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LA FINANZA DI PROGETTO Avv. Daniele Spinelli
1 - LA FINANZA DI PROGETTO NELLA LEGISLAZIONE ITAL IANA
L’istituto della finanza di progetto è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla L. n.
415/1998 (Merloni ter) e trasfuso nel D.Lgs. 163/2006 agli artt. 152 - 160, nonché, per le
sole infrastrutture strategiche, agli artt. 161 – 175, riproponendo pressoché pedissequamente
la regolamentazione della legge n. 109/1994 e delle sue successive modificazioni.
I decreti correttivi vi hanno apportato sostanziali modifiche al fine di renderne la procedura
applicativa conforme al diritto comunitario: in particolare, la versione originaria del Codice
in materia prevedeva l’attribuzione del diritto di prelazione al soggetto individuato come
promotore dalla stazione appaltante, contestualmente alla dichiarazione di pubblico interesse
relativa alla sua proposta: la norma è stata oggetto di censura da parte della Comunità
Europea (che ha aperto una procedura di infrazione a riguardo), perché il diritto di
prelazione non veniva attribuito a seguito di un procedimento ad evidenza pubblica, ed era
quindi contrastante con le regole comunitarie sulla concorrenza. Anche se il D.Lgs.
113/2007 (II correttivo) ha abolito il diritto di prelazione, la Commissione ha ritenuto la
disciplina italiana sul project financing ancora contrastante con le direttive comunitarie
(procedura di infrazione n. 2309/2007), sotto il duplice profilo della mancata previsione di
adeguate forme di pubblicità sovranazionale e della permanenza di una posizione di favore
in capo al promotore, che veniva direttamente ammesso ad una procedura negoziata con i
primi due classificati della gara pubblica svolta sulla base della sua proposta (quindi, di
nuovo, senza aver superato alcun confronto concorrenziale).
Infine, con il III decreto correttivo (D.Lgs. 152/2008) è stata modificata la previgente
disciplina, riscrivendo totalmente l’art. 153 Cod. (che diviene l’articolo principale) ed
abrogando gli artt. 154 (Valutazione della proposta) e 155 (Indizione della gara) in quanto
non più compatibili con le nuove procedure di affidamento. La nuova disciplina è
applicabile alle procedure i cui bandi sono pubblicati dopo il 17 ottobre 2008, data di entrata
in vigore del terzo decreto correttivo (art. 1, c. 2, D.Lgs. 152/08).
Sul piano della disciplina secondaria, è ancora in vigore il DPR 554/99 che disciplina la
finanza di progetto al Capo I, Titolo V, Sez. III, artt. 86 (contenuto del contratto di
concessione), 87 (contenuto dell’offerta), 98 (requisiti del concessionario) e 99 (requisiti del
promotore).
2 – LA NUOVA STRUTTURA DEL PROCEDIMNTO
Si è soliti distinguere la finanza di progetto ad iniziativa in pubblica e privata, in relazione
all’atto iniziale d’impulso: il III decreto correttivo, come si vedrà, ha in parte rafforzato
l’iniziativa privata anche se la stessa rimane comunque una modalità mai del tutto
autonoma, poiché è sempre necessaria anche la funzione d’impulso dell’Amministrazione.
Infatti non esiste una procedura che sia ad iniziativa totalmente privata, poiché ogni
proposta del privato deve essere prioritariamente recepita negli atti di programmazione
dall’Amministrazione, che dunque sono una conditio sine qua non dell’inizio di ogni
procedura di finanza di progetto.
Il privato pertanto, prima della pubblicazione degli strumenti programmatori, può svolgere
solo una funzione di mero stimolo potendo, qualora in possesso dei requisiti dell’art. 99 del
DPR 554/99, solamente inviare alla stazione appaltante una proposta a mezzo di studi di
fattibilità. Detta proposta non vincola affatto l’Amministrazione nè lo stesso soggetto
“proponente”, e pertanto non attiva alcun procedimento amministrativo, se non quello di
mera valutazione dello studio di fattibilità presentato: dunque, anche in questa ipotesi, più
che di “iniziativa” privata, sarebbe appropriato parlare di “impulso” dei privati.
Vi è da dire che il D.Lgs. 152/2008 valorizza, sotto altro profilo, il ruolo del privato
consentendogli di reagire all’inerzia dell’amministrazione attraverso la possibilità, come
vedremo, di presentare una proposta con gli stessi contenuti dell’offerta, laddove
l’amministrazione ometta di pubblicare nei termini prescritti il bando di project financing
(possibilità che invece era preclusa nel previgente regime, dove la mancanza di
pubblicazione dell’avviso indicativo entro 90 giorni dall’approvazione degli strumenti
programmatori inibiva il procedere dell’iniziativa).
In particolare, il nuovo art. 153 individua tre presupposti per l’utilizzo della finanza di
progetto:
1. Opere previste nella programmazione dell'amministrazione aggiudicatrice.
2. Opere previste nella programmazione annuale, per le quali l'amministrazione non ha
pubblicato il bando entro sei mesi dall'approvazione dell'elenco annuale.
3. Opere non previste nella programmazione dell'amministrazione aggiudicatrice.
(1) Programmazione. Nella fase di programmazione l’amministrazione concedente individua le infrastrutture
necessarie da realizzare e procede con la redazione degli studi di fattibilità. Tali studi
individuano “le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie delle
infrastrutture da realizzare e contengono l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue
eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché di sostenibilità
ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche” (art. 128, comma 2, del Codice).
Sulla base degli studi di fattibilità, l’amministrazione concedente procede con la redazione ed
approvazione del piano triennale delle opere pubbliche. Tale documento costituisce momento
attuativo degli studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei bisogni predisposti
dalle amministrazioni nell'esercizio delle loro competenze. E', in sostanza, il documento in cui
le amministrazioni aggiudicatrici di lavori pubblici indicano i lavori che intendono eseguire nel
triennio successivo ed i mezzi stanziati sul proprio stato di previsione o disponibili utilizzando
contributi di altri enti pubblici. Tali lavori sono poi inseriti nell’elenco annuale, approvato
dall’amministrazione unitamente al proprio bilancio preventivo, di cui costituisce parte
integrante, contenendo l’indicazione dei mezzi finanziari stanziati per la realizzazione dei lavori
stessi.
