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1 UNIVERSITÀ DEL SALENTO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di laurea in Ottica ed Optometria Tesi di laurea in Ottica e Optometria SVILUPPO DELL’ANALISI OPTOMETRICA COMPORTAMENTALE: DALLA PRESCRIZIONE PREVENTIVA RIEDUCATIVA AL VISUAL TRAINING Relatore Laureando Chiar.mo Prof. Domenico BRIGIDA Sebastiano Amatulli Anno Accademico 2011 - 2012

Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

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L’intreccio imprescindibile con le varie discipline umane, ha portato allo sviluppo di una pratica olistica che ha tenuto conto dei vari contributi multi-disciplinari nell’ambito delle ricerche fisiologiche e psicologiche (culminate quest’ultime nella metà del ‘900 con lo sviluppo della scuola Cognitivista), rappresentando di fatto la matrice costitutiva di una Optometria moderna e al passo con i tempi. Il coinvolgimento di variabili socio-economiche e di variabili comportamentali dettate dalle leggi della fisiologia e dell’endocrinologia, il coinvolgimento di aree del lobo frontale e del sistema limbico, sminuiscono l’ormai obsoleto concetto del raggiungimento dei 10/10 come situazione auspicabile e desiderata nell’affrontare i compiti in un ambiente che si è modificato molto velocemente nell’ultimo secolo con il progresso industriale. Una miopia, un’insufficienza accomodativa e di convergenza, un astigmatismo funzionale e le varie condizioni astenopiche, rappresentano problematich

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UNIVERSITÀ DEL SALENTO

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di laurea in Ottica ed Optometria

Tesi di laurea in Ottica e Optometria

SVILUPPO DELL’ANALISI OPTOMETRICA

COMPORTAMENTALE:

DALLA PRESCRIZIONE PREVENTIVA RIEDUCATIVA AL VISUAL TRAINING

Relatore Laureando

Chiar.mo Prof. Domenico BRIGIDA Sebastiano Amatulli

Anno Accademico 2011 - 2012

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INDICE:

INTRODUZIONE……………………………………………………………….PAG. 4

1. LO SVILUPPO DELL’OPTOMETRIA COMPORTAMENTALE E LA

PERCEZIONE VISIVA………………………………………………………...PAG. 5

2. IPOTESI SUL CONCETTO DI MIOPIA FUNZIONALE………………PAG. 15

2.1 La condizione refrattiva nell’arco vitale

2.2 Modello di Van Alphen e prime ipotesi sull’allungamento assiale

2.3 Interazione Uomo-Ambiente

2.4 Concetto di stress e variazioni di adattamento

2.5 La progressione Miopica

3. LA RADICALIZZAZIONE SOMATICA…………………………………PAG. 41

3.1 Adattamenti a lungo termine

3.2 Profili funzionali

3.3 Deterioramento analitico

4. LE SOLUZIONI OTTICHE COMPORTAMENTALI…………………..PAG. 56

4.1 La Correzione preventiva

4.2 Gli effetti indotti dalla correzione

4.3 Calcolo del valore addizionale

4.4 Tecniche prescrittive per la miopia

4.5 Trattamento d’arresto

4.6 Il Trattamento di regressione - Ortokeratologia

5. LA VISIONE NELL’EQUILIBRIO POSTURALE……………………...PAG. 71

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3

6. LE MODIFICHE NEURO-ANATOMICHE INDOTTE DAL VISUAL

TRAINING………………………………………………………………….….PAG. 77

6.1 Il campo d’azione del Visual Training

6.2 Riscontro Neurologico

CONCLUSIONI………………………………………………………………..PAG. 88

BIBLIOGRAFIA………………………………………………………….........PAG. 91

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INTRODUZIONE

Le soluzioni ottiche comportamentali a scopo preventivo rappresentano al giorno d‟oggi

quello che in realtà dovrebbero essere normali metodi applicativi, delle normali

procedure di routine quotidiana o nell‟insieme, un qualcosa che meglio descrive il

rapporto con il sistema visivo e quello che in verità rappresenta, ovvero: non una

struttura a sé stante bensì un‟estroflessione del cervello.

Esse devono essere considerate nella risoluzione del deficit come il prodotto concepito

dalla pratica olistica e dall‟approccio funzionale, entrambi maturati negli anni grazie ai

contributi multi-disciplinari nell‟ambito delle ricerche psicologiche e fisiologiche, ma

soprattutto alla presa in considerazione, cosa impensabile per le vecchie filosofie

professionali, delle variabili socio-economiche e culturali (passo di notevole

autorevolezza) che possono essere coinvolte o influenzate dal deficit visivo stesso. Il

grado di attenzione che si deve avere nei confronti dell‟individuo nel suo insieme,

nell‟ambito dell‟approccio funzionale, è importante e indispensabile innanzitutto per

enfatizzare il ruolo della prevenzione e della rieducazione e per indirizzare il

trattamento al fine di ottenere un miglioramento della performance globale piuttosto che

il solo miglioramento dello stato di salute dello specifico organo.

L‟evoluzione e lo sviluppo delle varie scuole di pensiero, da quella empirista sino a

quella cognitivista, ha permesso lo svecchiamento di preconcetti dogmatici, messo in

discussione metodiche troppo ortodosse e fornito le conoscenze e i saperi che hanno

inciso maggiormente nel corso del tempo sulla concreta attività di coloro che si

occupano di processi visivi nei vari settori dell‟attività sociale, culturale e professionale;

tutto questo infine è culminato nel radicale cambiamento di vedute, punto decisivo

notevole che ha garantito l‟affermazione e la diffusione del modello Optometria

comportamentale.

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1. LO SVILUPPO DELL’OPTOMETRIA COMPORTAMENTALE E LA

PERCEZIONE VISIVA1

Oggi il processo della visione viene sempre più considerato come un continuum che

origina nell‟occhio e, attraverso i complessi meccanismi della neurofisiologia e della

neuropsicologia della percezione, si completa nel cervello; ciò mette in evidenza il

concetto fondamentale del cervello come vero organo della visione e la visione come

funzione non innata bensì appresa.

In un bambino appena nato sono presenti solo una serie di riflessi che devono

garantirgli la sopravvivenza: i riflessi innati. Inizialmente il cervello di un neonato

potrebbe apparire come l‟hard disk di un nuovo computer che contiene solo le

informazioni ad accendersi e rimanere in attesa di tutte quelle informazioni (software)

che gli consentiranno di funzionare come elaboratore. I suoi primi sei anni di vita sono

considerati fondamentali per il suo futuro sviluppo psico-cognitivo durante i quali

esperienze esplorative di tipo gustativo, olfattivo, tattile per il mondo prossimale e,

uditivo e visivo per l‟esplorazione del mondo distale, alimentano il cosiddetto

“software gestionale” del cervello affinché si vada incontro a un processo di

apprendimento e consolidamento dell‟azione. Procedura riferita a un mutamento nel

modo di comportarsi o di eseguire attività in conseguenza dell‟esperienza.

Tutte le caratteristiche e le capacità che una persona acquisisce e tutti i mutamenti che si

hanno con lo sviluppo risultano da due processi fondamentali che agiscono quasi

sempre in sinergia: l’apprendimento definito come il mutamento nel modo di

comportarsi o di eseguire attività in conseguenza dell‟esperienza, nel cui contesto gioca

un ruolo fondamentale la motivazione e il rinforzo che accelereranno il processo stesso;

la maturazione ovvero l‟elaborazione delle esperienze per assimilare e integrare

esperienze di tipo più evoluto. Essi sono il risultato dell‟elaborazione degli stimoli

afferenti integrati dalla percezione. La vita percettiva di un essere vivente è

assolutamente legata all‟azione, infatti il movimento è esso stesso apprendimento,

1 Silvio Maffioletti, la professione optometrica: dalla verifica rifrattiva all’analisi visiva integrata, luglio-agosto

2009

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ovvero nel caso della visione apprendiamo a vedere attraverso un processo di

maturazione seguendo un lento percorso di apprendimento motorio e visivo.

La visione che nella fase più evoluta dello sviluppo del neonato prenderà il posto della

manipolazione per dare informazioni sull‟ambiente circostante, rappresenta il processo

d‟interpretazione e d‟integrazione di quello che si è visto con le informazioni che sono

state ricevute attraverso il tatto, l‟udito e il gusto al fine di garantire la partecipazione

visiva in ciascuna attività e di divenire il collegamento tra l‟attività e la comprensione.

Ogni volta che la visione è il meccanismo di guida per l‟azione del bambino, i suoi

movimenti visivamente diretti gli forniscono un‟esperienza più ricca di comprensione.

In sostanza la visione è dunque un processo intelligente di visualizzazione del

percepito dove:

Processo intelligente sta per decodificazione tramite i meccanismi evoluti della

mente;

Visualizzazione sta per costruzione mentale dello spazio oggettivo percepito

attraverso gli organi sensori periferici;

Percepito sta per espressione, in termini di vissuto soggettivo, del contatto

dell‟individuo attraverso gli apparati recettivi con l‟ambiente fisico.

Un importante contributo alla conoscenza dello sviluppo della visione è emerso dagli

studi del “Gesell Institute of Child Development” nel New Heaven. I suoi ricercatori

hanno svolto (attorno alla metà del Novecento) approfondite osservazioni circa lo

sviluppo della fissazione oculare, la capacità accomodativa e la funzione binoculare,

mettendo a punto nuove tecniche per la valutazione dello sviluppo visivo dei bambini e

sviluppando specifici regimi terapeutici per potenziare le capacità visive dei bambini

normodotati e per svilupparle nei bambini con ritardi o carenze.

I ricercatori del Gesell Institute hanno attribuito grande rilevanza agli aspetti motori

della funzione visiva e al ruolo della visione nello sviluppo delle funzioni motorie

generali e del comportamento complessivo. Le loro ricerche hanno rafforzato nel mondo

scientifico la consapevolezza che la visione rappresenta molto di più di un semplice

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sistema di raccolta di immagini con un funzionamento raffinato e complesso che non è

riducibile al diffuso e semplicistico modello che la paragona a una videocamera.

