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Speranze di convivenza

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Page 1: Speranze di convivenza

Speranze di convivenza

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Un'antica storia mediorientale racconta di un viandante

nel deserto che, a un certo punto, scorge di fronte a sé un mostro orribile e violento che si dirige verso di lui.

Ovviamente ha un moto di paura. In breve il mostro gli è più vicino ma il viandante, riuscendo a scorgerlo meglio,

nota che non è un mostro ma un uomo: un uomo mostruoso, ma pur sempre un uomo. Di lì a poco il

viandante riesce a distinguerlo ancora meglio e vede che, in fin dei conti, quell'uomo che gli va incontro non è

poi così brutto. Alla fine, quando finalmente lo può scorgere negli occhi, riconosce suo fratello.

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Tanto nei paesi di tradizione islamica che in Europa, possiamo

riscontrare la presenza di un Islam del dialogo e della convivenza che, oltre a porsi in ideale continuità con alcune

esperienze storiche che tanto hanno arricchito l'area euromediterranea, produce uno sforzo interpretativo dei testi coranici e della tradizione nel contesto delle moderne società pluraliste e democratiche. È un'impresa culturale e teologica

alla quale guardare con attenzione e con speranza. E’ lì, infatti, che si gioca il futuro della convivenza I processi di

globalizzazione, oltre a portare l'Islam in Occidente, espongono l'Islam all'Occidente. Ne conseguono delle dinamiche sociali e culturali in buona parte inedite e per questo a volte frizionali: la qualità e la quantità dei processi di globalizzazione in atto non

hanno precedenti.

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Crisi dell’islam

Nel mondo musulmano non vi è stato Rinascimento, né Illuminismo, né Rivoluzione Francese, né affermazione della democrazia: esso è come ripiegato su se stesso ormai da molti secoli e solo il contatto traumatico con gli occidentali ha messo in crisi tutto un mondo di valori che parevano immutabili.

I fondamentalisti si distinguono per negare qualsiasi possibilità positiva al progresso umano, destinato comunque a fallire se privato della guida della religione. Ma non sono solo i principi filosofici (di natura hegeliana potrebbe asserire un occidentale) ad essere messi al bando, quanto l’intera impalcatura del pensiero occidentale dall’Illuminismo ad oggi, che, posta sul banco degli imputati, rischia di diventare la “pietra dello scandalo” e non (come dovrebbe essere) il frutto di secoli di lotta contro l’ignoranza e il pregiudizio per l’affermazione delle libertà individuali e collettive.

Il mondo musulmano si sente dominato ed egemonizzato dall’occidente: ma questo significa che è egemonizzato dai cristiani o peggio ancora da atei.

La difesa delle nazioni, delle loro civiltà diviene la difesa della fede: il fondamentalista appare irrimediabilmente chiuso nella sua coerenza. Niente conta, la volontà di Dio è superiore: Allah Ahkbar, Dio è grande o meglio, è onnipotente.

I musulmani moderati, le elites culturali si sono resi conto della differenza che esiste in occidente fra religione e politica; si rendono conto che le riforme politiche ed economiche europee non intaccherebbero affatto l’Islam, che si può essere un buon musulmano anche integrandosi nel mondo moderno.

E’ quindi in atto una gigantesca lotta culturale e anche politica e militare fra queste due anime del mondo musulmano di cui il terrorismo islamico è l’aspetto più appariscente e pericoloso.

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Se il fenomeno religioso non si confronta con la scienza, con i diritti umani, con lo sviluppo della psicologia, delle scienze umane, con le culture del mondo, non sarà possibile un Islamismo aperto.

l'Islam sarebbe capace di un movimento illuministico? In teoria, sì. Ne abbiamo avuto un esempio nel IX e nel X sec. Allora ci fu un Illuminismo suscitato dai cristiani siriaci provenienti dalla Siria, dalla Palestina e dall'Iraq che assimilarono la cultura ellenistica, la trasmisero, la tradussero, la commentarono, ne trassero ispirazione, producendo così delle generazioni di pensatori musulmani che fecero lo stesso applicandolo al Corano, ai dogmi e alle tradizioni sacre.

