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1 SULLA NORMALIZZAZIONE SECONDO MARIA MONTESSORI E LA CRESCITA “NORMALE” DEL BAMBINO SECONDO LE CULTURE PRIMITIVE. Eleonora Sgaravatti

SULLA NORMALIZZAZIONE SECONDO MARIA MONTESSORI … · Bambini normali e bambini normalizzati ... Non è il maestro che educa, ma il bambino che, lavorando con i sensi, con le mani,

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SULLA NORMALIZZAZIONE SECONDO MARIA MONTESSORI E LA CRESCITA “NORMALE” DEL BAMBINO SECONDO LE CULTURE PRIMITIVE.

 

Eleonora Sgaravatti

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Indice:

Introduzione

La normalizzazione secondo Maria Montessori

Deviazioni e relative normalizzazioni nelle scuole Montessoriane

Bambini normali e bambini normalizzati

Prima delle deviazioni…

Le società primitive, ambienti naturalmente “normalizzanti”.

Conclusione e ringraziamenti

Bibliografia

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Introduzione

La normalizzazione è la rinascita della normalità bio- psichica del bambino attraverso un lavoro da

lui prescelto, svolto con interesse, concentrazione, impegno e conseguente soddisfazione e

benessere. Attraverso l’attività ordinata e costruttiva, il bambino perde paure, pigrizia, aggressività,

timidezza, fantasticherie, e conquista un nuovo orizzonte che lo orienta e lo immerge in modo più

pieno nella realtà. Maria Montessori, pur scusandosi di non aver saputo individuare un termine

equivalente e meno ambiguo, ha sempre precisato che la normalizzazione non è affatto un’azione

correttiva ed emendativa dell’adulto ma un “ritorno” spontaneo del bambino all’espressione e

sperimentazione delle sue forze positive e costruttive: è dunque, un processo di auto-correzione che

forse potrebbe chiamarsi auto-normalizzazione. E’ una grazia che la rinascita del bambino dipenda

da lui e non dall’adulto. Il bambino cerca in tutti i modi di spendere positivamente le proprie

energie, di non sciuparle, sa naturalmente di aver bisogno di attività, stimoli, concentrazione,

ordine; tutto questo è per lui realmente prezioso nel presente e ancor più per il suo benessere futuro.

Purtroppo ci sono sempre meno adulti disposti a offrire ai bambini la possibilità reale di esprimersi,

a volte per pigrizia, altre per mancanza di sensibilità, fretta, eccessiva apprensione, non sviluppo

completo della propria persona, per cui c’è sempre qualcosa che manca o da fare che viene prima

del benessere della creatura. Questa catena che mortifica le spinte vitali più spontanee, si trasmette

di generazione in generazione. Non ci sono colpevoli, ma serve più energia operativa da parte di chi

è consapevole che l’infanzia va sicuramente tutelata e protetta, ma prima di ogni cosa va stimolata,

in quanto età d’oro dell’animo umano, irripetibile e preziosissima. Non c’è impegno più importante

che costruire gli uomini del futuro e per farlo nel migliore dei modi penso sia fondamentale fare un

passo indietro e imparare da chi, essendo più primitivo e meno civilizzato, cresce naturalmente e

senza la nostra fatica la maggior parte dei bambini del pianeta.

 

 

 

 

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La normalizzazione secondo Maria Montessori

La normalizzazione è per Maria Montessori la rivelazione del carattere naturale del bambino,

attraverso un ambiente a lui pensato e predisposto, che ne consenta l’attività libera e intelligente. E’

una liberazione dagli ostacoli che il mondo adulto pone allo sviluppo delle potenzialità del

bambino. Un auto-guarigione, attraverso un’attività che gli richieda concentrazione, da ciò che non

è stato completamente rispettato e favorito in lui, nella prima fase della sua vita.

L’energia del bambino ha bisogno di trasformarsi in attività di movimento, in esperienze concrete legate alla

realtà e alla vita di tutti i giorni che devono essere favorite dall’adulto. Se l’ambiente non si presta, o peggio,

ostacola il naturale manifestarsi delle energie del bambino, il suo sviluppo devia.

“Le deviazioni possono essere numerosissime, la via diretta è una sola. E si può spiegare come tante

deviazioni che possono dare tanti differenti tipi di caratteri, derivino dal fatto che lo sviluppo

dell’uomo è stato deviato dalla sua unica direzione normale1”.

La parola “deviazione” significa in italiano: “spostamento dalla posizione naturale”.

Bambini disordinati, svogliati, golosi, egoisti, litigiosi, capricciosi, incostanti, con difficoltà di attenzione,

sottomessi, sono frutto di uno sviluppo deviato dalla naturale evoluzione, per mano degli adulti. Adulti che,

avendo ormai perduto il grado di vitalità dei bambini, non riuscendo ad entrare in relazione

autentica con loro, impongono ai piccoli limiti di varia natura fisica e psichica.

Maria Montessori raccomanda prudenza nelle relazioni con il bambino, per la sua grande sensibilità

alle influenze esterne. L’intervento sul bambino di qualcuno che ha potere su di lui, è un pericolo;

“per cui nasce la necessità di misurare l’intervento dell’adulto verso il bambino”2.