L‟uomo in ogni momento è il risultato psichico e biologico dell‟interazione tra più

elementi costitutivi che funzionano in maniera sincrona e collegata; in passato si sono

fronteggiati due modelli teorici che cercavano di spiegare l‟origine e la natura della

percezione e della conoscenza :

Il modello empirista

Il modello innatista

Gli empiristi sostenevano che non esiste conoscenza innata. Tutta la conoscenza si

realizza attraverso i sensi, lo sviluppo percettivo procede mediante l‟esperienza

associativa e, nel tempo, le associazioni tra le singole sensazioni grezze si trasformano

in percezioni dotate di significato. All‟interno dell‟approccio empirista, nel tempo, si

sono diversificate due linee di pensiero:

1. la prima è sintetizzata dal pensiero di John Locke (1632-1704), secondo il quale la

mente dell‟infante è una tabula rasa e soltanto l‟esperienza è alla base della sua

progressiva comprensione del mondo.

2. La seconda è espressa da William James (1842-1910) secondo il quale il mondo del

bambino è una terribile e rumorosa confusione che viene superata grazie all‟esperienza

che produce ordine e conoscenza.

L‟approccio empirista è evolutivo in quanto presuppone che i bambini dapprima siano

esseri percettivamente immaturi e divengano gradualmente più completi e organizzati.

Gli empiristi ritengono che la visione si sviluppi prevalentemente grazie all‟accumularsi

delle esperienze; attribuiscono quindi notevole importanza alle esperienze precoci

considerate la base delle future capacità del bambino. A tale quadro teorico fa

riferimento, per esempio, il modello dei <<Quattro cerchi di Skeffington>> (figura 1),

che descrive la visione come parte dell‟intero sistema d‟azione del corpo e sottolinea

come la qualità della visione del soggetto dipenda dallo sviluppo corretto e

dall‟interazione di tutti i suoi sottosistemi operativi che traggono impulso

dall‟esperienza. Nel modello dei Quattro cerchi di Skeffington gli aspetti essenziali della

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visione vengono gradualmente acquisiti dal bambino; la visione è appresa e rappresenta

un processo emergente dato dalla totalità delle esperienze dell‟organismo. Nella

definizione di Skeffington la visione viene utilmente scomposta in 4 sub sistemi

maggiori:

Figura 1 La zona 5 delineata dalla parziale sovrapposizione dei cerchi è quella che Skeffington definisce Visione

Il processo antigravità (consapevolezza della propria collocazione all‟interno dello

spazio visivo; fornisce risposta all‟interrogativo: dove sono io?)

Il processo di centratura (l‟atto generale dell‟organismo di scelta e mantenimento

dell‟immagine di un qualsiasi oggetto presente nell‟ambiente; fornisce risposta alla

domanda: dov’è l’oggetto?)

Il processo di identificazione (la definizione e discriminazione di un‟immagine per

ottenere un dato che soddisfi l‟organismo; fornisce risposta alla domanda: cosa è

l’oggetto?)

Il processo verbo-uditivo (sub-sistema della visione che riguarda i concetti del

linguaggio e comprensione e concerne l‟uso della logica nella strutturazione della

risposta visiva).

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L‟approccio innatista, che ha avuto come capostipiti i filosofi Descartes (1596-

1659) e Kant (1724-1804), affermava che alcune categorie percettive sono innate

(grandezza, forma, posizione, movimento, spazio e tempo) e che, assai

precocemente, la mente trasforma le sensazioni in percezioni significative.

L‟approccio innatista non è evolutivo nei confronti dell‟origine delle abilità, ma lo è

nei riguardi del loro processo di maturazione. Nello studio della visione, gli innatisti

sottolineano gli aspetti presenti alla nascita, nei confronti dei quali l‟esperienza

realizza successivamente un processo di maturazione; per esempio, dato che le

forme vengono percepite fin dal momento della nascita come distinte dallo sfondo,

il bambino non deve imparare a discriminare le forme ma semplicemente deve

apprendere il loro nome. L‟immediatezza della percezione, che si esprime nella

capacità di cogliere il dato fenomenico nella sua totalità, unità e significato, sostiene

l‟approccio degli innatisti; essi accettano l‟idea che l‟esperienza possa giocare un

ruolo nei processi percettivi (orientando tali processi verso determinate direzioni)

ma negano che l‟esperienza possa influire sui processi di base. Il loro modello non

prevede uno sviluppo della visione realizzato unicamente attraverso l‟esperienza

motoria, sensoriale e di interazione con l‟ambiente, ma descrive un‟evoluzione di

caratteri visivi innati, già presenti alla nascita.

Alla fine del Novecento, dopo secoli di discussione, si è finalmente affermata un

modello meno schematico e dicotomico. Oggi si considerano interagenti gli aspetti

legati alla natura e quelli legati all’esperienza, con diverse possibili curve dello

sviluppo prima che intervenga l‟esperienza e con diversi modi possibili in cui,

successivamente, l‟esperienza può influenzare il funzionamento percettivo. Il

programma indicato dal DNA non è portatore di un unico esito evolutivo e per ogni

genotipo vi possono essere diversi esiti o fenotipi, che sarebbero il risultato delle

peculiari caratteristiche ambientali entro cui il genotipo si sviluppa.

I due modelli che all‟inizio del Novecento hanno maggiormente influenzato lo studio

della percezione visiva sono stati il Comportamentismo negli USA e la Scuola delle

Gestalt in Europa.

La scuola psicologica della Gestalt ha avuto origine nelle ricerche di Wertheimer, il

quale nel 1912 ha pubblicato i risultati degli studi (realizzati con l‟assistenza di Kohler e

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Koffka) relativi al fenomeno del movimento apparente. I Gestaltisti hanno ipotizzato

che la percezione fosse un processo suddiviso in due fasi:

1. Fase del processo primario, attraverso il quale l‟input sensoriale viene

trasformato nelle unità segregate che costituiscono gli oggetti fenomenici con le

loro caratteristiche di forma, colore, movimento, tridimensionalità. I teorici della

Gestalt hanno approfondito lo studio di questo processo, evidenziando che non si

limita a una registrazione passiva di stimoli ma va oltre, poiché l‟organizzazione

non è insita nella stimolazione ma è ciò che viene aggiunto dall‟organismo. In

questo processo si hanno fenomeni di completamento di lacune, integrazione,

totalizzazione.

2. Fase del processo secondario, attraverso il quale l‟input viene processato dalla

mente che va oltre l‟informazione data, rendendolo significativo per il

percipiente.

Gli studiosi della Gestalt hanno affrontato l‟esame dei principali fenomeni percettivi

con particolare attenzione a quelli visivi, studiando le leggi che presiedono

all‟organizzazione dei dati fenomenici, analizzando l‟articolazione figura-sfondo e i

fenomeni di reversibilità e fluttuazione, interpretando i contesti figurativi

percettivamente anomali come le illusioni ottico-geometriche e le configurazioni con

prospettiva reversibile. Essi sottolinearono la supremazia della struttura globale (non

intesa come significato, ma come organizzazione) sulle singole parti che la

compongono, un concetto sintetizzabile con l‟aforisma: “Il tutto è più della somma delle

parti” oppure, in modo più articolato, con: “Il tutto precede le parti, che assumono

significati diversi a seconda del tutto cui appartengono”.

Il Comportamentismo si è presentato pubblicamente con un articolo di Watson del 1913,

nel quale si è autodefinito come un settore sperimentale delle scienze naturali finalizzato

alla previsione e al controllo del comportamento. L‟oggetto di studio non è la mente,

definita una scatola nera, ma il comportamento osservabile e cioè l‟insieme delle

risposte muscolari o ghiandolari. Per spiegare il comportamento animale e umano, i suoi

studiosi ricercavano (più all‟esterno dell‟organismo, cioè nell‟ambiente, che al suo

interno) le catene causali di stimoli e risposte, considerandole come le unità minimali

del comportamento.

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Watson si era rifatto alle ricerche di Thorndike sull‟apprendimento per tentativi ed

errori e alle ricerche di Pavlov sul condizionamento classico.

Thorndike aveva enunciato tre principi fondamentali, che sarebbero divenuti il cardine

della teoria dell‟apprendimento:

1. L‟apprendimento si verifica per tentativi ed errori;

2. Le risposte corrette tendono a essere ripetute, quelle erronee abbandonate (legge

dell‟effetto);

3. I comportamenti più spesso esercitati vengono appresi più saldamente (legge

dell‟esercizio).

L‟apprendimento per i comportamentisti è attestato al manifestarsi di un nuovo

comportamento (prima inesistente) che, dopo essersi manifestato, si mantiene nel

tempo. Un comportamento occasionale non viene quindi considerato indice di avvenuto

apprendimento e, allo stesso mondo, tutte le risposte comportamentali dovute a fattori

maturazionali del sistema nervoso centrale (come imparare a stare seduti) non possono

essere definite apprendimento.

L‟impostazione comportamentale dell‟optometria statunitense ha avuto origine nel

comportamentismo di Watson e si è espressa nelle teorie e nei concetti di Skeffington e

negli insegnamenti nell‟Optometric Extension Program istituito nel 1928. Skeffington

ha enfatizzato l‟importazione funzionale dell‟analisi visiva, riuscendo a integrare le

conoscenze prettamente optometriche con quelle di altre discipline scientifiche.

Attribuendo al “vedere” un significato intimamente legato all‟apprendimento motorio,

l‟optometria funzionale si è allontanata dagli statici concetti classici, basati sull‟ottica

fisiologica e sulla cultura medico-scientifica, e si è avvicinata a un‟interpretazione

dinamica del rapporto organismo-ambiente. Grande enfasi viene attribuita al fatto che,

attraverso l‟enorme mole di informazioni sensoriali che il sistema visivo fornisce al

cervello (circa l‟83 % della visione partecipa al riconoscimento della realtà e della

percezione che ci circonda), la funzione visiva influisce sul comportamento motorio,

sulla struttura psichica, sull‟immagine di sé, sullo schema corporeo, sull‟elaborazione

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delle informazioni e quindi, in definitiva, sui processi mentali e le attitudini a prendere

decisioni del soggetto.

Nella seconda metà del „900, l‟approccio comportamentista e quello gestaltista hanno

ceduto il proscenio a quello cognitivista che ha contribuito a dare una nuova prospettiva

interpretativa al complesso fenomeno dell‟elaborazione dell‟informazione e della

percezione visiva superando le due scuole psicologiche che in precedenza si erano

affermate. Il punto di rottura con la scuola comportamentale si ebbe con Tolman, il

quale cominciò a differenziarsi dal comportamentismo watsoniano per accogliere idee

cognitiviste o anche psicoanalitiche. La posizione di chiaro stampo molecolarista di

Watson rischiava di condurre lo studio del comportamento con le semplici contrazioni

muscolari e quindi rimandare lo studio del comportamento puro alla fisiologia; per

Tolman il comportamento deve essere molare e non molecolare, non deve limitarsi alle

singole risposte muscolari o ghiandolari ma deve tener conto dello scopo e di alcuni

processi intervenienti tra stimolo e risposta.

