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S&C
Strength&
Per una scienza del movimento dell'uomo
Conditioning
LA MACCHINA CHE C’è IN ME
QUELLO STILE DI VITA CHIAMATO ALLENAMENTO
EDITORIALE
3 uN ANNO DI VITA E DI VIAGGIOAntonio Urso
LA PROFESSIONE
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Anno 1 - Numero 3Settembre-Dicembre2012
uNA bOCCATA D’OSSIGENOMenotti Calvani
PREVENZIONE E RIABILITAZIONE
8 ATTIVITà FISICA, STRESS OSSIDATIVO ED ANTIOSSIDANTI:uNA STORIA LuNGA 30 ANNIDaniela Buonocore, Simona Genta, Fulvio Marzatico
13 ANTIOSSIDANTI E SALuTE: CIbI COLORATI, PILLOLE bIANChE E SuGGERIMENTI PER L’uSOMauro Serafini
17 IL CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO DELLE FIbRE MuSCOLARI: MECCANISMI PROPOSTI E METODI DI SVILuPPO (SECONDA PARTE) Anthony N. Turner e lan Jeffreys
25 L’INVECChIAMENTO ED IL CONTROLLO CEREbRALE DELL’ESERCIzIOGIan Nicola Bisciotti
31 bREVE STORIA DEL MOVIMENTO uMANOAntonio Urso
33 SCIENzA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAzIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICORaoul F. Reiser II, Sarah L. Smith e Randall Rattan
41 IL RECuPERO DOPO L’ALLENAMENTO: uNA bREVE RASSEGNAPhillip A. Bishop, Eric Jones e A. Krista Woods
53 TEST ATLETICI DI bASE E GIOVANI VELISTIClaudio Scotton, Federica Sicignano
61 FORzA E CONDIzIONAMENTO FISICO PER LA SChERMAMark Rippetoe
67 L’ALLENAMENTO FuNzIONALE IN RIAbILITAzIONE SPORTIVAMassimiliano Febbi e Luca Marin
71 ALLENAMENTO CONTRO RESISTENzA DuRANTE LA GRAVIDANzA:PROGETTAzIONE DI uN PROGRAMMA SICuRO ED EFFICACEBrad Schoenfeld
79 I GRANDI PROFESSIONISTI: ALPasquale Bellotti
81 ChE COSA SONO LA FORzA E IL CONDIzIONAMENTO “bASATI SuLLEEVIDENzE”?Kirk L. English, William E. Amonette, Marilynn Graham e Barry A. Spiering
87 LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI SPORTIVIGuido Martinelli
89 AREA AGGIORNAMENTO TECNICI FIPE
N°3 interno_S&C 04/10/12 14.51 Pagina 1
ALLENATORE/PERSONAL TRAINERCorso di 1° livello
La formazionecontinua...
Diventa anche tu
Info: 06/36858593 - [email protected]
ISTRUTTORE/PERSONAL TRAINER SENIORCorso di 2° livello
foto
di: V
.Biffa
ni
PERSONAL TRAINER MASTER-SPORT SPECIALISTCorso di 3° livello
N°3 interno_S&C 04/10/12 14.51 Pagina 2
3STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
Sembra ieri, ma è già passato unanno da quando la FIPE strinse unaccordo editoriale con la peruginaeditrice di sport Calzetti & Ma-riucci, per la pubblicazione di“Strength & Conditioning. Per unascienza del movimento dell’uomo”.un anno che è corso via veloce-mente, non ci siamo neanche resiconto di essere quasi entrati nelsecondo anno di vita della rivista equesto è senz’altro un buon se-gno. Come è un ottimo segnale ilfatto che nessuno della FIPE, nes-suno tra i componenti del Comi-tato Scientifico e nessuno dellaCasa Editrice ha vissuto come unpeso il processo di formazione di unnumero di rivista o ha sentito l’ob-bligo di sobbarcarsi un impegnomolto gravoso ed oneroso in ter-mini di energie da impiegare. Al contrario, c’è stato un conta-gioso entusiasmo che ha caratte-rizzato ogni incontro, ogni propo-sta ed ogni uscita della rivista.Sintonia assoluta ed ottimo lavorodi squadra. C’è da esserne fieri.
Ma non vi è dubbio che oggi, conquattro numeri all’attivo (e circa400 pagine complessive), è neces-sario porsi la domanda se la stradaimboccata ed il percorso già fattocorrispondano alle aspettative diun anno fa e se il gradimento deilettori che aspettavano una rivistadel genere sia adeguato all’impresadi fare una rivista utile e nuova. Èdunque tempo di un primo bilancio,
fondamentale e necessario bilanciorelativamente allo specifico per-corso fatto.
Comincerei con il dire cos’è questarivista, per poi specificare cosaessa non è e cosa invece non vuoleaffatto essere. Sostanzialmente,si può dire che essa intende porsicome:
- un grande contenitore di infor-mazioni scientifiche aggiornate ea tutto tondo sul mondo dellaforza (ovvero sulla gran parte delmondo dell’allenamento sportivo);
- un modo per interagire con tuttala base dei tecnici FIPE e non solo,considerato che i suoi contenuticostituiscono la base dottrinaria(sì, dottrinaria!) per l’aggiorna-mento successivo attraverso lanovità di un questionario online;
- un veicolo di sviluppo culturalecomplessivo;
- uno strumento di confronto perprofessionisti del movimento edun luogo dedicato per incontraretutte le categorie di professioni-sti che chiedono di svolgere il lororuolo nel Paese (leggasi, tra gli al-tri, i laureati in scienze del movi-mento e dello sport);
- un modo nuovo (e corretto) diparlare di forza e di movimentouma no.
Antonio UrsoPresidente FIPE
EDITORIALE
Un anno di vita
e di viaggioNUMERO 3
ALLENATORE/PERSONAL TRAINERCorso di 1° livello
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Prime considerazioni sulle strade percorse e sugli approdi trovati
N°3 interno_S&C 04/10/12 14.51 Pagina 3
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Se S&C intende essere tutto questo (o, comunque,tendere a tutto questo), vale la pena di chiedersi:che cosa allora essa non vuole essere (o rifiuta diessere)?
- una rivista di sola informazione;
- una rivista come ce ne sono già tante nel mondo:banale;
- uno strumento per iniziati e, comunque, per po-chi adepti;
- un contenitore chiuso;
- uno strumento di propaganda federale.
Per questo, siamo del parere che, nonostante ci sitrovi al primo anno di vita della rivista, essa stia fa-cendo emergere appieno questo tentativo e, anzi,la sfida editoriale di provare a fare “la rivista chemancava”: ci sembra che il tentativo stia riscuo-tendo un successo davvero insperato (e non ipo-tizzabile in principio), certamente ben oltre la tipicaabitudine (il vezzo?) di questo Paese (e di diversecategorie di sedicenti esperti) di arginare e met-tere da parte, magari bollandolo con il marchio
della ascientificità (torneremo presto sul concettodi cosa sia scienza e di cosa non lo sia), tutto ciòche porta novità e innovazione, aria fresca e vo-lontà di reale rinnovamento. E porta scienza, conanche la “s” maiuscola. Scienza.
Strength&Conditioning sta dunque andando oltre ilventilato ed il previsto, in alcuni casi è riuscita ascuotere la pigrizia a favore dell’interesse per laletteratura scientifica. Sta suscitando aperti ed in-teressanti dibattiti su argomenti nuovi e su nuovimodi di vedere ed interpretare quel fenomeno cosìavvincente ed ancora così misterioso che è la forza.Sta, ancora, diventando un identificativo per chi de-sidera approfondire la conoscenza del mondo dellaforza (e, ripetiamo, dell’allenamento, almeno quellodegli sport individuali, che si identifica, per la mas-sima parte, con lo sviluppo, il perfezionamento edil mantenimento della forza muscolare).
Non possiamo negare, certamente, come rien-trasse nei nostri desideri e nei nostri auspici ciòche questa rivista sta innescando con il suo nonlento evolversi, ma vederlo realizzato in così pocotempo ci gratifica e ci dà una più grande motiva-zione nella cura dei suoi contenuti così come nellagrafica, proprio al fine di essere sempre meglioidentificati, sempre più letti e possibilmente ancorapiù apprezzati.
Ci rendiamo anche conto della difficoltà e del rischiodi proporre una rivista da studiare rispetto ad unache “spensieratamente” possa solo essere letta osfogliata. Sembra quasi anacronistica, fuori tempo,in controtendenza in questo momento di crisi nonsolo finanziaria, ma principalmente culturale. Cimetteremo tutta la “forza” per continuare proprioin questa direzione, per superare gli ostacoli ma,soprattutto, le resistenze culturali che spessosono più insormontabili delle difficoltà poste dalcreare. Ci metteremo tutta la “forza” di cui sa-remo capaci e che sapremo compiutamente espri-mere per fare in modo che il messaggio arrivi amolti, comunque a quanti credono nell’innovazionee nella ricerca della qualità del sapere.
Questa è un’altra grande sfida: non è certo ba-stato solo mettere dell’inchiostro su un foglio dicarta bianca per dire di avere raggiunto l’obiettivodi fare una rivista; ci vuole ogni giorno costanza,apertura mentale e grande dedizione, per far sì chetra un anno, in un prossimo editoriale, si possa an-cora dire di avere centrato l’obiettivo.
Il grande Albert Einstein ebbe a dire che “la menteè come un paracadute, funziona solo quando èaperta”. Tenteremo di fare sempre nostra l’analo-gia einsteiniana e di non chiudere mai la nostra vi-sion, la nostra mente, il coraggio dell’impresa e latotale dedizione affinché il volo sia una continuasorpresa e consenta di cogliere molto dall’alto el’atterraggio, alla fine del volo, possa essere sem-pre agevole per tutti.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
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5STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
È un modo di dire per significare un qualsiasi in-tervento che migliori le nostre condizioni, sianoesse economiche, sociali o di salute. L’ossigeno èparte integrante del nostro concetto di vita a talpunto che, talvolta, alla domanda sulle cause dimorte di qualcuno, viene risposto “ si è dimenti-cato di respirare...”; eppure l’evoluzione degli es-seri viventi ha incontrato l’ossigeno solo in una se-conda fase e non è stata una relazione semplice népriva di pericoli. Per i primi 2 miliardi di anni, l’atmosfera della terranon ha contenuto ossigeno: questo gas è comparsosuccessivamente per opera dei batteri. L’ossigenoformato è stato dapprima catturato dalle rocce esuccessivamente ha sostituito il metano, assairicco nella atmosfera primordiale, fino a costituireil 21% dei gas che circondano la nostra terra.L’ossigeno è elemento tossico per le strutture vi-venti: la vita come noi la conosciamo è passata at-traverso una prima fase di difesa ed una secondafase di utilizzo dell’ossigeno. La prima difesa fu am-bientale: la vita si è concentrata e si è evoluta inambienti dove l’ossigeno non arrivava. Poi, nelleprime forme di vita, si formarono strutture capacidi ostacolare l’ingresso dell’ossigeno; in seguitonacquero sistemi capaci addirittura di utilizzarel’ossigeno per molti scopi, primo fra tutti la pro-duzione di energia in organelli specializzati, i mito-condri (vedi il numero 2/2012 della rivista). Nel mi-tocondrio, lo “smontaggio” di zuccheri, proteine egrassi libera energia che la cellula provvede ad im-magazzinare, ma induce anche accumulo di atomidi carbonio ed idrogeno, che intasano il mitocon-drio. L’ossigeno viene impiegato per ripulire la cen-trale energetica, formando anidride carbonica(CO2) ed acqua (h2O). La tecnologia energetica adossigeno ha permesso alle cellule un ricavo ener-getico molto più alto di quello ottenuto fino a quelmomento, ma ha indotto anche lo sviluppo di un si-stema di controllo e sicurezza contro gli effettitossici dell’ossigeno. Gli elementi che costituiscono la materia assu-mono una configurazione stabile, cioè di non reat-tività con gli altri elementi, se esiste un sostanziale
“equilibrio” tra cariche positive del nucleo e carichenegative della nube elettronica. L’ossigeno ha la pe-culiarità di appropriarsi di elettroni appartenenti adaltre molecole (ossidazione) e di formare molecolecon carica negativa (Radicali Liberi dell’Ossigeno,ROS) che tendono a interagire, danneggiandole,con varie strutture biologiche, quali le membranecellulari, le proteine e lo stesso DNA.
L’85-90% dell’ossigeno inspirato (VO2) viene utiliz-zato a livello dei mitocondri per la produzione dienergia, il rimanente 10-15% per le varie reazionibiologiche funzionali della cellula. A livello della ca-tena respiratoria, il 95-98% dell’ossigeno che ar-riva al mitocondrio viene sfruttato per la sua aviditàper gli elettroni, per incorporare quelli che si libe-rano durante lo smontaggio delle molecole energe-tiche con conseguente formazione di acqua se-condo la reazione:
O2 + 4e- + 4H+= 2H2O + energiaS&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 5-7
S&C
UNA BOCCATAD’OSSIGENO
MENOTTI CALVANI
La macchinache c’è in me
MENOTTI CALVANIMedico,specializzato inneurologia,farmacologiaclinica oltre che intossicologiamedica, si èlaureato inscienza dellanutrizione umana.ha pubblicatooltre 200 articoliscientifici surivisteinternazionaliprevalentementesui temi delmetabolismo, suimitocondri e sullepatologiedegenerative.
Una volta tagliata, la melaperde il suo isolamento
dall’ossigeno dell’aria e nesubisce l’azione di
ossidazione. La mela edaltri frutti inseriti in un
contenitore sotto vuoto,non vengono ossidati.
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Il rimanente 2-5% dell’ossigeno mitocondriale daràluogo a ROS! I ROS che si formano a livello mito-condriale sono correlati all’efficienza del mitocon-drio e alla quantità di ossigeno consumata. unsoggetto di 70 Kg in condizioni di riposo consumain media 3,5 ml di ossigeno/Kg di peso/min che èpraticamente la definizione di MET (vedi numero2/2012 della rivista). Con l’incremento dell’attivitàfisica e l’aumento del consumo di ossigeno, si avràinesorabilmente un incremento dei ROS prodotti alivello mitocondriale: 2-5% del 95-98% del VO2.In corso di attività fisica, il solo muscolo può ri-chiedere una quantità di ossigeno fino a 35 voltesuperiore a quella utilizzata in situazioni di riposo. Considerando che un uomo di 70 Kg consuma 3.5mL di O2/Kg/min, pari a 14,7 moli di O2 al giorno esapendo che l’1% dell’Ossigeno introdotto può ge-nerare il radicale superossido (O2
.- ) secondo la rea-zione
O2 + e- = O2
.-
possiamo affermare che in un giorno si formano0,147 moli di superossido, che diventano 53,66 inun anno, pari a 1,7Kg!una quantità notevole, soprattutto se conside-riamo che in corso di esercizio fisico la richiesta diO2 può aumentare da 10 a 15 volte.Il problema comunque non è rappresentato dallaquantità di radicali dell’ossigeno che si formano, madalla capacità dell’organismo di neutralizzarli.
I SISTEMI DI DIFESA: ENDOGENI ED ESOGENI
A) I sistemi endogeni enzimaticiSono rappresentati da proteine contenenti metallicapaci di trasformare i radicali liberi in altri com-posti meno pericolosi: le SOD (Super Ossido Dis-mutasi), la CAT (CATalasi) e la Gpx (Glutatione pe-rossidasi)
Le SODNe esistono differenti isoforme, suddivise in tregrandi famiglie a loro volta caratterizzate dai me-talli in esse contenute (rame-zinco, ferro-manga-nese, nikel).
La reazione promossa dalle SOD è la seguente:
2 O2.- + 2 H+ = H2O2 + O2
Dove H2O2 altro non è che Acqua Ossigenata,non un vero radicale dell’ossigeno, in quanto non haelettroni spaiati, ma una sostanza capace comun-que di generare radicali liberi interagendo con al-tre molecole. Ne è un tipico esempio la decolora-zione dei capelli.
La Catalasi (CAT)La CAT è un enzima capace di convertire l’acqua os-sigenata in acqua ed ossigeno secondo la reazione:
2 H2O2 + 2 H2O + O2
Si ritiene che il divenire grigio dei capelli possa di-pendere da una ridotta attività della catalasi conconseguente incremento nel bulbo pilifero dell’ac-qua ossigenata.
La Glutatione Perossidasi (GPX)Enzima presente sia nei mitocondri che nel cito-sol delle cellule. ha necessità del Selenio per fun-zionare. La GPX trasforma l’acqua ossigenata inacqua, utilizzando il Glutatione (GSH) secondo lareazione:
H2 O2 + 2 GSH = GSSG + 2 H2 O
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
ATTIVITÀ FISICA, STRESS OSSIDATIVO ED ANTIOSSIDANTI: UNA STORIA LUNGA 30 ANNI
LA MACCHINACHE C’É IN ME
L’acqua ossigenata viene usata per decolorare i capelli.Secondo alcune teorie, l’ingrigimento dei capelli sarebbelegato ad un aumento dell’acqua ossigenata a livello delbulbo capillifero.
Il Beta-Carotene svolge un ruolo importante nellacolorazione della carota e da qui deriva il suo nome. È presente nelle membrane delle cellule difendendoledagli attacchi dei ROS. È il precursore della vitamina A.
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7STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
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ATTIVITÀ FISICA, STRESS OSSIDATIVO ED ANTIOSSIDANTI: UNA STORIA LUNGA 30 ANNI
LA MACCHINACHE C’É IN ME
B) I sistemi “esogeni” Con l’alimentazione introduciamo numerose so-stanze che animali e piante hanno prodotto per laloro stessa difesa.
L’approccio “verde” in un mondo di colori
Il mondo vegetale fornisce una incredibile quantitàdi sostanze indispensabili per il nostro metaboli-smo, molte delle quali con proprietà antiossidanti.L’elenco che segue, ampiamente incompleto, pre-senta anche il difetto che le molecole elencate connomenclature diverse convivono creando una ar-monia biochimica su cui sovente non riflettiamo.Molto spesso l’uso dei singoli componenti è risul-tato inferiore al mix di appartenenza nel manteni-mento della salute.
Ai carotenoidi appartiene il Licopene, responsabiledel colore rosso dei pomodori e, insieme al beta-ca-rotene, del colore della albicocca. La Crocetina èun licopene più corto, che dà il colore allo zaffe-rano. La Luteina è abbondante, insieme al beta-ca-rotene, negli spinaci (braccio di Ferro, ancora lui!?),comunque presente in molti altri vegetali verdi(bieta, cicoria, foglie di rapa). In genere, i caro-tenoidi sono presenti in frutta e verdura di coloregiallo-arancione.I Flavonoidi sono responsabili di molti dei colori bril-lanti della frutta in primavera. La Cianidina dà il co-lore alle more mature e contribuisce al colore difragole, ciliegie, bucce di mela, ribes nera. La Pe-largonidina è responsabile del colore di fragole elamponi maturi. La Quercetina, di colore giallo, èmolto abbondante nei capperi, nell’uva rossa, nelsedano, nel tè verde.
Vitamine antiossidantiun tipico esempio è la vitamina C o acido ascorbicoper la sua capacità di prevenire e curare lo scor-buto, patologia dei naviganti di una volta che, perlunghi periodi, non potevano alimentarsi con vegetalio carne fresca. Fu identificata per la prima voltanella ghiandola surrenalica dei maiali e successiva-mente estratta dalla paprica. Le concentrazioni divitamina C nei tessuti sono più alte quanto più altaè la produzione di ROS. Ridotti livelli cellulari ridu-cono l’efficienza nell’attività fisica. L’esercizio fisicoaumenta la necessità di vitamina C che, in condizioninormali, è di 50-60 mg/die. Nella letteratura, sonostati riportati bassi livelli di acido ascorbico in varietipologie di atleti, a causa di diete non opportuna-mente bilanciate. L’uomo, a causa di un difetto ge-netico, non è capace di sintetizzare la vitamina C.
La Vitamina E è il più importante elemento di di-fesa da danno indotto da ROS delle membrane siadella cellula che dei mitocondri. ha la capacità diossidarsi prima di altre sostanze, “immolandosi” indifesa dell’intero sistema. Gli altri antiossidantipartecipano alla rigenerazione della vitamina E os-
sidata. È liposolubile e viene assunta con olii, noci,ecc. La quantità giornaliera raccomandata è in-torno ai 14 mg. Deficit di vitamina E sono frequentinelle popolazioni occidentali, ma livelli ematici moltoelevati possono ridurre l’efficienza sportiva.
C) Antiossidanti endogeni non enzimaticiIntanto, i Tioli, composti contenenti zolfo. Il più ab-bondante nel nostro organismo è il Glutatione, in-dispensabile per il funzionamento della GlutationePerossidasi. L’Acido Lipoico è un altro antiossi-dante, il “ricaricatore” delle vitamine E e C ossi-date.Ancora, sono da segnalare il Coenzima Q10, indi-spensabile per il controllo della produzione di radi-cali liberi nel mitocondrio; l’Acido Urico, la Ferri-tina, le Heat shock Protein, l’Albumina, laCeruloplasmina, la Bilirubina.
L’applicazione di alcune gocce di limone su una mezzamela impedisce, con il suo contenuto di antiossidanti, trai quali la vitamina C, l’ossidazione, mentre l’altra metàmostra chiaramente l’effetto dell’ossigeno.
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8 STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
FULVIOMARZATICOResponsabilelaboratorio
farmacobiochimica,Nutrizione e
Nutraceutica,università di
Pavia.Vice presidenteSocietà Italiana
NutrizioneSportiva
e del benessere(www.SINSeb.it).Advisory boardInternationalSociety Sport
Nutrition (uSA).Docente di
alimentazione eDietetica e
farmacologiaapplicata allo
Sport.Autore di 160pubblicazioni su
rivisteinternazionali
e atti di congressi.
ATTIVITÀ FISICA,STRESS OSSIDATIVOED ANTIOSSIDANTI:una storia lunga 30 anni
DANIELABUONOCORE
biologo Molecolare,biologo Nutrizioni-sta, Expertise in
Discipline Regola-torie in ambito
Alimentare. Assegnista di Ri-cerca presso il
laboratorio di Far-macobiochimica
Nutrizione e Nutraceutica del
benessere, univer-sità degli Studi di
Pavia.
SIMONA GENTALaureata pressol’università degliStudi di Pavia.
Esperienzapluriennale in affari
regolatori delsettore
farmaceutico eimpegnata
negli aspettiscientifici collegatial trattamento con
antiossidanti.
PUBB
LICATO
PUBBLICATO
PUBBLIC
ATO
PRIM
A V
OLT
A
PRIMA V
OLTA
PRIMA VOLTA
LAVORO
ORIGINALE PER
S&CDaniela Buonocore, Simona Genta, Fulvio MarzaticoLaboratorio di Farmacobiochimica - Nutrizione e Nutraceutica del BenessereUniversità di Pavia - [email protected]
INTRODUZIONELa storia inizia nel 1978, quando Dillard e collabo-ratori evidenziarono un incremento della perossi-dazione lipidica dopo un’ora di esercizio al cicloer-gometro (1). Da questa prima evidenza, nasce laricerca scientifica sullo stress ossidativo indottodall’esercizio fisico e di conseguenza lo studio sul-l’utilità o meno di una supplementazione con an-tiossidanti. Da quel lontano 1978 sono stati pub-blicati centinaia di studi che parlano di questoargomento. Le evidenze sperimentali ed anche cli-niche sono per lo più concordi nell’indicare che l’e-sercizio fisico di una certa intensità determina uninevitabile aumento della formazione di specie reat-tive dell’ossigeno e dell’azoto (RONS) che hanno lacapacità di alterare l’equilibrio ossido/riduttivo cel-lulare, il quale costituisce un sottile meccanismo dicontrollo di molte reazioni metaboliche e di pro-cessi di segnalazione intracellulare (2,3). L’eserci-zio fisico di elevata intensità ed estremo porta aduna accelerazione della produzione di RONS chefrequentemente possono eccedere le capacità an-tiossidanti dell’organismo (4,5). L’ossigeno è fon-damentale per la vita degli organismi aerobi, tut-tavia i sottoprodotti del suo metabolismo possonoessere in qualche misura pericolosi e causare dannialle cellule, sino alla loro morte. Durante il normalemetabolismo, l’ossigeno è utilizzato all’interno deimitocondri per la produzione dell’energia necessa-ria per la vita delle cellule; tuttavia una piccolapercentuale di questo ossigeno (2-5%) non vienecompletamente ridotto e viene trasformato inRONS (6). I RONS possono essere classificati indue categorie: le specie radicaliche e le specie nonradicali (Figura 1). un radicale può essere definito come qualsiasi com-posto chimico capace di esistenza autonoma, chepossiede uno o più elettroni spaiati nell’orbitale piùesterno. Questa caratteristica chimica porta il ra-dicale a cercare di “accoppiare” il suo elettronespaiato determinando un’intensa reattività. Ovvia-mente, nella cellula avviene costantemente la pro-
duzione di RONS, che sono in diversa misura elimi-nati dai sistemi di protezione antiossidante: questodelicato equilibrio determina lo stato redox cellulare,fondamentale per la funzionalità cellulare (7). un an-tiossidante, invece, è ogni sostanza che, presente inbassa concentrazione rispetto al substrato ossida-bile, ritarda o impedisce in modo significativo l’ossi-dazione del substrato stesso (8). I RONS sono com-battuti da un complesso sistema di molecoleantiossidanti, che comprendono sia sistemi enzima-tici [superossido dismutasi (SOD), glutatione perossidasi (GShpX) e catalasi (CAT)], che molecolenon–enzimatiche [vitamina C (acido ascorbico), vita-mina E (tocoferolo), β-carotene e tioli (9)]. I tiolisono una classe di sostanze non-enzimatiche ca-ratterizzate dalla presenza di residui sulfidrilici (-Sh)nel loro sito funzionale, il glutatione ridotto (GSh) èil tiolo più abbondante presente nell’organismo (10).Si può affermare che non esiste l’antiossidante “uni-versale”, in quanto diversi antiossidanti proteggonodifferenti molecole in vivo (8) e la cooperazione fra dif-ferenti antiossidanti determina una maggiore pro-tezione di quella esercitata da un singolo antiossi-dante. un esempio di un network antiossidanteefficiente è quello operato dal glutatione che è ingrado di rigenerare la vitamina C, mentre la stessavitamina C è in grado di rigenerare la vitamina E(11,12).
DESCRIZIONE DELLO STRESS OSSIDATIVOLo stress ossidativo è la condizione caratterizzatada un’alterazione dell’equilibrio fra ossidanti ed an-tiossidanti (riducenti), cioè quando la produzione diossidanti supera la capacità operativa delle difeseantiossidanti, portando all’ossidazione: proteine, li-pidi, DNA ed altre molecole, compromettendo laloro funzionalità (13). La generazione dei RONSavviene in parte come conseguenza inevitabile delnormale metabolismo (14) e nelle normali condizionifisiologiche: in questo caso, le difese antiossidantiendogene, insieme alle difese antiossidanti eso-gene introdotte attraverso la dieta, svolgono il
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 8-12
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9STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
ruolo di “protettori” delle macro-molecole biologiche. Oltre al nor-male metabolismo, specie ossi-danti possono essere prodotteda una certa sequenza di eventiambientali (fumo di sigaretta,ozono, alcuni nutrienti e raggiuV) e da eventi fisiologici (stressfisici e mentali). Altri particolarifonti di stress ossidativo sonol’incrementata attività di specifi-che reazioni enzimatiche, comela xantina ossidasi, l’attivazionedella fagocitosi e degli enzimi le-gati alla cascata infiammatoria,come la ciclo-ossigenasi (COX) ela lipo-ossigenasi (LOX); ed an-che il rilascio di ferro attraversola distruzione delle proteine chelo contengono. In tutte le condi-zioni in cui la produzione di RONSè eccessiva o quando le difeseantiossidanti non sono in grado dicontrastare questo aumento diossidazione, le macromolecolecellulari ne fanno le spese, conimplicazioni in molti processi de-generativi, causa di malattia(15). In molte situazioni patologi-che si registra soltanto un in-cremento dei markers dellostress ossidativo che spesso èsolo un cofattore della malattiapiù della causa (16,17); tuttaviain alcuni casi come il diabete ditipo II (18), l’ipertensione e l’i-schemia coronarica (19), il mi-glioramento dei markers dellostress ossidativo per azione diterapie a base di antiossidanti, siaccompagna anche ad un miglio-ramento clinico, così da sugge-
rire che lo stress ossidativogioca un ruolo importante in di-verse patologie. Numerosi studihanno trovato una chiara asso-ciazione fra un marcato stressossidativo e diverse patologie. Daverificare, tuttavia, se gli ossi-danti siano la causa maggiore osolo una conseguenza dei pro-cessi degenerativi. Nonostantediversi problemi biochimico-clinicipossano svilupparsi in presenzadi un eccessivo stress ossida-tivo, gli stessi RONS sono coin-volti in molti importanti processicellulari. I RONS sono importantiper i segnali intracellulari e nellaregolazione redox delle trascri-zioni di geni (20), nell’immunitàcellulare (21) e nell’apoptosi (22);quindi livelli “controllati” di RONSsono essenziali per le normali fun-zioni fisiologiche.
RONS ED ATTIVITÀ FISICANegli studi sperimentali, un’alte-rata funzione contrattile, una ri-duzione della forza muscolare edun incremento della fatica sonoeffettivamente correlati ad un in-cremento dello stress ossidativo(23), mentre a livello umano nonè ancora completamente chiaritala relazione fra stress ossidativoe riduzione della performance. unclassico assioma è che lo stressossidativo determina un danno alivello cellulare, quindi necessa-riamente la performance musco-lare deve ridursi. Questo può es-sere vero nel danno che i RONSdeterminano a livello delle pro-
teine, sia a livello di quelle con-trattili (ossidazione dei gruppitiolici della miosina) (24), sia a li-vello di proteine funzionali (25).Le attività enzimatiche mitocon-driali essenziali per la produzionedi energia sono suscettibili di os-sidazione (succinato deidroge-nasi, citocromo ossidasi) (26).L’ossidazione può colpire lepompe ATP-dipendenti con un so-stanziale decremento del re-up-take di calcio da parte del reticolosarcoplasmatico e con uno sbi-lanciamento dell’omeostasi delcalcio, riduzione della contratti-lità e contratture (27).Numerosi sono gli studi chehanno indicato un aumento deimarkers dello stress ossidativodopo attività fisica intensa, fe-nomeno che spesso correlavacon una riduzione della forza esofferenza muscolare: l’ipotesiche è scaturita da questi studi èche lo stress ossidativo fosse ilresponsabile di tali sofferenze, apartire da alcune ore ad alcunigiorni dopo la prestazione. Tutta-via ancora oggi è difficile asserirecon certezza che sia specificata-mente lo stress ossidativo a cau-sare la riduzione della perfor-mance e la sofferenza muscolare:infatti, ci sono ancora pochi studiche hanno cercato di studiare illegame fra stress ossidativo eovertraining da eccessivo caricodi lavoro atletico. una condizionedi overtraining da lavoro aerobico(4 settimane ) è stata messa inrelazione ad una riduzione dellacapacità antiossidante ematica(28), un incremento di perossidi èstato notato in giocatori di foot-ball americano durante 5 mesidella stagione agonistica (29),anche se in questo studio non sierano valutati specifici test indi-rizzati alla performance. Recen-temente, in un programma di al-lenamento anaerobico (7 gg x 2sessioni al giorno di esercizi disquat) non si è notata nessunadifferenza nell’ossidazione delleproteine, mentre si è registratauna riduzione significativa dellaperformance (30). Probabil-mente, i diversi tipi di esercizio fi-sico (sport, performance) di dif-ferente intensità e duratapossono portare a differenti“quadri” di stress ossidativo, al-cuni legati severamente ad unariduzione della performance,mentre altri si manifestano solocon variazioni dei markers ossi-dativi, senza che ci sia un legamestretto con la performance mu-scolare. Quindi i protocolli di stu-
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SPECIE CHIMICHE PRODOTTE DALL’OSSIGENO
ROS(REACTIVE OXYGEN SPECIES)
Specie chimica Natura Specie chimica Natura
Anione superossido R Acido nitroso N-R
Ossigeno singoletto R Tetrossido di azoto N-R
Perossido di idrogeno N-R Triossido nitrico N-R
Radicale idrossile R Perossinitrito N-R
Acido perossinitroso N-R
Idroperossido R Catione nitronio N-R
Semichinone N-R Alchil-perossinitrito N-R
Fenossile R Acido ipocloroso N-R
Ossido nitrico R Ozono N-R
Diossido nitrico R
Radicale idroperossile R
R: specie radicalica N-R: specie non radicalica
Figura n°1 – Classificazione dei cosiddetti RONS
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dio dello stress ossidativo dovrebbero semprecomprendere anche test di valutazione della per-formance.
STRESS OSSIDATIVO ED ESERCIZIO AEROBICO (CONCENTRICO) Il modello di esercizio fisico più studiato per quantoriguarda lo stress ossidativo risulta essere l’e-sercizio aerobico sia massimale che sub-massi-male, con la maggior parte dei protocolli speri-mentali utilizzanti un esercizio ad intensitàprogressiva (EIP) per indurre lo stress ossidativo.Molti protocolli hanno utilizzato una durata dell’e-sercizio sino a 2 ore.
Perossidazione Lipidica. Il metodo principe per de-terminare se un esercizio fisico determina danni os-sidativi in esercizi “non eccentrici” di tipo aerobicoè la valutazione della perossidazione lipidica, utiliz-zando come marker la malondialdeide (MDA) o le so-stanze reagenti con l’acido tiobarbiturico (TbARs).L’MDA è un’aldeide a tre atomi di carbonio che siproduce per decomposizione degli idroperossidi(LOOh); anche i TbARs misurano le aldeidi prodottedalla stessa reazione di decomposizione, ma il me-todo è meno sensibile; molti protocolli con i quali sievidenziava un incremento di TbARs, non hanno in-vece evidenziato un aumento della MDA (31). un nu-mero impressionante di studi ha evidenziato l’in-cremento di TbARs sia in esercizi massimali(32-41) che sub-massimali (42-49), con un ritornoai valori pre-esercizio entro 1 ora (33,35); un nu-mero inferiore di lavori non hanno evidenziato,usando protocolli similari, lo stesso incremento diTbARs in esercizi massimali (50-53) e sub-massi-mali (54-57). Per quanto riguarda specificamente lamisurazione dell’MDA, un consistente numero distudi non ha evidenziato un suo incremento, nè inesercizi massimali (58-67) nè in quelli sub-massi-mali (68-76), mentre altri studi che ne hanno evi-denziato un incremento (77-87) sono stati proto-colli nei quali si è applicata EIP (78-83,87) o il testè stato condotto ad oltre il 75% della VO2max (84-86), indicando che per evidenziare l’incremento diMDA il fattore intensità è essenziale. Nella valutazione dell’effetto acuto dell’esercizioaerobico sullo stress ossidativo, sono stati usatialtri markers della perossidazione lipidica, come lasuscettibilità dell’ossidazione delle lipoproteine LDLin vitro, l’accumulo di dieni coniugati (CD) o di idro-perossidi lipidici (LOOh), come pure l’espirazione dipentano ed etano. In generale, le valutazioni con gliidrocarburi espirati e la suscettibilità dell’ossida-zione delle LDL indotte dall’esercizio aerobicoacuto sono unanimi nell’indicare un loro incremento(1,83,84,89,90), mentre non sono state trovatevariazioni o incrementi nei CD con protocolli EIP(89,91,92); risultati simili a quelli trovati per i CDsono stati trovati anche per le valutazioni di LOOh(77,91,93-98). Infine, nell’ambito della perossida-zione lipidica, alcuni lavori hanno riportato le varia-zioni degli F2-isoprostani, sostanze prostaglan-dino-simili, generati attraverso una via metabolicanon enzimatica dall’acido arachidonico. un incre-mento degli F2-isoprostani è stato riportato di-pendente dall’intensità dell’esercizio (99,100); al-tri studi non riportano variazioni, ma con protocollinei quali l’intensità dell’esercizio non superava il
50% di VO2max, o con soggetti allenati e quindi“protetti” nei confronti di RONS in quanto aventi ledifese antiossidanti potenziate.
Glutatione. Insieme alla perossidazione lipidica, untest condotto spesso è la variazione redox del glu-tatione (il maggiore antiossidante non-enzimatico),per valutare lo stress ossidativo indotto dall’atti-vità fisica. Il glutatione ridotto (GSh) si è trovatospesso diminuito (93,95, 102-107) con un corri-spondente incremento del glutatione ossidato(GSSG) (93, 102-104,106-108), senza variazioninella concentrazione del glutatione totale (TGSh)(93,94,105,107-109). Lo stato redox del gluta-tione ritorna ai valori basali entro pochi minutidalla fine dell’esercizio (30 min) (93, 103). Studiche riportano nessuna variazione nello stato redoxdel glutatione (94,95,110,111) sono spesso legatialla modalità di campionamento (il GSSG in vivo èrapidamente ridotto dalla glutatione reduttasi),oppure al livello di allenamento dei soggetti o allascarsa intensità dell’esercizio (94,95).
DNA. L’attacco dei RONS a livello di DNA si realizzain una serie di prodotti frutto delle modificazioni allebasi. Questi prodotti sono usati per quantificare lostress ossidativo; il prodotto più usato negli studiper la valutazione dell’ossidazione del DNA durantel’esercizio fisico è la 8-idrossi-2-deossiguanosina(8-OhdG). Pochi sono i lavori che hanno evidenziatoun incremento nella 8-OhdG (49,69): la maggiorparte degli studi, con protocolli differenziati, non haevidenziato variazioni nei livelli di ossidazione delDNA (93, 112-115), molto probabilmente per l’in-tensità insufficiente dei protocolli di esercizio, maanche per un incremento della capacità riparatricedel DNA ad opera di alcuni enzimi che incrementanola loro attività in seguito all’allenamento aerobico(116,117). un metodo alternativo per la misura-zione dell’ossidazione del DNA ad opera dell’eser-cizio fisico è la valutazione della Comet Assay, chedetermina il danno al DNA con una certa sensibi-lità. Gli studi fatti con questo sistema hanno evi-denziato un danno al DNA post-esercizio (118).
Proteine. Le proteine possono essere considera-te il maggiore target da parte dei RONS, visto laloro abbondanza nei sistemi biologici, e qualcuno haanche stimato che il 55-75% dei RONS è cattura-to dalle proteine (119). Il danno ossidativo alle pro-teine può avvenire per reazione diretta fra questee i RONS, oppure per reazione indiretta fra proteinee prodotti secondari dello stress ossidativo (120).Purtroppo, il danno alle proteine spesso è irrepa-rabile, con conseguenze sulla contrattilità e fun-zionalità metabolica; inoltre, le molecole proteichedanneggiate attivano severamente i processi di de-gradazione proteasici (121), la formazione di pro-teine carbonilate è il marker più usato per valuta-re l’effetto dell’esercizio fisico su queste struttu-re. La carbonilazione delle proteine incrementa a se-guito dell’esercizio fisico aerobico (91, 98): esse in-crementano in rapporto al tempo di attività e ri-mangono elevate per 8 ore (122), dati che indica-no un mancato aumento delle proteine carbonilate,derivano da studi con pochi tempi di campionamento,corta durata dell’esercizio o con soggetti partico-larmente allenati.
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Capacità antiossidante ed enzi-mi antiossidanti. In risposta aduna condizione di lavoro fisicoacuto, la capacità antiossidantedell’organismo può decrementaretemporaneamente, così che lacapacità antiossidante plasmati-ca è spesso usata per valutare lostress ossidativo dopo eserciziofisico. I test più comunementeusati sono: TEAC, FRAP, TRAP oORAC, oppure la variazione del-l’attività degli enzimi antiossi-danti (SOD, GShpX, CAT) e l’en-zima correlato glutatione redut-tasi (GR). La capacità antiossi-dante sembra temporaneamentediminuire immediatamente dopol’esercizio (35, 83,84,102), dopodi che il parametro incrementa ol-tre i livelli pre-esercizio durante ilrecupero (35, 37, 39, 98, 102).I lavori che indicano una non va-riazione della capacità antiossi-dante sono quegli studi che sisono limitati ad un solo campio-namento immediatamente dopol’esercizio, con una sola eccezio-ne nella quale non è stata notatanessuna variazione anche dopo 20minuti (100). La risposta degli en-zimi antiossidanti sembra moltosimile a quella che si ottiene mi-surando la capacità antiossidan-te, una riduzione temporaneasotto azione della produzione diRONS, seguita da una fase nellaquale l’attività antiossidante de-gli enzimi incrementa come con-seguenza allo stimolo pro-ossi-dante dei RONS prodotti dall’e-sercizio fisico. (35,102). Tuttavia,i dati sono estremamente con-flittuali per ogni enzima valutato:nessun incremento di GShpX,SOD e CAT (37, 39, 42,123), conun decremento di GShpX (76), GR(123) e SOD (82,124): chiara-mente questi risultati risentonodei diversi protocolli di campiona-tura e della durata dell’esercizio.
Supplementazione con antiossi-danti. Molti studi hanno riporta-to una riduzione del danno ossi-dativo dopo una somministrazio-ne di antiossidanti (vitamina C e vi-tamina E , le due vitamine con β-carotene) (75, 85, 86,125). Lasomministrazione delle vitamineda sole o in combinazione in cro-nico (1-8 settimane ) o in acuto(1-2 gg prima dell’evento sporti-vo) è il trattamento più usato ne-gli studi di stress ossidativo col-legato all’esercizio fisico di tipoaerobico concentrico. Alcuni stu-di indicano una riduzione dello
stress ossidativo, con un tratta-mento cronico sia della vitamina C(48, 56, 106), sia della vitaminaE (1, 30, 40, 66, 126) e sia delβ-carotene (115). Tuttavia, la ri-duzione dei markers dello stressossidativo è molto variegata, inquanto non tutti si riducono dopoi trattamenti. Alcuni studi hannoriportato nessun effetto per lasomministrazione di vitamina C(85) o di vitamina E (52, 56, 66,126) e nessun effetto per unasomministrazione indipendente diQ10 (87). Le controversie pre-senti in letteratura riguardo allacapacità da parte degli antiossi-danti di ridurre il danno ossidati-vo indotto dall’esercizio sono do-vute soprattutto: allo stato di al-lenamento dei soggetti parteci-panti alla studio (123), alla intro-duzione dietetica di antiossidan-ti (102), al dosaggio e alla dura-ta della supplementazione, siaper la vitamina C (56) che per lavitamina E (127). La supplementazione acuta(prima dell’evento sportivo), nelcaso di esercizi aerobici concen-trici, è stata studiata molto piùdella supplementazione cronica.La supplementazione acuta ri-duce vari markers dello stressossidativo spesso senza partico-lari eccezioni (77, 48, 49, 66,100,1 07), incluso le proteinecarbonilate (55), 8-OhdG (55),danno al DNA con la Comet assay(66), GSSG (49, 107), TbARs(48), MDA (77), LOOh (77), F2-isoprostani (100), la capacità an-tiossidante totale (49,100) e ilpentano espirato (88). Questi ri-sultati si sono ottenuti dopo lasomministrazione acuta di multi-vitaminici (66), vitamina C (48,77), vitamina E (66), N-acetil-ci-steina (NAC) (49,107), acidourico (100), propanololo (88),come pure con bevande ricche diantiossidanti naturali (succo diuva nera, lamponi, ribes rosso).
STRESS OSSIDATIVO ED ESERCIZIO ECCENTRICO L’esercizio eccentrico avvienequando il muscolo in allunga-mento esprime una forza elevata:questo gesto è tipico dell’allena-mento contro resistenza unavolta definito di “forza”, o nei ge-sti atletici anche sub-massimalinei quali intenzionalmente si con-trolla l’allungamento del muscolo,come nella corsa in discesa; dasegnalare che il gesto eccentricodetermina un danno al muscolo,con conseguente sofferenza mu-scolare, più elevato del gestoconcentrico (128). Nel caso delgesto eccentrico, il trauma chesubisce il muscolo porta ad unasituazione pro-infiammatoria conuna migrazione massiccia di cel-lule fagocitarie nell’area colpitadal danno, con un conseguentemassiccio incremento di RONS,che partecipano a digerire il tes-suto danneggiato (88,129-131).Per valutare l’effetto dell’eserci-zio eccentrico sullo stress ossi-dativo muscolare, la maggiorparte dei protocolli hanno utiliz-zato esercizi degli estensori delginocchio, i flessori del gomito ela bench press in uso eccentrico.Questi protocolli sono usati inquanto determinano un significa-tivo danno muscolare, indicato daun incremento variabile dell’en-zima creatin-chinasi (CK) pla-smatica (132, 133, 134, 135-138); inoltre, per registrare undanno significativo, la maggio-ranza degli studi sono stati con-dotti con soggetti sedentari(132,134,136), con poche ecce-zioni (135,137). I protocolli adot-tati determinano un incrementodella perossidazione lipidica (133,139, 135), della carbonilazionedelle proteine (135, 139, 140,141), del danno al DNA (142) edun’alterazione dello stato redoxdel glutatione (135, 139, 140,141). Tuttavia, i valori alterati dei
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marker dello stress ossidativo simanifestano soprattutto fra le48 e le 72 ore post-esercizio,suggerendo quindi che la migra-zione delle cellule fagocitarie chedeterminano l’incremento deiRONS è la causa primaria dellostress ossidativo nell’esercizioeccentrico contro resistenza.Tuttavia, diversi studi non hannoevidenziato alterazioni dei mar-ker ossidativi in protocolli simili aquelli nei quali le alterazioni sisono evidenziate: perossidazionelipidica (132,136-138), ossida-zione delle proteine (132), statoredox del glutatione (134). I daticontroversi sono da ascrivere asituazioni nelle quali l’esercizionon riesce a determinare unasufficiente variazione di CK ol’uso di biopsie muscolari al postodel plasma.
Supplementazione con antiossi-danti. Le informazioni sull’effettodegli antiossidanti nei protocollidove prevale l’esercizio eccen-trico sono meno numerose diquelle acquisite nei protocolli ae-robici concentrici; in genere, siregistra una riduzione dellostress ossidativo conseguentealla somministrazione di unacombinazione di vitamina E, vita-mina C e selenio (140) o con unasomministrazione di sola vitaminaC (143). Tuttavia, sono diversi ilavori che non evidenziano effettidella supplementazione con an-tiossidanti in ragione di un alle-namento eccentrico. Nessun ef-fetto positivo si è registrato conl’uso di una miscela di vitamina Ced E (137), come pure per unamiscela di vitamina C e NAC(133), anche se la vitamina C incombinazione con la NAC, som-ministrate nel periodo di recu-pero, ha dimostrato di ridurre lostress ossidativo tardivo (133);recentemente, la somministra-zione di catechine dal tè verde eNAC hanno dimostrato di influiresui segni clinici del dolore mu-scolare dopo esercizio, ma non diavere particolari effetti biochimicie biomolecolari (144).
STRESS OSSIDATIVO, ESERCIZIO CRONICO E “ORMESI”L’esercizio acuto determina unostress fisico che induce unostress ossidativo, come dimo-strano gli innumerevoli markers
che incrementano durante eser-cizi aerobici ed anaerobici, tutta-via rimane molto dibattuta laquestione se la continua produ-zione di RONS susseguenti all’e-sercizio fisico determini un ef-fetto negativo a lungo termine.ultimamente, si stanno accumu-lando evidenze che l’effetto biolo-gico della produzione di RONSconseguente all’esercizio fisicodetermini un effetto “ormetico”(145,146,147), cioè l’organismoin risposta alla ripetuta esposi-zione ad una tossina (RONS)mette in campo alcuni meccani-smi di adattamento protettivi, si-mili a quelli che si verificano nellevaccinazioni. Quindi livelli “otti-mali” di RONS sono fautori di unbuon stato di salute, troppi otroppo pochi RONS determinanouna incapace risposta dell’orga-nismo al danno ossidativo ed al-l’infiammazione e quindi una pre-disposizione alle malattie de-generative. Attualmente, un ac-ceso dibattito in campo scienti-fico riguarda l’opportunità di sup-plementare di antiossidanti gliatleti, che in questo caso si ve-drebbero diminuite le possibilitàdi adattamento antiossidante in-dotto dall’esercizio. Recente-mente, si è messo in evidenzache la supplementazione con vi-tamina C può ridurre la capacitàdi adattamento della VO2max in-dotta dall’allenamento come purela performance aerobica (146);risultati simili si sono ottenuticon supplementazioni di vitaminaE (148) e Q10 (149). La discus-sione è comunque aperta, inquanto altri studi indicano che ifenomeni di inibizione degli adat-tamenti all’allenamento come lariduzione della performance siada mettere in relazione al dosag-gio degli antiossidanti assunti(150), ma altri lavori ancora indi-cano che anche alti dosaggi diantiossidanti non determinanol’impedimento degli adattamentipositivi indotti dall’allenamento(151). Sembra che un livello otti-male di RONS durante l’attivitàfisica non sia solo necessario maaddirittura vantaggioso, inquanto rappresenta il segnaleper gli adattamenti antiossidantidell’organismo. Gli adattamentidelle difese antiossidanti, che in-tervengono di conseguenza aduna regolare attività fisica, nonsembrano in grado di eliminare
completamente i danni ossidativi,ma sono in grado di ridurre i po-tenziali danni conseguenti adesercizi acuti di elevata intensitào in altre situazioni che vedono unelevato incremento di RONS. L’i-dea di eliminare completamente iRONS indotti dall’esercizio fisiconon sembra sia ideale nella ge-stione ottimale delle funzionalitàfisiologiche; tuttavia una cronicaproduzione di una quantità ele-vata di RONS che costantemen -te superi le capacità antiossi-danti dell’organismo anche seadattate (overtraining, esercizidi alta intensità) può portare ne-cessariamente ad un danno ossi-dativo diffuso e di conseguenzaad una riduzione della perfor-mance e al rischio di malattie,come può succedere negli allena-menti e nelle performance di ul-tra-endurance (152).
CONCLUSIONITutte le forme di allenamento, siaaerobico che anaerobico, incre-mentano la produzione di RONS edi conseguenza creano stressossidativo. In passato, la rela-zione fra esercizio fisico e stressossidativo era comunemente vi-sta in un’ottica solo di danno allestrutture biologiche e quindi daeliminare per consentire di otte-nere la performance migliore: diconseguenza, le ricerche sullasupplementazione di antiossi-danti erano tutte indirizzate a ri-durre drasticamente i markerdello stress ossidativo.Le ricerche recenti hannomesso in dubbio la reale efficaciadi supplementazioni antiossi-danti, almeno in dosaggi elevati,che impedirebbero gli adatta-menti antiossidanti indotti dal-l’allenamento. Sarebbe oppor-tuno dotarsi di protocolli distudio che cercassero di defi-nire la quantità ideale di RONSche sono necessari all’adatta-mento ideale delle difese antios-sidanti dell’organismo. Questaricerca può essere particolar-mente difficile se affrontata di-rettamente, mentre la stradadella ricerca scientifica futurapuò essere un approccio indi-retto: cioè, lo studio di qualisiano le condizioni ideali di alle-namento che inducono le miglioririsposte antiossidanti può es-sere la strada della ricercascientifica futura.
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L’ANTIOSSIDANTE (IL BUONO), IL RADICALE LIBERO (IL BRUTTO) E LO STRESS OSSIDATIVO (IL CATTIVO)
L’ossigeno è vitale per molti organismi ma, para-dossalmente, è anche fonte di molecole in grado diindurre un insulto ossidativo a macromolecole bio-logiche come DNA, carboidrati, lipidi e proteine: iradicali liberi. In condizioni fisiologiche, le cellulepossiedono dei raffinati sistemi di controllo permodulare in maniera efficace l’equilibrio redox traradicali liberi e antiossidanti. La regolazione avvienein modo continuo attraverso il controllo della pro-duzione di specie radicaliche e delle difese antios-sidanti secondo meccanismi non ancora perfetta-mente conosciuti. Se questo equilibrio è alterato inmodo consistente verso l’aumento di radicali liberi,si genera una condizione definita “stress ossida-tivo”, che può danneggiare irreversibilmente la fun-zionalità cellulare portando all’insorgenza di pato-logie, in particolare cardiovascolari e neoplastiche,diabete e svolgere un ruolo negativo nel processod’invecchiamento. L’organismo umano ha sviluppato un complesso si-stema di protezione contro le specie radicaliche.Questo sistema include alcuni antiossidanti pre-senti nell’organismo e altri provenienti dalla dieta.Il sistema biologico umano presenta, con differentilivelli di compartimentalizzazione e concentrazione,una complessità di sostanze che cooperano in ma-niera sinergica nell’orchestrare il network antios-sidante. Gli enzimi superossido dismutasi, catalasie glutatione perossidasi garantiscono una prote-zione a livello cellulare, mentre a livello plasmaticosi rilevano principalmente molecole di natura nonenzimatica, acido urico, ceruloplasmina, bilirubina,tioli, vitamina E, acido ascorbico, carotenoidi e co-enzima Q10. La versatilità del network antiossi-dante, il Buono, esalta il sinergismo tra i differentielementi al fine di proteggere l’organismo umanodall’insulto mediato da specie ossidanti, il Brutto,prevenendo lo sviluppo dello stress ossidativo, ilCattivo.