“E’ l’adulto che provoca nel bambino le sue incapacità, le sue confusioni, le sue ribellioni; è

l’adulto che spezza il carattere del bambino e ne reprime gli impulsi vitali. E poi l’adulto stesso si

                                                                                                                       1  Montessori  Maria,  “Deviazione  e  normalizzazione:  la  mano  che  guarisce”,  da  “Opera  Montessori”,  Bollettino  trimestrale,  anno  II,  n.2-­‐3,  1934,  in  “Il  metodo  del  bambino  e  la  formazione  dell’uomo,  scritti  e  documenti  inediti  e  rari”  a  cura  di  Augusto  Scocchera,  Edizioni  Opera  Nazionale  Montessori,  Roma,  2001,  pg.  85.  

2  Ibidem,  pg.  83.  

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affanna a correggere gli errori, le deviazioni psichiche, i rilassamenti del carattere che egli stesso ha

prodotto nel bambino.3”

I difetti di carattere dei bambini sono dovuti a un trattamento sbagliato che il bambino ha avuto nei

primi anni della sua vita: se sono stati trascurati, la loro mente è vuota e confusa perché non si è

dato loro possibilità di costruirla, se l’adulto si è continuamente sostituito alla loro attività, sono

passivi e mostrano disinteresse per tutto. Concentrandosi nelle attività proposte dalla scuola, i

bambini montessoriani riescono a guarire dai loro difetti più comuni, che manifestandosi in varie

forme, provengono spesso dalla stessa causa, la mancanza di alimento della vita psichica.

Se il bambino è posto in un ambiente adatto, si rivela un “Bambino Nuovo” o meglio “il Vero Bambino” che

altrimenti resta un essere sconosciuto. Un bambino che trova motivi di attività, da lui scelti, rispondenti alle

sue urgenti domande interne, si normalizza, trova uno sbocco naturale alle sue enormi potenzialità, che

altrimenti non potrebbero esprimersi. Il bambino normalizzato, torna ad essere calmo, soddisfatto, felice,

ordinato, rispettoso dell’adulto e dei compagni, socievole. Qualità originariamente presenti in tutti gli

uomini naturalmente.

“Il metodo non si vede: ciò che si vede è il bambino. Si vede l’anima del bambino che, liberata dagli

ostacoli, agisce secondo la propria natura. Le qualità infantili intraviste, appartengono

semplicemente alla vita come lo sono i colori degli uccelli e i profumi dei fiori: non sono affatto le

conseguenza di un metodo di educazione.”4(…) “E’ quindi necessario, prima di procedere a uno

svolgimento educativo, di porre le condizioni di ambiente che favoriscono l’affioramento dei

caratteri normali nascosti. A tale scopo basta solo allontanare gli ostacoli e questo deve essere il

primo passo e il fondamento dell’educazione. Dunque non si tratta di svolgere i caratteri esistenti,

ma di scoprire prima la natura, e soltanto dopo aiutare lo svolgimento della normalità.”5 (…)” C’è

una natura nascosta nell’uomo, una natura sepolta e perciò sconosciuta, che tuttavia è

semplicemente la natura vera, la natura data dalla creazione: la salute.”6 “La mancanza di carattere,

                                                                                                                       3  Montessori  Maria,  “Il  bambino  in  famiglia”,  Garzanti,  Milano,  2000,  I  edizione  1956,  pg.  138  

4  Montessori  Maria,  “Il  segreto  dell’infanzia”,  Garzanti  Editore,  1950,  1999,  Milano,  pg.  187.  L’uso  del  corsivo  rispetta  il  testo  originale.  

5  Ibidem,  pg.  188  

6  Ibidem,  pg.  201  

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i difetti del carattere spariscono senza bisogno di prediche o di esempi da parte dell’adulto. Né

minacce, né lusinghe saranno necessarie, ma solo condizioni normali di vita”7

Il termine normalizzazione è già presente in uno scritto scientifico della Montessori, dal titolo

Norme per una classificazione dei deficenti in rapporto ai metodi speciali di educazione8, con esso

la pedagogista indica il processo per il quale il bambino frenastenico è condotto allo stato di un

bambino normale di tre o quattro anni di età. Il processo è medico pedagogico, fondato

sull’educazione igienica e fisiologica avente come scopo quello di ristabilire l’equilibrio fisico.9 E’

con l’esperimento svolto nelle Case dei Bambini a Roma, la prima a S. Lorenzo nel 1907, che il

termine comincia invece ad indicare definitivamente il processo di guarigione del bambino dalle

deviazioni prodotte dalle repressioni degli adulti, attraverso la libera attività in un ambiente studiato

per lui. Ne “La Scoperta del bambino10”, nel capitolo Storia dei metodi, la normalizzazione è

indicata come il momento propedeutico al lavoro con i materiali di sviluppo, e all’opera

dell’insegnante che li deve presentare. Lo scolaro, perché l’azione educativa abbia esito positivo,