Questo fenomeno è andato avanti fino all'XI sec. e poi lentamente è morto, perché c'è stata la reazione Islamistica, che si è tradotta in una reazione strettamente religiosa con la esclusione della filosofia, per esempio, e della critica religiosa storica.

Una precondizione è che sempre più musulmani studino tutte le scienze e accettino di studiare il testo del Corano come qualunque altro testo della letteratura araba, con gli stessi criteri.

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Oltre ai movimenti fondamentalisti, si muove qualcos’altro nella direzione opposta. Lo vediamo in Tunisia, ad esempio: alla facoltà di teologia di Tunisi c’è un’apertura diversa che inizia con l’obbligo per gli studenti di imparare obbligatoriamente una lingua non musulmana (inglese, francese, italiano, quello che uno vuole) per avere un’apertura sul mondo non musulmano. La prima cosa perciò è la conoscenza attiva di una lingua occidentale che permetta di confrontarsi con un altro punto di vista sul mondo islamico, sugli studi, ecc. Poi c’è un approccio diverso della storia, per uscire da una visione ripetitiva dove un buon imam è qualcuno che ripete perfettamente ciò che è stato detto nei primi secoli dell’Islam. Si comincia a capire che non si deve solo imparare il Corano a memoria – questo non è un male – ma imparare a capirlo, a interpretarlo, a studiarlo.

Il mondo musulmano è oggi pieno di frustrazioni e di rancori che sono il brodo di coltura di uno smarrimento facilmente incline alla violenza. Stando così le cose, c’è spesso un dovere immediato di legittima difesa, ma in prospettiva occorre impegnarsi innanzitutto in un confronto di idee e di esperienze che pacificamente stimolino per così dire la sua auto-riforma. A questo però non serve, e anzi è di scandalo, il relativismo e il nichilismo della cultura di massa occidentale. Occorre in primo luogo la fraterna ma ferma testimonianza dei cristiani, ma sarà un cammino ancora lungo e purtroppo molto probabilmente non immune da lacrime e da sangue: operare per la pace e per la comprensione infatti è un lavoro magari gratificante ma di certo abbastanza pericoloso.

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• L’Occidente deve rafforzare la propria identità, che non necessariamente deve essere di natura religiosa. È sufficiente che sia quella che è, anche solo culturale, ma che sia un’identità convinta e non debole e complessata. Occorre mettere da parte i complessi: colonialismo, le crociate, ecc.

• Deve ritrovare una società più cristiana, ritrovare la moralità ispirata dal Vangelo. Sono ben note le responsabilità della cultura e della politica occidentale nei confronti del mondo arabo e islamico: dalle crociate al colonialismo la storia delle relazioni tra questi due mondi è intessuta di violenze fisiche e culturali. Tuttavia questa non è ragione sufficiente - crediamo - a giustificare il pregiudizio antioccidentale che riscontriamo in vari settori del mondo arabo-islamico.

Ma se i musulmani trovano degli occidentali cristiani, per i quali la religione è il punto di forza proprio per assimilare la modernità, allora è possibile che anch'essi siano spinti a trovare una loro strada di integrazione. Un cristiano che fa armonia fra modernità e fede, può aiutare un musulmano a fare questa armonia.

In Occidente…

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Immigrazione musulmana: una chance per l’Islam

L’emigrazione dei musulmani in Occidente potrebbe essere per

loro un’occasione per ripensare la fede in termini moderni: frequentando le nostre scuole, confrontandosi con le modernità c’è la possibilità di un confronto tra fede e società, tra fede e ragione, tra fede e diritti dell’uomo.

La speranza sono i 15 milioni di musulmani che vivono in Europa. Sono una presenza provvidenziale su cui è possibile agire. Sono loro che, stando qui, possono rendersi conto che l’Occidente non è tutto depravato e miscredente; che l’Occidente si fonda su valori umani e sociali condivisibili; che la violenza non può essere una cosa voluta da Dio. Sono loro che potranno essere i messaggeri di pace tra l’Occidente e l’Islam.