PILLOLA O NON PILLOLA? QUESTO È IL DILEMMA
Diversi sono gli studi epidemiologici che hanno do-cumentato come un’alimentazione ricca in frutta everdura (alimenti caratterizzati da elevata capacitàantiossidante) svolga un effetto protettivo verso lepatologie cardiovascolari, neurodegenerative e leneoplasie. Nonostante sia noto il beneficio sullostato di salute connesso al consumo di alimentid’origine vegetale, non è ancora del tutto chiaroquali siano gli elementi che assolvano il ruolo pro-tettivo e il loro meccanismo d’azione. L’esistenza diuna correlazione inversa, tra livelli plasmatici diantiossidanti e incidenza di mortalità per cardio-patia ischemica, mostrata in uno studio multi-cen-trico condotto negli anni ‘80 del secolo scorso, in16 Paesi europei, portò alla formulazione dell’“Ipo-tesi Antiossidante”. Tale ipotesi si basava sull’as-sunto che alti livelli di antiossidanti plasmatici,conseguenza di un regime alimentare ricco in fruttae verdura, potessero proteggere l’organismo daldanno ossidativo, riducendo il rischio di mortalitàper malattie degenerative. In seguito alla formula-zione dell’ ”ipotesi antiossidante”, furono pianificatiuna serie di studi clinici d’intervento, tesi a valu-tare l’effetto degli antiossidanti in pillole nella pre-venzione delle patologie degenerative. Gli studi inquestione hanno fornito risultati discordanti e con-traddittori, difficilmente catalogabili in un contestodefinitivo, ma che evidenziano aspetti negativi dellasupplementazione, rendendo necessaria in alcunistudi una precoce sospensione del trattamento. Nello studio “Linxian”, condotto in un’area ruraledella Cina caratterizzata da un’alta incidenza dicancro gastrico ed esofageo e da una malnutrizionegenerale della popolazione residente, 5 anni di sup-plementazione con una miscela di 15 mg β-caro-tene + 30 mg vitamina E e 50 μg di selenio sonostati in grado di diminuire significativamente lamortalità per cancro allo stomaco. Lo studio CA-RET (Beta Carotene and Retinol Efficacy Trial) con-dotto negli Stati uniti mostrò, al contrario del
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 13-16
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MAUROSERAFINI, PH.D.È Direttore delProgramma“Alimenti Funzionalie PrevenzioneStressMetabolico”,INRAN,Via Ardeatina, 546- 00178 Rome,ItalyPhone:+390651494450Fax:+390651494550E-mail:[email protected]
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LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Mauro Serafini, Ph.D.
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Linxian, un effetto negativo della supplementazionecon antiossidanti, registrando un aumento di can-cro al polmone in lavoratori esposti all’asbestodopo supplementazione con 30 mg di β-carotenee 25,000 Iu di retinolo per 4 anni. Furono diagno-sticati 388 nuovi casi di cancro al polmone, con unaumento dell’incidenza di cancro (28%) e di mor-talità per tutte le cause (17%) nel gruppo in trat-tamento antiossidante. Lo studio in questione fuinterrotto con 21 mesi di anticipo rispetto alle pre-visioni iniziali. Nel primo studio europeo su largascala, l’Alpha-Tocopherol, beta Carotene CancerPrevention (ATbC), la supplementazione con 20mg/giorno di β-carotene portò a un aumento dicirca il 18% nella mortalità per cancro al polmonein soggetti fumatori. Mentre nel gruppo supple-mentato con α-tocoferolo fu registrata una dimi-nuzione dell’incidenza di cancro alla prostata (32%)e della mortalità per tutte le cause (41%). NelPhysicians’ health Study il campione di studio eracostituito da 22.071 medici di 40-84 anni, senzaesperienza precedente di cancro o patologie car-diovascolari, di cui l’11% fumatori e il 39% ex fu-matori. Di questi, 11.036 ricevettero β-carotenee 11.035 placebo per 12 anni. I risultati mostra-rono in maniera chiara come la supplementazionenon avesse effetto alcuno sull’incidenza di neopla-sie e mortalità per tutte le cause. I risultati dellostudio SuVIMAX, condotto in Francia su una co-orte di circa 12.749 volontari di entrambi i sessisupplementati con una combinazione di antiossi-danti e minerali a dosi nutrizionali per 8 anni, hamostrato un effetto protettivo nei confronti dellamortalità per cancro nei soli uomini. un recente la-voro di revisione sistematica (meta-analisi) ha ri-assunto i risultati di circa 14 studi clinici (170.525soggetti) tesi a valutare il rapporto tra la supple-mentazione con antiossidanti galenici e l’incidenzadi cancro allo stomaco. I risultati hanno mostratocome gli antiossidanti considerati (β-carotene, levitamine A, C ed E) non siano in grado di esercitarenessun effetto protettivo sulla patologia neopla-stica. Al contrario, l’associazione tra β-carotene evitamina A e tra β-carotene e vitamina E aumen-tava significativamente la mortalità per tutte lecause. Sono assai interessanti i risultati principali di un’al-tra meta-analisi apparsa sulla rivista anglosas-sone “The Lancet”, che ha raccolto e riassunto glistudi clinici che hanno valutato l’effetto della sup-plementazione con β-carotene e vitamina E neiconfronti di patologie cardiovascolari, eventi cere-brovascolari e mortalità per tutte le cause. Per ciòche concerne il β-carotene, nei 138.113 parteci-panti totali ai vari studi, la supplementazione conβ-carotene aumentava significativamente la mor-talità per tutte le cause e per CVD. Non aveva ef-fetto alcuno sulla mortalità cerebrovascolare. Perciò che concerne la supplementazione con α-toco-ferolo, la ricerca ha inoltre evidenziato che negli81.788 pazienti considerati, la supplementazionecon vitamina E non svolgeva alcun effetto preven-tivo nei riguardi della mortalità per tutte le cause,per CVD e per eventi cerebrovascolari.I fattori che possono essere evocati per spiegarequesti risultati sorprendenti sono molteplici e ri-chiederebbero uno spazio maggiore di quello a di -sposizione, ma sicuramente giocano un ruolo im-portante il disegno di studio, le dosi utilizzate, le
modalità di somministrazione, il tipo di patologia,nonché le caratteristiche dei gruppi studiati. Tut-tavia, pur considerando le molteplici variabili con-fondenti, l’evidenza clinica e le meta-analisi epide-miologiche che hanno considerato un numeroenorme di soggetti in un periodo ampio ci permet-tono di trarre indicazioni attendibili. Inoltre, tutti gli studi clinici d’intervento sono staticondotti utilizzando quasi esclusivamente le vita-mine C, E e il β-carotene, trascurando l’ampio in-sieme delle molecole antiossidanti presenti nellamatrice vegetale. In quest’ottica, nella quasi to-talità degli studi clinici, si è arrivati a supplemen-tare individui sani con una sola tipologia di antios-sidanti rispetto alla variegata composizioneossido-riducente che si ritrova in una dieta. Que-sto può spiegare sia la mancanza di effetto evi-denziata nella maggior parte degli studi clinici, mapotrebbe essere anche alla base degli eventi ne-gativi associati alla supplementazione. Il supple-mentare con dosi superiori al normale apporto die-tetico in individui sani per un lungo periodopotrebbe aver causato uno scompenso ossido-ri-duttivo nelle difese antiossidanti dell’organismo esicuramente un’alterazione dei rapporti di concen-trazione tra gli antiossidanti endogeni che po-trebbe essere alla base dell’effetto negativo evi-denziato in alcuni studi. Troppo presto e sulla scorta di dati in vitro e in mo-delli animali, si è pensato che gli antiossidanti ga-lenici potessero rappresentare la “pallottola ma-gica” per prevenire le patologie degenerativeindipendentemente dal corredo antiossidante del-l’individuo, che invece rappresenta una variabileimportante che dovrà essere considerata per studifuturi e per suggerire il corretto apporto di an-tiossidanti dalla dieta.
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LA MACCHINACHE C’É IN ME ANTIOSSIDANTI E SALUTE: CIBI COLORATI, PILLOLE BIANCHE E SUGGERIMENTI PER L’USO
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COME L’ACQUA PER IL CIOCCOLATO: L’OMEOSTASI E IL “BISOGNO” DI ANTIOSSIDANTI DEL NOSTRO ORGANISMO
Le evidenze sino ad ora descrittesuggeriscono in maniera autore-vole che la supplementazione conantiossidanti galenici non sia ingrado di mimare l’effetto protet-tivo esercitato dagli alimenti diorigine vegetale, anzi nei casi ovesi eccedono le dosi fisiologicheper lunghi periodi, l’effetto puòessere controproducente. In al-cuni degli studi dove l’effetto pro-tettivo è stato evidenziato (Lin-xian e SuVIMAX per gli uomini) citrovavamo di fronte a popolazioniin carenza nutrizionale (Linxian) oin soggetti con livelli plasmatici diantiossidanti ridotti (uomini Su-VIMAX). Queste considerazionisuggeriscono come l’antiossi-dante sembrerebbe essere piùutile in soggetti in “carenza” daantiossidanti o sotto stress enon in individui con un corredoossido riduttivo adeguato. A con-clusioni simili siamo giunti anchenoi nella prima revisione siste-matica che ha analizzato il rap-porto tra ingestione di alimenti diorigine vegetale, supplementi emodulazione nutrizionale delle di-
fese antiossidanti. La revisionein questione, che ha raccolto piùdi 230 interventi nutrizionali nel-l’uomo con alimenti di origine ve-getale quali frutta, verdura, olio,vino, thè, cioccolato, spezie, etc,ha mostrato come in soggetticaratterizzati dalla presenza difattori di rischio per le malattiedegenerative quali età, fumo,ipertensione, obesità etc., cioèsoggetti sotto stress, l’antios-sidante funziona più spesso (71%degli studi) rispetto ad individuidove tali fattori non sono pre-senti (41% degli studi). Tali risul-tati suggeriscono come l’azionedell’antiossidante sia più impor-tante e meglio recepita dall’or-ganismo, quando uno stress os-sidativo è in atto rispetto asituazioni di omeostasi, laddovele difese antiossidanti endogenesono in grado di tamponare ec-cessi ossidativi. Se questa evi-denza fosse confermata, signifi-cherebbe che se siamo individuiche seguono uno stile di vitaequilibrato, non fumatori, se-guendo un regime nutrizionalericco di alimenti di origine vege-tale e corredato da una mode-rata attività fisica, non abbiamobisogno di ulteriori antiossidanti.Se invece siamo in sovrappeso oobesi, fumatori, statici e se-guiamo una dieta stile “homer
Simpson”, ad alto contenuto ingrassi, carboidrati e energia, ilnostro organismo entra in condi-zioni “stressogene” ed è lì cheprobabilmente ha una sua impor-tanza o l’aumento ulteriore delconsumo di antiossidanti nutri-zionali o, in assenza di quest’ul-timi, un ricorso all’integrazione,magari con estratti naturali.
NIETZSCHE DOCET: IL MITO DEL “SUPERALIMENTO” ANTIOSSIDANTE
Se scorriamo i quotidiani o i sitiweb specializzati, possiamo tro-vare notizie che ci garantisconoche la papaya, il mirtillo, il thè, ilcioccolato, il broccolo o il baobabcome tali o chimericamente addi-zionati con altri antiossidanti,rappresentino “IL SuPERALI-MENTO FILOSOFALE”, l’unicocibo o estratto, che se ingerito,da novello alchimista nutrizionale,trasformerà il metallo (ossidato)in oro (antiossidante) e ci per-metterà di vivere in eterno e insalute. Purtroppo, quando an-diamo a registrare le frequenze dimortalità per malattie cardiova-scolari o cancro, non ci accor-giamo del beneficio di tali super-alimenti. È un dato di fatto che glialimenti di origine vegetale pos-siedono un enorme corredo di an-tiossidanti riconducibili alle prin-cipali vitamine e ai flavonoidi,quindi in grado di aiutarci da unpunto di vista antiossidante,ma…con alcune considerazioni.Ogni alimento contiene un certoquantitativo di antiossidanti chedefinisce il suo potenziale antios-sidante in vitro, cioè in provetta,quindi se noi avessimo un qua-drato di cioccolato, un cespugliodi lattuga e un cestello di mirtilli,ci renderemmo conto che su que-sta base, il cioccolato sarebbe ilpiù potente, seguito dal mirtillo emolto lontano, circa 30 volte dimeno, dalla misera lattuga. Se,come abbiamo fatto noi, chiedetea dei soggetti sani di mangiarequesti alimenti e calcolatequanto è l’aumento delle difeseantiossidanti dopo l’ingestione, virendereste conto che tra tutti,l’alimento che ha funzionato me-glio, garantendo un aumentomaggiore è la tanto bistrattatalattuga con un aumento del 50%rispetto al 20% e al 13% di cioc-colato e mirtillo. Questo per direcome non si possa sapere in an-ticipo sulla base del suo conte-
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nuto se l’alimento sarà in grado di aumentare le di-fese antiossidanti: ciò è dovuto al fatto che i suc-citati flavonoidi, composti bioattivi presenti nel Re-gno Vegetale, sono dei composti che hanno unabassissima disponibilità biologica nell’uomo (5-10%della dose ingerita passa nei fluidi biologici), quindimolti di questi antiossidanti non vengono ingeriti.La domanda successiva è: ma serve che siano as-sorbiti? Forse no…Quando mangiamo un pasto ad alto contenuto inenergia o grassi o carboidrati, induciamo unostress chiamato postprandiale al nostro corpo chedura per circa 8 ore dalla fine del pranzo, dove l’or-ganismo si vede costretto a gestire improvvisa-mente un carico elevato di zuccheri semplici, grassie radicali liberi e di conseguenza reagisce atti-vando una vera e propria risposta immunitaria checoinvolge fenomeni infiammatori acuti, che se pro-tratti nel tempo, diventano un vero e proprio fat-tore di rischio per patologie degenerative. Se però,durante questo pasto, si associano alimenti o suc-chi di origine vegetale contenenti antiossidanti, lostress e la comparsa dei fattori di rischio si ridu-cono notevolmente, grazie all’azione antiossidantea livello digestivo che sembrerebbe non necessitaredell’assorbimento dell’antiossidante.Altra variabile da considerare in questo puzzle os-sidoriduttivo è l’effetto dell’associazione dell’an-tiossidante con altri alimenti: se mangiamo unpezzo di cioccolato fondente, o il famoso cestino dimirtilli e una tazza di thé verde o nero, possiamoaumentare, con diversi gradi d’efficacia, il nostrocorredo antiossidante, ma se a tali alimenti noi as-sociamo un bicchiere di latte, in seguito all’intera-zione che si sviluppa tra i flavonoidi dell’alimento ele proteine del latte, l’effetto antiossidante scom-pare. Questi risultati fornirebbero una possibilespiegazione ai dati epidemiologici che descrivono uneffetto protettivo associato al consumo di thè neiconfronti delle malattie cardiovascolari che si ri-scontra in moltissimi Paesi eccetto che nel Regnounito ed in Australia, dove è consuetudine aggiun-gere del latte alla bevanda.Inoltre, potrebbe essere più vantaggioso per ilcorpo assumere gli antiossidanti dagli alimenti “co-lorati” durante il pasto, data la loro potenzialità nelridurre i fenomeni ossidativi legati allo stress in-dotto dal pasto ipercalorico, piuttosto che ingerirlilontani dai pasti, dove solo una quota modesta de-gli stessi verrebbe assorbita in circolo, per esserepoi escreta nel giro di una giornata.Il mondo degli antiossidanti che è stato propostonel corso degli anni da parte di giornalisti, opinio-nisti e venditori di pillole bianche, come così sem-plice, elementare e ben caratterizzato, è inveceestremamente complesso e presenta ancora tan-tissimi punti oscuri legati al punto focale della sto-ria, la capacità da parte dei singoli alimenti di aiu-tare l’organismo da un punto di vista antiossidanteper prevenire i fattori di rischio ossidativi. Inoltre,l’efficacia variamente postulata degli integratoriantiossidanti come strumento focale per aiutarel’organismo si scontra, novello Titanic, con l’icebergdell’evidenza clinica, che mostra effetti collateraliindesiderati associati al sovraccarico di un singoloantiossidante per molti anni, confermando il prin-
cipio fondamentale sancito da Madre Natura nelpreservare la biodiversità e la rotazione del con-sumo degli alimenti “colorati” in base alle stagionie alle necessità del momento. Nel frattempo, si deve cercare di dare la priorità aduna miscela variegata di alimenti di origine vege-tale, come i frutti colorati, il broccolo, il cavolo etutte le verdure, cioccolato, il thè, la soya, etc, chesono in grado di fornirci molecole ad azione antios-sidante, ma anche altri ingredienti funzionali, comesali minerali, fibra e vitamine, che possono poten-ziare l’effetto salutistico. A mio avviso, l’alimento“colorato” si dovrebbe preferire alla pillola bianca,tranne che in casi di comprovata carenza vitami-nica, oppure da incapacità di accesso agli alimentio, in ultima analisi, in condizioni di stress elevatoper supportare l’azione degli alimenti “colorati”. Il “SuPERALIMENTO” nietzscheano non esiste,inutile cercarlo in quanto ultimo e unico deposita-rio del segreto dell’immortalità, per fortuna dico io,perché se fosse così chi non avesse accesso allafamosa papaya o al mango, “frutto tropicale dalnettare dolcissimo”, citando Paolo Villaggio in unsuo famoso film, correrebbe molti più rischi. Sce-gliere gli alimenti d’origine vegetale seguendo iritmi dettati dalla Natura e dal proprio corpo, in li-nea con biodiversità e stagionalità, insieme a unostile di vita virtuoso, rappresentano la strategiagiusta che dobbiamo seguire per un’efficace azionepreventiva associata agli antiossidanti. Allo stessotempo, il mondo scientifico deve aumentare glisforzi per comprendere i meccanismi alla base dellamodulazione delle difese antiossidanti, identificarequali siano le migliori strategie di assunzione degliantiossidanti, se esistano raccomandazioni diversein conformità a variabili come l’età, lo stress, l’at-tività fisica. In questo modo, capiremo se l’ipotesi antiossi-dante può essere paragonata alla ricerca della pie-tra filosofale da parte degli alchimisti medioevali,oppure rappresentare una strategia d’interventonutrizionale efficace per ridurre l’incidenza dellostress ossidativo e delle patologie ad esso corre-late, fornendo all’uomo della strada, indicazionipratiche e dettagliate per affrontare in maniera ot-timale il suo percorso contro l’irrancidimento.
LETTURE SUGGERITE1. bjelakovic G, Nikolova D, Simonetti RG &Gluud C, Antioxidant supplements for pre-vention of gastrointestinal cancers: asystematic review and meta-analysis. Lancet2004: 364,1219-1228.
2. halliwell b et al. Oxidative stress, nutritionand health. Free Radical Research 1996: 25;57-74.
3. Serafini M et al. Plasma antioxidants fromchocolate. Nature, 2003; 424(6952):1013.
4. Serafini M et al. The role of antioxidants indisease prevention. Medicine, 2006c; 34:12;533-35.
5. Serafini M et al. Modulation of plasma non en-zimatic antioxidant capacity (NEAC) by plantfoods: the role of polyphenols. Curr Top MedChem. 2011;11(14):1821-46.
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S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 17-23
S&CAnthony N. Turner, MSc¹, CSCS1 e lan Jeffreys, MSc, CSCS*D, NSCA-CPT*D2
¹London Sport Institute, Middlesex University, Londra, Inghilterra e 2University of Glamorgan Pontypridd, Galles, Regno Unito
PAROLE CHIAVEciclo stiramento-accorciamento; energia elastica; tendine; rigidezza; fuso neuromuscolare; organo tendineo del Golgi
ORIG: THE STRETCH-SHORTENING CYCLE: PROPOSED MECHANISMS AND METHODS FOR ENHANCEMENT. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. 32(4):87-99 (2010). ANTHONY N.
TURNER èprofessoreassociato epreparatoreatletico allaMiddlesexuniversity diLondra,Inghilterra.
IAN JEFFREYSè professoreassociato in forzae condizione fisicaall'università diGlamorgan,Galles, oltre cheproprietario edirettore della All-Pro Performancedi brecon, Galles.
IL CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO DELLE FIBRE MUSCOLARI: meccanismi proposti e metodi di sviluppo(SECONDA PARTE)
12. METODI PER MIGLIORARE I MECCANISMIDEL CICLO STIRAMENTO ACCORCIAMENTODato che il CSA gioca un ruolo importante nelleprestazioni sportive, è fondamentale poter miglio-rare questo fenomeno tramite un allenamento ef-ficace. È costantemente riportato che il metodomigliore per allenare le abilità motorie in cui vienecoinvolto il CSA è attraverso la pliometria (68, 77,85, 91, 93, 95, 97). I paragrafi seguenti spieganoin che modo gli esercizi pliometrici possono essereprogressivamente integrati nel programma di alle-namento di un atleta e fornisce metodi appropriatidi valutazione delle prestazioni. I consigli praticiche saranno dati si basano sulle evidenze relativeai meccanismi del CSA analizzati nei paragrafi pre-cedenti.La pliometria comprende una vasta gamma diesercizi basati su salti, salti su un piede e rimbalzi,il cui scopo fondamentale è quello di migliorare lafunzionalità del CSA. Sebbene si tratti di movi-menti all’apparenza relativamente semplici, comeper esempio un salto con contromovimento o concaduta da un rialzo, gli esercizi pliometrici sono inrealtà tecniche motorie molto complesse e basi-lari. Perciò, si dovrebbe dedicare un adeguato pe-riodo di tempo al miglioramento di questetecniche, e il preparatore fisico dovrebbe assicu-rarsi che l’atleta le padroneggi senza problemi,prima di passare a esercizi più complessi. Occorrequindi lavorare su un sistema progressivo di eser-cizi attraverso i quali un atleta dovrebbe passareper garantire la maestria tecnica richiesta pereseguire l’intera gamma di esercizi pliometrici, inmaniera da massimizzare i miglioramenti della pre-stazione e, di converso, da minimizzare il rischio diinfortuni.
Idealmente, in termini di ottimizzazione delle pre-stazioni, l’allenamento pliometrico dovrebbe es-sere preceduto da un allenamento per la forza, inmodo da ridurre il rischio di infortuni al sistemamuscolo-tendineo e migliorare la qualità e la quan-tità delle fibre di tipo II. L’ultima affermazione èdegna di nota, perché esiste un’alta correlazionefra la percentuale di fibre di tipo II e l’espressionedi picchi di potenza muscolare (23) ed è così cheprobabilmente si può spiegare l’incremento del po-tenziale netto degli atleti di sviluppare potenza(58). Come conseguenza del principio di recluta-mento delle unità motorie in ordine di misura delladimensione, dato che i muscoli vengono coinvolti
gradualmente in un movimento, in ordine di dimen-sione (47), un allenamento mirato allo sviluppodella forza – esattamente ≥85% di 1 ripetizionemassimale (1RM), ≤6 ripetizioni, 2-6 serie, dai 2ai 5 minuti di recupero (6) – è necessario per re-clutare tali fibre di tipo II (45). Sebbene la sequenza: allenamento di forza che pre-cede l’allenamento pliometrico sia un’idea fisiologi-camente valida, essa potrebbe non aiutare aottimizzare lo sviluppo sequenziale fondato sull’a-bilità motoria e l’introduzione ritardata nel pro-gramma di allenamento degli esercizi pliometrici,finché non sia stata sviluppata una solida base diforza, potrebbe non essere ottimale per lo sviluppoa lungo termine dell’atleta. La realtà dei modernisport vede gli atleti competere sin da giovanissimi. Alcuni sport, come il basket, il football, il calcio ecosì via, prevedono un ampio numero di movimentibasati sul CSA e comprendono numerose fasi disalto e atterraggio. Molto spesso questi movi-menti vengono eseguiti ben prima di aver svilup-pato una buona forza di base, perciò lo sviluppo diun’efficace tecnica – nell’atterraggio, per esempio– gioca un ruolo fondamentale. Inoltre, come dettoin precedenza, gli esercizi pliometrici si basano suun’importante componente tecnica, oltre che fi-sica. Per questo, sembra logico voler sviluppareentrambe le componenti simultaneamente, piutto-sto che lavorare sulla tecnica solo dopo che èstata stabilita una base di forza. È comunque pru-dente assicurarsi che gli esercizi pliometrici ven-gano prescritti progressivamente, in base aiprogressi nelle capacità fisiche dell’atleta.
Parametri di un allenamento efficace dellaforza muscolare
Parametro da definire
Definizione del carico
1Intensità del carico
≥85% di 1 ripetizione massimale (1RM)
2Numero di ripetizioni per serie
≤6 ripetizioni
3 Numero di serie da 2 a 6
4 Pausa dopo ogniserie
da 2 a 5 minuti
PUBBLICA
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A PRIMA VOLTA IN
ITALIA1
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12.1 INTRODUZIONE AGLI ESERCIZI PLIOMETRICI: LA PIRAMIDE PLIOMETRICAIn previsione dell’inserimento di un qualsiasi eser-cizio in un programma, è necessario che vi sia unasequenza di progressione che permetta all’atletadi padroneggiare le componenti di base, prima dipassare a movimenti più avanzati. Sviluppare un si-stema progressivo di allenamento richiede una co-noscenza basilare dei fattori che determinano[quella che si potrebbe definire, NdT] intensità plio-metrica. In questo modo, gli esercizi potranno es-sere inseriti in sequenza all’interno di unprogramma, così da fornire – volta per volta – lostimolo più appropriato per l’atleta, a secondadelle sue capacità tecniche e degli obiettivi del pro-gramma. Jeffreys (57) stila una lista delle compo-nenti fondamentali dell’intensità nel lavoropliometrico:1. Velocità del movimento: maggiore è la velocità,maggiore sarà l’intensità.2. Punti di contatto: gli esercizi a gamba singolasono più intensi di quelli a due gambe.3. Ampiezza del movimento: più ampio è il movi-mento, maggiori saranno le forze di contatto conil suolo e, quindi, l’intensità.4. Peso dell’atleta (o carico addizionale): maggioreè il peso, maggiore sarà l’intensità.Inoltre, gli esercizi dove l’atleta passa da un movi-mento eccentrico a uno concentrico (per esempio,il depth jump, il salto in basso seguito da un balzoverso l’alto), a parità di condizioni, sono più intensidi quelli dove si esegue la sola fase eccentrica(come il salto in caduta da un rialzo).
In sostanza, le “abilità” necessarie in pliometriaruotano attorno a due capacità di base, ossia ilsalto e l’atterraggio. Sebbene si tratti di abilitàbasilari, non riuscire a svilupparle adeguatamentelimiterà l’applicazione ottimale degli esercizi plio-metrici e lo sviluppo atletico, oltre a esporre l’at-leta a maggiori rischi di infortuni. basandosi sullavalutazione dell’intensità pliometrica e sulle ne-cessità di sviluppare tecniche ottimali di salto eatterraggio, ancora Jeffreys (57) sostiene che sianecessario utilizzare la cosiddetta piramide plio-metrica per inserire gli esercizi in un programma.La piramide comprende tre categorie di esercita-zioni, ognuno dei quali ha uno scopo preciso ed è ingrado di modificare la propria intensità in ogni li-vello. Per ciascuno di questi livelli, l’obiettivo prin-cipale è quello di apprendere e perfezionare latecnica, permettendo all’atleta, alla fine del per-corso, di essere adeguatamente preparato per af-frontare ogni tipo di esercizio pliometrico.
12.2 LIVELLO 1: SALTO SU UN RIALZOQuesto livello sviluppa le abilità basilari di salto e,cosa molto importante, allena la capacità di at-terrare correttamente in un ambiente controllato.Eliminando il tempo di esecuzione dalle variabili del-l’esercizio, è soltanto la gravità che agisce e, in-segnando l’adeguata tecnica di atterraggio aiprincipianti o agli atleti con problemi in questosenso, le forze di impatto col suolo possono es-sere ridotte al minimo. Variando l’altezza del rialzoè possibile mettere sempre alla prova le capacità
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IL CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO DELLE FIBRE MUSCOLARI: MECCANISMI PROPOSTI E METODI DI SVILUPPO
LA MACCHINACHE C’É IN ME
Salto su rialzo (a sinistra), caduta da un rialzo (al centro), passo in fuori dal rialzo (a destra) (prima di una caduta o diun salto da rialzo). Eseguendo questi esercizi, i preparatori devono assicurarsi che gli atleti mantengano un'adeguata po-sizione dei piedi nel momento del contatto e un corretto allineamento degli arti (per esempio, tenere le spalle in linea conle ginocchia aiuta a posizionare il centro di gravità al di sopra della base di supporto del corpo e assicura di non muoverele ginocchia in varo o in valgo. Inoltre, le spalle devono essere spinte in basso e all'indietro, con le mani tenute sui latidel corpo pronte all'uso).
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salto dell’atleta, riducendo comunque le forze diimpatto col suolo. Passare da un atterraggio a duegambe a uno con un arto solo può mettere ulte-riormente alla prova la tecnica dell’atleta. La figura(a sinistra) illustra un’efficace tecnica di atterrag-gio in questo esercizio di salto da terra su unplinto.
12.3 LIVELLO 2: SALTO IN BASSO E ARRESTOQuesto livello allena la capacità di atterraggio del-l’atleta sviluppata nel primo livello, e lo aiuta a mi-gliorare le proprie capacità nel controllare le forzeeccentriche. All’inizio, gli esercizi di questo livellopossono anche essere eseguiti con poca ampiezza,ma è possibile incrementare progressivamentel’intensità di lavoro aumentando l’ampiezza del mo-vimento e passando da un atterraggio a duegambe a uno a un arto solo. Sviluppando ulterior-mente la tecnica di atterraggio, questo livello per-mette all’atleta di adattarsi a grandi forze diimpatto col suolo (carichi eccentrici) attraverso ladisinibizione consapevole dell’organo tendineo delGolgi. I progressi in questo livello – e nell’ampiezzadei movimenti – dovrebbero essere regolati dallaqualità del movimento e non si dovrebbe aumen-tare la difficoltà fino a quando l’atleta non sia ingrado di atterrare con un buon controllo e un ap-propriato contatto del piede con il suolo. Atterraresui talloni, per esempio, è un segno della presenzadell’inibizione da parte dell’organo tendineo delGolgi e dell’incapacità dell’atleta di immagazzinareenergia nei tendini, fattore essenziale per la fasedi ammortizzazione (e per la sua durata) su cui sibasa il livello successivo (35). Inoltre, come de-scritto nei paragrafi precedenti, questo livello ri-chiede anche lo sviluppo di una rigidezza muscolare– ottenuta attraverso la tensione di pre-attiva-zione e la co-contrazione dei muscoli antagonisti –che potrebbe richiedere diverse settimane per svi-lupparsi (68). La figura (al centro) illustra una tec-nica di atterraggio efficace durante un salto concaduta da un rialzo.
12.4 LIVELLO 3: SALTI COSIDDETTI REATTIVIIn questo livello, inizia il vero allenamento pliome-trico, dove il CSA entra in gioco per potenziare laprestazione della fase concentrica del movimento.L’atleta esegue dei salti – inizialmente poco ampi –nei quali lo scopo è ridurre al minimo il tempo dicontatto con il suolo, mantenendo comunque mec-canismi di atterraggio efficaci e un buon controllodel corpo. Di nuovo, in questo livello è possibile au-mentare le difficoltà ampliando i movimenti di saltoe lavorando con una gamba sola invece che condue. Gli esercizi di salto che impegnano l’articola-zione della caviglia sono un buon esempio di saltoreattivo. Inoltre, esiste diversa ricerca che ha ipo-tizzato che la rigidezza complessiva delle gambesia legata a quella delle caviglie (2, 31, 32). Perciò,i saltelli di caviglia possono rappresentare unpunto di partenza prudente. Nell’Appendice vienedescritto questo particolare esercizio.
Gli atleti che sono riusciti a progredire con suc-cesso attraverso questi tre livelli, dovrebbero aversviluppato l’abilità tecnica adeguata a lavorare sul-l’intera gamma di esercizi pliometrici. A questo
punto, possono essere inseriti all’interno del pro-gramma tutti i movimenti adeguati a ottenere gliadattamenti fisici richiesti dall’atleta.
12.5 COMINCIARE PENSANDO AL RISULTATO FINALEProgettando programmi di allenamento basatisulla pliometria, i preparatori devono essere benconsapevoli sia degli obiettivi che gli atleti voglionoraggiungere con l’allenamento, che delle specifichecapacità fisiche che stanno cercando di migliorare. Questo permetterà loro di applicare in modo ade-guato tutte le variabili del programma, per solleci-tare il raggiungimento di risultati specifici.uno dei fattori chiave da considerare è quanta im-portanza ha il tempo di contatto con il terrenonello sport o nell’attività che si vuole allenare. hen-nessy e Kilty (48) e Schmidtbleicher (94) hannotrovato basse correlazioni fra le altezze raggiuntecon un salto con contromovimento e con un saltoin caduta da un rialzo, ipotizzando che queste at-tività basate sul CSA misurino caratteristiche dimovimento diverse. A questo proposito, Schmidt-bleicher (94) ha diviso i vari esercizi pliometricinelle categorie del CSA lento (>250 millisecondi) oveloce (<250 millisecondi), a seconda del lorotempo di contatto con il suolo.
Per esempio, un salto con contromovimento (ca-tegoria del CSA lento) potrebbe essere più utileper allenare la fase di accelerazione nei 100 metri,come ha ipotizzato Plisk (87), affermando che laforza esercitata dall’arto anteriore durante laspinta viene applicata per più di 250 millisecondidai top sprinter, con valori riportati dai ricercatoridi 0,34-0,37 millisecondi (81, 83). Allo stessomodo il salto con gli sci (60), il lancio del peso (70)e i tuffi dalla piattaforma (83) hanno un tempo dicontatto con il suolo che va ben oltre i 250 milli-secondi e beneficerebbero dell’allenamento basatosui salti con contromovimento e sui suoi derivati(per esempio, i salti ginocchia al petto, lo splitsquat jump, il salto di un ostacolo a piedi uniti e leprogressioni su un solo arto). Al contrario, invece,un salto in caduta da un rialzo (CSA veloce) e i suoiderivati (come i balzi tra ostacoli multipli, l’azione
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di balzo e le varie progressioni a gambasingola) sono più utili per allenare losprint a velocità massima (82) e la fasedi stacco nel salto in lungo (109) e inalto (24), perché [in queste sequenzemotorie] il CSA ha un tempo di con-tatto con il suolo inferiore a 250 milli-secondi. A questo proposito, l’analisidel tempo di contatto con il suolo e laqualità e la direzione delle forzeespresse, dovrebbe permettere di sce-gliere i più idonei esercizi pliometrici daeseguire.Durante gli esercizi di pliometria, i pre-paratori dovrebbero enfatizzare l’im-portanza di aumentare al massimol’altezza di caduta (dove possibile), ri-ducendo invece al minimo il tempo dicontatto con il suolo (105,107,108).Sebbene possano sembrare scontati,questi obiettivi sono molto importantiper permettere all’atleta di progredirein modo appropriato nel programma diesercizi pliometrici. Per esempio, neimovimenti dove è richiesta un’attivitàrapida del CSA, l’utilizzo di carichi ag-giuntivi, l’aumento dell’altezza nei saltie così via possono provocare un au-mento indesiderato del tempo di con-tatto con il suolo e, perciò, modificarela natura stessa dell’esercizio. Quindiè necessario fare attenzione, quando siprogredisce nelle attività pliometriche,in modo da non arrivare a influire nega-tivamente [proprio] sullo scopo princi-pale dell’esercizio. Questo vale anchenel caso in cui si cerchi di rendere gliesercizi più “sport specifici“, inclu-dendo magari l’utilizzo di palloni o pallemediche, il cui unico risultato saràquello di peggiorare le prestazioni fisi-che e annullare lo scopo dell’esercizio,ossia migliorare le performance delCSA.
12.6 VALUTARE IL MECCANISMODEL CSASe il tempo di contatto con il suolo èuna variabile importante da conside-rare nell’allenamento pliometrico, te-nerla sotto controllo è ancora piùimportante. Questo può essere fattoutilizzando un equipaggiamento da alle-namento/da test – come tappetini elet-tronici e piattaforme – che permette diavere a disposizione i dati in temporeale, motivando ancora di più l’atleta(34, 86). Inoltre, il calcolo dell’indice diforza reattiva (altezza saltata/tempo dicontatto con il suolo) durante gli eser-cizi – come il salto in caduta da un ri-alzo – può fornire ai preparatori dei datiaffidabili sul CSA dell’atleta (35, 36,89, 107, 108, 110). Questo calcoloviene eseguito di solito effettuando deitest sulle seguenti altezze di caduta:30, 45, 60 e 75 cm (89). Come dettoin precedenza, meccaniche efficaci delCSA dovrebbero tradursi in salti più
alti, eseguiti in caduta da una maggiorealtezza. un altro metodo per monito-rare l’aumento di pre-stiramento èquello descritto da McGuigan et al.(79) e da Walshe et al. (110), chehanno confrontato il salto con contro-movimento con lo squat jump, utiliz-zando la formula seguente: % diaumento del pre-stiramento = ([Salto incontromovimento - Squat jump] x Squatjump-1) X 100. Oppure, è possibile cal-colare la forza di reazione semplice-mente come altezza del salto concontromovimento meno altezza dellosquat jump (107). Sebbene controllaregli adattamenti dell’atleta all’allena-mento pliometrico sia considerato fon-damentale, deve ancora esserestabilito con certezza un metodo otti-male per farlo con precisione, che po-trebbe dipendere unicamente dalladisponibilità o meno di attrezzaturaspecialistica.
12.7 LA PLIOMETRIA COME PARTEDI UN PROGRAMMA COMPLES-SIVO PER LA PRESTAZIONECosì come tutte le altre modalità di al-lenamento, anche la pliometria non do-vrebbe essere eseguita isolatamente,ma andrebbe inserita in un programmacomplessivo di sviluppo della presta-zione che comprenda diversi tipi diesercitazioni. Si consiglia pertanto aipreparatori fisici di includere nella pro-grammazione anche altri movimenti bal-listici (movimenti esplosivi con resi-stenza nei quali il corpo – o l’oggetto –è soggetto a un’accelerazione com-pleta), come i movimenti del solleva-mento pesi, perché queste sequenzemotorie sono in grado di migliorare l’e-spressione di potenza nell’atleta lavo-rando sull’estensione dei tre puntichiave (anche, ginocchia e caviglie) (51)della parte inferiore del corpo. Si ri-tiene anche che questo tipo di esercizimigliori la percentuale di forza espressa(RFD, Rate of Force Development) (35,44, 51) nei primi 200 millisecondi (43)di espressione della forza. Inoltre, po-trebbe anche incrementare lo sviluppodello stato attivo nei muscoli che, comespiegato in precedenza, potrebbe es-sere un principio fondamentale di tuttele attività del CSA (9, 10, 100). In più,tutto ciò potrebbe avere anche un ul-teriore significato perché la stragrandemaggioranza dei movimenti atletici checoinvolgono il CSA si compie al massimoin 0,3 secondi (111). Come detto inprecedenza, l’allenamento per la forzagioca un ruolo importante anche nelmassimizzare l’attività del CSA. Seb-bene siano necessarie ulteriori ricercheper definire quale sia l’applicazione per-fetta della pliometria in questa dire-zione, alcuni studi ipotizzano che com-
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binare allenamento per la potenza e allenamentoballistico (programma combinato) possa produrre,in un’ampia gamma di esercizi atletici che richie-dano potenza e velocità, risultati superiori rispettoa quando si allenano i due metodi separatamente(22, 55, 90).In più, l’attività del CSA può essere influenzatadalla sua precedente storia relativamente alla con-trazione muscolare. Questo fenomeno deve essereconsiderato, al momento della progettazione diprogrammi di allenamento. Per esempio, Comynset al. (20) hanno esaminato gli effetti di 3 backsquat (eseguiti utilizzando il 65, l’80 e il 93% di1RM) sulle performance del salto in caduta da unrialzo, per determinare se esistesse una resi-stenza ottimale da applicare all’allenamento com-plesso (si faccia riferimento a Docherty et al. (25)ed Ebben (26) per ulteriori riferimenti all’allena-mento complesso). I risultati della ricerca hannomostrato che tutte le resistenze riducevano (p <0,01) il tempo trascorso in elevazione e che solle-vare pesi al 93% 1RM si traduceva in un migliora-mento (p < 0,05) del tempo di contatto con ilsuolo e della rigidezza delle gambe. Questi risultatifanno ipotizzare che il sollevamento pesi con cari-chi elevati sia in grado di migliorare i meccanismirapidi del CSA (probabilmente mediante il poten-ziamento della post-attivazione) grazie all’azione amolla delle gambe più rigide e compatte, che po-trebbero così contribuire a fornire prestazioni mi-gliori. Tuttavia è necessario considerare ancheche, sebbene alcuni esercizi abbiano il potenzialedi migliorare l’attività del CSA, altri possono anchepeggiorarla. Magnusson (75), per esempio, ha af-fermato che lo stretching statico causa un‘alta di-minuzione della rigidezza muscolare e, proprio perquesto, dovrebbe essere evitato in ogni attività diriscaldamento preparatoria a sessioni di allena-mento dove sono previsti esercizi basati sul CSA.
12.8 QUALITÀ, NON QUANTITÀComyns et al. (21) hanno studiato gli effetti di unallenamento con affaticamento massimale del CSAsulle prestazioni di un salto in caduta da un rialzo,eseguito 15, 45, 120 e 300 secondi dopo l’affati-camento. I risultati hanno mostrato che l’affatica-mento riduceva significativamente il tempotrascorso in elevazione (p < 0,001) e il picco diforza (p <0,05) nell’intervallo dei 15 secondi, per-mettendo così di ipotizzare che l’efficacia del CSAsi fosse ridotta. Tuttavia, i risultati hanno anchemostrato un potenziamento generale nel salto ese-guito dopo 300 secondi, per via di un aumento si-gnificativo nel picco di forza e nella rigidezza dellegambe (p < 0,05). Gli effetti negativi della faticasul CSA sono stati anche dimostrati dopo allena-menti con intensità submassimale (41, 42, 52, 58,88) e al termine di una maratona (5). Perciò, anchese i meccanismi del CSA possono essere negativa-mente influenzati dalla fatica, la qualità dei movi-menti dovrebbe restare comunque un fattoreimportantissimo nella valutazione delle prestazionidurante una sessione di allenamento e aiutare ilpreparatore a stabilire il volume appropriato di la-voro pliometrico. Questa consapevolezza dovrebbeanche indirizzare verso una corretta applicazionedegli esercizi pliometrici all’interno di un macrocicloannuale, perché gli esercizi saranno più efficaci neicicli dove l’atleta non è eccessivamente affaticato.
13. CONCLUSIONEEfficaci meccaniche alla base del CSA si traducononella conservazione dell'energia nella locomozione enel miglioramento delle forze propulsive. Quest'ef-ficacia, tuttavia, è in gran parte una conseguenzadella capacità individuale di trasferire tutto lo sti-ramento ai tendini, mantenendo al contempo la ne-cessaria rigidezza muscolare. Ciò può essereottenuto soltanto con un adeguato allenamentopliometrico, che impedisce di inibire l'organo tendi-neo del Golgi e permette di pre-attivare la tensionemuscolare e una contemporanea co-contrazionedei muscoli antagonisti. Stando ai dati ottenutidalle ricerche, il metodo migliore di allenare i movi-menti basati sul CSA è la pliometria, e gli esercizimigliori sono gli atterraggi da un rialzo, nei quali ilcorpo si adatta a contrastare alte forze d'impatto,e i salti in caduta da un rialzo seguiti da rimbalzo,dove ci si concentra per ridurre la fase di ammor-tizzazione e, di conseguenza, la perdita di EE. Inol-tre, l'allenamento pliometrico dovrebbe esserepreceduto da un allenamento per la forza, così daridurre il rischio di infortuni al sistema muscolo-tendineo e migliorare la qualità e la quantità dellefibre di tipo II nei muscoli. Infine, per via dell'impor-tanza dello stato attivo dei muscoli, si consigliaagli atleti di allenare la percentuale di espressionedella forza eseguendo esercizi ballistici, come quellipliometrici e di sollevamento pesi.
Gli effetti potenzianti sul fuso neuromuscolare ri-mangono contenuti, a causa di attività elettro-miografiche insignificanti. basandoci sulla rassegnaattuale delle ricerche, la causa più plausibile del-l'aumento di forza riscontrato dopo l'azione del CSAè l'energia elastica, derivata dall'elasticità dei ten-dini e dall'incremento dello stato attivo nei muscolicausato dall'aumento dell'intervallo di lavoro. Que-ste scoperte sono in accordo con i risultati della ri-cerca di Wilson e Flanagan (104), che hanno pro-dotto una rassegna simile. hanno anche ipotizzatoche lo sviluppo dello stato attivo dei muscoli fosseun fattore fondamentale dell'aumento della produ-zione di forza riscontrata in un CSA piuttostolungo, mentre un ciclo breve si affida maggior-mente al riutilizzo dell'EE.
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Prima partepubblicata inS&C, anno I,n. 2, Maggio-Agosto 2012,pp. 17-24
APPENDICE: ESERCIZIO DI CAVIGLIA [ANKLING]Durante questo esercizio, le caviglie dovrebbero rimanere in ten-sione, mentre l’atleta salta da un piede all’altro. Nella fase dipassaggio da un piede all’altro, il piede deve essere mantenutoin flessione dorsale con l’alluce puntato in alto verso la gamba.Al momento del contatto con il terreno e l’istante precedente, imuscoli del piede e della caviglia devono forzatamente contrarsi(creando compattezza e rigidezza del complesso muscolo-ten-dine) e determinare la propulsione del piede, mentre la caviglia inque stione si atteggia alla flessione plantare. Solo la parte ante-riore del piede deve prendere contatto con il terreno e la spintainiziale del piede dovrebbe essere diretta sotto il centro di gra-vità del corpo. Questo esercizio dovrebbe essere inizialmenteeseguito sul posto e solo più avanti deve essere prevista la pro-gressione dello spostamento in avanti. L’esercizio di caviglia èparte costitutiva delle attività di salto e di corsa e può di con-seguenza essere considerato un esercizio pliometrico fonda-mentale a tutti gli effetti.
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IL CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO DELLE FIBRE MUSCOLARI: MECCANISMI PROPOSTI E METODI DI SVILUPPO
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INTRODUZIONEuno dei principali problemi che si possono riscon-trare nell’ambito della ricerca sul fenomeno del-l’invecchiamento, è rappresentato dall’obiettivadifficoltà che si incontra quando si cerchi di diffe-renziare i processi fisiologici legati all’invecchia-mento stesso e quelli che invece possono essereimputabili ad un’involuzione patologica. Aldilà diquesta innegabile difficoltà, la maggioranza degliAutori concorda sul fatto che è possibile tentaredi rallentare il naturale declino delle funzioni senso-motrici, al quale inevitabilmente si va incontro nelcorso dell’invecchiamento, a patto di adottare unastrategia multivariata basata essenzialmente suiseguenti punti (hedden e Gabrieli, 2004):- mantenere un’attività intellettuale di un livelloimpegnativo e costante;
- effettuare regolarmente un’attività fisica di tipoaerobico;
- adottare delle strategie comportamentali e deglistili di vita atti alla riduzione dello stress cronico,il quale è associato alla produzione di glucocorti-coidi che, a loro volta, alterano la funzione deineuroni dell’ippocampo;
- integrare il regime dietetico con acidi grassi polie mono insaturi, vitamina E, polifenoli ed antios-sidanti.
LA PREVENZIONE DELL’INVECCHIAMENTOCEREBRALEIn fisiologia vale il detto “si perde ciò che non siusa”: questa semplice regola è vera tanto per gli“umili” muscoli quanto per “l’aristocratico” cer-vello. Da tempo ormai le neuroscienze hanno indi-viduato delle strategie ben precise per ottenere unmiglioramento delle nostre funzioni cognitive anchein età senile (o comunque almeno preservarle). Ilcervello è composto da circa 100 miliardi di neu-roni, tra loro connessi attraverso le ramificazionidendritiche, il cui numero aumenta in funzione del-l’apprendimento di nuove informazioni ed abilità. Il
numero dei neuroni però diminuisce in funzione del-l’invecchiamento (anche se sembra che un certonumero di neuroni venga prodotto giornalmentenell’area dell’ippocampo, vedi a questo proposito ilbox specifico), fenomeno che comporta un pro-gressivo deterioramento intellettivo. A causa diquesto impoverimento neuronale, il cervello perde,nel periodo compreso tra i 35 ed i 70 anni, circa il10% del proprio peso. Le aree cerebrali maggior-mente coinvolte in questo processo involutivo sonoquelle frontali, che controllano le attività logico-procedurali e temporali e che sovrintendono aimeccanismi della memoria. Negli anni ’50, RitaLevi Montalcini e Victor hamburger, della Was-hington university di St. Louis (uSA), hanno indivi-duato una proteina denominata Nerve Growth Fac-tor (NGF) o Fattore di Crescita Neuronale: questaneurotrofina viene prodotta dalle cellule cerebralistesse in seguito alla stimolazione da parte deineuroni afferenti. Più tardi, negli anni ’80, Yvesbard del Max Planck Institute di Monaco (D), indi-viduò un’altra molecola, il Brain-Derived Neurotro-phic Factor (bNGF) che, a differenza dell’NGF, èpresente in quasi tutto il cervello, compresa la cor-teccia cerebrale. Il compito di queste due neuro-trofine è quello di sviluppare le connessioni neuro-nali, in particolare quelle dell’ippocampo, unastruttura sottocorticale che rappresenta la sededella memoria e dell’apprendimento. Inoltre l’NFGed il bNGF svolgono anche l’importantissimo com-pito di preservare il neurone dal fenomeno dell’in-vecchiamento, posticipandone l’apoptosi (ovvero lamorte cellulare che si verifica in quanto processonormale e controllato della crescita o dello svi-luppo di un organismo, NdC) ed aumentandone siale dimensioni, che le connessioni dendritiche. Que-sto complesso fenomeno è conosciuto sotto ilnome di “plasticità neuronale” e rappresenta lapossibilità che le cellule cerebrali hanno nel po-tersi riorganizzare e vicariare le cellule morte odanneggiate sia per insulti di tipo ictale o trauma- S
&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 25-30
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PAROLE CHIAVEinvecchiamento, prevenzione, stress, dieta, antiossidanti.
L’INVECCHIAMENTOED IL CONTROLLO CEREBRALE DELL’ESERCIZIO
Gian Nicola Bisciotti
GIAN NICOLABISCIOTTI Ph.D èlaureato in Scienza eTecniche delle AttivitàFisiche e Sportivepresso l’UniversitàClaude Bernard diLione, ha conseguito la specializzazione inBiologia e Fisiologiadell’Esercizio pressol’Università FrancheCompté di Besançone, sempre presso lastessa sedeUniversitaria, ilDottorato di Ricercain Biomeccanica. È stato per 11 anniProfessore associatopresso la Facoltà diScienze dello Sportdell’Università di Lione.Dal 1999 al 2009 haricoperto l’incarico dipreparatore atleticopresso l’FCInternazionale diMilano. Attualmente èPhysiologist Leadpresso l’Orthopedicand Sport MedicineHospital, FIFA Centerof Excellence di Doha(Qatar).
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tici, che a causa del semplice fenomeno dell’invec-chiamento. Oggi sappiamo che questo sorpren-dente fenomeno biologico si verifica ad ogni età.Inoltre, sappiamo anche come, e questo è un datodi fondamentale importanza, sia possibile appren-dere nuove informazioni ed acquisire nuove abilità inqualsiasi momento della vita, anche in un periodocome quello senile che molti definiscono come “in-transigente” dal punto di vista intellettivo in gene-rale. D’altro canto, è ormai inequivocabilmente as-sodato che stimolare l’apprendimento di nuoveabilità, e comunque impegnare la mente in modoassiduo e costante, rappresenta una delle miglioristrategie per mantenere intatte le proprie facoltàintellettive, anche in funzione della prevenzione diterribili patologie come il morbo di Alzheimer. Ancheil versante alimentare può contribuire al rallenta-mento dell’invecchiamento cerebrale: sostanzecome le vitamine b1-b6-b12, E, l’acido folico, gliOmega 3 e 6 ed il manganese risulterebbero es-sere di fondamentale importanza per mantenere ineuroni in un ottimo stato di funzionalità, cosìcome d’altronde l’integrazione con sostanze an-tiossidanti in grado di controllare l’effetto dei ra-dicali liberi. Anche un regime alimentare ipocaloricomostrerebbe un effetto anti-aging a livello cere-brale, ma non solo. È infatti ormai universalmentenoto come la riduzione dell’apporto calorico induca,nel modello sperimentale animale, un aumento del-l’aspettativa media di vita grazie ad una riduzione
dei processi legati al fenomeno dell’invecchiamento.Sempre su modello animale è stato dimostratoche un giorno di digiuno settimanale può avere uneffetto anti-invecchiamento e di prevenzione neiconfronti dell’insorgenza di alcuni tipi di neoplasie;i meccanismi attraverso cui il digiuno determine-rebbe questi effetti protettivi potrebbero esserericondotti ad una diminuzione dello stress ossida-tivo e ad un aumento dei meccanismi di riparazionemolecolare. Anche un moderato ma costante eser-cizio fisico di tipo aerobico può contribuire a ritar-dare l’invecchiamento cerebrale, in questo casoprobabilmente grazie ad una maggior ossigena-zione cerebrale; inoltre l’esercizio fisico può avereun’influenza positiva a livello delle interconnessioninervose e dell’integrità neuronale grazie alla libe-razione di sostanze chimiche, come gli estrogeni,il fattore di crescita insulinosimile, la serotonina ela neurotrofina.