3 – GARE SU IMPULSO DELL’AMMINISTRAZIONE
Per le opere finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, previste nella
programmazione triennale ed inserite nell’elenco annuale (o negli altri strumenti
programmatori formalmente approvati), l’amministrazione può decidere, in alternativa, se
affidare una concessione ex art. 143 (questo, presumibilmente, avverrà quando
l’amministrazione ha già a disposizione il progetto preliminare dell’opera), o se stipulare
una concessione con la procedura della finanza di progetto; nella seconda ipotesi, la stazione
appaltante deve pubblicare, entro sei mesi dall’approvazione dell’elenco annuale, un bando
di gara con le modalità di cui agli artt. 66 o 122 Cod. - a seconda del valore del contratto,
per rispettare le indicazioni comunitarie sulla pubblicità dei bandi sopra soglia -, sulla base
di uno studio di fattibilità dell’opera.
Questa previsione contiene molte novità rispetto alla precedente procedura di project
financing:
1 – In primo luogo, l’amministrazione che decide di ricorrere a capitali privati per il
finanziamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, può scegliere tra la “classica”
concessione ex art. 143 ed il nuovo articolato procedimentale della finanza di progetto;
2 – in secondo luogo - anche in conseguenza della modifica dell’art. 128 c. 6, che ha escluso
la necessità della progettazione preliminare anche per i lavori di importo superiore ad un
milione di euro da affidare con finanza di progetto - l’amministrazione pone a base di gara
uno studio di fattibilità (nel precedente sistema, l’amministrazione poneva a base di gara il
progetto preliminare dell’opera che era stato dichiarato di pubblico interesse);
3 – infine, il procedimento ha avvio con la pubblicazione di un bando, secondo le ordinarie
regole di pubblicità dei procedimenti ad evidenza pubblica, e questo pone fine al precedente
dibattito sulla natura “paraconcorsuale” della fase di valutazione delle proposte e scelta del
promotore, come prevista dal vecchio art. 153.
Contenuto del bando: L’art. 153 c. 4 stabilisce che il criterio di selezione in gara è quello
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con i parametri di valutazione indicati nel
bando in base all’ordine di importanza loro attribuito. In tale atto, l’amministrazione deve
anche indicare i criteri di selezione dei concorrenti (in conseguenza dell’abrogazione
dell’art. 83, comma 4, terzo inciso, che rimetteva alla commissione giudicatrice il compito
di esplicitare i criteri motivazionali); la norma precisa che l’esame delle proposte è esteso
alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario del piano
e al contenuto della bozza di convenzione. Per consentire la presentazione di proposte su
basi omogenee, nel disciplinare a corredo del bando vanno specificati la localizzazione e
descrizione dell’intervento, la destinazione urbanistica, la consistenza e tipologie del
servizio da gestire (art. 153 c. 7). Inoltre, sempre nel bando l’amministrazione deve
specificare se la gara è finalizzata:
• alla aggiudicazione del contratto (gara unica),
oppure
• all’attribuzione della qualità di promotore (doppia gara),
con le rilevanti conseguenze procedurali di seguito descritte.
Gara unica (Art. 153, comma 10). Nel primo caso, l’amministrazione valuta le offerte e
redige una graduatoria: il miglior offerente è nominato promotore; la norma specifica che
la nomina può avvenire anche nel caso in cui sia presente una sola offerta (comma 10 lett.
b). All’esito della gara, il progetto del promotore deve essere approvato con le modalità di
cui all’art. 97. In fase di approvazione, si possono verificare varie ipotesi:
1. Se non sono necessarie, ai fini dell’approvazione, modifiche progettuali, si può
procedere alla stipula della concessione con il promotore (aggiudicatario).
2. Se invece occorrono delle modifiche, la stazione appaltante richiede al promotore di
apportarle, oltre che di procedere a tutti gli adempimenti di legge necessari, anche
ai fini della valutazione di impatto ambientale. Tali adempimenti sono definiti
dalla norma un onere per il promotore, e vengono compiuti senza che ciò
comporti per lo stesso dei compensi aggiuntivi o un incremento delle spese
sostenute per la predisposizione dell’offerta.
Alle richieste di modifica del progetto preliminare, il promotore ha due alternative:
a) Se accetta tali modifiche e le conseguenti condizioni contrattuali proposte
dall’amministrazione, lo stesso è aggiudicatario della concessione e si può
procedere alla stipula del contratto.
b) Se invece non accetta le modifiche al proprio progetto, l’amministrazione ha
facoltà (prevista espressamente nel bando) di rivolgersi, progressivamente, ai
concorrenti successivi in graduatoria, proponendo le stesse condizioni offerte al
primo; il contratto è quindi aggiudicato al concorrente che le accetta. In questo
caso, il promotore ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, delle
spese sostenute per la presentazione dell’offerta.
La lettera della norma sembra lasciare aperto l’interrogativo sull’entità delle modifiche che
la stazione appaltante potrà legittimamente e ragionevolmente richiedere al promotore, nulla
specificando in ordine alla qualità e quantità delle stesse in relazione all’originario progetto
presentato, nonché alla loro effettiva incidenza sul piano economico dell’opera. Si potrebbe
comunque affermare una necessaria congruità delle modifiche progettuali richieste con
l’importo contrattuale complessivo posto dall’amministrazione a base di gara, ricordando
anche il generale divieto di rinegoziazione delle offerte.
Gara doppia (art. 153, comma 15). In alternativa al procedimento sopra descritto,
l’amministrazione può decidere di svolgere due gare: la prima mirante a nominare il
promotore, a cui sarà riconosciuto il diritto di prelazione nei confronti del vincitore della
seconda gara, indetta per l’aggiudicazione del contratto di concessione. All’esito della prima
gara, l’amministrazione deve quindi porre in approvazione il progetto preliminare del
promotore e poi bandire una seconda gara (sempre con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa), la cui base d’asta è costituita dal progetto del promotore
(eventualmente) modificato ed approvato, con le condizioni contrattuali a questo offerte. Di
nuovo la norma prospetta varie ipotesi:
1 – Se non vengono presentate offerte ritenute più vantaggiose di quella del promotore, lo
stesso è aggiudicatario del contratto.
