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1 VADEMECUM In preparazione del ricordo del 25° anniversario dello spirito di Assisi

Spirito di Assisi

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Assisi, Spirito, anniversario, incontro, pace, religione, interreligioso

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VADEMECUM

In preparazione del ricordo del 25° anniversario dello spirito di Assisi

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In cammino verso il 27 ottobre: istruzioni per l’uso

Carissimo fruitore di questo libello, il Signore ti benedica con la Sua pace! Noterai sfogliando queste pagine che ci sono delle indicazioni di vario tipo e proprio di queste ti si vogliono dare talune delucidazioni. Questo opuscolo servirà nel percorso che la Famiglia Francescana della Campania ha preparato per vivere al meglio, dal punto di vista della conoscenza e dell’introspezione spirituale, la ricorrenza che ricorda i 25 anni dal primo incontro per la pace indetto dal Beato Giovanni Paolo II. È stato infatti realizzato un percorso, strutturato in varie parti, che possa accompagnare ciascuno di noi ad una celebrazione della ricorrenza più consapevole e matura. Detto vademecum verrà diviso in tre sezioni: un’introduzione di carattere puramente incipitario, una prima parte nella quale saranno posti spunti di riflessione per quattro settimane (dal 25 settembre al 16 ottobre c.a.), che sono le domeniche che precedono il giorno della ricorrenza del 27 ottobre; questi spunti sono sia di carattere pastorale che di carattere spirituale, ci saranno cioè suggerimenti per poter coinvolgere la propria realtà parrocchiale (con suggerimenti per un cineforum, una tavola rotonda, un momento di dibattito) ed anche approfondimenti sui temi proposti ed indicazioni di momenti di preghiera sul tema della settimana. La seconda parte, più breve, riguarda invece l’organizzazione di una veglia di preghiera che sarebbe bello si vivesse in comunione in tutta la nostra realtà regionale il giorno 26 ottobre. Detto questo, si rammenta che queste sono indicazioni di carattere generale, date per poter aprire una strada laddove la creatività non sia immediata, ma, nella misura in cui, per questa nostra importante ricorrenza francescana, si è pensato a qualcosa di diverso, vorrà dire che a maggior ragione si è ottemperato a quanto questo ottobre francescano ci richiede. È inoltre d’uopo ringraziare tutti coloro i quali hanno messo mano alla stesura o comunque all’ideazione di questo libello, riuniti in una commissione: P. Giambattista ofm conv, P. Damiano ofm, Enzo Siciliano dell’Ordine Francescano Secolare, P. Pio ofm, Suor Nunzia del Mo.Re.Fra., P. Antonio ofm, P. Giuseppe ofm capp, P. Sabatino ofm capp, Fra’ Massimiliano dei Frati Minori Rinnovati e Giovanni della Gioventù Francescana ed, oltre a loro, i Padri Ministri Provinciali che ci hanno scortato e supportato in questa esperienza. Pace e Bene,

la Commissione per il ricordo del venticinquennale dello spirito di Assisi

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INTRODUZIONE

«Mi recherò pellegrino nella città di s. Francesco». Il 1° gennaio scorso, al termine della preghiera dell’Angelus, Benedetto XVI ha annunciato

di voler solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986, per volontà di Giovanni Paolo II. Per l’occasione, il Santo Padre intende convocare il prossimo 27 ottobre una giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, recandosi pellegrino nella città di s. Francesco.

Ecco le parole pronunciate dal Santo Padre il 1° gennaio 2011: « (…) Invito ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace. Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio ».

L’idea del Vademecum.

Accogliendo l’invito del Papa di organizzare momenti di preghiera e di riflessione aventi per oggetto la pace e la giustizia nel mondo, abbiamo pensato di curare il presente vademecum, che vuole essere semplicemente un ausilio ed una guida spirituale in preparazione alla Celebrazione dello Spirito di Assisi per le nostre fraternità e comunità parrocchiali. Tale preparazione prevede un cammino comunitario che abbiamo pensato di suddividere in quattro settimane. Ogni settimana ruoterà attorno ad un determinato tema:

Giorno Tema I Domenica: 25 settembre Fraternità

II Domenica: 2 ottobre Ecumenismo e dialogo III Domenica: 9 ottobre Interreligiosità

IV Domenica: 16 ottobre Giustizia e pace Ogni tema sarà introdotto da un salmo o da un passo evangelico appropriato, un breve commento accompagnato da uno scritto di s. Francesco (o biografie su Francesco), vari spunti di preghiera e riflessione e proposte di attività varie da poter condividere insieme in ogni singola fraternità locale.

Testimoni del Dio della Pace sulle orme di s. Francesco d’Assisi. « La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità » (Regola bollata I). « (E tutti i frati) si amino scambievolmente, come dice il Signore: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi” (Gv 15,12). E mostrino con le opere l’amore che hanno fra di loro, come dice l’apostolo: “Non amiamo a parola né con la lingua, ma con le opere e in verità” » (Regola non bollata XI). « Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza (Mc 12,30 e 33), con tutta l’intelligenza, con tutte le forze (Lc 10,27), con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio

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(Mc 12,30), il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati (Cfr. Tb 13,5), redenti, e ci salverà per sua sola misericordia » (Regola non bollata XXIII). Il 25 gennaio del 1986, nell’omelia della S. Messa nella basilica di S. Paolo Fuori le Mura, il beato Giovanni Paolo II pronunciò un appello rivolto a tutti i cristiani, agli appartenenti alle diverse religioni del mondo e a tutti gli uomini di buona volontà, affinché da tutti venisse invocato con insistenza il dono della pace. 1 « La Santa Sede », disse in quell’occasione il beato Giovanni Paolo II, « desidera contribuire a suscitare un movimento mondiale di preghiera per la pace che, oltrepassando i confini delle singole nazioni e coinvolgendo i credenti di tutte le Religioni, giunga ad abbracciare il mondo intero »2. Furono gettate in tal modo le basi per il cosiddetto Spirito di Assisi. Suscitare un movimento mondiale di preghiera per la Pace: questo è lo scopo per cui Giovanni Paolo II ha invitato ad Assisi, il 27 ottobre 1986, i rappresentanti delle principali religioni del mondo. Afferma l’attuale arcivescovo di Milano, A. Scola: « E’ assai significativo che le adesioni all’invito papale siano state molto numerose. Si tratta di una conferma importante che in miliardi di uomini, simbolicamente presenti ad Assisi con i loro responsabili religiosi, si fa sempre più salda la convinzione che il destino stesso dell’umanità, e di ogni singolo uomo, è in gioco nel complesso e drammatico problema della guerra »3. In primo luogo, il fatto che la Pace sia un dono gratuito di Dio, nonché anticipo di ciò che Dio vorrebbe dall’umanità, è testimoniato dall’indissolubile rapporto della pace con la verità. In che modo, infatti, l’uomo potrebbe trovare la pace del cuore fuori da quel rapporto con gli altri uomini e con le cose che ha come fondamento ultimo Dio stesso? « La dimensione antropologica della pace », continua Scola, « cioè l’aver pace con tutti gli uomini, scopre in Dio un principio d’ordine che regola l’idea stessa della giustizia e perciò della convivenza tra uomini e tra popoli. Solo nella verità vi è infatti la libertà e la dignità di ogni uomo e di ogni popolo »4. Ecco perché uomini accomunati dalle più svariate esperienze religiose risposero in quel lontano 1986 con una pronta disponibilità all’invito di Giovanni Paolo II5. In secondo luogo, affermare che la pace è dono gratuito di Dio affidato all’uomo vuol dire «riconoscere l’unica ed identica natura della pace che pur si esprime in diversi aspetti »6 e a cui si

1 � In quel medesimo anno (1986) ricorreva l’Anno Internazionale della Pace indetto dall’ONU.

2 � Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1986, vol. I, p. 198.

3 � AA. VV., La tregua di Assisi – Testimoni del Dio della pace, 27 ottobre 1986, Supplemento a Il Sabato n° 43, Edit, p. 5.

4 � Ib, pp. 6-7

5 � I numeri confermano l’imponenza e la rilevanza che l’evento ha suscitato nel mondo. I capi religiosi convenuti ad Assisi

sono stati 62 accompagnati da circa 200 invitati, 800 i giornalisti corrispondenti, 30mila i pellegrini e oltre 1 miliardo di persone hanno seguito l’evento tramite la televisione.

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approda soltanto con la collaborazione appassionata di ogni uomo per la verità di sé e per la costruzione di una civiltà della verità e dell’amore. La pace « diviene pertanto compito primario per la vita dell’uomo a cui l’uomo è chiamato ad educarsi ».

Tutto questo Francesco lo aveva compreso e vissuto autenticamente tanto che lo stesso Tommaso da Celano, suo noto biografo, così scrive: « Francesco voleva che i suoi figli vivessero in pace con tutti e verso tutti, senza eccezione, si mostrassero piccoli» (2Cel 146, FF 730). Sembra che il clima di fraternità universale respirato nella città si Assisi abbia riempito il cuore di tutti. Tale esperienza nel corso degli anni è stata chiamata “Lo Spirito di Assisi” e nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace è stata denominata anche “La logica di Assisi”. Durante il primo incontro, dinanzi alla chiesetta della Porziuncola, Giovanni Paolo II disse di aver scelto Assisi come luogo per la giornata di preghiera per le particolarità e la santità del Poverello. In tutto il mondo, infatti, Assisi, è conosciuta come simbolo di pace, di riconciliazione e di fratellanza. Nei suoi scritti s. Francesco, per indicare il gruppo dei suoi seguaci, adopera i termini fraternitas, ordo e religio. Non c’è da meravigliarsi che Francesco prediliga il termine fraternitas (avente un carattere spiccatamente più evangelico rispetto agli altri due termini). Scrive R. Zavalloni: « Il termine Fraternitas esprime assai bene il carattere evangelico della nuova comunità che si era formata intorno a lui (...) Il fatto che Francesco parli spessissimo dei fratelli nei suoi scritti rivela un aspetto importante della sua personalità, e cioè la sua apertura agli altri, la capacità di stabilire rapporti interpersonali. Francesco intuisce – fin dall’inizio della sua conversione – che la vita evangelica comporta un’esigenza di collegialità»7. È a tale amore per la fraternità universale che si collega la vocazione francescana e lo stesso spirito ecumenico. In campo ecumenico, infatti, il francescanesimo ha una parola da dire, ma soprattutto un esempio ed una testimonianza da offrire (cfr Regola non bollata XVII, 3). Di fatto, la figura, l’esperienza e la proposta di vita di Francesco offrono un messaggio la cui validità è accolta e riconosciuta dai cristiani di tute le confessioni. « L’esperienza di s. Francesco », continua Zavalloni, « fa del francescano un uomo ecumenico per vocazione. Gli elementi fondamentali che caratterizzano l’esperienza francescana sono i medesimi che hanno suscitato e rendono vivo e credibile il movimento ecumenico. L’esperienza di conversione e di riconciliazione, la riscoperta della centralità di Cristo, la comunità e il modello di Chiesa intesa come fraternità in comunione e in dialogo, una spiritualità caratterizzata dall’ascolto della Parola di Dio, da un rapporto di fraternità con tutti gli uomini e con la creazione e alimentata dal dialogo »8.

Lo Spirito di Assisi. Il 27 ottobre 1986 segna una data fondamentale nel cammino del dialogo ecumenico ed interreligioso. Giovanni Paolo II era guidato da due intenzioni profonde ed al contempo geniali:

• Mettere in luce la dimensione spirituale della pace in un mondo che tende a relegare il fenomeno religioso con la conseguente perdita di valori etici e morali. Tutto ciò richiede,

� La tregua di Assisi – Testimoni del Dio della pace, 27 ottobre 1986, p. 7

7 � ZAVALLONI R., Pedagogia francescana – Sviluppi e prospettive, Porziuncola, Assisi, 1995, pp. 134-135.

8 � Ib., pp. 237-238.

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pertanto, un impegno decisivo e tempestivo in campo politico, sociale, economico, da parte di Governi, organizzazioni internazionali e società civili.

• Il radunarsi di leader di religioni diverse, poneva ciascuno di essi di fronte alla grande responsabilità che le proprie credenze religiose si traducessero nel senso di un’effettiva

costruzione della pace9.

L’incontro del 1986 valorizzò tre elementi spirituali presenti, seppure in differenti forme, in quasi tutte le religioni: la preghiera, il pellegrinaggio e il digiuno.

Giovanni Paolo II, dal colle di Assisi, sottolineò che la promozione della pace – oltre alla diplomazia e alla politica – richiedeva un movimento di preghiera. La preghiera è, infatti, una forza per se stessa da cui l’uomo ha ottenuto in ogni luogo e in ogni tempo, coscientemente o inconsciamente spinto da quella nostalgia della presenza e dell’unione con Dio che egli sente in se medesimo, come un vuoto da colmare, come una tappa da raggiungere, come un fine necessario verso il quale orientarsi… come un tutto di cui fa parte e a cui riunirsi.

Tutte le religioni fanno della preghiera una delle dimensioni più profonde dei loro membri tanto da farne il centro dell’esistenza. Vladimir Solov’ev, grande pensatore religioso russo della seconda metà del XIX secolo, riprende la nota frase biblica “la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26) e commenta: « la preghiera è la prima opera e il principio di una nuova azione spirituale ». Sulla medesima scia l’Archimandrita Spiridion arrivò ad affermare che: « la preghiera è la prima forma dell’Amor di Dio ».

Nel discorso che chiudeva l’evento di Assisi, Giovanni Paolo II disse: « La preghiera è già in se stessa azione, ma ciò non ci esime dalle azioni al servizio della pace (...) La pace attende i suoi artefici ».

La Giornata di Assisi: 25 anni dopo.

Pregare e radunarsi insieme il prossimo 25 ottobre, come venticinque anni fa, vuol dire essere disposti a purificare il proprio modo di vivere la dimensione religiosa.

Come ricorda Bertone: « Sono ormai trascorsi 25 anni dal primo incontro di Assisi. Il mondo ha subito profonde trasformazioni ». Ma perché ritornare di nuovo nella città del Poverello? Risponde lo stesso vescovo: « Il mondo cambia, ma permangono le aspirazioni del cuore dell’uomo e, oggi più che mai, la dimensione religiosa si rivela essere un elemento imprescindibile per la difesa e la promozione della pace (…) Il confronto con l’altro da sé è una necessità che nessun uomo religioso può ignorare ».

In una sua intervista, il Card. Jean-Luis Tauran - Presidente del Pontificio Consiglio per il

dialogo interreligioso, nonché coordinatore e referente per l’organizzazione dell’evento di ottobre – tende però a precisare che: « L’incontro preannunciato da papa Benedetto XVI non sarà una replica di quanto fu fatto 25 anni fa, ma la commemorazione di un evento che ha segnato il percorso dei partner del dialogo interreligioso. (…) Assisi è in qualche modo l’icona del Dialogo Interreligioso per i cristiani, a motivo dell’incontro di s. Francesco con il sultano d’Egitto, al-Kamil, nipote e successore del Saldino. Inoltre, hanno un valore universale e permanente le suggestive parole della Preghiera semplice, attribuita al Poverello di Assisi: “Signore, fa di me

9 � BERTONE T., Osservatore Romano, n° 27, martedì 5 luglio 2011

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uno strumento della tua pace, dov’è odio, che io porti l’amore, dov’è discordia, che io porti l’unione” »10.

Il tema che il Pontefice ha indicato per la celebrazione della Giornata - « Pellegrini della verità, pellegrini della pace » - mostra chiaramente il senso che avrà l’incontro del 27 ottobre. Benedetto XVI intende compiere un pellegrinaggio nella città di s. Francesco insieme ai fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà. In altre parole, Assisi ospiterà dei compagni di viaggio che intendono lasciarsi ispirare dalla fede e dalla religione con la speranza di ristabilire nel mondo gli equilibri e la pace.

Il Card. Tarcisio Bertone così spiega la scelta di Benedetto XVI del tema della Giornata di ottobre: «Essere pellegrini vuol dire ammettere che non si è ancora giunti alla meta o, meglio, che essa sempre ci trascende, costituendo il senso del nostro viaggio ». Ogni uomo di buona volontà si sente “pellegrino della verità”, si sente, cioè, in cammino perché è consapevole che la verità sempre lo supera.

Un pellegrinaggio, dunque, che vedrà la presenza anche di alcune personalità del mondo della scienza e della cultura che si definiscono non religiose. « Siamo convinti che la posizione di chi non crede », prosegue Bertone, « o fatica a credere, possa svolgere un ruolo salutare per la religione in quanto tale, per esempio nell’aiutare ad evidenziarne possibili degenerazioni o inautenticità ».

La Giornata di Assisi ruoterà attorno a quei medesimi elementi che caratterizzarono il raduno dello ‘86: il pellegrinaggio, il digiuno e la preghiera. In preparazione alla Giornata, Papa Benedetto XVI presiederà in s. Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della Diocesi di Roma, invitando ad unirsi a lui i vescovi e fedeli di tutto il mondo.

L’immagine del pellegrinaggio compendia il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al contempo, si volgerà lo sguardo al futuro, con il proposito di continuare a camminare insieme sulla via del dialogo e della fraternità. Le delegazioni partiranno da Roma, in treno, la mattina del 27 ottobre, insieme con il Santo Padre. All’arrivo ad Assisi, ci si recherà presso la Basilica di S. Maria degli Angeli, dove avrà luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Oltre all’intervento di Benedetto XVI, sono previsti gli interventi di alcuni esponenti di una parte delle delegazioni presenti. In seguito si condividerà un pasto frugale all’insegna della sobrietà, che intende esprimere il ritrovarsi insieme in fraternità, la partecipazione alle sofferenze di tanti uomini che non conoscono tutt’oggi la pace e inoltre la dimensione penitenziale che l’incontro vuole anche assumere: la convinzione di dover sempre essere disposti ad un processo di purificazione. Seguirà un tempo di silenzio per la riflessione di ciascuno e per la preghiera. 11 Nel pomeriggio, tutti i presenti, parteciperanno ad un cammino che si snoderà verso la Basilica di s. Francesco. Quest’ultimo si svolgerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale in continuità con quanto già avvenuto nell’Incontro del 2002.

