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1 KIT DIDATTICO Spettacolo “La Piramide Rovesciata” Indice Kit pre-spettacolo: 1. Lettera dell’autrice ai ragazzi – “Il cuore del messaggio di Roberto” p. 3 2. Roberto Camerani Scheda a cura dell’ass. Roberto Camerani p. 4 Kit post-spettacolo: 3. “La Piramide Rovesciata” – lettura e analisi dello spettacolo p. 5 4. Spunti di riflessione ed approfondimento percorso ragionato sulla propaganda p. 7 N.B. Si consiglia di leggere i punti 1 e 2 prima dello spettacolo e i punti 3 e 4 dopo al visione dello spet- tacolo. Questo perché per noi è importante che le domande sorgano dai ragazzi ad una prima vi- sione dello spettacolo, per trovare poi risposta o nel dibattito post-spettacolo con gli attori o leg- gendo poi in classi la lettura e l’analisi dello spettacolo (punto 3). In più potranno, potranno deci- dere se portare avanti le riflessioni suscitate dallo spettacolo tramite le attività proposte dagli spunti di riflessione ed approfondimento (punto 4). Per qualsiasi domanda o chiarimento scrivere a: [email protected]

Spettacolo “La Piramide Rovesciata” - variazionisultema.it · vertice». Ecco da dove arriva il titolo dello spettacolo: dal desiderio di Roberto di rovesciare quella Pira-mide,

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KIT DIDATTICO

Spettacolo “La Piramide Rovesciata”

Indice

Kit pre-spettacolo:

1. Lettera dell’autrice ai ragazzi – “Il cuore del messaggio di Roberto” p. 3

2. Roberto Camerani – Scheda a cura dell’ass. Roberto Camerani p. 4

Kit post-spettacolo:

3. “La Piramide Rovesciata” – lettura e analisi dello spettacolo p. 5

4. Spunti di riflessione ed approfondimento – percorso ragionato sulla propaganda p. 7

N.B.

Si consiglia di leggere i punti 1 e 2 prima dello spettacolo e i punti 3 e 4 dopo al visione dello spet-

tacolo. Questo perché per noi è importante che le domande sorgano dai ragazzi ad una prima vi-

sione dello spettacolo, per trovare poi risposta o nel dibattito post-spettacolo con gli attori o leg-

gendo poi in classi la lettura e l’analisi dello spettacolo (punto 3). In più potranno, potranno deci-

dere se portare avanti le riflessioni suscitate dallo spettacolo tramite le attività proposte dagli

spunti di riflessione ed approfondimento (punto 4).

Per qualsiasi domanda o chiarimento scrivere a: [email protected]

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1. LETTERA dell’autrice ai ragazzi – “Il cuore del messaggio di Roberto”

«Ho incontrato Roberto Camerani più o meno alla vostra età, quando decisi di fare un viaggio che ogni anno

Roberto organizzava con i giovani nei campi di concentramento dove era stato deportato (prima a Mauthau-

sen e poi ad Ebensee). Ciò che mi colpì e rimase come un seme dentro di me fu il suo grande amore e la sua

profonda gratitudine nei confronti della vita. Mi chiesi: “Ma come è possibile che un uomo che ha sofferto

così tanto, che ha vissuto giorno dopo giorno l’orrore e il terrore dei campi di sterminio, ora possa non prova-

re né odio né rancore nei confronti dei tedeschi ed invece portare a noi giovani un messaggio di pace, com-

passione e amore verso tutte le persone?”

Capii in quel momento che da quell’uomo avevo molto da imparare. Io che, come tanti altri, spesso mi tro-

vavo a reagire, con rabbia o tristezza, quando ritenevo che qualcuno mi facesse un torto, io che così spesso

mi trovavo a discutere animatamente con compagni, amici, genitori, o a piangere in solitudine, racchiusa nel

mio dolore, sempre convinta di aver ragione, io ora mi trovavo davanti ad un uomo che, dopo tutta la soffe-

renza che aveva passato, aveva scelto di non reagire con violenza contro chi lo aveva costretto a soffrire la

fame, il freddo, il dolore, ma di agire imparando a guardare con occhi diversi ciò che aveva vissuto.