dovrà essere liberato dal peso delle repressioni che ha subito fino a quel momento, che lo portano ad

essere disordinato, indisciplinato o passivo. Perché questo avvenga, è necessario far emergere un

interesse reale per l’ambiente, inizialmente attraverso esercizi di vita pratica; sarà poi il lavoro con i

materiali scientifici a realizzare il processo di normalizzazione; punto di partenza dell’azione

educativa. E’ necessario che il bambino prima si normalizzi e poi progredirà. La guarigione del

bambino è punto di partenza, dal quale, la libertà d’azione consolida e sviluppa la personalità, che si

manifesterà attraverso la disciplina spontanea, l’indipendenza, il lavoro continuo nella gioia, l’aiuto

e la comprensione degli altri, la socialità.

                                                                                                                       7  Montessori  Maria,  “La  mente  del  Bambino”,  Garzanti,  Milano,  1999,  I  edizione  1952,  pg.  199.  

8  In  Atti  del  comitato  ordinatore  del  II  Congresso  Pedagogico  Italiano  (1899-­‐1901),  Napoli,  Tipografia  Angelo  Trani,  1902,  pg.144-­‐167  

9  Trabalzini  Paola,  “Maria  Montessori:  liberazione  e  normalizzazione”  in  Vita  dell’Infanzia,  rivista  mensili  dell’Opera  Nazionale  Montessori,  Febbraio  1998.  

10  Milano,  Garzanti,  1991  (prima  edizione  italiana  1950).  “La  scoperta  del  bambino”  è  la  quinta  edizione  di  Il  Metodo  della  Pedagogia  Scientifica  applicato  all’educazione  infantile  nelle  Case  dei  Bambini,  Città  di  Castello,  Editrice  S.  Lapi,  1909.  

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Deviazioni e relative normalizzazioni nelle scuole montessoriane

Attraverso il processo di normalizzazione, l’energia che il bambino fino a quel momento non aveva

potuto esprimere, e si era per questo distorta, portando a disordine, disobbedienza, svogliatezza,

golosità, litigi, capricci, paure, fantasticherie, attaccamenti a persone o cose, mancanza di

concentrazione, trova finalmente uno sbocco. La maestra a scuola, deve facilitare l’azione

costruttiva del bambino e salvaguardarla come momento prezioso, perché è attraverso questa che il

piccolo guarisce. La maestra dovrà preparare l’ambiente per favorire l’indipendenza dei bambini e

la libertà d’azione, offrendo gli stimoli di cui hanno bisogno. Deve presentare il materiale con

movimenti misurati, precisi, lenti, al momento giusto. Dovrà farsi osservatrice discreta e attenta

delle azioni del bambino, che pur non portate avanti perfettamente, trovano senso dentro di lui e

attualizzano le sue potenzialità. Ogni bambino per crescere segue le proprie spinte interne, un

proprio percorso naturale; il materiale scelto dovrà rispondere alle esigenze di creazione individuale

della personalità di ciascuno. Se i veri bisogni del bambino trovano giusta risposta, avviene un

processo di autoeducazione. Non è il maestro che educa, ma il bambino che, lavorando con i sensi,

con le mani, organo dell’intelligenza, ripete il lavoro fino alla soddisfazione completa delle sue

esigenze e costruisce se stesso.

Analizziamo ora alcuni aspetti delle scuole montessoriane che portano alla normalizzazione :

- Il bambino ha bisogno e desiderio di ordine, condizione fondamentale perché possa

comprendere e orientarsi nel mondo; nelle Case dei Bambini e nei nidi montessoriani, il

bambino mette in ordine ogni cosa dopo averla utilizzata. Tutto ha il proprio posto e si

rispetta l’attività dei compagni aspettando che abbiano finito e rimesso a posto prima di

poterla riutilizzare. Ordine vuol dire conoscere il collocamento degli oggetti nell’ambiente, e

permette di orientarsi, dirigersi per cercare il proprio cammino nella vita. Le regole per il

mantenimento dell’ordine, guariscono dal disordine, anche mentale e sviluppano la pazienza

e la capacità di attendere.

- “La normalizzazione viene dalla <<concentrazione>> in un lavoro. Bisogna che a questo fine

vi siano nell’ambiente motivi adatti a provocare quest’attenzione; che gli oggetti vengano

usati secondo lo scopo a cui furono costruiti, ciò che porta ad un <<ordine mentale>>; e

ancora, che siano <<usati correttamente>>, ciò che porta alla <<coordinazione dei

movimenti>>. L’ordine mentale e la coordinazione dei movimenti, guidati secondo un

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criterio scientifico, preparano la concentrazione, la quale, una volta avvenuta, <<libera le

azioni del bambino>> e lo porta alla guarigione dei suoi difetti.”11La capacità di

concentrazione guarisce dall’incostanza, la svogliatezza, la difficoltà nel coordinare i

movimenti delle mani, il disordine mentale, gli eccessi d’immaginazione, la mancanza di

fiducia in se stessi.