10 � Intervista al Cardinal Jean-Luis Tauran di Enzo Fortunato, in S. Francesco Patrono d’Italia, n° 2, anno 2011, pp. 12-13.

11 � È importante precisare che nella lettera inviata al vescovo di Assisi per il XX anniversario dell’evento, Papa Benedetto XVI ricordò che « è doveroso (…) evitare inopportune confusioni. Perciò anche quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni (…) La convergenza dei diversi non deve dare l’impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla ». (Messaggio a Mons. D. Sorrentino, 2/sett/2006, Insegnamenti di Benedetto XVI, 2006, vol. II, p. 190).

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Nel suo articolo per l’Osservatore Romano il Card. T. Bertone precisa che: « La preoccupazione per evitare anche solo l’impressione di qualsiasi relativismo non è solo cattolica, ed è particolarmente comprensibile nell’odierno contesto culturale, per molti versi refrattario alla questione della verità e per questo incline ad una presentazione indifferenziata, e ultimamente irrilevante, del fenomeno religioso. Ciò non sminuisce la convinzione profonda che la preghiera rimanga il contributo essenziale che gli uomini religiosi possono offrire alla causa della pace».

Davanti alla Basilica, proprio dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, avrà luogo il momento finale della Giornata, con la rinnovazione del comune impegno per la pace.

Incontri di PACE: la STORIA DELLO SPIRITO DI ASSISI .

→ 1986 – Il 27 ottobre Giovanni Paolo II convocò i rappresentanti delle chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali per la giornata mondiale di preghiera per la pace. « Un avvenimento storico di portata eccezionale nella vita della chiesa cattolica e della storia del mondo ». Sessantadue capi religiosi per invocare il dono della pace riuniti proprio nella città di Assisi.

L’incontro di accoglienza in Basilica è stato caratterizzato dalla semplicità, fiori, piante d’ulivo e sedie uguali, nessuna distinzione, “neppure per il Papa che aveva organizzato tale Giornata”. Dopo il discorso di Giovanni Paolo II, i capi religiosi sono saliti verso Assisi e i rappresentanti delle Chiese e Confessioni cristiane sono entrati nella cattedrale di s. Rufino per il loro momento di raccoglimento e di condivisione, per pregare per il superamento dell’egoismo e della violenza, per il rispetto della dignità umana e dei suoi diritti inalienabili.

Da s. Rufino e dagli altri luoghi di preghiera parte il pellegrinaggio per la Basilica di s. Francesco dove, nel piazzale antistante la Basilica Inferiore gremita di persone – dopo gli interventi degli altri leader religiosi – il Papa ha tenuto il discorso conclusivo per esprimere i suoi sentimenti e per sottolineare come « con le Religioni Mondiali condividiamo un comune rispetto ed obbedienza alla coscienza, la quale insegna a noi tutti a cercare la verità, ad amare e servire tutti gli individui e tutti i popoli, e perciò a fare pace tra i singoli e tra le nazioni ».

→ 1993 – Trascorrono sette anni e, il 9/10 gennaio, Giovanni Paolo II torna ad Assisi

per pregare, insieme ai fratelli ebrei e musulmani, per la pace in Bosnia Erzegovina. Nella sua omelia il Papa chiede: « Come può esistere l’odio? Come e possibile uccidersi a vicenda? » e conclude: « Non ci sarà pace senza questo ritorno a Gesù Cristo crocifisso nella preghiera, ma anche nella rinuncia alle ambizioni, alla sete di potere, alla volontà di sopraffare gli altri, alla mancanza di rispetto per i diritti altrui. Sono queste, infatti, le cause della guerra ».

→ 2002 – Il 24 gennaio Papa Woityła parte in treno dalla Città del Vaticano e alle ore

10:30 scende alla stazione di Assisi, per la terza volta nella città di s. Francesco, per pregare per la pace con i capi religiosi del mondo. Erano passati pochi mesi dall’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre. « L’umanità ha bisogno della pace sempre, ma ancor più ne ha bisogno ora, dopo i tragici eventi che hanno scosso la sua fiducia e in presenza dei persistenti focolai di laceranti conflitti che tengono in apprensione il mondo. (…) Non ci può essere pace vera se non nel rispetto della dignità delle persone e dei popoli, dei diritti e dei doveri di ciascuno e nell’equa distribuzione di benefici ed oneri tra individui e collettività. (…) Occorre umiltà e coraggio ».

Conclusione.

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La spiritualità ecumenica è un vero e proprio cammino che comporta la compartecipazione di ogni singolo uomo e donna spinto dalla ricerca della verità. È particolarmente incisivo quanto scrive il Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il Card. Kurt Koch, in un suo articolo dal titolo “L’ecumenismo in cammino – Il punto della situazione del movimento ecumenico oggi”: « La spiritualità ecumenica ricorda ai cristiani che non siamo noi a “fare” l’unità e a concordarne il tempo e la forma, ma che possiamo riceverla come dono. In tal senso, si è espresso anche Papa Benedetto XVI: “Il richiamo perseverante alla preghiera per la piena comunione tra i seguaci del Signore manifesta l’orientamento più autentico e più profondo dell’intera ricerca ecumenica, perché l’unità, prima di tutto, è dono di Dio”. Sta a noi, però, sforzarci di raggiungerla con quella passione che si rivela nella pazienza, la quale, a sua volta, secondo le belle parola di Charles Péguy, “è la sorella minore della speranza” ». Saremmo semplicemente delle persone di poca fede se non credessimo che il vero artefice del movimento ecumenico è lo Spirito Santo, il quale porterà a compimento ciò che ha già cominciato, quando e come Lui vorrà (cfr Fil 1,6 e Eb 6, 11). « Con una tale speranza », prosegue fiducioso il Card. Koch, «continuiamo il cammino ecumenico, passo dopo passo. E questo, davanti alle difficoltà innegabili della situazione odierna, è già molto: è esattamente ciò che viene richiesto. Ed è l’essenziale ».

È assai significativo vedere come i nostri fratelli ebrei ed appartenenti alle altre chiese e confessioni cristiane giungano alla medesima conclusione: l’impegno vicendevole di vivere fraternamente, accettandosi l’un l’altro, oggi, testimonia la presenza stessa di Dio, che non può essere altro che Amore (cfr 1Gv 4,8.16).

Leggiamo quanto hanno testimoniato due delle tante figure importantissime del panorama americano ed europeo del ‘900:

« Deve esserci qualcuno che passi attraverso tutto ciò e testimoni che Dio è vivo, persino in tempi come questi. E perché non dovrei essere io quel testimone? » (Etty Hillesum)12.

Fa eco alle parole lapidarie dell’ebrea Hillesum, la fine di un discorso profetico del pastore

della Chiesa battista, Martin Luther King13, dal titolo Pellegrinaggio alla non-violenza: « D’accordo che il facile ottimismo di ieri è impossibile; d’accordo che ci troviamo di fronte

ad una crisi mondiale che così spesso ci lascia eretti in mezzo al crescente mormorio dell’agitato mare della vita. Ma ogni crisi ha al tempo stesso i suoi rischi e le sue possibilità: può significare salvezza o condanna. In un mondo buio e confuso, il Regno di Dio può ancora regnare nel cuore degli uomini ».

In conclusione, credo che tutto lo Spirito di Assisi e lo stesso cammino ecumenico potranno essere autentici itinerari alla ricerca della verità se solo riusciremo insieme a fare nostre le parole, o

12 � Le parole dell’ebrea Etty Hillesum, di cui ci rimane solo un prezioso diario, testimoniano efficacemente come ella , dopo

un cammino personale alla ricerca della verità, abbia assunto su di sé la straordinaria responsabilità di rendere Dio credibile anche in mezzo all’orrore della Shoah.

13 � Martin Luther King, nato nel 1929 ad Atlanta e tragicamente assassinato a Menphis nel 1968, Premio Nobel per la pace

1964, è stato il leader dell’Associazione per il progresso della gente di colore. La sua figura è assai nota, inoltre, perché – a seguito dello scoppio dei primi incidenti fomentati dall’odio razziale - ideò una Lega Cristiana del Sud, per la quale promosse dimostrazioni pacifiche e convegni pubblici.

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meglio la Parola, di colui che è Via, Verità e Vita: « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35).

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PARTE PRIMA

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I SETTIMANA (a partire dal 25 Settembre)

Tema: FRATERNITA’ Obiettivo: Sensibilizzare la comunità affinché si possa comprendere che, alla base del nostro cammino francescano, l’esperienza fraterna è componente essenziale dell’essere minoritico per definizione. Come sviluppare il tema: lo si può approfondire nell’omelia domenicale, oppure attuare durante la settimana iniziative che possano far riflettere su tale tematica (tavole rotonde, formazioni ad hoc, cineforum, lettura critica di alcuni brani, ecc.) Suggerimenti:

• Per l’omelia domenicale – riferimento al modo di intendere la fraternità da parte di San Francesco, secondo il quale essa è rappresentata da persone con la loro dignità e responsabilità, con i loro pregi e difetti, “dono” del Signore (FF116).

• Per il cineforum – consigliato il “Film rosso” di Krzysztof Kieslowski. Il film, all’interno della famosa trilogia che affida un colore della bandiera francese a ciascuno dei tre valori del motto portante della rivoluzione del 1789 (liberté, egalité, fraternité), parla infatti della storia, o meglio di più avvenimenti che si intrecciano tra persone, coinvolgendole affettivamente. Ma, a primeggiare fra tutti, ci sono, appunto, la giovane modella e il vecchio giudice che divengono, tra sfondi che si susseguono in un’alternanza di sospetto e amicizia, il simbolo della fraternità.

• Per una canzone – “Oriente” di Niccolò Fabi, suggerita perché esprime il rapporto di scambievole reciprocità tra l’autore ed il suo prossimo, reciprocità che è alla base del proprio vivere con l’altro, reciprocità senza la quale non si può parlare di fraternità, bensì di un sentimento diverso, che, senza la base familiare, può essere destinato ad evolvere verso l’utilitarismo.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO SUL TEMA

Quando san Francesco parla di Fraternità non intende mai una massa di individui, che stanno insieme per caso, ma persone con la loro dignità e responsabilità, con i loro pregi e difetti, “dono” del Signore (FF116). Sono fratelli, perché figli dello stesso Padre celeste e fratelli di Gesù Cristo. La relazione tra di loro nasce dall’alto; i fratelli non si scelgono, sono “donati”. E ogni dono va accolto con gratitudine, compreso con intelligenza e simpatia, valorizzato con sincerità e attenzione. La Fraternità francescana sente fortemente la sua appartenenza al Padre celeste (cfr FF1710). Da essa impara ad accogliere e ad amare; a servire e a soffrire; a creare e ad offrire opportunità di crescita. Si è sinceri e autentici fratelli se ci si riconosce e ci si ritrova nel Padre celeste. In Lui si compongono le differenze e diventiamo capaci e disponibili ad accogliere e a valorizzare le qualità, a sopportare i difetti di ognuno. La Fraternità francescana non si perde nell’astrattismo del “vogliamoci bene”; vive della concretezza dell’uomo con cui ha a che fare ogni giorno, lo considera fratello e per lui e con lui condivide tutto il condivisibile, instaurando un clima di amicizia. I francescani secolari sono costruttori di pace nella Fraternità; la edificano continuamente nello spirito dell’unità e delle fraterne intese, attraverso il dialogo e la fiducia nella forza dell’amore e del perdono (cfr Regola,19). Pacifici diventano pacificatori. Questo spirito fraterno in azione rende la Fraternità credibile e modello di “comunità umana”. I francescani secolari, sull’esempio

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dei loro confratelli dei secoli passati, hanno il dovere di scrivere, oggi, la loro pagina di storia, facendo della Fraternità il modello di vera “comunità umana”. Fatta di spontaneità, di rispetto, di attenzione reciproca, di libertà autentica che si estrinseca nell’amore e nel servizio vicendevole nello spirito evangelico, la Fraternità francescana, col suo tipo di vita semplice, sobrio, fraterno, senza barriere e distinzioni di categorie discriminanti, assume un significato profetico e diventa uno stimolo a creare comunità umane, che abbiano come obiettivo principale la vera solidarietà verso tutti, affinché ognuno possa vivere dignitosamente. San Francesco è stato ed è “fratello di tutti gli uomini”, perché è vissuto da autentico figlio del Padre celeste e, in Lui, ha abbracciato tutti in una fratellanza universale. Questo è l’ideale di vita dei francescani secolari e la loro proposta agli uomini di oggi è racchiusa nella idea-forza: Vivere con gioia e con responsabilità la Fraternità, per proporla come modello di un’autentica comunità umana. (P. Cristoforo Piacitelli, Con s. Francesco nel mondo per il mondo, pp.155 ss)

Nella Regola di Niccolò IV, la fraternità è presentata nei suoi vari aspetti: amore vicendevole, soccorso ai fratelli bisognosi, visita agli ammalati, difesa dei fratelli vessati dal potere pubblico, partecipazione alle esequie e suffragi per i defunti, interventi per ristabilire la pace tra i fratelli in discordia, correzione fraterna. Nella Regola nicolaiana, come già nel Memoriale Propositi, il senso di fraternità si allarga all’esterno della comunità dei Penitenti per abbracciare un ambito più vasto, prescrivendo di soccorrere anche gli altri poveri e di essere riconciliati con tutti. Più che tanto i testi legislativi non dicono, ma esiste una ricchissima documentazione che dimostra come i Penitenti dei primi secoli non vivessero rinchiusi in se stessi, ma si aprissero, in vari modi, al mondo esterno. Quell’attività, che oggi racchiudiamo nel termine “apostolato”, si esprimeva nella forma delle “opere di misericordia”, nelle quali in ogni tempo i laici francescani furono intensamente impegnati, sia singolarmente che come Fraternità intere.

Non meno importante era un’altra forma di apostolato: i Penitenti offrirono ai loro contemporanei una “esemplarità” di vita, proprio quella esemplarità che Francesco d’Assisi, dalla Regola alla sua vita personale, aveva sottolineato con una forza e un’energia indicibili. Così il Penitente diventava, o almeno si sforzava di essere, il famoso “fermento”, il famoso “sale della terra” (cfr. Manselli, Conclusione del 3° Convegno di Studi Francescani).

Non dobbiamo, comunque, dimenticare che, alle sue origini, il TOF non era un movimento apostolico ma penitenziale. La motivazione che ispirava attività e comportamenti dei terziari era sempre e soltanto la tensione a una vita personale più santa.

Le cose non cambiarono sostanzialmente con la Regola di Leone XIII. Il terziario era chiamato a rinnovare la società con l’esempio di una vita intensamente cristiana, consistente anche nell’esercizio delle opere di carità: l’aiuto ai bisognosi, la visita e la cura degli ammalati.

E’ ben vero che il grande Papa aveva visto nel risveglio del movimento terziario un fattore trainante per il rinnovamento della società. Però l’opzione sociale non fu condivisa da tutti e creò una frattura nel TOF: una corrente innovatrice e sociale, una conservatrice e intimistica. Di fronte a queste opposte posizioni si pronunciò Pio X, distinguendo, per quanto riguarda l’attività sociale, l’azione delle Fraternità e dell’Ordine in quanto tale e l’attività dei terziari come singole persone. La prima fu tassativamente vietata e fu solo permesso ai terziari – come persone private – di lavorare nell’azione sociale approvata dalla Sede Apostolica. Prevalse, così, la concezione penitenziale della vocazione terziaria, però l’Ordine perse l’opportunità di diventare un movimento di apostolato cattolico. Il TOF ritornò in sacrestia.

Nonostante l’apparente fallimento, un seme era stato sparso e negli spiriti più illuminati andò facendosi strada la convinzione che il Terz’Ordine non fosse una semplice congregazione di

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persone alle quali è solo possibile lucrare un certo numero di indulgenze. Doveva venire il Concilio Vaticano II, che ha reintegrato i laici nella loro dignità e li ha reinseriti come soggetti attivi nella Chiesa, perché le riflessioni e gli impulsi per il rinnovamento del TOF si incanalassero in un serio lavoro volto ad aggiornare i testi legislativi per conferirgli una dimensione apostolica, oltre che evangelica e francescana.

La Regola paolina non è una Regola “nuova”, ma una Regola “rinnovata”, così come l’OFS non è un’istituzione nuova, ma è lo stesso Ordine dei Penitenti, che S. Francesco volle per i suoi seguaci nel mondo. In questo senso è particolarmente significativo che, come Prologo della Regola sia stata posta la prima redazione della “Lettera a tutti i fedeli”.

A somiglianza del documento del Santo fondatore (e a differenza dalle Regole precedenti) quella attuale non è un testo precettivo, ma ha carattere ispirazionale, espresso chiaramente nell’art. 9.1 delle CC. GG.: “La spiritualità del francescano è un progetto di vita incentrato sulla persona di Cristo e sulla sua sequela, piuttosto che un programma dettagliato da mettere in pratica”.

Questo progetto o “forma” di vita è contenuto nel II Capitolo della Regola, in cui possiamo riconoscere abbastanza nettamente due parti: - la prima, che va dal n. 4 al n. 12, riguarda la dimensione penitenziale della vocazione del francescano secolare; - la seconda, che va dal n. 13 al n. 19, riguarda la sua dimensione apostolica. La sintesi, a mio avviso, si può trovare nel n. 22, che parla della Fraternità definendola “ambiente privilegiato per sviluppare…la vocazione francescana, nonché per animare la vita apostolica dei suoi membri”.

MOMENTO DI PREGHIERA SUL TEMA

CANTO DI INIZIO Guida:La nostra preghiera, il nostro dialogo col Signore questa sera si muoverà sulla pista tracciata dal Santo Padre per la giornata missionaria mondiale: Guida: All'origine della nostra esistenza, vi è sempre l'appassionato amore di Dio per ciascuno di noi. Egli, per nostro amore, non ha esitato a sacrificare il Suo Unigenito per farci diventare, in Lui, un'unica famiglia. Ma l'umanità sembra ancora tanto lontana dal realizzare il sogno di Dio! Ancora troppi sono i fratelli che non conoscono Gesù perché mai raggiunti dalla Parola e tanti pure sono quelli che non sanno più riconoscerlo. Durante la preghiera di questa sera, vogliamo chiedere al Signore, Padre di tutti, che ci faccia riscoprire il senso profondamente missionario della nostra vocazione cristiana e la grazia di un rinnovato impegno come testimoni ed annunciatori del Vangelo. Sac.: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ass.: Amen Sac.: Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Ass.: E con il tuo spirito. Sac.: Preghiamo:

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O Padre, che hai stabilito la tua Chiesa sacramento universale di salvezza per continuare l'opera di Cristo sino alla fine dei secoli, risveglia il cuore dei fedeli, perché avvertano l'urgenza della chiamata missionaria affinché si realizzi il sogno di Dio, fare dell'umanità una famiglia sola. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

Ass.: Amen Let.: Dalla prima lettera di San Pietro (1 Pt 2,9-10; 5,1-4)

Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio, voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi. Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio, non per vile interesse, ma di buon animo, non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce. Parola di Dio.

