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Dottorato di Ricerca in PSICOLOGIA DELL'ORIENTAMENTO E DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO XXIV Ciclo A.A. 2010/2011 Dottoranda: Anita Giallongo Tutor Co-tutor Prof.ssa Lina Pezzuti Prof.ssa Valeria Schimmenti Tesi di Dottorato: Strategie di memoria e di metamemoria: processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti e anziani studenti UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “La Sapienza”

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Dottorato di Ricerca in

PSICOLOGIA DELL'ORIENTAMENTO

E DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO

XXIV Ciclo

A.A. 2010/2011

Dottoranda: Anita Giallongo

Tutor Co-tutor

Prof.ssa Lina Pezzuti Prof.ssa Valeria Schimmenti

Tesi di Dottorato:

Strategie di memoria e di metamemoria:

processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti

e anziani studenti

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

“La Sapienza”

Tesi Dottorato Strategie di memoria e di metamemoria: processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti e

anziani studenti

Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 3

Indice

Introduzione ........................................................................................................................................... 5

CAPITOLO 1. ............................................................................................................................................. 8

Lifelong Learning e apprendimento in età avanzata .............................................................................. 8

1.1 Definizione......................................................................................................................................... 8

1.2 L’anziano e la sua identità di studente ............................................................................................ 15

CAPITOLO 2. ........................................................................................................................................... 19

L’autoregolazione dell’apprendimento ................................................................................................ 19

2.1 La componente metacognitiva ........................................................................................................ 20

2.2 La componente motivazionale ........................................................................................................ 24

CAPITOLO 3. ........................................................................................................................................... 27

Processi metacognitivi e motivazionali nell’invecchiamento .............................................................. 27

3.1 La metacognizione: la metamemoria e le strategie di memoria in età avanzata ........................... 27

La Memory Self-Efficacy (MSE) ............................................................................................................. 33

3.2 La dimensione motivazionale negli studenti adulti e anziani ......................................................... 38

3.3 L’autoefficacia nel percorso educativo e formativo dell’adulto e dell’anziano .............................. 46

Autoefficacia accademica ...................................................................................................................... 47

Autoefficacia emotiva ........................................................................................................................... 54

3.4 L’influenza di altre variabili nell’apprendimento degli adulti e anziani .......................................... 55

CAPITOLO 4. ........................................................................................................................................... 60

L’invecchiamento e la memoria ............................................................................................................ 60

4.1 La desiderabilità sociale nell’invecchiamento ................................................................................. 69

CAPITOLO 5. ........................................................................................................................................... 73

La costruzione dello MNEMOTEST: uno strumento per la misurazione delle strategie di memoria. 73

5.1 Le strategie di memoria .................................................................................................................. 73

5.2 La costruzione dello MNEMOTEST .................................................................................................. 78

5.3 La verifica delle proprietà psicometriche dello Mnemotest ........................................................... 83

Obiettivi ed Ipotesi ................................................................................................................................ 83

Studio a- validità costrutto .................................................................................................................... 84

Studio b- validità di status ..................................................................................................................... 86

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studio c- attendibilità ............................................................................................................................ 91

CAPITOLO 6. ........................................................................................................................................... 95

Contributo di ricerca sulle Strategie di memoria e di metamemoria: processi motivazionali e di

autoefficacia negli adulti e anziani studenti ......................................................................................... 95

6.1 Studio 1: Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali ..................................................... 96

6.2 Studio 2: Confronto tra studenti non tradizionali (adulti e anziani) e non studenti (adulti e anziani)

............................................................................................................................................................. 134

Conclusioni generali della ricerca ....................................................................................................... 161

APPENDICE ........................................................................................................................................... 164

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 166

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Introduzione

L’attenzione agli adulti e agli anziani come un segmento del ciclo di vita per il quale si

possono sviluppare programmi educativi è stata in qualche modo sporadica fino ai primi anni

del 1970, fino a quando Howard McClusky ha istituito il primo programma di

specializzazione in gerontologia educativa presso l'Università del Michigan, e anche autore di

un importante documento di sfondo per la White House Conference on Aging. In questo

documento ha rivelato che l'istruzione è una delle aree più “produttive” della gerontologia "a

causa della fede nella capacità di apprendimento delle persone anziane e per la sua fiducia nel

miglioramento che deriva dall’apprendimento” (McClusky, 1973, p. 10).

Si aggiungono altri due eventi che hanno influito sullo sviluppo di questo tema:

l’individuazione degli studenti adulti e anziani come un settore specifico nella ricerca e nella

pratica grazie a Peterson (1978), e il lancio di una rivista nel 1976 dedicata a questo

argomento, l’Educational Gerontology.

Circa il 36% degli studenti universitari di oggi hanno più di 25 anni (National Center for

Education Statistics, 1997). Un aumento nell’iscrizione di adulti e anziani a corsi formativi

negli ultimi venti anni ha stimolato la ricerca e il confronto tra studenti tradizionali, in età

scolastica, e studenti non tradizionali in età avanzate (Kasworm, 1990).

Considerando che i primi studi sull’argomento hanno fornito informazioni descrittive

riguardanti le attitudini e le motivazioni (Kasworm, 1990), la ricerca più recente ha

cominciato a concentrarsi su come il processo di apprendimento può essere diverso per gli

studenti adulti e per quelli più anziani.

É stato indagato il rapporto tra le conoscenze e le abilità metacognitive, cercando di esplorare

le strategie di recupero dell’informazione appresa (Justice & Dornan, 2001), sono stati messi a

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punto programmi di formazione e training di memoria (Hastings & West, 2009), sono state

analizzate le dimensioni connesse all’apprendimento come l’autoefficacia, gli interessi, i

valori.

Il presente lavoro vuole focalizzare l’attenzione sui percorsi di educazione e formazione degli

adulti e degli anziani, guardando all’influenza dei processi metacognitivi, delle strategie di

memoria e di autoefficacia sull’apprendimento.

Partendo dalla definizione di Lifelong Learning e riflettendo sui percorsi educativi nella terza

età, si delineano i confini dell’apprendimento nell’ambito dell’educazione permanente con

uno spaccato sulla definizione di Studente in età avanzata. Successivamente, nel secondo

capitolo, si presenteranno i pilastri teorici dell’autoregolazione dell’apprendimento, con

riferimento alle dimensioni motivazionali e metacognitive che risultano fondamentali nel

processo di apprendimento. Nel terzo capitolo si passano in rassegna gli studi sulla

metacognizione, le motivazioni, l’autoefficacia e l’influenza dei costrutti psicosociali

sull’apprendimento che hanno avuto come campioni studenti adulti e anziani, messi a

confronto con gruppi di studenti tradizionali e gruppi di adulti e anziani non studenti.

Il quarto capitolo si focalizza sull’invecchiamento e la memoria, presentando gli studi e le

teorie connesse alla memoria nell’invecchiamento, alle strategie di memoria e agli elementi

che mediano l’apprendimento sia negli adulti che negli anziani.

Nel quinto capitolo sono illustrate le procedure concernenti la costruzione di un test, adattato

agli adulti e anziani, per la misurazione delle strategie di memoria e di metamemoria e le fasi

di validazione dello stesso. Il capitolo si concluderà con i risultati ottenuti allo studio pilota.

Infine, il capitolo sesto mostrerà il contributo di ricerca che ha come obiettivo l’indagine delle

componenti metacognitive e motivazionali alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento,

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nell’ambito dell’educazione agli adulti e agli anziani. Ciò sarà possibile attraverso il confronto

di questa popolazione con quella degli studenti giovani (studenti tradizionali) e degli adulti e

anziani non studenti, grazie al quale si delineeranno le differenze realmente esistenti tra i tre

gruppi e le potenzialità di un programma formativo in età avanzata. Infatti, laddove

emergeranno differenze con il gruppo degli adulti e anziani non studenti, a favore di coloro

che frequentano corsi universitari, sarà possibile stabilire quali dimensioni, i percorsi

formativi in età avanzata, stimolano e potenziano; allo stesso modo il confronto con i giovani

studenti universitari sarà fonte d’importanti informazioni relative alle potenzialità dell’essere

studente in età avanzata per quanto concerne le dimensioni metacognitive e motivazionali.

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“The older adult, simply by virtue of time-spent-in-living,

is the most complex of all individuals.”

Mary Alice Wolf

CAPITOLO 1.

Lifelong Learning e apprendimento in età avanzata

1.1 Definizione

Molti paesi europei, negli ultimi decenni, hanno visto l'emergere di un fenomeno demografico

senza precedenti e di notevole impatto sociale: un invecchiamento generale della popolazione.

Il calo della natalità, da un lato, e un incremento nella longevità media, dall'altro, stanno

progressivamente modificando il profilo demografico della nostra società (Luppi, 2009). La

crescita della popolazione anziana ha portato ad un aumento di una specifica popolazione, i

cosiddetti “giovani anziani” (Minguzzi, 2003), individui che sono ancora attivi, che godono di

salute relativamente buona e che si definiscono anziani soprattutto perché sono pensionati o

nonni, due ruoli che sono stati tradizionalmente associati con la vecchiaia. In una società dove

l'aspettativa media di vita è in continuo aumento, l'apprendimento permanente è non è più

solo uno slogan, ma anche un modo di vivere (Chang & Lin, 2011).

Questo si riflette in un crescente numero di anziani che s’iscrivono a corsi di laurea, così

come di adulti che frequentano programmi di formazione continua (Romaniuk e Romaniuk,

1982). L'accesso all'istruzione permanente è sempre più accettato sia come diritto, che come

una necessità.

La ricerca indica che i soggetti più anziani vogliono e hanno bisogno di opportunità

educazionali e beneficiano della partecipazione a tali corsi. Ma l'importanza della formazione

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permanente è stata sottovalutata poiché si riteneva che gli anziani non fossero adatti per

l'apprendimento in quanto la loro intelligenza, la memoria e le abilità sensoriali peggiorassero

con la vecchiaia. Questo stereotipo ha impedito agli anziani di impegnarsi in attività di

apprendimento. Tuttavia, gli studi recenti in questo campo hanno mostrano ripetutamente che

gli anziani hanno ancora capacità adeguate per poter imparare (Chen, Kim, Moon, &

Merriam, 2008; Hori & Cusack, 2006; Moody, 2006; Stuart-Hamilton, 2006) e che la chiave

per lo sviluppo e la stimolazione cognitiva degli adulti e degli anziani capaci e sani risiede

nell’implementazione del processo di Lifelong Learning (Hori & Cusack, 2006).

La geragogia, la gerodinamica, la gerodidattica (Barucci, 1989; Schroots, 1995) dimostrano

che studiare mantiene vivi: la lettura, la documentazione, l’informazione, la conoscenza e il

sapere costituiscono la spinta vitale che “anima” il senior.

Inoltre, il fatto che tali processi di ri-acculturazione di solito si svolgono in contesti socio-

relazionali di tipo gruppale (Re, 1994) favoriscono, anche solo indirettamente, l’incontro e il

confronto, lo scambio comunicativo, l’auto-mutuo aiuto, il sostegno, e persino la “terapia”.

Educazione e socializzazione marciano di pari passo.

L’Unione Europea si trova, inoltre, ad affrontare nei prossimi anni una serie di problematiche

derivanti dai cambiamenti emergenti su vari versanti. Oltre alla differente struttura

demografica della popolazione, deve tener conto della globalizzazione dei mercati,

dell’innovazione scientifica e tecnologica e dei mutamenti intervenuti sulla natura del lavoro e

delle skill possedute: problematiche che impattano sugli obiettivi futuri dei sistemi di

istruzione e formazione.

Per tali motivi, gli orientamenti europei in tema di politiche del lavoro e della formazione

evidenziano l’importanza dell’apprendimento permanente nella costruzione di una "società

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della conoscenza" e di un’economia "basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del

mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di

lavoro e una maggiore coesione sociale" (Commissione Europea, Vertice di Lisbona, marzo

2000). In quest’ottica, l'apprendimento può essere considerato come un processo sociale e la

conoscenza come una costruzione sociale. Seguendo questa linea, imparare ad apprendere può

essere concepito come imparare a partecipare alla costruzione sociale e alla ricostruzione

della realtà. Questo punto di vista supporta due argomenti importanti a favore della

formazione permanente.

Il primo è il rapido sviluppo di nuove conoscenze e il secondo è la responsabilità individuale

in una società democratica a partecipare alla legittimazione della conoscenza.

Va aggiunto che la “globalizzazione delle conoscenze”, con una diversificata accessibilità

risultante dalle scelte culturali e morali che ha consentito una crescente autonomia

individuale, ha portato a quello che i sociologi chiamano “de-tradizionalizzazione” della vita

sociale (Hake, 1999). I periodi di apprendimento, lavoro, disoccupazione, riposo si sono

diffusi lungo il corso della vita, ricorrendo spesso insieme e risultando essere compiti

impegnativi (Glastra, Hake & Schedler, 2004; Hake, 1999). Tenere il passo durante ogni

transizione del corso di vita richiede un impegno attivo nella conoscenza e nella competenza

acquisita, tale per cui l’apprendimento permanente è stato definito come una condizione

necessaria per la sopravvivenza nel 21° secolo (Glastra et al., 2004). Il 21° secolo si configura

come l’età del “Lifelong Learning” (Chang & Lin, 2011).

"Lifelong Learning" indica un apprendimento senza confini e può essere considerato come

una condizione postmoderna dell'istruzione, che implica una diversità di pratiche e di percorsi

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formativi (Edwards R. & Usher R., 2001). Una definizione meno recente è quella del National

Advisory Council on Aging (NCOA) in Canada (1990) secondo cui Lifelong Learning è:

"Learning that occurs from infancy to old age, in settings including the workplace, classroom, community

centres and the home. It can be sparked by curiosity, life transitions or situational demands".

Il Lifelong Learning (LLL) ha come punto di partenza l’idea che ogni generazione è portatrice

di distinti saperi e abilità che, se comunicati e condivisi, portano ad una crescita delle

competenze individuali, dando valore aggiunto alle persone stesse, alle organizzazioni e in

termini più ampi, alla società. L’Unione europea, sta avviando iniziative per la diffusione e lo

sviluppo della LLL, come il progetto Cross Age (2007) per una partecipazione attiva delle

persone anziane attraverso la definizione di un modello integrato di apprendimento basato sul

sostegno e la valorizzazione dello scambio intergenerazionale. Si sposta l’attenzione dalla

prevalente dimensione istituzionale del percorso scolastico, al soggetto e ai suoi bisogni di

formazione. Obiettivo primario diviene la creazione, da parte delle politiche istituzionali,

delle condizioni per cui ciascun soggetto possa dare pieno sviluppo alle proprie potenzialità,

contribuendo in modo consapevole allo sviluppo della società nel suo complesso.

Le direzioni intraprese nell’ambito del Programma Lifelong Learning 2007-2013 (Decisione

n. 1720/2006/CE), coerentemente al rilancio della Strategia di Lisbona per la crescita e

l’occupazione, riguardano più specificatamente i temi della qualità, della partecipazione

sociale, delle risorse finanziarie e di nuove modalità formative ai fini dell’acquisizione dei

saperi e delle competenze.

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In questo modo la centralità del discente adulto, un approccio innovativo all'apprendimento e

un' analisi efficace dei bisogni favoriscono la lotta alla povertà e all' esclusione sociale, a

favore dell' integrazione di coloro che si trovano ai margini del mercato del lavoro.

Tre le premesse fondamentali alla base di una riflessione sulla didattica, al fine di delineare

gli approcci educativi per gli anziani (Luppi, 2009).

La prima premessa è che esiste una predisposizione di base ad imparare nell’essere umano. La

capacità di imparare è, quindi, una predisposizione comune a tutti gli esseri umani e risulta

essere necessaria per la nostra sopravvivenza. Nel dibattito natura vs cultura, la teoria di

Bruner (1996) è di particolare importanza1. Quest’ultima afferma che la cultura è molto

probabilmente l'ultima notevole strategia evolutiva che permette di adattarsi a circostanze

ambientali e di superare i limiti biologici.

La predisposizione all' apprendimento, in quanto si tratta di una caratteristica della specie

umana, non si esaurisce, ma perdura per tutto il corso della nostra vita.

La seconda premessa è legata alla teoria di Baltes, secondo cui lo sviluppo è un fenomeno che

si estende a tutta la vita di un individuo e non si ferma alla soglia dell'adolescenza (Baltes,

Reese & Lipsitt, 1980).

La terza premessa assegna un ruolo centrale alla persona anziana nel processo di

apprendimento. L'apprendimento è visto come un fenomeno che accompagna l'individuo in

tutte le fasi della vita, che comprende il continuo conflitto tra l'individualismo e

l’appartenenza a un gruppo o ad una collettività. Nel corso dell’apprendimento un individuo

elabora e crea soggettivamente le sue esperienze particolari e, allo stesso tempo, instaura

rapporti e interscambi importanti all'interno del suo ambiente di apprendimento. Secondo

1 Luppi E. (2009) p. 243;

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questo approccio non si può parlare di una teoria generale per coprire l'apprendimento

permanente, ma possiamo individuare alcuni modelli di apprendimento che sono

sufficientemente flessibili e tenere in considerazione le caratteristiche e il carattere distintivo

del singolo discente. Il processo di apprendimento nell’educazione permanente può essere

visto come un fenomeno costituito da tre elementi: il processo di apprendimento, il metodo o i

metodi attraverso cui si apprende e il risultato del processo di apprendimento stesso.

La prospettiva del “Lifelong Learning” non solo giustifica completamente il concetto di

istruzione in età avanzata, ma ci impone un imperativo: le iniziative formative per questa

fascia di età non devono essere casuali, intermittenti e/o basati sulla partecipazione volontaria,

ma dovrebbero essere viste come indispensabili opportunità di apprendimento, di cui tutte le

persone di qualsiasi età dovrebbero essere in grado di trarne vantaggio. Il concetto di

“Lifelong Learning” evidenzia, da un lato, il valore attribuito al soggetto e alla sua esperienza

e dall’altro, l’esigenza di promuovere l’acquisizione e lo sviluppo delle competenze

strategiche necessarie affinché le persone siano effettivamente in grado di poter apprendere

nelle diverse età.

In questo modo, anche in età avanzata, si è ancora esposti a un ricco panorama di opportunità

d’istruzione e di apprendimento.

Va aggiunto, infine, che l'istruzione è un fattore significativo per l'invecchiamento. È

collegato al reddito e al prestigio professionale, entrambi correlati ad una migliore cura di sé

negli anni successivi. L'istruzione è associata ad un aumento della partecipazione alla politica,

ad una maggiore attenzione allo stato di salute, a diversi stili di consumo, e al desiderio di

apprendere durante tutta la vita. L'istruzione è legata al mantenimento dell’autostima e allo

sviluppo di capacità di leadership. Helena Lopata (1979), famosa per i suoi studi su donne

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vedove, sostiene che l'educazione aiuta le persone a far fronte alle perdite, fornendo le

competenze per sviluppare amicizie e impegni all’interno di associazioni di volontariato. Lo

stato di salute e il livello di dipendenza economica sono associati al livello d’istruzione.

Jamieson (2012) affronta la questione dell’educazione individuando i benefici dell’istruzione

in età avanzata, all’interno di un quadro teorico che tiene conto delle “transizioni” durante

l’arco di vita. Lo studio, oltre a sottolineare che molte persone in età avanzata “abbracciano”

il percorso formativo in un momento di transizione della loro vita, ha permesso di concludere

che la natura dei benefici educativi varia secondo le strategie personali, le situazioni che

l’individuo si trova a vivere (ad es. pensionamento, lutto, revisioni parziali o totali dello stile

di vita) e le caratteristiche psicologiche, nonché del supporto ambientale ricevuto.

L’educazione, negli anziani, sembra anche influire sulla sfera emozionale, sociale, cognitiva e

fisica (Ginsberg, 2001).

Relativamente alla sfera emozionale, l’esperienza educativa stimola la conoscenza personale e

ristabilisce la fiducia in se stessi e l’autostima. Dal punto di vista sociale, l’educazione

provvede ad aumentare le opportunità di socializzazione del soggetto con altri studenti: la

frequenza ai corsi mette il soggetto adulto/anziano nelle condizioni di stabilire nuove relazioni

con individui di età differenti o differenti esperienze di vita. Cognitivamente, il senior, nei

programmi educativi stimola la creatività, mette in atto processi che permettono la flessibilità

cognitiva e acquista nuove abilità sulla base dei compiti richiesti. Grazie allo studio, il soggetto

anziano rafforza le competenze mnestiche e stimola i processi di memoria. Infine, a migliorare è

anche la sfera fisica: all’interno dei programmi educativi destinati a tale popolazione il soggetto in

età avanzata ha opportunità di migliorare la sua salute. L’esercizio fisico è una componente

fondamentale per avere una buona salute e molti miglioramenti possono essere ottenuti

dall’esercizio regolare durante tutto l’arco della vita.

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1.2 L’anziano e la sua identità di studente

Parlando di “discente adulto e/o anziano” si apre uno scenario temporale ampio che, partendo

dai giovani adulti include età intermedie, fino ad arrivare allo studente della terza età,

intendendo quella fase temporale che fa da “funzionale cerniera” tra giovinezza e maturità da

un lato, e vecchiaia dall’altro (Laicardi & Piperno, 1980; Peirone & Gerardi, 2006).

Anzianità e vecchiaia sono oggi fonti di ragionevoli aspettative positive: non sono più una

“rara fortuna” ma una “stabile norma statistica”.

S’identificano, infatti, sempre più con questa fase di vita i termini come corpo sano, cervello

efficiente e psiche attiva, grazie ai quali i processi di ri-acculturazione e ri-socializzazione

sono cavalli di battaglia psicologici (Gori, 1993; Grano & Lucidi, 2005).

Nella civiltà del terzo millennio, smessi i panni dell’anziano/vecchio, il senior può dare sfogo

a una rinnovata vitalità, che lo porta a essere un “soggetto protagonista”. L’anziano è colui

che invecchia al peggio; il senior è colui che invecchia (e sa invecchiare) al meglio.

Kasworm (1982) definisce lo studente adulto come lo studente di età pari o superiore ai 25

anni all’interno di un percorso accademico. Cross (1980) definisce lo studente non

tradizionale" un adulto che ritorna a scuola a tempo pieno o a part-time, pur mantenendo le

responsabilità, quali l'occupazione, la famiglia e altre responsabilità della vita adulta".

Lo studente Non tradizionale potrebbe essere considerato uno studente all’interno di una

popolazione eterogenea, che ha molteplici ruoli, che persegue la formazione per molteplici

ragioni come ad esempio la necessità di una formazione maggiore sul lavoro, il desiderio di

cambiare lavoro, o il desiderio di crescita personale (Kilgore & Rice, 2003).

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Ed è proprio questa eterogeneità che spinge Kasworm (2005) ad affermare che l’identità di

questa popolazione non è “monolitica” e che ogni studente mostra un’identità propria,

influenzata da specifiche credenze, azioni ed esperienze.

Nel 2008 un gruppo di autori pubblica un articolo il cui scopo è quello di dare “un’immagine”

all’educazione in età adulta e nell’invecchiamento attraverso i ritratti che ne hanno fatto i vari

studi dal 1980 al 2006 e valutare criticamente la rappresentazione degli studenti adulti (Chen

et al., 2008). Questi autori sottolineano che, visto il continuo aumento di questa popolazione e

il buono stato di salute, vista la correlazione tra il livello d’istruzione e le possibilità di

coinvolgimento in attività educative e di apprendimento, la popolazione degli adulti e degli

anziani è diventata centrale nell’ambito della programmazione educativa.

Dai 93 articoli di 5 riviste scientifiche (Adult Education Quarterly, Adult Learning, Adult

Education, Canadian Journal for the Study of Adult Education, International Journal of

Lifelong Education) che trattano l’educazione negli adulti e negli anziani, 44 sono stati

condotti tra il 1980 e il 1989, 32 sono stati condotti tra il 1990 e il 1999, e 17 articoli sono

stati condotti tra il 2000 e il 2006. Ventisei articoli sono di ricerca empirica, il resto, 67 sono

di natura "descrittiva". Da questi 93 lavori emergono principalmente tre grandi temi:

Il primo tema che emerge è che in quasi tutti gli studi il gruppo di adulti e anziani è descritto

come un gruppo omogeneo per età, genere, status socioeconomico, razza e origine etnica. La

diversità su una qualsiasi di queste dimensioni è solo occasionale, anche nella letteratura più

recente. È interessante notare, ad esempio, come la maggior parte degli articoli non specifica

l’età o le fascia d’età, facendo riferimento in modo molto generale a "anziani", o “grandi

adulti”, o “popolazione anziana” o come si faccia poca menzione del genere, o ancora

risultino poco eterogenee lo status socioeconomico, la razza e l’etnia;

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Il secondo tema che emerge è che gli adulti e gli anziani risultano essere discenti capaci e

motivati. Nella maggior parte dei casi, la letteratura rileva le capacità degli adulti e anziani di

partecipare a una molteplice varietà di corsi d’istruzione, non considerando tuttavia i

cambiamenti concernenti l’età, connesse con le abilità cognitive e fisiche, che alcuni anziani

possono avere. Inoltre, i soggetti più anziani sono ritratti come discenti che volontariamente e

attivamente partecipano a diverse attività di apprendimento.

Il terzo tema si riferisce alla tipologia dei programmi di apprendimento per adulti che

sembrano guidati e fondati su elementi descrittivi della loro fase di vita. Nello specifico, la

programmazione educativa trae spunto dal contesto di vita degli adulti e anziani. Inoltre, la

maggiore disponibilità di tempo e l’interesse verso argomenti connessi a questa fase di vita

sono fattori che segnano la direzione dei programmi educativi.

Possiamo, secondo Houle (1988), distinguere gli studenti anche in base al loro orientamento

nei confronti del programma di apprendimento: possono essere orientati all’obiettivo, orientati

all’apprendimento e orientati all’attività. I primi sono studenti motivati da un obiettivo o

scopo che può essere realizzato attraverso l’apprendimento o esperienza, gli studenti orientati

all’apprendimento sono studenti che imparano per il “puro piacere” di imparare, e infine,

quelli orientati all’attività, sono quelli il cui scopo è apprendere a “fare” e sono rivolti

all’interazione con gli altri.

Oltre alla definizione di studente, nell’ambito dell’apprendimento, occorre anche individuare i

vari contesti in cui questo si attua: esso può avvenire in un contesto formale e informale. La

maggior parte degli apprendimenti è tipo di formale, cioè avviene in ambienti

istituzionalizzati, mentre la restante parte avviene in un contesto “locale o comunitario”, come

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musei, biblioteche, o attraverso tv e altri mezzi di comunicazione (Merriam, Caffarella, &

Baumgartner, 2007).

L’apprendimento, inoltre, si può presentare sotto varie forme e aspetti. Si possono mettere a

punto programmi di apprendimento diretti all’autosufficienza, per il mantenimento di un

posto di lavoro o per avanzare nella carriera professionale, quindi mirati a mantenere

l’economia della famiglia o semplicemente di se stessi.

Si può fare un programma di apprendimento agli adulti per un’azione sociale, cioè un

percorso orientato alla salvaguardia o alla tutela della comunità.

Il terzo tipo di apprendimento è quello per tempo libero, cioè una conoscenza di contenuti e di

saperi che sono rivolti a un gruppo di soggetti il cui obiettivo è impiegare il tempo a loro

disposizione per allargare gli orizzonti del loro sapere (Mott, 2008).

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CAPITOLO 2.

L’autoregolazione dell’apprendimento

Negli ultimi due decenni lo studio psicologico delle variabili connesse all’apprendimento ha

fatto registrare un grande sviluppo, che ha interessato filoni diversi di ricerca. Uno di questi

filoni si focalizza sull’autoregolazione dell’apprendimento (Zimmerman, 1990) e in

particolare sui modi e sulle strategie con cui l’individuo controlla, verifica e modifica i propri

comportamenti per poter raggiungere gli obiettivi di apprendimento e di riuscita.

L’autoregolazione dell’apprendimento non coincide con la metacognizione, ma la ingloba:

autoregolarsi vuol dire usare strategie sia metacognitive sia motivazionali. L’allievo che si è

posto un determinato obiettivo utilizzerà strategie metacognitive per valutare il tempo a sua

disposizione, quali strategie di studio usare, la qualità dell’impegno in relazione alle difficoltà

dello studio e allo stesso tempo utilizzerà strategie motivazionali per controllare l’ansia e

focalizzarsi sullo studio (Boekaerts, Pintrich & Zeidner, 2000; Paris & Paris, 2001;

Zimmerman & Schunk, 2001). Zimmerman (2002) suggerisce, a tal proposito, che la

motivazione all’apprendimento, le strategie di apprendimento, l'auto-efficacia e l'attribuzione

del successo/fallimento sono tutte variabili psicologiche importanti.

In altre parole, l’apprendimento auto-regolato coinvolge specifici processi, differenti ma

comuni nel determinare l’apprendimento (Zimmerman, 1986): questi processi sono di tipo

metacognitivo, set di obiettivi, automonitoraggio e autovalutazione, ai quali si uniscono

processi motivazionali.

Secondo la teoria di Zimmerman le componenti alla base dell’autoregolazione

dell’apprendimento sono le strategie metacognitive (pianificazione, monitoraggio,

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regolazione), le strategie cognitive (utilizzate per apprendere, ricordare ed elaborare il

materiale) e la gestione e il controllo sugli sforzi messi in atto (Garcia & Pintrich, 1994;

Pintrich, 1988a, b; Pintrich, 1989; Pintrich & De Groot 1990; Pintrich & Garcia, 1991;

Pintrich, Smith, Garcia, & McKeachie, 1993).

A queste tre componenti legate alla metacognizione si legano tre componenti appartenenti alla

sfera motivazionale.

2.1 La componente metacognitiva

Le strategie metacognitive

Da più parti viene riconosciuta l’importanza che la competenza metacognitiva ha nel

migliorare le prestazioni in compiti cognitivi. Quanto più una persona è cosciente di ciò che fa

e di come la propria mente lavora e quanto più è in grado di operare un controllo sui propri

processi cognitivi, tanto più ottiene risultati positivi nelle attività che esegue. Tra le diverse

aree metacognitive, il settore inerente la metamemoria è stato oggetto di accurate indagini.

Il termine metamemoria, introdotto da Flavell (1971), si riferisce alla conoscenza e alla

consapevolezza che un individuo ha relativamente alla sua memoria, o a qualsiasi cosa

attinente l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni. Wellman (1983)2 definisce la

metamemoria un dominio poliedrico che include i costrutti di funzionamento e utilizzo delle

strategie, la conoscenza sul funzionamento e l’autoefficacia di memoria.

È importante distinguere, all’interno di questo ambito due piani diversi, anche se dipendenti:

la conoscenza e le attività metacognitive di memoria. La conoscenza della memoria riguarda

la riflessione, da parte dell’individuo, sulle attività e sui processi della propria memoria ed è

2 Hertzog et all. (1990) p. 215

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in relazione alle caratteristiche della persona, del compito e delle strategie (Flavell &

Wellman, 1977).

Le attività metacognitive di memoria, invece, sono i meccanismi di autoregolazione che la

persona mette in atto quando apprende o risolve un problema. L’autoregolazione si manifesta

attraverso i processi di progettazione, controllo, verifica e revisione (Cornoldi & Orlando,

1988). Potremmo dire che la conoscenza ci serve per poter spiegare “cosa faremmo” se ci

trovassimo in una determinata situazione, mentre le attività cognitive di memoria ci servono

nella pratica, sono relative al “come” ci comporteremmo in quel contesto.

Pintrich, Wolters, & Baxter (1999) hanno suggerito che la conoscenza metacognitiva si limita

alla conoscenza che il soggetto ha su di sé, sulle proprie abilità e strategie. L'autoregolazione

invece fa riferimento al monitoraggio degli studenti, alla loro capacità di controllare e

regolare le proprie attività cognitive e il comportamento reale. La maggior parte dei modelli di

controllo o di autoregolazione comprende tre tipi generali di strategie: la pianificazione, il

monitoraggio e la regolazione (Corno & Snow, 1986; Zimmerman & Martinez-Pons, 1988).

L’attività di pianificazione include la capacità di fissare gli obiettivi di studio, la capacità di

scrematura di un testo prima di leggere, di produzione e di analisi dei compiti del problema. Il

Monitoraggio del proprio pensiero e il comportamento accademico è un aspetto essenziale di

apprendimento autoregolato. Le attività di monitoraggio comprendono il seguire con

attenzione la lettura di un testo o l’ascolto di una conferenza, l’auto test attraverso l'uso di

domande sul materiale per verificarne la comprensione, il controllo relativo alla comprensione

di una lezione. La regolazione ha lo scopo di regolare i processi di apprendimento allo scopo

di portare il comportamento in linea con l'obiettivo o per avvicinarsi al criterio.

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Le strategie cognitive

Influenzano il processo di autoregolazione, ed in particolare l’acquisizione, il ricordo e il

recupero del materiale mnestico le strategie di memoria.

Esse possono essere definite come delle operazioni eseguite sotto il controllo consapevole

della persona, non immediatamente disponibili nel bambino, che vengono apprese durante lo

sviluppo (Cottini & Meazzini, 2005).

In termini di memoria, le strategie sono tentativi consci o inconsci di organizzare le

informazioni provenienti da processi di recupero ambientale diretto (Hertzog, McGuire, &

Lineweaver, 1998; Moscovitch, 1992; Woods & Locke, 2005).

