129
STORIA DELL’IMPRESA Giandomenico Piluso Lezioni: giovedì: 18-19.30 (aula 1) venerdì: 8.30-10 (aula 1) Ricevimento: giovedì: 16-18, ufficio 219 Dipartimento di Economia Politica e Statistica Tutte le informazioni: http://docenti.unisi.it/giandomenicopiluso/didattica/ Contatti: [email protected]

Storia dell’impresa I - unisi.it · “classici” del pensiero economico che sono particolarmente utili per la storia d’impresa ... La storia, invece, diviene fondamentale di

  • Upload
    others

  • View
    4

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

  • STORIA DELL’IMPRESA

    Giandomenico Piluso

    Lezioni: giovedì: 18-19.30 (aula 1)

    venerdì: 8.30-10 (aula 1)

    Ricevimento: giovedì: 16-18,

    ufficio 219 Dipartimento di Economia Politica e Statistica

    Tutte le informazioni: http://docenti.unisi.it/giandomenicopiluso/didattica/

    Contatti: [email protected]

  • Il corso

    Il corso si svolge in 40 ore ed è articolato in due moduli di 20 oreciascuno. Comporta l’acquisizione di 6 crediti.

    Testi di riferimento:

    P.A. Toninelli, Storia d'impresa, Bologna, Il Mulino, 2012.

    R. Giannetti, M. Vasta, Storia dell’impresa italiana, Bologna, Il Mulino, 2012.

    Modalità di esame: è prevista una prova intermedia. Tutti gli esami sarannosvolti in forma scritta.

    © Michelangelo Vasta 2012

    2

  • Obiettivi del corso

    © Michelangelo Vasta 2012

    3

    Fornire una introduzione alla business history, uno dei settori più dinamici e innovativi della storia economica che sta ottenendo spazi importanti nelle più importanti università del mondo

    Il corso è suddiviso in due moduli. Il primo modulo si occupa:

    dei fondamenti teorici della disciplina

    delle tematiche classiche della disciplina

    il rapporto che le imprese hanno con il contesto socio-culturale e con le

    istituzioni

    l’evoluzione delle forme e delle dimensioni d’impresa

    i modelli di governance

    Particolare attenzione è dedicata agli effetti che il cambiamento tecnologico

    ha sul sistema delle imprese (e viceversa)

    La parabola (ascesa e declino) dell’impresa pubblica

    Il secondo modulo analizza le caratteristiche del sistema delle imprese italiano.

  • Che cos’è la business history?

    © Michelangelo Vasta 2012

    4

    Ha origine nelle università americane (Harvard) e ha tra i fondatori Alfred Chandler

    Il focus è sulle imprese e l’approccio prevalentemente micro-economico (con eccezioni)

    Prevalgono gli approcci qualitativi USA: Facoltà di Storia Vs. Facoltà di Economia

    Differenze e similitudini con la Storia economica

    Scarsa evidenza empirica Difficoltà nel produrre analisi supportate da dati

    Approccio descrittivo su singola impresa

    In forte sviluppo perché lo sviluppo dinamico dell’impresa (studiato anche con case histories) è particolarmente utilizzato nelle business schools

  • La teoria dell’impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    5

    Obiettivo: fornire un inquadramento teorico all’esistenza e all’evoluzione storica dell’impresa

    Presentazione delle riflessioni di alcuni “classici” del pensiero economico che sono particolarmente utili per la storia d’impresa

    L’impresa come istituzione centrale dello sviluppo economico moderno

    L’evoluzione del concetto di imprenditore

    La concezione dinamica dell’impresa

  • L’imprenditore

    © Michelangelo Vasta 2012

    6

    Uno dei soggetti più difficili da definire dell’analisi economica [Baumol 1968] la natura sfuggente e mutante

    soltanto chi possiede i capitali? [Kalecki]

    elemento perturbatore dell’equilibrio ideale studiato dal mainstream [Schumpeter e neo-schumpeteriani]

    Due approcci concettuali Continentale

    Analitico

  • La tradizione continentale 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    7

    Risale all’Italia pre-rinascimentale legittimazione del profitto come remunerazione del

    rischio (mercantile), poi concettualizzazioni di imprenditore

    RICHARD CANTILLON (1680-1734): introduce per primo il termine (entrepreneur): Colui che cerca di sfruttare le opportunità del mercato create

    dalla discrepanza fra domanda e offerta, cioè «il vero organizzatore di tutto ciò che si produce»

  • La tradizione continentale 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    8

    L’ABATE BAUDEAU (1730–1792): la fisiocrazia riconosce uno specifico ruolo alla classe imprenditoriale nell’attività economica (fittavolo): rischio + innovazione

    MELCHIORRE GIOIA (1767-1829): gli «intraprenditori» sono «agenti intermedi» tra i proprietari e i capitalisti da una parte e la massa degli operai dall’altra

    JEAN-BAPTISTE SAY (1767-1832), il primo a sottolineare il ruolo manageriale dell’imprenditore: distinzione fra la funzione di fornire capitale e quella di dirigere la produzione.

  • La tradizione anglosassone 1/3

    © Michelangelo Vasta 2012

    9

    La funzione imprenditoriale viene trascurata almeno sino alla metà dell’Ottocento, il termine viene mutuato dalla lingua francese

    ADAM SMITH (La ricchezza delle nazioni -1776) ignorò di fatto l’imprenditore: egli coglieva concettualmente la differenza, a livello

    di funzione, fra procurare lo stock di capitale in cambio di profitti, e dirigere in cambio di un salario

    identificava i titolari delle due funzioni in un solo soggetto, non distinguendo fra capitalista e imprenditore

  • La tradizione anglosassone 2/3

    © Michelangelo Vasta 2012

    10

    DAVID RICARDO (1821)

    non riconosceva nella capacità innovativa la caratteristica distintiva del capitalista/imprenditore

    il suo vantaggio sarebbe stato al più presto riassorbito dal sistema e ricondotto all’interno della logica dell’equilibrio

  • La tradizione anglosassone 3/3

    © Michelangelo Vasta 2012

    11

    Il meccanismo cruciale era l’accumulazione di capitale e alla base del sistema economico vi erano i profitti che il detentore e il fornitore del capitale generavano

    JOHN STUART MILL (1848) attribuiva all’imprenditore la connotazione di dirigente stipendiato, retribuito con una quota del monte salari e non titolare quindi di una funzione autonoma

    KARL MARX (1818-1883) nel Capitale distingue fra «capitalista attivo» che realizza

    un guadagno e «proprietario del capitale»: il primo paga al secondo l’interesse, una «porzione del profitto che spetta alla proprietà del capitale»

    Il guadagno d’imprenditore non si contrappone al lavoro salariato, ma solo all’interesse; è quindi un salario, un salario di controllo del lavoro, più alto perché più complesso.

  • Il contesto in cui i due approcci operavano

    © Michelangelo Vasta 2012

    12

    Quando Smith scriveva (Rivoluzione industriale) le forme di organizzazione produttiva erano semplici e di dimensione limitata

    Con il 1840 si era aperta la strada ad imprese di notevoli dimensioni, a un dinamico mercato di capitali e all’affermazione delle società per azioni (novità teoriche)

    Nel mondo continentale vi era forte l’idea del mercante (rischio)

    Oltremanica prevale l’attenzione agli aspetti macro, mentre sul continente l’attenzione è sugli aspetti microeconomici

  • Nuovi approcci

    © Michelangelo Vasta 2012

    13

    ALFRED MARSHALL (1842-1924) inaugura un ambito di studi, l’economia industriale, in cui riserva all’imprenditore un ruolo specifico, l’«organizzatore della produzione»

    organizzazione come «quarto fattore della produzione»

    FRANK KNIGHT (1885-1972) l’aspetto che definisce l’imprenditore non è più l’innovazione ma il rischio e soprattutto l’incertezza che non si misura

    il compito della previsione, della direzione della tecnologia e del controllo della produzione spetta a un ristretto gruppo: gli imprenditori

  • Josef A. Schumpeter (1883-1950)

    © Michelangelo Vasta 2012

    14

    Esponente dell’indirizzo continentale in cui convivono l’impronta storicista, accenti dell’economia politica classica e all’individualismo metodologico propugnato dalla dottrina economica austriaca

    L’ innovazione è per S. il «motore» del processo capitalista

    la capacità di compenetrazione di aspetti micro e macro-economici, trova la sua massima applicazione nella figura dell’ «imprenditore innovatore»

    Interessato agli aspetti dinamici (i cicli o le onde lunghe di Kondratieff)

    http://en.wikipedia.org/wiki/Image:1schumpeter.jpghttp://en.wikipedia.org/wiki/Image:1schumpeter.jpg

  • Schumpeter e l’innovazione

    © Michelangelo Vasta 2012

    15

    Le innovazioni sono il fatto fondamentale del capitalismo: esse provocano cambiamenti che danno luogo alla “evoluzione economica”

    L’innovazione è “l’introduzione di una nuova funzione di produzione” e si possono identificare 5 nuove combinazioni:

    un nuovo prodotto

    un nuovo processo produttivo

    l’apertura di nuovi mercati

    L’impiego di nuove materie prime

    nuove forme di organizzazione

    Tutte le innovazioni sono di norma incorporate in una “nuova impresa” fondata a questo scopo e sono legate a “uomini nuovi”

    Le innovazioni non sono eventi isolati e distribuiti in modo uniforme nel tempo, ma tendono ad ammassarsi in “grappoli” [clusters]

    Le innovazioni non sono mai distribuite casualmente in tutto il sistema economico ma tendono a concentrarsi in certi settori

    Il progresso non è per sua natura lineare, ma tortuoso, discontinuo e caratterizzato da scosse simili a esplosioni

  • Schumpeter e l’imprenditore

    © Michelangelo Vasta 2012

    16

    L’imprenditore è il vero protagonista dello sviluppo economico che, scavalcando l’esperienza economica, riconosce e attua nuove possibilità

    In cambio l’imprenditore ottiene il profitto che è il premio dell’innovazione nella società capitalistica, ambisce anche a:

    the impulse to fight

    The joy of creating

    The dream

    Il profitto è temporaneo: il vantaggio è limitato dalla capacità dell’I. di proteggere la sua innovazione; quando verrà imitata dalla concorrenza, il vantaggio svanirà

