9
Amici di Don Orione Mensile del Piccolo Cottolengo di Don Orione - Genova Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, CDM Bergamo Anno LV - N. 6 Giugno 2016 Spedito nel mese di maggio 2016 Mercoledì 8 giugno Pellegrinaggio giubilare al Santuario della Guardia del Piccolo Cottolengo genovese insieme a Don Orione Buone vacanze arrivederci a settembre

Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

Amici di Don OrioneMensile del Piccolo Cottolengodi Don Orione - Genova

Poste Italiane s.p.a.Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 nº 46)art. 1, comma 2, CDM Bergamo

Anno LV - N. 6

Giugno 2016 Spedito nel mese di maggio 2016

Mercoledì 8 giugnoPellegrinaggio giubilare al Santuario della Guardia del Piccolo Cottolengo genovese insieme a Don Orione

Buone vacanze

arrivederci a settembre

AMICIgiugno2016.indd 1 12/05/16 11.46

Page 2: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

2 motivi

24 Giugno: San Giovanni Battistapatrono di GenovaTutti i vicini furono presi da timore e da un pa-

ese all’altro di quella regione, regione mon-tuosa della Giudea, non si parlava d’altro che

della nascita straordinaria di questo bambino. “Che sarà mai questo bambino”, si diceva. Dav-vero c’era la mano di Dio.

Elisabetta e Zaccaria erano ormai avanti ne-gli anni e i figli non erano venuti. Eppure Dio esalta in questi sposi la sua misericordia, la lo-ro preghiera di avere un figlio viene finalmen-te esaudita.

Ma non si tratta solo di questo, aver tolto co-me una vergogna a questi coniugi. In Giovanni Battista non si compie solo il tempo del parto per Elisabetta, ma si compie il tempo dell’adempi-mento delle promesse di Dio al suo popolo.

La grandezza e l’importanza di questo bambi-no trova la sua spiegazione e la sua giustificazio-ne nel fatto che la sua vicenda è legata stretta-mente alla missione del Messia stesso. È per que-sto motivo che la liturgia della Chiesa dedica a San Giovanni Battista, oltre che a Gesù e alla ma-dre Maria, una solennità tutta sua per celebrarne anche la nascita terrena, a differenza di tutti gli altri santi dei quali si ricorda invece la morte, vi-sta come nascita al cielo.

Il nome Giovanni significa “Dio fa grazia”. Un nome che non è dato secondo la tradizione uma-na della famiglia ma è per ispirazione stessa di Dio. È Dio che in lui fa grazia a tutto il popolo, da secoli in attesa dell’intervento decisivo a fa-vore non solo del popolo d’Israele, ma dell’inte-ra umanità. Possiamo applicare anche a lui il ver-setto del profeta Isaia rivolto al futuro Messia: “È troppo poco che tu sia mio servo per ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle na-zioni, perché porti la mia salvezza fino all’estre-mità della terra”. Giovanni Battista appartiene a pieno titolo al popolo dell’alleanza e gli cammi-nerà dinanzi per preparare al Signore un popolo ben disposto.

Come Giovanni abbia adempiuto a questa sua missione di profeta, ultimo dell’Antico Testamen-to, lo sappiamo. Ma al di là delle modalità este-riori è il suo contenuto che rimane sempre attua-le per noi.

Giovanni è un profeta che richiama con fer-mezza il popolo a conversione pur in mezzo a

tanti contrasti e opposizioni, come succede an-che oggi nei mille modi con cui si cerca di far ta-cere l’annuncio della parola di Dio.

Giovanni è l’uomo dell’austerità, del deser-to, dell’essenziale, un richiamo forte senza mezzi termini. Sempre il profeta Isaia pone in bocca al Servo di Dio sofferente queste parole: “Il Signo-re dal seno materno mi ha chiamato, ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha reso frec-cia appuntita”.

Davvero il profeta è servo della parola, è al servizio, non è padrone. La Chiesa e i singoli cri-stiani non sono padroni della Parola di Dio tanto da poterla cambiare o addolcire. Sono solo ser-vi. Quando il servo sarà tentato di pensare che le sue parole non hanno effetto, allora ricordi che la sua parola avrà la forza di una spada affilata, cioè non dipenderà solo da lui, perché è la parola del Signore. È per questo motivo che viene contra-stata, perché la verità fa sempre rimordere la co-scienza. Anche nei momenti di maggiore contra-sto il servo ricordi che c’è sempre in serbo una freccia appuntita, la freccia migliore che i com-battenti riservavano per i momenti più difficili della battaglia. Il pericolo anche oggi è quello di pretendere una parola annacquata, e fanno be-ne il Papa e i pastori della Chiesa a predicare una parola che l’opinione pubblica vorrebbe diversa.

Giovanni Battista ci ha rimesso la testa ma non ha smesso di rimproverare al re Erode l’irregola-rità del suo matrimonio. Ma questo vale in tut-ti i campi.

Giovanni Battista rimane per tutti esempio di coerenza, fedeltà, integrità in tempi non migliori dei nostri. Viviamo sì tempi di crisi, di rilassamen-to morale, di fatica nella società e nel vivere la fe-de, nei vertici della chiesa e nei cristiani sempre meno. Ma ci sono anche oggi responsabilità, co-erenze, pastori credibili, cristiani che sanno anda-re contro corrente.

Un ultimo insegnamento da Giovanni Battista. Egli deve crescere io invece diminuire, dice del Messia. Giovanni è uno che indica Cristo, indi-ca il dito su di lui, e a lui indirizza i suoi discepoli.

Anche questo è importante nella Chiesa e qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le persone a lui, non lavoriamo per

Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista

in meditaizone

AMICIgiugno2016.indd 2 12/05/16 11.46

24 Giugno: San Giovanni Battistapatrono di Genova

noi stessi, per mettere in mostra noi. Se non si portano a Cristo le persone ad un certo punto si ritroveranno sole, e questo è un danno. Se è ve-ro che Giovanni significa Dio fa grazia e il nome Gesù Dio salva allora tutti i predicatori ed educa-

tori sono sì importanti, però solo Gesù Cristo sal-va. Fortunati noi se nella vita abbiamo incontra-to e incontreremo persone che ci fanno cresce-re in Cristo.

d.g.m.

Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista

in meditaizone

AMICIgiugno2016.indd 3 12/05/16 11.46

Page 3: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

Le prime notizie riguardan-ti la chiesa e il convento di San Giovanni Battista in Pa-

verano risalgono al 1118.Nell’ottobre di quell’an-

no papa Gelasio II sbarcava a Genova, scortato da dieci ga-lee fornitegli dai Consoli del-la città per proteggerlo dalle minacce dell’imperatore En-rico IV e dall’antipapa Grego-rio VIII.

Durante il suo soggiorno genovese il pontefice ebbe oc-casione di consacrare solenne-mente non solo la nuova catte-drale di San Lorenzo, ma an-che la piccola chiesa extraur-bana sorta sul colle detto Pa-parianum o Pavarianum, nella valle del torrente Bisagno, zo-na rurale in parte selvaggia e in parte coltivata a vite.

Qui l’Ordine dei canonici regolari di Santa Croce, fonda-to nel 1083 da Adamo Morta-ra e stabilitosi a Genova verso il 1100 nel priorato di San Te-odoro, decise di fondarne un altro, con sede appunto nel-la nuova chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Il priorato mortariense di Paverano diede a sua volta origine nel 1182, alla chiesa di Nostra Signora del Monte, in seguito passata all’Ordine dei Frati Minori (me-tà XV secolo), i quali ne hanno tuttora il possesso.

Il priorato di Paverano salì a notevole importanza tra gli altri dello stesso ordine in Genova.

Nel 1158 chiesa e conven-to furono posti sotto la prote-zione della Sede Apostolica da papa Adriano IV.

L’epoca dei mortariensi a Genova si chiuse all’inizio del XV secolo, quando papa Mar-tino V decise di annetterne le prepositure alla Congregazio-ne dei Canonici Regolari di La-terano.

Tra il 1442 e il 1444, sotto papa Eugenio IV, il convento e la chiesa di San Giovanni Bat-tista passarono ai canonici re-golari di San Giovanni in Alga, che avevano la propria sede presso la chiesa della SS. An-nunziata a Sturla.

Nel 1518 l’ex priorato di-venne commenda, ammini-strata dal cardinale Lorenzo Fieschi, già Vice Legato Ponti-ficio a Bologna per papa Leo-ne X, il cui possesso gli fruttava 160 ducati l’anno: una somma rispettabile che il commenda-tario utilizzò come fondo per la cantoria della cattedrale.

Nel 1595 la proprietà passò al patrizio genovese Bernardo Oncia, a beneficio della Com-pagnia di Gesù che ne fece se-de di un proprio noviziato.

Tra il 1656 e 1657, con lo scoppio della peste in città,

il complesso di Paverano fu adibito a lazzaretto: tra i mol-ti che vi si rinchiusero per pre-stare assistenza agli appestati e vi morirono per il contagio vi fu il nobile Giovanni Francesco Spinola, commissario del Ma-gistrato di Sanità, che per sua volontà ebbe sepoltura nel laz-zaretto.

Nel 1687 i Gesuiti vendette-ro il complesso ai Padri Scolopi dell’Ordine delle Scuole Pie, i quali vi installarono un proprio noviziato. Con la soppressione degli ordini religiosi durante il periodo rivoluzionario anche gli Scolopi dovettero andar-sene (1797): la chiesa, spoglia-ta di ogni opera d’arte, venne chiusa e le strutture adiacen-ti furono adibite ad abitazioni private.

Il patrimonio artistico andò disperso; nella chiesa di Santa

La storia della Chiesa di San Giovanni Battista di Paverano

AMICIgiugno2016.indd 4 13/05/16 11.59

Margherita a Marassi si conser-va una tela con la Decollazione di San Giovanni Battista, attri-buita a Domenico Fiasella, già ancona della tribuna dell’altar maggiore di San Giovanni.

Il complesso di Paverano cadde inesorabilmente in ro-vina: della chiesa rimasero in piedi una parte della faccia-ta, la zona absidale e la navata destra, mentre di quelle cen-trale e sinistra emergevano i muri di pochi metri. Nel 1827 la proprietà fu acquistata all’a-sta dal Comune di Genova con l’intenzione di farne un rico-vero per poveri e mendicanti, ma soltanto nel 1842 si costi-tuì un sodalizio per la raccolta dei fondi necessari all’impresa.

I lavori terminarono nel giu-gno 1853 e poche settimane dopo il re Vittorio Emanuele II, di ritorno dal soggiorno esti-

vo a La Spezia, visitava il neo istituto, la cui popolarità ben presto crebbe al punto che si diffuse la locuzione dialettale “andà in Paviàn�, ossia cadere in miseria.

Inizialmente i ricoverati era-no una settantina, ma il nume-ro crebbe rapidamente, tan-to che la struttura divenne in-sufficiente ad accoglierli e nel 1910 il Comune decise di tra-sferire il ricovero di mendicità nella nuova sede della Doria. Fu nel 1911 che il complesso di Paverano divenne sede del-la Clinica delle Malattie Nervo-se e Mentali diretta dal Profes-sori Enrico Morselli. Tra i suoi migliori allievi vi fu il Professor Domenico Isola (1884-1962), la cui figura fu determinante nell’unire il pensiero scienti-fico, interpretato dal Morsel-li, alla cultura dell’assistenza e

della carità, portata da San Lu-igi Orione.

Il 10 agosto 1933 il com-plesso di Paverano passò infat-ti all’Opera di Don Orione che vi instaurò il Piccolo Cottolen-go genovese.

Il Professor Isola fu scelto dal Santo quale direttore sani-tario nel dicembre del ‘33.

Durante l’ultimo conflitto mondiale, tra il 6 e il 7 novem-bre 1943, la chiesa venne gra-vemente danneggiata e in se-guito ricostruita. Quest’ultimo intervento, unito alle vicissitu-dini storiche degli anni prece-denti, causò la perdita dell’ori-ginario aspetto medievale del-la struttura, aspetto che in par-te è stato recuperato grazie al restauro del 2003.

