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Supereroi™

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Araldica e simbologia mitica dell’eroismo da Superman a The Authority. Supereroi™ è il primo studio compiuto in Italia sugli stemmi dei supereroi. Grazie ad un patrimonio culturale che affonda nelle pieghe più profonde della nostra cultura, Ivan Baio ha analizzato questo mito contemporaneo. Prefazione di Sergio Brancato.

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Ivan Baio

SupereroiTMAraldica e simbologia dell’eroismo

dai miti classici a Superman e The Authority

Prefazione di Sergio Brancato

Lapilli. Segni 6

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I edizione: maggio 2006Copyright © Tunué Srl

Via degli Ernici 3004100 Latina – [email protected]

Diritti di traduzione, riproduzionee adattamento riservati per tutti i Paesi

ISBN: 88-89613-11-4ISBN-13 EAN 978-88-89613-11-5

Progetto grafico e copertina: Daniele Inchingoli

Stampa e legatura:Tipografia Monti SrlVia Appia Km 56,14904012 Cisterna di Latina (LT)Italy

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Prefazione di Sergio Brancato VII

Premessa 3Struttura e linee guida 4Glossario 4

Archetipo 5Eroe 6Divinità 7Da Superman a The Authority 8Minotauro 8Doppio 8

Introduzione 11

PARTE I – FORME, IMMAGINI, EVOCAZIONI

I L’uomo fa i conti con la morte 17II Uomo, Eroe, Divinità 20III Labirinti 24

III.1 Il labirinto 24III.2 Il nodo 29III.3 La torre di Babele 32III.4 La svastica 37III.5 Spirale e caduta 40III.6 De-siderare 43

IV Frecce 45IV.1 La freccia/1 45IV.2 Da Omero a Pynchon: caducità della freccia 46IV.3 La freccia/2 48IV.4 Il serpente e l’uccello 50IV.5 L’uomo e la donna 51IV.6 Il segreto 52

INDICE

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PARTE II – SUPEREROI: L’ARCHETIPO SUL PETTO

I Lo stemma, il labirinto e la freccia 59I.1 Il petto 59

II Araldica 62III Funzioni dello stemma 67

III.1 Medioevo 67III.2 Oggi mitico (il fumetto supereroico) 67III.3 Oggi reale 69

IV Mitologia classica made in USA 71IV.1 Il mito della frontiera, i poteri del cowboy 71

V Da dio a uomo, da uomo a dio 76V.1 Superman 76V.2 Batman 80V.3 Capitan Marvel 83V.4 Flash e Shazam 86V.5 Lanterna verde 88V.6 Capitan America 89V.7 Wonder Woman 91V.8 X-Men e Fantastici Quattro 93V.9 Uomo Ragno 98V.10 Hulk 99V.11 Thor 101V.12 Devil 102V.13 Wolverine 103V.14 Il Punitore 105

VI Dalla terra al cielo 108VII La donna non è invisibile 111VIII Sono tra noi 115

Conclusioni 120Appendice. Gordon Freeman, Achille e il Punitore 122

Riferimenti bibliografici 132

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PrefazioneIl Mito, la modernità e le forme simbolichedi Sergio Brancato

Fin dal sottotitolo, il libro di Ivan Baio richiama il vero nocciolo tema-tico della sua riflessione, ovvero l’individuazione di una linea di conti-nuità sostanziale tra Mito e cultura di massa. Una continuità che alcunipotrebbero trovare blasfema, irriverente o – quanto meno – culturalmen-te poco fondata. Eppure, dimenticando per un istante il fatto che impor-tanti maestri del pensiero contemporaneo si siano ritrovati all’interno ditale ipotesi (tra gli altri, solo per restare nell’ambito socio-culturologico,Roland Barthes e Marshall McLuhan), è la stessa ricostruzione delsignificato del termine «mito» a indicare suggestivi paralleli con la pro-duzione dell’industria culturale. Mito, infatti, deriva dal greco mythos,che nell’accezione omerica vuole dire parola, oppure discorso, maanche macchinazione, complotto. Verrebbe da pensare al significato cheTheodor W. Adorno e Max Horkheimer attribuiscono, nel loro fonda-mentale libro del 1947, Dialettica dell’illuminismo, proprio all’espe-rienza storica dei media di massa, visti come una «forma psichiatrica deldominio», ovvero partecipi di una epocale macchinazione contro l’uo-mo, un complotto tutto inscritto nell’ordine politico della modernità.

Il nostro rapporto di uomini moderni con il Mito è estremamente pro-blematico, ma sempre ineludibile. Da un lato, esso si colloca all’internodella scissione tra mythos e lògos, cioè nell’affermazione della filosofia:il mito si fissa nella dimensione del racconto di divinità ed eroi (insom-ma, in un genere dotato di precisi canoni espressivi), così degradato econtrapposto alla razionalità argomentativa che deve guidare l’esperien-za conoscitiva. Dall’altro, il Mito persiste in derive narrative e configu-razioni simboliche che continuano a rendersi riconoscibili e, dunque,operative all’interno di un universo storico e antropologico diverso daquello in cui esso ha avuto origine. Tale versatilità costituisce uno deimisteri collegati al Mito, che appare come una costante antropologica

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della specie, strutturalmente presente in ogni civiltà con caratteri ricor-renti (è quanto riscontrano studiosi come Vladimir J. Propp o JosephCampbell). Proprio l’età moderna sembra riagganciare il Mito all’inter-no dei propri processi di socializzazione e produzione simbolica, indivi-duando in esso un punto di catastrofe del soggetto.

