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REGIONE LAZIO PROVINCIA DI ROMA COMUNI DI TIVOLI E GUIDONIA STUDIO PER LA RIQUALIFICAZIONE E RICONVERSIONE DELLA CAVE DI TRAVERTINO Studio geologico, idrogeologico, urbanistico-architettonico con elaborati grafici e discussione sulle problematiche di compatibilità ambientale dell’attività estrattiva e sui possibili scenari futuri R R R E E E L L L A A A Z Z Z I I I O O O N N N E E E T T T E E E C C C N N N I I I C C C O O O - - - D D D E E E S S S C C C R R R I I I T T T T T T I I I V V V A A A Gruppo di lavoro: ing. Vito Bretti per gli aspetti di riempimento delle cave arch. Alessandro Panci per il coordinamento e per gli aspetti di riconversione e valorizzazione dei siti estrattivi geol. Pier Paolo Poncia per gli aspetti geologici e idrogeologici lì 15 febbraio 2006

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REGIONE LAZIO PROVINCIA DI ROMA

COMUNI DI TIVOLI E GUIDONIA

SSTTUUDDIIOO PPEERR LLAA RRIIQQUUAALLIIFFIICCAAZZIIOONNEE EE RRIICCOONNVVEERRSSIIOONNEE

DDEELLLLAA CCAAVVEE DDII TTRRAAVVEERRTTIINNOO

Studio geologico, idrogeologico, urbanistico-architettonico con elaborati grafici e discussione

sulle problematiche di compatibilità ambientale dell’attività estrattiva e sui possibili scenari

futuri

RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE

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Gruppo di lavoro:

ing. Vito Bretti

per gli aspetti di riempimento delle cave

arch. Alessandro Panci

per il coordinamento e per gli aspetti di riconversione e valorizzazione dei siti

estrattivi

geol. Pier Paolo Poncia

per gli aspetti geologici e idrogeologici

lì 15 febbraio 2006

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

2

ABSTRACT

Oggetto: Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

Il presente studio nasce dalla convergenza di studiosi e professionisti del territorio tiburtino

che, animati da un interesse comune e con lo scopo di contribuire alla risoluzione delle problematiche riguardanti i dissesti all’interno del bacino travertinifero di Tivoli Terme – Guidonia e dalla volontà di porre in evidenza dei possibili scenari di riconversione dell’attività estrattiva, hanno intrapreso la presente relazione di studio, attraverso l’analisi delle seguenti tematiche-proposte.

1. Ripristino delle aree escavate tramite il riempimento con materiali di scarto nelle lavorazioni del travertino e inerti derivanti dai cantieri edili selezionati conformemente alla normativa vigente al fine di non inquinare le acque del sottosuolo. Possibilità di attivare delle discariche a pagamento sino al completo riempimento, al fine di ottenere un’attività economica in grado di impiegare il personale attualmente utilizzato nell’estrazione del travertino. Le cave riempite verranno recuperate sotto il profilo ambientale e paesaggistico ed in alcuni casi diverranno spazi di servizio per le future attività produttive ubicate negli stabilimenti convertiti.

2. Misure per la tutela delle risorse idriche sotterranee in corrispondenza delle aree di cava ed eventuale impiego a fini termali con la possibile cessione a pagamento dell’acqua pompata a monte alle vasche termali, abbassando così la falda prima delle cave di estrazione e senza che subisca l’inquinamento delle fasi di lavorazione.

3. Limitare l’estrazione del travertino in funzione della compatibilità idrogeologica posta alla profondità di 25-30 m, con variazioni rispetto al bacino idrografico ed in base alla quota di falda.

4. Riconversione delle cave al fine di impiegare gli addetti all’estrazione in nuove attività e la formazione del “Parco diffuso delle cave di travertino”; L’allungamento della linea metro o FF.SS. Roma-Tivoli Terme fino alle cave comprese tra gli abitati di Villanova e Villalba, passando al di sotto della via Tiburtina, farà fermata all’interno della cava, permettendo così l’estrazione del travertino e non spostando l’attuale tracciato viario (se non temporaneamente per permettere l’escavazione). A ridosso della Metro saranno ubicati parcheggi multipiano interni alle zone escavate e stazioni di scambio ferro-gomma. Così facendo l’area si presterà al riutilizzo delle strutture edilizie esistenti sempre a fini produttivi ma convertendo la produzione (si ipotizza anche la realizzazione di edifici per uffici), inoltre con la parallela alla Tiburtina e il secondo ponte sull’Aniene, previsti nel PRUSST, la zona sarà facilmente collegata con il casello autostradale. Per il Casale del Barco e le altre emergenze storico-archeologiche sarà prevista una musealizzazione diffusa che comprenderà un “Parco agricolo” lungo il fiume Aniene, percorsi ciclabili e spazi espositivi esterni ed interni, una fascia attrezzata posta tra la via Tiburtina e il fiume Aniene; al fine di valorizzare i siti storico-archeologici, far rivivere ai visitatori l’estrazione, il trasporto e la lavorazione della pietra, ossatura portante di edifici classici (Colosseo, Teatro di Marcello, ecc.) e rivestimento di fontane e palazzi della Roma rinascimentale e barocca (piazza di Spagna, le fontane di piazza Navona, ecc.).

5. Spostamento temporaneo della via Tiburtina sulle zone riempite e sfruttamento del giacimento di travertino al di sotto dell’attuale sede stradale.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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INDICE

1 Premessa .......................................................................................................................................4 2 L’area in analisi ............................................................................................................................4 3 Lo stato dei luoghi ........................................................................................................................5 4 Le proposte analizzate: .................................................................................................................6 5 La cartografia di base ...................................................................................................................6 6 Ripristino delle aree escavate .......................................................................................................7

6.1 Premessa ..............................................................................................................................7 6.2 Quadro normativo di riferimento .........................................................................................9 6.3 Obiettivi dell’intervento.....................................................................................................11 6.4 Il ripristino delle aree escavate ..........................................................................................13

6.4.1 Ipotesi di riutilizzo delle aree di cava ....................................................................15 6.5 I materiali di recupero........................................................................................................21 6.6 Scenari di sviluppo alternativi ...........................................................................................23

6.6.1 Criteri di scelta .......................................................................................................27 6.7 Aspetti ambientali e restauro dei luoghi ............................................................................28

7 Misure per la tutela delle risorse idriche sotterranee in corrispondenza delle aree di cava ed eventuale impiego a fini termali.........................................................................................................29 8 Profondità di coltivazione in relazione alla compatibilità idrogeologica...................................33 9 Riconversione delle cave............................................................................................................33

9.1 L’ipotesi di riconversione ..................................................................................................34 9.2 La compatibilità con la pianificazione urbanistica vigente................................................35

9.2.1 Congruità con i PRG dei Comuni di Tivoli e Guidonia........................................35 9.2.2 Congruità con la pianificazione a scala sovracomunale (P.T.P., P.T.P.G.,

P.A.I.) .....................................................................................................................37 9.2.3 Relazioni con le infrastrutture esistenti e previste dal PRUSST............................38

9.3 La compatibilità con i vincoli esistenti ..............................................................................39 9.3.1 Compatibilità con i vincoli archeologici ................................................................39 9.3.2 Compatibilità con i vincoli paesaggistici e S.I.C. ..................................................39 9.3.3 Compatibilità con gli altri vincoli (acquedotto, linea elettrica ecc) .......................39

9.4 I benefici per gli imprenditori ............................................................................................40 9.5 I benefici per i residenti nelle aree limitrofe ......................................................................40 9.6 Gli strumenti attuativi ........................................................................................................40 9.7 Alcuni esempi ....................................................................................................................41

10 Scavo e utilizzo del travertino al di sotto della via Tiburtina.....................................................45 11 Elenco allegati ............................................................................................................................45 12 Schemi grafici allegati................................................................................................................45

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1 PREMESSA Il presente studio nasce dalla convergenza di studiosi e professionisti del territorio tiburtino

che, animati da un interesse comune e con lo scopo di contribuire alla risoluzione delle

problematiche riguardanti i dissesti all’interno del bacino travertinifero di Tivoli Terme – Guidonia

e dalla volontà di porre in evidenza dei possibili scenari di riconversione dell’attività estrattiva,

hanno intrapreso la presente relazione di studio.

Questo studio non vuole indicare puntualmente le localizzazioni dei singoli interventi ma

l’intenzione è di delineare una linea di azione che ha come obiettivo la riconversione e la

valorizzazione del sistema estrattivo.

2 L’AREA IN ANALISI L’area di studio è compresa nei territori comunali di Tivoli e Guidonia Montecelio (Roma)

ed è delimitata da rilievi di modesta altezza quali i Monti Cornicolani a nord e dei Monti Tiburtini e

Lucretili ad est, mentre l’alveo del fiume Aniene ne borda il settore meridionale. I depositi vulcanici

più settentrionali del Vulcano Laziale (Complesso vulcanico dei Colli Albani) ne costituiscono il

limite occidentale (Fig.1).

Fig. 1 –Ubicazione del Bacino delle Acque Albule. (per la legenda si rimanda all’allegato B)

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All’ interno della Piana, circa 10 km ad Est di Roma, è compreso il Bacino delle Acque

Albule, il quale si presenta come una depressione morfologica di recente formazione avente

un’estensione di circa 30 km2, una lunghezza in senso meridiano di circa 7 km e una pendenza

generale da nord verso sud e da est verso ovest, con quote che variano da circa 80 m s.l.m. a meno

di 50 m s.l.m. Quest’area è nota per le sorgenti idrotermali e per i depositi di travertino ad esse

associati ed oggetto di attività estrattiva sin dall’epoca Romana.

Le caratteristiche morfologiche fanno si che a chiunque si trovi dentro quest’area, il cui

centro cade poco al di sopra della via Tiburtina, sembra di trovarsi nel mezzo di un lago

prosciugato, da qui il nome di “Lago Tiburtino”, datogli dal Rusconi e dal Ponzi sin dalla metà

dell’Ottocento.