2 – Se invece vengono individuate offerte più vantaggiose, il promotore può, entro 45
giorni, adeguare la propria proposta a quella del miglior offerente, aggiudicandosi così il
contratto (in questo caso, deve rimborsare al miglior offerente le spese di partecipazione alla
gara). Qualora il promotore non eserciti il diritto di prelazione entro il termine prescritto,
devono essergli rifuse le spese sostenute per l’offerta, ed il contratto è stipulato con il primo
miglior offerente.
Tuttavia, rimangono dubbi interpretativi in ordine alla necessità o meno di partecipazione
del promotore alla seconda gara (eventualmente con una proposta migliorativa rispetto alla
sua precedente), visto che l’art. 153 non offre elementi espliciti sul punto.
4 – PROCEDURE SU IMPULSO DEI PRIVATI
Come visto sopra, il nuovo art. 153 riconosce agli operatori economici privati due
possibilità di impulso all’attuazione di interventi di finanza di progetto:
a) il privato, perciò detto promotore, formula la propria offerta in relazione ad opere
contenute nell’elenco annuale, per le quali l’amministrazione ha omesso di
pubblicare un bando entro sei mesi dall’approvazione dello strumento
programmatorio (il terzo correttivo precisa che il termine di sei mesi decorre
dall’approvazione del programma triennale 2009/2001);
b) il privato, definito in questo caso proponente (per distinguerlo dall’ipotesi
precedente), presenta del tutto autonomamente proposte su interventi dallo stesso
individuati, e l’amministrazione, che è tenuta a valutarle, può scegliere di fare
propri gli studi di fattibilità in esse contenuti.
A) Opere programmate, su cui non è stata ancora indetta una gara (art. 153, comma
16). Entro 10 mesi (6 + 4) dall’approvazione dell’elenco annuale, i privati presentano le loro
proposte (con gli stessi contenuti dell’offerta di cui alle procedure viste sopra), garantite da
cauzione e corredate dalla dimostrazione del possesso dei requisiti. Ciò vincola
l’amministrazione a pubblicare, entro 60 giorni, un avviso con le modalità di cui agli artt. 66
0 122 Cod., in cui sono indicati i criteri di valutazione delle proposte relative all’opera e
l’importo dei lavori.
Entro 90 giorni dalla pubblicazione di tale avviso, tutti gli interessati possono presentare
proposte conformi ai suddetti criteri (le proposte già formulate possono quindi essere
rielaborate e ripresentate), e l’amministrazione è tenuta a valutarle entro sei mesi.
Individuata la proposta di pubblico interesse ed il soggetto promotore, il Codice prospetta le
seguenti possibilità alternative:
1. Se il progetto preliminare necessità di modifiche e ricorrono le condizioni di
particolare complessità di cui all’art. 58 Cod., l’amministrazione può indire un
dialogo competitivo basato sulla proposta prescelta.
2. Se il preliminare non necessita di modifiche, dopo averlo approvato
l’amministrazione può bandire una concessione ai sensi dell’art. 143 Cod.,
ponendo il progetto a base di gara ed invitando il promotore a partecipare.
3. Sempre se non sono necessarie modifiche progettuali, il preliminare del promotore
viene approvato e l’amministrazione può scegliere di bandire una gara ex art. 153,
comma 15, lett. c), d), e), f) per l’aggiudicazione della concessione tramite finanza
di progetto, invitando il promotore a partecipare.
Nel caso in cui il promotore non partecipi alle procedure concorsuali sopra elencate,
l’amministrazione ne incamera la garanzia già versata. Se invece vi partecipa, ma non risulta
aggiudicatario, ha diritto:
• Nel dialogo competitivo, al rimborso, a carico dell’aggiudicatario, delle
spese sostenute per la presentazione della proposta.
• Nelle procedure ex artt. 143 e 153, ad esercitare il diritto di prelazione
adeguando la propria proposta a quella del miglior offerente, ed
aggiudicandosi così la concessione.
B) Proposte su interventi non programmati (art. 153, commi 19 e 20). Oltre che con i
procedimenti visti sopra, la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità con finanza
di progetto può essere avviata anche partendo da studi di fattibilità proposti dai privati
dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, dai soggetti indicati
dall’art. 34 Cod., dalle società di ingegneria (eventualmente associati o consorziati con enti
finanziatori e gestori di servizi), nonchè dalle Camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, qualora i lavori non siano previsti negli strumenti programmatori del soggetto
pubblico.
Questa possibilità esisteva anche nell’impianto della Legge Merloni, tuttavia adesso si
richiede che il proponente sia comunque in possesso dei requisiti. Di contro, il Codice
impone all’amministrazione di valutare tali proposte entro sei mesi dal ricevimento, ferma
restando l’assenza di qualsiasi vincolo in ordine alla loro adozione. Tuttavia, se
l’amministrazione li ritiene di pubblico interesse, può adottare gli studi di fattibilità
proposti nei propri atti di programmazione (senza che questo comporti alcun diritto alla
realizzazione o gestione dell’opera, né alcun compenso, per il proponente), dando così avvio
alle procedure di gara dell’art. 153 Cod. sopra esaminate.
5 – I PROPONENTI
Il terzo decreto correttivo ha innovato la finanza di progetto anche in ordine ai requisiti
necessari per la partecipazione. Infatti, mentre la precedente disciplina richiedeva ai
proponenti il possesso dei requisiti di cui all’art. 99 DPR 554/99, e solo in fase di gara
questi dovevano dimostrare i requisiti di cui all’art. 98 dello stesso decreto, ora il Codice
impone che a presentare le offerte di project financing - relative ad opere inserite nella
programmazione - siano soggetti dotati dei requisiti previsti dal regolamento per il
concessionario (anche in consorzio o RTI), oltre che, ovviamente, dei requisiti generali ex
art. 38. Ciò è coerente con le finalità del nuovo procedimento delineato dall’art. 153,
destinato a concludersi con l’aggiudicazione del contratto di concessione, sebbene questo
comporti, fin dalla fase iniziale, maggiori oneri organizzativi per i soggetti che intendono
parteciparvi.