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Da alcuni anni un gruppo di personalità del mondo ecumenico ha promosso una giornata del dialogo cristiano-islamico: è un'esperienza importante che, partita dal basso, sembra destinata a significativi sviluppi. Proprio il patrimonio accumulato in queste occasioni di conoscenza e fraternità ci dice che i tempi sono maturi per un salto di qualità del dialogo: dalla fase della conoscenza e del riconoscimento a quella del confronto e dello scambio. Significa, insomma, tematizzare anche le differenze, senza assolutizzarle ma riconoscendo e rispettando le radici che le hanno generate.

In una fase "matura" del dialogo cristiani e musulmani hanno il dovere di interrogarsi reciprocamente su temi quali i diritti umani e il valore della persona, lo statuto delle minoranze o i modelli di laicità, l'idea di salvezza o la situazione delle coppie miste. Sono temi che dividono sia la comunità cristiana che quella islamica; possono essere anche temi aspri e difficili, eppure costituiscono l'agenda imprescindibile di ogni società pluralista.

Dialogo cristiano-islamico

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La prospettiva del dialogo è quindi nella capacità di affrontarli con lucidità e fraternità ma anche con urgenza.

“L'altro non deve più essere visto come un forestiero ma come un ospite nel nostro viaggio di fede». ( Giuseppe Scattolin: L’Islam della globalizzazione….). E l'altro oggi, almeno nell'Europa occidentale, spesso è proprio il musulmano. Altro come noi siamo altro da lui: altro come noi, potremmo dire.

Strutture ufficiali di incontro e relazione tra cristiani e musulmani sono state create, in un ulteriore passo di istituzionalizzazione del dialogo: gli incontri regolari tra il Consiglio pontificio per il dialogo e gli organismi musulmani internazionali; e gli incontri dello stesso Consiglio con l’Università di Al-Azhar del Cairo. Ci sono anche scambi regolari di professori tra la Gregoriana e facoltà musulmane di teologia. In molti paesi sono state create delle strutture permanenti di dialogo a livello nazionale (Egitto, Francia, Spagna…).

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Se si vuole lottare contro il terrorismo, occorre impegnarsi per cambiare il processo educativo tradizionalista che viene dato agli imam e che questi diffondono nel mondo. Molte scuole (madrasa) addestrano al terrore e alla guerriglia, e soprattutto educano al fondamentalismo, presentando la religione come la soluzione a tutti i problemi: l’unica via d’uscita è la distruzione dell’occidente!

Nell’insegnamento islamico si evidenziano due problemi:

a) manca nell’Islam una autorità centrale riconosciuta; gli imam e i mufti (che lanciano le fatwa, le decisioni giuridiche) si moltiplicano a migliaia senza controllo

b) l’insegnamento degli ulema (i dotti, i sapienti). Hanno imparato a memoria il Corano e migliaia di attributi a Maometto, migliaia di risposte giuridiche, ma non hanno mai studiato matematica, sociologia, psicologia, letterature straniere, altre lingue. La storia si limita al mondo islamico e lo studio delle religioni è solo in funzione di cosa rispondere se l’Islam viene criticato. Gli ulema sono pertanto, in genere, incapaci di analizzare le culture dell’occidente, di comprendere altre situazioni e incapaci di capire il mondo musulmano europeo.

Scuole coraniche, ulema, mufti, imam

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Quando gli imam arrivano in occidente (più del 90% di quelli in Europa occidentale), sono fuori dalla cultura del paese dove vivono; spesso non conoscono neppure la lingua! Non possono comunicare con i giovani musulmani nati in Inghilterra, Francia, Italia, Germania…Possono solo riproporre il sistema medievale, ma non potranno modernizzare l’Islam. Si ripropone la frattura tra religione e società moderna.