«Se io rispondessi con l’odio o la vendetta», diceva Roberto, «farei un grande errore. Vendetta e odio so-

no anelli della stessa catena. Solo se avremo il coraggio di essere superiori a noi stessi, di andare oltre noi

stessi, di rompere quella catena, beh, solo allora potremo sperare in un mondo migliore».

Restai profondamente colpita da queste parole e cercai negli anni successivi di capire in che modo potevo

portare nella mia vita l’insegnamento che Roberto mi stava trasmettendo.

Ci sono voluti altri dieci anni prima che decidessi di scrivere uno spettacolo sulla sua vita. Roberto è morto

nel 2005 e “La piramide rovesciata”, questo è il titolo dello spettacolo, è il modo con cui ho deciso di conti-

nuare a portare ai ragazzi di oggi il messaggio che Roberto desiderava arrivasse loro.

Dal nostro primo incontro sono cresciuta, ho fatto nuove esperienze ed incontrato nuove persone con cui ri-

flettere su quanto accaduto nei campi di concentramento ed il messaggio lasciatomi da Roberto mi è divenu-

to sempre più chiaro.

Mi sono resa conto che non possiamo considerarci individui separati, soli, isolati. Il sentirci tali è forse la più

grande illusione del nostro tempo e quella da cui derivano le nostre peggiori paure. La verità è che siamo tut-

ti parte della stessa rete, siamo tutti interconnessi, siamo tutti parte di un immenso web, di un mega-internet

se volete, tutti legati da un sottile ed invisibile legame per cui, come diceva Roberto, «se facciamo del male

agli altri, facciamo del male a noi stessi e se facciamo del male a noi stessi, facciamo del male agli altri» e

aggiungeva: «Solo quando sapremo riconoscerci parte del tutto avremo sconfitto la guerra».

E proprio in questi giorni in cui cercavo cosa scrivervi, un’amica mi ha portato un racconto dal titolo “Ubun-

tu”. L’ho letto e ho pensato che questo fosse il modo più chiaro per dirvi quello che è il nucleo dello spetta-

colo e del messaggio di Roberto:

Un antropologo [ovvero uno studioso dell’uomo dal punto di vista sociale e culturale] propose un gioco ad

alcuni bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi

sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta. Quando gli fu dato il segnale per partire tutti i bambini

si presero per mano e si misero a correre insieme. Dopodiché, una volta preso il cesto, si sedettero e si go-

dettero insieme il premio. Quando fu chiesto ai bambini perché avessero voluto correre insieme, visto che

uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero: “UBUNTU” che nella cultura africana sub-

sahariana vuol dire: “Io sono felice perché noi siamo felici".»

Elena Redaelli – Autrice dello spettacolo

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3. “La Piramide Rovesciata” - lettura e analisi dello spettacolo Lo spettacolo rappresenta la storia di Roberto Camerani, ma non solo. Vuole più che altro essere un tributo

all’anima di Roberto, al messaggio che ha voluto trasmettere con così tanta forza e coraggio fino agli ultimi

giorni della sua vita.

La trama della vicenda è scandita dai principali fatti

storici del periodo nazi-fascista e ripercorre la vita

di Roberto dalla scuola (dove era, come tutti i suoi

coetanei, un “balilla”) fino alla liberazione dai cam-

pi di concentramento.

All’interno della vicenda si assiste al periodo gioio-

so in cui Roberto viene “educato” alle leggi nazi-

fasciste, un tempo in cui gli sembra così naturale,

giusto, ovvio odiare gli ebrei, che gli vengono pre-

sentati come esseri «brutti, sporchi, cattivi». È il pe-

riodo in cui, dice Roberto, «mi avevano succhiato il

cervello».

Da questo pensiero nasce una riflessione sulla pro-

paganda e sulla rete che anche oggi essa riesce a

costruire ipnotizzando e plasmando le menti di mi-

lioni di persone, «persone intelligenti, o anche molto

intelligenti» [per approfondimento sul tema della

propaganda vedi “percorso ragionato 1” in calce].