Requisiti del concessionario (art. 98, DPR 554/99). 1. I soggetti che intendono
partecipare alle gare per l’affidamento di concessione di lavori pubblici, se eseguono lavori con
la propria organizzazione di impresa, oltre ad essere qualificati ai sensi e per gli effetti di cui
all’art. 40 Cod., devono essere in possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari
e tecnico-organizzativi:
a) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi 5 anni antecedenti alla pubblicazione
del bado non inferiore al 10% dell’investimento previsto per l’intervento;
b) capitale sociale non inferiore ad 1/20 dell’investimento previsto per l’intervento;
c) svolgimento negli ultimi 5 anni di servizi affini a quello previsto dall’intervento per un
importo medio non inferiore al 5% dell’investimento previsto per l’intervento;
d) svolgimento negli ultimi 5 anni di almeno un servizio affine a quello previsto dall’intervento
per un importo medio pari ad almeno il 2% dell’investimento previsto dall’intervento.
2. In alternativa ai requisiti previsti dalle lettere c) e d) del comma 1 il concessionario può
incrementare i requisiti previsti dalle lettere a) e b) nella misura fissata dal bando di gara,
comunque compresa fra il doppio e il triplo.
3. Se il concessionario non esegue direttamente i lavori oggetto della concessione, deve essere
in possesso esclusivamente dei requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d).
4. Qualora il candidato alla concessione si a costituito da un raggruppamento temporaneo di
soggetti o da un consorzio, i requisiti previsti dal comma 1, lettere a) e b), devono essere
posseduti dalla capogruppo, dalle mandanti o dalle consorziate nella misura prevista dall’art.
95.
D’altra parte, per i soggetti che presentano proposte di interventi non inseriti negli strumenti
di programmazione, resta valida la normativa regolamentare che indica i requisiti del
promotore.
Requisiti del promotore (art. 99, DPR 554/99). Possono presentare le proposte di cui
all’articolo 153 del Codice i soggetti che svolgono in via professionale attività finanziaria,
assicurativa, tecnico-operativa, di consulenza e di gestione nel campo dei lavori pubblici o di
pubblica utilità e dei servizi alla collettività, che negli ultimi tre anni hanno partecipato in modo
significativo alla realizzazione di interventi di natura ed importo almeno pari a quello oggetto
della proposta.
Ai sensi dell’art. 153 commi 19 e 20, sono quindi potenziali promotori:
1. le imprese individuali;
2. le società;
3. le società cooperative di produzione e lavoro;
4. i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili, tra imprenditori
individuali, anche artigiani, società e cooperative;
5. i raggruppamenti temporanei ed i consorzi ordinari di concorrenti;
6. le società di ingegneria;
7. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell'ambito degli scopi
di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse perseguiti
(Le Camere di commercio possono presentare anche studi di fattibilità ed aggregarsi
per le proposte di realizzazione, ma in tal caso deve restare ferma la loro autonomia
decisionale);
8. i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse
economico (GEIE);
9. gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla
legislazione vigente nei rispettivi Paesi.
Un’altra importante novità introdotta dal D.Lgs. 152/2008 è la previsione contenuta nell’art.
153 c. 21, in base al quale, limitatamente alle ipotesi di gara ad impulso dei privati, i
soggetti che hanno presentato la proposta in associazione, possono recedere dalla sua
composizione in ogni fase della procedura, fino alla pubblicazione del bando di gara, purchè
con il recesso non venga meno il possesso dei requisiti di qualificazione dell’associazione.
Viene inoltre precisato che la mancanza di requisiti in capo a singoli soggetti comporta
l’ esclusione dei medesimi, ma non inficia la validità della proposta, se gli altri componenti
dell’associazione possiedono comunque i requisiti necessari per la qualificazione.
48.6 – OFFERTE E PROPOSTE
Quanto al contenuto delle offerte (nelle procedure su impulso pubblico) e proposte (nelle
ipotesi di impulso dei privati di cui al comma 16), il Codice prescrive che le stesse
contengano:
� un progetto preliminare,
� una bozza di convenzione,
� un piano economico-finanziario asseverato (1),
� una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione;
� le garanzie richieste.
(1) Asseverazione
Il piano economico-finanziario deve essere asseverato da un istituto di credito (il terzo decreto
correttivo parla di “banca”, escludendo quindi le società di servizi iscritte nell'elenco generale
degli intermediari finanziari e le società di revisione; si prevede però che il regolamento ex art.
5 Cod. detti indicazioni per chiarire ed agevolare le attività di asseverazione).
L’asseverazione del piano economico-finanziario consiste nella valutazione degli elementi
economici e finanziari, quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di
finanziamento, e nella verifica della capacità del piano di generare flussi di cassa positivi e della
congruenza dei dati con la bozza di convenzione.
La valutazione economica e finanziaria deve avvenire almeno sui seguenti elementi, desunti
dalla documentazione messa a disposizione ai fini dell’asseverazione:
a) prezzo che il promotore intende chiedere all’amministrazione aggiudicatrice;
b) prezzo che il promotore intende corrispondere all’amministrazione aggiudicatrice per la
costituzione o il trasferimento dei diritti;
c) canone che il promotore intende corrispondere all’amministrazione;
d) tempo massimo previsto per l’esecuzione dei lavori e per l’avvio della gestione;
e) durata prevista della concessione;
f) struttura finanziaria dell’operazione;
g) costi, ricavi e conseguenti flussi di cassa generati dal progetto con riferimento alle tariffe.
Il piano economico-finanziario (PEF) deve contenere le spese sostenute per la
predisposizione dell’offerta (comprensive anche dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui
all’art. 2578 cod. civ.), il cui importo non può superare il 2,5% dell’intero valore
dell’investimento, come indicato nello studio di fattibilità posto a base di gara (art. 153,
comma 9). Da notare che, nel previgente sistema, la stima del valore dell’investimento si
desumeva dal piano economico-finanziario redatto dal promotore: la determinazione di tale
importo è quindi ora rimessa all’amministrazione.
Le spese sostenute sono rimborsate al promotore che non risulti aggiudicatario, oppure al
miglior offerente della gara, nel caso in cui il promotore eserciti il diritto di prelazione
Le proposte presentate ai sensi del comma 19, invece, consistono in studi di fattibilità che
l’amministrazione può poi inserire nella propria programmazione e, come visto sopra, al
proponente non spetta alcun rimborso delle stesse.