Ass.: Rendiamo grazie a Dio. Guida: Dalla elezione del popolo, dal suo essere messo a parte per Dio, separato quindi santo, nasce il compito della santità ed il dovere di aiutare i fratelli a raggiungerla. Sacerdozio universale dunque che nasce dal dono del Battesimo e ci abilita a partecipare alla realtà profetica e sacerdotale di Cristo. Silenzio CANTO Guida: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui...abbia la vita eterna. "(Gv. 3,16). Con la centralità dell'amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d'Israele...L'Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del libro del Deuteronomio nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: "Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore,con tutta l'anima e con tutte le forze(Deut.6,4-5). PAUSA Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell'amore di Dio con quello dell'amore del prossimo, contenuto nel libro del Levitico: "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Lev.19,18; cfr. Mc. 12,29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv.4,10), l'amore adesso non è più solo un "comandamento", ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro. (Deus Caritas est, 1) Silenzio Guida: "Quando ci si sente immensamente amati, non si può partecipare al mistero dell'Amore che si dona restando a guardare da lontano. Bisogna lasciarsi investire dalle fiamme che bruciano l'olocausto, e diventare, noi pure, amore ". (Giovanni Paolo II - Congresso Mondiale V.C. 2004)

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Facciamo nostra la preghiera di Madre Teresa di Calcutta, una missionaria che ben aveva compreso che l'amore per Dio equivale all'amore per il prossimo.

Preghiera Sac.: Signore, quando ho fame, TUTTI: mandami qualcuno da sfamare. Quando ho sete, mandami qualcuno da dissetare. Quando ho freddo, mandami qualcuno da scaldare. Quando sono triste, mandami qualcuno da consolare Quando sono povero, mandami qualcuno più povero di me. Quando non ho tempo, mandami qualcuno da ascoltare. Quando mi sento incompreso, mandami qualcuno da abbracciare. Quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare. Quando sono umiliato, mandami qualcuno da lodare. Quando non mi sento amato, mandami qualcuno da amare.

(Madre Teresa di Calcutta)

Guida: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv. 13, 34) Chi ha fatto esperienza dell'amore di Dio, non può chiudersi in sé ma deve gridare al mondo intero la buona notizia. In qualche modo incarna l'amore stesso di Dio e diventa una straordinaria sorgente di energia spirituale, capace di sconvolgere gli eventi.

Preghiere di intercessione (Ogni preghiera viene accompagnata da un segno che viene portato all'altare mentre l'assemblea risponde cantando “Oh, oh, oh, adoramus Te, domine ” (2 volte) :

Guida : Brocca d'acqua Ti presentiamo Signore, questa brocca d'acqua che ricorda il nostro Battesimo Sac.: Perché ognuno di noi, in forza del battesimo, si senta responsabile della diffusione della Parola. Preghiamo Ass.: Oh, oh, oh, adoramus Te, domine (2 volte)

Bibbia: Ti presentiamo Signore, questa Bibbia, che deve illuminare la nostra vita. Sac.: Perché la Tua Parola ascoltata possa diventare vita in noi. Preghiamo. Ass.: Oh, oh, oh, adoramus Te, domine (2 volte)

Mappamondo Ti presentiamo Signore, il mondo, le sue sofferenze, le sue lotte ma anche i molti desideri di bene. Sac.: Perché tutti gli abitanti della terra possano essere raggiunti dalla Buona Novella, di essere figli dello stesso Padre e quindi appartenenti all'unica famiglia di Dio. Preghiamo. Ass.: Oh, oh, oh, adoramus Te, domine (2 volte)

Cero Ti presentiamo Signore questo cero per ricordarci che Tu sei la luce del mondo. Sac.: Perché il Signore susciti tanti giovani generosi che, in suo nome, siano pronti ad andare in tutte le parti del mondo per annunciare e testimoniare il Vangelo. Preghiamo. Ass.: Oh, oh, oh, adoramus Te, domine (2 volte)

Crocifisso Ti presentiamo Signore, questo crocifisso perché sia il compagno indivisibile dei nostri fratelli missionari.

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Sac.: Perché il Signore Gesù sia loro modello di vita, Lui "che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti”. (Mc.10, 45) Ass.: Oh, oh, oh, adoramus Te, domine (2 volte)

Sac.: O Padre ascolta le nostre preghiere e risveglia il cuore dei tuoi fedeli, perché avvertano l'urgenza della chiamata missionaria; di tutti i popoli della terra si formi una sola famiglia e sorga una umanità nuova in Cristo nostro Signore. Egli è Dio e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito Santo. Amen

Guida: Facciamo nostra la preghiera di don Tonino Bello . Lett.: Voglio ringraziarti Signore, per il dono della vita.

Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un'ala soltanto. L'altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo. Insegnami, allora, a librarmi. Perché vivere non è trascinare la vita, non è strappare la vita, non è rosicchiare la vita. Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all'ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l'avventura della libertà. Vivere è stendere l'ala, l'unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te! Ma non basta saper volare con Te, Signore Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il mio fratello e di aiutarlo a volare. Ti chiedo perdono per ogni peccato contro la vita e per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Non farmi lasciare il prossimo nel vestibolo malinconico della vita dove si "tira a campare", dove si vegeta solo. Non farmi passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te. Soprattutto, per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un'ala di riserva...

(Don Tonino Bello) CANTO

Guida: La nostra fraternità è inviata alle genti: per questo esiste, per annunciare e testimoniare il grande amore che il Padre ha per tutti i suoi figli. Nell'ascolto e nella contemplazione dell'amore di Dio, assumiamo come nostro il mandato Missionario per realizzare la nuova umanità in Cristo.

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Sac.: La nostra fraternità è inviata tra le genti perché possa essere in mezzo a loro strumento di salvezza e segno di conciliazione e di amore tra tutti i popoli. Ci impegnamo in questo compito?

Ass.: Sì, noi andiamo nel tuo nome Signore. BENEDIZIONE CANTO FINALE

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II SETTIMANA (a partire dal 2 Ottobre)

Tema: ECUMENISMO E DIALOGO Obiettivo: sottolineare all’interno della comunità che il cristiano è soprattutto colui che riesce a vivere il proprio tempo con coloro che lo circondano, condizioni queste che introducono i temi dell’ecumenismo (in quanto consapevolezza del proprio stare nel mondo) e del dialogo (in quanto strumento di relazione, testimonianza, carità fraterna). Come sviluppare il tema: lo si può approfondire nell’omelia domenicale, oppure attuare durante la settimana iniziative che possano far riflettere su tale tematica (tavole rotonde, formazioni ad hoc, cineforum, lettura critica di alcuni brani, ecc.) Suggerimenti:

• Per l’omelia domenicale – esempio classico, ma mai banale, è quello di San Francesco che va oltremare presso il Sultano per portare a termine la sua opera di testimonianza verso tutti i popoli della terra, episodio raccontato nella Legenda Major (IX, 8)

• Per il cineforum – consigliato il film “Vai e vivrai” di Radu Mihaileanu, che racconta le vicende di un ragazzo ebraico che vive la sua infanzia sballottato tra genti e persone della cui presenza non ha scelto di circondarsi e con le quali troverà il modo di intessere dei rapporti proficui solo attraverso l’accorgersi della propria personalità (elemento fondamentale per avere un vero dialogo).

• Per una canzone – “Vengo dalla Luna” di Caparezza racconta della difficoltà di accogliere l’altro, lo straniero, lo sconosciuto, perché spesso è più comodo, oltre che oggettivamente più facile, trincerarsi dietro le proprie barricate di convinzione ed escludere l’altro dalla propria vita piuttosto che, comprese le proprie povertà, accogliere anche quelle del prossimo per arrivare ad una ricchezza comune.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO SUL TEMA

Da “Enchiridion CEI. Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana” (1986-1990) [vol_4]

Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo Roma, 02/02/1990

La formazione ecumenica nella Chiesa particolare. Nota pastorale del Segretariato per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso

PRESENTAZIONE 2187 Il senso e il motivo di questa “nota pastorale”? La risposta è nelle sue parole conclusive “L’ecumenismo è stimolo a credere di più, ad essere di più” (C4/2231).

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Un’affermazione così coraggiosa e che riguarda tutte le nostre comunità potrà forse stupire. Soprattutto chi si è avvicinato alla Nota sulla formazione ecumenica nella Chiesa particolare senza grande interesse: pensando forse che l’impegno ecumenico è solo una vocazione di specializzati nella Chiesa o addirittura ritenendolo un problema marginale in essa; comunque riservato agli autorevoli e solenni dialoghi teologici di vertice. E allora, per dar fiducia al lettore che non ha ancora grande esperienza di ecumenismo, per confortare chi è già impegnato nel cammino ecumenico, per offrire alle diverse comunità in Italia alcuni orientamenti comuni vorrei proprio introdurre la “nota” riflettendo insieme su questo “essere di più” che l’ecumenismo offre. “Essere di più” nella comunione 2188 La parola ecumenismo già di per sé sa di “casa” (oicos); essa richiama perciò quella comunione che costituisce ogni famiglia, e dunque la Chiesa come famiglia dei figli di Dio. L’ecumenismo, infatti, per superare le fratture e per aprire alla speranza della loro ricomposizione impegna i cristiani anzitutto a “crescere di più insieme” verso il Signore; con priorità assoluta, anche sul camminare ancora insieme fra di loro. Non è questo il principio che fonda e orienta la crescita di ogni comunità cristiana? Essa potrà dilatare ai fratelli solo la comunione anzitutto profondamente e intimamente vissuta con il suo Signore. 2189 Direi perciò che “cuore” della nota è la parte seconda, “Principi cattolici della comunione universale”; quando sottolinea “l’universalità del disegno salvifico di Dio Trinità” (n. 1) e la Chiesa come “comunità di comunione e di dialogo” (n. 3). Il prioritario e più profondo incontro con Dio, che l’ecumenismo esige, aiuta anche a scoprire e ad amare e a valorizzare “di più” i doni che rendono gli altri diversi; in modo che la loro diversità si riveli come una ricchezza “in più” che essi offrono alla comunione. “Ogni comunità cristiana è chiamata a entrare nella mentalità dell’ecclesiologia e della comunione e ad aprirsi soprattutto come fraternità, nella reciproca comunicazione di carismi e servizi” (II, n. 3). Questo “ricevere” di più in un rapporto fatto di diversi che si integrano è l’insegnamento, valido per ogni comunità, che l’ecumenismo trae dalla storia. In essa, spesso e purtroppo, le diversità non conosciute e non accettate sono diventate divisioni. Per questo il cammino ecumenico, prima di vedere nelle altre confessioni gli aspetti tuttora inconciliabili, insegna a scoprire i valori per cui le loro tradizioni e i loro doni dello Spirito Santo fanno “essere di più” anche noi. 2190 Ma anche nel farci leggere la storia l’ecumenismo aiuta la nostra comunità a “essere di più”: quando ci ammonisce che è necessario soffrire tutto, e sopportare tanto pur di non arrivare a fratture che sovente, nate da banalità, diventano gravi e non si sa come potranno rimarginarsi; e quando ridesta il sospetto verso gli interessi politici, economici e personalistici che possono sempre inquinare ogni comunità cristiana. Essi hanno provocato spesso, come la storia insegna, fratture irrimediabili, solo apparentemente motivate da valori di fede. E la “nota” offre un aiuto per il faticoso risalire di questa corrente di fratture, richiamando gli esemplari “gesti e segni impegnativi” (I, n. 1) che ci precedono e facendoci puntualmente interpellati dal contesto “socio-religioso” italiano (I, n. 2).

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“Essere di più” nella missione 2191 L’ecumenismo che è dimensione di comunione nella Chiesa deve essere, di conseguenza, dimensione della sua missione. Vi sono delle mete come la “nuova evangelizzazione” e problemi come il secolarismo che richiedono ai cristiani non tanto di “fare quadrato” quanto di “essere di più” insieme: nello scambio dei valori condivisi (che sono poi quelli di fondo), nella testimonianza che diventa più suadente e perciò più efficace quando è fraterna. La condizione di Chiesa di grande maggioranza in Italia non ci esonera da questa preoccupazione ecumenica che la nota richiama alla responsabilità dei cattolici: “Il solo fatto di essere maggioranza (al di là del problema della secolarizzazione che mette in crisi la rilevanza e l’effettiva incidenza della cristianità sulla realtà umana) comporta maggiore responsabilità nel dare l’esempio e nel precedere altri, quando si tratta della causa di Dio e della causa dell’uomo” (I). 2192 Direi inoltre che la preoccupazione ecumenica deve far capire come ogni gesto o parola, anche all’interno delle singole comunità, possa assumere il valore della missione o decadere nello scandalo, a seconda che sia caratterizzata o no dalla carità e dalla libertà dei figli di Dio. Perché lo stesso modo con cui, in una comunità ecclesiale, ci si tratta, ci si parla, ci si comunica, ci si ammonisce, il modo con cui si esercita un ministero, può essere per il fratello di altra confessione motivo di riavvicinamento o di ulteriore presa di distanza. Perciò la “nota” dedica un paragrafo allo “stile del dialogo all’interno della comunità cristiana” (III, n. 1) e precisa: “Per essere credibili all’esterno nel proporre un rapporto dialogico bisogna che brilli all’interno della nostra vita l’esemplarità di uno stile di dialogo”. Dovremmo davvero sempre vederci e ascoltarci fra noi con gli occhi e con l’orecchio di chi è lontano, per vederci e ascoltarci “di più” e fraternamente. A maggior ragione si comprende come l’annuncio missionario di ogni Chiesa sia “più ascoltato” quando ci presentiamo come “una sola cosa”; e sia invece scandalosamente inefficace quando è disturbato dal passato e dal presente delle nostre divisioni. “Essere di più” nei doni del Signore 2193 La parte terza, che raccoglie gli “orientamenti pastorali”, ci invita a contemplare i tanti doni che il Signore offre alla sua Chiesa; ma ci fa anche consapevoli che molti li portiamo senza conoscerli; spesso li difendiamo senza amarli veramente nella loro fecondità. L’ecumenismo, invece, può farli “più doni”; quando per proporli agli altri fratelli ce li fa scoprire; quando li difendiamo dimostrando soprattutto quanti nelle nostre comunità siano capaci di generare santità. È davvero un seminatore di “essere di più” l’ecumenismo: - Nel dono della verità eterna e infinita per cui di fronte ad essa “ogni conoscente deve rassegnarsi a riconoscere le limitatezze del proprio campo di vista nello stesso istante in cui si sente tentato di criticare l’angustia delle prospettive altrui”; dal momento che spesso “tutti i singoli punti di vista che hanno parte a questa unica verità è possibile confrontarli fra loro, ordinarli verso l’unità mai veramente raggiungibile” (Balthazar, La verità del mondo). A queste preoccupazioni sulla verità si ispirano le raccomandazioni della “nota” sullo stile ecumenico della catechesi e della predicazione e l’esigenza di corsi ecumenici a diversi livelli (III, n. 2).

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2194 - Nel dono della liturgia, quando per prepararci all’incontro con i fratelli di diversa confessione ci dovremmo sentire impegnati a quelle essenzialità che il concilio Vaticano II suggerisce e a quella serena purificazione che conserva dignitosamente le nostre tradizioni popolari. “Una importante crescita nell’ecumenismo è quella di accogliere e di attuare pienamente nelle nostre comunità la riforma promossa dal concilio” (III, n. 2). - Nella parola di Dio, quando il rapporto ecumenico offre il confortante esempio di tanti fratelli che più facilmente si sono incontrati in essa. Non solo, li fa collaborare con le altre confessioni per offrire, comprensibile e nelle esemplari traduzioni interconfessionali, la parola di Dio a tanti popoli che la invocano. La “nota” documenta: “Una iniziativa di elevato valore ecumenico è stata la traduzione interconfessionale (detta anche "in lingua corrente") della Bibbia, cui si è legato il rilancio della diffusione del libro sacro, a testimonianza concreta dell’unità fondamentale che già stringe tra loro i cristiani e le Chiese, vale a dire l’unità intorno e sotto la parola di Dio” (I, n. 2). 2195 - Nell’impegno di carità, giustizia e pace per l’uomo; cioè, nella “testimonianza comune di servizio all’uomo” (III, n. 4); perché i cristiani diventano “più presenti” e “più efficaci” quando, nonostante le tante fratture, sanno di dover fare insieme tutto ciò che non sono costretti a fare separatamente. - Infine, nella speranza. Chi vive la dimensione ecumenica di una Chiesa, infatti, è “storicamente di più”; perché in un certo senso ha già superato le tante divisioni e anticipa nello spirito e nel clima ecclesiale quell’unità che un giorno sarà visibile per dono dello Spirito Santo. “Perciò le nostre comunità si dovranno esercitare sempre di più nel mettere insieme le forze, perché la testimonianza al mondo risplenda veramente come segno e dono di un Cristo indiviso” (III, n. 4). Come ogni strumento o criterio pastorale, anche questa “nota” non vuole essere risolutiva e si augura di non essere inutile. L’accompagno con un augurio modesto ma importante: ci aiuti e aiuti ogni comunità a “essere più Chiesa”.

Roma, 2 febbraio 1990, festa della presentazione del Signore.

Alberto Ablondi , vescovo di Livorno, presidente del Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo.

MOMENTO DI PREGHIERA SUL TEMA

CANTO INIZIALE di invocazione allo Spirito Celebrante: La grazia e la pace di Dio Padre,

del nostro Signore Gesù Cristo e dello Spirito Santo sia con voi sempre.