La storia della Chiesa di San Giovanni Battista di Paverano

AMICIgiugno2016.indd 5 12/05/16 11.46

Page 4: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

6 il nome di dio e’ misericordia

Il nome di Dio è misericordiada conversazione di Andrea Tornielli con Papa Francesco

Perché secondo lei questo nostro tempo e questa nostra umanità

hanno così bisogno di misericordia?Perché è un’umanità ferita, un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile curarle. E non ci sono soltanto le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall’esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio. Anche il relativismo ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale, tutto sembra lo stesso. Questa umanità ha bisogno di misericordia. Pio XII, più di mezzo secolo fa, aveva detto che il dramma della nostra epoca era l’aver smarrito il senso del peccato. A questo si aggiunge oggi anche il dramma di considerare il nostro male, il nostro peccato, come incurabile, come qualcosa che non può essere guarito e perdonato. Manca l’esperienza concreta della misericordia. La fragilità dei tempi in cui viviamo è anche questa: credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva, ti inonda di un amore infinito, paziente, indulgente; ti rimette in carreggiata. Abbiamo bisogno di misericordia. Dobbiamo chiederci perché così tante persone, uomini e donne, giovani e anziani di ogni estrazione sociale, oggi ricorrano ai maghi e ai chiromanti. Il cardinale Giacomo

AMICIgiugno2016.indd 6 12/05/16 11.46

Biffi era solito citare queste parole dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton: «Chi non crede in Dio, non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto». Una volta ho sentito una persona dire: ai tempi di mia nonna bastava il confessore, oggi tante persone si rivolgono ai chiromanti... Oggi si cerca salvezza dove si può.

Che cosa può dire della sua esperienza di confessore?Ricordo molto bene questo episodio rimasto impresso nella mia memoria. Mi pare di vederla ancora adesso. Era una donna anziana, piccolina, minuta, vestita tutta di nero, come si vede in alcuni paesi del Sud Italia, in Galizia, in Portogallo. Ero da poco diventato vescovo ausiliare di Buenos Aires e si stava svolgendo una grande messa per gli ammalati, in presenza della statua della Madonna di Fatima. Ero lì per confessare. Verso la fine della messa mi sono alzato perché dovevo andare via, avevo una cresima da amministrare. In quel momento è arrivata quella donna, anziana e umile. Mi sono rivolto a lei chiamandola abuela, cioè nonna, come si usa da noi in Argentina. «Nonna, lei vuole confessarsi?» «Sì» mi ha risposto. E io, che stavo per andarmene, le ho detto: «Ma se lei non ha peccato...». Pronta e puntuale la sua risposta: «Tutti abbiamo peccati». «Ma forse il Signore non li perdona...» ho replicato io. E lei: «Il Signore perdona tutto». «Ma come lo sa, lei?» «Se il Signore non perdonasse tutto» è stata la sua risposta «il mondo non esisterebbe».Un esempio della fede dei semplici, che hanno la scienza infusa, anche se non hanno mai studiato teologia. Durante quel primo Angelus, dissi, per farmi capire, che la mia risposta era stata: «Ma lei ha studiato alla Gregoriana!». In realtà, la vera risposta fu: «Ma lei ha studiato con Royo Marín!». Un riferimento al padre domenicano Antonio Royo Marín, autore di un famoso volume di teologia morale. Rimasi impressionato dalle parole di quella donna: senza la misericordia, senza il perdono di Dio, il mondo non esisterebbe, non potrebbe esistere. Come confessore, anche quando mi sono trovato davanti a una porta chiusa, ho sempre cercato una fessura, uno spiraglio, per schiudere quella porta e poter donare il perdono, la misericordia.

AMICIgiugno2016.indd 7 12/05/16 11.46

Page 5: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

Don GUGLIELMO POR-CILE, genovese, è mancato a Castagna il 1 giugno 1989 a 88 anni, 48 di professione e 65 di sacerdozio. Era già sacerdote diocesano e parroco quando chiese al Cardinal Siri di pas-sare alla congregazione orio-nina. Dopo alcune esperienze fuori zona rientrò al Boschetto dove erano ospitati molti ope-rai provenienti dalla bassa Ita-lia, richiamati dalla prospettiva di lavoro e dal modesto con-tributo economico ivi richie-sto. Vi stette una ventina d’an-ni prima di passare al Paverano e concludere a Castagna. Uo-mo semplice, prediligeva il cul-to e le cose di chiesa in gene-re, ma era disponibile ad ogni servizio.

Don LUIGI ORLANDI (+ a Genova il 5/6/1986 a 84 an-ni di età, 64 di professione e 60 di sacerdozio). Vivere ac-canto al Fondatore fu l’ottimo antipasto per diventare, in se-guito, il postulatore dell’Ope-ra, colui che per lungo tem-

po stette dietro alle pratiche dei nostri mancati in odore di santità: Don Orione, Don Ster-pi, Don Goggi e, per mandato, anche di Madre Teresa Michel Grillo e del Cardinale Pietro La Fontaine. In sostanza la sua co-noscenza personale e la conti-nua ricerca sui vari soggetti fu il principale lavoro, riuscendo ad ottenere, in vita, la beatifi-cazione del Padre tanto ama-to. Fra le sofferenze più forti il dover abbandonare la cura posta ad accudire la “famiglia dei miei cari Santi” nel 1969, per malferma salute.

Don NICOLA REBORA, originario di Pietralavezza-ra (+ a Claypole, Argentina il 12/6/1963 a 63 anni di età, 35 di professione e 30 di sacer-dozio) rimase in Italia il tempo necessario alla preparazione di base. Partì quindi per l’Uru-guay, per la precisione a Mon-tevideo, dove operò molto be-ne riscuotendo unanimi con-sensi, fino al sopravvenire del-la malattia.

Don DARIO FALCHET-TI (+ a Castagna il 12 giugno 2011 a 70 anni di età, 50 di professione e 40 di sacerdo-zio) consumò la maggioran-za del proprio impegno tra Copparo e Selargius. In ve-ste di consigliere provinciale (1997-2006) fu sovente a Ge-nova per animare e sostene-re il movimento laicale orio-nino (MLO), conquistando stima ed amicizia fra quan-ti lo circondavano. Purtrop-po una malattia incurabile ne minava il fisico, per cui fu costretto a ritirarsi a Ca-stagna, ove si spense. Co-noscendo tre dei suoi cin-

que fratelli – tra i quali Don Se-sto, pure lui nostro religioso – si poteva presumere talvolta indugiassimo su di loro, ma ciò non avvenne mai. Tempo e pa-role scorrevano sempre entro gli argini del donarsi con par-ticolare attenzione alla media-zione di posizioni discoste, se non proprio opposte, con lo sguardo rivolto al fine ultimo.