Il cognitivismo inizia a affermarsi proprio con gli esperimenti di Tolman (anni ‟70).

Egli studia per lo più gli aspetti adattivi e intelligenti del comportamento, dimostrando

che non si apprendono solo semplici risposte motorie automatiche in riferimento a

stimoli, ma si apprendono aspettative sulla base del formarsi di mappe cognitive e in

base a esse il soggetto può decidere se realizzare una certa risposta motoria o altre. Ciò

che si apprende non è una serie di movimenti ma una conoscenza mentale realizzata con

l‟esperienza. Oltre all'impostazione interdisciplinare in cui confluiscono anche i

contributi delle neuroscienze, la psicologia cognitiva aveva altri suoi aspetti

caratteristici: in primo luogo, si interessava dei processi cognitivi (la percezione,

l'attenzione, la memoria, il linguaggio, il pensiero, la creatività), che erano stati

trascurati dai comportamentisti o considerati come dei prodotti dell'apprendimento e a

costoro veniva riconosciuta sia un'autonomia strutturale, sia una interrelazione e

interdipendenza reciproche.

All‟interno del paradigma cognitivista David Marr (1982) riconosce la complessità dei

processi cognitivi richiesti nel percepire e quindi, non esclude il loro rilievo nella

percezione delle conoscenze antecedenti. Incorporando alcuni principi descrittivi della

percezione come gli indizi di profondità e i principi gestaltici, giunge a postulare il

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concetto di elaborazione cerebrale a 3D con la costruzione di un nuovo sistema di

coordinate che risulterà essere centrato sull‟oggetto e permetterà il formarsi di una

rappresentazione tridimensionale degli oggetti e delle relazioni spaziali esistenti tra essi.

A questo livello di elaborazione la conoscenza e le esperienze precedenti possono

influenzare la percezione come ad esempio, cogliere che probabilmente esiste una

quarta gamba in una sedia nonostante la sua assenza da una particolare prospettiva.

La nascita della psicologia cognitiva ha ampliato gli scenari e dilatato gli orizzonti,

occupandosi di tutti quei processi per mezzo dei quali l‟input sensoriale viene

trasformato, ridotto, elaborato, immagazzinato, recuperato e infine utilizzato.

Sono molte le capacità mentali implicate in tali processi come:

Attenzione selettiva divisa in: a) Focalizzazione primaria di uno stimolo

selezionato con eliminazione di tutti gli altri; b) Concentrazione o aumento delle

risorse attentive disponibili al fine di accrescere la quota di informazioni

elaborabili;

Memoria; ritenuta da Morgan (1983) il luogo in cui sia presente uno schema

prototipo che fornisca la struttura organizzativa per interpretare l‟informazione

sensoriale, quindi un confronto fra l‟informazione precedentemente

immagazzinata nella memoria e l‟informazione recente che subisce l‟analisi

percettiva;

Categorizzazione; attività cognitiva che consiste nell‟organizzare l‟informazione

ricevuta dall‟ambiente secondo determinate modalità, in modo da selezionare o

modificare certi aspetti dell‟informazione stessa per adattarli al meglio alla

categoria nella quale vengono inseriti;

Immaginazione visiva, risoluzione problemi e infine decisione, hanno assunto

tutte un ruolo decisivo nelle procedure optometriche e nel Visual Training.

I modelli teorici più moderni sottolineano come la visione assuma un ruolo di

unificazione generale, nel quale gli atti visivi specifici si manifestano come parte

dell‟attività complessiva dell‟organismo.

Per verificare l‟adeguatezza del sistema visivo della persona alle attività che compie, è

quindi necessario individuare eventuali inadeguatezze conseguenti all‟età, alla

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maturazione psicofisica, alle richieste occupazionali e/o ambientali . Negli ultimi due

decenni del Novecento la ricerca psicologica, attraverso l‟Human Information

Processing (H.I.P.), ha assegnato all‟elaboratore visivo umano un ruolo pertinente e

attivo in base al quale la persona recepisce le informazioni visive e le trasmette alle

varie strutture del sistema visivo dove vengono elaborate, valutate, collegate ad altre

informazioni precedentemente memorizzate e utilizzate per realizzare pensieri e azioni.

L‟approccio H.I.P. assimila l‟organismo vivente a un computer impegnato a elaborare

dati introdotti attraverso il canale visivo. Il processamento dell‟informazione visiva,

secondo l‟approccio H.I.P., può essere suddiviso in tre fasi specifiche e complementari:

la fase della discriminazione, la fase della mediazione e la fase dell’elaborazione.

L‟essere umano apre gli occhi sul mondo, seleziona le informazioni sia sotto l‟aspetto

visivo puro che a fronte di altre sollecitazioni sensoriali alle quali l‟ambiente circostante

lo sottopone e le combina con la conoscenza derivante dall‟esperienza precedente

(punto chiave della teoria della percezione costruttiva), elabora i dati e sceglie il tipo di

comportamento da mettere in atto.

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2. IPOTESI SUL CONCETTO DI MIOPIA FUNZIONALE

2.1 La condizione refrattiva nell’arco vitale2

La condizione refrattiva neonatale si presenta molto variegata (da + 11 D a -11 D) ma

mediamente ipermetropica (media +2,07 D; Cook e Glasscock,1951). Da risultati in

corso di definizione, nell‟età compresa tra i sei e nove mesi il 5 % presenta ipermetropia

oltre 3,50 D, l‟1,6 % miopia di 2 D o più, l‟1,4 % anisometropia di 1,5 D o più,

un‟elevata incidenza di astigmatismo che poi si riduce. Nel periodo prescolare, il bulbo

oculare raggiunge in modo relativamente brusco le dimensioni adulte (entro i tre anni,

da Sorsby et al., 1961), ma non è ben chiaro come la refrazione si modifichi in questo

periodo della vita e quindi se sia valido il concetto comune legato alla riduzione

dell‟ipermetropia causata dalla crescita del bulbo e come evolva un difetto refrattivo

anche elevato. Nel primo anno, la variazione è prevalentemente a carico di una

riduzione dell‟indice del cristallino mentre tra i 6 e 8 anni la refrazione si sposta verso

l‟emmetropia: la media è di + 1,06 D (Kempf et al., 1928) e l‟ambito di variazione si

restringe entro le -2 +4 D (nel campione di Kempf et al.).

Grazie a uno studio longitudinale (Hirsh: Ojai study,1964) basato su bambini tra i 5-6

anni e 13-14 anni, si è evidenziato che la refrazione tende a divenire con la crescita

sempre più miopica o meno ipermetropica. Ciò significa che un bambino che presenta

miopia (2 %) o un ipermetropia di 0,50 D o meno all‟età di 5-6 anni probabilmente

presenterà miopia a 13-14 anni. Un‟ipermetropia superiore a 1,50 D si presenterà anche

all‟età di 13-14 anni. La condizione ideale, per il raggiungimento dell‟emmetropia

all‟età di 13-14 anni, sembra essere una condizione refrattiva di +0,50/+1,25 D all‟età di

5-6 anni. Nel periodo successivo non sembra vi siano notevoli cambi per quanto

riguarda l‟ipermetropia e l‟astigmatismo; la miopia tende generalmente alla

stabilizzazione con l‟età adulta, tuttavia nel periodo ancora successivo, tra i 20 e i 40

anni, è comune un ulteriore, ma lieve, aumento del vizio miopico. Infine le refrazioni

nel paziente maturo (da 45 a >75 anni; Hirsch, 1958) mostra un aumento di entrambe le

2 Anto Rosetti e Pietro Gheller: Manuale di Optometria e Contattologia; seconda edizione (2003), pp.36

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condizioni di miopia (da 6,7 a 15,3 %) e ipermetropia (da 16,3 a 47,7 %) e una

corrispondente riduzione dell‟emmetropia (da 77,2 a 36,9 %). Nella maturazione si

presenta una riduzione del diametro anteroposteriore, ma questa variazione è

compensata dall‟aumento dell‟indice del cristallino e dalla riduzione dell‟altezza della

camera anteriore.

Da sottolineare come la miopia sia prevalente nelle femmine (Nicholls, 1940; Wilson,

1935), precisamente all‟età tra 7 e 14 anni (Hirsch, 1948) o tra 11 e 14 anni (da Hirsch e

Weymouth, 1991); secondo Goss e Winkler (1983) la progressione miopica cessa di

evolversi significativamente prima nelle femmine (a 15,2 ± 2,1 anni) più tardi nei

maschi (a 16,66 ± 1,74 anni). Le variazioni correttive nel tempo sono superiori nei

miopi e sempre nella direzione dell‟incremento, rispetto agli ipermetropi (Hofstetter,

1954); secondo Hofstetter l‟inizio di miopia nell‟adolescenza porta con sé un aumento

improvviso dell‟incremento refrattivo.

2.2 Modello di Van Alphen e prime ipotesi sull’allungamento assiale3

Sebbene nell‟infanzia si rilevino anomalie refrattive molto variabili, nell‟età adulta si

nota una concentrazione di emmetropia o lieve ipermetropia stranamente elevata. Per

giustificare questa condizione è stato postulato un processo di adattamento delle varie

strutture anatomiche, che devono essere relazionate in modo estremamente preciso,

detto emmetropizzazione (Straub, 1909; Sorsby, 1980). Tale adattamento è innescato

dalla visione stessa: una visione sfocata dà origine a un comando chimico-biologico di

allungamento del bulbo (o il blocco di quest‟allungamento; non l‟accorciamento).

Il modello di van Alphen (1961) ha mostrato una stupenda lungimiranza, arrivando a

postulare condizioni che poi sono state verificate sperimentalmente. Secondo il modello

esistono tre fattori che controllano lo stato refrattivo:

3 Anto Rosetti, Pietro Gheller, Manuale di optometria e contattologia, pp.37, op.cit. ;

http://www.oculistanet.it/ottica-fisiop/ottica-fisiop-11.htm, capitolo 4, patologia della refrazione: le ametropie

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17

Fattore S, relativo alle differenze ereditarie delle dimensioni oculari; è un fattore

di crescita che influenza la correlazione tra potere corneale e lunghezza assiale;

Fattore P, relativo alla relazione tra lunghezza assiale, profondità della camera

anteriore e spessore del cristallino; è un fattore indipendente dai fattori ereditari

che può “stirare” l‟occhio per adeguarlo alla reale refrazione;

Fattore R, rappresenta la possibile relazione tra la deformazione possibile e il

potere refrattivo totale.