Assemblea: E con il tuo spirito.

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Guida: Fratelli e sorelle, questa sera, insieme e in comunione con i cristiani di ogni confessione, vogliamo raccoglierci in preghiera e confessare nuovamente la gioia di essere discepoli del Vangelo. Lo faremo con una preghiera di S. Francesco che non contiene alcuna richiesta: è soltanto lo sguardo di stupore di un figlio che guarda suo padre e si commuove profondamente. Guidaci, o Padre, con il tuo Spirito, sostienici e avremo vita, per saper arrivare con il Cristo tuo Figlio a ricercare il dono della pace.

Lodi di Dio altissimo

Tu sei santo, Signore, solo Dio, che compi meraviglie.

Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,

Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.

Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,

Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene,

il Signore Dio vivo e vero.

Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,

Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,

Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.

Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza,

Tu sei giustizia e temperanza,

Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza.

Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.

Tu sei protettore, Tu sei custode e difensore,

Tu sei fortezza, Tu sei rifugio.

Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede,

Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza,

Tu sei la nostra vita eterna,

grande e ammirabile Signore,

Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

INTRONIZZAZIONE DELLA PAROLA

Dalla lettera di Paolo ai Galati (3,5-7; 13-14) Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata.

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Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. CANTO: OGNI MIA PAROLA Dal Vangelo secondo Matteo(Mt 5,1-12) Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. Riflessione INVOCAZIONI Cel: Vogliamo continuare questo momento del nostro cammino di preghiera per la pace accogliendo l’invito a offrire il perdono come presupposto per una pace più vera e duratura. Chiediamo al Signore di alimentare in noi la consapevolezza che la pace comincia dalla nostra personale disponibilità a donare il perdono senza pregiudizi. Per questo ripetiamo insieme: Abbi pietà di noi. Lett.: Signore, tu hai detto beati i miti. Noi, invece, viviamo in discordia gli uni contro gli altri e il mondo soffre il peso dei nostri conflitti e delle nostre ostilità. Abbi pietà di noi Lett.: Signore, Tu hai protestato contro la mancanza di libertà religiosa, ma non hanno rispettato le altre minoranze religiose. Abbi pietà di noi Lett.: Signore, tu hai detto beati i costruttori di pace. Noi, invece, non ci siamo impegnati a costruire la pace in noi stessi, nelle nostre famiglie e nella società e nei rapporti tra nazioni diverse Abbi pietà di noi Cel.: O Dio, nostro Padre, il tuo perdono risana le ferite negli animi e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Fa' scendere su di noi la ricchezza della tua misericordia e accogli nel tuo abbraccio di amore ogni persona e ogni popolo perché liberi dalle catene dell’integralismo religioso, del pregiudizio razziale e dello sfruttamento economico delle nazioni più deboli, possiamo sollevare lo sguardo verso un futuro di pace. Per Cristo nostro Signore. Amen

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Cel: Esortati dalla fede dei testimoni del Vangelo, preghiamo con le parole che il Signore ci ha insegnato.

Padre Nostro, …

Cel: Come segno della nostra volontà di perseguire la riconciliazione, pregheremo insieme la Preghiera Semplice e poi ci scambieremo reciprocamente un gesto di pace.

Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch'io porti amore, dove è offesa, ch'io porti il perdono, dove è discordia, ch'io porti la fede, dove è l'errore, ch'io porti la Verità, dove è la disperazione, ch'io porti la speranza. Dove è tristezza, ch'io porti la gioia, dove sono le tenebre, ch'io porti la luce. Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto: Ad essere compreso, quanto a comprendere. Ad essere amato, quanto ad amare Poichè: Sì, è: Dando, che si riceve: Perdonando che si è perdonati; Morendo che si risuscita a Vita Eterna. Amen.

SCAMBIO DELLA PACE Cel.: Dio della pace, non ti può comprendere chi semina la discordia non ti può accogliere chi ama la violenza: dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo proposito e a chi la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si ritrovino in te, che sei la vera pace. Per Cristo nostro Signore. Amen

Benedizione Cristiani radunati qui oggi, fratelli e sorelle nella fede, noi desideriamo essere un segno di riconciliazione mediante la potenza della croce:

Il Signore ci benedica e vegli su di noi. Il Signore ci sorrida con bontà e ci conceda i suoi doni. Il Signore posi su di noi il suo sguardo e ci dia pace.

Assemblea: Amen CANTO FINALE

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III SETTIMANA (a partire dal 9 Ottobre)

Tema: INTERRELIGIOSITA’ Obiettivo: entrare nella forma mentis che essere cristiano, per quanto sia l’unica via che porta alla salvazione, non è l’unica scelta spirituale esistente e pertanto ci si dovrebbe aprire al dialogo interreligioso, in quanto in ogni credo esiste l’anelito verso la divinità ed il confronto, supportato da una congrua e necessaria preparazione, può arricchire chi lo vive fraternamente. Come sviluppare il tema: lo si può approfondire nell’omelia domenicale, oppure attuare durante la settimana iniziative che possano far riflettere su tale tematica (tavole rotonde, formazioni ad hoc, cineforum, lettura critica di alcuni brani, ecc.) Suggerimenti:

• Per l’omelia domenicale – far riferimento a quanto espresso dalla Chiesa in merito, magari riportando i princìpi ispiratori dell’enciclica “Redemptoris Missio” di Papa Giovanni Paolo II, che sottolineava gli aspetti di questo momento edificante nella fede di ogni cristiano.

• Per il cineforum – consigliato il film “Chiara e Francesco”, recentissimo, di Fabrizio Costa, uno dei pochissimi a prendere in considerazione l’aspetto dell’apertura interreligiosa del Santo di Assisi all’interno del suo cammino di testimonianza.

• Per una canzone – “Se non ami” di Nek, calata nel contesto della consapevolezza del proprio credo religioso, ci dice che la religione è primariamente un’esperienza d’amore che dura tutta la vita e che getta le basi per la costruzione del proprio mondo da parte del singolo: in questa chiave di lettura, l’interreligiosità si vede come il mettere a confronto amori di natura differente ma che hanno la medesima finalità, oltre ad essere impreziosita da una strofa che ricalca fedelmente l’inno paolino alla carità.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO SUL TEMA

Il dialogo tra le religioni è un segno dei tempi che la Chiesa cattolica ha accolto come dono del Signore a partire dal rinnovamento avviato con la celebrazione e la recezione del Vaticano II (1962-1965). La vicinanza dei mondi e dei popoli ha reso il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre religioni una vera e propria necessità. Esso, infatti, è atteso per evitare lo scontro di civiltà e per camminare insieme agli uomini e alle donne di buona volontà che credono in Dio. Da questo dialogo può nascere una nuova fraternità universale, riconciliata.

Il dialogo rientra a pieno titolo nella missione di evangelizzazione della Chiesa cattolica e favorisce il rafforzamento della propria identità perché non cede ad alcuna forma di sincretismo e di relativismo, bensì favorisce l’incontro tra fedi diverse per la conversione reciproca verso l’unico Dio che è Padre di tutti. Un vero cristiano non può non dialogare perché è la sua stessa fede – natura – che lo orienta all’incontro con gli uomini e le donne del proprio tempo, come anche al confronto sereno con il mondo, le culture, le fedi e le esperienze spirituali, filosofiche e culturali che ogni cercatore di Dio – o anche di senso – vive giorno per giorno nella sua storia di credente e di persona aperta al mistero e al trascendente.

D’altronde, Gesù stesso è la Parola che si è fatta carne, il Logos eterno che è venuto in mezzo a noi per rivelarci il volto del Padre. Egli resta “per sempre” Parola fatta carne, Figlio di Dio,

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Dio-Figlio, rivolto verso il Padre e verso di noi. Lo stile dialogico del cristiano esprime la sua stessa spiritualità e ne testimonia la fede radicata nella morte e risurrezione di Gesù Cristo.

1. La dichiarazione conciliare Nostra aetate

La dichiarazione conciliare Nostra aetate (28-10-1965) costituisce una sorta di magna charta per la comprensione del dialogo della Chiesa cattolica con le altre tradizioni religiose. In verità, questo documento nasce proprio come frutto dell’azione dello Spirito Santo: si pensò, all’inizio della sua redazione, di dedicare un paragrafo, all’interno del decreto sull’ecumenismo, alla discussione circa il rapporto tra Chiesa cattolica ed ebraismo, liberando il cattolicesimo dall’accusa di antisemitismo. In seguito a continue verifiche e modifiche, si pensò poi di preparare un testo attento al dialogo tra la Chiesa cattolica e tutte le religioni. Diviso in appena cinque paragrafi, i padri conciliari presentarono un testo che motivasse il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre religioni a partire dall’unico progetto salvifico di Dio e dall’unico fine della storia dell’umanità.

All’origine del dialogo tra le religioni si pone, quindi, sia la volontà di Dio di salvare ogni uomo, sia il fine ultimo della storia. Il dialogo nasce come dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, perché i vari popoli costituiscono una sola comunità: hanno una stessa origine e hanno come fine ultimo Dio (cf. NA 1).

Il paragrafo 2 di Nostra aetate afferma che «La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle religioni. «Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». Si riconosce l’azione della grazia di Cristo e dello Spirito Santo in ogni tradizione religiosa, così come in ogni essere umano che agisce secondo coscienza e cerca il bene.

Il n. 3 di Nostra aetate considera i musulmani: la Chiesa cattolica guarda «con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno».

Il n. 4 di Nostra aetate è dedicato alla religione ebraica e mette in evidenza come la Chiesa e la stessa missione di Gesù e degli apostoli sono radicate nella tradizione ebraica, a partire cioè dall’alleanza mai revocata che Dio stipulò gratuitamente con il popolo eletto, Israele, attraverso il patto con Abramo e Mosè. Così si tiene conto del grande patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei e si vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo. (Lumen Gentium n. 16)

Il n. 5 di Nostra aetate contiene una riflessione sulla fraternità universale: «Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio […]. La Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione». Ufficialmente, i padri conciliari non hanno riconosciuto il valore salvifico delle altre religioni. Il loro

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interesse fu soprattutto quello di intessere relazioni fraterne con gli esponenti delle altre religioni. Si esortò ciascuno a superare le divisioni e a promuovere relazioni amichevoli. Prevale una prospettiva pastorale rispetto a un intento dottrinale o speculativo.

2. Le forme del dialogo e le finalità

A partire dal rinnovamento conciliare, molti sono stati i documenti del magistero e le ricerche teologiche circa la possibilità di definire l’identità e i contenuti del dialogo tra le religioni. Innanzitutto si può parlare di un dialogo ad intra e di un dialogo ad extra.

Ad intra, la Chiesa cattolica ha cercato di ridefinire la propria identità, natura e missione alla luce delle nuove istanze sociali, storiche, politiche, culturali e mondiali. Da qui l’ecumenismo e la rilettura trinitaria dell’essere Chiesa secondo la costituzione dogmatica Lumen gentium. Per cui, la Chiesa, essendo comunione, trova la radice del dialogo nell’amore trinitario.

Ad extra, la Chiesa cattolica ha provato a dialogare con il mondo e le attese dell’umanità del terzo millennio. Il dialogo interreligioso rientra tra queste sfide della post-modernità. Paolo VI affermò che la Chiesa si fa colloquio, dialogo, per portare Cristo al mondo.

Senza la pretesa di offrire un trattato sul dialogo o sul metodo dialogico, l’enciclica Ecclesiam suam (6-8-1964) volle disporre gli animi a uno “stile dialogico” sulla scia del Vaticano II. Paolo VI affermò che la storia della salvezza è la storia di un dialogo continuo di Dio con l’umanità. Il ruolo-missione della Chiesa cattolica è quello di prolungare tale dialogo. Tracciando tre cerchi concentrici, e partendo da più lontano, il papa distinse, nell’ordine: il dialogo della Chiesa con il mondo intero; con i membri delle altre religioni; con le altre Chiese cristiane; e, infine, nel cerchio più interno, il dialogo all’interno della Chiesa cattolica. Il secondo cerchio è quello degli uomini innanzitutto che adorano il Dio unico e sommo, quale anche noi adoriamo, e non include soltanto gli ebrei e i musulmani, ma anche i fedeli delle grandi religioni afro-asiatici. Pur presentando il cristianesimo come la vera religione, Paolo VI riconosce l’importanza dei valori spirituali e morali delle varie confessioni religiose.

Un grande contributo al dialogo tra le religioni fu dato dal pontificato di Giovanni Paolo II. La Nostra aetate aveva posto alla base di una concezione cristiana del rapporto della Chiesa cattolica con le religioni mondiali una duplice comunanza esistente fra tutte le persone e tutti i popoli: da un lato la comune origine da Dio; dall’altro, il comune destino in Dio, conformemente al disegno divino di salvezza per l’umanità. Il contributo più originale di Giovanni Paolo II si ebbe sia con la lettera enciclica Redemptor hominis (4-3-1979), ove il papa affermò che lo Spirito di verità opera in ogni ferma credenza dei seguaci delle religioni non cristiane (cf. n. 6) e che lo Spirito soffia dove vuole (cf. n. 12), sia nel messaggio agli abitanti dell’Asia (Manila, 21-2-1981) – ove riconobbe l’azione dello Spirito in ogni uomo che prega (principio richiamato nella lettera enciclica Dominum et vivificantem [18-5-1986], cf. n. 53) –, sia nella lettera enciclica Redemptoris missio (7-12-1990). Quest’ultimo documento, prezioso per il dialogo tra le religioni, afferma che il dialogo non vuole sostituire la missione della Chiesa ma è una parte essenziale dell’annuncio cristiano (cf. nn. 10-28). Lo “spirito di Assisi” vedrà la luce in seguito all’iniziativa di Giovanni Paolo II di riunire tutti i leader mondiali delle religioni ad Assisi per la preghiera per la pace.

Il contributo proprio di Benedetto XVI, attualmente, è quello di mettere in evidenza la collaborazione tra le religioni per il rispetto della libertà religiosa e per il riconoscimento dell’ordine divino. Dialogare significa, per Benedetto XVI, salvaguardare anzitutto la propria identità, senza cadere in alcuna forma di relativismo. Delle religioni, papa Benedetto ha evidenziato anche la loro dimensione pubblica e quindi il grande valore che esse possono offrire per il superamento di conflitti, il ripristino della pace e della giustizia tra popoli, nazioni, società e culture.

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Facendo sintesi dei molti documenti sul dialogo tra le religioni, possiamo dire che si distinguono tre forme essenziali del dialogo: della vita, delle opere, tra esperti. Sono tre aspetti molto importanti che vanno sempre integrati. Gli incontri accademici non possono apparire credibili senza il confronto concreto con il vissuto di comunità religiose che provano a dialogare assieme.

3. Alcune dinamiche del dialogo

Il confronto con le altre religioni avviene non senza difficoltà. Come bisogna procedere? Anzitutto, permettendo all’altro di rivelarsi, cioè di comunicarsi, secondo le proprie caratteristiche. Quindi, il dialogo nasce dall’ascolto sincero e umile dell’altro. Poi è necessario vincere ogni forma di pregiudizio e di paura. Diversamente, si crea un forte disturbo nella comunicazione. Nel dialogo, inoltre, non bisogna rinunciare alla propria identità. Anzi, la propria fede sarà il punto di partenza.

Dal dialogo sincero con l’altro può nascere sempre qualcosa di buono e di spirituale. Per quanto concerne l’aspetto dogmatico del dialogo con le altre religioni, ogni cristiano deve tutelare questi principi teologici: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi; Cristo è l’unico mediatore della salvezza; la Chiesa è per sua natura missionaria; lo Spirito Santo agisce in ogni uomo e donna di buona volontà. È bene evitare l’espressione: “religioni non cristiane”. Non si può, infatti, definire l’altro a partire dalla propria identità. Occorre che sia l’altro a definirsi per quello che è. In tal senso, è da evitare l’espressione “religioni non cristiane”: non si può definire l’altro a partire dalla nostra identità!

Nelle discussioni teologiche, sul dialogo tra le religioni, si sono susseguite, dentro e fuori la Chiesa, tre prospettive. La prima, ecclesiocentrica, o anche esclusivista, tendeva a negare alcun valore alle altre religioni. Oramai questa concezione è superata. La seconda, cristocentrica o inclusivista, prova a mettere in risalto l’azione di Cristo nelle altre religioni. È una pista ancora seguita che si sviluppa in concezioni particolari. La terza, teocentrica o pluralista, tende a riconoscere il valore teologico e oggettivo di ogni religione: Dio parla in tanti modi e luoghi. In questa terza concezione, però, non mancano posizioni relativiste e in discordanza con la dottrina cristiana. Cristo, infatti, resta l’unico mediatore tra Dio e l’uomo. Un sano pluralismo religioso, che riconosce l’agire misterioso dello Spirito Santo nelle altre religioni, non può misconoscere il ruolo di Cristo, unico salvatore del mondo.

4. La dimensione spirituale del dialogo

È da salvaguardare anche l’aspetto spirituale del dialogo: ci si incontra tra simili e ci si pone sullo stesso piano, senza alcuna prevaricazione o richiesta di primato. D’altronde, Cristo stesso non ha chiesto nulla in cambio, ma ha donato se stesso. Egli è la Verità, cioè quella forma storica che l’Amore si è data nel tempo. Questa Verità orienta e sostiene il dialogo ma non sottomette a sé nessuno. La Verità non s’impone, bensì si rivela e si testimonia. Noi siamo posseduti da questa Verità e non possiamo non testimoniarla, consapevoli che la nostra stessa testimonianza può svilire la forza della Verità.

È necessario, dunque, assumere un atteggiamento umile, sincero, discreto, quando ci confrontiamo con gli altri. La reciprocità è auspicabile, ben accetta, ma non condizione necessaria per il dialogo in senso cristiano: perché Cristo è morto per tutti, donando se stesso per i nemici, perdonando i suoi stessi carnefici. È anche vero, però, che dalla reciprocità può nascere la comunione o anche un’esperienza concreta di fraternità. La tensione alla comunione o al riconoscimento reciproco, tuttavia, non deve venire meno quando la reciprocità è soffocata o negata. Ecco perché è importante la dimensione spirituale del dialogo: chi ha incontrato Cristo non può non donarsi ai fratelli pienamente. Ricordiamo che la forma più alta del dialogo è il silenzio: si accoglie l’altro rispettandolo nella sua diversità senza pretendere nulla.