Don GIUSEPPE MONTA-GNA (+ il 15 giugno 1973 a 86 anni di età, 64 di professione e 60 di sacerdozio) compaesano del Fondatore, è uno dei per-sonaggi più rilevanti della Pic-cola Opera; ne danno testimo-nianza le 167 lettere (note) in-viategli da Don Orione ed i 32 anni di missionario improvvi-sato in Argentina, Uruguay e Brasile. E’ lui stesso a descri-vere sommariamente il primo approccio: “Entrai in Congre-gazione ai primi d’ottobre del 1899 … . Don Orione ne par-lava con la convinzione e l’en-tusiasmo che gli erano propri, ma non era stata ancora ap-

8 per non dimenticare

L’esempio 9

AMICIgiugno2016.indd 8 12/05/16 11.46

provata, e ce ne vollero anco-ra di sacrifici; si era troppo po-chi!”. Tuttavia era innamorato degli ideali proposti e nutriva una certa venerazione per chi glieli inculcava, cosa non ra-ra tra i confratelli del periodo. Soffriva di timidezza, quan-tunque non si chiudesse in se stesso, esponendo i propri dubbi in coscienza e totalità, tanto da meritarsi un: “Che mi stai cinguettando o caro Don Montagna? Fatti il segno del-la croce e vai avanti, ad occhi aperti, s’intende, ma va avanti con fede. Quello che preme è di stare ai piedi di Dio e della S. Chiesa. E poi non fossilizzia-moci, non seppelliamo i talen-ti, non lasciamoci prendere dal timore, che è inganno del dia-volo, ma lavorare, lavorare, la-vorare!”.

Fu alunno attento, si immer-se nel compaesano facendo propri gli incitamenti più for-ti: “Fate presto perché la vita è breve e dobbiamo operare il bene mentre Dio ci dà la lu-ce. Fede! Vita! Coraggio!”, as-similando pure considerazioni di maggior riflessione: “Lo ze-lo illuminato desidera molto di far quello che può, ma non esi-ge molto dagli altri, perché co-nosce la limitazione e la debo-lezza umana e sa che è troppo difficile trovare un uomo che

non abbia difetti”, e richia-mi alla moderazione: “Tut-ti ammiriamo il tuo spirito, che sa di eroico, ma l’e-roismo ai religiosi si consi-glia, non si può comanda-re”. Rientrato in Italia nel 1952 continuò ad operare a Roma, finché la salute lo sorresse. Tra i mutamen-ti del periodo seguente – Concilio Vaticano II e ses-santotto – suggeriva di-scretamente: “Cammi-nare, camminare, ma te-nersi ben stretti sempre a Don Orione: guardare a lui, fare quello che farebbe lui”. Scelse di chiudere la propria laborio-sa giornata al Paverano perché bramava “morire in casa” sup-portando l’aspetto casalingo nostrano e l’assistenza specifi-ca d’alto livello. Ricambiò con l’esempio e la preghiera co-stante indicandoci il cielo.

Don SILVIO FERRETTI (+ a Genova il 17/6/1968 a 80 an-ni, 64 di professione e 56 di sacerdozio) non era da meno. Anche lui fra i primi, godeva di profonda stima da parte del Fondatore. Quando questi de-cise di far completare, da pri-vato, gli studi di quello che sa-rebbe diventato Ignazio Silo-ne, gli disse: “Ti mando da un prete che, se gli dai un pugno in faccia, ti dirà: Deo gratias!

Ma devi finire gli stu-di, figlio mio”. Parroco a Caorle prese la ma-laria, obbligando Don Orione a dargli altra si-stemazione, suscitan-do il malcontento dei parrocchiani che in-tendevano tenerselo “vivo o morto”. Nel commentare aggiun-geva di non deside-rare di trovarsi da vi-vo al posto del pro-prio religioso, ma in punto di morte sì. Fu il primo parroco del Piccolo Cottolengo Milanese. Già anzia-

no, si spese al Santuario della Madonna della Guardia in Tor-tona dove seguiva pure la vita delle varie istituzioni operan-ti nella città. Era disponibile a tutti. Probabilmente trovava le energie nella preghiera ininter-rotta, raccolta.

Don LUIGI LORENZI (+ il 19/6/2002 a Castagna a 67 an-ni, 48 di professione e 39 di sa-cerdozio) iniziò la preparazio-ne nel nostro piccolo semina-rio a Borzoli, come Don Ger-mano Corona. Fra i vari inca-richi ha la preminenza l’istitu-to di Borgonovo Val Tidone, ritenuto da Don Orione il più povero della congregazione e, per questa ragione, se avesse potuto, l’avrebbe scelto per morirvi, al posto di Sanremo: “Non è tra le palme che voglio vivere e morire, ma tra i pove-

AMICIgiugno2016.indd 9 12/05/16 11.46

Page 6: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

ri che sono Gesù Cristo”. C’e-ra un centro di formazione pro-fessionale, una tipografia, una banda musicale e Don Luigi ne fu l’anima. Dal 1996 fu di-rettore a Camaldoli, ambiente d’altro tenore, che gli consen-tiva spazi per cercare una inte-sa fra le varie anime operan-ti nelle strutture e a margine d’esse. Purtroppo l’esperienza fu di breve durata, condiziona-ta da un incidente stradale che ne limitò le possibilità fisiche conducendolo alla tomba. Un uomo dal dialogo facile, e non solo per le cose di Dio.

Don GIOVANNI GUALAN-DRIS (+ il 20/6/1947 a Geno-va a 32 anni, 10 di professio-ne e 4 di sacerdozio) visse po-co, stroncato da una grave for-ma di peritonite. Gli ultimi tre anni li trascorse a Castagna fra i giovani ospiti e gli operai su-scitando stima ed amicizia, tra-mutatesi in breve commosso ricordo.