Qual è il motivo per cui la sfera del Moderno sembra necessitare delMito, sua (apparente) contraddizione? Una risposta, che coniuga lasociologia dei processi culturali all’antropologia, è che il Mito contienein sé, all’interno della propria «irrazionale» contrapposizione al lògos,un’elementare funzione ordinativa dell’esperienza del mondo. Il Mito,cioè, non è un genere di racconti, ma piuttosto il «calco» stesso dell’ideadi racconto come organizzazione del caos in una forma comprensibile,in un discorso dotato di struttura e quindi ripetibile. Il Mito, in altri ter-mini, è (in senso metaforico) la macchina che produce quelle istituzioniculturali che demarcano l’esperienza umana attraverso un principiod’ordine in grado di affermare separatezze e identità (l’umano dall’ani-male, il maschile dal femminile, l’io dall’altro), introducendoci nel-l’orizzonte dell’esperienza condivisa, della comunicazione, del «senso».

Il Mito, dunque, viene considerato da alcuni come una forma «altra»di conoscenza, e non come una riduzione di grado rispetto ad essa. Unaforma che mette i discussione i precetti basilari del sapere così come loconcepiamo nell’ottica della moderna soggettività. Una forma che, permolti versi, riesce meglio a disegnare il profilo psichico dell’uomo-massa, e dunque contribuisce a spiegare fenomeni sociali tipici dellamodernità: la chimica relazionale tra individuo e massa, la piega presadall’innovazione tecnologica, i caratteri ricorrenti e storicamente ambi-gui della produzione simbolica contemporanea.

I tre punti appena segnalati potrebbero essere sintetizzati in sole treparole: società, media e immaginario. La presenza del Mito nel nostroorizzonte d’esperienza si muove – e trova profondità – proprio all’inter-no di queste coordinate. E di media, società e immaginario si occupa laricerca di Baio, reperendo nel corpo del superuomo industriale (parossi-sticamente definito dall’insidioso neologismo «supereroe», al di sopradell’eroe tradizionale così come questi è al di sopra dell’uomo) il terri-torio d’indagine da privilegiare, l’osservatorio in cui registrare le tra-

VIII PREFAZIONE

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sformazioni più generali che la morfologia mutevole dell’eroe in costu-me ci segnala nella cifra del simbolo, che accompagna le configurazio-ni del fumetto supereroico riempiendole di significati quasi «iniziatici»e, comunque, visivamente coinvolgenti.

Il simbolo si declina nella sfera del sensibile, «incarnandosi» inimmagini che superano il tempo e riappaiono, ciclicamente, simili arelitti antropologici riportati a riva dal movimento imperscrutabile dellecorrenti del mondo. La ricorrenza degli archetipi nella vita umana dimo-stra la loro incidenza basilare nel quadro di psicologie e mentalità, e ilmanifestarsi dei simboli rende evidenti i conflitti di culture che segnanoil percorso dei vissuti individuali e collettivi. Baio ha ben chiaro che icorpi dei supereroi prescindono le contingenze storiche e sono espres-sione di una cultura di massa (la cultura dell’età delle masse) in cui ladimensione del simbolico riemerge con forza attraverso operazioni diriscrittura che contengono saperi metastorici, ovvero non sempre coin-cidenti con le sostanze del lògos. La fascinazione che scaturisce dallestilizzazioni del teschio umano o dalla semplificazione grafica del caosenergetico legato al fulmine rende all’emozione del riconoscimento inimmagine il suo valore di conoscenza, ovvero di scienza condivisa, col-lettiva, come lo stesso etimo primario del termine «simbolo» esemplifi-ca nel significato di mettere insieme.

Nato come dispositivo dell’intrattenimento di massa alla fine deglianni Trenta del secolo XX, deriva estrema e sofisticata di precedentistrategie dell’immaginario legate alla messa in scena «spettacolare» diindividualità eccezionali, il supereroe costituisce il compimento di unprocesso di modernizzazione della figura eroica e delle sue funzioni, maal contempo si muove verso un esplicito recupero delle origini mitiche.L’analisi dell’araldica supereroica condotta da Baio conferma questomovimento ellittico: la natura totemica di Batman, ad esempio, tuttagiocata sull’indistinzione tra umano e animale, uccello e ratto (dunquecielo e terra, la contrapposizione topica del Mito), viene rivelata dallelacerazioni che la «doppia natura» comporta al soggetto moderno (neisupereroi il «doppio» diviene paradigma dell’identità), così che la suagenesi narrativa non può che attivarsi a partire da un rito di sangue, lamorte «sacrificale» dei genitori che scatena la sete parossistica di ven-

IXPREFAZIONE

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detta. Tutta la dinamica di questo moderno eroe tragico, giunto fino anoi dalle nebbie del Romanticismo, è inscritta nello spazio simbolicodella figura disegnata sul suo petto, l’immagine del pipistrello, cherimanda al regime notturno dell’immaginario e prepara la feconda ripe-tizione della sua serialità. In quel segno pluristratificato risiede la stra-ordinaria contraddizione tra antico e moderno che rende Batman un’ico-na del Novecento.