Seguiranno agli anni in cui la sensibilità di Roberto lo porterà ad iniziare a vedere quell’elevata Piramide

che il sistema socio-politico e culturale sta creando e «di cui, al di sopra di tutto, è necessario raggiungere il

vertice». Ecco da dove arriva il titolo dello spettacolo: dal desiderio di Roberto di rovesciare quella Pira-

mide, di costruire una nuova società che non sia basata sulla competizione e sul potere.

Roberto percepisce la sofferenza che permea e gene-

ra questo sistema e lo rifiuta.

Qualcosa gli dice che quella struttura a piramide non

è ciò che vuole vivere e da quel momento inizia una

lunga ricerca che lo porterà ad aiutare i gruppi anti-

fascisti e per questo a venire imprigionato nel carce-

re di San Vittore a Milano e successivamente ad es-

sere deportato nei campi di sterminio di Mauthau-

sen ed Ebensee.

Intorno al personaggio di Roberto, interpretato da

Fabrizio Rizzolo, si muove un altro attore che in-

terpreta di volta in volta i compagni che Roberto ha

incontrato durante la sua vita (un compagno di pri-

gionia e un deportato come lui nei campi di stermi-

nio) e due figure femminili che introducono nello

spettacolo un elemento simbolico che propone un

altro livello di lettura dello spettacolo allo spettato-

re.

I loro nomi sono Memoria e Libertà, la prima vestita di bianco e l’altra di rosso. Memoria si esprime so-

prattutto attraverso il movimento e la danza, Libertà attraverso la parola e il gesto.

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Queste due figure rappresentano da un lato il desiderio di Roberto di appartenere, di sentirsi parte della

propria società, della propria cultura, della propria storia e della propria famiglia (Memoria), e dall’altro il

desiderio di essere se stessi, di realizzarsi pienamente nella propria specifica identità (Libertà).

Questi due personaggi, così intimamente legati a

Roberto, sono presenti fin dall’inizio dello spetta-

colo ed accompagnano Roberto durante tutta la

sua storia, crescendo con lui e vivendo i suoi mo-

menti di sofferenza e di conflitto nel tentativo di

cercare un modo per uscire dalla sofferenza.

A circa tre quarti dello spettacolo, durante la rap-

presentazione di uno degli episodi più ricordati

della politica nazista, il rogo dei libri di Berlino,

vedremo queste due figure uscire dai propri confi-

ni ed esprimere la loro parte più negativa,

nell’intento di perseguire il loro ideale di giustizia

ad ogni costo, senza preoccuparsi dei mezzi, e di-

ventando così folli e ingiuste.

Alla figura della Memoria, che rappresen-

ta anche il nostro passato, e quindi anche

la nostra famiglia, è dato anche simboli-

camente il ruolo della madre di Roberto,

con cui Roberto ha sempre sentito un le-

game molto forte, espresso nello spettaco-

lo tramite il linguaggio della danza.

Infine, durante lo spettacolo vedrete

proiettate diverse immagini di repertorio,

da quelle di propaganda, a quelle dei

campi di concentramento, fino

all’immagine sorridente di Roberto che

più ci sembrava rappresentare la sua ani-

ma e il suo messaggio.

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Spunti di riflessione ed approfondimento

Proposta: percorso ragionato sul tema della PROPAGANDA

Libertà: «Il governo non è nulla se non controlla l’opinione pubblica». Lo disse Napoleone. Per defini-

zione la propaganda comporta una distorsione della realtà e riesce a rendere plausibili le cose più incre-

dibili a milioni di persone, persone intelligenti o anche molto intelligenti.

Memoria: Gregorio XV. 1622. “De propaganda fide”, “sulla fede da diffondere”. È nata così la propa-

ganda in senso moderno, metodi e tecniche per forgiare ed influenzare emotivamente le idee delle mas-

se.

Libertà: Con buona pace di S. Tommaso, l’uomo non è mai stato un animale razionale, ma un’animale

suggestionabile. Più che dalla logica, dai fatti concreti e dalle prove, si lascia convincere dalle favole,

dai miti, dai mezzi retorici, allora come oggi.

Memoria: E cosa è cambiato rispetto al passato?