Don ANTONIO PIRAZZI-NI (+ il 20/6/1992 a Paverano a 77 anni, 59 di professione e 49 di sacerdozio). Finalmente, pensavo. Ma nel documentar-mi compare una persona con la quale né io né i miei ricor-di hanno nulla da spartire. Fac-ciamo così: liquidiamo “sta-to nervoso depressivo” e “an-gosciose incertezze” di chi ne sa più

di noi per sintetizzarlo in quella parte umanamen-te tangibile, comprensibile ai più. Era una macchietta, un burlone. La maggioran-za del suo servizio si svol-se a Genova, tra Camaldo-li e Paverano. Esso consi-steva, forse nel tentativo di rallegrare se stesso con una terapia d’urto contro i propri mali, sorprendere gli altri con scherzi e bat-tute dai quali scaturiva una risata interiore e pro-fonda, gorgogliante all’e-sterno. Il peggior nemico riconosciuto era il lavo-ro, chiunque affannasse. A titolo di esempio ricor-do quando, adocchia-ta una seggiola e sedu-tosi, con o senza un breve sa-luto, era capace di rialzarsi ed andarsene qualche attimo do-po constatando: “Il tuo agitar-ti mi ha stancato, mi fa sudare; vado a riposarmi altrove”. Nel programmare il mio matrimo-nio (1969) avevamo scelto un pranzo a ranghi ridotti, certi la cena, aereo permettendo, sa-rebbe stata molto frequentata date le usanze della mia terra. Avremmo dovuto essere in do-dici, come gli apostoli, ai qua-li avevamo delegato la difesa dal 13, quantunque non suc-cubi. Ed ecco, puntuale, spun-

tare Don Pirazzini. Un ac-cenno di sgomento negli occhi dei suoceri, ma co-me fai a scacciare qual-cuno in simili circostanze, specie se ti porta in dono un crocifisso da appen-dere nella camera ma-trimoniale? Ho pensato talvolta al piccolo manu-fatto in legno chieden-domi chi l’avrebbe se-guito più da vicino nel calvario quotidiano, al-meno nelle intenzioni dell’offerente, ma l’ac-qua passata lascia intu-ire si sia trattato di un vero augurio di bene.

Don GUERRINO PETREL-LI (+ il 21/6/1995 a Paverano a 78 anni, 60 di professione e 52 di sacerdozio) è stato, per sua stessa ammissione il “pre-te del cestino”. Manifestando una tendenza vocazionale ma non disponendo di beni (orfa-no di guerra) chiese consiglio al parroco il quale per tutta ri-sposta raccolse dal cestino la famosa lettera-questua inviata da Don Orione. Oratore ecce-zionale, legava facilmente con quanti gli stavano attorno, prologo sovente per una sana, profonda amicizia. Arrivando a Genova nel 1964 aveva porta-to da Bologna, dove era sta-to parroco per sette anni, al-cune centinaia di indirizzi ai quali volle si inviassero i nostri bollettini. Lo ricordiamo otti-mo direttore al Paverano, pro-vinciale e direttore della Casa San Benedetto. Taluni ritengo-no sfruttò al meglio la propria vena oratoria al santuario del-la Guardia in Tortona, ma forse non hanno conosciuto i mega incontri religiosi e laici che era solito animare, più saporiti se conviviali. Ed era pure un buon padre, quello che non ti lesina una osservazione necessaria,

E si dica il Te Deum, non perché Don Orione è tornato,

ma perché è tornato, per divina grazia, dall’America non americanizzato, non lasso, non ondeggiante, ma fermo,

deciso, risoluto in Dio di mettere a posto se stesso – come richiede la celeste vocazione religiosa che il Signore misericordiosamente

gli ha data – e con la parola e l’esempio animare tutti a darsi a Dio sul serio, a mettersi a posto, se non lo si è, e a maggiormente infervorarsi nel divino servizio

in questa umile Congregazione, piantata dalla Divina Provvidenza e maternamente assistita da Maria Santissima, vera e unica Madre

e Fondatrice della Piccola Opera.

Stralcio da lettera scritta sul fiume Paranà il 29 giugno 1937 in viaggio verso Rosario di Santa Fè.

Don Orione a Napoli sbarca dal “Neptunia” di ritorno dall’America – 24 agosto 1937

AMICIgiugno2016.indd 10 12/05/16 11.46

un rimprovero amichevole, una correzione. La malattia finale si manifestò quasi co-me piena realizzazione dei propositi concepiti negli esercizi spirituali del 1936: “Formare in noi un santua-rio di Maria, un tabernaco-lo di Gesù Eucaristia, un cal-vario di Gesù appassionato.

Don SEBASTIANO VAL-LAURI (+ il 22/6/2006 a 77 anni, 57 di professione, 48 di sacerdozio) arrivò nel-la provincia San Benedet-to sul finire degli anni 80, in “prestito” da San Mar-ziano, e fu subito direttore della Casa del Giovane La-voratore, anzi l’ultimo, pri-ma che la struttura fosse do-nata ad altro ente per il recu-pero dei tossicodipendenti, i quali beneficiarono dei lavori da lui eseguiti sul crinale della collina retrostante per ricavar-ne un terreno meno scosceso e coltivabile. Vista la capacità e la buona volontà dimostra-ta, siamo nel 1999, era conse-guenziale andasse a dirigere la colonia agricola di Perolla, si-no alla scomparsa. Pure qui fu l’ultimo prima della chiusura. Ricor-do una con-

fidenza di Don Clemente Perlo, già avanti negli an-ni. Mi disse: “Guarda, ad un certo punto mi convin-si fossi mandato non più a di-rigere, ma a chiudere le nostre case, tanto da desiderare non mi dessero più alcun incarico”. Don Vallauri era d’altro stam-po: vedeva solo il pezzettino davanti ai propri passi e pro-cedeva con testarda costanza.

Don ALBINO FROSI (+ il 29/6/1985 a 74 anni di età, 56 di professione e 47 di sacer-dozio) fu direttore al Paverano per circa un anno (1958). Co-me molti altri religiosi svolse il ministero in tante sedi, spe-cie nelle provincie di San Mar-

ziano e dei Santi Pietro e Paolo.

E si dica il Te Deum, non perché Don Orione è tornato,

ma perché è tornato, per divina grazia, dall’America non americanizzato, non lasso, non ondeggiante, ma fermo,

deciso, risoluto in Dio di mettere a posto se stesso – come richiede la celeste vocazione religiosa che il Signore misericordiosamente

gli ha data – e con la parola e l’esempio animare tutti a darsi a Dio sul serio, a mettersi a posto, se non lo si è, e a maggiormente infervorarsi nel divino servizio

in questa umile Congregazione, piantata dalla Divina Provvidenza e maternamente assistita da Maria Santissima, vera e unica Madre

e Fondatrice della Piccola Opera.

Stralcio da lettera scritta sul fiume Paranà il 29 giugno 1937 in viaggio verso Rosario di Santa Fè.