    Alla fine del processo di imitazione-diffusione, l’innovazione non sarà più tale e il sistema si riavvierà sulla strada dell’equilibrio stazionario, finché una nuova innovazione (o grappolo) non riaprirà il ciclo

    Nel capitalismo concorrenziale l’I. è identificato col capo della azienda, il più delle volte col proprietario (MARK I)

    Nelle corporation l’identificazione è più difficile: l’I. spesso non corrisponde al capitalista ma al top-manager (MARK II)

  • Dalla scuola neo-austriacaalla Entrepreneurial History

    © Michelangelo Vasta 2012

    17

    La superiorità dell’economia di mercato rispetto a sistemi alternativi con la capacità di creare incentivi affinché gli agenti/imprenditori si impegnino a superare i vincoli produttivi esistenti (L. von Mises, F. von Hayek, I. Kirzner)

    MARK CASSON (1982): l’imprenditore è «colui che si specializza nel prendere decisioni critiche e fondamentali (judgemental) riguardo al coordinamento di risorse scarse»

    Le elaborazioni concettuali della entrepreneurial history e della business history, (RCEH 1948 - Harvard – Schumpeter) l’analisi delle esperienze imprenditoriali del passato ha

    consentito di definire con maggior rigore i limiti e le caratteristiche della figura dell’imprenditore

    Feedback fra teoria e storia (il concetto di path dependence (QWERTY)

  • Una «nuova economia imprenditoriale»

    Le nuove iniziative imprenditoriali che emergono con l’affermazione delle ICTs (gpt) danno origine a nuovi orientamenti teorici che rivalutano il ruolo dell’imprenditore (Audretsch e Thurik 2001)

    Rivalutazione di Schumpeter e dell’idea dell’«imprenditore innovatore»

    Is Entrepreneurship becoming mainstream? (Economist 2012)

    I global heroes e i casi storici (l’importanza dell’analisi empirica)

    © Michelangelo Vasta 2012

    18

  • Verso una concezione dinamica dell’impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    19

    Nella concezione standard l’impresa appare come una «scatola nera» al di là della sua funzione di produzione

    l’impresa agisce in un mercato perfetto, in una struttura organizzativa che assicura la performance più elevata ed è fortemente caratterizzata a priori: compete con un alto numero di concorrenti

    subisce il prezzo imposto dal mercato

    agisce razionalmente (uguali criteri decisionali) disponendo di tutte le informazioni

    In definitiva si adatta ad un ambiente “dato” e immodificabile.

    A tale concezione si ispira anche il più consolidato filone dell’economia industriale, quello che ruota intorno al paradigma struttura – condotta – performance (struttura determina la strategia)

    I comportamenti di una impresa così concepita non avrebbero necessità di essere indagati dalla storia d’impresa, in quanto ripetitivi e scontati

    La storia, invece, diviene fondamentale di fronte a una concezione dinamico-strategica dell’impresa, ovvero una caratterizzazione spazio-temporale che individua: le capacità tecnologiche e organizzative di ciascuna impresa

    ovvero il suo vantaggio competitivo e il suo evolversi

  • Werner Sombart (1863-1941)

    © Michelangelo Vasta 2012

    20

    Il sistema capitalistico si differenzia da quelli che lo hanno preceduto perché in esso si afferma lo spirito capitalista, quello di Faust: lo spirito dell’irrequietezza, dell’ansia che anima gli uomini

    La forma economica del sistema economico capitalista è l’impresa: il suo scopo è il conseguimento del profitto

    il mezzo per ottenere questo scopo è la stipulazione del contratto, per prestazione e controprestazioni espresse in denaro

    Mutano nell’evoluzione del sistema capitalistico gli attori economici:

    all’imprenditore tradizionale dell’epoca del capitalismo liberale si va sostituendo una organizzazione complessa caratterizzata da: distacco della funzione imprenditoriale dalla proprietà

    progressiva specializzazione dell’attività produttiva

    integrazione fra le attività produttive e quelle finanziarie

  • A. BERLE e G.MEANS: The Modern Corporation and Private Property (1932)

    © Michelangelo Vasta 2012

    21

    Importanza del contesto in cui l’opera viene concepita (rischi per l’”inquinamento” del mercato)

    Ampiezza del controllo delle prime 200 società americane

    Separazione fra proprietà e controllo

    L’evoluzione del sistema economico e le istituzioni

    La public company

  • Ronald Coase

    © Michelangelo Vasta 2012

    22

    Perché l’impresa esiste? È più efficiente del mercato perché internalizza alcuni costi

    Perché se con l’organizzazione si possono eliminare taluni costi le transazioni di mercato continuano?

    Perché l’intera produzione non viene effettuata da una sola grande impresa?

    Per almeno tre motivi: al crescere della scala dell’impresa possono verificarsi

    rendimenti decrescenti della funzione imprenditoriale

    all’aumentare delle transazioni l’impresa non è più grado di realizzare l’ottimale allocazione delle risorse

    perché l’impresa di piccole dimensioni può avere “altri” vantaggi” superiori a quelli di una grande impresa

  • Edith T. Penrose

    © Michelangelo Vasta 2012

    23

    Confini (coordinamento delle risorse à la Coase) e unicità dell’impresa

    Importanza delle risorse umane (manageriali) di ciascuna impresa frutto dell’accumulo di competenze all’interno

    dell’impresa che non possono essere acquisite sul mercato

    La teoria della crescita dell’impresa è un’indagine sull’evolversi delle opportunità di produzione Rischi nel diversificare

    Il core business

    Una realtà dinamica: l’impresa «reattiva»

  • Alfred D. Chandler

    © Michelangelo Vasta 2012

    24

    Il «fondatore» della moderna business history

    Focus sul big business

    «motore» della crescita

    l’organizzazione: la struttura come mezzo strategico

    Le grandi imprese first mover e la Seconda Rivoluzione industriale

    La continuità della leadership

    Il triplice investimento

    Produzione

    Distribuzione

    Organizzazione (da U-form a M-form)

    Larga influenza su tutte le discipline manageriali

  • Michael E. Porter

    © Michelangelo Vasta 2012

    25

    Il comportamento strategico risiede non tanto nelle capacità dell’impresa di adattarsi all’ambiente esterno, quanto di intervenirvi e modificarlo

    la sfida per il management è sviluppare una strategia competitiva in grado di valorizzare al meglio le risorse e le competenze dell’impresa in modo da assicurarle un vantaggio competitivo

    Le 5 forze competitive sono:

    minaccia di nuovi entranti che dipende dalle barriere all’entrata

    potere contrattuale di fornitori

    potere contrattuale degli acquirenti

    minaccia dei prodotti e servizi sostituitivi che è presente se non si differenzia il prodotto

    manovre di posizionamento dei concorrenti

    La conoscenza di queste forze consente di mettere a punto una strategia, difensiva, d’attacco o a lungo termine e di determinare il “posizionamento competitivo dell’impresa”

    Leadership: i) di costo; ii) differenziazione; iii) focalizzazione

  • Oliver Williamson

    © Michelangelo Vasta 2012

    26

    Approccio neo-istituzionalista

    Analisi dei costi di transazione per la comprensione delle istituzioni del capitalismo. Si basano su due assunzioni: razionalità limitata in un contesto dominato dall’incertezza, che

    riconosce i limiti della facoltà conoscitiva e si contrappone ad altri due livelli di razionalità: forte dell’economia neoclassica che prevede la

    massimizzazione debole o organica dei moderni approcci evoluzionistici

    opportunismo, cioè perseguimento con astuzia di finalità egoistiche ex-ante, ovvero la selezione sfavorevole intesa come diffusione

    di informazioni selezionate o distorte (adverse selection) -assicurazione sulla vita

    ex-post, ovvero il rischio morale inteso come promessa relativa alla condotta futura che non verrà rispettata (moralhazard) – assicurazione KASKO auto

    Le transazioni richiedono strutture di governo specializzate

    L’impresa come mezzo per ridurre i costi di transazione (internalizzare o esternalizzare?)

  • La teoria evolutiva dell’impresa(R. Nelson e S. Winter, 1982)

    © Michelangelo Vasta 2012

    27

    Esplicito ricorso alle scienze biologiche e focus sulle innovazioni (Schumpeter II) Impresa come luogo del mutamento tecnologico

    Innovazioni che configurano l’impresa

    Le routine Set di conoscenze (accumulate nel tempo) su cui

    l’impresa basa la sua attività La R&S

    Le attività delle imprese sono delimitate (esogenamente) dai «regimi tecnologici»

    I due livelli di analisi (le imprese e il contesto)

  • Teoria e storia d’impresa 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    28

    Il concetto di capabilities (potenzialità) dell’impresa come elemento cruciale

    L’apprendimento è condizionato nel suo procedere da variabili differenti ed essenzialmente di carattere esogeno all’impresa il contesto di rischio e incertezza nel quale

    l’impresa si trova ad operare la razionalità limitata che comunque ne condiziona

    le scelte gli aspetti di path-dependence connaturati a

    ciascun processo evolutivo: L’esito finale è influenzato in maniera

    determinante da eventi anche molto remoti di tipo casuale e non sistemico (QWERTY)

    Oltre il dualismo impresa/mercato come scenario delle transazioni (holding, gruppi, reti, distretti, etc.)

    La rappresentazione dinamica dell’impresa

  • Teoria e storia d’impresa 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    29

    Approcci teorici indispensabili per la storia

    Produzione di modelli e fatti stilizzati che tuttavia non sempre trovano conferma

    Chandler e la verifica empirica

    La dicotomia gerarchie/mercati (Coase e Williamson) e le forme ibride (distretti, gruppi, etc.)

    La separazione proprietà/controllo

    La contestualizzazione

  • Il contesto: i fattori socio-culturali

    © Michelangelo Vasta 2012

    30

    Cultura (l’etica protestante di Weber)

    Ideologia L’approvazione della società

    La concezione dell’impresa Europa: persona, persone, etc.