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La forma perfetta del dialogo è il martirio, il dono di sé per la salvezza dell’altro: Cristo, infatti, sulla croce si è fatto puro silenzio, rendendosi in tutto simile al Padre. Anche san Francesco, il Poverello, quando si recò in Medio Oriente non volle portare con sé nessuna verità o dottrina, ma semplicemente il suo amore per Cristo, quel dono di pace e di riconciliazione che aveva provato per se stesso, per i suoi fratelli, per i tanti peccatori e smarriti di cuore che Dio aveva posto sul suo cammino. San Francesco era un uomo riconciliato con sé, con i fratelli e con Dio; un uomo pacificato che pacificava, facendo proprio lo stato di vita dell’essere creatura innanzi al Creatore.

La santità è via al dialogo: chi ha paura del confronto con l’altro non ha ancora maturato la propria esperienza di fede e di conoscenza viva con il Signore. Fedeltà alla propria tradizione, apertura coraggiosa alla diversità e rigetto di ogni forma di violenza in nome della religione, che significa l’esigenza di coniugare la fede con la ragione, sono le basi di un dialogo autentico nel quale i cristiani sono chiamati a offrire in maniera credibile la loro collaborazione a tutti coloro che si sforzano di fare di questa terra un luogo dove vivere insieme è un bene.

Quale atteggiamento intimo della mente e del cuore, la spiritualità comporta un’esaltazione dell’uomo interiore e produce una intima trasformazione dell’essere. Lo aveva ben capito il Poverello che non provò a cambiare gli altri, bensì se stesso. L’accento sulla natura spirituale dell’uomo è un accento posto sulla sublime dignità di ogni persona umana. La spiritualità insegna che nel cuore di tutte le apparenze esteriori c’è quell’intima essenza che in tanti modi è legata all’infinito. Questa spiritualità dell’interiorità che è tanto predominante nella tradizione religiosa indiana quanto nel cristianesimo, ha il suo complemento e adempimento nella vita esteriore dell’uomo.

Alla luce dello “spirito di Assisi” possiamo affermare, senza sbagliare, che c’è un’autentica esperienza di Dio lì dove avviene la trasformazione interiore dell’uomo. Dunque, religione è, come affermava Gandhi, «quella che cambia la vera natura di ciascuno, quella che lega indissolubilmente alla verità interiore e che sempre purifica. È l’elemento permanente della natura umana, che non richiede uno sforzo troppo grande per trovare una piena espressione e che lascia l’anima completamente insoddisfatta fino a che non ha trovato se stessa, conosciuto il suo Creatore e apprezzato la vera corrispondenza tra il Creatore ed essa stessa» (M. GANDHI, Tutti gli uomini sono fratelli, Ahmadabad 1960, p. 74).

5. Lo “spirito di Assisi” Nel viaggio di Giovanni Paolo II ad Assisi abbiamo la conferma della volontà della Chiesa di riconoscere le verità che sono contenute nelle tradizioni religiose più diverse. Tale riconoscimento rende possibile il vero dialogo. L’approccio della Chiesa ad altre religioni è fatto di autentico rispetto; con esse cerca reciproca collaborazione. Questo rispetto è duplice: rispetto per l’uomo nella sua ricerca di risposte alle domande più profonde della sua vita, e rispetto per l’azione dello Spirito nell’uomo. «Il frutto del dialogo è l’unione tra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio, che è fonte e rivelazione di tutta la verità e il cui Spirito guida gli uomini alla libertà solo quando questi si fanno incontro l’uno all’altro in tutta onestà e amore. Attraverso il dialogo facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi; poiché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio. Dovremmo usare i mezzi legittimi della umana benevolenza, della comprensione reciproca e della persuasione interiore. Dovremmo rispettare i diritti personali e civili dell’individuo. Come seguaci di diverse religioni dovremmo unirci insieme nella promozione e nella difesa degli ideali comuni nei campi della libertà religiosa, della fraternità umana, dell’educazione, della cultura, del benessere sociale e dell’ordine civile. Il dialogo e la collaborazione sono possibili in tutti questi grandi progetti […].In questo modo Dio sarà onorato e la famiglia umana sperimenterà sempre più pienamente la sua unicità e il suo comune destino. I popoli sentiranno l’urgenza di una solidarietà globale di fronte alle enormi

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sfide che l’umanità deve affrontare. La saggezza e la forza che provengono dall’impegno religioso umanizzeranno ulteriormente il cammino dell’uomo attraverso la storia» (GIOVANNI

PAOLO II, Discorso ai rappresentanti delle varie religioni dell’India [Madras, 5 febbraio 1986], nn. 5-6: Insegnamenti IX [1986] 319-324). Questo discorso di Giovanni Paolo II, tenuto nel suo viaggio apostolico in India, ben sintetizza il significato dello “spirito di Assisi”; fu presentato circa sette mesi prima dell’incontro ad Assisi con i rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali nella Piazza inferiore della Basilica di S. Francesco d’Assisi il 27 ottobre 1986. Alla luce dello “spirito di Assisi”, è indispensabile formare le comunità cristiane a dialogare nella verità e con umiltà, senza approssimazioni o improvvisazioni. Il dialogo, in questo senso, può rafforzare la propria identità e aprire le nostre comunità a un’esperienza di fraternità veramente evangelica e universale. Occorre, altresì, educare le comunità a comprendere che il dialogo è parte integrante della missione della Chiesa e che il confronto con le altre religioni non intende assolutamente sostituire l’annuncio del Vangelo. Il dialogo porta alla conversione reciproca dei partner verso l’unico Dio, Padre di tutti. Il prossimo 27 ottobre 2011, papa Benedetto XVI incontrerà, ad Assisi, i diversi leader delle religioni e, insieme ad essi, approfondirà il tema dello “spirito di Assisi”, facendo memoria delle diverse giornate di preghiera per la pace che ebbero come testimone e profeta Giovanni Paolo II, un gigante della storia del Novecento. All’ombra della Basilica di S. Francesco, là dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, si terrà il momento finale della giornata, con la rinnovazione solenne del comune impegno per la pace. In preparazione alla Giornata, papa Benedetto XVI presiederà in S. Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della Diocesi di Roma. Per essere «costruttori di fraternità e di pace», è necessario «parlare e dialogare con tutti», credenti o non credenti, «senza rinunciare alla propria identità o indulgere a forme di sincretismo». Così, nel comunicato diffuso dalla sala stampa vaticana, sono stati spiegati i principi dell’incontro interreligioso di preghiera per la pace che Benedetto XVI ha convocato per il prossimo 27 ottobre, ad Assisi, a 25 anni da quello voluto da Giovanni Paolo II. Si risponde indirettamente, a quanti – nelle file più tradizionaliste del mondo cattolico – sostengono che persone di fedi diversi non posso pregare insieme. La Giornata avrà come tema Pellegrini della verità, pellegrini della pace. Ogni persona umana è, in fondo, un pellegrino dell’Assoluto, in ricerca della verità e del bene. Anche l’uomo religioso rimane sempre in cammino verso Dio: da qui nasce la possibilità, anzi la necessità, di parlare e dialogare con tutti. Nella misura in cui il pellegrinaggio della verità è vissuto autenticamente, esso apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace. Per questo motivo, sono invitate a condividere il cammino dei rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali tradizioni religiose anche alcune personalità del mondo della cultura e della scienza che, pur non professandosi religiose, si sentono sulla strada della ricerca della verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo nostro mondo. L’immagine del pellegrinaggio riassume il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al tempo stesso, si volgerà lo sguardo al futuro, con il proposito di continuare, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a camminare sulla via del dialogo e della fraternità, nel contesto di un mondo in rapida trasformazione. San Francesco, povero e umile, accoglierà di nuovo tutti nella sua città, divenuta simbolo di fraternità e di pace. Egli stesso, d’altronde, si è sempre percepito come pellegrino e forestiero in questo mondo e, animato dalla misericordia di Dio e dall’amore per Cristo, s’incamminò per le strade dell’Oriente, in Egitto, per incontrare il Sultano e divenire suo amico.

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Questo nuovo incontro dimostra come la pace sia possibile e il dialogo una via concreta per la costruzione di una fraternità universale, dove le diversità e le alterità si affermano come risorsa e non quale ostacolo all’incontro tra popoli, culture e religioni. Lo “spirito di Assisi” è contro ogni forma di violenza religiosa e di fondamentalismo, ma anche di sincretismo. 6. Qual è il contributo delle religioni? Benedetto XVI, in occasione della 44ª Giornata mondiale per la pace, si è soffermato sulla libertà religiosa come via per la pace. Nella libertà religiosa «trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana» (Messaggio, n. 1). Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella stessa dignità della persona umana, la cui natura trascendente non deve essere ignorata o trascurata. Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura al trascendente, la persona umana si ripiega su se stessa, non riesce a trovare risposte agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare valori e principi etici duraturi, e non riesce nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta. In tal senso, la libertà religiosa è anche un’acquisizione di civiltà politica e giuridica. Dunque, è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. La libertà religiosa non è patrimonio esclusivo dei credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra e, come ogni libertà, pur muovendo dalla sfera personale, si realizza nella relazione con gli altri. Una libertà senza relazione non è libertà compiuta. La storia di Francesco d’Assisi e del Sultano d’Egitto, come anche di tanti altri profeti del dialogo, sembra dirci che il mondo ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori etici e spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un contributo prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale giusto e pacifico, a livello nazionale e internazionale. Dunque, il dialogo non è un’utopia come le altre, né uno strumento diplomatico, bensì la via per divenire costruttori di pace e di fraternità… Nel mondo complesso che abbiamo costruito, tutto si coniuga al plurale, comprese la cultura e la religione. Due grandi ostacoli condizionano la testimonianza dei credenti: la crisi dell’intelligenza e la difficoltà nella trasmissione dei valori. In tal senso, il dialogo tra le religioni rappresenta un’utopia originalissima perché è un bene e una profezia che si pongono davanti a noi, fino a quando l’unità dei popoli non si aprirà al senso di una fratellanza universale, così come auspicava san Francesco; ma è, altresì, una risorsa, perché, attraverso l’esperienza della fede, ogni persona credente lavora ininterrottamente per l’affermazione della giustizia e della pace. È da ricordare che, tutte le religioni, considerano la famiglia come ambito nel quale si apprende a vivere insieme, e che la terra d’origine è il luogo che plasma la nostra identità, e ancora che l’educazione non è un semplice fattore di conoscenza, bensì un’esperienza di vita attraverso la quale si trasmettono i valori fondamentali dell’esistenza. In ultimo, ma non meno importante, tutte le religioni considerano la necessità della vita interiore.

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MOMENTO DI PREGHIERA SUL TEMA C. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. T. Amen L Ricordiamo che per sentire intendiamo che le parole giungono fino a noi ma noi possiamo continuare a fare ciò che stiamo facendo, mentre per ascoltare intendiamo che le parole giungono fino a noi e che anche noi andiamo verso loro: c’è attenzione, si smette di fare ciò che si sta facendo, si fanno tacere altri suoni e altre voci. Proprio in quest’ottica cerchiamo di imparare ad ascoltare le voci che ci guidano verso un vero dialogo interreligioso e facciamolo secondo questa predisposizione spirituale all’aprire i nostri sensi a qualcosa di santo, quale è l’ascolto profondo e fraterno. Breve pausa di silenzio per l’adorazione personale

Canto C. Preghiamo insieme. T. O Dio, io credo con tutta l’anima che Tu esisti e che sei mio Padre. Eppure tante volte il senso della tua presenza mi si offusca, e ho difficoltà a tradurre la mia fede in preghiera, in dialogo con te. Tu sei un silenzioso e invisibile amico. Io so che tu mi parli nella bellezza della creazione, nella vita e nella parola di Gesù, negli avvenimenti quotidiani. Aiutami a dedicare ogni giorno un po’ di tempo a te, a fare silenzio per essere attento a questa tua parola, per ascoltarti. Apri il mio cuore a risponderti, per entrare in comunione con te e fare la tua volontà. Io ripeto l’invocazione dei discepoli: "Signore, insegnami a pregare". Breve pausa di silenzio per la riflessione Canto Ascolto L. Dal Vangelo secondo Giovanni ( 21, 15-17 ) Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli". Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?" Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle". Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle". Parola di Dio T. Rendiamo grazie a Dio

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L. La sequela Seguire Gesù significa essere disponibili ad assumere il suo modo di pensare, di volere e di amare; è assimilazione della sua dottrina, nutrirsi di tutte le sue parole senza lasciarne cadere una per imparare a seguire le sue orme, perché egli è la via che conduce alla verità e alla vita vera.

L.

Dal Vangelo secondo Giovanni ( 8, 4-11) Allora gli dissero: "Maestro questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici ?". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.

E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.

Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.

Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?".

Ed essa rispose: "Nessuno, Signore" E Gesù le disse: "Neanch’io ti condanno, va' e d’ora in poi non peccare più".

Parola di Dio

T. Rendiamo grazie a Dio L. Compassione E’ la caratteristica di chi tende a comprendere e ad aiutare ogni persona: animo pieno di amore vivo e disinteressato. Intima e profonda pena, sofferenza dello spirito: avere il cuore colmo di passione. Sentimento di commossa commiserazione che si prova dinanzi alle sofferenze altrui: avere, nutrire, provare, sentire pietà; con occhio di amore spassionato. Canto

Interiorizzo

L . Mi domando:

•••• Chi è Gesù per me? •••• La mia fede è fatta di osservanza di regole o è un rapporto personale con Gesù? •••• Come mi pongo alla sequela ? La mia compassione somiglia a quella di Gesù ?

L . Dagli scritti di Madre Teresa di Calcutta: "Devi amare senza aspettative, fare qualche cosa per l’amore fine a se stesso, non per quello che ne potrai ricevere in cambio. Se ti attendi qualche forma di ricompensa, non è amore: l’amore vero è amare senza condizioni e senza aspettative". L . Dagli scritti di don Alberione

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"Occorre la realtà della vita: il poco, il semplice, il tantino ogni giorno; verso una meta meditata, desiderata, consigliata, definita: non si viva di sogni, ma si parta dalla vetta e si proceda sul lento e sicuro cammino dei virtuosi".

L. Dall’insegnamento di Giovanni Paolo II "Il futuro del mondo e della Chiesa appartiene alle nuove generazioni. Cristo attende i giovani". Pausa di silenzio per la riflessione Canto

Intercedo C. Preghiamo perché alla luce della Parola la nostra vita sia sempre terra fertile. Ti chiediamo, Signore, il coraggio e la forza per seguirti, per essere in ogni circostanza autentici testimoni del tuo amore. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, la tua parola illumini la nostra vita G. Tante volte ci sembra difficile e doloroso camminare sulla strada; aiutaci a superare le paure che ci impediscono di abbandonarci a te a alla tua volontà, preghiamo. – Rit. Rit: Signore, la tua parola illumini la nostra vita G. Di fronte alle ingiustizie, alle guerre, alla violenza, ci sentiamo impotenti. Guida le nostre mani ad aiutare chi soffre, perché ogni essere umano possa ritrovare la propria dignità e sentirsi veramente figlio di Dio, preghiamo – Rit. G. Signore nella quotidiana frenesia che accomuna la nostra vita, ognuno si impegni a trovare un po’ di tempo per fare silenzio, per la preghiera e per l’ascolto attento delle tue parole, preghiamo – Rit. G. Per quanti lavorano con i mezzi di comunicazione, radio e televisione in particolare, perché trovino spazio per la tua Parola nel caotico vortice dei messaggi che ogni giorno trasmettono, preghiamo – Rit. G. Per i tanti giovani in cerca vocazionale, perché trovino aiuto, sostegno ed esempio in coloro che hanno scelto una vita di consacrazione al Signore, preghiamo – Rit. Preghiere spontanee Padre Nostro Preghiera conclusiva interreligiosa

T. Questo è il consiglio per chi pratica il bene e segue il sentiero della pace.

Che nessuno desideri il male, né guardi l’altro con sentimenti di odio. Che nessuno sfrutti od opprima l’altro, né lo umili né lo denigri in alcun modo. Che nessuno inganni o disprezzi l’altro, né serbi rancore nel proprio petto.

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Fratello, non rincorrere le vane apparenze e non anelare il successo mondano. Liberati dalle passioni che accecano e distruggono, ma coltiva invece la passione per ciò che è buono, vero e giusto. Amen.

Benedizione

Canto finale

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IV SETTIMANA (a partire dal 16 Ottobre)

Tema: GIUSTIZIA E PACE Obiettivo: ricordare che lo Spirito di Assisi affonda una radice fondamentale nei temi di giustizia e pace, in quanto valori ispiratori e del modus operandi del francescano nella sua vita quotidiana e nelle scelte che essa comporta (politiche di rispetto ambientale, acquisto ragionevole, sviluppo sostenibile, risparmio energetico, impegno politico responsabile) Come sviluppare il tema: lo si può approfondire nell’omelia domenicale, oppure attuare durante la settimana iniziative che possano far riflettere su tale tematica (tavole rotonde, formazioni ad hoc, cineforum, lettura critica di alcuni brani, ecc.) Suggerimenti:

• Per l’omelia domenicale – riferimento al comunicato vaticano del 2 Aprile 2011, che tratta proprio dell’importanza dei temi di giustizia e pace nella ricorrenza del 25° anniversario dello Spirito di Assisi.

• Per il cineforum – consigliato “Una scomoda verità” di Davis Guggenheim, che parla dell’impatto ambientale dello stile di vita occidentale, dando un taglio equo e solidale alle tematiche inerenti la salvaguardia e l’integrità del creato.

• Per una canzone – “Salvami” di Jovanotti presenta all’ascoltatore tutta una serie di situazioni nelle quali non esiste equità di rapporto tra due o più persone o fazioni, ponendo l’accento su quanto sarebbe bello se si riuscisse a vivere basandosi sul presupposto che ogni uomo nasce, oltre che libero, uguale, nei diritti e nella dignità, a tutti gli altri.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO SUL TEMA Introduzione

La celebrazione del 25° anniversario dello “Spirito di Assisi” costituisce un’occasione per riflettere sulla centralità che i valori di Giustizia, Pace e Integrità del Creato (GPIC) hanno all’interno della Chiesa e del carisma francescano.