Don Orione a Napoli sbarca dal “Neptunia” di ritorno dall’America – 24 agosto 1937

AMICIgiugno2016.indd 11 12/05/16 11.46

Page 7: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

Il 20 marzo scorso, festività “delle Palme”, gli ex-allievi

orionini si sono ritrovati a Ge-nova-Rivarolo, presso l’Abba-zia quattrocentesca di S. Nico-lò del Boschetto.

All’invito del Presidente, Ma-rio Barone, hanno risposto il di-rettore del ”Don Orione” di GE-Quarto Don Alberto Paro-di, Don Aldo Viti, missionario in Costa d’Avorio, il chierico ivo-riano Peggy Kouman e un bel gruppo di “EX”, venuti da Ge-nova, Piacenza, Como e Mode-na, testimoniando il loro affet-to a San Luigi Orione, il quale ha lasciato in loro il suo spirito e la sua impronta.

Erano presenti ben tre “Ex” che hanno conosciuto il nostro santo: Don Aldo, la signora Ada Bolla e il Maestro Masi, “ex”-orionino e maestro presso l’Ab-bazia S. Nicolò del Boschetto all’epoca di Don Delfino Sona-glia. Il sig. Masi, da bambino, andava a parlare con Don Orio-ne in via Bartolomeo Bosco.

Il Presidente ha dato il ben-venuto a tutti e ha comunica-to i saluti e le preghiere degli ex-direttori della Casa del gio-vane lavoratore di Teglia e del ”Moresco” di Bogliasco, Don G. Dalla Mora e Don L. Vale-rio, impossibilitati a essere pre-senti per motivi di età (103 an-ni, il primo) e di salute (il secon-do), che si trova all’Istituto di GE-Castagna); infine ha presen-tato il tema del ”meeting”, te-nuto dal relatore Don Aldo Vi-ti: “Con Don Orione, entriamo

per la porta della Misericor-dia e teniamo accesa la lampa-da”. Don Aldo ha rivelato co-me ha tenuto e cerca di tenere accesa la lampada, in relazione ai numerosi episodi da Lui vis-suti insieme al santo fondatore della congregazione della “Pic-cola opera della Divina Provvi-denza”.

Arrivato a Tortona nel 1938, proveniente dalle Marche (con Sonaglia, Matricardi, Buglioni e Gatti), insieme ad altri 68 semi-naristi, ricevette la veste talare da Don Orione stesso (che era appena tornato dall’America, dove aveva fondato istituzio-ni in Cile, Argentina, Uruguay e Brasile); siccome le vesti non bastavano, ne fece utilizzare al-cune già indossate da chierici-muratori durante la costruzione del Santuario di Tortona (Questi ultimi avevano anche sfilato in processione con carriole e stru-menti di lavoro).

Il santo sacerdote, dopo averli salutati, parlava in modo confidenziale e si informava su di loro e sulle rispettive famiglie e confidava: ”Sono stato allie-vo di Don Bosco e lui mi ha af-fidato a Maria Ss. Ausiliatrice”; quindi li affidò alla Madonna della Divina Provvidenza pres-so l’Istituto Paterno di Tortona; poi li portò a Voghera, dove era stato da piccolo, con l’intenzio-ne di diventare frate, e dove ha rischiato di morire di polmoni-te perché si alzava di notte per pregare; fece vedere anche la cameretta dove un frate conse-

gnò ai genitori i panni da met-tergli dopo la morte.

Al famoso presepe di Torto-na, organizzato dal Santo, Don Aldo venne scelto per inter-pretare il Re Moro dei Magi.Don Orione faceva frequentare le scuole di fuoco a chi si fos-se reso disponibile: in tre mesi, d’estate, faceva guadagnare un anno di scuola e diceva: ”Fate presto a studiare per andare in missione”.

Il seminarista Aldo era uno di questi e andò a chiedergli di esservi mandato subito; Don Orione gli consigliò di chiede-re ai genitori la benedizione e il permesso, e di tornare da lui, che, dopo tre mesi, sarebbe ri-partito per l’America. Al se-condo incontro però, il santo gli confidò: ”Non sto bene, io non conto più niente; coman-dano Don Sterpi, Don Pensa, Don Perduca; ora studia; verrà il momento di andare in terra di missione”. Il momento giun-gerà all’età di 72 anni, andrà in costa d’Avorio, a Bonoua do-ve farà costruire il Santuario di Notre Dame d’Afrique, gemel-lato con quello di Genova, del quale il rettore, mons. Granara, vi ha portato due pietre. Stuzzi-cato sulla situazione della mis-sione orionina africana, Don Al-do la definisce “esplosiva”, non nel senso dei recenti attentati a Grand Bassam (a 200 m. dal-la missione) , ma a motivo del-lo sviluppo e dell’aumento del-le vocazioni sacerdotali.

Il vescovo è Mons. Raymond,

MEETING DEGLI EX-ALLIEVI ORIONINI DELLA LIGURIA SUL TEMA:

“Con Don Orione, entriamo per la porta della misericordia”

12 cronaca

AMICIgiugno2016.indd 12 12/05/16 11.46

orionino; ci sono 25 probandi, 17 novizi (più che in Italia), 8 prossimi diaconi e 30 sacerdoti africani: a confermarlo è il chie-rico ivoriano Peggy.

Don Aldo, sempre sorriden-te ed entusiasta nonostante l’e-tà, oltre a fare il sacerdote, fa l’infermiere (si è diplomato in tempo di guerra) e vuol sem-pre andare in Africa per cura-re e dare alle famiglie povere: borse di studio, medicine, riso, sapone, olio e candele, anche prese nel Santuario, perché, di-ce sempre: ”I poveri sono i figli della Vergine Maria”. Egli, co-me Don Orione, a suo tempo missionario nella “Patagonia ro-mana”, va in giro con delle cara-melle in tasca per i bambini che, in confessionale, dicono spesso di aver rubato (per fame) qual-cosa dalla pentola di famiglia, dove sono messi a bollire, per tutti: riso, cavoli e mezzo pollo, che dovrebbero bastare per un giorno intero. Nelle scuole an-che le bambine mangiano un piatto di riso con del compa-natico, così rinunciano a pesare sulle famiglie, a casa. Gli alunni vengono portati avanti fino al-la soglia dell’università e qual-cuno, particolarmente povero, anche in essa (un commerciali-