    USA: un bene, un insieme di assets

    Famiglia La sindrome dei Buddenbrook

    La differenze fa Corea e Taiwan (verticale vs orizzontale)

    Il genere Il matrimonio come mezzo per ridurre i costi di

    transazione

    I sistemi legislativi

  • Il contesto: l’istruzione

    © Michelangelo Vasta 2012

    31

    La formazione di capitale umano e la crescita macroeconomica

    Fenomeno riconosciuto dalla letteratura

    Direzione di causalità

    Il cambiamento tecnico e i diversi modelli di istruzione

    Il passaggio fra Prima e Seconda rivoluzione industriale

    Il declino britannico

    L’ascesa di Germania e Stati Uniti

    ICT

  • Le istituzioni

    © Michelangelo Vasta 2012

    32

    Le attività necessarie alla formazione di un efficiente mercato dei fattori anche attraverso i diritti di proprietà come incentivo alla crescita delle imprese

    Perché l’Inghilterra fu prima?

    Le regole del gioco La riduzione dei costi di transazione (Navigation

    Acts)

    I diritti di proprietà (Statute of Monopolies)

    Il diritto societario

    Il developmental State asiatico trade off tra crescita e diritti

  • Tra cultura e istituzioni

    Negli anni Novanta del XX secolo un gruppo di studiosi: La Porta, Lopez de-Silanes, Shleifer e Vishny (LLSV) hanno proposto un approccio chiamato «law and finance» che sostiene:

    L’origine legale di un paese determina il suo successo

    Common law con salvaguardia dei piccoli azionisti e sviluppo mercato azionario

    Civil law vi sono troppo formalismi giuridici, impedisce sviluppo borsa, e mostra ampia presenza Stato

    Questa letteratura è stata molto criticata anche dal punto di vista empirico ma si è comunque affermata

    Non esiste relazione univoca tra origine legale e capacità di crescita

    Esiste molta varietà tra i diversi paesi

    LLS (2008) hanno parzialmente rivisto il loro modello

    L’origine legale non si riferisce solo alle leggi, ma più in generale agli aspetti sociali del sistema economico (cultura e ideologie)

    Non c’è un sistema superiore all’altro, ma: civil law è più adatto ai momenti di «disordine», common law a quelli di «calma»

    Può esserci convergenza tra i diversi paesi© Michelangelo Vasta 2012

    33

  • Le istituzioni finanziarie 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    34

    le regole nello scambio di beni e servizi di pagamento e di credito

    gli operatori che determinano i modi dello scambio

    I sistemi finanziari svolgono cinque funzioni:

    Facilitano le transazioni di pagamento

    Raccolgono e indirizzano il risparmio

    Elaborano sistemi di riduzione del rischio

    Stabiliscono le condizioni del rapporto creditori-debitori

    Acquisiscono/pubblicizzano informazioni sulle imprese finanziate

  • Le istituzioni finanziarie 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    35

    Hanno lo scopo di risolvere i problemi d’informazione che possono impedire la raccolta e il trasferimento di capitali tra chi li detiene, gli investitori, e chi li usa, le imprese appunto

    I mercati dei capitali sono diversi da quelli degli altri beni perché basati su una “promessa”

    Relazione fra istituzioni finanziarie efficienti e crescita economica aggregata Maggiore capacità di gestire i rischi

    Favorisce investimenti a lungo temine (innovazione)

    Diritto societario (trasparenza bilanci)

  • Modelli per il finanziamento d’impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    36

    I sistemi finanziari si distinguono sulla base della prevalenzadel tipo di beni finanziari scambiati e della centralità deglioperatori nella definizione delle regole

    Market oriented (UK e USA) Raccolta diretta sul mercato (borsa)

    Azioni e obbligazioni

    Il rating (Moody’s – Standard & Poor) ridurre le asimmetrie informative

    Bank oriented (Europa e Giappone) La banca come fattore sostitutivo (Gerschenkron)

    Istituti de-specializzati (banche miste o universali)

    Il caso giapponese (Zaibatsu)

    Se un sistema prevale non vuol dire che l’altra caratteristica sia assente, essa risulta complementare

    Non esiste il sistema ottimale

  • Sistemi basati sulle banche (Bank oriented)

    © Michelangelo Vasta 2012

    37

    Vantaggi possibili:

    basso livello di free rider

    miglior controllo del debito delle imprese

    miglior controllo dei manager

    Svantaggi possibili:

    Arbitrarietà nei comportamenti (possibili privilegiconcessi a certe imprese) e collusione

    Scarso interesse verso progetti innovativi

    Limitando il rischio agiscono troppo prudentemente in situazione di incertezza

  • Sistemi basati sulla borsa (Market oriented)

    © Michelangelo Vasta 2012

    38

    Vantaggi possibili: controllo pubblico sulla raccolta di risparmio da parte delle

    imprese

    incentivo alla concorrenza

    selezione dei manager migliori

    Svantaggi possibili: maggiore instabilità nel mercato dei prodotti finanziari

    incentivi verso guadagni di tipo speculativo

    Imprese più orientate verso logiche finanziarie che versologiche industriali

  • Le legislazioni antitrust

    © Michelangelo Vasta 2012

    39

    Il differente sviluppo della legislazione antitrust nei diversi stati è buon esempio di quanto il milieu socio-istituzionale possa influenzare il comportamento delle imprese

    Germania (cartelli) vs. US (Sherman Act)

    Il «capitalismo organizzato» rappresenta uno strumento per il consolidamento dell’economia interna e per la conquista dei mercati esteri

    I paesi «ritardatari»

  • La legislazione antitrust negli USA

    © Michelangelo Vasta 2012

    40

    Risponde alle paure della concentrazione del potere economico nelle mani di pochi

    Combatte gli effetti negativi del potere monopolistico

    Fiducia nel mercato competitivo

    Lo Sherman Act (1890) proibisce tutti gli accordi fra imprese che limitano il mercato

    Il Clayton Act (1914) proibisce le fusioni anticompetitive e gli accordi esclusivi tra imprese

    Viene creata la Federal Trade Commission (1914) una istituzione indipendente per giudicare I singoli casi

    Il caso Standard Oil

    lo smembramento del 1911 in 34 società

    alcune (Exxon, Mobil, Chevron) diventeranno le grandi imprese petrolifere americane

    La penetrazione delle imprese automobilistiche straniere in USA (1960)

    Il caso Microsoft e la complessità della regolamentazione

  • I cartelli in Germania

    © Michelangelo Vasta 2012

    41

    Una caratteristica di lungo periodo del capitalismo cooperativo tedesco: “coordinare il mercato”

    Obiettivi: Assicurare buoni profitti senza rischi di eccessiva competizione

    Coordinare le dinamiche di mercato attraverso fissazione di quote e prezzi

    Assicurare lo sviluppo del settore a livello nazionale

    Capacità di espandersi sui mercati internazionali

    Potevano essere accordi orali o anche patti ben definiti, ma non erano vietati

    Secondo alcuni avevano l’effetto paradossale di garantire dall’eccessiva concentrazione

    Vengono aboliti negli anni Sessanta, ma di fatto resistono ancora negli anni Novanta

  • La trasparenza delle informazioni

    © Michelangelo Vasta 2012

    42

    Il bilancio come strumento essenziale per «conoscere» l’impresa

    Nei paesi occidentali la regolamentazione assunse connotazioni rigorose

    Germania e Inghilterra (più rigide)

    Francia e Italia (meno rigide)

    Giappone (ritardatario, pratiche più rigide solo dopo la WWII)

    Stati Uniti (la SEC)

  • La tecnologia: teoria e storia

    © Michelangelo Vasta 2012

    43

    La «scatola nera» e la sua apertura

    Il «residuo»

    Nuovi approcci teorici

    New growth theory

    Endogenizzazione

    History matters?

    Path dependence e il progresso tecnico

    Learning by doing e learning by using

    Schumpeter e l’approccio evoluzionista

  • La tecnologia: fatti stilizzati

    © Michelangelo Vasta 2012

    44

    il progresso tecnico è un processo evolutivo ed incerto (le innovazioni casuali: Aspartame, Post-it, Viagra), i cui risultati sono il prodotto dell’interazione di diversi «giocatori»

    le imprese

    le istituzioni di formazione e ricerca

    lo stato

    L’insieme di queste interazioni dà luogo ad un National Innovation System

    Differenza fra conoscenza pubblica e capabilites specifiche

    Il progresso tecnico è un processo cumulativo ma discontinuo «Paradigma», «Regime»

    Innovazioni incrementali

    il progresso tecnico è: irreversibile

    caratterizzato da livelli diversi di appropriabilità

    caratterizzato da conoscenze tacite non facilmente trasferibili

    caratterizzato da path dependence

  • L’incertezza del progresso tecnico

    © Michelangelo Vasta 2012

    45

    Totale: ricerca di base, invenzioni

    Molto alta: Innovazioni radicali di prodotto; Innovazioni radicali di processo fuori da imprese

    Alta: Innovazioni di prodotto

    Moderata: nuova generazione di un prodotto affermato

    Bassa: Innovazioni su licenza; modifiche a prodotti o processi

    Molto bassa: differenziazione di prodotto; nuovo modello; miglioramento tecnico

  • Impresa, innovazione e R&S

    © Michelangelo Vasta 2012

    46

    Nella prima fase di sviluppo di un nuovo «regime tecnologico» si ha un’elevata natalità di nuove imprese di piccole dimensioni

    Esempi: industria automobilistica USA a cavallo del ‘900, industria dei semiconduttori degli anni ‘50 e ‘60, ICT anni ’90

    In una seconda fase, quando gli aspetti della crescita cumulativa e della appropriabilità delle innovazioni connotano fortemente le traiettorie tecnologiche, si precisa una struttura oligopolistica in cui emergono poche grandi imprese

    I primi laboratori di R&S delle imprese tedesche e USA all’inizio della II R.I. (chimica - i coloranti -, elettromeccanica)

    Comparti distinti dalla produzione

    Innovazioni di prodotto e di processo

    La centralità per il big business

  • General purpose technology (GPT)

    © Michelangelo Vasta 2012

    47

    Avanzamenti tecnici fondamentali che mutano la vita delle famiglie e delle imprese

    Secondo la gran parte delle interpretazioni sono 3 (vapore, elettricità, ICT), alcuni aggiungono il motore a scoppio