Le strategie permettono di compensare le perdite legate all'età (declino della velocità di

elaborazione e altri domini cognitivi) sfruttando quelle abilità che non diminuiscono con l'età,

poiché spostano le performance cognitive lontano da quei meccanismi cognitivi che declinano

con l'età (Hertzog, Kramer, Wilson & Lindenberger, 2008).

Le strategie vengono utilizzate per risolvere i problemi, in particolare, i problemi che una

persona consapevolmente sa di dover risolvere (Bjorklund & Miller, 1997). Per quanto

riguarda l’età di comparsa delle strategie di memoria nulla è rintracciabile prima dei 7/8 anni

e ogni generalizzazione sul corso dello sviluppo della strategia di acquisizione può oscurare i

singoli percorsi di sviluppo (Crowley, Shrager & Siegler, 1997; Schneider & Sodian, 1997).

In termini di strategie di apprendimento cognitivo, in seguito ai lavori di Weinstein e Mayer

(1986), ripetizione, elaborazione e strategie organizzative sono state identificate come

importanti strategie cognitive relative al rendimento scolastico in classe (McKeachie, Pintrich,

Lin & Smith, 1986; Pintrich 1989; Pintrich & De Groot, 1990). Queste strategie possono

essere applicate a semplici compiti di memoria (ad esempio, richiamo di informazioni, parole

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o liste) o per attività più complesse che richiedono la comprensione delle informazioni (ad

esempio, la comprensione di un testo o di una lezione) (Weinstein & Mayer, 1986). La

strategia di ripetizione è importante per focalizzare l’attenzione sulle informazioni importanti

di liste o di testi e/o mantenere questa informazione attiva nella memoria di lavoro, anche se

questa strategia non riflette un livello molto profondo di trasformazione. La strategia di

Elaborazione include parafrasi o riassunto del materiale da apprendere, crea analogie, aiuta lo

studente a riorganizzare il materiale e a connettere le idee tra loro. L'altro tipo di strategia,

definita organizzativa, è più profonda e consiste nell’apprendere e utilizzare una varietà di

tecniche specifiche per selezionare e organizzare le idee in una rete o mappa. Le strategie

organizzative hanno dimostrato di provocare una più profonda comprensione del materiale da

apprendere (Weinstein & Mayer, 1986).

La gestione delle risorse

L'ultima componente riguarda le strategie di gestione delle risorse. Ne fanno parte la gestione

e il controllo del loro tempo, lo sforzo messo in atto, l’ambiente di studio e le persone che ve

ne fanno parte, ad esempio insegnanti, familiari (Corno, 1986; Ryan & Pintrich, 1998;

Zimmerman & Martinez-Pons, 1988). Queste strategie di gestione delle risorse, si presume,

aiutino gli studenti ad adattarsi al loro ambiente, nonché a modificare l'ambiente per

soddisfare i loro obiettivi e le esigenze (Sternberg, 1985).

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2.2 La componente motivazionale

Le tre componenti di apprendimento autoregolato sono legate a differenze individuali nella

motivazione degli studenti. L e componenti motivazionali influenzano direttamente le

componenti metacognitive determinando il risultato finale.

Da qui la necessità di comprendere come tale dimensione sia correlata all’impegno e alle

performance accademiche (Corno & Snow, 1986; Snow, 1989; Weinert 1987).

Il quadro teorico che concettualizza la motivazione degli studenti è un adattamento del

modello generale Aspettativa-Valore (Eccles, 1983; Pintrich, 1989). Il modello prevede tre

componenti motivazionali: l’aspettativa circa le capacità, cioè le credenze degli studenti

relativamente alle loro capacità di svolgere un compito (credenze di autoefficacia); un

elemento di valore, che include gli obiettivi degli studenti e le convinzioni circa l'importanza

e l'interesse del compito (credenze sul valore del compito); la componente affettiva, cioè la

reazione emotiva del soggetto durante il compito.

Il ruolo delle credenze di autoefficacia

L’autoefficacia è stata definita come l’insieme delle credenze che gli individui hanno circa la

loro capacità di performance in un particolare dominio (Bandura, 1986; Schunk, 1985). Il

costrutto di “Self-Efficacy” comporta giudizi singoli circa la capacità di realizzare determinati

obiettivi o compiti con le loro azioni in specifiche situazioni (Schunk, 1985). Gli studi

effettuati su studenti di scuola media, e studenti universitari hanno mostrato relazioni molto

positive tra l’auto-efficacia e l’apprendimento auto-regolato (Pintrich, 1989; Pintrich & De

Groot, 1990; Pintrich & Garcia, 1991). Gli studenti che avevano un senso maggiore di

efficacia avevano più probabilità di utilizzare in misura maggiore le strategie cognitive, sono

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stati maggiormente coinvolti cognitivamente nel cercare di imparare il materiale e facevano

un maggior uso di strategie di auto-regolazione come la pianificazione, il monitoraggio e

regolazione. L'auto-efficacia è stata anche fortemente legata alle prestazioni accademiche.

L’aspettativa circa le capacità risponde una domanda specifica: “Sono in grado di svolgere

questo compito?”.

Le credenze sul valore del compito

La componente “Valore” permette al soggetto di chiedersi “Perchè sto facendo ciò?” e fa

riferimento all’interesse intrinseco, alla motivazione, all’orientamento (intrinseco vs

estrinseco).

Eccles (1983) ha proposto tre componenti di valore importanti nella dinamica di realizzazione

del compito: la percezione individuale dell’importanza del compito, l’interesse personale nei

confronti del compito e la percezione dell’utilità del compito nei confronti degli obiettivi

futuri. Dagli studi effettuati sugli studenti, le credenze relative al valore del compito sono

correlate positivamente con l'utilizzo di strategie cognitive. Inoltre è stato trovato che il valore

attribuito al compito è correlato al rendimento, anche se queste relazioni non sono così forti

come quelli per l'auto-efficacia (Pintrich, 1989; Pintrich et al., 1991; Pintrich et al, 1993).

La componente affettiva

Infine l’ultima componente, quella affettiva, monitora lo stato emotivo del soggetto che

svolge o sta per svolgere un compito. E’ quella componente che spinge il soggetto a chiedersi:

“Come mi sento?”. La componente affettiva fa riferimento alla capacità del soggetto di gestire

in modo adeguato le emozioni negative (paura, ansia) e sviluppare le emozioni positive

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rispetto al lavoro che sta svolgendo (Mega, Moè, Pazzaglia, Rizzato & De Beni, 2007;

Pekrun, Goetz, Titz & Perry, 2002).

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CAPITOLO 3.

Processi metacognitivi e motivazionali nell’invecchiamento

Alla luce della cornice teorica discussa precedentemente, quando ci focalizziamo

sull’apprendimento nella terza età occorre attenzionare le dimensioni metacognitive e

motivazionali che determinano i processi di autoregolazione.

3.1 La metacognizione: la metamemoria e le strategie di memoria in età avanzata

La ricerca sull’invecchiamento ha focalizzato l’attenzione sia sui processi di metamemoria,

che sulle differenze individuali legate all’uso delle strategie di memoria. La ricerca si è

focalizzata su tali argomenti, in primo luogo perché alcune forme di memoria, come ad

esempio la memoria semantica, non diminuiscono con l'età (Zacks & Hasher, 2006) e spesso

gli anziani raggiungono l'eccellenza in aree del funzionamento cognitivo di tutti i giorni

grazie all’adozione di strategie che minimizzano il ruolo di meccanismi cognitivi che tendono

a decadere con l’età (Hertzog et al., 2008).

Un secondo motivo è che le strategie di memoria offrono informazioni importanti circa i

processi cognitivi che sottendono alle prestazioni della memoria e di metamemoria (Schmitt,

Murphy & Sanders, 1981). La “scelta e l’uso delle strategie è in funzione della

metamemoria” (Cornoldi, 1995). Infatti, le prestazioni di memoria sottendono il controllo

esecutivo e riflettono i meccanismi alla base delle abilità cognitive (Hertzog et al., 2008). Di

conseguenza, studiare i cambiamenti nell’uso delle strategie, successivamente ad esempio ad

un training di memoria, può essere utile anche per valutare l’entità degli effetti del training.

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I moderni training di memoria hanno l’obiettivo di insegnare le strategie di memoria, con

l'obiettivo finale di attenuare il declino relativo all'età cognitiva e di conseguenza migliorare

la capacità di vivere in modo indipendente di tale popolazione (Hertzog et al, 2008; Rebok,

Carlson, & Langbaum, 2007; Unverzagt et al., 2009). È emerso che le strategie di

compensazione dei deficit cognitivi, che si sviluppano con l'età, possono essere selezionati,

appresi ed adeguatamente applicati in contesti rilevanti per il soggetto anziano (Bäckman &

Dixon, 1987; Cavanaugh, Grady, & Perlmutter, 1983; Sinnott, 1986). È confermato, infatti,

che usare la strategia corretta è associata ad una migliore prestazione di memoria e che gli

anziani e gli adulti possono essere addestrati per imparare ad applicare nuove strategie di

memoria (Ball et al., 2002; Carretti, Borella, & De Beni, 2007; Cavallini, Pagnin, & Vecchi,

2003; Floyd & Scogin, 1997; Verhaeghen, Marcoen, & Goossens, 1992).

Una meta-analisi sui miglioramenti della prestazione mnestica ottenuta da anziani, in seguito

a training mnemonici, condotta da Verhaeghen, Marcoen e Grossen (1992), ha messo in luce

come gli anziani, indipendentemente dalla tipologia dell’intervento mnestico, siano in grado

di migliorare le proprie prestazioni. Altri due studi recenti (Carretti, Borella & De Beni, 2007;

Cavallini, Pagnin & Vecchi, 2003), che mettono a confronto giovani e anziani, non

evidenziano differenze legate all’età: gli anziani mostrano una plasticità al pari dei giovani,

soprattutto se si tratta di training legati a compiti ecologici.

Questi risultati portano con sé due implicazioni: la prima è l’eliminazione dello stereotipo che

“condanna” l’anziano ad essere considerato incapace di apprendere, la seconda è la spinta a

studiare questa popolazione in aumento per un miglioramento della loro qualità di vita.

Justice et al. (2001) hanno effettuato uno studio su un campione di studenti tradizionali

(studenti giovani universitari) e non-tradizionali (studenti universitari in età avanzata), distinti

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per Età e Genere, attraverso il Motivated Strategies Learning Questionnaire, MSLQ (Pintrich

et al., 1990), confermando l’assenza di differenze per quanto riguarda l’uso di strategie

cognitive e processi di autoregolazione, anche se emerge che gli studenti non tradizionali

mettono in atto un’analisi più profonda del materiale perché fanno un maggiore uso di

strategie più complesse.

I risultati dello studio di Brigham e Pressley (1988) sono in parte in contrasto con lo studio

precedente. Gli autori avevano l’obiettivo di studiare la capacità di monitoraggio cognitivo e

la scelta delle strategie più opportune per apprendere una lista di parole in giovani e anziani.

La consapevolezza metacognitiva e l’uso delle conoscenze metacognitive nella scelta della

regolazione strategica, sono state più pronunciate nei giovani rispetto al campione composto

da adulti e anziani. Il gruppo dei giovani ha osservato che una strategia era più influente nella

promozione dell’apprendimento e ha saputo utilizzare tale conoscenza per poter decidere

quali strategie utilizzare.

Queste differenze nei risultati possono essere imputate a differenze nella strutturazione del

campione (in quest’ultimo studio il campione di anziani non era costituito da soggetti che

avevano intrapreso percorsi formativi), o forse è imputabile a variabili secondarie influenti. A

tal proposito, Jonker, Smits e Deeg (1997) allo scopo di esaminare il rapporto tra memoria e

metamemoria in un campione di adulti e anziani (55-89 anni) hanno sottolineato che, i

soggetti in età avanzata, percepiscono maggiori cambiamenti ed un minor controllo sulla loro

memoria rispetto ai più giovani. Questa percezione legata a stereotipi o a pregiudizi può aver

influito sui risultati. Inoltre, genere e livello d’istruzione influenzano le performance: le donne

anziane e i soggetti meno istruiti mostravano una maggiore ansia associato a povere

prestazioni.

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Un recentissimo lavoro (Gross & Rebok, 2011) conferma questo risultato. Gli autori hanno

studiato l’effetto di caratteristiche demografiche (età, genere, istruzione, etnia) sulle

performance mnestiche e verificato gli effetti a lungo termine che i training di memoria

avevano sull’uso delle strategie.

L’essere più giovane, soprattutto di genere femminile e con un buon livello d’istruzione è

associato ad una migliore performance strategica.

I risultati hanno confermato, inoltre, che i training di memoria possono “equipaggiare” gli

anziani a fare uso delle strategie, e che tali strategie sono usate in situazioni adeguate, fondate

sulla base della tipologia di informazioni da ricordare. I training hanno effetti durevoli per

circa cinque anni, e le strategie sono correlate positivamente con le prestazioni della memoria

e con il funzionamento di tutti i giorni.

Touron¸ Oransky, Meier e Hines (2009) affermano che le differenze cognitive correlate all’età

possono essere influenzate da fattori metacognitivi: nello specifico, la performance della

memoria di lavoro può essere influenzata dal comportamento strategico che, a sua volta,

potrebbe essere guidato dal livello di controllo metacognitivo. Gli autori hanno cercato di

esaminare le differenze di età nel monitoraggio e nell’uso delle strategie della memoria di

lavoro attraverso due esperimenti: nel primo i partecipanti, giovani e anziani, completavano

compiti tramite procedure computerizzate in condizioni in cui veniva richiesta una relazione

sul monitoraggio cognitivo e condizioni in cui non veniva richiesto; il secondo esperimento

chiedeva ai soggetti di riportare anche il livello di approccio strategico. I risultati mostrano

differenze, da imputare alla variabile età, relativamente all’accuratezza nel monitoraggio della

memoria di lavoro. Al contrario, non sono state trovate differenze di età nell’uso delle

strategie, anche se è emerso che utilizzando strategie efficaci ne hanno tratto maggiore

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beneficio le prestazioni degli anziani rispetto ai più giovani adulti. Ciò permette di concludere

che giovani e anziani non si differenziano per quanto riguarda l’uso di strategie, ma le

differenze legate all'età, nei compiti legati alla memoria di lavoro, sembrano essere mediate

dalla precisione nel controllo delle prestazioni.

Va aggiunto, inoltre, che altre ricerche che indagano altri domini (Hertzog & Dunlosky, 2005)

hanno confermato l’ipotesi secondo cui i deficit di controllo metacognitivo potrebbero avere

un’ influenza più profonda sull’invecchiamento cognitivo di quanto si credesse. Sembra che i

disavanzi nel monitoraggio metacognitivo sono in parte legati all'età, causando di

conseguenza un declino in termini di prestazioni WM.

Lo studio di Bailey, Dunlosky e Hetzog (2009), in contrasto con la teoria del deficit secondo

cui le prestazioni povere della memoria di lavoro sono da imputare a deficit età-correlate

nell’uso delle strategie di memoria, ha messo in rilievo come giovani e anziani riportano un

uso identico delle strategie efficaci. Ciò dimostra che le differenze nell’uso delle strategie di

memoria efficaci spiegano le sostanziali variazioni nelle performance di span di memoria, ma

non sono da imputare a deficit correlati all’età.

McDougall (1995), mettendo a confronto gruppi di studenti adulti e anziani (divisi per fasce

d’età), mostrava che il gruppo degli studenti di età intermedia faceva registrare punteggi

significativamente più alti nell’uso delle strategie ed in particolare, un uso più frequente di

strategie di tipo esterno (ad es. calendari, appunti, liste ecc…) rispetto alle strategie interne

(elaborazione, prova, ripetizione ecc..).

Oltre alla variabile età, la metacognizione è stata analizzata tenendo conto di una seconda

variabile: lo status di studente. Gli studi, seppur esigui, che confrontano anziani studenti con

anziani non studenti non hanno confermato medesimi risultati. Il primissimo studio è stato

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quello di Zivian e Darjes (1983) che ha esaminato le prestazioni di metamemoria e di

memoria in un campione di studenti di 20 anni, in un campione di studenti di 40 anni, in un

campione di adulti non studenti di 40 anni e anziani di 60 anni. Gli autori hanno trovato che le

prestazioni degli studenti di 20 anni erano comparabili con le prestazioni di studenti di 40

anni e che risultano essere migliori di quelle dei soggetti di 40 anni e 60 anni non studenti.

Tuttavia, ci sono una serie di limitazioni a queste conclusioni. La prima limitazione è che in

realtà manca un vero e proprio gruppo di studenti anziani, in quanto l’età massima era 40

anni, la seconda limitazione potrebbe essere legata all’esistenza di differenze potenzialmente

importanti legate al background dei soggetti di 40 anni studenti e non studenti. Successivo a

questo studio, anche se anch’esso datato, il lavoro di Parks, Mitchell e Perlmutter (1986) che,

attraverso il confronto tra tre gruppi di soggetti (studenti giovani, studenti anziani e anziani

non studenti), ha analizzato sia l’influenza dell’età che dello status di studente sul

funzionamento cognitivo e sociale. Emersero differenze di età nei livelli di salute mentale e

psicologica riportata, nell’identificazione di ruoli sociali e nelle prove di memoria e di

funzionamento cognitivo. Lo status di studente si è rivelato non produrre una differenza

significativa tra anziani studenti e anziani non studenti. Un limite di tale studio potrebbe

essere la mancata analisi dell’effetto d’interazione tra la variabile status studente e della

variabile genere.

Da qui l’interesse a chiarire l’entità delle differenze tra studenti e non studenti, focalizzando

inoltre l’attenzione sull’andamento delle performance mnestiche e osservando il possibile

effetto dello status di studente e dell’effetto d’interazione di quest’ultimo con la variabile

genere, al fine di avere un chiaro e completo quadro di riferimento.

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La Memory Self-Efficacy (MSE)

Lo studio dell’autoefficacia di memoria diventa centrale quando si esaminano le prestazioni

mnestiche.

Un utilizzo inefficiente delle strategie di memoria nei compiti di memoria potrebbe infatti

essere spiegato da bassi punteggi di autoefficacia di memoria (MSE) (Berry, 1999).

Ci sono due diversi filoni che interpretano il costrutto di MSE in modo sostanzialmente

differente. Un approccio, derivato dalla teoria di auto-efficacia di Bandura, considera la MSE

"un autonomo giudizio sulle capacità di svolgere un dato compito di memoria con

competenza e fiducia" (Berry, 1999, p. 70). Secondo questo approccio, la MSE è legata a

richieste del compito e alle caratteristiche della situazione, e corrisponde ad un giudizio di

auto-efficacia, nel contesto di un compito di memoria che si sta per effettuare (Berry & West,

1993; Hertzog, Dixon, & Hultsch, 1990). Un altro approccio, derivato dal quadro di

metamemoria, concettualizza la MSE su un piano più generale e disposizionale come "il

proprio senso di padronanza e la capacità di utilizzare la memoria in modo efficace in

situazioni impegnative" (Hertzog & Dixon, 1994, p. 229). Secondo quest’ultima

teorizzazione, la MSE può essere definita come la fiducia/convinzione che una persona ripone

in sé stessa relativamente alle funzioni in cui è previsto l’uso della memoria (Cavanaugh &

Poon, 1989).

Entrambi gli approcci considerano la MSE legata a più o meno specifiche situazioni in cui è

richiesto l’uso della memoria. Entrambi gli approcci, inoltre, sono d’accordo nel considerare

la MSE sia a livello di abilità specifiche e situazionali (cioè, concorrente MSE) sia su un

livello più generale e disposizionale (cioè, MSE globale).

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La letteratura che esamina la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni relative ai

compiti di memoria, rivela correlazioni positive anche se modeste tra le due variabili

(McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert &

Rodin, 1996; Valentijn & Hill, 2006).

Per McDonald-Miszczak, Hertzog e Hultsch (1995) le differenze d’età tra giovani ed anziani,

in prove mnestiche, sono influenzate da una scarsa percezione di autoefficacia di memoria da

parte degli anziani.

Gli anziani che hanno concezioni fatalistiche e una visione pessimistica delle proprie capacità

mnestiche hanno di conseguenza una modesta o inadeguata attivazione delle strategie di

memoria, con ricadute sulle performance mnestiche (De Beni, 2009). Gli anziani,

convincendosi che non riusciranno in un dato compito di memoria, si pongono degli obiettivi

più bassi rispetto ai giovani, con conseguenze sul tipo di strategie e sul controllo

metacognitivo da attuare (Hertzog & Dixon, 1994). Lo studio di Hastings e West (2011)

esamina il ruolo dell’autoefficacia di memoria e dell’orientamento all’obiettivo (di

apprendimento e/o di performance) in due gruppi di studenti (giovani e anziani) in relazione

alle performance di memoria. Attraverso l’applicazione di un modello di equazione

strutturale, gli autori hanno mostrato che l’autoefficacia di memoria risulta essere il mediatore

tra le performance di memoria e l’orientamento all’obiettivo: i risultati mostrano un impatto

positivo dell’orientamento all’apprendimento sull’autoefficacia di memoria, mentre su

quest’ultima l’orientamento alle performance risulta avere un impatto negativo, determinando

l’entità delle prestazioni mnestiche.

Inoltre, lo stesso studio ha messo in luce che età e anni d’istruzione sono correlati

all’autoefficacia di memoria: la prima risulta correlare negativamente, cioè all’aumentare

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dell’età diminuisce la fiducia che i soggetti ripongono nella propria memoria, mentre la

seconda variabile è correlata positivamente, cioè maggiore è l’istruzione del soggetto più il

soggetto riporrà fiducia nella propria memoria. Wells e Esopenko (2008), per evincere il

rapporto tra autoefficacia di memoria e performance mnestica attraverso l’impegno e la

persistenza, hanno mostrato che esiste una correlazione inversa tra età e MSE: i più anziani

avevano punteggi più bassi di MSE, confermando i dati già presenti in letteratura (Hertzog &

Dixon, 1994; Jonker, Smits, & Deeg, 1997; Lineweaver & Hertzog, 1998). Negativa è la

relazione tra età e persistenza: i partecipanti più anziani sono stati meno persistenti nel

compito di richiamo libero.

Sembra, inoltre, che il declino età-correlato nella MSE non sia strettamente legato alle

capacità di memoria reali e alle modifiche connesse ad essa, bensì è stato ipotizzato che essa

riflette un’interiorizzazione di stereotipi negativi e credenze sulla maturazione cognitiva

(Hertzog & Dixon, 1994). In linea con la letteratura, le performance mnestiche sono mediate

non solo dal tipo e dall’uso delle strategie, ma è modulata anche dalle credenze e dagli

stereotipi legati all’età.

I decrementi nell’autoefficacia di memoria con l’età suggeriscono che gli anziani senza grandi

forme depressive e con alti livelli percepiti di salute credono maggiormente al fatto che la

propria memoria possa essere negativamente influenzata dal lento trascorrere dell’età. Lo

studio di Rebok e Balcerak (1989), partendo dall’ipotesi che un training di memoria si potesse

tradurre in una maggiore autoefficacia e una maggiore prestazione mnestica, ha mostrato che

il training, su entrambi i gruppi, non riesce ad aumentare la forza e il livello di autoefficacia, e

che le aspettative di autoefficacia e le attribuzioni sulla propria memoria influenzano i risultati

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ottenuti dal training mnestico. Inoltre, lo studio confermava una migliore performance dei

giovani rispetto agli adulti e agli anziani, nonché un migliore senso di autoefficacia.

Bieman-Copland e Ryan (1998) esplorano, attraverso uno studio condotto su 81 giovani adulti

e 84 anziani, in che modo la metamemoria e gli stereotipi legati all’età sulle prestazioni di

memoria influenzano la performance mnestica stessa. Dai risultati emerse l’attesa di un

minore controllo da parte degli anziani, rispetto ai giovani adulti, relativamente ai successi e

ai fallimenti mnestici e che le carenze della memoria erano percepite come mancanze più

preoccupanti rispetto alle identiche mancanze del gruppo dei giovani.

Conferma tale risultato anche lo studio di Hastings et al. (2009) secondo cui le convinzioni

negative, relative alla competenza mnestica, compromettono i risultati derivanti

dall’apprendimento.

Gli esiti di molte ricerche hanno indicato dunque con chiarezza che, al pari di una profezia

che si autoadempie, la sfiducia nelle proprie abilità mnestiche determina un impoverimento

delle performance di memoria (Cavanaugh & Poon, 1989; Hertzog, Dixon & Hultsch, 1990;

Luszcz, 1993).

Valentijn e Hill (2006) hanno analizzato il rapporto tra l’autoefficacia di memoria e studi di

follow-up in un campione costituito da soggetti di età compresa tra i 55 e gli 82 anni a 6 anni

di distanza, attraverso misure di memoria verbale e di metamemoria, riscontrando che a

punteggi elevati alla scala di autoefficacia di memoria (MSE) si associa una migliore

prestazione nell’apprendimento delle parole.

Hertzog, Dixon e Hultsch (1990) indagano il rapporto tra metamemoria, previsioni sulle

performance di memoria e performance di memoria su un campione di soggetti di età

compresa tra i 20 e i 79 anni. L’obiettivo degli autori era indagare la relazione tra la

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previsione delle prestazioni in compiti di richiamo libero di parole e testi e le performance

ottenute dal campione e con l’autoefficacia di memoria. I risultati dello studio mettevano in

rilievo una maggiore povertà sia delle prestazioni di memoria, sia della fiducia nella propria

memoria da parte degli anziani, rispetto al gruppo dei più giovani. Ciò sottolinea una

sottostima, da parte di questa popolazione, delle proprie performance, che forse, come una

profezia che si autoavvera induce a una performance più bassa.

Contrariamente alla letteratura citata, lo studio di Devolder, Brigham e Pressley (1990) non

rileva consistenti effetti dell’età sulla consapevolezza relativa alle performance di memoria: le

differenze nei gruppi d’età sottoposti a giudizio delle loro performance, prima e dopo lo

svolgimento della prova, si presentano solo nelle predizioni iniziali e solo per alcune abilità.

Lo studio di West, Thorn e Bagwall (2003) ha messo a confronto giovani (17-22 anni) e

anziani (60-80 anni) in due esperimenti in cui veniva chiesto loro di compilare questionari

sulle credenze di memoria e prove di richiamo. I risultati sottolineano come, sia gli anziani

che i giovani, mostrano un miglioramento delle prestazioni quando i soggetti venivano aiutati

a definire gli obiettivi per lo svolgimento della prova. I processi di autoregolazione,

relativamente alla definizione degli obiettivi, possono avere un impatto considerevole sulla

memoria e sulla fiducia che si ripone in essa in tutto l’arco di vita. West, Bagwell, e Dark-

Freudeman nel 2008, mettendo a confronto anziani inseriti in programmi volti ad

implementare l’autoefficacia di memoria e le performance mnestiche e un gruppo di controllo

di coetanei, hanno confermato che un training costruito sui principi teorici dell’autoefficacia

risulta essere un importante strumento per sviluppare e mantenere le abilità di memoria degli

anziani.

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Guardando gli studi appena descritti, la ricerca futura dovrebbe orientarsi verso una

chiarificazione del ruolo che le strategie di memoria e gli aspetti di metamemoria, con

particolare riferimento all’autoefficacia di memoria, hanno nell’influenzare le performance

mnestiche di adulti e anziani studenti, operando un confronto sia con gruppi di studenti

giovani, sia con gruppi di adulti e anziani non studenti. L’obiettivo è quello di osservare se

l’età e lo status di studente possano essere determinanti nel determinare il livello di fiducia

nella propria memoria, soprattutto alla luce dell’influenza esercitata dall’autoefficacia di

memoria sulle performance mnestiche.

3.2 La dimensione motivazionale negli studenti adulti e anziani

In generale il termine motivazione può essere inteso come “un processo di attivazione

dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle

condizioni ambientali” (Anolli & Legrenzi, 2001).

Molte sono le prospettive teoriche che hanno cercato di interpretare i processi motivazionali.

Quell’area d’indagine che ha analizzato la percezione di autodeterminazione e competenza e

che è centrata sulla descrizione di come esse mediano gli effetti di eventi esterni e interni sulla

motivazione personale è stata chiamata Teoria della valutazione cognitiva (Deci & Ryan,

1985).

Secondo questi autori, la tendenza naturale ad essere coinvolti in attività interessanti per

cercare e ottenere situazioni di sfida ottimali, definita motivazione intrinseca, è parte

integrante di ogni situazione di apprendimento, specie quando si apprende per il piacere di

farlo e non per lodi. Questo comportamento è alimentato da rinforzi positivi che il soggetto

fornisce a se stesso mentre svolge un’attività.

Quattro i principi alla base di tale prospettiva teorica.

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Il primo principio si riferisce al bisogno intrinseco delle persone di essere autodeterminate e

suggerisce che gli eventi esterni possono intaccare la motivazione intrinseca, per poi

influenzare il locus di causalità percepito. Le situazioni che promuovono un locus di causalità

esterno (in cui i comportamenti sembrano controllati da fattori esterni), possono negare

l’autodeterminazione e minare la motivazione intrinseca, mentre gli eventi che promuovono

un locus di causalità interno (dove i comportamenti sono visti come determinati dalla libertà

di scelta), possono facilitare l’autodeterminazione e la motivazione intrinseca.

Il secondo principio si riferisce al bisogno delle persone di essere competenti, padroneggiando

le situazioni di sfida ottimale. Gli eventi esterni possono influenzare la motivazione intrinseca

di una persona fornendo informazioni riguardo la sua competenza in un compito o in

un’attività. Le situazioni interpersonali, che comunicano informazioni positive riguardo

all’abilità di una persona (lodi contingenti e appropriate per le performance di successo),

possono accrescere la loro percezione di competenza e la motivazione intrinseca. Al contrario,

eventi che “portano” informazioni negative riguardo alle abilità di una persona (ad esempio le

punizioni dovute agli errori compiuti), possono diminuire la percezione di competenza e la

motivazione intrinseca.

Il terzo principio afferma che gli aspetti informativi e controllanti, che coesistono nelle

situazioni esterne, possono avere un’importanza differente per gli individui. Quindi, lo stesso

evento può essere percepito come principalmente informativo o controllante. L’ultimo

principio base della teoria della valutazione cognitiva, afferma che gli eventi informativi

interni (ad es. l’auto-ricompensa, l’autoregolazione) incrementano la percezione di

competenza e, come risultato, mantengono o aumentano la motivazione intrinseca.

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Eccles et al. (1983) spiegano le spinte motivazionali attraverso il modello aspettative-valore.

L’interesse di Eccles per le variazioni del rendimento collegato a fattori motivazionali, venne

suscitato dalle variazioni del rendimento nei giovani che mostravano attitudini e talento simili

in un compito dato, specialmente in matematica. Tale modello considera la possibilità di

valori discreti e, soprattutto, illustra alcune importanti relazioni tra numerosi elementi

motivazionali e di prestazione, fra i quali un ruolo centrale è svolto dalle aspettative e dai

valori. Le aspettative possono essere definite come le attese nutrite circa la qualità delle

prestazioni, mentre per quanto riguarda i valori, per Eccles e colleghi, esse sono credenze

circa la desiderabilità di certi risultati o obiettivi. Le aspettative di rendimento sono

influenzate dalle aspettative di successo e dal valore soggettivo del compito. Queste sono

influenzate, a loro volta, dall’interpretazione, da parte dell’individuo, degli eventi passati e,

quindi, dalle attribuzioni formulate, dalle aspettative che altri nutrono nei suoi confronti e dei

suoi obiettivi, immediati e a lungo termine, incluse le percezioni di sé attuali e future.

Questo modello, dunque, intende la motivazione come il risultato di stime e valutazioni del

soggetto, derivanti dai processi di socializzazione mediati cognitivamente.

Pintrich e De Groot (1990), definiscono la componente “Valore” come gli obiettivi degli

studenti e le convinzioni circa l'importanza e l'interesse del compito. Questa componente ci

permette di rispondere a una domanda: “perché lo sto facendo?”, cioè “quale motivo mi

spinge a raggiungere un determinato obiettivo?”.

Studiare i processi motivazionali connessi all’apprendimento significa tener conto degli effetti

positivi che possono ripercuotersi sulle prestazioni (West & Thorn, 2001).

Vallerand e Bissonnette (1992) sostengono che lo stile motivazionale, intrinseco e/o

estrinseco, risulta essere predittore di persistenza comportamentale negli studenti di college.

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Qual è la motivazione che spinge gli adulti e gli anziani a partecipare a corsi per lo sviluppo

educativo e di competenze? La questione viene posta dalla continua richiesta di percorsi

educativi dedicati agli adulti e dal crescente utilizzo di termini come Lifelong Learning, che

sta sempre più guadagnando terreno nei paesi industrializzati.

Donaldson e Graham (1999), passando in rassegna la letteratura, hanno individuato che, tra le

6 componenti capaci di influenzare l’apprendimento e di stimolare la ricerca negli adulti e

anziani, la motivazione riveste un ruolo centrale, insieme alla fiducia in sé stessi e ai sistemi

di valori.

In questo paragrafo si passano in rassegna i principali studi che hanno avuto per oggetto

d’interesse l’analisi della dimensione motivazionale in studenti adulti e anziani. Alcuni di

questi studi operano un confronto tra studenti giovani e studenti definiti non-tradizionali

(adulti e/o anziani), altri analizzano solamente le motivazioni che hanno spinto i soggetti in

età avanzata ad iniziare e completare un item formativo.

Merriam e Caffarella (1999)3

hanno esaminato la partecipazione degli adulti a programmi

educativi sostenendo che nessuna teoria o modello è capace di spiegare o prevedere la

partecipazione.