7 – GARANZIE
Il Codice richiede, nelle operazioni di finanza di progetto, varie forme di garanzie:
1. Garanzia ex art. 75 Cod. (cauzione o fideiussione pari al 2% del prezzo base
dell’opera);
2. Cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5% del valore dell’investimento,
desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara;
3. Cauzione definitiva ex art. 113 (garanzia fideiussioria almeno pari al 10%
dell’importo contrattuale), da parte dell’aggiudicatario del contratto;
4. Cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento degli
obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera, prestata dal concessionario a
far data dall’inizio del servizio, in misura del 10% del costo annuo operativo di
esercizio e con le modalità di cui all’art. 113 Cod..
L’art. 153, comma 9, precisa che la mancata presentazione della cauzione di cui al punto 4
costituisce grave inadempimento contrattuale.
Per le proposte presentate ai sensi dell’art. 153 comma 16, invece, è sufficiente la garanzia
provvisoria ex art. 75, con l’impegno espresso di prestare l’ulteriore garanzia del 2,5%
dell’importo contrattuale in caso di partecipazione alla successiva procedura di evidenza
pubblica.
8 – IL CONTRATTO DI COSTRUZIONE E GESTIONE
Mentre molteplici possono essere le modalità procedurali con cui assegnare l’opera ai
privati, lo strumento legale principalmente usato per regolare l’affidamento
all’aggiudicatario della concessione è il contratto di costruzione e gestione, ovvero quel
contratto stipulato tra l’Amministrazione aggiudicatrice ed il soggetto privato
aggiudicatario, avente ad oggetto la progettazione e l’esecuzione di lavori pubblici, nonché
la loro gestione funzionale ed economica.
Il corrispettivo per il privato è rappresentato dai proventi della gestione, che dovrebbero
essere tali da attutire da soli i rischi di natura tecnico-gestionale e finanziaria sopportati dal
promotore, mentre il contributo pubblico viene ad essere finalizzato solo ad assicurare il
perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario.
Si segnala, inoltre, tra le novità introdotte, la possibilità di fare ricorso, per la "realizzazione,
acquisizione e completamento" di opere pubbliche o di pubblica utilità, anche al contratto di
locazione finanziaria, ex art. 160-bis del Codice.
SCHEMA DI CONTRATTO (ART. 86, DPR N. 554/1999)
Lo schema di contratto di concessione deve indicare:
a) le condizioni relative all'elaborazione da parte del concessionario del progetto dei
lavori da realizzare e le modalità di approvazione da parte dell'amministrazione
aggiudicatrice;
b) l'indicazione delle caratteristiche funzionali, impiantistiche, tecniche e architettoniche
dell'opera e lo standard dei servizi richiesto;
c) i poteri riservati all'amministrazione aggiudicatrice, ivi compresi i criteri per la vigilanza sui
lavori da parte del responsabile del procedimento;
d) la specificazione della quota annuale di ammortamento degli investimenti;
e) l'eventuale limite minimo dei lavori da appaltare obbligatoriamente a terzi secondo
quanto previsto nel bando o indicato in sede di offerta;
f) le procedure di collaudo;
g) le modalità ed i termini per la manutenzione e per la gestione dell'opera realizzata,
nonché i poteri di controllo del concedente sulla gestione stessa;
h) le penali per le inadempienze del concessionario, nonché le ipotesi di decadenza della
concessione e la procedura della relativa dichiarazione;
i) le modalità di corresponsione dell'eventuale prezzo;
l) i criteri per la determinazione e l'adeguamento della tariffa che il concessionario potrà
riscuotere dall'utenza per i servizi prestati;
m) l'obbligo per il concessionario di acquisire tutte le approvazioni necessarie oltre quelle
già ottenute in sede di approvazione del progetto;
n) le modalità ed i termini di adempimento da parte del concessionario degli eventuali
oneri di concessione, comprendenti la corresponsione di canoni o prestazioni di natura
diversa;
o) le garanzie assicurative richieste per le attività di progettazione, costruzione e
gestione;
p) le modalità, i termini e gli eventuali oneri relativi alla consegna del lavoro
all'amministrazione aggiudicatrice al termine della concessione.
9 – SOCIETA’ DI PROGETTO
Gli articoli 156 e 157 del Codice si occupano della Società di Progetto, altrimenti detta
Special Purpose Vehicle (SPV), per la sua funzione di centro unitario di imputazione e di
organizzazione della fase esecutiva del progetto. La costituzione della società può anche
essere prevista come obbligatoria nel bando di gara. Sia nel caso di costituzione volontaria
che di costituzione obbligatoria, il bando deve indicare il capitale minimo della costituenda
società e, in caso di pluralità di soggetti, la quota che ciascuno deve detenere.
La società di progetto può avere la forma della società per azioni o della società a
responsabilità limitata, anche consortile, ed il suo oggetto sociale esclusivo consiste nella
realizzazione e gestione dell’iniziativa. La SPV diventa concessionaria a titolo originario,
subentrando nel rapporto di concessione all’aggiudicatario per tutti i rapporti con
l’amministrazione concedente, senza la necessità di approvazione o autorizzazione e senza
che ciò costituisca cessione del contratto. I lavori e servizi affidati alla società di progetto si
intendono eseguiti in proprio anche nel caso in cui la stessa li affidi direttamente ai propri
soci, purchè in possesso dei requisiti necessari.
Viene peraltro dettata una specifica disciplina per l’ipotesi in cui l’amministrazione abbia
previsto l’erogazione di un contributo per la realizzazione dell’opera. In particolare, il
comma 3 dell’art. 156 stabilisce che qualora detto versamento avvenga in corso d’opera – e
cioè al maturare dei diversi stati avanzamento lavori - alla società concessionaria si pongono
le seguenti possibilità:
1. i soci scelgono di rimanere solidalmente responsabili con la società di progetto nei
confronti dell’amministrazione, nei limiti del rimborso del contributo percepito;
2. in alternativa, la società stessa deve fornire alla pubblica amministrazione garanzie
bancarie ed assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in
corso d’opera, liberando in tal modo i soci.
Cessione delle quote della società di progetto. Un’altra importante previsione è quella per
la quale è il contratto di concessione che stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle
quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i
requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di
cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione
del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di progetto
e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali che non
abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono invece avvenire in
qualsiasi momento.