A volte, invece, la lettura del simbolo avviene nell’ambito di unariscrittura del dispositivo di riferimento. Ad esempio, è Frank Miller afarci «scoprire» – nelle tavole epocali di The Dark Knight Returns – chela grafica della «S» inscritta nello scudo disegnato sul costume diSuperman può essere interpretata, spostandone l’equilibrio tra figura esfondo (con un procedimento di trasfigurazione/riconfigurazione à laEscher), come due pesci che nuotano in direzioni opposte. Non occorrericordare che il pesce è il primo simbolo del cristianesimo, e che la figu-ra di Superman deve molto del suo appeal sul pubblico di massa all’ef-ficiente ricombinazione industriale di miti messianici (come dimostra lasua condizione di «orfano affidato alle acque» ma anche la sua morte eresurrezione alle soglie del «nuovo millennio»).

La natura dei simboli si costituisce come «collettiva» e, quindi, neces-sariamente ambigua. Ne è consapevole, e ci gioca magnificamente, AlanMoore in una serie come Promethea, autentica congerie dei simboli edegli stili attraverso cui la modernità rielabora la visione dell’antico.Come a dire che la costruzione collettiva dei segni e dei testi, tipica del-l’industria culturale e dei suoi processi produttivi, contiene in sé unaparte di quegli aspetti comunitari che caratterizzano la genesi del Mito.I simboli strutturano la dimensione emotiva, immediatamente intuitiva,di tali racconti. La loro ambiguità risiede nell’essere al di fuori dellecontingenze storiche, eppure dentro la sensibilità del tempo. Questo è ilmotivo per cui ritroviamo il simbolo del fulmine tanto sul costume delmercuriale Flash quanto sugli elmetti delle SS naziste: la polivalenza delsimbolo rimanda, qui, ai conflitti di culture che si agitano nell’orizzon-te comune della società di massa, e alla necessità delle masse di trovareuna loro possibile interpretazione. Il libro di Baio propone una sociolo-gia dei simboli di massa che illumina, oltre le ermeneutiche del «diver-

X PREFAZIONE

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timento» industriale, alcune zone oscure della contemporaneità. Lamoderna mitologia del supereroe si rivela una volta di più, nell’ambitodi un solco che in Italia va da Umberto Eco a Alberto Abruzzese a GinoFrezza, come terreno di una conoscenza che amplia l’ordine del discor-so sulla società moderna e sulle sue soggettività.

Napoli, maggio 2006

XIPREFAZIONE

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SUPEREROITM

A Alberto,Tutto questo in qualche modo ti appartiene.

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Ringrazio Sergio Brancato per aver appoggiato questo progetto fin dall’inizio, Angelo OrlandoMeloni per l’indispensabile apporto e la sua incondizionata disponibilità, Dante Rapisarda per avermesso la sua trentennale conoscenza fumettistica a mia disposizione, Leonardo Garofoli e MassimoCortese per avermi regalato Il ritorno del Cavaliere Oscuro e permesso che invadessi la loro fumette-ria con richieste inusitate e ricerche frenetiche, Federico Leone, per essersi prestato a esperimenti foto-grafici dall’esito incerto quando avrebbe dovuto organizzare il suo matrimonio, Francesco La monacaper avermi soccorso quado avevo bisogno di un grafico, di un copyrighter, di un amico. Lui è tutte que-ste cose. Davide Buonasorte e Cristiano D’aurelio, senza la loro guida non avrei mai scoperto Devil,L’Uomo Ragno, Gli X-men, Claremont, Miller De Matteis…

Ringrazio Marco Belpoliti, Giuseppe Di Napoli, Luigi Grazioli per l’incoraggiamento e i preziosisuggerimenti. Marta Poretti per avermi iniziato al mondo del Far West, senza di lei non esisterebbe unparagrafo sull’argomento, Michele Damato; molte delle cose scritte in questo libro sono nate anni faquando impegnavamo le nostre notti in discussioni interessanti, i miei straordinari genitori, che hannopartecipato attivamente alle ricerche bibliografiche più estenuanti pur a ottocento chilometri di distan-za, la mia compagna Marta.

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PremessaL’ascensione riposa sul

contrappunto negativo della cadutaGILBERT DURAND

L’interpretazione simbolica è una pratica tradizionalmente carica ditrappole e tessitrice di illusioni. Assolutamente consapevole dei proble-mi nei quali cade la scienza allorché si poggia all’ermeneutica, e profon-damente convinto che, per quanto parzialmente fallace, i passi condottida essa in questa direzione siano sempre di estremo interesse, ho fattouso di oggetti e discipline diverse allo scopo di esaurire la carica simbo-lica delle forme che mi sono fermato a osservare. Ha accompagnato taleprocesso la convinzione che l’oggetto culturale sappia sempre scrollar-si di dosso – al solo esistere – le intenzioni del creatore e che correttez-za e veridicità costituiscano criteri di giudizio inapplicabili all’interpre-tazione simbolica. Nessuna interpretazione potrà essere dichiarata «cor-retta» quanto piuttosto «accurata». E sarà tale l’interpretazione la cuicomprensione determini la possibilità della condivisione.

Per chi non potrà fare a meno di chiedersi se i disegnatori americaniabbiano premeditato la rappresentazione di frecce e labirinti neglistemmi dei supereroi ho dunque due tipi di risposte. La prima è «nonsaprei, non gliel’ho chiesto…»; la seconda è «probabilmente no, ma hodifficoltà a immaginare un disegnatore che crei lo stemma di un eroesenza impegnarsi nel tentativo di evocare forza, virilità, tensione al pri-mato. Senza, cioè, fare continuo riferimento a quelle “immagini del-l’anima” che gli appartengono da sempre, quegli archetipi facenti rife-rimento all’insopprimibile voglia di primeggiare e di sfuggire allamorte. Infatti, spesso l’archetipo affiora in maniera automatica e conesso le relative simbologie. Durante un processo creativo meccanismisubcoscienti attivano gli archetipi a esso conformi determinando inparte l’esito del processo stesso».