La zona delle Acque Albule è un campo di doline, alcune trasformate in laghetti, ora

prosciugati, ora attivi. Tra quelli ormai bonificati od ospitanti acque piovane soltanto nelle stagioni

piovose, ricordiamo il Lago dei Tartari, il Pantano ed altri, per i quali non esiste neanche un

toponimo, rimasti disseccati per le incrostazioni calcaree dei vegetali.

Tra quelli ancora attivi, il lago di S. Giovanni, il laghetto dell’Inferno, i laghetti della Regina

e delle Colonnelle (sorgenti delle acque sulfuree dette “Albule” per il loro colore biancastro,

lattiginoso).

Il margine meridionale del Bacino delle Acque Albule è attraversato dall’ Aniene, allorché

le sue acque si sono ricomposte dopo i salti che i suoi rami fanno dal terrazzo di Tivoli ( Maxia,

1950b1).

3 LO STATO DEI LUOGHI L’area delle cave di travertino ricade oggi nei comuni di Tivoli e Guidonia e corrisponde ad

un’area di concentrazione produttiva, con cave aperte ed in parte momentaneamente non attive, di

forte connotazione ambientale e paesaggistica grazie alla vicinanza dell’Aniene e alla presenza di

numerose risorse storiche e naturali. I giacimenti dimessi sono in gran parte occupati da

insediamenti urbani di realizzazione recente. Alcune delle cave sono state colmate da acque di

falda. L’attività estrattiva è concentrata nelle zone del Barco, di Vallepilella e delle Fosse, produce

1 milione di metri cubi di materiale all’anno (50% di travertino commerciale e 50% di materiale

riutilizzato in altre attività) ed è articolata in circa 50 unità di cava.

1 MAXIA C. (1950b) — Il Bacino delle Acque Albule (Lazio). Contributi di Scienze Geologiche, Supp. Ric. SC.20-27, Univ. Roma.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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L’area è al centro di un ampio sistema di relazioni di livello locale e metropolitano grazie

anche alle molteplici attività produttive e di servizio che nel tempo sono state integrate con il settore

estrattivo: industria cartaria, captazione dell’acqua, allevamento, industria edilizia, impianti termali,

ecc. Il settore estrattivo oggi ha ricadute soprattutto di tipo economico ed occupazionale per l’area,

il continuo lavoro contraddistingue un paesaggio estrattivo ben marcato, ciò può essere considerato

suo pregio e difetto dato che, seppur affascinano i bancali a cielo aperto e le stratificazioni a vista

del banco di travertino, è anche un detrattore della qualità ambientale rispetto il contesto territoriale.

Al contempo è da rilevare un rapporto in antitesi tra i ‘cavatori’ e la popolazione limitrofa alle

zone di escavazione che ha portato più volte, spesso senza verifiche tecniche, ad incriminare

l’attività estrattiva come causa dei dissesti provocati sulle abitazioni circostanti.

4 LE PROPOSTE ANALIZZATE: 1. Ripristino delle aree escavate;

2. Misure per la tutela delle risorse idriche sotterranee in corrispondenza delle aree di cava ed

eventuale impiego a fini termali;

3. Limitare l’estrazione del travertino in funzione della compatibilità idrogeologica;

4. Riconversione delle cave al fine di impiegare gli addetti all’estrazione in nuove attività e la

formazione del “Parco diffuso delle cave di travertino”;

5. Spostamento della via Tiburtina sulle zone riempite e sfruttamento del giacimento di

travertino al di sotto dell’attuale sede stradale.

5 LA CARTOGRAFIA DI BASE Per il presente studio è stata presa come base la Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000, la

tavoletta IGM 1:25.000 e le carte tematiche alle rispettive scale.

Tutte queste carte rappresentano una realtà territoriale ormai modificata dall’attività estrattiva

ma possono comunque essere prese a riferimento dato che questo studio non vuole indicare

puntualmente le localizzazioni dei singoli interventi ma l’intenzione di delineare un profilo di

azione che dovrà essere sviluppato su un rilievo accurato.

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7

6 RIPRISTINO DELLE AREE ESCAVATE

6.1 Premessa

Nel presente capitolo vengono affrontati gli interventi di ripristino delle aree soggette

all’escavazione del travertino nelle zone oggetto di studio in relazione agli obiettivi specifici

individuati nel presente documento.

Il recupero delle cave di travertino si concretizza generalmente attraverso il riempimento con

materiali di varia natura e origine, scelti in relazione a:

• fabbisogni specifici;

• disponibilità di mercato;

• eventuali indirizzi di programma;

• obbiettivi prefissati per il reinserimento del sito nel contesto paesaggistico ed

ambientale in cui si inserisce.

Nel caso specifico il riempimento potrebbe avvenire con materiali di scarto derivanti dalle

lavorazioni del travertino stesso e/o materiali inerti in generale, quali ad esempio quelli selezionati

provenienti dai cantieri edili.

Il reinserimento delle aree di cava nell’attuale tessuto urbanistico dovrà comunque prevedere

l’utilizzo di materiali e metodi conformi agli standard tecnici in materia al fine di minimizzare gli

impatti sulle matrici ambientali e sul paesaggio.

In questo ambito di intervento non è da escludere la possibilità di inquadrare il recupero delle

cave di travertino esaurite, o comunque non più sfruttabili, in un contesto di discariche per rifiuti

inerti, trasformando le attuali cave in idonei siti di smaltimento controllato sino al completo

riempimento e successivo recupero ambientale finale, come previsto dalle attuali normative.

Tale ultima possibilità offrirebbe, parallelamente al recupero delle aree di cava, la possibilità di

incentivare lo sviluppo economico-sociale locale attraverso l’impiego di forze lavoro nelle attività

di smaltimento, eventualmente utilizzando il personale attualmente impiegato per le attività di

estrazione del travertino.

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8

Panoramica di una cava di materiale lapideo

Particolare della zona di estrazione del materiale lapideo

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6.2 Quadro normativo di riferimento

Nel presente paragrafo, relativamente alle attività di gestione e recupero delle aree di cava, si

riepiloga la normativa (europea, nazionale e locale) a cui si è fatto riferimento per la stesura del

presente documento.

Generalmente i materiali utilizzati per il recupero, o ritombamento, delle cave consistono in

materiali inerti di diversa origine, il cui uso è normato in vari settori legislativi.

In particolare, in relazione ai potenziali scenari di intervento considerati nella presente

relazione, le norme di riferimento sono:

• leggi relative alle attività di cava, sia nazionali che locali;

• leggi relative allo smaltimento dei rifiuti.

Per quanto riguarda la legislazione sulle cave, il documento normativo che disciplina le

attività estrattive è costituito dal Regio Decreto n.1443 del 29 luglio 1927, definendo l’attività di

cava come “quella diretta all’estrazione di sostanze minerali quali materiali per costruzioni

edilizie, stradali e idrauliche, minerali utilizzabili industrialmente e che non possono essere

compresi tra i minerali pregiati (metalli, fonti energetiche e minerali di interesse strategico)

oggetto delle attività di miniera”.

Con il D.P.R. 616 del 1977 le competenze per le cave sono passate alle Regioni, anche se a

livello statale sono stati sviluppati interventi mirati a contemplare il rilascio delle autorizzazioni per

l’attività di cava con la protezione del paesaggio e dell’ambiente (Legge 8 marzo 1985, n.431, art.1-

bis). A seguito di tale legge molte Regioni hanno sviluppato leggi di settore e, in alcuni casi, veri e

propri piani per le attività estrattive.

In tal senso un caso tipico è rappresentato dalla Regione Toscana, in cui le attività estrattive

sono disciplinate dalla Legge Regionale n. 36 del 30 aprile 1980 “Disciplina transitoria per la

coltivazione di cave e torbiere”.

La necessità di poter affrontare in modo unitario i vari aspetti del settore delle attività

estrattive, quali la programmazione e gestione delle attività ordinarie, le attività straordinarie

collegate alle opere pubbliche e le attività minerarie in attuazione del D.Lgs. n. 112/98, ha dato

luogo all’emanazione della L.R. 3 novembre 1998 n. 78 “Testo unico in materia di cave, torbiere,

miniere, recupero di are escavate e riutilizzo di residui recuperabili”, basato sul principio

fondamentale dello sviluppo sostenibile.

Successivamente la Regione Toscana ha adeguato il sua Piano di Indirizzo Territoriale con

l’inserimento di un rinnovato piano delle attività estrattive, denominato PRAER, che definisce sia

gli obiettivi e gli indirizzi di riferimento per la pianificazione degli Enti Locali, ponendo a loro

disposizione il quadro conoscitivo generale delle risorse, dei vincoli, delle limitazioni d’uso del

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10

territorio e dei fabbisogni, sia il dimensionamento dei materiali prelevabili dall’escavazione e di

quelli provenienti dal recupero necessari al loro soddisfacimento.

Per quanto riguarda più strettamente la Regione Lazio si cita la Legge Regionale n. 30 del 30

novembre 2001 “Disciplina dell'attività estrattiva iniziata legittimamente ai sensi della vigente

normativa regionale in materia di coltivazione di cave e torbiere, in conformità alle leggi statali e

regionali di tutela paesistica ed ambientale”.

Successivamente è stata emanata la Legge Regionale n. 17 del 6 dicembre 2004 “Disciplina

organica in materia di cave e torbiere e modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14

(Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento

amministrativo) e successive modifiche” che, tra le principali finalità ha quella di disciplinare

l'attività estrattiva di materiali di cava e torbiera nonché programmare le attività per il

soddisfacimento del fabbisogno regionale, in armonia con gli indirizzi della programmazione socio

– economica, ambientale e territoriale. Tale atto normativo introduce il piano regionale delle attività

estrattive del Lazio (PRAE) quale documento di programmazione settoriale e pianificazione per le

attività di cava.

Successivamente all’emanazione della suddetta legge regionale, è stato pubblicato il

Regolamento di attuazione dell’articolo 7 della citata legge, che disciplina anche sul programma di

recupero ambientale delle cave dimesse.

Per quanto riguarda invece la normativa sui rifiuti, l’analisi degli atti legislativi del settore

rifiuti evidenzia una situazione a volte contraddittoria e non chiara per quanto concerne i materiali

di scavo.

