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Storie di Volo... Quaderni del Volontariato 10 Quaderni del volontariato 10 CESVOL EDITORE Quando gli Angeli sono i Volontari di Silvana Leoni

Storie di volo... Quando gli angeli sono i volontari

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Raccolta di storie pubblicate durante tutto il 2013 sul Corriere dell'Umbria; storie di volontari che riportano la propria toccante esperienza di Silvana Leoni Cesvol Perugia

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Quaderni del volontariato10

CESVOLEDITORE

Quando gli Angeli sono i Volontari

di Silvana Leoni

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Quaderni del volontariato

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Edizione 2013

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CesvolCentro Servizi Volontariatodella Provincia di Perugia

Via Campo di Marte n. 9 - IV piano06124 Perugia

tel 075 5271976fax 075 5287998

www.pgcesvol.net

Edizione Dicembre 2013 Coordinamento editoriale e copertina di Stefania Iacono

Stampa Digital Editor - Umbertide

tutti i diritti sono riservatiogni produzione, anche parziale, è vietata

ISBN 978-88-96649-30-5

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di Silvana Leoni

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Quando gli angeli sono i volontari

EDIZIONE 2013

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PREFAZIONE

A parlare o scrivere di volontariato si corre il rischio di essere retorici. In realtà oggi come oggi è quanto mai importante avvicinarsi a questo mondo, conoscerlo e viverlo da vicino, coglierne le sfumature. Il volontariato è infatti un modo di vivere, un modo per essere vicini a chi soffre, a chi ha bisogno. E’ anche un’opportunità per affermare il proprio essere cittadini, uomini e donne di una comunità. Chi fa vo-lontariato è spinto da una forte motivazione, che sia religiosa o laica poco importa. Quello che conta veramente è dedicare agli altri il pro-prio tempo, le proprie energie, la propria attenzione. Che poi significa regalare il proprio amore, superando i confini dell’individualismo.Una premessa questa per introdurre la tematica di questo spazio, e cioè l’aver voluto raccogliere in una pubblicazione le storie più si-gnificative raccontate sul Corriere dell’Umbria da Silvana Leoni del Cesvol di Perugia. Storie toccanti e perciò bellissime, che esprimono sì la sofferenza ma racchiudono anche la speranza. Storie di personaggi che dal proprio dolore hanno trovato linfa per creare associazioni che si ripropongono di stare vicino a chi si trova a vivere la stessa paura. Storie di vita vissuta a contatto con la malattia, dopo essere stati ca-tapultati in un tunnel senza luce. La pagina settimanale è un appuntamento con la realtà, un appunta-mento con quel fantastico mondo del volontariato che in silenzio ogni giorno, ogni ora, contribuisce a regalare un sorriso, offre una spalla per piangere, non disdegna un abbraccio a chi è disperato. Pubblicare questi “capitoli”, questa rubrica su un quotidiano è un onore oltre che un dovere perché di solito trattiamo notizie di cronaca

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che durano il tempo di una lettura. Le informazioni sul volontariato, invece, non solo scaldano il cuore ma restano impresse nella mente. In un mondo in cui tutto si consuma rapidamente, in cui non c’è tem-po neppure per dire buonasera al vicino di casa, sapere che esistono persone che dedicano la loro vita al prossimo è un fatto che merita visibilità ed è un piacere darne conto. In conclusione, attraverso questo lavoro, vogliamo tutti dire grazie ai meravigliosi operatori del Cesvol, per quello che fanno in uno spirito di vera solidarietà e vicinanza. E il Corriere lo dice doppiamente per-ché attraverso il Cesvol può arricchire l’informazione con momenti di vita reale.

Anna MossutoDirettore responsabile del Corriere dell’Umbria

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PREFAZIONE DELL’AUTORE

Tante storie di vita che s’intrecciano lungo i percorsi della solidarietà. Sono quelle dei Volontari, raccolte in questo libro e raccontate per tut-to l’anno, settimana dopo settimana, sul Corriere dell’Umbria. Storie nate da motivazioni personali diverse, eppure simili per il desiderio di costruire, da protagonisti, un futuro diverso per il nostro Paese. Per-ché mentre i riferimenti sociali crollano, il Volontariato ci permette di continuare a sognare. Ce lo permettono i tanti Volontari che ogni giorno, spinti dal desiderio di dare risposte concrete a bisogni insod-disfatti, fanno Politica nel senso più alto del termine. Li ringrazio per avermi affidato le loro storie, ringrazio i miei genitori perché mi hanno insegnato a misurare le persone per il loro valore sociale, il Presidente del Cesvol Giancarlo Billi, per il suo impegno nel far conoscere e difendere il ruolo insostituibile dei Centri di Servizio, il Direttore del Cesvol Salvatore Fabrizio, che ha voluto questo libro, e il Direttore del Corriere dell’Umbria, Anna Mossuto, che ne ha pub-blicato i racconti, confermando sensibilità e attenzione a un mondo che rischia di restare nell’ombra.Ringrazio, infine, Stefania Iacono: è suo il titolo e sua è la copertina. L’ha voluta con un’unica ala. “L’altra – mi ha detto - deve metterla chi vuole provare a volare…”.

Silvana Leoni

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“...Allargare lo sguardo fuoridalle mura di casa e della scuolaper aiutare chi è in difficoltà...”

MarcoPresidio del Volontariato SideraLiceo Classico Istituto Roberto BattagliaNorcia

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Norcia, 7 gennaio 2013

La tecnologia? E’ un ponte che unisce le generazioni. Ne è convinto Marco che, insieme a un pugno di giovani volontari, è salito in cat-tedra per svelare a persone non più giovani i segreti dell’informati-ca e del web. “Ho vestito volentieri i panni da insegnante”, afferma il diciassettenne che frequenta il Liceo Classico in seno all’Istituto Roberto Battaglia di Norcia. “Per una volta – spiega – i ruoli si sono invertiti e siamo stati noi giovani a mettere a disposizione dei grandi la nostra esperienza”. Un modo per consolidare l’alleanza fra nonni e nipoti, celebrata per tutto il 2012 dall’Anno europeo dell’invec-chiamento attivo e della solidarietà fra generazioni. “Senza dimen-ticare – sottolinea Marco – lo spirito che anima il nostro Presidio di Volontariato: allargare lo sguardo fuori dalle mura di casa e della nostra scuola per aiutare chi è in difficoltà”. L’iniziativa (ideata da Emanuele Persiani, presidente dell’associazione Valnerinaonline e organizzata con il sostegno dei ragazzi del Presidio di Volontariato Sidera, attivo nell’Istituto d’istruzione superiore Roberto Battaglia) ha coinvolto una ventina di adulti, lieti di tornare sui banchi di scuo-la per familiarizzare con il pc e, soprattutto, per imparare a utilizza-re internet e la posta elettronica. Articolato in sette lezioni, il Corso è stato promosso dall’Associazione Valnerinaonline con il sostegno dello sportello Cesvol della Valnerina che ha da tempo sottoscritto un accordo con l’Istituto Roberto Battaglia per promuovere fra i ra-gazzi i valori della solidarietà e dell’impegno sociale tramite l’attiva-zione dei Presidi del Volontariato, laboratori di cittadinanza attiva per gruppi informali di studenti. “Il Corso – afferma Marco – è solo una delle iniziative organizzate dal nostro gruppo, attivo dal 2009”.

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L’ evento più riuscito? Norcia’s got talent, spettacolo di ballo, canto e arti varie che ha visto salire sul palco, da soli e in gruppo, giovani talenti di Norcia e dei Comuni vicini”. Un’esperienza che sarà repli-cata al più presto. “Stiamo già lavorando alla prossima edizione che, visto il successo, utilizzerà la stessa formula”, anticipa Marco. Non ci sono dunque cambiamenti da fare? “Non si tratta di una gara fra professionisti, ma di una serata per raccogliere fondi da destinare a iniziative di solidarietà. Per questo spero che, rispettando lo spirito dell’evento, la giuria sia più larga di manica nel valutare i concor-renti”. Ma fare esercizio di solidarietà non impedisce a Marco di coltivare i suoi studi. “Mi piacerebbe fare il giornalista d’inchiesta – confida -. La denuncia è un punto di partenza per costruire una società migliore e più giusta”. E il tempo per gli hobby? “Trovo anche quello”, dice il volontario che ama la musica e fa lunghe escursioni in mountain bike in compagnia degli amici Federico e Lorenzo. “Quel-la per la bicicletta – afferma - è una passione che mi ha trasmesso mio padre”. “All’inizio ha dovuto obbligarmi a seguirlo, poi però ho scoperto il gusto di esplorare su due ruote gli scorci nascosti della Valnerina”, ammette il volontario che non si è fatto fermare neppure dalla neve. Ma l’impegno più sentito resta quello nel sociale. “Fare Volontariato – conclude – è una straordinaria esperienza di crescita e partecipazione. Per farlo, non servono grandi gesti, basta iniziare dalle piccole azioni di ogni giorno”.

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“...Se ci guardiamo attorno vediamo che c’ è davvero

tanta gente che ha bisogno di aiuto...”Presidio del Volontaritao Bingo Bango BonghiIstituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri Ruggero BonghiSanta Maria degli Angeli

Michele-Catarina

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Santa Maria degli Angeli, 14 gennaio 2013

Fare volontariato? “Lo abbiamo sempre desiderato, ma non sapeva-mo come poter iniziare”, dicono Catarina e Michele, amici e compa-gni di classe. Per questo, non appena se ne è presentata l’occasione, hanno aderito al Presidio di Volontariato nato nell’Istituto Tecnico statale Commerciale e per Geometri Ruggero Bonghi di Santa Maria degli Angeli. “Ho colto al volo la proposta di Serena Colaianni, ve-nuta in classe per conto del Cesvol Perugia a mostrarci come inizia-re a far pratica di cittadinanza attiva”, afferma Michele. “Non ci ho pensato due volte!”, conferma Catarina, particolarmente sensibile verso gli anziani e i bambini malati. “Noi che viviamo nella terra di San Francesco - sostiene Michele –, abbiamo un’eredità pesante da raccogliere. Per questo non ho esitato, perché se ci guardiamo attor-no vediamo che c’è davvero tanta gente che ha bisogno di aiuto”. E non è detto che quella della solidarietà sia sempre una strada da per-correre con fatica. “Organizzare il Celebrity Christmas Party è stata un’esperienza divertente” affermano i due amici. La festa, che si è te-nuta nel periodo natalizio in una nota discoteca della zona, è servita a sostenere l’attività di alcune associazioni di Volontariato presenti nel territorio. “A queste organizzazioni – riferiscono i ragazzi – sarà devoluto il ricavato della serata, prima iniziativa organizzata dal no-stro gruppo che abbiamo voluto scherzosamente chiamare Bingo, Bango, Bonghi”.Oltre a promuovere feste e piccoli eventi finalizzati alla raccolta fon-di da devolvere in beneficenza, i quindici Presidi del Volontariato, spalmati a macchia d’olio in tutta la Provincia di Perugia, hanno lo scopo di trasmettere ai ragazzi il valore della solidarietà, della parte-

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cipazione e della cittadinanza attiva. “Cerchiamo di individuare un percorso motivazionale ad hoc in ogni scuola per aiutare i ragazzi a sentire le responsabilità e le immense soddisfazioni del fare per gli altri” spiega Colaianni, referente Cesvol del Servizio Volontariato e Scuola”. “L’obiettivo che ci siamo posti – prosegue - è di sostene-re le scelte dei ragazzi, convinti che solo una scelta autonoma porti i giovani ad interiorizzare il credo della solidarietà”. Un obiettivo centrato, se archiviata la festa, i ragazzi si sono messi subito al lavo-ro per pianificare altre attività. “Pensiamo di promuovere un tor-neo di bocce al quale partecipare in coppia con gli anziani e stiamo organizzando un servizio di aiuto compiti per i bambini delle ele-mentari”, anticipano. “Ci piacerebbe, inoltre, aiutare i bambini in ospedale”. Intanto, mentre cercano di trasformare in realtà le buone intenzioni, Catarina e Michele continuano a studiare e a coltivare qualche hobby. “Dopo il diploma vorrei trascorrere un periodo in Inghilterra per imparare bene la lingua”, confida Catarina che, per aiutare in casa, fa da baby sitter alla sorellina di tre anni. “Io, invece, vorrei proseguire gli studi e iscrivermi all’Università per frequentare la Facoltà di Economia e Commercio”, rivela Michele che dedica alla palestra il suo tempo libero. “Intanto, visto che con il pc me la cavo piuttosto bene, ho dato la mia disponibilità per iniziare gli anziani ai segreti dell’informatica”. E ai coetanei? Che cosa suggerite? “Di fare la nostra stessa esperienza”, esclamano. “Perché fare Volontariato aiuta a crescere e ci rende cittadini più consapevoli”.

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“...Avevo 26 anniquando ho lasciato Minsk.

Non immaginavo che avrei costruito quiuna nuova vita...”

AlenaAssociazione Donne dell’EstPerugia

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Perugia, 21 gennaio 2013

Amore, malattia, speranza e solidarietà sono una trama insolubile nella vita di Alena, giunta in Italia nel 2004 per lavoro e rimasta per guarire e per vivere. “Avevo 26 anni – racconta la vicepresidente dell’associazione Donne dell’Est - quando, per espandere l’attività d’import/export della mia famiglia ho lasciato Minsk, capitale della Bielorussia, per allacciare nuovi rapporti d’affari”. “Non immagina-vo – prosegue – che avrei costruito qui una nuova vita”. Bloccata in Italia da motivi di salute, Alena ha incontrato in ospedale il suo attuale marito: “Ho conosciuto Luca nel reparto di emodialisi dell’o-spedale di Perugia dove entrambi eravamo in attesa di trapianto e ci siamo subito sposati”. Volati all’altare nel giro di 2 mesi, Alena e Luca continuano ad affrontare insieme tutte le difficoltà perché, oltre che sull’amore, il loro legame è basato sulla solidarietà. “Mio marito – riferisce Alena – è presidente dell’associazione Perugia Torball, uno sport molto praticato da non vedenti e ipovedenti, mentre io sono fra le fondatrici dell’associazione Donne dell’Est in Umbria”. Nata come gruppo informale di donne provenienti dall’ex Unione Sovietica e accomunate dalle stesse difficoltà, l’associazione si è formalmente costituita in seguito alla misteriosa morte di Svetlana Kushnikova, 57enne russa trovata morta nel 2010 alla fermata dell’autobus in via Cortonese, con accanto due valigie contenenti vestiti e pochi effetti personali. “Tranne l’ex marito, inizialmente sospettato del delitto, Svetlana non aveva parenti in Italia. Per questo – racconta la volon-taria - io e alcune amiche, ci siamo impegnate per dare sepoltura al suo corpo”. Un’impresa non facile, complicata dalle indagini e dalle difficoltà burocratiche. “Voglio ringraziare Stella Cerasa, vicediret-

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trice della Caritas diocesana di Perugia e gli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile per l’aiuto che ci hanno dato”, afferma Alena, grata per il sostegno anche alla Croce Rossa. “La nostra associazio-ne – precisa – serve anche a questo, a dare un supporto informati-vo e giuridico alle donne provenienti dall’Est europeo e a renderle consapevoli dei loro diritti e doveri”. E poiché quello della lingua è il primo ostacolo da superare, le volontarie organizzano dei “Corsi gratuiti d’Italiano” nella sede della Consulta per gli Immigrati di via Imbriani 2 a Perugia. “Non solo, per difendere i diritti delle donne che lavorano come collaboratrici domestiche e per favorire lo scam-bio di esperienze personali e di lavoro, realizziamo diverse iniziative per l’8 marzo. Programmiamo periodicamente cene di solidarietà e raccolte fondi per i bambini di Cernobyl, in collaborazione con l’associazione Orizzonti onlus, oltre alla donazione di sangue pro-mossa in sinergia con l’Avis”. Senza dimenticare, il corso di Comu-nicazione Internazionale BRIGIT e quello di Arte e Danza terapia (ARTERI) per immigrati in collaborazione con l’associazione Key & Key e l’ong TAMAT. “Insieme alla Presidente Larisa Gurgurov, noi volontarie sfruttiamo ogni occasione per favorire l’integrazione e l’inclusione delle Donne dell’Est di cui vogliamo far conoscere usi, costumi, fiabe, tradizioni e cucina”, sostiene Alena che, a 36 anni, parla 6 lingue e sta imparando il giapponese. Non a caso è iscrit-ta all’albo Traduttori e Interpreti del Tribunale di Perugia e lavora come mediatrice culturale presso l’Asl n. 2. E poiché non è una tipa alla quale piace perder tempo, sta frequentando anche la facoltà di Lingua e Cultura italiana all’Università per Stranieri di Perugia. “Il mio obiettivo – confida – è di laurearmi al più presto”. E a una come lei, gli in bocca al lupo non servono…

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“...E’ sulla valorizzazione della cultura e sulla tutela delle tradizioni

locali che ho voluto puntare...”

Associazione Accademia Pietro VannucciCittà della Pieve

Marcella

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Città della Pieve, 28 gennaio 2013

Parlando con Marcella Binaretti si avverte una tenacia che sconfi-na nell’ostinazione. Forse è per questo che l’associazione Accademia Vannucci, da lei fondata e presieduta, va avanti nonostante tutto. Perché si sa, “la cultura non si mangia” e non fa nemmeno audience. “Eppure – dice la Volontaria –, è sulla valorizzazione della cultura e sulla tutela delle tradizioni locali che ho voluto puntare quando nel 2004, insieme ad altri soci, ho costituito l’associazione”. Un’impre-sa apparentemente facile nei luoghi del Perugino e del Pomarancio, salvo rendersi conto che le opere che il mondo ci invidia passano quasi inosservate ai nostri occhi. Assuefazione alla bellezza? “Forse, o forse si tratta di apatia”, risponde Binaretti che con la sua associa-zione vuole suggerire un modo diverso di vivere la città. “Abbiamo dei pezzi unici – afferma con l’orgoglio della pievese nata dentro le mura del borgo –, e non penso soltanto alle opere di Pietro Vannuc-ci”. Un esempio? “Il Monastero delle Clarisse di Santa Lucia, fondato quando ancora era viva Santa Chiara. Proprio lì, fino a poco tem-po fa, c’erano 33 giovanissime suore, tutte laureate: un vero punto di riferimento per l’intera comunità”. Per non parlare dell’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi o di quello di San Bartolomeo, o dello stesso palazzo della Corgna, la più importante fra le dimore signo-rili di Città della Pieve. “Un patrimonio che merita di essere cono-sciuto e ulteriormente valorizzato”, sostiene la volontaria, ideatrice inesausta di eventi e iniziative di grande risonanza. Fra queste la mostra Il Canto della Luce, che ha visto esporre nella Chiesa Santa Maria dei Servi le opere della pittrice Michele Demarque ispirate alla musica di Hildegard. “E’ solo una delle iniziative volute dalla

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nostra associazione – chiarisce la Presidente -. Periodicamente – ri-corda - organizziamo anche concorsi nazionali di scrittura, pittura e il premio giornalistico I Borghi più belli d’Italia”. Senza dimenticare le molte iniziative pensate per i ragazzi, affinché possano coltivare l’amore per la cultura e l’arte in tutte le manifestazioni. “Proprio i giovani – afferma Binaretti – sono i destinatari del Concorso di pit-tura Espressioni d’Amore, rivolto agli alunni delle Scuole primarie di primo grado e agli studenti degli Istituti e Accademie d’Arte”. E per il futuro? “Siamo in attesa che venga aperto lo sportello di ascolto e consulenza per donne vittime di violenza, previsto nell’ambito del Progetto Rispetto uguale dignità”, sostiene la volontaria. Fra gli im-pegni dell’associazione anche la nuova edizione del concorso di Poe-sia Il paesaggio del cuore, rivolto a giovani e adulti, italiani e stranie-ri “perché chi viene da Paesi lontani, ama orizzonti diversi rispetto a quelli che noi siamo abituati a vedere”. La promozione della cultura continua, dunque, a trecentosessanta gradi. Una lezione da non di-menticare, in un Paese come il nostro che da solo vanta il 45% dei Siti Unesco e che proprio su Cultura e Turismo dovrebbe puntare almeno per inseguire il business, se non “per seguir virtute e canoscenza”…

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“...che senso ha disperdere i propri organi nel nulla?