Se vogliamo cimentarci nel design di uno stemma, di un logotipo, diun marchio e in generale di uno stemma grafico, la nostra mente dovrà

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insomma fare i conti con frecce, labirinti e tutte le loro evocazionidirette o indirette.

Struttura e linee guida

Questo lavoro è stato concepito in due parti con l’idea di fornire al let-tore, nella prima, gli strumenti critici per operare una accurata e adegua-ta interpretazione degli stemmi presentati nella seconda. Queste note,insieme al breve Glossario che segue, dovrebbero preparare il lettorealla trattazione. Il Glossario rende conto dei termini chiave così da con-sentire un approccio facilitato alle immagini e ai concetti di cui si com-pone la prima sezione. Spostandosi quindi al nucleo fondante del libro,appunto nella Parte I sono passate in rassegna le immagini archetipe lacui osservazione è indispensabile per una lettura dello stemma supere-roico, nonché della griffe, che sia completa delle numerose suggestionidi cui l’inconscio collettivo, prima, e l’immaginario collettivo, poi, lohanno inevitabilmente caricato.

La Parte II è interamente dedicata ai supereroi e ai loro stemmi. In que-sta sezione si tenta di rendere conto delle numerose significazioni/evoca-zioni espresse dallo stemma sulla scorta di quanto osservato nella ParteI. I supereroi sono stati scelti e quindi ordinati secondo criteri che ne sot-tolineassero la parabola evolutiva. Mostrando come apparissero quali dèinegli anni Quaranta, come si adattassero a vivere tra gli uomini nel tren-tennio successivo, per tornare del tutto umani negli Ottanta. E di comeoggi i nuovi supereroi siano tornati a essere dèi, ma con alcune rilevantidifferenze di cui proverò a fornire gli aspetti salienti.

Glossario

Per una adeguata «lettura» delle pagine che seguono sono stati indivi-duati e ricontestualizzati alcuni concetti chiave. Di ognuno di essi è statodefinito lo spettro semantico e specificata l’accezione esatta in cui ricor-rono nel corso della trattazione.

4 PREMESSA

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ARCHETIPO

I più profondi stati della psiche perdono il loro carattere di unicità indi-viduale quanto più affondano nell’oscurità psichica. «Più in basso»,cioè quando essi si approssimano ai sistemi funzionali autonomi, assu-mono un carattere sempre più collettivo, finché si universalizzano e siesauriscono nella materialità corporea, cioè in sostanze chimiche. Ilcarbonio del corpo è semplicemente carbonio. Perciò «al fondo» lapsiche è semplicemente mondo.1

Si mutua qui il termine dalla psicanalisi. Secondo l’accezione jun-ghiana il contenuto dell’inconscio collettivo è costituito di archetipi.Sono archetipi le idee innate, i modelli predeterminati grazie ai quali siorganizza la conoscenza. Questo testo tratta dell’archetipo freccia edegli archetipi a esso corrispondenti (volo, uccello, serpente), e dell’ar-chetipo labirinto e di alcune sue configurazioni che hanno costituito,anche se in luoghi geograficamente delimitati o in momenti cronologi-camente definiti, parte integrante dell’immaginario collettivo e quindi,seppure non in maniera completa, di quell’inconscio collettivo a cuiJung allude.

La freccia è simbolo indiscutibile della tensione dell’uomo verso il cieloin senso allegorico, della sua sete di dominio e di successo, per utilizzaredue concetti a noi prossimi, ma anche della sua capacità di scegliere senzapaura di crisi derivanti dalla scelta stessa. Il labirinto d’altra parte è arche-tipo per certi versi inscindibile dalla freccia, rappresenta infatti lo spazioall’interno del quale la freccia si muove a tracciare il percorso verso lasoluzione. Freccia e labirinto sono immagini complementari. La soluzio-ne del labirinto è collocata nel suo centro dove tradizionalmente, nelle raf-figurazioni del labirinto, veniva collocato il Minotauro. Come dire chel’uomo è prigioniero della propria esistenza, la cui unica inevitabile solu-zione è lo scontro finale col Minotauro e quindi con la morte. Il Minotauroè, per l’uomo, la soluzione del labirinto.

E per l’eroe, cioè l’uomo destinato a vincere? Vedremo come il

5PREMESSA

1 Carl Gustav Jung, L’uomo e i suoi simboli, Milano, Longanesi, 1980.

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Minotauro del mito verrà inteso come la morte inevitabile, il mostro chepuò celarsi a ogni angolo del labirinto/esistenza e può essere sconfittosolo dall’eroe che, come la divinità, può innalzarsi al di sopra della vitastessa e scorgere così il pericolo, dominandolo e infine sconfiggendolo.Strumento irrinunciabile per l’innalzamento dell’eroe sul labirinto/esi-stenza e per la vittoria sul Minotauro/morte è quindi la freccia, intesacome l’insieme di quelle caratteristiche umane che lo spingono a desi-derare il primato sugli altri, da una parte, e l’immortalità o la sopravvi-venza, dall’altra. Nell’eroe invece questi due desideri profondamenteumani si fondono nella volontà di vincere sul nemico invincibile, di pri-meggiare quindi sulla morte. Le imprese in cui è chiamato a cimentarsil’eroe classico, infatti, così come quelle del moderno supereroe sonosempre, o così sembrano, al di sopra delle possibilità di un uomo.