Fisher (1983)4 ha sostenuto che la “partecipazione è legata alle esperienze della prima

istruzione, alla fiducia dei rapporti interpersonali, alla conoscenza di disponibilità di

programmi educativi e all’interesse per argomenti connessi con il futuro”. A confermare tale

tesi una ricerca (Daehlen & Ure., 2009) che mostra come la motivazione, nel contesto

dell’educazione formale agli adulti e anziani, è influenzato dall’età, dall’istruzione, dallo

status occupazionale, e che quando la formazione viene percepita come “imposizione” si

3 Lamb e Brady (2005). P. 208

4 Lamb e Brady (2005). P. 208

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manifesta con un più basso livello motivazionale. Conferma tale risultato anche lo studio di

Chang & Lin (2011) secondo cui l’età ed il livello d’istruzione sono decisivi nel determinare

la motivazione all’apprendimento in età adulta, mentre genere, stato civile e situazione

occupazionale risultano essere non influenti. Secondo questi autori la motivazione

all’apprendimento è determinato sia da fattori personali (età, genere, livello d’istruzione) che

da fattori comportamentali (come l’autovalutazione, l’attitudine verso l’educazione,

l’orientamento all’obiettivo ecc..).

Withnall (1989), riportando uno studio che aveva come campione studenti della libera

Università di 60 anni e oltre, ha messo in luce che l’interesse per l’Università o per corsi di

studi a domicilio celava l’interesse ad avere nuovi stimoli esperienziali, nuove idee e un

maggior senso di realizzazione.

Tobias (1991), dopo aver esaminato i motivi che spingevano studenti anziani a frequentare

corsi educativi in Nuova Zelanda, ha concluso sostenendo che, per i soggetti di età superiore

ai sessanta anni, la motivazione principale era avere un interesse “al di fuori della casa” e

saperne di più su un particolare argomento. Altri studi (Knowlton, 1977; Romaniuk &

Romaniuk, 1982) sostengono che ulteriori motivi, che potrebbero spiegare il perché della

frequenza di un corso formativo da parte di adulti e anziani, sono allargare la rete di

conoscenze, avere maggiori opportunità di socializzare e avere nuove opportunità lavorative.

Kim e Merriam (2004) cercano di analizzare i fattori motivazionali chiedendo a 189 studenti

adulti e anziani di rispondere a quesiti sul “perché” avevano scelto d’impegnarsi attivamente

nella formazione permanente. Il primo fattore è rappresentato dall’ “interesse cognitivo”, e a

seguire i contatti sociali. Luppi (2009), attraverso un’analisi dei dati effettuata su 325

questionari compilati dagli studenti anziani, indaga tre aree connesse alla motivazione. La

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prima che è relativa all’acquisizione di conoscenze e al desiderio di imparare; la seconda

relativa alla socializzazione e la terza connessa alla crescita personale. I risultati mostrano che

l’80-90% degli intervistati reputa importante imparare e acquisire conoscenze, e mantenere

una mente attiva. Segue, il 56%, che ritiene aver un interesse alla socializzazione, ma questa

motivazione è considerata da molti secondaria rispetto a quella indicata precedentemente.

Uno studio precedente di Wolfgang e Dowling (1981) aveva già avuto tale obiettivo. Gli

autori riportano i risultati emersi da un campione di studenti adulti e anziani per indagare le

differenze nella motivazione ad intraprendere un corso di studi. Mettendo a confronto gruppi

di studenti giovani e gruppi di studenti adulti e anziani tramite l’EPS (Education Participation

Scale, Boshier), vengono individuati 6 fattori motivazionali. Da tale studio emerse che gli

studenti anziani erano più motivati intrinsecamente rispetto ai giovani studenti, riportando alti

punteggi relativamente al fattore “interesse cognitivo”, e allo stesso tempo avevano punteggi

bassi laddove il gruppo degli studenti giovani ottenevano punteggi alti, e cioè le “relazioni

sociali” e le “pressioni dall’esterno”.

Riassumendo, emerge che adulti e anziani scelgono di frequentare un corso formativo in età

avanzata per motivi che sono strettamente legati a motivazioni intrinseche, come ad esempio

approfondire un argomento per interesse, o motivazioni legati alla sfera sociale.

Questo dovrebbe indurre chi si occupa di tali tematiche a strutturare la programmazione in

modo da “soddisfare” le esigenze e le richieste del target a cui è destinato il percorso

formativo.

Tuttavia, riportando studi in cui vengono messi a confronto studenti adulti e anziani ( studenti

non tradizionali) con studenti giovani (studenti tradizionali) emerge che sono diverse le

motivazioni alla base dell’apprendimento: gli studenti più anziani risultano essere più

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motivati da fattori interni (ad esempio, concetto di sé) (Cross & Florio, 1978; Delahaye &

Ehrich, 2008; Sachs, 2001; Silverstein, Choi, & Bulot, 2002), rispetto a giovani studenti che

mostrano di avere un’alta motivazione estrinseca.

In un lavoro di Justice et al. (2001) vengono indagate la metacognizione e la motivazione in

due gruppi distinti d’età: il primo gruppo costituito da studenti tradizionali (18-23 anni) ed il

secondo costituito da studenti non-tradizionali (24-64 anni). Entrambi completavano misure

di abilità allo studio, sulla motivazione e sulle abilità di memoria. Dai risultati emerse che, per

quanto concerne la motivazione essa risulta di tipo intrinseca solo negli studenti non-

tradizionali di genere femminile, mentre non risultano differenze significative tra il gruppo

tradizionale e il gruppo non-tradizionale di genere maschile. Inoltre, non emergevano

differenze per gruppi d’età nei livelli d’ansia, di autoefficacia accademica e autoregolazione.

Questo risultato, importante dal punto di vista dei risvolti educativi e dell’implementazione

dei programmi formativi destinati agli adulti e anziani, mostra i risultati legati ad una fascia di

adulti che arriva ai 64 anni, lasciando un vuoto per i soggetti più in là negli anni.

Inoltre, questo risultato contrasta con gli studi riportati in letteratura (Carpenter, 2005; Klein,

1990; Nunn, 1994; Wolfgang et al., 1981; Yarbrough & Schaffer, 1990) che confermano una

motivazione intrinseca maggiore nel gruppo degli studenti non tradizionali, maggiore

autoregolazione e un minor livello di ansia correlato alle performance accademiche. Justice et

al., (2001), spiegano questo risultato sostenendo che la motivazione indagata è relativa al

successo ottenuto in uno specifico corso e non in generale, come invece è riportato negli studi

riportati in letteratura. Il riportare l’esito di un solo corso specifico potrebbe aver influito sul

giudizio e sul senso di adeguatezza/inadeguatezza in quanto legato ad una sola materia e/o

argomento specifico.

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Dagli studi di Jacobsen (2000) emerge che gli studenti tradizionali hanno alti livelli di

orientamento all’obiettivo di tipo estrinseco, rispetto agli studenti non-tradizionali. Inoltre, la

motivazione intrinseca risulta maggiormente correlata all’affetto positivo negli studenti adulti

e anziani, rispetto agli studenti più giovani.

Disconferma questi risultati il lavoro di Pourchot (2000), secondo cui la motivazione

intrinseca segue un andamento curvilineo con l’età. Da questa ricerca si evince una crescita

della motivazione intrinseca fino a 45 anni, per poi decrescere con gli anni negli studenti

maturi. Lo studio conferma comunque, in linea con la letteratura, una minore motivazione

estrinseca degli studenti adulti rispetto ai più giovani.

Anche in un recente lavoro Bye, Pushkar e Conway (2007), hanno studiato le motivazioni, gli

interessi e le componenti affettive mettendo a confronto un gruppo di studenti tradizionali (tra

i 18 e i 21 anni) e un gruppo di studenti non tradizionali (tra i 28 e i 60 anni). Somministrando

3 strumenti che misuravano rispettivamente la motivazione intrinseca/estrinseca (MLSQ), gli

interessi (DES IV-A) e gli affetti positivi/negativi (PANAS), su un campione di 300 studenti

(tradizionali e non), emerse che gli studenti non tradizionali riportavano alti livelli di

motivazione intrinseca per l’apprendimento rispetto agli studenti tradizionali. Inoltre, la

motivazione intrinseca era maggiormente correlata con l’affetto positivo negli studenti non

tradizionali rispetto agli studenti tradizionali. Per tutto il campione, interessi ed età erano

predittori significativi della motivazione intrinseca all’apprendimento. Tuttavia, anche per

quest’ultimo studio l’età massima degli studenti non tradizionali non supera i 60 anni d’età e

questo impedisce di generalizzare tale andamento a fasce d’età oltre i 60 anni.

La letteratura suggerisce una relazione significativa tra il tipo di motivazione e la persistenza

degli studenti nel continuare il percorso intrapreso, la realizzazione, l'autonomia (Glastra et al,

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2004) e l'età, ma poco e in maniera superficiale si è approfondito il confronto con soggetti di

fasce d’età maggiori di 60 anni e nessuno studio ha messo a confronto i livelli motivazionali

degli studenti universitari anziani con soggetti della medesima età cronologica, ma non

frequentanti corsi universitari. Vista l’influenza della dimensione motivazionale sulle

performance di memoria, emerge dunque la necessità di comprendere meglio e più a fondo

come tale dimensione si presenta negli studenti adulti e anziani, rispetto a giovani universitari

e adulti e anziani non studenti.

3.3 L’autoefficacia nel percorso educativo e formativo dell’adulto e dell’anziano

Analizzare la formazione in età adulta e nell’invecchiamento significa tener conto di alcuni

elementi connessi con l’apprendimento che hanno un ruolo preponderante nel modulare

frequenza e raggiungibilità degli obiettivi prefissati.

La maggior parte della ricerca relativa alla stabilità e al cambiamento nel corso della vita si è

concentrata sui tratti. In aggiunta ad essi oggi, la ricerca si sta focalizzando su altre

dimensioni come l'autoefficacia, le credenze, i valori, ed il benessere in modo da estendere la

nostra comprensione sui cambiamenti dovuti all’età, e sulle singole potenzialità per far fronte

con successo all’invecchiamento.

Nello specifico, secondo la teoria social-cognitiva (Bandura, 1986) l’autoefficacia è uno dei

pilastri portanti lungo il percorso di apprendimento di un individuo, giovane o adulto.

L’autoefficacia è una valutazione cognitiva delle proprie capacità di eseguire una performance

prospettica basata sulle prestazioni passate. Essa influenza la scelta dei compiti, il livello di

prestazione, la quantità di sforzo profuso e la perseveranza (Bandura, 1997).

La teoria socio-cognitiva (Bandura, 1989) considera la self-efficacy come una variabile

specifica per un determinato ambito o in altri casi come una variabile specifica per un

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determinato compito, volta a predire un comportamento circoscritto. Tale teoria attribuisce

alla mente umana le proprietà fondamentali di un sistema “agentico” caratterizzato da

straordinari gradi di iniziativa e capacità di trasformazione del mondo.

Le variabili motivazionali sono influenzate, infatti, dal senso di autoefficacia che si ha

nell’intraprendere un compito, dalle convinzioni sulle proprie capacità, sulla causalità e sul

controllo (D’Alessio, Laghi & Pallini, 2005).

Le persone s’impegnano in compiti e ambiti rispetto ai quali si ritengono capaci ed evitano

quelli in cui stimano un’elevata probabilità di fallimento. Una volta che si è deciso di

intraprendere un’attività, le convinzioni di autoefficacia dettano obiettivi e standard da

raggiungere.

L’autoefficacia percepita è altamente specifica e calata nel contesto di riferimento, cioè in

relazione alla tipologia del compito e del suo ambito.

Ecco perché l'autoefficacia correla con gli indici di autoregolamentazione, in particolare con

l'uso di strategie di apprendimento efficaci. L’autoefficacia, l’autoregolazione, la capacità di

utilizzare strategie cognitive sono positivamente intercorrelati e sono predittori nel

raggiungimento di un obiettivo (Pintrich & De Groot, 1990).

L’autoefficacia è contesto-specifica e multi sfaccettata. In linea con quest’ultima

teorizzazione, presenteremo quali tipi di autoefficacia si rivelano fondamentali e influenti sul

processo di apprendimento a tutte le età e nello specifico in età avanzata.

Autoefficacia accademica

L’autoefficacia in ambito accademico si riferisce alla propria fiducia nello svolgere con

successo sforzi accademici. La ricerca sull’autoefficacia in ambienti accademici si è

concentrata sullo studio delle performance precedenti, sulla modellazione, sull’impostazione

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di obiettivo e sui feedback attribuzionali. Ognuna di queste aree è stata rigorosamente

indagata all’interno dell’ambiente di apprendimento tradizionale (Hodges, 2008).

È ormai confermata la stretta relazione tra convinzioni di autoefficacia accademica e il

rendimento scolastico.

Gli studenti con elevato senso di auto-efficacia nel risolvere con successo i problemi hanno un

migliore monitoraggio delle prestazioni e persistono più a lungo di quanto non facciano gli

studenti con una bassa autoefficacia (Bouffard-Bouchard, Parent & Parivee, 1991). Risultati

di diverse linee di ricerca hanno documentato il ruolo influente delle credenze di autoefficacia

in vari campi di funzionamento come il lavoro di apprendimento, sport, salute, regolazione

sociale, e benessere (Bandura, 1997).

Wood e Locke (1987) riportano che l’autoefficacia contribuisce a incrementare

significativamente le performance accademiche degli studenti universitari di circa l’8%.

Secondo Pajares (1996) l’autoefficacia comprende almeno tre diversi aspetti e cioè la

valutazione del proprio livello di abilità, le aspettative di riuscita e l’importanza assegnata al

compito e alla situazione. La valutazione del proprio livello di abilità si riferisce alla

percezione delle competenze personali possedute per affrontare lo specifico compito e si

collega a una valutazione delle difficoltà poste dalla situazione. Le aspettative di riuscita

riguardano la stima della possibilità di ottenere un successo. Esse si collegano sia al livello di

difficoltà del compito, così come percepito in relazione anche alle abilità possedute, sia ai

parametri attraverso cui il singolo stabilisce se e in che misura un certo risultato costituisce un

successo. Infine l’importanza assegnata al compito consiste nel valore assegnato alla

situazione, la quale può contribuire in maniera più o meno efficace a soddisfare gli obiettivi

del soggetto. In una situazione ottimale queste tre componenti (valutazione di abilità,

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aspettative e importanza) sono tutte positive e sinergiche mentre, in altri casi, o sono negative,

per cui la percezione di autoefficacia è complessivamente bassa, oppure sono discrepanti e, in

quanto tali, conflittuali.

Fondamentale, trattando l’autoefficacia in ambito accademico, è il concetto di Human agency:

sono gli individui stessi che contribuiscono intenzionalmente alla determinazione della

propria motivazione ed azione (Bandura, 1995). Sentire di avere la capacità di affrontare una

specifica situazione e credere che le proprie azioni produrranno gli effetti desiderati, porta ad

anticipare scenari di riuscita, a impegnarsi e, di conseguenza, a ottenere buoni risultati.

Secondo questa teoria la gente riesce in determinati compiti perché crede di saperlo fare e

s’impegna per riuscire, al contrario di chi, non credendo di poter riuscire in un compito, si

sente incapace. La percezione delle proprie capacità è dunque un “mezzo potente” che

influenza le nostre scelte, all’interno di un triangolo costituito da Persona, Situazione,

Condotta (Bandura, 1986). Le persone, dunque, sono sistemi di autoregolazione il cui

sviluppo avviene per le transizioni all’interno di una rete socio-strutturale e di influenze

psicosociali. Le stime di autoefficacia percepita riflettono il livello di difficoltà che gli

individui ritengono di poter superare (D’Alessio, Laghi & Pallini, 2005). L’autoefficacia va

distinta dall’autostima, intesa come giudizio circa il proprio valore e dalle convinzioni relative

al concetto di sé. Quest’ultimo è di natura comparativa e comprende cognizioni e relativi stati

d’animo, a differenza dell’autoefficacia che è compito-specifica, si basa meno sugli stati

d’animo personali relativi al compito e si definisce in rapporto ad un criterio (Bong &

Skaalvik, 2003).

Quattro sono le fonti che influenzano la percezione sulle nostre capacità (Bandura, 1997).

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1) Le esperienze di padronanza sono intese come le esperienze passate e gli esiti connessi

vissuti dal soggetto. Esse consistono nell’impegno in compiti e attività che si

risolvono in esperienze di successo, aumentando la fiducia in sè. Oltre che la più

influente, l’esperienza di padronanza è la fonte di autoefficacia più resistente.

2) Le esperienze vicarie sono intese come l’insieme delle esperienze acquisite

osservando un modello. Risultano più deboli rispetto alle esperienze di padronanza nel

determinare e influenzare l’esperienza ma per gli studenti incerti o alla prima

esperienza essa risultano capaci di sensibilizzare maggiormente questi individui.

3) Le persuasioni sociali comportano l’esposizione a giudizi verbali e non verbali da

parte degli altri. Il potere della persuasione è maggiore nella sua valenza negativa

piuttosto che nella sua valenza positiva. La persuasione risulta essere uno strumento

valido se utilizzato in modo adeguato e realistico, evitando ulteriori fallimenti e

delusioni ottenuti tramite un’eccessiva persuasione e convincimento su soggetti le cui

capacità non sono adeguate al raggiungimento di obiettivi troppo alti.

4) Gli stati fisici ed emozionali capaci di influenzare un risultato o il raggiungimento di

un obiettivo risultano essere l’ansia, lo stress e l’eccitazione. Essi influiscono sulla

prestazione e nello specifico sulla “qualità” di quest’ultimo.

Dall’analisi di 10 racconti di soggetti d’età compresa tra i 24 e 64 anni, che avevano

intrapreso carriere scientifiche o tecnologiche è emerso che l’esperienza di padronanza è la

fonte più influente nella costruzione delle convinzioni di autoefficacia (Zeldin, Britner &

Pajares, 2008). Per le donne, le convinzioni sociali e le esperienze vicarie sono state le fonti

primarie di auto-convinzione di efficacia. Insieme, questi risultati suggeriscono che la

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variabile genere è significativamente influente nella costruzione e nell’uso delle convinzioni

di autoefficacia.

Quattro sono i processi psicologici che sono influenzati dall’autoefficacia.

1. Processi cognitivi: più forte è la percezione di auto-efficacia, più alte sono le sfide che

il soggetto si pone e più solido è l’impegno. Una delle principali funzioni del pensiero

è quella di consentire alle persone di prevedere gli eventi e di sviluppare metodi per

controllare la loro vita. Tale abilità richiede un'efficace elaborazione cognitiva delle

informazioni che porta con sé molte ambiguità ed incertezze. Quando le persone si

trovano ad affrontare compiti da gestire in circostanze ambientali difficili, coloro che

hanno basse convinzioni sulla loro efficacia mettono in atto un pensiero analitico

irregolare, abbassano le loro aspirazioni e la qualità delle loro prestazioni si deteriora.

2. Processi motivazionali: le convinzioni di autoefficacia hanno un ruolo chiave

nell’autoregolazione della motivazione. La maggior parte delle motivazioni umane

sono cognitivamente generate. La gente si motiva e guida le proprie azioni attraverso

le esperienze precedenti, formando convinzioni su che cosa possono fare, anticipando

i probabili risultati delle azioni potenziali e fissando gli obiettivi per sé.

3. Processi affettivi: avere un alto senso di autoefficacia determina una buona

competenza nella gestione dei processi affettivi e delle emozioni legate alle

esperienze che il soggetto si trova a vivere. La percezione di autoefficacia esercita un

controllo sui fattori di stress che giocano un ruolo determinante nell’attivazione

dell’arousal ansioso, nella gestione della propria salute e nella promozione di attività

volte a ridurre e prevenire l’insorgenza di malattie.

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4. Processi selettivi: le convinzioni di autoefficacia influenzano il percorso di vita del

soggetto attraverso i processi di scelta. Più alto è il livello di percezione di auto-

efficacia più ampia è la gamma di opzioni di carriera che il soggetto prenderà in seria

considerazione, tanto maggiore sarà l’interesse verso l’argomento, così come

maggiore sarà il suo successo.

Uno studio condotto su studenti tradizionali (Britner & Pajares, 2006) mostra che l’esperienza

di padronanza e a seguire l’esperienza vicaria sono le fonti più influenti: ciò porta a riflettere

sul ruolo degli insegnanti e della scuola nel fornire “esperienze” significativamente importanti

durante il percorso di apprendimento ed essere allo stesso tempo “modelli” da osservare.

Uno studio di Ponton, Derrick e Carr (2005) condotto su adolescenti, adulti e anziani di età

compresa tra i 17 e gli 88 anni, aveva come obiettivo quello di individuare le risorse e la

capacità di persistenza nel percorso di apprendimento. I risultati hanno mostrato che quando

gli adulti scelgono di impegnarsi in attività di apprendimento, la riuscita è mediata dalla

capacità del soggetto di risolvere i problemi che ostacolano il percorso e che possono

interferire con i livelli desiderati di attività. Quindi, non basta solo attribuire valore

all’obiettivo per poterlo raggiungere, ma occorre sapersi districare nelle situazioni

problematiche che si presentano. Ecco perché, nell’ambito della formazione dell’adulto,

l’educatore dovrebbe mettere il soggetto nelle condizioni di poter riflettere e aumentare la sua

consapevolezza, relativa alla scelta delle attività e delle implicazioni legate ad esse

(investimento, tempo, valutazione esito), unito al rafforzamento della definizione di sé come

studente.

Ma qual è il rapporto tra autoefficacia accademica e prestazioni cognitive negli adulti e

anziani?

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A tal proposito sembra interessante riportare lo studio di Seeman e colleghi (1996), il cui

scopo era indagare e verificare se una più forte convinzione di autoefficacia fosse predittiva di

una migliore performance cognitiva in soggetti di età compresa tra i 70 e i 79 anni. Lo studio

distingueva tra credenze di autoefficacia strumentale, associata alle scale di memoria, e le

credenze di autoefficacia interpersonale, che riflettono l’efficacia nel trattare le relazioni

sociali.

I risultati di questo studio confermano tale ipotesi, rivelando che forti credenze di

autoefficacia strumentale correlano con migliori prestazioni della memoria verbale ai follow-

up per gli uomini, a differenza della donne che invece non fanno registrare tali correlazioni

significative. Sia per gli uomini che per le donne non ci sono associazioni significative tra i

due tipi di autoefficacia (strumentale e interpersonale) e le misure di memoria non verbale,

astrazione, o abilità spaziale.

Le esperienze soggettive, che accompagnano le performance intellettuali nell’invecchiamento,

sono determinanti all’interno dei processi di maturazione. Aspettative e credenze, infatti,

influiscono sulla scelta del compito, motivazione, impegno, ansia e performance mnestiche

(Lachman & Jelalian, 1984).

Carpenter (2005) conferma la stretta correlazione tra età e autoefficacia in ambito

accademico. In uno studio in cui metteva a confronto gruppi di studenti giovani (< 24 anni), di

media età (24-40 anni) e adulti di oltre 40 anni, ha trovato un maggiore livello di autoefficacia

nei giovani e nei soggetti di mezza età, rispetto agli adulti più grandi.

Studi sull’educazione e la formazione negli adulti e anziani hanno confermato lo stretto

rapporto tra apprendimento (inteso come performance), raggiungimento degli obiettivi e

autoefficacia.

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Carmona, Buunk1, Dijkstra e Peiró (2008) esaminano la relazione tra l’orientamento

all’obiettivo (che poteva essere di promozione o di prevenzione), risposte di confronto

sociale, autoefficacia e il collegamento tra quest’ultima e una prestazione migliore in un

campione di studenti universitari di età compresa tra i 19 e i 30 anni. I risultati mostrano che

le persone orientate alla promozione, quindi focalizzati sul raggiungimento di un successo,

avevano elevati punteggi di autoefficacia, mentre le persone orientate alla prevenzione, che si

concentravano sull’evitamento del fallimento, facevano registrare punteggi più bassi. Dai

risultati emerse una correlazione diretta tra autoefficacia e performance accademica.

Sono state rilevate inoltre correlazioni tra l’autoefficacia, processi di identificazione e di

confronto sociale: ciò conferma la teoria di Bandura (1977) secondo cui le esperienze di

padronanza e le esperienze vicarie incidono sull’autoefficacia, la quale va a determinare

l’entità della performance.

Autoefficacia emotiva

Oltre all’autoefficacia accademica, ad avere un ruolo determinante sui processi di

apprendimento è l’autoefficacia emotiva, intesa come la percezione di sentirsi capaci nella

gestione delle emozioni positive e negative. Le emozioni, in ambito accademico tradizionale,

sono significativamente legate alla motivazione, alle strategie di apprendimento, alle risorse

cognitive disponibili, all’autoregolazione e al successo scolastico (Pekrun et al., 2002). Hanno

un ruolo nell’attivazione dei processi di problem solving o di nuove modalità di pensiero

(Bless et al. 1996; Levine & Burgess, 1997).

La percezione delle emozioni negative e positive influenzano anche componenti cognitive e

affettive di benessere soggettivo. Caprara e Steca (2005) hanno condotto uno studio su un

campione di 683 soggetti di età compresa tra i 20 e 90 anni. Secondo tale modello più le

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persone si percepiscono capaci d’incidere affettivamente sugli altri, più si sentono capaci di

gestire il loro successo nelle relazioni sociali e interpersonali, e tanto più efficacemente si

sperimentano in diverse contingenze di vita. Attraverso scale di autoefficacia affettiva e

sociale, scale di soddisfazione di vita, stima di sé, ottimismo e felicità/equilibrio edonistico,

questo studio ha confermato l’influenza della componente di autoefficacia empatica percepita

sul benessere soggettivo dell’adulto.

Tuttavia va sottolineato che, al crescere dell’età, uomini e donne si sentono meno capaci di

gestire ed esprimere le emozioni positive, d’instaurare e mantenere rapporti con gli altri e di

rispondere empaticamente alle loro necessità. Inoltre, mentre gli uomini si percepiscono meno

capaci di regolare adeguatamente le emozioni negative, come rabbia, frustrazione e

scoraggiamento, le donne fortificano tali capacità nel tempo, mostrandosi più capaci rispetto

ai coetanei di genere maschile.

Vista la conferma, da parte della letteratura, dell’influenza dell’autoefficacia emotiva sulle

performance mnestiche occorre, dunque, studiare il ruolo dell’autoefficacia emotiva in età

avanzata ed osservare l’influenza che questa variabile ha sul benessere cognitivo e soggettivo

dell’adulto e dell’anziano, stabilendo se età e l’essere studente in età avanzata possano

risultare variabili determinanti nell’influenza dei livelli di autoefficacia emotiva.

3.4 L’influenza di altre variabili nell’apprendimento degli adulti e anziani

Quando si pianifica l’opportunità di apprendimento permanente per gli anziani, è importante

considerare le variabili che possono influenzare la partecipazione, tra cui l’età, il genere,

l’istruzione di base, la salute e la soddisfazione di vita (Ostiguy, Hopp & MacNeil, 1998).

L’età risulta essere un predittore della maturità cognitiva e degli stili di apprendimento degli

studenti (Gadzella, Stephens, & Baloglu, 2002; Justice & Dorman, 2001). Sembra ancora

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poco chiaro in che modo l’età influenza il processo di apprendimento: alcune ricerche

riportano un decremento complessivo della partecipazione alle attività delle persone in

relazione all’età (Heisel, Darkenwald & Anderson, 1981; Thorton & Collins, 1986), altre

sostengono che gli anziani partecipano in maniera minore alla attività formative (Singleton,

1984), altre ancora riportano un aumento delle attività nei soggetti al momento del

pensionamento (Swindell, 1990). Tuttavia, la maggior parte degli studi dimostra che la

partecipazione ai programmi di formazione diminuisce dopo i settantacinque anni d’età.

Anche il genere sembra influenzare la scelta e l’iter formativo di soggetti anziani. In termini

di frequenza di partecipazione, c’è una tendenza delle donne a frequentare maggiormente tali

corsi rispetto agli uomini (Ostiguy et al., 1998). Le differenze di genere influenzano le

variabili cognitive e motivazionali connesse al successo accademico. Ad eccezione di Nunn

(1994), gli studi precedenti non hanno studiato il possibile effetto “genere”: questo studio ha

dimostrato l’effetto dell’età e del genere sul locus of control, sull’ansia e sull’orientamento al

successo. Gli studenti anziani, di genere femminile, hanno un maggiore “locus of control”

esterno e sono più orientati al raggiungimento dell’obiettivo rispetto ai giovani studenti di

genere maschile. Le giovani studentesse sono più ansiose nei contesti di apprendimento

rispetto ai maschi loro coetanei e in età avanzata.

Romaniuk (1984) ha rilevato che il livello di scolarità è uno dei più forti predittori di interesse

e partecipazione alla formazione di programmi educativi: la formazione precedente di base è

in grado di facilitare o inibire l'apprendimento. Inoltre, Foner e Schwab (1981) riportano che

lo status professionale di un individuo è considerato una variabile importante nel predire la

soddisfazione di vita e la diversità degli interessi. Persone che hanno svolto determinate

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professioni, come ad esempio insegnanti, avvocati e medici, hanno un orientamento verso la

formazione continua.

A queste variabili si aggiunge la percezione dello stato di salute: sembra, da ricerche condotte

in tale direzione (Wagner, 1991), che lo stato percepito di salute è un predittore dell’eventuale

interesse intellettuale e culturale della persona anziana.

Oltre a queste variabili, uno studio condotto da due ricercatori della Lakehead University ha

analizzato anche il ruolo dei sistemi di supporto, delle funzioni psicologiche e della

performance accademica di studenti adulti attraverso il confronto con studenti più giovani

(Carney-Crompton & Tan, 2002). Il gruppo dei più giovani era costituito da donne tra i 18 e i

22 anni, il secondo gruppo era costituito da donne di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Il primo

gruppo, definito “tradizionale”, mostrava funzioni psicologiche povere quando si associava

un’insoddisfazione legata alla rete di supporto emozionale. Al contrario, il secondo gruppo,

definito “non-tradizionale”, mostrava una relazione di indipendenza tra funzioni psicologiche,

quantità e soddisfazione del supporto emozionale e strumentale. A dispetto di minori risorse

di supporto, il gruppo degli studenti non-tradizionali riportava migliori performance

accademiche rispetto al gruppo degli studenti tradizionali. Questo risultato segnala come,

l’adulto in formazione, intraprenda un percorso formativo in modo indipendente da fattori

esterni, attribuibile forse ad un’alta motivazione intrinseca. Lo studio di Lundberg, McIntire, e

Creasman (2008) analizza le differenze in termini di supporto sociale ricevuto tra studenti

adulti (25-65 anni) che stanno per intraprendere un percorso formativo e studenti che stanno

per completare tale percorso. I risultati mettono in luce che, per lo studente adulto, è

fondamentale percepire il supporto familiare all’inizio del percorso formativo.

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Chartrand (1990) ha messo a punto un’analisi causale dell’adattamento personale e

accademico di un gruppo di studenti non-tradizionali.

Su un campione di 179 studenti (140 donne e 39 uomini) veniva misurata la valutazione del

ruolo di studente, l’impegno nel ruolo di studente e la congruenza con il ruolo di sé come

studente. I risultati mostrano che la valutazione di sé e l’impegno nel ruolo di studente hanno

effetti diretti sulla congruenza del ruolo di studente che, a sua volta, ha effetti diretti sulla

performance accademica e sulle variabili personali di “distress”. Questo dimostra che occorre

focalizzare l’attenzione sulle variabili su indicate per influenzare in modo significativo e

soprattutto positivo il processo di apprendimento di un adulto in-formazione.

Lo stesso autore (Chartrand, 1992) sulla base di un modello empirico sviluppato da Bean e

Metzner (1985) analizza i fattori e le conseguenze psicologiche dell’adattamento in un gruppo

di studenti non-tradizionali di età compresa tra i 24 e i 73 anni. I due autori mettono a punto

un modello analizzando 6 gruppi principali di variabili definiti “predittori” e correlati al

dropout degli studenti adulti e anziani. Alcune erano riferite al background (età, residenza,

etnia, genere), altre correlate allo studio universitario come abitudini, assenteismo,

disponibilità di corso. Venivano prese in considerazione anche le variabili ambientali come le

finanze, le ore di lavoro, le responsabilità familiari, l’incoraggiamento, che risultavano essere

“antecedenti” alla permanenza a scuola. Gli altri 3 gruppi di variabili erano “consequenziali”

ai precedenti: risultato accademico, risultato psicologico, intenzione di lasciare. Dalla

costruzione di questo modello applicato ad un campione di 347 studenti adulti è emerso che

l’utilità percepita, la soddisfazione del ruolo di studente, l’impegno e lo stress sono

“predittori” importanti di abbandono scolastico. Questi risultati mostrano, dunque, che per

mantenere la continuità del percorso formativo in età avanzata le variabili determinanti sono

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quelle relative all’ambiente e quelle accademiche: quest’ultimi due set di variabili

garantiscono l’impegno scolastico e l’assenza di disagio psicologico.

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CAPITOLO 4.

L’invecchiamento e la memoria

La psicologia dell’arco di vita sostiene che la “mente” è un sistema multidimensionale

composto di numerose abilità intellettuali che assumono traiettorie ad andamenti diversi nel

corso della nostra esistenza (Schaie, 2005).