Forse che in Paradiso o all’Inferno sappiano cosa farne?...”

Associazione Cuor di LeonePerugia

Roberto

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Perugia, 4 febbraio 2013

Il cuore nuovo che da 4 mesi batte nel suo petto è un dono che Ro-berto ha saputo accettare. Un fatto non scontato, visto il forte signi-ficato simbolico attribuito a quest’organo. Anche per questo, perché le donazioni sono ancora poche rispetto alle persone che ne necessi-tano, il consigliere dell’associazione pro cardiopatici Cuor di Leone ci tiene a raccontare la sua esperienza e a ringraziare chi gli ha per-messo di rinascere. “Il donatore, perché ha consentito al miracolo di avverarsi, e l’intera equipe cardiochirurgica dell’Azienda Ospeda-liera Universitaria Senese (A.O.U.S), medici e infermieri che sosten-gono carichi di lavoro massacranti sostenuti unicamente da etica professionale e umanità”. Ma com’è arrivato al trapianto e perché proprio a Siena? “Tutto è iniziato il 4 gennaio 2009, quando, all’età di 59 anni, ho avuto un arresto cardiaco, superato con l’applicazione di un primo pacemaker”, racconta Roberto. Un’ emergenza risolta che ha comunque avuto ripercussioni nella vita lavorativa. “Face-vo il vigile urbano ed ero solito uscire in pattuglia ma, leggendo la paura negli occhi dei colleghi ogni volta che mi mettevo al volante, ho preferito il pensionamento”. Poi, nel 2011, la scelta di sostitui-re il primo pacemaker con uno biventricolare, ritenuto più adatto. “Lì c’è stato il crollo”, riferisce Roberto, costretto a fare i conti con scompensi cardiaci e terapie farmacologiche sempre più aggressive. “Io stesso – afferma –, chiesi di valutare l’eventualità del trapianto, ma l’illusione mi fu tolta, viste le lunghe liste d’attesa”. Eppure, dopo viaggi (e ricoveri) della speranza che da Perugia lo hanno portato a Milano, Catania e Pavia, Roberto è davvero arrivato al trapianto. “Mi sono rivolto all’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese – dice

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- e qui, in una notte magica tra l’11 e il 12 settembre 2012, un cuore nuovo ha iniziato a battere nel mio petto”. “Ricordo – prosegue –, quando in sala operatoria, prima di essere addormentato, cercavo conforto fra i presenti e la dottoressa Sonia Bernazzali, responsabile dell’ambulatorio cardiotrapiantati, mi accarezzò il viso, tenendomi la mano nella sua”. Ma lunga è la lista delle persone da ringraziare: il cardiochirurgo che ha eseguito l’intervento, dott. Giuseppe Da-voli, il direttore della Cardiologia, dott. Roberto Favilli, il Direttore Generale A.O.U.S Le Scotte, dottor Piero Tosi, e poi gli operatori di sala operatoria ed emodinamica, le infermiere, gli infermieri, fino ad arrivare agli ausiliari che distribuivano i pasti. “Soprattutto – sot-tolinea Roberto –, devo ringraziare mia moglie e le mie due figlie. E’ grazie al loro amore, un amore che non si è mai arreso, che ho voluto vincere contro la malattia”. E adesso che la sua vita sta tor-nando alla normalità, adesso che riesce a fare passeggiate e svolgere attività fino a poco fa impensabili, Roberto vuole contribuire a pro-muovere una più ampia coscienza civile per la donazione di organi, elemento essenziale di responsabilità e solidarietà umana e sociale. “La stessa notte in cui io sono stato trapiantato – afferma –, altre persone hanno ricevuto altri organi, avendo la possibilità di con-tinuare a vivere. Anche per questo, io che ho avuto il privilegio di essere protagonista e spettatore di una realtà drammatica e meravi-gliosa al contempo, mi sono chiesto più volte: che senso ha disper-dere i propri organi nel nulla? Forse che in Paradiso o all’Inferno sappiano cosa farne? Agli altri interessa soltanto la nostra anima, gli organi lasciamoli qui sulla Terra facendo sì che possano conti-nuare a vivere. Così, anche noi, riusciremo a vivere oltre la vita”.

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“...Siamo rimasti soli e non ce la facciamo più.

E’ per questo che ci siamo arresi...”

Marisa-MaurizioAssociazione Noi e VoiPerugia

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Perugia, 11 febbraio 2013

Quelle di Marisa e Maurizio sono mani che raccontano. Mentre ri-percorrono la storia, ormai finita, dell’associazione Noi e Voi, madre e figlio, di 74 e 40 anni, arricciano, piegano e strappano pezzi di carta, mimando il lavoro fatto per anni nel laboratorio di via Chiusi, a Perugia. “Da veri mastri cartai – dice Marisa con orgoglio – fab-bricavamo a mano la carta, realizzando dal nulla non solo parteci-pazioni, agende, biglietti da visita e segnaposto ma anche cornici, lampade, scatole e bomboniere in carta e rete metallica”. Un’attività portata avanti con passione per dare un’opportunità di crescita e for-mazione ai ragazzi con disabilità, una volta terminato l’obbligo sco-lastico. “Vedere quei fogli di carta uscire da una poltiglia puzzolente era bellissimo”, afferma Maurizio con l’emozione negli occhi e nella voce. “E’ stato per lui che, insieme ad un’amica, ho fondato l’asso-ciazione”, aggiunge Marisa che a 35 anni ha smesso di fare la sarta per prendersi cura del figlio, il quarto, colpito da meningite. “L’idea – spiega – è maturata dopo che Maurizio aveva seguito un corso di formazione per mastro cartaio organizzato dalla Regione. Fu lo stesso docente, Ferruccio Riccioni, a suggerirci di allestire un pic-colo laboratorio per la fabbricazione e lavorazione della carta”. Un suggerimento concretizzato grazie al Comune di Perugia, che mise a disposizione i locali per il laboratorio, e alla generosità di Brunello Cucinelli, che diede un primo contributo utilizzato dall’associazione per avviare l’attività. “Sono stati molti i ragazzi a cui ho insegnato a lavorare la carta”, racconta Marisa consapevole dell’importanza per le persone con disabilità di sviluppare le abilità manuali. “Spesso – conferma Maurizio –, non riuscivamo a credere di essere stati pro-

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prio noi a fare quei lavori”. Perché, allora non andare avanti? “Siamo rimasti soli e non ce la facciamo più”, ammettono con amarezza. “Dopo la morte di mio marito, che trasportava gratuitamente i ra-gazzi con disabilità, i partecipanti ai nostri laboratori sono progres-sivamente diminuiti, fino a quando i corsi sono rimasti deserti”, so-stiene Marisa. “E’ per questo – afferma – che ci siamo arresi”. Così, il 25 gennaio 2012, l’associazione Noi e Voi”, nata tredici anni prima, il 3 agosto, si è formalmente sciolta. “Abbiamo ceduto macchina-ri, strumenti e materiali all’Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici), con l’augurio che raccolga, anche idealmente la nostra eredità”, auspica l’ex Presidente, intenzionata a riappropriarsi dei suoi spazi dopo una vita dedicata al Volontariato. E Maurizio? Che cosa farà? “Spero, tramite il Sal (Servizio di accompagnamento al lavoro), di trovare occupazione come magazziniere”, risponde con cautela mentre le sue mani mostrano come piegare la carta per fare una partecipazione nunziale. “I nostri lavori – sottolinea Marisa – erano molto apprezzati. Abbiamo partecipato a mostre e mercati-ni dell’artigianato a Perugia, Firenze, Siena, Forlì e perfino ad Aix en Provence, in Francia”. “Riuscivo a vendere più io di mia madre”, rivendica Maurizio. “L’incasso – precisa Marisa – veniva utilizza-to interamente per coprire le spese dell’associazione, dalle bollette, all’acquisto dei materiali, all’assicurazione per i ragazzi che usufrui-vano gratuitamente dei nostri servizi”. E le amicizie? Almeno quelle restano? “Di tanto in tanto ci incontriamo alle bocce” – conclude Maurizio, dirigente della squadra di calcio del quartiere Santa Lu-cia. “Ma se mancano le occasioni, anche i rapporti si allentano…”.

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“...Non ho mai cercato soltanto nel lavoro la mia realizzazione,

ho sempre dedicato parte del mio tempo agli altri...”

GiovanniPro Civitate ChristianaAssisi

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Assisi, 18 febbraio 2013

Giovanni ha lasciato Milano per Assisi, dedicandosi completamente al volontariato nell’ambito della Pro Civitate Christiana, nota come Cittadella. Ma anche se ha fatto promessa solenne di povertà, salu-tato amici e parenti e lasciato il lavoro da commercialista, non con-sidera la sua una scelta radicale. “E’ stata la naturale conclusione di un percorso pienamente condiviso con mia moglie Maria Rosaria”, afferma. “Abbiamo deciso insieme, alla soglia di 50 anni, di cogliere l’opportunità offerta dall’associazione, che a partire dagli anni No-vanta, oltre alle persone nubili e celibi, ha iniziato ad accogliere an-che le coppie sposate”. “Così, nel 1997, abbiamo detto il nostro Sì al Signore e ci siamo trasferiti ad Assisi”. Un inizio non facile, segnato dopo un mese, dal terremoto che colpì Marche e Umbria, procu-rando gravi danni alla città di San Francesco. “Siamo rimasti molti mesi fuori casa – ricorda Giovanni -, ma non abbiamo mai messo in discussione la nostra scelta. Al contrario la nostra fede ne è usci-ta rafforzata, così come il nostro rapporto di coppia”. Un fatto che non sorprende, vista la grande importanza rivestita dal volontariato nella vita dei due coniugi. “Non ho mai cercato soltanto nel lavoro la mia realizzazione”, sostiene Giovanni. “Per questo – chiarisce - ho sempre dedicato parte del mio tempo agli altri, sia collaborando con il movimento di Emmaus per la realizzazione di ospedali e strutture sanitarie nel Terzo Mondo, sia fondando scuole popolari sull’esem-pio di quella di Barbiana, la nota esperienza educativa avviata da don Milani negli anni Cinquanta”. E ora? Come prosegue questo impegno ad Assisi? “Cerco di dare il mio personale contributo alla missione della Pro Civitate che si pro-

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pone di evangelizzare il mondo della cultura per raggiungere, così, anche i più lontani dalla parola di Cristo”. Nota per gli studi diffusi tramite Cittadella Editrice e la rivista Roc-ca, la Cittadella è conosciuta soprattutto per la Convegnistica. “Nel corso del tempo – sottolinea Giovanni – hanno partecipato ai nostri incontri intellettuali e artisti del calibro di De Chirico e Pasolini che ha trovato proprio nella Cittadella l’ispirazione per realizzare Il Vangelo secondo Matteo”. Un’eredità importante che i Volontari della Pro Civitate non intendono disperdere. “Ospitiamo e organiz-ziamo convegni legati non solo ai grandi quesiti esistenziali, ma an-che a temi di attualità”, come ad esempio il seminario di arte terapia Se perdo te, Quando manca il lavoro, patrocinato dal Centro Pari Opportunità della Regione Umbria, dal Museo Regionale dell’Im-migrazione Pietro Conti e dal Cesvol Perugia.

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Associazione PassaparolaIsabella

“...Ogni giornoci chiediamo

cosa sarà dei nostri figli speciali

dopo di noi...”

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Castiglione del Lago, 25 febbraio 2013

Le mamme amano i propri figli. E ci mettono più forza se c’è qual-cosa che non va. Lo dimostrano Isabella e le altre socie dell’Associa-zione Passaparola che, a Castiglione del Lago, si battono per i diritti di bambini e ragazzi con disabilità. “Ogni giorno – dice la volontaria – ci chiediamo cosa sarà di loro dopo di noi. Per questo cerchiamo di costruire un ambiente capace di accogliere al meglio i nostri figli speciali”. Perché, anche se le disabilità dei ragazzi sono diverse, le mamme sono in sintonia di emozioni e hanno la stessa esigenza di scambiarsi informazioni. “Dal nostro passaparola, diventato via via più sistematico e costante, è nata l’associazione”, conferma Isabella che sta crescendo, da single, una bimba con la variante parlante della sindrome di Rett. “Come ogni mamma – racconta -, osservavo con gioia le conquiste di mia figlia, poi, intorno ai tre anni, qualcosa si è inceppato”. Sguardo schivo, giochi dimenticati, parole mute, movi-menti impacciati e gesti ripetuti sono stati i primi, preoccupanti se-gnali d’allarme. “Mi sono subito rivolta al reparto Pediatrico del Po-liclinico Le Scotte di Siena. Lì, i medici hanno formulato una prima diagnosi, confermata, a distanza di mesi, dai necessari accertamen-ti”. E sempre lì, dall’incontro con altre mamme al fianco di altri figli malati è nata l’idea di fondare l’Associazione. “perché – sottolinea Isabella -, al di là di una generica solidarietà, solo chi vive la tua stes-sa situazione e affronta la tua stessa sofferenza, può comprenderti profondamente”. Ma cos’è questa malattia che colpisce una bambina su diecimila? “E’ una patologia progressiva dello sviluppo neurolo-gico che interessa quasi esclusivamente le femmine”, riferisce Isa-bella. Per un errore del DNA queste bambine, dopo una prima fase

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di sviluppo apparentemente normale, hanno una battuta d’arresto, seguita da una regressione. “In Italia – dice ancora Isabella -, ci sono nove persone con la stessa variante i Rebecca, di cui due nel comune di Castiglione del Lago”. Naturale, dunque, stringere alleanza con l’altra mamma in cerca di risposte alle medesime domande. “Ma non siamo sole”, ci tiene a sottolineare la volontaria. “Insieme a noi ci sono le altre mamme dell’associazione con cui parliamo, ci con-frontiamo, condividiamo angosce e speranze”. “I nostri figli – chiarisce – hanno bisogno di cure particolari. Per questo dobbiamo spesso rinunciare al lavoro”, afferma Isabella, inoccupata da più di due anni. “Per lo stesso motivo – ammette – anche l’attività dell’Associazione va a rilento: per non togliere tempo ai ragazzi, ci incontriamo una sola volta a settimana”. Eppure i progetti sono molti e il sostegno delle Istituzioni non man-ca. “Oltre ad aver costituito un gruppo di auto mutuo aiuto sulla genitorialità – conclude la Presidente di Passaparola – stiamo lavo-rando per dare ai nostri figli la possibilità di fare pet therapy. Ab-biamo inoltre preso contatti con esperti disponibili a tenere lezioni individuali in acqua per i nostri ragazzi”.

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“...Grazie alla sclerosi, oggi, finalmente, vivo...”

Aism Associazione Italiana Sclerosi Multipla - Gruppo operativo Spoleto Foligno

Annita

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Foligno, 4 Marzo 2013 Annita si considera un diamante ricco di sfaccettature. Per questo, perché non basta una sola luce per illuminarle tutte, promuove sul territorio un approccio multidisciplinare alla sclerosi multipla. Una battaglia che conduce da responsabile del Gruppo operativo AISM di Spoleto e Foligno. “Io stessa – racconta – devo fare i conti con questa malattia subdola che colpisce sessantacinquemila persone in Italia e circa tre milioni nel mondo”. Ma se le cause della patologia restano ancora sconosciute, la ricerca ha fatto grandi passi nel chia-rire il modo con cui la malattia agisce, arrivando così a una diagnosi e a un trattamento precoci che consentono alle persone con sclerosi multipla (SM) di mantenere a lungo una buona qualità di vita. “A me – riferisce Annita – è stata diagnosticata a cinquant’ anni, grazie alla risonanza magnetica fatta in seguito a un tamponamento”. Una scoperta casuale, dunque, eppure le avvisaglie c’erano state. “Attri-buivo alla fretta o alla distrazione le cadute, i piatti rotti e le tazzine sfuggite di mano. Erano invece i primi segni della malattia che ha cambiato il mio corpo”, dice Annita. Ma se la sclerosi ha fermato le sue gambe, non è riuscita a bloccare la testa né il cuore. “La vita è un dono prezioso e va vissuta fino in fondo”, afferma la volontaria che esorta i nipoti a sorridere e a coltivare, sempre, la speranza nel futuro. “Quando il neurologo Stefanucci ha formulato la diagnosi, ho cercato di raccogliere informazioni sulla malattia e sulle oppor-tunità terapeutiche”, riferisce. “Ma è stato grazie alla mia famiglia, ai miei figli e a mio marito Gigetto se sono riuscita a trovare an-che un lato positivo in quello che mi era accaduto”, continua ancora Annita. “Grazie alla sclerosi - prosegue –, oggi, finalmente, vivo”.

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Proprio la malattia l’ha portata ad avere una più intensa vita sociale e a realizzare qualche sogno nel cassetto, come ad esempio quello di volare con l’aliante grazie alla disponibilità di Dante Taddei, Presi-dente del locale Aeroclub. Perché come cambia la vita di un mala-to, non dipende soltanto da lui, dipende anche dai familiari, dagli amici, dai colleghi, da chi eroga servizi, da chi emana regole e leggi. “Dipende anche da chi ha il tuo stesso problema”, aggiunge Annita che, dopo aver elaborato la malattia con l’aiuto della psicologa Mary, si è data da fare per creare a Foligno un Gruppo operativo dipen-dente dalla sezione Aism di Perugia. Un’impresa possibile anche per la disponibilità del vescovo mons. Gualtiero Sigismondi che ha aperto ai volontari i locali della Caritas, in attesa di una sede tutta loro a Sant’Eraclio, negli spazi messi a disposizione dal Comune. Ma quali sono le attività portate avanti dal Gruppo operativo? “I servizi di Patronato e Caf – risponde la volontaria -, ma anche i corsi di attività fisica adattata (organizzati dalla fisiatra dott.ssa Braconi), quelli di yoga, danzamusicoterapia, e Feldenkrais (il noto metodo per l'apprendimento e l'auto-educazione attraverso il movimento). “Senza dimenticare – precisa Annita –, l’Info Point nell’Ospedale di Foligno, i Corsi di informatica, i laboratori teatrali e gli incontri del Gruppo di Auto Mutuo Aiuto”.

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dalla forte carica umana di Armando...ha rinunciato a un futuro pro-mettente per dedicare la sua vita agli altri...”