Nasce quindi un disagio dei giovani: di fronte a problemi sociologici, culturali, psicologici, nelle madrasah trovano una facile risposta religiosa e invece di lottare, magari insieme a cristiani e atei, per far emergere la giustizia, diranno: facciamo la lotta in nome dell’Islam!!! E c’è un rigetto di tutto quanto è occidentale, a cominciare dagli abiti.

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Il problema è stato affrontato alla Mecca, ma solo superficialmente. Con il dilagare delle fatwa i governi si sono limitati a dire che non tutti devono pronunciarle!!Di fatto molti mufti e imam si sono auto-proclamati tali.

Molti musulmani e personalità politiche riconoscono l’ignoranza dei loro imam; la formazione che danno al popolo è insoddisfacente, così diversi stati stanno riformulando nuove strutture educative. Un esempio è dato dal Marocco, dove si è aperta una scuola anche per donne murshidàt, donne che consigliano. Oltre allo studio del Corano, si affrontano studi di scienze umane, psicologia, diritti umani e il nuovo diritto di famiglia, che garantisce maggiore uguaglianza di diritti fra uomo e donna. Dopo 12 mesi di formazione, le donne in particolare sono mandate nelle moschee, nelle prigioni, negli ospedali, nelle scuole, nelle associazioni per parlare e predicare alle donne, e non solo. E’ una specie di femminilizzazione dell’Islam!!!L’esperimento viene applicato anche in Francia da parte di gruppi privati.E’ un segnale importante di come l’Islam, pregiudizi a parte, si stia interrogando e lentamente preparando al futuro.

Formazione degli imam

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"Noi femministe di Allah"Si chiamano murshidàt, sono le prime donne imam del Marocco. Hanno un doppio ruolo: arginare il fondamentalismo islamico e le seduzioni delle mode occidentali. Ma anche una missione: leggere nel Corano quel che non piace ai maschi

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Donne imam quindi, anche se esistono dei limiti, come quello di non poter guidare la juma, la preghiera del venerdì, ma per il resto possono a tutti gli effetti predicare e guidare spiritualmente dei gruppi di fedeli. Le 50 imam diplomate, attraversano il Marocco recandosi nelle moschee, nelle scuole, negli ospedali, nelle prigioni a predicare e a guidare le preghiere e persino in televisione e alla radio, all’interno di trasmissioni molto seguite che aiutano i fedeli a osservare correttamente i precetti del Corano.Qualcuna di loro ha avuto dei problemi a farsi accettare, altre hanno ricevuto delle minacce da qualche fanatico, in generale però l’esperimento sembra riuscito.

Alcuni musulmani in anni recenti hanno rianimato il dibattito, affermando che lo spirito del Qur'an e la lettura di una hadith indicano che alle donne dovrebbe essere concesso di guidare tanto gruppi promiscui quanto di appartenenti ad un solo sesso e che la proibizione si è sviluppata nell'ambito del sessismo tipico della società medioevale, principio contrario al vero Islam.Una discussione, questa, che trova fondamento nell'atto dello stesso Profeta Muhammad di incaricare una donna, Umm Waraka, per la guida della preghiera per tutta la sua casata, senza discriminazioni legate al sesso dei fedeli.

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Nel novembre 2003 Asra Nomani fu la prima donna nella sua moschea della West Virginia a chiedere di poter pregare nella sala principale riservata ai maschi. Successivamente organizzò la prima preghiera pubblica negli Stati Uniti di un gruppo promiscuo di fedeli guidata da una donna (lei stessa). Quel giorno (18 marzo 2005) esordì dicendo:

 

Si tratta di un autentico rinnovamento dei valori fondanti della personaumana che scaturisce all’interno stesso dell’islam. Grazie alle donne.

L’immagine di unadonna musulmana che guida la preghiera collettiva mista, simboleggia l’iniziodi un risorgimento islamico all’insegna della riscoperta del diritto individuale,

del recupero della ragione e della conquista della libertà. Paradossalmentel’Islam, proprio perché si basa sul rapporto diretto tra il fedele e Dio e

disconosce la figura del sacerdote, del clero o di un papa, consente in virtùdell’interpretazione anche arbitraria dei singoli sia la deriva terroristica sia la

riscossa illuminista.