sta e un farmacista sono torna-ti a ringraziare Don Aldo). An-che in Costa d’Avorio, a motivo del Giubileo della Misericordia, molti vanno in pellegrinaggio al Santuario della Madonna. Don Orione stesso, alla vigilia del-la festa del 29 agosto, invitava gli uomini ad andare al Santua-rio “Madonna della Guardia” di Tortona e diceva: ”Chi non si confessa da tanto tempo, ven-ga da me, che sono di manica larga e Dio perdona tutti i pec-cati (lo dice anche il Papa)”; una volta aggiunse: ”Se anche qual-cuno avesse messo del veleno nella tazza della madre e l’aves-

se uccisa, se fosse veramente pentito e si confessasse, rice-verebbe il perdono dal sacer-dote”. Era accaduto veramen-te così e il penitente responsa-bile di quel gesto, dopo l’asso-luzione, si sentì talmente libero e felice che strinse fortemente Don Orione (al quale sembra-va di soffocare). A mezzanotte poi Don Orione offriva a tutti un ottimo caffè. Egli voleva che soprattutto i seminaristi si con-fessassero almeno una volta alla settimana. Don Aldo ha conclu-so la sua relazione col seguente invito: ”Entriamo nella Chiesa dalla porta santa della Miseri-

MEETING DEGLI EX-ALLIEVI ORIONINI DELLA LIGURIA SUL TEMA:

“Con Don Orione, entriamo per la porta della misericordia”

AMICIgiugno2016.indd 13 12/05/16 11.47

Page 8: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

cordia; teniamo alta la fiaccola: un giorno dovremo presentar-ci davanti a Dio”. Fragorosi ap-plausi hanno mostrato l’apprez-zamento dei convegnisti .Al ter-mine, il presidente, riconferma-to nell’incarico insieme al suo consiglio, ha ringraziato il re-latore e tutti i partecipanti e ha chiesto collaborazione nella ge-stione del banco alimentare per i poveri della val Polcevera, atti-vo da 14 anni (l’impegno richie-sto è di un solo pomeriggio al mese) e per l’aiuto ai profughi ospiti presso l’Abbazia, metten-do in pratica l’insegnamento di San Luigi Orione: ”Fare del bene sempre, a tutti; del male mai, a nessuno”, perché: ”Solo la Carità salverà il mondo”.

La festa è continuata con la

partecipazione cantata alla be-nedizione delle palme, alla pro-cessione e alla celebrazione eu-caristica, presieduta da Don Al-do e concelebrata da Don Al-berto; tutti hanno pregato per

l’unità delle famiglie, per le mis-sioni e per gli ex-allievi defunti.

Per completare in modo adeguato la giornata, gli ex-al-lievi hanno posato per la fo-to di rito e condiviso il pranzo;

poi hanno acquistato i bigliet-ti per la sottoscrizione a pre-mi a favore delle missioni orio-nine della Costa d’Avorio. Con-tenti di essersi rivisti e ricaricati interiormente, di aver rivissuto lo spirito di Don Orione, con gli impegni di essere uniti nel-le proprie famiglie nel nome del Signore e di tenere alta la fiaccola della misericor-dia, anche entrando nel-la porta santa di Gesù Cri-sto che consente di riceve-re l’indulgenza dell’Anno santo, tutti si sono saluta-ti e hanno scambiato saluti e gli auguri di una felice e santa Pasqua.

Tullio Fognani

renne simbiosi con il Fondato-re da cui hai imparato tutto, da docile alunno e operatore.

Grazie della tua attività in Italia, in particolare nella Pro-vincia San Benedetto: l’“ora et labora” te l’ha davvero tra-smessa il Santo d’Europa.

Grazie, perché la pensione che normalmente a 75 anni è già maturata da un po’, tu l’hai voluta iniziare e svilup-pare tra i poveri della Costa d’Avorio.

Se il sacrificio nella gio-ia è una corona di gloria per i grandi, credo non ci siano dubbi: tu la corona ce l’hai sulla tua testa pelata e pie-na di bontà.

Don Erasmo Magarotto

Caro Don Viti, ti ringraziamo perché sei un dono per tutti gli orionini, una vivente ico-

na; forse è tramontato il tem-po in cui la venerazione per i padri era sacra e si manifesta-va anche attraverso gesti di sincera stima.

Nulla è cambiato, tuttavia, circa la sostanza dell’ossequio rispettoso che ti rivolgiamo. È una nota di cui si faceva van-to Don Giuseppe Masiero che per te aveva una particolare ri-conoscenza.

L’ho sentito personalmente parlare di te in alcuni momenti, quando ti portava come esem-pio di orionino sacrificio. Quel sacrificio di cui ti sei sempre vantato come inconfondibile veste spirituale e fisica, in pe-

14 pagina missionaria

17 aprile, 93 anni: qualcosa più d’un compleanno

AMICIgiugno2016.indd 14 13/05/16 09.22

poi hanno acquistato i bigliet-ti per la sottoscrizione a pre-mi a favore delle missioni orio-nine della Costa d’Avorio. Con-tenti di essersi rivisti e ricaricati interiormente, di aver rivissuto lo spirito di Don Orione, con gli impegni di essere uniti nel-le proprie famiglie nel nome del Signore e di tenere alta la fiaccola della misericor-dia, anche entrando nel-la porta santa di Gesù Cri-sto che consente di riceve-re l’indulgenza dell’Anno santo, tutti si sono saluta-ti e hanno scambiato saluti e gli auguri di una felice e santa Pasqua.

Tullio Fognani

renne simbiosi con il Fondato-re da cui hai imparato tutto, da docile alunno e operatore.

Grazie della tua attività in Italia, in particolare nella Pro-vincia San Benedetto: l’“ora et labora” te l’ha davvero tra-smessa il Santo d’Europa.

Grazie, perché la pensione che normalmente a 75 anni è già maturata da un po’, tu l’hai voluta iniziare e svilup-pare tra i poveri della Costa d’Avorio.

Se il sacrificio nella gio-ia è una corona di gloria per i grandi, credo non ci siano dubbi: tu la corona ce l’hai sulla tua testa pelata e pie-na di bontà.

Don Erasmo Magarotto

Caro Don Viti, ti ringraziamo perché sei un dono per tutti gli orionini, una vivente ico-

na; forse è tramontato il tem-po in cui la venerazione per i padri era sacra e si manifesta-va anche attraverso gesti di sincera stima.