La famiglia delle prospettive teoriche associate alla psicologia dell’arco di vita sottolinea la

multidirezionalità nel cambiamento ontogenetico che spinge a tener conto dell’età collegata e

scollegata dai fattori di sviluppo, a concentrare l’attenzione sull’interazione dinamica e

continua tra la crescita (guadagno) e il declino (perdita), l’accento sul radicamento storico e

strutturale di altri fattori contestuali e lo studio della gamma di plasticità nello sviluppo

(Baltes, 1997).

Come afferma Baltes (1987), dall’infanzia all’età adulta si verifica un’interazione continua tra

acquisizione e perdite. Il grado di completezza (Baltes, 1997) può essere definito come il

rapporto tra gli utili e le perdite. La teoria si propone di individuare un modello di equilibrio

tra la spinta verso l'impegno e l'uso attivo del proprio tempo libero e il relax associato al

pensionamento. Secondo questa teoria, la persona anziana non ha le stesse risorse mentali

dell'adulto, ma è arricchito dalla conoscenza e dall'esperienza che compensa le perdite. Baltes

(1997) ha sviluppato una strategia per aiutare l'anziano a prendere il controllo nel processo di

invecchiamento: il modello SOC, con il quale d’intende la selezione, ottimizzazione e

compensazione messa in atto all’anziano. La selezione è la possibilità di concentrarsi sui

settori di conoscenza, competenza e sulle attività che si vorrebbe mantenere il più a lungo

possibile, in quanto compatibili con il biologico invecchiamento; l’ottimizzazione implica

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l'uso delle proprie capacità e competenze attraverso l'applicazione di residue capacità di

apprendimento ed infine, la compensazione permette all'individuo di recuperare le capacità

perse attraverso le riserve di risorse o con l'aiuto di elementi esterni (Laicardi e Pezzuti 2005).

Oltre a Baltes, un altro autore che fornisce un utile contributo all’argomento è Erikson (1986).

Egli definisce questa fase della vita caratterizzata da tensioni opposte: disperazione vs

integrazione. Erikson considera la saggezza come la forza massima che può positivamente

risolvere la tensione tra disperazione e accettazione e definisce la saggezza come un processo

di estraniamento. Estraniamento che prepara l'individuo per la separazione dalla vita, dal

coinvolgimento. Secondo Erikson, il raggiungimento dell’equilibrio tra la disperazione e

l'integrazione comporta un processo di revisione della propria vita passata, conduce alla

risoluzione positiva o, almeno, ad una forma di serena accettazione che non sia macchiata da

sentimenti di rancore, pentimento e rimpianto.

La ricerca sulla memoria e sull’invecchiamento si focalizza sui processi attraverso cui gli

individui possono ricordare gli eventi vissuti in precedenza e le informazioni ad essi connessi,

il cambiamento dei processi legati all’avanzare dell’età e le condizioni predittive di tale

declino.

I punti ormai confermati dalla letteratura sull’argomento sostengono che:

- La memoria è uno strumento funzionale di sviluppo durante tutta la vita;

- Gli errori e la perdita di memoria sono frequentemente reclamati dagli anziani;

- La perdita è uno dei più temuti segni dell’invecchiamento;

- I cambiamenti di memoria possono essere indicatori precoci di deterioramento

cognitivo o essere associate a malattie degenerative.

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Le ricerche recenti, nell’ambito dell’invecchiamento cognitivo hanno mostrato un

peggioramento delle prestazioni nelle prove che misurano l’intelligenza fluida: ragionamento,

risoluzione problemi e test della memoria associativa risentono infatti del trascorrere del

tempo. Al contrario, le misure legate all’esperienza e ai processi culturali, legate dunque

all’intelligenza cristallizzata, come ad esempio prove di vocabolario si mantengono stabili

anche in età molto avanzata (Dentici, Amoretti & Cavallini, 2004). Le differenze tra giovani e

anziani sarebbero dunque più marcate nell’ambito dell’intelligenza fluida, a favore dei

giovani.

Definire la memoria significa tener conto di una vastissima mole di ricerche frutto di 100 anni

di studi di laboratorio e di clinica. Una definizione possibile che permette di accomunare tutti

gli studi che hanno avuto per oggetto di studio la memoria è che quest’ultima non è un’entità

monolitica (Laicardi e Pezzuti, 2005). Potrebbe essere definita come un processo cognitivo

interno che opera nella vita sociale di tutti i giorni (Bieman-Copland & Ryan, 1998). I primi

autori a proporre uno schema di descrizione dei processi mnemonici furono Atkinson e

Schiffrin (1968) proponendo un modello composto da 3 magazzini: la memoria sensoriale, la

memoria a breve termine e la memoria a lungo termine.

Schacter e Tulving (1994) proposero, successivamente, un modello composto da 5 grandi

sistemi: la memoria procedurale, il sistema di rappresentazione percettiva, la memoria

primaria, la memoria episodica e la memoria semantica.

Quali sono nello specifico i cambiamenti associati all’età per ciascun magazzino mnestico?

La memoria a breve termine può essere definita come un magazzino temporaneo che

mantiene quantità esigue di informazione, di natura verbale e/o spaziale per un determinato

intervallo di tempo. Berman, Jonides e Lewis (2009) conducendo uno studio sulla memoria a

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breve termine (MBT), allo scopo di indagare l’effetto decadimento con l’età, sottolinearono

che la MBT è associata a un lieve effetto di decadimento legato al trascorrere del tempo, e che

le interferenze giocano un ruolo importante nel determinare l’entità di tale decadimento. Una

meta-analisi di Bopp e Verhaeghen (2005) ha mostrato che le differenze d’età sono minime in

prove verbali che richiedono il semplice mantenimento delle informazioni e diventano molto

più evidenti quando la prova implica processi di elaborazione più complessi.

La MBT sembra, però, risentire in maniera minore dell’effetto “età”, rispetto alla memoria di

lavoro (WM) il cui ruolo è mantenere ed elaborare in maniera simultanea le informazioni.

Questa differenza di performance sarebbe da addurre ad un’ampia varietà di compiti cognitivi

che spettano alla WM rispetto alla MBT.

Da vari studi è emerso che già a partire dai 25 anni di età la memoria di lavoro presenta un

calo nelle performance (Borella, Carretti & De Beni, 2008). Un risultato così importante è

fondamentale nell’ambito degli studi sull’invecchiamento: infatti sapremo che un soggetto

anziano sarà capace di ricordare accuratamente un numero telefonico e trascriverlo, mentre

sarà più difficile ricordare una sequenza di numeri e sottoporla ad elaborazione, compiendo

contemporanemante più compiti. Sulle cause non si è arrivati a formulare un’unamine ipotesi:

è chiaro però che gli anziani sono in difficoltà quando devono manipolare, integrare e

trattenere un’informazione.

Ad interessarsi della memoria di lavoro, operando un confronto tra giovani e anziani, uno

studio di Li et al. (2008) con l’obiettivo di indagare i sottostanti meccanismi neuronali che

regolavano l’uso, il trasferimento e il mantenimento dell’informazione in memoria e il lavoro

di Buschkuehl et al. (2008) che misuravano le abilità di memoria prima, subito dopo e a

distanza di un anno su un campione di anziani al fine di stimare l’impatto di un training di

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memoria. Gli autori hanno riscontrato un aumento generale delle prestazioni in memoria del

gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo subito dopo il completamento della

formazione. Tale aumento è stato particolarmente accentuato nelle prestazioni di memoria

visiva di lavoro e, ad un grado minore, nella memoria visiva episodica.

Un altro studio che mette a confronto giovani e adulti sulle abilità di memory search è quello

di Lange e Verhaeghen (2009). Le differenze di età in memoria di scansione dei compiti non

sono da attribuire al processo di scansione in sé, bensì ai processi di attenzione, alla velocità

senso-motoria e ai processi decisionali.

Nel processo di invecchiamento è colpita in particolare modo la memoria episodica, intesa

come ricordo di cose o eventi associati a determinati luoghi o momenti vissuti. La letteratura

sostiene che è il sistema di memoria che per ultimo si sviluppa ed è il primo che declina.

Singer, Lindenberger, e Baltes (2003) hanno istruito e addestrato 96 soggetti di età compresa

tra i 75 e i 101 anni, partecipanti dello studio longitudinale Berlin Aging Study, per esaminare

la plasticità delle prestazioni di memoria episodica in età molto avanzata. L’aumento delle

prestazioni dopo l'istruzione mnemonica è stato modesto e i risultati suggeriscono che i fattori

biologici sono una fonte importante delle differenze individuali nella plasticità cognitiva. Uno

studio di Hill et al. (1995) analizza l’influenza della variabile demografica e dello stile di vita

sulle abilità di richiamo episodico in compiti di supporto cognitivo. L’età è correlata

negativamente alla prestazione, mentre l’istruzione e la partecipazione ad attività sociali

risultano influire positivamente. L’istruzione è la variabile che influisce maggiormente.

I contenuti che appartengono alla memoria semantica, invece, rimangono stabili e non sono

influenzati dell’età.

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C’è un altro tipo di memoria, definita memoria prospettica, che permette di programmare le

azioni future e rievocarle nel momento in cui devono essere compiute. Quest’ultima risente

notevolmente dell’effetto età.

Guardando nel totale in relazione all’età, possiamo sostenere che a risentire maggiormente del

trascorrere del tempo e del consequenziale invecchiamento sono la memoria di lavoro, la

memoria episodica e prospettica, mentre a non risentirne sembra essere la memoria di eventi

vissuti, quindi autobiografica, la memoria semantica, la memoria primaria e la memoria

procedurale.

La letteratura recente (Dixon, Rust, Felmate & Kwong See, 2007) sottolinea che i

cambiamenti strutturali e funzionali di memoria sono collegati alle performance negli adulti e

mette in rilievo l’importanza del ruolo di alcuni fattori sulla memoria nell’invecchiamento.

Gli studi mostrano che la “vitalità biologica” degli anziani è predittiva, di circa 12 anni, dei

cambiamenti di memoria e di altre funzioni cognitive (MacDonald, Dixon, Cohen & Hazlitt,

2004); altre ricerche hanno mostrato che gli ormoni (Herlitz & Jonker, 2004), i fattori genetici

e i ritmi circadiani (Hasher, Goldstein & May, 2005) influenzano la memoria e

l’invecchiamento cognitivo. Inoltre ad avere un peso determinante nel modulare le prestazioni

mnestiche nell’invecchiamento sono il genere, l’istruzione, lo stile di vita e le attività svolte

durante l’arco di vita. La letteratura ha indicato che le performance cognitive di alcuni adulti e

anziani sono legati al continuo impegno in vari cluster di attività. Questi raggruppamenti non

sono solo le attività quotidiane cognitive (ad esempio la lettura di giornali, parole crociate),

ma vi fanno parte anche lo svolgere regolare attività fisica e l’impegno in attività sociali

(MacKinnon, Christensen, Hofer, Korten, & Jorm, 2003).

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Anziani sani, d’età compresa tra i 60 e gli 80 anni, beneficiano dell’esercizio come i giovani,

presentando un incremento e un miglioramento nelle abilità o attività esercitate rispetto a

quelle che non vengono attivate. I risultati di alcune ricerche permettono un cauto ottimismo

in relazione alla possibilità di modificare o prevenire il declino cognitivo dell’invecchiamento

tramite il potenziamento di una vita socialmente attiva (De Beni 2009). Uno studio di Stevens

e colleghi (1999) analizza la relazione tra stili di vita, memoria e i fattori sociali che

influenzano quest’ultima in un gruppo di soggetti d’età compresa tra i 25 e 80 anni. I risultati

mostrano che le persone che si considerano socialmente e psicologicamente attivi considerano

migliori le loro capacità di memoria, sono meno anziani e meno preoccupati. Il cambiamento

nella percezione della memoria è influenzata dall’invecchiamento, mentre la capacità di

memoria e l’ansia legata ad essa sono influenzate da fattori sociali.

Gli effetti dell’età sulle performance mnestiche sono mediati anche dalla “quantità” di

supporto fornito. Infatti in una ricerca di Craik, Byrd e Swanson (1987) un gruppo di giovani

e anziani dovevano apprendere liste di parole non associate tra loro nel significato,

accompagnate o non accompagnate da una breve frase descrittiva. I risultati dimostravano che

le differenze di prestazione tra giovani e anziani si riducevano nel momento in cui veniva

offerto “un supporto ambientale”.

Kessels e De Haan (2003) mettono a confronto gli errori minori e i grandi errori

d’apprendimento nelle performance di memoria nella popolazione anziana e giovani adulti.

Gli anziani mostrano difficoltà nella fase di codifica faccia-nome, mentre il recupero risulta

inalterato.

Un confronto tra giovani e adulti nell’ambito delle competenze mnestiche deriva anche dai

risultati di uno studio di Mutter e Pliske (1996). I risultati confermano che i problemi di

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memoria che richiedono complesse strategie di giudizio sono risolti dagli anziani in modo

meno accurato rispetto al gruppo dei giovani, imputabili ad una riduzione dell’attenzione. Un

altro studio di Fisk, Cooper, Hertzog e Anderson-Garlach (1995) analizza l’effetto di un

training di memoria su due gruppi, uno composto da giovani adulti (24-30) e uno composto da

anziani (65-80), reiterato dopo un intervallo di tempo specifico. Dai risultati emerse che le

differenze nelle prestazioni erano più visibili nel gruppo degli anziani e che questi mostravano

un calo significativo quando si verificava un’interferenza tale da far abbassare in modo

corposo la performance.

Ricerche sia trasversali (Nilsson, Bäckman, Nyberg, Erngrund, Adolfsson, Bucht, et al. 1997)

che longitudinali (Zelinski & Stewart, 1998) hanno indicato che l'entità del cambiamento,

legato all'invecchiamento, può essere più graduale per gli adulti che hanno un’invecchiamento

normale fino a circa 70 anni (Backman, Piccolo, Wahlin, & Larsson, 2000)5.

Perchè la memoria risente dell’effetto età? Ci sono tre ipotesi, ciascuna delle quali propone

una spiegazione al meccanismo di decadimento durante l’invecchiamento.

La prima è relativa alla memoria di lavoro. Secondo Light e Anderson (1985) e Verhaeghen,

Marcoen e Goossens (1993) la causa è da ricondurre ad una minore disponibilità di energia

mentale o risorse cognitive che ci permette di eseguire simultaneamente operazioni mentali

sulle informazioni d’interesse. Secondo Salthouse (1990) una riduzione attentiva sarebbe da

addurre ad una diminuzione delle risorse disponibili nella memoria di lavoro.

La seconda ipotesi fa riferimento alla velocità di elaborazione dell’informazione, secondo cui

è la riduzione della velocità nell’elaborare le operazioni cognitive che causa un calo nel

rendimento del soggetto anziano rispetto al soggetto giovane.

5 Dixon, Rust, Feltmate, e Kwong See (2007) p. 68

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La terza ipotesi è quella dell’inibizione, cioè sarebbe un deficit dei meccanismi di inibizione

attentiva che influenzerebbe il processo mnestico. Un deficit nelle funzioni di controllo, nelle

funzioni di soppressione e nelle funzioni di restrizione provocherebbe la presenza in

sovrannumero di informazioni irrilevanti nei magazzini della memoria, aumentando la

frequenza di risposte sbagliate e di pensieri disturbanti.

La quarta ipotesi è definita come “metacognitiva”. Nello specifico è proprio la metamemoria

che da Bjorklund, Miller, Coyle e Slawinski (1997) viene ritenuta una delle cause che

spiegano le carenze nell’utilizzo delle strategie. Hanno un ruolo altrettanto importante le

conoscenze di base, le risorse mentali e le credenze sulle proprie abilità di memoria.

Per gli anziani le credenze sulle proprie abilità possono determinare: a) la possibilità di

estendere processi risolutivi a situazioni problematiche simili a quelle precedentemente risolte

con successo; b) il grado di motivazione e lo sforzo applicato; c) le aspettative riguardo il

livello di performance; d) le prestazioni effettive di memoria.

A ciò va aggiunto che le performance di memoria possono essere eccessivamente influenzati

da normali errori di memoria di quotidiana o da stereotipi legati alla memoria (Chasteen et al.,

2005; Chasteen, Schwarz, & Park, 2002; Hess et al., 2003; Ryan & Kwong See, 1993)6.

La memoria e le prestazioni risultano essere influenzate dalla variabile genere. Molti studi si

sono concentrati sulle possibili differenze tra maschi e femmine, trovando spesso risultati

contrastanti. Alcuni studi hanno segnalato l’assenza di differenze di genere nella capacità

verbale, misurate attraverso test di memoria verbale, con maschi e femmine che ottenevano

prestazioni simili (Armstrong & Walker, 1994; Corey-Bloom et al, 1996; Savage & Gouvier,

1992). Altri studi, al contrario, riportano che le donne anziane mantengono un vantaggio

6 Dixon et all. (2007) p. 69;

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rispetto ai maschi nei test di memoria verbale (Portin et al, 1995). Risultati di ulteriori studi

hanno rivelato differenze significative tra maschi e femmine anche per le misure di

valutazione di domini non-verabali: i maschi mantenevano prestazioni migliori a compiti in

cui venivano richieste abilità spaziali (Schaie et al., 1998). I risultati contrastanti mettono in

luce che le metodologie e le misure adottate potrebbero indurre a risultati sbagliati. A tal

proposito, uno studio recente di Parsons et al. (2005), attraverso una serie di analisi

esplorative, ha messo in luce che gli effetti legati al genere sono più evidenti quando si tiene

sotto controllo la varianza comune, confermando la predominanza del genere maschile nelle

abilità visuo-spaziali.

Alla luce di quanto finora detto, è necessario guardare con più attenzione alle variabili

metacognitive e motivazionali che intervengono nel processo di apprendimento. Se da una

parte è accettato che la memoria risente dell’età e del lento suo avanzare, occore stabilire se si

ha il medesimo andamento su adulti e anziani che hanno deciso di intraprendere un corso in

età avanzata, o se le variabili legate allo status di studente e di genere risultano importanti nel

determinare l’entità delle prestazioni di tale popolazione.

Se l’ipotesi fosse verificata, potremmo individuare percorsi formativi ad hoc per i soggetti in

età avanzata proprio per impedire il deterioramento cognitivo legato all’età e potenziare

quella “area di sviluppo prossimale” di ogni soggetto.

4.1 La desiderabilità sociale nell’invecchiamento

Trattando l’invecchiamento si è reso necessario aprire una breve parentesi sulla tendenza alla

desiderabilità sociale.

Poiché in materia di ricerca gerontologica si è fatto e tuttora si fa molto uso di questionari

standardizzati per la raccolta dei dati, in materia di atteggiamenti, comportamenti e opinioni,

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spesso la validità dei dati rischia di essere ostacolata dalla tendenza del soggetto a presentarsi

favorevolmente.

Il concetto di Desiderabilità Sociale è stato sviluppato da Edwards (1953) attraverso due

definizioni: come caratteristica degli item di una scala di personalità, cioè come la tendenza

del soggetto a rispondere ad item che riflettono atteggiamenti più desiderabili e come

caratteristica di una persona, cioè come tendenza del soggetto di rispondere in modo

desiderabile ad item legati a sé stesso.

Se le risposte possibili su una domanda del sondaggio differiscono rispetto alla desiderabilità

sociale, gli intervistati tendono a selezionare le alternative che si presentano in modo più

favorevole. Di solito, è scontato che questa tendenza riflette un bisogno di personalità più o

meno stabile definito “bisogno di approvazione”. Questo presupposto ha portato alla

costruzione delle cosiddette scale di desiderabilità sociale (Crowne & Marlowe, 1964;

Edwards, 1990; Eysenck & Eysenck, 1975; Eysenck & Eysenck, 1990). Le scale di

desiderabilità sociale misurano la tendenza a dare risposte socialmente desiderabili,

utilizzando domande con risposte alternative che si differenziano fortemente in relazione al

grado di desiderabilità sociale. Gli intervistati, che scelgono tali alternative, apparentemente

sono portati a presentarsi troppo favorevolmente. Si presume che, se gli intervistati tendono a

rispondere in modo direttivo, tale da “falsificare” la presentazione di sé, tenderanno a fare lo

stesso in un’altra indagine. Quindi, il punteggio su una scala di Desiderabilità Sociale è usato

per correggere questa tendenza e sono spesso di routine incluse nella ricerca e aggiunte al

modello teorico, come una variabile di controllo.

La tendenza dei ricercatori ad inserire tali scale all’interno di ricerche gerontologiche,

destinate alla popolazione di anziani, deriva dai dati presenti in letteratura, secondo cui la

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tendenza alla Desiderabilità sociale sembra correlare con l'età: in generale, gli anziani

intervistati ottengono punteggi più elevati di Desiderabilità sociale (Eysenck e Eysenck, 1975;

Ray, 1988). Secondo Ray (1988), gli anziani sono più inclini a presentare sé stessi

favorevolmente rispetto ai più giovani, perché la vecchiaia è stereotipata negativamente nella

società occidentale. Gli anziani pertanto, come una sorta di meccanismo di difesa, sono in

grado di migliorare la propria immagine di sé presentandosi in un modo più favorevole

(Shenfield, 1984). Inoltre, emergerebbe una correlazione tra la desiderabilità sociale e le

prestazioni di memoria nelle donne (Brown, 1960): le prestazioni femminili ai compiti di

memoria sarebbero spiegate dalla tendenza a rispondere in modo più o meno desiderabile,

mentre le prestazioni maschili no.

Tuttavia, l'utilizzo di tali scale per regolare la correlazione spuria, causata dalla tendenza a

dare risposte socialmente desiderabili, è stato criticato. Queste critiche riguardano

principalmente la validità delle scale di desiderabilità sociale: misurano quello che vogliamo

misurare (la tendenza a presentarsi favorevole) o misurano qualcosa di diverso (i concetti di

merito, le differenze di norme e valori)?

Ma un recente studio (Dijkstra, Smit & Comijs, 2001) ha messo in evidenzia che la relazione

tra la tendenza a presentarsi in modo favorevole ed età non è diretta, bensì a mediare tale

relazione sarebbero il livello d’istruzione dei soggetti e la memoria. Ciò metterebbe in luce

che alcune persone potrebbero concepire un dato comportamento come molto spiacevole,

mentre altre persone potrebbero concepire lo stesso come un comportamento indesiderato ma

non in tutte le situazioni.

Alla luce di quanto detto finora, fermo restando il controllo delle suddette variabili che

fungono da mediatori, è utile far uso di una scala che misuri la tendenza alla desiderabilità

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sociale all’interno di una batteria di test, per evitare di arrivare a conclusioni poco aderenti

alla realtà.

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CAPITOLO 5.

La costruzione dello MNEMOTEST: uno strumento per la misurazione

delle strategie di memoria.

5.1 Le strategie di memoria

L’organizzazione del “materiale cognitivo” è alla base di un buon funzionamento mnestico.

Dare vita ad un’organizzazione “nuova” significa codificare, analizzare e ricodificare in

chiave nuova il materiale in entrata, che diventerà successivamente traccia mnestica. I

processi di elaborazione del materiale in entrata, con quelli già precedentemente acquisiti e

memorizzati, permettono di migliorare l’apprendimento degli elementi codificati.

Influenzano il processo di acquisizione, ricordo e recupero del materiale mnestico le strategie

di memoria.

Le strategie di memoria comprendono tutte quelle attività che “aiutano la memoria” attraverso

l’applicazione sistematica di un piano d’azione, formato di una sequenza ordinata per

immagazzinare e recuperare del materiale da ricordare (De Beni, 1984).

Crowley et al. (1997) propongono un approccio allo studio delle strategie basato

sull’integrazione di due filoni che fanno riferimento a due meccanismi diversi: il primo è il

meccanismo associativo, che fornisce le rappresentazioni e i processi necessari per spiegare la

parte della conoscenza umana che è implicita, veloce e risponde alle sfumature dell’ambiente,

il secondo è il meccanismo metacognitivo, che fornisce rappresentazioni e processi necessari

per spiegare la parte della conoscenza umana che è esplicita, flessibile e reattiva al problem-

solving. Gli autori inoltre sostengono che la scoperta e l’apprendimento delle strategie di

memoria avviene tramite un processo competitivo tra i due meccanismi sopra menzionati.

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Le strategie di memoria si possono distinguere in due categorie: gli ausili esterni e gli ausili

interni. Gli ausili interni si suddividono in mnemotecniche e metodi cognitivi.

Riprendendo la classificazione operata da Mazzucchi (1990) individuiamo 3 categorie: gli

ausili esterni attivi, le mnemotecniche e i metodi cognitivi (vedi tab.1).

Tabella 1 Classificazione delle metodiche impiegate per ricordare secondo Mazzucchi (1990)

Metodi Tipologie

Ausili esterni ed attivi Agende, calendari, timer, lavagne, elenchi,

liste, registratori

Mnemotecniche Rima, Metodo delle iniziali, Acrostici;

Metodi cognitivi Si dividono in:

a) Tipo codifica verbale/visuo-spaziale

b) Organizzazione logica delle

informazioni

c) Memorizzazione implicita

d) Miglioramento della rievocazione

Gli ausili esterni attivi sono chiamati esterni in quanto sono costituiti da segnali forniti

dall’esterno e sono attivi in quanto gestiti attivamente dal soggetto. Vengono definiti

“supporti” alla mente. All’interno possiamo distinguere gli ausili che sollecitano a ricordare

informazioni già immagazzinate (sveglie, timer) e i metodi di annotazione esterna delle

informazioni (liste, blocchi, appunti). Gli ausili esterni attivi sono dei “promemoria” che

implicano una gestione diretta e attiva del soggetto.

Kapur (1995) considera gli ausili esterni della memoria delle “protesi cognitive”. Essi

sostengono la memoria in quanto rappresentano indizi (cue) per ricordare un’azione o

un’attività.

Accanto agli ausili esterni ritroviamo gli ausili mnemonici interni.

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Le mnemotecniche, definite anche strategie complesse, sono distinte da Harris (1992) in

strategie interne, apprese artificialmente e mnemotecniche artificiali. Sono solitamente

distinte in metodi verbali e metodi visivi. Dei metodi verbali fanno parte le rime, gli acronimi

e gli acrostici, mentre le tecniche legate alle immagini sono, ad esempio, il metodo dei loci o

il metodo della parola chiave.

Le mnemotecniche hanno però dei limiti: innanzitutto sono rigidi, nel senso che si dimostrano

efficaci solo in determinati contesti e determinate condizioni. Nello specifico, non sono utili

nelle situazioni della quotidianità, ma risultano adeguate per i compiti di laboratorio. Inoltre,

il loro uso è fortemente legato a un lungo addestramento.

I metodi cognitivi focalizzano l’attenzione sull’organizzazione personale dell’informazione in

entrata riallacciandosi alla rete di conoscenze, alle elaborazioni, alle archiviazioni che

favoriscono il riconoscimento e la rievocazione del materiale immagazzinato.

Possono essere definiti sistemi di organizzazione delle informazioni attivati, sia a livello di

codifica, che di recupero. Per meglio comprendere la natura delle strategie di memoria

dobbiamo prendere in considerazione un aspetto discriminante di tali metodi: il controllo

consapevole. Le strategie sono, infatti, operazioni eseguite consapevolmente dal soggetto per

poter acquisire, conservare e recuperare le informazioni. Rispetto alle mnemotecniche, sono

di più facile applicazione e richiedono un periodo di apprendimento più limitato.

Le principali strategie di memoria utilizzate nella quotidianità sono indicate di seguito.

Reiterazione: consiste nella ripetizione mentale del materiale da memorizzare. Non ha

effetti durevoli ma si rivela molto utile nel ricordo di elementi che servono per un

tempo limitato. L’esempio tipico che ci permette di comprendere l’uso di tale strategia

è quello del ricordo di un numero di telefono, di una sequenza, ecc.. Baddeley e

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Wilson (1993) individuano la struttura deputata per l’applicazione di tale strategia: il

ciclo fonologico. Tale struttura, appartenente alla cosiddetta “memoria di lavoro”, è in

grado di conservare, in forma fonologica, le informazioni. La quantità di informazioni

sembra variare in base alla velocità di reiterazione, al numero di elementi da ricordare

e in base al tempo intercorso.

Codifica: tale strategia viene messa in atto quando il materiale da ricordare supera la

lunghezza della capienza della componente fonologica e quindi permette di

memorizzare il materiale applicando delle modifiche ad esso. Un esempio è il ricordo

di numeri o di cifre che vengono ricordate in gruppo di due o tre cifre. Spesso il

soggetto si trova ad utilizzare in contemporanea sullo stesso tipo di materiale entrambe

le strategie. Questa strategia sembra dipendere da un’ altra parte della memoria di

lavoro, chiamata “esecutivo centrale”. Compito di tale dispositivo è regolare l’entrata

in funzione delle altre componenti (ciclo fonologico e blocco per appunti visuo-

spaziale).

Codifica spaziale: questa strategia consiste nel creare un aggancio mnestico tra il

materiale da ricordare e le immagini mentali create dalle connessioni spaziali esistenti

tra gli item. Tale strategia sembra dipendere dal blocco per appunti visuo-spaziale,

dispositivo della memoria di lavoro. Baddeley e Hicth nel 1994 definiscono tale

dispositivo attraverso due componenti. La prima è quella visiva, legata agli aspetti

dell’immaginazione (“cosa”) e la seconda è quella spaziale, responsabile della

localizzazione degli stimoli (“dove”). Orientamento geografico e soluzione di compiti

spaziali sono le abilità per cui tale strategia si rivela utile.

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Evidenziazione percettiva: tale strategia consiste nel ricordare con maggiore facilità

gli elementi che presentano un’evidenza percettiva tale da indurre e produrre un

aggancio mnestico. Tutti quei materiali che per colore, forma, organizzazione sono

individuati o vengono evidenziati producono una traccia mnestica. Tale fenomeno

viene definito “effetto Von Restorff”.

Associazione: consiste nel creare un aggancio mnestico con un elemento di facile

recupero. L’associazione si ha nel momento in cui un termine è connesso ad un altro al

fine di memorizzarlo e quindi recuperarlo. Un esempio consiste nel creare connessioni

tra un nome e il soggetto: creando una connessione tra il nome ed un particolare (ad

esempio fisico) del soggetto si creerà “UN PONTE” che legherà un elemento forte con

un elemento debole.

Organizzazione semantica: si tratta di un ampliamento del concetto di associazione.

Mentre questo riguarda l’associazione tra due item, le connessioni per quanto riguarda

l’organizzazione semantica sono ampliate e quindi maggiori di due. Due strategie sono

indagate: clustering (detto raggruppamento semantico) e formazione di una storia.

Il clustering è una strategia in cui il materiale viene organizzato in gruppi di item

(cluster) caratterizzati da una forte interattività, in quanto appartengono ad una stessa

categoria (abiti, parti del corpo, animali). È stata descritta come “la tendenza dei

soggetti ad operare raggruppamenti, attraverso i quali, item appartenenti alla stessa

categoria semantica tendono ad essere rievocati di seguito, malgrado siano stati

presentati con ordine diverso. Si tratta, quindi, di un processo eminentemente

temporale” (Meazzini & Cottini, 2005).

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La strategia Formazione di una storia serve a connettere in maniera significativa item

non associati. La storia fornisce una traccia facilmente memorizzabile che viene

recuperata facilmente e ne permette, di conseguenza, il fluido ricordo degli item

connessi.

5.2 La costruzione dello MNEMOTEST

Lo scopo che ha spinto alla costruzione di uno strumento standardizzato, destinato ad un

target adulto e anziano, deriva dall’interesse a poter valutare l’atteggiamento strategico e le

conoscenze di metamemoria, in mancanza di strumenti che analizzano in modo specifico

questo argomento.

La maggior parte degli strumenti presenti in letteratura erano per lo più questionari in cui

veniva richiesto al soggetto di esprimere la percezione relativa alle sue competenze

strategiche e metacognitive. Ma la letteratura mancava di uno strumento pratico, in cui il

soggetto si sperimentasse nella risoluzione di problemi mnestici attraverso la messa in atto di

strategie di memoria vere e proprie.

Esisteva in letteratura un simile strumento, il cui obiettivo era la misurazione delle strategie di

memoria e di metamemoria, ma destinato ad allievi di scuola elementare e media.

Tuttavia, da una breve somministrazione di tale strumento alla popolazione anziana, era

subito emerso che tale strumento era percepito dai soggetti come “molto difficile”,

“impossibile da fare”, troppo lontano da quelle che potevano essere le performance mnestiche

reali del soggetto adulto e anziano. Lo strumento di Cottini e Meazzini (2005), infatti,

misurava i costrutti su specificati, ma calati nel contesto scolastico tipico dell’adolescenza e

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dell’infanzia. Quindi i problemi e le richieste dello strumento erano percepiti dai soggetti

adulti e anziani come “estranei” ai loro interessi e contesti di riferimento.

Da qui la necessità di mettere a punto un adattamento dello strumento, tenendo presente i

risvolti motivazionali e utilizzando uno strumento “ecologico”.

L’interesse a costruire questo strumento è derivato anche dalla sempre maggiore attenzione

che il settore dell’apprendimento nella terza età sta sempre più rivestendo: per cui questo

strumento potrebbe essere utile in ambito universitario, nella valutazione degli effetti e dei

progressi di training di memoria e/o di percorsi di educazione.

In un’ottica più generale, questo strumento potrebbe essere anche utilizzato nella pratica per

la valutazione delle competenze cognitive, all’interno di una batteria di test che permetta di

delineare il profilo del soggetto in esame.

Le fasi preliminari alla costruzione dello strumento hanno analizzato la letteratura

sull’argomento e definito le aree di contenuto da esplorare.