La norma rappresentata il componimento di due legittime esigenze:
• quella dell’amministrazione di non veder venir meno le garanzie prestazionali dei
soci imprenditori (si ricordi che in tema di appalti pubblici la regola è che i requisiti
di qualificazione debbono essere mantenuti per tutta la durata del contratto), e
• quella della stessa società di progetto di poter avere mobilità del proprio capitale di
equity.
Sul punto, atteso che non vi è ancora unità di vedute né un orientamento sufficientemente
consolidato, la esplicita menzione da parte del legislatore della cessione delle quote da parte
del socio finanziatore non apportatore dei requisiti e dell’ingresso del medesimo socio nel
capitale della società di progetto dovrebbe portare a concludere nel senso che non sarebbe
ammessa la cessione delle quote da parte dei soci apportatori dei requisiti. In effetti
l’espressione “sino alla data di emissione del certificato di collaudo” segue quella che
sancisce l’obbligo di prestare le garanzie, il che potrebbe lasciare intendere che
l’effettuazione del collaudo estingue gli effetti delle garanzie e non comporta anche la
cessazione del divieto di cessione totale delle quote da parte dei soci qualificanti.
Tuttavia si condivide l’opinione per la quale il legislatore non ha inteso escludere la
cessione delle quote (che, in effetti, è ammessa anche per il socio qualificante), ma ha solo
voluto porre dei vincoli al diritto di cessione, per impedire che i soci che hanno conferito i
requisiti per la qualificazione possano cedere totalmente le loro quote, perdendo la
partecipazione nella società. Bisogna però ammettere che sul piano operativo questa
interpretazione presenta una qualche forzatura, per lo meno in termini concettuali. Nella
realtà operativa, infatti, i soci costruttori sono soliti ridurre a quote meramente simboliche
la loro partecipazione alla compagine associativa al termine dell’esecuzione dei lavori,
cedendo le proprie quote ad un valore predeterminato (c.d. clausole put e call) subito dopo il
collaudo (c.d. periodo di look up). Detta sostanziale fuoriuscita, pur comprensibile in termini
operativi, lascia tuttavia in carico alla sola società di progetto il rischio di gestione e di
proventi inferiori a quelli attesi. Ne consegue che il rischio di gestione, coessenziale alle
operazioni di finanza di progetto, è in tal modo sopportato dai soli soci gestori e finanziatori
e non anche dal socio/i costruttore, poiché l’opera da lui realizzata sarà stata interamente
remunerata e liquidata allo stesso dalla provvista finanziaria apportata dai finanziatori.
Questa è la ragione per la quale dette riduzioni simboliche delle quote, e ancor di più
quando vi è addirittura una fuoriuscita formale dalla compagine sociale del socio
costruttore, dovrebbero essere accompagnate da precisi impegni di quest’ultimo in termini
di responsabilità e di garanzie, tanto verso l’amministrazione concedente che verso gli altri
soci.
Emissione di obbligazioni della società di progetto. La società, ai sensi dell’art. 157,
primo comma, del Codice ha la possibilità, previa apposita autorizzazione degli organi di
vigilanza, di emettere obbligazioni, nominative od al portatore, anche in deroga al limite
generale di cui all’art. 2410 cod.civ., secondo cui “La società può emettere obbligazioni al
portatore o nominative per somme non eccedenti il capitale versato ed esistente secondo
l’ultimo bilancio approvato…”.
Per superare i limiti testè delineati – la società di progetto non ha un bilancio approvato,
essendo di nuova costituzione - il legislatore ha prescritto che l’emissione di obbligazioni
sia garantita, pro quota, da ipoteca.
Una rilevante questione che si pone, in merito, è se la società di progetto possa emettere
obbligazioni quale che sia il tipo sociale adottato. Sul piano testuale il riferimento alle
"società costituite al fine di realizzare e gestire una singola infrastruttura o un nuovo
servizio di pubblica utilità", senza ulteriori precisazioni, induce a ritenere che anche le
società di progetto costituite in forma di società a responsabilità limitata (e le società
consortili a responsabilità limitata) possano accedere al prestito obbligazionario, e ciò
dunque in deroga all’art. 2486, comma 3, cod.civ..
Atteso che analoga deroga ai limiti soggettivi all’emissione di titoli obbligazionari è stata
introdotta anche per le cooperative bancarie con una norma del T. U. in materia bancaria e
creditizia (art. 12 D.Lgs. n. 385 del 1993), la questione non sembra in effetti risolvibile in
termini di mera interpretazione letterale, poiché l’origine della preclusione è stata ravvisata
in un insieme di fattori connessi alle peculiari caratteristiche del tipo societario (nota).
NOTA - Ad esempio, la Cassazione ha affermato che il divieto di cui all’art. 2486, c. 3,
cod. civ. "si correla alle peculiarità che presenta il finanziamento dell’impresa per il
tramite della creazione e collocazione di quei particolari titoli di credito, suscettibili di
successiva circolazione, ed esprime, a difesa degli interessi generali coinvolti da ogni
accesso al "mercato del risparmio" mediante strumenti potenzialmente alternativi o
concorrenti con titoli similari (inclusi i titoli del debito pubblico), una precisa scelta
delimitativa dell’accesso medesimo alle società su base azionaria" (Cass., 14 febbraio
1995, n. 15749).
Anche in dottrina (G. Santini) si è osservato che la ratio del divieto di emettere
obbligazioni per le società a responsabilità limitata "riposa sulla stessa ragione che
impedisce alla società di costituirsi per pubblica sottoscrizione, date le dimensioni (che si
presumono ridotte) del capitale", sicché "un appello al pubblico per l’apporto di esso non
avrebbe senso potendo bene sopperire la raccolta privata, nei modi comuni".
Dando atto che la questione non può comunque ritenersi pacifica, certo è che le
obbligazioni, a tutela dei risparmiatori, devono comunque recare l’indicazione del loro
elevato grado di rischiosità (art. 157 c. 2), stante il fatto che l’emittente, società di nuova
costituzione, non possiede una affidabilità consolidata, attestata dall’attribuzione di un
rating, né tantomeno questo potrebbe essere di alto livello. Tale ultima disposizione, di
notevole importanza, tende a dare la possibilità alla società di autofinanziare parte del
fabbisogno necessario all’esecuzione del Progetto, senza un massiccio ricorso ai
finanziamenti di istituti di credito.