Van Alphen sostiene che la tensione del muscolo ciliare si trasmette sulla coroide

portandola avanti, mentre durante la fase di rilassamento la coroide esercita pressione

sulla sclera causando lo stiramento di questa nei soggetti giovani. Tra i fattori già citati,

il tono ciliare, ossia l‟accomodazione, ha un ruolo fondamentale in quanto l‟occhio

giovane si espande sino a che la sua dimensione corrisponde al potere refrattivo

(parzialmente controllato dall‟accomodazione); ciò può significare che lo “sviluppo”

non è determinato geneticamente ma gestito dalla visione stessa. Poiché il controllo del

tono ciliare è dovuto al sistema vegetativo, le influenze su di esso e quindi

sull‟ametropia sono le più varie.

A sostegno del modello che vede la visione come causa della condizione refrattiva è

un‟alterazione visiva come possibile influenza sulla condizione anatomica dell‟occhio, è

stato dimostrato (Hendrickson e Rosenblum, 1985) che un‟anisometropia artificiale,

indotta nei gattini neonati (che presentavano una funzione accomodativa), si riduce con

la crescita e tende all‟emmetropia o all‟isometropia. Modelli sperimentali su animali

hanno dimostrato il fenomeno dell‟emmetropizzazione: animali cresciuti al buio privi di

riferimenti visivi, tendono verso l‟ipermetropia, mentre un‟emmetropizzazione condotta

in condizioni anomale, in animali cresciuti in ambiente illuminato ma aventi visione

sfocata, porta a miopia. Ciò accade anche in animali che sono stati allevati con un

campo visivo limitato; è come se la percezione sfocata inducesse l‟allungamento del

bulbo oculare; quindi lo sfocamento avrebbe in questo caso delle implicazioni in quanto

non rappresenterebbe un buon stimolo accomodativo.

Anche a posteriori del processo di adattamento infantile delle diverse strutture e dopo la

crescita, il livello d‟attività dell‟accomodazione può essere facilmente influenzato dai

vari fattori in grado di variare l‟omeostasi dell‟organismo (riuniti nella forma dello

Page 18: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

18

stress) e influenzare la condizione refrattiva complessiva in modo transitorio e anche

forse stabilmente. In genere gli organi del corpo si sviluppano in modo indipendente

dall‟ambiente in cui l‟organismo vive, ma il cervello fa eccezione: la sua struttura e

funzione dipendono proprio dall‟ambiente con cui interagisce. Per gli occhi si può

parlare di una via intermedia: la struttura grossolana (tuniche e tessuti) dell‟occhio è

solo parzialmente indipendente, dato che è influenzato da processi come

l‟emmetropizzazione che la modificano, rispetto all‟ambiente visivo, che nascono e

servono per raggiungere una certa funzione (la visione nitida). Vale in tal caso la

massima: “la funzione crea l‟organo”; anche questa particolarità sostiene

l‟interpretazione dell‟occhio come parte “estroflessa” del cervello.

Pare importante la condizione di focalizzazione effettiva: un soggetto che per qualunque

ragione (p.e. riduzione o inversione del Lag accomodativo per stress o eccesso di

attenzione) esponga il proprio sistema visivo a un‟immagine retinica di bassa qualità,

potrebbe stimolare e innescare il comando biochimico di allungamento del bulbo.

Ulteriori studi hanno suggerito che solo l'immagine retinica anomala è il fattore

essenziale nell‟allungamento del bulbo e nello sviluppo della miopia sperimentale.

Sembra che sia nella foveola, regione retinica più suscettibile all'immagine sfocata, a

verificarsi la deprivazione dell'immagine. Quest‟ipotesi potrebbe essere sostenuta dalla

presenza di progressione miopica in tutte le condizioni di visione di bassa qualità (per

esempio chirurgia refrattiva non ottimale, sottocompensazioni, stress prossimale), ma

d‟altro canto è possibile inoltre che la visione anomala potrebbe non dare effetti

miopizzanti se il soggetto non la interpreta come tale.

Le prime ipotesi proposte sulla patogenesi e sulla evoluzione della miopia sono riportate

nella tabella seguente Tabella 1.

Page 19: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

19

Negli ultimi trent‟anni sono state proposte numerose teorie patogenetiche ottenute con

indagini sperimentali; presentiamo quelle che hanno orientato le attuali impostazioni:

a) Teoria biochimica, ormonale e dismetabolica (Awetissow; Balacco Gabrieli)

Le anomalie della sclera degli occhi miopi potrebbero essere secondarie a una

incompleta fibrillogenesi, forse legata a un alterato metabolico dei mucopolisaccaridi.

Secondo altri autori la luce avrebbe una azione stimolante sulle funzioni biologiche,

tramite l'asse diencefalo-ipofisario. In molti pazienti con miopia evolutiva sono state

evidenziate alcune anomalie ormonali:

- cortisolemia basale aumentata;

- basso livello di testosterone sierico nei maschi;

- alterata produzione di 17-ß-estradiolo, FSH e LH nelle donne;

- aumento dei mucopolisaccaridi urinari;

Autore Ipotesi proposta

Boerhave difetto di curvatura della cornea o aumento di lunghezza del globo

oculare.

Prangen fattore endocrino e l'ereditarietà.

Donders la pressione dei muscoli estrinseci dell'occhio durante la convergenza

determina un allungamento del bulbo oculare.

Incze posizione viziata e secrezioni ormonali come causa di ischemia del

tessuto sclerale.

Koster aumento della pressione intraoculare.

Levinsohn una congestione venosa con malnutrizione oculare determinata dalla

inclinazione della testa in avanti.

Tabella 1

Page 20: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

20

- riduzione di 17-chetosteroidi urinari.

b) Ereditarietà

Nello studio dei gemelli è stata evidenziata una concordanza della refrazione in caso di

miopia lieve, questa concordanza tende a diminuire nella miopia media ed è assente in

caso di miopia patologica.

Nello studio degli alberi genealogici si è evidenziato che esiste una tendenza familiare

nella miopia anche se con variazioni notevoli.

Nella miopia lieve è stata evidenziata una trasmissione sia recessiva che dominante con

una certa prevalenza della seconda. Nella miopia elevata è stata notata con maggiore

frequenza una trasmissione di tipo recessivo autosomico.

La consanguineità dei genitori comporta un alto rischio di incidenza di miopia tra i

discendenti, specialmente se entrambi i genitori presentano una miopia elevata.

c) Condizionamento ambientale (la più accreditata)

È necessario distinguere la miopia elevata da quella lieve perché presentano una

eziologia completamente diversa, la prima non può assolutamente essere considerata

come una variazione estrema della bassa miopia. Il condizionamento ambientale ha un

ruolo importante sulla eziologia della forma più lieve di miopia.

Dal punto di vista epidemiologico è stato evidenziato che la miopia si sviluppa più

frequentemente durante l'età scolastica, e che l'incidenza è più elevata negli studenti

della scuola superiore e dell'università. Invece è rara nei soggetti di livello culturale più

basso. Questa miopia, detta anche “scolastica”, dovrebbe essere causata dalla lettura e

dall'applicazione da vicino e a riguardo sono state esposte alcune teorie:

1 - Teoria della convergenza: l'azione del muscolo obliquo superiore produrrebbe

cambiamenti nella pressione intraoculare e trazione sulla sclera con conseguente

aumento della lunghezza assiale;

Page 21: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

21

2 - Teoria dell'accomodazione, durante l'accomodazione aumenta la pressione nella

parte posteriore dell'occhio;

3 – Teoria della scarsa illuminazione: una scarsa illuminazione, specialmente se

associata a un lavoro da vicino determinerebbe l‟allungamento del bulbo con aumento

della miopia. Questa teoria è sostenuta dall‟esperienza di quello che si verifica nelle

regioni nordiche dove il periodo di illuminazione solare è assai limitato, si verifica un

aumento della miopia nell'età scolare.

2.3 Interazione Uomo-Ambiente

Attribuendo alla funzione visiva un significato “globale”, prodotto emergente della

sinergia di tutte le funzioni sensoriali dell‟organismo, “vedere” è definito come la

“percezione” per eccellenza. Fra i primi a considerare la percezione come un processo

di output, Skeffington attribuì ampio valore al significato di spazio visivo

interpretandolo come una componente dello spazio mentale: il territorio costruito

dall‟organismo entro il quale l‟individuo si muove ed elabora informazioni con un

ottimale dispendio di energie. Skeffington fu il primo a focalizzare l‟attenzione sulla

rapida evoluzione delle abitudini visive che caratterizzano l‟Uomo moderno rispetto ai

suoi antenati. L‟impegno visivo prossimale cognitivo è un prodotto derivato dalla

cultura moderna che impegna fin dall‟infanzia in attività come la lettura e la scrittura.

Negli ultimi decenni l‟era industriale e post-industriale hanno radicalmente modificato

l‟ambiente visivo degli esseri umani con il passaggio da attività lavorative prettamente

all‟aria aperta che venivano espletate attraverso l‟uso della forza e della resistenza

fisica, ad attività prettamente cognitive effettuate a distanza prossimale non producendo

più direttamente quello che serve loro in quanto è l‟organizzazione economica e sociale

che gli garantisce in maniera indiretta la sopravvivenza. Le mutate condizioni

ambientali hanno ovviamente avuto ricadute sulle modalità di utilizzo della funzione

Page 22: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

22

visiva. I movimenti oculari sono diminuiti in quantità e sono espletati entro spazi più

ristretti e lo stesso avviene per il sistema accomodativo che viene sempre meno

utilizzato nella visione per lontano mentre è sempre più impegnato in continue

fluttuazioni a distanza prossimale. L‟attenzione visiva viene indirizzata alla

discriminazione di simboli, icone schemi logici aventi lo scopo di simulare e

rappresentare la realtà mediante modelli visivi, privi peraltro del riscontro tattile e

cinestesico che invece caratterizza i lavori manipolativi e materiali. Lo spazio entro il

metro di distanza ha assunto un‟importanza sempre maggiore perché i lavori sono

sempre più sedentari e meno manipolativi; nuovi processi discriminativi sono oggi

largamente utilizzati per osservare realtà virtuali bidimensionali realizzate

dall‟evoluzione tecnologica della comunicazione. La cultura e l‟insegnamento espressi

attraverso il testo scritto, i disegni, i grafici, le rappresentazioni simboliche, gli schermi

televisivi e i monitor dei computer hanno descritto la realtà tridimensionale

rappresentandola con due sole dimensioni; il sistema visivo ha quindi imparato a

percepire una tridimensionalità rappresentandola con due sole dimensioni; il sistema

visivo ha quindi imparato a percepire una tridimensionalità inesistente, spessori

apparenti, profondità inventate.