La prima definizione di rifiuto (Direttiva 75/442, aggiornata dalla Direttiva 91/156, e DPR

915/82) è molto ampia e tale da includere anche “i materiali per i quali il produttore o detentore

non ha manifestato espressamente la volontà di abbandonarli, ma che nel luogo in cui sono ed in

quel determinato momento non possono essere utilizzati in alcun modo”. Pertanto, questa

definizione comporta l’inclusione tra i rifiuti non solo dei veri e propri scarti di lavorazione ma

anche di tutti quei prodotti che, anche se materie prime, risultano fuori specifica, o non trovano un

impiego diretto e immediato nel luogo di produzione, indipendentemente dal loro valore

economico.

Tuttavia, la normativa europea (e, quindi, quella italiana da essa derivata) sottrae

esplicitamente al regime dei rifiuti “gli scarti derivanti dallo sfruttamento di risorse minerali e

cave”2, del tutto analoghi ai materiali di scavo.

2 Direttiva 75/442, art.2. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva:“…ii) i rifiuti

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

11

Nella prima versione del D.Lgs. 22/97 i materiali di scavo sono stati esplicitamente sottratti al

regime di rifiuti mentre nella successiva modifica (D.Lgs. 389/97) questa esclusione è stata

mantenuta in modo implicito (classificando come rifiuti solo i materiali di scavo pericolosi).

Bisogna sottolineare che il D.Lgs. 22/97 prevede che vengano escluse dalla disciplina dei

rifiuti tutti quei materiali di scarto per i quali sia individuabile una apposita disciplina di settore (art.

8: “in quanto disciplinate da specifiche disposizioni di legge”). Secondo alcuni autorevoli

commentatori (v. Sole 24 Ore del 6.4.2001, pag. 27) nel caso dei materiali di scavo non

esisterebbero specifiche disposizioni di legge, tuttavia, esistono sostanziali analogie tra le attività di

scavo e le attività di cava che consentono di utilizzare la normativa di queste ultime anche nel caso

dei materiali di scavo.

Allo stato attuale, la norma di riferimento principale che riprende la definizione di rifiuto inerte

è il D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, che definisce il rifiuto inerte come “i rifiuti solidi che non

subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si

dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono

biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da

provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a

percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei percolati devono

essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e

sotterranee”.

6.3 Obiettivi dell’intervento

Il presente studio è finalizzato ad individuare le possibilità di intervento per il recupero delle

aree escavate, tenendo in considerazione le varie opportunità di azione, allo scopo di consentire da

un lato il proseguimento delle attività di escavazione in corso e dall’altro lo sviluppo di attività che

già in questa fase tendano a favorire il recupero ambientale delle aree di escavazione

momentaneamente non attive e/o in esercizio, per salvaguardare la morfologia del territorio e per

attenuare la visibilità paesaggistica dell’attività estrattiva.

Nel valutare gli obbiettivi specifici dell’intervento non si può quindi non tener conto di una

serie di aspetti che inevitabilmente rientrano nel ciclo di vita di una cava, in armonia con gli

indirizzi della programmazione economica, ambientale e territoriale, ed in particolare:

• la fattibilità degli interventi proposti in futuro dovrà passare attraverso una

programmazione settoriale che incentivi il recupero ambientale delle cave risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave”.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

12

momentaneamente non attive e/o in esercizio, anche in ottemperanza delle attuali

normative di settore;

• dell’utilizzo equilibrato e sostenibile delle risorse del territorio, obiettivo fondamentale

alla base dei recenti piani regionali di recupero delle attività estrattive;

• della pianificazione dell'attività di cava all'interno del territorio tiburtino, nonché del

recupero delle aree escavate e del riutilizzo dei residui recuperabili e non, integrato con gli

attuali principi dello sviluppo sostenibile;

• dei criteri specifici propri della successiva fase di pianificazione degli interventi, ossia:

o gli interventi da realizzare e le relative priorità, in conformità a quanto previsto

dall’articolo 20, comma 3, della L.R.17/2004;

o la valutazione costi/benefici degli interventi individuati, eventualmente

attraverso un’analisi del ciclo di vita del sito di interesse;

o il programma di recupero ambientale;

• dell’applicazione dei principi di sviluppo sostenibile, nel rispetto degli strumenti di

pianificazione territoriale;

• dell’incentivazione del recupero di aree degradate e in particolare delle aree di cava quasi

esaurite o momentaneamente non attive;

• delle potenziali trasformazioni del sistema idrogeologico, da evitare attraverso

l’incentivazione di interventi tesi al mantenimento o al miglioramento della qualità delle

acque sotterranee e delle specie arboree esistenti;

• del rispetto di limitazioni d’uso e vincoli derivanti da disposizioni normative;

• dell’incentivazione delle sinergie tra le attività economiche e produttive al fine di ridurre

gli effetti negativi sulle risorse del territorio;

• della tutela e della sicurezza del lavoro;

• della valutazione della compatibilità con la rete infrastrutturale esistente e le eventuali

necessità di adeguamento;

• dello sviluppo dell’occupazione, nel rispetto delle attività economiche preesistenti;

• della qualificazione produttiva e dell’innovazione tecnologica del settore e delle imprese;

• della semplificazione e della trasparenza dell’azione amministrativa.

L’attenzione quindi è anche rivolta alla riduzione del prelievo di risorse pregiate e insostituibili

ed al loro uso efficiente, criterio che è alla base di un corretto sviluppo verso la sostenibilità

ambientale.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

13

Questo approccio, infatti, è ormai da anni condiviso dalle principali agenzie internazionali

(ONU, OCSE) e da molte associazioni del mondo produttivo, come ad esempio il World Business

Council for Sustainable Development.

6.4 Il ripristino delle aree escavate

Molto spesso, ed in gran parte del territorio nazionale, molte delle cave momentaneamente non

attive prima dell'entrata in vigore della normativa regionale di settore non sono state oggetto dei

necessari elementi di risistemazione ambientale o di messa in sicurezza, e possono rappresentare

pertanto un elemento di degrado del territorio e, a volte, un potenziale pericolo.

Per ripristino ambientale non deve intendersi solo e necessariamente la restituzione dell'area

escavata al suo stato originale, bensì il suo inserimento nell'ambiente circostante in maniera tale da

ristabilire un equilibrio ormai perso, costituendo ineluttabilmente una normale fase operativa del

lavoro estrattivo.

Area di cava dismessa con necessità di interventi di recupero

Un ulteriore aspetto critico è rappresentato spesso dalla mancanza di indirizzi nell’ambito della

programmazione urbanistica e territoriale.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

14

Occorre individuare specifici criteri di riqualificazione ambientale compatibile sia con le

potenzialità intrinseche del territorio, sia con gli aspetti legati alla tutela ambientale, paesaggistica

ed archeologica.

Ciò vale sia per i siti ormai quasi esauriti che per quelli per i quali si prevede di proseguire

l’attività di estrazione.

Infatti, bisogna pensare all’intero ciclo di vita delle cave, e non solo al recupero finale,

integrando le attività di gestione con quelle future di ritombamento, in maniera tale da poter

sfruttare in maniera sinergica le risorse disponibili, spostandosi quindi verso i concetti della

sostenibilità ambientale.

La scelta del tipo di ripristino è condizionata da vari fattori fra i quali:

• le modalità di coltivazione adottate in passato ed eventualmente quelle previste per il

futuro;

• l'ampiezza e la profondità degli scavi;

• le caratteristiche dei materiali rimasti in posto;

• la presenza d'acqua;

• la vicinanza a centri urbani, a strade di grande comunicazione o a località di interesse

paesaggistico, ecc.

In tal senso è inevitabile quindi puntare l’attenzione anche sugli aspetti di gestione attuale che

dovranno prevedere l'uso ottimale della risorsa, le migliori condizioni di sicurezza del luogo di

lavoro, il maggior rispetto del territorio e delle sue risorse essenziali.

La pianificazione dell'attività di cava dovrà, infatti, essere sviluppata anche con l'adozione di

tecniche di escavazione innovative, garantendo il miglioramento delle condizioni di lavoro e della

sicurezza degli addetti e delle popolazioni comunque interessate.

Il risultato finale dovrà quindi essere quello di disporre, al termine della vita di una cava e

successivamente al suo ritombamento, di una potenziale risorsa per il territorio e per lo sviluppo

economico e sociale locale, ancorché provinciale e regionale.

Le potenzialità di riutilizzo delle attuali cave dimesse o in esercizio possono essere diverse, in

funzione degli obbiettivi programmatici, delle attuali realtà locali sia a livello socio-economico che

infrastrutturale.

Ovviamente a seconda delle potenzialità di sviluppo previste le modalità di ritombamento

potranno variare da caso a caso, nonché i materiali e le tecniche di ripristino.

La ricomposizione ambientale dei luoghi risulterà dalla sistemazione di settori non più

funzionali al cantiere, ottenendo in tal modo di minimizzare gli impatti visivi ed idrogeologici, e di

ottimizzare le risorse impiagate, siano esse tecniche che economiche.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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Le opere potranno essere realizzate utilizzando le stesse macchine ed attrezzature del cantiere

con evidente contenimento e diluizione dei relativi costi.

Alcuni esempi di riqualificazione delle cave possono essere i seguenti:

• creazione di parchi per attività ricreative, sociali, turistiche, ecc;

• potenziamento delle infrastrutture esistenti volte ad esempio ad aumentare in maniera

consolidata il tasso di occupazione locale;

• potenziamento delle attività commerciali ed industriali.

6.4.1 Ipotesi di riutilizzo delle aree di cava

Quando si pensa al riutilizzo delle aree di cava, molto spesso si parte da situazioni ancora in

fase di evoluzione, ossia da aree in cui le attività estrattive sono ancora in corso. In questo caso

occorre conciliare, per quanto possibile, il proseguimento delle attività con le previsioni di recupero

e riutilizzo delle aree di interesse.

A tal fine, alcuni degli aspetti da tenere in considerazione, nel caso di cave in fossa, sono i

seguenti:

• rapporti esistenti tra l'intervento estrattivo in corso, la tipologia di riutilizzo e i vincoli

paesaggistici ed ambientali dell'area;

• compatibilità dell'intervento previsto con il contesto paesistico-ambientale circostante;

• modalità e criteri di attuazione degli interventi di recupero ambientale dell'area di cava;

• eventuali difficoltà di attivare gli interventi di recupero contestualmente alle operazioni di

coltivazione;

• interferenza tra attività estrattiva e bacini idrogeologici di ricarica eventuali emergenze

captate.