Il test originale di Cottini e Meazzini (2005), destinato a studenti di scuola elementare e

media, e il nuovo test, costruito per la popolazione degli adulti e degli anziani, sono costituiti

di una serie di prove finalizzate alla verifica dell’uso delle strategie di memoria e del possesso

di conoscenze metamnemoniche.

Entrambi gli strumenti prevedono un punteggio di performance, derivato dalle risposte

corrette alle domande di cui si compone il test, e un punteggio di metamemoria, derivante

dalla capacità del soggetto di individuare la strategia corretta per risolvere il problema.

Partendo dallo strumento di Cottini e Meazzini (2005), si è proceduto all’individuazione della

struttura alla base di tale strumento ed estrapolando le strategie di memoria, misurate

attraverso ogni item del test. Le strategie vengono specificate nella tabella 2.

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Tabella 2 Strategie di memoria del test originale

Partendo da tali strategie si è proceduto a formulare i relativi quesiti, per un totale di 10 item.

Le prove presentano una serie di situazioni di vita quotidiana che pongono compiti mnestici

molto comuni e che si prestano per essere affrontati attraverso l’impiego consapevole delle

strategie di memoria su indicate. La tab.3 mostra la strategia indagata e la consegna richiesta

per ciascun item.

Tipologia di Strategie

Strategia di Reiterazione

Strategia di Codifica

Strategia di Codifica Spaziale

Strategia di Associazione

Strategia di Evidenziazione Percettiva

Strategia di Organizzazione Semantica (Clustering)

Strategia di Organizzazione Semantica

(Formazione di una storia)

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Tabella 3

Struttura dello Mnemotest nuovo

Item Strategia Consegna

Item1 Strategia di reiterazione Ricordare una targa automobilistica e riconoscerla

Item 2 Strategia di associazione Riconoscere il volto di un soggetto, associando il

nome

Item 3 Strategia di codifica Ricordare un numero di telefono e riscriverlo

Item 4 Strategia di codifica

spaziale

Ricordare la localizzazione di un oggetto in casa

Item 5 Strategia di evidenziazione

percettiva

Ricordare le informazioni salienti di un manifesto

pubblicitario

Item 6 Strategia di Clustering Ricordare gli alimenti di una lista della spesa

Item 7 Strategia di evidenziazione

percettiva

Rispondere a domande legate alla lettura di un brano

Item 8 Formazione di storia Ricordare nomi di oggetti non legati tra loro

Item 9 Strategia di Clustering Ricordare degli animali presentati

Item 10 Codifica spaziale Ricordare un percorso stradale

Per ogni item sono previsti:

una scheda “stimolo”, che espone e presenta il problema da risolvere;

una scheda “domanda performance di memoria”, in cui si chiede di risolvere il

problema;

una scheda “domanda performance di metamemoria”, in cui viene richiesto di

specificare quale strategia il soggetto pensa di aver messo in atto;

Si inseriscono in appendice le schede di un item del nuovo test, rispettivamente la scheda

“stimolo” (Immagine 1), la scheda “domanda performance di memoria” (Immagine 2) e la

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scheda “domanda performance di metamemoria” (Immagine 3) e le schede di un item del test

originale (Immagine 4).

La scheda “stimolo” espone e presenta problemi di diversa difficoltà, come ricordare una

targa automobilistica, riconoscere il volto di una persona, ricordare gli elementi fondamentali

di un manifesto ecc..

La Scheda “domanda di performance di memoria” richiede al soggetto di ricordare e

trascrivere la soluzione del problema, mentre la scheda “domanda performance di

metamemoria” è costituita da una griglia contenente le strategie di memoria e viene richiesto

al soggetto di selezionare la strategia che lui ritiene di aver utilizzato per risolvere il

problema.

La strutturazione della scheda di performance di metamemoria, nella versione destinata agli

adulti e anziani, è diversa rispetto allo strumento originale, destinato al target giovane: infatti

mentre Cottini e Meazzini (2005) indagavano tale dimensione attraverso una risposta aperta

“Come hai fatto per ricordarti?”, la medesima domanda viene posta all’adulto e all’anziano

attraverso una griglia di risposte prestabilite, ciascuna corrispondente ad una specifica

strategia. Si è scelto di procedere attraverso l’indagine con risposte chiuse per evitare un

affaticamento del soggetto che potrebbe nuocere al test e influire sulla prestazione totale.

Compito del soggetto è apporre una crocetta sulla strategia che egli ritiene abbia utilizzato per

risolvere il problema.

Lo strumento prevede la somministrazione individuale o collettiva e non sono previsti limiti

di tempo per la risposta a ciascun item.

Sono previsti due punteggi: uno di performance di memoria e un punteggio di performance di

metamemoria. Per l’attribuzione dei punteggi di performance di memoria alcuni item

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prevedono punteggi dicotomici (1-0) e altri prevedono punteggi che vanno da 3 a 0 (3-2-1-0),

mentre per tutti gli item di metamemoria sono previsti punteggi che oscillano tra 2 e 0 (2-1-0).

La somma del punteggio di performance e di metamemoria costituisce “l’indice di

strategicità”.

5.3 La verifica delle proprietà psicometriche dello Mnemotest

Lo step successivo alla costruzione dello strumento è stata la raccolta dei dati, attraverso uno

studio pilota che ha coinvolto 29 soggetti, a cui venivano somministrati sia il test originale,

destinato a bambini e adolescenti (Cottini e Meazzini, 2005), che il nuovo test, adattato per

adulti e anziani, alla scopo di verificarne le proprietà psicometriche.

La verifica della validità convergente (studio a) e della validità di status (studio b) sono state

effettuate su un campione di 29 soggetti di età intermedia (18-35 anni) in modo che entrambi i

test fossero somministrati ad un campione “neutro” (nè bambini e adolescenti, nè adulti e

anziani). Inoltre, su un più vasto campione, composto da 182 soggetti di età compresa tra i 50

e i 78 anni, target di riferimento del nuovo strumento, è stata verificata l’influenza delle

variabili di status (Età, Istruzione e Sesso) e la verifica dell’attendibilità (studio c).

Obiettivi ed Ipotesi

Gli obiettivi e le ipotesi di questo studio sono stati:

costruire uno strumento ecologico per la misurazione delle strategie di memoria e

metamemoria negli adulti e negli anziani;

verificare la validità convergente attraverso i punteggi al nuovo test e i punteggi

ottenuti al test originale (Cottini & Meazzini, 2005). Mettendo a confronto gli indici

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di strategicità mnestica (somma del punteggio di performance e di metamemoria) ai

due test, ci si attende di osservare un’alta correlazione (≥ 0.40) a dimostrazione

dell’esistenza della validità convergente;

verificare la validità di status (età, genere ed istruzione) mettendo a confronto i due

test (originale e nuovo), verificando se entrambi sono ugualmente sensibili alle

medesime variabili di status;

verificare l’attendibilità dello strumento, attraverso l’indice di coerenza interna per la

scala performance di memoria e attraverso il test-retest per la scala di performance di

metamemoria.

Studio a- validità costrutto

Per la verifica della validità convergente entrambi i test, originale e nuovo, sono stati

somministrati ad un campione “neutro” di 29 soggetti d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. La

tabella 4 presenta la distribuzione del campione. Il campione risulta equidistribuito per Genere

ed Età.

Tabella 4 Campione per la validità convergente

18-25 anni 26-35 anni Totale

Maschi 3 8 11

Femmine 10 8 18

Totale 13 16 29

Campione equidistribuito per Genere e per Età: Chi2(1)=2,21, n.s.

La validità convergente è determinata osservando “quanto” lo strumento correla con altri

strumenti che il ricercatore ritiene validi nel misurare la stessa caratteristica: l'osservazione di

una relazione statisticamente significativa è considerata verifica della validità. Partendo da

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questa definizione si è proceduto a correlare i punteggi ottenuti al test originale e i punteggi

ottenuti al nuovo test.

I punteggi ottenuti, tutti significativi, sono indicativi di una buona correlazione tra i due test e

le rispettive subscale (cfr. tab.5). Questo risultato permette di accettare l’ipotesi di partenza,

confermando che il test costruito misura lo stesso costrutto dello strumento originale.

Tabella 5 coefficienti di validità convergente del nuovo test e del test Originale

MnemoTest per Adulti ed Anziani

Punteggio di

Performance

di memoria

Punteggio

Performance di

Metamemoria

Indice di

strategicità

MnemoTest per

Bambini e

Adolescenti

(Cottini,

Meazzini, 2005)

Punteggio di

Performance di

memoria

0.45* 0.40* 0.52*

Punteggio

Performance di

Metamemoria

0.49* 0.42* 0.56*

Indice di strategicità 0.58* 0.50* 0.67*

*Correlazioni significative: p < .05

Si riportano, inoltre, nella tabella 6, i coefficienti di correlazione tra l’indice di strategicità del

test originale e l’indice di memoria composita del test TOLMAN (Reynolds & Bigler, 1994)

riportati sul manuale di Cottini e Meazzini (2005) e il coefficiente ottenuto tra l’indice di

strategicità del test originale e l’indice di strategicità del nuovo test.

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Tabella 6 Correlazioni del test originale con il test del Tolman e con il nuovo test

Indice di

Memoria

Composita del

Tolman

(N=20)

Indice di

strategicità Test

Nuovo

(N=29)

Indice di

strategicità

Test Originale

0.53

0.67

*Correlazioni significative a 0.05

Studio b- validità di status

La validità di Status è stata verificata attraverso i punteggi ottenuti alle singole scale

(performance di memoria e performance di metamemoria) e dell’indice di strategicità di

entrambi i test (originale e nuovo) relativamente alle variabili Genere, Età ed Istruzione. Al

campione, costituito da 29 soggetti d’età compresa tra i 19 e i 35 anni, sono stati

somministrati entrambi i test allo scopo di verificare se i punteggi di memoria, di

metamemoria e l’indice di strategicità, del test originale di Cottini e Meazzini (2005) e dello

strumento nuovo fossero influenzati dal genere, dal livello d’istruzione e dell’età. Partendo

dal presupposto che il nuovo test trae origine da quello originale di Cottini e Meazzini (2005),

al fine di una verifica di concordanza tra i due strumenti, s’ipotizza che, nel caso in cui una

variabile di status tra quelle suddette influenza i punteggi alle sottoscale del test originale, si

dovrebbe osservare la medesima influenza sui punteggi delle sottoscale del nuovo test. Le

tabelle successive mostrano i risultati rispettivamente per Genere (tab.7), Età (tab.8) ed

Istruzione (tab.9).

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Tabella 7 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Genere

Test originale per bambini e adolescenti

(Cottini e Meazzini, 2005)

Test Nuovo per Adulti e Anziani

Maschi

(N=11)

Femmine

(N=18)

T di

Student

p Maschi

(N=11)

Femmine

(N=18)

T di Student p

Performance di

memoria

19.09

( 3.56)

19.22

(3.12)

-0,10 n.s 15.64

( 2.54)

15.22

(2.26)

0.46 n.s

Performance di

Metamemoria

19.64

( 3.26)

20.28

(2.65)

0,57 n.s 13.73

( 2.28)

14.39

(1.79)

-0.87 n.s

Indice di

strategicità

38.73

(5.97)

39.50

(4,41)

0.69 n.s 29.36

(4.22)

29.61

(3.11)

-0.18 n.s

Tabella 8 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Età

Test originale per bambini e adolescenti

(Cottini e Meazzini, 2005)

Test Nuovo per Adulti e Anziani

18-25 anni

(N=13)

26-35

anni

(N=16)

T di

Student

p 18-25

anni

(N=13)

26-35

anni

(N=16)

T di Student p

Performance di

memoria

20.15

( 2.99)

18.37

(3.28)

1.51 n.s 15.31

( 2.25)

15.44

(2.47)

-0.15 n.s

Performance di

Metamemoria

20.08

( 2.50)

20

(3.20)

0,77 n.s 14.61

( 1.19)

13.75

(2.41)

1.18 n.s

Indice di

strategicità

40.23

(4.19)

38.37

(5.51)

1 n.s 29.92

(2.98)

29.19

(3.94)

0.55 n.s

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Tabella 9 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Istruzione

Test originale per bambini e adolescenti

(Cottini e Meazzini, 2005)

Test Nuovo per Adulti e Anziani

Diploma

(N=14)

Laurea

(N=15)

T di

Student

p Diploma

(N=14)

Laurea

(N=15)

T di Student p

Performance di

memoria

19.71

( 3.31)

18.67

(3.17)

0.87 n.s 14.92

( 2.59)

15.80

(1.55)

-1 n.s

Performance di

Metamemoria

19.64

( 2.90)

20.40

(2.87)

-0.71 n.s 14.28

( 1.68)

14

(1.81)

0,38 n.s

Indice di

strategicità

39.36

(3.91)

39.07

(4.93)

0.15 n.s 29.21

(3.91)

29.80

(1.50)

0.44 n.s

Dai risultati emerge che, per quanto riguarda la validità di status, i due test mostrano il

medesimo andamento. I risultati di entrambi i test non sono influenzati né dall’età, né dal

livello d’istruzione, né dal sesso. Quest’ultime non sono variabili influenti né sui punteggi

delle sottoscale del test originale, né sui punteggi delle sottoscale del punteggio nuovo. Sul

campione neutro, composto cioè da soggetti che non sono né bambini e adolescenti, né adulti

e anziani, i due test non sono diversi.

Successivamente, la validità di status è stata verificata su un più ampio campione di soggetti

adulti e anziani, d’età compresa tra i 50 e gli 82 anni (cfr. tab.10), fascia d’età a cui il nuovo

test è effettivamente destinato. La validità di status è stata misurata solo sul nuovo test. Il

campione risulta equidistribuito per Genere ed Età.

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Tabella 10 Campione per la verifica della validità di status e dell'attendibilità

50-55 56-60 61-65 66-70 71-78 Totali

Maschi 15 15 15 22 14 81

Femmine 15 16 23 31 16 101

Totali 30 31 38 53 30 182

Campione equidistribuito per Genere ed Età: Chi2(4)=1,19, n.s.

Per la variabile Genere non emerge una differenza statisticamente significativa né alla scala di

memoria, né alla scala di metamemoria, né relativo all’indice di strategicità. La tabella 11

mostra le medie e le relative deviazioni standard.

Tabella 11 Medie e ds per la variabile Genere

Maschi (N=81) Femmine (101) T di Student p

Performance di memoria 8,88 (ds= 3,48) 9,21 (ds= 3,61) -0,625 n.s

Performance di Metamemoria 11,39 (ds= 2,09) 11,33 (ds= 1,97) 0,226 n.s

Indice di strategicità 20,27 (ds= 4,49) 20,53 (ds= 4,46) -0.39 n.s

Emerge, invece, una differenza statisticamente significativa per la variabile Età (cfr. tab.12).

Infatti, sia per la scala di memoria, che per la scala di metamemoria e per l’indice di

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strategicità, l’analisi della varianza mostra che gli adulti hanno migliori performance dei

soggetti più anziani.

Tabella 12 Analisi della varianza per la variabile Età: risultati dei confronti post-hoc tra i gruppi

50-55

(N=30)

56 -60

(N=31)

61-65

(N=38)

66-70

(N=53)

71-78

(N=30)

PERFORMANCE DI MEMORIA [F(4,177)=11,544, p=,00000]

50-55 (M=12,00; ds=2,79) -

56-60 (M=10,42; ds=3,49) n.s -

61-65 (M=8,05; ds=3,01) 0,000 0,026 -

66-70 (M=8,26; ds=3,42) 0,000 0,033 n.s -

71-78 (M=7,40; ds=3,05) 0,000 0,003 n.s n.s -

PERFORMANCE DI METAMEMORIA [F(4, 177)=4,0758, p=,00348].

50-55 (M= 12,46; ds=1,74) -

56-60 (M= 11,71; ds=1,72) n.s -

61-65 (M=10,68; ds=2,08) 0,002 n.s -

66-70 (M=11,09; ds=2,23) 0,024 n.s n.s -

71-78 (M=11,20; ds=1,69) n.s n.s n.s n.s -

INDICE DI STRATEGICITA’ [F(4,177)=13,61, p=,00000]

50-55 (M= 24,48; ds=3,54) -

56-60 (M= 22,13; ds=4,30) n.s -

61-65 (M=18,74 ds=3,87) 0,000 0,004 -

66-70 (M=19,36; ds=4,17) 0,000 0,022 n.s -

71-78 (M=18,60; ds=3,63) 0,000 0,006 n.s n.s -

Infine, emerge una differenza significativa per la variabile Istruzione, ma solo per la scala di

memoria e per l’indice di strategicità (cfr. tab.13). I più istruiti hanno migliori performance di

memoria rispetto a coloro che hanno un più basso livello d’istruzione.

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Tabella 13 Analisi della varianza per la variabile Istruzione: risultati dei confronti post-hoc tra i gruppi

0-5 anni

(N= 33)

6-8 anni

(N=54)

9-13anni

(N=75)

14-18 anni

(N=20)

PERFORMANCE DI MEMORIA [F(3, 178)= 3,9223, p=,00963]

0-5 anni (M=7,51; ds=2,93) -

6-8 anni (M=8,94; ds=3,07) n.s -

9-13 anni (M=9,39; ds=3,77) n.s n.s -

14-18 anni (M=10,7; ds=4,03) 0,008 n.s n.s -

PERFORMANCE DI METAMEMORIA [F(3, 178)=,57627, p= n.s]

0-5 anni (M=11,03; ds=1,74) -

6-8 anni (M=11,28; ds=1,82) n.s -

9-13 anni (M=11,47; ds=2,15) n.s n.s -

14-18 anni (M=11,70; ds=2,49) n.s n.s n.s -

INDICE DI STRATEGICITA’ [F(3, 178)=3,68, p= ,01326]

0-5 anni (M=18,55; ds=3,78) -

6-8 anni (M=20,22; ds=379) n.s -

9-13 anni (M=20,85 ds=4,64) n.s. n.s -

14-18anni (M=22,40;ds=5,53) 0,013 n.s n.s -

studio c- attendibilità

In ultima analisi si è proceduto alla verifica dell’attendibilità.

Sul campione, costituito da 182 adulti e anziani ( per distribuzione campione, vedi tabella 10),

è stata effettuata l’analisi della coerenza interna per la scala di memoria e il test-retest per la

scala di metamemoria.

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Tabella 14 Coerenza interna per la scala performance di memoria

MEDIA

CORR. TOT.

ITEM

ALFA

SE ELIM.

ITEM 1 MEMORIA 8,16 0,17 0,70

ITEM 2 MEMORIA 8,62 0,11 0,70

ITEM 3 MEMORIA 8,74 0,29 0,68

ITEM 4 MEMORIA 8,23 0,34 0,68

ITEM 5 MEMORIA 8,62 0,44 0,66

ITEM 6 MEMORIA 8,43 0,56 0,62

ITEM 7 MEMORIA 7,24 0,30 0,68

ITEM 8 MEMORIA 8,20 0,57 0,62

ITEM 9 MEMORIA 6,70 0,43 0,66

ITEM 10 MEMORIA 8,60 0,34 0,68

PERF. MEMORIA TOTALE

0.69

Dalla tabella 14 emerge che la scala di performance di memoria è di 0.69.

Attraverso il test-retest, l’attendibilità della scala di metamemoria è di 0.80.

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Conclusioni

Scopo generale del progetto pilota è stato quello di costruire uno strumento per la misurazione

delle strategie di memoria e metamemoria destinato agli adulti e agli anziani, sulla base dello

strumento di Cottini e Meazzini (2005) costruito e validato per la popolazione di bambini e

adolescenti.

Ancor prima, si era proceduto a verificare l’applicabilità dello strumento originale sul gruppo

di adulti e anziani, ma tale strumento risultava poco ecologico e decontestualizzato rispetto

alle richieste che si trovava ad affrontare questa popolazione: da qui la necessità di mettere a

punto un adattamento del test.

Oltre alla costruzione della nuova versione, l’obiettivo è stato anche quello di verificare le sue

proprietà psicometriche. A tal fine, le due versioni del test sono state somministrate ad un

campione costituito da 29 soggetti d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Dai risultati è emerso

che la nuova versione del test è coerente con quella originale di Cottini e Meazzini. In

particolare, emerge una buona correlazione con il test originale (r = 0.67) e le relative

subscale che compongono il test.

Entrambi i test mostrano, sul campione, di non essere influenzati né dal genere, né dall’età, né

dal livello d’istruzione.

Tuttavia, verificando l’influenza delle suddette variabili sul campione appartenente alla

popolazione a cui il test è indirizzato (adulti e anziani), emerge che il test discrimina le

performance di memoria e di metamemoria in base all’età e al livello d’istruzione. In

particolare, i soggetti più giovani e con un buon livello d’istruzione hanno migliori

performance di memoria e di metamemoria. Le performance allo Mnemotest non sono

influenzate dal Genere.

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La coerenza interna, stima dell’affidabilità dello strumento, risulta buona per la scala di

Performance di memoria. Altrettanto buona, per la scala di Metamemoria, il punteggio di

attendibilità misurato attraverso il test-retest. La ricerca futura potrebbe orientarsi verso

l’ampliamento del numero di item che compongono sia la scala di performance di memoria

che la scala di metamemoria per accrescere l’affidabilità dello strumento e renderlo più

sensibile nella misurazione delle performance mnestiche.

Inoltre, si potrebbe pensare ad una validazione dello strumento ampliando il campione ed

accertando in maniera più specifica la discriminatività dei due strumenti.

In conclusione, questa prima costruzione e validazione dello strumento è stata di

fondamentale importanza in quanto ha permesso di costruire uno strumento ecologico per

poter valutare le strategie mnestiche, che possa essere applicato alla popolazione di adulti e

anziani, in modo semplice e di comprensione immediata e che riesca a far emergere le

potenzialità e le competenze del soggetto, piuttosto che esporre il medesimo a una

frustrazione legata all’incapacità di completare la consegna.

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“Se gioventù sapesse, Se vecchiaia potesse”

(Doris Lessing)

CAPITOLO 6.

Contributo di ricerca sulle Strategie di memoria e di metamemoria:

processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti e anziani studenti

L’obiettivo generale della ricerca è indagare la componente metacognitiva e motivazionale

alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento, nell’ambito dell’educazione agli adulti e

agli anziani (studenti non tradizionali).

Ciò sarà possibile attraverso il confronto di questa popolazione con quella degli studenti

giovani (studenti tradizionali) e degli adulti e anziani non studenti.

Il confronto tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali si focalizzerà

sull’individuazione dei processi mnestici, dei processi motivazionali e di autoefficacia,

nonché sulle dimensioni emotive influenti sul percorso di apprendimento. Verranno

confrontate l’uso delle strategie di memoria e la consapevolezza relativa a tale uso

(metamemoria) al fine di individuare l’eventuale esistenza di differenze tra studenti giovani e

studenti adulti e anziani nelle performance mnestiche. Il confronto tra i due gruppi riguarderà

anche i processi motivazionali e i livelli di autoefficacia di memoria e di autoefficacia

emotiva percepita.

Il confronto delle prestazioni con gli adulti e anziani non studenti rappresenterà l’altra faccia

della medaglia. La ricerca, infatti, si è sempre focalizzata solo sul primo confronto (giovani

studenti e anziani studenti), lasciando un vuoto nel determinare l’entità e le capacità di

apprendimento dei coetanei che però non avevano mai intrapreso un percorso formativo in età

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avanzata. Tale confronto avrà come obiettivo l’individuazione di eventuali differenze nelle

prestazioni di memoria e di metamemoria, sui livelli di autoefficacia di memoria ed

autoefficacia emotiva tra adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti.

Lo scopo unico ed ultimo a cui tende tale ricerca è quello di fornire un quadro chiaro che

permetta di addentrarsi con conoscenza e competenze adeguate nell’ambito della formazione

in età avanzata, per una ristrutturazione dei programmi formativi destinati agli adulti e agli

anziani.

6.1 Studio 1: Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali

Introduzione

Lo studio 1 ha l’obiettivo di chiarire se e come il processo di apprendimento in età adulta si

diversifica rispetto al percorso formativo intrapreso in età “tradizionale”. Si vuole infatti

verificare, attraverso il confronto tra un gruppo di studenti adulti e anziani e un gruppo di

studenti tradizionali (giovani), se esistono differenze nei processi di memoria, di

metamemoria e nei processi motivazionali che risultano determinanti durante il processo di

apprendimento. Le ricerche, in passato, si sono soffermate sulle variabili che influiscono sul

processo di apprendimento degli studenti universitari giovani, trascurando l’approfondimento

nei confronti dell’apprendimento in età avanzata. Solo recentemente, visto l'emergere di un

fenomeno demografico senza precedenti e di notevole impatto sociale, la ricerca si è

concentrata su tale argomento.

Inoltre, va aggiunto che lo studio di questa popolazione e dei percorsi formativi in età

avanzata ha spesso operato un confronto con gruppi di giovani studenti prendendo in

considerazione dimensioni connesse alle performance accademiche e ai livelli motivazionali

senza arrivare ad una conclusione unanime.

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anziani studenti

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I risultati delle ricerche, infatti, non permettono tuttora di arrivare ad una conclusione certa.

Alcuni di essi, che hanno confrontato i due gruppi prendendo in considerazione la tipologia e

la frequenza di strategie di memoria messe in atto, hanno rilevato che la consapevolezza

metacognitiva e l’uso delle conoscenze metacognitive nella regolazione strategica erano più

evidenti nei giovani rispetto al campione composto da adulti e anziani (Brigham & Pressley,

1988). Al contrario, in altri studi, non emergevano alcune differenze tra giovani e anziani

studenti (Bailey, Dunlosky & Hetzog, 2009; Justice & Dorman, 2001).

Altri studi hanno cercato di individuare se esistono differenze nelle prestazioni di memoria e

di metamemoria (Zivian & Darjes, 1983) evidenziando medesime prestazioni per i due gruppi

di studenti, mentre Hertzog, Dixon e Hultsch (1990) disconfermano questo risultato a favore

di una migliore prestazione dei giovani sugli anziani. I risultati contrastanti tra loro sono, in

parte, attribuibili all’uso di strumenti Self-Report con cui veniva misurata la percezione che il

soggetto aveva relativamente alle strategie o alla propria metamemoria ed in parte, al fatto che

i due gruppi spesso non erano abbastanza rappresentativi e/o non erano appaiati per livello

d’istruzione.

I risultati sono contrastanti anche per quanto riguarda le dimensioni motivazionali connesse

all’apprendimento: alcuni studi non rilevano differenze nei livelli di motivazione intrinseca o

meglio vengono rilevate solo parzialmente e legate al genere (Justice et al., 2001), altri invece

sottolineano la maggiore motivazione, di tipo intrinseca, degli anziani sui giovani (Bye et al.

2007; Carpenter 2005; Klein, 1990; Luppi, 2009; Wolfgang et al, 1981).

Infine, per quanto riguarda i livelli di autoefficacia connessi all’apprendimento, alcuni studi

riportano medesimi livelli tra i due gruppi (Justice et al., 2001), mentre Carpenter (2005)

rileva un maggior senso di autoefficacia nei giovani rispetto agli anziani studenti.

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Da qui la necessità di esplorare, attraverso il confronto di questi due gruppi, distinti per età e

appaiati per livello d’istruzione, le dimensioni cognitive e motivazionali associate al processo

di apprendimento.

Obiettivi ed Ipotesi

Gli obiettivi e le ipotesi di questo studio sono 7.

1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle

misure Self-Report

L’uso di misure Self-Report porta con sé il limite della tendenza del soggetto a

presentarsi in modo socialmente desiderabile. Questo fenomeno sembra interessare in

modo particolare l’invecchiamento (Ray, 88). Vista la relazione tra Età e desiderabilità

sociale (Eysenck & Eysenck, 1975; Ray, 1988), s’intende verificare sul gruppo di

studenti giovani e sul gruppo di studenti adulti e anziani se la tendenza alla

desiderabilità sociale è correlata alle variabili motivazionali, di autoefficacia e

metacognitive. S’ipotizza una relazione di tipo positivo tra desiderabilità sociale e le

risposte di auto-percezione delle proprie capacità per il gruppo di studenti in età

avanzata.

Qualora questa ipotesi si rivelasse vera, su ogni misura Self-Report sarà effettuata

un’analisi della varianza sul campione ridotto, cioè con l’esclusione di profili tendenti

alla desiderabilità sociale. S’ipotizza infatti che, eliminando tali soggetti in entrambi i

gruppi (giovani studenti e adulti e anziani studenti), le differenze tra studenti giovani e

studenti adulti e anziani tendano a scomparire.

2. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali nelle relazioni tra le variabili di

performance mnestica, di autoefficacia e di motivazione

Verificare se vi siano differenze tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non

tradizionali (adulti e anziani) per le relazioni che intercorrono tra le variabili di

performance mnestica, autoefficacia di memoria e le variabili motivazionali e

metacognitive.

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Ci si attende di osservare, in linea con la letteratura (Jonker et al., 1997; Justice et al.,

2001;), per entrambi i gruppi, correlazioni significative tra le performance mnestiche e

le variabili motivazionali e metacognitive, mentre ci attende di osservare una

correlazione significativa tra le performance mnestiche e l’autoefficacia di memoria

nel gruppo degli studenti non tradizionali (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski,

1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006).

3. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili performance di

memoria, performance di metamemoria e indice di strategicità

Verificare se vi siano differenze nelle prestazioni di memoria, di metamemoria e

sull’indice di strategicità tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali

(adulti e anziani).

Si procederà innanzitutto ad individuare 4 fasce d’età (19-22 anni/ 23-30 anni/ 50-64

anni/65 anni-78 anni) per una migliore comprensione del ruolo svolto dalla variabile

Età. La letteratura sull’argomento mostra risultati discordanti: alcuni studi sostengono

una medesima prestazione mnestica tra studenti tradizionali e studenti non-tradizionali

(Bailey, Dunlosky & Hetzog, 2009; Justice & Dorman, 2001; Zivian & Darjes, 1983),

altri studi, al contrario, sostengono una migliore performance degli studenti giovani

rispetto agli studenti adulti e anziani (Brigham et al., 1988). Si vuole, inoltre,

verificare l’eventuale effetto d’interazione tra Genere ed Età: ci si attende di osservare

che le studentesse più giovani abbiano performance migliori dei maschi e delle donne

più anziane (Gross & Rebok, 2011).

4. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulla variabile autoefficacia di

memoria

Verificare se vi siano differenze, per la variabile autoefficacia di memoria, tra studenti

tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e anziani).

La letteratura che esamina la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni

relative ai compiti di memoria rivela correlazioni positive anche se modeste tra le due

variabili (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill,

Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006). L’età sembra influenzare tale relazione,

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poiché con l’aumentare dell’età diminuisce la fiducia nella propria memoria

(Carpenter, 2005) e quindi con un effetto a cascata, diminuiscono le prestazioni

(Hertzog & Dixon, 1994; Lineweaver & Hertzog, 1998; Wells & Esopenko, 2008).

Ma, prendendo in considerazione i quattro gruppi di studenti distinti per età (19-22

anni/ 23-30 anni/ 50-64 anni/65 anni-78 anni), tale relazione è confermata, o in

qualche modo il fatto che gli adulti e anziani frequentino corsi formativi attenui la

correlazione negativa tra età e autoefficacia di memoria? Ci si attende di osservare

l’assenza di differenze tra i quattro gruppi d’età per i livelli di autoefficacia di

memoria.

5. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili motivazionali e

metacognitive

S’intende verificare se le dimensioni connesse con l’apprendimento siano differenti tra

studenti tradizionali e studenti non tradizionali.

Si procederà innanzitutto ad individuare 4 fasce d’età (19-22 anni/ 23-30 anni/ 50-64

anni/65 anni-78 anni) per una migliore comprensione del ruolo svolto dalla variabile

Età. In base alla letteratura, s’ipotizza un’alta motivazione intrinseca (Carpenter, 2005;

Bye et al., 2007; Wolfang et al., 1981) nel gruppo degli studenti non tradizionali (50-

64 anni e 65-78 anni), e una maggiore autoefficacia nei più giovani (Carpenter, 2005)

associata ad un’assenza di differenze significative per le altre variabili motivazionali e

metacognitive (Justice et al., 2001).

Si vorrà verificare, inoltre, l’effetto d’interazione della variabile Genere con la

variabile Età. In linea con la letteratura (Jonker, Smits & Deeg, 1997; Justice et al.,

2001) s’ ipotizza un maggiore interesse intrinseco da parte delle donne più anziane

correlato però a maggiore ansia, rispetto ai coetanei di genere maschile e agli studenti

tradizionali.

6. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali per le variabili di autoefficacia

empatica percepita

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S’intende verificare se vi siano differenze nella percezione della gestione delle

emozioni positive e negative tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali e se

esiste un effetto d’interazione tra la variabile Età e la variabile Genere.

La letteratura sull’argomento (Mega, Moè, Pazzaglia, Rizzato & De Beni, 2007;

Pekrun, Goetz, Titz & Perry, 2002) sostiene che la componente affettiva ed

emozionale gioca un ruolo importante sulla riuscita del lavoro da svolgere, ma non ci

sono studi che mettono a confronto studenti giovani e studenti anziani rispetto a tale

variabile. Partendo dall’ipotesi che l’essere studente sia una variabile influente sul

mantenimento di alti livelli di autoefficacia percepita emotiva, che a sua volta

influenza le performance cognitive, s’ipotizza di non trovare differenze nei livelli tra i

4 gruppi a conferma del fatto che, nonostante l’aumentare dell’età, i soggetti che

frequentano un corso formativo sono capaci di gestire le emozioni positive e negative

come gli studenti giovani.

7. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle motivazioni a frequentare

un corso universitario

S’intende verificare se esistano differenze nelle motivazioni a frequentare un corso

universitario nei due gruppi di studenti differenti per età.

La letteratura che ha approfondito questo argomento (Kim & Merriam, 2004;

Knowlton, 1977; Luppi, 2009; Romaniuk & Romaniuk, 1982; Tobias 1991; Wolfgang

& Dowling, 1981) ha messo in luce che spesso gli adulti e anziani sono spinti a

frequentare un corso universitario per altre motivazioni, oltre all’interesse verso

l’argomento trattato dal corso. In particolare, s’ipotizza che un numero maggiore di

studenti non tradizionali (adulti e anziani) scelga di frequentare un corso di

formazione in età avanzata allo scopo di ampliare la loro rete sociale e per impiegare il

tempo libero a disposizione rispetto ai giovani studenti.

Campione

Il campione oggetto della ricerca è composto di due gruppi di soggetti differenziati per

tipologia di studente: 86 studenti tradizionali, 89 studenti non tradizionali (adulti e anziani che

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frequentano corsi universitari presso le Università delle Terza Età. Il campione di studenti

tradizionali è composto da 47 femmine e 39 maschi (equidistribuito per genere: Chi2= 0.74,

n.s), con un’età che varia da 19 ai 30 anni (età media 23.07 anni, ds=2.92) ed un livello di

istruzione che va da 13 a 16 anni (istruzione media = 13 anni, ds=0). Gli studenti non

tradizionali sono composti da 51 femmine e 38 maschi (equidistribuito per genere; Chi2= 1,90

n.s) con un’età che varia dai 50 anni ai 78 anni (età media 63.90 anni, ds=5.80) ed un livello

di istruzione che va dagli 8 anni a 18 anni (istruzione media = 12.36 anni, ds=3.22). I due

gruppi (giovani studenti e adulti e anziani studenti) risultano simili per livello d’istruzione

(F(1, 173) =3,3938, p=,07). Il campione proviene da varie regioni d’Italia.

Strumenti

1. Scheda anamnestica: lo scopo dello strumento è la raccolta dei dati personali e

professionali dei soggetti intervistati. Viene richiesta l’età, il genere, il titolo di studio

e gli anni di scolarità, la professione svolta, la regione di provenienza e l’eventuale

frequenza a corsi universitari destinati alla popolazione adulta e anziana.

2. Marlowe-Crowne Social Desiderability Scale, Form C (Reynolds, 1982): la scala,

nella sua versione ridotta, è composta da 13 item che prevedono risposte dicotomiche

vero/falso e valuta la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile, in

maniera deliberata oppure inconsapevole. Le due sottoscale sono “autoinganno” (self-

deception) e “gestione delle impressioni” (impression management). Si tende

comunque ad utilizzare un unico punteggio di scala. Esistono numerose versioni

ridotte della M-C ampiamente utilizzate in letteratura, ma quella composta da 13 item

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è la versione ridotta più affidabile in quanto più rappresentativa della versione

originale composta da 33 item (Reynolds, 1982).

3. Mnemotest: test che indaga le strategie di memoria e di metamemoria. La versione

adattata per adulti e anziani dello strumento è stata ottenuta partendo dalla versione

originale di Cottini e Meazzini (2005), dedicato a studenti di scuola elementare e

media. È costituita da 10 item che indagano le performance di memoria e le

performance di metamemoria. Il punteggio alle due subscale da vita all’indice di

strategicità, indicativo delle competenze di memoria e metamemoria complessive del

soggetto adulto e anziano.

4. Motivated Strategies for Learning Questionnaire, MSLQ (Pintrich & DeGroot,

1990): è stato costruito per misurare gli orientamenti motivazionali e l’uso delle

differenti strategie d’apprendimento a determinati corsi universitari o al college. Si

adatta a tutti gli studenti, indipendentemente dalla facoltà. La versione originale conta

56 item, ma per questo studio è stata utilizzata la forma costituita da 44 item, su scala

likert da 1 a 7 punti, afferenti a 5 diverse subscale. Nello specifico, le sottoscale sono

tre di tipo motivazionale che sono Autoefficacia Accademica, Interesse Intrinseco e

Ansia e due metacognitive, denominate Uso di Strategie Cognitive e Autoregolazione

nello studio. Le cinque subscale sono composte da un numero di item compreso tra 4-

13 e hanno coefficienti di attendibilità compresi tra 0.74 e 0.89. La sottoscala di

autoefficacia comprende 9 item (α 0.89) e riguarda la percezione della propria

competenza e la fiducia nelle performance scolastiche. La sottoscala Interesse

Intrinseco comprende 9 item (α 0.87) e fa riferimento alla percezione dell’importanza

del corso intrapreso, all’interesso intrinseco verso l’argomento trattato. La sottoscala

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Ansia è composta da 4 item (α 0.75) e riguarda lo stato emotivo del soggetto durante

lo svolgimento delle prove. Le due subscale, Uso di strategie e Autoregolazione nello

studio, sono rispettivamente composte da 13 (α 0.83) e 9 item (α 0.74). La prima

indaga l’uso di strategie di richiamo, elaborazione ed organizzazione, mentre la

seconda tratta pianificazione, scrematura e monitoraggio delle performance messe in

atto.

5. MIA Capacity (Metamemory in Adulthood questionnaire) (Dixon, Hultsch,

Herzog, 1988): è una sottoscala che compone il Metamemory in Adulthood

questionnaire e misura le credenze che il soggetto possiede relativamente alle capacità

di memoria. La sottoscala è composta da 17 item e la versione italiana utilizzata è stata

messa a punto dalla seconda Università di Napoli. Il MIA è composto da 108 item,

con risposte su scala Likert a 5 punti, e 7 subscale. I valori assunti dai coefficienti

alpha di Cronbach e i dati relativi alla validità convergente, discriminante e predittiva

del MIA (Hertzog, Hultsch, & Dixon, 1988) testimoniano della complessiva

affidabilità dello strumento.

6. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive (Caprara &

Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare

adeguatamente le emozioni positive. La versione definita per adolescenti e adulti è

costituita da 7 item (α 0.82), con risposte su scala Likert a 5 punti (1 Per nulla capace -

5 Del tutto capace).

7. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni negative (Caprara &

Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare

adeguatamente le emozioni negative. La versione definita per adolescenti e adulti è

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costituita da 8 item (α 0.82), con risposte su una scala Likert a 5 punti (1 Per nulla

capace - 5 Del tutto capace).

Risultati

1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle

misure Self-Report

Sono state effettuate delle correlazioni, distinte per gruppi di studenti tradizionali (giovani) e

studenti non tradizionali (adulti e anziani), tra la tendenza a presentarsi in modo socialmente

desiderabile e le misure relative alle prestazioni di memoria (Mnemotest) e alle misure Self-

report (autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso

di strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva). Gli indici di correlazioni

segnati in rosso, nella tabella 15, sono quelli risultati statisticamente significativi (p< 0.05).

Gli asterischi stanno ad indicare i confronti significativi tra coppie di indici di correlazioni per

p<0.05.

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Tabella 15 Correlazioni tra la desiderabilità sociale e le altre variabili misurate attraverso il confronto tra

studenti tradizionali e non tradizionali

Desiderabilità sociale

Studenti tradizionali/Studenti Non tradizionali

Mnemotest

Performance di memoria 0.15/-0.03

Performance di metamemoria -0.08/-0.16

Indice di strategicità 0.07/-0.09

Autoefficacia di memoria 0.32/-0.04*

MSLQ

Autoefficacia accademica 0.30/-0.01*

Valore intrinseco 0.26/0.11

Ansia -0.15/-0.12

Uso di strategie 0.11/0.22

Autoregolazione 0.29/0.20

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni negative

0.40/0.18

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni positive

0.25/0.05

Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05

*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05

Per gli studenti tradizionali emerge una correlazione di tipo positivo tra la desiderabilità

sociale e autoefficacia di memoria, che non emerge per gli studenti adulti e anziani.

All’aumentare della tendenza a presentarsi in modo desiderabile aumentano anche le risposte

che sottintendono la fiducia dello studente nei confronti della propria memoria. Stesso

andamento emerge tra la desiderabilità sociale e l’autoefficacia accademica. I giovani che si

presentano in modo socialmente desiderabile mostrano un’alta fiducia in sé stessi in ambito

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accademico. Per gli studenti giovani emergono relazioni positive anche tra la desiderabilità

sociale e le variabili “Valore intrinseco”, “Autoregolazione” e “Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni negative e positive”.

Alla luce di questi risultati, tutte le analisi della varianza effettuate di seguito sulle misure di

auto percezione (autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca,

ansia, uso di strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva) saranno effettuate su

un campione ridotto, poiché saranno eliminati i soggetti con profili tendenti alla desiderabilità

sociale.

2. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali nelle relazioni tra le variabili di

performance mnestica, di autoefficacia e di motivazione

La tab.16 mostra le correlazioni tra i tre punteggi ottenuti allo Mnemotest (performance di

memoria, di metamemoria e indice di strategicità) e le misure di autovalutazione

(autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso di

strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva) per entrambi i gruppi (studenti

tradizionali e studenti non tradizionali). Gli indici di correlazione segnati in rosso sono quelli

risultati statisticamente significativi (p< 0.05). Dai risultati emerge che sia negli studenti

tradizionali (giovani) che negli studenti non tradizionali (adulti e anziani) la performance di

memoria e l’indice di strategicità correlano in modo statisticamente significativo con il valore

intrinseco e il livello di ansia: in particolare a buone performance di memoria si associano

buoni livelli di motivazione intrinseca e basso livello d’ansia.

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Tabella 16 Correlazioni tra le misure di prestazione mnestiche e le altre variabili misurate, attraverso il

confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali

Performance di

memoria

Performance di

metamemoria

Indice di strategicità

Studenti tradizionali/

Studenti Non

tradizionali

Studenti tradizionali/

Studenti Non

tradizionali

Studenti tradizionali/

Studenti Non

tradizionali

Autoefficacia di memoria 0.21/0.07 -0.01/0.24* 0.15/0.17

MSLQ

Autoefficacia accademica 0.16/0.25 0.14/0.10 0.18/0.24

Valore intrinseco 0.27/0.22 0.13/0.12 0.26/0.23

Ansia -0.26/-0.38 -0.28/-0.04 -0.33/-0.31

Uso di strategie 0.15/0.18 0.16/0.10 0.18/ 0.18

Autoregolazione 0.20/0.15 0.16/0.05 0.22/0.14

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni

negative

0.09/0.15 0.13/-0.02 0.13/-0.12

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni

positive

0.09/-0.07 -0.10/0.22* 0.01/0.05

Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05

* Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05

Altro risultato interessante è che, solo per il gruppo degli studenti tradizionali (giovani), la

performance di metamemoria correla in modo significativo e negativo con l’ansia, e l’indice

di strategicità correla positivamente con l’autoregolazione: ad un buon punteggio allo

Mnemotest si associa una buona capacità di autoregolazione. Al contrario, nel gruppo degli

studenti non tradizionali (adulti e anziani) emerge una correlazione statisticamente

significativa tra la performance di metamemoria e l’autoefficacia di memoria, tra la

performance di metamemoria e l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni

positive, e tra indice di strategicità e l’autoefficacia accademica. Emerge, dunque, che gli

studenti adulti e anziani che hanno una buona metamemoria hanno anche un’alta fiducia nella

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propria memoria e nella capacità di gestire le emozioni positive, e coloro che hanno una

buona performance totale allo Mnemotest hanno anche una fiducia in se stessi in ambito

accademico.

3. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili performance di

memoria, performance di metamemoria e indice di strategicità

Per la verifica dell’effetto della variabile Età e del Genere sulla performance di memoria, la

performance di metamemoria e l’indice di strategicità ottenute allo Mnemotest, si è diviso il

campione in quattro fasce d’età. Le prime due fasce (19-22 anni e 23-30 anni) fanno

riferimento al gruppo degli studenti tradizionali (giovani), mentre le altre due fasce (50-64

anni e 65-78 anni) fanno riferimento al gruppo degli studenti non tradizionali (adulti e

anziani).

Effetto età per genere sulla performance di memoria

Tramite delle Anova fattoriali si è studiato l’effetto dell’età, l’effetto del genere e l’effetto

d’interazione età per genere sulle varianze dei punteggi ai singoli item e al punteggio totale

dello strumento di valutazione della scala performance di memoria. La Tabella 17 riporta le

medie e deviazioni standard delle prestazioni agli item della scala di performance, nonché del

punteggio totale, in funzione dell’età.

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Tabella 17 Analisi della varianza sui gruppi di giovani studenti e anziani studenti per la variabile

performance di memoria

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

Performance

di memoria

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=16;F=23)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=15;F=29)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Item 1

(strategia di

reiterazione)

1 (0) 0.93 (0.25) 0.95 (0.22) 0.84(0.37)

ETA= 2.76; p= .044

GENERE = 1.50; p=n.s

GENERE*ETA= 2.85; p=0.03

A>D

Item 2

(strategia di

associazione)

0.79 (0.42) 0.84 (0.37) 0.51 (0.51) 0.44 (0.50) ETA= 7.67; p=.000

GENERE =2.47; p=n.s.

GENERE*ETA=3.94;p=.010

A>C;A>D; B>C;

B>D

Item 3

(strategia di

codifica)

0.62 (0.49) 0.68 (0.47) 0.44 (0.50) 0.36 (0.48) ETA= 4.60; p=.004

GENERE = 1.09; p=n.s.

GENERE*ETA= .850; p= n.s.

B>D;

Item 4

(strategia di

codifica

spaziale)

1 (0) 0.95 (0.21) 0.92 /(0.27) 0.84 (0.37) ETA= 2.67; p= 0.04

GENERE =3.71; p=n.s.

GENERE*ETA=2.11; p= n.s.

A>D

Item 5

(strategia di

evid.

percettiva)

0.81 (0.74) 0.95 (0.86) 0.44 (0.68) 0.22 (0.42) ETA= 9.04; p=.000

GENERE = 1.19; p=n.s.

GENERE*ETA= 2.29; p= n.s.

A>D; B>C; B>D;

Item 6

(strategia di

clustering)

1.50 (1.17) 1.82 (1.22) 0.79 (1.02) 0.48 (0.76) ETA= 13.34; p=.000

GENERE =1.58; p=n.s.

GENERE*ETA= 1.20; p= n.s.

A>C;A>D; B>C;

B>D

Item 7

(strategia di

evid.

percettiva)

2 (0.70) 2.20 (0.63) 1.92 (0.70) 1.80 (0.70) ETA= 1.06; p= n.s.

GENERE =5.24; p=.02

GENERE*ETA= .370; p= n.s.

M>F

Item 8

(strategia

formazione di

storia)

2.05 (1.08) 2.16 (1.10) 1.31 (1.26) 0.80 (1.09) ETA= 12.43; p=.000

GENERE =.06; p=n.s.

GENERE*ETA= 3.57; p=.015

A>C;A>D; B>C;

B>D

Item 9

(strategia di

clustering)

2.69 (0.60) 2.70 (0.63) 2.54 (0.82) 2.02 (1.10) ETA= 6.18; p= .001

GENERE =.960; p=n.s.

GENERE*ETA= 1.15; p= n.s.

A>D; B>C;C>D

Item 10

(strategia di

codifica

spaziale)

0.71 (0.46) 0.59 (0.50) 0.46 (0.51) 0.38 (0.49) ETA=3.57; p=.015

GENERE =.084; p=n.s.

GENERE*ETA= .475; p= n.s.

A>D;

Performance

Totale 13.17 (3.33) 13.84 (3.91) 10.38 (3.62) 8.18 (3.40) ETA=21.60; p=.000

GENERE = 0.60; p=n.s.

GENERE*ETA= 3.60; p=.015

A>C;A>D; B>C; B>D;C>D

Note. *Significatività per p< 0.05

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anziani studenti

Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 111

Le varie analisi della varianza hanno messo in luce che i quattro gruppi, distinti per età, si

differenziano per le performance di memoria. In particolare, per tutti gli item che

compongono la scala di performance di memoria, eccetto che per l’item 7, che valuta la

capacità di mettere in atto una strategia di evidenziazione percettiva, emerge una superiorità

degli studenti giovani sugli studenti anziani. Anche il punteggio di performance totale mostra

che i più giovani ottengono punteggi medi significativamente più alti degli studenti anziani.

L’item 7 fa, invece, registrare differenze significative per il genere: le donne hanno

performance più basse dei maschi relativamente alla strategia di evidenziazione percettiva.

Inoltre, è emerso un effetto d’interazione età per genere sugli item 1 (strategia di reiterazione),

2 (strategia di associazione), 8 (strategia formazione di storia) e sul punteggio di performance

totale: in generale, le prestazioni delle donne anziane sono peggiori di quelle degli studenti

giovani di entrambi i sessi. Le figure 1, 2, 3 e 4 e le rispettive tabelle mostrano tali effetti

d’interazione significativi e i post-hoc.

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Figura 1 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 1 di performance di memoria

Anov a f attoriale età per sesso

Ef f . corrente: F(3, 167)=2,8546, p=,03884

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

f asce d'età

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

1,1

1,2

Item

1:

str

ate

gia

di re

itera

zio

ne

In particolare, all’item 1 della strategia di reiterazione emerge che i punteggi delle studentesse

giovani (19-22 e 23-30 anni) e i punteggi degli studenti giovani (19-22 anni) sono

significativamente più alti dei punteggi delle studentesse anziane (65-78 anni).

Guardando l’item 2 (cfr. Fig. 2), che misura la strategia di associazione, la differenza

significativa tra le medie, ottenute tramite post-hoc, è presente tra il gruppo delle donne d’età

compresa tra i 19 e i 22 anni con il gruppo d’età compresa tra i 50 e 64 anni e il gruppo delle

donne dai 65 anni in su. Inoltre, la stessa significatività emerge con il gruppo delle

studentesse d’età compresa tra i 23 e i 30 anni con i gruppi di donne più anziane e degli

studenti giovani con le studentesse più anziane.

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 1.00 0.00

(B) 23-30 29 0.97 0.19

(C) 50-64 23 0.91 0.29

(D) 65-78 28 0.75 0.44

Maschi

(E) 19-22 24 1.00 0.00

(F) 23-30 15 0.87 0.35

(G)50-64 16 1.00 0.00

(H) 65-78 22 0.95 0.21

Post-hoc

(Bonferroni): A>D; B>D; E>D

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Figura 2 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 2 di performance di memoria

I post-hoc effettuati sull’item 8, relativo alla strategia formazione di una storia, evidenziano

che le medie delle risposte fornite dalle studentesse più giovani sono più alte delle medie

fornite dalle studentesse più anziane. Significative sono le differenze tra le medie del gruppo

delle studentesse d’età compresa tra i 19 e 22 anni e le studentesse tra i 23 e 30 anni rispetto

alle studentesse più anziane (50-64 anni e 65-78 anni) e i maschi d’età tra i 19 e i 22 anni.

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 0.89 0.32

(B) 23-30 29 0.86 0.35

(C) 50-64 23 0.35 0.49

(D) 65-78 28 0.32 0.48

Maschi

(E) 19-22 24 0.71 0.46

(F) 23-30 15 0.80 0.41

(G)50-64 16 0.75 0.45

(H) 65-78 22 0.59 0.50

Post-hoc

(Bonferroni): A>C; A>D;

B>C;B>D; F>D;

Anova fattoriale Età per sesso

Eff. corrente: F(3, 167)=3,9381, p=,00953

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-6 anni 65-78 anni

fasce d'età

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

1,1

1,2

Item

2: S

trate

gia

di A

ssocia

zio

ne

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Figura 3 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 8 di performance di memoria

Anov a f attoriale età per sesso

Ef f . corrente: F(3, 167)=3,5652, p=,01547

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

f asce d'età

-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

Item

8:F

orm

azio

ne

di sto

ria

Infine, i post-hoc e il grafico che mostrano l’andamento per Genere ed Età alla performance

totale mettono in luce che gli studenti più giovani (maschi e femmine) hanno punteggi più alti

sia rispetto alle studentesse in là negli anni, sia rispetto agli studenti maschi più anziani.

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 2.06 1.06

(B) 23-30 29 2.45 0.83

(C) 50-64 23 1.13 1.14

(D) 65-78 28 0.54 0.92

Maschi

(E) 19-22 24 2.04 1.12

(F) 23-30 15 1.60 1.35

(G)50-64 16 1.56 1.41

(H) 65-78 22 1.14 1.21

Post-hoc

(Bonferroni):

A>D;

B>C;B>D;B>H;

E>D

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Figura 4 Grafico e post-hoc effettuati sul punteggio totale di memoria

Anov a f attoriale Età per sesso

Ef f . corrente: F(3, 167)=3,5983, p=,01482

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

f asce d'età

4

6

8

10

12

14

16

18

Perf

orm

ance t

ota

le

In sintesi, si può sostenere che le performance di memoria, misurate tramite la scala dello

Mnemotest, risentono dell’età e del genere del soggetto. In particolare più i soggetti,

soprattutto di genere femminile, sono in là negli anni più le loro performance tendono a

diminuire con l’avanzare dell’età.

Effetto età per genere sulla metamemoria

Saranno adesso esaminati i quattro gruppi, attraverso l’analisi della varianza, per la variabile

metamemoria.

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 12.94 3.33

(B) 23-30 29 14.66 3.42

(C) 50-64 23 9.74 3.84

(D) 65-78 28 7.14 3.00

Maschi

(E) 19-22 24 13.33 3.40

(F) 23-30 15 12.27 4.43

(G)50-64 16 11.06 3.23

(H) 65-78 22 9.50 3.47

Post-hoc

(Bonferroni):

A>D;

B>C; B>D; B>G; B>H;

E>C; E>D;E>H;

F>D; G>D;

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Tabella 18 Analisi della varianza sui gruppi di giovani studenti e anziani studenti per la variabile di

metamemoria

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

Performance

di

metamemoria

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=16;F=23)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=15;F=29)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferr

oni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Item 1

(strategia di

reiterazione)

1.57 (0.59) 1.32 (0.60) 1.28 (0.56) 1.24 (0.59) ETA= 2.89; p= .037

GENERE = .363; p=n.s

GENERE*ETA= 2.51; p= n.s

A>D

Item 2

(strategia di

associazione)

1.07 (0.56) 1.23 (0.60) 0.90 (0.50) 0.96 (0.49) ETA= 2.36; p=n.s

GENERE = .046; p=n.s

GENERE*ETA=.390;p=n.s

Item 3

(strategia di

codifica)

1.10 (0.58) 1.09 (0.52) 0.95 (0.56) 1 (0.45) ETA= .693 p=n.s.

GENERE = 1.12; p=n.s

GENERE*ETA= .208; p= n.s.

Item 4

(strategia di

codifica

spaziale)

1.45 (0.50) 1.45 (0.50) 1.18 (0.51) 1.12 (0.56) ETA= 4.189; p=.007

GENERE = .033; p=n.s

GENERE*ETA=.455; p= n.s.

A>D;B>D

Item 5

(strategia di

evid.

percettiva)

1.14 (0.65) 1.27 (0.45) 1.21 (0.61) 1.12 (0.56) ETA= 1.486; p=n.s.

GENERE = 2.06; p=n.s

GENERE*ETA= 3.06; p= .03

Item 6

(strategia di

clustering)

1.29 (0.51) 1.25 (0.53) 1.23 (0.54) 1.06 (0.42) ETA= 1.686; p=n.s.

GENERE = 3.28; p=n.s

GENERE*ETA= 1.703; p= n.s.

Item 7

(strategia di

evid.

percettiva)

1.29 (0.55) 1.48 (0.51) 1.36 (0.58) 1.28 (0.54) ETA= 1.26; p= n.s.

GENERE = 1.29; p=n.s

GENERE*ETA= .707; p= n.s.

Item 8

(strategia

formazione di

storia)

1.05 (0.449 1.07 (0.40) 1.03 (0.28) 0.94 (0.31) ETA= 1.12 p=n.s

GENERE =.151; p=n.s

GENERE*ETA= .330; p=n.s

Item 9

(strategia di

clustering)

1.12 (0.45) 1.11 (0.39) 1.10 (0.38) 1.10 (0.42) ETA= .033; p= n.s.

GENERE = 2.14; p=n.s

GENERE*ETA= 1.56; p= n.s.

Item 10

(strategia di

codifica

spaziale)

1.40 (0.66) 1.36 (0.72) 1.13 (0.70) 1.24 (0.69) ETA= 1.078; p=.n.s.

GENERE = .088; p=n.s

GENERE*ETA= .488; p= n.s.

Performance

metamemoria

Totale

12.5 (3) 12.6 82.33) 11.36 (2.31) 11.06 (2.02)

ETA=3.83; p=.011

GENERE =.052; p=n.s

GENERE*ETA=1.13; p=n.s

A>D; B>D

Note. *Significatività per p< 0.05

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La consapevolezza nell’utilizzo della strategia migliore sembra avere un andamento diverso

rispetto alle performance di memoria. Gli item che risentono dell’effetto Età sono gli item 1,

relativo alle strategie di reiterazione, l’item 4 relativo alla strategia di codifica spaziale e il

punteggio di metamemoria totale. Qui, gli studenti più giovani hanno maggiore

consapevolezza delle strategie applicate rispetto agli adulti e anziani studenti. Non si

registrano differenze significative per la variabile genere. Solo per l’item 5 si registra l’effetto

d’interazione genere per età (cfr. fig. 5): i giovani studenti ottengono punteggi medi

significativamente più alti rispetto alle giovani studentesse e agli studenti dello stesso genere

in età avanzata. Ciò vuol dire che, al crescere dell’età, i soggetti più anziani non riescono a

individuare la strategia migliore da applicare rispetto ai giovani studenti. Ciò non si verifica

per tutte le strategie ma solo per la strategia di reiterazione, codifica spaziale e il punteggio

totale.

Figura 5 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 5 di performance di metamemoria

Anov a f attoriale Età per Sesso

Ef f . corrente: F(3, 167)=3,0575, p=,02988

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

f asce d'età

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

Ite

m 5

: S

tra

teg

ia e

vid

en

z.

pe

rce

ttiv

a

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 0.94 0.73

(B) 23-30 29 1.14 0.35

(C) 50-64 23 1.22 0.60

(D) 65-78 28 1.21 0.57

Maschi

(E) 19-22 24 1.29 0.55

(F) 23-30 15 1.53 0.52

(G)50-64 16 1.19 0.66

(H) 65-78 22 1.00 0.53

Post-hoc

(Bonferroni): E>A;

F>A; F>B; F>H;

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Effetto età per genere sull’indice di strategicità

Si analizzerà in ultimo l’indice di strategicità, inteso come il punteggio unitario tra

performance di memoria e performance di metamemoria che il soggetto ottiene allo

Mnemotest.

Tabella 19 Analisi della varianza per la variabile Indice di strategicità

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=16;F=23)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=15;F=29)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferro

ni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

INDICE DI

STRATEGICITA

25.64 (5.03) 26.48 (5.31) 21.64 (4.96) 19.24 (4.25) ETA= 18.97; p= .000

GENERE = 0.046; p=n.s

GENERE*ETA= 2.91; p=.036

A>C; A>D;

B>C; B>D

Note. *Significatività a p<0,05

Emergono delle differenze significative sia per l’effetto della sola variabile Età, che per

l’effetto d’interazione Genere per Età, mentre non emerge alcun effetto lineare per la variabile

genere. In particolare i due gruppi degli studenti tradizionali (19-22 anni e 23-30 anni) hanno

performance migliori allo Mnemotest rispetto agli studenti non tradizionali (adulti e anziani).

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Figura 6 Grafico e post-hoc effettuati sull’indice di strategicità

Anova fattoriale Sesso per Età

Eff. corrente: F(3, 167)=2,9067, p=,03631

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

fasce d'età

14

16

18

20

22

24

26

28

30

32

Indic

e d

i S

trate

gic

ità

Guardando il grafico 6 e i relativi post-hoc effettuati sul punteggio totale allo Mnemotest

emerge, per l’effetto d’interazione Genere ed età, che le studentesse giovani hanno

performance mnestiche significativamente più alte delle studentesse e degli studenti più in là

negli anni.

In conclusione, in merito ai punteggi ottenuti allo Mnemotest si è osservato che le

performance di memoria, le performance di metamemoria e l’indice di strategicità risentono

principalmente della variabile Età. Al crescere dell’età diminuiscono le performance di

memoria, intese sia come capacità di saper applicare una strategia di memoria, sia come

consapevolezza della sua applicazione. Inoltre, mentre la scala di memoria fa registrare un

effetto d’interazione Genere per Età, per la scala di metamemoria tale andamento emerge solo

per un item (item 5, relativo alla strategia di evidenziazione percettiva).

I giovani, soprattutto di genere femminile, hanno migliori capacità strategiche rispetto al

campione di anziani di genere maschile, ma soprattutto di genere femminile.

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 24,78 4,89

(B) 23-30 29 27,59 4,26

(C) 50-64 23 21,09 4,99

(D) 65-78 28 18,18 3,79

Maschi

(E) 19-22 24 26,29 5,13

(F) 23-30 15 24,33 6,54

(G)50-64 16 22,44 4,97

(H) 65-78 22 20,59 4,50

Post-hoc

(Bonferroni):

A>D;

B>C;B>D;B>G;B>H;

E>C; E>D; E>H;

F>D;

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4. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulla per la variabile

autoefficacia di memoria

Una dimensione specifica della metamemoria è l’autoefficacia di memoria, cioè la fiducia che

il soggetto ripone nei confronti della sua memoria o ancora “il proprio senso di padronanza e

capacità di utilizzare la memoria in modo efficace in situazioni impegnative" (Hertzog &

Dixon, 1994, p. 229). Gli studi che hanno centrato l’attenzione sull’autoefficacia di memoria

hanno messo in luce la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni mnestiche,

rivelando correlazioni positive anche se modeste tra le due variabili (McDonald-Miszczak,

Gould e Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn e Hill

2006). Alla luce di tale relazione, occorre stabilire se l’autoefficacia di memoria risente della

variabile età, verificando se la percezione di autoefficacia di memoria è diversa nei quattro

gruppi di studenti distinti per età. Si verificherà anche l’eventuale presenza di un effetto

d’interazione tra le variabili Genere ed Età.

Tabella 20 Analisi della varianza sul punteggio di autoefficacia di memoria

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=15;F=29)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=16;F=23)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia di

memoria 58.38 (8.70) 61.77 (8.70) 56.54 (8.38) 55.38 (7.85)

ETA=4.768; p=.003

GENERE = 1.51 ; p= n.s.

GENERE*ETA= .909; p= n.s.

B>C; B>D

Note. *Significatività a p<0,05

La significatività emerge tra il gruppo degli studenti d’età compresa tra i 23 e 30 anni e i due

gruppi di studenti non tradizionali. All’aumentare dell’età diminuisce la fiducia nelle proprie

capacità. Non emerge alcun effetto lineare della variabile genere, né l’effetto d’interazione

genere per età.

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anziani studenti

Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 121

Tuttavia, alla luce della relazione positiva tra autoefficacia di memoria e la tendenza del

soggetto a presentarsi in modo desiderabile, si è proceduto ad effettuare l’analisi della

varianza sul campione ridotto, cioè eliminando in entrambi i gruppi (studenti tradizionali e

studenti non tradizionali) i soggetti con profili a rischio e profili non validi (punteggi ≥9). In

tal caso i risultati subiscono un cambiamento.

Tabella 21 Analisi della varianza sul punteggio di autoefficacia di memoria

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=28)

(M=18;F=10)

(B)

23-30 anni

(n=28)

(M=12;F=16)

(C)

50-64 anni

(n=12)

(M=6;F=6)

(D)

65-78 anni

(n=24)

(M=11;F=13)

F(3,84); p

Post-hoc

(Bonfer

roni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia di

memoria 57.68 (5.70) 58.86 (7.11) 59.08 (8.51) 53.96 (8.81) ETA= 2.21; p= n.s.

GENERE = 0.126; p=n.s

GENERE*ETA= 1.959; p= n.s.

Note. *Significatività a p<0,05

Eliminando i soggetti che presentano punteggi alti di desiderabilità sociale alla scala

Marlowe-Crowne, studenti tradizionali e studenti non tradizionali mostrano i medesimi livelli

di autoefficacia di memoria. Non emergono infatti differenze né per età, né per genere, né per

effetto d’interazione tra queste due variabili. Le percezioni relativamente alle proprie capacità

di memoria sono uguali per entrambi i gruppi di studenti.

5. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili motivazionali e

metacognitive

Il confronto tra studenti giovani e studenti anziani ha riguardato anche le dimensioni

motivazionali e metacognitive del Motivated Strategies for Learning Questionnaire (cfr.

tab.22). Emergono delle differenze per la variabile età, per l’autoefficacia accademica e per

l’uso di strategie cognitive: i più giovani hanno punteggi più alti degli studenti non

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tradizionali (50-64 anni e 65-78 anni). I più giovani, quindi, hanno un maggiore senso di

autoefficacia accademica, e riferiscono di fare un uso maggiore delle strategie cognitive.

Tabella 22 Analisi della varianza effettuata sulle variabili del Motivated Strategies for Learning

Questionnaire

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=15;F=29)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=16;F=23)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia

accademica 45.6 (7.71) 50.3 (7.92) 44.26 (7.54) 43.8 (6.35)

ETA= 4.810; p=.003

GENERE = .913; p=n.s

GENERE*ETA=4.09;p=.008

B>A; B>C; B>D

Valore

intrinseco 51 (6.76) 53.5 (6.52) 49.82 (6.81) 49.26 (6.35)

ETA= 2.10 p=n.s.