- Il bambino conosce, s’interessa, ama e vive l’ambiente, da cui trova motivi di attività

modulati su di sé e rinnovati secondo le sue esigenze; l’amore per l’ambiente, porta il

bambino a guarire da attaccamenti eccessivi a persone, dalla volontà di possesso degli

oggetti, dal desiderio di accumulo delle cose possedute. La cura dell’ambiente porta al

rispetto per gli oggetti che andranno riutilizzati da sé e dagli altri, alla pulizia, al piacere di

condividere e confrontarsi, alla socialità. Il bambino è inoltre avviato a semplici lezioni di

economia domestica, come spegnere la luce, non sprecare cibo, riciclare e non buttare gli

oggetti, queste attenzioni lo sensibilizzano nei confronti di tematiche ecologiche e di cura

dell’ambiente e lo aiutano anche per sviluppare la mente matematica.

- Il bambino ubbidisce all’adulto perché è suo desiderio naturale ubbidire se ciò che gli viene

chiesto non è contrario alla sua natura e al suo sviluppo. Non esiste disubbidienza se l’adulto

rispetta il bisogno del bambino di azione e di prova delle sue capacità. Anche i capricci, che

sono desideri perfettamente logici ed equilibrati, rimasti incompresi, espressioni esterne di

bisogni insoddisfatti, spariscono se offriamo al bambino la possibilità di agire liberamente.

- Il bambino non concepisce riposo, se svolge attività studiate per i suoi bisogni, vuole

continuamente lavorare. “I bambini delle nostre scuole ci dimostrano che la loro vera

aspirazione era la costanza nel lavoro”.12 E’ importante tuttavia che i bambini non passino

velocemente da cosa a cosa ma acquisiscano la capacità di soffermarsi, affinché nascano

degli interessi “guaritori” che impegnino completamente la loro personalità. Maria

Montessori distingue tra interesse e curiosità. L’interesse è duraturo, fonte di progresso

mentre la curiosità è incapacità di ordinarsi, di concentrarsi, sintomo di una personalità

disturbata.

- I bambini che seguendo le loro direttive interiori, scelgono cosa fare e lavorano con

concentrazione e gioia, diventano naturalmente disciplinati. La disciplina, che i bambini                                                                                                                        11  Montessori  Maria,  “La  mente  del  bambino”,  Garzanti,  Milano,  1999,  I  edizione  italiana  1952,  pg.  204-­‐  205.  Le  virgolette  rispettano  il  testo  originale.  

12  Ibidem,  pg.  201  

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intimamente vogliono e perseguono, viene raggiunta dando loro libertà. Lavoro e libertà

sono necessari normalmente allo sviluppo del bambino. E’ importante tuttavia non

confondere la libertà con la liberalità, che porterebbe i bambini al caos e al disordine.

“<<Lasciar fare quello che vuole al bambino che non ha sviluppato la volontà>> è tradire il

senso di libertà.”13

- I materiali permettono il controllo dell’errore per cui i bambini si rendono conto da soli se

hanno commesso uno sbaglio e sono in grado di correggersi autonomamente. La denuncia

dell’errore è fondamentale per il bambino per costruire sicurezza in se stesso e autostima

perche non sarà continuamente corretto dagli altri, ma potrà fare da sé e riparare per proprio

conto alle proprie mancanze.

- I bambini apparecchiano e sparecchiano la tavola, servono piatti e pietanze, mangiano con

correttezza con le posate; questo fa si che il bambino si concentri sulla correttezza dei gesti,

sulle buone maniere, sull’apprendere come usare le posate, e perda gli eccessi di voracità e

golosità che esprimono frustrazione. I bambini preferiscono servire a tavola più che

mangiare considerando quest’attività più interessante; capita che siano cosi intenti che

dimenticano perfino di mangiare. Piatti e bicchieri sono frangibili, questa caratterista è di

sprone all’attenzione e alla misura nei movimenti.

- Il bambino usa oggetti potenzialmente pericolosi, ferri da stiro, coltelli, fiammiferi,

stuzzicadenti, oggetti d’illuminazione; l’utilizzo di questi materiali richiede prudenza,

controllo delle proprie azioni, favorendo il senso di responsabilità di sé stessi e degli altri.

- “In queste scuole scompaiono anche quelle barriere psichiche che i bambini mettono come

difesa tra loro e il mondo esterno (…).Scompaiono anche gli atteggiamenti di fuga dalla

realtà che sono legati all’impossibilità per l’intelligenza di costruirsi attraverso le esperienze

di movimento.14” Le energie deviate dalla realtà vagano nel vuoto, nel caos, nella fantasia di

evasione, è fondamentale quindi che i bambini montessoriani siano profondamente

impegnati e attratti dalle attività dell’ambiente e dalla realtà circostante. La fantasia staccata

dalla realtà viene considerata la fonte principale di tutti i guasti della intelligenza umana.

                                                                                                                       13  Ibidem  pg.204  

14  Quattrocchi  Montanaro,  Silvana,  “Normalizzazione  ed  autoeducazione  nel  metodo  Montessori”  in  Vita  dell’Infanzia,  Luglio/Agosto  1998.  