Tali criteri sono a volte di non difficile attuazione visto che, come detto in precedenza, alcune

regioni hanno iniziato a pianificare il recupero delle aree di cava attraverso specifici strumenti

programmatici, quali ad esempio i piani di recupero delle attività estrattive.

In ogni caso, in mancanza di tali piani, normalmente il riuso delle aree di cava viene normato

dagli strumenti di pianificazione urbanistica, che per loro natura non entrano generalmente nel

dettaglio di come il recupero deve essere sviluppato, prevedendo per contro un semplice

ritombamento per riportare la morfologia allo stato iniziale.

Nell’ambito del presente studio sono stati identificati in maniera indicativa i seguenti interventi

di recupero delle aree di cava:

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• recupero finalizzato al ripristino della morfologia del territorio per permettere la

riconversione. Le modalità di ripristino previste dagli attuali ed esistenti piani delle attività

estrattive sono spesso orientate al ritombamento a piano campagna delle aree.

In questi casi potrebbe verificarsi un evidente gap tra l’effettiva disponibilità di materiale

idoneo al ritombamento e la domanda dello stesso. Nel caso di tale tipologia di ripristino, ed

in particolare a quella di tipo naturalistico, si potrebbe pensare, nella consapevolezza della

difficoltà del reperimento di materiali di ritombamento, a modellare l’intervento per

ottimizzarne le risorse disponibili e il reinserimento ambientale dell’area. Un esempio di

intervento è riportato nelle seguenti figure, dove il ripristino è effettuato attraverso la

realizzazione di una serie di gradonate rinverdite.

Recupero ambientale di una cava di inerti mediante gradoni e successivo riporto di terreno vegetale

Particolare della gradonata realizzata

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L’accortezza per tale tipologia di recupero è quella relativa all’ottenimento di un piano

campagna che abbia caratteristiche qualitative e strutturali in grado di accogliere specie

vegetali idonee allo sviluppo floro-faunistico;

• recupero finalizzato alla produzione di aree destinate al potenziamento delle infrastrutture

esistenti o alla creazione di nuovi servizi. Tale tipologia di recupero dovrà essere

inquadrata in relazione alle effettive e specifiche esigenze locali, valutate anche in relazione

alle eventuali previsioni di sviluppo dei PRG, per integrare le attuali infrastrutture o

potenziare quelle più carenti, ancorché crearne di nuove.

Si può andare, ad esempio, da semplici aree attrezzate a verde pubblico ad aree destinate a

nuove strutture (edifici, parcheggi, attività ricreative, poli sportivi, strutture interrate, ecc).

In questo caso la ricostituzione strutturale dell’area costituisce una fase alquanto delicata.

Infatti, prevedendo la realizzazione di strutture di varia natura ed entità, occorre

necessariamente tenerne conto, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche di

stabilità e portanza del ritombamento;

• recupero sviluppato attraverso l’attivazione di discariche per inerti. Questa ipotesi di

recupero delle aree di cava potrebbe comportare un beneficio economico sia per il gestore

della ex area di cava soggetta a recupero, sia per la società locale che potrà beneficiare in

primo luogo di impieghi lavorativi stabili a lungo termine, ed in secondo luogo del recupero

ambientale che verrà realizzato all’esaurimento della discarica.

In tal caso, infatti, in ottemperanza dell’attuale normativa nazionale e comunitaria,

nell’ambito del progetto di discarica che eventualmente si svilupperà, si dovrà prevedere uno

specifico progetto e piano di ripristino ambientale dell’area, nonché sistemi di gestione e

controllo della salvaguardia ambientale. Tale ipotesi di uso delle aree di cava è stato

valutato nell’ambito della situazione vincolistica ed ambientale locale, nonché in relazione

alle caratteristiche geologiche ed idrogeologiche. Dal punto di vista tecnico, l’ipotesi

prospettata è inoltre facilitata dalla tipologia di cave presenti, che sono di tipo “a fossa” su

un territorio alquanto pianeggiante.

In ogni caso comunque, qualsiasi sarà lo sviluppo futuro a cui si intenderà dar vita, occorrerà

porre l’attenzione alla sostenibilità ambientale dello stesso.

Per quanto riguarda l’aspetto idrogeologico, al fine di non interessare la falda con le attività di

coltivazione, nonché con quelle di ritombamento, e di conseguenza prestare la massima attenzione

alla salvaguardia della stessa, sono state sviluppate alcune ipotesi di intervento che riguardano da un

lato una limitazione nella profondità di sfruttamento dei banchi di travertino residui, e dall’altro un

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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intervento in corrispondenza delle aree di cava che, se realizzato, consentirà di “captare” parte del

flusso idrico sotterraneo prima ancora che lo stesso affiori nelle cave. Quest’ultimo aspetto tecnico,

se sviluppato, necessiterà di opportune prove di campo per verificarne l’effettiva efficacia sitio

specifica.

Nelle due figure seguenti sono riportati alcuni esempi di reinserimento ambientale di cave di

materiali lapidei ubicate nel Lazio.

Recupero di una cava in località Guidonia-Montecelio – cantiere in corso di lavorazione

Recupero di una cava in località Guidonia-Montecelio – situazione attuale a recupero effettuato

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Recupero ambientale di una cava in Provincia di Latina – cava in fase di lavorazione

Recupero ambientale di una cava in Provincia di Latina – sagomatura delle gradonate

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Recupero ambientale di una cava in Provincia di Latina – fase intermedia di recupero

Recupero ambientale di una cava in Provincia di Latina – recupero finale

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6.5 I materiali di recupero

La disponibilità di materiali idonei al ritombamento delle cave è un problema aperto e più

volte evidenziato dalle associazioni di categoria.

Tale problema risulta particolarmente sentito anche in relazione ai principi introdotti

inizialmente dal D.Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) e successive modifiche, e ripresi dal recente D.Lgs.

36/03 nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti, che hanno di fatto ridotto i tipi di materiali utili al

libero riempimento delle cave, ponendo l’accento sulla salvaguardia ambientale.

Il citato decreto prevede, infatti, che i materiali derivanti dalle demolizioni per essere impiegati

nei ritombamenti siano selezionati e frantumati e ha introdotto l’obbligo di effettuare test di

cessione sui materiali.

Generalmente, i materiali ritenuti idonei al ritombamento, totale o parziale, delle aree di cava

possono essere i seguenti:

• terreno vegetale o terreno agrario proveniente dall’asporto del primo strato della cava

(testina di travertino e cappellaccio), di altre cave o da scavi conseguenti ad edificazioni;

Depositi temporanei delle attività estrattive 1

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Terreno derivante da attività di scavo per edificazioni

• scarti di cava, materiali ghiaiosi e frammenti di roccia di natura scistosa, argillosa, marnosa

e similari, derivanti da movimenti di terra;

• limi fluviali e/o limi derivanti dal lavaggio e dalla lavorazione di materiali litoidi;

• materiali di riciclo di scarti di demolizioni provenienti dall’edilizia;

• scarti delle attività estrattive e di lavorazione e di altri materiale inerti;

• terreni derivanti da cantieri che prevedono attività estrattive varie, quali materiali di scavo

prodotti nella realizzazione delle gallerie ferroviarie;

• scarti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione vengono generati materiali

assortiti di varia natura;

• materiali di scavo provenienti dalle grandi opere;

• scarti minerali di altre attività industriali.

Il materiale utilizzato per il ritombamento dovrà essere generalmente caratterizzato da ciottoli

di varia granulometria con presenza sia di elementi grossolani che di materiali più fini.

I materiali afferenti alle classi sopra individuate per il ritombamento e/o la sistemazione finale

delle cave non dovranno contenere sostanze di origine petrolchimica, organica e di quant’altro

possa costituire potenziale pericolo di impatto chimico e/o batteriologico.

Alcune legislazioni in campo ambientale prevedono che “i materiali di scavo possono essere

riutilizzati in “rimodellamenti morfologici” e “riempimenti” o in operazioni di “utilizzo sul suolo”,

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al di fuori del regime dei rifiuti, solo se tali materiali presentano livelli di concentrazione di

inquinanti inferiori a quelli stabiliti dalla colonna “B” allegato 1 al D.M. 471/99 per le aree a

destinazione d’uso commerciale ed industriale, oppure colonna “A” allegato 1 al D.M. 471/99 per

le aree a destinazione d’uso residenziale, verde pubblico e privato”.

6.6 Scenari di sviluppo alternativi

Merita particolare attenzione il ritombamento delle cave attraverso la realizzazione di

discariche controllate per inerti, idonee ad accogliere una più vasta gamma di materiali rispetto a

quelli per cui potrebbe essere consentito il libero uso.

L’eventuale sviluppo di impianti di discarica per inerti potrebbe comportare una serie di

vantaggi non indifferenti quali:

• l’utile economico derivante dall’attività di gestione della discarica. Il conferimento di rifiuti

inerti sarà infatti soggetto al pagamento di una tariffa che potrà essere dell’ordine delle

decine di euro per tonnellata conferita. La variazione della tariffa sarà funzione di diversi

aspetti quali il costo di investimento e di gestione, l’ottimizzazione delle procedure

gestionali, la provenienza e il tipo di rifiuto conferito, ecc;

• lo sviluppo economico locale;

• la creazione di un’attività che prevede l’impiego di nuove forze lavoro in maniera stabile;

• una maggiore disponibilità di materiale utilizzato per il ritombamento, allargando le classi di

materiali utilizzabili;

• il reinserimento ambientale del sito secondo criteri specifici propri della legislazione

comunitaria e nazionale vigente nel campo dei rifiuti;

• una maggiore e più sicura attenzione alla salvaguardia delle matrici ambientali, attraverso

specifici strumenti di controllo.

Nel caso di ritombamento attraverso la realizzazione di discariche per inerti, le classi di

materiali che potrebbero essere conferite nelle aree di cava per il riempimento sarebbero

sicuramente maggiori di quelle contemplate da un semplice ritombamento.