La regola OFS richiama l’impegno per la GPIC all’art. 13 quando invita a stare con i poveri; all’art. 15 quando stimola all’impegno politico; all’art. 18 quando ricorda la cura del creato; e le Costituzioni ribadiscono i concetti: agli artt. 3 e 14 parlano dell’impegno nel mondo; agli artt. 10 e12 parlano della pace; all’art. 15 dell’uso dei beni.

Per i Frati faccio un riferimento alle Costituzioni Generali dei Frati Minori (di cui posso portare la documentazione) che all’art. 8 pongono GPIC nella descrizione dei dati fondamentali del carisma e dedicano l’intero cap. IV: “Pellegrini e forestieri in questo mondo” che definisce le modalità di vita e di missione di un francescano: essere sudditi e soggetti; inseriti nel luogo dei poveri nella piena condivisione di vita con essi; sobri per essere testimoni profetici contro i valori del consumismo e del profitto; operatori di pace attraverso la nonviolenza attiva; aperti contestatori della guerra e degli armamenti; strumenti di riconciliazione; pellegrini e forestieri, senza nulla di proprio e capaci di condividere; capaci di sostentarsi con il lavoro e di privilegiare l’aspetto della solidarietà e del servizio verso i poveri.

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Chiave di lettura

Il metodo che usiamo in questa scheda è il diretto riferimento a Francesco, alle sue scelte, alle sue modalità di tradurre nel concreto quanto riusciva a capire dal contatto con Dio. La vita di Francesco delinea un modello antropologico che ha queste caratteristiche:

� Dio è il centro e l’assoluto della vita “Tu sei il bene…” FF 261. � Dio è il creatore di tutte le cose che, in Gesù Cristo e nella forza dello Spirito, restituisce

all’uomo lo stato di originalità cioè la relazione armonica con Dio, con gli altri uomini e donne e con la creazione FF 1134.

� La Parola di Dio va accolta “sine glossa”, con entusiasmo e messa in pratica con immediatezza FF 356.

� Le situazioni di vita di Francesco sono frutto dell’incontro con Dio e con gli uomini: Francesco sente di essere una creatura nuova grazie all’esperienza mistica del perdono donatogli da Dio a Poggiobustone FF 363 e dal perdono ricevuto dal “bacio di pace” donatogli dal lebbroso FF 1407.

� Le scelte di Francesco: il rifiuto della guerra (la rinuncia a partecipare alle crociate) FF 328; la rinuncia alla logica del sistema liberista e alle forme classiste e gerarchizzate della sua società (la riconsegna al padre dei vestiti e dei beni FF 344 e il rifiuto di chiamarlo padre FF 1043) hanno valenza politica e la forza utopica, profetica e rivoluzionaria propria del Vangelo che “è il più potente e radicale agente di trasformazione della storia” (ETC, 38) e propongono alternative: Fraternità di uguali (nessuno si faccia chiamate priore FF 23), pacifica e nonviolenta, l’economia solidale, basata sul lavoro, sul dono e sulla condivisione, sulla solidarietà; sulla fraternità cosmica.

PACE

La pace è la ragione stessa della vita di Francesco “tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace” FF2252. Dio stesso lo impegna su questo: “Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: il Signore ti dia pace” FF 121.

Francesco si inserisce nell’alveo della visione profetica sulla pace presente all’interno della Bibbia. Credere di essere stati creati a immagine di Dio Trinità significa concepirsi come relazione. La Trinità è amore dialogante, è l’armonizzazione delle diversità nell’Unità. L’esperienza dell’Eden: il rapporto del uomo con Dio, tra gli uomini e le donne è il progetto di Dio per l’uomo e per l’intera creazione e resta il compito di renderla possibile in un società conflittuale come la nostra.

Dio è un Dio di Pace: protegge Caino Gn. 4,15; chiede conto del fratello Gn. 9,5; proibisce il sacrificio umano Gn. 22,12; libera dalla schiavitù Es. 12; comanda di non uccidere Es. 20,13; vuole che il suo popolo ripudi la guerra e divenga un popolo pacifico Is. 2,3-5); il Messia che porterà la salvezza sarà il principe della pace e della giustizia Is. 9,5-6 e instaurerà un regno di pace cosmica Is. 11,1-9. Gesù, che attua l’attesa messianica, fa della pace e della sua costruzione una beatitudine Mt. 5,5.9; stabilisce come nuova legge la nonviolenza e l’amore dei nemici Mt. 5,38-48; ricorda ai discepoli che la pace è il contenuto della missione evangelizzatrice Mt. 10,12; dà la pace come sua eredità Gv. 14,27 e la ridona ai discepoli come frutto della risurrezione Gv. 20,19-21. Le prime comunità cristiane vedono in Gesù la pace che annulla tutte le differenze e le divisione per una umanità riconciliata Ef. 2,14-18 e fanno della prassi della pace la ragione della loro vita: Rm 12,18; Rm. 14,17.19, fino a maturare la “regola d’oro” del rispondere al male col bene Rm. 12,17-21.

Francesco, perfetto imitatore di Cristo, fa della pace il contenuto primario dell’evangelizzazione FF 359 e 1428 e l’attività privilegiata del suo agire:

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- ricompone i conflitti tra poteri (vescovo e podestà) FF 253 ; 1676 e nelle città FF 1114, 1839

- ricompone i conflitti sociali e di classe con l’invito alla giustizia sociale e nella condivisione: il lupo di Gubbio FF 1852 e i Ladroni di Monte Casale FF 1669

- ricompone i conflitti religiosi e tra culture, ripudiando la guerra (anche quando la si dice giusta o santa o la si chiama con altri nomi equivoci) proponendo e attuando il metodo del dialogo interreligioso (il sultano) FF 422. Dall’esempio di Francesco e dai suoi scritti si può desumere una specie di identikit del

francescano che per essere se stesso deve essere un costruttore di pace: • la nonviolenza nel cuore: “la pace che annunziate con la bocca, abbiatela abbandonatemene

nei vostri cuori” FF 1469 • pacifici nel mondo: “quando vanno per il mondo non litighino…. FF 85 • sudditi e soggetti FF 43 • amare i nemici FF 158 • annunciatori di pace FF 86

Oggi poi il francescano entrando nel vasto movimento ecumenico, insieme alle Chiese sostiene che ”la violenza è contraria al volere di Dio e non può risolvere i conflitti, si impegna a superare la teoria della guerra giusta andando verso un impegno per la pace giusta” (messaggio finale dell’Assemblea Ecumenica internazionale per la pace, Kingstone 2011 e fa proprio l’appello delle Chiese: “La pace giusta invita tutti noi a essere testimoni con la nostra vita. Per perseguire la pace dobbiamo prevenire ed eliminare la violenza personale, strutturale e dei media, compresa la violenza contro le persone a causa della razza, della casta, del genere, dell’orientamento sessuale, della cultura o della religione. Abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri figli che meritano di ereditare un mondo più giusto e pacifico.

La resistenza non violenta è fondamentale per la via della pace giusta. La resistenza ben organizzata e pacifica è attiva, tenace ed efficace, nei confronti sia dell’oppressione e degli abusi dei governi sia delle pratiche imprenditoriali e commerciali che sfruttano le comunità vulnerabili e il creato. Riconoscendo che la forza dei potenti dipende dall’obbedienza e dall’acquiescenza dei cittadini, dei militari e, sempre più, dei consumatori, le strategie non violente possono comprendere atti di disobbedienza civile e non acquiescenza.

Nei limiti imposti dal linguaggio e dall’intelletto, proponiamo di comprendere la pace giusta come un processo collettivo e dinamico, tuttavia motivato, per liberare gli esseri umani dalla paura e dal bisogno, superare l’inimicizia, la discriminazione e l’oppressione e stabilire le condizioni per giuste relazioni che privilegiano l’esperienza delle persone più vulnerabili e rispettano l’integrità del creato.

Principi per una spiritualità della nonviolenza

1. Accettare se stessi in profondità, “chi sono io” con i miei errori, la mia debolezza. I miei limiti.

Questo mi aiuterà a liberarmi delle mie delusioni e delle mie false aspettative. 2. Rendersi conto che ciò che ci fa provare risentimento verso gli altri deriva dalla nostra difficoltà

ad ammettere quella stessa realtà in noi stessi. 3. Rendersi conto e rinunciare alla nostra violenza, essere attenti alle nostre parole, ai nostri gesti, al

modo di reagire. 4. Rinunziare al dualismo manicheo, alla mentalità che separa noi/gli altri, e che ci permette di

“demonizzare” l’avversario, che è la radice del razzismo e rende possibile le guerre e i conflitti. 5. Renderci conto che la “nuova creazione”, la costruzione di una “comunità dell’amore”, è uno

sforzo che va intrapreso con gli altri, non è mai l’impresa di uno solo. Ciò richiede pazienza e capacità di perdono.

6. Vedere noi stessi come parte di tutta la creazione sulla quale dobbiamo esercitare la custodia dell’amore, non il potere del dominio; renderci conto che la distruzione di ciò che ci circonda è un problema profondamente spirituale e non solo scientifico. “Noi siamo uno”.

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7. Imparare a percepire e a rispettare il sacro, “ciò che è di Dio” è in ogni persona e in ogni altra creatura; saper vedere la bontà di Dio in ciascun essere umano, in ogni essere creato, in ogni società. Questo ci rende più sicuri nell’andare avanti senza paura.

8. Essere disposti a soffrire con gioia, se ciò aiuta a liberare il divino, il sacro, l’amore negli altri. Questo include l’accettazione del nostro momento storico con i suoi traumi e le sue ambiguità.

9. Essere capace di celebrazione: celebrare la presenza di Dio dove essa è accettata, scoprirla e riconoscerla dove non lo è.

10. Adagio-pazienza. Piantare, innaffiare, coltivare i semi nei nostri cuori e attorno a noi. Lentamente cresceremo in amore, compassione, capacità di perdono e vangelo della nonviolenza.

Suor Rosemary Lynch, francescana e pacifista GIUSTIZIA

Quando parliamo della Giustizia abbiamo a che fare con il complesso mondo dell’economia e noi francescani siamo chiamati a confrontarsi sul come viviamo la povertà/minorità.

C’è un aspetto nella vita di Francesco che lega i problemi della giustizia con la pace. Francesco finalizza la povertà al mantenimento della pace FF 1428.

Francesco matura gradualmente la determinante scelta della povertà. L’incontro con il lebbroso, avvia in Francesco l’abbandono della sua casta privilegiata “scende da cavallo” per entrare nel mondo del Lebbroso FF 110, icona degli emarginati per poi mettersi dalla loro parte e al loro servizio FF 348. Lo stare di Francesco nel “luogo dei poveri” è una scelta di abbassamento per solidarietà fatta sull’esempio dell’agire di Dio nell’Esodo e di Gesù nell’incarnazione. Francesco per mandato divino chiama la sua fraternità col nome di “Frati Minori” FF 1710 per indicare che la collocazione della sua fraternità non sarà l’appartenenza al clero, alla nobiltà o alla borghesia, ma sarà tra i “minores”: i proletari, gli immigrati dalle campagne, i disoccupati e i poveri di ogni genere. Il termine Frati Minori sta ad indicare, quindi, il modo con cui essi devono essere presente nel Mondo. L’art. 66,1 delle Costituzioni dei Frati Minori, riprendendo la RnB FF 30, dice: “Per seguire più da vicino l’annientamento del Salvatore e per dimostrarlo più chiaramente, i frati abbraccino la vita e la condizione sociale dei piccoli, vivendo sempre tra loro come minori”. E la Regola dell’OFS: “Il senso di fraternità li renderà lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli…” art. 13

Come nelle intenzioni di Francesco, oggi è maturata la convinzione che essere “Frati Minori” e vivere la povertà significa sempre di più condividere la vita stessa dei poveri attraverso la scelta preferenziale degli ultimi (cfr. SrS, 42) Un secondo momento topico della vita di Francesco è la restituzione e la rinuncia ai beni nella piazza di Assisi FF 344-345. Con questo gesto Francesco rifiuta l’economia liberista e l’autorità del padre terreno, cioè la logica della gerarchizzazione e della struttura piramidale della società e della Chiesa e offre come alternativa l’economia del dono e della sobrietà della solidarietà e del lavoro poggia su questi capisaldi:

� povertà come libertà dalle cose, totale e concreta espropriazione dei beni che restano sempre finalizzati alla condivisione FF 77.

� Minorità come il superamento di qualsiasi forma di potere o di sete dell’avere (strutture di peccato” secondo la SrS, 37) FF 90

� Restituzione a Dio di tutte le cose come liturgia dell’amore, del rispetto delle cose e della creazione, della loro finalità e oggettività e della loro integrità FF 49 Francesco presenta questa dinamica come vocazione a Bernardo da Quintavalle, primo tra i

compagni, una vocazione verificata sulla Parola di Dio FF 601 Francesco si pone la domanda: di chi sono i beni? E si risponde che sono di Dio, un suo

dono da accogliere, custodire, valorizzare e non renderli mai oggetto di accaparramento egoistico e, allo stesso tempo, i beni sono dei poveri. Qui Francesco dispiega tutta la forza rivoluzionaria delle sue idee e delle sue scelte. Infatti sostiene che se uno possiede qualcosa in più di un povero, lo deve

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considerare proprietà del povero, un prestito ricevuto dal povero che ha diritto di riaverlo in modo immediato FF 679.

Il Concilio, nella Gaudium et Spes al n. 69 sancisce questo principio, la Dottrina Sociale della Chiesa lo inserisce nell’affermazione degli altri principi: bene comune, destinazione universale dei beni, solidarietà e condivisione (cfr Compendio della Dottrina sociale della Chiesa nn 164-184. 192-196). Francesco ha testimoniato e vissuto una prassi innovativa dalla parte dei poveri, oggi si constata che le affermazioni teoriche della DSC non sono passati adeguatamente nella prassi dell’economia ai vari livelli: personali, familiari, comunitari e nazionali.

DECALOGO O VADEMECUM PER UN COMPORTAMENTO ETICO

1. Lo stile di vita del francescano deve essere sobrio e radicato sull’effettiva espropriazione/povertà sul

superamento del desiderio di possesso e sulla restituzione per contestare i modelli consumistici delle nostre città.

2. La povertà orienti il francescano all’opzione preferenziale dei poveri intesa come forma di primato nell’esercizio della carità cristiana e faciliti l’assunzione della responsabilità, soprattutto verso i lebbrosi del nostro tempo.

3. La scelta preferenziale dei poveri non comporta soltanto l’elezione dei poveri come soggetti privilegiato dell’opera della salvezza, ma aiuta a guardare a Dio, al mondo e alla storia dalla loro angolatura. Un Dio che comanda l’elemosina e l’aiuto ai poveri può anche piacere, ma un Dio che chiede di mettersi nella loro condizione è scomodo e provoca scandalo” (Lo riconobbero nello spezzare il pane. N. 5)

4. L’agire di Dio creatore sta alla base della dignità, unità e uguaglianza di tutte le creature e questo genera l’impegno per la difesa e il sostegno del principio del bene comune a cui devono contribuire tutti i membri della società a seconda della propria capacità (cfr. DSC nn 164 e 166).

5. L’espropriazione e la restituzione supportano il principio della destinazione universale dei beni, che nella difesa del diritto del povero ha la priorità sulla proprietà privata.

6. Il pieno inserimento di Francesco nel mondo dovrebbe trovare, da parte nostra, il corrispettivo nella partecipazione alla vita sociale e politica perché ogni cittadino ha il diritto/dovere di dare il suo contributo alla vita sociale, economica, politica e culturale della comunità. A proposito la democrazia, oggi, deve essere sempre più partecipativa e meno della delega.

7. La condivisione con i poveri, specifico della vita del francescano, deve essere vissuto come solidarietà, cioè la determinazione ferma e perseverante di impegno per il bene comune, ossia il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti (cfr. SrS, 38).

8. Lo stare con i poveri e l’impegno di trasformazione della storia richiede seri percorsi di formazione alla socialità, all’agire per la trasformazione del mondo del lavoro, per formare all’impegno politico e ad una prassi economica umanizzata (Le comunità educano al sociale e al politico, n. 2). L’attività educativa, poi, deve essere attenta alla particolare situazione del sud Italia e formare alla cultura della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione, della sana impresa nel rifiuto della illegalità (cfr Per un paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno, n. 2).

9. La povertà/minorità mette in discussione gli stili di vita che necessariamente devono cambiare, assumendo le forme dell’economia solidale. Per esempio: l’uso del commercio equo e solidale che promuove giustizia sociale, economica e lo sviluppo sostenibile; bilanci di giustizia che aiutano a revisionare il bilancio del singolo, della fraternità e delle famiglie in base a dei criteri di pace, giustizia e ambiente; consumo critico che orienta le spese sui prodotti che garantiscono la sostenibilità del processo produttivo, l’eticità del trattamento accordato ai lavoratori, la biologicità dei prodotti e che siano a Km zero; gruppi di acquisto solidali per privilegiare l’economia locale; uno stile di vita sobrio che soddisfa i bisogni veri e non quelli indotti; investire il proprio danaro nelle banche etiche che facilitano l’accesso al credito a soggetti economici deboli, ad organizzazioni del terzo settore che producono utilità sociale, ambientale e culturali.

10. Essere creativi nell’impegno sociale. Come i francescani del passato, che organizzarono i Monti di Pietà, occorre avere fantasia e utopia e tentare di inventare nuove forme di economia per meglio servire i poveri .

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ECOLOGIA

Il mondo oggi versa in uno stato di declino ecologico che coinvolge la responsabilità di tutti. Alla base dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale – diceva Giovanni Paolo II nella CA, n. 37 – c’è un errore antropologico… l’uomo consuma in maniera eccessiva e disordinata le riserve della terra per la sua stessa vita… Si impone una “conversione ecologica”. E’ l’uomo che deve cambiare dando priorità all’ecologia della mente che fa intendere il rapporto con l’ambiente come una nuova alleanza che l’uomo deve stabilire col suo habitat e con il suo simile. L’essere umano deve controllare il suo istinto di aggressività, di esclusione, di distruzione a vantaggio della cultura della cura.