«  Stiamo affermando i nostri diritti come donne nell'Islam. Non accetteremo più le porte di servizio o l'ombra alla fine della giornata, noi saremo guide del Mondo islamico. Noi stiamo guidando l'Islam nel XXI secolo e reclamiamo il diritto a parlare che il Profeta ci riconobbe 1400 anni fa"  

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“La grande sfida culturale, che richiede lo sforzo comune delle menti più lucide di musulmani, cristiani ed ebrei è quella di mostrare che i diritti umani non sono un’invenzione occidentale. Esiste la possibilità, attraverso l’interpretazione di alcuni versetti del Corano, di dedurre la libertà religiosa. Il Corano in alcuni punti apre ai diritti umani, solo che non lo si dice perché la libertà religiosa è contraria alla sharia”

Il Corano dice che “ non si può costringere la persona a credere. Se Allah avesse voluto, saremmo stati fatti tutti uguali, ma così non è stato».

La grande sfida è quella dell’interpretazione del Corano. “E’ quello che alcuni stanno cercando di fare, ma è un lavoro molto difficile perché tutta la tradizione è contraria. Il termine tecnico è, l 'ijtihād , cioè lo sforzo dell’interpretazione. È un compito immane, perché dal XII secolo i musulmani dicono che la porta dell’interpretazione è chiusa. Ma perché e chi abbia il diritto di chiuderla, nessuno sa spiegarlo”.Occorre riaprire quella porta dell’interpretazione «Quei musulmani, quei cristiani e quegli ebrei che sono credenti ma non pregiudizialmente ostili alla modernità devono mettersi insieme e cercare tutto quello che, nelle rispettive tradizioni e Scritture, conferma la Dichiarazione universale dei diritti umani. La posta in gioco è mostrare che i diritti umani non sono un’invenzione occidentale, anche se è stato l’occidente a metterli nero su bianco nella Dichiarazione del 10 dicembre 1948».

Interpretare il Corano

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26/01/2011

Ripensare alla mescolanza dei sessi; aprire le porte alle donne fino alla presidenza della Repubblica; garantire il diritto dei cristiani ad accedere a posti di prestigio (anche alla presidenza); reinterpretare e purificare i detti del Profeta (le Hadith); avvicinare la gente a Dio attraverso la gratitudine e la saggezza e non con le minacce…: sono alcune delle proposte – davvero rivoluzionarie – che un gruppo di professori, teologi e imam egiziani fanno alla loro comunità. Il tentativo è di modernizzare la vita dei musulmani, frenando (e perfino bloccando) le influenze fondamentaliste che provengono dall’Arabia saudita. Al gruppo di studiosi sta a cuore sia il rinnovamento dell’insegnamento dell’islam, sia un rapporto di concordia con i cristiani.

 Una ventina di teologi e intellettuali di Al Azhar hanno diffuso un testo di enorme importanza dal titolo “Documento per il rinnovamento del discorso religioso”. Il testo è stato “postato” su internet lo scorso 24 gennaio, alle 18.27, sul sito del settimanale Yawm al-Sâbi’ (“Il settimo giorno”).L’importanza del documento deriva anche dai suoi firmatari, tutti noti studiosi e profondi fedeli islamici.

Università Coranica Al-Azhar, Il Cairo: è il più antico istituto accademico religioso del mondo islamico. Fondata nel 970 circa

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È la prima volta che avviene un tentativo del genere da parte di personalità islamiche riconosciute. Non appena pubblicato sul sito, il documento ha ricevuto in un giorno 153 commenti. La maggior parte (88,25%) condannano il testo, dicendo che esso snatura l’Islam o tenta di fondare una nuova religione. Solo 18 persone si congratulano con gli autori. Ciò significa che il cammino di rinnovamento sarà lungo e richiederà molto tempo e sforzi.

 

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Di fronte a una modernità che tende spesso a dimenticare quando non a rimuovere Dio dall'orizzonte degli uomini, il ruolo affidato all'Islam nel piano di Salvezza potrebbe essere quello di stimolarci a rimettere la fede al centro della vita.