Infatti, oltre a quelle citate nel precedente paragrafo, ve ne sarebbero alcune aggiuntive. Il DM

del 3 agosto 2005 (art. 5) prevede che negli impianti di discarica per rifiuti inerti possono essere

smaltiti i rifiuti elencati nella tabella seguente senza essere sottoposti ad accertamento analitico

preliminare, in quanto sono considerati già conformi ai criteri specificati nella definizione di rifiuti

inerti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 ed ai

criteri di ammissibilità stabiliti dallo stesso decreto ministeriale.

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Rifiuti inerti per i quali è consentito lo smaltimento in discarica per rifiuti inerti senza preventiva caratterizzazione

Descrizione Restrizioni Scarti di materiali in fibra a base di vetro ** Solo se privi di leganti organici

Imballaggi in vetro

Cemento Solamente i rifiuti selezionati da costruzione e demolizione (*)

Mattoni Solamente i rifiuti selezionati da costruzione e demolizione (*)

Mattonelle e ceramiche Solamente i rifiuti selezionati da costruzione e demolizione (*)

Miscugli di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche

Solamente i rifiuti selezionati da costruzione e demolizione (*)

Terra e rocce*** Esclusi i primi 30 cm di suolo, la torba e purché non provenienti da siti contaminati

Vetro Solamente vetro raccolto separatamente

Terre e rocce Solo rifiuti di giardini e parchi; eccetto terra vegetale e torba

(*) Rifiuti contenenti una percentuale minoritaria di metalli, plastica, terra, sostanze

organiche, legno, gomma, ecc, ed i rifiuti di cui al codice 17.09.04. L'origine dei rifiuti deve

essere nota.

- Esclusi i rifiuti prodotti dalla costruzione e dalla demolizione provenienti da costruzioni

contaminate da sostanze pericolose inorganiche o organiche, ad esempio a causa dei

processi produttivi adottati nell'edificio, dell'inquinamento del suolo, dello stoccaggio e

dell'impiego di pesticidi o di altre sostanze pericolose, eccetera, a meno che non sia

possibile escludere che la costruzione demolita fosse contaminata in misura significativa.

- Esclusi i rifiuti prodotti dalla costruzione e dalla demolizione provenienti da costruzioni

trattate, coperte o dipinte con materiali contenenti sostanze pericolose in quantità notevole.

(**) Inclusi gli scarti di produzione del cristallo.

(***) Inclusi i rifiuti di cui al codice 01.04.13.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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Inoltre potrebbero essere smaltiti i rifiuti inerti che, a seguito della caratterizzazione di base

prevista dal sopra citato decreto, soddisfano i seguenti requisiti:

• sottoposti a test di cessione, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate nella

tabella 2 del DM del 3 agosto 2005;

• non contengono contaminanti organici in concentrazioni superiori a quelle indicate nella

tabella 3 del DM del 3 agosto 2005.

Nelle seguenti figure si riportano alcuni schemi puramente indicativi dello sviluppo di una

discarica ed un particolare tipo dello strato di copertura finale.

Cava esaurita da adibire a discarica per inerti

Esecuzione dello strato di impermeabilizzazione con argilla sul fondo della cava esaurita

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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Fase intermedia di coltivazione della discarica con inerti

Fase finale di coltivazione della discarica con copertura finale

1,0 m

0,5 m

Strato drenante

Rifiuti inerti

Argilla

Terreno vegetale

0,5 m

Sezione tipo dello strato di copertura finale della discarica

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6.6.1 Criteri di scelta

I criteri generali nella scelta della soluzione tecnica che prevede la realizzazione di una

discarica riguardano indicativamente i seguenti aspetti:

• la localizzazione ottimale del sito, che dovrebbe garantire le seguenti condizioni:

1. Aree destinate da Piano Regolatore Generale a zone destinate ad attività produttive o ad

impianti tecnologici;

2. Dotazione di infrastrutture esistenti, viabilità di accesso esistente o facilmente

realizzabile, disponibilità di collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;

3. Baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e di smaltimento dei rifiuti;

4. Inserimento in aree degradate quali, tra le altre, discariche esistenti o non più attive, cave

dismesse, al fine di apportare comunque una riqualificazione generale dell’area;

• La presenza di zone con caratteristiche orografiche tali da permettere la regimazione delle

acque esclusivamente mediante opere superficiali;

• La possibilità di promuovere la riqualificazione di aree degradate con particolare riferimento

alle cave abbandonate o non più in coltivazione, presenti su affioramenti di rocce compatte.

In relazione a quanto sopra detto, occorre sottolineare che le cave presenti lungo la via

Tiburtina soddisfano i citati criteri, prestandosi alla fattibilità di apertura di discariche per inerti.

Inoltre, per quanto riguarda i vincoli specifici posti dall’attuale normativa sui rifiuti (DLgs

36/03), occorre precisare che il sito non rientra nelle esclusioni previste dall’Allegato 1 dello stesso

decreto. In particolare, il D.Lgs 36/03 prevede che di norma i siti idonei alla realizzazione di un

impianto di discarica per rifiuti inerti non dovrebbero ricadere in:

• aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m) della legge 18 maggio 1989, n.

183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. (testo come

ultimo aggiornato dal D.L.vo 30 luglio 1999, n. 300)”;

• aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre

1997, n. 357 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna

selvatiche”;

• aree collocate nelle zone di rispetto di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 11

maggio 1999, n. 152 “Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e

recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento

delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla

protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati

provenienti da fonti agricole”;

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• territori sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 142 D.Lgs. 22 gennaio 2004 “Codice dei

Beni Culturali e del Paesaggio”.

In ogni caso è previsto che la Regione può, con provvedimento motivato, autorizzare la

realizzazione delle discariche per inerti nei siti di cui al comma precedente.

Infine, tra gli elementi considerati dal decreto per l'individuazione dei siti di ubicazione delle

discariche per inerti, vi è quello per cui sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da

ripristinare sotto il profilo paesaggistico, quale è l’area in esame.

6.7 Aspetti ambientali e restauro dei luoghi

Il problema ambientale è strettamente legato al tipo di coltivazione che si intraprende nelle

cave.

Quando si realizza il progetto di una determinata attività estrattiva occorre preventivamente

conoscere la destinazione d'uso finale delle aree interessate. Solo così si può procedere nella

coltivazione modificando via via la morfologia del terreno fino a raggiungere il profilo d'abbandono

prefissato.

Risulta quindi indispensabile una buona progettazione, ma occorrono anche periodiche e

diligenti verifiche sul procedere della coltivazione la quale deve rispettare le soluzioni adottate.

La problematica del recupero delle cave si riconduce a riguadagnare, per quanto possibile, le

linee morfologiche originali, a soddisfare le condizioni di stabilità delle superfici escavate e a dare

soluzioni in termini semplici ed il più possibile naturali.

D'altra parte gli aspetti economici del prodotto che ne deriva (travertino) costringono entro

limiti molto contenuti i costi d'estrazione e, conseguentemente, anche quelli relativi al recupero

ambientale dei quali fanno parte integrante.

Nelle singole cave debbono necessariamente venire attuate tipologie d'intervento direttamente

connesse alla specificità degli ambienti.

La ricomposizione ambientale dei luoghi risulterà dalla sistemazione di settori non più

funzionali al cantiere, ottenendo in tal modo di minimizzare gli impatti visivi ed idrogeologici.

Nella seguente figura si riporta un esempio di recupero che prevede una serie di gradonate

vegetate con la formazione di piste e percorsi e con la possibilità di formazione di ambienti

acquatici.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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Gli specifici criteri di recupero ambientale delle cave andranno identificati in dettaglio una

volta definito il tipo di intervento di ripristino, nonché la funzionalità prevista per il riutilizzo dei

luoghi, e faranno parte integrante di un piano di recupero ambientale.

7 MISURE PER LA TUTELA DELLE RISORSE IDRICHE SOTTERRANEE IN CORRISPONDENZA DELLE AREE DI CAVA ED EVENTUALE IMPIEGO A FINI TERMALI

La tutela della risorsa idrica è un aspetto imprescindibile nell’ottica di uno sviluppo sostenibile

dell’intera area delle Acque Albule, rappresentando anch’essa un elemento fondamentale per

l’economia tiburtina. Il deflusso naturale dell’acquifero, infatti, deve garantire valori compatibili

con gli obiettivi propri della pianificazione degli usi idrici. Questa deve tenere conto: a) delle

esigenze di mantenimento dell’acquifero; b) delle necessità ambientali; c) delle possibilità di

approvvigionamento del sistema antropico e, non ultimo, d) delle esigenze delle attività estrattive. I

prelievi devono essere pertanto mantenuti entro valori significativamente inferiori a quelli della

ricarica dell’acquifero stesso (Capelli et al., 2005)3.

3 Capelli G., Mazza R. & Gazzetti C. (2005): Strumenti e strategie per la tutela e l’uso compatibile

della risorsa idrica nel Lazio. – Pitagora Editrice Bologna.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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L’attività estrattiva comporta necessariamente un abbassamento dei livelli piezometrici, poiché

i piani di coltivazione si trovano al disotto del livello statico naturale della falda. Questo implica le

seguenti problematiche:

a) depauperamento della risorsa idrica, peraltro caratterizzata da un’elevata qualità

idrogeochimica;

b) deterioramento della qualità e immissione nel fiume Aniene delle acque prelevate in cava.

Al fine di mitigare gli

impatti sopradescritti,

si propone di valutare

l’ipotesi di abbattere

la piezometria

prelevando le acque

di falda mediante

pozzi progettati ad

hoc, in prossimità

delle singole cave.

Innanzitutto occorre

ricordare che il

pompaggio di un

pozzo provoca un abbassamento del livello idrico nel pozzo stesso e in tutto l’acquifero circostante.

L’entità di tale abbassamento sarà maggiore nel pozzo e si ridurrà progressivamente all’aumentare

della distanza da quest’ultimo. La distanza tra il pozzo di emungimento e la zona dell’acquifero che

non risente più del pompaggio viene definita raggio di influenza. In sostanza, attorno al pozzo si

crea un ampio cono di depressione, la cui superficie è denominata superficie piezometrica dinamica

ed il valore del livello dell’acqua in un punto di tale superficie è noto come livello dinamico. Il

livello statico, invece, è il livello dell’acqua preesistente all’avvio del pompaggio (Gonzalez de

Vallejo, 2005)4.