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- I maestri montessoriani devono aiutare il bambino a mettersi in comunicazione con

l’ambiente, favorire e tutelarne la concentrazione e l’autonomia. Devono osservare i

bambini sapendo allontanarsi quando i loro aiuti non servono più, anzi sarebbero solo di

disturbo alla loro attenzione.”Il maestro da noi è un po’ come un istruttore di ginnastica che

mostra l’uso dei vari attrezzi della palestra, ma che poi si ritrae, perché sono gli allievi e non

lui a doversi esercitare15”. Ogni aiuto inutile, nella proporzione alla sua inutilità, è secondo

Maria Montessori di ostacolo allo sviluppo delle forze naturali del bambino. Che agisce da

sé, impiega le proprie forze, conquista se stesso, aumenta le sue facoltà e si perfeziona.

Bambini normali e bambini normalizzati

Maria Montessori tratta di normalizzazione in riferimento a fanciulli dai 3 ai 6 anni di età nelle

“Case dei Bambini”, quando il cosidetto periodo d’oro per lo sviluppo psicologico e caratteriale di

un individuo è ormai passato. La normalizzazione può correggere più o meno efficacemente i difetti

insorti in questo periodo, avviando il piccolo ad un esistenza piena e serena. Ma esiste un metodo

per avviare i bambini al benessere fin dalla nascita? Per crescere bambini normali, anziché

normalizzati?

Maria Montessori ne “La mente del bambino” scrive: “Se durante la concezione, la gestazione, la

nascita, e il periodo che segue, il bimbo è stato trattato scientificamente, all’età di tre anni egli

dovrebbe essere un individuo modello. Questo ideale di perfezione non è mai raggiunto, giacchè,

oltre ad altre ragioni, molti ostacoli possono insorgere16”.

Esiste un fattore che determina il benessere del bambino a livello antrolopogico? Sicuramente il

sentirsi amato dai genitori e la stabilità e serenità familiare sono fondamentali per il benessere di un

bimbo piccolissimo. Maria Montessori tuttavia ci mette in guardia anche sull’amore per i bambini,

perché non è sempre sentito nella sua purità, perché è spesso annebbiato da difetti di cui l’adulto è

inconscio, perché non è purificato. “Ma anche l’amore puro non basterebbe; perché la normalità

                                                                                                                       15  Montessori  Maria,  “Educare  il  bambino,  rispettandolo.  Consigli  ai  maestri”conferenza  a  Ahmedabad,  1947,  in  “Il  Quaderno  Montessori,  inverno  1996/97.  

16  Pg.  194  

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infantile si sviluppi, l’uomo non può creare l’uomo, è l’individuo che deve costruire se stesso. (…)

Il bambino deve tutto attuare e conquistare con il proprio sforzo17”.

Pur riconoscendo la forza grandiosa dell’amore, la nostra pedagogista riconduce al lavoro personale

il merito di costruire l’uomo, un lavoro che il bambino deve svolgere individualmente, per costruire

la propria personalità. Personalmente concordo con questo pensiero, ma quando penso al benessere

di un bambino, oltre alla grande soddisfazione personale che viene dal provare le proprie forze

all’opera, penso all’amore. Sentirsi voluto, in modo assoluto, da qualcuno che è importante per te è

secondo me, la base del benessere; che successivamente si costruisce provando le proprie

potenzialità, e trovando a poco a poco il proprio posto e la propria funzione nell’universo. Il lavoro

porta a costruire sicurezza nelle proprie capacità e valore; ma questa certezza può essere costruite a

prescindere precedentemente? Esiste qualcosa che è alla base di ogni uomo, che determina il valore

della sua esistenza e dona forza e voglia di vivere, indipendentemente da qualsiasi circostanza

negativa possa trovarsi ad affrontare?

A tutte queste domande si può provare a dar risposta osservando come vivono gli uomini allo stato

di natura, gli uomini primitivi.

Prima delle deviazioni…

Negli anni ’70, una donna americana, Jean Liedloff ha vissuto periodi lunghi (circa 2 anni e mezzo

complessivamente ma non in continuità), a contatto con due popolazioni indiane indigene del

Venezuela, gli Yequana e i Sanema, di evoluzione pari agli uomini dell’ “età della pietra”,

scrivendo poi un libro-testimonianza che è una rilettura critica del rapporto tra mondo occidentale e

natura, “The Continuum Concept18”. La conclusione drammatica ma verosimile cui la Liedloff

giunge è che la civiltà occidentale, accelerando, depredando, devastando l’infanzia fin dalla nascita,                                                                                                                        17  Montessori  Maria,  “Deviazione  e  normalizzazione:  la  mano  che  guarisce”,  da  “Opera  Montessori”,  Bollettino  trimestrale,  anno  II,  n.2-­‐3,  1934,  in  “Il  metodo  del  bambino  e  la  formazione  dell’uomo,  scritti  e  documenti  inediti  e  rari”  a  cura  di  Augusto  Scocchera,  Edizioni  Opera  Nazionale  Montessori,  Roma,  2001,  pg.  82.  