( padre Samir Khalil Samir, gesuita, in una intervista concessa a ZENIT a margine dell'incontro annuale del Comitato scientifico della Fondazione Oasis, svoltosi dal 21 al 22 giugno 2010 a Jounieh, in Libano).

Ruolo dell’Islam nel piano di salvezza

In che modo possiamo inserire la nascita e la diffusione dell'Islam all'interno del piano salvifico? l'Islam ha un posto nel piano di Dio?.

Nel corso della storia, i cristiani d’Oriente si sono fatti spesso questa domanda. La risposta dei teologi arabi cristiani era “Dio ha permesso la nascita dell’Islam per castigare i cristiani per le loro infedeltà”. Io penso che la verità sull'Islam sia riconducibile alla divisione tra i cristiani orientali, una divisione spesso dovuta a motivi nazionalistici e culturali nascosti dietro a formule teologiche. Questa situazione ha impedito loro di annunciare ai popoli della regione la Buona Novella, ciò che l’Islam ha fatto parzialmente!

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L'Islam è servito a riaffermare la fede in un solo Dio, la

chiamata a dedicarci completamente a lui, a modificare la nostra vita per adorarlo. Si è trattato di una reazione sana, nel prolungamento della tradizione biblica ebraica e cristiana. Ma in realtà per arrivare a questo ha eliminato tutto ciò che creava un po' di difficoltà in particolare: la natura umana e al contempo divina di Cristo; il Dio uno e trino, che è dialogo e amore; e il fatto che Cristo si sia fatto obbediente fino alla morte sulla Croce, che si sia svuotato di se stesso come dice san Paolo, per amore nostro!

Credo che per noi cristiani l’Islam sia uno stimolante per riportarci al fondamento di tutto: Dio è l’Unico, la Realtà Ultima! Che è l’affermazione ebraica e cristiana fondamentale, ripresa dal Corano nella bella sura 112 : “Di’: Dio è l’Unico! Dio è l’Impenetrabile!” etc. Una affermazione che la vita moderna rischia di farci dimenticare. L’Islam ci ricorda che, se Cristo è il centro della fede cristiana, lo è sempre in rapporto al Padre; per rimanere nell'unicità, anche se il Corano non è riuscito a capire cosa fosse lo Spirito Santo.

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Noi siamo interrogati ogni giorno dai musulmani sulla nostra fede e questo ci porta a ripensarla continuamente in funzione dell'Islam. Ringrazio i musulmani per le loro critiche, purché le facciano come riflessione e non come polemica. Lo stesso direi per le domande dei cristiani.

La nostra vocazione, di noi cristiani d’Oriente, è quella di vivere insieme ai musulmani, ci piaccia o no. E’ una missione! E' difficile, ma dobbiamo vivere insieme. Per questo direi che tocca al musulmano difendere la presenza cristiana e al cristiano difendere la presenza musulmana. Non tocca infatti ad ognuno di noi difenderci, perché altrimenti si arriva allo scontro.

Spero allora che il Sinodo sul Medio Oriente aiuterà noi cristiani d'Occidente e d'Oriente, ma possa aiutare anche i musulmani, nel ripensare il senso del Piano divino che dobbiamo riscoprire nell'amicizia e talvolta nel confronto: perché siamo insieme su questa Terra del Medio Oriente, che è la Terra di Gesù - certo! - ma anche la terra di Mosè e di Maometto? Questa Terra deve diventare davvero “Terra Santa”!

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L’alfabeto della convivenza preparazione all’Incontro con esponenti musulmani, firmatari della “Lettera dei 138” al Papa . (Samir Khalil Samir nov. 2008)

Tema principale dell’incontro è «amore di Dio, amore del prossimo». Quali implicazioni pratiche può avere la discussione su un tema così impegnativo?