Da tutto questo se ne può trarre che la preven-zione dell’invecchiamento cerebrale si basa su diuna strategia di tipo multifattoriale, articolatasulla base di un corretto stile di vita, su attività co-gnitive stimolanti ed impegnative e su di una cor-retta alimentazione. Ma soprattutto un concetto sta riscontrandosempre più consensi in campo scientifico: il fattoche la sfera cognitiva e quella motoria non costi-tuiscano due unità tra loro distinte ma come, alcontrario, interagiscano tra loro vicendevolmentein maniera complessa. Gli effetti dell’esercizio fisicosul fenomeno dell’invecchiamento debbono per-tanto essere rivisitati in funzione di una chiave dilettura “motorio-cognitiva” di tipo integrato, checoinvolga anche la sfera sensoriale e quella emo-zionale. Gli effetti positivi dell’attività fisica, in par-ticolare di quella aerobica, sulle funzioni cognitivesono ad oggi universalmente e pienamente ricono-sciuti (Colcombe e coll., 2003). L’allenamento ae-robico infatti determina un incremento delle so-stanze neutrofiche di origine cerebrale (Neeper ecoll., 1995) che, a loro volta, determinano un au-mento del tasso di sopravvivenza dei neuroni(barde, 1994), lo sviluppo delle sinapsi e la plasti-cità cerebrale (Lu e Chow, 1999), oltre allo sviluppodi nuovi neuroni (Van Praag e coll., 1999). In buonasostanza possiamo asserire che l’attività fisica ditipo aerobico è correlata ad un rapido ed efficacefenomeno di angiogenesi che favorisce un migliora-mento dell’ossigenazione a livello cerebrale, corre-lato a sua volta a tutta una serie di fenomeni adat-tivi positivi. Nell’ambito della ricerca sul tema deglieffetti dell’invecchiamento sul controllo cerebraledell’esercizio, una delle principali problematiche èrappresentata dal fatto che l’invecchiamento dellestrutture cerebrali non avviene in modo omogeneo(Chéron e bengoetxa, 2006), in altre parole esisteuna discronia nei tempi d’invecchiamento, e quindidi deterioramento, delle varie aree cerebrali; adesempio, il volume della corteccia visuale primarianon viene in pratica modificato nel corso degli anni,mentre la corteccia pre-frontale e l’ippocampo pre-sentano, nel corso della vita, una riduzione indub-biamente maggiore (Raz e coll., 2004); ed ancorail cervelletto mostra un riduzione pari a circa il 2%ogni decade di vita, mentre nessuna riduzione par-ticolare sarebbe evidenziabile a livello delle regionidel ponte nel corso degli anni (Raz e coll., 2001).
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
L’INVECCHIAMENTO ED IL CONTROLLO CEREBRALE DELL’ESERCIZIO
RIQUADRO DI APPROFONDIMENTO
Impariamo a conoscerli…
Gli acidi grassi polinsaturi sono degli acidi grassi che pre-sentano più di un doppio legame C-C all’interno della loromolecola. A questa serie appartengono gli omega 3, gliomega 6 e gli omega 9. In linea generale, i lipidi che con-tengono principalmente acidi grassi saturi si presentano, atemperatura ambiente, allo stato solido, mentre i lipidi checontengono acidi grassi insaturi e polinsaturi, a tempera-tura ambiente, si presentano allo stato liquido, come adesempio l’olio di oliva o quello di semi. Gli acidi grassi insa-turi che sono presenti negli alimenti di origine vegetalesono in grado di abbassare la colesterolemia e la deposi-zione di colesterolo nei vasi.
La vitamina E venne scoperta nel 1922 dall’embriologo her-bert Evans che inizialmente la denominò “fattore X”; vennedenominata vitamina E solamente più tardi ed in funzione delfatto che era stata scoperta dopo la vitamina D. La vita-mina E, oltre a possedere spiccate funzioni antiossidanti,regola l’attività della lipossigenasi e della ciclossigenasi, en-zimi coinvolti nella formazione dei prostanoidi, composticapaci di mediare i fenomeni d’aggregazione piastrinica chevengono accentuati in caso di carenza di vitamina E.
I polifenoli costituiscono una famiglia di circa 5000 molecoleorganiche e sono largamente presenti nel regno vegetale.Come intuibile dal nome, sono sostanze caratterizzatedalla presenza di molteplici gruppi fenolici associati in strut-ture più o meno complesse, generalmente di alto peso mo-lecolare e rappresentano il prodotto del metabolismo se-condario delle piante. I polifenoli sono degli antiossidantinaturali; inoltre, sono accertati i loro effetti biomedici po-sitivi sia a livello cardiovascolare, che su alcune patologiedell’invecchiamento.
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Questa anisotropia nell’ambitodell’involuzione cerebrale legataal processo d’invecchiamentosolleva, nell’ambito della ricerca,non pochi problemi: primo tratutti quello inerente alla sceltadegli esercizi fisici maggiormenteconsoni in funzione dei differentiruoli delle varie strutture cere-brali in relazione alle molteplicifunzioni sensomotorie.
INTERATTIVITÀ DELL’INVECCHIAMENTO PERIFERICO E CENTRALE una corretta registrazione e tra-smissione delle sensazioni perife-riche rappresenta un parametroessenziale per poter ottenereuna risposta motoria ottimale. Ilprocesso d’invecchiamento com-porta un inevitabile rallentamen-to della registrazione sensorialeperiferica contestuale ad una per-dita di fibre nervose sensoriali,che sono facilmente evidenziabiliattraverso la registrazione del po-tenziale nervoso antidromico mi-surato a livello delle dita dellamano nel corso di stimolazioneelettrica del nervo mediano. Comeè possibile osservare in figura 1,le due maggiori differenze tra ilsoggetto giovane e quello anzianonell’ambito dell’effetto ortodro-mico ed antidromico sono rap-presentate dall’allungamento del-la latenza (maggiore nell’anzianorispetto al giovane) e dalla dimi-nuzione del potenziale (minorenell’anziano rispetto al giovane).Tuttavia, queste alterazioni a ca-rico del potenziale antidromico edortodromico non si accompagna-no nel soggetto anziano a delleparallele modificazioni delle ca-ratteristiche intrinseche di re-frattarietà della fibra nevosa pe-riferica. In effetti, il recupero dell’am-piezza del potenziale corrispon-dente ad un secondo stimolo (inuna serie di stimoli somministra-ti tra loro con una sequenzialitàtemporale progressivamentemaggiore) è sostanzialmente so-vrapponibile nel soggetto anzianoed in quello giovane (Desmet eCheron, 1980) (figura n°2). Que-sto sta chiaramente ad indicarecome nell’anziano sia comunquesostanzialmente preservata l’in-tegrità fisiologica intrinseca del-le fibre nervose periferiche, lacui alterazione anatomica mag-giore resta in effetti la diminuzionedel loro numero in senso genera-le e la perdita preferenziale di fi-bre nervose di maggior calibro in
senso specifico. Tuttavia, mentrea livello nervoso periferico, nelsoggetto anziano, è osservabileuna diminuzione della velocità diconduzione del segnale, la veloci-
tà di conduzione del segnale nel-la via somatosensoriale centralenon subisce variazioni nel corsodegli anni (Cheron e hainaut,1980).
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Figura n°1 – Effetto dell’in-vecchiamento(scevro da pato-logie) su poten-ziale ortodromico(riquadro A) edantidromico (ri-quadro B) a li-vello del nervomediano. Nel ri-quadro A, la sti-molazioneelettrica è effet-tuata a livello delnervo digitale del3° raggio e regi-strata a livellodel nervo me-diano al polso.Nel riquadro B,la stimolazione èeffettuata a li-vello del nervomediano al polsoe registrata a li-vello del nervodigitale del 3°raggio. (Da: Ché-ron e Ben-goetxa, 2006modificato)
Figura n°2 – Nel corso dell’invecchiamento, le caratteristiche di refrat-tarietà del potenziale antidromico e di quello ortodromico vengono so-stanzialmente mantenute. Nel grafico sopra riportato possiamoosservare la refrattarietà del potenziale antidromico, misurato a livellodel nervo mediano, rispettivamente in un soggetto anziano (81 anni) edin un soggetto giovane (23 anni). Nel grafico, i potenziali prodotti dallaseconda stimolazione sono stati sovrapposti. È facilmente osservabileche il potenziale antidromico provocato dalla seconda stimolazione è re-gistrabile solamente dopo un intervallo di tempo pari a 1.8 secondi. Ilrecupero dell’ampiezza del potenziale è misurato aumentando progressi-vamente l’intervallo tra le stimolazioni di 0.1 secondi. Si può notare chenell’anziano, malgrado l’importante riduzione dell’ampiezza di potenziale,il recupero del potenziale antidromico stesso si verifica in un tempo so-stanzialmente identico a quello impiegato dal soggetto giovane. (Da: Chéron e Bengoetxa, 2006 modificato).
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I NUCLEI DELLA BASE, LA SELEZIONE SENSORIALE E LA DECISIONE MOTORIAIl fenomeno dell’invecchiamento comporta, di persé, e quindi al di là di ogni possibile associazione pa-tologica, una modificazione delle entrate sensorialiche vede in primo luogo un affievolimento dell’in-tensità delle vie afferenti a livello talamico (Chérone bengoetxa, 2006). Il talamo rappresenta unastruttura-chiave nell’ambito della gestione delle in-formazioni sensoriali afferenti e del conseguente av-vio della risposta motoria. L’esempio del “blocco mo-torio” osservabile nella malattia di Parkinson è aquesto proposito illuminante per ciò che riguardal’interazione tra la sfera sensoriale e quella moto-ria. Il paziente parkinsoniano, infatti, va talvolta in-contro ad una sorta di “blocco motorio” nel mo-mento in cui debba effettuare un atto motoriosemplice come un cambiamento di direzione du-rante il cammino. In questa situazione, gli ordini mo-tori sembrano non essere più disponibili ed all’in-tenzione non segue più l’azione. È tuttavia possibile,in questi casi, “sbloccare” il soggetto, provocandoun semplice stimolo sensoriale, come ad esempiolasciando cadere un oggetto a terra. Questo sem-plice stimolo sensoriale si rivela in grado di sbloc-care la sequenza motoria necessaria alla prosecu-zione del cammino stesso. Questo modellocomportamentale implica l’esistenza di una serie dicollegamenti funzionali tra la corteccia, lo striato,il globo pallido interno ed esterno, i nuclei sub-tala-mici, la sostanza nera ed il talamo stesso. In par-ticolare, esisterebbe una via eccitatrice direttaattraverso un meccanismo disinibitorio a livello deltalamo che permetterebbe a quest’ultimo di effet-tuare la sua azione eccitatoria sulla corteccia equindi di dare origine al comando motorio. Questomodello comportamentale, oltre alla via eccitatricediretta, prevede anche l’esistenza di una via indi-retta che eserciterebbe un controllo parallelo ma disenso opposto a quello esercitato dalla via diretta,e che quindi condurrebbe ad un’inibizione talamicacon conseguente inibizione dell’azione motoria. L’e-quilibrio funzionale tra queste due vie sarebbe sottoil controllo della dopamina che eserciterebbe unamodulazione positiva, attraverso i recettori D1,sulla via diretta ed una modulazione negativa, at-traverso i recettori D, sulla via indiretta. La ridu-zione dell’azione dopaminergica, come durante lamalattia di Parkinson, provocherebbe una prepon-deranza funzionale della via indiretta su quella di-retta, causando in tal modo un’inibizione dell’azionemotoria. Anche l’importante riduzione del volumedello striato, che è osservabile nel corso del nor-male processo d’invecchiamento, potrebbe - seppurin misura minore - favorire l’inibizione motoria (Raze coll., 2003). Pertanto, in questo contesto, vienead assumere una valenza fondamentale il fatto di in-cludere nell’esercizio fisico proposto al pazienteanziano il maggior numero possibile di stimoli sen-soriali, al fine di facilitare il più possibile la disinibi-zione talamica attraverso la via eccitatrice direttae, quindi, il normale svolgimento delle sequenze d’a-zione motoria.
L’ONDA FRONTALE N30 TESTIMONE BIOLOGICO DELL’INVECCHIAMENTO CEREBRALE Alcuni Autori (Desmet e Cheron, 1980) hanno in-dicato come la registrazione dei potenziali some-
stesici evocati, ed in particolare della componentefrontale N30, rappresentino un importante para-metro indicativo per ciò che concerne la capacità,misurata nel corso degli anni, della corteccia nellarisposta nei confronti degli influssi sensoriali. In ef-fetti, nel corso dell’invecchiamento si verifica unariduzione dell’ampiezza dell’onda N30; è inoltre im-portante sottolineare come tale riduzione sia par-ticolarmente evidente ed accentuata nei soggettiaffetti da demenza senile. L’ampiezza dell’onda N30riflette inoltre lo stato delle vie dopaminergiche(Cheron e coll., 1994; Cheron e coll., 2000) e po-trebbe pertanto essere utilizzata nell’ambito delladeterminazione dei rapporti di equilibrio funzionaletra le vie eccitatrici e quelle inibitrici. È anche im-portante ricordare il fatto che i generatori corticalidell’onda N30 si trovano nella corteccia pre-fron-tale (Kanovsky e coll., 2003), zona cerebrale impli-cata nell’elaborazione del comando motorio, e chequest’ultima subisca, nel corso dell’invecchia-mento, delle importanti modificazioni in senso vo-lumetrico (Kennedy e Raz, 2005). Pertanto, alcuniAutori hanno avanzato l’ipotesi che le modifica-zioni dell’abilità motoria osservabili nel corso deglianni possano dipendere dalla perdita volumetricache si osserva durante l’invecchiamento di questaspecifica area cerebrale (Kanovsky e coll., 2003;Kennedy e Raz, 2005). In effetti, è ormai ben di-mostrato che la velocità e l’ampiezza dell’onda didepolarizzazione nervosa diminuiscono in maniera li-neare dopo la quinta decade di vita e come questoprocesso dipenda essenzialmente da un fenomenodi lipoperossidazione della struttura membranariadella fibra nervosa dovuto all’azione dei radicali li-beri (Rivner e coll., 2001). Inoltre, nel modello ani-male è osservabile una significativa diminuzionedella concentrazione dei neurotrasmettitori in con-comitanza al processo d’invecchiamento (Mishi-zen, 2001). Tutto questo avvalora l’ipotesi della di-pendenza, nel soggetto anziano, tra lo scadimentodelle abilità motorie e la perdita di efficienza deimeccanismi di trasmissione delle informazioni.
IL CERVELLETTO: CENTRO DELL’EQUILIBRIO,DELLA COORDINAZIONE, DELL’APPRENDI-MENTO SENSO-MOTORIO E COGNITIVOIl cervelletto, come d’altro canto l’ippocampo, su-bisce una riduzione volumetrica nel corso dell’in-vecchiamento. Anche se non si è ancora raggiuntaun’univocità di consenso sulle funzioni cerebellari,il controllo cerebellare sembrerebbe in ogni casoesercitarsi nell’ambito di un spettro complesso,che includerebbe non soltanto l’organizzazionetemporale della motricità, ma anche i processi diacquisizione sensoriali e quelli cognitivi (Mauk ecoll., 2000). Il cervelletto è direttamente implicatonel trattamento lineare delle informazioni e nell’e-laborazione del comando motorio, pilotando e co-ordinando contemporaneamente sia le informazionisensoriali, sia l’elaborazione delle risposte motorie.L’alterazione della funzione riflessa controllata dalcircuito cerebello-rubro-olivo-cerebellare, che siosserva nel corso del normale invecchiamento sce-vro da patologie, è responsabile dell’alterazionedell’abilità motoria osservabile nel corso della vita.
ASPETTI PRATICILa pratica dell’esercizio fisico e dell’attività spor-tiva nel soggetto anziano, al fine di rispondere al-
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RIQUADRO DI APPROFONDIMENTO
Chi, ascoltando la televisione, oppure sfogliando le pagine di una rivista, o ancora navigando su in-ternet, non si è mai imbattuto in una delle tante pubblicità che invitano, attraverso speciali e più omeno sofisticati programmi, ad esercitare la mente, né più né meno come se quest’ultima fosse unmuscolo da tenere continuamente in esercizio, pena la sua inevitabile atrofia? Giudicando dalle ap-parenze sembrerebbe di essere entrati in una vera e propria epoca di “fitness cerebrale”. Ma se moltidi noi hanno assistito, con vari gradi di perplessità, a questa escalation di “culturismo mentale”,quanti si sono posti la legittima domanda: ma su che evidenza scientifica si basano tali proposte?Se non proprio tutti, confido comunque molti. In effetti, al di là del primo momento di normale edumana curiosità, il legittimo dubbio sorge. Anche se alcune ricerche avrebbero dimostrato che l’a-bilità che indubbiamente si acquisisce in questa sorta di “giochi mentali” non si trasferirebbe “toutcourt” ad altri tipi di abilità: in altre parole, le abilità acquisite sarebbero molto specifiche e diver-samente trasferibili in altri campi. Non dobbiamo comunque pensare che non vi sia nessun interessereale nel praticare questa sorta di ginnastica mentale, anche se vi sono indubbiamente altri metodi,più classici ed ortodossi, che secondo la neuroscienza più “seria” (se vogliamo chiamarla così…) sidimostrerebbero maggiormente interessanti ed efficaci. Ma procediamo con calma. Recenti studinell’ambito delle neuroscienze, anche se finora condotti su modello murino e non ancora sull’uomo,indicherebbero che stimolare l’apprendimento aumenterebbe la sopravvivenza di nuovi neuroni nel cer-vello adulto; non solo, sembrerebbe poi che più il problema si presenta come impegnativo ed appas-sionante, maggiore sarebbe il numero di nuovi neuroni che sopravvivrebbe. Forse alcuni di voiavranno notato che, per ben due volte, ho utilizzato il termine “nuovi neuroni”, il che significa chenon si tratta di un errore di battitura o, ancor peggio, di concetto, ma che le cose starebbero, aquanto sembra, proprio così. Il termine “nuovi neuroni” sta ad indicare quello che si conosce ormaida una decina di anni, da quando cioè il mondo della neurobiologia in particolare, e delle neuroscienzein generale, è stato scosso da una notizia a dir poco sconvolgente, per lo meno in termini di dogmiscientifici: il cervello adulto dei mammiferi produce costantemente nuovi neuroni (Gould e coll., 1999).Elizabeth Gould ed il suo gruppo di ricerca della Rockfeller university dimostrano infatti che nel cer-vello adulto, e più precisamente in una particolare zona dell’ippocampo denominata giro dentato, ven-gono ogni giorno generati nuovi neuroni. Quello che fu inizialmente dimostrato dalla Gould su modelloanimale fu in seguito confermato anche nel modello umano: alcuni neuroscienziati americani e sve-desi dimostrarono infatti che la neurogenesi (appunto la formazione di nuovi neuroni, NdC) era pre-sente anche nell’uomo. Gli studi condotti su modello murino indicano che nell’animale nascono ognigiorno da 5.000 a 10.000 nuovi neuroni, tuttavia - anche se nell’ippocampo umano si verificherebbelo stesso processo di neurogenesi - ad oggi non siamo in grado di quantificare, neppure approssi-mativamente come nell’animale, il numero dei neonati neuroni. Sappiamo però che questo fenomenodi neurogenesi non avviene in modo regolare ma che, invece, può essere influenzato da numerosi fat-tori. Ad esempio, vi sono prove del fatto che l’eccessivo consumo di alcol e di nicotina ritarda la na-scita di nuove cellule cerebrali, ma anche che sia l’esercizio fisico, sia alcuni farmaci come gli anti-depressivi, avrebbero invece un’influenza favorevole sul fenomeno di neurogenesi; non solo, anchel’alimentazione potrebbe influenzare la nascita di nuovi neuroni: alcuni studi dimostrerebbero infatticome i mirtilli accelererebbero nell’ippocampo questo specifico processo di neo-formazione. Tutta-via, anche se questo fenomeno è stato ormai assodato sia nell’animale che nell’uomo, non è neces-sariamente detto che i nuovi neuroni debbano sopravvivere. Infatti, è da chiedersi perché il nostroorganismo dovrebbe sobbarcarsi la non indifferente spesa, in termini biologici, di mantenere dellenuove strutture neurali, se queste ultime non servono in qualche modo alla sopravvivenza dell’indi-viduo? E qui risiede la vera straordinarietà di questo processo di “potenziamento cerebrale”, del qualesiamo gli inconsapevoli protagonisti quotidiani. Nell’animale, è infatti dimostrato che i nuovi neuronipossono sopravvivere solamente se al soggetto viene richiesto l’apprendimento di nuove abilità. Nonsolo ci sono abilità ed abilità, nel senso che quelle maggiormente impegnative e che richiedono l’at-tivazione di una complessa rete neurale, in altre parole quelle che richiedono maggior formulazionedi pensiero, sono quelle che garantiscono la sopravvivenza del maggior numero di neuroni. Al con-trario, se all’animale non è richiesto nessun tipo di nuovo apprendimento e nessuno sviluppo di nuoveabilità cognitive, i neo-neuroni vanno incontro ad apoptosi nel giro di circa due settimane. Soprat-tutto, il nuovo apprendimento deve iniziare nel giro di sette – dieci giorni, se inizia più tardi perde diefficacia: i nuovi neuroni stanno già morendo. Anche un addestramento troppo precoce sarebbe inef-ficace, indicando in tal modo la presenza di una ben precisa finestra temporale per l’addestramentoefficace. Non esistono ancora prove evidenti che tutto questo avvenga, per lo meno così esatta-mente, anche nell’uomo, ma esistono comunque forti possibilità in tal senso (Shors e coll., 2001;Waddel e Shors, 2008). Le applicazioni pratiche di questi studi sarebbero rilevantissime, basti in-fatti pensare al fatto che i malati di Alzheimer ai primi stadi della malattia, e perciò quando essi sonoancora in grado di potersi pienamente impegnare in attività che richiedano uno sforzo cognitivo, po-trebbero rallentare il devastante avanzare della loro patologia. Ma anche come una strategia di ap-prendimento cognitivo programmato potrebbe rallentare l’inevitabile declino cognitivo legato al fe-nomeno dell’invecchiamento. ben vengano quindi, anche in età senile, i videogiochi cui prima facevamoaccenno, ma anche l’apprendimento di una nuova lingua, oppure una nuova materia di studio su cuituffarsi, magari dopo aver effettuato una buona dose di esercizio fisico…
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RIQUADRO DI APPROFONDIMENTO
Personalità ed invecchiamento cerebrale
La personalità potrebbe influire in modo si-gnificativo sul processo di’invecchiamentocerebrale. Questa è la tesi sostenuta in unrecente studio pubblicato da Storandt ed ungruppo di ricercatori della Washington uni-versity. (Storandt e coll., 2010). Attraversolo studio di immagini di risonanza magneticadi 79 volontari di età compresa tra i 44 e gli88 anni – di cui si conoscevano anche im-portanti dati riguardanti la loro personalità –gli Autori hanno identificato volumi inferiori dimateria grigia nelle regioni frontale e tempo-rale mediale del cervello nei soggetti che era-no maggiormente afflitti da nevrosi, rispettoai maggiori volumi di materia grigia che inve-ce erano osservabili in individui la cui perso-nalità dimostrava diligenza, estroversione esenso di responsabilità. Anche la corteccia or-bitofrontale, una parte della regione pre-frontale che è coinvolta nei processi sociali edemotivi, ha mostrato lo stesso tipo di asso-ciazione con la personalità. Gli Autori hannoconcluso che questo può essere, a tutti gli ef-fetti, considerato come un primo studio pre-liminare che indaghi le modalità attraverso lequali la personalità potrebbe influenzare il pro-cesso d’invecchiamento cerebrale; i dati del-la ricerca infatti accrediterebbero l’ipotesi diuna forte relazione tra la personalità ed il vo-lume di particolari regioni cerebrali che sa-rebbero associate all’elaborazione del pensieroemotivo e sociale.
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BIBLIOGRAFIA
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l’importante imperativo di rappresentare una pra-tica anti-aging, non solamente a livello motorio maanche a livello sensoriale e cognitivo, dovrebbe ri-spondere alle seguenti caratteristiche:i. nella pratica motoria proposta si dovrebbe con-cedere una forte enfasi agli stimoli di rinforzosensoriale attraverso approcci di tipo cinesite-rapico mirato, basati anche sull’utilizzazione distimolazioni artificiali.
ii. Occorre stimolare le proprietà plastiche cere-brali attraverso delle attività che sollecitino pre-
ferenzialmente il circuito olivo-cerebellare, comead esempio esercitazioni che implichino la par-tecipazione attiva dell’apparato propriocettivo evestibolare e attraverso l’inclusione di esercizi ditipo ritmico.
iii. È importante includere nel programma di lavoroproposto delle esercitazioni basate sul mecca-nismo di feedback senso-motorio.
iv. Occorre infine dare particolare rilievo alle eser-citazioni che sviluppino il senso del ritmo e la co-ordinazione.
Dello stesso autoreL’INVECCHIAMENTOBiologia, fisiologia e terapie anti-aging
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- La biologia dell’invecchiamento- L’invecchiamento del muscolo scheletrico- L’invecchiamento dell’apparato scheletrico- L’invecchiamento cardiaco- L’invecchiamento polmonare- L’invecchiamento ed il controllo cerebrale dell’esercizio
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Il movimento umano nasce e si evolve con l’uomo,con la sua necessità di adattarsi all’ambiente e ditrovare risposte al bisogno di sopravvivere. Ma ilfenomeno del movimento ha da sempre creato in-teresse sia in termini di studio sia in termini di ap-plicazione.La prime tracce di graffiti all’interno delle cavernedatate migliaia di anni fa ne sono una chiara e lam-pante dimostrazione così come da lontano arriva laprescrizione del movimento.Intorno al 2000 a.C. gli Assiri e i babilonesi si in-sediarono nelle fertili terre della Mesopotamia or-ganizzando la prima forma di medicina pubblica,sviluppando i primi rudimentali farmaci (pillole, pol-veri e clisteri). Venivano regolarmente prescrittiesercizi ginnici così come dimostrano le molte ta-volette custodite al british Museum di Londra.La prescrizione del movimento e dell’attività fisicasi ha anche nella medicina indiana (1000 – 600a.C.) che non si preoccupava solo di insegnarel’arte dello yoga per dominare le forze vitali inte-riori, ma come rafforzativo della struttura musco-lare. hanno un ruolo considerevole le pratiche diigiene personale e quelle relative all’alimentazione,puramente vegetariana, alla quale veniva associatoun netto proibizionismo dell’uso dell’alcool. Anche la medicina cinese prescrive principi di die-tologia, metodi di igiene personale ed esercizio fi-sico da eseguire costantemente nel tempo.Nella medicina israeliana al movimento, così comeall’igiene del corpo, viene dato il valore di purificarsidinanzi a Dio.Con la medicina dell’antica Grecia, in particolarecon Alcmeone (500 a.C.) si asserisce che l’as-senza di movimento determina la malattia. È di Ip-pocrate (460 – 355 a.C.) invece, il suggerimento aimedici di verificare sempre quanto movimento cifosse tra le attività dei pazienti. Con Aristotele(384 - 322 a.C.) nasce lo studio del movimentoumano e animale. Nel suo trattato De motu ani-malium cerca di capire e spiegare le ragioni del mo-vimento. Affermava che: “tutto quello che si muoveè mosso da qualcos’altro e considerando il mondo fi-nito, dovrà esistere qualcosa d’immobile con il com-pito di muovere tutto ciò che si muove”. Questa con-vinzione, sostanzialmente, evidenziava come il motosarebbe la risultante di un effetto o di una conse-guenza dell’intervento di forze che, agendo sugli og-getti, li spostano da una condizione di equilibrio adun’altra. Con Asclepio (429 a.C.) nascono le termecostruite in prossimità di corsi d’acqua in regionidal clima mite e salubre dove vengono utilizzate te-rapie dietetiche, bagni ma, in particolare, eserciziginnici. Solo dopo questi preliminari veniva con-cesso l’accesso al tempio e ai riti sacerdotali. Nell’antico impero romano, in particolare con AuloCornelio Celso (25 a.C.) autore di otto volumi de-dicati alla medicina, tra le sue raccomandazioni, sievidenzia l’uso di esercizi fisici per la riabilitazionedi arti infortunati. Galeno (129 – 200 a.C.), pas-sato alla storia per i suoi preparati, prescrive sem-
pre come coadiuvanti alla condizione di benessere,la dieta e l’esercizio fisico. Vengono addiritturaistituiti ospedali esclusivi per gli atleti. Dopo un periodo di decadenza, la medicina dell’im-pero romano conosce un altro assertore dell’usodell’esercizio fisico a fini terapeutici: Antillo (200a.C.) che scrive un’opera in quattro volumi intito-lata “De medicamenti” dove descrive come il movi-mento non è solo guarigione, ma anche preven-zione. Molti illustri personaggi si occuparono dello studioe dell’uso del movimento ma due importanti stu-diosi meritano di essere citati come innovatori del-l’idea di Aristotele: il medico filosofo Abu Ibn Sina,(980 – 1037) che pur accettando il pensiero di Ari-stotele, indicava come fosse necessario ricercaregli effetti e le conseguenze sull’essere umano. Il se-condo invece, fu Leonardo Da Vinci (1452 – 1519),anche lui vicino all’impostazione aristotelica, ma ca-pace di porre degli importanti postulati come:- il movimento si crea distruggendo l’equilibrio;- le cose si muovono più rapidamente quanto piùsono distanti dallo stato di equilibrio;
- la parte di un corpo che si trova sopra l’arto che inquell’istante lo sostiene, deve essere sempre piùbassa dell’altra parte;
- la figura è tanto più inclinata verso avanti quanto piùrapida sia la corsa.
È con Giovanni Alfonso borelli (1608 – 1679) chenasce la biomeccanica moderna. In linea con Ari-stotele e Leonardo Da Vinci ma condizionato dalleleggi della meccanica di Isac Newton (1642 –1727) condivide completamente l’aspetto quanti-tativo dell’analisi del movimento ma introduce iprimi concetti di analisi qualitativa ovvero, spostal’interesse sul movimento dal come al perché.
un altro importante tassello all’analisi di GiovanniAlfonso borrelli viene dalle intuizioni di Cartesio(1596 - 1650) che asserisce come il sistema ner-voso, custode dell’anima, abbia una posizione ge-rarchicamente apicale rispetto alle leggi della mec-canica che vengono applicate come conseguenza.L’intuizione di Cartesio apre la strada allo studiodelle neuroscienze applicate al movimento fino allastrutturazione in termini temporali di tre grandiscuole di pensiero:
- la scuola comportamentista- la scuola cognitivista- la scuola ecologica.
I pionieri della scuola comportamentista furono gliamericani Thorndike, Wotson, hull, Tolman, Skinnere il Russo Pavlov che tra gli anni 1900 – 1950 sioccuparono di capire e studiare il movimentoumano. Il pensiero di questa scuola è stato quellodi decifrare la modalità con cui un movimento vienearticolato cercando in maniera intrinseca di capirecosa lo determina.
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 31-32
S&C
BREVE STORIA DEL MOVIMENTO UMANO
ANTONIO URSO
ANTONIO URSO,Presidente dellaFederazioneItaliana Pesisticae della EuropeanWeightliftingFederation.Componentedell’Esecutivodella IWFInternationalWeightliftingFederation.Laurea in ScienzeMotorie;LaureaMagistrale inAttività MotoriePreventive eAdattate;Master 1° livelloScienze MotoriePreventiveAdattate eRecuperoAtletico;Maestro diPesistica.ha allenato lanazionalemaschile efemminile dipesistica.È stato più voltecampione italiano.
Quello stile di vitachiamato allenamento
- Attività ormonale ed esercizio fisico nel soggetto anziano
- La capacità di resistenza organica del soggetto anziano
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- Il rischio di caduta nel soggetto anziano
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La scuola cognitivista nasce all’inizio degli anniSessanta in netta contrapposizione alla scuolacomportamentista. Fu sostenuta dagli studi di psi-cologia e di neuropsicofisiologia cognitivista i cuirappresentanti furono Anochin, bernstain, Luria,Piaget, Adams, Miller, Neisser che approfondironocome il sistema nervoso si organizza per realizzareun movimento di senso compiuto in termini di spa-zio–tempo, mettendolo in relazione con la memoriae la capacità di memorizzare schemi motori.
Con Johansson, Turvey, Gibson, Kgler eKelso nasce nei primi anni Settantala scuola ecologica: molti eranogli autori che non condivide-vano le idee cognitiviste.Le critiche avanzateerano inerenti allareale esistenza deiprogrammi motori,in quanto non esi-stono prove con-crete relative allaloro esistenza; leprove portanti ri-guardanti la varia-bilità del timing delmovimento (Kelso1997) e non la suainvariabilità propo-sta da Schmidt(1975) rimane unodei punti principalidella sua teoria.
Queste prove sono:- i pattern coordinativi sono stabili in maniera dif-ferenziata (variabilità del movimento);
- lo spostamento sistematico nel timing relativo siverifica a seconda dei componenti che vengonocoordinati e delle loro proprietà biomeccaniche;
- la stabilità temporale può essere persa quando iparametri (variabili indipendenti nel linguaggio deidisegni sperimentali) sono variati continuamentesu un range sufficientemente ampio;
- si possono reclutare o perdere gradi di libertàbiomeccanici mentre viene preservata la stabilitàtemporale tra i componenti dell’interazione.
La nascita di questa nuova teoria la si deve allascuola ecologica che ha le sue origini soprattuttoda due autori: Johansson ma principalmente Gib-son (1979) e la teoria dei sistemi complessi (Poin-carè 1899) con l’utilizzo dell’approccio dinamicotrasferito dalle scienze classiche alle scienze mo-torie grazie a haken (1977) e Kelso (1995). Gli ar-ticoli di congiunzione e nascita di questa nuova vi-sione dell’apprendimento è di Kugler, Kelso, Turvey(1980 - 1982).Il contributo della scuola ecologica dato a questateoria è relativo all’ambiente, alla percezione e al-l’azione descrivendo il sistema vivente e il suo am-biente come costantemente impegnato nellatransizione d’energia. Nello sport l’atleta si affidaalle informazioni per supportare la coordinazionedell’azione in relazione all’importanza dell’evento(percettivo), oggetto e superficie (Davids K., hand-ford C. e Williams A.M. 1994).
La percezione non viene più vista come un’integra-zione dei sensi ma come già presente nell’am-biente e l’animale (inteso come qualsiasi essere vi-vente) interagisce con loro attraverso le“affordances” (Gibson 1979). “Affordances” è untermine inventato da Gibson (1979) e viene intesocome “opportunità per l’azione” (handford C, DavidsK, bennett S e button C. 2001). Queste invariantiagiscono come informazioni che sono specificheper l’ambiente (handford et al 2001).
Attualmente la ri-cerca si sta indiriz-zando nel cercarerisposte al Bernstejnproblem, che puòsostanzialmente es-sere sintetizzato intre punti:
- non esiste e nonpuò esistere unarelazione conse-quenziale e linearetra gli impulsi cen-trali ed i movimen-ti dei segmenti pe-riferici del corpo;
- la relazione tra impulsoe movimento è tanto più
lontana da una relazione con-sequenziale e lineare, di quanto
più complesse sono le catene ci-nematiche, cioè il numero di seg-
menti ed il tipo dei collegamenti impegnati nel mo-vimento; - i movimenti sono possibili soltanto quando vi siail più accurato ed ininterrotto accordo, non pre-vedibile in anticipo, tra gli impulsi centrali e glieventi che accadono alla periferia del corpo(esterni al soggetto), ed essi sono frequente-mente e quantitativamente meno dipendenti da-gli impulsi centrali che dal campo delle forzeesterne.
Sostanzialmente, questa posizione pone la questionesu un piano meno spigoloso circa la diatriba fra vi-sione programmatica e auto-organizzativa, consi-derato che il concetto di autorganizzazione nonesclude che ci sia qualche meccanismo struttura-le o mezzo neurale come base fisica o biologica diquesti fenomeni.
un esempio di queste leggi di coordinazione potrebbeessere la grandezza principale size principle nel re-clutamento delle unità motorie di henneman ed al-tri (1965). Questo, perché sarebbe sempre l’ar-chitettura neurale a fare in modo che i segnali di-scendenti esercitino un controllo monoparametri-co (soglia del riflesso da stiramento tonico) per l’i-potesi del punto d’equilibrio del cosiddetto model-lo lamda.
Credo ancora che le neuroscienze, con la loro evo-luzione, apriranno nuovi interrogativi e nuove pro-spettive sullo studio del movimento così come nuoviscenari su cui riflettere, rimodulare e applicare lenostre conoscenze in ambito sportivo.
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
LA PROFESSIONE
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a partecipazione ai giochi olimpici richiede al-l’atleta un notevole impegno in termini di
tempo e di sforzo. L’allenatore prende la maggiorparte delle decisioni riguardanti come prepararel’atleta per i più elevati livelli di prestazione nellacompetizione, ma gli allenatori talvolta hanno biso-gno di un aiuto per aumentare le probabilità disuccesso. La Sport Science & Technology (SS&T)Division del Comitato Olimpico statunitense è unarisorsa a cui gli allenatori possono attingere permassimizzare il potenziale dei propri atleti.
BREVE DESCRIZIONE DELLA SPORT SCIENCE& TECHNOLOGY DIVISIONLa mission della SS&T Division è la seguente:a. fornire un modello da seguire nell’applicazionedella scienza allo sport a livello olimpico;
b. anticipare e venire incontro alle necessità dellascienza e tecnica dello sport negli sport olimpicial fine di massimizzare la prestazione sportivadegli atleti.
La SS&T Division sostiene programmi di biomecca-nica, fisiologia, psicologia, forza e condizionamentofisico, informatica e tecnologia ingegneristica. Tuttii membri del personale che partecipa a questi pro-grammi sono in grado di fornire agli allenatori e agliatleti informazioni utili al loro impegno nell’ottimiz-zare la prestazione sportiva.I settori del programma possono influire sulla pre-stazione sportiva principalmente in tre modi: at-
traverso (a) sessioni di esecuzione di test sportivispecificatamente programmati, (b) progetti di ri-cerca e sviluppo e (c) divulgazione dei risultati deitest e delle ricerche agli allenatori, agli atleti e alpersonale degli organi direttivi nazionali (NationalGoverning Body, NGB) adeguati.Gli organi direttivi nazionali, attraverso programmiresidenziali o campi a breve termine presso gliOlympic Training Center (OTC), decidono come ilpersonale della SS&T sarà coinvolto con i propriatleti. Gli NGb stabiliscono programmi residenzialicosì che gli atleti possono vivere ed allenarsipresso i centri per un esteso periodo di tempo. Gliallenatori selezionati dagli NGb pianificano e su-pervisionano l’allenamento degli atleti residenti.Mentre invece gli atleti che frequentano i centri diaddestramento degli NGb sono ospitati presso unOTC per un breve periodo di tempo, che va da alcunigiorni a un paio di settimane.Gli allenatori, nella situazione sia di residenti sia inritiro presso il centro, possono consultare il perso-nale della SS&T per stabilire quali programmi sianopiù pertinenti al loro particolare sport. Il coin volgi-mento nel programma della SS&T varia in base aidifferenti bisogni dei singoli atleti. Alcuni sport in-corporano nel loro allenamento tutti i settori delprogramma della SS&T, altri ne incorporano solo al-cuni, mentre altri ancora ne utilizzano solo uno.Vi sono due ulteriori aspetti dell’offerta dei pro-grammi della SS&T. In certe circostanze, il perso-nale della SS&T può condurre sessioni di test in lo-
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bre 2012, pp. 33-39
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RAOUL F. REISER II, MA, CSCS; SARAH L. SMITH, PHD; RANDALL RATTAN, PHDU.S. Olympic Committee - Colorado Springs, Colorado
RAOUL F. REISERè assistentericercatore dibiomeccanica perl’uSOC. ha unBachelor of Sciencein ingegneriameccanica delCornell e un Masterof Arts in kinesiologiacon unaspecializzazione inbiomeccanicadell’university ofTexas di Austin.
L
SARAH L. SMITH,è biomeccanicadello sport perl’uSOC, lavora conmolte disciplinesportive e hapartecipato alprogramma dibiomeccanica per ilsollevamento pesidal suo inizio. Èstata con l’uSOC(United StatesOlympic Committee)dal 1986.
RANDALLRATTAN,psicologo dellosport perl’uSOC, offreconsulti agliatleti e allesquadreresidenti, inclusaquella disollevamentopesi. hacompletato il suo PhDall’university ofNorth Texas,dove nel 1983 ha anche giocatoin una squadra di footballappartenentealla categoriaconference (la più prestigiosaassociazione nelcampionato disportuniversitariostatunitense).
PUBBLICA
TO P
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A PRIMA VOLTA IN
ITALIA1
SCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DELSOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICO
ORIG: SCIENCE AND TECHNOLOGY TO ENHANCE WEIGHTLIFTING PERFORMANCE:THE OLYMPIC PROGRAM. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. AuGuST 1996.
SIAMO FATTI COSÌ - I. CI PIACCIONO I CLASSICI EPERCIÒ, INVECE DI LEGGERE TANTA LETTERATURA
(SI FA PER DIRE) SPECIALISTICA MODERNA, CIDEDICHIAMO A TROVARE NEL PASSATO QUELLO
CHE SPESSO NON C’È NEL PRESENTE. E RIDIAMOVITA A TESTI ANCHE DI MOLTI ANNI FA,
PREFERENDOLI AD ALTRI: QUELLI DI IERI SONO PERSEMPRE, MOLTI DI QUELLI DI OGGI SONO PER MAI!
(PB)
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calità diverse da un OTC o ac-compagnare gli atleti nelle effet-tive sedi di competizione. L’altroaspetto importante è l’impegnodella SS&T Division a contribuire amigliorare la prestazione atletica,come mostrato nell’operazionedel Programma concernente lesovvenzioni (Grant Program) dellaSS&T. Sono disponibili finanzia-menti per i ricercatori qualificatiche collaborano con un NGb peraffrontare settori importanti perla prestazione atletica in un par-ticolare sport.
SOLLEVAMENTO PESI: UN ESEMPIO SPECIFICOIl sollevamento pesi rappresentaun esempio eccellente di unosport che ottiene un aiuto inte-grato dalla SS&T, a causa delleparticolari richieste di forza, po-tenza, tecnica e concentrazione.Questo articolo descrive i servizidel programma nei settori della
biomeccanica, della fisiologia edella psicologia. Poiché la tecnicaè un aspetto talmente criticodella prestazione della pesistica,la richiesta di servizi di caratterebiomeccanico è predominante.Pertanto questo articolo sarà in-centrato soprattutto sui serviziforniti dai biomeccanici dellosport.
BIOMECCANICAIl coinvolgimento del programmadi biomeccanica è principalmenteincentrato sui servizi, con l’o-biettivo di fornire un’analisi tec-nica dettagliata per gli atleti re-sidenti e ospiti. L’analisi richiedetempo in quanto è necessario l’e-same approfondito di un solleva-mento per evidenziare una tec-nica sbagliata. Questo servizio èeseguito per sollevatori residenti4 volte all’anno; quando è neces-sario vengono condotte ulteriorianalisi.
L’analisi sia dello strappo (snatch)che dello slancio (clean & jerk)durante la competizione è stataal centro della ricerca in bio-meccanica. I risultati ottenutidalla competizione consentonoagli allenatori e agli atleti di farediversi e importanti confronti. Ledifferenze e le similitudini tra isollevamenti nell’allenamento enella competizione vengono anno-tati di modo che gli allenatori e gliatleti possano apportare le ne-cessarie correzioni. Inoltre, gliatleti hanno la possibilità di con-frontare la propria tecnica con ipesisti di livello mondiale appar-tenenti alla loro rispettiva classedi peso.
Raccolta dei datiNella sala pesi degli OTC di Colo-rado Springs, la raccolta dei datiavviene su una pedana modifi-cata, munita di due piattaformedi forza montate a filo della su-perficie in modo da poter misu-rare le forze di reazione eccen-trica al terreno per ciascunpiede. Due telecamere ripren-dono i movimenti del bilanciere edell’atleta. Le telecamere sonosincronizzate con il computer cheacquisisce i dati dalle piattaforme(Foto 1). Le due telecamere ven-gono utilizzate per ricostruire imovimenti in 3D. È sufficiente l’il-luminazione naturale della sala,così gli atleti possono eseguire isollevamenti in un ambiente rela-tivamente normale. La posizionedelle telecamere consente due vi-ste frontali in diagonale e non sitrovano sull’asse di visione nor-male dell’atleta (Foto 2).Durante la sessione in cui ven-gono raccolti i dati, in genere gliatleti eseguono 3 strappi e 3movimenti di slancio e strappo. Ilpeso sollevato è di solito pariall’80% della loro RM ed è rap-presentativo dei carichi utilizzatidurante l’allenamento. Il numeroesatto di tentativi e l’entità delcarico sollevato sono determinatidall’allenatore. Per un’analisi sen-sata, vengono utilizzati carichipesanti in quanto la tecnica di unatleta può cambiare quando cari-chi sempre più pesanti oltrepas-sano i limiti della sua capacità.
Elaborazione e analisi dei datiuna copia del video è disponibileper l’allenatore e l’atleta subitodopo la raccolta dei dati. Il videoè elaborato nel laboratorio di bio-meccanica tramite digitalizza-zione della sequenza dei movi-
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ALLENAMENTOSCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICO
Foto n°1 – Attrezzatura per la raccolta dei dati biomeccanici con l’atletache esegue il sollevamento sulla pedana modificata.
Foto n°2 – Veduta posteriore. Si notino le piattaforme di forza, una sottociascun piede, e le telecamere disposte obliquamente all'esterno, ai latidel pesista; non è necessaria un’ulteriore illuminazione né ulteriori mar-catori, così da non disturbare la prestazione del pesista.
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menti ottenuta dalle immaginidelle due telecamere, al fine dicostruire un’immagine tridimen-sionale, e sincronizzazione deidati della forza.Ai fini dell’analisi, per ciascun tipodi sollevamento viene registratocirca 1 secondo di videonastro. Ilsollevamento ha inizio subitoprima che il bilanciere lascia lapedana e ha termine, nellostrappo, quando il bilanciere èmantenuto sopra la testa con igomiti bloccati o quando tocca laparte anteriore delle spalle nelloslancio. La digitalizzazione e la ri-costruzione tridimensionale im-piegano circa 3 ore per ciascunsollevamento, quando i movimentisono registrati a 60 fotogrammial secondo.un’analisi tecnica dettagliatanormalmente produce un solosollevamento ricostruito peratleta; l’allenatore stabiliscequale sollevamento esaminare.Questo approccio di un solo sol-levamento per atleta è quellomaggiormente efficace data laconsiderevole quantità di tempoche richiede l’analisi tecnica e lavalutazione della consistenzatecnica globale di un pesista diélite. Occasionalmente, se l’a -tleta tenta tecniche leggermentediverse per correggere un errorericonosciuto, vengono digitaliz-zati ulteriori sollevamenti.
Riscontri ottenutiun riscontro è di solito ottenutodurante una sessione di analisidei dati entro 1 settimana dallaloro raccolta. Durante questasessione l’allenatore, l’atleta e ilbiomeccanico discutono i variaspetti dei sollevamenti. All’alle-natore e all’atleta vengono con-segnati diagrammi e schemi configure stilizzate perché li studinoulteriormente.I diagrammi comprendono siaun’analisi cinematica (basata sulmovimento) che un’analisi cine-tica (basata sulla forza) del bi-lanciere e del pesista. La partecomprendente la cinematica con-tiene le traiettorie del bilancieresul piano sagittale e include siagli spostamenti verticali chequelli orizzontali (Figura 1). For-nisce anche velocità e accelera-zioni in verticale delle estremitàdel bilanciere nonché specifici an-goli articolari e/o dei segmenticorporei (Figura 2). La partecomprendente la cinetica includela forza verticale di reazione ec-centrica al terreno di ciascun
piede (Figura 2) e, più recente-mente, i momenti (torcenti) dellacaviglia, del ginocchio e dell’ancadi ciascuna gamba sul piano sa-gittale (Figura 3). Per ciascunparametro, sono annotati i valorimassimo e minimo specifici (Ta-bella 1).Il confronto tra allenatore, atletae biomeccanico consente un ul-teriore esame del sollevamento,oltre a quello mostrato. In que-sta fase, le immagini stilizzate, ilvideo e i diagrammi possono es-sere visualizzati su una sola se-quenza nello stesso momentoper evidenziare le caratteristichedei movimenti scorretti. I para-metri esaminati dipendono daquello che viene percepito comefonte del problema.Se necessario, l’analisi può es-sere allargata fino ad includereulteriori parametri quali le velo-cità e le accelerazioni orizzontalidel bilanciere, le velocità e le ac-celerazioni angolari delle articola-zioni e/o dei segmenti, forze an-teriori/posteriori e mediali/lateralidi reazione eccentrica al terreno,forze impartite al bilanciere, po-tenza istantanea applicata al bi-lanciere e momenti delle articola-zioni fuori dal piano sagittale.Dopo che l’allenatore, l’atleta e ilbiomeccanico hanno discusso ilsollevamento e deciso quali passiintraprendere per correggerel’errore, l’allenatore e l’atleta ri-tornano nella sala pesi per ulte-riori sessioni tecniche.
Interpretazione dei dati: un esempioÈ principalmente l’allenatore chedetermina la tecnica corretta eindividua gli errori, ricorrendo al-l’assistenza del biomeccanico perassicurare un’interpretazione ac-curata dei risultati.Con la tecnica corretta, sia perlo strappo che per lo slancio nel-l’esercizio di slancio (clean &jerk), sono evidenti due sequenzedella tirata. Ad ogni istante, ilpesista deve apporre una forzanotevole sul bilanciere in manieracoordinata, al fine di sollevarloabbastanza da porre il propriocorpo sotto il peso e afferrare ilbilanciere.La prima tirata inizia quando il bi-lanciere lascia il pavimento e con-tinua fino a che non oltrepassal’altezza del ginocchio. A questopunto, il pesista riposiziona ilcorpo flettendo le ginocchia inavanti rispetto al bilanciere. L’a-tleta ha ora assunto una posi-
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ALLENAMENTOSCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICO
Figura n°1 – Traiettorie delle estremità del bilancierea destra e a sinistra in una girata, da appena primadel liftoff fino al primo contatto con la parte ante-riore delle spalle, seguite da spostamenti in avanti /indietro e verticali delle estremità del bilanciere ri-spetto al tempo di stessa durata. Questi spostamentisi riferiscono ad un sistema di assi che passa attra-verso le caviglie con i movimenti in avanti nella dire-zione negativa.
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zione che gli consente di esercitare più forza sul bi-lanciere e iniziare la seconda tirata. Questa pro-pulsione del bilanciere, che è compiuta mediantel’estensione energica delle ginocchia e delle an-che, porta il bilanciere ad un’altezza tale che l’at-leta lo possa afferrare.Nella girata al petto (clean lift) illustrata nelle figureda 1 a 3 con i valori di riepilogo riportati nella ta-bella 1, verrebbero affrontati i seguenti errori:1. Il bilanciere si muove in avanti subito dopo avereabbandonato il pavimento (Figura 1: sposta-menti delle estremità del bilanciere in avanti eindietro, Regione A). La tecnica corretta fa-rebbe muovere il bilanciere direttamente versol’alto o leggermente all’indietro. Molto probabil-mente questo movimento in avanti è stato pro-vocato dalle spalle che si trovavano davanti al bi-lanciere al momento dello stacco iniziale (liftoff).
2. Il bilanciere non è allineato parallelamente ad unasse immaginario che passa attraverso le cavi-glie al momento del liftoff (Figura 1: spostamentidelle estremità del bilanciere in avanti e indietro,Regione b). Durante i primi 0,7 secondi del sol-levamento, l’estremità sinistra del bilanciere èdi fronte all’estremità destra. Questo fatto po-trebbe essere causato da squilibri muscolarialle estremità inferiori che si sono manifestaticon una posizione di partenza non corretta. Visono anche forze di reazione eccentrica al ter-reno diseguali al momento del liftoff (Figura 2:forze verticali di reazione al terreno, Regione C),che potrebbero anche suggerire una differenzanella forza delle gambe. Tuttavia, poiché le forzediventano uguali a metà strada nel corso dellaprima tirata, molto probabilmente questo pro-blema è determinato dalla posizione di partenzascorretta e da un’ineguale distribuzione del ca-rico. Questo errore deve essere corretto moni-torando l’allineamento del bilanciere alla par-tenza.
3. Nella direzione verticale, l’estremità sinistradel bilanciere si muove più in alto dell’estremitàdestra durante la seconda tirata (Figura 1: spo-stamenti verticali delle estremità del bilanciere,Regione D). Questo errore è spesso causato dauna gamba che lavora con più forza dell’altra, main questo caso è molto probabilmente dovuto adun trasferimento disomogeneo della estrinse-cazione di forza dall’estremità inferiore a quellasuperiore. Le gambe producono forze di rea-zione al terreno uguali durante la seconda metàdella girata quando la differenza di spostamentoverticale inizia ad essere evidente (Figura 2:forze verticali di reazione al terreno, Regione E).una lesione alla spalla, passata o presente, po-trebbe essere la causa di tale problema. Questoerrore può essere corretto aumentando la forzamuscolare per la stabilizzazione della spalla.