Nella cultura moderna, alcune abilità visive sono divenute essenziali per superare le

difficoltà imposte da regole sociali e culturali che si differenziano enormemente da

quelle regole basilari della natura. Da quando la cultura è divenuta un crescendo

dinamico e mutevole rivolto a tutta la popolazione, imparare a leggere, per poi leggere

per imparare, è un esempio di esigenza visiva spesso data per scontata, ma in realtà è

divenuta così indispensabile solamente nel corso dell‟ultimo secolo.

La caratteristica maggiormente differenziativa della cultura industriale rispetto a quella

agreste è identificabile nelle attività lavorative che sono perlopiù concettuali e ricche di

significati logici; la ricerca del significato comporta una continua catena di fenomeni

problem-solving e decision-making. Il corpo umano tende sempre più a una relativa

inefficienza dal punto di vista muscolare costretto com‟è a lavori sedentari in ambienti

circoscritti. Lo spazio visivo ravvicinato è caratteristico del mondo percettivo

dell‟infante per il quale <<vedere>> è spesso solo ciò che riesce a <<toccare>>;

crescendo, il bambino impara a essere attratto e apprezzare anche stimoli che non

Page 23: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

23

necessariamente provengono da uno spazio così ristretto da essere fisicamente

raggiungibili con il proprio corpo e apprende ad allargare il volume del proprio spazio

visivo. L‟adulto, durante il lavoro sedentario, torna ad abitudini visive caratterizzate da

stimoli prossimali, ma dove l‟attività manipolativa è sostituita dall‟attività

discriminativa e interpretativa altamente simbolica e cognitiva che di per sé indurrebbe

la necessità di mantenere una funzione anomala che potrebbe generare una modifica

strutturale, più di quanto la struttura possa alterare la funzione.

Prima di cominciare la scuola i bambini sono generalmente dotati del perfetto apparato

visivo del primate, forgiato dall‟evoluzione ed elaborato dal processo maturazionale dei

primi mesi (o anni) di vita. Il loro sistema visivo rifugge dallo sdoppiamento

dell‟immagine, possiede lo stimolo (quasi) indefettibile a fondere in una sola le

immagine recepite dai due occhi, ha la capacità di centrare in modo efficace gli oggetti

osservati, ha un sistema di messa a fuoco efficace ma che conserva una certa fragilità, è

provvisto delle tipiche aree cuscinetto in accomodazione (l‟ipermetropia funzionale) e

in convergenza (l‟exoforia).

Le esigenze imposte dal nuovo impegno che obbliga i novelli studenti a movimenti

precisi e minuziosi, a uno stressante controllo sul dinamismo del corpo, produrranno

(nei soggetti geneticamente predisposti) alterazioni sia funzionali che strutturali

dell‟apparato visivo poiché lo sforzo d‟adattamento all‟ambiente è una caratteristica

specifica di qualsiasi organismo vivente. Il problema visivo e la sua manifestazione

avanzata più diffusa, la miopia, seguono lo sviluppo industriale, sociale e culturale di

una popolazione: non ci sono praticamente miopi nei paesi in cui non ci sono scuole.

Young e Baldwin eseguirono uno studio su di una popolazione Inuit (eskimo) di

Barrow, in Alaska, riscontrando le seguenti percentuali di incidenza della miopia:

• Gli anziani (i nonni), cacciatori nomadi non scolarizzati: miopi 0 %;

• I genitori, da poco sedentari e con bassa scolarità: miopi 2 %;

• I giovani, totalmente sedentari; con alta scolarizzazione: miopi 52%

Il fondo genetico era lo stesso e con esso l‟eventuale predisposizione allo sviluppo di

miopia; erano cambiati gli stimoli imposti dall‟ambiente progressivamente mutato;

Page 24: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

24

l‟individuo sottoposto al protrarsi delle tensioni generate dall‟impegno cognitivo di

lettura e di scrittura, potrà solo scegliere di abbandonare o adattarsi. Colui che sceglierà

di adattarsi lo farà in relazione alla costituzione del suo organismo, alla sua intelligenza

e al suo temperamento.

Nel descrivere l‟ipermetropia funzionale e il modo mediante il quale essa protegge dallo

stress ambientale l‟integrità del sistema di messa a fuoco, sono state apprese alcune cose

molto importanti: prima di tutto che l‟ipermetropia funzionale non è un difetto visivo

ma caratterizza il sistema visivo normale ed efficiente poiché la lettura a distanza

costante di un testo può essere eseguita in modo efficace impiegando una quantità

maggiore o minore di accomodazione. Infine si è espletato il concetto che anche al

punto prossimo, oltre che al punto remoto, esiste un meccanismo di protezione del

sistema di messa a fuoco che funziona similmente a quanto visto per il lontano; infine si

è appreso che al punto remoto gli adattamenti accomodativi verso la posizione di

maggiore rilassamento o da tale postura provenienti, non hanno praticamente alcun

significato spaziale per l‟individuo, contrariamente a quanto avviene al punto prossimo:

questo ha notevole importanza per le implicazioni comportamentali che ne derivano.

Il soggetto normale che rimarrà tale, si adatterà all‟impegno prossimale con una

contrazione reversibile dei muscoli ciliari deputati all‟accomodazione; incapace di

scegliere l‟adattamento miopico (poiché non appartiene al suo patrimonio genetico)

manterrà l‟integrità delle strutture oculari, andando comunque incontro a una certa

perdita di rendimento, di grado variabile, nelle attività al punto prossimo.

Il soggetto normale che diverrà miope, si adatterà all‟impegno ravvicinato prima con

una contrazione dei muscoli ciliari e nel tempo, con una modifica morfologica

irreversibile dei globi oculari che si allungheranno; conserverà così gran parte del suo

rendimento nelle attività al punto prossimo, pagando il prezzo di una visione da lontano

sfocata.

Nessuno dei due lamenterà inizialmente disturbi: l‟uno e l‟altro dimostreranno capacità

visive buone. Le due differenti tipologie potranno comunque essere riconosciute e

discriminate, anche prima che la miopia si manifesti, ricercando la presenza nel loro

comportamento visivo di alcuni segni distintivi.

Page 25: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

25

Nella retinoscopia cognitiva, dove viene proposto la lettura a breve distanza costante di

un testo, che sarà spiegata meglio in seguito, si osserverà nel futuro miope uno

sproporzionato aumento della quantità di accomodazione impiegata, correlato al più

elevato livello di difficoltà interpretativa dello scritto. Una maggiore accomodazione

significa un‟immagine percepita più piccola, poiché il conseguente aumento di

convessità dell‟occhio ne riduce la dimensione; ciò provoca nel miope-comportamentale

una significativa diminuzione del riflesso visuo-posturale (Revip), il quale varia in

funzione del grado di difficoltà d‟interpretazione del testo. Il Revip misura la distanza

spontanea di lettura, rilevata con la prescrizione abitualmente in uso calzata, oppure in

visione naturale (se nessuna Rx viene al momento utilizzata). L‟accorciamento posturale

è un meccanismo che con l‟avvicinamento verso il piano facciale tende ad assicurare la

costanza dimensionale dei caratteri percepiti, tale atteggiamento si traduce anche in un

ulteriore incremento di richiesta accomodativa e di convergenza che fa si che si

consolidi una condizione di ipertono dell‟accomodazione. Là dove tale situazione si

protragga sufficientemente a lungo nel tempo ed esista una condizione di malleabilità

della struttura oculare, il risultato sarà il manifestarsi della miopia.

2.4 Concetto di stress e variazioni di adattamento

4

4 http://www.otticafortuna.it/optometria/body.pe

“Lo stress visivo è risultante da “Compito visivo, biologicamente inaccettabile,

socialmente compulsivo, centrato al punto prossimo che provoca una reazione di

allontanamento che diventa una guida a centrare più vicino nello spazio visivo”

Questo implica che la visione non è un sistema statico, rigido, meccanico, ma un

processo attivo dinamico che risponde alle interazioni dell’organismo con

l’ambiente. 4 “A.m. Skeffington”

Page 26: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

26

Partendo da quanto detto qui sopra, l‟Optometria Funzionale interpreta il problema

visivo in modo ben diverso, più completo rispetto all‟interpretazione fornita dal modello

tradizionale.

Il modello funzionale interpreta il problema visivo non solo come un problema

refrattivo o come un difetto, una disfunzione o una patologia: al problema visivo è

attribuito, prima di ogni altra cosa, il significato di un pattern di adattamento da parte

dell‟organismo nei confronti delle esigenze che emergono interagendo con l‟ambiente,

interno ed esterno all‟organismo stesso. L‟impegno prolungato con il mantenimento di

una continua concentrazione in un campo ristretto e su di un piano bidimensionale

diventa la causa di problemi visivi; per l‟Optometria l‟attenzione e l‟obbligatoria ricerca

di significato è causa di stress e non la distanza di lavoro ravvicinata. Skeffington

sottolineava appunto che il problema non deriva dal fatto che l‟oggetto osservato è

tenuto vicino, ma è dovuto all‟inaccettabilità biologica di mantenere l‟impegno visivo;

questa variazione di abitudini visive è stata enormemente più veloce e più drastica di

quanto non lo sia stato lo sviluppo funzionale e biologico del sistema visivo generando

un‟incompatibilità stressante.

Fu Forrest (19935) minuziosamente a evidenziare i molteplici meccanismi che

intervengono nel corso delle attività prossimali. Nel divulgare il modello visivo

comportamentale, ispirandolo anche a concetti cognitivisti, propose uno “Psycho-

Behavioral Approach” (approccio psico-comportamentale) in cui considerava non solo

gli aspetti ergonomici dell‟ambiente e quelli funzionali dell‟individuo ma anche gli

aspetti psicologici che si fondono con l‟impegno visivo. L‟interpretazione del problema

visivo come un <<problema nell‟elaborare adeguatamente le informazioni visive>>,

diviene uno dei punti cardine dell‟approccio funzionale. La stessa considerazione della

visione come un processo e il sistema visivo come un tutt‟uno, rende riduttivo

diagnosticare solo un problema di convergenza o un problema accomodativo o un

problema fusionale; esiste un problema visivo che si manifesta in un modo piuttosto che

in un altro indicando come l‟organismo abbia reagito alla condizione disagevole.