«L’argomento rappresenta una vera sfida per entrambe le comunità. Mi sembra molto calzante la frase della "Lettera di San Giacomo": "A che serve dire che ami Dio che non

vedi, se non ami i tuoi fratelli che vedi?". L’amore non è una teoria, si esprime in atti concreti. Nel dialogo che avremo nei prossimi giorni dovremo affrontare con coraggio le difficoltà che cristiani e musulmani incontrano nel testimoniare che la loro religione

si esprime nell’amore».

Una delle "piste" di lavoro previste negli incontri dei prossimi giorni riguarda la «dignità umana e il rispetto reciproco». Sarà inevitabile affrontare il nodo dei "diritti

umani" e del loro rispetto, non crede?«L’affermazione della "dignità umana", per non restare qualcosa di teorico, implica il rispetto dei "diritti umani". Che riguardano, ad esempio, il rapporto tra uomo e donna,

tra i fedeli di differenti religioni, tra credenti e non credenti.Alla radice di tutto c’è l’uso corretto della ragione naturale: grazie ad essa l’uomo può operare le sue scelte usando la libertà e facendola prevalere sull’istinto. E la libertà di

coscienza è fondamento di tutte le altre libertà, è qualcosa che "viene prima"».

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Ma in molti Paesi Islamici chi cambia religione rischia la morte o comunque gravi conseguenze…

«Col mondo musulmano c’è un problema derivante dal fatto che, partendo dal principio che l’Islam è la migliore delle tre religioni rivelate e che le religioni rivelate sono migliori di qualunque altra scelta religiosa o filosofica, si afferma che chi ha già conosciuto il meglio non può "tornare indietro": farebbe qualcosa che è contro natura. Da qui deriva la condanna di chi vuole abbandonare la "Fede Islamica". È necessario approfondire tutti insieme che la libertà è un dono fatto da Dio all’uomo perché la eserciti, e questo esercizio può arrivare fino al punto di scegliere una strada diversa da quella in cui si è nati, o perfino di rifiutare Dio. Se non avesse la possibilità di scegliere, l’uomo sarebbe un animale. Dunque, se Dio accetta anche di essere rifiutato pur di non privare l’uomo della libertà, come può l’uomo pretendere di togliere a un suo simile l’uso della libertà che ha ricevuto in dono? Sarebbe come sostituirsi a Dio».

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Come se ne esce?

La grande sfida, ripeto, è quella dell’educazione, dell’uso della ragione. Se prendiamo la sharia, ad esempio, vediamo che – a parte qualche

eccezione - nessun paese islamico la applica quando si tratta di tagliare la mano a chi ruba. Tutti hanno sospeso questa applicazione. Ciò vuol dire che anche nei paesi islamici si ritiene che la sharia presa tale e quale non è applicabile, però nessuno vuole tirare le conclusioni e iniziare a ripensare un progetto di società islamica che faccia i conti

con la modernità.

Per noi la riflessione continua sulla realtà è normale, ma nel mondo islamico è bloccata dal XII secolo, non c’è più. E qui sta la sfida, riprendere questo cammino di riflessione. In Egitto, situazione che conosco bene, ci sono migliaia di personalità eccezionali, che sono già su questa strada. Il problema è che sono intellettuali, universitari laici, e non essendo religiosi non hanno peso. E’ importante ora che questo processo inizi anche tra i religiosi

p. Samir Khalil Samir

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Oggi la convivenza non può essere quella del pluralismo di identità chiuse e armate; deve essere quella del dono reciproco di valori e

tradizioni, magari per scoprire che tra tante diversità che li distinguono, gli uomini hanno anche qualcosa che li accomuna.

Anche se non lo sanno.

Lo racconta con delicatezza un'antica storia sufi che narra di quattro viandanti, incontratisi per caso nel deserto, che litigano perché uno vuole l'uzum, un altro lo staffili, un terzo pretende l'inab, il quarto chiede dell'angur. La discussione degenera finché non arriva un sufi, il saggio, che conosce le lingue e capisce "che tutti bramavano la stessa cosa, cioè dell'uva rossa come petali di una fragrante rosa”

Sul luogo - conclude il racconto - regnò allora una mistica pace".

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