Le importanti interazioni quasi sempre esistenti tra problemi idrogeologici e sviluppo

minerario rappresentano una tematica particolarmente interessante che solo recentemente, tutto

sommato, è stata ben individuata e giustamente collocata tra le diverse branche dell’Idrogeologia

4 Gonzalez de Vallejo L.I. (2005): Geoingegneria. – Pearson Prentice Hall.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

31

applicata. All’inizio del XX secolo l’ancora contenuta industrializzazione e la richiesta, ancora

modesta, di materie prime limitava lo sviluppo minerario a profondità non elevate.

Oggi, anche per le cave di travertino di Tivoli, la coltivazione richiede una valutazione attenta

del rapporto costi/benefici, in special modo dettata, oltre che dalla profondità di escavazione e dalla

qualità del materiale, anche dalla quota della falda acquifera. Coltivare un giacimento collocato al di

sotto della superficie piezometrica dell’acquifero che lo contiene significa affrancarlo, per quanto è

possibile, dalle acque o, comunque, tenere queste ultime sotto controllo in modo da garantire

condizioni di lavoro sicure e produttive. Affrancare un giacimento significa, nella migliore delle

ipotesi, drenarlo o, comunque, mantenerlo all’interno di un cono di depressione indotto per

drenaggio o per pompaggio. A livello di studio di fattibilità, le indagini necessarie per un’accurata

prognosi delle portate da edurre, in fase di gestione, e delle diverse conseguenze dell’eduzione a

livello ambientale sono molteplici e assai complesse.

A proposito della qualità delle acque captate artificialmente dal sottosuolo occorre sottolineare

come un pozzo, più spesso di quello che si crede, possa trasformarsi in viacolo di inquinamento

quando è costruito in modo errato, non è sottoposto ad adeguata manutenzione, oppure è

abbandonato senza sigillatura. L’inquinamento può prodursi a causa di cattiva tenuta dei giunti che

uniscono i diversi tratti delle tubazioni di rivestimento, corrosione dei rivestimenti, insufficiente

sigillatura del rivestimento (Civita, 2005)5.

Evitando lo svuotamento delle cave di travertino mediante l’attuale semplice pompaggio, le

acque prelevate dall’acquifero non entrerebbero in contatto con l’ambiente della cava e quindi si

ridurrebbe l’effetto di deterioramento delle loro qualità idrogeochimiche. A tale proposito nella

figura seguente si illustra un pozzo di captazione, dotato di sigillatura, ospitato, per proteggere

l’intera struttura da eventuali inquinanti, in un edificio apposito.

5 Civita M. (2005): Idrogeologia applicata e ambientale. – Casa Editrice Ambrosiana.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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Posizionando un pozzo di tale fattura su un piazzale di cava, posto ad una quota per cui non

risulta interessato dall’emersione della falda, le acque emunte, mediante un apposito sistema di

collettori idrici, potrebbero essere convogliate direttamente nel comprensorio termale di Tivoli

Terme, in modo così da riutilizzarle per i noti scopi idropinici e ricreativi. Il sistema di collettori,

opportunamente progettato, andrebbe a sostituire completamente il sistema di canali che oggi

riversa le acque nell’Aniene.

A fronte di quanto detto, è possibile individuare i seguenti benefici che la soluzione proposta

introduce:

a) mantenimento della qualità delle acque;

b) arricchimento della disponibilità di acqua nell’area termale, anche in previsione

dell’espansione di questa attraverso la costruzione di nuove strutture alberghiere con annesse

piscine, nei territori comunali di Tivoli e di Guidonia.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

33

8 PROFONDITÀ DI COLTIVAZIONE IN RELAZIONE ALLA COMPATIBILITÀ IDROGEOLOGICA

Data l’elevata permeabilità dei travertini le cave costituiscono una sorta di finestra aperta

sull’acquifero, venendo a mancare l’effetto protettivo esercitato dai terreni di copertura. Ciò

determina ovviamente una elevata vulnerabilità dell’acquifero nei confronti dell’inquinamento delle

acque. Sia per tale motivo che per scongiurare un’irreversibile riduzione della risorsa acqua (vedi

paragrafo 7) si propone di porre dei vincoli alla profondità delle fosse di coltivazione.

Come illustrato nella Tav. N, che mostra l’andamento della superficie piezometrica in

condizioni dinamiche (con le portate di pompaggio attuali), la geometria della falda nei travertini,

assimilabile ad un cono, è riconducibile ad un unico grande pozzo di emungimento la cui massima

depressione si registra a cavallo della S.S. n° 5 Tiburtina (confine comunale Tivoli-Guidonia), nella

zona centro–meridionale del comprensorio estrattivo.

Stando ai valori attuali delle quote minime della falda nell’area, risultato dei pompaggi attuali,

al fine di tutelare la risorsa idrica si ritiene ragionevole limitare l’estrazione nell’area in studio alla

profondità di 25-30 m dal piano campagna originario.

9 RICONVERSIONE DELLE CAVE

Il paesaggio estrattivo non nasce come tale, le occasioni di sfruttamento estrattivo possono

presentarsi in quadri ambientali notevolmente diversi. L’affinità che oggi possiamo rintracciare si

sviluppa posteriormente ed è legata soprattutto ai risultati dell’attività mineraria che ad un’attenta

osservazione si presenta come una somma di danni ambientali. L’escavazione, fra le diverse attività

umane, è quella che forse più ha infierito sulla fisionomia del territorio attraverso l’apertura di

fronti di cava, i vuoti delle escavazioni, le concentrazioni degli scarti di lavorazione, le

montagnole di sterili e la conseguente rimodellazione orografica del paesaggio, la costruzione di

nuove strade per il trasporto del materiale, lo scavo di canali per lo smaltimento dell’acqua di cava.

Il paesaggio si sconvolge e muta fisionomia, eppure, una volta cessata l’attività estrattiva, questo

paesaggio ‘artificiale’ suscita un nuovo apprezzamento. Si diviene così sensibili alla drammaticità

espressa dalla nuova ‘immagine percettiva’ e ci si trova costretti ad elaborate strategie di

riconversione e riqualificazione ambientale paradossalmente compatibili con i manufatti e gli

impianti che sono stati all’origine delle alterazioni ambientali.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

34

9.1 L’ipotesi di riconversione

Nei paesi europei la continua chiusura di un numero sempre maggiore di centri di estrazione

rappresenta un fatto non trascurabile: a differenza di altre attività produttive l’attività di escavazione

precede di molto l’avvento della rivoluzione industriale. E’ fuori dubbio che il settore estrattivo

abbia partecipato a pieno alla modernizzazione indotta nel XIX secolo, dall’applicazione delle

nuove fonti energetiche e dalla meccanizzazione di mansioni svolte prima manualmente, a partire

dal periodo romano, dalle popolazioni italiche o dalla preistoria.

Spesso i siti estrattivi, come nel caso delle cave tiburtine, costituiscono il luogo di un’attività

plurisecolare che si è accompagnata alla storia dei territori e delle popolazioni insediate,

plasmandone le forme dell’economia e i modi di fare comunità.

Considerato che l’area estrattiva dovrà subire una riconversione in parallelo all’esaurimento

della risorsa mineraria ed allo stesso tempo dovrà essere reimpiegata la forza lavoro attualmente

impiegata nell’escavazione si indica un’ipotesi fattibile di recupero e riutilizzazione delle cave di

travertino.

I caratteri a cui l’area si presta sono sinteticamente di tre tipi:

- il recupero ambientale e la valorizzazione a fini turistici di parte delle cave, della sponda del

fiume Aniene e dei siti archeologici presenti nell’area con la realizzazione del “Parco diffuso delle

cave”;

- il reimpiego delle strutture e della forza lavoro in attività di discarica (nel periodo di

riempimento di alcune cave) e in attività produttive di tipo artigianale e PMI;

- stazione di interscambio ferro-gomma con servizi e strutture direzionali annesse ubicate

all’interno delle zone scavate.

Più nello specifico, la proposta prevede l’allungamento della linea metro Roma-Tivoli Terme

fino alle cave comprese tra gli abitati di Villanova e Villalba con l’ubicazione delle strutture di

servizio. La linea metro passerà al di sotto della via Tiburtina e farà fermata all’interno della cava,

permettendo così l’estrazione del travertino senza spostare l’attuale tracciato viario, salvo la

necessità di spostamento temporaneo della viabilità al fine di realizzare le strutture edilizie al di

sotto dell’asse stradale.

A ridosso della Stazione saranno ubicati parcheggi multipiano interni alle zone escavate,

servizi annessi alla stazione di scambio ferro-gomma e strutture a carattere direzionale. Così

facendo l’area si presterà al riutilizzo delle strutture edilizie esistenti sempre a fini industriali ma

convertendo la produzione (si ipotizza anche la riconversione e/o la realizzazione di edifici per

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

35

uffici), inoltre con la parallela alla Tiburtina e il secondo ponte sull’Aniene, previsti nel PRUSST, la

zona sarà facilmente collegata con il casello autostradale dell’A24 e con lo svincolo del tronchetto

di raccordo dell’A24. Il tutto dovrà instaurare uno stretto rapporto con l’ambiente estrattivo dimesso

che, nell’area della stazione, verrà messo in mostra come ‘memoria storica’ e come paesaggio

‘offeso’ che attrae proprio per la sua carica di drammaticità.

Per il Casale del Barco e le emergenze storiche sarà prevista una musealizzazione all’aperto

che comprenderà l’area tra la via Tiburtina e il fiume Aniene e andrà ad integrarsi con il “Parco

diffuso delle cave”, al fine di valorizzare i siti storico-archeologici, far rivivere ai visitatori

l’estrazione, il trasporto e la lavorazione della pietra ed evidenziare l’importanza storica del

travertino utilizzato nell’ossatura portante di edifici classici (colosseo, teatro di marcello, ecc.) e nel

rivestimento di fontane e palazzi della Roma rinascimentale e barocca (piazza di Spagna, le fontane

di piazza Navona, ecc.).