10 – RISOLUZIONE, SUBENTRO E PRIVILEGIO SUI CREDITI
Il rapporto di concessione può essere oggetto di risoluzione per:
• inadempimento del concedente;
• revoca per motivi di pubblico interesse;
• fatto del concessionario.
Risoluzione. E’ noto che un rilevante fattore disincentivamente per l’investimento privato
nella realizzazione di opere pubbliche, può essere rappresentato dall’instabilità del rapporto
tra amministrazione e privati, principalmente connesso alla permanenza, in capo alla prima,
del potere di incidere unilateralmente sull’assetto e sull’insistenza dello rapporto stesso.
Dette caratteristiche sono enfatizzate nella finanza di progetto, atteso i rilevanti investimenti
che questa comporta per gli operatori.
In linea con la finalità di ridurre il peso di queste incertezze, per il caso di inadempimento
dell’amministrazione concedente e, soprattutto, per l’ipotesi di revoca del rapporto
concessorio, il legislatore è infatti intervenuto a tutela dei soggetti privati non sopprimendo i
poteri autoritativi dell’amministrazione, ma disciplinandone le conseguenze patrimoniali.
Ci si riferisce all’art. 158 del Codice, che in caso di revoca della concessione per motivi di
interesse pubblico o comunque in caso di risoluzione del contratto per fatto della pubblica
amministrazione, prevede che quest’ultima paghi, a titolo risarcitorio, le seguenti somme:
1. il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti,
oppure i costi effettivamente sostenuti dal concessionario, nel caso in cui l’opera
non abbia ancora superato la fase di collaudo;
2. le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione;
3. un indennizzo, a titolo del risarcimento del mancato guadagno, pari al 10% del
valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da
gestire valutata sulla base del piano economico-finanziario.
Con norma introdotta a tutela dei solo finanziatori (sottoscrittori del capitale di debito e non
dunque gli altri soggetti creditori ad altro titolo del concessionario, tra i quali soprattutto i
realizzatori delle opere, i fornitori, i gestori del servizio, per le pretese creditorie fondate sui
rapporti di prestazione), il comma 2 dello stesso articolo prevede che le somme così
rimborsate al concessionario sono vincolate a soddisfare prioritariamente i crediti dei
finanziatori del progetto: di conseguenza sono vincolate a tale destinazione e sono
indisponibili per il concessionario fino a quando i crediti non siano soddisfatti.
Inoltre, l’ultimo comma, introduce una sorta di “clausola penale”, destinata anch’essa
prioritariamente al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori, prevedendo che, fino al
pagamento delle somme dovute dal concedente, non abbia efficacia l’eventuale revoca della
concessione.
Nulla essendo poi specificatamente previsto nel caso in cui il concessionario abbia subito
maggiori danni, pare sostenibile che lo stesso possa richiedere in via giudiziaria gli eventuali
ulteriori danni ove esistenti.
Subentro. Ulteriore disposizione a presidio della stabilità del rapporto e, dunque, della
realizzabilità dell’iniziativa è senza dubbio quella prevista dall’art. 159 del Codice, relativa
al c.d. subentro. La norma è stata oggetto di modifiche ad opera del D.Lgs. 152/2008, e la
disciplina attuale prevede che, in caso di risoluzione del rapporto concessorio per fatto del
concessionario, gli enti finanziatori possono impedire la risoluzione designando una
società che subentri nella concessione al posto del concessionario. Il subentro può essere
accettato dall’amministrazione concedente alle seguenti condizioni:
1. la società designata deve avere caratteristiche tecniche e finanziarie sostanzialmente
equivalenti a quelle possedute dal concessionario all’epoca dell’affidamento della
concessione;
2. l’inadempimento del concessionario che avrebbe causato la risoluzione deve cessare
entro 90 giorni successivi alla scadenza del termine indicato per la designazione
della società subentrante;
3. la designazione deve avvenire entro il termine individuato nel contratto (se manca
una specifica previsione contrattuale, il termine è quello assegnato
dall’amministrazione nella comunicazione scritta indirizzata agli enti finanziatori,
con cui manifesta la propria intenzione di risolvere il contratto).
La norma, sul piano dei principi generali, è del tutto coerente con filosofia della finanza di
progetto la quale si rivolge, più che al patrimonio del soggetto finanziato, alla redditività del
progetto da cui dipende il rimborso dei prestiti, e dunque la prosecuzione del rapporto è una
garanzia anche a vantaggio dei finanziatori, i quali acquistano la facoltà (definita nella
prassi step-in right), in caso di default del soggetto finanziato, di intervenire, prima che
l’andamento del progetto sia irrimediabilmente compromesso, assumendone il controllo
diretto o delegando un soggetto di fiducia. Ciò trova conferma nel comma 2 bis dello stesso
art. 159 (introdotto dal terzo decreto correttivo), in cui si specifica che la norma si applica
alle società di progetto costituite per qualsiasi contratto di partenariato pubblico-privato di
cui all’art. 3, comma 15 ter, del Codice.
Su di un piano di stretto diritto, la disposizione è quanto mai opportuna poiché rimuovere gli
ostacoli posti dalla normativa in tema di opere pubbliche alla operatività del c.d. subentro
(in assenza di una espressa previsione in tal senso, infatti, il subentro dei finanziatori, o del
soggetto da questi ultimi designato avrebbe configurato una violazione del divieto assoluto
di cessione del contratto di appalto di opere pubbliche). L’ipotesi di subentro sopra descritta
può certamente essere configurata quale cessione del contratto di concessione, attesa la
necessità dell’accettazione da parte dell’ente concedente. Essa, pertanto, comporta la
completa successione a titolo particolare del soggetto designato nei rapporti attivi e passivi
tra concessionario e amministrazione concedente.
In relazione all’accettazione da parte dell’amministrazione concedente, infine, l’accento
viene posto dal legislatore sul concetto di “sostanziale equivalenza”. Come si è
correttamente osservato in dottrina, occorre rilevare che, poiché equivalenza non significa
necessariamente identità, è sufficiente che le condizioni del soggetto chiamato a subentrare
nel progetto siano omogenee a quelle oggetto di valutazione in sede di aggiudicazione e
coerenti con la situazione al momento del subentro.