Associazione Amici di Armando Catrana Perugia

“...sono statoconquistato

Claudio

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Perugia, 11 Marzo 2013

Claudio è uno dei tanti Amici di Armando Catrana, il salesiano co-adiutore, da quarantatré anni missionario laico nel Mato Grosso, in Brasile. “Come molte altre persone – dice - sono stato conquistato dalla forte carica umana di Armando che, senza esitazione, ha ri-nunciato a un futuro promettente per dedicare la sua vita agli al-tri”, afferma il volontario. “La nostra amicizia – racconta – è nata quando, ancora ragazzi, frequentavamo l’Oratorio Don Bosco che, a tutt’oggi, rappresenta uno dei campi d’impegno dell’opera salesiana a Perugia”. Ma Armando, dalla personalità brillante e carismatica, ha presto deciso di fare una radicale scelta di vita. “Avrebbe potuto avere tutto – afferma Claudio -. Era campione di atletica leggera, aveva una fidanzata e un buon lavoro in banca, eppure ha deciso di volare oltreoceano per dedicarsi all’educazione dei giovani più po-veri e abbandonati”. Una scelta, quella del missionario, maturata in seguito all’esperienza di pochi mesi fatta a Poxoreo, in Brasile, alla fine degli anni Sessanta. “Dopo il periodo trascorso in quella che è considerata la capitale dei diamanti e della miseria – riferisce Clau-dio -, Armando è tornato in Italia per fare le valige e trasferirsi defi-nitivamente nella regione del Mato Grosso. Proprio la sua decisione, coraggiosa e altruista, ha fatto nascere in chi lo conosceva il deside-rio di aiutarlo”. Così, fin dagli anni Ottanta, gli “Amici di Arman-do” si sono organizzati in gruppi territoriali che hanno messo radici non solo a Perugia ma anche ad Ancona, Forlì, Ortona e Terni. “La nostra onlus conta circa ventimila soci in tutta Italia”, dice Claudio, orgoglioso di contribuire alla grande opera di solidarietà portata avanti dal missionario. “L’associazione – chiarisce – appoggia l’o-

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pera di Armando in favore degli ultimi ed in particolare di bambini e adolescenti troppo spesso, maltrattati, violentati e sfruttati anche all'interno delle famiglie d’origine”. La Grande Lotteria della Solidarietà, patrocinata dal Comune di Perugia e alla quale ha aderito anche il Cesvol, è solo una delle ini-ziativa in ordine di tempo organizzate per sostenere il missionario che, dal 2000 vive a Tres Lagoas, nel Mato Grosso del Sud. Qui, in un appezzamento ottenuto dal Comune, Armando è impegnato a costruire non solo un centro sanitario di prima accoglienza, ma anche scuole, campi da gioco e un Oratorio giovanile per prose-guire quell’opera di formazione culturale, umana, fisica, morale e religiosa che costituisce il fulcro dell’insegnamento di don Bosco. “Come molte altre persone educate nel solco della pedagogia salesia-na, anch’io desidero trasmettere agli altri parte dell’insegnamento ricevuto”, afferma Claudio. “Per questo – precisa -, da volontario, continuo a frequentare il Don Bosco di Perugia che alla scuola di formazione professionale e all’Oratorio, affianca le attività sportive, i centri di spiritualità, senza dimenticare la residenza universitaria”.

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“...Da mamma, sentivo che nella mia bambina

qualcosa non andava, ma ho faticato

a farmi ascoltare dai medici...”Gabriella

Associazione Il GirasoleSpoleto

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Spoleto, 18 marzo 2013

Le mamme non si arrendono. Lo sa bene Gabriella che lotta ogni giorno per strappare le figlie alla malattia. “Chiunque al mio posto troverebbe la forza”, sostiene. “Perché nessuna donna, se rischia di perdere i propri figli, cede allo sconforto”. Al contrario, lei, che di schiaffi dalla vita ne ha presi tanti, porge la mano a chi si trova ad affrontare le sue stesse difficoltà. “Proprio dal desiderio di rendermi utile – racconta -, è nata l’associazione Il Girasole, che sostiene le persone colpite dai cosiddetti DCA (i Disturbi del Comportamen-to Alimentare) e i loro familiari”. Una sigla misteriosa, che ha fatto irruzione nella vita di Gabriella, portando scompiglio. “A soli sette anni - racconta la Presidente dell’associazione - la mia secondoge-nita ha iniziato a manifestare forti sintomi, arrivando a pesare solo dodici chili”. “Un calvario – prosegue Gabriella – scandito da con-tinui ricoveri ospedalieri e dai ripetuti tentativi di farsi del male”. E a schiarire l’orizzonte non è bastata neppure la nascita della terza figlia, colpita dalla sindrome di Arnold Chiari, rara malformazione della fossa cranica posteriore che porta le strutture encefaliche ad uscire dalla sede naturale per entrare nel canale spinale. “Da mam-ma – afferma Gabriella –, sentivo che nella mia bambina qualcosa non andava, ma ho faticato a farmi ascoltare dai medici”. “Erano convinti – prosegue - che la lontananza dalla secondogenita, costret-ta a lunghe degenze ospedaliere, mi portasse a riversare sulla più piccola eccessive ansie ed attenzioni”. Purtroppo, però, si sbagliava-no. “Nonostante l’intervento chirurgico al quale è stata sottoposta e nonostante le continue terapie farmacologiche, la mia bambina, che adesso ha sei anni, è ancora a rischio”, afferma preoccupata la volon-

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taria. “Solo una volta superata l’adolescenza – spera – sarà davvero fuori pericolo”. Nel frattempo, però, Gabriella (che sta per diventare nonna) continua a lottare. “La mia primogenita, sempre al mio fian-co nelle difficoltà, avrà presto un bambino”, confida con gioia. “Sono ansiosa di condividere con lei l’atteso evento e spero che il futuro riservi un po’ di serenità anche alla nostra famiglia”. Al momento, però, sono ancora molte le nubi all’orizzonte. “Per colpa della crisi, mio marito ha perso il lavoro”, afferma la volontaria che tira avanti con l’aiuto della Caritas, i pochi sussidi comunali e la generosità di qualcuno. “Ci sono giorni in cui non ho neppure i soldi per compra-re le medicine a mia figlia”, dice con dignità e amarezza. Non per questo, però, Gabriella perde di vista gli obiettivi dell’associazione. “I Disturbi del Comportamento Alimentare sono subdoli e insidio-si”, afferma. “E’ facile, soprattutto all’inizio, scambiare la malattia per un capriccio. Per questo, ho fondato l’associazione, per mettere la mia esperienza a disposizione di chi si trova ad affrontare le stes-se difficoltà”. Un’attenzione per gli altri che Gabriella è convinta di aver ereditato dal padre, morto quando era ancora bambina. “Le persone che lo hanno conosciuto dicevano che era sempre pronto a dare una mano al prossimo”, afferma la volontaria costretta a tra-scorrere in collegio l’infanzia e parte dell’adolescenza. “Avevo solo quindici anni – dice – quando ho conosciuto mio marito dal quale, appena diciassettenne ho avuto la prima figlia. Insieme a loro ho af-frontato molte burrasche, senza mai rinunciare alla speranza”.

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“...Perchè i veri invalidi devono percepire

miseri sostegni e contributi insufficienti per un’adeguata assistenza?...”

OttavioAniu Associazione non vedenti e ipovedenti in Umbria Perugia

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Perugia, 25 marzo 2013 La vita in penombra di Ottavio è illuminata dalla solidarietà. Perché lui, che fin dalla nascita percepisce solo la luce, senza distinguere i contorni, desidera aiutare chi si trova ad affrontare le stesse diffi-coltà. “Per questo – racconta -, sono fra i soci fondatori dell’Aniu, Associazione non vedenti e ipovedenti dell’Umbria”. L’intento, come detto, è di dare una mano alle persone con disabilità visiva. “In par-ticolare – afferma Ottavio – vogliamo informare chi ha questo tipo di difficoltà su quali diritti gli spettano per legge”. Un esempio? “Le agevolazioni sui trasporti pubblici regionali che danno la possibilità di viaggiare, con una tariffa ridotta anche per l’eventuale accompa-gnatore, sui mezzi pubblici, sia urbani che extraurbani”, risponde il volontario che invita chi vuole saperne di più a contattarlo diretta-mente. “Da Presidente dell’Aniu – precisa – ricevo quotidianamente richieste d’aiuto per le situazioni più disparate, come quella di una signora ultranovantenne che, pur invalida al 100%, non ha ottenuto l’accompagnamento perché priva del necessario requisito di gravi-tà”. Situazioni sempre più frequenti in tempi di tagli e caccia ai falsi invalidi. “Smascherare gli impostori è giusto e doveroso”, afferma Ottavio. “Ma perché – chiede - i veri invalidi devono percepire mi-seri sostegni e contributi insufficienti per un’adeguata assistenza?”. “Chi è completamente solo è costretto a destinare tutte le proprie risorse a badanti e accompagnatori, con il rischio di non potersi permettere le cure necessarie”, prosegue Ottavio che ha realizzato il desiderio di formare una famiglia. “Mi sono sposato e ho dei figli – racconta – ma comprendo bene chi deve fare i conti con forme, più o meno sottili di discriminazione”. Senza contare gli ostacoli e

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le difficoltà che si presentano anche per compiere azioni quotidiane apparentemente semplici. “Una volta – riferisce il volontario –, mi è capitato di discutere in autobus perché, in mancanza dell’apposito servizio vocale, non sono riuscito a prenotare in tempo la fermata”. Eppure basterebbero pochi accorgimenti per consentire, anche ai di-sabili, di spostarsi in autonomia. “Il pur utile tappeto tattile che, nei pressi della stazione Fontivegge di Perugia, consente ai ciechi di spo-starsi utilizzando delle corsie dedicate, si interrompe al minimetrò e orientarsi diventa davvero difficile”, ribadisce il Presidente dell’Aniu che conduce un’importante battaglia anche sul versante dell’inte-grazione. “La piena inclusione sociale delle persone con disabilità è uno degli obiettivi perseguiti dalla nostra associazione”, afferma. “Per questo – chiarisce -, per sensibilizzare la collettività rispetto ai problemi legati alla minorazione della vista, ci faremo promoto-ri di tutte le iniziative necessarie presso le Istituzioni. Riserveremo, inoltre, un’attenzione particolare all’organizzazione di opportune campagne di prevenzione della cecità”. “La creazione di una biblio-teca dei libri parlati e l’istituzione di taxi sociali a disposizione delle persone con disabilità visiva sono alcuni, concreti, traguardi da rag-giungere”, continua Ottavio. “La nostra associazione – conclude – è pronta ad accogliere chiunque condivida i nostri obiettivi e voglia contribuire al superamento delle barriere architettoniche e culturali, favorendo così alla crescita e al benessere dell’intera collettività.

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“...Aprire un varco nel muro dell’autismo...”

RobertaAngsa Umbria Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici Umbria OnlusBastia Umbra

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Bastia Umbra, 8 aprile 2013 Roberta cerca di aprire porticine nel complicato mondo dell’auti-smo. Per questo, da qualche mese, fa volontariato presso il centro diurno La Semente che, a Limiti di Spello, accoglie ragazzi colpiti dalla sindrome, in crescita esponenziale ma ancora poco conosciuta. “Sono venuta in contatto con questa struttura terapeutico-riabilitati-va grazie ad un amico e mi sono lasciata conquistare dallo straordi-nario lavoro svolto nel centro non solo dagli operatori ma anche dai volontari di Angsa Umbria”. Ufficialmente costituita nel novembre di tredici anni fa, l’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Auti-stici Umbria Onlus si batte per migliorare la qualità della vita del-le persone affette da disturbi dello spettro autistico e per favorirne l’inserimento scolastico e lavorativo. “In questa direzione – spiega Roberta – vanno alcune delle attività svolte dai ragazzi all’interno della struttura”. In vista della realizzazione di una country house, agli ospiti de La Semente viene insegnato a pulire e riordinare le stanze da letto, apparecchiare la sala da pranzo, preparare sempli-ci ricette di cucina. Laboratori ergo terapici di ceramica e carta e i laboratori di comunicazione aumentativa alternativa sono altre atti-vità che impegnano gli ospiti de La Semente per ciascuno dei quali viene redatto un piano riabilitativo individuale dall’Equipe multidi-sciplinare del Centro, afferente al Dipartimento di Salute Mentale. “Il problema del dopo di noi è una spina nel fianco per i genitori delle persone con disabilità. Per questo, affinché possano cavarse-la anche quando resteranno da soli, cerchiamo di aiutare i ragaz-zi a raggiungere la maggiore autonomia possibile”. Un percorso ad ostacoli di cui Roberta non nasconde le difficoltà. “Aprire un varco

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nel muro di silenzio dell’autismo non è facile, ma non bisogna per-dersi d’animo o si rischia di aggravare ulteriormente situazioni già complicate”, sostiene la ragazza. “Da volontaria Angsa – precisa –, coordino le attività del tempo libero. In particolare, tengo i contatti con le famiglie dei piccoli, illustrando loro i benefici di attività come l’onoterapia (la pet therapy con l’asino) e la TMA (la terapia multi-sistemica in acqua)”.Ma quali sono i segnali d’allarmi dell’autismo, malattia catalogata come disturbo pervasivo dello sviluppo che si manifesta intorno ai tre anni e che colpisce, oggi, una persona su cento? “La difficoltà a relazionarsi con gli altri può essere la spia di un problema così com-plesso”, afferma Roberta. Senza dimenticare la tendenza a ridere o sorridere senza motivo, l’assenza di sguardo verso la persona che sta parlando, il far roteare in continuazione gli oggetti e la ripeti-zione ossessiva di parole. “Promuovere la conoscenza dell’autismo è uno degli obiettivi di Angsa”, conclude la volontaria che, nonostante gli impegni, riesce ugualmente a ritagliarsi uno spazio per coltivare i suoi hobby. “Nel tempo libero – confida – amo passeggiare con il mio cane, leggere e viaggiare, scoprendo i suggestivi scorci che l’Umbria nasconde”. Piccole ma importanti gioie che impallidiscono difronte al piacere di aiutare chi è in difficoltà…

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“...sono stata dall’altra parte

e so cosa si prova a trascorrere la maggior parte della giornata a letto

o su una sedia a rotelle...per questo penso di poter aiutare meglio gli altri...”

ChiaraAssociazione Angela PaolettiNorcia

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Norcia, 15 aprile 2013

“Dietro l’angolo ci sono tante persone che hanno bisogno della nostra solidarietà”. Parola di Chiara, venticinquenne che, dopo un terribile incidente, ha scoperto il mondo del volontariato. “Stavo percorrendo in bicicletta la strada che da Cascia conduce a Roccaporena, quando ho avuto uno scontro frontale con una jeep”, afferma, frugando fra i labili ricordi. Uno schianto dalle conseguenze spaventose che ha la-sciato segni indelebili nel corpo e soprattutto nell’anima. “Nella mia mente c’è stato un black out completo – ammette la ragazza -. Solo guardando le cicatrici che mi porto addosso, mi rendo conto di quel-lo che è successo”. Ma se il coma, il massacro facciale e gli interventi di ricostruzione del viso sono profondamente sepolti nell’inconscio, Chiara ricorda bene la fatica e le difficoltà della degenza. “Avevo mil-le tagli sul corpo – dice – e, sebbene sia alta 1 metro e 72, ero arrivata a pesare appena trentotto chili”. Una battaglia per la vita, vinta con l’aiuto dei genitori e con il sostegno della sorella e del fratello. “Per questo – dice Chiara –, perché sono stata dall’altra parte e so cosa si prova a trascorrere la maggior parte della giornata a letto, o su una sedia a rotelle, penso di poter aiutare meglio di altri, chi vive una simile esperienza”. Così, terminata la riabilitazione, Chiara, che fa volontariato anche nella Basilica di Santa Rita, è entrata a far parte dell’associazione Angela Paoletti attiva prevalentemente all’interno del Centro di Riabilitazione di Cascia. “Ogni martedì – dice – noi volontari andiamo nella struttura per vedere un film insieme agli ospiti del Centro, che ospita persone con grave disabilità fisica o in-tellettiva”. “Per farli sentire parte della comunità – afferma Chiara – serve davvero poco: basta ascoltarli o mangiare un dolcetto con

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loro”. E per riuscire a far breccia più facilmente nei loro cuori, la ra-gazza ha scelto la formidabile arma del sorriso. “Insieme ad altre 25 persone – riferisce – sto frequentando il Corso di giocolerie attivato dal Cesvol Perugia”. L’obiettivo? Formare un gruppo di animatori pronti ad entrare in corsia. “L’importante – sottolinea Chiara – è abbattere il muro di indifferenza costruito intorno a queste persone. Per farlo, è sufficiente una domanda sulla loro salute, un abbraccio o semplicemente un saluto”. “In molti – prosegue – mi hanno confida-to di sentirsi esclusi o additati come pazzi, un rifiuto che si aggiunge alla già dolorosa storia che hanno alle spalle”. “Io so – continua la volontaria – quanto la tenerezza possa aiutare a stare bene. Ne ho fatto diretta esperienza durante la degenza al Centro di Riabilita-zione di Trevi, dove medici e infermieri professionalmente qualifi-cati e umanamente disponibili, mi hanno aiutato a guarire da tutte le ferite”. Ma la difficile riabilitazione non ha impedito a Chiara di trasformare la sua esperienza negativa in una preziosa risorsa per gli altri. “Prima dell’incidente – afferma – ero moto concentrata su me stessa. Andavo in palestra, in bicicletta, mi prestavo a sfilare in passerella ed ero attenta alla cura del corpo. Dopo lo schianto, in-vece, la mia scala di valori è cambiata. Ho scoperto un mondo di persone da aiutare e, tendendo loro una mano, anche la mia vita si è arricchita”. E la passione per la moda? “Sono ancora indossatrice per hobby – dice Chiara -, ma ho cambiato maniera di fare attività fisica. Visto che amo gli animali e la natura, faccio lunghe passeggiate con il mio cane e, da volontaria, porto a spasso i cani degli anziani e delle signore di Cascia”.

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“...I tempi che viviamoci portano a eludere la sofferenza,

dobbiamo invece abbracciare il dolore altrui...”