Le cave riempite e recuperate sotto il profilo ambientale e paesaggistico diverranno parte

integrante del “Parco diffuso delle cave” a servizio dei cittadini degli abitati circostanti mentre in

altri casi diverranno spazi di servizio per le future attività produttive ubicate negli stabilimenti

convertiti. La valorizzazione riguarderà tre aspetti:

a. di tipo naturalistico, come il fiume Aniene e la vegetazione riparia, le sorgenti

sulfuree e il S.I.C., ecc.;

b. di tipo storico-archeologico, sia i siti estrattivi di età romana ed i loro annessi tra cui

il “montarozzo”, il porto antico, le strutture archeologiche ecc., che il casale del

Barco, la Casaccia, il Casale dei Pastini, ecc.;

c. di tipo estrattivo, al fine di realizzare un “museo all’aperto” in cui un percorso

all’interno delle aree di scavo possa evidenziare le fasi di scavo, le tecniche,

l’importanza dell’estrazione per le comunità locali, curiosità ecc..

E’ da precisare che l’idea di “Parco” non riguarda un’area più o meno estesa ma una continuità di

percorsi, aree attrezzate e siti storico-archeologici ed estrattivi.

9.2 La compatibilità con la pianificazione urbanistica vigente

9.2.1 Congruità con i PRG dei Comuni di Tivoli e Guidonia

Nel PRG del Comune di Tivoli l’area rientra in tre zone:

d. D3 “Estrattiva e di riserva industriale”;

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36

e. E3 “Agricola e riserva estrattiva”, nella fascia lungo il fiume, ed E2 “Riserva

agricola”;

f. G3 “Verde pubblico attrezzato o sportivo”;

g. Vincoli di tipo archeologico-ambientali.

L’ipotesi di riconversione delle attività estrattive in attività produttive a carattere industriale,

che rientra nella quasi totalità nella zona D3, trova conferma all’interno del P.R.G. del Comune di

Tivoli mentre non sono previste le modalità di riempimento delle cave dato che l’assetto è vincolato

all’approvazione di apposito Piano Attuativo, comunque non si riscontrano ostacoli urbanistici al

riempimento delle cave.

La fascia da destinare a Parco agricolo rientra nella totalità nelle aree E3 ed E2 . Nella zona

E3 è previsto il ripristino dell’andamento naturale dei luoghi e quindi si obbliga il riempimento

delle cave (cfr. paragrafo 6). Non è da escludere la commistione tra attività agricola e attività

turistica, soprattutto con l’unione di questa area con i siti archeologici presente nella zona G3 a

destinazione “Verde attrezzato”. Si avrebbero così una serie di siti storico-archeologici e di

valorizzazione dell’attività estrattiva dimessa uniti tra loro con dei percorsi tematici, quindi non

un’area parco estesa ma una continuità di percorsi, aree attrezzate e siti storico-archeologici ed

estrattivi immersi nell’area agricola o nel Parco attrezzato lineare indicato nel PRG.

Il Prg del Comune di Guidonia individua tali aree nelle seguenti zone:

h. D3 “Attività industriali e assimilati”;

i. E1 “Attività agricole”;

e marginalmente:

j. F1 “Parchi e giardini pubblici”;

k. F2 “Verde pubblico attrezzato per il verde e lo sport;

l. F4 “Servizi pubblici”.

Anche in queste zone valgono le indicazioni fornite per il PRG del Comune di Tivoli anche se a

differenza di quest’ultimo nelle zone D3, conclusa l’attività estrattiva, è prevista la normativa per la

sottozona E2 “Attività agricola” e conseguentemente il riempimento delle cave.

In queste zone, conclusi l’estrazione e il riempimento delle cave, si ritiene opportuno

individuare un utilizzo di tipo produttivo artigiano-PMI all’interno di un parco artigianale che possa

integrare e riqualificare le strutture presenti, anche perché distaccato dagli abitati dalle fascie ‘verdi’

di PRG.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

37

Inoltre, si vuole precisare che nelle aree riconvertite l’attività agricola difficilmente potrà avere

un ritorno economico tale da giustificare questo utilizzo a seguito delle emissioni gassose che

continueranno, anche dopo l’eventuale riempimento, ad impedire la coltivazione su alcune parti di

fondo agricolo.

9.2.2 Congruità con la pianificazione a scala sovracomunale (P.T.P., P.T.P.G., P.A.I.)

Nel Piano Territoriale Paesistico della Regione Lazio, Ambito territoriale n°7, l’area in analisi

presenta il rispetto dei siti archeologici e della viabilità antica, la fascia di rispetto del fiume Aniene

e la protezione della zona agricola a ridosso del fiume Aniene, quest’ultima corrispondente

all’ipotesi del Parco del Fiume Aniene.

L’area a ridosso del fiume Aniene è indicata coma “Zone agricole di alto valore paesistico”.

Sia i siti archeologici che la zona agricola rientrano nell’ipotesi del “Parco diffuso delle cave”,

conseguentemente le ipotesi previste sono conformi alle indicazioni di P.T.P..

Si ritiene utile riportare l’art.24 delle Norme Tecniche del P.T.P., A/6 “Rispetto delle singole

preesistenze archeologiche e monumentali” e A/8 “Rispetto dei tracciati antichi”:

“In queste zone tutte le opere di trasformazione del territorio che ricadono entro m. 200 dal

perimetro esterno del bene segnalato dovranno ottenere il preventivo parere favorevole con relativo

nulla-osta della competente Sovrintendenza. Tutti gli edifici nuovi dovranno essere collocati a

distanza di rispetto superiore a m. 100 dal perimetro esterno dell’opera emergente segnalato dalla

Sovrintendenza. Per i tracciati antichi le zone di rispetto di m. 100 e la profondità di m. 200 entro la

quale il progetto, o l’opera, dovrà ottenere il parere della Sovrintendenza Archeologica, va calcolato

dall’asse del tracciato. […]”

Nella Tav.10 “Ipotesi di gestione degli ambiti naturalistici” del Piano Territoriale Provinciale

Generale della Provincia di Roma è individuato il S.I.C., comprendente l’area delle cave tra la via

Tiburtina e il fiume, e la fascia boscata del fiume Aniene.

Nella Tav. 15 “Azioni e linee del sistema infrastrutturale” sono previsti gli interventi sulla

viabilità già indicati nel PRUSST, il potenziamento della linea ferroviaria da Lunghezza a Guidonia

e l’intera area è indicata coma “Aree dove prevedere i piani urbani di mobilità (PUM – Legge

340/2000).

Sia l’ipotesi del “Parco diffuso delle cave” che il potenziamento delle infrastrutture per la

mobilità corrispondono alle finalità del PTPG, naturalmente il prolungamento della linea

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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metropolitana non compare ma è inerente alla volontà provinciale di potenziare il sistema

infrastrutturale e quindi essere meglio valutato nei PUM.

Il Piano di Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere individua in

prossimità del fiume Aniene l’area a Rischio Idraulico molto elevato” n°9.0, in cui è perimetrata

l’area esondabile.

L’area esondabile corrisponde approssimativamente alla fascia agricola vincolata dal P.T.P. e

nella presente proposta si è ritenuto opportuno lasciare la destinazione agricola, conformemente

alla strumentazione urbanistica comunale e sovracomunale, in previsione di essere inserita nel

sistema del “parco diffuso delle cave”.

9.2.3 Relazioni con le infrastrutture esistenti e previste dal PRUSST

Tutte le previsioni indicate al punto 9.1 sono conformi alle infrastrutture presenti ed a quelle

previste dal PRUSST.

L’individuazione di un tracciato viario parallelo alla via Tiburtina garantirà il migliore utilizzo

dell’area a fini produttivi, divenendo così il limite tra le future zone produttive e agricole, connesse

tra loro da una serie di percorsi ed aree attrezzate che valorizzeranno le caratteristiche ambientali

del fiume Aniene, i siti storico-archeologici e la musealizzazione dell’attività estrattiva in disuso.

La proposta di prolungare la linea Metro trova sicuramente notevoli ostacoli di logistica, data

la densità edilizia degli abitati di Tivoli Terme e Villalba, ed inoltre non è stata effettuata una

valutazione dei costi-benefici, conseguentemente l’ipotesi rimane tutta da valutare ma si è ritenuto

opportuno considerarla data l’importanza strategica che può avere nello sviluppo dell’area delle

cave e dei comprensori dei comuni di Guidonia e Montecelio. Di certo la sua realizzazione snellirà

notevolmente il traffico lungo la via Tiburtina, andrà a compensare la vecchia linea ferroviaria

Roma-Sulmona e non mancherà la possibilità di realizzare un’adeguata rete di infrastrutture

pubblico-private attraverso una programmazione integrata.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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9.3 La compatibilità con i vincoli esistenti

9.3.1 Compatibilità con i vincoli archeologici

Nell’area in analisi sono presenti siti archeologici di tipo puntuale e lineare, come l’antica via

Tiburtina, che costituiscono una rete fitta. Tutti questi rientrano nella valorizzazione più generale

dell’area e del sistema storico-archeologico legato all’estrazione del travertino. Per questi siti,

facenti parte del “Parco diffuso delle cave” è prevista la loro conservazione, restauro e messa in

sicurezza per permettere eventuali visite da parte di cultori e turisti.

9.3.2 Compatibilità con i vincoli paesaggistici e S.I.C.

Il Parco diffuso prevede la realizzazione di una rete di percorsi tematici che collegano i siti

naturalistici e storico-archeologici dell’area, sono previste aree attrezzate lungo i percorsi e in

prossimità dei siti archeologici ed infine è individuata un’area di protezione lungo il fiume Aniene e

il mantenimento dell’area agricola subito a ridosso di quest’ultimo, al fine di mantenere e

migliorare la visuale e l’aspetto paesaggistico dei luoghi. L’accesso lungo la sponda del fiume sarà

prevista solo in alcuni punti attrezzati affinché non vengano disturbate fauna e flora.