    Secondo Bresnahan e Trajtenberg [1995] le GPT devono avere le seguenti caratteristiche: Pervasività (diffusione in molti settori)

    Miglioramenti (con abbassamenti di costo)

    Permettere ulteriori sviluppi (di prodotto e di processo)

    Il Paradosso di Solow “I can see the computer age everywhere these days, except in the productivity statistics”

    Si ritiene [P. David] che gli incrementi di produttività che le GPT determinino non siano immediati

  • Le periodizzazioni della tecnologia

    Rivoluzione Regime tecnologico

    Prima

    (1780-1870)

    Macchina a vapore

    I (1780-1830)L’età del cotone, del ferro e dell’energia idraulica

    II (1830-1875)Età del vapore e delle ferrovie

    Seconda

    (1870-1970)

    Elettricità

    III (1875-1908)Età dell’acciaio e dell’elettricità

    IV (1908-1970)Età del petrolio, dell’automobile e della produzione di massa

    Terza

    (1970-)

    Microprocessore

    V (1970-)Età dell’informazione, delle telecomunicazioni (ICT) e delle biotecnologie

    48

    © Michelangelo Vasta 2012

  • Caratteristiche dei cinque «regimi tecnologici» 1/2

    Periodo

    Origine

    Mezzo di trasporto e comunicazioni

    Settori coinvolti

    Competenze Impresa

    Capitali

    I (1780-1830)

    cotone, ferro, energia idraulica

    Canali

    Strade battute

    tessile

    Macchinari

    deskilling Individuali e piccole (

  • Caratteristiche dei cinque «regimi tecnologici» 2/2

    Periodo

    Origine

    Vincolo tecnico pre-esistente

    Nuove soluzioni tecniche

    Imprenditori Economisti e filosofi

    I (1780-1830)

    cotone, ferro, energia idraulica

    Limitazione della scala

    Controllo dei processi

    Meccanizzazione

    Sistema di fabbrica

    Arkwright

    Wedgwood

    Smith, Say

    II (1830-1875)

    vapore e ferrovie

    Limitazione dell’energia idraulica per localizzazione e scala di produzione

    Motore a vapore

    Nuovo sistema di trasporti

    Stephenson

    Singer

    Ricardo, Marx

    III (1875-1908)

    acciaio ed elettricità

    Limiti nella qualità dell’acciaio

    Prodotti intermedi non standardizzati

    Standardizzazione Siemens

    Edison

    Marshall, Pareto, Weber

    IV (1908-1970)

    petrolio, auto e produzione di massa

    Limiti delle produzioni in scala

    Velocità dei trasporti

    Diffusione prodotti di massa

    Ford

    Sloan

    Keynes, Schumpeter

    V (1970-)

    ICT e biotecnologie

    Diseconomie di scala

    Scarsa flessibilità produttiva

    Networking di design, produzione e marketing. JIT

    Gates

    Ohno

    Aoki, Lucas

    50

    © Michelangelo Vasta 2012

  • Le traiettorie tecnologiche

    © Michelangelo Vasta 2012

    51

    Sviluppo d

    ella t

    ecnolo

    gia

    Tempo

    Innovazione radicale

    Definizione del «regime tecnologico»

    Sviluppo di innovazioni incrementali

    Maturità

    Innovazioneradicale

    Traiettorie tecnologiche

    ..….…..….. …….

  • La legge di Moore

    © Michelangelo Vasta 2012

    52

  • Caratteristiche delle imprese per fasi

    © Michelangelo Vasta 2012

    53

    1780-1840: Singolo imprenditore, piccola impresa, capitali locali

    1840-1880: Prime imprese di grandi dimensioni, prime spa

    1880-1930: Sviluppo di cartelli, trust, monopoli, capitale finanziario, middle management

    1930-1990: Multinazionali, competizione oligopolistica, multi-impianti, FDI, subfornitura

    1990- Imprese in rete, telematica, qualità, just in time

  • Il mutamento strutturale

    © Michelangelo Vasta 2012

    54

    USA GB Germania Francia Italia Giappone

    Agricoltura (agricoltura, foreste e pesca)

    1820 70,0 37,6 - - - -

    1870 50,0 22,7 49,5 49,2 61,8 70,1

    1913 27,5 11,7 34,6 41,1 59,1 60,1

    1950 12,9 5,1 22,2 28,3 44,3 48,3

    1992 2,8 2,2 3,1 5,1 6,0 6,4

    Industria (mineraria, manifatturiera, costruzioni, servizi pubblici)

    1820 15,0 32,9 - - - -

    1870 24,4 42,3 28,7 27,8 20,5 -

    1913 29,7 44,1 41,1 32,3 23,6 17,5

    1950 33,6 44,9 43,0 34,9 31,0 22,6

    1992 23,3 26,2 37,8 28,1 33,0 34,6

    Servizi e pubblica amministrazione

    1820 15,0 29,5 - - - -

    1870 25,6 35,0 21,8 23,0 17,7 -

    1913 42,8 44,2 24,3 26,6 17,3 22,4

    1950 53,5 50,0 34,8 36,8 24,7 29,1

    1992 74,0 71,6 59,1 66,8 61,0 59,0

  • Forme proprietarie

    © Michelangelo Vasta 2012

    55

    Singolo proprietario

    Public company

    Gruppo (holding)

    Lo Stato imprenditore

    Costellazioni di imprese

  • Il settore di una impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    56

    Classificazione per tipo di prodotto

    Classificazioni internazionali (SIC, ATECO)

    Le imprese multi-prodotto

    Le classificazioni nel tempo

    Classificazione ad albero

    Settori «moderni» e «tradizionali»

  • Settori produttivi

    © Michelangelo Vasta 2012

    57

    A - Agricoltura, caccia e silvicoltura

    B - Pesca, piscicoltura e servizi connessi

    C - Estrazione di minerali

    D - Attività manifatturiere

    E - Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua

    F - Costruzioni

    G - Commercio all'ingrosso e al dettaglio

    H - Alberghi e ristoranti

    I - Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

    J - Intermediazione monetaria e finanziaria

    K - Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprenditori

    L - Pubblica amministrazione e difesa; assicurazione sociale obbligatoria

    M - Istruzione

    N - Sanità e altri servizi sociali

    O - Altri servizi pubblici, sociali e personali

  • Industria manifatturiera (D)

    © Michelangelo Vasta 2012

    58

    DA - Industria alimentare, bevande e tabacco

    DB - Industria tessile e abbigliamento DC - Industria conciaria, pelle e cuoio DD - Industria del legno e dei prodotti in legno DE - Cartotecnica, stampa, editoriaDF - Industria petroliferaDG - Industria chimica

    DH - Industria della gomma e materie plasticheDI - Industria dei minerali non metalliferiDJ - Industria metallurgica

    DK - Industria meccanicaDL - Industria delle macchine elettriche e otticheDM - Industria dei mezzi di trasporto

    DN - Altre industrie

  • La struttura ad albero

    © Michelangelo Vasta 2012

    59

    Tutti i settori

    produttivi

    A B AltriC D

    DA DB Altri DL Altri

    30

    31 – Fabbricazione di

    macchine e apparecchi

    elettronici n.c.a

    32 33

    Altri

    31.1 – Fabbricazione

    di motori, generatori e

    trasformatori

    31.2 Fabbricazione di

    apparecchi per la

    distribuzione

    dell’elettricità

    Altri

    31.10.1 - Fabbricazione

    di motori, generatori

    e trasformatori

    31.10.2 - Lavori di

    impianto, riparazione

    e manutenzione

    di motori, etc.

  • Le imprese e la tecnologia

    © Michelangelo Vasta 2012

    60

    La tassonomia di Pavitt (1984) è il principale strumento di analisi dei flussi tecnologici, attraverso il quale è stata costruita una classificazione dei settori in quattro gruppi, distinti sulla base della principale fonte di innovazioni per le imprese che vi operano

    Dominati dai fornitori: sono i settori tradizionali e l’innovazione finalizzata soprattutto alla riduzione dei costi.

    Piccola dimensione. Il cambiamento tecnologico dipende dunque da un flusso di conoscenze esterno in particolare dai fornitori di input intermedi, materiali e macchinario. Scarsa appropriabilità dei risultati della ricerca e modesto uso dei brevetti

    Alta intensità di scala: sono i settori dei beni durevoli (siderurgia, automobile, ecc.). Grande dimensione.

    L’innovazione è finalizzata alla riduzione dei costi e al miglioramento dei prodotti e dei processi. Le fonti sono sia esterne sia interne (R&S e vari processi di apprendimento)

    Fornitori specializzati: sono i settori della meccanica strumentale e del macchinario industriale specializzato. Le

    imprese sono piccole e specializzate. Le fonti sono sia interne (apprendimento per esperienza e R&S informale) sia esterne (interazione con gli utilizzatori). Grado di appropriabilità elevato per effetto del carattere “tacito” delle conoscenze

    Science based Industria microelettronica e farmaceutica. Imprese di varia dimensione. La fonte

    principale è la R&S interna e quella che deriva dai rapporti con università e centri di ricerca. Il grado di appropriabilità è elevato e frequente il ricorso alla copertura brevettuale

  • La dimensione

    © Michelangelo Vasta 2012

    61

    Cause che determinano la varietà dimensionale:

    Economie di scala (grande)

    Specializzazione (piccola e media)

    Integrazione processi produttivi (grande)

    Strategie commerciali (> diversificazione offerta > dimensione GM versus Ford)

    R&S

    In quasi tutti i settori industriali coesistono imprese di dimensioni diverse

  • Distribuzione settoriale e tecnologia

    © Michelangelo Vasta 2012

    62

    Inte

    nsit

    à di

    R&

    S

    Strumenti

    scientifici

    Computer

    Apparecchiature

    mediche

    Prodotti farmaceutici

    Elettronica

    Mezzi di

    trasporto

    Prodotti chimici

    Macchinari

    Metalli lavorati Gomma

    Carta

    Pietra, argilla e vetro Raffinazione del

    petrolio

    Intensità del capitale fisso

    Mobili Tessili

    Legname

    Metalli primari Pellami

    Abbigliamento

  • Come si misura la dimensione?