I problemi visivi funzionali vengono classificati in due categorie:

5 Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali; volume 1, la sequenza analitica, pp.19

Page 27: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

27

1. Problemi visivi secondari a uno sviluppo insufficiente del sistema visivo o degli

altri sistemi che sono direttamente coinvolti nel processo visivo: sono definiti

problemi dello sviluppo visuo-percettivo-motorio6;

2. Problemi visivi secondari a un‟indesiderata risposta adattiva dell‟organismo a

condizioni di stress che, nel tempo, determinano somatizzazioni funzionali

quantificabili.

Leibowitz (19737) sostiene che il significato funzionale del restringimento del campo

percettivo derivi dal ruolo delle informazioni periferiche nel processo di adattamento

dell‟organismo. La componente periferica del campo visivo occupa circa il 98 % delle

informazioni sensoriali inviate dalla retina al cervello. Una riduzione di percezione

periferica indica uno stato di stress manifestato attraverso una riduzione di sensibilità

nei confronti di quelle informazioni che, non avendo uno scopo specificatamente

discriminativo (selettivo), vengono in parte ignorate a livello percettivo. Il sistema

visivo è composto da due sotto-sistemi: il sistema centrale o foveale occupato in

processi discriminativi e il sistema ambientale o periferico deputato a fornire

informazione di carattere lacalizzativo. Per ogni immagine che viene formata è assidua

la collaborazione tra essi: il sistema centrale fa riferimento alla discriminazione della

figura, mentre il sistema periferico produce il volume dello sfondo. Partendo dal

presupposto che non può esistere una figura senza uno sfondo, in questo contesto Held

sostenne che il restringimento percettivo del campo periferico può essere principalmente

circoscritto al sotto-sistema centrale che risentirà del problema visivo come di una

riduzione della capacità identificativa.

L’essere umano è una combinazione tra esperienza e patrimonio ereditario. La

complessità della situazione ambientale e la necessità da parte dell‟organismo di

interagire con essa, genererà flessibilità nel comportamento dell‟individuo e inoltre con

la maggiore variabilità comportamentale, minore sarà la possibilità dell‟adattamento

grazie a fattori innati ereditari; quindi maggiormente deve essere creato grazie

all‟esperienza e all‟apprendimento.

6 Silvio Maffioletti, la professione optometrica, pp.8, op.cit.

7 Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.171, op.cit.

Page 28: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

28

Quando E.B. Alexander e A.M. Skeffington fondarono L‟Optometric Extension

Program Founfation nel 1928 fecero proprie le teorie sullo stress di Hans Selye

formulando un modello capace di indagare, valutare e influenzare l‟adattamento

funzionale del sistema visivo sottoposto a stress.

8

Può trattarsi di esposizioni al freddo, al caldo, a chocs o a traumi, all‟immobilismo

forzato e a fattori di resistenza in cui rientra in maniera rilevante il mantenimento

dell‟attenzione (concentrazione). Ogni stato che coinvolge l‟attenzione è tipicamente

una forma di immobilità o di resistenza che produce ovvie variazioni fisiologiche,

cardiache e respiratorie relazionate allo stato analitico. L‟individuo logico, sequenziale,

razionale utilizza una maggior energia attenzionale nel processo di elaborazione delle

informazioni ed è quindi soggetto a una maggiore forma di stress. Frequente è

riscontrare una correlazione fra gli stili cognitivi e attenzionali con gli stili visivi.

Per quanto riguarda le fonti di stress ergonomiche-visive prossimali possiamo elencare:

Ambienti poco illuminati: una bassa illuminazione porta a impiegare soprattutto

la zona foveale determinando nel sistema un‟efficienza accomodativa minore. In

questi casi c‟è la tendenza a ridurre la distanza di lettura per aumentare l‟angolo

di risoluzione visiva, impiegando più accomodazione, sia in funzione di una

distanza minore di lettura, sia dalla maggiore convergenza impiegata. Un

ambiente buio privo di luci, porta a una situazione esoforica e a una miopia

fisiologica di circa 0.50-0.75 dt in funzione del difetto visivo e della

predisposizione soggettiva. Lavorare impiegando un‟intensità di luce non idonea

comporta anche un rischio maggiore verso la miopia;

Ambienti troppo illuminati: in ambienti molto illuminati possono manifestarsi

fastidi legati al riverbero luminoso, in tal caso è possibile migliorare il contrasto

8 Armand R. Bastien, il controllo della progressione miopica, trad. it, Società italiana d‟optometria, Ottobre 1981,

pp.9

DEFINIZIONE DI STRESS: è l’effetto non specifico della somma totale delle

tensioni di qualsiasi natura e origine che si esercitino sull’organismo (Hans

Selye). 8

Page 29: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

29

dello sfondo (pavimento e piano d‟appoggio) evitando colori troppo chiari e

riflettenti, che potrebbero creare delle zone di visione difficoltosa riflettendo la

luce, a favore di tinte più scure e opache oppure è molto utile usare dei filtri

polarizzanti;

Luce diretta negli occhi: è molto meglio impiegare luci dirette sul foglio e non

sul viso ripartite in concentrazione uguale a destra e a sinistra dell‟individuo in

modo da ottenere un‟illuminazione omogenea;

Ambienti lavorativi ristretti: che non consentono movimento corporeo e non

permettono di alzare lo sguardo ogni tanto per fissare lontano aumentano lo

stress visivo, una posizione corporea (schiena e piedi), può anch‟essa aumentare

il livello di stress riducendo il rendimento visivo;

Piano di lavoro e materiale cartaceo: per il piano di lavoro sono consigliate

tinte di pastello a metà tra la riflessione e l‟assorbimento della luce (50 %), di

solito tinte sul verdino, azzurrino e beige; è sconsigliato il colore bianco in

modo particolare se lucido. Per il cartaceo è meglio che sia opaco per evitare

riflessi o meglio se leggermente colorato;

Lettura di caratteri poco contrastanti, o eccessivamente piccoli: quasi sempre

riscontrabile pensati per risparmiare in termini di dimensioni e numero di pagine

del libro. Una richiesta alta di comprensione e tempi ristretti per effettuare un

dato impegno visivo apportano maggiore stress al sistema visivo;

Posizione del Videoterminale non centrata rispetto alla tastiera: una tastiera

posizionata a destra e a sinistra dello schermo può indurre torsioni della testa e

del tronco per compensare l‟asimmetria operativa. Una posizione non centrata

della testa o degli occhi può inoltre portare ad astigmatismi funzionali (Elliot B.

Forrest) dovuti alla posizione degli occhi rispetto al piano di sguardo;

La salute generale influenza la visione: il sonno è importante come la dieta;

esistono ad esempio ambliopie generate da una cattiva nutrizione. In caso di

malattia il rendimento visivo cala notevolmente e non è consigliabile eseguire un

esame visivo o una seduta di Visual Training.

Sono comunque tutti agenti stressanti che producono le stesse reazioni fisiologiche non

specifiche. L‟ipofisi scarica nel flusso sanguigno degli ormoni somatotropici i quali

agiscono sulle surrenali che secernono un tasso anormalmente elevato di adrenalina.

Page 30: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

30

Questa perturbazione induce un processo generale di adattamento (General Adaptation

Syndrom9) che altera le funzioni dell‟organismo e che può persino alterare la struttura

degli organi se si prolunga troppo.

Proprio dal punto di vista fisiologico le risposte immediate dovute a uno stressante

impegno visivo riguardano un aumento dell‟attenzione, stimolazione del S.N.S,

dilatazione della pupilla, aumento dell‟apertura palpebrale e lieve aumento della

sporgenza del bulbo (l‟adrenalina produce un aumento della massa retro bulbare per

accumulo di acqua la quale spinge in avanti il bulbo), allontanamento

dell‟accomodazione dal piano di sguardo. L‟accomodazione viene richiamata per

trascinamento della convergenza (esoforia), con la comparsa di un Revip corto: a livello

comportamentale è l’indice precoce della presenza di stress visivo. Sotto azione

Simpatica si avrà a livello generale un aumento nella respirazione, nel ritmo cardiaco,

nella sudorazione, un aumento della concentrazione di glucosio nel sangue, un aumento

dell‟aurosal e dell‟attenzione; solo le funzioni gastriche diminuiscono. I behavioristi

(comportamentisti) identificano nella postura ridotta il primo comportamento

misurabile, la quale può indurre nel tempo problematiche di tipo muscolare, come

tensione al collo, al trapezio, mal di schiena etc. Tutto il corpo è compresso e protratto

in avanti per sostenere la distanza di lavoro, la respirazione a livello del diaframma

risulta meno fluida e ciò porta a una minore ossigenazione generale.

Quando ci si trova in una condizione sfavorevole, il sistema nervoso simpatico viene

attivato per aumentare la capacità di reagire alla situazione in modo da attuare una

reazione di “lotta o fuga”; in altre parole l‟attivazione del sistema simpatico mette a

disposizione le energie per affrontare la battaglia oppure la fuga, quindi le energie per

proteggersi o sopravvivere di fronte a una minaccia o a una situazione di confronto.

Superato il limite soggettivo determinato dal livello di efficienza, l‟organismo può solo

spingersi a un costo ingente verso l‟adattamento allo stress; secondo Forrest infatti lo

stress negativo o il distress può venire accettato dall‟organismo per un certo periodo di

tempo senza procurare disturbi soggettivi all‟individuo ma, se la richiesta dura per un

tempo eccessivo, si manifestano sintomi che possono essere risolti eliminando l‟agente

stressante sopprimendo parti più o meno vaste di funzione con conseguente riduzione di 9 Armand R. Bastien, il controllo della progressione miopica, pp.9, op.cit.

Page 31: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

31

performance, oppure tramite un processo di adattamento allo scopo di continuare a

mantenere un certo livello di performance alterando i propri modelli di comportamento.

Il sistema visivo deve accomodare, convergere, spostare i bulbi oculari per migliaia di

volte al giorno per salvaguardare la visione binoculare e la funzionalità e quindi deve

essere dotato di un‟efficienza psicofisica ottimale che può essere raggiunta e mantenuta

grazie a sei differenti fattori indicati da Selwin Super (200110

): genetica, salute,

nutrizione, allenamento, energia ed equilibrio.

