepromosse, di cui 34 trasmesse in modo combinatoorale e scritta e 50 solo orale.

Per 54 di esse non esisteva alcuna registrazione

scritta, 19 in forma cartacea, 11 in forma infor-matizzata.

Sono stati scelti alcuni argomenti di caratteretrasversale per produrre una documentazioneuniforme e condivisa fruibile da tutto il personaledell’Ente.

Si è scelto quindi di creare un apposito linkall’interno del sito web dell’ospedale, che conducead una pagina denominata “SOS INFERMIERI ETECNICI” all’interno della quale è possibile visio-nare tutta la documentazione prodotta in formatoPDF.

Una tipologia trattata riguarda l’educazionesanitaria al paziente diabetico.

Dopo una disamina degli atteggiamenti emetodologie preesistenti nelle varie strutturesono state prodotte, seguendo le “Raccoman-dazioni di trattamento assistenziale in campodiabetologico -Position Statement OSDI 2011-2012” e con la collaborazione di Medici diabetologi,Dietiste, Ostetriche, 7 schede con gli argomentidi maggiore rilevanza.

Tutta la documentazione proposta è statavalidata dalla Direzione Sanitaria e l’elaborazionegrafica è stata eseguita dalla S.C. Qualità.

Alcune di queste schede sono fruibili anchein Romeno e Russo.

Attualmente la direzione dell’ospedale stacercando di far tradurre e validare tutta la docu-mentazione in altre lingue.

43

N.

2 G

iug

no

20

14

OP

ER

AT

OR

I S

AN

ITA

RI

DI

DIA

BE

TO

LO

GIA

IT

AL

IAN

I

Diciamolo tutti allo stesso modo:educare alla salute con un linguaggio

condiviso per migliorare la risposta di salutee la compliance del paziente

Autori: V. Rapino, G. Robella, C. Damonte, A. Folegnani, C. Damasio, F. Marceca, M. Marotta,O. Parodi, A. Polledri, M. G. Tagliafico.

Struttura di appartenenza: Ente Ospedaliero “Ospedali Galliera” Genova

Premiato come migliore comunicazione oralepresentata al Congresso

Al momento della stampa della rivista altri eventi sono in fase di definizione.Rivolgersi al Presidente della Sezione Regionale per eventuali ulteriori informazioni

19 giugno 2014 - Noicattaro (BA) - Una Hotel Regina - Il diabete di tipo 1 e le sue complicanze.Impariamo a riconoscerle. Sponsor Roche Diagnostics

28 giugno 2014 - Vinci-Sovigliana (FI) - Hotel Da Vinci - La multi-professionalità nella gestionedel piede diabetico: dalla prevenzione alla cura. Sponsor Bayer Diabetes Care

13 settembre 2014 - Cavenago di Brianza (MB) - Devero Hotel - L’infermiere in prima lineanella gestione della persona in terapia insulinica con microinfusore. Multisponsor

27 settembre 2014 - Vicenza - Hotel Magnolia - Oltre l’episodio glicemico: focus su aspetticlinici e assistenziali. Sponsor Lifescan

15 novembre 2013 - 15 novembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Il paziente con diabete:strategie di cura. Sponsor Roche

16 dicembre 2013 - 16 dicembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Iniezioni di insulina insicurezza. Sponsor Artsana

15 gennaio - 31 dicembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Dalla cura di sé alla cura delpaziente diabetico: comunicazione ed educazione terapeutica. Sponsor Sanofi

45

N.

2 G

iug

no

20

14

Presidente

Vice Presidente

Past President

Segretaria

Consiglieri

Tesoriere

Giovanni Lo Grasso [email protected]

Marcella Lai [email protected]

Roberta Chiandetti [email protected]

Elisa Levis [email protected]

Gemma AnnicelliLia CuccoRaffaella FiorentinoVilma MaglianoAlberto PambiancoSilvana PastoriClara ReboraKatja SpeeseSilvia Tiozzo

Michele Galantino

[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]

[email protected]

Abruzzo-Molise

Calabria

Campania

E. Romagna

Friuli V.G.

Lazio

Liguria

Lombardia

Marche

Puglia

Sardegna

Sicilia

Toscana

Trentino A.A.

Umbria

Veneto

Roberto Berardinucci [email protected]

Francesca Corazziere [email protected]

Nunziata Di Palma [email protected]

Simonetta Fantini [email protected]

Valentina Toffoletti [email protected]

Paola Saltarelli [email protected]

Maura Mazzoni [email protected]

Mariarosa Cattaneo [email protected]

Manuela Montoni [email protected]

Maria Grazia Accogli [email protected]

Simonetta Mamusa [email protected]

Salvatore Strano [email protected]

Marilena Carnevale [email protected]

Patrizia Contrini [email protected]

Raffaella Lupatelli [email protected]

Fabio Favaretto [email protected]

46

N.

2 G

iug

no

20

14