GENERE =3.39; p=n.s

GENERE*ETA= 3.10; p=.02

Ansia 14.81 (5.01) 13.11 (5.37) 15.44 (4.23) 14.78 (4.81)

ETA= .1.19; p= n.s.

GENERE = .496; p=n.s

GENERE*ETA=2.27; p=n.s.

Uso di strategie

cognitive 70.12 (10.8) 70.57 (9.64) 66.51 (8.60) 65.22 (10.1)

ETA= 3 p=.03

GENERE = 14.82; p=.000

GENERE*ETA= 3.61; p=.01

B>D;

F>M;

Autoregolazione 41.74 (8.60) 45.37 (6.76) 41.51 (6.20) 40.62 (6.20)

ETA= 4.768; p=n.s.

GENERE = 3.37; p=n.s

GENERE*ETA= .909; p= n.s

Note. *Significatività a p<0,05

L’effetto del genere emerge solo per la variabile Uso di strategie cognitive: le donne si

percepiscono più capaci a mettere in atto strategie cognitive rispetto ai maschi.

L’effetto d’interazione Genere ed Età è emerso per le variabili valore intrinseco, autoefficacia

accademica e uso di strategie cognitive (fig. 7, 8, e 9).

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Figura 7 Grafico e relativi post-hoc per la variabile Valore Intrinseco

Anova fattoriale Sesso per età

Eff. corrente: F(3, 167)=3,1029, p=,02818

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

fasce d'età

44

46

48

50

52

54

56

58

60

Valo

re intr

inseco

L’analisi della varianza e i post-hoc hanno mostrato, per la variabile “valore intrinseco”, che

le studentesse giovani (23-30 anni) mostrano delle medie significativamente più alte rispetto

alle studentesse più anziane e ai maschi più giovani (19-22 anni).

Figura 8 Grafico e relativi post-hoc per la variabile autoefficacia accademica

Anov a f attoriale Sesso per Età

Ef f . corrente: F(3, 167)=4,0897, p=,00783

Femmine

Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

Fasce d'età

38

40

42

44

46

48

50

52

54

56

58

Auto

eff

icacia

accadem

ica

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 52.89 4.97

(B) 23-30 29 55.55 4.23

(C) 50-64 23 49.70 6.77

(D) 65-78 28 48.54 7.03

Maschi

(E) 19-22 24 49.58 7.63

(F) 23-30 15 49.53 8.32

(G)50-64 16 50.00 7.08

(H) 65-78 22 50.18 5.40

Post-hoc

(Bonferroni): B>C; B>D; B>E;

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 47.83 5.96

(B) 23-30 29 52.34 6.17

(C) 50-64 23 43.13 7.92

(D) 65-78 28 42.57 5.29

Maschi

(E) 19-22 24 43.92 8.53

(F) 23-30 15 46.47 9.59

(G)50-64 16 45.87 6.89

(H) 65-78 22 45.36 7.32

Post-hoc

(Bonferroni): B>C; B>D; B>E; B>H;

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Per quanto concerne l’autoefficacia accademica (cfr. fig. 8), le donne con un’età compresa tra

i 23 e i 30 anni hanno una maggiore fiducia per quanto riguarda la capacità di risoluzione di

problemi in ambito scolastico rispetto alle studentesse anziane e ai maschi giovani e anziani.

Il grafico e la relativa tabella (cfr. fig.9) che mostra medie, deviazioni standard e relativi post-

hoc per la variabile “Uso di strategie cognitive” mettono in luce come le studentesse più

giovani (19-22 anni e 23-30 anni) facciano un maggior uso di strategie cognitive, sia rispetto

alle studentesse anziane (65-78 anni), che ai maschi loro coetanei e anziani (50-64 anni).

Figura 9 Grafico e relativi post-hoc per la variabile uso di strategie cognitive

Anova fattoriale Sesso per età

Eff. corrente: F(3, 167)=3,6090, p=,01462

Femmine Maschi

19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni

Fasce d'età

55

60

65

70

75

80

85

Us

o d

i s

tra

teg

ie c

og

nit

ive

Si è voluto approfondire il ruolo della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile anche

per le misure del Motivated Strategies for Learning Questionnaire. Come per l’autoefficacia

di memoria, anche per le dimensioni prese in considerazione sono stati eliminati i casi con

profili “a rischio” (punteggi compresi tra 9 e11) e profili “non validi” (punteggi ≥ 12).

Effettuando un’analisi della varianza sul campione distinto per gruppi d’età emerge che i

Genere Gruppi SS Media Ds

Femmine

(A) 19-22 18 74.39 9.02

(B) 23-30 29 74.45 7.77

(C) 50-64 23 68.43 8.95

(D) 65-78 28 64.68 9.29

Maschi

(E) 19-22 24 66.92 11.08

(F) 23-30 15 63.07 8.56

(G)50-64 16 63.75 7.49

(H) 65-78 22 65.91 11.32

Post-hoc

(Bonferroni): A>D; A>E; A>F;

B>D; B>F; B>G; B>H

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punteggi di autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia e uso di strategie sono i

medesimi tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e anziani).

Tabella 23 Analisi della varianza sul campione ridotto per i punteggi al Motivated Strategies for learning

questionnaire

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=28)

(M=18;F=10)

(B)

23-30 anni

(n=28)

(M=12;F=16)

(C)

50-64 anni

(n=12)

(M=6;F=6)

(D)

65-78 anni

(n=24)

(M=11;F=13)

F(3,84); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia

accademica 44.04 (7.97) 48.32 (8.69) 46.33 (5.96) 44.29 (5.51) ETA= 1.953; p= ns

Valore

intrinseco 49.43 (6.04) 52.32 (7.39) 50 (7.13) 48.79 (5.87) ETA= 1.367 p=n.s.

Ansia 15.43 (4.77) 13.46 (4.77) 15.58 (4.05) 15.88 (3.90) ETA= 1.561; p= n.s.

Uso di strategie

cognitive 68.82(11.73) 68.86(10.98) 65.67(6.85) 63.52 (9.13) ETA=1.618 p=n.s.

Autoregolazione 38.75 (8.19) 44.43 (6.30) 40.33 (4.62) 39.42 (6.32) ETA= 3.88; p=0.01

B>A

Note. *Significatività a p<0,05

Eliminando i soggetti che tendono a presentarsi in modo desiderabile, i punteggi si equiparano

e scompare la predominanza degli studenti più giovani rispetto agli studenti in età avanzata,

emersa precedentemente. L’unica dimensione in cui emerge la superiorità degli studenti più

giovani è la capacità di autoregolazione, dove gli studenti tradizionali d’età compresa tra i 23

e i 30 anni si percepiscono più capaci di autoregolarsi rispetto agli studenti d’età compresa tra

i 19 e i 22 anni.

6. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali per le variabili di autoefficacia

empatica percepita

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Le ANOVA sono state effettuate anche sulle misure di autoefficacia emotiva percepita. Per le

variabili prese in considerazione non emergono differenze per età, né per effetto d’interazione

Genere ed età.

Per l’autoefficacia empatica percepita (positiva e negativa) le differenze tra i gruppi

scompaiono, quasi a confermare che il senso di autoefficacia percepita non è legato all’essere

un giovane o anziano.

Tabella 24 Analisi della varianza per la variabile autoefficacia emotiva percepita

Studenti tradizionali Studenti non tradizionali

(A)

19-22 anni

(n=42)

(M=24;F=18)

(B)

23-30 anni

(n=44)

(M=15;F=29)

(C)

50-64 anni

(n=39)

(M=16;F=23)

(D)

65-78 anni

(n=50)

(M=22;F=28)

F(3,167); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia

percepita nella

gestione delle

emozioni

negative

25.67 (4.26) 25.89 (5.08) 25.97 (4.89) 25.80 (5.70)

ETA= .149; p= n.s.

GENERE=3.611; p=.05

GENERE*ETA= 1.01; p= n.s.

M>F;

Autoefficacia

percepita nella

gestione delle

emozioni

positive

28.62 (4.17) 28.91 (4.76) 27.64 (4.11) 27.98 (4.83)

ETA= .638; p= n.s

GENERE=9.42; p=.002

GENERE*ETA= .366; p= n.s.

F>M;

Note. *Significatività a p<0,05

Per entrambe le variabili è confermato il dato secondo cui l’autoefficacia nella gestione delle

emozioni positive e l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative sono sensibili alla

variabile Genere: i maschi mostrano una maggiore autoefficacia nella regolazione dell’affetto

negativo, mentre le donne mostrano un punteggio maggiore di autoefficacia nell’esprimere

l’affetto positivo e l’empatia. Con l’avanzare dell’età gli uomini riescono a far fronte alla

ripercussioni negative, e le donne riescono a mostrarsi più capaci di gestire le emozioni

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anziani studenti

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positive. Questo risultato, in contrasto con i risultati di Caprara et al. (2005), secondo cui gli

uomini si percepiscono come meno capaci di regolare adeguatamente emozioni negative,

mentre le donne fortificano tale capacità, potrebbe essere spiegato dalla tipologia del

campione: l’essere studenti potrebbe aver condizionato nei maschi e nelle femmine il senso di

autoefficacia emotiva.

Effettuando l’analisi della varianza sui gruppi distinti per età ed eliminando dal campione i

casi con punteggi alti alla scala di desiderabilità sociale, non si registrano risultati differenti

all’analisi precedentemente svolta.

7. Confronto sulle motivazioni a frequentare un corso universitario

I risultati ottenuti precedentemente possono essere chiariti anche alla luce delle risposte

fornite dal campione, relativamente alle motivazioni che hanno spinto entrambi i gruppi a

frequentare corsi universitari.

Le risposte fornite dal campione, distinte per età (studenti tradizionali vs studenti non

tradizionali), sono state analizzate attraverso il calcolo del coefficiente di correlazione tra due

proporzioni.

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Tabella 25 Frequenze di risposte e coefficienti di proporzioni tra studenti tradizionali e studenti non

tradizionali rispetto ai motivi a frequentare un corso universitario

Motivazioni Studenti tradizionali

(N=86)

Studenti non tradizionali

(N=89)

Diff. tra

proporzioni

(p.)

Interesse per l’argomento 72 (,84) 49 (0,55) 0,001

Frequenza casuale 8(0,09) 0(0) 0,004

Maggior opportunità

lavorative 5 (0,06) 2 (0,02) n.s.

Impiego del tempo libero 0 (0) 20 (0,22) 0,000

Ampliamento relazioni

sociali 0 (0) 6(0,07 0,01

Curiosità nei confronti di un

corso formativo 0 (0) 10 (0,11) 0,001

Non so 1 (0,01) 2 (0,02) n.s.

Emerge dalla tabella 25 la superiorità delle risposte “interesse per l’argomento” degli studenti

tradizionali rispetto agli studenti non tradizionali. Altrettanto interessante è il numero di

risposte “per impiegare il mio tempo libero” e “per curiosità” date dagli studenti anziani

rispetto ai giovani studenti.

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Conclusioni

In merito alle ipotesi che hanno guidato l’approfondimento del confronto tra studenti giovani

e studenti in età avanzata, emerge che la tendenza alla desiderabilità sociale correla, solo per il

gruppo degli studenti tradizionali (giovani), con le variabili motivazionali e metacognitive

legate all’apprendimento, con l’autoefficacia di memoria e l’autoefficacia empatica percepita.

A differenza di quanto ipotizzato, non sono gli studenti in età avanzata a mostrare tale

relazione, bensì i giovani. Questo ha spinto, nell’elaborazione dei punteggi relativi alle misure

di auto-percezione, a ridurre il campione eliminando i soggetti che presentavano profili

tendenti alla desiderabilità sociale.

Per entrambi i gruppi, studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e

anziani), le performance di memoria e l’indice di strategicità, che indica il punteggio totale

allo Mnemotest, sono correlati alle variabili motivazionali e metacognitive legate

all’apprendimento confermando l’ipotesi di partenza. In linea con la letteratura (McDonald-

Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996;

Valentijn & Hill 2006) le performance mnestiche, in particolare i punteggi della scala di

metamemoria, risultano correlare con l’autoefficacia di memoria e con l’autoefficacia emotiva

ma solo per il gruppo di studenti non tradizionali (adulti e anziani).

L’analisi della varianza effettuata sui punteggi di performance di memoria, di metamemoria e

sull’indice di strategicità ha mostrato differenze statisticamente significative per i gruppi

distinti per età, genere e per l’effetto d’interazione genere ed età.

I giovani studenti hanno prestazioni cognitive migliori degli studenti non tradizionali

(Brigham et al., 1988). Confermata, inoltre, l’ipotesi secondo cui ad avere performance di

memoria migliori sono le studentesse più giovani sia rispetto ai maschi, che alle donne più in

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là negli anni (Gross & Rebok, 2011). Diverso l’andamento della metamemoria che risente

solo dell’età: all’aumentare di questa, diminuisce la capacità di individuare la strategia

migliore. Questi risultati confermano le ricerche recenti nell’ambito dell’invecchiamento

cognitivo, che hanno mostrato un peggioramento, legato all’età, delle prestazioni nelle prove

che misurano l’intelligenza fluida (ragionamento, risoluzione problemi e test della memoria

associativa). Queste infatti, al contrario delle misure legate all’esperienza e ai processi

culturali, legate cioè all’intelligenza cristallizzata (come ad esempio prove di vocabolario),

risentono del trascorrere del tempo (Dentici, Amoretti, & Cavallini, 2004). L’età è correlata

negativamente alla prestazione, mentre l’istruzione e la partecipazione ad attività sociali

risultano influire positivamente (Hill et al.,1995).

Il confronto tra il gruppo di studenti tradizionali ed il gruppo di studenti non tradizionali, per

la variabile autoefficacia di memoria ha confermato l’ipotesi iniziale. L’autoefficacia di

memoria risulta essere la stessa per studenti giovani e per studenti in età avanzata ma solo

quando viene effettuata la riduzione del campione, cioè eliminando i soggetti che presentano

profili tendenti alla desiderabilità sociale. Infatti, eliminando tali soggetti i punteggi tra

studenti tradizionali e studenti non tradizionali si equiparano, mostrando i medesimi livelli di

autoefficacia di memoria. Ciò vuol dire che, nonostante l’influenza dell’età sull’autoefficacia

di memoria, l’anziano che sceglie d’intraprendere un percorso formativo ha fiducia nelle

proprie capacità di memoria (Bandura, 1997) e non percepisce il peggioramento delle sue

competenze mnestiche legato all’età, forse anche per la stimolazione a cui è esposto durante il

processo di apprendimento. Questo risultato, alla luce della stretta relazione tra autoefficacia

di memoria e performance, sottolinea che i soggetti anziani, al pari degli studenti giovani,

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anziani studenti

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hanno fiducia nella propria memoria e che questa, cosi come accade per gli studenti in età

scolastica, gioca un ruolo fondamentale nella determinazione delle prestazioni finali.

Per quanto concerne il confronto tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali per le

variabili motivazionali e metacognitive legate all’apprendimento, l’ipotesi di partenza non

risulta confermata totalmente. Emerge una superiorità delle donne più giovani rispetto al

gruppo di studenti adulti e anziani per la variabile Autoefficacia accademica, confermando i

dati riportati in letteratura (Carpenter, 2005). Per la variabile Ansia: non emergono differenze

significative né per età, né per genere, né per effetto d’interazione genere ed età,

disconfermando l’ipotesi di una maggiore ansia delle studentesse anziane rispetto ai coetanei

maschi (Jonker, Smit & Deeg, 1997) e agli studenti tradizionali. Per quanto concerne la

variabile Motivazione Intrinseca i risultati sono in contrasto con quelli dello studio di Justice

et al. (2001) in cui emergeva l’effetto d’interazione Genere ed Età, con più alti livelli di

motivazione nelle studentesse anziane. La discrepanza dei risultati potrebbe essere ricondotta

alla differente composizione del campione: infatti nello studio di Justice et al. (2001) il

campione degli studenti non tradizionali era costituito donne con un range d’età molto ampio

(24-64 anni) e con una media d’età pari a 29.27 anni.

Tuttavia, l’elemento che merita particolare attenzione consiste nel fatto che le differenze

appena descritte, emerse su tali dimensioni, scompaiono nel momento in cui vengono

eliminati i soggetti con profili tendenti alla desiderabilità sociale, e i punteggi tra studenti

tradizionali e studenti non tradizionali si equiparano. Ciò vuol dire che, eliminando i soggetti

che tendono a “falsare” in modo più o meno inconsapevole (soprattutto studenti giovani) la

propria immagine, le differenze motivazionali e metacognitive scompaiono, mettendo in luce

la stessa struttura predisposizionale all’apprendimento.

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anziani studenti

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Anche l’ipotesi che sosteneva medesimi livelli di auto percezione nella gestione di emozioni

negative e positive tra giovani studenti e adulti e anziani studenti, risulta confermata. Tale

risultato si mantiene anche con l’eliminazione dei soggetti con profili tendenti alla

desiderabilità sociale.

Infine l’ultima ipotesi, secondo cui gli adulti e anziani studenti, a differenza degli studenti

giovani, intraprendono un percorso formativo per motivi che non sono strettamente legati

all’interesse verso l’argomento, risulta confermata. Gli studenti non tradizionali, a differenza

degli studenti tradizionali sembrano spinti da motivazioni differenti rispetto ai colleghi più

giovani. Nonostante questo, fatta eccezione per le prestazioni di memoria, gli studenti non

tradizionali si sentono capaci e sono altamente motivati quanto gli studenti giovani. Questi

risultati sono in linea con i dati riportati in letteratura (Knowlton, 1977; Luppi, 2009;

Romaniuk & Romaniuk, 1982; Tobias 1991; Withnall, 1989; Wolfgang & Dowling, 1981),

secondo cui le motivazioni a frequentare un corso sono da ricondurre principalmente a due

grandi aspetti: all’interesse verso l’argomento e al bisogno d’impiegare il tempo libero e/o di

allargare la rete delle conoscenze.

Questo risultato getta nuove basi nella strutturazione della programmazione formativa per gli

studenti universitari in età avanzata. Infatti, al contrario di quanto si pensa, e cioè che con

l’aumentare dell’età le competenze e la fiducia in sé stessi tendano a diminuire, questo studio

mette in luce che, nonostante le prestazioni di memoria e di metamemoria risentano del

trascorrere dell’età, gli adulti e anziani, possono compensare questo declino con buoni livelli

di fiducia in sé, nella propria memoria e una buona motivazione a raggiungere il fine

prefissato al pari degli studenti più giovani. Quindi i programmi e le direttive del Lifelong

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Learning dovrebbero mettere a punto programmi stimolanti e adeguati a quelle che sono le

reali competenze e potenzialità dell’individuo in età avanzata.

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6.2 Studio 2: Confronto tra studenti non tradizionali (adulti e anziani) e non

studenti (adulti e anziani)

Introduzione

Obiettivo di questo studio è indagare l’esistenza di eventuali differenze tra chi decide di

intraprendere un percorso formativo in età avanzata e chi, invece, non l’ha mai fatto.

Attraverso il confronto di adulti e anziani studenti, con adulti e anziani non studenti, si vuole

verificare se i due gruppi presentino medesime prestazioni cognitive e medesimi livelli

motivazionali o l’aver frequentato un corso formativo risulta essere una variabile influente

sull’invecchiamento e sui percorsi formativi ad esso connessi. Approfondire questo aspetto,

attraverso il confronto di questi due gruppi (adulti e anziani studenti e adulti e anziani non

studenti) appaiati per età e istruzione, permette di individuare quelle aree che, con una

stimolazione adeguata e programmi educativi specifici, possono subire un miglioramento e

migliorare la qualità di vita di tale popolazione. Se la ricerca mettesse in risalto prestazioni

cognitive migliori e buoni livelli di autoefficacia di memoria, nel gruppo degli anziani

studenti, potremmo sicuramente sottolineare il ruolo positivo che hanno i percorsi formativi in

età avanzata e alla luce di tale risultati strutturare i programmi destinati agli anziani in modo

più specifico e mirato.

La letteratura sull’argomento, oltre che esigua, non permette di arrivare neppure a conclusioni

unanimi. Alcuni studi hanno messo in luce che le prestazioni cognitive di studenti di 40 anni

risultano essere migliori di quelle dei soggetti di 40 anni e 60 anni non studenti (Zivian et al.

1983), mentre altri studi non ritrovano differenze legate alla variabile studente, ritrovando per

entrambi medesime prestazioni cognitive e sociali (Parks et al., 1986). Da qui la necessità di

verificare le performance di memoria e di metamemoria. Inoltre, sarà indagato il rapporto tra

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l’essere studenti e le percezioni di autoefficacia di memoria e autoefficacia emotiva, cercando

di verificare quanto lo Status di Studente si riveli influente nella determinazione del livello di

autoefficacia di memoria e nella determinazione del livello di autoefficacia empatica

percepita.

Obiettivi ed Ipotesi

1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle

misure Self-Report

L’uso di misure Self-Report porta con sé il limite della tendenza del soggetto a

presentarsi in modo socialmente desiderabile. Questo fenomeno sembra interessare in

modo particolare l’invecchiamento (Ray, 88). Vista la relazione tra Età e desiderabilità

sociale (Eysenck & Eysenck, 1975; Ray, 1988) s’intende verificare, sul gruppo di

adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti, se la tendenza alla

desiderabilità sociale è correlata alle variabili motivazionali e di autoefficacia.

S’ipotizza una relazione di tipo positivo tra desiderabilità sociale e le risposte di auto

percezione delle proprie capacità per entrambi i gruppi.

Qualora questa ipotesi si rivelasse vera, su ogni misura Self-Report sarà effettuata

un’analisi della varianza sul campione ridotto, cioè con l’esclusione di profili tendenti

alla desiderabilità sociale. S’ipotizza che, eliminando tali soggetti in entrambi i gruppi

(adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti), emergano delle differenze

per le variabili motivazionali e di autoefficacia percepita.

2. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti nelle relazioni

tra le variabili di performance mnestica, di autoefficacia di memoria e di autoefficacia

emotiva

Verificare se vi siano differenze tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani

studenti per le relazioni che intercorrono tra le variabili di performance mnestica e le

variabili di autoefficacia di memoria e di autoefficacia emotiva.

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S’ipotizzano, per entrambi i gruppi, correlazioni tra le performance mnestiche e

l’autoefficacia di memoria, vista la stretta correlazione, riportata in letteratura, tra

autoefficacia di memoria e performance mnestiche (McDonald-Miszczak, Gould &

Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill,

2006). S’ipotizza inoltre, per entrambi i gruppi, che alte performance mnestiche

correlino con alti punteggi di autoefficacia emotiva, secondo l’ipotesi che la

percezione delle emozioni negative e positive influenzino componenti cognitive e

affettive di benessere soggettivo (Caprara & Steca, 2005).

3. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili

performance di memoria e di metamemoria e sull’indice di strategicità

Verificare se le strategie di memoria e metamemoria possedute dagli studenti non

tradizionali si differenziano da quelle possedute da coloro che non hanno intrapreso

tale corso, cioè i non studenti. Si analizzerà, inoltre, l’eventuale presenza di differenze

per l’indice di strategicità. La letteratura sull’argomento, abbastanza esigua, (Parks et

al.,1986; Zivian & Darjes, 1983) non conferma il medesimo risultato. S’ipotizza che la

partecipazione a corsi universitari potrebbe indurre il soggetto adulto e anziano a

mettere in pratica un numero maggiore di strategie di memoria e di metamemoria,

capaci d’influenzare il rendimento medio del gruppo degli studenti non tradizionali

rispetto al gruppo dei non studenti. Inoltre, si vuole verificare l’effetto dell’interazione

delle variabili Genere e Status di Studente: ci si attende di osservare che le studentesse

donne siano più brave delle donne e dei maschi non studenti (Gross & Rebok, 2011;

Jonker et al., 1997).

4. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile

autoefficacia di memoria

Verificare se esistano differenze nella percezione di autoefficacia di memoria nei due

gruppi di adulti e anziani (studenti e non studenti) per la variabile Status di Studente.

Nello specifico ci si attende di osservare che, nonostante l’influenza dell’età sulla

percezione di autoefficacia di memoria (Lineweaver & Hertzog, 1998; Hertzog &

Dixon, 1994; Wells & Esopenko, 2008), gli adulti e anziani studenti abbiano una

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migliore percezione di se stessi relativamente alla propria memoria, rispetto agli adulti

e anziani non studenti.

5. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili

di autoefficacia empatica percepita

Verificare se esistano differenze nella percezione di autoefficacia empatica percepita

per effetto della variabile Status di Studente. Nello specifico, s’ipotizza una più alta

autoefficacia (nella gestione delle emozioni positive e delle emozioni negative) nel

gruppo degli anziani studenti rispetto al gruppo dei non studenti partendo dall’ipotesi

che chi intraprende un corso di studi ha fiducia nelle proprie capacità (Bandura, 1997).

6. Le motivazioni di adulti e anziani non studenti a non frequentare un corso

universitario

Indagare le motivazioni degli anziani non studenti sul perché non abbiano mai pensato

di intraprendere un percorso formativo. Cercare cioè di capire se è legato a stereotipi

sulla mancanza di capacità o sull’avanzare dell’età, o alla percezione di inutilità di un

percorso formativo o ancora a mancanza d’interesse nei confronti della formazione in

età avanzata. Questa ipotesi sarà verificata solo sul gruppo dei non studenti e nello

specifico sui punteggi ottenuti al Questionario d’indagine Motivazionale costruito ad

hoc per non frequentanti, che indaga i motivi che possono aver impedito la possibilità

di considerare l’idea di intraprendere un corso di studi in età avanzata. Ci si attende di

osservare risposte legate alla percezione di mancanza di capacità e disinteresse nei

confronti di percorsi formativi in età avanzata, per l’influenza di stereotipi legati

all’invecchiamento (Chasteen, Schwarz & Park, 2002; Chasteen et al., 2005; Hess et

al., 2003; Ryan & Kwong See, 1993).

Campione

Il campione oggetto della ricerca è composto da due gruppi di soggetti differenziati per la

frequenza o meno di un corso universitario. Sono 74 studenti non tradizionali (adulti e anziani

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che frequentano corsi universitari presso le Università delle Terza Età) e 70 non studenti

(adulti e anziani non Universitari). Gli studenti non tradizionali sono composti da 41 femmine

e 33 maschi (equidistribuito per genere; Chi2= 0. 86 n.s) con un’età che varia dai 52 anni ai 78

anni (età media 63.90 anni, ds=5.80) ed un livello di istruzione che va da 5 anni a 18 anni

(istruzione media = 10.88 anni, ds=3.64). Il campione di adulti e anziani che non frequentano

l’università è composto da 35 femmine e 35 maschi (Equidistribuito per genere; Chi2= 0, n.s.)

con un’età che varia dai 50 anni ai 75 anni (età media 61.97 anni, ds=7.69) ed un livello di

istruzione che va da 5 anni a 18 anni (istruzione media = 9.68 anni, ds=3.66). I due gruppi

sono appaiati per età (F(1, 142)=2.92 p=.090), istruzione F(1, 142)=3.83, p=.07 e genere (Chi2=

0.42 p=.516). Il campione proviene da varie regioni d’Italia.

Strumenti

1. Schede anamnestiche: lo scopo dello strumento è la raccolta dei dati personali e

professionali dei soggetti intervistati. Viene richiesta l’età, il genere, il titolo di studio

e gli anni di scolarità, la professione svolta, la regione di provenienza e l’eventuale

frequenza a corsi universitari destinati alla popolazione adulta e anziana.

2. Marlowe-Crowne Social Desiderability Scale, Form C (Reynolds, 1982): la scala,

nella sua versione ridotta, è composta da 13 item che prevedono risposte dicotomiche

vero/falso e valuta la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile, in

maniera deliberata oppure inconsapevole. Le due sottoscale sono “autoinganno” (self-

deception) e “gestione delle impressioni” (impression management). Si tende

comunque ad utilizzare un unico punteggio di scala. Esistono numerose versioni

ridotte della M-C ampiamente utilizzate in letteratura, ma quella composta da 13 item

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è la versione ridotta più affidabile in quanto più rappresentativa della versione

originale composta da 33 item (Reynolds, 1982).

3. Mnemotest: test che indaga le strategie di memoria e di metamemoria. La versione

adattata per adulti e anziani dello strumento è stata ottenuta partendo dalla versione

originale di Cottini e Meazzini (2005), dedicato a studenti di scuola elementare e

media. È costituita da 10 item che indagano le performance di memoria e le

performance di metamemoria. Il punteggio alle due subscale da vita all’indice di

strategicità, indicativo delle competenze di memoria e metamemoria complessive del

soggetto adulto e anziano.

4. MIA Capacity (Metamemory in Adulthood questionnaire) (Dixon, Hultsch, 1984;

Dixon, Hultsch, Herzog, 1988): è una sottoscala che compone il Metamemory in

Adulthood questionnaire e misura le credenze che il soggetto possiede relativamente

alle capacità di memoria. La sottoscala è composta da 17 item e la versione italiana

utilizzata è stata messa a punto dalla seconda Università di Napoli. Il MIA è composto

da 108 item, con risposte su scala Likert a 5 punti, e 7 subscale. I valori assunti dai

coefficienti alpha di Cronbach e i dati relativi alla validità convergente, discriminante

e predittiva del MIA (Hertzog, Hultsch, & Dixon, 1988) testimoniano della

complessiva affidabilità dello strumento.

5. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive (Caprara &

Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare

adeguatamente le emozioni positive. La versione definita per adolescenti e adulti è

costituita da 7 item (α 0.82), con risposte su scala Likert a 5 punti (1 Per nulla capace -

5 Del tutto capace).

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6. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni negative (Caprara &

Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare

adeguatamente le emozioni negative. La versione definita per adolescenti e adulti è

costituita da 8 item (α 0.82), con risposte su una scala Likert a 5 punti (1 Per nulla

capace - 5 Del tutto capace).

7. Questionario d’indagine Motivazionale per non frequentanti (QMNF): composto

da 15 item, con risposte su scala Likert da 1(falso) a 5 (vero) punti, è uno strumento

costruito ad hoc per indagare i motivi che possono aver impedito la possibilità di

considerare l’idea di intraprendere un corso di studi in età avanzata. I 15 item sono

riconducibili a 5 categorie di motivazioni: l’età avanzata, la mancanza di tempo, il

considerare “inutile” un percorso formativo, per mancanza di capacità, per mancanza

d’interesse.

Risultati

1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle

misure Self-Report

Sono state effettuate delle correlazioni, distinte per gruppi di adulti e anziani studenti e adulti

e anziani non studenti, tra la tendenza a presentarsi in modo socialmente desiderabile e le

misure relative alle prestazioni di memoria (Mnemotest) e alle misure Self-report

(autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso di

strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva).

Per quanto riguarda la correlazione tra desiderabilità sociale e le altre misure prese in

considerazione, applicando il test di differenze tra coefficienti di correlazioni, emerge una

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differenza significativa tra i due coefficienti appartenenti ai due gruppi: la relazione positiva

tra autoefficacia di memoria e desiderabilità sociale, per il gruppo di adulti e anziani non

studenti, mette in luce che, gli adulti e anziani che non intraprendono percorsi formativi e che

hanno punteggi alti di autoefficacia di memoria, tendono anche a rispondere in modo

socialmente desiderabile. Alti punteggi di desiderabilità sociale sono, inoltre, correlati con alti

punteggi per quanto riguarda la fiducia nella gestione delle emozioni negative.

Tabella 26 Correlazioni tra la desiderabilità sociale e le altre variabili misurate attraverso il confronto adulti e

anziani studenti (studenti non tradizionali) e adulti e anziani non studenti (Non studenti)

Desiderabilità sociale

Studenti Non Tradizionali /Non Studenti

Mnemotest

Performance di memoria -0.04/0.13

Performance di metamemoria -0.25/-0.13

Indice di strategicità -0.14/0.05

Autoefficacia di memoria -0.00/0.29*

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni negative

0.22/0.29

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni positive

-0.05/0.20

Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05

*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05

Queste correlazioni tra le misure di auto percezione e la desiderabilità sociale ci spinge, più

avanti nella ricerca, ad effettuare le ANOVA sui due gruppi eliminando tutti i profili a rischio

(≥9) ed i profili non validi.

Al contrario, una correlazione negativa emerge, per il gruppo di adulti e anziani studenti, tra

punteggi di desiderabilità sociale e punteggi di metamemoria: all’aumentare della

consapevolezza relativa alla propria memoria diminuisce la tendenza a dare un’immagine di

sé desiderabile.

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2. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti nelle relazioni

tra le variabili di performance mnestica, di autoefficacia di memoria e di autoefficacia

emotiva

Attraverso il confronto tra adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti, sono state

effettuate le correlazioni prendendo in considerazione i punteggi relativi ai tre indici dello

Mnemotest e i punteggi alla scala di autoefficacia di memoria e alle scale di autoefficacia

percepita nella gestione delle emozioni negative e positive.