EROE

In questo libro tento di collocare la figura dell’eroe non più in unmondo eminentemente fantastico, ma all’interno della stessa società incui viene creato e celebrato. L’etimologia del termine eroe ci restituisceinfatti una radice, vir-, responsabile a un tempo di Vir, i (latino per‘uomo’) e di Vis, roboris (lat. per ‘forza’). L’eroe è prima di tutto unuomo forte.

Prendiamo dunque la sua caratteristica decisiva, la forza. È sufficien-te essere forti per essere eroi? In realtà no, è necessario utilizzare laforza e rendersi protagonisti di un’«impresa». L’eroe è colui che con lasua forza realizza un’impresa che vedrebbe o ha già visto soccomberemolti uomini nel tentativo. L’eroe è un uomo che usa la forza per com-battere e che fatalmente vince.

Uno dei miti più antichi, il mito del labirinto, vede protagonista Teseo,la cui etimologia (il suo nome significa ‘il forte’) fa di lui un eroe parti-colarmente rappresentativo. In questa escursione nel mondo dell’eroici-tà2 Teseo assume quindi, in virtù del significato del suo nome (curiosa-

2 Uso il termine eroicità, e non eroismo, per sottolineare la dote eroica dell’eroe, e non il concetto inastratto.

6 PREMESSA

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mente ridondante rispetto a quello del termine eroe), un ruolo di spicco.Egli è l’eroe degli eroi. Il più noto tra i miti a lui legati è proprio quellodel labirinto di Cnosso e del Minotauro.

Caratteristica di prima importanza dell’eroe classico è però la suafatale caducità. L’eroe classico, benché spesso figlio di un dio e di unessere umano, è destinato a cadere in battaglia. Il mito prevede la mortevalorosa come imprescindibile suggello all’eroicità come evento neces-sario e propedeutico al culto. L’eroe classico in vita non può essere cele-brato, non è ancora mito. Agli eroi del passato (morti in battaglia), comeagli dèi (eterni) viene dedicato un culto.

Nell’ottica di questa trattazione, che vuole raccontare come la figuradel supereroe tracci una parabola rispetto alla mutazione nel tempo deipropri confini etici, va tenuto presente come l’influenza del cristianesi-mo determinò il passaggio dall’eroe classico autarchico e «individuali-sta» a quello salvifico caratterizzato da un agire più consapevole delproprio ruolo e quindi altruista. L’eroe salvifico agisce in una comunitàdi cui si sente parte integrante. Che sia un mutante o un alieno egli sache da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

DIVINITÀ

A differenza del culto dell’eroe, il culto della divinità è un culto diur-no.3 Ma è nella prassi celebrativa, nel rito vero e proprio che ritroviamogli elementi chiave per una adeguata lettura dei due culti. Va ricordatoche agli dèi vanno offerti sacrifici veri e propri, carne e ossa, cosa chenon avviene con gli eroi, le cui offerte sono di tutt’altra natura, libagio-ni, per lo più come nel culto dei morti.

Ed eccoci al punto: il culto degli eroi è sostanzialmente un culto deimorti. Simile al culto cristiano dei santi, a quello laico delle grandi per-sonalità (condottieri, navigatori, scienziati, scrittori, attori…).

7PREMESSA

3 Riguardo la dicotomia tra culto diurno e notturno rimando al Paragrafo IV.6 della Parte I.

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DA SUPERMAN A THE AUTHORITY

Superman e The Authority sono i due universi narrativi indicati nellepagine che seguono come l’alfa e l’omega del fumetto supereroico ame-ricano. La prima configurazione del supereroe e l’ultima. Il primo ten-tativo di costruzione di uomo divino e il più recente.

MINOTAURO

Il Minotauro, come abbiamo visto, rappresenta la morte, a cui èimpossibile sfuggire. Se il labirinto rappresenta la nostra esistenza e seil Minotauro, come noi, non può uscire dal labirinto, allora è solo que-stione di tempo, prima o poi dietro un angolo l’uomo è destinato aincontrarlo.

La tauromachia (tra uomini e tori), la corrida e il rodeo appaiono comecristallizzazioni particolari del mito di Teseo e il Minotauro. Tutte e trehanno assunto forme ritualizzate, e seppure in luoghi diversi, con note-voli analogie.

È interessante notare come nonostante si tratti di rappresentazioni essenon perdano la loro valenza ritualistica, mantenendo l’elemento primi-tivo e iniziatico del pericolo. In questa maniera non vediamo uomini cheinterpretano il ruolo dell’eroe ma uomini che se ne guadagnano il titolo.Tutte e tre queste lotte tradizionali prevedono lo scontro di un uomocontro un toro; un bufalo nel caso del rodeo – si tratta della stessa bestiacornuta del mito, qui sostituita dal bufalo per la sua grande diffusionesul territorio nordamericano nella seconda metà del XIX secolo.