 

18  Edizione  italiana,  “Il  concetto  del  continuum,  ritrovare  il  ben-­‐essere  perduto”,  Edizioni  la  Meridiana,  1994-­‐  2000,  Molfetta  (BA).  

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abbia interrotto il naturale processo evolutivo dell’uomo, immergendolo in una spirale

autodistruttiva molto rischiosa, e in degenerazione. “Secondo la Liedloff sarebbe proprio la rottura

dell’equilibrio iniziale - quella separazione violenta madre/ bambino fin dai primi istanti di vita, poi

ripetuta a più riprese sotto varie forme – a produrre individui sradicati, ansiosi, insaziabili,

dipendenti, aggressivi quali noi siamo, in questo mondo che orgogliosamente chiamiamo <<primo>>

o comunque il più avanzato.”19 Il bisogno di mamma soprattutto nel primo anno di vita non è un

capriccio ma necessità biologica, strettamente connessa all’equilibrio mentale futuro dell’individuo.

Se l’uomo non sazia questo primo e fondamentale bisogno, rimane tendenzialmente avido,

sofferente e infantile a vita.

Il bambino preso in braccio si sente sicuro, desiderato, buono, giusto, a suo agio nel bel mezzo

della vita che ha intorno. Senza queste certezze l’essere umano è privato di stima di sé, di senso

pieno dell’io, di spontaneità. Ogni bambino interiorizza il proprio valore di riflesso al modo in cui

viene trattato. “Il violento lacerarsi del continuum madre-figlio, così saldamente stabilitosi nelle fasi

della vita uterina, può a ragione sfociare in depressione per la madre e in angoscia per il

bambino20”. I sentimenti che un bambino prova quando è molto piccolo, rimanendo registrate nel

proprio sistema nervoso, continueranno a rimanergli dentro per tutta la vita, nel bene e nel male.

Durante la fase in braccio, che dura finché il bambino inizia a gattonare spontaneamente, egli fa

esperienze che soddisfano le sue aspettative innate e avanza sicuro verso altre aspettative o desideri,

appagandoli a loro volta. Questa “catena di benessere” formerà il suo subconscio, prima che sia in

grado di pensare consapevolmente, e rimarrà dentro di lui come bagaglio positivo, che darà forza

completamente diversa nell’affrontare la vita, rispetto a chi non ha potuto registrare in sè certe

esperienze positive. I bambini del mondo occidentale vivono generalmente, fin da molto piccoli,

esperienze di distacco dalla madre molto brusche, di insoddisfazione dei propri bisogni, di desideri

inappagati cui piano piano si abituano a costi che purtroppo pagheranno tutta la vita.

Le coccole, tra i primitivi, non sono né offerte a profusione nè negate, sono sempre disponibili

come qualcosa di naturale. Gli Yequana sanno di essere degni d’amore e non cercano ulteriori cure

da parte delle madri, se non per motivi gravi. I nostri bambini invece vengono abbracciati e

                                                                                                                       19  Ibidem,  introduzione,  pg.9  

20  Ibidem  pg.  34  

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consolati per gli incidenti più lievi perché non hanno esaurito il loro desiderio di contatto materno.

“Quando un bambino riceve tutto ciò che gli serve dall’esperienza fra le braccia di sua madre e si

separa da lei spontaneamente, è in grado di accogliere senza difficoltà l’arrivo di un nuovo bambino

nel posto che lui ha lasciato volontariamente. Non esiste motivo per la rivalità visto che nulla di

quanto ha bisogno viene usurpato”.21Si annullano in questo modo, le gelosie nei confronti dei

secondogeniti e degli altri fratelli.

L’esigenza del contatto fisico si esaurisce velocemente per un bambino che ne ha ricevuto un buon

bagaglio, e si renderà nuovamente necessario solo in momenti di disagio o emergenza. Il risultato

di questo approccio all’infanzia è che i bambini ad un anno sono molto più indipendenti e sicuri di

sé rispetto ad un’occidentale che ha vissuto nel distacco la grande maggioranza del suo tempo.

Nel Luglio 2010 è stato pubblicato nel “Journal of Epidemiology e Community Health” un

importante studio di un team di ricercatori della Duke University del North Carolina (U.S.A) guidati

dalla dottoressa Joanna Maselko, che ha studiato le relazioni tra madri e 482 bambini di otto mesi di

età, dividendole in tre livelli di calore affettivo: “basso”, “normale”, “molto elevato”. Dopo 34 anni,

i ricercatori hanno esaminato la stabilità emotiva e mentale dei soggetti, utilizzando una scala di

sintomi tarata su stati d’animo come ansia, angoscia e ostilità. Mettendo in relazione le coccole

ricevute da bambini e lo stato d’animo degli adulti, gli esperti hanno rilevato come chi aveva

ricevuto un livello molto elevato di calore affettivo mostrava valori inferiori di ansia, angoscia,

ostilità rispetto agli altri. La conclusione cui è arrivato il team è che maggiore è il calore mostrato

dalla madre alla prole, maggiore è la probabilità che essa sviluppi una vita affettiva sana in età

adulta.22 Sono stati rilevati riscontri positivi anche nella vita lavorativa dei soggetti.