Tabella 27 Correlazioni tra le misure di prestazione mnestiche e le altre variabili misurate, attraverso il

confronto tra adulti e anziani studenti (studenti non tradizionali) e adulti e anziani non studenti (Non

studenti)

Performance di

memoria

Performance di

metamemoria

Indice di strategicità

Studenti Non tradizionali/

Non Studenti

Studenti Non tradizionali/

Non Studenti

Studenti Non tradizionali/

Non Studenti

Autoefficacia di memoria 0.16/0.24 0.28/0.06 0.25/0.22

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni negative

-0.20/0.10 -0.11/-0.10 -0.20/0.04

Autoefficacia percepita nella

gestione delle emozioni positive

-0.02/0.19 0.14/-0.12 0.05/0.11

Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05

*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05

Dalla tabella 27 emergono delle correlazioni tra l’autoefficacia di memoria e le performance

di memoria per i non studenti, mentre per gli studenti non tradizionali emerge una

correlazione positiva tra l’autoefficacia di memoria e la consapevolezza relativa all’uso delle

strategie di memoria (metamemoria). Per entrambi i gruppi emerge la correlazione, anche se

debole, tra il punteggio totale di memoria ottenuto allo Mnemotest (Indice di Strategicità) e

l’autoefficacia di memoria.

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Va sottolineato però che, applicando il test di differenze per coefficiente di correlazione, non

emergono differenze significative tra i coefficienti appartenenti ai due gruppi.

Non emerge nessuna correlazione tra l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni

positive e negative e i tre punteggi ottenuti allo Mnemotest, per entrambi i gruppi.

Questa analisi preliminare ha messo in luce le somiglianze e le differenze tra i due gruppi per

quanto riguarda le correlazioni tra le misure di performance e le misure Self-Report prese in

considerazione. Da questo si parte per addentrarci in modo più specifico nelle differenze tra

gruppi di adulti e anziani studenti e coetanei non studenti.

3. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili

performance di memoria, metamemoria e per l’indice di strategicità

Si procederà adesso, attraverso l’applicazione dell’analisi della varianza, a confrontare i due

gruppi di adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti relativamente alle

performance di memoria, metamemoria e indice di strategicità ottenuti allo Mnemotest.

Effetto Genere per Status di Studente sulla memoria

Effettuando delle ANOVA sui gruppi distinti per Status di Studente si riscontrano differenze

significative tra i due gruppi (cfr. tab.28). Si verificherà, inoltre, l’effetto d’interazione dello

status di studente e del genere.

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Tabella 28 Analisi della varianza sui gruppi di anziani studenti e anziani non studenti per la variabile

performance di memoria

Adulti e anziani Studenti Adulti e anziani non

Studenti

Performance di

memoria

(A)

(n=74)

(M=33;F=41)

(B)

(n=70)

(M=35;F=35)

F(1,140); p

Post-hoc

(Bonferro

ni) Media (ds) Media (ds)

Item 1 (strategia

di reiterazione) 0.95 (0.23) 0.91 (0.28)

ST. STUDENTE= .80; p= n.s

GENERE= 0.80; p=n.s.

GENERE*STUD= 10.56; p= 0.001

Item 2 (strategia

di associazione) 0.47 (0.50) 0.44 (0.50)

ST. STUDENTE = .369; p=n.s.

GENERE= 9.16; p= 0.003

GENERE*STUD=1.61; p=n.s.

M>F;

Item 3 (strategia

di codifica) 0.41 (0.49) 0.31 (0.47)

ST. STUDENTE = 1.51; p=n.s

GENERE= 0.33; p= n.s.

GENERE*STUD= 2.57; p= n.s.

Item 4 (strategia

di codifica

spaziale)

0.93 (0.25) 0.80 (0.40) ST. STUDENTE= 6.30; p= 0.01

GENERE= 0.005; p= n.s.

GENERE*STUD=4.55; p=0.03

A>B

Item 5 (strategia

di evid.

percettiva)

0.41 (0.62) 0.41 (0.58 ST. STUDENTE= .752; p=n.s.

GENERE= 1.472; p=n.s

GENERE*STUD= .006; p= n.s.

Item 6 (strategia

di clustering) 0.72 (0.93) 0.64 (0.92)

ST. STUDENTE = .223; p=n.s

GENERE= 4.39; p= 0.03

GENERE*STUD= 3.48; p= n.s.

F>M

Item 7 (strategia

di evid.

percettiva)

1.95 (0.66) 1.83 (0.59) ST. STUDENTE = 1.51; p= n.s.

GENERE= 0.196; p=n.s.

GENERE*STUD= 2.36; p= n.s.

Item 8 (strategia

formazione di

storia)

1.11 (1.23) 0.77 (1.09) ST. STUDENTE = .369; p=n.s

GENERE= 0.20; p= n.s.

GENERE*STUD= 10.02 p=.002

Item 9 (strategia

di clustering) 2.54 (0.74) 2.53 (0.72)

ST. STUDENTE = .023; p= n.s

GENERE= 0.325; p=n.s.

GENERE*STUD= 2.37; p= n.s.

Item 10

(strategia di

codifica

spaziale)

0.45 (0.50) 0.51 (0.50) ST. STUDENTE =695; p=n.s

GENERE= .054; p= n.s.

GENERE*STUD= .054; p= n.s.

Performance

Totale 9.92 (3.34) 9.24 (3.23)

ST. STUDENTE =1.97; p=n.s

GENERE= 0.404; p= n.s.

GENERE*STUD= 9.99; p=.002

Note. *Significatività per p< 0.05

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Il primo elemento che l’analisi della varianza mette in risalto è che da sola, la variabile Status

di Studente non risulta incidere in modo determinante (fatta eccezione per l’item 4 che fa

riferimento all’applicazione della strategia di codifica, in cui gli adulti e anziani studenti

fanno registrare un punteggio più alto). Il genere risulta determinante per l’item 2 (strategie di

associazione) e per l’item 6 (strategia di clustering): al primo item emerge la superiorità

maschile, al secondo item emerge la superiorità femminile.

Se, invece, si guarda all’effetto d’interazione Genere e Status di Studente emergono

differenze significative tra i gruppi: agli item 1 (relativo alla strategia di reiterazione), all’item

4 (relativo alla strategia di codifica spaziale), all’item 8 (relativo alla strategia formazione di

una storia) e al punteggio totale emerge una superiorità dei maschi studenti. In particolare,

sembra che le strategia di Reiterazione, Codifica Spaziale, Organizzazione Semantica

(formazione di storia) sembrano essere messe maggiormente in atto dagli adulti e anziani

studenti rispetto ai non studenti.

Le figg.10, 11, 12, 13 e le relative tabelle e post-hoc mettono in risalto le prestazioni povere

degli anziani non studenti di genere maschile, a differenza degli anziani maschi studenti che

hanno performance migliori.

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Figura 10 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 1 di performance di memoria

Anova fattoriale Sesso per Status di Studente

Eff. corrente: F(1, 140)=10,555, p=,00145

Femmine

MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

0,7

0,8

0,9

1,0

1,1

1,2

Item

1: str

ate

gia

di re

itera

zio

ne

Figura 11 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 4 di performance di memoria

Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente

Ef f . corrente: F(1, 140)=4,5478, p=,03471

Femmine

MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

1,1

1,2

Ite

m 4

: s

tra

teg

ia d

i C

od

ific

a S

pa

zia

le

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A)

Femmine 41 0,90 0,30

(B) Maschi 33 1 0

Adulti e

Anziani

Non Studenti

(C)

Femmine 35 1 0

(D) Maschi 35 0,83 0,38

Post-hoc

(Bonferroni): B>D; C>D;

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A)

Femmine 41 0,88 0,33

(B)

Maschi 33 1 0

Adulti e

Anziani

Non

Studenti

(C)

Femmine 35 0,86 0,36

(D)

Maschi 35 0,74 0,44

Post-hoc

(Bonferro

ni):

B>D;

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anziani studenti

Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 147

Figura 12 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 8 di performance di memoria

Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente

Ef f . corrente: F(1, 140)=10,020, p=,00190

Femmine

MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

-0,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

Item

8:

form

azio

ne d

i sto

ria

Figura 13 Grafico e relativi post-hoc effettuati sul punteggio totale di performance di memoria

Anova fattoriale Sesso per Status di Studente

Eff. corrente: F(1, 140)=9,9967, p=,00192

femmine

maschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

6,5

7,0

7,5

8,0

8,5

9,0

9,5

10,0

10,5

11,0

11,5

12,0

12,5

perf

orm

ance tota

le

Ciò ci permette di concludere che le differenze tra l’essere studente e il non essere studente

emergono quando si va a vedere anche il genere dei partecipanti: infatti, i soggetti che

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A) Femmine 41 0,88 1,10

(B) Maschi 33 1,39 1,34

Adulti e

Anziani

Non Studenti

(C) Femmine 35 1,11 1,21

(D) Maschi 35 0,43 0,85

Post-hoc

(Bonferroni): B>D;

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A) Femmine 41 9,32 3,30

(B) Maschi 33 10,67 3,29

Adulti e

Anziani

Non Studenti

(C) Femmine 35 10,26 3,49

(D) Maschi 35 8,23 2,61

Post-hoc

(Bonferroni): B>D;

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anziani studenti

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frequentano un corso universitario, soprattutto i maschi, hanno prestazioni più alte rispetto

agli anziani che non hanno intrapreso tale percorso e quindi sembrano beneficiare

maggiormente della partecipazione ai corsi universitari.

Effetto Genere per Status di Studente sulla metamemoria

La tabella successiva (cfr. tab.29) mostra l’analisi della varianza per la variabile Performance

di Metamemoria.

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Tabella 29 Analisi della varianza sui gruppi di anziani studenti e anziani non studenti per la variabile

Metamemoria

Adulti e anziani

Studenti

Adulti e anziani non

Studenti

Performance di

metamemoria

(A)

(n=74)

(M=33;F=41)

(B)

(n=70)

(M=35;F=35)

F(1,140); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)

Item 1 (strategia

di reiterazione) 1.22 (0.50) 1.40 (0.52)

ST. STUDENTE= 4.52; p= 0.03

GENERE=1.13 ; p= n.s

GENERE*STUD= 2.62; p= n.s.

B>A

Item 2 (strategia

di associazione) 0.92 (0.49) 1.06 (0.48)

ST. STUDENTE = 2.59; p=n.s.

GENERE=1.58 ; p= n.s

GENERE*STUD=.303;p=n.s.

Item 3 (strategia

di codifica) 1.00 (0.50) 0.99 (0.36)

ST. STUDENTE = .038; p=n.s

GENERE= .342; p= n.s

GENERE*STUD= .342; p= n.s.

Item 4 (strategia

di codifica

spaziale)

1.27 (0.50) 1.29 (0.46)

ST. STUDENTE= .023; p= n.s.

GENERE=0 ; p= n.s

GENERE*STUD= .517; p= n.s.

Item 5 (strategia

di evid.

percettiva)

1.15 (0.57) 1.21 (0.54)

ST. STUDENTE= .594; p=n.s.

GENERE=.010 ; p= n.s

GENERE*STUD= 1.05; p= n.s.

Item 6 (strategia

di clustering) 1.18 (0.45) 1.06 (0.34)

ST. STUDENTE = .266; p=n.s

GENERE=1.31 ; p= n.s

GENERE*STUD= 4.06; p= .04.

Item 7 (strategia

di evid.

percettiva)

1.39 (0.52) 1.37 (0.52)

ST. STUDENTE = .057; p= n.s.

GENERE=.406 ; p= n.s

GENERE*STUD= .462; p= n.s..

Item 8 (strategia

formazione di

storia)

1.00 (0.23) 0.99 (0.27)

ST. STUDENTE = .115; p=n.s

GENERE=1.038 ; p= n.s

GENERE*STUD= 1.03 p= n.s.

Item 9 (strategia

di clustering) 1.12 (0.40) 0.99 (0.21)

ST. STUDENTE = 6.86; p= .01

GENERE=.548 ; p= n.s

GENERE*STUD= 1.61; p= n.s.

A>B

Item 10

(strategia di

codifica

spaziale)

1.23 (0.65) 1.37 (0.62)

ST. STUDENTE = 1.81; p=n.s

GENERE=.429 ; p= n.s

GENERE*STUD= .908; p= n.s.

Performance

metamemoria

Totale

11.47 (2.06) 11.71 (1.69)

ST. STUDENTE =.572; p= n.s

GENERE=0.003 ; p= n.s

GENERE*STUD= .015; p=n.s.

Note. *Significatività per p< 0.05

Su quasi tutti gli item non emergono differenze significative tra le medie dei punteggi dei due

gruppi, eccetto che per l’item 1, relativo alla strategia di reiterazione e l’item 9, relativo alla

strategia di Clustering. Al primo item hanno performance migliori gli anziani non studenti,

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mentre all’item 9 emerge una superiorità del gruppo degli anziani studenti. Si riscontra,

inoltre, una differenza significativa tra le medie dovuto all’effetto interazione genere e status

di studente solo per l’item 6.

Figura 14 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 6 di performance di metamemoria

Anova fattoriale Sesso per Status di Studente

Eff. corrente: F(1, 140)=4,0568, p=,04591

femmine

maschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

0,8

0,9

1,0

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

Ite

m 6

: S

tra

teg

ia d

i C

luste

rin

g

Qui le performance di metamemoria delle donne anziane, che frequentano corsi formativi,

sono migliori dei maschi dello stesso gruppo e delle donne e dei maschi anziani non studenti

(cfr. fig.14). Non emergono differenze distinte per genere. Sul punteggio Totale alla scala di

metamemoria non emergono differenze significative tra i gruppi.

Effetto Genere per Status di Studente sull’indice di strategicità

Si analizzerà in ultimo l’indice di strategicità, inteso come il punteggio unitario tra

performance di memoria e performance di metamemoria che il soggetto ottiene allo

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A) Femmine 41 1.27 0.45

(B) Maschi 33 1.06 0.43

Adulti e

Anziani

Non

Studenti

(C) Femmine 35 1.03 0.29

(D) Maschi 35 1.08 0.37

Post-hoc (Bonferroni): A>B; A>C; A>D

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Mnemotest. Si vuole verificare l’effetto dello status di studente, del genere e dell’effetto

d’interazione tra queste due variabili.

Tabella 30 Analisi della varianza sul campione distinto per Status di Studente ed Età per la variabile

Indice di Strategicità

Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non

studenti

(A)

(n=74)

(M=33;F=41)

(B)

(n=70)

(M=35;F=35)

F(1,140); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)

INDICE DI

STRATEGICITA’ 21.39 (4.41) 20.96 (3.98)

ST. STATUS=.535; p=n.s.

GENERE= .264; p=n.s.

GENERE*STUD = 6.18; p=.01

Note. *Significatività a p<0,05

Emerge un effetto d’interazione tra Status di Studente e Genere: i maschi Studenti hanno

performance totali migliori dei maschi non studenti, cosi come le femmine non studenti hanno

performance totali migliori dei maschi che non hanno intrapreso un percorso formativo (cfr.

fig.15).

Figura 15 Grafico e post-hoc per la variabile Indice di Strategicità

Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente

Ef f . corrente: F(1, 140)=6,1760, p=,01413

Femmine

MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

STUDENTE

18

19

20

21

22

23

24

25

Indic

e d

i str

ate

gic

ità

Gruppi Genere SS Media Ds

Adulti e

Anziani

Studenti

(A)

Femmine 41 20.8 4.29

(B)

Maschi 33 22.2 4.58

Adulti e

Anziani

Non

Studenti

(C)

Femmine 35 22.0 4.12

(D)

Maschi 35 19.9 3.59

Post-hoc

(Bonfer

roni):

B>D;C>D

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4. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile

autoefficacia di memoria

La possibile influenza della variabile Status di Studente sarà verificata anche sulla percezione

di autoefficacia di memoria (cfr. tab.31).

Tabella 31 Analisi della varianza sul campione per la variabile autoefficacia di memoria

Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non

studenti

(A)

(n=74)

(M=33;F=41)

(B)

(n=70)

(M=35;F=35)

F(1,140); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia di

memoria 55,8 (8,21) 54,83 (8,18)

ST. STATUS=,552; p=n.s.

GENERE= 1,26; p=n.s. GENERE*STUD = 1,481 p= n.s.

Note. *Significatività a p<0,05

Dal confronto tra i due gruppi di adulti e anziani (studenti e non studenti) non emerge nessuna

differenza statisticamente significativa per lo status di Studente tale da farci concludere che il

frequentare un corso formativo in età adulta sia una variabile che influenzi le percezioni di

efficacia relative alla propria memoria. Non si registra, inoltre, nessuna differenza

significativa né per il genere, né per l’effetto d’interazione Genere e Status di Studente.

Tuttavia, alla luce della correlazione tra la tendenza a presentarsi in modo desiderabile e

l’autoefficacia di memoria nel gruppo di adulti e anziani non studenti, si procederà ad

eliminare i casi che mostrano i profili a rischio (punteggi di desiderabilità sociale compresi tra

9 e 11) e i profili non validi (punteggi ≥ 12) di tutto il campione. Lo scopo è cercare di vedere

se, eliminando i soggetti che tendono a presentarsi in modo desiderabile, emerga qualche

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differenza reale tra i gruppi. Inoltre, per un’ulteriore comprensione si distingueranno in due

fasce d’età (50-64 anni e 65-78 anni).

Tabella 32 Analisi della varianza sul campione ridotto per la variabile autoefficacia di memoria

Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti

(A)

Adulti

50-64 anni

(n=27)

(B)

Anziani

65-78nni

(n=23)

(c)

Adulti

50-64 anni

(n=22)

(D)

Anziani

65-78 anni

(n=20)

F(1,88); p

Post-hoc

(Bonfer

roni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)

Autoefficacia

di memoria 55.33 (8.28) 55.04 (8.55) 56.05 (4.94) 49.90 (7.62)

ST. STATUS=1.96; p=n.s.

Età= 4.13; p=0.04.

Età*STUD = 3.42 p= 0.06

adulti >anziani

Note. *Significatività a p<0,05

Effettuando l’analisi della varianza (cfr. tab.32) sui due gruppi distinti per età emerge una

differenza statisticamente significativa: i soggetti d’età compresa tra i 50 e i 64 anni hanno

maggiore fiducia sulla propria memoria rispetto agli anziani d’età compresa tra i 65 e i 78

anni. Emerge una tendenza alla significatività (p= 0,06) per l’effetto d’interazione età e status

di studente: i non studenti adulti (50-64 anni) hanno una buona fiducia nella propria memoria,

mentre gli anziani non studenti (65-78 anni) fanno registrare un calo significativo, mostrando

la loro bassa autoefficacia.

5. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile

autoefficacia empatica percepita

Attraverso l’analisi della varianza si è cercato di stimare se la variabile autoefficacia percepita

nella gestione delle emozioni fosse influenzata dallo Status di Studente, dal genere o

dall’effetto d’interazione di queste due variabili. Non emergono differenze statisticamente

significative né per lo status di studente, né per il genere né per l’effetto d’interazione Genere

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e status di studente. I risultati confermano l’assenza di differenze significative tra i due gruppi

sia per quanto concerne la percezione della propria autoefficacia negative, sia per

l’autoefficacia nella gestione delle emozioni positive (cfr. tab.33).

Tabella 33 Analisi della varianza effettuata sulla Variabile Autoefficacia emotiva

Adulti e anziani

studenti

Adulti e anziani non

studenti

(A)

(n=74)

(M=33;F=41)

(B)

(n=70)

(M=35;F=35)

F(1,140); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds)

Media (ds)

Autoefficacia

percepita nella

gestione delle emozioni

negative

25.68 (5.77) 25.87 (5.89)

STUDENTE=.019; p=n.s.

GENERE=3.84; p=n.s.

GENERE*STUDENTE=.622; p= n.s.

Autoefficacia

percepita nella

gestione delle emozioni

positive

28.20 (4.35) 27.40 (5.55)

STUDENTE=.714; p=n.s.

GENERE=1.64; p=n.s.

GENERE*STUDENTE=1.01; p= n.s.

Note. *Significatività a p<0,05

Dall’analisi della varianza non emergono differenze significative tra gli anziani che

frequentano un corso universitario e coloro che non lo frequentano. Anche qui, è stata

effettuata una scrematura dei casi che presentavano profili a rischio (9-11) e profili non validi

(≥12).

Tabella 34 Analisi della varianza effettuata sul campione ridotto per la Variabile Autoefficacia emotiva

Adulti e anziani

studenti

Adulti e anziani non

studenti

(A)

(n=50)

(B)

(n=42)

F(1,90); p

Post-hoc

(Bonferroni) Media (ds)

Media (ds)

Autoefficacia percepita

nella gestione delle

emozioni negative

24.86 (5.76) 24.33 (6.18) STUDENTE=.179; p=n.s.

Autoefficacia percepita

nella gestione delle

emozioni positive

28.58 (4.19) 26.50 (5.72)

STUDENTE=4.039; p=.04

A>B

Note. *Significatività a p<0,05

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Applicando l’analisi della varianza, dopo l’esclusione dei casi tendenti alla desiderabilità

sociale, emergono delle differenze per effetto della sola variabile Status di studente per

l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive. Quest’ultima è infatti

significativamente maggiore per il gruppo di studenti rispetto ai non studenti.

Figura 16 Grafico relativo all’analisi della varianza effettuata sul campione ridotto per la variabile

autoefficacia nelle gestione delle emozioni positive

STUDENTE;

Eff. corrente: F(1, 90)=4,0387, p=,04746

adulti e anziani studenti adulti e anziani non studenti

STUDENTE

24,0

24,5

25,0

25,5

26,0

26,5

27,0

27,5

28,0

28,5

29,0

29,5

30,0

30,5

au

toe

ffic

acia

ne

lla g

estio

ne

de

lle e

mo

zio

ni p

ositiv

e

Ciò vuol dire che gli adulti e anziani studenti hanno una migliore percezione di poter gestire

le emozioni positive e una maggiore fiducia nel migliorare il proprio senso di autoefficacia

personale, rispetto ai coetanei non studenti.

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6. Le motivazioni di adulti e anziani non studenti a non frequentare un corso

universitario

Verranno analizzate, ora, le risposte fornite dagli anziani non studenti al questionario che

indaga le motivazioni a non frequentare un corso. Gli anziani erano tenuti a rispondere alla

domanda “Non ho mai pensato di intraprendere un corso di studi alla mia età perchè...”.

I soggetti erano invitati a dare un punteggio su scala Likert a 5 punti (da 1- falso a 5 vero) a

15 possibili motivazioni riconducibili a 5 fattori: mancanza di capacità, mancanza

d’interesse, mancanza di tempo, inutilità del percorso formativo e per età. La tabella 35

mostra le medie e le dev. Stand. nonché la significatività delle medie e i confronti post-

hoc.

Tabella 35 Analisi della varianza e post-hoc degli anziani non studenti sui motivi a non frequentare un

corso universitario

Motivazioni degli adulti e anziani non studenti Ss Media Min max Ds

Mancanza di capacità (A) 70 6,36 5 15 3,57

Mancanza d’interesse (B) 70 7,60 5 15 2,43

Mancanza di tempo (C) 70 7,87 5 15 2,92

Inutilità (D) 70 8,01 5 15 3,51

Età (E) 70 7,37 5 15 3,76

F(4, 276)=5,91, p=,00014; Post-hoc Bonferroni: B>A; C>A; D>A;

Le Anova’s per misure ripetute hanno mostrato una differenza significativa tra le medie.

Emerge, nello specifico, che le spiegazioni significativamente meno frequenti date dal gruppo

di anziani non studenti sono quelle attribuite alla “mancanza di capacità”. Questo risultato

permette di escludere che i soggetti in età avanzata non intraprendono un percorso formativo

perché pensano di non essere capaci, ma piuttosto lo attribuiscono alla mancanza di tempo, o

al percepire tale esperienza come inutile o non interessante.

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Conclusioni

In merito alle ipotesi che hanno spinto l’approfondimento del confronto tra adulti e anziani

studenti con adulti e anziani non studenti è emerso che la tendenza a presentarsi in modo

desiderabile è correlata alle misure di auto percezione: i non studenti tendono, infatti, a

presentare correlazioni positive tra la tendenza alla desiderabilità sociale sia con

l’autoefficacia di memoria che con l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative,

relazione che invece non esiste per gli adulti e anziani studenti.

Queste correlazioni risultano assenti per gli adulti e anziani studenti. Questo risultato

conferma l’ipotesi di Ray (1988) secondo cui, con l’invecchiamento, la percezione del

peggioramento delle proprie abilità potrebbe indurre l’anziano a falsare le risposte relative

alle proprie competenze, anche se ciò non si rileva per chi frequenta un corso universitario.

Forse, chi decide di frequentare un corso universitario è, a monte, più sicuro di sé stesso o

forse la stimolazione cognitiva legata all’apprendimento ha permesso al soggetto adulto ed

anziano di conoscere meglio le sue competenze e le sue potenzialità.

Per entrambi i gruppi emergono correlazioni tra il punteggio totale ottenuto allo Mnemotest, e

l’autoefficacia di memoria, a conferma dell’ipotesi che la percezione di efficacia di memoria è

legata alle performance mnestiche (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman,

McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006). Non esiste, al contrario, una

relazione tra autoefficacia emotiva e performance mnestiche.

Lo status di studente e il genere risultano variabili determinanti per quanto concerne le

strategie di memoria messe in atto.

Le strategia di Reiterazione, Codifica Spaziale, Organizzazione Semantica (formazione di

storia) sembrano essere messe in atto maggiormente dagli adulti e anziani studenti rispetto ai

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anziani studenti

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non studenti, nello specifico di genere maschile. I soggetti che frequentano un corso

universitario, soprattutto i maschi, presentano prestazioni migliori rispetto agli anziani che

non hanno intrapreso tale percorso e, quindi, sembrano beneficiare maggiormente della

partecipazione ai corsi universitari. L’invecchiamento e i processi di memoria sembrano

peggiori nei maschi non studenti rispetto anche alle femmine dello stesso gruppo, ma tale

decadimento viene rallentato dal processo formativo e dalla stimolazione cognitiva connessa.

Questo risultato conferma quello di Zivian et al. (1983), secondo cui le prestazioni di

memoria degli adulti e degli anziani studenti sono migliori rispetto agli adulti e anziani non

studenti e conferma l’ipotesi secondo cui le donne hanno performance migliori degli uomini

(Gross & Rebok, 2011) se non frequentano corsi formativi, anche se, quest’ultimi, sembrano

migliorare nel momento in cui decidono di intraprendere un corso formativo di loro interesse.

La metamemoria non risulta essere differente tra i due gruppi, fatta eccezione per solo due

item, che misurano rispettivamente la strategia di Reiterazione e la strategia di Clustering.

Relativamente all’indice di strategicità, inteso come punteggio totale allo Mnemotest,

emergono performance totali migliori da parte degli studenti di genere maschile, i quali

sembrano beneficiare dei percorsi formativi.

La conclusione a cui pervenire potrebbe essere che la frequenza di un corso universitario non

abbia un effetto diretto sulla metamemoria, ma solo sulle performance mnestiche. La

frequenza di corsi formativi in età avanzata permette di migliorare le performance della

propria memoria utilizzando i compiti e la risoluzione dei problemi che vengono posti durante

il percorso formativo, i quali però non riuscirebbero ad avere un effetto sul miglioramento

della consapevolezza della propria memoria.

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anziani studenti

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Dal confronto tra adulti e anziani studenti con adulti e anziani non studenti, emergono

differenze tendenti alla significatività nei livelli di autoefficacia di memoria solo quando dal

campione vengono eliminati i soggetti che tendono a dare di sé un’immagine fortemente

desiderabile. In tal caso, chi frequenta un corso universitario ha una maggiore fiducia nella

propria memoria rispetto a chi non frequenta, soprattutto se si tratta di soggetti in là negli

anni. Ciò conferma l’ipotesi di partenza, secondo cui nonostante l’influenza dell’età, l’essere

studente rappresenta una variabile decisiva nel determinare i livelli di autoefficacia di

memoria.

Medesimo risultato per l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative e positive: con

l’esclusione dei soggetti che presentano profili tendenti alla desiderabilità sociale viene

confermata l’ipotesi secondo cui gli studenti adulti e anziani si percepiscono più capaci di

gestire le emozioni positive rispetto ai loro coetanei non studenti. La frequenza di un corso

universitario in età avanzata può stimolare la relazione sociale, favorire il processo di

autoconoscenza ed esporre il soggetto a situazioni in cui è richiesta la messa in atto di

processi empatici.

Infine, l’ultima ipotesi viene confermata parzialmente. Quegli adulti e anziani che non hanno

mai preso in considerazione l’idea di intraprendere un corso in età avanzata, non lo hanno

fatto, non perché si percepiscono incapaci o per stereotipi legati all’età (Chasteen et al., 2005;

Chasteen, Schwarz, e Park, 2002; Hess et al., 2003; Ryan e Kwong See, 1993), bensì perché

ritengono di non essere interessati, per mancanza di tempo o perché lo ritengono inutile.

Questo risultato conferma uno studio di Porras-Hernàndez & Salinas-Amescua (2011): il

presupposto teorico di questo studio era che i soggetti che non avevano mai pensato di

intraprendere un corso formativo in età avanzata presentassero un livello più basso di stima di

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sé. Nello specifico, secondo questa ipotesi le variabili psicologiche intrinseche al soggetto

rappresentavano barriere disposizionali alla partecipazione. In realtà, lo studio ha messo in

luce che i soggetti che ritengono non rilevante l’educazione per la loro sfera sociale

presentano una buona fiducia in sé stessi, contrastando l’ipotesi di partenza. Ciò vuol dire che

gli adulti e/o anziani che non hanno mai preso in considerazione l’ipotesi formativa non sono

soggetti con bassa fiducia in sé stessi o si percepiscono poco capaci di apprendere: alla base di

una tale scelta possono celarsi motivi situazionali (legate alla famiglia, il costo, il tempo) o di

altro genere legate alle istituzioni (ad es. mancata informazione o informazione

carente/parziale, ecc..).

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Conclusioni generali della ricerca

Lo scopo generale della ricerca è stato indagare la componente metacognitiva e motivazionale

alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento, nell’ambito dell’educazione agli adulti e

agli anziani (studenti non tradizionali).

Nello specifico, si voleva verificare se le performance mnestiche, motivazionali e di

autoefficacia possedute dagli studenti non tradizionali e messe a confronto con le performance

di giovani studenti universitari (studenti tradizionali) e di adulti e anziani che non avevano

intrapreso nessun corso formativo in età avanzata (non studenti) fossero differenti, sulla base

dell’ipotesi che il frequentare un percorso formativo in età avanzata fosse una variabile

determinante sul processo di deterioramento cognitivo, che spesso caratterizza il processo di

invecchiamento.

Attraverso la costruzione di uno strumento che misurasse le strategie di memoria e di

metamemoria e inserito all’interno di una batteria di test destinata alla misurazione della

motivazione intrinseca, dell’autoefficacia accademica ed emotiva e della tendenza alla

desiderabilità sociale, sono state misurate le variabili metacognitive e motivazionali che

regolavano il processo di apprendimento.

Il primo confronto (studenti non tradizionali vs studenti giovani), ha evidenziato come,

nonostante le prestazioni di memoria e di metamemoria risentano del trascorrere dell’età, gli

adulti e anziani possono compensare questo declino con buoni livelli di fiducia in sé, nella

propria memoria e una buona motivazione a raggiungere il fine prefissato al pari degli

studenti più giovani.

Il secondo confronto (studenti non tradizionali vs anziani non studenti) conferma che l’essere

studente è una variabile importante nel determinare l’entità e la qualità dell’apprendimento. In

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particolare, gli studenti di sesso maschile in età avanzata sembrano beneficiare maggiormente

della frequenza di un corso formativo, per quanto riguarda le performance di memoria,

nonché i livelli di autoefficacia di memoria ed autoefficacia emotiva. Chi frequenta un corso

formativo, rispetto ai coetanei che non hanno mai preso in considerazione tale ipotesi, si

percepisce più fiducioso nella propria memoria e capace di gestire le emozioni ad esso

collegate.

La ricerca futura potrebbe approfondire tale relazione stabilendo se, chi frequenta un corso

formativo, è a priori più fiducioso e si “cimenta” in attività formative, oppure la frequenza del

corso è determinante sulle dimensioni di autoefficacia emotiva e di memoria.

Dai dati è emersa la necessità che l’istruzione e la formazione, destinate ai soggetti in età

avanzata, rispondano in maniera adeguata ai processi motivazionali e mnestici che

intervengono nel processo di apprendimento di questa popolazione. Per far si che questo

accada, la ricerca futura potrebbe approfondire la “tipologia” delle esperienze accademiche

considerate interessanti da parte di tale popolazione, tenendo conto delle reali competenze del

soggetto in età avanzata.

La ricerca apre alla possibilità di una formazione in età avanzata che, in quanto efficace, sia il

più possibile stimolante e permetta una ri-strutturazione, in chiave positiva, del processo

formativo-educativo in età avanzata, visto spesso sotto lo spettro del dubbio sia della sua

validità, che della sua utilità sociale.

Proprio perché efficace ed utile, strutturato bene e con percorsi educativi ad hoc, potrebbe

rivelarsi uno tra gli strumenti da poter utilizzare per arrestare, o almeno rallentare, il

progressivo deterioramento cognitivo e di sfiducia in sé che ha inizio con il processo di

invecchiamento.

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La ricerca futura potrebbe, inoltre, orientarsi sulla costruzione di un modello che leghi tutte le

variabili intervenienti sul processo di apprendimento della popolazione di studenti in età

avanzata, al fine di delinearne i rapporti di causalità e relazione, in mancanza di un modello

esplicativo su tali soggetti.

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APPENDICE

IMMAGINE 1 scheda "stimolo" test nuovo

IMMAGINE 2 Scheda “Domanda di performance di memoria” test nuovo

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IMMAGINE 3 Scheda "domanda di Metamemoria" test nuovo

IMMAGINE 4 Scheda stimolo e scheda unica performance di memoria e di metamemoria del Test di

Cottini e Meazzini (2005)

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