DOPPIO

La doppiezza è contenuta nel termine labirinto (la labrys è l’asciabipenne, un’arma a doppio taglio che decorava i muri del labirinto diCnosso). È doppio il bivio, unità minima del labirinto e momento criti-co dell’esistenza umana, così come doppio è il corno sulla testa delMinotauro. Doppia è l’identità del supereroe. Doppio è il labirinto, nellespirali opposte tracciate durante le danze iniziatiche dedicate alla dea

8 PREMESSA

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Ariadne, rappresentanti nei due versi della spirale, la vita e la morte, enel suo sviluppo architettonico in parte alla luce e in parte al buio.4

Doppio è infine per Jung il rapporto tra animus e anima, che convivononell’uomo e quindi nell’eroe. L’anima è il luogo dell’eros e determina ilrapporto dell’uomo con la donna e quindi dell’eroe con il debole da sal-vare; dall’animus invece ha origine la razionalità. Questi due elementisono a loro volta archetipi appartenenti all’inconscio collettivo e rintrac-ciabili nelle favole, nei miti, nelle leggende popolari. La prima funge,attraverso il rapporto con l’altro, da specchio, costringendo tanto l’uo-mo quanto l’eroe post-cristianesimo a rivolgere lo sguardo verso sé stes-si; il secondo al contrario indirizza la sua attenzione verso il mondo.

Tanto l’eroe classico quanto il supereroe alla The Authority sembre-rebbero aver perso l’anima.

9PREMESSA

4 Il labirinto aveva, in molti casi, una camera sotterranea a cui si accedeva dal centro attraverso dellescale dove vi avevano luogo culti diversi. A conferma di quanto appena detto si ricorda qui, tra le pro-poste etimologiche su labirinto, quella che lo deriverebbe da Labra (caverna dai molti cunicoli e cor-ridoi).

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Introduzione

Qualunque cultura esaudisce attraverso leggende, favole e raccontipopolari una funzione mitopoietica, cioè tende a creare dei miti. A suavolta il mito si intreccia al sistema dei valori della società in cui si trova,si moltiplica, si diversifica, si replica fino a dissimulare completamentegli archetipi primigeni, contribuisce quindi alla riorganizzazione dellarealtà proponendosi come modello da seguire, medio proporzionale trail regno del fantastico e quello del verosimile.

Il rapporto tra mito e realtà è dunque dialettico e sincretico. Gli stru-menti attraverso cui si stende come un lenzuolo su una intera società, labase psico-emotiva su cui poi si installeranno i valori, è costituita diarchetipi. Ogni archetipo è costituito di una materia viva e ribollente;una potente mistura di memorie, tensioni inespresse, ambizioni, sogni;l’humus che ospita le fondamenta di qualunque società, sopra il quale siforma il cosiddetto «immaginario collettivo».

L’archetipo appartiene all’inconscio collettivo e si sposta nel tempo enello spazio attraverso il mito; il mito invece nutre l’immaginario col-lettivo e assicura la sopravvivenza degli archetipi, mascherandoli eaggiornandoli di continuo.

Se col termine «immaginario» si intende indicare «l’insieme dei modicon cui si vive un determinato ambiente», bisogna, di conseguenza,tener presente che in ogni epoca storica ogni popolo, e in esso ogni sin-gola generazione, ne fonda uno proprio. Un sistema, cioè, che racchiu-de, coordina e amalgama le visioni, le aspirazioni, le paure, i desideri,le credenze, i sogni, gli umori, le speranze, i comportamenti, le mode,i gusti, i traumi comuni a un’intera cultura sociale o, più in generale, auna particolare civiltà. L’immaginario contemporaneo si configura,però, come un elemento sfuggente, insondabile, privo di forma poiché

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la sua vera dimensione sembra essere non il presente ma, da un lato, lanostalgia del passato ormai scomparso e, dall’altro, l’anelito futuristi-co verso ciò che non c’è ancora. Nel tempo accelerato, vorticoso,generato dai meccanici ritmi industriali e post-industriali, e dal flussocontinuo e cangiante dei messaggi mass-mediali la realtà si presenta,per forza di cose, come composta da frammenti vaganti di memoriache cercano di unirsi per comporre un quadro distinguibile, ma cheinvece subito si sbriciolano ulteriormente, travolti dalla marea delmutamento.1

Va da sé che l’unico modo per sopravvivere alle «evoluzioni» di unasocietà lungo archi di tempo molto ampi è la mutazione e se l’archetipo,proprio in quanto archetipo, resta immutato, cambiano, invece, i miti neiquali esso fa la sua comparsa. I nuovi miti (ne sono un esempio le epo-pee nei comics) conferiscono agli archetipi una ritrovata efficacia attra-verso un processo automatico di attualizzazione. I supereroi dei fumet-ti, per esempio, per moltissimi aspetti possono essere visti come unaggiornamento di dèi ed eroi classici, e in alcuni casi i retaggi sono tantoevidenti da non alimentare alcun dubbio: Flash porta sul capo le ali diHermes, Capitan America lo scudo di Achille.

Ciò che prenderò qui in esame è il topos dell’eroe, che ospita datempo due degli archetipi che più rappresentano l’uomo inteso nella suadimensione sociale e individuale. Lo analizzerò nella sua più recenteconfigurazione, quella del supereroe, puntando lo sguardo sul suo stem-ma distintivo e sulle immagini che lo costituiscono, sui principi e le ten-sioni che evocano allorché uno o più archetipi attivino nell’osservatorele loro ancestrali significazioni.

È curioso come i due archetipi che ho individuato, la freccia e il labi-rinto, siano evidentemente sopravvissuti alle infinite trasfigurazioni delmito e dell’eroe, approdando a noi, assolutamente intatti, attraverso ilnuovo mito del supereroe. Per quali dinamiche freccia e labirinto, arche-tipi primigeni dell’eroe, e quindi, in qualche misura, dell’uomo in lotta,

12 INTRODUZIONE

1 Alessandro Di Nocera, Supereroi e superpoteri. Storia e mito fantastico nell’America inquieta dellaGuerra Fredda, Roma, Castelvecchi, 2000, p. 54.