Il modello del portare e allattare a lungo i propri figli è diffuso oltre che in America Latina, in

Africa, Asia, e tra le popolazioni dell’Artide.

Il popolo dei !Kung San, un gruppo di pastori seminomadi, che vivono a confine tra il Botswana e

la Namibia, sono stati studiati dall’università di Harward perché rappresentanti di un insieme di

società che nella loro elementare ecologia di sussistenza sono vicine alla forma originaria della

                                                                                                                       21  Ibidem  pg.  80  

22  www.tuttomamma.com  

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società e della cultura umana. L’antropologo Melvin Konner vivendo alcuni periodi con loro ha

rilevato che i bambini !Kung San, fino al primo anno di età, passano generalmente dal 70% al 80%

del tempo a contatto con le loro madri, venendo allattati fino a 4-5 volte l’ora.

In quasi tutti i paesi africani le madri che possono crescere i propri figli allattano fino ai 36 mesi a

richiesta del bambino e, se non ci sono altri fratelli, l’allattamento si protrae fino ai 5 anni.

Gli Utku, un popolo nomade di eschimesi canadesi, che crede che i bambini piccoli, essendo più

vicini al mondo soprannaturale, parlino con ispirazione divina, allattano e portano i loro piccoli fino

ai tre anni. I bambini vivono una relazione simbiotica, duratura, stabile e altamente gratificante con

la propria madre, che si interrompe solo con la nascita di un fratellino, momento in cui il piccolo

eschimese è avviato all’indipendenza fortificando la relazione con il padre, attraverso il camminare

e il lavoro.

In Zaire, gli Efe, un popolo che per crescere i bambini adotta un modello di “multiple care giving”,

di allevamento della prole suddiviso tra più membri all’interno della comunità, i bambini sono

allattati a lungo, non solo dalla propria madre naturale e hanno la libertà di scegliere con chi passare

la maggior parte del proprio tempo. Uno studio antropologico in loco ha rilevato che i bambini Efe,

grazie a questo approccio all’infanzia, crescono sviluppando competenze sociali precoci di pari

livello dei bambini che frequentano asili nido di qualità negli Stati Uniti.

Società primitive ambienti naturalmente “normalizzanti”.

La normalizzazione è un processo che si svolge grazie al lavoro libero finalizzato ad uno scopo

reale, i bambini delle società primitive crescono naturalmente normalizzati perché vivendo accanto

agli adulti sono continuamente spronati all’attività, all’imparare a fare da sé, alla finalizzazione

delle loro azioni. Allo stesso tempo, mantenendo un legame così stretto con la madre nei primi anni

di vita, i bambini sono avviati all’indipendenza in maniera più efficace degli occidentali, non

portandosi dietro alcun tipo di carenza affettiva e relazionale.

Le madri Yequana non concentrano la loro completa attenzione sui bambini; accudire un piccolo è

qualcosa di profondamente normale e le donne fanno tutto ciò che devono fare semplicemente in

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compagnia dei loro figli, trasmettendo il messaggio che devono saper badare a loro stessi, fin da

piccoli. Le donne quotidianamente fanno da mangiare, accendono il fuoco, puliscono, vanno a

raccogliere materie prime, inizialmente tenendo i figli in braccio, di fianco o sulla schiena, in

seguito da loro accompagnate. I bambini in questo modo ricevono una grandissima quantità di

stimoli dall’adulto, con cui crescendo iniziano a collaborare. Le madri non trattano i figli come

esseri fragili e delicati, ma dovendo svolgere tutte le mansioni quotidiane portandoli, li muovono

spesso bruscamente. I bambini in questo modo acquistano forza nel corpo, che non essendo trattato

come qualcosa di fragile, si fortifica assorbendo inconsciamente di essere capace di una serie di

movimenti che stando immobile in culla non avrebbe occasione di provare. Le bambine dai tre anni

in su, hanno l’occasione di esercitare il proprio istinto materno occupandosi dei bambini più piccoli,

non delle bambole. Questa che generalmente è la loro attività preferita, rende le donne pronte alla

procreazione fin da adolescenti avendo naturalmente acquisito la capacità di allevare i più piccoli.

Mentre gli adulti Yequana camminano per cacciare e raccogliere materie prime, si dà per scontato

che i loro bambini li seguano, ed è loro responsabilità farlo. I genitori rallentano perché possano

tenere il passo, ma non si voltano continuamente per assisterli e il bambino piange solo in

situazione di reale necessità. I bambini imparano inoltre presto ad usare con attenzione coltelli e

altri oggetti molto taglienti che sono continuamente a loro portata di mano. I genitori non hanno

apprensione nei loro confronti, trasmettendo invece un naturale senso di responsabilità per le

proprie azioni, che immerge i loro figli nella vita così com’essa è, nella sua bellezza e nella sua

durezza, senza mezze misure. Nei bambini occidentali invece il meccanismo che permette loro di

badare a se stessi è utilizzato in minima parte; sono gli adulti che li accudiscono che se ne assumono

quasi completamente il peso. Il risultato è che i nostri bambini non sono in grado di stare senza la

supervisione di un adulto, che assumendosene per intero la responsabilità, con la sua apprensione,

fa da catalizzatore a piccoli, gravi incidenti che possono capitare ai più piccoli. Inoltre il vietare di

fare qualcosa perché considerato pericoloso, protegge finchè c’è qualcuno che supervisioni alle

azioni del bambino, ma non appena lasciato solo, il bambino tenderà a pericoli che non avendo idea

come affrontare lo esporranno davvero a gravi rischi.