AuccAssociazione Umbra per la lotta contro il cancro Perugia

Edi

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Perugia, 22 aprile 2013

Dedicare un po’ del proprio tempo agli altri? “E’ doveroso, soprat-tutto se si ha la possibilità di farlo”. Ne è convinta Edi Lungarotti che, dal 2009, fa parte dell’AUCC, l’Associazione Umbra per la lotta Contro il Cancro. “Aver assistito mia cognata durante la malattia – racconta –, mi ha dato la possibilità di conoscere questa bella re-altà di volontariato perugino”. Una realtà della quale Edi è entrata a far parte, spinta non soltanto dal desiderio di alleviare le sofferenze dei malati e dei loro familiari. “La scelta di impegnarmi nell’ambito oncologico – afferma – è stata dettata anche dal bisogno di confron-tarmi con l’idea della morte”. Un modo per ridimensionare le pre-occupazioni quotidiane e per dare il giusto valore alle cose. “Dimen-tichiamo spesso quanto siamo fortunati”, dice la volontaria che non rifugge il confronto con la malattia. “I tempi che viviamo – afferma – ci portano a eludere la sofferenza, dobbiamo invece abbracciare il dolore altrui”. Per questo, per sostenere chi ne ha bisogno, ogni giovedì, Edi trascorre la sua mattinata al day hospital del Reparto di Oncologia dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. “Oltre a svolgere piccole incombenze pratiche, come dare ai pazien-ti la colazione offerta dalla Asl, – riferisce la volontaria -, cerco di ascoltare i malati e i loro familiari”. In certi momenti, infatti, anche sfogarsi con un estraneo può far bene. “Quando si ha uno spasmo-dico bisogno di parlare, perfino le condizioni del tempo possono of-frire lo spunto per una conversazione”, conferma la volontaria, col-pita dal coraggio con cui molte persone affrontano la malattia. “Le storie dei pazienti sono al contempo diverse e simili fra loro e, da ciascuna è possibile trarre insegnamento”, commenta Edi che, dopo

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aver viaggiato molto per lavoro, coltiva il desiderio di approfondire la conoscenza dell’India. “E’ un Paese che mi ha particolarmente toccato e che vorrei nuovamente visitare”, confida. Intanto, in attesa di fare le valigie, è pronta a condividere la sua esperienza con chi parteciperà allo speciale Corso di Formazione promosso periodica-mente dall’Aucc in collaborazione con il Cesvol Perugia. Lo scopo? Fornire ai partecipanti le competenze di base per fare volontariato in un ambito impegnativo come quello oncologico.

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“...A scacchi tutti possono giocare

contro tutti...”

AugustoAccademia Internazionale degli ScacchiPerugia

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Perugia, 29 aprile 2013 Gli scacchi? Uno sport senza barriere che tutti possono praticare. Lo sostiene Augusto, maestro dell’associazione Accademia Interna-zionale degli Scacchi fondata a Perugia nel 2006 insieme a Roberto Mogranzini e Martha Fierro. “Per questo – racconta – mi sono tra-sferito in Umbria dal nord Italia, per iniziare quest’avventura con loro”. Un’esperienza portata avanti con passione da sette anni, senza tracciare un confine netto fra lavoro e volontariato. “Sono maestro di scacchi nelle scuole elementari, ma dedico molto tempo a promuo-vere questo sport”, afferma Augusto, campione italiano Uisp 1993. “La pratica degli scacchi – spiega – ha risvolti importanti non solo in ambito socio culturale. Può, infatti, essere un valido strumento d’integrazione ed inclusione per le persone malate o con disabili-tà”. Con questo spirito, i membri dell’Accademia hanno voluto dare Scacco matto alla leucemia, insieme al Comitato per la Vita Daniele Chianelli. Domenica cinque maggio 2013, nelle più suggestive piaz-ze umbre, i maestri dell’Accademia hanno affrontato in sfide simul-tanee chi ha voluto misurarsi con loro.“I fondi raccolti – spiega il volontario – vengono utilizzati per la ricerca contro la leucemia”. “Il passo successivo – precisa – sarà quello di portare gli scacchi all’interno del residence Chianelli per risvegliare lo spirito combattivo dei piccoli degenti”. “Abbiamo già sperimentato i benefici effetti di questo sport per i soggetti autistici che, partendo dalla scacchiera, si aprono piano piano alla comunica-zione con il mondo esterno”, dice Augusto. “Questo sport – ribadi-sce – non richiede grandi investimenti, né particolari abilità fisiche. Proprio per questo non esistono campionati separati per persone

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con disabilità: tutti possono giocare contro tutti, a patto che ci sia un’attività mentale sufficiente”. E non valgono neppure i limiti d’età: “Anche se alcuni tornei prevedono categorie chiuse, chiunque può iscriversi ai cosiddetti open”. Può dunque capitare che bambini di dieci anni sfidino adulti, che non vedenti competano con grandi campioni o che persone attaccate a un respiratore conquistino pre-stigiosi titoli . “Senza dimenticare, l’importante risorsa rappresenta-ta dal web: nelle room virtuali, è davvero impossibile sapere chi si nasconde dietro a un nickname”, ribadisce Augusto. Ma com’è nata la passione per questo sport? “L’ho ereditata da mio padre, lui mi ha insegnato a giocare all’età di nove anni ma, quando ho iniziato a batterlo ha abbandonato gli scacchi”, confida il Maestro (che per ora continua a vincere contro la figlia, vicecampionessa italiana un-der 18). Una passione, quella di Augusto per gli scacchi, coltivata fin dal 1971, un anno prima che l’indimenticabile sfida fra l’americano Bobby Fischer e il sovietico Boris Spasskij, appassionasse il pubblico e richiamasse l’attenzione su questo sport. “La nostra Accademia – conclude Augusto – è un centro formati-vo scacchistico aperto a tutti coloro, giovani e meno giovani, che abbiano l’esigenza di migliorare il proprio livello di gioco”. E per il futuro? “L’obiettivo è di trovare e formare, in Umbria come in Italia, nuovi talenti che portino in alto non solo il nome dell’Accademia, ma soprattutto lo sport italiano; per questo meno di due anni fa ab-biamo organizzato un torneo con oltre mille ragazzi in età scolare, vogliamo investire sulle prossime generazioni”.

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“...Vogliamo mantenere intatte

le tradizioni di una preziosa ma-nualità capace di trasformare in arte

anche le risosrse più povere...”

ElenaAccademia d’Arte e Antichi MestieriPozzuolo Umbro

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Pozzuolo Umbro, 6 maggio 2013

Far rivivere gli antichi mestieri, sempre più rari ma ancora vivi nella memoria dei nonni. Per questo, a Castiglione del Lago, un gruppo di volontari ha fondato l’associazione culturale Accademia d’Arte e Antichi Mestieri. “La nostra iniziativa intende tutelare e riaccendere l’attenzione at-torno a un mondo che rischia di essere fagocitato dalla globalizza-zione”, afferma la Presidente Elena Pisanu fondatrice dell’associazio-ne insieme al Maestro Marco Soldatini. “Calzolai, sarti, restauratori e ricamatrici, sono ormai in via di estinzione. Noi, invece, vogliamo strappare all’oblio mestieri esercitati con fantasia, passione e amore da persone ancora capaci di esprimersi con gesti antichi e inimita-bili”. Non a caso, dunque, sono proprio Maestri e Artigiani qualificati ed esperti a tenere i corsi di Pittura iconografica, Taglio e Cucito, Alta Moda, Figurinista Modellista, Ceramica, Maglieria a macchina e Ricamo, organizzati dall’Accademia. “Ci impegneremo per mantenere intatte le tradizioni di una preziosa manualità capace di trasformare in arte anche le risorse più povere”, ribadisce la Presidente giunta in Umbria dalla Toscana e molto sen-sibile all’arte e alla cultura. “Coltivo e condivido la passione per il volontariato socio-culturale con mio marito” – riferisce Elena. “An-che lui – precisa – è molto impegnato nell’associazionismo. E’, infat-ti, socio fondatore della U.A.S. (Unione Astrofili Senesi), direttore del centro astronomico di Montarrenti, vice presidente nazionale U.A.I. (Unione Astrofili Italiani) e membro dell’Orchestra a Plettro Senese Alberto Bocci”.

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Insieme agli altri membri dell’Accademia, Elena vuole coinvolgere nelle iniziative della neonata associazione tutte le organizzazioni di volontariato attive nel territorio. “Siamo aperti alla collaborazione con chiunque voglia dedicare parte del proprio tempo alla cresci-ta socio-culturale della comunità”, conferma la volontaria, consa-pevole che i corsi promossi dall’Accademia di Arte e Mestieri po-trebbero avere importanti risvolti anche sul fronte occupazionale. “Nell’attuale momento di crisi – afferma – imparare un mestiere potrebbe offrire un’opportunità lavorativa sia ai giovani, sia a perso-ne più adulte messe fuori dal circuito produttivo”. Senza trascurare la possibilità di organizzare mostre-mercato ed eventi culturali per far conoscere ai turisti le eccellenze del territorio. “Siamo pronti a condividere le nostre idee con associazioni, Istituzioni e cittadini”, ribadisce la Presidente spinta non solo da curiosità intellettuale ma anche dal desiderio profondo di fare qualcosa di utile per gli altri”.

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“...I miei genitori adottarono una bambina...il loro

atto di amore mi ha aperto il cuore e la mente...”

Associazione Umana OnlusPerugia

Elena

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Perugia, 13 maggio 2013

Elena ha imparato dal padre a difendere i diritti delle persone debo-li. Per questo ha fondato l’associazione Umana Onlus, per portare avanti in Umbria quella battaglia di civiltà condotta fin dagli anni Sessata, a Torino, dal cosiddetto Volontariato dei diritti.“Fin da bambina – racconta – ho vissuto in un clima intriso di ide-alità. Merito dei miei genitori che, pur avendo tre figli, decisero di adottare una bambina di 8 anni, desiderosi di darle una famiglia”. “Il loro atto d’amore – confida la volontaria – mi ha aperto il cuore e la mente”. Un’eredità importante che Elena non ha disperso ma valo-rizzato. “Ho tenuto mio padre ad esempio fin da bambina – afferma - e, anche adesso che non c’è più, custodisco gelosamente i suoi in-segnamenti”. Ad indicarle la strada, il libro “I diritti degli anziani”, scritto dal genitore un anno prima della sua scomparsa. “Mio padre ha sempre avuto a cuore i cittadini deboli, dai bambini senza fami-glia, agli anziani non autosufficienti”, conferma la volontaria giunta da Venezia a Perugia, dove vive con marito e figli. “Durante la gio-vinezza – spiega - ho avuto modo di frequentare l’associazionismo piemontese ed in particolare quello del volontariato promozionale praticato dall'ANFAA (Associazione Nazionale famiglie adottive e affidatarie), dal CSA (Coordinamento sanità e assistenza fra i mo-vimenti di base di Torino) e dall'ULCES (Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale) di cui tutt’ora sono socia”. Ma qual è oggi il campo del suo impegno? “Insieme agli altri volon-tari dell’Associazione Umana, di cui sono Presidente, mi batto per promuovere il diritto alle cure sociosanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti”, sostiene. “C’è già una Legge – chiarisce

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– che prevede i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Vogliamo però che venga attuata e che gli Enti pubblici, ciascuno per la sua compe-tenza, garantiscano le strutture, gli interventi e i servizi necessari”. E proprio per informare i cittadini sui loro diritti in quest’ambito, Umana offre un punto d’ascolto e consulenza gratuiti. “La legge – precisa Elena – consente ai parenti di opporsi alle dimis-sioni da ospedali e case di cura private convenzionate e di richie-dere la continuità terapeutica quando non è praticabile il rientro a domicilio del malato”. Non solo: sotto il profilo giuridico, accettare le dimissioni di una persona cronica non autosufficiente incapace di programmare il proprio futuro, significa sottrarre il paziente alle competenze del Servizio Sanitario Nazionale e assumere tutte le re-lative responsabilità, comprese quelle penali e gli oneri economici conseguenti alle cure da fornire al malato. E poichè le prestazioni socio-sanitarie domiciliari consentirebbero un rilevante risparmio al Servizio Sanitario Nazionale, i volontari di Umana si sono impe-gnati nella raccolta di firme per la petizione popolare nazionale per le cure socio-sanitarie domiciliari a favore di tutte le persone non autosufficienti promossa dal Comitato nazionale presieduto dalla Fondazione Promozione sociale onlus di Torino. “Senza contare gli importanti benefici per i malati”, conclude Elena. Un parere autore-vole, il suo, visto che si è laureata proprio con una tesi sull’“Analisi economica di un'esperienza di ospedalizzazione a domicilio dei ma-lati anziani”, altra modalità di cura importante alternativa al rico-vero ospedaliero.

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Associazione Aiutiamoli a VivereTerni

“...Nessuno di noi immaginava che da quella esperienza

avremmo ricevuto più di quanto ci accingevamo a dare...”

Patrizia

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Terni, 20 maggio 2013

Fatiche e inaspettate occasioni di riflessione, crescita e felicità hanno scandito l’esperienza di accoglienza di Patrizia e della sua famiglia che, per dieci estati, dal 1994 hanno aperto la loro casa a una bambi-na di Chernobyl. Emozioni forti che Patrizia ha voluto mettere nero su bianco. “E’ così – spiega – che è nato il libro Marmellata di pru-gne”. Il romanzo, edito da Ali&no, racconta con taglio biografico la vita tutta in salita di Lyudmilla, bambina bielorussa che, dopo la prima vacanza terapeutica in Italia, scopre un modo diverso di essere figlia, sorella e (una volta grande) madre. “Per lei, che non cre-deva possibile una lunga vita, ho voluto immaginare una vecchiaia rasserenante, capace di rispondere agli interrogativi irrisolti che l’e-sistenza le ha posto”, dice l’autrice. Il romanzo si apre con la protagonista che, ormai novantenne, siede su una vecchia sedia foderata di ruvida stoffa gialla, sorseggiando thè e assaporando una fetta di pane nero ricoperto di marmellata di prugne. Proprio quel sapore, che le ricorda affetti e tenerezze delle estati italiane, la spinge a raccontare la sua vita, mossa dal desiderio di capire. “Dare un significato alla sofferenza aiuta ad affrontare le difficoltà. Per questo, il libro racchiude un messaggio di speranza”, sostiene Patrizia, a lungo responsabile del Comitato di Accoglienza della Fondazione Aiutiamoli a Vivere. “Fin da bambina – afferma – sono stata particolarmente sensibile ai temi del volontariato, facen-do visita, da adolescente, ai vecchietti del locale Centro Geriatrico”. Un’attenzione agli altri coltivata non solo da volontaria ma anche ricoprendo, per un periodo di tempo, il ruolo di responsabile del Cesvol di Terni. “Fui io stessa – riferisce Patrizia – a proporre ai miei

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genitori di accogliere in casa una bambina proveniente dalle zone contaminate dal disastro nucleare di Chernobyl. Nessuno di noi im-maginava che da quell’esperienza avremmo ricevuto più di quanto ci accingevamo a dare”. “Per la nostra bambina – ricorda – avevamo preparato un piccolo guardaroba ma gli abiti si sono rivelati inadatti poiché, a otto anni, aveva la corporatura di una bimba di quattro”. “E’ stato difficile – prosegue – gestire la sua esuberanza e, solo cono-scendola, siamo riusciti a dare un significato ai suoi comportamenti, a capire la paura per la doccia e per le scale (che non aveva mai visto) e lo stupore alla vista del mare”. Poi, un viaggio nei luoghi della Lyudmilla del libro ha sollevato fino in fondo il velo sulla sua vita tribolata. “La realtà scoperta dai miei genitori si è rivelata più dura di quanto immaginato”, dice ancora Patrizia. “La bambina che ospi-tavamo d’estate – afferma – viveva in una delle dieci baracche di un centro abitato a cento chilometri da Chernobyl”. Una dimora senza letti, dove la vecchia nonna riposava su un giaciglio. “Eppure – af-ferma Patrizia – lei ha sempre avuto un forte attaccamento per la sua terra e per sua madre, che aveva messo al mondo dieci figli”. Anche per questo, per migliorare le condizioni di vita in Bielorussia, amava acquistare e catalogare semi di piante e ortaggi da piantare una volta tornata. “Non ha mai immaginato il suo futuro nel nostro Paese”, conferma Patrizia. Ma come vive oggi l’ex bambina di Chernobyl? “Ha lasciato la campagna e fa la spazzina in città, dove cresce da sola due figlie avute da un uomo violento”. E lei, che ha intravisto la possibilità di una vita diversa, ha voluto mettere le tende alle finestre dell’alloggio comune assegnatole dallo Stato…

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“...le immagini delle capanne

costruite al confine da uomini e donne per scampare al conflitto, sono ancora im-

presse nella mia mente...”

Associazione Amici del MalawiPerugia

Vittoria

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Perugia, 3 giugno 2013 Vittoria continua a tornare in Africa. Lo fa, insieme a tutti gli Amici del Malawi per portare la sua solidarietà agli abitanti di questo Pa-ese estremamente povero e con un Pil fra i più bassi del mondo. “Il mio primo viaggio in Malawi – racconta – risale al 1989, per l’inau-gurazione di un piccolo ospedale in un villaggio della savana: Chi-pini. Imperversava ancora la guerra civile in Mozambico e insieme agli altri volontari, percorsi in auto la strada che, per più di trecento chilometri divide i due Stati”. “Le immagini delle capanne costruite al confine da uomini e donne per scampare al conflitto – continua - sono ancora impresse nella mia mente”. Catturata dalla natura maestosa e dalla cordialità degli abitanti, “gioiosi senza avere neppure i panni addosso”, Vittoria porta avanti da oltre venti anni il suo impegno volontario, nato sulla scia dell’e-sperienza di un’amica e alimentato dall’interesse per le opere mis-sionarie. “Diventata onlus nel 2002, l’associazione Amici del Malawi, affonda le radici nei primi anni Settanta, dice la volontaria. A quell’epoca ri-sale l’incontro fra don Gino Vicarelli, sacerdote di Ponte Felcino, e il missionario comboniano Padre Aristide Stefani, impegnato nel cuo-re dell’Africa nera. A seguito di quell’amicizia, gli abitanti di Ponte Felcino iniziarono ad inviare piccoli aiuti in Malawi. Una solidarietà sempre più concreta e organizzata che l’improvvisa scomparsa di don Gino non ha interrotto. “Il fratello del sacerdote – riferisce Vit-toria – volle continuarne l’opera e nel 1983 si recò in Malawi con una folta delegazione guidata da don Remo Bistoni e dall’attuale vescovo di Gubbio, monsignor Mario Ceccobelli”. Molti, da allora, sono stati

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i progetti realizzati dagli Amici del Malawi. “Il Solomeo Rural Ho-spital è una delle opere più importanti della nostra Associazione”, sottolinea Vittoria. Costruito con il contributo determinante del Gruppo Brunello Cucinelli, della Regione Umbria, del Rotary Club Est e di altri due benefattori, l’Ospedale, dotato fra l’altro di due sale operatorie, di 1 Pronto Soccorso e di moderni laboratori per analisi, ecografie e radiografie, ha nel reparto di maternità il fiore all’oc-chiello. Perché in Malawi, dove Aids e malnutrizione riducono a 41 anni l’aspettativa di vita, si continua a morire di parto. Ma l’ambito sanitario non è l’unico settore d’intervento dell’associazione, impe-gnata anche a difesa dei bambini. “Accogliamo i minori in cinque asili (Chalera, Kunsya, Lisanjala, Lita, Mayaka e Bella Pila) deno-minati le Casette di Michela”, dice Vittoria. Ospita, invece, i volon-tari che giungono dall’Italia Casa Perugia, struttura d’accoglienza situata a Thondwe, località della diocesi di Zomba gemellata con la diocesi di Perugia - Città della Pieve. E proprio per volontà delle due Diocesi gemellate ha preso il via lo scambio religioso-culturale fra i giovani delle due Pastorali. Trasmettere i valori della condivisione e della carità è, infatti, fra gli obiettivi prioritari dell’associazione. E poiché il seme della solidarietà va coltivato soprattutto fra i giovani, periodicamente, nell’ambito del progetto Adotta un diritto, gli Ami-ci del Malawi presentano la loro attività nelle scuole, raccontando agli studenti la dura vita dei loro coetanei in Africa. “Per dare la spe-ranza di un futuro migliore – conclude Vittoria – abbiamo fondato il Politecnico di arti e mestieri, scuola legalmente riconosciuta dallo Stato che propone corsi di muratura, falegnameria, agricoltura e a laboratori di arti e cucito”.