Libertà: Che oggi la propaganda dispone di mezzi tecnici e scientifici incomparabilmente più potenti di

una volta. E così oggi questi messaggi li interiorizziamo, facendoli diventare mezzi di controllo e gover-

no estremamente economici ed efficaci.

Roberto racconta che la propaganda fascista era

riuscito a convincerlo che gli ebrei fossero

«brutti, avari, sporchi e cattivi». Judd Suss

(“Suss l’ebreo” di cui potete vedere la locandina

qui accanto) rappresenta solo uno dei tanti film

di propaganda che allora giravano nei cinema.

Racconterà più avanti, quando sarà prigioniero

nei campi di concentramento, l’incontro con un

“vero” ebreo, Goldstein Tibor, un ragazzo ebreo

ungherese di appena quattordici anni.

«Non appena lo vidi rimasi sbalordito e affasci-

nato» racconta Roberto «tutto in lui era inno-

cenza e stupore: il suo corpo era roseo, non an-

cora smagrito e mi guardava con due grandi oc-

chi a mandorla un poco inclinati e di un azzurro

intenso… Ricordo che la sua più grande curiosi-

tà era quella di vedere il mare: non smetteva mai

di chiedermi come fosse fatto, che sensazioni

provavo quando lo vedevo… e com’erano le

navi.»

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Roberto, come tutti i bambini cresciuti secondo l’educazione e la propaganda fascista, era convinto

che gli ebrei fossero cattivi, che la guerra contro la Francia e l’Inghilterra fosse giusta. E tutto ciò

era esaltante, perché esaltato dalla propaganda politica, culturale, sociale e mediatica.

Non dimentichiamo che gli anni del fascismo sono gli anni in cui inizia a diffondersi il cinema, arte

che dimostrò (e tuttora dimostra) di avere un grande impatto sul pubblico.

Attività proposta 1:

Quanti film anche oggi sono capaci di creare in noi un impatto emotivo? Anche se una parte di noi

sa che quello che viene rappresentato è una finzione, tuttavia il nostro mondo emotivo risponde a

ciò che viene rappresentato. E così ci troviamo ad emozionarci davanti ad una struggente storia

d’amore o a spaventarci di fronte ad un attacco alieno.

Eppure oggi ancor più di allora sappiamo bene quanto il cinema sia finzione!

Quanto allora noi controlliamo ciò che ci viene trasmesso dai media e quanto invece loro sanno

controllare, pilotare, manipolare le nostre emozioni e i nostri desideri?

È quindi importante che impariamo a capire cosa ci succede dentro quando riceviamo uno stimolo

mediatico esterno e che impariamo a chiederci se ciò che succede può essere per me un’occasione

di crescita oppure se è solo una manipolazione. Impariamo ad usare il nostro senso critico e a di-

scernere ciò che ci porta verso il nostro bene e ciò che non lo fa.

Pensa agli ultimi tre film che ti hanno emozionato e scrivi qual è l’emozione che ti hanno suscitato.

Condividilo poi in classe o con un piccolo gruppo e cerca di capire se quell’emozione, quel mes-

saggio che ti è arrivato ti ha arricchito, ti ha fatto riflettere o crescere oppure no.

Con i regimi totalitari del ‘900, nascono uffici specificamente dedicati alla manipolazione delle

credenze di massa. La censura di vecchio stampo non è più sufficiente. Alle dittature non basta più

reprimere. Esse intendono forgiare il pensiero della popolazione, dando origine a quell’unica verità

ufficiale che deve essere condivisa da tutti.

Senza propaganda, nazismo, fascismo e comunismo non avrebbero potuto esistere. Tutti questi re-

gimi si sono instaurati e consolidati con il consenso popolare, nonostante il tremendo prezzo in ter-

mini di libertà, di giustizia e di vite umane che essi imposero ai propri sudditi. Stalin costrinse mi-

lioni di cittadini in schiavitù, accusandoli di cospirazione e di attività controrivoluzionarie.