4. Vi è una enorme diminuzione della velocità ver-ticale del bilanciere tra la prima e la seconda ti-rata (Figura 2): velocità verticali delle estre-mità del bilanciere, Regione F). La velocitàraggiunta dal bilanciere nella prima tirata deveessere mantenuta nella seconda. La perdita divelocità del bilanciere è evidente anche nellagrande diminuzione dell’accelerazione verticaledel bilanciere (Figura 2: accelerazioni verticalidelle estremità del bilanciere, Regione G) e, alcontempo, delle forze di reazione al terreno (Fi-
gura 2: forze verticali di reazione al terreno, Re-gione h). L’accelerazione verticale del bilancieredeve diminuire fino ad arrivare quasi a zeroquando le forze di reazione al terreno di ciascunpiede diminuiscono fino alla metà della massa delpesista e del bilanciere messe insieme (150 kg).Queste grandi diminuzioni della velocità verticaledel bilanciere, della sua accelerazione e dellaforza di reazione al terreno sono frequentiquando il passaggio dalla prima tirata alla se-conda è inefficiente.
Dopo la prima tirata, le ginocchia sono flesse perpreparare la seconda (Figura 2: angoli articolari e/odei segmenti corporei, Regione I). Durante questoperiodo di flessione del ginocchio, le anche devonoessere sottoposte ad una potente estensione alfine di mantenere la velocità verticale del bilanciere.Anche se le ginocchia sono flesse, deve essere pre-sente un momento estensorio al ginocchio per ac-compagnare la rapida estensione delle anche eprodurre una forza di reazione al terreno che aiu-terà a mantenere la velocità del bilanciere. In que-sto caso, i momenti di estensione delle anche di-minuiscono durante la transizione (Figura 3, anca,Regione J); ed è necessario un momento flessorioal ginocchio per flettere le ginocchia in prepara-zione della seconda tirata (Figura 3: ginocchio, Re-gione K).Le ampiezze dei momenti per le ginocchia e le an-che all’inizio del sollevamento suggeriscono chel’atleta è abbastanza forte per eseguire in modocorretto il passaggio dalla prima alla seconda ti-rata. Probabilmente è il controllo neuromuscolareche necessita di una buona regolazione per cor-reggere questo difetto.
Altri sistemi di valutazione biomeccanicaIl procedimento di analisi biomeccanica descrittosopra produce dati 1 o più giorni dopo il solleva-mento, ad eccezione dei risultati della piattaformadi forza che possono essere esaminati subito dopol’esercizio. Tuttavia esistono sistemi di feedbackbiomeccanico più immediati che possono essere in-seriti nell’allenamento di un sollevatore di pesi. Sel’atleta viene ripreso solo sul piano sagittale, le va-lutazioni qualitative della tecnica possono esserefatte quasi immediatamente.Questo processo permette all’allenatore di esami-nare la registrazione rallentata dei movimenti co-gliendo così quegli aspetti che possono esserestati trascurati dall’osservazione ad occhio nudo econsente all’atleta di vedere se stesso immedia-tamente dopo la fine del sollevamento, quando la“sensazione provata” è ancora fresca.Questo processo con una sola telecamera è sem-plice e relativamente poco costoso, ma deve es-sere impiegato con estrema cautela. una teleca-mera può catturare informazioni su un solo lato delbilanciere e del pesista. Per un atleta che è ancoraalla ricerca di una tecnica corretta, il lato oppostodel bilanciere e del corpo potrebbe mostrare delleazioni leggermente diverse. In realtà, anche gliatleti di élite mostrano una notevole asimmetria epertanto il processo con una sola telecamera è ingenere sconsigliato.Oltre alle piattaforme di forza, non vi sono mezzivalidi per misurare le forze di reazione al terreno evalutare i singoli momenti articolari alle estremità
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inferiori. La valutazione delle asimmetrie di forzadelle gambe può essere in parte eseguita utiliz-zando i dati cinematici. Per esempio, una discre-panza di forza delle gambe può evidenziarsi se (a)tutti e due i piedi non abbandonano la pedana con-temporaneamente dopo la seconda tirata sia nellostrappo che nella girata, (b) la disposizione ineguale
dei piedi si verifica quando essi vengono riposizionatisulla pedana per la presa, (c) la disposizione inegualedei piedi si verifica durante gli esercizi di squat conuna pendenza eccessiva verso un lato durante il mo-vimento e/o (d) si verifica la rotazione dell’arto su-periore e del bilanciere attorno ad un asse verticaledurante l’estensione degli arti inferiori.
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Figura n°2 – Altre informazioni cinematiche e cinetiche fornite all'atleta comprendono la velocità e l’accelera-zione verticali delle estremità del bilanciere, forze di reazione al terreno e angoli articolari e dei segmenti cor-porei selezionati. I valori delle forze verticali di reazione al terreno sono espressi in kg. La linea di riferimentorappresenta la metà delle masse del pesista e del bilanciere combinate (c.ca 150 kg).
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Ricerche e sviluppo nella biomeccanicaOltre all’analisi tecnica, sono state condotte ulteriori ricerchee sono stati introdotti procedure e metodi alternativi di analisiper migliorare la comprensione di esecuzione ottimale del sol-levamento. Il progetto più recente è stato lo sviluppo di algoritmie di software per calcolare i singoli momenti articolari per ognicaviglia, ginocchio e anca. I momenti articolari forniscono infor-mazioni su dove e quando le forze interne al sistema muscolo-scheletrico sono prodotte.Anche se gli angoli, le velocità e le accelerazioni articolari e deisegmenti corporei offrono un’idea generale di produzione dellaforza, la complessità dell’apparato scheletrico spesso nascondecaratteristiche importanti associate alla espressione della forzae della potenza.Altri progetti di ricerca biomeccanica hanno comportato l’of-ferta di assistenza nella produzione di videocassette didattichee per l’allenamento, nell’analisi cinematica delle competizioni disollevamento pesi (per ottenere informazioni sugli atleti di altriPaesi) e nelle valutazioni del sollevamento pesi come una moda-lità di allenamento della forza e del condizionamento fisico in mol-teplici sport.
FISIOLOGIAStoricamente, il programma di fisiologia ha avuto un’implicazionemaggiore nel sollevamento pesi. Attualmente, questa disciplinautilizza servizi di fisiologia al bisogno, per la composizione cor-porea, il salto verticale, la flessibilità della zona lombare e degliischio-crurali e per testare la forza di presa della mano destrae sinistra. Si tratta di test veloci che danno molte informazionisullo stato di un sollevatore di pesi. Per esempio, i test sullacomposizione corporea monitorano gli aumenti e le perdite dellamassa magra e grassa. un test della composizione corporeapuò fornire ulteriori informazioni utili ad un atleta per sceglierela classe di peso.Il programma di fisiologia è stato utilizzato soprattutto comesupporto ai progetti di ricerca finanziati dal Comitato olimpicostatunitense (United States Olympic Committee, USOC). Questistudi hanno tipicamente valutato gli aspetti meritevoli di diversiprogrammi di allenamento. I programmi di sollevamento pesisono stati sviluppati per testare gli effetti della modifica del vo-lume e dell’intensità dell’allenamento su diversi marcatori ema-tici. Sono stati inoltre studiati gli effetti della supplementazionedi proteine e di diversi regimi di tapering sui marcatori ematicie la prestazione.Il personale del laboratorio di fisiologia esamina i marcatoriematici quali il testosterone, l’ormone della crescita, la globu-lina legante gli ormoni sessuali, il cortisolo, l’ammoniaca, l’e-moglobina e l’ematocrito ad intervalli regolari durante gli studi.I livelli e le tendenze di questi marcatori forniscono informazionisugli adattamenti all’allenamento, sulla capacità di recuperaredopo un allenamento intenso, sulla possibilità di andare incon-tro a malattie e traumi e sulla presenza di overtraining.Livelli elevati di testosterone, ormone della crescita e globulinalegante gli ormoni sessuali indicano una sintesi e una riparazionedell’apparato muscolo-scheletrico. Livelli elevati di cortisolo eammoniaca indicano una sua compromissione. L’emoglobina e l’e-matocrito sono marcatori della capacità di trasporto di ossi-geno degli eritrociti; anche se non sono rilevanti per l’allena-mento di un pesista, essi forniscono in realtà valori diriferimento per il movimento dei fluidi nel sistema vascolare.
PSICOLOGIAIl Weightlifting’s National Resident Program statunitense è statouno degli utenti più innovatori dei servizi di psicologia sportivadella SS&T. Gli psicologi dello sport dell’uSOC hanno lavoratocon pesisti sia in gruppo che individualmente. Il lavoro di grupposi è focalizzato principalmente sull’identificazione e la preven-zione delle sindromi da overtraining nei pesisti junior di élite eperciò nel ridurre il logoramento derivante dalla presenza stan-
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ALLENAMENTOSCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICO
Figura n°3 – Momenti angolari sul piano sagittale perle estremità inferiori sinistra e destra da appena primadel liftoff fino ad appena prima dell’atterraggio deipiedi dell’atleta sulle piattaforme di forza dopo averabbandonato la pedana durante la seconda tirata. L’im-patto improvviso sulle piattaforme di forza provoca unaeccessiva produzione di forza (vedere la Figura 2: forzeverticali di reazione al terreno, a ~ 1,1 sec) che in-duce il sistema a calcolare i momenti in modo errato. Imomenti angolari hanno termine prima dell’impatto deipiedi così che i risultati inesatti non confondano l’alle-natore o l’atleta.
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ziale della squadra nazionale. Ilprocedimento che consiste nelmonitorare i pesisti junior perevidenziare segni di overtrainingimplica 3 fasi:a. dare informazioni agli atleti suisegni e sintomi della sindromeda overtraining;
b. monitorare i sintomi psicolo-gici di overtraining mediantetest di valutazione dell’umore;
c. aumentare la comunicazionetra atleta e allenatore, non-ché tra allenatore e psicologiriguardo alle problematichedell’overtraining.
Questo accento posto sulla sin-drome da overtraining vuole pre-venire le sindromi prima che siverificano, riducendo così il nu-mero di giorni persi in conse-guenza del danno ed il logora-mento derivante dal programmadi allenamento residenziale.Il consulto psicologico individualecon gli atleti avviene ogni setti-mana e gli argomenti di discus-sione variano ampiamente. Tra itemi che emergono costante-mente con i pesisti vi sono l’alle-namento al rilassamento, la vi-sualizzazione per contribuire allosviluppo della tecnica, la visualiz-zazione per prepararsi allostress della gara, principi di defi-nizione degli obiettivi, migliora-mento del self talk (linguaggio in-terno), problemi di aggiusta-mento (aggiustamento all’OTC oal ritiro dallo sport) e lavoro im-perniato sul mostrare rispostepositive (comportamenti) al po-sto di un comportamento nega-tivo durante le inevitabili frustra-zioni che possono sopravvenirenel corso dell’allenamento e dellacompetizione.Anche il consulto psicologicosportivo è disponibile ogni giorno.La presenza in sede di un pro-gramma psicologico per lo sportoffre ai pesisti la possibilità di af-frontare i problemi nel momentoin cui si verificano nel corso del-l’allenamento. L’osservazione abi-tuale del comportamento e dellaprestazione dei pesisti è ancheun elemento molto importanteper monitorare i segni di over-training e per stabilire un rap-porto con gli atleti. Gli psicologidello sport hanno scoperto chel’osservazione in sede dei com-portamenti durante l’allenamentoè un mezzo indispensabile perstabilire programmi psicologiciefficaci per lo sport.
RISULTATIIl personale della SS&T ha svoltoun ruolo attivo nel sostenere unallenamento fondato su principiscientifici per gli atleti della Fe-derazione di pesistica statuni-tense. È difficile misurare l’im-patto della SS&T Division sullaprestazione dei pesisti residenti,ma i risultati sono molto inco-raggianti.I pesisti senior che hanno presoparte al programma di allena-mento attualmente detengono25 dei 30 record nazionali. Poi-ché le nuove categorie in funzionedel peso corporeo sono state in-trodotte pochi anni fa, i pesistiresidenti hanno battuto oltre100 record americani. Sul pianointernazionale, è difficile parago-nare i pesisti statunitensi conquelli di altri paesi a causa del ra-pido cambiamento delle norme edelle procedure per l’esecuzionedei test anti-doping [emblema-tico!, NdC].
Tuttavia, ai Giochi Panamericanidel 1995, il sollevamento pesistatunitense ha mostrato il mi-glior risultato della sua storia re-cente con 4 medaglie d’oro vinteda pesisti residenti.Il sollevamento pesi rappresentasolo un esempio di molti pro-grammi integrati della SS&T. Ilpersonale della SS&T Divisioncontinuerà a fornire un servizio alsollevamento pesi e continuerà alavorare con altre federazionisportive allo scopo di migliorarela prestazione atletica.
Nota redazionale. Attualmente, ilCentro di allenamento olimpico diColorado Springs è sede anchedello Sport Medicine & SportScience e di uno Sport Perfor-mance Lab. É evidente che sitratta di una evoluzione che vieneda lontano. (One Olympic Plaza,Colorado Springs, CO 80909).
S&C
Tabella n°1 – Valori registrati
Parametro Destra Sinistra
Spostamento orizzontale del bilanciere (cm)*
- Spostamento in avanti dal pavimento 0,79 0,30
- Spostamento all’indietro tra le tirate -4,87 -8,45
- Spostamento in avanti – seconda tirata 6,43 1,48
- Spostamento all’indietro al momento della presa -0,87 4,90
Spostamento verticale del bilanciere (cm)
- Distanza di impatto 6,58 4,60
Velocità verticale del bilanciere (m/s)
- Valore massimo – prima tirata 1,25 1,34
- Valore minimo tra le tirate 0,77 0,88
- Valore massimo – seconda tirata 1,36 1,59
Velocità verticale del bilanciere (m/s/s)
- Valore massimo dal pavimento 4,58 4,17
- Fine della prima tirata 2,00 1,74
- Valore minimo tra le tirate -6,33 -6,00
- Valore massimo – seconda tirata 6,76 7,62
Forza verticale di reazione al terreno (kg) (piede) (piede)
- Valore massimo dal pavimento 197,4 174,0
- Fine della prima tirata 170,1 150,8
- Valore minimo tra le tirate 121,9 109,3
- Valore massimo – seconda tirata 176,5 183,5
*un valore positivo indica una distanza davanti alla posizione di partenza.
SCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI: IL PROGRAMMA OLIMPICOALLENAMENTO
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INTRODUZIONE
L’allenamento nella sua forma più semplice rappresenta una serie di sfide importanti per il corpo voltead ottimizzare miglioramenti, che perdurano nel tempo (chronic improvements), delle capacità fisiolo-giche. La ricerca ha fatto progredire le nostre conoscenze degli aspetti fisiologici, biomeccanici e psi-cologici dell’allenamento fisico e della prestazione sportiva. La maggior parte delle ricerche si è incen-trata sull’allenamento, anche se una gran parte degli adattamenti indotti dall’attività fisica ha luogodurante il recupero, che, però, è uno degli aspetti meno compresi e indagati del ciclo esercizio fisico-adattamento*. Anche l’atleta più zelante dedica molto più tempo al recupero che all’allenamento attivo. Definiamo ilrecupero, dal punto di vista pratico, come la capacità di ripetere o superare la propria prestazione inun’attività fisica particolare. Ad esempio, se una persona ha svolto un allenamento impegnativo nellacorsa su lunga distanza, allora la sua capacità di correre, nel miglior tempo personale, per 10 km ri-sulterà, per un certo periodo di tempo, ridotta. Alla fine, l’atleta recupererà, ma certamente nessuncorridore si aspetta di uguagliare la sua migliore prestazione nelle prime 3-4 ore dopo una seduta diallenamento oppure dopo una competizione. Questo concetto di recupero è stato utilizzato anche daaltri autori (14, 24, 32).In genere, la maggior parte degli allenatori e degli atleti ha ritenuto (e ritiene, NdC) che l’incrementodel carico di allenamento costituisca la fondamentale ricetta per conseguire miglioramenti. Gli sport diresistenza come il nuoto e la corsa hanno, in taluni casi, portato questo principio all’estremo. Si am-mette che il sovraccarico (overload) sia necessario per il miglioramento della prestazione, mentre l’o-vertraining (sovrallenamento) determina ad un certo livello una disaggregazione, compromettendo cosìla prestazione, invece di migliorarla. Solitamente si pensa all’overtraining esclusivamente in rapporto al-l’allenamento, ma potrebbe essere espresso anche come carenza di recupero. Se il tasso di recuperopotesse essere migliorato, volumi maggiori di allenamento sarebbero possibili senza incorrere nella se-quela negativa dell’overtraining. Il miglioramento del recupero può esitare nella condizione per cui si sta-bilisce uno standard prestativo (nell’originale, in realtà, si parla di performance plateau, NdC).
Domande sul recuperoSono molte le domande sul recupero che attendono una risposta. Il recupero a breve termine, ovveroquello tra le serie, è molto diverso dal recupero tra sedute di allenamento successive? In che modo glieffetti dell’allenamento influiscono sul recupero post-allenamento? È possibile ottimizzare il recuperotra le serie, o i giorni, per migliorare l’allenamento? Quanta variabilità individuale vi è tra gli atleti in ter-
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 41-51
S&C
Phillip A. Bishop, Eric Jones e A. Krista WoodsKinesiology Department, Human Performance Laboratory, Università di Alabama, Tuscaloosa, Alabama
IL RECUPERODOPO
L’ALLENAMENTOuna breve rassegna
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PAROLE CHIAVE
riposo, intervalli dell’allenamento,fatica, modalità di recupero,overtraining (sovrallenamento),sostanze ergogene per il recupero.
ORIG. RECOVERY FROM TRAINING: A BRIEF REVIEW, IN JSCR (uSA), VOL.22 (3), MAY 2008, PP.1015-1024.INDIRIzzARE LA CORRISPONDENzA A PhILLIP A. bIShOP, [email protected]
* Sul cicloesercizio fisico-adattamentoritorneremopresto, poichéè grandel’equivoco tra gliesperti circa iltermineadattamento, dicui molti sonopalesementeinvaghiti e chedifendono aspada tratta,ancheattraverso lafunzionedell’insegnare,senza sapernepraticamentenulla, avendonemutuata laconoscenza(supposta tale)da antichiripetitori ditraduttori ditraduttori dialtri traduttori,rifacentisi - aloro volta - aduna autoritàiniziale pernienteautorevole. Unadomanda chiavesarebbe: ma gliorganismi siadattano? (PB).
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mini di recupero? Come la periodizzazione influenzail recupero? Chiaramente, se si varia la fatica du-rante l’impegno fisico cambiano le necessità di re-cupero. Quali sono gli aspetti cellulari e sistemici(ad es. nervosi) del recupero?
Sia il recupero a livello cellulare che il recupero a li-vello sistemico devono essere completati affinchéle cellule muscolari funzionino in modo integrato.Parimenti, impegni di allenamento [training stres-ses] diversi richiederanno probabilmente durate edeventualmente modalità diverse per il recupero.Sembra ragionevole ipotizzare che l’allenamentocon sovraccarichi richieda un tipo di recupero di-verso da quello della corsa su lunga distanza. Qualisono gli aspetti centrali e periferici del recupero?Come l’esercizio fisico attivo, rispetto al riposopassivo, influenza il recupero? Quali sono i mezzipratici per quantificare il recupero? Quali modalitào tecniche sono utili nel recupero? In effetti, esi-stono tanti percorsi di ricerca, ma questa rasse-gna ha inteso limitarsi ad alcuni articoli veramenterappresentativi per ciascuno degli aspetti principalidel recupero.Il suo scopo è di esaminare le conoscenze della ri-cerca riguardanti il recupero post-allenamento e imezzi che possono migliorarlo. Essa si limiteràesclusivamente agli studi sull’uomo. Parimenti, sa-rebbe troppo impegnativo cercare di passare inrassegna dettagliatamente ogni possibile aspettodel recupero. Sono fornite brevi sezioni con unarassegna non approfondita dei diversi aspetti po-tenziali del recupero, solo allo scopo di stimolare ul-teriori linee di pensiero e di ricerca su questi spe-cifici argomenti. Ci auguriamo che la rassegnasusciti ricerche innovative su molti aspetti del re-cupero, in particolare del recupero tra fasi dellasessione di allenamento (training bouts).
CHE COS’È IL RECUPERO?
Recupero immediatouna rassegna non approfondita della letteratura di-mostra che il termine “recupero” è utilizzato in tremodi principali. Per gli scopi di questa rassegna,proponiamo tre termini per abbracciare l’ambitopiù vasto del termine recupero. La forma più im-mediata di recupero è denominata “recupero im-mediato”. Il recupero immediato è il recupero cheavviene tra impegni di breve durata, circoscritti altempo vicino. Ad esempio, mentre corre, un corri-dore ha una gamba in «recupero immediato» tra unpasso e l’altro. Durante la fase di recupero imme-diato, i muscoli della gamba possono rigenerarel’ATP e rimuovere i sottoprodotti derivanti dal me-tabolismo energetico. Quanto più rapidamente cia-scun arto inferiore recupera, tanto più veloce-mente il corridore può completare una determinatadistanza. Se facciamo compiere al corridore cia-scun passo più velocemente (mantenendo costantela lunghezza del passo), con conseguente riduzionedel tempo di recupero immediato, osserveremoche la durata dello sforzo fisico che egli riesce atollerare (e dunque la distanza percorsa) si riduce.Si osserva comunemente infatti che quanto più ele-vata è l’intensità dell’esercizio, tanto più breve è ladurata tollerata. Almeno uno studio tra quelli da noiesaminati ha utilizzato il termine “recupero” inquesto modo (25).
Recupero a breve termineIl tipo successivo di recupero, e forse quello checorrisponde all’utilizzo più comune di questo ter-mine nelle scienze motorie (exercise science), èquello denominato “recupero a breve termine”. Ilrecupero a breve termine è il recupero tra sprintintervallati o tra serie di esercizi con sovraccarichi,ad esempio. È stata valutata la durata di questorecupero e sono stati suggeriti diversi rapporti tralavoro e riposo. Diversi articoli hanno utilizzato iltermine recupero con questo particolare signifi-cato (8, 10, 33).Il recupero a breve termine della potenza dopomolteplici fasi di sprint in bicicletta si verifica pro-babilmente parallelamente alla resintesi di creatinfosfato (Creatine Phosphate, CP). È stato riferitoche la supplementazione di creatina agisce solo perintervalli di recupero inferiori a 6 minuti (33). Que-sto esempio dimostra l’importanza della duratadel recupero. Per periodi di recupero più lunghi, lapresenza di un aumento della quantità di creatinanon sembra procurare alcun vantaggio.
Recupero post-allenamentoIl terzo tipo di recupero, che è quello preso in con-siderazione dalla presente rassegna, è quello chechiamiamo «recupero post-allenamento». Il recu-pero post-allenamento è il recupero tra sedute diallenamento o competizioni successive. Per i nuo-tatori, i corridori, i pesisti, i calciatori e altri atletiche talvolta svolgono attività fisica due volte algiorno, il recupero è rappresentato dall’intervallotra le sedute di allenamento. Analogamente, per al-cuni sport competitivi con fasi eliminatorie e finalinello stesso giorno, il recupero post-allenamentocomprende anche il recupero tra competizioni suc-cessive che si svolgono nello stesso giorno. Per lamaggior parte degli atleti che eseguono un allena-mento al giorno, il recupero è il periodo tra la finedi un allenamento e l’inizio del successivo. una de-scrizione eccellente del recupero post-allenamentoè stata pubblicata da Gomez et al. (15) e concerneil recupero dopo una corsa estenuante di 10 chilo-metri.
Anche se tutti e tre questi tipi di recupero pos-sono essere in qualche modo correlati, il recuperopost-allenamento suscita il nostro principale inte-resse. Riteniamo, infatti, che esso sia determi-nante per quanto riguarda il miglioramento dellaprestazione atletica. La figura n°1 è una illustra-zione ipotetica del recupero post-allenamento chesi verifica in un atleta non di élite, probabilmente untipico praticante dilettante. Come si può osservare, questa persona si allena adun livello molto basso e poi recupera completa-mente nel corso di diverse ore prima del successivoallenamento. Nella figura n°2, si vede un’interpre-tazione ipotetica di cosa può succedere in un atletadi élite. In questo caso, il recupero viene appenacompletato tra le sedute di allenamento a causadel volume o dell’intensità elevati. In altre parole, unperiodo completo di 24 ore è totalmente impiegatonello svolgimento dell’attività fisica o nel recupero.Secondo noi, questa potrebbe essere una spiega-zione plausibile della stabilizzazione della presta-zione ad un livello elevato, cosa comune tra gliatleti di élite.
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
IL RECUPERO DOPO L’ALLENAMENTO. UNA BREVE RASSEGNAALLENAMENTO
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43STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
La figura n°3 descrive che cosa può ipotetica-mente accadere quando l’atleta si allenatroppo. In questo caso, il recupero tra le se-dute di allenamento è decisamente incompletoed i successivi periodi di esercizio fisico hannoinizio con una condizione fisiologica (e probabil-mente psicologica) inferiore all’ottimale. Sel’atleta ha il controllo effettivo del proprio alle-namento, può molto bene, consciamente op-pure inconsciamente, ridurre lo stress di unasuccessiva seduta di allenamento per offrire alproprio organismo l’opportunità di recuperarepiù completamente. Se un atleta che non harecuperato del tutto continua a cercare di por-tare a termine le sedute di allenamento, dopoun certo periodo di tempo si verificherà unesaurimento fisico dovuto all’overtraining. Diconseguenza, il verificarsi dell’overtraining è ilprodotto simultaneo del recupero e dell’eser-cizio fisico. La risposta definitiva al problemadell’overtraining consiste nel ridurre il carico dilavoro durante l’allenamento, o probabilmente,nel migliorare la qualità del recupero.Infine, la figura n°4 è una descrizione ipoteticadi alcuni metodi efficaci per affrettare la velo-cità di recupero. In questa situazione, l’atletarecupera più rapidamente dopo un allenamentovigoroso [l’originale reca rigorous, ma riteniamodebba trattarsi di un refuso, non del tutto er-roneo in verità, rispetto a vigorous, che qui cisembra più proprio, NdC] e, pertanto, ha la ca-pacità di offrire una prestazione migliore. Tuttoquesto determina il ristabilimento di un’altracondizione di plateau nella prestazione, ma adun livello più alto.Riepilogando, la differenza principale tra recu-pero immediato, a breve termine e post-alle-namento risiede nella effettiva durata del re-cupero. In ciascuna situazione, il recupero puòessere parziale o completo. Inoltre, in ognicaso, un recupero rapido potrebbe consentiredi migliorare la capacità di lavoro totale e diconseguenza la prestazione futura.Come il lettore può aver notato, vi è un utilizzoabbondante della parola “ipotetico” in questaintroduzione sul recupero. Per noi è propriociò che rende questo settore così interes-sante. Vi sono state così poche ricerche sutale argomento, che la maggior parte di ciò chesi conosce è estrapolato da studi finalizzati, inorigine, ad un’altra problematica di ricerca.Nel prosieguo della presente rassegna, esami-neremo le ricerche esistenti allo scopo di iden-tificare potenziali linee di ricerca per ampliarele nostre conoscenze effettive, rispetto aquelle ipotetiche, sul recupero post-allena-mento.
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IL RECUPERO DOPO L’ALLENAMENTO. UNA BREVE RASSEGNAALLENAMENTO
Figura n°4 – Descrizione ipotetica del recuperodella capacità di allenamento in un atleta di élite odilettante (linea intera) e in un atleta che è ingrado di facilitare un recupero sufficiente (lineatratteggiata) a ristabilire la prestazione ad unnuovo livello stazionario più alto, sulla base di unincremento dell’allenamento. Il punto "0" della lineaorizzontale rappresenta la capacità di allenamentobasale del soggetto.
Figura n°1 – Descrizione ipotetica del recupero in un atleta sub-élite o dilettante che recupera velocemente dopo una seduta diallenamento moderato. Il punto “0” della linea orizzontale rap-presenta la capacità di allenamento basale del soggetto.
Figura n°2 – Descrizione ipotetica del recupero della ca-pacità di allenamento in un atleta di élite che è in gradodi recuperare solo quanto è sufficiente per mantenerel'allenamento e la cui prestazione è livellata/stabilizzataper l’incapacità di incrementare l'allenamento. Il punto"0" della linea orizzontale rappresenta la capacità di alle-namento basale del soggetto.
Figura n°3 – Descrizione ipotetica del recupero della capacità di alle-namento in un atleta eccessivamente allenato che non riesce a recu-perare tra le sedute di allenamento successive. La linea orizzontale"0" rappresenta la capacità di allenamento basale del soggetto.
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FATICA E RECUPERO POST-ALLENAMENTO
Danno muscolare e fatica nel recupero post-allenamentoLa fatica estrema, come fenomeno cen-trale e/o periferico, e il danno al tessutomuscolare spesso associato ad un alle-namento molto intenso, sono agliestremi opposti dello spettro fisiologicodel recupero completo. Comprenderebene la fatica è essenziale per com-prendere e facilitare il recupero. Ovvero,il recupero è inteso ad annullare la faticae/o il danno verificatisi nell’allenamento.La comprensione degli adattamenti fi-siologici acuti e cronici indotti dall’atti-vità fisica e delle alterazioni meccanichee biochimiche che concorrono alla faticapuò aiutare a progettare modalità di re-cupero ottimali. uno dei motivi per cui ilrecupero non è stato approfonditamenteindagato è l’assenza di una chiara com-prensione di cosa sia* la fatica (1, 19).Pertanto, la conoscenza della faticaaiuta a studiare il recupero e le cono-scenze ricavate dallo studio sul recu-pero effettivo possono fornire la com-prensione delle cause della fatica. Lo stessopotrebbe essere detto del danno muscolare. Lacomprensione del danno al tessuto muscolare e delprocesso di riparazione è essenziale per avere lapadronanza di un recupero post-allenamento com-pleto. Di conseguenza, questa rassegna inizieràcon un breve esame delle diverse teorie che spie-gano la fatica e degli adattamenti indotti dall’atti-vità fisica e poi esaminerà il recupero e i sussidi alrecupero muscolare.Anche se vi sono scarse informazioni definitivesulla fatica, si è ipotizzato che essa abbia una o dueorigini principali. Nell’ipotesi della fatica centrale, siritiene che i muscoli siano capaci di una maggiorecapacità di lavoro, ma che il sistema nervoso cen-trale blocchi l’impegno fisico non ordinario conti-nuato*, forse per proteggere dalle lesioni (38).Nella fatica periferica, l’omeostasi muscolare èstata perturbata metabolicamente attraverso ildanno tissutale o in altro modo, fino al punto in cuiil muscolo è biochimicamente o meccanicamente in-capace di rispondere in maniera efficace come faquando si trova in condizioni di riposo (21). Abbisse Laursen (1) hanno recentemente pubblicato unavalida rassegna di carattere generale sia della fa-tica periferica che di quella centrale, come vieneapplicata al ciclismo. Sembra che la loro analisidella fatica possa essere ampiamente applicata aqualunque specie di allenamento o di competizionedi resistenza. Chiaramente, una rassegna della fa-tica esula dagli scopi di questo lavoro, ma è suffi-ciente osservare che il recupero completo post-al-lenamento tenta di superare tutti gli effetti dellafatica, qualunque essi siano.
Recupero post-allenamento dal danno al tessuto muscolareShlomit et al. (35) hanno studiato le risposte di 31soldati delle forze di difesa israeliane dopo 50 e 80chilometri di marcia percorsi trasportando un pesodi 35 kg. Di questi, 29 hanno completato una mar-cia di 50 km e 16 ne hanno completata una di 80.
un riepilogo dei risultati di questo studio è pre-sentato nella tabella n°1.
L’acido urico e i carbonili proteici sono consideratimarcatori dello stato antiossidante plasmatico esono cambiati in diverse direzioni in risposta a que-sto stress fisico, mentre altri, tra cui l’acidoascorbico, marcatore dello stress ossidativo, nonsono cambiati. Cosa più importante, questi ricer-catori ipotizzano che il danno muscolare sia statoconseguente ai livelli chimici e non precedente adessi. Ovvero, frequenze respiratorie elevate hannoindotto aumenti netti delle concentrazioni dellespecie ossidative reattive, cosa che, a sua volta,ha danneggiato le cellule muscolari. Inoltre, essiipotizzano che i cambiamenti indotti dall’attività fi-sica in questi marcatori rappresentano l’indica-tore migliore della capacità dell’uomo di sostenerel’attività fisica. Quindi, nella nostra applicazione alrecupero post-allenamento, ipoteticamente, in unatleta, la concentrazione plasmatica di questi mar-catori fondamentali - dopo una seduta di allena-mento - ci dice quanto recupero sarebbe neces-sario per una successiva seduta di allenamento, Oforse, più fantasiosamente, alcuni di questi mar-catori potrebbero essere utilizzati per: i) indicarese l’atleta è pronto per la successiva seduta di al-lenamento; oppure ii) quantificare quanto sia stataimpegnativa individualmente impegnativa la sedutadi allenamento precedente.
L’ipotesi della fatica centraleL’ipotesi della fatica centrale suggerisce che il cer-vello agisca come un meccanismo protettivo perevitare un danno eccessivo ai muscoli. La faticacentrale, se è il meccanismo principale del recu-pero post-allenamento, può essere più problema-tica della fatica periferica. Nella fatica centrale, se-gnali non specificati possono cambiare la chimicacerebrale in modo da interrompere o diminuire l’at-tività fisica o il lavoro. La manipolazione sia dei se-gnali provenienti dalla periferia che dei fattori cen-trali, nel tentativo di affrettare il recuperopost-allenamento, raddoppia la difficoltà di rag-giungere il recupero dopo un allenamento.
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
IL RECUPERO DOPO L’ALLENAMENTO. UNA BREVE RASSEGNAALLENAMENTO
* realmente edeffettivamente,
NdC
* il testo origi-nale recita con-tinued extraor-dinary effort,
NdC
Tabella n°1 – Risultati ottenuti da Shlomit et al. (36) che mostrano risposte fisiologiche alla marcia di 50 (n=29) e di 80 km (n=16).% = aumento in percentuale da prima a dopo
50 km (%) 80 km (%)
Acido urico 25 37
CPK 1400 940
Aspartato transaminasi 380 430
Plasma
bilirubina 280 335
Creatina 120 130
urea 160 160
Glucosio 120 130
Diminuzione del contenutodei carbonili proteici 75 80
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45STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
Davis et al. (9) avanzano l’idea che la fatica centralesia guidata dalla serotonina (5-idrossitriptamina).Essi ipotizzano che l’assunzione di carboidrati oaminoacidi a catena ramificata possa attenuare gliaumenti di 5-idrossitriptamina riducendo di conse-guenza la fatica. Tuttavia, essi concludono che esi-ste un numero ridotto di ricerche a sostegno diquesta ipotesi.In una rassegna, Noakes (29) sostiene che un re-golatore neuronale centrale controlla la gittatacardiaca limitando il volume di muscolo scheletricoche può essere attivato durante un esercizio fisicomassimale, mentre i muscoli si trovano in stato diipossia. Le sue conclusioni si basano sull’elettro-miografia dell’attività muscolare nonché sulla fun-zione cardiovascolare durante l’attività fisica mu-scolare massimale a varie condizioni di ipossia,normossia e iperossia.St. Clair-Gibson et al. (37) presentano un interes-sante argomento contro le perturbazioni omeo-statiche periferiche come l’unica causa di fatica.Essi sostengono che se la deplezione delle riservedi energia fosse una causa principale, e assoluta,della fatica, allora si verificherebbero morte cellu-lare e rigor mortis. Parimenti, se l’accumulo peri-ferico di metaboliti fosse una causa principale dellafatica, allora questo eliminerebbe qualunque possi-bilità di aumento dell’intensità dell’attività fisica piùtardi durante l’attività, come dimostrato da Kay etal. (19). Seguendo questa linea di pensiero, essisuggeriscono che il meccanismo di regolazione cen-trale è responsabile della prevenzione di tali sequeleestreme e negative. Al contrario, Enoka afferma(11) che tipi diversi di attività fisica produconofattori centrali diversi, nonché risposte delle cellulemuscolari diverse. Inoltre, si potrebbe sostenereche un meccanismo di sicurezza periferico offra ivantaggi sia di specificità che di prossimità.Abbiss e Laursen (1) avanzano il suggerimentomolto ragionevole, basato sul lavoro fondamentaledi Lambert, Noakes e altri, che il feedback perife-rico proveniente dai muscoli si integra in modo nonlineare con altre sensazioni localizzate central-mente (ad es. orologio interno, memoria dell’atti-vità fisica sperimentata in passato, motivazione)per produrre un regolatore centrale in grado diproteggere l’organismo dalle lesioni (19). Questosembra essere in accordo con Boerio et al. (3), chehanno studiato la fatica centrale e periferica in 10uomini attivi in buona salute. La forza torcentemassimale dei flessori plantari è diminuita signifi-cativamente di quasi il 10% dopo 13 minuti di elet-trostimolazione, e anche l’attivazione centrale èstata ridotta, come interpretato dalla cosiddettatwitch interpolation (stimolazione motoria corti-cale). Essi hanno interpretato i loro dati per ipo-tizzare che da un singolo ciclo di elettrostimola-zione siano state evocate sia la fatica centrale chequella periferica.
Ipotesi della fatica perifericaCon il trascorrere degli anni, il concetto di fatica èstato spiegato in molti modi in base alla compren-sione del fenomeno in quel dato momento. unadelle ipotesi iniziali riguardo alla fatica periferica èstata quella secondo cui i prodotti metabolici si ac-cumulano e interferiscono con la funzione delle cel-lule muscolari. Nel 1929, fu notato che esistevauna correlazione tra l’apparizione della fatica e
l’accumulo di acido lattico. Poiché l’accumulo diacido lattico è stato spesso associato ad un de-clino della funzione muscolare, si riteneva che idue fossero correlati e che l’acido lattico fosse l’e-ventuale fattore eziologico della fatica. Nel 1978,Fabiato e Fabiato (13) sostennero ulteriormente l’i-dea, suggerendo che l’acidosi potrebbe ridurre laproduzione di forza da parte delle proteine con-trattili. È chiaro che i prodotti metabolici possonocontribuire in modo diretto e indiretto alla fatica inmolte situazioni.Oltre all’accumulo di prodotti metabolici, un’altraovvia spiegazione per la fatica è stata l’esauri-mento dei depositi muscolari di glucosio. L’evidenzache la carenza di glucosio sia essenziale in alcunitipi di fatica è ben sostenuta nella letteraturascientifica. Ad esempio, la deplezione di glicogenoè accettata per spiegare la fatica soprattutto insituazioni speciali come l’allenamento muscolare adalto volume. La sintesi di glicogeno, dopo la deple-zione durante l’attività fisica, si verifica in 2 stadiprincipali (17). Lo stadio iniziale è una breve fase disintesi del glicogeno insulino-dipendente, di 30-60minuti, in cui il trasferimento delle proteine di tra-sporto del glucosio (ad es. GLuT-4) alla membranadelle cellule muscolari aumenta la permeabilità dellamembrana al glucosio e di conseguenza incremental’induzione muscolare di glicogeno. Questa rapidafase è seguita da una fase lenta in cui il glicogenomuscolare è catturato dalle cellule muscolari inpresenza di insulina. Il recupero ultimo della bassaconcentrazione del glicogeno muscolare è influen-zato da molti fattori, tra cui la concentrazione e lasensibilità all’insulina, la tempistica e la disponibi-lità. L’assunzione immediata di cibi ricchi di carboi-drati (1,0-1,85g . kg-1..h-1) dopo l’attività fisica e,fino a 5 ore, di supplementi a base di proteine eaminoacidi (per la sintesi di glicogeno e di tessutomuscolare), e la contrazione muscolare sembranoessere i fattori principali che potenziano la sintesidi glicogeno (17). Queste osservazioni suggeri-scono che, in situazioni in cui la deplezione di gli-cogeno è implicata nella fatica, il ripristino delle ri-serve di glicogeno è essenziale per un recuperocompleto. Pertanto, la somministrazione di fontialimentari di glucosio e di glucosio in combinazionecon gli aminoacidi sembra una strategia logica perfacilitare il recupero, che descriveremo più avanti.
Fatica nervosaGandevia (14) sostiene la nozione di fatica nervosacentrale. Egli ipotizza che durante una contrazionemuscolare sostenuta, la scarica motoneuronalescende al di sotto del livello necessario a produrrela forza massimale. Ciò che più conta, Gandevia ri-ferisce che la corteccia motoria cerebrale mostrasegni di un output ridotto durante la fatica (14).Kay et al. (19) hanno studiato la fatica in un gruppodi 11 uomini e donne fisicamente attivi che sonoandati in bicicletta per 60 minuti, secondo un ritmovolontariamente scelto in un ambiente caldo-umido.Ogni 10 minuti di attività fisica, i soggetti hannoeseguito con il massimo delle forze sprint di un mi-nuto. La produzione di potenza è scesa all’87% el’attività elettromiografica integrata al 77% allosprint numero 5, ma è aumentata al 94% e al90%, rispettivamente, nell’ultimo sprint. Questacapacità di produrre un’espressione di potenzaquasi massima nell’ultimo sprint è stata attribuita
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ai possibili cambiamenti nel reclutamento neuro-muscolare, nel controllo centrale o periferico onella natura dell’elettromiografia integrata. In que-sto studio, gli autori menzionano anche il contri-buto potenziale dell’accumulo di calore, poiché la fa-tica sembra essere esacerbata in condizioni ditemperature elevate. Come sottolineano Kay et al.(19), i processi nervosi sono sensibili alla tempe-ratura e anche le proprietà metaboliche del mu-scolo ne possono essere influenzate. Nel nostro la-boratorio abbiamo osservato questo fenomeno di“fatica iniziale” per l’attività fisica svolta in condi-zioni di temperatura elevata. Tuttavia, quando l’ac-cumulo di calore si dissolve, la fatica rimane. Anchese è evidente che l’attività fisica svolta a tempe-rature elevate contribuisce alla fatica, non è chiaroquale ruolo possa svolgere la temperatura nel re-cupero. Più avanti nell’articolo, presenteremo al-cuni studi sulla crioterapia.
Tapering per l’attenuazione della fatica nel recupero post-allenamentoIl tapering, definito come l’inserimento di un’attivitàridotta associata ad un aumento del recupero,rappresenta una forma di recupero post-allena-mento che è comune al nuoto e alla corsa su lungadistanza. Il concetto che il tapering sia efficace nelmigliorare la prestazione sostiene il valore di un re-cupero post-allenamento adeguato. La premessadel tapering è che con il riposo aggiuntivo la pre-stazione può migliorare. L’obiettivo principale del ta-pering è di consentire un livello ottimale di recuperoe al contempo evitare di interrompere l’allena-mento. In una loro rassegna, Mujika e Padilla (26)suggeriscono che il tapering verrebbe eseguito almeglio riducendo il volume di allenamento ma man-tenendone l’intensità, spesso indicata [ma erro-neamente!] come la qualità dell’allenamento. Essiritengono che la prestazione possa migliorare tra0,5% e 6,0% grazie al miglioramento dello statodei seguenti apparati e sistemi: cardiorespiratorio,metabolico, ematologico, ormonale, neuromusco-lare e psicologico. Essi presentano un ampio pe-riodo di tempo per un tapering efficace, sugge-rendo che la durata ottimale è tra i 4 e i 28 giorni.
Inoltre, concludono che un tapering “esponenzialeveloce”, in cui si verifica una riduzione rapida del vo-lume nel corso di 4 giorni, rispetto ad una riduzionedello stesso più graduale, è ottimale. Almeno unaparte degli allenatori di nuoto considera il taperingnon come un miglioramento “permanente” dellaprestazione (ovvero, la capacità di eseguire il com-pito), ma piuttosto che il tapering migliora sola-mente la prestazione immediata rispetto ad unaprestazione immediata eseguita senza il contri-buto del tapering (ovvero per un particolare singoloevento o incontro).Ci si potrebbe chiedere perché, se un atleta di élitepuò migliorare fino al 6% grazie al tapering, egli nonsegua più spesso un regime di tapering. Il motivoper cui tipicamente questo non avviene è che sia gliatleti che gli allenatori temono che i primi perdanol’allenamento sostanziale durante il tapering e che,di conseguenza, seguire troppo spesso un regimedi tapering impedirebbe la performance globale. Ov-viamente questo aspetto sarebbe difficile da stu-diare e, del resto, non conosciamo alcuno studio si-stematico su regimi di tapering ripetuti nel tempo.Nondimeno, il tapering presenta un modello co-mune nello sport, nel quale un aumento del recu-pero migliora la prestazione. Se si potessero de-terminare alcuni mezzi per migliorare il recuperotra le sessioni di allenamento, allora la qualità del-l’allenamento sarebbe migliorata e si avrebbe an-che un miglioramento della performance (si veda lafigura n°4).
Ciclo temporale del recupero post-allenamentoIl recupero della funzione muscolare consiste prin-cipalmente nell’invertire la causa principale della fa-tica o del danno. Poiché, in base alla natura del-l’attività fisica, le cause della fatica possonoessere molte e diverse, esistono numerosi ap-procci per ripristinare l’omeostasi nella cellula mu-scolare. Le sezioni seguenti passano in rassegna ilciclo temporale del recupero dopo esposizioni dif-ferenti all’attività fisica.Sayers e Clarkson (32) hanno studiato il recuperonel corso di ore e giorni in 98 uomini e 94 donne.La fatica è stata indotta da 50 contrazioni eccen-triche massimali volontarie. La capacità di mas-sima contrazione volontaria (Maximal Voluntary Con-traction, MVC) non era stata completamenterecuperata (ripristinata ai livelli basali) dopo 132ore dall’attività fisica. In un gruppo, la MVC non èstata recuperata per almeno 33 giorni e in un sog-getto la MVC non risultava recuperata in occasionedell’ultima valutazione dopo 89 giorni di recupero.Questo studio è degno di nota anche perché ha uti-lizzato la capacità di realizzare la stessa presta-zione corrispondente ad un marcatore del recu-pero. Inoltre, offre un valido esempio di recuperopost-allenamento. Tuttavia, l’utilizzo di esercizi ec-centrici estesi potrebbe non essere realistico.Purtroppo, in uno studio con una buona dimen-sione del campione, non è stata fatta alcuna men-zione dello stato di allenamento.Gomez et al. (15) hanno studiato il recupero dopouna corsa di 10 km portata a termine da 10 corri-dori esperti che utilizzavano una forza torcente dipicco ed il lavoro totale eseguito durante le ultime17 ripetizioni facenti parte di un protocollo di 50 ri-petizioni di flessioni del ginocchio. Subito dopo lacorsa, il momento torcente di 30°·sec-1, la potenza
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media ed il lavoro complessivo delle 17 ripetizionierano significativamente ridotti. È stato osservatoche solo la capacità di salto verticale e il lavoro to-tale per le ultime 17 ripetizioni del test di 50 ripe-tizioni non risultavano recuperate dopo 48 ore, an-che se le altre misure erano state recuperate.McLester et al. (24) hanno condotto una serie distudi nel nostro laboratorio per determinare il re-cupero post-allenamento dopo sedute di allena-mento con sovraccarichi. Negli uomini allenati, ab-biamo stabilito un carico di 10RM (ovvero un caricocapace di essere superato 10 volte al massimo). Isoggetti hanno eseguito 3 serie per 10 ripetizionidi 8 esercizi, tutte fino all’incapacità muscolaremomentanea. Poi in ordine controbilanciato, èstato fatto loro ripetere lo stesso allenamentodopo 24, 48, 72 o 96 ore di recupero. Come pre-visto, la variabilità tra i partecipanti è stata so-stanziale. Nessuno dei partecipanti è stato ingrado di riprodurre la propria capacità di 10RM a24 ore di distanza. Questo suggerisce che essi nonavessero completamente recuperato. Dopo 48 oredi recupero, il 40% dei soggetti aveva recuperato.Dopo 72 ore di recupero e dopo 96 ore di recupero,aveva recuperato l’80%. Quando le serie sonostate aumentate a 7 serie fino all’esaurimento, ilrecupero è stato ritardato come ci si sarebbeaspettato. Quando uomini anziani (tra 50 e 65anni di età) allenati hanno ripetuto il protocollo di3 serie, il recupero è stato ritardato, rispetto aisoggetti più giovani. Ad esempio, nel 70% dei casi,i partecipanti non sono stati capaci di ripetere laprestazione di inizio studio anche dopo 96 ore,cosa che fa ritenere che il recupero non sia statocompleto.Jones et al. (18) hanno ripetuto lo studio di McLe-ster e hanno esaminato l’affidabilità del recuperopost-allenamento. In tale studio, 10 uomini giovaniallenati con sovraccarichi hanno eseguito 3 seriefino all’incapacità volontaria utilizzando un carico di10RM per 6 esercizi. Il recupero è stato valutatodal numero di ripetizioni eseguito dopo periodi di re-cupero di 48, 72, 96 e 120 ore in ordine contro-bilanciato. Quando tutti e 6 gli esercizi sono statiriuniti, l’80% dei partecipanti è ritornato ai livelli diforza di inizio studio dopo lo stesso periodo di re-cupero. Tuttavia, l’affidabilità del singolo gruppomuscolare variava dal 20 al 70%. L’instabilità nellaprestazione di un partecipante era, almeno inparte, dovuta al riposo, all’alimentazione, all’atti-vità precedente e ad altri fattori. Quando sono state prese in considerazione lasomma delle ripetizioni per 6 esercizi del nostroprimo studio (24), abbiamo osservato che l’80%dei partecipanti aveva impiegato 72 ore a ritornarealla prestazione di inizio studio, ma in questo stu-dio abbiamo scoperto che entro 48 ore il 70% deipartecipanti era tornato alla prestazione di iniziostudio. I gruppi erano diversi e anche i 6 eserciziesaminati erano leggermente diversi, ma il disac-cordo tra gli studi è difficile da spiegare se non conil fatto che un gran numero di fattori influenza il re-cupero. Sembra che anche il recupero acuto vari inuna determinata persona da una seduta di allena-mento ad un’altra. In un terzo studio svolto nel no-stro laboratorio, Church et al. (non pubblicato)hanno osservato che per la maggior parte dei sol-levatori di pesi 48 ore erano sufficienti per il recu-pero.
METODI POTENZIALI PER AUMENTARE/FACILITARE IL RECUPERORecupero attivo e recupero passivoRecentemente sono stati pubblicati alcuni studi sulrecupero post-allenamento. Il recupero attivo equello passivo sono stati studiati sia nel recuperoa breve termine sia nel recupero post-allenamento.In uno studio sul recupero post-allenamento, Bosaket al. (5) hanno messo a confronto gli effetti del re-cupero attivo e di quello passivo in 12 corridori al-lenati dopo una corsa di 5 km. In uno studio pre-cedente sul recupero post-allenamento, sempreBosak et al. (4) avevano dimostrato che il nostrocampione di corridori dilettanti non era stato ca-pace di recuperare completamente in 24 ore, main 72 ore. Di conseguenza, noi abbiamo messo aconfronto il recupero attivo post-allenamento conquello passivo a 72 ore (5). Abbiamo osservato cheil recupero attivo e quello passivo producevanoprestazioni analoghe, fornendo incidentalmente al-cune prove di affidabilità test-retest di questoparadigma. Ma, abbiamo notato che effettivamentela variabilità si verificava tra i partecipanti e che al-cuni corridori traevano maggior beneficio da unparticolare schema di recupero. Sembra privo disenso ipotizzare, in base ad un solo studio, che ilrecupero attivo, in media, non conferisce alcun be-neficio. Anche se ciò fosse vero per la corsa di 5km, come Enoka ha indicato (11), può non esserevero per altre forme di allenamento.
Alimentazione, sostanze ergogene e recupero post-allenamentouna spiegazione interessante del danno muscolareconseguente all’allenamento è che siano le speciereattive dell’ossigeno la causa principale del dannoalle cellule muscolari, piuttosto che il trauma mec-canico. Indipendentemente dal fatto che questaipotesi sia vera o meno, molti ricercatori sono in-teressati all’impatto dei radicali liberi sulla fisiolo-gia umana. Questo porta a interessarsi del ruolodei potenziali antiossidanti sullo stato muscolare e,nel nostro caso, sul recupero post-allenamento.
una cattiva alimentazione può causare carenzealimentari che possono contribuire alla fatica ini-ziale in alcuni atleti. I ricercatori hanno anche os-servato che gli atleti di resistenza soffrono di ca-renza di ferro più dei controlli (27). Negli atleti diresistenza, il ferro viene perso nel sudore, nelle fecie nell’urina ad un tasso di 1,75 mg·d-1 negli uominie 2,3 mg·d-1 nelle donne (1 mg·d-1 e 1,4 mg·d-1sono i valori di riferimento della popolazione), ri-spettivamente (40). I benefici dei normali livelli diferro sono estesi, ma quello che è più diretta-mente correlato alla prestazione dell’attività fisicaè che il ferro è una componente chiave della pro-teina di trasporto dell’ossigeno, l’emoglobina. Lacapacità del sangue di trasportare ossigeno è unfattore determinante principale del massimo con-sumo di ossigeno (Vo2max). Anche se la supple-mentazione di ferro è vantaggiosa per gli atletianemici, si discute ancora se dai supplementi pos-sano trarre vantaggio gli atleti che non lo sono(28). Chiaramente l’aggiunta di ferro alla dieta diatleti in presenza dei nutrimenti collegati associatiè relativamente poco costosa.La creatina è stata studiata come un aiuto per ilrecupero. Branch (7) ha osservato che essa è ef-
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ficace per il recupero di breve durata (<30 se-condi), ma non per gli eventi del nuoto e della corsache durano oltre 3 minuti. Questo è contrario allarassegna di Misic e Kelley (25), che hanno osser-vato come non fosse efficace nel potenziare la pre-stazione anaerobica ripetuta. Nemmeno altre so-stanze ergogene come il ginseng si sonodimostrate consistentemente utili (10). Questofatto è importante poiché alcune sostanze ergo-gene asseriscono di poter affrettare il recupero.