Nulla è cambiato, tuttavia, circa la sostanza dell’ossequio rispettoso che ti rivolgiamo. È una nota di cui si faceva van-to Don Giuseppe Masiero che per te aveva una particolare ri-conoscenza.

L’ho sentito personalmente parlare di te in alcuni momenti, quando ti portava come esem-pio di orionino sacrificio. Quel sacrificio di cui ti sei sempre vantato come inconfondibile veste spirituale e fisica, in pe-

raccomandiamo alle preghiere dei nostri lettori gli amici, i benefattori e gli assistiti mancati da poco

o dei quali ricorre l’anniversario della morte, in particolare: sig.ra Ines Dufour Ravano, sig.ra Matilde Vaccari, sig.ra Tina

Pozzo Blond, n.d. Luisa Besozzi Solari, sig.ra Teresa Ravano, gr. uff. Vittorio Fassio, comm. Salvatore Sommariva, dott. Pietro e

Lily Ravano, dott. Edmondo Sportiello, comm. gr. uff. Francesco Tarabotto, comm. Luigi Chiarella, dr. Gianluigi Dufour, prof. Armando Colombo, comm. Gen. Eugenio Beaud, prof. Luigi

Sivori, c.ssa Maria Teresa Ravano Palau, dr. ing. Enzo Sterpi, sig.ra Edilia Danovaro, sig. Vincenzo Garibaldi, sig.ra Erna Kieper, sig.ra Ivonne Celi, sig.ra Merise Furloni, sig.ra Grazia Tarantino,

sig.ra Rosina Velia Ardizzone, sig.ra Adriana Chierico, sig.ra Maria Bernini, sig.ra Anacleta Carmela Di Biaso, sig.ra Mafalda

Burlando, sig.ra Giovanna Maria Aureo, sig.ra Maria Vittoria Codispoti, sig. Giuseppe Luciano Pizzorno, sig.ra Bruna Gerini,

sig.ra Maria Teresa Vasta.

17 aprile, 93 anni: qualcosa più d’un compleanno

15 ci scrivono

Abnegazione, dignità, professionalità

Sono il fratello di una vostra ospite ANNA MARIA ZAPPIA, degente presso il reparto “Angeli Custodi” già da diversi anni.

Con la presente desidero esprimere il mio elogio, rivolto a tutto il personale medico e di assistenza per le amorevoli cure

verso gli ammalati e in particolare a mia sorella Anna Maria.Lo spirito di abnegazione, la dignità e la professionalità dimostrate

più volte sono ammirevoli e ho avuto modo di apprezzarli.A questo proposito non posso non ricordare alcune persone che

ho saputo recentemente verranno trasferite dal reparto.In particolare: la coordinatrice Signora Marina,

Carmen, Angelica, Giovanna B., Giovanna T., Sofia, Elisabetta, Rosanna, Silvia, Natalia, Marya, Donatella, Salvatore, Marilu,

Daniela, Eleonora, Gabriella, Lorenza. Con l’augurio che possano continuare la loro opera anche

in altri reparti nei confronti di persone che purtroppo soffrono in silenzio, porgo i più cordiali saluti.

Campomorone, lì 14 aprile 2016

Benedetto Zappia

15 in memoria

AMICIgiugno2016.indd 15 12/05/16 11.47

Page 9: Spedito nel mese di maggio 2016 - Il Piccolo Cottolengo ... · qualche volta tendiamo a dimenticarlo. Noi lavo-riamo per Cristo, per insegnare Cristo, per porta-re i giovani e le

BORSA MISSIONARIA (€ 250)(concorre all’acquisto di materiale – protesi, carrozzelle, ecc. – per le missioni)

BORSA FARMACEUTICA (€ 200)(concorre all’acquisto di medicinali, protesi e presidi sanitari ai nostri ospiti)

BORSA DI STUDIO (€ 100)(concorre a mantenere agli studi chi si prepara alla vita religiosa)

BORSA DI PANE (€ 75)(integra la retta di chi non riesce ad arrivare alla quota stabilita)- Defunti COSTA, DUFOUR, SPOTORNO – i sig.ri Bernadette Costa e Marco Spotorno- San LUIGI ORIONE – (2) la sig.ra Maria Grazia De Vecchi- San LUIGI ORIONE – il dr. Renzo Mattei- GIUSEPPINA SAPPA – il sig. Enzo Di Matteo

LETTINI (€ 50)(per la biancheria e il vestiario degli ospiti)- San LUIGI ORIONE – la dr.ssa Cinzia Borra- San LUIGI ORIONE – i sig.ri Vilma Cavalli e Giulio Dalla Costa- San LUIGI ORIONE – la sig.ra Lidia Cattani

BANCHI (€ 25)(serve per l’acquisto e il riordino delle suppellettili)- San LUIGI ORIONE – la sig.ra Maria Antonieta Corti

16 come aiutare il piccolo cottolengo

PER DONAZIONI E LASCITIChi volesse disporre di donazioni, lasciti o espressioni di liberalità a favore dell’Istituto è pregato di farlo usando esclusivamente la se-guente dicitura: «Lascio (o Dono) alla Provincia Religiosa San Benedetto – Piccolo Cottolengo di Don Orione con sede in Genova - Via Pave-rano 55 - per le proprie finalità caritative e as-sistenziali in Genova. Per maggiori informazioni e/o chiarimenti rivolgersi all’Ufficio preposto: te-lefoni 010/5229494 - 010/5229313

Rivista inviata a nome dei nostri assistiti in omaggio a benefattori, simpatizzanti, amici e a quanti ne facciano richiesta 16143 GENOVA - Via Paverano, 55 Tel. 010/5229.1 - Conto Cor. Post. N. 00201160 IBAN IT 34 Y 05034 01438 000000011600sito internet: http://www.donorione-genova.itAutorizz. della Cancelleria del Trib. di Tortona in data 26-6-’61 - n. 42 del Reg. Direttore: Don Alessandro D’Acunto [email protected]: + Giovanni D’ErcoleRealizzazione e stampa a cura della Editrice Velar - Gorle (BG)

Tante volte ho sentito Gesù Cristovicino a me,

tante volte l’ho come intravisto, Gesù,nei più reietti e più infelici.

AMICIgiugno2016.indd 16 12/05/16 11.47