Quando abbiamo bisogno di un nuovo modello antropologico, Francesco è sicuramente il riferimento obbligato. La vita e le scelte di Francesco: la centralità di Dio, Trinità creatrice di tutte le cose, la pace, la povertà/minorità gli fanno riscoprire la creaturalità e l’armonia tra gli esseri viventi e le altre creature e, quindi, capace di riproporsi come nuovo modello anche nel modo di relazionarsi con la creazione cfr. FF 71 Alcuni tratti della vita di Francesco

� Francesco nel rapportarsi a Dio sperimenta l’armonia delle origini: FF 1134; � Francesco supera la visione antropocentrica verticistica per privilegiare una relazione più

cosmocentrica e comunionale con tutte le creature: FF1145; � Francesco vede nelle creature il “sacramento” di Dio e il luogo della contemplazione: FF

458; FF 750; � Francesco prega con la natura e la invita a lodare il Signore: FF 459; insegna ai frati a fare

altrettanto: FF 1069; Il “Cantico delle Creature” FF 263 è l’espressione più compiuta di questo modo di sentire di Francesco.

� Francesco non disdegna la dimensione estetica nel rapporto con la creazione e pensa che bisogna conservarla per le future generazioni: FF 750;

� In modo sublime. Poi, Francesco ha un amore di tenerezza e di convivialità con le creature animate e inanimate: FF 458 e 461

Spiritualità della creazione

Il modello di vita presentataci da Francesco ha al proprio interno elementi che evidenziamo per delineare una spiritualità della creazione.

A. visione biblica - la creazione è un ecosistema, con una ricca biodiversità, retta e governata da Dio che si

compiace della sua bellezza Prov. 8,22-31; Gen 1,1-11 - la terra è di Dio che la distribuisce a tutti secondo il principio della destinazione universale

dei beni Sal 24,1; Lev. 25 - la creazione è frutto dell’amore di Dio, ogni creatura ne porta l’impronta e ha una sua

dignità, soggettività, sacralità: le creature hanno una strettissima correlazione (stessa materia, stessa origine e stessa finalità); le creature sono poste in armonica relazione tra di loro, con l’uomo e con Dio Gn 1.1-11

- la creazione è affidata all’uomo sia perché rappresenti Dio all’interno di essa. Essere Signore sullo stile stesso di Dio che mantiene in vita le cose con il suo amore Sap 1,12-15; 11,24-12,1 e perché l’uomo sia il custode che si prende cura del creato Gn 2,15.

- Al culmine della creazione Dio pone il sabato, il riposo che vale per l’uomo e per la terra Lv 25,2-7. Il sabato è un modo di essere dell’uomo, è il dare spazio alla sua dimensione contemplativa che gli permette di ritrovare e ricostruire i giusti rapporti con Dio e la creazione per ricomporne l’armonia, per sviluppare l’attitudine a convivere con le creature a

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stabilire con esse una relazione di profonda fraternità; per sviluppare l’atteggiamento di venerazione e commozione di fronte alla creazione.

B. Visione teologica

Noi professiamo la fede in “Dio creatore del cielo e della terra, delle cose visibili e invisibili” e questo comporta credere nel creatore e vivere come creature, cioè accoglier Dio come fonte di tutto ciò che esiste; firmare un patto di simpatia e solidarietà con cui il creato malgrado il fallimento e le violenze che ci sommergono; riconoscere che siamo creature creatrici, capaci di sviluppare la cultura della cura come modo di essere nel mondo.

Grazie alla cura non vediamo più la natura e tutto ciò che in essa esiste come oggetto, ma sperimentiamo gli esseri come soggetti come valori, come simboli che rimandano ad una realtà originaria. L’essere umano ascolta la natura,si mette accanto alle cose, insieme ad esse e si sente unito ad esse, coesiste con tutti gli altri. La relazione con le creature è di convivenza, interazione e comunione. C. Visione etica

Dalla visione di Francesco, quella biblica e quella teologica bisogna arrivare a mettere in discussione i propri stili di vita.

L’ecologia della mente, di cui abbiamo parlato fin’ora, va coniugata sempre con l’ecologia politica e l’ecologia sociale. Senza la politica che deve fare le scelte per le fonti rinnovabili, per la tutela del diritto all’acqua, all’aria pulita, al suolo, alle foreste, ecc. per il superamento delle guerre per l’accaparramento delle risorse e senza la società che deve divenire essa stessa sostenibile e praticare la giustizia economica, la rimozione delle cause delle povertà che diventa la causa dello sfruttamento del pianeta; senza, cioè, l’interazione dei vari aspetti dell’ecologia non si può mettere in atto una vera salvaguardia del creato.

Il cambiamento dei modelli di vita, però, resta decisivo per la sopravvivenza del pianeta. Dobbiamo coinvolgerci sia singolarmente, sia come fraternità, sia come famiglie e gruppi e acquisire una nuova mentalità e un più attento modo di agire. Tra l’altro bisogna:

� Essere convinti che la salvaguardia del creato è parte integrante della fede; � Conoscere in modo capillare il proprio territorio, imparare ad esserci dentro e amarlo come

porzione concreta di territorio che Dio ci affida, entrare in una relazione empatica con esso per condividerne la sofferenza e le ferite e camminare insieme verso la liberazione dei figli di Dio;

� Saper delineare con la propria testimonianza una spiritualità ecologica; � Valorizzare la bellezza, la ricchezza e l’espressività della liturgia lungo tutto l’anno liturgico

perché fa riferimento costante alla nostra relazione con la creazione; celebrare la giornata del creato;

� Conoscere l’esatto impatto ambientale delle nostre fraternità e famiglie per un modello di vita ecocompatibile;

� Promuovere uno stile di vita orientato ai criteri della sostenibilità e della giustizia sociale e dare supporto ad ogni sforzo mirante ad un’economia che risponde agli stessi criteri; sviluppare, cioè, uno stile di vita responsabile e sostenibile libero dalla spinte consumistiche;

� Inserire le tematiche ambientali nei propri momenti formativi; � Vivere e proporre modelli di comportamento ecologico: alimentazione sana (cibi biologici,

commercio equo, gruppo di acquisto solidali, ecc), ecologia domestica (uso parsimonioso dell’acqua, dell’energia, del riscaldamento, degli elettrodomestici, dei detersivi, dell’automobile, ecc.);

� Prendersi cura dei parchi, delle aree protette e del verde pubblico;

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� Collaborare con singoli e associazioni che operano per la soluzione dei problemi ambientali sia del proprio territorio che di quelli nazionali e internazionali.

UN MODELLO DI VITA Decalogo tratto dagli scritti di San Francesco

1. Sii uomo nel creato, fratello tra fratelli. 2. Abbraccia tutti gli esseri creati con amore e devozione. 3. Ti è stata affidata la terra come giardino; reggila con sapienza. 4. Abbi cura dell’uomo, dell’animale, delle erbe, dell’acqua e dell’aria per tuo amore e perché

la terra non ne resti priva. 5. Usa le cose con parsimonia perché la dissipazione non ha futuro. 6. Ti è dato il compito di svelare il mistero del cibo: perché la vita si nutra di vita. 7. Sciogli il nodo della violenza per comprendere quali siano le leggi dell’esistere. 8. Ricorda che il creato non riflette solo la tua immagine, ma di Dio altissimo porta

significazione. 9. Quando tagli l’albero lascia un virgulto perché la sua vita non venga troncata. 10. Cammina con riverenza sulla pietra poiché ogni cosa ha il suo valore.

MOMENTO DI PREGHIERA SUL TEMA Guida : La preghiera per la pace non è un elemento che «viene dopo» l’impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore dello sforzo per l’edificazione di una pace nell’ordine, nella giustizia e nella libertà. Pregare la pace significa aprire il cuore umano all’irruzione della potenza innovatrice di Dio. Pregare per la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all’interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Pregare per la pace significa ritrovare il giusto equilibrio nel rapporto con la creazione: custodia e cura del creato, contemplazione e rispetto, unirla nel comune sforzo verso l’ottenimento del dono ella libertà dei figli di Dio. Pregare per la pace significa pregare per ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel coraggio che è necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese subite e porsi come strumento di riconciliazione, di nonviolenza per costruire la fraternità umana e cosmica. Canto iniziale Presidente Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Tutti Amen. Presidente La pace, la carità e la fede da parte di Dio Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi. Tutti E con il tuo spirito. Presidente Dio ineffabile di amore, fonte di ogni benedizione, dispensatore di ogni consolazione, che invii la pace a chi l’accoglie: aprici, in questo giorno, l’oceano del tuo amore e, a fiumi ricolmi, irrigaci con le ricchezze della tua grazia

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e con le dolcissime primavere della tua bontà. Fa’ di noi i figli della tranquillità e gli eredi della pace, accendi in noi il fuoco del tuo amore, semina in noi il timore del tuo nome, irrobustisci la nostra debolezza con la tua forza, legaci intimamente a te e fra noi con il vincolo solido e indissolubile dell’unità. Amen. [dalla liturgia siriaca] Atto Penitenziale: “La pace nasce da un cuore rinnovato dal perdono” Guida: Una vera pace è resa possibile soltanto dal perdono, perché conduce la persona ad un’umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore. Il perdono ha una radice e una misura divina. Per questo ora insieme lo invochiamo. Un solista proclama le invocazioni, tutti intervengono cantando il Kyrie… Tutti Kyrie, Kyrie eleison (due volte) Solista

� Signore, che pieghi la durezza dell’uomo e lo rendi disponibile alla riconciliazione… � Signore, che agisci nell’intimo dei cuori perché i nemici si aprano al dialogo… � Signore, che ispiri sogni di pace perché i popoli si incontrino nella concordia… � Signore, che conosci le vie capaci di raggiungere e trasformare i cuori più induriti… � Signore, che non hai abbandonato l’uomo in potere della morte, ma nella tua

misericordia a tutti sei venuto incontro… � Signore, che hai mandato tuo Figlio ad annunziare libertà ai prigionieri, gioia agli

afflitti… � Signore, che con la forza del tuo Spirito continui a radunare in una sola famiglia i

popoli della terra… � Signore che continui a mettere nel cuore dell’uomo l’utopia della trasformazione

delle armi in falci…. � Signore che continui ad affidare agli uomini e alle donne la creazione perché la

coltivino e la custodiscano Presidente O Dio, nostro Padre, il tuo perdono risana le ferite negli animi e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Fa’ scendere su di noi la ricchezza della tua misericordia e accogli nel tuo abbraccio di amore ogni persona e ogni popolo perché ciascuno, sciolto dalle catene delle proprie colpe, possa sollevare lo sguardo verso un futuro di pace. Per Cristo nostro Signore. Tutti Amen Presidente In Cristo, che ci ha resi tutti fratelli con la sua croce, scambiatevi un segno di riconciliazione fraterna. Canto DONA LA PACE . LODE AL SIGNORE Guida:La storia della salvezza narrata nella Sacra Scrittura proietta grande luce sull’intera storia del mondo, mostrando come questa sia accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa e provvida di Dio,

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che conosce le vie per toccare i cuori più induriti e trarre frutti buoni anche da un terreno arido e infecondo. Tutti Eterno sarà il tuo amore per noi Solista � Dio grande e misericordioso, fin dall’inizio hai benedetto le tue creature, l’uomo e la

donna, perché vivessero nella pace e fossero feconde… � Per impedire l’accendersi della vendetta, hai posto il tuo segno su Caino, perché

nessuno lo colpisse… � Al tempo di Noè hai posto il tuo arco tra le nubi come segno del patto di pace e di

vita tra te e ogni vivente… � Hai benedetto Giacobbe e gli hai fatto il dono più grande: il perdono del fratello

Esaù… � Ascoltando le suppliche di Mosè, tuo servo, hai perdonato il tuo popolo che si era

allontanato dalla tua alleanza, costruendosi un idolo con le proprie mani… � Nella tua sapienza hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare l’uomo… � Hai annunciato attraverso i tuoi profeti un’era nella quale fiorirà la giustizia e

abbonderà la pace fino ai confini della terra… � Ci hai mostrato la gioia della riconciliazione, abbracciando il figlio perduto e facendo

festa per il suo ritorno… � Il tuo Figlio Gesù sul Calvario ha risposto all’oltraggio con l’amore e ha invocato il

perdono per i suoi carnefici… � Inchiodato alla croce, ha aperto al buon ladrone il tuo Regno, insegnandoci ad

annullare il male nel bene, in un abbraccio di perdono e di accoglienza… � Risorto, è apparso ai suoi salutandoli con l’augurio di pace e donando loro lo Spirito

per donare al mondo intero riconciliazione e perdono… Tutti O Dio, Padre onnipotente, nel Verbo, tuo Figlio, ci hai amati prima della creazione del mondo e nel suo Spirito vuoi che esistiamo, partecipi della vita senza fine. Unanimi, a te innalziamo la nostra lode: tu distruggi gli odi e plachi ogni rancore, alimenti in tutti la passione per la verità l’amore per la libertà, il desiderio del dialogo. Nella tua misericordia sostieni e conforta le vittime di ogni ingiustizia e accendi nei cuori la fiamma della tua carità. In comunione con la Madre di Gesù e tutti i santi testimoni della fede innalziamo a te il canto della nostra vita, anticipo del cantico nuovo nella Gerusalemme del cielo dove ogni lacrima sarà tersa e nuove saranno tutte le cose. (Mentre viene distribuito un messaggio di pace si esegue il canto) CANTO PREGHIERA SEMPLICE Ascolto Dal Magistero della Chiesa “Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i beni creati debbono essere partecipati equamente a tutti secondo la regola della

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giustizia, inseparabile dalla carità (…) Del resto, a tuti gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé e alla propria famiglia (…) Colui che si trova in estrema necessità ha il diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui” (GS 69). L’opzione, o amore preferenziale dei poveri è una forma speciale di primato nell’esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa. Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni. Oggi, poi, attesa la dimensione che la questione sociale ha assunto, questo amare preferenziale, con le decisioni che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore: non si può non essere speranza di un futuro migliore: non si può non prendere atto dell’esistenza di questa realtà. L’ignorarle significherebbe assimilarci al ricco epulone, che fingeva di non conoscere Lazzaro il mendico, giacente fuori dalla sua porta. La nostra vita quotidiana deve essere segnata da queste realtà, come pure le nostre decisioni in campo politico ed economico. (SrS, 42) Tutti Noi non crediamo al diritto del più forte, al linguaggio delle armi, alla potenza dei

potenti. Noi crediamo alla dignità dell’uomo, alla forza dei piccoli, alla potenza dei non violenti. Non crediamo nella indifferenza per quanto succede lontano da noi. Crediamo che il mondo intero è casa nostra, un campo in cui seminiamo, a in cui tutti

potranno mietere ciò che è stato seminato. Non crediamo che la guerra e la fame siano inevitabili e la pace e la giustizia

inaccessibili. Crediamo nelle piccole azioni, all’amore delle mani nude, ai tentativi poveri per cambiare

l’oggi, per cambiare ciò che sembra insolubile. Non crediamo che questi piccoli tentativi siano vani e che il fallimento, la delusione, la

stanchezza vinceranno la buona volontà e l’entusiasmo. Osiamo credere sempre e malgrado tutto nell’uomo nuovo. Osiamo credere al sogno di

Dio stesso: nuovi cieli e terra nuova, in cui abiteranno la giustizia e l’amore. Noi non crediamo che la nostra testarda speranza sia un’illusione. Noi crediamo che possiamo e dobbiamo sperare perché la stessa nostra esperienza ci dice

che c’è il buio ma c’è anche la luce e la luce invade l’oscurità e l’amore non viene mai meno.

Canto di conclusione: ALTO E GLORIOSO DIO

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PARTE SECONDA

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“VEGLIA DI PREGHIERA PER LA PACE NELLO SPIRITO D'AS SISI”

Memoria e profezia

Guida: Ha ancora grande risonanza L’I NCONTRO ECUMENICO svoltosi ad Assisi 25 anni fa, il 27 ottobre 1986, in occasione della GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE, dove si riunirono tutte le confessioni, per condividere la fraternità in Dio di tutta la grande famiglia umana. Esso fu un vero atto di fede. L'incontro inter-religioso di Assisi, esclusa ogni equivoca interpretazione, ha voluto ribadire la mia convinzione che «ogni autentica preghiera è suscitata dallo Spirito santo, il quale è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo», scriveva Giovanni paolo II nella Redemptoris missio (Rm 46). In risposta all’invito delle Nazioni Unite in merito alla dichiarazione del 1986 come Anno di Pace, il Santo Padre espresse la convinzione che nessun cristiano, né essere umano che crede in Dio può rimanere indifferente di fronte al problema della pace che ci tocca così da vicino. Il Papa, convinto dell’efficacia della preghiera nel cammino della pace, invitò non solo tutti i cristiani, ma anche i leader religiosi delle altre religioni. Nella ricorrenza dei 25 anni vogliamo fare memoria per essere profezia di pace.

CANTO INIZIALE

Cel.: Siamo stati chiamati per vivere insieme questa esperienza di ascolto, di preghiera e di fraternità, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. T.: Amen. Cel.: Il Signore nostro Gesù Cristo, che ci riconcilia a sé con il suo amore e ci dona la sua pace, sia con tutti voi. T.: E con il tuo spirito. Cel.: Chiediamo al Signore di alimentare in noi la consapevolezza che la pace comincia dalla nostra personale disponibilità a donare il perdono, a moltiplicare l'offerta della solidarietà e dell'accoglienza. Apriamoci all'ascolto della Parola che salva, invocando in mezzo a noi la presenza dello Spirito Santo, che è Spirito di riconciliazione e di pace.

CANTO DI INVOCAZIONE DELLO SPIRITO

Cel.: Dinanzi alla Parola di Dio ci troviamo sempre insufficienti e limitati nel nostro impegno a favore della pace. Chiediamo al Signore di aprire il nostro cuore alla sua misericordia.

Diciamo insieme: Signore, abbi pietà di noi.

Per tutte le volte che, chiusi in noi stessi, non sappiamo fare della riconciliazione lo stile della nostra vita. Rit.

Per tutte le volte che attendiamo dall'altro il primo passo sulla via del perdono e del dialogo. Rit.

Per tutte le volte che non accogliamo il dono che il Signore pone nel profondo del nostro cuore e che ci rende capaci di offrire il perdono ai fratelli. Rit.