    © Michelangelo Vasta 2012

    63

    Capitale

    Attivo

    Fatturato

    Occupazione

    Capitalizzazione

    Quote di mercato

  • Perché il focus è sulla grande impresa?

    © Michelangelo Vasta 2012

    64

    Perché le grandi imprese vivono più a lungo e, se muoiono, lasciano molte tracce

    Perché ha a lungo prevalso il paradigma chandleriano del percorso verso la grande dimensione

    Perché la Seconda Rivoluzione industriale «spinge» verso la grande dimensione

    Perché si è diffuso il processo di americanizzazione ERP

    Società di consulenza

    Business school

  • L’alternativa alla grande impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    65

    Il declino della leadership americana Vietnam

    svalutazione del dollaro

    crisi petrolifere e crisi del fordismo

    L’approccio post-moderno (critica paradigmi e certezze universali)

    Il cambiamento della teoria economica (dal macro al micro)

    Il focus su altri modelli di impresa

  • Le alternative storiche alla grande impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    66

    Produzione flessibile (Piore-Sabel; Sabel e Zeitlin; Scranton)

    Distretto industriale (Becattini)

    Area circoscritta

    Stesso settore

    Scomposizione del ciclo produttivo

    Omogeneità culturale

  • Le forme d’impresa (governance)

    © Michelangelo Vasta 2012

    67

    Impresa famigliare

    Impresa manageriale

    Impresa multinazionale

    I gruppi di imprese Zaibatsu (Giappone)

    Chaebol (Corea)

    Altre forme (Sud America, Italia, etc.)

    Forme flessibili di produzione Reti di imprese e distretti

    Le cooperative

    L’impresa pubblica

  • Specificità nazionali e fasi

    © Michelangelo Vasta 2012

    68

    Stati Uniti e Germania : grande dimensione

    Giappone: il peso dei gruppi

    Italia: il nanismo

    SRI e fordismo: crescita dimensionale

    Dalle crisi petrolifere (1973 e 1980): generale contrazione dimensionale

  • L’impresa famigliare

    © Michelangelo Vasta 2012

    69

    A lungo considerata:

    Una fase transitoria (primo stadio) della vita di una impresa

    In contrapposizione con l’impresa manageriale

    Caratteristiche osservate Dimensione ridotta

    Più dividendi che investimenti

    Commistioni fra il patrimonio privato e quello della società

    Autofinanziamento o debito bancario a breve

    Riluttanza alla quotazione in borsa

    Problema della successione (il talento imprenditoriale)

    Una categoria con una identità?

    Dall’artigiano alla Fiat

    Difficoltà nel delinearne i confini

    Vantaggi? Quando?

    Incertezza del mercato

    Scarsa efficienza e chiarezza del contesto normativo

    In settori tradizionali con forme organizzative semplici

    Perché riduce i costi di transazione

    Presenza molto più diffusa di quanto si ritenesse

  • Impresa manageriale 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    70

    Quando si diffonde

    Nel 1840-1850 in USA

    Nella Seconda Rivoluzione Industriale in Europa (Germania)

    Perché ha origine nel settore ferroviario

    Complessità e varietà delle attività da gestire

    Necessità di capitali

    Perché negli USA

    Disponibilità di risorse naturali

    Scarsa popolazione

    Sviluppo di tecnologie labour saving

    Standardizzazione (American system of manufacturing)

    Dove si diffonde

    Nei settori a elevata intensità tecnologica (chimica, elettromeccanica, auto) che fanno ricorso al mercato dei capitali

    Nei settori ad elevata crescita della domanda (alimentare, tabacco) con grande cash-flow

  • Impresa manageriale 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    71

    Quali sono le principali novità

    l’entità di queste imprese richiese nuove strutture organizzative e nuove procedure di coordinamento

    venne introdotta una organizzazione per funzioni (merci, passeggeri, comunicazioni, etc.), basata su gerarchie formali distinte per linee di autorità e deleghe di responsabilità

    introduzione di tecniche sofisticate di contabilità

    il marketing

    Cosa comporta per l’impresa o il sistema delle imprese

    Integrazione (verticale ed orizzontale)

    Diversificazione tecnologica

    Multi impianti

    Capitali (banche, borsa)

    Separazione fra proprietà e controllo

    Cosa comporta sull’economia nazionale

    Spillover per l’intero sistema (innovazione, capitale umano, modelli organizzativi

    «motore» della crescita

  • Il peso della grande impresa(le prime 200/Pil)

    72

    © Michelangelo Vasta 2012

  • Peso addetti nell’industria manifatturiera per classi

    dimensionali (1961-1990)

    Paesi Anni 1-9 10-49 50-99 100-499 >500 Totale

    1961 28,0 19,0 10,1 21,5 21,4 100,0

    1981 23,5 26,0 10,0 21,0 19,5 100,0

    1991 26,2 31,7 10,0 19,2 12,9 100,0

    1962 6,4 13,8 8,3 22,9 48,6 100,0

    1977 8,7 11,3 7,2 22,3 50,5 100,0

    1990 14,5 16,4 8,9 22,0 38,3 100,0

    1967 3,9 6,2 7,5 25,2 57,2 100,0

    1977 3,9 6,9 7,7 23,5 58,0 100,0

    1990 4,7 6,8 7,8 24,1 56,6 100,0

    1968 8,0 31,6 49,5 100,0

    1977 3,8 9,4 7,1 25,6 54,3 100,0

    1990 5,8 14,0 9,3 30,0 40,9 100,0

    1967 16,4 25,5 11,3 22,1 24,8 100,0

    1975 19,1 25,5 11,1 21,2 23,1 100,0

    1990 17,6 27,1 12,2 23,1 20,0 100,0

    1967 2,5 11,4 9,4 31,1 45,5 100,0

    1977 2,9 12,4 10,1 33,6 41,0 100,0

    1987 3,7 14,7 11,1 34,5 36,0 100,0

    Giappone

    Stati Uniti

    11,0

    Italia

    Francia

    Germania

    Regno Unito

    73

    © Michelangelo Vasta 2012

  • I first mover

    © Michelangelo Vasta 2012

    74

    Le prime imprese ad aver effettuato il «triplice investimento» Produzione (economie di scala e/o di scopo) Distribuzione (rendere fluido il collegamento impresa/mercato) Management (organizzazione manageriale)

    Le «barriere all’entrata»

    Gli investimenti in tecnologia (R&S) e gli effetti sul sistema economico

    Le strategie Integrazione orizzontale

    Integrazione verticale

    Diversificazione produttiva (correlata e non correlata)

    Allargamento mercati (estero)

    Le conglomerate Come diversificare

    Diversificare è efficiente? Difficoltà di coordinamento Il core business

  • La distribuzione settoriale della

    grande impresa (1913-1917)

    © Michelangelo Vasta 2012

    75

    SottosezioneStati Uniti

    (1917)

    Regno Unito

    (1917)

    Germania

    (1913)

    Italia

    (1913)

    Alimentare, bevande e tabacco (DA) 17,5 32,0 13,5 14,0

    Tessile e abbigliamento (DB) 4,5 13,0 8,0 32,0

    Concia, pelle e cuoio (DC) 2,0 0,5 1,0 1,0

    Legno e prodotti in legno (DD) 1,5 - 0,5 0,5

    Carta, stampa, editoria (DE) 3,5 4,0 2,0 3,0

    Industria petrolifera (DF) 11,0 1,5 2,5 0,5

    Chimica (DG) 10,5 7,0 15,0 11,0

    Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 1,5 2,0 -

    Minerali non metalliferi (DI) 2,5 1,0 3,5 4,5

    Metallurgia (DJ) 21,0 20,5 27,0 10,5

    Meccanica (DK) 8,5 3,5 12,5 5,0

    Macchine elettriche e ottiche (DL) 2,5 3,0 4,5 3,0

    Mezzi di trasporto (DM) 12,0 11,5 8,0 13,0

    Altre industrie (DN) 0,5 1,0 - 2,0

    Totale 100,0 100,0 100 100,0

  • La distribuzione settoriale della

    grande impresa (1948-1953)76

    SottosezioneStati Uniti

    (1948)

    Regno Unito

    (1948)

    Germania

    (1953)Italia (1952)

    Alimentare, bevande e tabacco (DA) 16,0 29,5 11,0 11,0

    Tessile e abbigliamento (DB) 4,0 9,5 13,5 16,0

    Concia, pelle e cuoio (DC) 1,0 - 1,0 0,5

    Legno e prodotti in legno (DD) 1,0 0,5 - 0,5

    Carta, stampa, editoria (DE) 4,0 6,5 1,5 3,5

    Industria petrolifera (DF) 11,0 1,5 3,0 11,5

    Chimica (DG) 12,0 9,0 12,5 14,0

    Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 1,0 2,5 1,5

    Minerali non metalliferi (DI) 3,0 4,0 3,0 3,5

    Metallurgia (DJ) 14,5 16,0 22,5 16,5

    Meccanica (DK) 11,5 5,0 14,0 3,0

    Macchine elettriche e ottiche (DL) 3,5 5,5 5,0 9,5

    Mezzi di trasporto (DM) 14,5 10,5 9,0 8,5

    Altre industrie (DN) 1,5 1,5 1,5 0,5

    Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

    © Michelangelo Vasta 2010

    © Michelangelo Vasta 2012

  • La distribuzione settoriale della

    grande impresa (1971-1973)77

    Sottosezione Usa Regno Unito Germania Italia

    Alimentare, bevande e tabacco (DA) 12,5 18,5 15,0 8,0

    Tessile e abbigliamento (DB) 1,5 5,0 2,0 5,0

    Concia, pelle e cuoio (DC) - 1,5 0,5 -

    Legno e prodotti in legno (DD) 2,0 1,0 - -

    Carta, stampa, editoria (DE) 5,0 7,0 4,0 6,5

    Industria petrolifera (DF) 11,0 4,0 4,0 13,5

    Chimica (DG) 16,0 12,0 16,0 14,0

    Gomma e materie plastiche (DH) 2,5 3,0 1,5 1,5

    Minerali non metalliferi (DI) 3,5 8,0 7,5 6,5

    Metallurgia (DJ) 12,0 10,5 16,5 15,0

    Meccanica (DK) 8,0 13,0 14,5 9,0

    Macchine elettriche e ottiche (DL) 6,5 7,0 10,5 13,0

    Mezzi di trasporto (DM) 9,5 8,0 7,0 6,5

    Altre industrie (DN) 0,5 0,5 0,5 0,5

    Conglomerate 9,5 1,0 0,5 1,0

    Totale 100 100 100 100

    © Michelangelo Vasta 2010

    © Michelangelo Vasta 2012

  • Distribuzione per Paese delle prime 200 imprese industriali nel mondo per paese