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“...piano piano mi ha lasciato entrare

nel suo mondo...”

Associazione Angsa UmbriaPerugia

Emanuele

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Perugia, 10 giugno 2013

I diritti? Se sono solo sulla carta, non valgono. Per questo, bisogna dare la concreta possibilità di diventare grandi e conquistare l’auto-nomia anche alle persone affette da disturbi dello spettro autistico. Una battaglia, questa, che Emanuele conduce da più di dieci anni insieme agli altri volontari dell’Angsa Umbria. “Gli autistici – spiega – hanno bisogno di sostegno anche dopo l’infanzia e l’adolescenza. Per questo è molto importante poterli accompagnare, non solo nell’età evolutiva ma in tutte le fasi della vita”. Eppure, terminata la scuola dell’obbligo, il compito di “occu-pare il tempo” dei malati ricade completamente sulle famiglie. “Lo so bene – conferma il volontario – per aver seguito, da operatore, un bambino autistico di dieci anni”. Un’esperienza durata tre anni che Emanuele, da sempre sensibile ai temi del disagio, ha poi porta-to avanti da volontario, mettendo le sue competenze a disposizione dell’Angsa. “Esiste un problema delle residenzialità più complesso di quello del dopo di noi”, afferma. “Perché anche i soggetti autistici, opportunamente seguiti, devono poter lavorare, lasciare la casa pa-terna e vivere da soli”. Una sfida possibile che volontari e operatori conducono quotidianamente nel centro diurno “La Semente”, in lo-calità Limiti, a Spello. Qui, ai ragazzi ospiti viene insegnato a pulire e riordinare le stanze da letto, ad apparecchiare la sala da pranzo e a preparare semplici ricette di cucina. Hanno inoltre la possibilità di frequentare laboratori ergo terapici di ceramica e carta e laboratori di comunicazione aumentativa alternativa.“L’assenza di comunicazione verbale è uno dei tratti della patologia”, spiega Emanuele, giunto in Umbria dalla Lombardia. “Per questo –

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prosegue – bisogna escogitare dei codici di comunicazione alterna-tivi”. Un esempio? “L’utilizzo di test a risposte multiple permette di sostenere esami universitari al ragazzo che ho seguito fin da quando era bambino”. Perché anche se dall’autismo non si guarisce, è pos-sibile migliorare la vita quotidiana delle persone con questa patolo-gia. Ma cosa fare per abbattere il muro che separa il mondo da una persona autistica? “I primi tempi – ricorda Emanuele -, proponevo al bambino (che ho seguito dai 10 ai 13 anni) dei giochi adatti alla sua età, come andare i bicicletta o giocare a minibasket. Così, piano piano, mi ha lasciato entrare nel suo mondo”. Un’amicizia che ha coinvolto le rispettive famiglie e che continua anche adesso che il ragazzo è diventato uno studente universitario. “Ci vediamo ancora, magari per andare a mangiare una pizza”, dice Emanuele che sotto-linea l’importante ruolo della famiglia. “Difronte alla malattia del figlio – afferma -, i genitori non si sono nascosti né chiusi in casa. Al contrario, hanno costruito una buona rete sociale intorno al ra-gazzo, cercando di offrirgli di volta in volta esperienze adeguate alla sua età”. Anche per questo l’Angsa Umbria si batte, per far capire come sia urgente intervenire nel contesto di vita degli autistici adul-ti, ripensare le strutture esistenti e aprirsi a nuovi modi di gestire l’accompagnamento. “Il ventaglio dell’autismo – conclude Emanue-le – è ricco di sfaccettature. Ma anche se ogni individuo è diverso dall’altro, bisogna elaborare strategie di sostegno per accompagnare la persona nel suo sviluppo e aiutarla a gestire la quotidianità nel modo più autonomo possibile”.

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“...L’ arte di strada è improvvisata,

coinvolgente e immediata. Restare in disparte senza farsi coinvolgere è

praticamente impossibile...”

Associazione Sportiva DilettantisticaThe Golden Majorettes di Pozzuolo UmbroCastiglione del Lago

Erica

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Castiglione del Lago, 10 giugno 2013

Quella di Erica per l’arte di strada è una passione contagiosa. An-che per questo, con la forza dei suoi venticinque anni, è riuscita a portare a Castiglione del Lago gruppi professionisti, provenienti da Francia, Turchia, Inghilterra e da altre regioni italiane, fra cui le Marawa’s Majorettes, note per aver aperto con la loro esibizione le Olimpiadi di Londra. Una serie di spettacoli, all’insegna di fuo-co, pon pon, hoola hoop, bastoni, spade e bandiere hanno decretato il successo del primo International Street Show di Castiglione del Lago. “Il tempo faceva le bizze, per questo siamo stati fino all’ulti-mo con il fiato sospeso”, racconta Erica, presidente dell’associazione dilettantistica sportiva The Golden Majorettes di Pozzuolo Umbro. “Alla fine – precisa –, l’impegno mio e di tutte le persone che hanno contribuito all’organizzazione dell’evento è stato premiato”. Richia-mati dal ritmo della musica, gli spettatori si sono riversati a frotte sia lungo le spiagge del lago che al Teatro Rocca Medievale, scelto come suggestiva location dell’evento. “Davvero non speravo in tanta partecipazione!”, esclama Erica ideatrice e organizzatrice della ker-messe. “Ringrazio il Comune di Castiglione del Lago per il soste-gno ricevuto”, afferma. Ma come ha fatto una ragazza qualunque a contattare gruppi di levatura internazionale, abituati alla platea del National Golden Flawer o dell’Italia’s Got Talent? “Li ho rintracciati tramite Facebook e ho provato ad invitarli”, ammette candidamen-te. “Al più – ho pensato – mi diranno di no”. Invece, hanno accettato “e così – continua Erica – è iniziata la maratona”. “Per abbattere i co-sti – precisa – ho cercato accordi convenienti con alcuni albergatori della zona, mi sono poi impegnata per predisporre un servizio men-

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sa”. Grande, insomma, lo sforzo organizzativo, ampiamente ripaga-to dal calore del pubblico. “L’ Arte di Strada – commenta Erica – è improvvisata, coinvolgente e immediata. Restare in disparte senza farsi coinvolgere è praticamente impossibile”. E visto il risultato, è già grande la voglia di bissare. “Vorrei – ammette Erica – che l’In-ternational Street Show diventasse un appuntamento consolidato e cercherò di impegnarmi perché questo sogno si trasformi in realtà”. Idee, energie e audacia non mancano. Intanto, in attesa di mettersi al lavoro per organizzare un nuovo evento, Erica e le sue Golden Majorettes continuano ad allenarsi, nonostante le difficoltà e qual-che defezione. “Attive da anni come gruppo informale, ci siamo co-stituite in associazione solo lo scorso mese di gennaio. Perché? Per poter dare maggior sistematicità alla nostra attività e per dialogare meglio con le Istituzioni e le altre associazioni attive nel territorio”, afferma Erica che “da grande” vuole restare nell’ambito artistico e organizzare eventi. “I miei genitori – conclude – condividono la mia passione e mi incoraggiano a lottare per realizzare i miei obbiettivi”.All’International Street Show di Castiglione del Lago hanno parteci-pato: The Golden Majorettes, Sailor Majorettes, Popeye Street Band, Yalova Yafem, Arrows Majorettes, Masquerada, Marawa’s Majo-rettes, Compagnia il Cilindro, BPM Drumline, Banda Musicale G. Puccini, Majorettes du Roucas, Majorettes le Toscanine, Internatio-nal Crew, Majorettes Spina, Filarmonica G. Verdi, Magma Cirkus, La Manada del Fuego.

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“...Mio marito, che è un maestro di ceramica,

mi ha introdotto all’ arte contemporanea, svelandomi la ricchezza e le difficoltà di

questo mondo tanto fecondo quanto complesso...”

Associazione La Fratta, eventi d’ ArteMarsciano

Elisabetta

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Marsciano, 24 giugno 2013

Elisabetta non vuole soltanto realizzare il suo personale progetto di vita. Vuole trasmettere agli altri quell’amore per l’Arte consolida-to, nella sfera privata, grazie al marito Luca Leandri. “Lui, che è un maestro di ceramica, mi ha introdotto all’Arte contemporanea, sve-landomi la ricchezza e le difficoltà di questo mondo tanto fecondo quanto complesso”. “I budget limitati sono i più noti – dice Elisa-betta, – ma non gli unici problemi con cui l’Arte e la Cultura devono fare i conti”. La sfida è anche quella di avvicinare l’Arte alla gente comune. Per questo e per creare occasioni di scambio tra gli artisti, è nata nel 2004 l’associazione La Fratta, eventi d’Arte. Molte le proposte dell’associazione che, nel periodo estivo, ha orga-nizzato per i più piccoli, le settimane didattiche ArteBimbi, giocan-do s’impara. Nato sulla scia della positiva esperienza fatta in una scuola materna di Perugia, il progetto da’ modo ai bambini di libe-rare fantasia e creatività. “Da sempre – ricorda Elisabetta – l’Arte rappresenta il fulcro della nostra attività”. Lo dimostra la Galleria tenuta aperta per più di 12 anni in via della Viola, a Perugia. “La necessità di sviluppare al meglio il progetto nascente dell’Art-house a Marsciano ci ha spinto ad aprire un nuovo capitolo", riferisce la vo-lontaria che ricorda con entusiasmo anche l’evento organizzato per la Prima Notte Bianca voluta dal Comune di Perugia. “Per l’occa-sione, insieme ad altre associazioni impegnate nel settore culturale, progettammo il Giornale dell’Arte La Notte Bianca edizione zero, chiedendo ad alcuni ragazzi di vestire i panni di strilloni anni Tren-ta per la distribuzione durante la magica notte…”. Lo scopo? “Decla-mare le speciali notizie scritte da moltissimi artisti, filosofi e critici

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d’arte che hanno risposto al nostro invito”. Un’iniziativa di successo, così come ABTamo, serie di appuntamenti sul tema dell’Abitare. “Il progetto – spiega Elisabetta – era volto ad approfondire la poetica artistica dello Spazio. Così, per 7 sere, 7 artisti, uno per ogni sera, progressivamente hanno allestito una mostra collettiva, riempiendo uno spazio vuoto con le proprie opere”. E per il futuro? “ Le idee non mancano!” assicura Elisabetta pronta a collaborare con le Istituzioni e le Associazioni del territorio.

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“...Attraverso i miei figli, il volontariato è entrato nella

nostra famiglia...”

Associazione Amica SofiaPerugia

Livio

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Perugia, 1 luglio 2013

Da professore e da padre Livio Rossetti ha insegnato molte cose ai suoi ragazzi, ma il valore della solidarietà lo ha appreso dai suoi figli. “Da adolescenti – racconta - sono stati a lungo impegnati nell’O-perazione Mato Grosso, trascorrendo perfino un periodo in Perù”. “Così – prosegue – il Volontariato è entrato nella nostra famiglia”. E vista la sua formazione, la scelta non poteva che ricadere sul set-tore culturale. Professore di Filosofia greca all’Università di Peru-gia, Rossetti è stato fra i fondatori di Amica Sofia, associazione di promozione sociale che si propone di avvicinare bambini e ragazzi alla Filosofia. “Il nostro obiettivo – afferma - è di creare occasioni di ascolto, istituire l'opportunità di delineare la visione del mondo dei più giovani e tirar fuori i loro pensieri personali”. Per questo, per affinare quell’arte maieutica di cui Socrate fu il precursore, la sessione estiva 2013 dell'associazione, che si è svolta nel mese di lu-glio a Cava dei Tirreni, è stata dedicata proprio al grande maestro greco. “Si tratta – afferma Rossetti – di un appuntamento culturale ormai consolidato al quale partecipano soci e volontari provenienti da tutta Italia così come docenti che non sono nostri associati”. Pe-rugini sono invece i frequentatori del Caffè Filosofico, nato insieme ad Amica Sofia. “Anche in questo caso – spiega il professore – ci impegniamo per creare occasioni di ascolto e confronto, tenendoci alla larga dai tecnicismi degli addetti ai lavori”. E poiché, Filosofia a parte, lo Sport ha un ruolo centrale nella vita di ciascuno, al professore va pure il merito di aver ideato il progetto Thank you Olimpia. “L’idea – spiega – è di promuovere ad Olimpia, ogni quattro anni, una festa dello sport non competitiva, aperta a

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tutti i vincitori di medaglia olimpica viventi, così come ai giovani atleti e a chiunque altro”. “L’accensione della fiamma olimpica ogni quattro anni - chiarisce - è troppo poco per la città che ha insegnato a tutto il mondo la cultura dello sport e che, in più di 1150 anni (fra il 776 a.c. e il 383 d.c.), ha ospitato ben 293 Olimpiadi”. In altre parole, si tratta di riconoscere alla città il ruolo non solo di Patria storica, ma anche di attuale capitale mondiale dello sport. “Senza contare – aggiunge Rossetti – che il Thank you Olympia Day, potrebbe essere anche occasione di riflessione sui valori e le motivazioni di un modo sano di vivere lo sport”. L’impresa, decisamente ambiziosa, vanta già numerosi sostenitori in vari Paesi e, naturalmente, anche qui da noi: tra gli altri il Comune di Perugia e il Centro Servizi per il Volontariato del capoluogo um-bro. “Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti” – sostiene Rossetti che, per centrare l’obiettivo, non chiede denaro ma entusiasmo, intra-prendenza e creatività. “Il progetto – spiega – è ancora in divenire, per questo ogni idea è preziosa”. Chi aderisce può esporre il relativo manifesto che, nel frattempo, è arrivato anche a Olimpia. “Inutile dire – afferma Rossetti – che l’idea è stata accolta molto favorevol-mente dal Sindaco di Olimpia, al quale ho personalmente esposto il progetto insieme al professor Leonidas Bargeliotis, di Atene, e a Mrs Lisa Teodossi, di Pyrgos. L’auspicio, ovviamente, è di ampliare la rete dei sostenitori che per scambiare informazioni, elaborare stra-tegie e fare commenti possono far riferimento al sito ufficiale (www.thankyouolimpia.net), e al profilo FB (Thank you Olimpia Day).

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“...Bisogna superare la timidezza e

uscire dal guscio...”

Associazione Il SoleFoligno

Franco

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Foligno, 8 luglio 2013

Nelle cittadine il cuore della solidarietà batte più forte. Lo sa bene Franco Duca, trasferitosi in Umbria dalla capitale. “Vivo a Foligno da 17 anni – racconta – ed è proprio qui che è nato il mio impegno nel sociale”. Presidente dell’associazione Il Sole, impegnata nella di-fesa dei diritti di ciechi e ipovedenti, Franco sottolinea l’importanza per i ciechi non solo di imparare a vedere con le mani ma anche di realizzare semplici oggetti. “Riuscire a creare piccoli manufatti in quasi completa autonomia è davvero gratificante”, sostiene. Per questo, dopo aver frequentato un corso al Cresc, il Centro di riabili-tazione per ciechi attivo ad Assisi fino a qualche anno fa, ha deciso di mettere a disposizione degli altri l’esperienza maturata. “E’ stato così – riferisce – che, insieme a Teresa Berardelli, ho deciso di fonda-re l’associazione”. Nata nel 2007, Il Sole conta una sessantina di soci. “La nostra attività – dice il Presidente – è volta a tutelare i diritti delle persone con gravi forme di disabilità visiva”. Molte le iniziative portate avanti dai volontari che organizzano laboratori di ceramica, carta e macramè, midollino, informatica, orientamento e mobilità per aumentare l’autonomia e facilitare l’integrazione delle persone che hanno perso la normale capacità visiva. “E dallo scorso anno – aggiunge il volontario – c’è un’importante novità”. Il Sole onlus ha, infatti, ampliato il proprio campo di attività, organizzando iniziati-ve rivolte non solo ai soci, ciechi e ipovedenti, ma anche a persone con altri tipi di disabilità. “In questa direzione – precisa Duca – va la collaborazione allacciata con l’Azienda Pubblica dei Servizi alla Persona Fusconi-Lombrici-Renzi di Norcia”. “Insieme – anticipa -, vogliamo organizzare una

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serie di laboratori per aiutare gli ospiti della struttura con il maggior grado di autonomia a sviluppare o recuperare le proprie abilità ma-nuali”. E poiché socializzare è importante per tutti, l’associazione Il Sole promuove cene di solidarietà e gite sociali. “Bisogna superare la timidezza e uscire dal guscio!”, esorta Duca. “In passato – ricorda – abbiamo promosso un interessante viaggio a Ferrara e Mantova, abbiamo visitato la Puglia e la Basilicata e continueremo a ripetere analoghe iniziative anche in futuro”. Da bissare, sulla scia del suc-cesso avuto dallo spettacolo Psiche, firmato da Daniele Celli e Arri-go Mazzola, pure l’organizzazione di rappresentazioni teatrali ideate e realizzate per essere fruite senza compendio visivo. L’associazione per autofinanziarsi partecipa ai mercatini di Valtopi-na e Foligno. Organizza, inoltre, corsi di informatica avanzati e la-boratori di lavorazione della ceramica secondo l’antica tecnica Raku.

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“...Ho raccolto iltestimone

da mio fratello, è stato lui che ha fondato l’ Associazione...”