Per tutte le volte che non siamo disposti ad assumerci come segno del nostro essere cristiani l'impegno della pace a partire dall' esigenza della riconciliazione. Rit.

Per tutte le volte che abbiamo considerato la pace un bene di nostro esclusivo uso e consumo e non ci siamo preoccupati degli altri. Rit. Per tutte le volte che, pur desiderando la pace, non abbiamo avuto il coraggio di assumerci la responsabilità di compiere scelte in favore di essa. Rit.

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Per tutte le volte che abbiamo delegato l'impegno di costruire la pace ai politici e ai capi delle nazioni, e non abbiamo compreso l'esigenza di pace di coloro che ci vivono accanto. Rit. Per tutte le volte che non abbiamo confidato nella preghiera e nella presenza dello Spirito di pace che è in noi. Rit..

Cel.: Dio dei nostri padri, grande e misericordioso, Signore della pace e della vita, Padre di tutti. Tu hai progetti di pace e non di afflizione, condanni le guerre e abbatti l'orgoglio dei violenti. Tu hai inviato il tuo Figlio Gesù ad annunziare la pace ai vicini e ai lontani, a riunire gli uomini di ogni razza e di ogni stirpe in una sola famiglia. Ascolta il grido unanime dei tuoi figli, supplica accorata di tutta l'umanità: mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza, minaccia per le tue creature in cielo, in terra e in mare. In comunione con Maria, la Madre di Gesù, ancora ti supplichiamo: parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli, ferma la logica della ritorsione e della vendetta, suggerisci con il tuo Spirito soluzioni nuove, gesti generosi e onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa, più fecondi delle affrettate scadenze della guerra. Concedi al nostro tempo giorni di pace. (Giovanni Paolo lI)

T.: Amen

L’esempio dello spirito di Assisi: il dialogo tra San Francesco ed il Sultano Sultano: - Sono sorpreso che tu sia riuscito a superare le linee del fronte fino ad arrivare qui, uomo santo. Francesco: - Anch’io sono sorpreso di vedervi, Signor Sultano, pensavo che avrei subito la sorte dei martiri. Sultano: - Vi assicuro che non era improbabile. Francesco: - Ed il martirio giunge ad un grande costo! Sultano: - Purtroppo, entrambi abbiamo una lunga tradizione di martiri. Tuttavia, ho imparato che il martirio, in se stesso non è mai una virtù. Francesco:- Decisamente. I miei fratelli hanno cercato di convincere voi e il vostro popolo per più di cinque anni a cedere alla fede di Gesù Cristo. In Marocco, oltre 3 anni fa, alcuni ne hanno pagato il prezzo. Sultano:- Da quello che ho sentito, erano terribilmente insistenti sulla conversione dei marocchini. Hanno provocato la sensibilità delle persone che, alla fine, hanno concesso loro il martirio che cercavano. Francesco: - E’ proprio questo il punto. I martiri raramente hanno il piacere di avere una lunga e cordiale chiacchierata con i loro avversari. Se avessero dialogato tra loro ed avessero imparato a rispettarsi l'un l’altro forse il martirio sarebbe stato altrettanto arcaico che la costruzione delle piramidi. Sultano: - Sei dunque venuto a dialogare? Francesco: - Non vedo altro modo per raggiungere la comprensione, e voi? Sultano: - Ma oltre il tentativo di convertirci l’un l'altro alla vera Fede, cosa abbiamo da dirci? Francesco:- La storia della vostra saggezza vi precede. Avete studiato in mezzo a noi, siete amico del nostro imperatore, avete sete di conoscenza e di verità. So che avete molto da insegnarmi. Sultano: - Quindi non sei venuto ad insegnare, ma ad imparare? Francesco: Non c’è forse insegnante migliore di chi è disposto ad imparare? Sultano:- Per essere un piccolo uomo, sembra che tu ne sappia in tema di saggezza! Francesco:- Non ne sono sicuro. Nel venire qui, avevo mille domande:perché i vostri soldati sono stati così cortesi con me, perché mi è stato permesso di attraversare tutti i posti di blocco, perché tutti si sono fermati per la preghiera lungo il nostro tragitto, perché hanno dei grani come di una collana nelle loro mani, perché si inchinano davanti a me con riverenza, la loro

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fede sembrava così vera. . . . Sultano: - Sì, sì, ho capito, hai un sacco di domande. Francesco:- E’ questo che mi porta qui, una persona senza domande è una persona che non ha occhi per vedere. Sultano:- Ho sempre pensato, al contrario, che voi cristiani pensiate di avere tutte le risposte, anche se naturalmente, so che difficilmente tenete a bada il fanatismo ipocrita. Francesco:- Oserei dire che la vostra risposta mostra segni di umiltà, una virtù a me molto cara. Perché costruiamo risposte semplici a domande complicate? Sultano: - Stiamo lottando entrambi per difendere le nostre terre sante dalla profanazione. Il problema è che voi credete che siamo noi a dissacrarle, mentre noi siamo terrorizzati al pensiero che voi possiate riprenderne il controllo e perpetuarne la dissacrazione. E la battaglia continua! In teoria, con sufficienti scorte di danaro e di odio si potrebbe continuare questa battaglia,uccidendo un pagano dopo l'altro - ma chi è il pagano in realtà? - fino a quando non rimarrà nessuno ad eccezione di noi due. A quel punto, di chi sarebbe la vittoria? Francesco:- Che vantaggio c'è a vincere? Sultano:- Se vinco, allora sarò sicuro che Allah sarà lodato, e che tutte le persone adoreranno lui solo. Francesco:- Allora, mi sembra che in questo caso non si desideri la pace ma solo la vittoria. Sultano:- E qual è la differenza? Se si può porre fine a questo orribile fratricidio, perché non è altro che questo sai? Se siamo in grado di fermare questa inutile strage,avremo finalmente la pace. Francesco:- Ma Sultano, signore, non è possibile che nella vostra mente crediate che la pace sia una semplice vittoria, che una “Vittoria” possa cancellare i conflitti, mentre sapete bene che porterà solo odio e continui tentativi di vendetta, non la pace. Sapete bene che non c’è né vittoria né pace quando una delle parti "vince". Sultano:- Vedo che ho davanti a me un nemico più grande di quanto avessi immaginato! Francesco:- Hai di fronte solo un fratello contro il quale combatti. Sultano: - Se solo potessimo agire nella consapevolezza di provenire tutti dallo stesso Creatore! Se solo potessimo vedere l'un l'altro attraverso gli occhi del Grande e del Santo. Francesco:- Ora le tue parole hanno senso. Hai finalmente smesso di parlare di vittorie ed hai cominciato a parlare della realtà. Sultano: Realtà? Il sangue che vedo ogni giorno è reale, scorre dai figli, dagli sposi e dagli zii di uomini veri. Anche se i loro pensieri prima della morte sono stati di rabbia o di odio o di giustizia, vi posso assicurare che non furono questi i loro ultimi pensieri. Mentre la vita scivolava via devono essersi chiesti "A che costo?" La realtà è una parola vietata sul campo di battaglia. Se avessimo tenuto conto della realtà, non ci saremmo mai incontrati in queste trincee infernali ma saremmo tutti diretti verso casa, da coloro che amiamo e vogliamo preservare da ogni male e di cui abbiamo cura. Francesco: - Una cura che è solo precaria e ingannevole, se mi permette Sultano. Preservati per cosa? Da che cosa? Per quanto tempo? Se non siamo in pace con il nostro Dio e non si conosce la saggezza dell’ amore verso il prossimo, tutto il nostro prossimo, non avremo mai la sicurezza che viene solo dall’ amore per entrambi, Dio e il prossimo. Ho imparato che la sicurezza arriva solo quando io NON sono al sicuro, quando vivo al servizio degli altri attraverso quello che gli altri desiderano da me. Sultano: - C'è qualcosa di profondo in questo altruismo! Quando la nostra coscienza crescerà a tal punto nella tenerezza da farci agire per evitare la miseria umana, piuttosto che vendicarla? Francesco:- Vedo che tu ed io abbiamo un obiettivo comune: tenere Dio al di fuori di questa orribile guerra combattuta nel nome dell'Onnipotente! Sultano:- Perché glorificare le nostre battaglie, fregiandole di un mandato divino? Francesco:- Almeno ora si parla di pace vera. . . Sultano: -e di vera vittoria. Francesco: - Chi vince se il nostro Dio è sconfitto?

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Sultano:- E Allah potrà mai rivendicare la vittoria quando i suoi figli e le figlie sono macellati e agonizzanti? Francesco:- Vedi, anche tu hai domande da porre. Se solo il nostro mondo avesse avuto il coraggio di vivere queste domande. Io so che tu riconosci il mio Signore e Maestro, come un grande profeta, e so che sai apprezzare le sante Parole che ci ha lasciato: a meno che non moriamo a noi stessi per vivere per Dio e per il prossimo, a meno che un seme non cada a terra e muoia, rimane solo un chicco di grano, condannato a non dare frutto. Sultano:- E se invece muore, è davvero nato a una vita nuova Francesco: - Sì. L'amore non è morto sulla croce, ha semplicemente scelto di non combattere, ha dato vita ad un amore senza fine. Sultano:- Un amore vero ed eterno, l'amore del Creatore, ritenendo preziosa ogni particella di ciò che il Creatore ha concepito. Francesco: - Ed il creato non è forse tutto riassunto in una parola? Una sola realtà: PACE, uno dei nomi di Dio. Sultano: - Infatti! Il nostro dialogo mi aiuta a credere che la pace è possibile. Per questo sia lode ad Allah! Francesco: - Sì, parlare con te mi ha fatto conoscere la bontà del Signore, che è ben più grande di quanto potessi immaginare. Desidero così tanto pormi quelle domande che aprono orizzonti impensati e permettono incontri inattesi, come l’aver conosciuto una persona preziosa come te. Sultano:- Sono pochi gli uomini dai quali posso sentire queste parole e fidarmi della loro sincerità. Francesco: - Sultano, io sono un uomo povero. Non ho niente da offrirti se non la mia onestà. Sultano: - Allora, ti ringrazio in tutta umiltà. Se non ti avessi permesso di arrivare fino a me in questo accampamento, in questa notte, non avrei mai potuto capire quanto prezioso può essere un Cristiano. Francesco:- Quali e quante scoperte possiamo fare quando ci lasciamo esplorare? Sultano:- E che cosa significa esplorare se non intraprendere un viaggio che tutti possiamo fare quando entriamo nel mistero di Allah, sempre più di quanto pensiamo sia possibile e sempre meno di quanto si possa presumere?. Francesco: - Si, ci sono un così grande mistero e una tale grandezza nel nostro Dio buono! La lode sorge spontanea sulla bocca di coloro che riconoscono la complessità e la semplicità del nostro Dio. Sultano: - Così sia, insieme lodiamo – ed esploriamo – il nostro Dio Buono e Misericordioso! Insieme Francesco e il Sultano pregano: «Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose. Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dei, Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza, Tu sei giustizia, Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza. Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore, Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio. Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu se la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore».

METTIAMOCI IN ASCOLTO della PAROLA DI DIO

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Guida: Una pace vera si realizzerà solo quando gli uomini si sentiranno veramente una comunità di uguali, perché tutti figli di Dio e fratelli tra loro. Se Cristo è il portatore della pace, se Cristo è la nostra pace, il nostro dovere è di accogliere lui. Non si può attuare veramente la pace se non si accetta colui che è il portatore della pace. Accogliere Gesù nella fede, nell’amore, nella pratica della giustizia, nella vittoria sull’egoismo, sugli istinti che fanno della vita una corsa al guadagno, al piacere, al potere

Lett.: Dalla Lettera di S. Paolo ap. agli Efesini (Ef 2,14-18) Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.

Guida: La nostra personale richiesta di perdono al Signore per tutte le volte che ci siamo posti con superficialità dinanzi all'impegno di costruire la pace si fa lode corale per la fedeltà dell'amore di Dio, che non si stanca di rinnovare con noi la sua alleanza, garanzia di pace vera.

Lett.: Ripetiamo insieme: Lode a te, o Cristo, Principe di pace.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Rit.

Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Rit.

Tutti i confini della terra hanno veduto La salvezza del nostro Dio. Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia. Rit.

Guida: «Beati i costruttori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio»: la pace, esigenza profonda dell'animo umano, è bene prezioso che non è sufficiente chiedere al Signore; in prima persona dobbiamo assumerci l'impegno della sua costruzione. La pace, infatti, è realtà da edificare insieme, senza attendere l'iniziativa di chissà chi, ma disponendoci a metterci in cammino per realizzare con tutti gli uomini di buona volontà quel progetto di perfezione iscritto da sempre nella storia umana.

Cel.: Dal Vangelo di Matteo (5, 1-12) Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra.

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Beati quelli che hanno fame e sete della <giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

CANTO

LA PAROLA DELLA CHIESA – Esperienza di Francesco

Lett.: - Nel 2002, dopo i drammatici eventi dell’11 settembre 2001, Giovanni Paolo II riconvocò, per la seconda volta, ad Assisi i leader religiosi, per chiedere a Dio di fermare le gravi minacce che incombevano sull’umanità, specialmente a causa del terrorismo. Lo splendore della pace di Francesco

«Da quest’uomo, da Francesco, che ha risposto pienamente alla chiamata di Cristo crocifisso, emana ancora oggi lo splendore di una pace che convinse il sultano e può abbattere veramente le mura» (Cardinale Joseph Ratzinger)

C. In risposta alla Parola che ci è stata rivolta, facciamo la nostra professione di fede nel Signore Gesù, fonte della pace che abita nei nostri cuori.

Lett.: Ripetiamo insieme: Noi crediamo in te, Signore Gesù.

Tu sei il Figlio di Dio, il Messia atteso dalle genti, colui per il quale la pace diventa ogni giorno dono a portata della nostra esperienza, da accogliere nella gratitudine e nella disponibilità a mettere la nostra vita a servizio. Rit.

Tu sei il Salvatore, Colui che non ha considerato un tesoro geloso la propria uguaglianza con Dio e ha dato tutto se stesso per noi, per la nostra liberazione; colui che ci chiama a essere operatori di pace e di liberazione nelle situazioni quotidiane. Rit.

Tu sei il Maestro, la via che ci suggerisce itinerari di pace, la verità che ci fa comprendere la preziosità del dono della pace, la vita che sostiene il nostro impegno per la pace. Rit. Tu sei il Pastore, che guida noi, gregge di Dio, il bene più prezioso che gli è stato affidato, e lo conduce su vie di pace e di giustizia. Rit.

Tu sei il Risorto, che consola i suoi discepoli annunciando in mezzo a loro la pace e li invia a coinvolgere ogni uomo di buona volontà nel suo progetto di amore e di pace. Rit.

RIFLESSIONE DEL CELEBRANTE

INTERCESSIONI

Cel.: Rivolgiamo al Signore la nostra preghiera. A ogni invocazione ripetiamo:

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Rit. Dona ai nostri giorni, Signore, la tua pace.

Ti preghiamo, Signore, per coloro che nelle organizzazioni internazionali si prodigano per costruire la pace: concedi loro il coraggio delle scelte più impopolari per affermare il primato assoluto della non violenza e del dialogo come mezzi per conseguire la pace. Rit.

Ti preghiamo, Signore, per ogni cristiano, per ogni uomo di buona volontà, perché si senta in prima persona impegnato nella ricerca della pace e creda che la pace del mondo dipende dalla sua disponibilità a favorire pace e solidarietà nei contesti in cui vive e lavora. Rit.

Ti preghiamo, Signore, per quanti operano nell'ambito delle comunicazioni sociali: possano mettere la loro intelligenza e creatività a servizio della verità e della pace, affinché l'informazione sia rispettosa delle coscienze ed educhi a una mentalità di pace. Rit.

Ti preghiamo, Signore, per tutti i popoli che vivono l'esperienza atroce della guerra: colgano anche in questo tempo di prova i segni della tua presenza e siano per tutti testimoni di dignità e di fede. Rit.

Ti preghiamo, Signore, per i costruttori e i mercanti di armi, costruttori e mercanti di morte: con l'aiuto di un'economia fondata più sulla solidarietà e sulla condivisione che sul profitto, possano convertire le strutture di distruzione in mezzi di costruzione per il bene di molti. Rit. Cel.: Raccogliamo il grande desiderio di pace e le intenzioni che abbiamo nel cuore per le tante situazioni di limite e di sofferenza della nostra società, e ogni cosa affidiamo al Padre per l'intercessione del Signore Gesù. Il Decalogo di Assisi per la Pace (24 gennaio 2002) 1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo. 2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse. 3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condizioni di una pace autentica. 4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un'esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia. 5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un'occasione di maggiore comprensione reciproca. 6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera. 7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l'abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.

Page 56: Spirito di Assisi

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8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace. 9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l'amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un'intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte. 10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia Preghiamo insieme: T.: Padre nostro...

Cel.: Come segno della comunione e del perdono, che ci impegniamo a donarci reciprocamente per contribuire a costruire la pace, ci scambiamo un segno di fraternità e di pace.

CANTO

Cel.: Affidiamo a Maria, Regina della pace, l'aspirazione e il bisogno di pace di tutti noi, di ogni popolo e nazione. T.: Maria, regina della pace, aiuta noi tuoi figli, che a te fiduciosi ricorriamo, a fondare il nostro avvenire sulla roccia del Vangelo e non sulla sabbia delle ideologie; a fare scelte sociali e politiche ispirate agli ideali di amore e di solidarietà e non agli egoismi personali e collettivi. Tu che ascolti le confidenze e raccogli le speranze di tutti, dà a ciascuno entusiasmo e coraggio per superare le difficoltà materiali e morali; rendi fecondo il lavoro delle nostre mani e delle nostre menti; assicura gioia ai nostri focolari, solidarietà alla vita sociale, operosa speranza nella costruzione del futuro. Maria, madre di ogni uomo, «stella» di ogni Nazione che ti invoca e ti ama: prega per noi. (Giovanni Paolo Il)

BENEDIZIONE Cel.: Dio onnipotente benedica il vostro impegno a favore della pace e rinnovi la vostra fede in lui, Principe della pace, così che possiate portare ovunque la certezza della sua presenza. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. T.: Amen.

CANTO FINALE