Quando un organismo non può interagire in modo adeguato con l‟ambiente, perché la

sua risposta non può essere gestita dall‟organizzazione esistente, si osserva tipicamente

all‟aumento del controllo e dello stato di consapevolezza e all‟aumento del dispendio

energetico. Se la necessità per una certa risposta organizzativamente difficile da gestire

avviene troppo spesso, il sistema farà quello riuscirà per spostare il controllo di tale

risposta verso uno stato più automatico, più abitudinario, meno cosciente che richieda

meno attenzione. Fino a quando il livello di adeguamento/adattamento è inadeguato per

affrontare le necessità imposte dalla situazione, il sistema continuerà nella direzione di

alterare equilibrio e comportamento abituali nel tentativo di raggiungere un equilibrio di

tipo “dinamico” con lo stress al fine di recuperare in organizzazione ed efficienza

applicando dunque la cosiddetta legge del Minor Sforzo11

.

Il livello di stress è influenzato da molte variabili come il grado di motivazione, la

prontezza della persona ad affrontarlo, il tempo che perdura e l‟intensità; essendo queste

ultime due variabili trasponibili, più intenso sarà lo stress e più rapidamente avverranno

i cambiamenti che sosterranno il mutato behavior con l‟abitudine, l‟organizzazione e

alla fine anche con la struttura. L‟organismo con il tempo si costruirà un adattamento

nelle abitudini e nei tessuti rendendo questo adattamento sempre più difficile da

rimuovere o invertire. Darell Boyd Harmon12

qualificò tre stadi:

1) neurale (funzionale) es. deterioramenti B2-1, B2-2, B2-3.

2) neuro-muscolare (funzionale-strutturale) es. B2-4, B2-5

3) muscolare (strutturale) es. B2-6, B2-7.

10

Renato Pocaterra e Stefania Pozzi, Percezione visiva: oltre l’approccio classico, Fondazione IARD, pp.63 11 Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.39, op.cit. 12 Salvatore Dattola, “L’approccio positivo al punto prossimo”, Istituto B. Zaccagnini di Bologna, pp.14

Page 32: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

32

Neurale: il soggetto si comporta “come se” fosse miope (o astigmatico), la postura più

ravvicinata lo testimonia. Se abbandona l‟impegno tutto torna normale; avvengono

annebbiamenti transitori da lontano, ma le retinoscopie dimostrano valori più positivi

sul vicino. Neuro-muscolare: si intravedono modifiche refrattive, non basta più

interrompere l‟attività anomala, bisogna trattare il caso; gli annebbiamenti si

manifestano più spesso anche se le strutture non sono ancora intaccate. Muscolare: si

hanno distorsioni strutturali refrattive (miopia o astigmatismo), muscolari (astenopia), a

carico del sistema nervoso centrale (problemi di rendimento).

Ogni fase di deterioramento può divenire adeguata per affrontare lo stress altrimenti si

verificherà un’ulteriore variazione comportamentale. Se non si verifica un nuovo o

maggiore stress, ciascuna fase può essere sufficiente ad affrontare la situazione e

l’adattamento diviene sempre più stabile e lo stato visivo più organizzato. Il processo di

Potenziale

reversibilità

Economia

energetica

Misurabilità

con

procedure di

routine

Stabilità del

sistema

Fase 1

<< Neurale>>

Completa Scarsa Nessuna

Molto

instabile

Fase 2

<<Neuro-

muscolare>>

Buona

mediante

appropriata

prescrizione e

rieducazione

Crescente

rispetto la

fase Neurale

Crescente

rispetto la

fase Neurale

Crescente

rispetto la

fase Neurale

Fase 3

<<Strutturale>>

Scarsa, molto

scarsa o nulla

Buona Completa Molto stabile

Tabella 2

Page 33: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

33

stabilizzazione viene chiamato <<Embedding>>. Come mostrato nella Tab.2, con il

progredire del fenomeno di Embedding, l’economia energetica migliora, la stabilità

aumenta e la reversibilità diminuisce.

2.5 La progressione Miopica

Nel suo “Controllo della progressione Miopica”, Armand R. Bastien definiva la miopia

l‟afflizione pan-endemica di maggior rilievo collegata alla scolarità e la cui incidenza

dipendeva dall‟aumento della scolarizzazione (processo di industrializzazione). Nel

1939 il 33% delle lenti fabbricate negli Stati Uniti era costituito da lenti negative e il

67% da lenti positive. Nel 1968, ovvero 29 anni dopo, la proporzione risulta capovolta:

66 % lenti negative e 34% lenti positive. La situazione ovviamente fino ai nostri giorni

sarà sicuramente peggiorata.

L‟incidenza della miopia è divenuta allarmante perché da problema particolare degli

intellettuali, ai tempi di Javal, essa interessa oggi la grande maggioranza di coloro che

usano occhiali costituendo in tal senso il campo privilegiato del lavoro

dell‟Optometrista.

Nonostante il processo evolutivo sia molto variegato come anche l‟età in cui potrebbe

inizialmente comparire (ci sono casi in cui la miopia si presenta durante il primo anno

scolastico e trasforma nel corso del tempo fino al primo anno di università il soggetto in

un vero infermo oculare, con valori che vanno da -6.00 a -7.00; oppure presentarsi solo

a 9 o a 12 anni e la cui evoluzione è più lenta e giunge a -3.00 o anche a -2.00), quello

che colpisce nonostante manifestazioni numericamente diverse è che non c‟è differenza

di natura; la differenza sta soltanto nell‟intensità della risposta degli organismi alle

diverse predisposizioni ontogenetiche di fronte alle esigenze cerebrotoniche di

codificazione e decodificazione degli impegni prossimali imposti dalla cultura. Ogni

organismo risponde in funzione della propria resistenza, delle predisposizioni personali

(genetiche), alle esigenze combinate della prossimità e dei codici grafico-lessici (che

Page 34: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

34

possono essi stessi variare di intensità secondo l‟impegno). Ciò spiegherebbe, come dice

Bastien, le dimensioni diverse delle diverse miopie con l‟aforisma:

Ci sono tanti miopi quante sono le miopie.

Così come lo stress prolungato può portare a radicamenti e ad alterazioni irreversibili

seguendo un percorso consistente in tre fasi, lo stesso criterio può essere applicato alla

miopia: uno Stadio Funzionale dove l‟organismo agisce come se fosse miope, non

misurabile e molto reversibile; uno Stadio Operazionale in cui si possono riscontrare

leggere misure miopiche ancora reversibili e infine uno Stadio Strutturale dove le

misurazioni sono manifeste ed è presente irreversibilità. Lo stress è un fattore

determinante nella progressione miopica; ciascun soggetto viene colpito al suo

predisposto livello di resistenza minima determinato dalla costituzione anatomica e dal

patrimonio genetico.

Proprio la teoria ambientale o funzionale riguardo l‟evoluzione miopica, considera essa

come uno dei possibili adattamenti dell’organismo per far fronte allo stress indotto

dall‟impegno visivo al punto prossimo (ambiente lavorativo). Secondo Skeffington13

la

miopia inizia sui 6-7 anni anni quando inizia la scolarità; sembra che l‟evento sia

collegato con la lettura silente; questa miopia si definisce acquisita o avventizia. Il dato

fu confermato da Getman il quale notò durante la retinoscopia cognitiva, che,

mantenendo costante la distanza di lettura, i dati retinoscopici variavano al grado di

difficoltà dell‟impegno visivo proposto. L‟accomodazione aumenta per “letture

difficili” e porta l‟organismo a esplorare una situazione miopica, uno spostamento verso

la miopia, con valori variabili a seconda dell‟età, dell‟ereditarietà, delle esperienze

ambientali, della postura corporea, ecc.

Alcune delle ricerche che confermano la componente ambientale della miopia sono14

:

• L’esperimento di Francis Young su due gruppi di 50 scimmie

PRIMO GRUPPO di 50: allevate in libertà - nessuna miope - tutte ipermetropi

13

Salvatore Dattola, Significato di lenti e prismi in optometria comportamentale, 2008, pp.29 14

Arman R. Bastien, il controllo della progressione miopica, pp.10, op.cit.

Page 35: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

35

SECONDO GRUPPO di 50 scimmie: allevate in cattività (in gabbia) TRENTA

SOGGETTI DIVENTANO MIOPI (60 %)

• Il rapporto del comandante Kent

Optometrista, distaccato ai servizi visivi della Marina degli Stati Uniti, ha

esaminato gli equipaggi del primo sommergibile atomico, il Polaris. Il giro del

mondo senza emersione, durato sei mesi in immersione, senza radio, orizzonte

limitato a 2 metri o anche meno. Equipaggi scelti con cura. Centinaia di uomini

più di 30 e 40 anni; nessun miope all‟origine. Acutezza richiesta 10/10 e 10/7,5.

Una proporzione dal 66% al 75% dei membri di questi equipaggi ha sviluppato

miopie di natura progressiva (progressioni in rapporto con la durata del

servizio).

Leggeri ipermetropi o emmetropi alla partenza, questi marinai di 30, 35 e 40

anni sono divenuti miopi di -1.00, -1.50, -1.75, -2.00 e persino di -2.50 come

anche qualche caso di -3.00. L’esiguità come la prossimità possono essere

considerate collegate all’incidenza e all’aumento della miopia.

• Ricerca condotta a Singapore: nella comunità di Singapore è stata effettuata

una ricerca per stabilire il ruolo dell‟ambiente nell‟insorgenza della miopia.

Singapore è una comunità conservatrice nella quale non esistevano variabili di

razza, esiste solo una razza originale. La ricerca verteva sulla presenza di

miopia: in tre generazioni la miopia è aumentata dal 10% all‟80%.

PADRI ( nonni) 10 % 1° Generazione

FIGLI (padri) 25% 2° Generazione

NIPOTI 80% 3° Generazione

Questi risultati sono stati ottenuti senza modifiche consistenti nel patrimonio

genetico (non possono essere i geni la causa; la causa è ambientale)

• Studio di Young e Baldwin su una popolazione eschimese a Barrow in

Alaska ( già citato in precedenza )

Lo studio si è svolto su tre generazioni:

1. GLI ANZIANI (i nonni) nomadi (cacciatori e pescatori) e analfabeti:

tutti ipermetropi;

Page 36: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

36

2. CAMPIONE DI GENITORI: poco toccati dall‟urbanizzazione e

scolarizzazione: 3% di MIOPI;

3. I BAMBINI: prima generazione scolarizzata: 1° CAMPIONE: 52% di

Miopi; 2° CAMPIONE: 72% di Miopi. Nella comunità eschimese

finché regnava l‟analfabetismo la condizione refrattiva era solo

l‟ipermetropia.