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Conclusione e ringraziamenti

Questa relazione intende far riflettere sulle differenze di trattamento della prima infanzia tra i

popoli e constatare che la chiave per una più profonda comprensione del bambino nella specie

umana si trova nella ricerca trans- culturale. La speranza per far crescere bambini “normali” nel

futuro credo provenga dal recupero di un rapporto stretto e duraturo tra madre/bambino nei primi

anni, fatto di sguardi, allattamento naturale, contatto fisico, esperienze e quantità di tempo

condiviso; una dipendenza totale che è preludio indispensabile ad un’indipendenza serena. Questo

tipo di rapporto è oggi giorno difficile da perseguire per motivi di ordine sociale, lavorativo, spazio-

temporale, neurologico. La normalizzazione pensata e provata da Maria Montessori è una risposta

efficace a queste difficoltà oggettivamente presenti. La libera scelta e il lavoro appropriato sono le

‘medicine miracolose’ che canalizzino lo spirito del bambino nella scoperta della sua più profonda

natura: il fare e il saper fare, sperimentati nell’attività, in un ambiente sociale non violento, non

competitivo, non giudicante, non emarginante. La guarigione del bambino è nelle sue stesse mani,

proprio nel senso della mano che riprende ad esplorare, a fare, a pensare, a conoscere.

Personalmente credo tuttavia che un bambino per quanto intelligente e fiducioso nelle proprie

capacità, perché sperimentate e costruite nell’ambiente, senza aver incamerato la certezza dell’

amore assoluto materno nei primi anni di vita, diventerà un uomo di grande valore e produttività,

ma si porterà sempre dentro la velata angoscia per la mancanza di quell’amore non corrisposto,

perché assoluto ed esigente è il bisogno e l’attesa d’amore del bambino appena nato.

Ringrazio Paola Trabalzini che mi ha aiutato a reperire il materiale all’interno della biblioteca

dell’Opera Nazionale Montessori a Roma e la compagna di corso Erika Pornaro, che un giorno

portò a lezione tutti i suoi libri sull’infanzia, tra cui mi sono soffermata sul libro della Liedloff “Il

Concetto del Continuum”.

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Bibliografia

- Leboyer, Frédérick, “Per una nascita senza violenza”, Tascabili Bompiani, Milano, 2010.

- Leboyer, Frédérick, “Nascere e shantala” dvd, Edizioni Red, Milano. 2005.

-LeVine, Robert A. e New Rebecca S. a cura di, “Antropologia e infanzia”, Raffaello Cortina

Editore, Milano, 2009.

- Liedloff Jean, “Il Concetto del Continuum”, Edizioni la Meridiana, Molfetta (BA), 1994- 2000.

-Montessori Maria, “Educare il bambino, rispettandolo. Consigli ai maestri”conferenza a Ahmedabad, 1947, in “Il Quaderno Montessori, inverno 1996/97.

- Montessori Maria, “Il bambino in famiglia”, Garzanti, Milano, 2000, I edizione 1956.

- Montessori Maria, “Il metodo del bambino e la formazione dell’uomo, scritti e documenti inediti e rari” a cura di Augusto Scocchera, Edizioni Opera Nazionale Montessori, Roma, 2001.

- Montessori Maria, “Il segreto dell’infanzia”, Garzanti, Milano, 1999, I edizione italiana 1950.

-Montessori Maria, “La mente del bambino”, Garzanti, Milano, 1999, I edizione italiana 1952.

- Montessori, Maria, “La scoperta del bambino”, Garzanti, Milano 1991, I edizione italiana 1950.

-Quattrocchi Montanaro, Silvana, “Normalizzazione ed autoeducazione nel metodo Montessori” in Vita dell’Infanzia, Luglio/Agosto 1998.

- Quattrocchi Montanaro, Silvana, “Comprendere i bambini”, Di Renzo Editore, 2006, Roma

- Regni, Raniero, “Infanzia e Società in Maria Montessori”, Armando Editore, Roma, 2007

- Rehm-Schweppe, Rahel e Grabosch Sabine, “Il massaggio del bebè”, Edizioni Red, 2009, Milano.

- Scocchera Augusto, “Maria Montessori, una storia per il nostro tempo”, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2005, Roma.

- Trabalzini Paola, “Maria Montessori: liberazione e normalizzazione” in Vita dell’Infanzia, rivista mensili dell’Opera Nazionale Montessori, Febbraio 1998.