    © Michelangelo Vasta 2012

    78

    1962 1971 1981 1991 2001Britain 20 16 16 13 9Netherlands 3 3 6 3 4France 9 13 13,25 14 15Germany 20 17 19 20 14Italy 5 4,5 4,25 5 3Sweden 2 2 2 5 4Switzerland 2 4 3 5 4Other Europe 2 2 6 9 9EUROPE 63 61,5 69,5 74 62Japan 8 16 26 45 38China 2India 1 1 1South Korea 3 6 4Other Asia 2 1 3ASIA 8 16 32 53 48USA 124 119,5 88,75 64 80Canada 4 1 3,75 3 6Other America 1 1 4 3 3AMERICA 129 121,5 96,5 70 89Australia 1 1 2 1Africa 1 1TOTAL 200 200 200 200 200

  • La performance delle imprese

    © Michelangelo Vasta 2012

    79

    Estrema varietà del significato che muta a seconda degli approcci teorici o delle diverse discipline

    La massimizzazione del profitto (teoria standard) ROI (Return on investment)

    ROE (Return on Equity)

    ROS (Return on Sales)

    Capitalizzazione di borsa

    Q di Tobin

    Influenzato da condizioni esogene (teorie manageriali) Quote di mercato o produttività

    Minimizzare i costi di transazione (istituzionalismo) Struttura organizzativa adeguata

    Sopravvivere (Evoluzionisti) Resistere al processo di selezione naturale (longevità)

    Circoli virtuosi per la società (Etica o politiche sociali) Ridurre l’impatto ambientale

    Creare lavoro

  • La performance reddituale della grande impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    80

    Non ci sono informazioni dettagliate al riguardo

    Difficoltà di disporre di serie omogenee fra paesi

    Difficoltà nel ricostruire indici standard

    I bilanci sono affidabili?

    Alcune evidenze:

    Le imprese europee non avevano performance molto diverse da quelle americane

    In Italia le grandi imprese sembrano essere più profittevoli

  • Le ipotesi chandleriane

    © Michelangelo Vasta 2012

    81

    (Scale and scope): confronta la dinamica delle 200 maggiori imprese di Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna nel corso del XX secolo

    la grande impresa industriale moderna emerge con la SRI e domina il Novecento nei settori ad alta intensità di capitali

    Ne consegue una continuità (permanenza) fra le imprese del vertice, anche con diversificazioni e cambiamenti settoriali (IBM)

    Il «triplice investimento» (Produzione, Distribuzione, Organizzazione)

    supremazia delle imprese statunitensi e tedesche su quelle britanniche

  • La critica alle ipotesi chandleriane

    © Michelangelo Vasta 2012

    82

    La «foresta» e le sequoie

    Il ruolo dei servizi

    Le grandi imprese inglesi non sono meno dinamiche

    La turbolenza come tratto dominante USA (Louçã e Mendonça) 28 su 200

    Italia (Vasta) 8 su 200

    effetto determinante del cambiamento tecnologico che genera nuove opportunità

    In Italia: scarsa capacità di consolidamento delle imprese di grande dimensione

  • Le imprese multinazionali (trasnazionali)

    © Michelangelo Vasta 2012

    83

    L’espansione verso aree geograficamente lontane, tramite investimenti diretti in unità produttive all’estero, consente all’azienda di sfruttare il vantaggio competitivo offerto dalle sue capabilities

    Le definizioni Impresa che compie Foreign Direct Investement

    (FDI)

    Impresa che controlla impianti in più paesi

    Le motivazioni Abbattere il costo di tariffe doganali

    Abbattere il costo del lavoro

    Prevenire la concorrenza

    Differenziare il prodotto in risposta ad esigenze locali

  • Distribuzione FDI per paese 1914

    © Michelangelo Vasta 2012

    84

  • Le multinazionali sino alla seconda guerra mondiale

    © Michelangelo Vasta 2012

    85

    Paesi riceventi (1914) America Latina (33%); Asia (22%) USA (10%);

    Europa Orientale (10%)

    Settori riceventi (1914) Risorse naturali (55%); Servizi (30%); Industria

    (15%)

    Il modello americano e quello europeo Le free standing companies

    Operano all’estero ma senza domestic business

    Il peso determinante delle multinazionali petrolifere

    La «chiusura» degli anni Trenta e la guerra

  • Le multinazionali dopo la seconda guerra mondiale

    © Michelangelo Vasta 2012

    86

    La Golden age e la grande ripresa Crescita di 5 volte fra 1950 e 1980

    Il forte peso degli USA (40%) nel 1980

    Una buona parte dei FDI viene attratto dalle aree sviluppate

    Dopo il 1980 la crescita accelera e la distribuzione muta Aumenta l’attrazione di Europa, USA e Asia (Cina)

  • I gruppi di imprese

    © Michelangelo Vasta 2012

    87

    I gruppi: un residuo della crescita o una strategiaoriginale?

    Due visioni:

    una strategia dei paesi arretrati per ovviare alle imperfezionidei mercati (in assenza di strumenti che assicurano il controllocon poca o senza proprietà)

    una strategia originale di ricerca di forme di efficienzaorganizzativa

  • I gruppi e i comportamenti delle imprese

    © Michelangelo Vasta 2012

    88

    L’organizzazione delle grandi imprese in gruppi e i legami intergruppo influenzano comportamenti e strutture limitando la contendibilità dei diritti di controllo e la concorrenza sul mercato dei prodotti

    I legami inter- e infra- settoriali (partecipazioni incrociate, patti parasociali) possono dare luogo a: comportamenti collusivi che riducono l’efficienza dinamica

    delle imprese

    ma anche a comportamenti cooperativi che accrescono gli investimenti

  • Lo zaibatsu giapponese

    © Michelangelo Vasta 2012

    89

    Gruppo di imprese diversificato, di proprietà di un’unica famiglia che ne detiene il controllo, presenza di una house bank

    Prima della II guerra mondiale esistono tre tipi di zaibatsu:

    Le posizioni strategiche toccano a membri delle famiglie (Yasuda, Asano)

    La gestione è affidata a manager stipendiati (Mitsui e Sumitomo) anche se le decisioni finali sulle politiche dell’impresa spettano alle famiglie

    Famiglie e manager cooperano (Mitsubishi)

    Dopo la seconda guerra mondiale gli zaibatsu vengono smantellati, ma negli anni Cinquanta si formarono i keiretsu

    Differenze perché non necessariamente controllati dalle famiglie

    Maggiore democrazia gestionale

    Similitudine perché organizzati a piramide con una imprese guida

    Collaborazione fra imprese con scambio di tecnologie e forza lavoro (obiettivo del singolo lavoratore di «avvicinarsi» al centro dello keiretsu)

    Possibilità di sviluppare sistemi innovativi di organizzazione e produzione

  • Il chaebol coreano

    © Michelangelo Vasta 2012

    90

    Gruppo diversificato di imprese controllato da famiglie proprietarie (simile allo zaibatsu giapponese)

    Sistema bancario statale che finanzia e orienta le strategie dei chaebol con sussidi, credito agevolato e protezione da importazioni e investimenti stranieri

    Quando la performance di un’impresa sovvenzionata è insufficiente, essa smette di ricevere aiuti

    I chaebol non possono possedere banche

    Nel 1988 i principali 4 chaboel (Hyundai, Samsung, Daewoo, Lucky Goldstar) assommano il 50% del PNL coreano

  • Forme flessibili di produzione

    © Michelangelo Vasta 2012

    91

    Due modelli: le piccole imprese sono proprie delle fasi iniziali dei nuovi

    regimi tecnologici (quindi temporanee)

    le piccole imprese dipendono da nicchie di mercato otecnologiche che ne garantiscono la continuità

    Le spiegazioni alternative: Le capacità sociali dei sistemi locali di produzione di

    combinare in modo flessibile la produzione [Sabel eZeitlin]

    Il ciclo della domanda: nella fase espansiva la piccolaimpresa cresce per soddisfare la domanda; laconcentrazione industriale segue nella fasi distagnazione

    Le opportunità tecnologiche: le grandi sviluppano letecnologie; le piccole la varietà dei beni intermedi

  • I «distretti industriali»: caratteristiche

    © Michelangelo Vasta 2012

    92

    Aree territoriali caratterizzate da: Elevata specializzazione manifatturiera

    Specializzazione in un comparto produttivo

    Presenza dominante di piccole e medie imprese

    Il NEC (Nord Est-Centro) o «Terza Italia»

    i sistemi locali (Bagnasco) o i distretti industriali(Becattini) intendono la piccola impresa come istituzioneintegrata con il territorio, la struttura sociale e lespecifiche culture civiche

    la «specializzazione flessibile» e i settori del made inItaly

    Propensione all’esportazione

    Verso una gerarchizzazione dei «distretti»? Il «quarto capitalismo»

  • I «distretti industriali»:vantaggi e limiti

    © Michelangelo Vasta 2012

    93

    I vantaggi competitivi un’alta flessibilità della produzione in presenza delle

    variazioni della domanda

    i ridotti costi delle transazioni informali, vantaggiderivanti dalla imprenditorialità diffusa

    l’elevata coesione sociale assicurata dalle istituzionie dalle comunità locali (enti, partiti, sindacati)

    Il limite il dinamismo tecnologico dipende dalle forme di

    conoscenza tecnologica tacita, complessa esistemica e non è legato agli avanzamenti dellafrontiera tecnologica

  • Il «quarto capitalismo»

    © Michelangelo Vasta 2012

    94

    deriva dalla ricomposizione e gerarchizzazione delle imprese minori e dei sistemi locali/distretti [Turani; Colli]

    si basa sulla formazione di gruppi strategici in genere a controllo famigliare

    la specializzazione settoriale ricalca quella dei distretti

    ha una forte proiezione internazionale: le «multinazionali tascabili»

  • Le imprese cooperative

    © Michelangelo Vasta 2012

    95

    Associazioni autogestite e volontarie di individui che condividono valori la partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla proprietà

    Hanno origine dai principi solidaristici (socialismo utopistico) che si affermano a partire dalla metà dell’Ottocento Prevalgono le cooperative di consumo (Inghilterra)

    Le cooperative hanno un forte radicamento territoriale

    Modelli di cooperazione Francia: produzione (edilizia)

    Germania: credito

    Scandinavia e USA: agricoltura

    In Italia sono presenti soprattutto nei settori dei consumi e deiservizi (grande distribuzione e servizi alla persona), meno nellaproduzione

  • Strategia e struttura

    © Michelangelo Vasta 2012

    96

    Strategia: la determinazione delle mete fondamentali e degli obiettivi di lungo periodo, ovvero la pianificazione e lo sviluppo dell’impresa

    Struttura: la progettazione, la costruzione e l’amministrazione dell’organizzazione finalizzata a mettere in atto con successo la strategia

    Il rapporto tra strategia e struttura si comprende analizzando la struttura organizzativa dell’impresa

  • Le forme organizzative della grande impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    97

    Impresa mono-impianto gestita dal proprietario-manager

    U-form (multifunzionale) struttura centralizzata funzionale (finanza, acquisti,personale, legale, impianti, vendite).