Reidratazione e recupero post-allenamentoCome Maughan e Shirreffs dicono assai efficace-mente, il ripristino dei liquidi corporei dopo unacompetizione o un allenamento intensi costituiscela parte principale del processo di recupero totalepost-allenamento (23). Come molti ricercatorihanno dimostrato, il ripristino dei liquidi necessitadel ripristino degli elettroliti. Per questo motivo, lamaggior parte degli esperti di reidratazione rac-comanda l’inclusione del sodio in concentrazioni di50 mmol·l-1 o maggiori, insieme con il potassio,nelle bevande reidratanti. In queste ultime dovreb-bero essere inclusi anche i carboidrati per miglio-rare la palatabilità e contribuire al ripristino im-mediato delle riserve di glicogeno nel muscolo. Èanche generalmente accettato che il volume di li-quido ripristinato debba eccedere la quantità persadurante l’attività fisica, poiché l’organismo non èefficiente al 100% nel ritenere quel liquido. In ge-nere si ritiene che l’inclusione di concentrazioniadeguate di carboidrati e di volumi di liquidi in quan-tità ragionevole affretti lo svuotamento gastrico.
Terapia del massaggioIl massaggio si è diffuso tra gli atleti come moda-lità di recupero post-allenamento. Questo può es-sere dovuto in parte al fatto che esso fa piacere,non è proibito da nessun organismo sportivo e nonse ne conoscono effetti collaterali. Nonostantequesti vantaggi, non c’è nient’altro che dimostriche sia efficace nell’affrettare il recupero post-al-lenamento.Martin et al. (22) hanno studiato 10 ciclisti alle-nati, utilizzando 20 minuti di recupero. un au-mento del lattato nel sangue è stato indotto da 3test di Wingate con un intervallo di 2 minuti tra leprove. Il massaggio non ha avuto alcun impatto ri-spetto al riposo passivo; tuttavia, il recupero at-tivo riduceva la quantità di acido lattico fino al41% del valore registrato subito dopo l’attività fi-sica rispetto al 62% circa del lattato post-attivitàin caso di riposo passivo o del massaggio (ovvero,il recupero attivo ha ridotto l’acido lattico di un al-tro terzo nel corso di 20 minuti). Questo approc-cio solleva la questione del ruolo dell’eliminazionedel lattato nel recupero post-allenamento. Mentrel’eliminazione del lattato può essere utile nel recu-pero immediato o a breve termine, probabilmentenon è un marcatore utile per il recupero post-alle-namento.Robertson et al. (31) hanno utilizzato un test diWingate per misurare il recupero con l’elimina-zione dell’acido lattico in atleti di diversa prove-nienza (n=9). Dopo sei test di Wingate di 30 se-condi con 30 secondi di recupero, i partecipantisono stati sottoposti a 20 minuti di massaggio oassegnati al gruppo di controllo (con riposo pas-sivo). Non si è avuto alcun effetto sull’eliminazione
del lattato o sulla prestazione, ad eccezione del-l’indice di fatica (IF) che è stato migliore per ilmassaggio (30% rispetto al 34%). Tuttavia, in que-sto studio, l’indice di fatica è stato calcolato comeun cambiamento in percentuale tra i primi 5 se-condi e gli ultimi 5 secondi. L’indice di fatica può es-sere un marcatore non preciso poiché talvolta di-pende dal ritmo [scelto o assegnato, NdC], anchein un test così breve. Parimenti, anche il modo incui viene applicato il sovraccarico può influenzare lamedia dei primi 5 secondi.Il massaggio con ghiaccio è una comune tecnicaterapeutica medica per le lesioni ai tessuti molli.Howatson e Van Someren (16) hanno sottoposto9 uomini allenati a livello non professionale a 3 se-rie di 10 curl per i bicipiti con un solo braccio, conuna fase eccentrica di 7 secondi per indurre indo-lenzimento. Il massaggio con ghiaccio o ultrasuoniplacebo sono stati applicati immediatamente e a24, 48 e 72 ore. La CK plasmatica, la 1RM ed ilcosiddetto indolenzimento muscolare a insorgenzaritardata (Delayed Onset Muscular Soreness,DOMS) sono stati controllati prima dello sforzo eimmediatamente dopo e a 24, 48 e 72 ore di di-stanza, in uno studio crossover con assegnazionerandom. Solo la creatinchinasi (CK) a 72 ore si eraridotta nel trattamento con massaggio con ghiac-cio, da 800 ± 680 u·L-1 a 197 ± 56 u·L-1. Questostudio suggerisce che in simili condizioni il mas-saggio con ghiaccio non sembra costituire un me-todo efficace di recupero post-allenamento, ma laspecificità del recupero può ancora una volta rap-presentare un elemento da tenere in considera-zione.Weerapong et al. (41) hanno recentemente pub-blicato una esauriente rassegna sul massaggio,comprendente una sezione su massaggio e recu-pero. Nonostante alcuni studi suggeriscano che vipossa essere un effetto positivo del massaggio,sembra che non vi sia nessuno studio ben proget-tato che abbia dimostrato un effetto consistentedel massaggio sul recupero. Weerapong et al. (41)hanno in realtà riferito che alcuni studi hanno di-mostrato che il massaggio ha ridotto in modo effi-cace l’indolenzimento muscolare ad esordio ritar-dato, mentre altri non hanno evidenziato alcuneffetto. una valida affermazione avanzata nel lorolavoro di rassegna è che il beneficio psicologico cheil massaggio può espletare sul recupero non do-vrebbe essere trascurato.
Gli analgesici nel recupero post-allenamentoGli analgesici anti-infiammatori sono stati utilizzatida allenatori e atleti per alleviare il dolore e l’in-fiammazione conseguente ad un allenamento in-tenso. L’ipotesi sembra essere che gli effetti anti-infiammatori minimizzino l’edema e gli effettianalgesici consentono un maggior movimento e unritorno più veloce all’allenamento, in entrambi icasi grazie ai loro diversi effetti sulle prostaglan-dine (30).Semark et al. (34) hanno esaminato l’impatto del-l’applicazione profilattica di flurbiprofene in 25 gio-catori di rugby e di hockey in uno studio a singolocieco controllato con placebo. Il DOMS è stato in-dotto attraverso 7x10 salti verso il basso [classiciesercizi di pliometria, NdC]. Circonferenza dellacoscia, livelli di acido lattico dopo test di sprint di30 m, CK, indolenzimento muscolare e prestazioni
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di sprint sono stati misurati prima dello sforzo e12, 24, 48 e 72 ore dopo. L’analgesico assuntonon ha indotto alcuna differenza significativa nellaprestazione o in altra variabile e non risultava averealcun effetto sui processi infiammatori.In una rassegna sui farmaci anti-infiammatori nonsteroidei (FANS) Lanier (20) ha concluso che talifarmaci sono stati utili per affrettare il recuperopost-allenamento della funzione muscolare, ma hanotato che l’uso profilattico dei FANS può esserepiù efficace degli usi terapeutici.Alcuni ricercatori hanno descritto una diminuzionedell’indolenzimento muscolare (20) e dell’attivitàdella creatinchinasi (30) mediante l’uso dei far-maci anti-infiammatori non steroidei o gli analge-sici. Tuttavia, Trappet et al. (39) hanno ipotizzatoche l’ibuprofene e l’acetaminofene in dosi da bancosopprimano la sintesi proteica dopo sforzo eccen-trico. un aumento, piuttosto che una riduzione,della sintesi proteica sembrerebbe essere più utilenel recupero post-allenamento.
Crioterapia e recupero post-allenamentoEston e Peters (12) hanno studiato l’immersione inacqua fredda come terapia per il recupero in 15donne in uno studio tra gruppi. Il DOMS è stato in-dotto da 8x5 contrazioni a 0,58 radianti·sec-1 deiflessori del gomito. Il gruppo in trattamento con lacrioterapia ha immerso il braccio che effettuava l’e-sercizio in acqua a 15°C per 15 minuti subito dopolo sforzo e altre 6 volte a distanza di 12 ore cia-scuna. L’angolo del gomito rilassato e l’attivitàdella CK sono stati inferiori per il gruppo della crio-terapia ai giorni 2 e 3 dopo l’attività fisica, ma ladolorabilità muscolare, l’edema e la forza isome-trica sono stati diversi fino a 3 giorni dopo losforzo.
Bosak et al. (6), del nostro laboratorio, hannomesso a confronto la prestazione nella corsa di 5Km dopo 24 ore di recupero post-allenamento cono senza immersione in acqua fredda in 12 corridoriben allenati. Trattamenti con misurazioni ripetutesono stati controbilanciati e separati da 6-7 giornidi allenamento normale. I tempi della corsa perl’immersione in acqua fredda non sono stati signi-ficativamente diversi (p = 0,09) da quelli di iniziostudio, ma i tempi della corsa dei soggetti di con-trollo sono stati significativamente (p = 0,03) piùlenti di quelli di inizio studio, anche se queste dif-ferenze non sono state grandi. Gli indici dello sforzopercepito alla fine della corsa sono stati più bassiper il gruppo di immersione in acqua fredda che peril gruppo di controllo. Sette soggetti hanno rispo-sto negativamente alla corsa con immersione in ac-qua fredda e 9 hanno risposto negativamente alcontrollo, correndo più lentamente rispetto all’ini-zio dello studio. Tre soggetti hanno risposto posi-tivamente all’immersione in acqua fredda e 3 alcontrollo, correndo più velocemente durante laprestazione del secondo giorno.
Il trattamento con freddo non sembra avere alcuneffetto su alcuni aspetti del recupero, anche se isuoi effetti sulla prestazione sportiva variano tra isoggetti.
Trattamenti in combinazioneun gran numero di tecniche e trattamenti sonostati valutati in tutti e tre i tipi di recupero negliatleti. Ricerche svolte nel nostro laboratorio (2)hanno valutato l’impatto sul recupero post-allena-mento dell’utilizzo concomitante dell’ibuprofene, diun supplemento vitaminico, delle vitamine C ed E edella crioterapia in 22 atleti allenati alle competi-
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zioni utilizzando un disegno crossover controbilan-ciato, a misure ripetute, per esaminare l’effettodel trattamento sulla prestazione, la CK, l’indolen-zimento muscolare ed i cosiddetti indici dello sforzopercepito [o di percezione dello sforzo, NdC] (Ra-tings of Perceived Exertion, RPE). un protocollo consforzo non eccentrico che comprendeva tre test diWingate di 30 secondi è stato eseguito nelle se-dute mattutine e pomeridiane per simulare sedutedi due volte al giorno oppure gare eliminatorie e fi-nali. Il trattamento ha migliorato il recupero dellapotenza media e della potenza media per unità dipeso corporeo senza influire in modo significativosulle altre variabili: CK, RPE e indolenzimento mu-scolare (2).un secondo studio ha esaminato le differenze di ge-nere in risposta a queste stesse procedure di re-cupero simultaneo in 11 uomini e 11 donne parte-cipanti allo studio. Gli effetti antiossidantidell’estrogeno e i livelli più bassi della CK in condi-zioni di riposo nelle donne hanno suggerito unapossibile differenza di genere nella risposta. utiliz-zando lo stesso disegno dello studio precedente,sono state riscontrate risposte analoghe nellaprestazione e nel dolore da parte dei due sessi.Nella condizione di trattamento, l’RPE è aumentatonelle donne ma questo può essere attribuito ad unatendenza verso un leggero aumento nella presta-zione femminile in questa condizione. La differenzanel cambiamento dei livelli di CK tra i sessi si è av-vicinata alla significatività (p = 0,059)
MARCATORI PER IL RECUPERO POST-ALLENAMENTO
Nel nostro studio sul recupero abbiamo notevol-mente preferito le misure della prestazione. L’evi-dente vantaggio della prestazione come marca-tore/indicatore per il recupero risiede nel fatto cheè la variabile più importante. Il suo svantaggio è cheun metodo “diretto” non indica la fisiologia sotto-stante. In secondo luogo, sforzi di prestazionemassimale ripetuti possono non essere pratici pergli atleti professionisti durante la stazione compe-titiva. Gomez et al. (15) hanno utilizzato misuredella prestazione diverse dallo sforzo affaticante.La fatica è stata indotta da una corsa di 10 km eil recupero è stato valutato attraverso i cosiddettipicchi di coppia di torsione della gamba, la produ-zione della potenza media e il lavoro delle gambe allafine di un protocollo di 50 ripetizioni di flessioni dellestesse gambe.
un’alternativa agli indicatori/marcatori del recu-pero costituiti dalla prestazione sono i marcatoribiochimici o dello stato muscolare. Molti progetti,tra cui quelli del nostro laboratorio, hanno utilizzatola CK come marcatore per il danno muscolare. unridotto danno muscolare suggerisce un minorestress dell’allenamento ed un recupero più veloce.un problema che si verifica con la CK consiste neldato di fatto che è difficile da misurare e la misu-razione sembra instabile. Molti atleti hanno livellielevati di CK dopo un allenamento normale. Inter-rompere l’allenamento per un tempo sufficiente anormalizzare i valori di CK sarebbe, in molti casi,anche più deleterio che valutare la prestazione. Al-tri marcatori per identificare il danno muscolaresono la mioglobina, la calpaina, le proteine a catena
pesante della miosina, mentre Soricher et al. (36)raccomandano la troponina I scheletrica.Lanier (20) ha suggerito che il recupero della forzasia uno dei migliori marcatori del recupero da dannomuscolare. ha anche riferito che vi sono differenzecorrelate al sesso e all’età, nonché una variabilitàindividuale considerevole nella risposta della CK aglistessi picchi di sforzo, riducendo l’utilità della CKcome marcatore per il danno muscolare e, di con-seguenza, dello stato di recupero. Anche la riso-nanza magnetica è stata indicata come mezzo perquantificare il danno muscolare. Naturalmente que-ste osservazioni sono utili solo se si è propensi adincludere la lesione muscolare come un’occorrenzacomune nell’allenamento.Molte di queste misurazioni non sono pratiche perle indagini in alcuni laboratori e probabilmente nonsono utili nel prossimo futuro per misure ripetutesul campo tra gli atleti.
PROBLEMATICHE NEGLI STUDI SUL RECUPERO
Futuri studi sul recupero devono utilizzare parte-cipanti allenati. La problematica del recupero puòrivelarsi interessante per i partecipanti non alle-nati; tuttavia, la maggior parte dei soggetti non al-lenati è probabilmente limitata da fattori immediatinon correlati al recupero post-allenamento. I par-tecipanti allenati sono diversi fisiologicamente epsicologicamente da quelli non allenati e, pertanto,i risultati spesso non sono trasferibili da un gruppoall’altro. Il protocollo della fatica per gli studi sul re-cupero post-allenamento deve essere specifico perla specialità sportiva in questione. I precedentiprotocolli volti ad indurre il danno muscolare sonostati essenzialmente costituiti dallo sforzo eccen-trico. Anche se alcuni impegni sportivi presentanospiccate componenti eccentriche, per molti altrinon è così. Si deve prestare attenzione quando siapplicano i risultati dei protocolli eccentrici aglistudi sul recupero post-allenamento.Sembra vi siano alcune evidenze che sostengono lateoria di un regolatore centrale della fatica. Que-sto fa sorgere domande circa il recupero post-al-lenamento. Se la terapia è applicata al regolatorecentrale (come suggerito da Davis et al. (9), adesempio), questo fatto influenzerà il recupero? Ov-vero, il regolatore centrale supererà ogni disturbodell’omeostasi esistente negli stessi muscoli, osarà impossibile resettare il regolatore centraleprima che le cellule muscolari siano completamenteripulite [dai prodotti intermedi del metabolismo,NdC] e alimentate? Inoltre, quale ruolo svolge la fa-tica motoneurale in questo paradigma? La fatica ècertamente una componente principale dell’allena-mento. Gli allenatori possono scegliere di ridurredeliberatamente il recupero al fine di indurre una ri-sposta di supercompensazione [come in genere sidice, NdC] negli atleti. Tuttavia, la supercompen-sazione efficace dipende dal recupero dopo un lungoperiodo di allenamento intenso. Ma questo può av-venire solo quando il recupero post-allenamento èadeguato.La review di Enoka (11) sostiene il concetto del re-cupero specifico per un allenamento specifico. Nellasua rassegna, egli sostiene l’ipotesi della faticacentrale e sottolinea che variazioni di intensità, du-rata e tipo di muscolo influiscono sul ruolo dei varifattori responsabili della fatica. Poiché noi tutti ri-
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IL RECUPERO DOPO L’ALLENAMENTO. UNA BREVE RASSEGNAALLENAMENTO
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conosciamo la specificità dell’allenamento, nonsembra logico ipotizzare anche una specificità delrecupero? Se accettiamo questa visione, significache tutte le ricerche sul recupero devono essereinterpretate alla luce dell’esatta natura dell’alle-namento che induce la fatica da cui si sta cercandodi recuperare. Chiaramente, la specificità del re-cupero renderebbe il nostro sforzo di ricerca moltopiù complesso.una delle problematiche centrali del recupero post-allenamento è l’identificazione dei marcatori prin-cipali del recupero. La capacità di prestazione èuna misura ecologicamente valida di recupero manon sempre pratica. Altri marcatori sono indicatoriutili dei meccanismi di recupero, ma spesso nonsono pratici e il miglioramento in questi altri mar-catori sembra molto meno utile se la prestazionenon risulta migliorata. Poiché abbiamo un numerocosì scarso di ricerche in questo settore, racco-mandiamo di testare trattamenti combinati neglistudi sul recupero post-allenamento. Il vantaggioprincipale del testare trattamenti combinati è l’e-
conomia. Storicamente, pochi trattamenti hannodimostrato di aiutare il recupero. Testarli uno pervolta è molto laborioso. Al contrario, lo svantaggioprincipale di questo approccio è che un solo trat-tamento potrebbe cancellarne un altro che da solopuò essere efficace. Sembrerebbe che tale proba-bilità sia abbastanza bassa.
APPLICAZIONI PRATICHE
Il recupero post-allenamento è uno degli aspetti piùimportanti del miglioramento della prestazione a-tletica. Strategie efficaci di recupero post-allena-mento non sono state completamente chiarite epossono dimostrarsi specifiche per il singolo atletae per il momento della stagione competitiva. Gli al-lenatori possono essere tanto saggi da sperimen-tare diverse tecniche per i loro atleti, osservandoquali siano più efficaci e con quali atleti. Parimenti,i ricercatori sono incoraggiati a notare e fornire ri-sposte singole e di gruppo alle strategie di recu-pero post-allenamento.
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IL RECUPERO DOPO L’ALLENAMENTO. UNA BREVE RASSEGNAALLENAMENTO
BIBLIOGRAFIA
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LA FORZA DEI
GIOVANILAUREATI
PREMIO DI LA
UREA 1. La FIPE, la NSCA Italia e Calzetti & Mariucci di Roberto Calzetti concordano nel valorizzare
gli studi e le ricerche aventi per oggetto la forza muscolare ed il suo allenamento, prodottida giovani laureandi e laureati in Scienze Motorie (lauree triennali e lauree magistrali) cheabbiano discusso la loro tesi in una delle sessioni di laurea – estiva o autunnale – dell’annoaccademico 2011-2012.
2. I giovani studiosi che desiderino partecipare alla valutazione dovranno fare pervenire una copiadella loro tesi in formato cartaceo ed elettronico alla FIPE (FIPE, Federazione ItalianaPesistica, Viale Tiziano, 70 – 00194 Roma – e-mail [email protected]) oppureall’Editore Calzetti & Mariucci di Roberto Calzetti (Via del Sottopasso 7, Località Ferriera06089 Torgiano, PG – e-mail [email protected]), entro il 31 ottobre 2012. La tesi dasottoporre a valutazione dovrà essere inviata per spedizione postale (copia cartacea,raccomandata con avviso di ricevimento) o via e-mail (formato PDF). In entrambi i casi, dovràgiungere a destinazione entro la data prefissata.
3. I lavori saranno valutati da una Commissione costituita dai Componenti il Comitato Scientificodella rivista Strength & Conditioning. Per una scienza del movimento dell’uomo. Il giudizio dellaCommissione sarà insindacabile.
4. La Commissione premierà 3 lavori, assegnando un 1°, un 2° ed un 3° premio. Inoltre, potràassegnare ad ulteriori 3 tesi degne di menzione un abbonamento annuale alla rivista Strength& Conditioning. Per una scienza del movimento dell’uomo.
- Il Premio per il lavoro terzo classificato, secondo la valutazione della Commissione,consisterà nella fornitura di un buono libri del valore di € 200,00 dell’Editore Calzetti &Mariucci di Roberto Calzetti e di abbonamenti annuali alle tre riviste dello stesso Editore.
- Il Premio per il lavoro secondo classificato, secondo la valutazione della Commissione,consisterà nell’accesso gratuito alla certificazione “Personal Trainer Qualificato” dellaNSCA (CPT), e nella fornitura di un buono libri del valore di € 300,00 dell’Editore Calzetti &Mariucci di Roberto Calzetti e di abbonamenti annuali alle tre riviste dello stesso Editore.
- Il Premio per il lavoro primo classificato, secondo la valutazione della Commissione,consisterà nell’accesso gratuito alla certificazione “Specialista nell’Allenamento eCondizionamento della Forza” della NSCA (CSCS), nella fornitura di un buono libri del valoredi € 500,00 dell’Editore Calzetti & Mariucci di Roberto Calzetti e di abbonamenti annualialle tre riviste dello stesso Editore.
- I lavori premiati potranno essere, in tutto o in parte, oggetto di pubblicazione sulla rivistaStrength & Conditioning. Per una scienza del movimento dell’uomo.
UN’INIZIATIVA DI PROMOZIONE PER IL 2012
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PAROLE CHIAVE
Vela, windsurf,talento,prestazione,preparazioneatletica, giovani
INTRODUZIONELo studio che viene descritto rappresenta un’a-nalisi dei dati ottenuti dalla somministrazione ditest motori (protocollo Eurofit) (3) e test antro-pometrici di base ad un campione di atleti delle ca-tegorie giovanili appartenenti alle classi velicheTechno 293 One Design (10), 29er (9) e hobie Cat16 SP1(12).Il Techno 293 (foto 1) è costruito in compositethermo sandwich, ha una lunghezza di 293 cm, 79cm di larghezza, un volume di 205 lt, un peso anudo di 13 kg, è dotato di deriva basculante ascomparsa, pinna, straps fermapiedi, piede d’al-bero snodabile e mobile, track. L’attrezzatura ve-lica, in gergo rig, invece comprende: boma in allu-minio, albero in carbonio, sia per i maschi sia perle femmine vela in monofilm di 6.8 mq per la cate-goria under 15 e 7.8 mq per l’under 17.Il 29er (foto 2), la cui Classe è di Interesse Fede-rale e viene definita sul sito della Federazione Ita-liana Vela (13): “deriva in doppio acrobatica giova-nile”, è uno Skiff, deriva con linee plananti egennaker, progettata dall’australiano Julian beth-waite. Si tratta di una barca molto veloce in qual-siasi condizione, ma anche molto instabile e diffi-cile da condurre. È lunga 4,48 m, larga 1,77 m conpeso di 70 kg e superficie velica di 12,5 mq più15,3 mq di gennaker. Il peso dell’equipaggio oscillafra i 115 e i 130 kg.La classe hobie Cat 16 SPI (foto 3) è una Classedi Interesse Federale. E’ un catamarano senzaderiva progettato da hobie Alter. Si tratta di unabarca molto veloce in qualsiasi condizione, dati ivolumi ridottissimi è difficile da condurre in modoefficace. La stretta monotipia esalta le capacitàdell’equipaggio. L’hobie Cat 16 SP1 è il catama-rano più diffuso al mondo.La sua lunghezza è di 5,05 m, larghezza 2,43 mcon peso di 145 kg. La randa misura 13,77 mq confiocco da 5,12 mq e gennaker di 15 mq. Il peso del-l’equipaggio oscilla fra i 115 e i 135 kg.
I test motori utilizzati per ottenere i dati, suddi-visi in due gruppi e distribuiti in due giornate di-verse, sono stati selezionati in base alle capacitàmotorie maggiormente rappresentative per questotipo di sport.Le tre classi veliche, infatti, nella loro complessità,determinano due distinti modelli atletici, i velisti
TEST ATLETICI DI BASEE GIOVANI VELISTI
Foto 1 - IlTechno 293 onedesign in navigazione(foto Maretti)
Foto 2 - L’equipaggio del29er in andatura di bolinafuori alle cinghie(foto Devoti)
S&C
LA FORZA DEI
GIOVANILAUREATI
CLAUDIO SCOTTON È docente di Tecnicadegli sport presso laScuola UniversitariaInterfacoltà in ScienzeMotorie dell’Universitàdegli Studi di Torino. ÈMembro del ComitatoScientifico del CentroRicerche ScienzeMotorie presso quellaScuola.Ha conseguito trelauree afferenti leScienze Motorie. È Autore di oltre 80pubblicazioni tecnichee scientifiche. Ègiornalista pubblicistaiscritto all’Ordine.Preparatore atleticodegli azzurrini dellavela dal 2005 al2011. Ha ottenutol’onorificenza di Stelladi bronzo al MeritoSportivo.
FEDERICASICIGNANOLaurea Specialistica inScienze e Tecnichedello Sport edell’Allenamentoconseguita presso laScuola UniversitariaInterfacoltà in ScienzeMotoriedell’Università degliStudi di Torino. Cultore della Materiadi Tecnica dello Sport. Atleta di GinnasticaAerobica e Istruttoredi Ginnastica generaledella Federginnastica.Attualmente ViceDirettore presso unasede piemontese diDecathlon Italia.
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 53-60
PUBBLICATO
PUB
BLIC
ATO
PUBBLICAT
O
PRIMA VO
LTA
PRIMA VOLTA
PRIM
A V
OLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Claudio Scotton*°, Federica Sicignano**Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino
° Federazione Italiana Vela
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(accorpando 29er e hC 16) e i surfisti, sui quali siè concentrata l’analisi dei dati. Avendo gesti digara differenti sulle imbarcazioni, questi atleti sitrovano a dover seguire protocolli di allenamentodiversificati. Surfisti e velisti, pur concorrendo al-l’obiettivo comune di condurre fino al traguardo enel miglior modo possibile un’imbarcazione a velanelle diverse condizioni meteo-marine, avrannocomportamenti motori differenti, derivanti dalledue diverse preparazioni tecniche, tattiche e at-letiche previste per loro.I risultati di tali test, eseguiti su tutto il campionein maniera sistematica e protocollare, sono espli-cativi di queste differenze. L’obiettivo dello studiodi questo campione vuole essere quindi quello didare un significato statistico ai risultati ottenuti evuole anche, infine, dimostrare, o meno, la veridi-cità di diversificare la preparazione per i due modelliatletici.
MATERIALI E METODIIl materiale di dati che viene utilizzato è costituitoda studi personali 2, 5, 6, 7, 11 e di altri Autori 1,3, 4, 8, 9, 14, 16. Preliminarmente, nel rispettodella Legge sulla privacy, è stato consegnato unmodulo di adesione al progetto della FederazioneItaliana Vela che è stato sottoscritto dai genitoriinteressati a far partecipare il figlio/la figlia alla ri-cerca. Tutti gli atleti erano in regola con la certifi-cazione medico-sportiva per l’attività agonistica.I metodi principalmente utilizzati, oltre all’esamedella letteratura specializzata e generica, sonostati una batteria di test motori.La valutazione delle capacità motorie è stata com-piuta attraverso 6 test, scelti tra la lista del pro-tocollo Eurofit, ritenuti attendibili e validi, consi-derando quanto già presente in letteratura e sullabase della fascia di età analizzata.I test sono stati eseguiti in due giornate diverse esuddivisi in modo da non sovraccaricare gli atleti eda consentire di ottenere risultati il più attendibilipossibile.Il campione è costituito da 94 soggetti (Tabellan°1), maschi (N=67) e femmine (N=27), di etàcompresa tra i 14 e i 16 anni, appartenenti alle due
classi veliche 29er e hobie Cat 16 (velisti N=49)e Techno 293 (surfisti N=45), tutti componenti laSquadra Nazionale FIV, che nel periodo di studioera, come anche oggi, fra le migliori (4 Campionatidel Mondo, 2 Continentali e 6 podi). Nella catalo-gazione, i soggetti sono stati suddivisi per sesso(m/f), età (14 – 15 – 16) e categoria (surfisti e ve-listi). Da questa catalogazione si è poi procedutocon i relativi confronti.
Per l’inserimento dei soggetti nelle diverse cate-gorie, si sono considerate le date in cui venivanoeseguiti i test e quindi la relativa età degli atleti almomento della rilevazione dei dati. Alcuni soggettisi ritrovano pertanto in più categorie, essendostati proposti i test in momenti diversi, in accordoagli impegni agonistici. I dati trattati si riferisconoper i velisti agli anni 2007 e 2008 e per i surfistiagli anni 2006, 2007 e 2008. Poiché il numero di prove registrate per ogni testsu ogni atleta differiva (alcuni soggetti hanno ef-fettuato il test una sola volta, mentre altri pos-siedono più risultati), per ciascun atleta si è presoin considerazione esclusivamente il risultato mi-gliore (o la singola prova nel caso in cui il test fossestato fatto in un’unica soluzione).Successivamente, per ciascuna classe di confrontodebitamente costruita sulla base della specialitàsportiva, della fascia di età e del genere (femminevela 14 anni, femmine vela 15 anni, femmine vela16 anni, femmine tavola 14 anni, femmine tavola15 anni, femmine tavola 16 anni; idem per i ma-schi), la statistica adottata è stata quella del con-fronto tra le medie di campioni indipendenti (teststatistico z).Il test d’ipotesi della statistica di lavoro assumevacome validata la tesi secondo la quale le due classiveliche, velisti e surfisti, operando una diversa ti-pologia di allenamento sia tecnico sia di prepara-zione fisica, e vedendosi impegnati sul gesto digara con un impegno tecnico e fisico diversi, dimo-strano un livello atletico differente, e nello specifico
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TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTIALLENAMENTO
14 anni 15 anni 16 anni
Femmine veliste 4 6 5
Femmine surfiste 4 4 4
Maschi velisti 5 10 19
Maschi surfisti 17 10 6
30 30 34
Tabella n°1 – Costituzione campione indagato
Prima giornataTest d’equilibrio “del fenicottero”Flessione del busto in avanti dalla stazione sedutaSalto in lungo da fermo
Seconda giornataElevazione del busto dalla stazione sedutaSospensione a braccia flesseCorsa a navetta metri 10 x 5
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la migliore performance è associata ai surfisti, siamaschi che femmine.Tuttavia, non avendo trovato totale conferma neltest d’ipotesi, parallelamente alla statistica z si èoperato un confronto tra medie. La scelta di ope-rare un confronto tra medie è stata dettata dal
fatto che il numero di prove eseguite da ciascunatleta durante i test non coincideva a causa di as-senze durante la loro somministrazione. Per avereuna maggiore uniformità e una migliore attendibi-lità sui risultati finali si è preferito adottare questastrategia.
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TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTIALLENAMENTO
Nelle foto 4a-9c vengono rappresentati i test. Nei grafici 1-6 si possono verificare i valori mediottenuti da ciascuna classe per ciascun test. Risulta subito visibile come i surfisti, indistinta-mente dal genere, prevalgano in tutte le prove rispetto ai coetanei velisti. Solamente nelleprove di equilibrio e corsa a navetta si trova una migliore performance nei velisti.
Foto 5a, 5b e 5c - Test di elevazione del busto alla stazione seduta. La prova dura 30”.L’atleta migliore esegue il maggior numero di ripetizioni (ad es. surfista maschio di 15anni con 23,11 ripetizioni).
Grafico n°2 - Valori medi test ripetizione addominali
Grafico n°1 - Valori medi test d’equilibrio Foto 4a e 4b - Test d’equilibrio. La prova d’equilibrio mono-podalico dura 60”. L’atleta migliore commette meno errori(ad es. surfista maschio di 16 anni con 4 errori).
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TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTI
Grafico n°4 - Valori medi test flessibilità del busto
Grafico n°5 - Valori medi test sospensione alla sbarra
Foto 6a, 6b, 6c e 6d - Test del salto in lungo dafermo. L’atleta ha a disposizione due prove, vale lamigliore (ad es. surfista maschio di 16 anni con215,20)
Grafico n°3 - Valori medi test salto in lungo da fermo
Foto 7a e 7b - Testdella flessione del
busto dallastazione seduta.
L’atleta ha adisposizione due
prove, vale lamigliore (ad es.surfista femmina
di 14 anni con 18,6 cm)
Foto 8a e 8b - Test sospensione a braccia flesse. Test isometricoad esaurimento. Il conteggio s’interrompe quando gli occhi pas-sano sotto la sbarra (ad es. l’atleta migliore è velista maschio di16 anni con 73,43 secondi)
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ALLENAMENTO
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RISULTATI E CONCLUSIONI
Dal test statistico z di confronto tra medie si èrilevato che, in effetti, i surfisti risultano la classevelica maggiormente performante, sia nei ma-schi sia nelle femmine, ad eccezione di alcunitest in cui l’impegno fisico viene ricercato piùspecificamente nei velisti (equilibrio statico ecorsa di velocità a navetta).
Come si può notare in Tabella n°2, dove sonoschematizzate le classi di confronto che hannoregistrato i risultati migliori su ogni test, non esi-ste una uniformità di risultato sulla fascia d’etàpiù performante. Si noti infatti che in alcuni testsono i più giovani a prevalere e viceversa. Fattoquesto che potrebbe essere associato alle di-verse tempistiche e modalità di sviluppo psicofi-sico di maschi e femmine che porta a cambia-menti di costituzione corporea e regolazioneormonale completamente differenti.
Tuttavia, se si conduce un’analisi sulle fasce dietà performanti, all’interno della stessa specia-lità velica e all’interno dello stesso test, maschie femmine della stessa età risultano ottenere glistessi risultati di massima performance rispettoai colleghi più grandi o più piccoli. Ad esempio, inTabella n°3, nel salto in lungo da fermo le surfistee i surfisti di 16 anni prevalgono sugli altri.
Si può quindi concludere, affermando che sia neimaschi sia nelle femmine la classe velica più per-formante è quella dei surfisti, con delle differen-ze significative nelle fasce di età che evidenzianoquesta superiorità. Tale diversità potrebbe esse-re associata con molta probabilità ai ritmi biolo-
S&C
TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTIALLENAMENTO
Foto 9a, 9b e 9c - Test navetta. Il soggetto effettua 5 cicli a/r di corsafra due linee distanti 5 metri (ad es. l’atleta migliore è surfista maschio di 16 anni con 18,57 secondi)
Grafico n°6 - Valori medi test navetta
Femmine Maschi
Equilibrio Vela 15 anni Vela 15 anni
Addominali Tavola 15-16 anni Tavola 15 anni
Salto in lungo da fermo Tavola 16 anni Tavola 16 anni
Flessibilità Tavola 14 anni Tavola 16 anni
Sbarra Tavola 14 anni Vela 16 anni
Corsa navetta Vela 15 anni Vela 15 anni
Tabella n°2 - Atleti delle classi veliche maggiormente performanti nei distinti test atletici
Veliste femmine
Surfiste femmine
Velisti maschi
Surfisti maschi
Equilibrio 15 14 15 14
Addominali 16 15-16 16 15
Salto in lungo da fermo 16 16 16 16
Flessibilità 14 14 16 16
Sbarra 14 14 16 16
Corsa navetta 15 15 15 15
Tabella n°3 - Fasce d’età più performanti nei distinti test atletici
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gici che cambiano trasversalmente e con tenden-ze diverse in questo periodo adolescenziale, anchein una fascia di età così ristretta ma particolar-mente sensibile. Tali differenze si possono ricolle-gare inoltre al diverso tipo di impegno fisico ri-
chiesto dall’atleta a seconda della specialità spor-tiva praticata, della diversa preparazione fisica pro-grammata dagli allenatori e della diversa periodiz-zazione dell’allenamento prevista dal calendario del-le competizioni.
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTIALLENAMENTO
EQUILIBRIO ADDOMINALI SALTO IN LUNGO FLESSIBILITÀ SBARRA NAVETTA
Femmine vela 14 anni
1 13 21 186 8,5 39 20,05
2 18 17 144 20 24 27,48
3 6 19 178 13 60 23,69
4 8 15 128 21 10 22,92
Femmine vela 15 anni
5 13 22 177 15,5 41 22,35
6 8 18 170,5 -1,5 43 20,89
7 23 22 143 15 25 23,87
8 13 18 138 20 7 24,96
9 10 22 145 14,5 38 24,32
10 8 15 128 -10 8,5 23,89
Femmine vela 16 anni
11 12 16 168 14,5 27 20,66
12 16 21 132 -9 21 23,06
13 16 20 166 4 29 23,87
14 4 17 162 10 40 22,34
15 6 24 187 18,5 39 20,22
Tabella n°4 - Migliori risultati ottenuti dai singoli atleti
EQUILIBRIO ADDOMINALI SALTO IN LUNGO FLESSIBILITÀ SBARRA NAVETTA
Femmine tavola 14 anni
1 9 24 190 19 81 20,41
2 8 20 167 13,5 73 20,28
3 17 23 186 20,5 62 /
4 8 20 178 20 47 20,4
Femmine tavola 15 anni
5 6 23 161 21 68 21,6
6 9 26 190 10,5 82 21,86
7 7 21 166 16,5 43 22,5
8 4 24 183 21 45 20,8
Femmine tavola 16 anni
9 12 21 194 14,5 34 21,34
10 3 24 196 17 57 20
11 9 26 190 10,5 82 21,4
12 3 23 197 21 48 19,02
Tabella n°5 - Migliori risultati ottenuti dai singoli atleti
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S&C
ALLENAMENTOTEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTI
EQUILIBRIO ADDOMINALI SALTO IN LUNGO FLESSIBILITÀ SBARRA NAVETTA
Maschi vela 14 anni
1 3 20 180 8 53 18,9
2 5 / / 9,5 / /
3 10 / / -5 / /
4 3 22 195 8,5 73 21,1
5 11 21 189 11 66 19,13
Maschi vela 15 anni
6 12 / / 18,5 / /
7 9 / / 11,5 / /
8 9 22 198 8 24 21,1
9 15 22 184 3,5 42,7 18,97
10 8 21 208 8 53 20,95
11 10 21 210 7 89 18,65
12 17 22 195 2 78 21,86
13 / / / / / 20,08
14 20 21 178 -13 30 21,3
15 11 20 207 -12,5 / 19,3
Maschi vela 16 anni
16 11 23 211 18,5 48 19,1
17 15 21 188 5,5 77 19,4
18 7 24 255 28,5 74 17,85
19 7 21 232 10 99 18,41
20 5 24 239 14,5 57 17,42
21 8 25 230 6,5 89 18
22 4 / / 19,5 / /
23 12 / / 14 / /
24 6 / / 2 / /
25 3 / / -5 / /
26 7 / / 7,5 / /
27 5 24 106 2 68 20
28 7 22 194,5 8 23 28,9
29 3 22 196 9 65 19,2
30 8 25 229 15,5 121 /
31 2 27 244 2 87 10,09
32 10 21 241 2 87 19,09
33 6 21 238,5 -2 77 18,89
34 9 20 174 14 55,4 21,54
Tabella n°6 - Migliori risultati ottenuti dai singoli atleti
Nelle Tabelle da n°4 a n°7, vengono indicati i miglioririsultati ottenuti dai velisti e surfisti nei 6 test a-tletici. un ultimo fattore da tenere in considera-zione di fronte a queste differenze è il livello com-petitivo degli atleti. All’interno del campioneanalizzato infatti sono presenti atleti che hanno nelloro curriculum agonistico diverse gare di diverso
livello (dal campionato mondiale al campionato na-zionale) e con diversi piazzamenti in classifica. Pur-troppo, attualmente, non viene utilizzato nessunaranking list internazionale per le classi giovanili, cheavrebbe potuto orientare lo studio verso il con-fronto fra risultati agonistici e performance atle-tiche.
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
EQUILIBRIO ADDOMINALI SALTO IN LUNGO FLESSIBILITÀ SBARRA NAVETTA
Maschi tavola 14 anni
1 1 27 194 11 94,06 19,43
2 7 24 182 14,5 34,7 19,32
3 2 24 171,5 9 12,8 18,9
4 11 19 183,5 22 21,4 19,64
5 9 24 173 15 62 19,43
6 10 23 221 4 28 /
7 8 / 172 / 24 /
8 10 23 221 4 28 19,43
9 8 23 180 0,5 38,8 /
10 2 21 203 19 96 /
11 1 23 / 7 39 /
12 9 25 205 13 52 /
13 5 23 196 11 44 /
14 7 24 200 11 65 /
15 16 17 183 7,5 48 /
16 12 20 224 27 63 /
17 9 24 200 10,5 62 /
Maschi tavola 15 anni
18 7 21 179 -4 47,8 21,02
19 1 24 195,5 18,5 77,2 19,11
20 2 26 205 12,5 54,9 18,65
21 9 21 230 20 78 /
22 4 23 220 13 102 21,1
23 7 24 212 12 70 /
24 8 27 209 9 56 /
25 5 23 228 28 82 19,5
26 1 28 253 11 33 /
27 3 / 196 11 41 /
Maschi tavola 16 anni
28 3 25 200 13 82 18,7
29 7 25 222 21 84 /
30 / / / 8 73 19
31 1 23 220 21,5 51 /
32 / / / 11 60,04 18
33 1 / 209 17 77 /
TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTI
BIBLIOGRAFIA
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RINGRAZIAMENTI Si ringrazia
Alberto RainoldiPhD (Direttore
Centro RicercheScienze Motorie
SUISM, Universitàdegli Studi di Torino) per la
collaborazione nellastesura della
versione finale delmanoscritto.
Un ringraziamentoanche ai Direttori
Tecnici Luca De Pedrini e Paolo
Ghione, ai Tecnicifederali Beppe Devoti, Marco
Lazzetta, FilippoMaretti e soprat-
tutto agli atletidella Squadra nazio-
nale giovanile FIV.Si ringrazia, inoltre,
per la collabora-zione, il dott.
Rosario Basciotti,Autore delle foto e
dimostratore dei test.
ACCREDITAMENTIPoster presentato
nel 3° CongressoNazionale Sismes
29-9/1-10-2011,Verona. Abstractpubblicato su Thejournal of sports
medicine and physi-cal fitness, Septem-
ber 2011, 51,suppl. 1/3, 52
Tabella n°6 - Migliori risultati ottenuti dai singoli atleti
ALLENAMENTO
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61STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 61-66
S&C
FORZA E CONDIZIONAMENTO FISICO PER LASCHERMA
MARK RIPPETOE,CSCS, è il proprietariodel Wichita FallsAthletic Club. È unSenior Coachcertificato dello USAWeightlifting e unoschermitoreamatoriale.
Mark Rippetoe, CSCS
La competizione nella scherma moderna implical’uso di 3 diverse armi : fioretto, spada e sciabola.Ciascun’arma comporta regole diverse per il com-battimento, con posizioni e prese che variano leg-germente. La competizione è organizzata in incon-tri preliminari, in cui ciascuno schermitore affrontagli avversari in gruppi composti da 5 o più membriper incontri di 5 stoccate, ciascuna delle qualidura da pochi secondi a 1 minuto, con pause di po-chi secondi. Se il tiratore riesce ad aggiudicarsi lavittoria negli incontri a squadre, la fase successivadella competizione prevede gare ad eliminazionediretta. Queste consistono in 15 stoccate, sem-pre intervallate da pause di pochi secondi, fino ache uno dei due avversari non viene sconfitto.La posizione ordinaria di guardia varia a secondadell’arma utilizzata, ma è in genere una posizionedi squat parziale con il piede più avanzato perpen-dicolare al piede che sta dietro. Gli attacchi più co-muni sono movimenti balistici che hanno inizio dallaposizione di guardia, con il braccio armato in esten-sione per i colpi di punta o di taglio, a seconda del-l’arma. Gli avanzamenti e gli arretramenti sonoeseguiti mantenendo lo squat parziale della posi-zione di guardia. La difesa viene effettuata conl’allontanamento, la ritirata e la parata dell’armadell’avversario tramite il contatto e la pressione apartire dalla lama del difensore.
“Ciascuna sessione di allenamento deve consi-stere in un allenamento corporeo completo per-ché la preparazione deve essere specifica per losport praticato e la scherma coinvolge l’intero
corpo.”
La scherma è uno sport di abilità, velocità e po-tenza. L’abilità si migliora con molti anni di praticaed esperienza, sotto la guida di un allenatoreesperto. Per tradizione, gli schermitori hanno uti-
lizzato questa stessa pratica per sviluppare la ve-locità e la potenza. Tuttavia, è passato ormai iltempo in cui gli atleti di élite di qualsiasi sport in-tenso potevano fare affidamento sulla pratica delleabilità sportive come unica fonte di condiziona-mento fisico. L’allenamento contro resistenza o, piùspecificamente, un programma di allenamento consovraccarichi correttamente progettato è ciò chegli atleti di tutto il mondo prediligono, indipenden-temente dallo sport praticato, per sviluppare laforza necessaria a gareggiare a livello di élite. I li-velli inferiori di tutti gli sport sono costituiti dasportivi amatoriali, atleti con un potenziale inferiorea quelli di élite in termini di talento e da coloro chenon vogliono o non possono dedicare tempo edenergia sufficienti all’allenamento. Man mano chel’atleta sale nelle graduatorie agonistiche, i primi epiù facili miglioramenti hanno luogo quando l’atletaraggiunge il successo agevolato dal talento natu-rale per quello sport e dal condizionamento fisicoottenuto con la pratica delle abilità sportive. Allafine, anche i soggetti di maggior talento raggiun-gono il punto in cui si progredisce solo con un alle-namento sempre più intenso che si avvicina al limitedel potenziale. La percentuale del potenziale rag-giunto e la rapidità con cui lo si raggiunge dipen-dono dall’efficacia dell’allenamento.
RAGIONI PER INCLUDERE UN PROGRAMMADI ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZAPer molti motivi, l’allenamento con sovraccarichi èil programma di condizionamento fisico preferitodagli atleti. Oltre al fatto che i programmi di alle-namento con pesi possono essere progettati persoddisfare le specifiche necessità di condiziona-mento fisico di ogni singolo sport, la natura del-l’allenamento è tale da consentire un controllo mi-surabile dei progressi mediante una precisamodificazione del volume, dell’intensità, della fre-quenza e della durata. I risultati sono prevedibili e
PUBBL
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IN ITALIA
1
SIAMO FATTI COSÌ - II. PASSA IL TEMPO, SISFOGLIANO MOLTE PAGINE, DELLA VITA, DI LIBRI E– OVVIAMENTE – DI RIVISTE, ANCHE DI QUESTA, ENOI CONTINUIAMO AD ESSERE FATTI COSÌ: PIENI DIINTERESSE PER I CLASSICI E PERCIÒ, INVECE DILEGGERE TANTA LETTERATURA (CHE CHIAMANO)SPECIALISTICA MODERNA, CURIOSI, CIDEDICHIAMO (E DIVERTIAMO) A TROVARE NELPASSATO QUELLO CHE DAVVERO ASSAI SPESSONON VEDIAMO NEL PRESENTE. E STIAMO RIDANDOVITA (PERCHÉ LA DIANO A QUESTO INCOLTOSISTEMA) A TESTI ANCHE DI MOLTI ANNI FA,PREFERENDOLI, DUNQUE, AD ALTRI: E SCOPRIAMOCHE QUELLI DI IERI SONO PER SEMPRE E LA PIÙPARTE DEGLI ODIERNI, SEMBRANO – SÌ – OPERA DICAVERNICOLI, MA NON VALGONO NULLA E NONPASSERANNO A NESSUNA STORIA (PB)
PAROLECHIAVEscherma;allenamentocontroresistenza;flessibilità;forza
@ D
ino
Fest
a
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verificabili su base settimanale,mensile e annuale, consentendoall’allievo di personalizzare il con-dizionamento fisico per adeguarsial calendario delle gare. I pro-gressi continui inseriti nel calen-dario di lavoro rappresentano unaparte necessaria di un pro-gramma contro resistenza ade-guatamente progettato ed è ilmotivo per cui gli specialisti delcondizionamento fisico attual-mente preferiscono l’allenamentocon pesi per assicurare i pro-gressi del condizionamento fisicoai loro atleti.Gli schermitori professionistipossono beneficiare di un incre-mento della forza. I muscoli piùforti sono quelli più veloci (2, 3,8). Gli studi hanno dimostrato unaumento della velocità di contra-zione quando è stato impiegatol’allenamento con sovraccarichiin abbinamento alla pratica delleabilità sportive (5). Il migliora-mento della prestazione dellosprint successivo all’allenamentocon sovraccarichi dimostra l’ap-plicazione della forza alla produ-zione di velocità (4).La potenza è l’applicazione dellaforza rispetto al tempo stesso diapplicazione. Sul piano pratico, lapotenza è la capacità di applicareuna forza massima in un lasso ditempo minimo, l’abilità di reclu-tare il massimo numero di unitàmotorie durante una contrazionemuscolare o la capacità di “esplo-dere”. Questo concetto è diestrema importanza per tutti glisport di combattimento in cui sientra in contatto con un avver-sario, e questo anche nel caso in
cui il contatto è indiretto, attra-verso una delle armi utilizzatenella scherma. Gli attacchi e leschivate sono efficaci solo se tra-smettono una forza sufficienteall’arma dell’avversario o attra-verso di essa. I muscoli coinvolticon l’estensione, la presa e leparate, nonché con tutte le atti-vità di reazione al terreno (peres., affondi, passi cosiddetti dibalestra [forma di esercitazionebasata sul lavoro dei piedi, consi-stente in balzi verso l’avanti,spesso - ma non sempre - seguitida un affondo. Si tratta di passipiù veloci di un semplice passo inavanti, che servono per cambiareil ritmo e la tempistica dei movi-menti, NdC], avanzamento e riti-rata, ecc.), traggono vantaggioda un aumento della capacità digenerare potenza. La produzionedi potenza può essere miglioratatramite l’incremento della forzaassoluta e l’utilizzo di eserciziesplosivi che specificamente svi-luppano la potenza (9-11, 17).Anche la resistenza muscolare èenormemente potenziata dall’al-lenamento con sovraccarichi.Quando la forza assoluta au-menta, la percentuale di taleforza richiesta per eseguire com-piti non massimali si riduce, dimi-nuendo così le richieste relative acarico della resistenza musco-lare. Per esempio, se una scher-mitrice raddoppia la forza dellegambe, la quantità relativa diforza delle gambe necessaria permantenerla nella posizione diguardia si riduce e l’atleta è ingrado di mantenere la posizionepiù a lungo prima che la fatica di-
venti un fattore limitante. Que-sto fenomeno costituisce un ef-fetto ampiamente riconosciutodell’allenamento con sovraccari-chi negli sport di resistenza incui si introduce l’allenamento conpesi nel programma di condizio-namento fisico (1, 7, 8, 13).La flessibilità è importante per-ché nella scherma è necessarioche l’atleta sia capace di effet-tuare il movimento medianteun’ampia escursione articolare.Gli schermitori devono essereconsapevoli del fatto che un pro-gramma di allenamento con so-vraccarichi adeguatamente pro-gettato non influisce in modonegativo sulla flessibilità. Inrealtà, molti studi classici hannodimostrato che l’escursione arti-colare (Range Of Motion, ROM)può di fatto essere aumentataattraverso l’impiego dei classiciesercizi con bilanciere eseguiticon una ROM completa (14). Èimportante che l’allenatore spe-cialista della forza si assicuri chegli esercizi giusti vengano effet-tuati correttamente così che sipossa realizzare questo effetto,e che non venga eliminato quellasso di tempo che l’atleta nor-malmente impiega negli esercizidi stretching specifici per lascherma. Anche l’esecuzione de-gli esercizi con una ROM com-pleta è importante perché èstato dimostrato che i migliora-menti della forza sono specificiper la ROM sottoposta all’allena-mento (8). Per essere forti nel-l’affondo ad estensione completa,i muscoli impegnati in quella ROMdevono essere rafforzati in sala
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
ALLENAMENTOFORZA E CONDIZIONAMENTO FISICO PER LA SCHERMA
@ Dino Festa
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pesi. La prevenzione delle lesioni viene facilitata daun programma di allenamento contro resistenzaadeguatamente progettato grazie all’aumento dellaflessibilità ottenuto con il programma e alla naturadella risposta adattativa insita nell’allenamentocontro resistenza. Le lesioni causate da incidentidi posizionamento, per es. iperflessioni o iper-estensioni, possono essere facilmente evitate o at-tenuate migliorando la flessibilità tramite un pro-gramma di allenamento con pesi supervisionatodall’allenatore e opportunamente progettato. Inol-tre, nella scherma, il posizionamento scorrettodovuto alla mancanza di flessibilità aumenta la pos-sibilità di incorrere in infortuni. Anche in questocaso, l’aumento della flessibilità può prevenire l’in-sorgere di tali problemi (16).una muscolatura più forte può anche prevenire gliinfortuni negli sport di combattimento, consen-tendo l’assorbimento della forza di contatto impo-sta dall’avversario. Per esempio, sono frequenti lelesioni a carico del collo e derivanti dal contatto trala maschera e l’arma. una muscolatura del collo piùforte può assorbire le intense forze rotazionali otipo colpo di frusta a cui talvolta sono sottopostii tiratori di scherma. L’allenamento contro resi-stenza irrobustisce e rafforza tutti i tessuti coin-volti nell’esercizio, non solo i muscoli. Il movimentoumano è prodotto dalla contrazione dei muscoliche agiscono attraverso i tendini sullo scheletroosseo, che è tenuto insieme dai legamenti. Queste3 componenti, muscoli, tessuto connettivo e ossa,sono funzionalmente inseparabili e sottoposte asollecitazioni in quanto fanno parte di un apparato,non come singole componenti. L’adattamento allesollecitazioni avviene in tutti i tessuti di questo ap-parato (6, 19). Le sollecitazioni controllate e pro-gressive fornite da un programma di allenamentocontro resistenza adeguatamente progettato pro-ducono un adattamento fisiologico benefico neitessuti più soggetti a lesioni (12), riducendo cosìla percentuale e la gravità degli infortuni subiti du-rante l’allenamento e le gare di scherma.