Privilegio sui crediti. Ai sensi dell’art. 160 del Codice, come modificato dal D.Lgs,
152/2008, i crediti dei soggetti che finanziano la realizzazione di lavori pubblici, di opere di
interesse pubblico o la gestione di pubblici servizi hanno privilegio generale sui beni
mobili del concessionario e delle società di progetto che siano concessionarie o affidatarie
di contratto di PPP o contraenti generali ex art. 176, ai sensi degli articoli 2745 e seguenti
del codice civile.
Il privilegio, a pena di nullità, deve risultare da atto scritto: nell’atto devono essere
esattamente descritti i finanziatori originari dei crediti, il debitore, l’ammontare in linea
capitale del finanziamento o della linea di credito, nonché gli elementi che costituiscono il
finanziamento.
L’opponibilità ai terzi del privilegio sui beni è subordinata alla trascrizione, nel registro
indicato dall’articolo 1524 c. 2, cod. civ., dell’atto dal quale il privilegio risulta. Della
costituzione del privilegio è dato avviso mediante pubblicazione nel foglio annunzi legali e
dall’avviso devono risultare gli estremi della avvenuta trascrizione. La trascrizione e la
pubblicazione devono essere effettuate presso i competenti uffici del luogo ove ha sede
l’impresa finanziata. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1153 del codice civile, il
privilegio può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti
sui beni che sono oggetto dello stesso dopo la trascrizione. Nell’ipotesi in cui non sia
possibile far valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce
sul corrispettivo.
11 - L’AFFIDAMENTO DEI LAVORI DA PARTE DELLA SOCIET À DI
PROGETTO.
Il comma 2 dell’art. 156 del Codice stabilisce che i lavori da eseguire e i servizi da prestare
da parte delle società di progetto (quindi da parte delle concessionarie di lavori, delle
concessionarie di infrastrutture e delle concessionarie di gestione) si intendono realizzati e
prestati in proprio anche nel caso siano affidati direttamente dalle suddette società ai
propri soci, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme
legislative e regolamentari. Restano ferme le disposizioni legislative, regolamenti e
contrattuali che prevedono obblighi di affidamento dei lavori o dei servizi a soggetti terzi.
A ben vedere, la norma non fa altro che prendere atto del fatto che, nelle operazioni di
finanza di progetto, nelle generalità delle ipotesi, sono i soci della società di progetto che
realizzano i lavori - non foss’altro perché la società di progetto, in quanto neo costituita,
verosimilmente non dovrebbe avere i requisiti di qualificazione per realizzarli, se non
ricorrendo ad ipotesi di trasferimenti di azienda oppure allo strumento dell’avvalimento di
cui all’art. 49 del Codice, ricorrendone gli estremi, ovvero, con maggior sicurezza, qualora
detta modalità di comprova sia stata già utilizzata ai fini della dimostrazione dei requisiti del
concessionario ex art 98 DPR 554/99.
Non meno problematica è la questione relativa all’affidamento all’esterno dei lavori da parte
delle società di progetto.
Detta eventualità può verificarsi o perché nemmeno i soci hanno la qualificazione per
realizzare le opere oggetto della concessione, ovvero perché sia stata la stessa
amministrazione concedente ad imporre ai concessionari di lavori pubblici, con espressa
previsione del contratto di concessione, di affidare a terzi appalti corrispondenti a una
percentuale minima del 30 per cento del valore globale dei lavori oggetto della concessione,
oppure ad invitare i candidati concessionari a dichiarare nelle loro offerte la percentuale del
valore globale dei lavori oggetto della concessione da affidare a terzi (art. 146 del Codice).
Ancorchè si tratti di ipotesi distinte, la questione ruota intorno ad centrale nodo
problematico di individuare la corretta qualificazione giuridica della società di progetto
concessionaria così da poter chiarire quali obblighi ne discendano sotto lo specifico profilo
delle norme di affidamento.
Nel previgente regime si è molto discusso intorno a detto profilo e l’art. 2 co. 3 della legge
n. 109/1994 prevedeva che ai concessionari di lavori pubblici si applicassero soltanto le
disposizioni dettate in materia di pubblicità dei bandi di gara e termini per concorrere,
nonché in materia di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici. La giurisprudenza
tuttavia era arrivata tuttavia a concludere che detti soggetti potessero rivestire anche la
caratteristica dell’impresa pubblica e dell’organismo di diritto pubblico, con la conseguenza
che in questo caso il regime sarebbe stato quello dell’amministrazione pubblica tout court.
A parere di chi scrive, la società di progetto può essere considerata una concessionaria di
tipo privato (salva l’eccezionale ipotesi che concessionaria sia un’amministrazione
aggiudicatrice, quale ad esempio una SPA pubblica) e questa qualificazione contribuirebbe a
dirimere la questione, nella vigenza del nuovo Codice, poiché troveranno applicazione le
norme dettate nello stesso per i concessionari. Ne consegue che la società di progetto:
a) per quanto riguarda le procedure di affidamento di lavori affidati a terzi,
di valore pari o superiore alla soglia comunitaria (art. 142 e 149), sarà tenuta solo
all’osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità e contenuto dei bandi,
termini di ricezione delle offerte, nonché al rispetto dei principi del Trattato UE
(trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
proporzionalità), in linea con quanto prescrive la Direttiva e la precedente
Comunicazione interpretativa sulle concessioni;
b) per quanto riguarda la disciplina sull’esecuzione dei lavori, sarà tenuta
all’osservanza delle sole norme sul collaudo, nonché delle norme richiamate
dall’art. 142, comma 4.
c) per gli appalti di lavori affidati a terzi di valore inferiore alla soglia comunitaria,
in base alle previsioni degli articoli 32, co. 1, lett b), 142, 148 e 149, non sarà
tenuta alle procedure semplificate previste dal Codice negli artt. 121-125, ma al
rispetto dei principi del Trattato UE.
Resta confermato che alla società di progetto non amministrazione aggiudicatrice non si
applicano, le norme relative ad appalti di servizi e forniture (v. anche art. 32, lett. b), in
quanto la stessa non costituisce organismo di diritto pubblico.