    M-form (multidivisionale) struttura multifunzionale organizzata Linea di prodotto

    Area geografica

    M-form in forma di holding

    Il problema della U-form era che i manager di medio livello si identificavano diinteressi funzionali e i manager di alto livello dovevano seguire la competizionefra dipartimenti

    La U-form era adatta sino a quando le imprese concetrarono i propri sforzi inattività omogenee (acciaio, petrolio)

    Con la M-form, invece, ciascuna divisione viene gestita autonomamente

    negli Stati Uniti la Du Pont creò 5 divisioni autonome per ciascuna linea diprodotto; la GM una per accessori, camion e una per ciascuno dei 5 marchi(Chevrolet, Cadillac, Buick, Oldsmobile, Oakland)

    In Europa la diffusione della M-form fu lenta e sostanzialmente dovuta allesocietà consulenziali americane (McKinsey, Booz Allen, etc.)

  • Impresa monofunzionale98

    © Michelangelo Vasta 2012

    Proprietario - direttore

    Tesoriere Capo del personale Acquisti e vendite

    Capo officina Capo officina Capo officina

    Impianto, officina

    per ciascun processo

  • La U-form (multifunzionale)99

    © Michelangelo Vasta 2012

  • La M-form (multidivisionale) 1/2

    Consiglio direttivo

    Comitato esecutivo

    Staff

    (finanza; legale)

    Staff(personale; servizi;

    etc.)

    Etc.Divisione/regione Divisione/regioneDivisione/regione

    Acquisti

    Personale tecnico

    Produzione Vendite Etc.

    Ufficio acquisti Ufficio acquisti Fabbrica Fabbrica Punto vendita Punto vendita

    © Michelangelo Vasta 2012

    100

  • La M-form (multidivisionale) 2/2

    Ufficio centrale

    Beni di consumo Divisione F

    Gruppo 1 Gruppo 2

    Divisione A

    Divisione C

    Divisione B

    Divisione D

    Divisione E

    © Michelangelo Vasta 2012

    101

  • Vantaggi e svantaggi della struttura multidivisionale (M-form)

    © Michelangelo Vasta 2012

    102

    Vantaggi Migliore possibilità di accedere alle informazioni

    Migliore possibilità di dare incentivi ai manager

    Migliore capacità di svolgere attività in settori diversi

    Decisioni prese al livello più basso della scala gerarchica

    Svantaggi Individuazione dei criteri (geografici, tecnologici,

    prodotti) nella scelta delle divisioni

    Dimensione delle divisioni

    Scelta di quali ambiti vanno pianificati dal centro

  • La H-form 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    103

    rappresenta un gruppo di imprese controllate da una società capogruppo attraverso partecipazioni azionarie

    è connotata da un forte decentramento strategico ed operativo

    l’intensità dei legami tra le imprese, e tra le imprese e la capogruppo, dipende dall’intensità delle partecipazioni incrociate

    viene liquidata dalla scuola americana come un retaggio del passato

    La M-form viene ritenuta superiore:

    per la sua visione strategica complessiva

    per la chiara struttura proprietaria delle sue divisioni

    per la razionale combinazione delle sue unità operative

    per la netta separazione tra strategia ed attività operativa

  • La H-form 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    104

    La holding è a lungo rimasta la forma preferita di organizzazione delle grandi imprese europee. A fine 900 circa ¼ manteneva questa struttura

    le varie forme assunte dai gruppi di imprese extraeuropei - dai keiretsugiapponesi ai grupos sudamericani – possono essere viste come declinazioni della H-form

    Come si spiega allora il successo di un’organizzazione (apparentemente) così poco efficiente?

    Con fattori esogeni all’impresa, cioè alla storia e al contesto istituzionale delle singole realtà nazionali:

    negli USA stessi non solo l’efficienza è stata la causa della crescita della grande impresa, ma anche fattori quali l’evoluzione della legislazione, le connessioni politiche, l’emergere delle business school

    al di fuori degli USA l’importanza che hanno assunto i gruppi di imprese è il fattore che, pur nel rispetto delle specificità territoriali, spiega la larga diffusione della H-form

    In Europa, soprattutto in Francia e Italia, il big business è risultato a lungo dominato da un sistema di piramidi societarie e scatole cinesi che ha consentito all’azionista di riferimento di controllare l’intera catena delle imprese del gruppo con un impegno finanziario ridotto, concentrato nella holding di famiglia al vertice della piramide, e riducendo il rischio di take-over ostili

  • Esempio dell’articolazione di una «piramide» (il gruppo IRI)

    © Michelangelo Vasta 2012

    105

    30%

    ?

    IRI

    Finanziaria

    capogruppo

    X1

    CapogruppoFinanziaria

    capogruppo

    X2 X3 X4

    Y1 Y2 Y3

    50,1% 77,3%

    100%

    60% 60% 90% 100%

    80%

    40%

    25% 20%

    Z1 Z2 Z3

    ??

    Quota di X2 controllata dal

    gruppo IRI = 70,06%

    40% + 60% * 50,1%

    Diretta Indiretta

    Quota di X4

    controllata

    dal gruppo

    IRI

    = 100%

  • Esempio di controllo «piramidale» (il gruppo IRI)

    IRI

    Capogruppo

    X1

    51%

    51%

    Y1

    Z1

    51%

    51%

    © Michelangelo Vasta 2012

    106

    Ip) capitale di Z1 = 100

    In presenza di una struttura «piramidale» l’impegno finanziario dell’IRI per controllare Z1 è pari a 6,8.

    Infatti, IRI controlla:

    - attraverso il 51% della società capogruppo, il 26% di X1 (51%*51%);

    - attraverso il 26% di X1 controlla il 13,3% di Y1 (51%*26%);

    - attraverso il 13,3% di Y1 il 6,8% di Z1 (51%*13,3%).

    In assenza di una struttura «piramidale» per avere il controllo di Z1 avrebbe dovuto detenere una quota di partecipazione pari al 51% del capitale di Z1, sostenendo quindi un esborso finanziario pari a 51 (51% di 100, capitale di Z1)

  • Verso nuove forme di impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    107

    La Matrix-form E’ riconducibile alla M-form ma presenta linee di

    comunicazione orizzonatali e non soltanto gerarchiche

    Presenza di project team manager che possono portare avanti singoli progetti utilizzando competenze da diverse divisioni

    Caratterizza i settori hi-tech (origini Matsushita 1950)

    Rischio di conflitti per forza lavoro coinvolta in due attività (quale priorità?)

    La N-form Struttura multidivisionale a rete piatta e flessibile

    Dimensione circolare

    Una sorta di federazione di imprese «garantita» dalle ICT

  • La Matrix-form

    Consiglio direttivo

    Comitato esecutivo

    Staff

    (finanza; legale)

    Staff(personale; servizi;

    etc.)

    Etc.Divisione/regione Divisione/regioneDivisione/regione

    Acquisti

    Personale tecnico

    Produzione Vendite Etc.

    Ufficio acquisti Ufficio acquisti Fabbrica Fabbrica Punto vendita Punto vendita

    Project manager 1

    Project manager 2

    © Michelangelo Vasta 2012

    108

  • La N-form

    © Michelangelo Vasta 2012

    109

    Top management

    Grafica

    Acquisti

    Soluzioni tecniche

    ContabilitàMarketing

    Design 3D

  • La responsabilità sociale dell’impresa

    © Michelangelo Vasta 2012

    110

    Il Libro verde dell’UE [2001] la definisce come «l’integrazione volontaria delle problematiche sociali ed ecologiche nelle operazioni commerciali e nei rapporti delle imprese con le parti interessate».

    Ciò significa che l’azione esterna dell’impresa non si esaurisce nei suoi rapporti col mercato, ma che essa è al centro degli interessi di una molteplicità di stakeholders:

    soci/azionisti

    risorse umane

    clienti

    fornitori

    partner finanziari

    stato

    enti locali, pubblica amministrazione

    comunità ed ambiente

    L’impresa «socialmente responsabile» è quella che rispetta certi parametri relativi a questi soggetti

  • Organizzazione del lavoro e «regimi tecnologici»

    © Michelangelo Vasta 2012

    111

    i mutamenti della struttura gestionale dell’impresa non sono separabili dalle trasformazioni dell’organizzazione delle forze che vi lavorano

    Vapore: l’organizzazione del lavoro nell’impresa vittoriana

    Elettricità: il taylorismo e la produzione fordista

    ICT: il modello giapponese della produzione snella

  • L’impresa vittoriana

    © Michelangelo Vasta 2012

    112

    La fabbrica diviene simbolo di social breakdown, che sradica il lavoratore dalla campagne

    Engels (1845) descrive una mano d’opera dequalificata, che lavora in condizioni pessime e subordinata alle macchine

    Dibattito ancora in corso (la curva di Kuznets è ancora valida?)