MichelaPubblica Assistenza TifernateCittà di Castello

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Città di Castello, 15 luglio 2013

“Il Volontariato? E’ una passione di famiglia”, parola di Michela Bosi, vicepresidente della Pubblica Assistenza Tifernate, confer-mata, a grande maggioranza, anche nell’incarico di Segretario del Cesvol Perugia. “Ho raccolto il testimone da mio fratello – raccon-ta -. E’ stato lui che, nel 2003 ha fondato l’Associazione nella quale faccio volontariato attivo da dieci anni a questa parte”. Un impegno totalizzante al quale Michela sacrifica volentieri week end e tempo libero, occupandosi in particolare del progetto di Telesoccorso e Teleassistenza. “Inizialmente finanziato dal Comune, il progetto è stato potenziato grazie al primo Bando Cesvol per la progettualità sociale e, a distanza di anni, continua a funzionare a pieno ritmo”, dice la volontaria che lo ha seguito fin dal principio. Ma di cosa si tratta esattamente? “E’ un servizio socio-sanitario rivolto principal-mente alle persone anziane, alle persone con disabilità e a chi vive da solo”, spiega Michela. “Periodicamente – chiarisce – facciamo delle telefonate di cortesia a queste persone, che possono continuare a vi-vere serenamente e in sicurezza nelle loro abitazioni, contattandoci di loro iniziativa in caso di necessità”. La telefonia sociale non è l’u-nica attività portata avanti dai volontari della Pubblica Assistenza tifernate, impegnati anche oltre che nell’assistenza sanitaria leggera, anche nel trasporto di sangue e cellule staminali, senza dimenticare il Servizio di Protezione Civile. “Proprio la Protezione Civile – ag-giunge Michela – rappresenta una parte importante del mio impe-gno”. Membro nell’ANPAS, Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze, Michela ha seguito un apposito corso ed è stata reclutata fra gli operatori della Sala Operativa Nazionale. “Si tratta – spiega

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– di un’unica struttura, con sede a Firenze, che in caso di emer-genza svolge un monitoraggio costante delle criticità e coordina l’intervento di tutti i volontari sul campo”. Una specie di seconda linea, insomma, indispensabile per permettere all'Associazione di arrivare in brevissimo tempo sul luogo di un evento e di rispondere immediatamente e in modo competente all'emergenza. “In questi casi, restare svegli per 24 ore consecutive fra i telefoni che squillano è la norma”, dice Michela che ha vissuto in prima persona le cala-mità degli ultimi anni, dal terremoto dell’Aquila a quelli in Emilia Romagna e Toscana. “Del resto – aggiunge – in qualità di Coordi-natrice dei Servizi della Pubblica Assistenza tifernate, sono abituata a fare e ricevere continue chiamate”. E il telefono è uno strumento indispensabile anche per l’attività di teleassistenza. “Può sembrare strano – dice la volontaria –, eppure, i destinatari di questo servi-zio aspettano con ansia le nostre chiamate di cortesia, instaurando con noi veri e propri rapporti di amicizia”. Con tutti questi impegni, come trovare un po’ di tempo per se stessi? “Non è facile ma neppu-re impossibile!”, garantisce Michela che, in procinto di laurearsi in giurisprudenza, collabora con uno studio legale e si concede perfino l’hobby del sub. “Di tanto in tanto – conferma –, faccio immersioni con il gruppo subacqueo di Città di Castello”. E poiché fra le sue pri-orità non c’è soltanto quella di aiutare gli altri, ma anche di aiutare il Volontariato a crescere, Michela è entrata a far parte con entusiasmo del Consiglio Direttivo del Cesvol. “Sono grata – conclude – a chi mi ha proposto di far parte della squadra e a tutte le associazioni che mi hanno confermato la fiducia”.

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“...Quando ho conosciuto

le famiglie dei malati, sono stato con-quistato dalla dignità con cui affrontano

incognite e problemi...”

PinoTelethon Perugia - Terni

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Perugia, 22 luglio 2013

“L’impegno nella solidarietà? Un’idea di mia moglie!”, ammette Giuseppe Ruberti, ambasciatore Telethon dal 1995 per le province di Perugia e Terni. “E’ stata lei – racconta - a candidarmi, a mia in-saputa, a questo ruolo”. E quando Telethon l’ha contattato, Pino, ex bancario ancora impegnato nel lavoro, non ha saputo tirarsi indie-tro. Insegnante al Politecnico di Milano e consulente aziendale, Ru-berti ha rinunciato ai suoi impegni, confermando anno dopo anno con il cuore, una scelta inizialmente fatta con la testa. “In un primo momento – chiarisce –, ho detto sì per la trasparenza della gestione e la grande serietà organizzativa, senza contare la qualità della ri-cerca”. “Poi, quando ho conosciuto le famiglie dei malati, sono stato conquistato dalla dignità con cui affrontano incognite e i disagi di malattie genetiche rare, per nulla conosciute e poco studiate”. Per questo, per aiutare gli “invisibili” ad uscire dall’ombra, Ruberti si è dato da fare per rendere più capillare la presenza di Telethon in Um-bria. “Un’avventura – racconta – che ho condiviso con la giornalista Maria Luisa Lucchesi e con Giorgio Tomassetti, all’epoca respon-sabile dell’Ufficio Pubbliche Relazioni della Banca dell’Umbria”. E i risultati hanno premiato il loro impegno. “Oggi – dice Ruberti – i volontari sono circa sessanta, fra cui una ventina di giovani”. Un gruppo cresciuto, grazie anche al sostegno delle Istituzioni ed in particolare degli allora sindaci di Perugia e Terni, Renato Locchi e Paolo Raffaelli, . “Particolarmente prezioso – sottolinea – anche l’aiuto della Provincia di Perugia, Ente con cui abbiamo stipulato un protocollo d’intesa”. E la squadra umbra di Telethon, che ha scel-to di rinunciare completamente ai rimborsi, continua a crescere.

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“Oltre al gruppo che si è formato nella Mediavalle del Tevere ne nasceranno presto molti altri” annuncia Ruberti. Intanto, i conti-nui passi avanti della ricerca, tengono vive le speranze dei malati. “La ricerca dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (Hsr- Tiget)- ricorda Ruberti- ha dimostrato come il virus dell’HIV possa essere utilizzato per la cura di due malattie genetiche grave-mente invalidanti: la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich”. Quelle di Telethon, insomma, non sono solo pro-messe. “Alcuni numeri – conclude Ruberti – danno l’idea del nostro impegno”. In 23 anni di attività, la Fondazione ha destinato alla ri-cerca un totale di 371.098.665 euro. Di questi 136.487.775 sono stati stanziati in ricerca interna, a favore cioè dei ricercatori che lavorano negli istituti Telethon, mentre quasi il doppio, 234.610.890, sono an-dati alla ricerca esterna, ovvero in progetti di ricerca, borse di studio e servizi affidati a ricercatori ospitati da Università e centri di ricerca pubblici e privati. Sono inoltre stati fondati tre istituti di ricerca e un laboratorio: l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem), l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (Hsr- Tiget), l’Istituto Telethon Dulbecco (Dti) e il Tecnothon, un laboratorio di ricerca tecnologica che sviluppa e implementa progetti di ausili per disabili”. Telethon ha inoltre sostenuto il lavoro di 1.510 ricercatori, finanziando 2.431 progetti di ricerca (su 445 malattie) e ha cura-to sedici bambini affetti da Ada-Scid (privi di difese immunitarie e quindi destinati a una brevissima esistenza) grazie a un protocollo di terapia genica, applicato per la prima volta al mondo presso l’I-stituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (Hsr- Tiget). Ha, inoltre, avviato 25 strategie di cura per 23 patologie.

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“ ...in questa terra dai mille volti e

dai climi molto diversi,basta spostarsi di poche centinaia di metri per imbattersi in lingue,

culture, malattie e problemi diversi...”

Associazione Ipo Increasing People Opportunities Perugia

Matteo

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Perugia, 29 luglio 2013 “La competenza nasce dalla conoscenza”. Per questo l’associazione Ipo (Increasing People Opportunities), impegnata nella Cooperazio-ne Internazionale, ha deciso di concentrare i suoi sforzi esclusiva-mente nel distretto di Ankober, in Etiopia. “In questa terra dai mille volti e dai climi molto diversi, basta spostarsi di poche centinaia di metri per imbattersi in lingue, culture, malattie e problemi diversi”, spiega il Presidente dell’associazione Matteo Baraldo. “Per questo – chiarisce -, fin dal 2004, anno della nostra fondazione, abbiamo deciso di operare soltanto per questa piccola comunità composta da circa 80mila persone che vivono in un altipiano, a 3200 metri sul livello del mare”. Una scelta che preclude la possibilità di concor-rere a Bandi di finanziamento per aree più vaste, ma che permette di elaborare progetti davvero mirati. “Solo la capillare conoscenza del territorio consente di mettere in campo interventi ad hoc, senza disperdere fondi ed energie”, conferma Matteo che fatica a tracciare un confine fra lavoro e volontariato. “La Laurea in Comunicazio-ne Internazionale mi aiuta a coordinare interventi di Cooperazione allo Sviluppo”, spiega. La formazione di un gruppo di operatori sa-nitari e la realizzazione di un poliambulatorio con servizi pediatrici sono solo alcuni dei progetti messi in campo dall’associazione che il prossimo anno festeggerà i primi dieci anni di attività. “Abbia-mo ottenuto brillanti risultati anche nel campo della ricerca offi-cinale – aggiunge Matteo -, tanto che, superate le ultime formalità burocratiche, sarà presto distribuito un medicinale fitoterapico per combattere le infezioni micotiche, più conosciute come funghi della pelle”. L’iniziativa, che vede il diretto coinvolgimento dell’Università

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di Debre Berhan, è strettamente legata al progetto Ogni bambino un orto, anche questo nato in ambito sanitario. “Lo scopo – spiega Matteo – è di promuovere il sistema agricolo locale, diversificando le colture e migliorando così le condizioni nutrizionali dei bambi-ni che, anche quando mangiano abbastanza da riempire lo stoma-co, non assumono tutti i principi nutritivi necessari alla crescita e allo sviluppo”. “Anche per questo – precisa Matteo – cerchiamo di dare nozioni di base di educazione alimentare”. Un esempio? “In-coraggiamo la coltivazione di ortaggi, alberi da frutta e aglio, per le note proprietà antivirali e antibatteriche. Promuoviamo, inoltre, l’uso del sale iodato per combattere il gozzo che porta alla nascita di bambini con un quoziente intellettivo inferiore alla media”. Un effetto nient’affatto secondario causato da una malnutrizione più subdola e strisciante di quella che asciuga la pelle e gonfia d’aria la pancia. E poiché, come detto, non sempre è possibile accedere ai fi-nanziamenti pubblici, i volontari dell’associazione Ipo cercano di coinvolgere nei loro progetti la società civile. “Ad esempio – dice Matteo – il sostegno a distanza è utile a stabilire un legame diretto tra il singolo bambino, residente nel distretto di Ankober, e uno o più benefattori italiani”. I fondi raccolti in questo modo sono uti-lizzati per realizzare interventi sanitari, di nutrizione, educazione e sensibilizzazione rivolti ai bambini e alle loro relative famiglie. “Perché – ricorda Matteo - il benessere del bambino è strettamen-te legato a quello del suo nucleo famigliare, che noi cerchiamo di sostenere proprio attraverso interventi di agricoltura e nutrizione”.

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“..E’ la gara più importante

e ho intenzione di giocarmela fino in fondo,

senza arretrare e senza regalare al cancro un solo giorno...”

Associazione Avanti tutta!Perugia

Leonardo

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Perugia 2 settembre 2013

Leonardo non ha alcuna intenzione di darla vinta al cancro. Per questo, nonostante la diagnosi di adenocarcinoma al polmone con metastasi e tripla mutazione genetica, ha deciso di premere l’accele-ratore sulla vita e di andare Avanti tutta!, con l’omonima associazio-ne, contro la malattia. “E’ la gara più importante e ho intenzione di giocarmela fino in fondo, senza arretrare e senza regalare al cancro un solo giorno”, afferma, forte di una mentalità sportiva coltivata fin da bambino. “Ho sempre praticato qualche disciplina, dal basket al tennis alla pallavolo, ma la mia vera passione è la maratona”, raccon-ta. E così, a 40 anni, dopo sette gare agonistiche, si è messo in corsa per la vita con la testa e il cuore del runner. “L’abitudine ad allena-menti durissimi, alla fatica, al sacrificio e il desiderio del traguardo mi aiutano a combattere”, sostiene. “Senza dimenticare – aggiunge –, il sostegno dell’equipe oncologica guidata dal dottor Lucio Crinò, al mio fianco in questa battaglia”. E poiché Leonardo è davvero in prima linea può accedere a cure speciali. “Vista la gravità della situa-zione – riferisce -, stanno testando su di me un farmaco sperimenta-le che sarà in commercio solo dal 2015”. Una possibilità che intende sfruttare fino in fondo. “La medicina – afferma – svolge un ruolo es-senziale nella lotta contro il cancro, ma anche lo sport può essere un formidabile alleato”. “Sono convinto – precisa – che un’attività fisica monitorata e controllata può dare benefici anche a quei malati che hanno sempre condotto una vita sedentaria”. E perché altre persone in lotta contro il cancro possano trarre esempio e speranza dalla sua esperienza, Leonardo ha fondato l’associazione Avanti tutta! impe-gnata a reperire fondi da destinare alla ricerca e alla realizzazione

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di una palestra per i pazienti oncologici dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. La parola d’ordine, insomma, è non mollare mai perché, per quanto assurdo possa sembrare “non solo con un tumore si vive, ma si può addirittura migliorare la qualità della propria esistenza”. Un messaggio, questo che Leonardo ha ri-petuto forte e chiaro a tutti quelli che il 7 e l’8 settembre 2013, alla Polvese, hanno partecipato all’ Isola di Einstein. L’evento, dedicato alla divulgazione scientifica, ha inaugurato con lui uno speciale An-golo della Solidarietà. “L’abbiamo voluto come primo ospite - spiegano gli organizzatori - perché sa contagiare tutti con la sua energia e il suo ottimismo”. “Il cancro – considera Leonardo – restituisce profondità e consa-pevolezza alle emozioni, permettendoti di assaporare ogni attimo. Spesso presi dal ritmo di una società troppo veloce, non diamo la giusta importanza agli affetti e alle piccole cose di ogni giorno che pure rendono unica e speciale la nostra vita”. Perché, allora, tornare a vivere da solo per affrontare la malattia? “E’ stata esclusivamente una scelta di autonomia”, risponde Leonardo . “La sfida – ribadisce – è fra me e lui, ed è ancora aperta”.

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“...se non si impiegail proprio tempo in qualche attività

che ci gratifichi dal profondo,si rischia di cadere in depressione e

di lasciarsi andare...”

Associazione Le fatiche di ErcoleCittà di Castello

Alida

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Città di Castello, 9 settembre 2013

Il Volontariato? Può essere un’arma contro la depressione. Parola di Alida che ha saputo trasformare il suo affetto fraterno in amore per il prossimo. “Sono un UFE (utente familiare esperto) impegnata nel-la struttura residenziale di Villa Igea, che ospita dodici pazienti con una lunga storia di malattia e di istituzionalizzazione alle spalle”, racconta. “Uno degli ospiti – prosegue – è mia sorella ed è proprio in seguito alla sua malattia che mi sono avvicinata al volontaria-to sociosanitario, con particolare attenzione alla salute mentale”. Membro dell’associazione Le Fatiche di Ercole, Alida è diventata un punto di riferimento per gli ospiti della struttura. “Vado a trovarli regolarmente – dice - e, in virtù della mia esperienza familiare e della mia capacità di comprendere i loro problemi da un punto di vista diverso da quello degli operatori, li aiuto a uscire dalla noia di giornate tutte uguali”. Alida, che sa anche improvvisarsi in canti e balli, cerca di coinvolgere gli ospiti soprattutto in cucina. E pazienza se non tutti partecipano. “Non deve essere una forzatura – ci tiene a precisare la volontaria –. Mi basta che siano una o due persone a collaborare, ma che tutti siano contenti nel vedermi e nel mangiare qualcosa di nuovo. Cucinare e mangiare insieme è un modo per co-noscersi, stare vicini, parlare”. “Alle prime visite a mia sorella – ricorda -, gli altri ospiti mi inti-morivano. Mi guardavano con diffidenza dal basso verso l’alto (per-ché stavano sempre a testa bassa), senza parlare o fare un accenno di saluto. Avevano gli occhi tristi, sembravano quasi senz’anima”. Poi un giorno Alida ha deciso di invitarli a casa sua. “Ho cucinato per loro e preparato il caffè”, afferma. “Erano contenti e io più di

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loro. Per questo, dopo essermi confrontata con la mia associazione e con il gruppo di lavoro del Tavolo Abitare, ho pensato che potevo essere io ad andare nella struttura e a cucinare per loro”. Da allora Alida si reca a Villa Igea ogni quindici giorni, confrontandosi perio-dicamente con l’equipe e lo psichiatra. Un’esperienza utile anche a cancellare la rabbia e il senso d’impotenza per non essere riuscita a fare di più per sua sorella. “Dopo la morte di mia madre – raccon-ta – mia sorella è crollata. Le sono stati diagnosticati schizofrenia e bipolarismo dell’umore. Così, dopo averla assistita per dodici anni in famiglia, abbiamo deciso di inserirla a Villa Igea”. “Al momento del suo ingresso nella struttura – ammette Alida – mi sono senti-ta libera, rinata, quasi felice. Poi però, con il passare dei giorni e dei mesi, ho iniziato ad avvertire dei sensi di colpa. Mi domandavo: avrei potuto fare di più per mia sorella? Dove abbiamo sbagliato in famiglia? Perché è capitato a lei?”. Proprio per placare il tormento di domande senza risposta, Alida ha scelto di impegnarsi nel sociale, riuscendo così a recuperare serenità. “Quando la sera torno a casa, sono stanca – sostiene –. Mi sento però felice e appagata e amo di più anche i miei familiari”. “Se non si impiega il proprio tempo in qualche attività che ci gratifichi dal profondo – avverte la volontaria –, si rischia di cadere in depressione e di lasciarsi andare. Per questo è importante non chiudersi nel proprio guscio e reagire, perché aiu-tando gli altri si aiuta anche se stessi!”.

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“...non faccio niente di speciale,cerco solo di essere disponibile e attento ai bisogni degli altri...”

Associazione Pubblica assistenza Stella d’ItaliaSpoleto

Mario

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Spoleto, 16 settembre 2013

Hanno un cuore antico ma il loro entusiasmo è giovane. Sono i vo-lontari dell’associazione spoletina di Pubblica Assistenza Stella d’I-talia che, diversi per età, formazione ed estrazione culturale, hanno gli stessi principi e condividono gli stessi valori. Il dono, innanzi-tutto, e poi la gratuità. E poiché quando la solidarietà si fa concreta, c’è bisogno di gente dall’animo puro, ma disposta a rimboccarsi (e a sporcarsi le mani), per entrare a far parte dell’associazione, fonda-ta nel 1894 e riconosciuta Ente Morale con Regio Decreto nel 1911, bisogna dimostrare di avere solide motivazioni. “I nostri volontari li passiamo al setaccio”, afferma Maria Rita Del Gallo, consigliere della P.A con delega alla formazione. “Operiamo in ambito socio sanitario – chiarisce –. E poiché veniamo in stretto contatto con i nostri assistiti, chiediamo agli aspiranti volontari almeno 30 presen-ze nei Servizi”. Convenzionata con la Asl n. 2, Stella d’Italia svolge il servizio di 118 nei comuni di Spoleto, Castel Ritaldi, Campello sul Clitunno e in tutta la Valnerina. Fornisce inoltre il servizio di Taxi Sanitario per il trasporto ordinario dei malati. “Ai nostri vo-lontari chiediamo un comportamento morale irreprensibile e all’al-tezza della lunga tradizione della Stella d’Italia”, avverte Del Gallo. Fra i requisiti irrinunciabili, puntualità, affidabilità e riservatezza. “Entriamo nelle case della gente e dobbiamo rispettarne la privacy”, ribadisce la consigliera. “Anche mio padre – aggiunge – era iscrit-to all’associazione. Un motivo in più per mettere a disposizione del gruppo le competenze acquisite quando lavoravo alla Asl, nei Servizi di Educazione alla salute”. E per portare avanti tutte le attività, il pacifico esercito di Stella d’Italia può contare anche su una ventina

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di dipendenti spinti dagli stessi principi di solidarietà, fratellanza, partecipazione sociale e dovere civico che animano i volontari. Piero, fra i più anziani del gruppo, ha sposato in pieno la causa dell’associazione. “Quando fai un certo tipo di lavoro, non puoi limi-tarti a timbrare il cartellino – afferma -. Devi metterci l’anima e saper creare un rapporto di familiarità con gli assistiti, tenendo a mente i loro compleanni e i nomi dei nipoti”. Per questo, anche quando ha terminato le sue otto ore, Piero continua a darsi da fare per contri-buire alla crescita del gruppo che trova in Mario un valido punto di riferimento. “Sono un volontario della Stella d’Italia ormai da dieci anni e, oltre ai servizi 118 e taxi sanitario, mi occupo anche dell’ac-coglienza e dell’affiancamento dei nuovi volontari”, dice. Secondo gli altri volontari, Mario, ora in pensione, incarna tutti gli ideali che Stella d’Italia difende e promuove. “Eppure – dice lui -, non faccio niente di speciale, cerco solo di essere disponibile e attento ai bisogni degli altri. Per la diretta esperienza fatta durante la malattia di mia madre, so quanto sia importante ricevere aiuto in alcune situazioni”. Uno slancio emotivo, il suo, pienamente condiviso da Andrea che, a 24 anni, spera di entrare presto nel mondo del lavoro. “Sono in-fermiere e, durante il tirocinio in ospedale sono rimasto colpito dal modo di fare dei volontari d Stella d’Italia. Per questo ho deciso di avvicinarmi all’associazione, perché anch’io desidero fare qualcosa di utile per il prossimo”. Una scelta che consiglierebbe anche ai suoi coetanei, a patto di non forzare la propria natura perché “Ognuno ha le proprie inclinazioni, i propri talenti e i propri limiti e deve tenerne conto”.