“L’allenamento contro resistenza irrobustisce erafforza tutti i tessuti coinvolti nell’esercizio, non
solo i muscoli.”
L’equilibrio e la coordinazione sono solitamente con-siderati elementi propri del talento, che rappre-senta la capacità innata di eseguire compiti di altolivello senza sforzo. Gli atleti di élite che gareggianoin sport che richiedono elevati livelli di agilità e ra-pidità sono l’incarnazione del talento, e non tutti gliatleti sono in grado di sviluppare questo livello dicapacità. Tuttavia, almeno 1 studio recente ha di-mostrato che la coordinazione può essere miglio-rata con l’impiego dell’allenamento contro resi-stenza (15). I professionisti del condizionamentofisico riconoscono che un programma di allena-mento contro resistenza adeguatamente proget-tato può avere un impatto positivo sull’equilibrio esulla coordinazione, specialmente nei soggetti nonallenati. Il motivo potrebbe risiedere nel fatto chei muscoli responsabili di stabilizzare il corpo du-rante i movimenti motori globali acquisiscono forza.Per esempio, la stabilità laterale nei movimenti inavanti come gli affondi viene assicurata dai muscoli
delle porzioni laterale e centrale delle gambe, in-sieme agli sforzi finemente coordinati dei rotatoriesterni e interni del femore, del peroniero lungo edegli altri muscoli della porzione inferiore dellagamba che controllano la pronazione e la supina-zione del piede e dei muscoli laterali del tronco checontrollano la posizione della colonna vertebrale edel bacino durante il movimento. Sebbene l’esten-sione dell’anca e del ginocchio fornisca il movi-mento globale, l’equilibrio viene facilitato da questialtri muscoli. L’uso coordinato di questi muscolistabilizzanti può dipendere dal talento, ma l’alle-namento contro resistenza può migliorare radical-mente l’efficienza della loro funzione.
La composizione corporea è la quantità relativa dimassa grassa e massa magra presente nel corpo,di solito espressa in percentuale di grasso corpo-reo (17). Di solito si ritiene che livelli eccessivi digrasso corporeo si traducano in un peso più alto diquello desiderato, ma non necessariamente è così.I tiratori, che gareggiano in uno sport senza cate-gorie di peso, potrebbero non essere eccessiva-mente preoccupati della propria composizione cor-porea, ma il grasso corporeo può ostacolare laprestazione mediante una maggiore inerzia o unamassa in eccesso che non contribuisce di per sé al-l’accelerazione e che riduce la ROM intorno alle ar-ticolazioni bloccate dal tessuto adiposo. Nelle con-dizioni anaerobiche di un attacco di scherma, ilgrasso corporeo è metabolicamente inattivo e nondà alcun contributo alla prestazione. Livelli ecces-sivi di grasso corporeo possono indicare che iltempo impiegato nella preparazione fisica gene-rale è inadeguato oppure rivelare la mancanza diuna disciplina alimentare. un numero notevolmenteelevato di dati dimostra la correlazione diretta tral’allenamento con sovraccarichi e il miglioramentodella composizione corporea (1, 8, 17, 24). L’ag-giunta di massa magra metabolicamente attivaaumenta il metabolismo basale (Basal MetabolicRate, BMR) così che vengono bruciate più caloriesempre e non solo durante l’attività fisica. Questoaumento dei fabbisogni energetici che dipende dal-l’allenamento fa bruciare al corpo una quantitàmaggiore di grassi, poiché un’elevata percentualedel bMR aumentato viene alimentata dai depositi digrasso. Pertanto un effetto collaterale dell’allena-mento contro resistenza è rappresentato dal mi-glioramento della composizione corporea.Possono verificarsi circostanze che impedisconol’inserimento dell’allenamento con sovraccarichinel programma di condizionamento fisico. La pre-senza di una lesione acuta che impedisce di prati-
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care la scherma precluderebbe probabilmente lapartecipazione, sebbene molti programmi di alle-namento con sovraccarichi siano utili per la riabili-tazione di tali lesioni nella fase post-acuta. Gliatleti devono essere valutati su base individuale perstabilire se devono essere esclusi dalla sala pesi.Tuttavia, qualsiasi atleta che goda di una salutesufficiente da poter tirare di scherma è probabil-mente in condizioni tali da poter partecipare ad unprogramma di allenamento con sovraccarichi ade-guatamente progettato.
CONSIDERAZIONI RELATIVE AL PROGRAMMAQuando l’allenatore valuta il tipo di esercizio da uti-lizzare in un programma di allenamento contro re-sistenza per la scherma, si trova nella condizionedi dover decidere se usare i pesi liberi o le macchineo includere entrambi nel programma. Fin troppospesso la decisione non è tanto una questione dipreferenza, quanto piuttosto di disponibilità. In-fatti, se non si può disporre dei pesi liberi, si uti-lizzano le macchine. Il settore del fitness consideraspesso i pesi liberi pericolosi e che non favorisconouna rapida alternanza delle presenze degli atleti inpalestra e, molte volte, non rappresentano un’op-zione per l’allenatore che cerchi una strutturafuori dal campus. Tuttavia, a seconda delle dimen-sioni della struttura scolastica, le scelte sono tal-volta migliori nei contesti accademici.Molto è stato scritto sui benefici relativi dell’im-piego dei pesi liberi e delle macchine (20, 21, 23).In breve, i pesi liberi vengono considerati dalla mag-gior parte dei professionisti dell’attività fisica su-periori all’allenamento con macchine, perché il con-dizionamento fisico specifico per lo sport praticatopuò essere ottenuto in maniera molto più efficace.Il movimento umano è costituito da molte artico-lazioni che si flettono e si estendono in modo equi-librato, coordinato, complesso e ben controllato. Ilprincipio di specificità del condizionamento fisico ri-chiede che, affinché sia efficace nel produrre adat-tamenti utilizzabili per lo sport in cui ci si allena, l’e-sercizio faccia lavorare il corpo in maniera tale daessere applicabile allo sport in termini di biomec-canica e bioenergetica. Se uno sport richiede l’usocoordinato e simultaneo di tutta la muscolaturadelle gambe, delle anche e del tronco, un sempliceesercizio di estensione delle ginocchia contribuiscepoco ad un condizionamento fisico specifico perquello sport. Se il nostro obiettivo in sala pesi èquello di formare atleti che siano in una condizionemigliore per praticare lo sport, la nostra conside-razione principale deve essere quella di convertirein modo efficace il condizionamento fisico nella pre-stazione sportiva. Per questo motivo, il programmaseguente è costituito principalmente da esercizicon pesi liberi.un problema importante che gli allenatori devonoaffrontare è la disponibilità di strutture adeguate.La situazione ideale per l’allenatore di scherma è lapresenza di una sala pesi ben attrezzata nei localipreposti all’allenamento. Dal momento che questapuò non essere una cosa facile da ottenere, uno deivantaggi dell’uso dei pesi liberi è il loro costo rela-tivamente basso. Mentre possono essere neces-sarie decine di migliaia di dollari per attrezzareuna struttura con macchine per l’allenamento conpesi, una sala con pesi liberi perfettamente ade-guata per un centro di scherma di medie dimensioni
può essere assemblata con una spesa di non più di2.000-3.000 dollari (1.600- 2.400 euro circa), enon richiedere più di poche centinaia di piedi qua-drati (60-80 metri quadrati circa). Per un centropiccolo, una stanza libera e 1.000 dollari (800euro circa) possono essere trasformati in unastruttura per l’allenamento con pesi perfetta-mente funzionale. Se l’aggiunta di una strutturanon è fattibile, possono essere risistemate strut-ture già esistenti.La frequenza e l’intensità dell’allenamento dipen-dono dal calendario. La maggior parte degli sportprevede una stagione di gara, perciò il programmadi condizionamento fisico deve essere adattatoper soddisfare le richieste del calendario degli in-contri e progettato per avere gli atleti in massimaforma per le gare importanti. In generale, il volumedell’allenamento contro resistenza deve essereminore durante la stagione di gara per conservarela forza e il condizionamento fisico senza interferirecon l’attività sportiva, e più elevato durante il fuoristagione per trarre vantaggio del tempo che l’a -tleta passa lontano da un’intensa attività discherma e in questo modo gli incrementi di forzapossono essere ottenuti senza comprometterel’allenamento della scherma. La programmazionedei cicli di allenamento rispetto al calendario ènota con il nome di periodizzazione e molti sforzisono stati profusi nel progettare in modo ottimaleprogrammi che assicurino continui progressi nel-l’allenamento per tutto l’anno. Queste considera-zioni sono meno importanti per gli atleti principiantisenza una base di condizionamento fisico, o ancheper quelli di livello avanzato che hanno appena ini-ziato un programma di allenamento contro resi-stenza. Per ottenere un aiuto nella progettazionedi programmi periodizzati per atleti ben allenati, sideve richiedere l’intervento di un professionistadella forza.
IL PROGRAMMAIl programma suggerito si baserà su esercizi conpesi liberi. Non sarà proposto in questa sede alcuntipo di allenamento perché è essenziale consul-tare un professionista qualificato per l’applicazionedi queste raccomandazioni al singolo atleta. Cosìcome imparare a tirare di scherma è impossibilesenza un’istruzione qualificata, lo stesso vale perl’apprendimento degli esercizi con pesi liberi.Ciascuna sessione di allenamento deve essere unallenamento full body. Gli esercizi di allenamentonon devono essere suddivisi per aree specifiche delcorpo ed essere eseguiti in giorni diversi, come ac-cade normalmente per i sollevatori di pesi. Ancorauna volta, l’allenamento deve essere specifico perlo sport praticato e la scherma viene praticata contutto il corpo. Questo principio si riflette sia nellascelta degli esercizi che nella loro applicazione du-rante una sessione di allenamento full body (20).Se, per questioni di tempo, è necessaria una se-duta allenante suddivisa (split routine), ancora unavolta l’accento deve essere posto sugli esercizi chefanno lavorare quanti più gruppi muscolari possibilicontemporaneamente, in genere suddividendoli tramovimenti della parte superiore e quelli della parteinferiore del corpo.Si consiglia di iniziare la sessione di allenamentocon un riscaldamento generale utilizzando un eser-cizio ripetitivo lieve che sarebbe aerobico se effet-
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tuato per un periodo di tempoprolungato, come la corsa sul po-sto, la corsa sul nastro traspor-tatore o la cyclette. Non sono ne-cessari più di 5 minuti, perché loscopo non è l’allenamento aero-bico, ma un leggero aumentodella temperatura corporea comepreparazione all’esercizio suc-cessivo (22). Tutta l’altra atti-vità di preparazione deve essereeseguita dopo questo riscalda-mento iniziale. Si devono effet-tuare i sit-up un altro esercizioper gli addominali successiva-mente, poiché questi movimentitendono ad essere dimenticati seinseriti alla fine dell’allenamentoe, in un atleta con un buon con-dizionamento fisico, gli eserciziper gli addominali contribuisconoal riscaldamento totale senza af-faticare eccessivamente la mu-scolatura del tronco.Lo stretching prima dell’allena-mento contro resistenza sem-brerebbe una conclusione scon-tata per i tiratori professionisti,il cui sport dipende [anche, NdC]dalla flessibilità. Nell’allenamentocon pesi, tuttavia, vi è disaccordotra i professionisti del condizio-namento fisico sui benefici dellostretching prima di una sessionedi allenamento. Questo è un ele-mento relativamente trascura-bile per gli atleti non allenati oinesperti che hanno appena ini-ziato un programma di allena-mento della forza. Se l’atleta de-sidera eseguire esercizi distretching prima dell’allena-mento, deve essere stabilito iltempo per la loro esecuzione.Può essere utile un riscalda-mento dinamico senza pesi o conpesi leggeri utilizzando il movi-mento che sta per essere sotto-posto ad allenamento. Gli esercizimultiarticolari inseriti nell’allena-mento preparano il corpo per isuccessivi che possono interes-sare gli stessi gruppi muscolari(18). In generale, quanto più l’e-sercizio è complicato, ovveroquanto più è elevato il numero diarticolazioni e gruppi muscolaricoinvolti nel movimento, tanto piùdeve essere esteso il riscalda-mento, e tanto maggiore sarà laprobabilità che l’atleta si riscal-derà per qualsiasi esercizio suc-cessivo. Per esempio, il riscalda-mento per la girata in semi-accosciata e la sua esecuzioneservono come riscaldamento perlo squat. Gli esercizi devono es-sere eseguiti in ordine, a partire
da quello veloce a quello lento, daquello che coinvolge molteplici ar-ticolazioni a quello che fa lavo-rare un’articolazione sola e daquello complesso a quello sem-plice (18). Questa regola assi-cura l’esecuzione più efficientedegli esercizi più importanti perun rapido sviluppo della forza edella potenza. L’atleta è più fre-sco per i movimenti esplosivi cherichiedono una competenza ele-vata, per es. le girate e glistrappi in semiaccosciata, che sitraducono in un miglioramentodal punto di vista atletico. I mo-vimenti multiarticolari più lenti,come gli squat e gli esercizi allapanca, vengono eseguiti dopo imovimenti veloci, perché un lieveaffaticamento non interferisce disolito con la loro corretta esecu-zione. I movimenti ausiliari sonoeseguiti alla fine perché influi-scono di meno sul miglioramentoglobale e, se non c’è abbastanzatempo, la perdita, in caso di man-
cata esecuzione, è minima. Sisuggerisce, ad ogni buon conto,di inserire in un programma i se-guenti esercizi:
1. Esercizi esplosivi per molte-plici articolazioni, come la gi-rata in semiaccosciata, lostrappo in semiaccosciata elo slancio in piedi. L’inclusionedi questi movimenti è condi-zionata dalla possibilità di po-tersi avvalere dell’assistenzadi allenatori qualificati, poichéessi non possono essere in-segnati da personale ine-sperto. Pertanto, nonostantela loro grande utilità nel pro-gramma di condizionamento fi-sico, devono essere conside-rati facoltativi.
2. Esercizi di rafforzamento delcore, come squat, militarypress (distensioni con bilan-ciere a traiettoria frontale),bench press (distensione supanca), deadlift (mezzo stacco
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da terra), lat pull-down, chin (trazioni alla sbarra)e salto verticale con un numero elevato di ripe-tizioni. Questi esercizi devono essere conside-rati essenziali e bisogna fare il possibile per in-cluderli nel programma.
3. Gli esercizi ausiliari, come gli affondi, le prese amartello, il wrist roller (attrezzo per il potenzia-mento degli avambracci) e vari esercizi per lapresa. Questi esercizi sono stati scelti per laloro specifica applicazione alla scherma.
Per ottenere un aiuto nell’attuazione del pro-gramma, si deve ricercare un professionista ac-creditato. La National Strength and ConditioningAssociation certifica i professionisti della forza lau-reati e ne tiene un elenco. Anche l’USA Weightliftingpossiede un programma di certificazione degli alle-natori e può essere contattato per richiedere unaiuto nell’individuare istruttori qualificati (ottima l’i-dea e la suggestione: chiamiamo quelli bravi! Qui danoi, funziona così in tutti gli sport? NdC).
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BIBLIOGRAFIA (L'articolo è del 2000, la bibliografia datata: ma quanto utile ancora! NdC)
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ALLENAMENTOFORZA E CONDIZIONAMENTO FISICO PER LA SCHERMA
RENDIAMO FACILE LA VITA AGLI STORICI CHE VERRANNO
Lo staff editoriale di S&C al completo si è già riunito più volte, perdiscutere, riflettere, pianificare, predisporre, verificare, coinvol-gere, sognare. Specie di gruppo di moschettieri: tutti per unobiettivo, la rivista che vogliono gli allenatori, i ricercatori, gli stu-denti in formazione, i giovani laureati. Una rivista con molti qua-lificanti obiettivi, che punta all’up to date, alla didattica, alla for-mazione permanente. Rivista sul movimento dell’uomo, davantial quale si inchina.
Ecco qui a destra le date degli 11 incontri (tutti romani, tuttipresso la FIPE) di progettazione della rivista, per iniziare a scri-vere la storia di S&C. Rendiamo facile la vita agli storici del futuro!(PB)
4 maggio 2011
7 giugno 2011
26 luglio 2011
1 settembre 2011
21 ottobre 2011
18 novembre 2011
16 dicembre 2011
17 febbraio 2012
8 marzo 2012
22 maggio 2012
10 luglio 2012
@ Dino Festa
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Ogni giorno milioni di persone nelmondo si allenano per aumentarela forza, la resistenza, la flessi-bilità, le abilità tecniche specifi-che; moltissime di queste per-sone, senza saperlo, allenano leloro disfunzioni di movimento (1-2)! In pratica, il gesto atletico diquesti sportivi, agonisti o ama-tori, è strutturato intorno a pro-blemi preesistenti o a forme dicompenso indotte dall’attivitàpraticata con la inevitabile con-
seguenza che la mancata cono-scenza di tale problema generaun circolo vizioso per cui più ele-vati sono i carichi di lavoro e mag-giore è l’utilizzo dei pattern scor-retti. Questi schemi erratialterano la “funzionalità del movi-mento”, inducendo una diminu-zione della prestazione e un au-mento dei rischi di infortunio(3–4). Abbiamo volutamente vir-golettato “funzionalità del movi-mento” perché è indubbio che in
questi ultimi tempi la cosiddettaattività funzionale, finalizzata alrecupero o all’allenamento, siadiventata uno degli argomenti dimaggiore interesse/discussionetra ricercatori, riabilitatori, tec-nici, atleti e praticanti dell’uni-verso fitness. È altrettanto indi-scutibile che, per le suecaratteristiche di “globalità”,questo tipo di attività sia statafatta oggetto di innumerevoli in-terpretazioni teoriche a cuihanno fatto seguito altrettantetecniche ed esercitazioni. Purutilizzando una grande varietà diesercizi e di applicativi, alcune diqueste teorie/tecniche, se ana-lizzate sulla base delle evidenzescientifiche, risultano funzionalisoltanto ….a sé stesse! A se-guito di una simile affermazione,si rende pertanto necessario ap-profondire brevemente i concettiche stanno alla base del lavorofunzionale, per utilizzarli corret-tamente nella pratica. Si con-viene che la “Functional Theory”nasca, in ambito riabilitativo, daosservazioni e ricerche effet-tuate agli inizi degli anni ’90 ne-gli Stati uniti e in Australia (5).L’assunto è che l’attività funzio-nale si basa sull’integrazione disinergie “dimenticate” dalla mag-gior parte degli uomini moderni,ma fortemente impresse nellaloro neuromatrix. Queste sinergiesottendono all’esecuzione/ge-stione di “movimenti fondamen-tali” come: rotolarsi (rolling), ac-covacciarsi (squatting), tirare(pulling), spingere (pushing), al-lungarsi in affondo (lunging), pie-garsi (bending), girarsi (twisting),spostarsi (walking, running) (6).Tali movimenti si combinano op-portunamente tra loro per con-sentire l’esecuzione di tutte lefunzioni corporee; ad esempio,sollevare (lifting) o trasportare(carrying) oggetti sono movimenticomplessi, ottenuti dalla combi-nazione di più movimenti fonda-mentali, che coinvolgono un nu-mero importante di articolazioni,avvengono su più piani e a diversevelocità angolari (5-6).
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 67-70
S&C
LUCA MARINDottore inFisioterapia.Docente presso ilCorso di Laurea inScienze Motoriedell’universitàdegli Studi diPavia. Docente e Tecnico dellaFederazioneItaliana Pesistica.Docentedell’AssociazioneItalianaFisioterapisti.Esperto dellaScuola Regionaledello Sport delCONI.
L’ALLENAMENTO FUNZIONALE IN
RIABILITAZIONE SPORTIVA
MASSIMILIANO FEBBILUCA MARIN
Prevenzione e riabilitazione
MASSIMILIANOFEBBIbsc PT, D.O.,bscKin,CSCS*D,CPT*DDottore in Fisioterapia Dottore in ScienzeMotorieDiploma in OsteopatiaPerfezionamentoin Chinesiologiauniversità di ChietiEducational Direc-tor e docente na-zionale NSCAItalia, FIPEDocente Scuoladello Sport ConiRoma,Master di Teoria eMetodologia diPreparazione Fisica nel CalcioFacoltà di ScienzeMotorie universitàdi TorVergataRomaCorso di Riatletiz-zazione nella Riabi-litazione Sportivauniversità G. D'An-nunzio di Chieti www.riabilitazionesportiva.com
@ V
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Biff
ani
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Eseguire efficacemente simili gesti consente disviluppare una corretta vita di relazione e, in tempiormai molto lontani, era addirittura alla base dellasopravvivenza: si pensi infatti alla caccia, alla rac-colta del cibo e… alla fuga. Questa considerazionepotrebbe in effetti spiegare il motivo dell’attenzioneriservatagli dalla corteccia cerebrale e la necessitàdi un’attivazione fisiologica e globale durante l’e-secuzione di un gesto. Il movimento avviene graziealla corretta contrazione dei muscoli coinvolti, chelavorano organizzati in catene cinetiche, megliodefinirle fisiologiche (7), e alla stabilizzazione fon-damentale del core (8-9). Risulta indispensabilesottolineare l’importanza dei timing attivatori edella qualità del movimento; la sequenza di attiva-zione dei muscoli e l’intensità della loro contrazionedevono essere necessariamente adeguate al com-pito da svolgere (1-2). Non ultima, bisogna consi-derare la necessità di coordinare in maniera otti-male tutte queste afferenze per trasformarle incomandi finalizzati a gestire tutte le funzioni pre-cedentemente descritte. Questo richiede unabuona percezione corporea, proprio-/entero-cetti-vità, abbinata a patterns efficaci ed efficienti (10).Ribadiamo, pertanto, che allenamento funzionalenon vuol dire solo allenare il corpo per costruire li-velli di forza muscolare, utilizzando i vari piani delmovimento, ma significa anche allenare il sistemanervoso a raggiungere una funzione ottimale, con-sentendogli una efficiente e corretta attivazionedel sistema muscolo-scheletrico mentre si trova inazione.Spesso in ambito riabilitativo, il problema che vieneriscontrato nel trattamento di alcune patologie, inmodo particolare con gli atleti, non è relativo aduna mancanza di forza in alcuni gruppi muscolari,ma proprio ad una non corretta sequenza di atti-vazione (timing of activation). La naturale sequenzariabilitativa in ambito sportivo prevederebbe, dopola correzione di eventuali problemi di timing, di ar-rivare a rendere il movimento automatico in modo– come si dice – pre-programmato.Questi movimenti pre-programmati, o riflessi, ven-gono anche definiti programmi motori. La necessitàdi dover eseguire, in modo molto rapido, alcuni diquesti programmi, data la complessità e la quan-tità di attività che vengono svolte in tempi rapidis-simi (sequenza di contrazione, livelli di forza, velo-cità di contrazione) porta il cervello a compierle inmodo automatico. Con la pratica, gli schemi motoriche entrano a far parte del bagaglio di un atletapossono aumentare di numero e diventare semprepiù complessi.La domanda che dovremmo farci, allora, è relativaa come recuperare o migliorare tale fondamentalepatrimonio di schemi motori.una risposta che spesso viene data (si tratta diuna risposta di natura empirica) è la seguente:molti anni di pratica. una risposta per così dire piùscientifica e più complessa è quella di migliorarequesti schemi attraverso il sistema del controllodel biofeedback.Come è noto, ogni articolazione, muscolo, tendinee legamento del corpo umano contiene propriocet-tori. I propriocettori sono dei recettori sensorispecializzati, localizzati proprio all’interno dei mu-scoli, delle articolazioni e dei tendini, che monito-rizzano la lunghezza e la tensione del complessomuscolo-tendineo.
Queste strutture danno al sistema nervoso cen-trale informazioni cinestesiche e sonestesiche,fornendo dati relativi al posizionamento del troncoe degli arti nello spazio, in situazioni statiche e di-namiche.L’allenamento funzionale utilizza movimenti che si-mulano situazioni reali che si verificano nei gestisportivi specifici, per mantenere e migliorare l’e-secuzione di programmi motori complessi. Quindi, piuttosto che lavorare sui singoli muscoli,spingendoli ad agire indipendentemente l’uno dal-l’altro, in circostanze non-funzionali e non reali,come avviene con i metodi di allenamento tradizio-nali, l’allenamento funzionale allena anche il sistemanervoso, rafforzando le corrette sequenze di atti-vazione muscolare, i tempi di esecuzione e l’equili-brio complessivo.Cosa dovremmo pertanto includere nei nostri pro-grammi di riatletizzazione per renderli funzionali oancora più funzionali?1) Sostituire esercizi a catena cinetica aperta conesercizi a catena cinetica chiusa: questo perchégli esercizi a catena cinetica chiusa prevedono
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PREVENZIONE ERIABILITAZIONE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE IN RIABILITAZIONE SPORTIVA
@ Vanda Biffani
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un carico propriocettivo maggiore, coinvolgendopiù gruppi muscolari ed articolazioni nello stessotempo, e tendono ad essere più similari ai mo-vimenti utilizzati durante le situazioni reali osportive.
2) Aggiungere esercizi per il core, anche con l’uti-lizzo della physioball, bosu, Trx, ecc. L’utilizzo diquesto tipo di attrezzi, che forniscono una su-perficie instabile o di equilibrio alterato, metteil sistema nervoso in condizione di attivare me-glio i muscoli stabilizzatori (per esempio, i mul-tifidi nella parte lombare della colonna verte-brale), mentre si svolgono contemporaneamenteazioni che coinvolgono i muscoli degli arti infe-riori.
3) Impegnarsi per realizzare una sequenza logicanella somministrazione degli esercizi, creandocioè un continuum a partire da attività meno fun-zionali (più facili) per arrivare ad altre più fun-zionali e certamente più specifiche (ed anche piùdifficili) (12 ).
una prima organizzazione delle attività cosiddettefunzionali dovrebbe comprendere:
a. esercizi per la parte inferiore del corpo;b. esercizi per la parte superiore del corpo; c. esercizi per il rafforzamento del core (boyle), pri-vilegiando esercizi multiarticolari, come lo squat,gli affondi, il power clean modificato.
un ulteriore passaggio potrebbe essere quello dipassare in progressione da azioni bipodaliche adazioni monopodaliche, inserendo movimenti rotatorie superfici instabili. Questo processo, in alcunicasi, può rappresentare un livello di controllo mo-torio che - una volta raggiunto (pensiamo ad esem-pio all’esercizio di squat unilaterale, su superficieinstabile) - può darci, a livello valutativo, un’indica-zione importante sul recupero del soggetto. Altempo stesso, il medesimo esercizio può esseremantenuto ed integrato nella progettazione del-l’allenamento futuro, come solida base anche per laprevenzione degli infortuni.
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PREVENZIONE ERIABILITAZIONEL’ALLENAMENTO FUNZIONALE IN RIABILITAZIONE SPORTIVA
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Capita spesso di sentir parlare di allenamento fun-zionale in maniera non propria e anzi addirittura asproposito, specie quando lo si individua come unapanacea, come la soluzione per tutti i problemi, di-menticando che tale metodica non può sottrarsi aiprincipi fondamentali che regolano la cosiddettascienza dell’allenamento e che quindi deve esseresomministrato secondo un modello di organizza-zione ben preciso e non casuale, valutandone op-portunamente l’intensità e scegliendo gli esercizi in
modo corretto, per massimizzare i risultati in am-bito sia preventivo che riabilitativo, e ponendo ladovuta attenzione a che la difficoltà delle eserci-tazioni che proponiamo non comporti mai il metterea rischio la salute del nostro atleta-cliente. Sa-rebbe da stolti proporre esercitazioni estreme piùvicine al circo che ai modelli di prestazione, con iquali ci troviamo a lavorare.Quindi allenamento funzionale sì, ... ma con il cer-vello!
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PREVENZIONE ERIABILITAZIONE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE IN RIABILITAZIONE SPORTIVA
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2011
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INTRODUZIONEÈ universalmente riconosciuto che un’attività fisi-ca ben programmata ha un effetto positivo sulla sa-lute e il benessere psicofisico. Essa è associata aduna riduzione dell’incidenza di malattie, ad una buo-na capacità funzionale e ad una migliore salute men-tale. Eppure, nonostante le numerosissime ricer-che a sostegno della sua efficacia, una vasta per-centuale della popolazione rimane sedentaria e nonsegue nemmeno le prescrizioni minime contenutenelle linee guida stabilite dall’American College ofSports Medicine per l’attività fisica (34).Le donne tendono ad essere meno attive degli uo-mini, in particolare per quanto concerne l’esecuzionedi un’attività fisica da moderata a vigorosa (78) equesto è ancora più evidente se ci riferiamo alle abi-tudini delle donne gravide, un sottogruppo che po-trebbe probabilmente ottenere maggiori benefici dalcontinuare a condurre una vita attiva, mentre in-vece si stima che oltre il 60% delle donne incinterimanga sedentario per tutto il periodo di gestazione(86). Gli effetti della efficienza fisica della madre sul-la salute sono talmente importanti che l’Instituteof Medicine ha identificato la gravidanza come un pe-riodo di rischio grave per l’inattività e l’obesità, con-siderando i soggetti che ricadono in queste cate-gorie suscettibili di contrarre diverse malattie cro-niche e di andare incontro a morte prematura (35).Pertanto, lo scopo di questo articolo sarà triplice:in primo luogo, passare in rassegna i benefici chel’attività fisica con sovraccarichi apporta alla ma-dre; in secondo luogo, circostanziare gli aspetti re-lativi alla sua sicurezza; in terzo luogo, evidenziare
uno specifico protocollo di allenamento contro re-sistenza ed esempi di esercizi basati sulle ricercheattuali e l’esperienza pratica.
BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA DELLA MADREL’attività fisica offre numerosi benefici alla gestan-te. Tuttavia, l’interpretazione delle ricerche sul-l’attività fisica della madre è in parte complicata dalfatto che molti studi non distinguono tra i diversitipi di attività fisica eseguita (aerobica o anaerobi-ca). Di conseguenza, non è completamente chiaroquale sia l’entità dei benefici ottenuti dall’allena-mento con sovraccarichi rispetto all’allenamento ae-robico. Le ricerche attuali sull’allenamento controresistenza in gravidanza suggeriscono in realtà cheesso aumenta i benefici conferiti dall’attività fisicaaerobica, nonché lo sviluppo della forza muscolaree il miglioramento della capacità funzionale in unmodo tale che non è possibile ottenere con la solaattività aerobica (34, 85). Qui di seguito una ras-segna delle informazioni che si possono ricavare dal-la letteratura scientifica attuale.
Migliore gestione del pesoLa maggioranza delle donne statunitensi speri-mentano il massimo aumento di peso tra i 25-34anni, un fenomeno in gran parte attribuito al pesoaccumulato durante la gravidanza. La ricerca in-dica che gran parte di questo peso in eccesso puòessere ridotto aderendo ad un regolare program-ma di attività fisica durante la gravidanza (18).Clapp e Little (21) hanno osservato che le donnegravide che avevano continuato a svolgere attività
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 71-78
S&C
Brad Schoenfeld, MSc, CSCSExercise Science Department, Lehman College, Bronx, New York
ORIG: RESISTANCE TRAINING DURING PREGNANCY: SAFE AND EFFECTIVEPROGRAM DESIGN. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. 33(5):67-75 (2011).
BRAD SCHOENFELDè professore dellafacoltà di scienzemotorie alLehman College ePresidente delGlobal FitnessServices,Scarsdale, NY.
ALLENAMENTO controRESISTENZA durante laGRAVIDANZA:progettazione di un programmasicuro ed efficace
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PUBBLICA
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A PRIMA VOLTA IN
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PAROLE CHIAVE
efficienza fisicamaterna;attività fisica ingravidanza;allenamentocontroresistenza ingravidanza;allenamentodella forza egravidanza
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fisica avevano subito un aumentodi peso, durante la gravidanza, in-feriore del 20% rispetto alle don-ne che erano rimaste inattive. Lostesso studio ha anche eviden-ziato valori sostanzialmente infe-riori nella misurazione di 5 plichecutanee nel gruppo che svolgevaattività fisica dopo la 15° setti-mana di gravidanza. Parimenti, ba-rakat et al. (6) hanno osservatoche l’allenamento con sovracca-richi durante la gravidanza ha ri-dotto in modo sostanziale l’au-mento di peso della madre du-rante tutto il periodo di gesta-zione. Altri studi hanno dimo-strato che le donne che durantela gravidanza avevano avuto un au-mento di peso maggiore di quelloraccomandato erano significati-vamente più pesanti al follow-up alungo termine rispetto alle donneche avevano subito un aumentopari o minore di quello racco-mandato (69, 66). Si tratta diun’osservazione significativa nonsolo per lo stato di salute nel cor-so della gravidanza, ma ancheperché conservare l’aumento dipeso dopo il parto evidenzia unacorrelazione inversa con il grado diattività fisica svolta dalla donnadurante la gravidanza (58) [ovve-ro, la conservazione del peso è in-versamente proporzionale allaquantità di attività fisica svolta:minore è l’attività svolta, maggioresarà la conservazione del peso inpiù acquisito, NdC] e può even-tualmente anche far aumentare ilrischio di tumore al seno (41).
Incidenza ridotta di diabete gestazionaleIl diabete gestazionale (Gestatio-nal Diabetes Mellitus, GDM) è lacomplicanza medica più comuneassociata al parto, presentando-si nel 10% di tutte le gravidanze.Le donne con GDM sono inclini asviluppare il diabete dopo il parto.A rendere la situazione più com-plicata, i bambini nati da madri af-fette da GDM presentano un ri-schio aumentato di obesità, ri-dotta tolleranza al glucosio e dia-bete di tipo II (63). Le donne fisi-camente attive che svolgono unprogramma di allenamento du-rante la gravidanza mostranotassi sostanzialmente più bassi diGDM delle donne sedentarie (25,59, 27). Rispetto alle donne inat-tive, coloro che svolgono attivitàfisica durante la gravidanza ridu-cono del 59% la probabilità di am-malarsi di GDM. Questa correla-zione persiste dopo avere effet-
tuato le adeguate correzioni peretà, razza, istruzione, posizionesociale e indice di massa corporea(47). Le donne i cui livelli di atti-vità fisica sono al di sopra dellamediana riducono in effetti anchedi più la loro probabilità di amma-larsi di GDM, indicando con ciòche esiste un evidente beneficionell’eseguire un volume maggioredi attività fisica.brankston et al. (13) hanno di-mostrato che l’allenamento con-tro resistenza può contribuire aridurre la necessità della terapiainsulinica nelle donne con GDM.utilizzando un campionamentocasuale, 32 pazienti sofferenti diGDM sono state assegnate o algruppo in solo trattamento die-tetico o al gruppo che univa altrattamento dietetico un pro-gramma di attività fisica con so-vraccarichi. Rispetto alle donne insolo trattamento dietetico, èstato osservato che le pazienti delgruppo che associava anche l’at-tività fisica hanno avuto bisognodi una quantità inferiore di insuli-na e hanno evidenziato un tempopiù lungo dalla diagnosi all’instau-razione della terapia insulinica.
Minore incidenza di pre-eclampsiaLa pre-eclampsia è un disturbocorrelato alla gravidanza che com-porta ipertensione, proteinuriaed edema nella madre. Può de-terminare crisi epilettiche e/oemorragia cerebrale ed è la se-conda causa di decesso maternonegli Stati uniti. Sebbene i dati inmateria siano in parte limitati, laricerca suggerisce che una rigo-rosa attività fisica in gravidanzapuò prevenire o contrastare laprogressione della malattia (83).uno studio retrospettivo caso-controllo condotto da Marcoux etal. (51) ha riscontrato che ledonne che erano impegnate inun’attività fisica regolare pre-sentavano un’incidenza ridotta dipre-eclampsia e ipertensione ge-stazionale, con una diminuzionedel rischio all’aumentare del vo-lume di attività fisica. Parimenti,Sorensen et al. (72) hanno ripor-tato che una leggera attività fisi-ca nel periodo gestazionale ha ri-dotto l’incidenza di pre-eclampsiadel 24%, mentre l’esecuzione diun’attività vigorosa (pari o supe-riore a 6 equivalenti metabolici) haportato ad una riduzione del 54%.È stato teorizzato che questo ef-fetto protettivo sia dovuto allastimolazione della crescita e del-
la vascolarità placentari, alla ri-duzione dello stress ossidativo e/oall’inversione della disfunzione en-doteliale materna indotta dall’e-sercizio (83).
Migliore percezione del proprio corpoI cambiamenti delle dimensionicorporee associati alla gravidan-za spesso portano ad una ridot-ta percezione dell’immagine cor-porea (56, 76). Molte donne rife-riscono di sentirsi grasse e pocoattraenti e sembra esserci unnetto declino della percezionedell’immagine corporea tra la finee l’inizio della gravidanza (31).Marquez-Sterling et al. (53) han-no osservato che le donne chesvolgevano attività fisica durantela gravidanza avevano una perce-zione della propria immagine cor-porea significativamente miglioredi coloro che non svolgevano al-cuna attività, una tendenza che èperdurata fino alle ultime fasidella gravidanza. Inoltre, boscagliaet al. (12) hanno riferito che ledonne gravide che svolgevano at-tività fisica per almeno 90 minu-ti a settimana ad intensità mo-derata erano significativamentepiù soddisfatte dei loro corpi du-rante tutta la gravidanza rispet-to a coloro che praticavano unascarsa attività. Gli Autori hannoconcluso che le donne che parte-cipano a programmi di fitnessneonatale rispondono più favore-volmente ai cambiamenti del lorocorpo correlati alla gravidanza ri-spetto alle donne che sono se-dentarie.
Migliore benessere psicologicoLa gravidanza è associata ad al-terazioni dell’umore, che spessoportano ad episodi depressivi.haas et al. (32) hanno riferito chela prevalenza di sintomi depressiviaumenta dall’11,7% prima dellagravidanza al 25,2% durante ilterzo trimestre. Le modifiche or-monali, i cambiamenti del corpo ela compromissione della funzio-nalità fisica hanno un ruolo nel ri-durre la sensazione di benesserepsicologico della donna.Alcuni studi mostrano una corre-lazione inversa tra l’attività fisicamaterna e sia l’incidenza che lagravità della depressione (80,67, 24). Nordhagen e Sundgot-borgen (57) hanno osservato chele donne che hanno eseguitoun’attività fisica moderata hannoavuto punteggi più bassi ad untest che misurava i sintomi de-
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
PREVENZIONE ERIABILITAZIONE ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA DURANTE LA GRAVIDANZA:
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pressivi durante la gravidanza e nel post-partum ri-spetto a coloro che non avevano svolto attività fi-sica. Parimenti, Koniak-Griffin (43) ha osservato che6 settimane di attività fisica hanno avuto effetti no-tevoli nel ridurre l’ansia in uno studio con popola-zione etnicamente diversa che aveva preso in con-siderazione gestanti adolescenti. Questi riscontrisono in linea con le ricerche sulla popolazione ge-nerale che mostrano che l’attività fisica è efficacequanto un farmaco nel trattare le forme da lievi amoderate di depressione (84, 52, 61). Si ritiene chei fattori che contribuiscono a questo effetto anti-depressivo includano un aumento della biosintesi deineurotrasmettitori, un miglioramento della com-posizione corporea e una migliore capacità funzio-nale.Inoltre, l’attività fisica non necessariamente deveessere abituale per dare risultati positivi. Anche unasingola sessione di attività fisica ha dimostrato dimigliorare i punteggi relativi all’umore nelle gestantidurante il secondo e il terzo trimestre (65).
Riduzione del dolore lombareIl dolore lombare (Lower back Pain, LbP) è uno deidisturbi più comuni correlati alla gravidanza, con il76% delle donne che riferisce dolore lombosacra-le durante la gravidanza (44). Il dolore lombare du-rante la gravidanza può avere numerosi effetti; può,tra l’altro, interferire con l’esecuzione delle attivi-tà quotidiane e disturbare il normale ritmo sonno-veglia. In alcuni casi, il dolore può diventare talmenteintollerabile da costringere la donna ad assentar-si dal lavoro e a rimanere a letto.La genesi del dolore lombare durante il periodo ge-stazionale può essere in parte attribuita ad un au-mento della curva lombare e all’alterazione del cen-tro di gravità provocati dai cambiamenti della for-ma e della composizione del corpo, che sottopon-gono i muscoli della regione lombare ad un maggiorestress. Tutto questo può essere esacerbato dallalassità dei legamenti spinali determinata da un’e-levata secrezione dell’ormone relaxina. Poiché un au-mento della mobilità porta ad una diminuzione del-la stabilità articolare (9), è evidente che le artico-lazioni spinali sono meno capaci di sopportarel’aumento delle richieste fisiologiche che si verificain gravidanza.Numerosi studi dimostrano che l’attività fisica aiu-ta a contrastare lo stress lombare e ad alleviare isintomi connessi con il dolore lombare (26, 77, 40).Gli esercizi che fanno lavorare la muscolatura delcore, qui definiti come i muscoli posturali del tron-co, sembrano essere particolarmente efficaci nel mi-gliorare la salute della schiena della madre. Gars-hasbi e Faghih zadeh (30) hanno riscontrato che legestanti che avevano partecipato ad un program-ma di attività fisica programmato per rafforzare ilcore hanno riferito una riduzione significativa del-l’intensità del LbP e del disagio ad esso connessodurante tutta la gravidanza.
Migliore sviluppo del fetoNel recente passato alle donne veniva consigliatodi astenersi dal compiere attività fisiche durante lagravidanza per evitare qualunque evento sfavorevolee favorire un parto sano e naturale. Non solo que-sto mito è stato ridimensionato, ma diversi studisuggeriscono che l’attività fisica in gravidanza puòin realtà avere un effetto positivo sul feto.
Clapp et al. (23) hanno osservato che i bambini natida donne che avevano eseguito esercizi con so-vraccarichi 3-5 volte a settimana durante tutta lagravidanza erano più lunghi e avevano una maggio-re massa muscolare dei controlli appaiati. Altri stu-di mostrano una riduzione della massa grassa delfeto mentre viene conservata la massa magra (36,20). barakat et al. (6) hanno osservato che il pesocorporeo materno nel periodo precedente la gravi-danza era associato ad un aumento del peso cor-poreo del neonato nelle donne inattive, ma non inquelle che avevano eseguito esercizi contro resi-stenza. Inoltre, l’allenamento contro resistenza haridotto il rischio di macrosomia nella prole delle don-ne con GDM (5).Gli effetti positivi dell’attività fisica sul feto sem-brano estendersi al periodo postnatale. I figli di don-ne che eseguono un’attività fisica vigorosa duran-te tutta la gravidanza hanno mostrato segni di mag-giore attenzione e disciplina ed entro i 5 anni que-sti bambini presentano uno sviluppo neuronale piùavanzato rispetto ai controlli (19). Questi risulta-ti sono stati attribuiti alla capacità che l’attività fi-sica regolare ha di incrementare il volume ematico,la gittata cardiaca e la funzione placentare, che asua volta fa aumentare l’apporto dei nutrienti allaplacenta nelle 24 ore, migliorando di conseguenzala nutrizione del feto.
Un parto più facileÈ stato osservato che l’attività fisica ha effetti po-sitivi su molteplici indici del parto ed elevati livelli diallenamento contro resistenza mostrano un effet-to particolarmente positivo (33). Le donne che era-no fisicamente attive durante la gravidanza hannopresentato una riduzione del rischio di parto pre-maturo (42, 68, 10), una ridotta incidenza di par-
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PREVENZIONE ERIABILITAZIONEPROGETTAZIONE DI UN PROGRAMMA SICURO ED EFFICACE
@ Vanda Biffani
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to cesareo e un ricovero ospedaliero più breve (33).uno studio randomizzato e controllato sull’impat-to dell’allenamento contro resistenza sul parto hamostrato risultati simili, per quanto riguarda il tipodi parto, tra le donne che svolgevano attività fisi-ca e i controlli e nessun effetto negativo è stato no-tato nelle donne che sollevavano pesi (7).Clapp (14) ha osservato che le donne che svolge-vano un’attività fisica frequente hanno avuto una du-rata più breve del parto attivo e una minore inci-denza del parto chirurgico per via addominale (6%versus 30%) e per via vaginale (6% versus 20%).Inoltre, vi è stata una ridotta incidenza di stressfetale acuto nel gruppo che svolgeva attività fisicarispetto ai controlli. Nell’insieme, questi riscontriindicano che l’adozione di un programma rigorosodi attività fisica da parte della madre non ha effet-ti negativi sul parto e in genere determina una gra-vidanza più facile e con meno complicazioni.
SICUREZZA DELL’ATTIVITÀ FISICA MATERNALa salute sia della madre che del feto è una consi-derazione fondamentale quando si deve decidere seè bene svolgere attività fisica durante la gravidan-za. Fino a poco tempo fa, la maggior parte dei con-sigli in materia si basava sulle raccomandazioni del1985 pubblicate dall’American College of Obstetricsand Gynecologists (ACOG), che non avevano un sup-porto scientifico ed erano apertamente conserva-tive. Molte di queste raccomandazioni si basavanosu studi svolti su diverse specie animali. Tuttavia,non solo gli animali hanno risposte fisiologiche al-l’allenamento diverse dall’uomo, ma molti studi con-sistevano nell’indurre specie non idonee a lavorarefino all’esaurimento fisico, molto oltre l’intensità im-piegata dalla maggioranza delle donne gravide (74).Successivamente a queste linee guida, sono statecondotte numerose ricerche sull’uomo e la pre-ponderanza degli studi sembra indicare che l’atti-vità fisica della madre è sicura quando è eseguitada donne altrimenti sane nell’ambito delle loro ca-pacità del momento (1, 70). Attualmente, linee gui-da ACOG più recenti stabiliscono che, in assenza dicomplicanze mediche, 30 minuti o più di attività fi-sica moderata nella maggior parte dei giorni dellasettimana, se non tutti, è non solo sicura, ma an-che raccomandata per le donne incinte (1) che de-vono, tuttavia, sempre ottenere il consenso medi-co per partecipare ad un programma di attività fi-sica. Qui di seguito viene presentato un riassuntodegli effetti dell’attività fisica su aspetti specifici del-la salute.
IpertermiaEsiste l’annosa credenza che l’ipertermia indottadall’attività fisica possa avere effetti dannosi sulfeto. Le preoccupazioni iniziali concernenti tali rischisi basavano su ricerche su animali, in cui era sta-to osservato che lo stress da calore durante le fasiiniziali della gravidanza conduceva a un aumento del-l’incidenza dei difetti del tubo neurale (28, 55). Glistudi sull’uomo, tuttavia, non supportano questaconclusione (37, 55). Stevenson (72) non ha ri-portato alcuna evidenza a sostegno del fatto chel’attività fisica durante la gravidanza induca iper-termia né che abbia effetti teratogeni sul feto.Larsson e Lindqvist (45) hanno osservato cheun’attività fisica materna a basso impatto fino al
70% della frequenza cardiaca massima non sembraindurre un aumento significativo della temperaturainterna rispetto ai livelli pre-esercizio; e nessuno deisoggetti ha mai raggiunto una temperatura corpo-rea pericolosa. Si ritiene che ciò sia dovuto ad unesordio più precoce della sudorazione che, con il pro-gredire della gravidanza, si verifica ad una tempe-ratura corporea sempre più bassa (15). Inoltre, l’e-spansione del volume plasmatico indotta dalla gra-vidanza fa aumentare la temperatura e il flusso ema-tico, accelerando la dispersione di calore (74).
Aborto spontaneoCiò di cui le donne incinte si preoccupano maggior-mente quando si tratta di attività fisica è il rischiodi aborto spontaneo, che però appare infondato. Se-condo la maggior parte dei resoconti, l’aborto spon-taneo non è associato al livello di attività fisica (22,50, 2). Latka et al. (46) hanno in realtà mostratoche le donne che svolgevano attività fisica duran-te la gravidanza avevano una percentuale più bas-sa di aborto spontaneo rispetto a quelle che era-no inattive. uno studio randomizzato e controllatoche ha messo a confronto l’allenamento contro re-sistenza con un gruppo di controllo ha mostrato chel’attività fisica non era associata al parto prema-turo e non aveva effetti negativi sull’età gestazio-nale (7).È stato dimostrato che questi risultati si estendonoanche all’attività fisica vigorosa. Clapp et al. (16)hanno riferito che donne precedentemente in buo-na forma fisica, che hanno continuato ad allenarsidurante la gravidanza ad un livello superiore a quel-lo indicato dalle linee guida attuali, non hanno mo-strato alcuna differenza nel tasso di aborto spon-taneo, anomalie congenite o problemi di impianto delfeto. Secondo Kardel (38), un volume e/o un’inten-sità elevati di allenamento in donne inizialmente beneallenate non comportano rischi per la madre o peril feto.Invece, Madsen et al. (49) hanno riferito una cor-relazione positiva tra l’attività fisica all’inizio dellagravidanza e il rischio di aborto. Tuttavia, gli stes-si Autori ammettono che lo studio era difettoso nelprogetto, notando che i dati mostravano segni didistorsione della memoria, in quanto il fatto di es-sere a conoscenza dell’avvenuto aborto influiva sulmodo in cui la donna riferiva i livelli di attività fisi-ca.
Lesioni correlate alle articolazioniuna preoccupazione valida circa l’attività fisica del-la madre è il rischio di una lesione ai tessuti mollidelle articolazioni. Durante la gravidanza, vi è un au-mento della lassità articolare determinato da un au-mento della secrezione dell’ormone relaxina (3) cherende le articolazioni meno stabili, incrementandola possibilità di distorsioni e strappi di muscoli, ten-dini e legamenti.Tuttavia, nonostante questa valida base fisiologica,le ricerche non mostrano un aumento dell’inciden-za dei tassi di lesione correlati all’attività fisica ma-terna in generale (17, 79) e derivanti dalla parte-cipazione a programmi di allenamento con sovrac-carichi in particolare (5, 8), quando si seguono li-nee guida appropriate. Sternfeld et al. (73) hannomostrato che i problemi muscolo-scheletrici in real-tà sono diminuiti tra le donne che si allenano re-golarmente. Poiché l’allenamento contro resisten-
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ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA DURANTE LA GRAVIDANZA:
PREVENZIONE ERIABILITAZIONE
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PROGETTAZIONE DI UN PROGRAMMA SICURO ED EFFICACE
za ha mostrato di aumentare la forza del tessuto connettivo(29,75), sembrerebbe essere una modalità di esercizio partico-larmente benefica per ridurre il rischio di lesioni nelle donne gra-vide.
LINEE GUIDA PER L’ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA IN GRAVIDANZAPrima di impegnarsi in un programma di allenamento contro re-sistenza le donne devono sempre ottenere l’autorizzazione del loromedico. Se non esistono controindicazioni (Tabelle 1 e 2), un pro-gramma completo di allenamento contro resistenza può costituireuna componente del programma di attività fisica della madre (1,64).Quando si progetta una cosiddetta routine [ovvero, un program-ma che si sviluppa con regolarità, con una sua continuità e ripe-titività, NdC] si deve tenere in considerazione in primo luogo la sa-lute sia della madre sia del feto. L’obiettivo generale dell’allena-mento deve essere quello di assicurare il mantenimento di un li-vello ragionevole di forma fisica piuttosto che di ottimizzarlo, e ilprotocollo specifico si deve basare sul livello fisico del momentodella madre (74, 1). In base ai dati della letteratura scientificaattuale, una vigorosa attività fisica non ha dimostrato di produrreeffetti collaterali nelle donne che sono bene allenate e può con-tribuire a mantenere livelli elevati di salute e di forma fisica e adaumentare la partecipazione all’attività fisica durante tutta la gra-vidanza (38, 39). Pertanto, la ricerca suggerisce che alle donnecon una considerevole esperienza di allenamento può essere con-sentito di continuare a svolgere attività fisica al loro livello attualedi attività o quasi, senza effetti collaterali. Tuttavia, è necessa-rio svolgere ulteriori ricerche prima che questa raccomandazio-ne possa essere fatta in maniera definitiva. Qualunque decisioneriguardante i livelli di attività fisica deve essere presa in accor-do con il medico curante della donna.Quando si progetta una cosiddetta routine, si deve porre parti-colare attenzione all’allenamento della muscolatura del core, chepuò aiutare a contrastare lo stress sulla zona lombare e ad al-leviare i sintomi associati a LbP [Low back Pain] (26, 77, 40, 30).Gli esercizi statici per il core basati sulla resistenza (vedere le de-scrizioni di tali esercizi nella Tabella 3) sono ideali per la donna in-cinta, poiché hanno dimostrato di promuovere la salute della schie-na mentre riducono al minimo lo stress sulla colonna vertebrale(54). Esercizi dinamici per il core, come i crunch, possono anchecontribuire a migliorare la forza del core, anche se questi movi-
Tabella n°3 – Descrizione degli esercizi statici per il core
• Plank (addominali in isometria in posizione prona):sdraiarsi sullo stomaco con il palmo delle mani sul pa-vimento, piedi uniti e colonna vertebrale in posizioneneutra. Sollevare il corpo rimanendo in appoggio sugliavambracci e le punte dei piedi e mantenendo il corpoil più in linea possibile. Mantenere questa posizione ilpiù a lungo possibile e impegnarsi a mantenerla sem-pre più a lungo.