    La resistenza delle corporazioni alla diffusione del sistema di fabbrica

  • Il taylorismo

    © Michelangelo Vasta 2012

    113

    Generale tendenza alla razionalizzazione della produzione industriale durante la SRI

    Assembly line Mantenere ogni cosa in movimento

    Deskilling (anche per la crescita dell’offerta con l’arrivo di forza lavoro dall’Europa)

    La mass production

    Taylor Uso sistematico delle macchine

    Standardizzazione della produzione

    Raccolta e codificazione di tutte le conoscenze tacite, fino ad allora esclusivo patrimonio dei lavoratori

    Selezione scientifica dei lavoratori con classificazione di caratteristiche e rendimento

    Divisione nello stabilimento fra operai e direzione

  • La produzione fordista

    © Michelangelo Vasta 2012

    114

    Si basa su 4 principi

    taylorismo

    completa intercambiabilità dei pezzi

    Jig system (sistema di apparecchiature ausiliarie del lavoro)

    collegamento in sequenza delle operazioni di lavorazione e di montaggio (standardized and synchronized system)

    Il sistema diede da subito risultati eccezionali, tagliando enormemente i tempi di produzione:

    nel 1925 un modello T entrava sul mercato ogni 25 sec.

    il costo unitario scese dai 950 $ del 1908 ai 290 del 1927

    La produzione di massa implica anche un mercato di massa

    nel 1914 il salario minimo venne portato a 5 $ per la giornata di 8 ore (prima mediamente era di 2,4 $ per nove ore)

    Il fordismo negli anni ‘20 si allarga a tutta la produzione automobilistica

    In USA nel 1929 la G.M. aveva scalzato il primato della Ford

    Più lentamente penetra anche in quella europea (Renault, Citroen, Opel)

    in Italia al Lingotto al Fiat cerca di sperimentare le nuove metodologie ma solo con Mirafiori dopo la 2° Guerra mondiale si afferma la produzione di linea

  • Limiti e crisi del fordismo

    © Michelangelo Vasta 2012

    115

    la grande fabbrica basata sulla linea era vulnerabile, il blocco in un punto della catena fermava tutta la produzione (scioperi a scacchiera)

    la parabola del sindacato è in massima parte legata proprio alla parabola della produzione di massa: il contratto collettivo a livello di settore è l’obiettivo principale

    iniziative di concertazione collettiva per impedire la conflittualità: big business, big labor, big government si siedono al tavolo come ai tempi del New Deal per attuare politiche neocorporative

    Le crisi petrolifere degli anni Settanta e la crisi del modello

  • Il modello giapponese della produzione snella 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    116

    Si afferma nell’industria automobilistica

    Si basa sul “pensare all’inverso” cioè ridefinire il flusso produttivo non più da monte a valle, dalla produzione al montaggio finale, ma da valle a monte, muovendo dalla richiesta del mercato, quindi

    fabbrica snella (lean production): riassetto del ciclo del prodotto, riduzione (o eliminazione) delle scorte

    Riduzione degli sprechi, realizzabile con due modalità. just in time: ciascun componente arriva alla linea nel preciso

    momento in cui ce n’è bisogno e nella quantità necessaria

    controllo di qualità e possibilità per il lavoratore di intervenire rapidamente sulle anomalie della linea e di eliminarle

  • Il modello giapponese della produzione snella 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    117

    Il sistema venne sperimentato dall’Ingegner Ohno alla Toyota che da fabbrica poco significativa arriva a leader mondiale

    Il sistema viene, già dagli anni ‘80 è, stato imitato e adattato dalle case automobilistiche dei paesi occidentali:

    Recupero di margini di discrezionalità operaia e di autonomia operativa, dominio della tecnologia, scarsa differenziazione fra attività produttive e attività d’ufficio

    fabbrica integrata come un “tubo di cristallo” dimensioni più ridotte

    forza lavoro tecnicamente preparata

    capacità di interazione con gruppo di lavoro e impianti

  • La contabilità

    © Michelangelo Vasta 2012

    118

    Il bilancio di un’impresa ne rappresenta il principale strumento di conoscenza interna perché fornisce alla proprietà, al management ed ai consulenti una rappresentazione

    della sua situazione patrimoniale e della sua capacità di reddito

    esterna perché le stesse informazioni vengono poste a disposizione del pubblico e, in particolare, dei suoi potenziali investitori

    Serve per l’analisi storica?

    L’evoluzione

    Italia prerinascimentale

    Tuttavia fino alla 2° R.I. la buona contabilità fu soprattutto un’«arte» e non una «scienza»

    In UK qualche miglioramento si ebbe soltanto a metà ‘800, a seguito dello sviluppo delle società ferroviarie: con i loro elevati immobilizzi e l’ampia diffusione dell’azionariato

    Con la 2° R.I. in Germania e USA si sviluppò la moderna contabilità legando

    l’accountancy, che si occupava delle scritture contabili, dei bilanci e delle relative valutazioni;

    il management, o scienza dell’organizzazione e della gestione

    I tecnici e gli ingegneri e le tecniche di bilancio complesse:

    ricostruzione dei costi

    standardizzazione delle valutazioni

    concetto di break even

    standard ratios

  • L’analisi scientifica del bilancio

    © Michelangelo Vasta 2012

    119

    Negli USA si diffonde già a partire dall’inizio del ‘900 In una prima fase mancava ancora una struttura teorica per la

    formulazione di ipotesi sul comportamento delle imprese e la verifica sulla base dell’evidenza empirica

    Ratio analysis: ricerca criteri rigorosi per l’analisi di bilancio

    La capacità di trarre dall’analisi dei conti un giudizio sulla solidità finanziaria di una impresa divenne un caposaldo della politica creditizia degli intermediari finanziari

    In Europa questi concetti si diffusero lentamente L’ERP e la diffusione della contabilità americana

    In Italia difficoltà della diffusione sono accentuate dalla struttura dimensionale e dalla legislazione

    Il ruolo dei gruppi pubblici

  • L’impresa pubblica 1/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    120

    Cos’è Molteplicità di attività gestite dallo Stato, talvolta anche

    congiuntamente con capitali privati Imprese possedute direttamente

    Imprese gestite a livello locale

    Dove e quando inizia la sua diffusione Dopo la I GM in molti paesi europei come risposta a

    “fallimenti del mercato”

    Si diffonde sia in paesi socialisti, sia in paesi capitalistici

    La gestione di attività strategiche (servizi pubblici, settori industriali poco sviluppati)

    Spesso nasce non seguendo un piano preordinato, ma in risposta a situazioni contingenti

  • L’impresa pubblica 2/2

    © Michelangelo Vasta 2012

    121

    Perché nasce e si sviluppa Motivi ideologici

    politiche di collettivizzazione dei paesi socialisti programmi di nazionalizzazione dei paesi

    capitalistici Programmi autarchici

    Motivi sociali Garantire l’occupazione Garantire buone relazioni industriali

    Motivazioni economiche «Monopoli naturali» Infant industry I salvataggi

  • Categorie di settori in cui è più presente l’impresa pubblica

    © Michelangelo Vasta 2012

    122

    Servizi pubblici (elettricità, gas, acqua, poste, ferrovie, aviazione civile, comunicazioni)

    Industria di base (miniere, siderurgia, petrolio)

    Sistema finanziario (banche e assicurazioni)

    Istruzione e salute

  • Le origini storiche

    © Michelangelo Vasta 2012

    123

    Verso la fine dell’Ottocento, nonostante la sporadicità della presenza dell’impresa pubblica, muta la concezione dello Stato e anche del suo ruolo all’interno dell’economia

    Si sviluppa un atteggiamento favorevole soprattutto nei paesi second comers

    In alcuni paesi (Germania e Italia) dava la spinta anche per l’unificazione politica e economica

    Si sviluppano due modelli

    «continentale»: coinvolgimento diretto anche nella produzione. Stato imprenditore

    «americano»: regolamentazione dei mercati. Stato regolatore

  • Stato: «imprenditore» versus «regolatore»

    © Michelangelo Vasta 2012

    124

    «Imprenditore» La burocrazia efficiente francese

    Socialismo scientifico

    La scuola keynesiana

    «Regolatore» Le agenzie federali

    Il controllo del mercato (SEC, antitrust, etc.)

    Il New deal

  • Le privatizzazioni

    © Michelangelo Vasta 2012

    125

    Motivazioni Politiche, ideologiche, teoriche (centralità

    dell’impresa privata)

    Economiche (government failure)

    Finanza pubblica (ridurre il debito)

    Modalità Offerta pubblica di vendita (OPV), in alcuni paesi

    anche cessione con trattativa privata

    Prezzo sotto quello di mercato

    Mantenimento di una Golden share

    Istituzione di meccanismi di regolazione

    Successi o insuccessi (micro e macro)

  • Andamento delle privatizzazioni in Europa

    © Michelangelo Vasta 2012

    126

  • Privatizzazioni per paese europeo (1977-2003)

    © Michelangelo Vasta 2012

    127

  • Gli effetti delle privatizzazioni

    © Michelangelo Vasta 2012

    128

    La soluzione di tutti i problemi dei sistemi economici?

    maggior efficienza e miglior performance economica delle impreseprivatizzate (dato controverso)

    ci sono non trascurabili eccezioni (servizi)

    Talvolta l’aumento della performance è precedente al cambio di proprietà

    che significato si dà al termine performance

    Come calcolare l’impatto sull’ambiente e l’occupazione?

    Le privatizzazioni dei paesi in via di sviluppo

    Europa dell’Est: dopo l’iniziale ottimismo - l’opinione pubblica ora risultamolto insoddisfatta

    America Latina: crescente sfiducia e disaffezione della popolazione nellepolitiche di denazionalizzatone delle imprese

    A. Heertje: la storia è sempre stata caratterizzata dall’alternanza difasi di estrema presenza dello stato nell’economia e da reazioni nelladirezione opposta, anche se, ovviamente, la natura di tale presenza èandata cambiando nel tempo.

  • Fine della prima parte

    BUONA PROVA INTERMEDIA…

    129

    © Michelangelo Vasta 2012