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“...Oggi più che maiè importante essere uniti

nella solidarietàe non cedere alla tentazione di chiudersi in se stessi alimentando facili egoismi...”

Magic ClownAssociazione Angela PaolettiCascia

Cinzia

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Cascia, 1 ottobre 2013

Avrebbe voluto fare l’infermiera pediatrica. Anche per questo, Cin-zia, non ha esitato a indossare in naso rosso e ad arruolarsi nei Ma-gic Clown, il gruppo di volontari nato a Cascia su invito del Glis, il Gruppo per l’inclusione sociale. “Insieme a me – dice la volontaria – altre quindici persone hanno detto sì alla richiesta del locale Tavolo disabilità che qualche tempo fa aveva lanciato un questionario per reclutare volontari”. E poiché per fare attività in ambito sociosanita-rio, i buoni propositi da soli non bastano, Cinzia, già socia dell’As-sociazione Angela Paoletti, intitolata alla memoria di sua zia, ha partecipato all’apposto corso di formazione organizzato dal Cesvol. “Cinque incontri, tenuti da Donato Bini, alias mago Dudi, ci hanno aiutato non solo ad apprendere le tecniche della giocoleria, ma anche ad adattare la comunicazione ad ogni circostanza, divertendo senza imporre la propria presenza”, afferma la ragazza, appena reduce da una giornata di animazione in collaborazione con il gruppo territo-riale folignate dell’Aism. “Noi Magic Clown – ricorda - portiamo le nostre clownerie nel reparto di riabilitazione dell’Ospedale di Ca-scia e in tutte le strutture del territorio per persone con disabilità”. Fra un’attività di volontariato e l’altra, Cinzia continua a fare piccoli lavoretti per arrotondare le entrate in attesa di un’occupazione più stabile. “Per ora, nonostante la laurea, il posto fisso da infermiera resta un miraggio, così, per non restare con le mani in mano, mi presto volentieri a fare la babysitter”. “Più sono impegnata e meglio sto”, aggiunge la volontaria, le cui scelte sono coerenti con i valori appresi in famiglia. “Mio padre, che fondando l’associazione Angela Paoletti ha voluto mettere la sua esperienza al servizio degli altri, mi

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è sempre stato di esempio”, ammette. ”Mia zia Angela – racconta Cinzia – aveva poco più di quarant’anni quando, all’improvviso, è stata colpita da una rara e sconosciuta malattia criptogenetica che nel giro di pochi anni l’ha uccisa. Dopo una lunga altalena fra paura e speranza, dopo i molti ricoveri non solo negli ospedali dell’Um-bria ma di tutta Italia, a noi familiari, lasciati nell’incertezza e sen-za nemmeno la consolazione di una diagnosi, è rimasto soltanto il dolore”. “Eppure, mio padre, aiutato dalla fede, ha dimostrato, con i fatti, che oggi più che mai è importante essere uniti nella solidarietà e non cedere alla tentazione di chiudersi in se stessi alimentando facili egoismi”. Molte sono le idee coltivate dai volontari dell’Asso-ciazione Angela Paoletti, intanto, ogni martedì fanno vedere un film ai pazienti del Centro Riabilitazione, il mercoledì partecipano insie-me ai malati alla Santa Messa nella Cappella dell’Ospedale, Hanno , inoltre, partecipato, con l’Aism, alla V Giornata di preghiera a Santa Rita.

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“...mettere a punto risposte sempre più efficaci

alla malattia..”

Associazione Diabetici Media Valle del Tevere Marsciano

Franca

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Marsciano, 8 ottobre 2013

Ha insegnato per trentasette anni ma anche adesso che è in pensione ha qualcosa di importante da trasmettere agli altri. Per questo, Fran-ca Ceccarini, ha accettato di guidare l’Associazione Diabetici Media Valle del Tevere, per ricordare a tutti l’importanza della prevenzione e di un sano e corretto stile di vita nella lotta alla malattia. “Sono una persona attiva e seguo un’alimentazione corretta – afferma -, ma, per ragioni familiari, conosco bene la patologia e le complicanze ad essa collegate”.E proprio alla prevenzione è stata dedicata la prima iniziativa orga-nizzata dalla neonata associazione. Una giornata insieme per cono-scere e prevenire il diabete, il titolo dell’evento che ha chiamato a raccolta, a Collazzone, medici, esperti e semplici cittadini. “Nell’ar-co della mattinata – racconta Franca Ceccarini – abbiamo diffuso informazioni utili su come prevenire e gestire la patologia, sotto-lineando l’importanza del dialogo e della collaborazione fra il dia-betologo, il medico di medicina generale e i servizi territoriali”. “Il messaggio che volevamo trasmettere – chiarisce – è che è essenziale conoscere il diabete, essere pienamente consapevoli della malattia e condividere con gli altri informazioni ed esperienze”. Preceduta da un accurato lavoro preparatorio, la prima uscita pubblica dell’asso-ciazione ha lasciato spazio anche a screening, visite podologiche e fitness metabolico. “Al pari delle altre associazioni impegnate nella lotta al diabete – commenta Ceccarini -, la nostra attività si sviluppa su due fronti: da un lato informiamo e facciamo prevenzione fra i cittadini, dall’altro cerchiamo di sensibilizzare le Istituzioni e di col-laborare con i Servizi sanitari per mettere a punto risposte sempre

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più efficaci alla malattia”, dice la volontaria. L’esigenza è soprattutto quella di assicurare a tutti i pazienti, un’as-sistenza unitaria, integrata e continuativa. Una battaglia questa, portata avanti dal Coordinamento delle Associazioni di persone con Diabete dell’Umbria. Intanto, però l’associazione guidata da Franca Ceccarini non sta con le mani in mano. “Con l’aiuto del Cesvol Pe-rugia – afferma la Presidente – stiamo cercando di creare una rete fra Istituzioni, Servizi e Associazioni del territorio per progettare, insieme, una serie di interventi”. Fra le idee sottoposte a Bando, ma ancora in attesa di valutazione, il progetto di Educazione Motoria al benessere, per diabetici autonomi, della Mediavalle del Tevere, e quello di Screening e rischio ulcerativo legato al diabete. “Il primo – spiega Ceccarini - mette l’accento sull’importanza dell’attività mo-toria specifica per tenere sotto controllo la malattia, il secondo punta invece sui controlli periodici per contenere le complicanza più gravi della patologia”.

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“...una trasformazioneapparentemente radicale

ma coerente con il costante impegno per la costruzione di una società democratica, equa e solidale...”

circolo culturale primomaggioBastia Umbra

Luigino

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Bastia Umbra 15 ottobre 2013

Il desiderio di uguaglianza, di pace e di benessere fra gli uomini, la volontà di stare accanto agli ultimi. Sono i valori che indicano la rotta a Luigino Ciotti, presidente e fondatore, nel 1991, del circo-lo culturale primomaggio. Un impegno nel sociale, il suo, coltivato fin dall’adolescenza e spostatosi progressivamente dall’area cattolica all’estrema sinistra. “A 14 anni – ricorda –, frequentavo il gruppetto del prete a Santa Maria degli Angeli poi, al Liceo, dopo aver respirato il vento del sessantotto, mi sono avvicinato all’ideologia di sinistra”. “Una trasformazione apparentemente radicale – ammette –, ma in realtà coerente con il costante impegno per la costruzione di una società democratica, equa e solidale”. Un attivismo politico, quello di Luigino Ciotti, che s’intreccia e va di pari passo con l’impegno nel sociale. “Da militante di Democrazia Proletaria prima e di Rifonda-zione Comunista poi – ricorda –, ho ricoperto anche cariche pubbli-che, cogliendo sempre l’occasione per collaborare con le associazioni impegnate sul versante della Cooperazione Internazionale”. “Così – prosegue -, negli anni novanta ho promosso la costruzione di una piccola scuola in Burkina Faso e di due scuole in Tanzania, per so-stenere, rispettivamente insieme all’Uvisp e alla Caritas, la missione umanitaria in Africa di una suora originaria di Assisi”. Un esempio di cooperazione decentrata, preceduto e seguito da molti altri fra progetti e missioni: in Nicaragua, con l’Uvisp, in Iraq con Un ponte per, a Cuba con Felcos, senza contare l’impegno per la Palestina, il Sudan, il Kenya, il Congo e per le Comunità di Pace Colombiane. “Ma attualmente – avverte Ciotti - lo sforzo più grande è quello per i nigerini Wadabe, portato avanti nell’ambito del Progetto ABBA-

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NAI, Dare a chi è senza”. Frutto della collaborazione del circolo pri-momaggio con l’associazione Assolint, la cooperativa sociale Asad, il Comune di Perugia e l’associazione umanitaria Kaouritel (con sede a Niamey, capitale del Niger), il progetto è finalizzato all’ac-quisto di dromedari, capre e asini per i Wadabe, piccolo popolo di pastori nomadi che ha perso le proprie mandrie a causa della siccità persistente indotta da cambiamenti climatici. “Proprio per questo – dice Ciotti-, per comperare gli animali, sono stato in Niger a metà settembre, insieme a Giancarlo Gaianigo, un altro volontario della nostra associazione”. Un viaggio sconsigliato dalla Farnesina per l’e-levato rischio del Paese, eppure intrapreso per portare a termine la missione. “Ci siamo spostati con cautela ma abbiamo rinunciato alla scorta per non intaccare le risorse destinate al Progetto, finanziato in parte dalla Regione”, riferisce Ciotti. E orientata al risparmio, è stata anche la decisione di rimandare l’acquisto alla fine della stagione delle piogge, quando gli animali, che ora hanno erba in abbondanza, dimagriranno e quindi costeranno meno. “Abbiamo illustrato pub-blicamente il progetto – afferma Ciotti – e consegnato i 6028 euro destinati all’acquisto a una commissione composta da Dere Bermo, Ali Nono e Lemou Jima che compreranno gli animali al prezzo più vantaggioso possibile”. Ma la missione in Niger ha permesso anche di distribuire medicinali e di verificare l’esistenza del pozzo e della piccola scuola già realizzati nel corso del Progetto, che ha preso il via nel 2005 e che il circolo primomaggio ha tutte le intenzioni di portare avanti.

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“...Aiutare gli altri! E’ questo il segreto per non

invecchiare...”

Alice Associazione per la lotta all’ictus cerebraleCittà della Pieve

Elza

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Città della Pieve, 22 ottobre 2013

“Fare un pezzo di strada insieme a Elza è una vera fortuna!”. Lo pensano i volontari di A.L.I.Ce., associazione per la lotta all’ictus ce-rebrale, nata tredici anni fa a Città della Pieve proprio grazie all’im-pegno di Elza e di altri volontari. Ma questa instancabile volontaria, che a ottantatré anni ha ancora la voce di una ragazzina, parla del suo impegno con normalità, come se non ci fosse nulla di straordi-nario nel dedicare costantemente il proprio tempo agli altri. “Ero appena andata in pensione – racconta –, quando il dottor El-vio Vignai dell’ospedale di Città della Pieve, mi suggerì di formare un gruppo di persone che potesse replicare nel nostro territorio la formidabile esperienza di A.L.I.Ce., associazione fondata ad Aosta nel 1997 che stava rapidamente mettendo radici in tutto il territorio nazionale”. “Ho accettato – dice con semplicità - e ho continuato a fare per l’associazione quello che sapevo fare per lavoro”. Ex impiegata di concetto all’ospedale di Città della Pieve, Elza tie-ne da sempre la contabilità di A.L.I.Ce., portando avanti con serie-tà d’altri tempi, un impegno preso con sincerità. E per tenersi ag-giornata si è appena iscritta a un corso d’informatica, per riuscire a fare, anche con il computer, quei conti che ha sempre risolto con carta e penna. “Ho lavorato, ho aiutato le figlie a crescere i nipoti e adesso che ho più tempo libero, dedico le mie mattinate all’asso-ciazione”, afferma. Un modo per restare giovane e per contribuire alla crescita del proprio territorio “perché – dice la volontaria con orgoglio – sono una pievese e voglio che le cose per il mio paese si-ano fatte bene”. Sempre pronta a rendersi utile, Elza è membro della locale Corale, partecipa da cinquanta anni alla vita del Terziere di

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Casalino e, all’occorrenza dà una mano anche all’Unitalsi. “Aiutare gli altri! E’ questo – rivela – il segreto per non invecchiare”. “Senza contare – aggiunge – che chi più dà, più riceve, come dimostra il tributo di affetto delle tante persone che mi sono state vicine per la perdita di mio marito”. Un motivo in più, per fare qualcosa di utile per i propri concittadini. “Sono contenta – dice la volontaria – che la gente apprezzi l’impegno di A.L.I.Ce. per migliorare la qualità della vita delle persone colpite da ictus, dei loro familiari e delle persone a rischio”. Un merito che Elza ci tiene a condividere con tutti i mem-bri dell’associazione ed in particolare con chi, nel 2000, ha fondato insieme a lei il locale gruppo di A.L.I.Ce.: l’attuale segretaria, Maria Santa Piccini e il presidente Luciano Convito, che da tredici anni si adopera instancabilmente per l’Associazione. Federata di A.L.I.Ce. Italia onlus, l’associazione pievese, si batte per garantire pari livelli di assistenza sull’intero territorio nazionale alle persone colpite da ictus. E’ inoltre impegnata sul versante della pre-venzione.

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“...Leggere ci aiuta a capire

che esiste un mondo altro da noi, che esistono altri punti di vista da rispettare, anche se non

sempre vengono condivisi...”

Arriva l’Orsa BrunaPetrignano di Assisi

Alessandra-Benedetta

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Petrignano di Assisi, 29 Ottobre 2013 I libri non bastano per fare una biblioteca. Ci vogliono anche idee, passione e il desiderio di condividerle con gli altri. Dal mix di questi ingredienti, sapientemente mescolati con i valori del volontariato e della cittadinanza attiva, è nata, nella scuola primaria di Petrignano di Assisi, la biblioteca Arriva l’Orsa Bruna!. “Abbiamo aderito con entusiasmo a questo progetto”, affermano Benedetta e Alessandra, due delle mamme che, insieme agli insegnanti, al Cesvol Perugia e all’associazione Birba, hanno fatto squadra per realizzare il pro-getto. Lo scopo? Creare un ambiente a misura di bambino per ali-mentare la curiosità dei piccoli lettori e arricchire costantemente il loro bagaglio di conoscenze. E se Alessandra, che insegna italiano e storia alle superiori, ha attinto alle sue competenze per catalogare gli 824 libri della biblioteca, Benedetta, che nella vita organizza even-ti, ha coordinato il lavoro di squadra, aiutando anche a trasportare ed assemblare i mobili. “Sono andata io stessa a prenderli all’Ikea!”, afferma con brio. Ma quali motivi hanno spinto queste volontarie free lance a darsi tanto da fare? “Il desiderio di sentirmi parte di una comunità educante e di partecipare attivamente anche alla vita scolastica dei miei figli”, afferma Benedetta che di bimbi ne ha tre. “Ciascuno di noi – sostiene Alessandra – ha il diritto e il dovere di tutelare il futuro dei più piccoli. Ma affinché i nostri figli diventino autentici cittadini, è indispensabile fornire loro adeguati strumenti culturali”. “Leggere – afferma con convinzione – ci aiuta a capire che esiste un mondo altro da noi, che esistono altri punti di vista da rispettare, anche se non sempre vengono condivisi”. E per evitare il rischio che i testi restino ostaggio della polvere sugli

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scaffali, è bastato dare un tocco di vita alla biblioteca, utilizzando tanti colori e cuscini per leggere anche sdraiati a terra. Senza di-menticare che, oltre al consueto servizio di prestito garantito volon-tariamente dai genitori, la biblioteca ha già ospitato e continuerà a ospitare varie attività di narrazione, animazione e promozione del-la lettura. Perché la biblioteca non è un semplice luogo di lettura e consultazione di testi, ma un luogo di crescita, dove possono essere coinvolte l’affettività, le emozioni, l’immaginazione, la memoria, la percezione e l’intelligenza dei ragazzi. E la Scuola? “Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano – risponde Alessandra, citando Calamandrei -, si dovrebbe dire che la Scuola corrisponde agli organi ematopoietici, quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”. Un pa-rere pienamente condiviso da Sandra Spigarelli, Dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Assisi 3: “La Scuola – dice - deve essere una vera e propria comunità educante, un punto d’incontro capace di valorizzare tutte le risorse educative del territorio per rispondere ai bisogni di comunicazione, socializzazione ed esplorazione dei ra-gazzi”. E non bisogna tralasciare neppure il ruolo del Volontariato. E se il tempo manca? “Quando si crede veramente in quello che si fa, si riesce a fare tutto”, sostiene Alessandra. “Lo garantisco io che mi destreggio ogni giorno fra impegni di lavoro, lavatrici, e il servizio taxi costantemente richiesto dai miei figli!”, scherza Benedetta.

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“...Il futuro del mondo

poggia sulla solidarietà, non su paradigmi dogmatici...”