Con il loro lavoro forzato e gratuito nei Gulag, a prezzo della loro salute e della loro vita, essi per-

misero alla Russia di superare il gap nello sviluppo e diventare un moderno e potentissimo stato in-

dustriale: estrassero materie prime, alzarono dighe, costruirono città, costruirono fabbriche e armi.

Da Mosca partivano richieste alla polizia delle diverse città sul numero di prigionieri da prelevare.

La polizia entrava nelle case e arrestava le persone, e con accuse totalmente false e processi farsa, le

spediva ai lavori forzati e alla morte. Nessuna possibilità di difesa. Nessuna speranza di sfuggire. E

il popolo, nonostante che questi disgraziati fossero presi dalle sue file, finiva per credere sempre al-

la versione ufficiale: erano stati arrestati perché erano dei traditori.

La propaganda diceva al popolo che la Russia era sempre sul punto di essere attaccata da potenze

straniere capitaliste e imperialiste. Quindi era necessario eliminare i traditori del popolo e della ri-

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voluzione, sui quali tali potenze cercavano di far leva. Se una persona costituiva un problema, dice-

va Stalin, doveva essere eliminata. Fine della persona, fine del problema.

La propaganda è sempre stata utilizzata dalle èlite per dominare le masse mantenendole

nell’ignoranza. Le più incredibili fandonie sono state fatte credere a milioni di persone, che pure

non erano ritardati mentali, ma intelligenti o anche molto intelligenti.

Queste fandonie, una volta interiorizzate, hanno funzionato da mezzi di controllo e governo estre-

mamente economici ed efficaci. Rispetto al passato, oggi la propaganda dispone di mezzi tecnici e

scientifici incomparabilmente più potenti di una volta.

Come sempre, la propaganda non è al servizio dell’uomo, ma è contro l’uomo: serve ad assoggettar-

lo, ad indebolirlo, a renderlo succube ed impotente.

Conoscere i mezzi della propaganda costituisce un passo fondamentale per liberarsi dalla ne-

vrosi personale e collettiva.

Attività proposta 2:

Uno dei mezzi di propaganda più efficaci oggigiorno sono le pubblicità.

Indirizzate a qualsiasi pubblico (bambini, adolescenti, casalinghe, lavoratori, anziani) sono in grado

di manipolare i nostri desideri.

Il loro scopo è farci sentire sempre inadeguati, bisognosi, mancanti di qualcosa. E dopo aver

creato il problema, ti offrono la soluzione: “compra il nostro prodotto e ti sentirai meglio”.

Quante volte tentiamo di colmare il vuoto che a volte sentiamo dentro, le nostre difficoltà o i con-

flitti con le altre persone, comprando qualcosa? O mangiando troppo? O, comunque, consumando?

Spesso lo facciamo per sentirci parte di qualcosa, per sentirci meno soli.

Tuttavia questa è una delle più grandi illusioni createci dalla propaganda. Nessuno può essere ve-

ramente solo. Dentro di noi, nel profondo del nostro cuore, siamo legati gli uni agli altri, in una rete

invisibile ma molto potente.

Durante lo spettacolo il personaggio di Roberto dice:

«La guerra non nasce fuori di noi, ma dentro i nostri cuori induriti. Ciò che separiamo dentro di noi separia-

mo fuori da noi; facendo male agli altri facciamo del male a noi stessi; facendo del male a noi stessi, faccia-

mo del male agli altri. Perché siamo tutti parte della stessa rete, legati assieme da un sottile ed invisibile le-

game...»

Prenditi un po’ di tempo per chiudere gli occhi, ascoltare il tuo corpo, rilassarlo e lasciare che ti vengano in

mente almeno tre esperienze in cui hai sentito questo tipo di legame, in cui ti sei sentito realizzato, soddisfat-

to, pieno di entusiasmo e gioia, connesso agli altri o alla natura intorno a te. Dai un nome a quello stato

emotivo e poi condividilo in piccoli gruppi con i tuoi compagni.

Kit didattico a cura di Elena Redaelli – autrice dello spettacolo “La piramide rovesciata”

Uno speciale ringraziamento va a Mauro Scardovelli,

psicoterapeuta e ricercatore, per il suo prezioso contributo. ( www.mauroscardovelli.com )