Tutti gli interventi previsti saranno soggetti alla regolamentazione del Sito di Interesse

Comunitario, localizzato tra la via Tiburtina e il fiume Aniene, e non sono previste opere che

vadano ad alterare irreparabilmente il sito. Di certo bisogna considerare che attualmente l’area è

soggetta ad escavazione e conseguentemente ad una forte alterazione dei luoghi, si ritiene pertanto

che la futura utilizzazione a fini produttivi di parte dell’area soggetta alla regolamentazione del SIC

possa essere integrata con le adeguate misure di protezione ambientale.

Per i vincoli del P.T.P. si rimanda alle considerazioni del punto 9.2.

9.3.3 Compatibilità con gli altri vincoli (acquedotto, linea elettrica ecc)

Le proposte analizzate non incidono sui vincolo lineare esistente dell’acquedotto dell’Acqua

Marcia, a fianco del quale viaggia una linea aerea a 150KV, trattandosi di attività che dovranno

riconvertire le strutture esistenti o dovranno integrare le stesse, non hanno obblighi localizzativi,

quindi non si presentano difficoltà all’osservanza delle fasce di rispetto. In caso ciò non dovesse

avvenire andrà richiesta l’autorizzazione all’Ente preposto.

Allo stesso modo, gli interventi previsti si ritengono compatibili con le linee aeree di trasporto

di energia elettrica a 20KV , presenti all’interno del bacino per alimentare le cave ed i laboratori.

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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9.4 I benefici per gli imprenditori

La riconversione dell’attività estrattiva è indispensabile per il reimpiego della forza lavoro, per

la conversione delle attività economiche e per la valorizzazione delle risorse naturalistiche e dei siti

storico-archeologici.

L’attività di discarica di riempimento delle cave avverrà simultaneamente alla dismissione

dell’attività estrattiva, cosicché gli attuali addetti alle fasi di lavorazione potranno essere reimpiegati

nella nuova attività economica. Successivamente, con il recupero del piano di campagna (solo per le

cave da utilizzare a fini turistici o per l’inserimento di strutture di servizio come parcheggi ecc. non

sarà prevista la chiusura) inizierà la riconversione delle attività economiche sfruttando le strutture

edilizie esistenti e realizzandone di nuove ove necessario.

9.5 I benefici per i residenti nelle aree limitrofe

I cittadini dei nuclei edilizi di Villalba e Villanova, con la realizzazione delle aree attrezzate dei

percorsi tematici per la fruizione dei siti naturalistici e storico-archeologici, potranno “vivere” il

bacino travertinifero con un notevole incremento della qualità del territorio. Inoltre la riconversione

dell’attività produttiva porterà nuove attività e servizi che andranno ad incentivare l’imprenditoria

locale. A ciò possono essere aggiunti i benefici derivanti dal prolungamento della metropolitana che

non vi si soffermerà ad elencare.

9.6 Gli strumenti attuativi

Al fine della riconversione si ritengono ormai obsoleti i Piani Particolareggiati o Piani per gli

Insediamenti Produttivi, anche in considerazione del fatto che le aree interessate sono di proprietà

privata e gestite da imprenditori che hanno tutto l’interesse a convertire l’attività trovando il giusto

accordo con gli enti pubblici, indicando come possibili scenari i “piani complessi”.

Con il passaggio dall’urbanistica ‘dei tecnici’ che ha caratterizzato tutto il XX° secolo si è

passati in quest’ultimo ventennio a parlare di territorio e di tutte le complessità che in esso si celano,

e quindi alla comprensione che la materia deve essere affrontata multidisciplinarmente. La

pianificazione territoriale non è solo appannaggio di architetti e ingegneri ma ad essi devono essere

affiancati agronomi, forestali, economi, sociologi ecc..

Sono nati così strumenti di programmazione attuativa del PRGC (Piano Regolatore Generale

Comunale) supplenti alle carenze del PPE (Piano Particolareggiato d’Esecuzione), dettato dalla L.

1150 del 1942, che vanno dall’”urbanistica partecipata”, in cui cittadini e progettisti vengono

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Studio per la riqualificazione e riconversione della cave di travertino

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insieme a delineare necessità e soluzioni grazie a forum e “laboratori per la città”, ai Programmi

Integrati di Intervento (P.I.I., ex art.16 L. 179./1992), egregiamente utilizzati ultimamente nella

riqualificazione di due aree centrali di Milano, dai Contratti di Quartiere (DM LL.PP. 22.10.1997)

alle procedure di “Programmazione negoziata” (Project financing, L.109/94, ecc.), in cui le strategie

gestionali vanno a delineare forme di partecipazione pubblico-privata, ampliando così la scelta

propositiva e coprendo le mancanze finanziarie della pubblica amministrazione attraverso i fondi

privati. Si delineano così più modalità d’intervento in cui conservazione, pianificazione e gestione

interagiscono tra loro, in cui aspetti economici, sociali e gestionali vengono analizzati al fine di

garantire il raggiungimento degli obiettivi e verificare l’attuabilità delle scelte progettuali.

9.7 Alcuni esempi

La riqualificazione ed in alcuni casi la musealizzazione dei siti estrattivi è un tema affrontato in

tutta Europa, e non solo, e già sono diversi gli esempi al riguardo. In Italia la riconversione è

avvenuta soprattutto al nord e si può notare che per le cave più piccole le nuove funzioni insediate

sono solitamente a parco pubblico o parco minerario mentre per aree più vaste, come nel caso in

tiburtino, oltre a spazi a carattere pubblico e museale sono presenti impianti produttivi, strutture

polifunzionali, teatri all’aperto, spesso parcheggi multipiano (solitamente nel centro-nord europeo),

centri direzionali e in rari casi sono anche presenti piccoli insediamenti residenziali.

Di seguito si indicano alcuni esempi di riconversione dei siti estrattivi. Il sottoscritto elenco non

vuole fornire un quadro completo dei siti estrattivi convertiti ma vuole solo indicare alcuni esempi

su cui poter approfondire i propri interessi.

Tra gli esempi di recupero delle cave a parcheggi e attività produttive si indicano i seguenti esempi:

m. Cava Maggia nel Parco de Ticino in Lombardia, non realizzata;

n. Cava a Munchenstein in Svizzera;

o. Ex-cave Marco Vito a Lecce, non realizzata.

Tra gli esempi di recupero dei siti estrattivi a strutture culturali-turistiche si indicano i seguenti

esempi (nella maggior parte di questi siti è presente un trenino che accompagna i visitatori

all’interno dell’impianto estrattivo):

p. Il museo’open air’ delle miniere voest-alpine erzberg in Austria;

q. Valorizzazione delle cave di Fantiano e Gravina in Puglia, non realizzato;

r. Mostra storico-antropologica a Serravella, in provincia di Belluno;

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s. Miniere di Val Graveglia in Liguria;

t. Scopriminiera della Val Germanasca i Piemonte;

u. Miniere di Talco di Vipiteno in Alto Adige;

v. Area archeomineraria delle Alpi Apuane in Versilia, Toscana;

w. Sala ipogea e teatro in una cava abbandonata a Caserta San Leucio, non realizzata;

x. Ex-cave Marco Vito a Lecce, non realizzata.

Tra gli esempi di recupero naturalistico delle cave si indicano i seguenti esempi:

y. Parco minerario naturalistico di Zavorrano in Toscana;

z. Cave di Pietra nel bacino marmifero del Botticino (BS), non realizzato;

aa. Recupero a Parco della cava nord a Paterno Dugnano (MI);

bb. Ex-cave Marco Vito a Lecce, non realizzata.

Planimetria del recupero a Parco della cava nord a Paterno Dugnano (MI)

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Panoramica del recupero a Parco della cava nord a Paterno Dugnano (MI)

Spazio museale del sito minerario Scopriminiera in Val Germanasca, Pinerolo (TO)

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Installazione nel sito minerario Scopriminiera in Val Germanasca, Pinerolo (TO)

Complesso minerario recuperato a fini turistici, Vipiteno (BZ)

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10 SCAVO E UTILIZZO DEL TRAVERTINO AL DI SOTTO DELLA VIA TIBURTINA L’indicazione dello spostamento temporaneo della via Tiburtina per permettere lo scavo del

banco di travertino al di sotto del piano stradale è giustificato dal successivo inserimento della linea

metropolitana al di sotto della Strada Statale.

Quest’ipotesi richiede studi approfonditi per valutarne la fattibilità tecnica ed economica,

nonché i disagi che comporterebbe il temporaneo spostamento della viabilità. Di certo la

realizzazione della strada parallela alla via Tiburtina, passante nella zona del Barco, permetterebbe

una agevole via alternativa.

Di seguito si indicano alcune considerazioni di tipo geologico circa l’ipotesi in oggetto.

Considerando una larghezza media della Tiburtina di 20 m ed una profondità di coltivazione

ammissibile di 25-30 m , la volumetria disponibile al di sotto dell’attuale piano stradale corrisponde

a circa 50.000-60.000 m3 ogni 100 m lineari di strada. Tale volume ovviamente si riduce di circa il

20 % una volta eliminati i terreni di copertura superficiale e la testina di travertino (vedi Sezione

Geologica A-A’ della Tav. M). Per una più approfondita valutazione del rapporto costi-benefici di

tale operazione, ulteriori studi di carattere minerario-giacimentologico permetteranno di

quantificare i volumi di travertino realmente sfruttabili, sia a fini ornamentali che a fini industriali.

11 ELENCO ALLEGATI i. Cenni storici

ii. Relazione geologica e idrogeologica

12 SCHEMI GRAFICI ALLEGATI A. Stralcio del Piano Regolatore Generale del Comune di Tivoli

B. Stralcio del Piano Regolatore Generale del Comune di Guidonia

C. Stralcio tav. E/3 del Piano Territoriale Paesistico

D. Carta Archeologica tratta dalla “Forma Italiae”, Tibur pars quarta

E. PRUSST

F. PRUSST – snodo di Ponte Lucano come da progetto preliminare approvato

G. Piano di Assetto Idrogeologico

H. Sito di Importanza Comunitaria

I. Schema grafico con gli interventi previsti

L. Ubicazione dell’area di studio per l’indagine geologica e idrogeologica

M. Carta litologica (scala 1:5.000) con sezioni geologiche

N. Carta della piezometria dinamica (scala 1:10.000) e profili piezometrici.