• Bird Dog (esercizio cosiddetto del cane da punta):assumere una posizione quadrupedica, con il mentoverso l’alto e la colonna vertebrale in posizione neu-tra. Stendere contemporaneamente la gamba destrae il braccio sinistro, in modo che siano paralleli al pa-vimento. Mantenere questa posizione il più a lungopossibile e poi ripetere con il braccio e la gamba op-posti.
• Side bridge (ponte laterale): distendersi sul fiancodestro, con le gambe tese, il palmo della mano de-stra sul pavimento e i piedi uno sull’altro. Stendere ilbraccio destro mantenendolo in linea con la spalla eporre la mano libera sulla spalla opposta. Mantenerequesta posizione il più a lungo possibile e ripeterlasull’altro fianco.
menti tendono a divenire difficili verso la finedella gravidanza e possono essere meglio tol-lerati durante il primo trimestre.Anche se non sono state eseguite ricerchedefinitive per valutare la frequenza ottimaledell’allenamento materno, secondo l’espe-rienza degli Autori una routine di allenamen-to di tre giorni alla settimana può essere uti-lizzata con notevole successo. L’allenamen-to deve essere eseguito in giorni non con-secutivi per consentire un sufficiente recu-pero neuromuscolare (48). una maggiore fre-quenza di allenamento contro resistenza nonè necessaria in questo periodo, dati gliobiettivi dell’attività fisica materna sopramenzionati e potrebbe determinare over-
PREVENZIONE ERIABILITAZIONE
Tabella n°1 – Controindicazioni assolute all’attività fisicadurante la gravidanzaTratta dalle linee guida fornite dalla Canadian Society for Exer-cise Physiology (Canadian Society for Exercise Physiology[CSEP]. Physical Activity Readiness Medical Examination forPregnancy [PARmed-X for Pregnancy]. Ottenibile da CSEP, Ot-tawa, Canada, 1996).
• Malattia cardiaca emodinamicamente significativa
• Pneumopatia restrittiva
• Incompetenza cervicale
• Gravidanza multipla a rischio di parto prematuro
• Sanguinamento vaginale persistente
• Placenta previa dopo 26 settimane
• Parto prematuro durante la gravidanza in corso
• Rottura delle membrane del sacco amniotico
• Pre-eclampsia/ipertensione indotta dalla gravidanza
Tabella n°2 – Controindicazioni relative all’attività fisica durante la gravidanzaTratta dalle linee guida fornite dalla Canadian Society forExercise Physiology (Canadian Society for Exercise Physio-logy [CSEP]. Physical Activity Readiness Medical Examina-tion for Pregnancy [PARmed-X for Pregnancy]. Ottenibile daCSEP, Ottawa, Canada, 1996).
• Anemia grave
• Aritmia cardiaca materna non valutata
• bronchite cronica
• Diabete di tipo 1 scarsamente controllato
• Obesità eccessiva
• Estrema magrezza (indice di massa corporea <12)
• Stile di vita estremamente sedentario
• Crescita intrauterina ritardata nella gravidanza in corso
• Ipertensione scarsamente controllata
• Limitazioni ortopediche
• Epilessia scarsamente controllata
• Ipertiroidismo scarsamente controllato
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA DURANTE LA GRAVIDANZA:
training, a causa dei cambiamen-ti fisiologici e psicologici che av-vengono durante la gravidanza(5).Secondo l’esperienza dell’autore,una routine “total body” può es-sere preferibile ad una split routi-ne [programma più mirato, persettori, NDC] poiché contribuiscead impedire che il sangue affluiscain una particolare area del corpo(5). Quando si utilizza questo ap-proccio, un singolo esercizio deveessere eseguito per ciascuno deiprincipali gruppi muscolari. L’uni-ca eccezione riguarda la musco-latura del core, che può trarre be-neficio dall’esecuzione di molteplicimovimenti. Le principianti devonoeseguire 1 serie per esercizio,mentre le donne allenate di livel-lo intermedio ed avanzato posso-no ottenere un ulteriore beneficiodall’esecuzione di 2 o anche 3 se-rie (5). Il riposo tra le serie devedurare almeno 2 minuti, il temposufficiente per il recupero dellafrequenza cardiaca della madre.Per ottimizzare la capacità fun-zionale, deve essere utilizzato unapproccio multiangolare, in cuigli esercizi sono variati in tutti e3 i piani di movimento. Possonoessere impiegate tutte le moda-lità di allenamento contro resi-stenza, compresi i pesi liberi, lemacchine, i cavi, gli elastici e i mo-vimenti a carico naturale [unasaggia visione, questa: mai di-menticare il carico naturale! NdC].Poiché le articolazioni sono signi-ficativamente più lasse durante lagravidanza, si raccomanda unrange di ripetizioni più elevato uti-
lizzando un’intensità inferiore al70% di 1RM (10 ripetizioni [rep]o più per serie). Questo può ri-durre lo stress correlato alle ar-ticolazioni e quindi ridurre la pos-sibilità di lesioni (3). Le serie de-vono essere sufficientemente im-pegnative ma non devono pro-trarsi fino al punto di fatica mu-scolare assoluta. Parimenti, gliesercizi statici devono esseremantenuti fino ad un punto in cuii muscoli siano impegnati nellosforzo, ma non fino al punto in cuila donna non può più mantenere ilsostegno del proprio peso corpo-reo.La manovra di Valsalva deve es-sere evitata a tutti i costi perchétrattenere il respiro fa aumenta-re sia la frequenza cardiaca che lapressione arteriosa e può ridur-re il flusso ematico splancnico ela perfusione uterina (81), cosache può essere pericolosa per ilfeto. Le donne incinte devono es-sere invitate a espirare durante lafase concentrica di ogni movi-mento dinamico e ad inspirare du-rante l’azione eccentrica; duran-te gli esercizi statici, la respira-zione deve essere regolata du-rante tutta la durata dell’eserci-zio (82).La velocità di ripetizione deve es-sere lenta o moderata, impiegan-do circa 2 secondi per la fase con-centrica e 3 secondi per quella ec-centrica. Poiché rimanere in pie-di immobili fa sì che il sangue ve-noso si concentri e si riduca la git-tata cardiaca, è meglio rimanerein attività tra una serie e l’altra(81, 3). Questo può avvenire cam-minando per la stanza o ese-guendo leggeri movimenti di stret-ching dinamico.L’attività fisica in gravidanza devesempre iniziare con un leggero ri-scaldamento e terminare con unbreve defaticamentoo. In genere,5-10 minuti di attività cardiova-scolare leggera sono sufficientiper entrambe le componenti. Èmeglio svolgere l’attività fisicadopo i pasti per evitare l’ipoglice-mia. È essenziale essere consa-pevoli dei segnali di allarme ed in-terrompere gli esercizi quando in-sorgono sintomi negativi.
LINEE GUIDA SPECIFICHESULL’ATTIVITÀ FISICA IN GRAVIDANZAIl primo trimestre è il periodo piùimportante per la crescita feta-le, che comprende lo sviluppo de-gli arti e degli organi interni. Du-rante questo tempo hanno luogo
i cambiamenti fisiologici più im-portanti senza modifiche signifi-cative dell’antropometria mater-na (11). Mentre il volume emati-co si espande e l’utero si ingros-sa, l’aumento di peso è in mediainferiore a 4,5 kg. Pertanto, in ge-nere non c’è bisogno di modifica-re gli esercizi in base a conside-razioni morfologiche.Nonostante vi siano evidenze chel’ipertermia materna indotta dal-l’attività fisica non rappresenta unproblema, è nondimeno prudenteassumere alcune precauzioni edevitare grandi aumenti della tem-peratura corporea mentre si svol-ge attività fisica durante la gra-vidanza (81). Ciò può essere resopiù facile dall’indossare abiti nonaderenti e assicurandosi che l’am-biente in cui si svolge l’allena-mento sia fresco e ben ventilato.Inoltre, è essenziale mantenersiben idratate durante gli eserciziper aumentare la dissipazione delcalore. una buona regola permantenere l’equilibrio idrico èbere 0,24 litri di acqua prima del-l’allenamento e poi altri 0,24 litriogni 15 minuti. La perdita di pesoregistrata dopo l’attività fisica èdovuta alla perdita di acqua che,dopo lo svolgimento dell’attività fi-sica, deve essere ripristinata con
PREVENZIONE ERIABILITAZIONE
Tabella n°4 – Segnali d’allarme che indicano di interrompere la sessione di allenamentoTratta dalle linee guida fornite dalla Canadian Society forExercise Physiology (Canadian Society for Exercise Physiology[CSEP]. Physical Activity Readiness Medical Examination forPregnancy [PARmed-X for Pregnancy]. Ottenibile da CSEP, Ot-tawa, Canada, 1996).
• Sanguinamento vaginale
• Dispnea prima dello sforzo
• Vertigini
• Cefalea
• Dolore toracico
• Debolezza muscolare
• Dolore o edema al polpaccio (escludere la tromboflebite)
• Parto pretermine
• Riduzione dei movimenti fetali
• Perdita di liquido amniotico
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PROGETTAZIONE DI UN PROGRAMMA SICURO ED EFFICACE
una quantità di liquidi pari a 0,5 litri ogni0,5 kg di peso perso (3).La secrezione di relaxina aumenta signifi-cativamente durante il primo trimestre, fa-cendo diventare meno stabili le articolazioni(3). Di conseguenza, è particolarmente im-portante per la donna gravida utilizzaremodalità corrette di esecuzione durante losvolgimento degli esercizi. I movimenti ba-listici devono essere evitati poiché possonoincrementare la possibilità di distorsioni estrappi di muscoli, tendini e legamenti. Diconseguenza, gli esercizi olimpici, come gi-rate e strappi, sono controindicati ingravidanza poiché si tratta di movimentipliometrici ad alta intensità.Il primo trimestre è spesso complicato danausea, vomito e notevole affaticamento.Questi fastidi possono avere un effetto ri-levante sulla capacità di svolgere attivitàfisica e pertanto l’intensità degli esercizideve essere modificata di conseguenza. Sesorgono dubbi, è meglio sbagliare per ec-cesso di cautela. La tabella 5 fornisce unesempio di routine di allenamento controresistenza che può essere utilizzata du-rante il primo trimestre. Si deve notareche possono essere utilizzati molti altriesercizi, purché si seguano le linee guidaappropriate.Nel secondo e nel terzo trimestre hannoluogo cambiamenti significativi nella formadel corpo, con un aumento di peso di 10-15 kg in media. A complicare le cose vi èil fatto che l’aumento di peso si concen-tra nella parte centrale del corpo, alte-rando la postura e il centro di gravità (62).Questo può rendere difficile o impossibileeseguire molti esercizi. La respirazione puòdiventare più difficoltosa a causa dellapressione del feto sul diaframma (3). Per-tanto può essere necessario modificare gliesercizi per adattarli al livello di comfortdella donna. Se necessario, si possono uti-lizzare asciugamani e cuscini per facilita-re l’effettuazione dei movimenti previsti.All’inizio del secondo trimestre sono giu-stificate diverse restrizioni circa l’attivi-tà fisica. In primo luogo, deve essere evi-tata la posizione supina che tende adostruire il ritorno venoso dall’utero com-primendo la vena cava. Questo può ridur-re la gittata cardiaca e determinare ipo-tensione ortostatica (4).In secondo luogo, gli esercizi che comportano la flessione in avanti a livello delle anche e/o della vitadevono essere evitati dopo il primo trimestre. Nella donna incinta, l’ineguale distribuzione del pesotende a rendere questi movimenti difficili e induce un aumento dello stress sulla regione lombare (60).Essi possono anche determinare vertigini e/o pirosi [ovvero, bruciore di stomaco dovuto a eccessodi acido cloridrico nel succo gastrico, NdC]. In alternativa, può essere impiegata una posizione qua-drupedica modificata (ginocchi e gomiti sul pavimento) per fare lavorare i muscoli glutei e gli ischio-crurali (71). Infine, gli esercizi che comportano il sollevamento delle braccia sopra la testa devono essere evi-tati dopo il primo trimestre. I cambiamenti posturali possono indurre uno stress eccessivo sullazona lombare e i movimenti di sollevamento delle braccia sopra la testa tendono ad esacerbare lostress nella regione lombare. Si consiglia di sostituire gli esercizi di shoulder press con solleva-menti frontali, laterali e reverse fly per far lavorare i muscoli deltoidi e della cuffia dei rotatori (71).La tabella 6 fornisce un esempio di routine che può essere utilizzata durante il secondo e il terzotrimestre. Si deve notare che possono essere utilizzati molti altri esercizi, purché siano seguitele linee guida appropriate.
PREVENZIONE ERIABILITAZIONE
Tabella n°5 – Esempio di una routine di allenamento per il primo trimestre
Gruppo muscolare Esercizio Serie Ripetizioni
Schiena Lat pull-down 2-3 10-15
Spalle Shoulder press 2-3 10-15
Torace Chest press con manubri 2-3 10-15
bicipiti Curl di concentrazione 2-3 10-15
Tricipiti Estensione dei tricipiti in posizione distesa 2-3 10-15
Cosce anteriori Affondi 2-3 10-15
Glutei / ischio-crurali Stacco da terra a gambe tese 2-3 10-15
Polpacci Toe press 2-3 10-15
Core Crunch 2-3 10-15
Core Plank 2-3 A tempo
Core Side bridge 2-3 A tempo
Tabella n°6 – Esempio di routine di allenamento per il secondo e il terzo trimestre
Gruppo muscolare Esercizio Serie Ripetizioni
Schiena Vogatore in posizione seduta 1-3 10-15
Spalle Sollevamento laterale 1-3 10-15
Torace Chest press in posizione seduta 1-3 10-15
bicipiti Curl con manubri 1-3 10-15
Tricipiti Kick back per i tricipiti 1-3 10-15
Cosce anteriori Squat con manubri 1-3 10-15
Glutei / ischio-crurali Kick back al cavo 1-3 10-15
Polpacci Calf raise in piedi 1-3 10-15
Core Plank 1-3 A tempo
Core Bird Dog 1-3 A tempo
Core Side bridge 1-3 A tempo
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ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA DURANTE LA GRAVIDANZA:
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PREVENZIONE ERIABILITAZIONE
CONCLUSIONIL’efficienza fisica della madre è essenziale per la sua salute e il suo benessere. In particolare, l’allena-mento contro resistenza può apportare alla madre un gran numero di benefici fisiologici e psicologici,nonché aiutarla a migliorare la capacità funzionale durante tutta la gravidanza. Seguendo le linee gui-da appropriate, le donne incinte possono intraprendere, in assoluta sicurezza, un programma di alle-namento contro resistenza completo. Prima di iniziare una routine di allenamento, si deve sempre ot-tenere il consenso del medico per escludere qualunque controindicazione. Per ricavare benefici ottimali,gli esercizi devono essere eseguiti in tutti e 3 i piani di movimento concentrandosi sulla stabilità del core.Si consiglia di eseguire da 1 a 3 serie di 10-15 ripetizioni, con circa 2 minuti di riposo tra le serie. Inassenza di complicazioni o controindicazioni, nella maggior parte dei casi non sembra esservi alcun mo-tivo per non continuare l’allenamento fino alla fine della gravidanza.
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LA PROFESSIONE
L’impact factor dei suoi lavori scientifici rasentò lozero: non scrisse e pubblicò su nessuna rivista in-dicizzata (coraggio, amici allenatori, non è affattonecessario scrivere astrusità per passare alla sto-ria, quelle servono al massimo per la carriera uni-versitaria!), ma è stato l’uomo per il quale mag-giormente si può spendere l’appellativo di maestro,di guida, di scienziato dell’allenamento. Capite, col-leghi? Scienziato dell’allenamento uno che di scienza(come la si intende oggi dai più) sapeva niente e chedella vera scienza (come pochi riconoscono: osser-vazione e curiosità di provare e poi provare e ripro-vare, ma senza arrischiare l’incolumità del corpo edell’anima dell’atleta, fisiologia ed etica – chè soloquesto deve essere l’allenamento oggi, senza orpellie senza arzigogoli mentali) possedeva il grandedono. Perché di dono si tratta, che si affina con iltempo e la dedizione, senza salire in cattedra (toh,ci risiamo!), ma restando con i piedi per terra e ac-canto alla vita e allo stile di vita di chi ha scelto lasfida di vedere fino a che punto egli/ella può arrivare!
Smise di studiare assai presto, per la grande de-pressione degli anni ’30, e cominciò a lavorare inuna fabbrica di calzature: perciò è passato alla sto-ria come ciabattino, come allenatore senza basiculturali, che però allenò grandissimi campioni (tracui Snell e halberg sono gli esempi emblematici) edi molti altri ispirò la carriera, influenzando scuoledi pensiero e facendone nascere più di una eglistesso. uomo sostanzialmente assai semplice, capìla complessità del sistema uomo (presto, presto neparleremo!) e concepì ed applicò un sistema com-plesso di preparazione, ma complesso solo perchétenne in considerazione molte variabili (della vita?)nella loro dinamica ed imprevedibile relazione. Nevenne fuori un sistema incredibilmente semplice dipreparazione. Cosa c’entra, allora, la complessità.La complessità è l’assunto che in punta di piedi e ti-morati bisogna muoversi quando si approccia il vi-vente: nel silenzio della visione complessa dell’uomo,chi sa farlo coglie il vero, o brandelli di vero.
E questo è, intrinsecamente, per definizione, sem-plice.Se aveste potuto ed aveste avuto talento, vi sare-ste fatti allenare da lui, che non aveva lauree e PhD.Anzi, proprio per questo vi sareste fidati di lui.Era nato nel 1917 a Eden Park, in Nuova zelanda.Fu il più grande allenatore di tutti i tempi e di tuttele specialità sportive (molte si ispirarono ai suoi me-todi). Si chiamava Arthur Lydiard, molti lo chiama-vano il Dio (dell’allenamento), forse perché trasse –dalla pratica, dalla pratica, dalla grande pratica – leleggi che ancora oggi lo ispirano (ispirano cioè l’al-lenamento) e sempre io credo lo ispireranno. Ov-viamente se resta umano. Fu, nella sua grandezzadi allenatore che sapeva trarre il meglio da ciascunatleta (sperimentò da giovane anche su di sé, met-tendo a punto il marathon training che gli diede, tral’altro, la gloria), una persona assai semplice,grande dote per uno che gira il mondo e riceve pro-poste di qui e di lì. Si fermò a lungo anche in Fin-landia e potè dire (ma egli davvero non sapeva comeandavano le cose a quei tempi!) di aver influenzatoanche l’allenamento dei finlandesi, che spopolavanocon un metodo che aveva tratto moltissimo dal si-stema Lydiard. In realtà, stavano assai diversa-mente le cose a quei tempi (anni ’70 dello scorsosecolo) e l’allenamento c’entrava assai poco. L’oroproveniva da altri giacimenti.
Lo ricordo qui, con piacere, Arthur Lydiard, che inuna storia dell’allenamento sportivo avrebbe un po-sto di primo piano, forse il posto di primo piano, conbuona pace dei tanti sedicenti esperti di allena-mento che girano e girano il mondo, con l’occhio el’orecchio al display e alle suonerie dello smart-phone, in attesa della auspicata convocazione aStoccolma, per ricevere il meritato premio e te-nere, davanti al mondo attonito, l’attesa Nobel Lec-ture.
P. bellotti
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LA FORZA MUSCOLARE: TEORIA E PRATICA OGGI. IL PUNTO SULLE CONOSCENZE E SULLE ESPERIENZE
Annunciato nel n°1/2012 di S&C. Per una scienza del movimento dell’uomo (alla pag. 46), si è svolto a Pavia il 18 maggio u.s. ilConvegno “La forza muscolare: teoria e pratica oggi” (sottotitolo: Il punto sulle conoscenze e sulle esperienze). Il Convegno, articolatoin 3 sessioni (cfr. programma allegato) è stato magistralmente organizzato dal Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Universitàdegli Studi di Pavia, in collaborazione con la Federazione Italiana Pesistica (FIPE) e con NSCA, con il Patrocinio di SISMES, AIFI, conil Patrocinio ed il Supporto di S&C. Per una scienza del movimento dell’uomo e di Calzetti Editore in Perugia.Considerato il successo del Convegno (tutto esaurito e richieste di iscrizioni ben superiori alla capienza degli ambienti prescelti perla manifestazione), è già allo studio una seconda edizione del Convegno in questione per il 2013, sia per consentire una maggioreaffluenza di esperti ed addetti ai lavori interessati sia per garantire una trattazione più ampia ed articolata del complesso fenomeno:“forza muscolare e suo allenamento”.
PROGRAMMA DEL CONVEGNO
09.00 – 09.15 - Saluto e PresentazioneM. Arpesella
I SESSIONEModeratori: I. Sturla, H. Cena
09.15 – 09.45G. D’Antona - La forza muscolare: determinanti noti e qualche curiosità
09.45 – 10.15A. Urso - Pesistica: sport per tutti gli sport
10.15 – 10.45P.M. Casali - La forza del cuore
II SESSIONEModeratori: C. Lisi, M.G. Cusella De Angelis
11.15 – 11.45L. Marin - Programmazione e utilizzo dell’Allenamento Funzionale in Riabilitazione Sportiva
11.45 – 12.15Presentazione progetto: Life Ability, Abili si diventaL. Marin, V. Statella
12.15 – 12.30 Consegna diplomi FIPEG. Podda, A. Urso
12.30 – 12.45Consegna del Premio Calzetti & MariucciR. Calzetti
12.45 – 13.15Tavola rotonda: IL RUOLO DELLA FORZA NELLA PREVENZIONE E NELLA PREPARAZIONE ATLETICA
III SESSIONEModeratori: F. Marzatico, M. Vandoni
14.15 – 16.00Work Shop 1 (Sessione ECM)M. Febbi, L. Marin - Programmazione e utilizzo dell’Allenamento Funzionale in Riabilitazione Sportiva
14.15 – 16.00Work Shop 2 A. Urso - Pesistica Sport per tutti gli sport
16.00 – 17.00 Prova pratica e somministrazione questionari EcmConsegna attestati di partecipazione
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INTRODUZIONERecentemente, l’espressione “basata sulle evi-denze” (evidence-based in inglese) ha iniziato a farela sua comparsa nel settore della forza e del con-dizionamento fisico. L’espressione è stata utilizzatasempre più spesso nelle ultime Conferenze dellaNational Strength and Conditioning Association(NSCA) e nelle recenti pubblicazioni del Strengthand Conditioning Journal. Poiché l’espressione “ba-sata sulle evidenze” deve essere ancora presen-tata in modo formale a molti professionisti del con-dizionamento fisico e dell’allenamento della forza, viè il rischio che venga male interpretata e, pur-troppo, utilizzata in modo sbagliato per promuo-vere prodotti e concetti.L’espressione “basata sulle evidenze” ha avuto ori-gine in campo medico all’inizio degli anni Novantadel XX secolo. La medicina basata sulle evidenze,l’antesignana della pratica basata sulle evidenze(EbP), fu in gran parte concepita e guidata da Sac-kett et al. (5, 8-12) in risposta alle affermazioniche meno della metà di tutte le decisioni medichefossero in realtà sostenute da dati di ricerca (3,14). La consapevolezza che decisioni cliniche im-portanti e potenzialmente destabilizzanti fosseroprese in base a manuali medici sorpassati, a infor-mazioni ottenute durante gli anni di studio decenniprecedenti e a prassi e preferenze trasmesse daguide e medici più anziani spinse Sackett a formu-lare un processo sistematico tramite il quale i me-dici potessero incorporare “le migliori evidenze”(per es. ricerche all’avanguardia) per aumentare laconoscenza e l’esperienza professionale e sul qualeimprontare la pratica clinica quotidiana.Alla luce di quello che noi consideriamo il grande po-tenziale della EbP nel settore del condizionamentofisico e dell’allenamento della forza, è essenzialefornire una comprensione chiara del processo EbPe definire in modo preciso che cosa siano la forzae il condizionamento fisico “basati sulle evidenze”.Pertanto, lo scopo di questo articolo è di (a) de-finire chiaramente la EBP che si correla al set-tore della forza e del condizionamento fisico, (b)descrivere brevemente i 5 passi del processoEBP, (c) descrivere l’utilità della EBP nel condi-zionamento fisico e nell’allenamento della forza
moderni e (d) fornire alcune raccomandazioni perintegrare scienza ed esperienza in modo da mi-gliorare la pratica [il grassetto è nostro, NdC].La forza e il condizionamento “basati sulle evi-denze”?
DEFINIZIONE DELLA EBP: UN PROCESSO SISTEMATICO E CONTINUO
Nell’ambito dell’assistenza sanitaria, la EbP èstata definita come l’uso di un approccio sistema-tico basato sulle evidenze, il ragionamento profes-sionale e le preferenze del paziente per migliorarnegli esiti (12, 13). Noi proponiamo una definizioneperfezionata della EbP, adattata per il settore delcondizionamento fisico e dell’allenamento dellaforza: un approccio sistematico all’allenamento diatleti e clienti basato sulle migliori evidenze at-tuali provenienti da ricerche esaminate daesperti (peer-revied) e da un ragionamento pro-fessionale [il grassetto è nostro, NdC]. Questo ap-proccio deve essere utilizzato nell’ambito di un’a-nalisi dei bisogni specifici.Questa definizione contiene diverse componentiimportanti. Innanzitutto, la EbP è un processo si-stematico, che richiede un’indagine coscienziosa eassennata delle ricerche scientifiche disponibili pertrovare le migliori evidenze attuali per un determi-nato argomento (12). La EbP non segue cieca-mente le raccomandazioni di esperti e non si basasulla lettura casuale di alcuni abstract scientificiper prendere le decisioni. È un processo continuoche richiede un impegno a lungo termine per ac-quisire informazioni approfondite sui diversi argo-menti al fine di prendere le decisioni migliori peratleti e clienti. Inoltre, quando si cerca di trovareevidenze per sostenere o confutare una tecnica diallenamento, un’attrezzatura per l’attività fisica oun integratore alimentare, il professionista dell’al-lenamento della forza e del condizionamento fisicodeve mantenere una mente aperta. Egli deve sop-pesare le evidenze, assicurando parità ed equità ditrattamento a entrambe le parti.In secondo luogo, i professionisti non devono sem-plicemente ricercare le evidenze, ma devono ricer-
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CHE COSA SONO LA FORZAE IL CONDIZIONAMENTO
“BASATI SULLE EVIDENZE”?KIRK L. ENGLISHè un candidatoPAD alla universityof Texas Medicalbranch e unFisiologodell’esercizio allaJES Tech al NASA-Johnson SpaceCenter.
WILLIAM E.AMONETTEè ricercatoreuniversitario nelFitness andhumanPerformanceProgram allauniversity dihouston-ClearLake.
MARILYNNGRAHAMè istruttoreaggiunto allauniversità dihouston.
BARRY A.SPIERINGè ResearchPhysiologist nellaMilitaryPerformanceDivision presso lounited StatesArmy ResearchInstitute ofEnvironmentalMedicine.
PAROLE CHIAVEpratica basata sulle evidenze; EBP; livelli delle evidenze; forza dellacertezza; ragionamento professionale; analisi dei bisogni specifici
PUBBLICA
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ER L
A PRIMA VOLTA IN
ITALIA1
ORIG: WHAT IS ‘‘EVIDENCE-BASED’’ STRENGTH AND CONDITIONING? STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. VOLuME 34, NuMbER 3 (P. 19-24), JuNE 2012
Kirk L. English, MA,1 William E. Amonette, PhD, CSCS*D,2 Marilynn Graham, MS, CSCS,3 e Barry A. Spiering, PhD, CSCS4
1University of Texas Medical Branch, Galveston, Texas; 2University of Houston-Clear Lake, Houston, Texas;3University of Houston, Houston, Texas; e 4California State University, Fullerton, California
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care le migliori evidenze attuali. Indipendentementedalla questione, è probabile che vi siano almeno al-cune informazioni “a sostegno” e altre “contro”una data prassi. La sfida che il professionista chesegue il processo basato sulle evidenze si trova afronteggiare è quella di scoprire le “evidenze mi-gliori”. È anche importante capire che le migliorievidenze attuali possono cambiare nel tempo inquanto la EbP è un processo continuo. L’obiettivoultimo di un programma per il condizionamento fi-sico e l’allenamento della forza basato sulle evi-denze è di fornire agli atleti e ai clienti il miglior pro-gramma di allenamento sulla base dell’attualestato delle conoscenze.In terzo luogo, il ragionamento di professionisticon esperienze farà sempre parte integrante dellapratica del condizionamento fisico e dell’allena-mento della forza. Spesso, non sono disponibili evi-denze specifiche per una nuova tecnica di allena-mento. Se i professionisti limitano l’allenamentosolo a quelle tecniche per cui la ricerca ha rag-giunto un consenso, l’allenamento non progrediràmai. Anche se tutti i programmi si devono basaresu tecniche provate che hanno origine da una va-lutazione coscienziosa e ragionevole delle migliorievidenze attuali, è necessario il ragionamento delprofessionista per riempire i vuoti e indirizzare laprestazione a livelli più elevati. A loro volta, le espe-rienze pratiche indirizzeranno la ricerca verso nuovilivelli.Infine, un programma sarà efficace solo se saràelaborato tenendo in considerazione i bisogni spe-cifici della squadra / dell’atleta / del cliente. I pro-grammi che affronteranno questi bisogni specificiutilizzando le migliori evidenze disponibili al mo-mento e il ragionamento di professionisti in man-canza di evidenze sicure, massimizzeranno i risul-tati della forza e del condizionamento fisico.
L’EBP È UN PROCESSO IN 5 FASI
L’EbP, come definito da Sackett et al. (9), è un pro-cesso in 5 fasi [il grassetto è nostro, NdC] utiliz-zato per trovare le evidenze della ricerca e inte-grarle nella prassi quotidiana. Queste fasi sono leseguenti: sviluppare un quesito, ricercare le evi-denze, valutarle, integrarle nella prassi e rivalutarele evidenze (Tabella 1). Abbiamo in precedenza [in la-vori precedenti, due ottimi riferimenti bibliografici,senz’altro da consultare, NdC] descritto detta-gliatamente le fasi della EbP pertinente alle scienzemotorie (1, 2); in questa sede desideriamo sempli-cemente mettere in evidenza alcuni punti impor-tanti.
FASE 1: SVILUPPARE UN QUESITOIl processo EbP inizia con un quesito molto pratico,per esempio: l’esercizio A è superiore all’eserciziob nel migliorare la potenza della parte inferiore delcorpo? L’integratore X migliora il recupero dopoun’attività fisica spossante? [ovviamente il que-sito potrebbe anche essere: ma servono realmentegli integratori? NdC] Tuttavia, per ottenere rispo-ste precise, è essenziale dare una definizione pre-cisa del quesito. L’acronimo “PICOT” (dalle paroleinglesi Population [Popolazione], Intervention [In-tervento], Comparison [Confronto], Outcome [Ri-sultato], Time [Tempo]) fornisce uno strumentoutile per assicurare che il quesito venga definitocon precisione (6). Quando si utilizza l’acronimo PI-COT, un quesito definito con precisione sarebbe: Sesi eseguono 3 serie per esercizio si ha un risultatosuperiore di quando si esegue 1 serie per eserci-zio nel corso di un programma di allenamento consovraccarichi che dura da 8 a 12 settimane voltoa migliorare la 1RM (ripetizione massima) di unback squat in donne sane non precedentemente al-lenate? Questo quesito indica specificatamente lapopolazione (donne sane non precedentemente al-lenate), l’intervento (programma di allenamentocon sovraccarichi), il confronto (3 serie per eser-
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Tabella n°1 – Riepilogo delle fasi dell’EBP
CHE COSA SONO LA FORZA E IL CONDIZIONAMENTO “BASATI SULLE EVIDENZE”?
COMPITO DESCRIZIONE
Fase 1 Sviluppare un quesito Definire specificatamente il PICOT, ovvero la Popolazione,l’Intervento, il Confronto, il Risultato (Outcome) e il Tempo
Fase 2 Trovare le evidenze Ricercare articoli peer-reviewed; discutere con altriallenatori e accademici
Fase 3 Valutare le evidenze Soppesare le evidenze in base alla loro riproducibilità e allaloro possibilità di errori sistematici (bias) (vedere perquesto la Tabella 2)
Fase 4 Trasportare le evidenze nella pratica La decisione deve basarsi sulla forza dei dati di ricercadisponibili, sulle preferenze di atleti e clienti, sui limitieconomici e sul giudizio professionale
Fase 5 Rivalutare le evidenze Tenersi al corrente della letteratura scientifica attuale perassicurarsi che la pratica sia in linea con i recenti riscontriscientifici
La forza e il condizionamento fisico basati sulle evidenze sono un “approccio sistematico all’allenamento di atleti eclienti basato sulle migliori evidenze attuali provenienti da ricerche revisionate da esperti e da opinioniprofessionali".
EbP (Evidence-based Practice) = pratica basata sulle evidenze.
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cizio rispetto a 1 serie per esercizio), l’esito (1RMal back squat) e il tempo (8-12 settimane).
FASE 2: RICERCARE LE EVIDENZEI professionisti del condizionamento fisico e dell’al-lenamento della forza possono ricavare le evidenzeda 2 fonti importanti: (a) l’esperienza professio-nale e (b) la ricerca scientifica. Questa idea si ri-flette nella mission editoriale del Strength andConditioning Journal: “pubblicare articoli che com-binino le applicazioni pratiche di riscontri scientificipeer-reviewed già pubblicati e le conoscenze di pro-fessionisti esperti” [ma anche la dichiarazione dimissione editoriale di S&C, specialmente laddoveessa fa riferimento alla valorizzazione delle espe-rienze pratiche degli allenatori, cfr. seconda paginadi copertina di S&C, NdC]. La maggior parte deiprofessionisti del condizionamento fisico e dell’al-lenamento della forza ricavano un’importanteesperienza professionale tramite l’allenamento diatleti e clienti, interagendo con colleghi e frequen-tando conferenze rivolte ai professionisti (per es.la Conferenza degli allenatori della NSCA). In alter-nativa, le evidenze scientifiche sono ottenute leg-gendo le pubblicazioni peer-reviewed (per es. ilJournal of Strength and Conditioning Research) efrequentando conferenze basate sulle ricerche(per es. la Conferenza Nazionale della NSCA). unainiziale ricerca online delle parole chiavi pertinenti,utilizzando un motore di ricerca, quali PubMed,SPORTDiscus, Google Scholar, ecc., seguita da ri-ferimenti incrociati e da ricerche manuali dovrebbeprodurre [e rendere così disponibile all’allenatore,NdC] la maggior parte della letteratura esistentesu un dato soggetto.
FASE 3: VALUTAZIONE DELLE EVIDENZESi tratta forse della fase più difficile poiché le evi-denze disponibili possono essere contraddittorie.Pertanto, gli allenatori e gli altri professionisti de-vono considerare con attenzione i pro e i contro diogni evidenza per stabilire a quale dare più peso inquanto maggiormente valida. L’EbP fornisce un me-todo sistematico, non soggetto a distorsioni e ri-producibile per riconciliare queste differenze, ri-muovendo al contempo vincoli che sono “impostidalle emozioni” e che possono condurre a decisionisoggettive. Questo avviene classificando le evi-denze secondo la loro validità (Tabella 2; (7)). Que-sto sistema di classificazione è denominato “livellidelle evidenze”. Il lettore interessato può fare ri-ferimento alla nostra pubblicazione precedente (1)per i dettagli pertinenti; è qui sufficiente dire chele evidenze che sono meno influenzate da errori si-stematici (bias) e maggiormente obiettive (per es.gli studi controllati e randomizzati con riscontri co-erenti) ricevono una posizione più alta, mentrequelle più influenzate da errori sistematici e menoobiettive (per es. le opinioni di esperti) ricevono unaposizione più bassa. Per esempio: un allenatore“esperto” della forza e del condizionamento fisicopotrebbe insistere sul fatto che tutti gli atleti as-sumano l’integratore X per migliorare la forza (cheè un’evidenza di livello D), mentre diversi studi di ri-cerca esaminati da esperti dimostrano che l’inte-gratore X è chiaramente inefficace (che è un’evi-denza di livello A, b o C a seconda del progetto dellostudio). un operatore professionale che si basasulle evidenze risolverebbe questo conflitto facendoaffidamento sui dati più obiettivi e meno distorti daerrori sistematici (gli studi sottoposti alla revisionedi esperti) per il processo decisionale, rigettandocosì l’integratore. Tuttavia, in assenza di dati di ri-
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Tabella n°2 – Livelli di evidenza
CHE COSA SONO LA FORZA E IL CONDIZIONAMENTO “BASATI SULLE EVIDENZE”?
LIVELLO DELL’EVIDENZA FORMA DELL’EVIDENZA DEFINIZIONE
A SCR con un ricco gruppo di dati
Le evidenze derivano da SCR ben progettati che fornisconouno schema coerente di riscontri nella popolazione per cuila raccomandazione è fatta. Richiede un numeroconsistente di partecipanti.
b SCR con un limitato gruppodi dati
Le evidenze derivano da studi di intervento checomprendono solo un limitato numero di SCR, di analisipost-hoc o di sottogruppo di SCR, o di meta-analisi di SCR.Sono pertinenti quando esistono trial randomizzati chesono in numero ridotto, piccoli e i risultati sono in parteincoerenti o gli studi sono stati intrapresi in unapopolazione che differisce dalla popolazione target dellaraccomandazione.
C Non esistono studirandomizzati oosservazionali
Le evidenze derivano da esiti di studi non controllati o nonrandomizzati o da studi osservazionali
D Opinione di esperti Il giudizio di esperti si basa su sintesi di evidenze derivantida ricerche sperimentali o dall’esperienza o conoscenzaprofessionali che non rispettano i criteri sopra elencati.
All’evidenza più riproducibile e meno soggetta a errori sistematici è assegnata la priorità più alta rispettoall’evidenza meno riproducibile e più soggetta a errori sistematici (7). La tabella 2 è una versione modificatadelle categorie di evidenze utilizzate dal National heart, Lung, and blood Institute (7).
RCT (randomized controlled trial) = Studio Controllato e Randomizzato (SCR).
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cerca (evidenze di livello A, b o C), un operatoreprofessionale sceglierebbe giustamente di utiliz-zare l’integratore X se, secondo l’opinione di unesperto, esso viene ritenuto efficace. Pertanto, l’o-peratore professionale non deve mai temere diprendere decisioni quando mancano i dati della ri-cerca; questo è particolarmente rilevante per at-trezzature, programmi e integratori alimentarinuovi e all’avanguardia [ma con prudenza, cautela,ecc. ecc. quando si chiamano in gioco gli integra-tori, il passato è pieno di errori/orrori, NdC].
FASE 4: INTRODURRE LE EVIDENZE NELLA PRASSILa decisione sul modo più ragionevole ed efficace diintrodurre le evidenze nella prassi quotidiana sibasa sulla interrelazione tra 4 componenti:1. La forza dei dati di ricerca disponibili. Se sonodisponibili evidenze forti, gli allenatori devono ten-
tare di inserirle nella prassi. Tuttavia, se sono di -sponibili solo evidenze deboli e incoerenti, alloraforse si deve dedicare tempo e risorse ad altre pra-tiche di allenamento.2. I bisogni specifici dell’atleta o del cliente. Primadi inserire le evidenze nella prassi bisogna prenderein considerazione i bisogni specifici degli atleti o deiclienti. Limiti di tempo, lesioni precedenti, prefe-renze alimentari, ecc. devono essere prese in con-siderazione, invece di sviluppare un approccio “uni-versale”.3. Restrizioni di bilancio. Quando ci si trova difronte a restrizioni di bilancio e a limiti della strut-tura, noi raccomandiamo di assegnare le risorsealle pratiche di allenamento sostenute da evidenzeforti.4. Abilità professionale. Tenute presenti le consi-derazioni sopra elencate, i professionisti del con-dizionamento fisico e dell’allenamento della forzapossono produrre soluzioni pragmatiche e creative
per fornire il programma di allenamento “migliorepossibile” per i loro atleti e clienti.
FASE 5: RIVALUTAZIONE DELLE EVIDENZELa fase finale è la rivalutazione delle evidenze. L’EbPè un processo continuo e sostiene spostamenti co-stanti, di solito impercettibili, per allineare la prassicon i più recenti riscontri scientifici. Per esempio,una società potrebbe tentare di vendere un nuovoe costoso macchinario. Se non esistono ricerchepubblicate, un allenatore potrebbe scegliere di noncomprare il macchinario sulla base della mancanzadi evidenze. Tuttavia, se 5 anni più tardi diversistudi dimostrano chiaramente la sua efficacia, l’al-lenatore potrebbe voler rivalutare la decisione.
L’UTILITÀ DELLA EBP PER IL CONDIZIONAMENTO FISICO E L’ALLENAMENTO DELLA FORZA
Oltre a guidare il processo decisionale,l’EbP fornisce ai professionisti del con-dizionamento fisico e di allenamentodella forza la “forza della certezza” ri-guardo alle decisioni circa la program-mazione. Il numero di studi esistenti, lacoerenza dei loro riscontri e la loro qua-lità (ovvero, validità) determinano laforza della certezza. Quando esistononumerosi studi ben controllati per so-stenere o confutare una determinataprassi, la forza della certezza del pro-fessionista aumenta riguardo alla deci-sione se incorporare o meno la prassinella propria programmazione. Quandoinvece sono state condotte poche onessuna ricerca per valutare una parti-colare attrezzatura o una tecnica di al-lenamento, la forza della certezza è re-lativamente bassa. Anche se questonon preclude l’utilizzo di attrezzature,programmi e integratori all’avanguar-dia, i professionisti devono valutare cri-ticamente questi nuovi articoli e, in teo-ria, lavorare con i ricercatori pervalutarli formalmente e stabilire così unpiù elevato livello di evidenza per la loroefficacia (o la mancanza di essa).Questo aspetto di “forza della cer-
tezza” [strength of certainty] della EbP è partico-larmente utile quando è necessario difendere leproprie decisioni o convincere uno scettico della va-lidità di una particolare prassi riguardante il con-dizionamento fisico e l’allenamento della forza. Peresempio, se l’allenatore del condizionamento fisicoe dell’allenamento della forza di un piccolo collegedesidera acquistare delle pedane per l’esecuzionedel sollevamento olimpico, potrebbe fornire nume-rosi dati tratti dalla letteratura scientifica per so-stenere l’efficacia di tale tipo di sollevamento pesi,il suo effetto sulla potenza e il conseguente effettosulla prestazione sportiva; probabilmente, la quan-tità di evidenze disponibili potrebbe anche contri-buire a convincere l’amministrazione a fornire le at-trezzature e le strutture necessarie.Analogamente, un atleta che è riluttante a inter-rompere un tipo di allenamento inefficace o con-troproducente che ha seguito per un lungo pe-riodo di tempo potrebbe essere convinto meglio da
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numerose evidenze scientifiche che ne dimostranoil valore (o la sua mancanza).Tutti i programmi di esercizi sono elaborati utiliz-zando una combinazione di dati di ricerca ed espe-rienza professionale (sia del singolo professionistache di altri). Sono necessari molti anni e numerositentativi ed errori per il singolo professionista o ungruppo di professionisti per valutare diverse e nu-merose pratiche di allenamento. Le idee prove-nienti da altri professionisti sono spesso la fonteprincipale di nuove conoscenze. Tuttavia, tutte lenuove idee devono essere valutate sistematica-mente sulla base delle evidenze disponibili; la ripe-tizione e la riproducibilità attribuiscono forza e va-lidità a una determinata pratica.L’esperienza professionale è particolarmente im-portante poiché mette i professionisti in grado diprendere decisioni prudenti in assenza di dati di ri-cerca validi. I professionisti del condizionamento fi-sico e di allenamento della forza possono incre-mentare la validità delle decisioni prese sulla basedell’esperienza professionale mantenendo un ar-chivio di tutta la programmazione. Registri detta-gliati dei bisogni degli atleti e dei clienti, protocollidi allenamento e risultati dei test aumentano laforza della certezza delle decisioni riguardanti laprogrammazione, prese in base all’esperienza, eper le quali non sono disponibili ricerche peer-re-viewed o sono non convincenti. I documenti possonoanche essere utilizzati come dati pilota per svilup-pare studi di ricerca (con o senza la collaborazionedi altri ricercatori) che possono fornire conclusionipiù definitive su argomenti nuovi o controversi.La fiducia posta su una tecnica di allenamento oun’attrezzatura nuove deve essere sostenuta dalleevidenze. I professionisti tipicamente (e appro-priatamente) si concentrano sui singoli atleti oclienti e non sul condurre esperimenti non soggettia errori sistematici e attentamente controllati.L’EbP permette ai singoli professionisti del condi-zionamento fisico e dell’allenamento della forza ditrarre immediatamente beneficio dal lavoro di altriprofessionisti e ricercatori (il cui unico lavoro è divalutare sistematicamente vari programmi di alle-namento, attrezzature e integratori alimentari)oltre che dalla propria, spesso vasta, esperienza.Quando non sono state condotte ricerche per va-lutare, per esempio, una particolare attrezzaturadi allenamento, i professionisti devono prendereuna decisione sulla base del ragionamento profes-sionale tenendo conto dei dati di ricerca esistentie le conoscenze derivanti dall’esperienza. Le teorieche apparentemente contraddicono le evidenze di-sponibili devono essere esaminate con estremacautela, indipendentemente da chi le promuove.Pertanto, le evidenze disponibili più nuove e miglioridevono sempre fornire la base della programma-zione.
RACCOMANDAZIONI PER INTEGRARE LASCIENZA E L’ESPERIENZA AL FINE DI MIGLIORARE LA PRATICAPer prendere decisioni sulla programmazione sullabase delle evidenze migliori e più recenti, i profes-sionisti devono essere [veri e propri, NdC] consu-matori della ricerca. In genere, gli operatori pro-fessionali che si occupano della forza e delcondizionamento fisico tendono a lavorare comescienziati o come allenatori. Pertanto, essi o pro-
ducono ricerca (come scienziati) o la mettono inpratica (per es. gli allenatori). L’EbP non richiedeagli operatori professionali di diventare ricercatori[il discorso è piuttosto complesso: in realtà l’alle-natore è - per definizione - un ricercatore: egli os-serva fenomeni, formula ipotesi, effettua esperi-menti, mette in luce tendenze di cui si serve perorientare il futuro: proprio ciò che fa lo scienziato,che però va in cerca di leggi, che nell’uomo non siritrovano mai, piuttosto tendenze che orientano,senza dare certezze, NdC]; piuttosto, richiede aglioperatori professionali di leggere regolarmente laletteratura scientifica per rimanere informati delleconoscenze più attuali che sono pertinenti agliatleti e ai clienti che essi allenano. Vi sono diversimodi in cui gli operatori possono “consumare” la ri-cerca. In primo luogo, devono regolarmente ricer-care nella letteratura gli studi che sono rilevantiper la loro programmazione quotidiana. Per esem-pio, gli allenatori responsabili delle squadre di cal-cio devono rimanere al corrente delle ricerche cheriguardano come migliorare la prestazione dellaforza e della potenza in giovani atleti di sesso ma-schile. In secondo luogo, il personale (per es. gli al-lenatori) può tenere regolarmente (una volta allasettimana o una volta al mese) un incontro per di-scutere e riflettere su un articolo scientifico rile-vante per le proprie necessità. Infine, gli operatoriprofessionali possono consultare la letteraturaquando si trovano di fronte ad una particolare si-tuazione che va oltre le loro conoscenze [ottimoprogramma di lavoro, da cui molti potrebbero/do-vrebbero trarre ispirazione e provare a cambiarequalcosa del nostro sistema, NdC]. un articolo re-cente di questa rivista ha descritto un metodoutile per gli operatori professionali per ricercare evalutare la letteratura in settori che potrebberonon essere familiari (4). Gli scienziati possono fa-cilitare questo processo “parlando il linguaggio”dell’EbP. Quando fanno conferenze e offrono con-sulenze agli operatori del settore, gli scienziatipossono fare raccomandazioni utilizzando i livelli dievidenza per aiutare gli operatori a valutare laforza di certezza associata alle evidenze disponibili.Seguendo queste raccomandazioni, gli scienziati egli operatori possono insieme “colmare il vuoto trala scienza e l’applicazione pratica” (Dichiarazionedella Mission della NSCA) [“colmare le lacune e leincomprensioni tra il laboratorio scientifico e l’o-peratore sul campo, valorizzando sia le esperienzapratiche degli allenatori sia i risultati della ricercasoprattutto applicata”, dalla Dichiarazione di mis-sione editoriale di S&C, cfr. seconda pagina di co-pertina, NdC].benché la review sistematica e l’implementazionedelle ricerche forniscano il fondamento per la EbP,anche il ragionamento professionale e la valutazionedi bisogni specifici sono parte integrante del pro-cesso (13). Studi controllati e randomizzati forni-scono il controllo necessario per stabilire la causama sono incapaci di catturare la variabilità dei bi-sogni di popolazioni diverse di atleti e clienti e leloro complesse richieste di allenamento. Pertanto,mentre le evidenze della ricerca devono fornire ilfondamento per tutta la programmazione, il giudi-zio di un professionista esperto sarà sempre parteintegrante dell’applicazione pratica del condiziona-mento fisico e dell’allenamento della forza. Lachiave di una pratica valida è costruire la struttura
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di un programma intorno a tecniche verificate e poi riempire i vuoti in base alle conoscenze e alle espe-rienze del singolo operatore nonché ai bisogni unici di atleti, squadre e clienti [leggete, leggete e fatene- se potete - tesoro: così si costruisce un pensiero coerente, così si fa scuola di allenamento in unPaese, NdC].Infine, le ricerche e l’applicazione pratica devono costituire un processo bidirezionale. Sia le evidenzescientifiche che l’esperienza pratica sono componenti necessarie e complementari per l’EbP. Le ricer-che scientifiche devono fornire la base per la pratica, ma l’esperienza pratica deve anche portare a ri-cerche applicabili. un professionista può costruire una solida struttura sulla base delle ricerche di spo-nibili; tuttavia, se non vengono mai tentate nuove tecniche, ci sarà un “ristagno” nell’allenamento. L’altrafaccia della medaglia consiste nel fatto che le esperienze pratiche devono spingere i ricercatori a in-dagare nuove metodiche di allenamento per aiutare a comprovare o rifiutare le pratiche attuali. È que-sta connessione tra scienza e pratica che incoraggia l’evoluzione di validi concetti di programmazioneche possono essere applicati nella pratica.
PROSPETTIVE
In che modo noi, in quanto professionisti del condizionamento fisico e dell’allenamento della forza pro-gettiamo programmi efficaci per i nostri atleti e clienti? Su cosa basiamo le nostre decisioni di eseguiresquat invece che estensioni delle gambe, fare una pausa di 3 minuti tra le serie invece di 1 minuto e al-lenare al 90% di 1RM invece che al 70%? Che cosa succede se un allenatore famoso suggerisce unanuova metodica di allenamento o il produttore importante di un’attrezzatura sportiva inizia a vendereun nuovo e insolito congegno?Le risposte a queste domande possono essere trovate nella dichiarazione di missione (mission state-ment) della NSCA: “sostenere e divulgare le conoscenze basate sulle ricerche e la loro applicazione pra-tica per migliorare la prestazione sportiva e il fitness”. In quanto discipline costruite sulla scienza, l’al-lenamento della forza e il condizionamento fisico non devono mai essere un settore in cui noi facciamocose solamente perché un’autorità “lo ha detto” o “perché è così che allenavamo nel passato”. Tali ra-gionamenti infondati sono fuori luogo in un settore obiettivo, fondato sulla scienza come l’allenamentoforza e il condizionamento fisico [eppure è così che si fa ancora oggi, quasi dappertutto, anche in am-bienti culturalmente considerati evoluti, eppure fuori dal mondo e senza una scuola di pensiero, NdC].Il processo di EbP è un modo definito di separare il proverbiale frumento dal loglio – un metodo chiaroe riproducibile di distinguere tra progressi legittimi nella conoscenza dell’allenamento e la “trovata” piùrecente. L’EbP è un paradigma stabilito che permetterà ai professionisti della forza e del condiziona-mento fisico di valutare obiettivamente le “evidenze” per l’efficacia di un dato programma, attrezzaturao tecnica di allenamento nonché illustrare “le migliori pratiche” per l’allenamento dei nostri atleti e deinostri clienti. Noi chiediamo agli operatori di adottare questo approccio in 5 fasi all’allenamento dellaforza e al condizionamento fisico basati sulle evidenze (riepilogo nella tabella 1).