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abbiano trovato asilo nello stemma e nel marchio è domanda che va aldi là delle intenzioni di questo libro. Ciò che qui importa è che entram-bi questi archetipi sono sopravvissuti e ci hanno accompagnati, traspor-tati dal mito, attraverso la storia, contribuendo a tracciare le mappe cul-turali di ogni società che si sono trovati ad attraversare.

I tempi che viviamo vedono un crollo dei valori tradizionali in favoredi alcuni culti. La funzione mitopoietica espletata da qualunque societàin qualunque èra, nella quale si ripongono le speranze di conservare,preservare, quasi nascondere i nostri impulsi ancestrali, è oggi venutaalla ribalta costituendo non più l’humus fertile e sotterraneo di unasocietà su di essa fondata ma la superficie imperscrutabile verso cui ten-dere. L’eroe lascia il posto al testimonial pubblicitario, disperdendolungo la strada quei valori che secoli di civiltà avevano cristallizzato ereso resistenti al tempo. La creazione di «miti» da perseguire è diventa-ta l’unica funzione di una società estremamente polarizzata in cui o sicrea il mito o lo si insegue. Di colpo ci ritroviamo possessori di un appa-rato simbolico-superficiale primitivo fondato su archetipi preistoricirimasti aggrappati alla storia attraverso il mito fino ai giorni nostri. Dauna parte abbiamo il labirinto, protagonista di miti e leggende e simbo-lo particolarmente gravido di significazioni, e dall’altra la freccia, ine-quivocabile figurazione dell’istintualità immediata, dell’andare senzaesitare e matrice dei corrispettivi archetipici volo, strada, serpente.Questi archetipi, sappiamo ora, hanno scelto, quale mezzo preferenzia-le per spostarsi nel tempo, il mito, l’eroe, approdando, non senza signi-ficative mutazioni, al fumetto, ai supereroi, ai loro stemmi.

Oltre all’indagine sugli stemmi questo libro appronta una sorta di sto-ria laterale dei supereroi attraverso gli stemmi che li rappresentano. Mail tentativo si spinge al contempo verso la stesura di una storia dell’uomoche lotta con la morte nel tentativo di ottenerne il pieno controllo sull’esi-stenza, e ancora verso una storia di quegli archetipi dimostratisi centraliper ogni studio che intenda lavorare sull’uomo partendo dal suo immagi-nario. Il fil rouge che attraversa i tre percorsi è rappresentato proprio dal-l’uomo, dalla sua vocazione per la conservazione di immagini comuni equindi universali, dal suo aver forse in qualche modo osato confondere ilgioco immaginifico dell’invenzione supereroica con sé stesso.

13INTRODUZIONE

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Per il tramite di freccia e labirinto, archetipi sopravvissuti, in formafigurativa, all’era della comunicazione, del loro percorso attraverso lastoria dell’eroe, prima mitico, poi reale e poi di nuovo mitico, si giun-gerà all’analisi di quei prodotti dell’immaginazione (quelli tra essi a noicronologicamente più vicini, con una particolare attenzione per il fumet-to) che possano essere a buon diritto considerati figli del mito e, in quan-to tali, ennesima, attuale espressione di quei sentimenti umani che siagitano in un limbo innominabile tra desiderio e bisogno, laddove ognidesiderio è già funzione e ogni funzione si appresta a divenire organo.2

14 INTRODUZIONE

2 «La funzione crea l’organo», diceva Jean-Baptiste Lamarck enunciando uno dei corollari fondamen-tali dell’evoluzionismo della prima ora (Jean-Baptiste Lamarck, Filosofia Zoologica [I ed. or. Paris,Dentu, 1809], a cura di Giulio Barsanti, Firenze, La Nuova Italia, 1976). Consideriamo l’ipotetica fun-zione «innalzarsi sul labirinto fino a dominarlo»: l’organo di cui necessiterebbe chiunque si trovassenella condizione di dover sovrastare il labirinto, stretto nella morsa del bisogno, sono le ali.

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PARTE IFORME, IMMAGINI, EVOCAZIONI

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II. Uomo, eroe, divinità

Per quale motivo l’eroe, figura notoriamente salvifica, dovrebbe pro-curare la morte? Dobbiamo fare un passo indietro, tentare di risalireall’essenza irriducibile dell’eroe. Cosa determina la «eroità», l’eroismodi un individuo?

ERÒE dal gr. ER-ÒA, acc. Di ÒRÒS = FÈR-ÒS che ricongiungesi etimolo-gicamente al sscr. VIR-A eroe, forte e al lat. VIR l’uomo vigoroso (v.Virile). Nel greco classico la v è sostituita dall’aspirazione. — Cosìchiamavansi presso gli antichi coloro che creduti nascere di una divi-nità e di un uomo, per forza prodigiosa o per gran numero d’illustriimprese divenivano celebri, ed ai quali dopo morti prestavansi onoridivini, quali semidei. Poi valse Uomo illustre e fuor del comune pervalore e per straordinarie imprese di guerra, od anche per esercizio digrandi virtù.1

Dall’etimologia del termine, che condivide la radice del latino vir(uomo virile), traiamo due conclusioni: la prima è che la creatura eroe èindissolubilmente legata con l’uomo, la seconda è che ciò che caratteriz-za l’eroe è la sua forza come ciò che distingue il genio è l’intelligenza.Se spostiamo poi la questione dal talento alla sua necessaria funzione,scopriamo che l’eroe è colui che combatte. Che combatte – è l’unica bat-taglia che combatte il guerriero – contro la morte. Ma capita che muoia.Perché l’eroe classico muore, muore come muore qualunque uomo:quando muore, dà il via a un culto, anzi la vera e propria eroificazioneavviene proprio dopo la morte, allorché gli uomini lo celebrano.