Comunità MASCI di Perugia Movimento Adulti Scout Cattolici ItalianiPerugia

Luigi

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Perugia, 5 novembre 2013

“Il futuro del mondo poggia sulla solidarietà, non su paradigmi dog-matici”. Parola di Luigi Branchetti, che si definisce africano, anche se vive a Perugia ed è nato a Roma. “Ho conosciuto il Continente nero grazie agli Scout e vi ho trascorso gran parte della vita”, affer-ma il volontario, membro della Comunità MASCI di Perugia (Mo-vimento Adulti Scout Cattolici Italiani). Dopo il primo viaggio in Africa, compiuto negli anni Sessanta per costruire insieme al clan del gruppo scout Roma 16 una fattoria spe-rimentale nel Nord del Ghana, Luigi vi è tornato più volte, vivendo ininterrottamente in Zambia dal ’95 al 2000. “Grazie ad una serie di fortunate coincidenze – racconta – ho potuto ideare e realizzare una scuola di arti e mestieri a Chipata, al confine tra Zambia e Ma-lawi”. Un’impresa possibile grazie ad inattesi contributi venuti dal Lussemburgo, alimentati dalla Cei (la Conferenza episcopale italia-na), sostenuti da diverse ONG e ulteriormente arricchiti dal cofi-nanziamento della Comunità Europea. “Ma la vera chiave di volta – ricorda Luigi – è stato il coinvolgimento del Governo Zambiano, della diocesi di Chipata e dei rappresentanti di altre religioni locali”. E i risultati non sono mancati: l’insegnamento di tecnologie inter-mediarie per la falegnameria, la ceramica, la tessitura e la meccani-ca, unitamente ad una formazione cooperativa manageriale, hanno favorito la nascita di numerose cooperative, ancora attive in tutto il territorio nazionale. “Tre anni fa – afferma il volontario – il Chipata Craft Center (la già ricordata scuola) è stata elevata al rango di Uni-versità”. Una bella soddisfazione, senza contare che, durante la sua permanenza, Luigi, ha potuto non solo conoscere meglio lo Zambia

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e costruire una rete di relazioni utili ad avviare ulteriori progetti di sviluppo, ma anche allacciare legami profondi. “A Lusaka – raccon-ta –, ho ricevuto il regalo più bello: mia moglie Maria. Da lei, che è stata al mio fianco anche nei momenti più difficili, ho avuto due figli e tutti insieme siamo tornati in Italia”. Operatore culturale, regista cinematografico, falegname e designer, Luigi non ha mai smesso di fare volontariato nell’ambito della Coo-perazione internazionale. Nel 2009, insieme alla moglie (“che sente di avere un debito morale verso il suo Paese”) ha fondato l’ONG Saint Nicholas Community Care Centre, realizzando nella periferia povera di Lusaka, una Scuola comunitaria capace di accogliere 180 bambini fra i 3 e i 12 anni. Il progetto è stato patrocinato in Italia dalla ECCOMI Onlus del MASCI nazionale. Proprio a questa scuola sono stati destinati i proventi della Fiera dei Vivi, organizzata a fine novembre a Perugia, nel centro SHALOM di via Quieta. “Un modo – sottolinea Luigi – per scuotere queste nostre coscienze intorpidi-te”. La tre giorni, oltre a proporre un mercatino della solidarietà, ha posto l’accento sulle buone pratiche e le attenzioni necessarie alla salute del pianeta, strettamente legate ad un nuovo ed inedito patto di solidarietà fra credenti e non credenti per il bene comune.Ma la Scuola comunitaria non è l’unico progetto nel quale Luigi è impegnato. Il convegno sulla Cooperazione di Qualità recentemente organizzato dal MASCI, ha permesso di avviare un dialogo fra l’U-niversità di Lusaka e quella di Perugia con lo scopo di favorire l’in-contro tra giovani neolaureati italiani e zambiani per la realizzazio-ne di joint-ventures che vogliano impegnarsi in progetti di sviluppo.

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“...Dietro ogni malattia rara c’è un bambino e dei genitori che cercano disperatamente una soluzione, per questo è importante che la ricerca

non si fermi...”Laura e Francesca

Telethon Gruppo Giovani Perugia

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Perugia, 12 novembre 2013

L’amicizia fra Laura e Francesca è nata all’Università e cresciuta nel segno di Telethon. Ma l’impegno nel volontariato non è il loro unico punto in comune. Investite dell’incarico di coordinatrice e viceco-ordinatrice del Gruppo Giovani, istituito per volontà di Pino Ruber-ti, ambasciatore Telethon in Umbria, le due ragazze frequentano la stessa facoltà, Medicina, e praticano lo stesso sport, Zumba. E sebbe-ne abbiano poco più di vent’anni, sembrano avere già le idee chiare sulla vita. “Innanzitutto sappiamo che è preziosa”, dicono convin-te. “Anche per questo – spiegano - abbiamo scelto Telethon per fare concreto esercizio di solidarietà”. Conosciuta per l’impegno contro le malattie genetiche rare, la Fondazione presieduta da Luca di Mon-tezemolo, svela un volto inatteso a chi la vive dall’interno. “Anche se può sembrare una gigantesca macchina di raccolta fondi, Telethon lavora tutto l’anno, soprattutto quando i riflettori sulla maratona te-levisiva sono spenti”. Lo fa, aprendo bandi per la ricerca, finanziando i progetti più meritevoli e seguendo gli scienziati nel loro lavoro. “Le malattie genetiche sono rare, ma le persone che ne sono colpite sono tante!”, affermano le due ragazze. E Telethon è l’unica ad occuparsi delle patologie neglette, le più trascurate dal business delle case far-maceutiche. “Dietro ogni malattia rara c’è un bambino e dei genitori che cercano disperatamente una soluzione, per questo è importante che la ricerca non si fermi”, dicono Laura e Francesca coinvolte, loro malgrado, dalla polemica sulla sperimentazione animale. “Sono sta-ta attaccata perfino sul mio profilo facebook - dice Laura –, ma la verità è che moltissimi passi avanti compiuti dalla medicina negli ultimi decenni, passi avanti che hanno guarito o alleviato le soffe-

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renze di milioni di malati al mondo, non sarebbero stati possibili senza una motivata, attenta e accurata sperimentazione sugli ani-mali”. “Senza contare – aggiunge Francesca -, che Telethon chiede ai ricercatori di utilizzare il minor numero possibile di animali e di applicare un rigido codice di comportamento che minimizzi la loro sofferenza. Vigila inoltre, affinché si applichi la legislazione vigente in materia”. In ogni caso, i detrattori non bastano a smorzare l’entu-siasmo delle due volontarie che hanno coinvolto i rispettivi fidanzati nella loro avventura. “Anche fare volontariato è un modo per tra-scorrere del tempo insieme, facendo al contempo qualcosa di utile per gli altri”, sostengono Laura e Francesca, impazienti di conoscere Saverio Marinelli, il ragazzo umbro affetto da distrofia Duchenne che per primo ha ricevuto un cuore artificiale. “La sua storia – affer-mano le volontarie – restituisce speranza a chi deve fronteggiare la stessa malattia”. E forse non a caso, Thelethon ha scelto proprio un cuore di cioccolato da distribuire, insieme alle sciarpe della Fonda-zione, il 14 e 15 dicembre 2013 nelle piazze di tutta Italia. “E’ stato proprio partecipando come volontaria all’organizzazione di un tra-dizionale banchetto che, due anni fa, è iniziata la mia avventura in Telethon”, dice Laura. “Un impegno – prosegue – cresciuto grazie a Pino che mi ha esortato a costituire un autonomo Gruppo Giovani”. “Il nostro è il primo e unico in Italia – dice Francesca con orgoglio -. Ed è per questo che Pino si è meritato l’appellativo di lungimirante dal Coordinamento nazionale”. “Lo ringraziamo di cuore – conclu-dono – perché è sempre pronto a incoraggiare e sostenere le nostre idee”.

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“...I primi ad arrivare,

spinti da una povertà che si sta allargando a macchia d’olio sono stati gli anziani, poi, piano piano sono

venuti anche tutti gli altri...”

Caritas - Banco AlimentarePerugia

Nicola

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Perugia, 19 novembre, 2013

“Aumentano i poveri, ma continuano ad aumentare anche le dona-zioni”. E’ il piccolo miracolo a cui Nicola, volontario Caritas impe-gnato nella raccolta e distribuzione di viveri, assiste da ben tredici anni. Da quando, nel 2000, grazie all’apporto determinante della Fondazione Banco Alimentare è stato aperto un punto di distribu-zione presso la parrocchia del quartiere perugino di San Sisto. At-tivato per iniziativa di un gruppo di giovani che avevano appena ultimato la preparazione alla Cresima, il punto di distribuzione è presto diventato un punto di riferimento per le persone in difficoltà. “All’inizio – dice Nicola – si rivolgevano a noi soprattutto gli stra-nieri, oggi invece, a chiedere aiuto sono anche gli italiani”. “I primi ad arrivare, spinti da una povertà che si sta allargando a macchia d’olio sono stati gli anziani, poi, piano piano sono venuti anche tutti gli altri”. Conseguenza inevitabile di una crisi crescente che spin-ge nel bisogno fasce sempre più larghe di popolazione. “Proprio per questo – dice Nicola, forte di una fede profonda – dobbiamo farci tutti testimoni di Carità, intesa non come generico sentimento di solidarietà ma come amore cristiano verso il prossimo”. E pazienza se, quando si sollecitano donazioni, si viene trattati da seccatori. “A volte capita”, ammette Nicola fra i volontari della Giornata Nazio-nale della Colletta Alimentare, la grande operazione di raccolta vi-veri in programma ogni anno, l’ultimo sabato di novembre. Ma che fine fanno gli alimenti raccolti a tonnellate? “Confluiscono nel cen-tro di stoccaggio allestito a Lidarno e gestito dal Banco Alimentare che provvede, poi a ridistribuire i viveri in tutta l’Umbria secondo le richieste e le necessità”. Un impegno che nel 2012 ha coinvolto

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1.700 volontari nella raccolta di 155 tonnellate di alimenti effettua-ta in 265 punti vendita. Un gesto di Carità, le cui ragioni di fondo sono ben descritte nel testo delle 10 righe tratte dal discorso di Papa Francesco all’Udienza Generale del 5 giugno 2013. “La vita umana, la persona – ha ricordato il Pontefice - non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare […] . Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben aldilà di parametri economici. […] Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e condivisione con i più bisognosi. […] quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario e ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri”. Motivazioni queste, pienamente partecipate da Nicola che vuole trasmettere al figlio Raffaele i valori condivisi con la moglie Manuela. “Anche lei – afferma – fa parte dei volontari che partecipa-no alla Colletta, un appuntamento sempre uguale e sempre diverso”. A cambiare è soprattutto la libertà con cui ogni persona risponde all’invito di donare: alcuni dicono subito “no”, altri rispondono di “sì”, altri si fermano a chiedere informazioni e alla fine accettano. Una giornata d’impegno e di festa, insomma, senza mai dimenticare i destinatari degli aiuti alimentari che, per riceverli, possono rivol-gersi alle strutture caritative presenti sul territorio.

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Agesc Associazione Genitori Scuole CattolichePerugia

Patrizia

“...I ragazzi? Sono come fogli di carta bianca:

dobbiamo stare attenti a non sporcarli...”

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Perugia, 26 novembre 2013

“I Ragazzi? Sono come fogli di carta bianca: dobbiamo stare attenti a non sporcarli”. Parola di Patrizia che, nella veste di mamma, inse-gnante e volontaria Agesc getta uno sguardo completo sulle nuove generazioni. “Mi sono avvicinata al mondo del volontariato in con-comitanza con l’ingresso a scuola di mio figlio, ora quattordicenne”, racconta. E poiché oggi è forte l’emergenza educativa, Patrizia ha scelto l’Associazione Genitori Scuole Cattoliche per fare concreto esercizio di solidarietà. Una decisione coerente con l’educazione ri-cevuta dai genitori che, sempre impegnati in parrocchia, le hanno insegnato con l’esempio ad iutare il prossimo. “Preoccupati di ga-rantire ai nostri ragazzi un futuro solido dal punto di vista econo-mico, ci lasciamo prendere dalla frenesia di questa nostra società e tralasciamo spesso di ascoltare i nostri figli”, afferma Patrizia. Il risultato? “I giovani si sentono incompresi e tendono a chiudersi in se stessi”. La conferma viene dal questionario somministrato a quasi mille studenti perugini per verificare se i giovani si riconoscono nel ritratto che gli viene fatto dai media. Promossa dal Tavolo Nuove Generazioni e Famiglia del Cesvol Perugia, con il diretto coinvol-gimento dell’Agesc, la rilevazione è stata messa a punto con la col-laborazione volontaria del professor Fabio D’Andrea dell’Università di Perugia, Dipartimento Scienze Umane e della Formazione e ha interessato gli studenti che frequentano la seconda media e il quanto anno delle superiori. In particolare, hanno risposto al questionario gli alunni delle Scuole Secondarie di Primo Grado Ugo Foscolo, Le-onardo da Vinci, Carducci e del Polo Didattico Donati-Ticchioni. Fra le Scuole Secondarie di Secondo Grado hanno, invece, risposto

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gli studenti degli Istituti d’Istruzione Superiore Giordano Bruno, Galileo Galilei, Capitini e Cavour-Marconi. Ma qual è il quadro emerso dall’indagine? “Vorrei che non avessero per noi solo parole di disprezzo, Non dovrebbero dipingerci sempre come nullafacenti, Dovrebbero considerarci il futuro di questo Pa-ese, anche perché lo siamo, sono risposte che la dicono lunga sullo stato d’animo dei nostri ragazzi”, considera Patrizia, convinta che proprio l’ascolto sia la chiave d’accesso al mondo dei giovani, che troppe volte restano chiusi in se stessi. “Anche chi ha risposto al no-stro questionario con un secco Non te lo dico, ha svelato più di quanto immagina”, commenta Patrizia. “Affermazioni come questa – sostiene la volontaria – devono farci riflettere. L’emergenza edu-cativa non riguarda soltanto i ragazzi, ma anche noi genitori perché in un momento in cui le Istituzioni sono in affanno, la famiglia si conferma il fulcro della società”. Che fare, dunque, per rendere più roseo un futuro che si accalca grigio all’orizzonte? “Dobbiamo vegliare con costanza e discrezione sui nostri figli e aiutarli ad orientarsi in un mondo attraversato da repentini cambiamenti e bombardato da un flusso di informazio-ni continuo e spesso violento”. “E soprattutto – conclude Patrizia - dobbiamo educarli alla cittadinanza attiva e trasmettere loro il va-lore della solidarietà. Non a caso, come emerge dal nostro questio-nario, i (pochi) giovani che hanno fatto volontariato sono pronti a ripetere un’esperienza che li ha aiutati a sentirsi utili e a relazionarsi positivamente con il prossimo”.

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“...Non ti arrabbiare,

non ti preoccupare, sii pieno di gratitudine

e sii gentile con gli altri...”

Associazione OlisticamentePerugia

Silvia-Enzo

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Perugia, 3 dicembre 2013

“Namastè”. La lingua è sconosciuta, ma il saluto suona inspiegabil-mente familiare. Forse perché Silvia e Enzo, presidente e vice dell’as-sociazione Olisticamente sono testimoni di un sapere ancestrale, scoperto per caso e approfondito per scelta. “Entrambi pratichiamo reiki, traendone grande benessere”, affermano padre e figlia che rac-contano di un risveglio spirituale condiviso con il resto della fami-glia. Ma cos’è questa pratica dalle origini orientali usata come tera-pia alternativa? “E’ un’antica arte di meditazione, basata sul totale riequilibrio energetico, una via di crescita personale sviluppata in Giappone da Mikao Usui”, dice Enzo, maestro di questa controversa disciplina. “Mi sono avvicinato al reiki più di 13 anni fa”, racconta. “Me ne parlò per la prima volta una cliente alla quale vendevo pro-dotti naturali per arrotondare lo stipendio. Sul momento feci dell’i-ronia, meritando un rimprovero e l’invito a non scherzare su ciò che non conoscevo”. “Incuriosito, decisi, allora, di fare un corso di primo livello: non immaginavo che la mia vita sarebbe cambiata”. Basato su una serie di attivazioni energetiche che hanno lo scopo di facilitare e aumentare il passaggio di energia vitale attraverso il nostro sistema psicofisico, il reiki prevede tre livelli di attivazione: il primo (materiale) porta sollievo nel dolore tramite l’imposizione manuale delle mani, il secondo (mentale) porta sollievo nel dolore non solo tramite l’imposizione delle mani ma anche tramite la ca-nalizzazione mentale dell’energia vitale dell’universo, il terzo (spiri-tuale) permette di diventare maestri reiki e di iniziare altre persone a questa disciplina. “Certo della bontà del metodo – afferma Enzo – ho voluto coinvolgere mia figlia”. “Pur essendo molto tranquilla

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– prosegue Silvia – avevo forte difficoltà a gestire le emozioni tanto che le maestre ipotizzarono problemi di comunicazione”. “Per resti-tuirle benessere – afferma Enzo – io e mia moglie abbiamo deciso di sottoporla ad un’attivazione energetica di primo livello”. “Avevo appena dieci anni – ricorda Silvia -, eppure i benefici sono stati im-mediati. La recita scolastica che mi vide protagonista di lì a poco, colpì a tal punto le insegnanti che mi esortarono a fare teatro”. “E i benefici non si limitarono a un’accresciuta autostima, ma a un vero e proprio risveglio spirituale”. “Anche per questo – prosegue – vorrei diffondere il reiki fra i miei coetanei, eppure c’è molto scetticismo”. Osteggiato dalla religione cattolica, non riconosciuto dalla medicina ufficiale, il reiki, ancora oggi viene guardato con sospetto. “Eppure - garantisce Enzo - si tratta di una pratica innocua e alla portata di tutti”. Vivere giorno dopo giorno, senza caricarsi di ansia per il futu-ro è uno dei precetti reiki. Non ti arrabbiare, non ti preoccupare, sii pieno di gratitudine, svolgi il tuo lavoro (su te stesso) con dedizione e sii gentile con gli altri, sono altre raccomandazioni di questa disci-plina. “Chi vuole sperimentarne i benefici – invitano Enzo e Silivia -, può sottoporsi a un primo trattamento il mercoledì presso la nostra sede di via Santini n. 8 a Perugia”. Intanto, qualcosa si sta muoven-do nella medicina ufficiale: alcuni operatori reiki sono stati invitati a lavorare presso il reparto di Oncologia medica dell’ospedale San Giovanni Battista di Torino, altri presso il San Borromeo di Milano e, salvo imprevisti, presto anche un ospedale umbro potrebbe aprire le porte al reiki.

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INDICE

Prefazione 5Prefazione dell’Autore 7Presidio Sideria - Liceo Classico Istituto Roberto Battaglia di Norcia 9Presidio Bingo Bango Bonghi - Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri Ruggero Bonghi di Santa Maria degli Angeli 13Donne dell’Est 17Accademia Pietro Vannucci 21Cuor di Leone 25Noi e Voi 29Pro Civitate Christiana 33Passaparola 37Aism Spoleto-Foligno 41Amici Armando Catrana 45Il Girasole 49Aniu 53Angsa Bastia Umbra 57Angela Paoletti 61Aucc 65Accademia Internazionale degli Scacchi 69Accademia d’Arte e Antichi Mestieri 73Umana Onlus 77Aiutiamoli a vivere 81Amici del Malawi 85Angsa Umbria 89

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The Golden Majorettes di Pozzuolo Umbro 93La Fratta, eventi d’arte 97Amica Sofia 101Il Sole 105Pubblica Assistenza Tifernate 109Telethon Perugia-Terni 113Ipo 117Avanti tutta 121 Le Fatiche di Ercole 125Pubblica Assistenza Stella d’Italia 129Magic Clown - Angela Paoletti 133Diabetici Media Valle del Tevere 137Circolo culturale primomaggio 141Arriva l’Orsa Bruna 149Comunità Masci Perugia 153Telethon-Gruppo Giovani 157Caritas Perugia-Banco Alimentare 161Agesc 165Olisticamente 169

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