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Consentitemi qualche riflessione sul tema della ge-stione degli impianti sportivi. Dal mondo del calcioarriva un messaggio molto forte: diamo gli impiantiin mano alle società sportive e queste, quasi per in-canto, da centro di costo lo faranno diventare cen-tro di ricavo.Ma sarà poi così? Non voglio entrare nel meritodello sport più diffuso in Italia, che ha dinamiche dif-ficilmente comparabili con qualsiasi altra disciplinae arriviamo a quelle attività, tra cui le nostre, nellequali le risorse spendibili sono infinitamente inferioririspetto a quelle del calcio.Storicamente, il patrimonio impiantistico sportivoin Italia è stato costruito tra gli anni ‘60 e ‘90 perl’intervento degli enti pubblici territoriali che neavevano la competenza delegata (su: “la promo-zione di attività sportive e ricreative e la realizza-zione dei relativi impianti ...) ai sensi dell’art. 56del d.p.r. 616/77 sul decentramento regionale. Larealizzazione prevedeva, solitamente, anche la ge-stione in capo alla stessa amministrazione cheprocedeva alla realizzazione dell’impianto.La progressiva crisi economico-finanziaria deglienti locali ma, sopratutto, la disciplina sui com-pensi per attività sportive introdotta dalla legge342/00, che ha modellato l’art. 67 del testo unicodelle imposte sul reddito, ha, da un lato ridotto fino
quasi ad annullare la realizzazione di nuovi impiantidi base da parte di Comuni, Provincie e Regioni(sotto questo profilo va ricordata e rimarcata lafrequente presenza di strutture sportive i cui im-pianti non sono ancora adeguati alle nuove normedi sicurezza) e ha progressivamente trasferito,sull’universo dello sport dilettantistico, l’onere el’onore della gestione degli impianti attraverso lenote convenzioni d’uso (vedi sul punto anche l’art.90 della legge 289/02 la quale prevede l’affida-mento in via preferenziale a società e associazionisportive dilettantistiche degli impianti sportivi pub-blici di cui l’amministrazione si voglia liberare dallagestione).La tesi, sotto il profilo economico era che dove nonarriva più l’ente locale, per le note crisi finanziarie,sarebbe potuto/dovuto arrivare il mondo dello sportdilettantistico con il volontariato e con i “rimborsispese”.Prima di procedere in questa analisi mi sia consen-tita una riflessione. “Ai miei tempi” era abbastanzafacile far nascere una nuova associazione sportiva.un gruppo di amici, uniti da una comune passioneper una disciplina, costituiva la nuova associazionee si rivolgeva al proprio assessorato allo sport o diquartiere per vedersi assegnare degli spazi in unoo più impianti pubblici per fare attività.
S&C
GUIDOMARTINELLI,avvocato,consulentedella FIPE,professoreaggregato dilegislazionesportiva pressol'universitàdegli studi diFerrara,docentenazionale dellaScuola Centraledello sport delCONI, è autoredi diversepubblicazioni inmateria didiritto sportivo.
LA GESTIONE DEGLIIMPIANTI SPORTIVI
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicem
bre 2012, pp. 87-88
@ Vanda Biffani
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S&C
Guido Martinelli
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Ora è diventato tutto più difficile. Infatti, il sodali-zio sportivo assegnatario della gestione di un im-pianto non vedrà mai, positivamente, la nascita dialtre associazioni concorrenti nel medesimo sporta cui lasciare spazio nell’impianto, pertanto ora lelinee di sviluppo passano solo attraverso le asse-gnazioni degli impianti scolastici, con tutti i limiti ditempo e di adeguatezza degli stessi.Ma arriviamo al punto. Dopo pochi anni apparve su-bito chiaro che il “vero volontariato” non sarebbemai stato sufficiente, numericamente, per provve-dere alla gestione di impianti, in alcuni casi a tec-nologia complessa (si pensi ad una piscina o ad unpalazzo del ghiaccio). Ecco che, complice il legisla-tore, nacque quella figura ibrida dei collaboratoricoordinati e continuativi di natura amministrativo- gestionale che, nell’ottica di alcuni, avrebbe con-sentito di retribuire le collaborazioni non stretta-mente attinenti il fatto sportivo e, pertanto, cometali, preposte essenzialmente alla gestione del-l’impianto.
Il decennio trascorso ha visto, pertanto, la na-scita e il prosperare di vere e proprie associazionisportive preoccupate più di gestire l’impianto chedi occuparsi dell’attività agonistica. Anche perchésenza dover sostenere ammortamenti di realizza-zione di impianto o pagare canoni di affitto (anzispesso l’amministrazione pubblica concedenteeroga anche dei contributi ai sodalizi concessionari)e senza pagare contributi previdenziali sulle ri-sorse umane impiegate, le gestioni spesso chiu-devano con risultati positivi che, nei casi benevoli,sono stati reinvestiti in attività sportive e in quellimalevoli hanno arricchito coloro i quali tenevano lefila della gestione.Ma, a prescindere, questo ha consentito di conti-nuare ad offrire servizi sportivi e attività agonisti-che a prezzi che, anni fa, si sarebbero definiti “po-litici”.Su questo quadro di riferimento, vediamo cosa siprospetta per il futuro, come diceva un famosopresentatore, cosa c’è dietro l’angolo.La prima considerazione è data dalla realizzazionedegli impianti. La costruzione di nuove palestre daparte dell’ente pubblico si è ridotta, se non annul-lata, per i noti motivi di crisi finanziaria delle risorsepubbliche.Fortunatamente i privati hanno, in parte, supplitocon investimenti propri ma ... qui nasce il primoproblema, l’investimento privato deve essere ripa-gato, quindi quella prima caratteristica di lavoraresu impianti pubblici per i quali non si era sostenuto
il costo di realizzazione viene meno e, di conse-guenza, nasce un primo costo indotto sull’eserci-zio dell’impianto. In contemporanea, anche coloro iquali lavoravano su impianti pubblici si sono visti ri-durre i contributi erogati dall’ente proprietario infavore della gestione.Come abbiamo illustrato in precedenti contributi suquesta stessa rivista, ora si pone il problema che,alla luce della recente giurisprudenza su coloro iquali si occupano professionalmente di sport (an-che dilettantistico) e della recentissima riforma delmercato del lavoro (c.d. riforma Fornero, che limitafortemente la possibilità di utilizzare risorse umanecon inquadramenti diversi da quelli del rapporto dilavoro subordinato), ora anche l’utilizzo delle ri-sorse umane dovrà prevedere un loro corretto in-quadramento anche sotto il profilo previdenziale eassicurativo.Ne deriva che gestire impianti sportivi, sia pubbliciche privati, costerà di più, in alcuni casi molto dipiù.Non vi è dubbio che questo maggiore onere si ri-verserà sull’utenza sportiva, su coloro i quali vo-gliono fare sport. Ma questo produrrà, inevitabil-mente, un gradino, una soglia economica che dovràessere superato per fare sport.Ma questa soglia a quanti impedirà di fare sport?Le nuove “povertà”, come ora vengono definite,avranno accesso allo sport organizzato?I mancati avanzi di gestione consentiranno l’inve-stimento nel rinnovo dell’impiantistica sportiva ita-liana?La necessità di conseguire il pareggio di gestionenon privilegerà lo svolgimento di corsi che come taliconsentono un utilizzo intensivo dell’impianto spor-tivo rispetto alle attività agonistiche che impon-gono, invece, un utilizzo, spesso in solitario del-l’impianto medesimo?Mi piacerebbe che, nel momento in cui si registra,nel recente decreto sviluppo approvato dal go-verno, la creazione di un nuovo fondo per lo sport,si aprisse un dibattito sulle modalità per finan-ziare la realizzazione e gestione di impianti sportivie sulla eventuale necessità di una legislazione in-centivante in tale direzione.Consentitemi, in conclusione, una piccola provoca-zione. Se i centri di fisioterapia operano in esen-zione da iva poiché curano le malattie, perchè ana-logamente non potrebbero farlo i centri sportivi,che le malattie prevengono?
Parliamone, potrebbe essere un primo, interes-sante, passo avanti.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
LA PROFESSIONELA GESTIONE DEGLI IMPIANTI SPORTIVI
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S&C
benvenuti nell’Area Aggiornamento Tecnico della Federa-zione Italiana Pesistica. A partire dal n. 1 della rivista (ovvero, dal presente) questasezione sarà dedicata all’Aggiornamento degli InsegnantiTecnici della FIPE-Federazione Italiana Pesistica e sosti-tuirà i Corsi di Aggiornamento organizzati dai Comitati Re-gionali con la vecchia modalità. La nuova procedura di Aggiornamento è obbligatoria per ilmantenimento della Qualifica Tecnica Federale.
Come funziona la nuova procedura di Aggiornamento?La rivista viene pubblicata tre volte l’anno (cadenza quadri-mestrale) e ogni numero comprende un Test con n. 20 do-mande a risposta multipla tratte dagli articoli pubblicati.Le risposte corrette di ciascun Test vengono pubblicate sulsito www.federpesistica.it e nel numero successivo della ri-vista (esempio: le risposte corrette alle domande del Testpresente sulla rivista n. 1 vengono pubblicate sulla rivista n.2 e così via). Per mantenere la Qualifica Tecnica Federale è sufficiente ri-spondere correttamente ad un solo Test di Aggiornamento, ascelta del candidato, sui 3 a disposizione nell’arco di un anno.Per ogni Test è contemplato un numero massimo di 5 errori.
Il Test può essere svolto solo in formato elettronico sul sitowww.federpesistica.it nella sezione “Formazione” alla voce“Area Test” con la seguente tempistica:
entro e non oltre il 31 maggio 2012 per il numero 1;entro e non oltre il 30 settembre 2012 per il numero 2;entro e non oltre il 31 dicembre 2012 per il numero 3.
Solo chi è in regola con il tesseramento per l’anno in corsopuò registrarsi e partecipare ai test.Nell’ambito delle attività promozionali della FIPE per l’anno2012, la partecipazione con esito positivo (75% delle ri-sposte corrette per ogni Test, ovvero 15 domande sulle 20a disposizione), nei tempi prestabiliti, a tutti e tre i Test diAggiornamento previsti nell’arco di un anno, dà diritto aduno sconto del 10% per l’iscrizione ad un Corso di Forma-zione FIPE di 2° o 3° livello organizzati nel 2013, ad unesame per l’acquisizione di una Certificazione InternazionaleNSCA (CPT o CSCS) o ad altre iniziative di formazione pro-poste ed organizzate dalla FIPE-Federazione Italiana Pesistica.
AREA AGGIORNAMENTOTECNICI FIPE
ma aperta a tutti i lettori di S&C
20 domande dal n°3/2012 di S&C e 60 risposte (ma solo 20 corrette). Forza, cimentiamoci!
In realtà, tutti i lettori sono invitati a cimentarsi epoi, in ogni successivo numero, ad autovalutarsi,confrontando le risposte date con quelle corrette.Utile esercizio, anche divertente, per avere un’ideadi dove ci si colloca, nella professione di allenatore.
QUESITI PROPOSTI RISPOSTE (CONTRASSEGNARE CON X QuELLA CORRETTA)
1 L’ossigeno costituisce:
il 44,8% dei gas che circondano il pianeta terra Ail 21% dei gas che circondano il pianeta terra B
una percentuale sempre variabile di una miscela di gas C
2 L’acronimo ROS sta per:
stima Relativa dell’Ossigeno consumato Ariserve di Ossigeno Speciali Bradicali Liberi dell’Ossigeno C
3 Lo stress ossidativo si può definire:
la condizione caratterizzata da un’alterazione dell’equilibrio fra ossidantied antiossidanti (riducenti) A
la condizione per cui la produzione di ossidanti è inferiore alla capacitàoperativa delle difese B
la condizione di fatica derivante dall’esercizio fisico strenuo di lunga durata C
4 I parametri chiave di un allenamento efficace dellaforza muscolare sono soprattutto:
l’alternanza con il lavoro di resistenza, la ripetizione continua di sedutesimilari, la crescita continua del carico oltre i propri limiti A
tipo di attrezzo utilizzato, miscela degli esercizi, programmazione annuale, riposo tra le sedute B
intensità del carico, numero di ripetizioni per serie, numero di serie,pausa dopo ogni serie C
5In pliometria, gli esercizi in cui l’atleta passa daun movimento eccentrico a uno concentrico (peresempio, nel depth jump, il salto in basso seguitoda un balzo verso l’alto), a parità di condizioni:
sono meno intensi di quelli dove si esegue la sola fase eccentrica (come ilsalto in caduta da un rialzo) A
sono più intensi di quelli dove si esegue la sola fase eccentrica (come ilsalto in caduta da un rialzo) B
sono indubbiamente molto meno intensi di quelli dove si esegue la solafase eccentrica (come il salto in caduta da un rialzo) C
6La causa più probabile dell'aumento di forza riscontrato dopo l'azione del Ciclo Stiramento Accorciamento (CSA) è:
ancora oggi oggetto di controversie e di tentativi di spiegazione da partedegli esperti A
l’energia derivante dalla sola contrazione muscolare concentrica Bl'energia elastica, derivata sia dall'elasticità
dei tendini sia dall'incremento dello stato attivo dei muscoli C
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Secondo Hedden e Gabrieli (e la maggioranza degli altri Autori), è pos-sibile tentare di rallentare il naturale declino delle funzioni senso-mo-torie degli anziani, a patto di adottare un’articolata strategiacomprendente, oltre ai seguenti tre punti: mantenere un’attività in-tellettuale di buon livello; adottare uno stile di vita atto alla riduzionedello stress cronico; integrare il regime dietetico con acidi grassi polie mono insaturi, vitamina E, polifenoli ed antiossidanti, anche:
il regolare svolgimento di un’attività fisica strenua A
il regolare svolgimento di un’attività fisica di tipo aerobico Bil regolare riposo in poltrona, evitando il più possibile la marcia ed il jogging, perché dannosi per le articolazioni
e la forza muscolareC
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
AREA AGGIORNAMENTO QUADRI TECNICI
Le risposte al test apparso nel numero 2 di S&C, maggio-agosto 2012, sono disponibili sul sito www.federpesistica.it a partire dall’8 ottobre 2012. ?
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Ove si dovesse impostare un’attività moto-ria per la terza età, occorrerebbe vigilareperché vengano accuratamente escluse daquesta le esercitazioni per lo sviluppo del senso del ritmo e della coordinazione. Dite se questa affermazione è:
del tutto vera, mancandone i presupposti legati alla fisiologia dell’invecchiamento A
del tutto vera, si potrebbe trattare di esercitazioni pericolose B
del tutto falsa e senza senso C
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L’assunto, all’interno del Bernstejn problem, che non esiste e non può esistereuna relazione consequenziale e lineare tragli impulsi centrali ed i movimenti dei segmenti periferici del corpo:
è un non sense, come hanno dimostrato numerosi scienziati italiani Aè un punto chiave, benchè ancora da chiarire, per comprendere il significato e le
modalità del dipanarsi del movimento umano B
è falso, perché il suo enunciatore non disponeva degli strumenti di misura di cuioggi si dispone e che fanno vedere (ed intravedere) tutt’altro C
10Si riconoscono, attualmente, diversi tipi direcupero; la visione più accreditata èquella che parla di:
8 diversi tipi di recupero A1 solo tipo (cosiddetta teoria unitaria del recupero) B
3 tipi fondamentali di recupero C
11La forma più immediata di recupero è denominata “recupero immediato”. In questo caso:
si tratta del recupero che avviene tra impegni di breve durata, anche mentre sonoancora in corso fasi dell’esercitazione A
si tratta del recupero determinato dall’alternanza degli atti respiratori Bsi tratta del recupero dal mattino al pomeriggio o dal pomeriggio alla mattina successiva C
12L’utilizzo più comune del termine recuperoè quello legato alla locuzione “recupero abreve termine”.
Si tratta del recupero all’interno di un microciclo di allenamento ASi tratta del recupero tra prove di una serie, tra serie diverse di una sessione, ecc. B
Si tratta di un recupero che deliberatamente viene fatto durare poco per favorirel’acidosi muscolare C
13Il cosiddetto «recupero post-allenamento»è il recupero tra sedute successive di alle-namento o competizioni successive. Questa affermazione:
la sua falsità o veridicità è relativa, dipendendo essa dal periodo dell’anno Aè falsa Bè vera C
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Gli esperti sostengono che il verificarsidell’overtraining costituisca il risultato diun’azione combinata tra recupero ed eser-cizio fisico. Una risposta adeguata al pro-blema dell’overtraining consiste pertanto:
nel ridurre opportunamente il carico di lavoro durante l’allenamento e, probabilmente, anche nel migliorare la qualità del recupero. A
nella drastica riduzione del carico di lavoro al 20% del periodo immediatamenteprecedente, senza agire sul recupero B
nella blanda riduzione del carico di lavoro (10-20% di riduzione) e notevole amplia-mento del recupero (triplicare, quadruplicare il tempo rispetto a fasi precedenti) C
15 L’ipotesi della fatica centrale suggerisceche il cervello:
non sia in grado di evitare che i muscoli si affatichino eccessivamente Aagisca come un meccanismo protettivo per evitare un danno eccessivo ai muscoli B
favorisca l’affaticamento muscolare, per creare condizioni favorevoli all’adattamento e all’allenamento C
16 Il tapering viene comunemente definitocome:
un periodo di allenamento caratterizzato da grande intensità e brevi recuperi peresaltare le capacità di adattamento dell’atleta A
l’inserimento, nel programma di allenamento, di un’attività fisica nel volume ridotta (ma intensa) ed associata ad un aumento del recupero B
il ricorso al recupero come mezzo di allenamento in casi di necessità di messa informa per grandi competizioni C
17Le esperienze effettuate con specifici testsembrano confermare che, nei maschi enelle femmine, la classe velica più perfor-mante sia quella:
dei surfisti Adei velisti B
non vi siano differenze: entrambi le classi di atleti sono performanti nello stesso modo C
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Ciascuna sessione di allenamento deveconsistere in un allenamento fisico com-pleto, perché la preparazione deve esserespecifica per lo sport praticato e lascherma coinvolge l’intero organismo. Questa affermazione è:
del tutto falsa A
dipende dall’arma considerata B
sostanzialmente vera C
19 Secondo i veri esperti, l’allenamento funzionale:
vuol dire solo allenare il corpo per costruire livelli di forza muscolare, utilizzando i vari piani del movimento A
significa anche allenare il sistema nervoso a raggiungere una funzione ottimale,consentendogli una efficiente e corretta attivazione del sistema
muscolo-scheletrico mentre si trova in azioneB
si identifica con l’allenamento cosiddetto propriocettivo C
20Seguendo linee guida che sono ben note, ledonne incinte, previo consulto con il pro-prio medico di fiducia:
devono quasi sempre evitare l’esercizio fisico in gravidanza Apossono intraprendere, in assoluta sicurezza, un programma di allenamento
completo contro resistenza B
devono svolgere piccoli carichi aerobici e nient’altro C
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S&C
ABSTRACTSA breath of fresh airMenotti CalvaniS&C (Ita), n. 3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 5-7
The author introduces, in layman terms that are easy to un-derstand and yet strictly scientific, a number of key conceptsfor comprehending the significance of and the role played by an-tioxidants. he begins with the origin and role of oxygen forhuman beings and the environment, and continues with a dis-cussion of the endogenous and exogenous defense mechanismsthe body uses to counteract harmful oxidation. Then he listsand explains the role and significance of endogenous enzymesystems, exogenous systems, and non-enzymatic endogenousantioxidants.
Physical activity, oxidative stress and antioxidants: a 30-year historyDaniela buonocore, Simona Genta, Fulvio MarzaticoS&C (Ita), n. 3, Settembre-Decembre 2012, pp. 8-12
The authors start with a description of oxidative stress and goon to define RONS (Reactive Oxygen/Nitrogen Species, RONS)and their relationship to physical activity. Given the vastnessand complexity of the topic, the authors deliberately choose toexamine only some of the possible aspects of oxidative stress:concentric aerobic exercise, eccentric exercise, chronic exer-cise, and a function known as hormesis. They finally draw somebasic conclusions.
Antioxidants and health: colored food, white pills and suggestions for the use thereofMauro SerafiniS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 13-16
The author writes very authoritatively about three topics thatare currently of great interest: antioxidants, free radicals andoxidative stress. he uses data taken from ample internationalliterature and discusses the more or less plausible results ob-tained over the years. he thus attempts to clarify the studiesand extract significant data from them while rejecting thatwhich is unreliable or subject to different interpretation.
The Stretch-Shortening Cycle: Proposed Mechanisms And Methods For Enhancement (Second Part)Anthony N. Turner e Ian JeffreysS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 17-23
Efficient stretch-shortening cycle (SSC) mechanics result in en-ergy conservation and enhanced propulsive forces. based on thecurrent review of research, elastic energy through tendon recoiland an increase in active state because of an increase in theworking range seem the most plausible explanation for the SSCmechanism. using the research presented, the SSC mechanismmay be best developed using the plyometrics pyramid ensuringthat the athlete is technically competent at each stage beforeprogressing in intensity and complexity. Strength training andSSC training should be performed concurrently. SSC drills shouldbe based on strength capacities and sport-specific variables.
Science and Technology to Enhance Weigthlifting Performance: The Olympic ProgramRaoul F. Reiser, Sarah L. Smith, Randall RattanS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 33-39
The quest to compete in the Olympic Games requires an incred-ible amount of focused preparation time and effort on the partof the ethlete. The coach makes most of the decisions concern-ing how to prepare the athlete for the highest levels of per-formance in competition, but coaches need help to increase thelikelihood of success. The Sport Science& Technology Division ofthe u.S. Olympic Committe is one resource coaches can drawupon to help maximize their athletes’ potential. This Division sup-ports programs in biomechanics, physiology, psychology,strength and conditioning, computer science, and engineeringtechnology. All staff members in these programs can provide in-formation that will benefit coaches and athletes as they striveto optimize athletic performance.
Aging and cerebral control of exerciseGian Nicola bisciottiS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 25-30
using extensive data and several studies to support his argu-ments, the author introduces and debates fundamental aspectsof prevention of brain aging, interactivity of peripheral and cen-tral aging, the role of the basal ganglia in sensory selection andmotorial function, the significance of the N30 frontal wave,which is a true biological measure of brain aging, and the keyrole of the cerebellum, the acknowledged center of balance, co-ordination, sensory-motor and cognitive learning. he then dis-cusses a series of basic practical aspects in relation to physicalexercise as it should be practiced by senior citizens.
A brief history of human movementAntonio ursoS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 31-32
The author gives a broad outline of the history of human move-ment over the centuries, as seen and written about by expo-nents of official culture, people working in the field, and majorscientists and technicians. There emerges a portrait upon whichto ponder and reflect, in order to interpret not only the pastbut especially, our era and lifetimes.
Science and Technology to Enhance Weightlifting Performance: The Olympic ProgramRaoul F. Reiser, Sarah L. Smith, Randall RattanS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 33-39
The quest to compete in the Olympic Games requires an incred-ible amount of focused preparation time and effort on the partof the athlete. The coach makes most of the decisions concern-ing how to prepare the athlete for the highest levels of per-formance in competition, but coaches need help to increase thelikelihood of success. The Sports Science & Technology Divisionof the u.S. Olympic Committee is one resource coaches candraw upon to help maximize their athletes’ potential. This Divi-sion supports programs in biomechanics, physiology, psychology,strength and conditioning, computer science, and engineeringtechnology. All staff members in these programs can provide in-formation that will benefit coaches and athletes as they striveto optimize athletic performance.
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Recovery From Training: A Brief ReviewPhillip A. bishop, Eric Jones, A. Krista WoodsS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 41-51
Athletes spend a much greater proportion of their time re-covering than they do in training. Yet, much attention has beengiven to training with very little investigation of recovery. Thepurpose of this review is to stimulate further research intothis vital area of training. Recovery can be categorized in threeterms: i) immediate recovery between exertions; ii) short-termrecovery between repeats (e.g., between resistance sets orinterval bouts); and iii) training recovery between workouts. Thefocus of this review is training recovery. Full training recoveryis essential to optimal performance and improvement. This re-view includes an examination of extant research on recoveryand a very brief review of some potential modalities and tech-niques for hastening recovery and the time course of recoveryand responses to some treatments. Measures of recovery andpractical considerations are discussed briefly. Much researchis needed in this area, but there are obstacles to high qualityresearch. Attention must be given to key issues in research onrecovery, especially the individual response to recovery treat-ments.
Basic athletic tests and junior sailorsClaudio Scotton, Federica SicignanoS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 53-60
This is original, experimental research to identify and applyphysical tests for the basic assessment of young sailors. Thestudy described is an analysis of the data obtained by admin-istering motorial tests (the Eurofit Protocol) and basic an-thropometric tests to a sample of athletes in the juniorcategories of the Techno 293 One Design, 29er and hobie Cat16 SP1. The study includes pictures taken ad hoc.
Strength and Conditioning for FencingMark RippetoeS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 61-66
Although dated, this is a very interesting, currently relevantstudy of the many good reasons for including resistance-train-ing in sports programs such as fencing. The author explainsseveral features of a specific training program with additionalexercises to include when preparing athletes in the differentaspects of fencing, and focuses on the structure and charac-teristics such a program should have in order to be effective,well tolerated, and successful.
Functional training in sport rehabilitationMassimiliano Febbi, Luca MarinS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 67-70
The authors aim to describe the basic aspects of modern at-titudes to so-called functional training, which they attempt todefine from a new viewpoint, providing guidelines for clearlydefining professional activities for people working in sport, withobjectives and ways to achieve them. This text foresees somenovel approaches to functional training in the future: what it is,what it is not, what it can do, and what it cannot do.
Resistance Training During Pregnancy: Safe And Effective Program Design.brad SchoenfeldS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 71-78
A regimented program of resistance training can provide a mul-titude of benefits for the pregnant woman. however, a womanundergoes significant physiological and morphological changesthroughout the term, and these issues need to be taken intoaccount when designing a routine. Therefore, the purpose ofthis paper will be 3-fold: (a) review the benefits of maternal re-sistance exercise, (b) discuss its safety, and (c) outline a spe-cific resistance training protocol based on the currentresearch and practical experience to ensure a safe, effectivematernal workout experience. Sample routines will be providedto illustrate program design.
ALPasquale bellottiS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pag. 79
This is a short reminder of a great trainer, Arthur Lydiard, whomentored great champions and founded a veritable school ofthought on training in sport. The author emphasizes the rolethat A.L. played (he was famous and in demand around theworld), in spite of basing his ideas on theoretical knowledge anddrawing mainly from seminal teachings about coaching pro-grams, and reformulating past experience.
What is ‘‘Evidence-Based’’ Strength and Conditioning?Kirk L. English, William E. Amonette, Marilynn Graham & barryA. SpieringS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 81-86
The term ‘‘evidence-based’’ has begun appearing in the field ofstrength and conditioning. however, this term has yet to beformally introduced to the strength and conditioning commu-nity. Far from being a mere buzzword, evidence-based practice(EbP) is a defined process by which practitioners (in this in-stance, strength and conditioning professionals) incorporatethe ‘‘best’’ available evidence into the everyday training of ath-letes and clients. Incorporation of EbP into the strength andconditioning field will improve the quality of training programsprovided for athletes and clients and increase the prestige andstanding of our discipline.
Managing sports facilitiesGuido MartinelliS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 87-88
The author focuses on the current situation of sports facili-ties in Italy and prospects for their management in future andputs forward some sensible suggestions, new ideas and in-teresting aspects to consider in the interim. Some of themrelate to legislation that could support the creation and sub-sequent management of facilities where sport can be prac-ticed.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
ABSTRACTS
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93STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
S&C
Storia di S&C. Il racconto (attraverso gli indici 2012) del primo anno di vita
LA MACCHINA CHE C’è IN ME
QUELLO STILE DI VITA CHIAMATO ALLENAMENTO
EDITORIALI
LA PROFESSIONE
PREVENZIONE E RIABILITAZIONE
Finalmente si parte - urso A. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, p. 3C’è qualcosa di nuovo nell’aria - urso A. - S&C (Ita) n.2, Maggio-Agosto 2012, p. 3Un anno di vita e di viaggio - urso A. - S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, p. 3
Siamo macchine a gas, ma Braccio di ferro non lo sapeva - Calvani M. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 5-10Svelato il segreto di Braccio di Ferro? - Marconi C., Porcelli S., Marzorati M. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 11-15Il sistema di controllo neurale della forza: come risponde all’allenamento? - bazzucchi I., Felici F. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 17-22La fatica mioelettrica. Un’ulteriore via per comprendere le strategie del sistema neuromuscolare - Rainoldi A. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 23-28La componente genetica delle tendinopatie e delle lesioni dell’achilleo (prima parte) - bisciotti G.N. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 29-32Vincere il cancro? Di corsa!... - Calvani M. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 5-8Attività fisica e cancro - Alejandro L., herrero F. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 9-15Il ciclo stiramento-accorciamento delle fibre muscolari: meccanismi proposti e metodi di sviluppo (prima parte)Turner A. N., Jeffreys I. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 17-24La componente genetica delle tendinopatie e delle lesioni dell’achilleo (seconda parte) - bisciotti G.N. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 25-30Una boccata di ossigeno - Calvani M. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 5-7Attività fisica, stress ossidativo ed antiossidanti: una storia lunga 30 anni – buonocore D., Genta S., Marzatico F. S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 8-12Antiossidanti e salute: cibi colorati, pillole bianche e suggerimenti per l’uso – Serafini M. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 13-16Il ciclo stiramento-accorciamento delle fibre muscolari: meccanismi proposti e metodi di sviluppo (seconda parte) Turner A. N., Jeffreys I. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 17-23L’invecchiamento ed il controllo cerebrale dell’esercizio - bisciotti G.N. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 25-30
Affidabilità nell’attività agonistica e protocolli di riscaldamento delle migliori atlete del sollevamento pesi. Una nuova metodologiaCharniga A., Poletaev P., Khairullin R. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 35-46L’esercizio di mezzo squat. Efficacia e/o sicurezza? - Camomilla V., Di Maio G., Vasellino M. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 47-54L’allenamento contro resistenza dei giovani (prima parte) - Faigenbaum A. D., Kraemer W. J., blimkie C. J. R., Jeffreys I., Micheli L. J., Nitka M., Rowland T. W.S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 55-58Allenamento alla preparazione alla stagione competitiva per una squadra femminile di pallacanestro di College di III divisioneholmberg P. M. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 59-69Otto riflessioni che partono da lontano, arrivano ai Giochi e – senza nemmeno sfiorarli – vanno lontano, assai lontano vanno...urso A., bellotti P. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 31-32Analisi cinematica dell’esercizio dello strappo effettuata su pesiste di alto livello durante i campionati mondiali di pesistica del 2010hasan A. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 33-40Allenamento della forza e della potenza durante la stagione sportiva per giocatori professionisti di pallamanoCardoso M. M. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 41-48L’allenamento contro resistenza dei giovani (seconda parte) – Faigenbaum A. D., Kraemer W. J., blimkie C. R. J., Jeffreys I, Micheli L. J., Nitka M., Rowland T. W.-S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 49-60Breve storia del movimento umano – urso A. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 31-32Scienza e tecnologia per incrementare la prestazione del sollevamento pesi: il programma olimpico - Raoul F. Reiser, Sarah L. Smith, Randall RattanS&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 33-39Il recupero dopo l’allenamento: una breve rassegna - Phillip A. bishop, Eric Jones, A. Krista Woods - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 41-51Test atletici di base e giovani velisti – Scotton C., Sicignano F. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 53-60Forza e condizionamento fisico per la scherma – Rippetoe M. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 61-66
Patologie della spalla nella pesistica. Una review - Febbi M., Spaccapanico Proietti S. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 71-76Il controllo e la corretta attivazione muscolare nel recupero funzionale della spalla - Marin L., Vandoni M. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 77-82Core Training: evidenze che si traducono in una migliore performance e nella prevenzione delle lesioni e dei traumi McGill S. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 61-72Sindrome di Down: un’introduzione per il professionista del condizionamento fisico e dell’allenamento della forza Cissik J. M. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 73-78L’allenamento funzionale in riabilitazione sportiva - Febbi M., Marin L. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 67-70Allenamento contro resistenza durante la gravidanza: progettazione di un programma sicuro ed efficace - Schoenfeld b.S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 71-78
La FIPE, il fitness e lo scopo di lucro - Martinelli G. - S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 85-87L’allenamento sportivo. Gli aspetti chiave per sperare di andare nel futuro - bellotti P. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 79-84La Federazione italiana Pesistica e l’attività “non professionistica” - Martinelli G. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pag. 85-86Mode (del momento) e tendenze (nel medio-lungo periodo), ovvero, dove vanno salute ed efficienza fisica quanto a percezione e a parere degli espertibellotti P., Marin L. - S&C (Ita), n.2, Maggio-Agosto 2012, pp. 87-88AL – bellotti P. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pag. 79Che cosa sono la forza e il condizionamento “basati sulle evidenze”? – English K. L., Amonette W. E., Graham M., Spiering b. A. S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 81-86La gestione degli impianti sportivi - Martinelli G. - S&C (Ita), n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 87-88
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DILAVORI DI RICERCA ORIGINALI DA PUBBLICARE SU STRENGTH & CONDITIONING. PER UNA SCIENZA DEL MOVIMENTO DELL’UOMO (S&C).
Strength and Conditioning. Per una scienza delmovimento dell’uomo (d’ora in avanti S&C) èuna rivista a carattere scientifico della Fe-de-razione Italiana Pesistica (FIPE), di NationalStrength and Conditioning Association Italia(NSCA Italia) e della Casa Editrice Calzetti &Mariucci di Roberto Calzetti. S&C pubblicaindagini e rapporti di ricerca, rassegne siste-matiche, recensioni, raccolte di studi, note diricerca e relazioni tecniche e metodologichesia originali sia tratte dalla letteratura scien-tifica internazionale più accreditata (con par-ticolare - ma non esclusivo - riferimento alletre riviste della Strength and Conditioning As-sociation degli Stati uniti d’America: TheJournal of Strength and Conditioning Research,Strength and Conditioning Journal e Nsca’sperformance training journal), che contribuis-cono a fare il punto e ad ampliare leconoscenze sull’allenamento fisico complessi-vamente inteso e sull’allenamento della forzanello sport e nell'attività fisica in particolare.Tutti i dattiloscritti originali, sia italiani siaprovenienti da altri Paesi, accettati per lapubblicazione, devono o presentare appli-cazioni concrete e pratiche per il professioni-sta che si occupa dell’allenamento della forzao fornire le basi per ulteriori ricerche applicatenello specifico settore. I dattiloscritti originalivengono sottoposti a peer-review in “doppiocieco” da parte di almeno due revisori espertidel settore. Le decisioni editoriali verrannoprese in base alla qualità dei lavori presentati,alla chiarezza, allo stile e all’importanza dellapresentazione relativamente agli scopi e agliobiettivi di S&C. Suggerimenti utili allastesura di un elaborato da pubblicare su S&Ssi possono trovare sul sito http://www.nsca-lift.org/publications/JSCRtips.shtml. Si invi-tano gli interessati a leggere con attenzionetale interessante documento, davvero utile aifini della predisposizione di un dattiloscrittoda pubblicare.
DICHIARAZIONE DELLA MISSION EDITORIALELa missione editoriale di Strength & Conditio-ning. Per una scienza del movimento dell’uomo(acr. S&C) è di operare per far progredire leconoscenze sul movimento e sull’allenamentodell’uomo, sulla base dell’assunto che il primosia l’espressione sempre e comunque dellaforza muscolare ed il secondo costituisca unostile di vita e di etica affidato a professionistiabilmente ed accuratamente formati e dotatidi grande cognizione di causa, oltre che dispecifica competenza. Fin dal suo primo ap-parire, S&C si pone l’ambizioso obiettivo di col-mare le lacune e le incomprensioni tra illaboratorio scientifico e l'operatore sul campo,valorizzando sia le esperienze pratiche degli al-lenatori sia i risultati della ricerca soprattuttoapplicata. Per questo, essa prevede - come re-gola editoriale - il costante riferimento allapratica e l’inserimento di raccomandazioni perl’applicazione dei risultati della ricerca nellapratica del movimento e dello sport.Il processo di miglioramento della condizionepsicofisica complessiva attraverso la pre-scrizione di programmi di esercizi adeguati in-teressa un’ampia gamma di popolazioni: daibambini agli anziani, passando per tutte lefasce di età, dai giovani praticanti agli atletiprofessionisti, a tutti i possibili livelli. Per il pro-fessionista è importante conoscere a fondo ilprocesso di allenamento e rendersi conto dicome esso possa essere supportato da altre
pratiche e da altri ambiti conoscitivi, come lanutrizione, la riabilitazione e la rieducazione, lapsicologia, la tecnologia, particolari tecnichedi esercizio e la biomeccanica.
Ricerche originaliS&C pubblica studi e ricerche che si occupanosia degli effetti dei programmi di allenamentosulla performance e sull’organismo delle per-sone sia delle basi biologiche che li sotten-dono, così come ricerche derivanti dallenumerose discipline che tentano di appro-fondire le conoscenze sul movimento in gene -rale e sulla pratica sportiva in particolare,sulle loro richieste, sui loro profili, sull’allena-mento e sull'esercizio, quali la biomeccanica,la fisiologia dell'esercizio, l’apprendimento mo-torio, la nutrizione, la psicologia, la riabili-tazione e la rieducazione. uno degli obiettivi primari di S&C è quello difornire una base scientifica qualificata ed ag-giornata per i programmi di preparazionefisica e di allenamento sportivo.
Tipo di articoli e lunghezza complessiva deglistessiPer motivi di spazio, S&C pubblica normalmentelavori di lunghezza non superiore alle 6 pagine,comprensive di bibliografia e di figure ed imma-gini (approssimativamente 4 pagine di testo coninterlinea 1 equivalgono a 14000 caratteri,spazi inclusi, + 1 pagina di bibliografia + una pa-gina di immagini e figure e grafici). Lavori di mag-giore lunghezza e respiro possonoevidentemente essere accettati per la pubblica-zione, ma potranno essere suddivisi in più partio, con rimando, per la bibliografia in specialmodo, al sito www.calzetti-mariucci.it, dove tro-veranno posto e risalto adeguato).S&C pubblica studi e raccolte di studi e diricerche, rassegne sistematiche, recensioni,relazioni metodologiche, relazioni tecniche enote di ricerca che risultino ben correlate ecollegate alla mission della rivista. una raccoltadi studi è un gruppo di articoli di autori diversiche affrontano una problematica da varieprospettive. Le recensioni brevi devono offrireun esame critico della letteratura e integrarei risultati delle ricerche precedenti per infor-mare il lettore sugli aspetti basilari e applica-tivi della materia. Come già osservato, S&C èinteressata soprattutto agli aspetti applicatividella letteratura recensita e pubblicata. Inoltre, l’Autore o gli Autori dei testi avviati allapubblicazione devono possedere esperienza econoscenza nel settore oggetto dell’elaboratotali da consentire loro di dichiararsi espertidella materia e di garantire credibilità ai lororisultati ed alle loro raccomandazioni.S&C raccomanda fortemente la presentazionedi materiali che illustrino metodologie in gradodi far progredire gli studi sulla forza muscolaree sulle modalità del suo complessivo allena-mento.
LINEE GUIDA PER LA PRESENTAZIONE DEI LAVORI DIRICERCA ORIGINALI DA PUBBLICARE1. una parte dei testi pubblicati da S&Csono, per una precisa scelta editoriale,versioni in lingua italiana di lavori assaiqualificati già pubblicati altrove, accu-ratamente selezionati tra i moltissimicontributi esistenti in letteratura. unaparte di lavori è invece costituita, sem-pre per scelta editoriale, da materialioriginali, specialmente (ma, come èovvio, non esclusivamente) provenientida autori/ricercatori di giovane età ed informazione. I testi da avviare alla pubblicazione pos-sono essere inviati tramite posta elet-tronica, sotto forma di file in formato
Microsoft Word (.doc), all’[email protected], seguendo leistruzioni riportate qui di seguito. Vasempre contestualmente allegata unadichiarazione di cessione dei diritti d’au-tore (copyright), di cui al successivopunto 3.2. Ai materiali presentati per la pubbli-cazione devono essere allegati un brevecurriculum dell’Autore o degli Autori e unabreve lettera di accompagnamento in cuisia dichiarato quanto segue:“Il contenuto di questo file è originale:esso non è mai stato pubblicato né sucarta né via Internet e non sarà preso inconsiderazione per la pubblicazione inaltra sede finché il Comitato editoriale diS&C non si sia espresso circa la sua ac-cettabilità e pubblicabilità sulla rivista”.3. All’atto della presentazione del testo,la Redazione di S&C deve ricevere per i-scritto la cessione esclusiva del dirittod’autore da parte di tutti gli Autori. Nonpotrà essere pubblicato alcun lavoro, inmancanza del modello di cessione deldiritto d’autore firmato. I testi vengonopresi in considerazione per la pubbli-cazione, a condizione che siano statiavviati alla sola S&C e, di conseguenza,non siano già stati pubblicati e non ver-ranno pubblicati altrove, né integralmentené in parte. I dattiloscritti contenenti datiche sono già stati pubblicati su Internet,disponibili per la pubblica consultazione,non potranno – di norma – essere presi inconsiderazione per la pubblicazione.4. S&C adotta norme di tutela degli es-seri viventi, per quanto riguarda la speri-mentazione sugli animali e sugli esseriumani. Gli autori dei lavori avviati alla pub-blicazione devono aver ricevuto idonea ap-provazione, da questo specifico punto divista, dai propri organi istituzionali di con-trollo, ove ne ricorra il caso e ove questisiano attivi ed operanti, e devono di-mostrare di aver ottenuto l'adeguatoconsenso a norma delle vigenti leggi. Tutti i lavori devono contenere unadichiarazione in tal senso, nella sezioneMetodi del documento presentato. Incaso contrario, il lavoro non potrà esserepreso in considerazione per la pubbli-cazione.5. Tutti i dattiloscritti devono essere pre-sentati con spaziatura doppia e unospazio aggiuntivo tra i paragrafi. L’elabo-rato deve comprendere margini di almeno2,5 cm e riportare i numeri di pagina nel-l'angolo in alto a destra vicino al titolo cor-rente. Gli Autori devono utilizzare unaterminologia che si basi sul Sistema In-ternazionale delle unità di Misura (SI).6. Gli Autori dei testi sono invitati adusare un linguaggio non sessista e amostrare di essere sensibili alla adeguatadescrizione semantica di persone conmalattie croniche e invalidità (come sot-tolineato – ad esempio – in un editorialedi Medicine & Science in Sports & Exer-cise®, 23(11), 1991). Come regola ge ne -rale, devono essere utilizzate soloabbreviazioni e simboli codificati. Se si uti-lizzano abbreviazioni inconsuete, esse de-vono essere spiegate alla loro primaapparizione nel testo. I nomi dei marchi difabbrica devono essere scritti conl’iniziale maiuscola e la loro ortografiadeve essere controllata. I nomi dei com-posti chimici e i nomi generici devono pre-cedere il nome commerciale ol’abbreviazione di un farmaco la primavolta che esso viene utilizzato nel testo.
INDICAZIONIPER GLI AUTORI NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DI LAVORI DI RICERCA DA PUBBLICARE SU STRENGTH & CONDITIONING. PER UNA SCIENZA DEL MOVIMENTO DELL’UOMO (S&C)
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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
INDICAZIONIPER GLI AUTORINORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI DI LAVORI DI RICERCA DA PUBBLICARE SU STRENGTH & CONDITIONING. PER UNA SCIENZA DEL MOVIMENTO DELL’UOMO (S&C)
PREDISPOSIZIONE DEI DATTILOSCRITTI
1. Pagina di titoloLa pagina di titolo deve comprendere il titolodell’elaborato, il titolo corrente in breve, il labo-ratorio o i laboratori dove sono state condottele ricerche, il nome per intero dell’Autore odegli Autori, il dipartimento, l’istituzione, l’indi-rizzo di posta completo dell’Autore corrispon-dente, compresi il numero di telefono, ilnumero di fax e l’indirizzo di posta elettronica;inoltre, la dichiarazione dei finanziamenti rice-vuti per il lavoro, ove ne ricorra il caso.
2. Pagina di titolo senza il nome degli AutoriDeve essere acclusa una seconda pagina con-tenente solo il titolo dell’elaborato. Tale paginasarà usata per spedire l’elaborato ai Sigg. Re-visori, per il processo di revisione in doppiocieco dei lavori.
3. Riassunto e Parole chiaveSu un foglio separato, deve essere riportatoun riassunto dell’elaborato di non più di 250parole, seguite da un minimo di 3 a un mas-simo di 6 parole chiave, non utilizzate neltitolo. Il riassunto deve essere strutturato infrasi (non titoli) correlate allo scopo dello stu-dio, ai metodi, ai risultati, alle conclusioni e alleapplicazioni pratiche derivanti dal lavoro pre-sentato.
4. TestoIl testo deve essere composto, di norma, dalleseguenti sezioni con titoli tutti in maiuscolo enel seguente ordine:A. Introduzione. Questa sezione è uno sviluppoattento delle ipotesi dello studio che hannocondotto a realizzare l’indagine. È consigliabilenon usare sottotitoli in questa sezione e cer-care di limitarla a 4-6 paragrafi, scritti inmaniera concisa.B. Metodi. All’interno della sezione Metodi,sono richiesti i seguenti sottotitoli nell’ordine diseguito indicato: “Approccio sperimentale alproblema”, dove l’Autore o gli Autori mostranocome l’impostazione dello studio sia in grado didimostrare le ipotesi sviluppate nell’intro-duzione e di offrire alcuni principi di base per lescelte fatte riguardo alle variabili indipendentie dipendenti usate nello studio; “Soggetti”,dove gli Autori inseriscono l’approvazione delloro progetto da parte degli organismi di con-trollo, se esistenti, e l’appropriato consensoinformato ottenuto. Tutte le caratteristiche deisoggetti che non sono variabili dipendenti dellostudio devono essere inserite in questa sezionee non nella sezione “Risultati”; “Procedure”, inquesta sezione sono presentati i metodi usatitenendo presente il concetto di possibilità di“replicazione dello studio”; “Analisi statistiche”,è la sezione dove si dichiara chiaramente l’ap-proccio statistico all'analisi della serie o delleserie di dati. È importante inserire il livello α disignificatività (p. e., P ≤ 0,05). Si prega di in-serire nell’elaborato la potenza statistica per ladimensione n utilizzata e l’affidabilità delle mi-sure dipendenti con coefficiente di correlazioneintra-classe (ICC). Possono essere utilizzatisottotitoli aggiuntivi, ma il loro numero deve es-sere il più possibile limitato.C. Risultati. In questa sezione, vengono presen-tati i risultati dello studio. Presentare i riscon-tri più importanti sotto forma di tabelle e figuree quelli meno importanti nel testo. Non inseriredati che non siano parte del progetto speri-mentale o che siano stati già pubblicati.D. Discussione. In questa sezione, vengono dis-cussi i risultati dello studio. Essi devono esserecorrelati con la letteratura attualmente es-istente; occorre assicurarsi quindi di avere com-pletato l'elaborato con ciascuna delle ipotesi.
Si suggerisce di limitare dichiarazioni ovvie,del tipo: "è necessario condurre ulterioriricerche, ecc. ecc.”.E. Applicazioni pratiche. In questa sezione, diimportanza fondamentale, indicare all’allena-tore o al professionista di movimento e disport come applicare e utilizzare i dati ripor-tati nell’elaborato. È una caratteristica di-stintiva di S&C, anche secondo la missioneeditoriale (vedi sopra), quella di provare a col-mare le lacune tra il professionista di labora-torio e il professionista di campo (“bridging thegap”).
5. BibliografiaTutti i riferimenti bibliografici devono essere elen-cati in ordine alfabetico in base al cognome delprimo autore e numerati. Il richiamo nel testodelle voci bibliografiche deve essere fatto connumeri [p. e., : (4, 9)]. Tutte le voci bibliograficheelencate devono essere citate nell’elaborato eindicate con numeri. Si prega di controllare at-tentamente l’accuratezza della bibliografia, so-prattutto per evitare – in fase di predisposizionedelle bozze di stampa – cambiamenti nelle vocibibliografiche, soprattutto riguardanti l’ordinenumerico in cui le citazioni compaiono.
6. RingraziamentiIn questa sezione, si possono inserire le infor-mazioni relative all’identificazione delle fonti difinanziamento, le informazioni di contatto del-l’Autore corrispondente aggiornate e le espres-sioni di ringraziamento verso altri soggetticoinvolti nell’esecuzione dell’esperimento, ove sisia trattato di esperimento. In questa parte deldocumento, devono essere incluse le infor-mazioni relative ai conflitti di interesse. In par-ticolare, gli Autori devono: 1) dichiarare ilrapporto professionale con altre aziende o pro-duttori che beneficeranno dei risultati dello stu-dio e 2) citare la specifica sovvenzione difinanziamento a sostegno dello studio. La man-cata dichiarazione di tali informazioni potrebbecomportare il rifiuto dell’elaborato presentato.
7. FigureLe legende delle figure devono essere presen-tate su pagine separate e ciascuna figuradeve comparire su un’apposita pagina. Cia-scun elaborato dovrebbe essere accompa-gnato da un insieme di figure. Le fotografieelettroniche copiate e incollate in Word ePowerPoint non potranno essere accettate.Le immagini devono essere scannerizzate adun minimo di 300 pixel per inch (ppi). La Lineart deve essere scannerizzata a 1200 ppi. Siprega di indicare il formato del file dei grafici.Verranno accettati formati TIFF o EPS per pi-attaforme sia Macintosh che PC. Si ac-cettano anche file di immagini nei seguentiformati di file di applicazione nativa:• Adobe Photoshop (.psd)• Illustrator (.ai)• PowerPoint (.ppt)• QuarkXPress (.qxd)
Se si sta utilizzando una fotocamera digitaleper riprendere immagini per la stampa, si deveusare l’opzione di impostazione di massimarisoluzione con la minore compressione. Poichéi produttori di fotocamere digitali usano ter-mini e formati di file differenti per la ripresa diimmagini ad alta risoluzione, si prega di fareriferimento al manuale della propria fotoca-mera per maggiori informazioni.Disposizione. Assicurarsi di aver citato neltesto dell’elaborato tutte le figure e le tabelle.Mostrare anche dove vanno inserite annotan-dolo tra i paragrafi, per esempio: la Figura 1deve essere inserita in questo punto, oppurela Tabella 1 in quest’altro; ecc.
8. TabelleLe tabelle devono essere dattiloscritte aspaziatura doppia su pagine separate e in-cludere un titolo breve. Fare in modo che vi siamolto spazio all’interno delle tabelle e usare ilminor numero possibile di regole di impagi-nazione delle righe. Quando sono necessarie letabelle, le informazioni non devono essere unduplicato di dati già presenti nel testo. Tutte lefigure e le tabelle devono includere deviazionistandard o errori standard.
COSTI A CARICO DEGLI AUTORIS&C non fa pagare agli Autori degli elaborati al-cuna quota di presentazione o una tariffa perpagina. Proprio per questo si presume che, unavolta che il manoscritto sia stato accettatoper la pubblicazione e inviato in tipografia, essosia nella sua forma definitiva.
TERMINOLOGIA E UNITÀ DI MISURAIn base a quanto stabilito dal Comitato Scien-tifico di S&C e al fine di promuovere l’unifor-mità e la chiarezza dell’esposizione tra tutte leriviste scientifiche, gli Autori sono invitati adutilizzare termini standard generalmente ac-cettati nel settore delle scienze motorie edello sport. Il Comitato Scientifico di S&C ac-cetta l’uso dei termini e delle unità di misuraseguenti.Le unità di misura usate saranno quelle delSistema Internazionale delle unità di Misura(SI). Eccezioni consentite al SI sono: la fre-quenza cardiaca: battiti al minuto; la pressionearteriosa: mm hg; la pressione dei gas: mmhg. Gli Autori possono fare riferimento alBritish Medical Journal (1:1334-1336, 1978)e agli Annals of Internal Medicine (106:114 -129, 1987) per esprimere in modo correttoaltre unità di misura o abbreviazioni. Quando siutilizzano unità di misura, si prega di collocareil simbolo di moltiplicazione a metà riga perevitare di generare confusione con i punti difine frase; p. e., ml•min-1•kg-1.Tra le unità semplici e quelle derivate più co-munemente usate nei rapporti di ricerca diquesta rivista vi sono:massa: grammo (g) o kilogrammo (kg); forza:newton (N); distanza: metro (m), kilometro (km);temperatura: grado Celsius (°C); energia,calore, lavoro: joule (J) o kilojoule (kj); potenza:watt (W); momento: newton per metro (N•m);frequenza: hertz (hz); pressione: pascal (Pa);tempo: secondo (s), minuto (min), ora (h); volu-me: litro (l), millilitro (ml); e il quantitativo di unaparticolare sostanza: moli (mol), millimoli (mmol).Fattori di conversione selezionati:• 1 N = 0,102 kg (forza);• 1J = 1 N•m = 0,000239 kcal=0,102 kg•m;• 1 kj = 1000 N•m = 0,239 kcal = 102 kg•m;• 1 W = 1 J• s-1 = 6,118 kg•m•min-1.Quando si utilizza la nomenclatura per i tipi difibre muscolari, si prega di utilizzare i seguentitermini. I tipi di fibre muscolari possono essereidentificati avvalendosi dei metodi di classifi-cazione istochimici o con elettroforesi su gel. Lacolorazione istochimica delle ATPasi è impiegataper separare le fibre nelle forme di tipo I (a con-trazione lenta), di tipo IIa (a contrazione veloce)e di tipo IIb (a contrazione veloce). Il lavoro diSmerdu et al. (AJP 267: C1723, 1994) indicache le fibre di tipo IIb contengono la catena pe-sante della miosina di tipo IIx (tipizzazione dellefibre con elettroforesi su gel). Per soddisfare l’e-sigenza di continuità e per ridurre la confusionesu questo punto, si raccomanda che gli Autoriutilizzino IIx per indicare quelle che venivano chia-mate fibre IIb (Smerdu V, Karsch-Mizrachi I,Campione M, Leinwand L, and Schiaffino S., TypeIIx myosin heavy chain transcripts are expressedin type IIb fibers of human skeletal muscle. Am JPhysiol 267 (6 Pt 1): C1723-1728, 1994).
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