Alla luce di quanto detto la divinità classica si pone quindi come figu-

1 Ottorino Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Roma, Albrighi e Segati, 1907.

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ra intermedia tra l’eroe classico e il supereroe. Condividendo con ilprimo il suo essere oggetto di un culto e con il secondo l’immortalità:anche i supereroi infatti, con alcune eccezioni,2 non muoiono, pena lacancellazione della relativa testata.

Ricapitolando, gli eroi dei comics, al contrario degli eroi classici, trag-gono il loro culto dall’immortalità. Cosa li distingue allora dalle divini-tà? Da una parte la loro eterna lotta contro le forze del male (quindi con-tro la morte), dall’altra la loro appartenenza al mondo degli uomini, incui si ritagliano un ruolo che rispetti in qualche modo le regole del vive-re comune. Cosa che comporta inevitabilmente l’acquisizione dell’inte-ro sistema valoriale del mondo in cui essi hanno deciso di vivere. È pro-prio il rapporto tra il superpotere e un sistema evolutosi senza contem-plarlo che per anni ha fornito linfa ai personaggi e alla storie dei comics.Ciò nonostante assistiamo oggi alla nascita di testate supereroiche nellequali tutto ciò è stato posto in secondo piano, come vedremo: TheAuthority di Bryan Hitch e Warren Ellis ne è un esempio eclatante.

Teseo

«Qhseuv» (Thesèus)

Il nome è attestato già in miceneo, te-se-u (PY En 74.5; Eo 276.4), cfr.Perpillou (Les substantifs grecs en –euv”, § 245). Secondo Bosshardt(Die Nomina auf –euv”, § 137) il nome sembra essere pregreco. La -s-deve essere risultata forse da una forma in -ss-; Qhseuv” era dunqueformato da due suffissi -s(s)- + -h come jOdusseuv” (§ 443). Una radi-ce *qh- si lascia riconoscere al massimo ancora in Qhv-bh e Qh/-ra.

21UOMO, EROE, DIVINITÀ

2 Vedi per esempio il Capitan Marvel degli anni Quaranta. L’industria culturale miscela deliberatamen-te la morte narrativa o mitica dell’eroe con la morte editoriale, che può essere conseguenza della mortenarrativa del supereroe, ma può semplicemente interromperne le gesta per scarsità di vendite; e anchequi con eccezioni, dato che i supereroi a volte resuscitano (vedi il caso eclatante di Superman, morto erisorto), perché nel mercato editoriale dei supereroi e per la stessa mitologia supereroica del comic bookamericano un eroe non muore se la sua parabola di mercato non è del tutto esaurita, e anche allora sonocomunque possibili nel futuro ripescaggi commercialmente e passionalmente intesi. L’immortalità delsupereroe cioè non dipende dai suoi poteri ma solo da motivi «al di sopra» di lui.

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L’etimologia per Chantraine (DELG) [Dizionario Etimologico dellaLingua Greca] è sconosciuta. Carnoy (DEMGR) [DizionarioEtimologico della Mitologia Greca] propone invece che il nome deri-vi dal pelasgico ed indichi «il forte», partendo da *teu-, «essere forte»> teues, «forza», te(u)s-o, teso-, pelasgico theso-.3

L’attestazione del nome già in età minoica assicura che si tratta di unodegli eroi più antichi; l’etimologia proposta da Carnoy, secondo il qualeil nome Teseo indica «il forte», ci riporta all’etimo di Eroe, ribadendo ilconcetto di forza. In qualche modo quindi Teseo rappresenterebbe, repe-tita iuvant, il forte tra i forti, l’eroe tra gli eroi. Eccoci dunque a un puntocardine. Il personaggio di Teseo, eroe tra gli eroi, mette alla prova la suaforza e quindi la sua freccia contro il Minotauro, sconfiggendolo. E conl’aiuto di Arianna scioglie il labirinto di Cnosso costruito da Dedalo.

In un solo mito sono qui riuniti i due archetipi posti a fondamento del-l’agire prima dell’uomo e poi dell’eroe e oggi sempre più spesso ripro-dotti sulle magliette dei ragazzi o trasfigurati, mimetizzati nei marchicommerciali.

22 UOMO, EROE, DIVINITÀ

3 Dizionario etimologico della mitologia greca, a cura del GRIMM (Gruppo di Ricerca sul mito e lamitologia dell’università di Trieste, www.units.it/~grmito/).

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23UOMO, EROE, DIVINITÀ

FRECCE LABIRINTI

Sei noti marchi commerciali disposti in due colonne facilmente distinguibili come marchi/freccia emarchi/labirinto.Il vettore multiplo di Maserati®, le due iperboli convergenti di Atari®, la «e»/freccia di Energie® in unmanifesto pubblicitario in cui un ragazzo in «total look» Energie® viene immortalato nella fase ascen-dente di quello che sappiamo essere un salto, ma che allude inequivocabilmente al volo.Dall’altra parte, il cerchio/spirale Vodafone®, il nodo/labirinto Breil®, il cuore/spirale Algida®.

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