• La bambina dislessica divenuta un’ottima studentessa (da A. R. Bastien- il

controllo della progressione miopica)

È uno dei più frequenti disordini di apprendimento . Alcuni sostengono sia un

disordine neurologico ma alcuni optometristi ritengono, invece, che possa essere

un problema visivo. Dislessia significa “cecità per la parola” e cioè una

incapacità di lettura ovvero un problema di lettura. I bambini dislessici

presentano i seguenti disordini:

- ridotto tempo di lavoro;

- errori durante la lettura ad alta voce;

- errori durante la scrittura/copiatura;

- errori ortografici;

- deficienze di linguaggio verbale;

- deficienze di comprensione durante la lettura;

- problemi alfabetici;

- difficoltà a seguire le istruzioni nel corso di un particolare impegno.

È il caso di Julie Harding una bambina di 12 anni che legge e scrive male, in modo

grossolano e maldestro, confonde certe lettere e certe parole, non ama la lettura. Ha

ripetuto alcune classi; denuncia notevole ritardo. Problema serio di apprendimento

scolastico.

Page 37: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

37

ESAME ANALITICO E COMPORTAMENTALE

1. SOGGETTIVO # 7 A: +0.25

2. CYL. CROC. #14 A: +1.75

3. FORIA #15 A: 3 EXO NETTO +1.25

RX +1.75

ABLITÀ VISIVE ( ANALISI DELLA BINOCULARITA‟)

1. ROTAZIONI: NEG.

2. FISSAZIONI: NEG.

3. NESSUNA SOPPRESSIONE

4. REVIP CORTO: 20 cm

TEST PER LA PSICO-MOTRICITÀ

1. SCHEMA CORPOREO ATTENUATO: non riesce a fare la capriola;

misura male lo spazio nei salti da ferma: ritmo scarso. Misure ineguali.

Direzione oraria.

2. LATERALIZZAZIONE: tardiva – cosciente

3. FORME GEOMETRICHE: quadrato e cerchio tracciati in senso orario

4. ASSOCIAZIONE DI FORME: performance tattile/visiva - 16 pezzi

- > 5 minuti

CORREZIONE :

1. CON LENTI: O.D. +0.25 + OCCLUSIONE

O.S. +0.25

2. SEQUENZA EVOLUTIVA GROSSOLANA

3. SEQUENZA EVOLUTIVA RAFFINATA

4. SEQUENZA SIMMETROTONICA

5. SEQUENZA VISIVA: 8 MINUTI

DURATA DEL PERIODO DI RIEDUCAZIONE : 8 MESI

SUCCESSO TOTALE:

Page 38: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

38

1. RISTABILIMENTO DI TUTTE LE CAPACITÀ PSICO-

MOTORIE

2. REVIP RIMANE RELATIVAMENTE CORTO: 32cm

3. NOTEVOLI SUCCESSI SCOLASTICI

4. DIVORA I LIBRI E LEGGE MOLTO

Malgrado tutte le misure (prescrizione di positivo preventivo, addizioni, rieducazione

visiva) diviene miope. Se il trattamento multidisciplinare ha successo, può comportare

uno sviluppo della miopia; il ristabilimento delle sue capacità visuo-motorie e psico-

motorie (soprattutto) era il prerequisito evolutivo per l‟acquisizione e lo sviluppo della

sua miopia. Essa poteva divenire miope soltanto acquisendo la capacità di leggere

efficacemente e facilmente; capacità che l‟ha trasformata pian piano in una miope

progressiva.

Il caso Julie Harding costituisce una trasformazione radicale di una persona, ovvero: la

bambina triste e mediocre che si trasforma in allieva brillante conferma la regola che

non ci sono miopi fra i dislessici perché la miopia progressiva non esiste nei dislessici.

Il dislessico sino a che rimane tale non diventa miope; potrà divenire miope soltanto

quando non sarà più dislessico e cioè dopo una rieducazione visuo-psico-motoria. Sarà

l‟esercizio della sua capacità di leggere che trasformerà il dislessico in miope (non

sempre, perché esistono ex dislessici che non posseggono le predisposizioni genetiche

per divenirlo) e sarà di nuovo la lettura che ne farà un miope progressivo. Questo

fenomeno rafforza ulteriormente la relazione esistente fra lettura (scolarizzazione) e la

miopia.

• Le persone che non diventano mai miopi: i cerebro-lesi gravi

Fatta eccezione per i rarissimi casi di miopi congenita che comunque non fanno

che confermare le regole, essi non diventano mai miopi. Semplicemente, non

possono leggere e né concentrarsi in un impegno significativo e anche questi

casi danno più veridicità alla teoria funzionale della miopia.

Page 39: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

39

In definitiva:

biologicamente l‟adattamento costituisce il trovato equilibrio dell‟organismo rispetto

alle esigenze del suo ambiente; una sorta di armonia che non deve essere disturbata.

Tale processo implica da una parte un organismo in tutta la sua complessità

costituzionale e funzionale, ovvero le strutture anatomiche e la loro resistenza relativa,

le sue caratteristiche fisiologiche importanti, la sua intelligenza, il suo sviluppo motorio

e percettivo. Questo insieme complesso è in misura peculiare determinante a chiunque

sia molto, poco o affatto disposto allo sviluppo e alla progressione della miopia; tutto

ciò dipende in larga misura dalla costituzione e dal temperamento individuali.

Queste due “macro-variabili”, come ha dimostrato Sheldon, dipendono dall‟ereditarietà

e quindi di conseguenza dalle leggi di Mendel15

; l‟organismo sarebbe predisposto

oppure indisposto a divenire miope.

Il complesso processo evolutivo della miopia non può verificarsi, malgrado il più alto

grado di predisposizione genetica, senza l‟interazione dell‟organismo e di un ambiente

socio-culturale ed energetico particolarmente esigente. L‟esagerazione delle sue

esigenze e l‟aumento dei suoi rigori producono stress alterando la funzione e

successivamente deformando morfologicamente le strutture anatomicamente

predisposte in funzione della sua intensità e durata. Pur non avendo un‟eziologia

specifica (l‟ipotesi funzionale rispetto a quella congenita, ereditaria, evolutiva sembra

più accreditata) e smentendo definitivamente che essa sia la conseguenza di un

disordine endocrino, la miopia deriva tanto dalla prossimità fisica o spaziale che

dall‟integrazione cerebrale (apprendimento ed esecuzione delle performance di

codificazione e decodificazione, apprendimento grafico-lessico). È possibile inoltre che

nel miope per temperamento una tale manipolazione cerebrale dei codici avvenga su di

un piano visualizzato prossimale in una propensione eso-centrica nel cui stile percettivo

predomina la figura, il dettaglio e l‟attenzione verso piccole aree dello spazio visivo; al

contrario l‟ipermetrope eseguirà tale manipolazione cerebrale su di un piano para-distale

o meno prossimale in una propensione exo-centrica e quindi meno analitica.

15

Arman R. Bastien, il controllo della progressione miopica, pp.15, op.cit.

Page 40: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

40

Non c‟è dubbio quindi che il miope sia veramente ben adattato agli impegni prossimo

cognitivi, infatti così come qualsiasi adattamento di natura biologica l‟adattamento

miopico si presenterebbe come un vantaggio per la visione da vicino perché permette di

economizzare in termini di energia e migliorare in termini di rendimento.

È abbastanza raro riscontrare problemi astenopici durante lavori prossimali nei soggetti

miopi (salvo disfunzioni binoculari presenti), ma è altresì palesemente riscontrabile lo

svantaggio in visione a distanza che costituirebbe il cosiddetto “prezzo da pagare”.

Page 41: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

41

3. LA RADICALIZZAZIONE SOMATICA

3.1 Adattamenti a lungo termine

Uno studio effettuato da Blouin nel 199116

riassume schematicamente le conseguenze

della compressione visivo-cognitivo-comportamentale protratta nel tempo:

- Una persona su cinque non avrà conseguenze

- Due persone su cinque mostreranno nel tempo un adattamento sviluppando un

problema visivo come miopia o astigmatismo.

- Due persone su cinque non mostreranno un adattamento ma risulteranno

significativamente meno efficienti come rendimento visivo, manifestando

sintomi astenopici durante il lavoro cognitivo al punto prossimo.

Quel che risulta limitata è la parte simbolica, cioè il conseguimento visivo; si ha una

perdita nella dimensione interpretativa del vedere.

Molte variazioni refrattive e molti disturbi dell‟accomodazione e della convergenza

sono stati attribuiti allo stress visivo prossimale e spiegati come processi di adattamento

sviluppati dall‟organismo allo scopo di ridurre la discrepanza del sistema effettore, che

può interferire con il confort e il rendimento visivo durante l‟attività svolta. Condizioni

come la miopia, l’insufficienza accomodativa, l’insufficienza di convergenza,

l’astigmatismo funzionale, quest’ultimo descritto da Forrest, sono funzionalmente

interpretate non come problemi primari ma come variazioni adattive secondarie allo

stress prossimale indotto dalla sovraconvergenza (Skeffington, Lesser e Barstow,

194717

).

La teoria funzionale sullo stress prossimale è quindi un modello globale che suggerisce

che diversi problemi visivi funzionali emergono da una fonte comune: la

sovraconvergenza generata dallo stress imposto dalle attività socialmente e

culturalmente poco compatibili con la fisiologia del sistema visivo che va a intaccare

16

Salvatore Dattola,“L’approccio positivo al punto prossimo”, pp.3, op.cit. 17

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.22, op.cit.

Page 42: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

42

sensibilmente le aree protettive dello stato visivo ottimale, ovvero la leggera

Ipermetropia (0.50/0.75) e la leggera Exoforia (0.5 exo a distanza; 6 exo per vicino);

condizioni per altro auspicabili.

Skeffington (194718

) postulò che è necessaria una exoforia per vicino di almeno 6 dtp

quale <<buffer>> per contrastare e contenere la sovraconvergenza. Riscontrare una

esoforia, un‟ortoforia o una exoforia ridotta rappresenta uno dei segni precoci degli

effetti dello stress visivo prossimale insieme a un basso range di Accomodazione

Positiva Relativa (PRA), la quale rappresenta una misura di flessibilità fra

l‟accomodazione e la convergenza: quando la convergenza tende a essere localizzata più

vicino dell‟accomodazione, l‟individuo con inadeguata flessibilità fra questi due sistemi

effettori avrà difficoltà a spostare l‟accomodazione più vicino della convergenza, come

richiesto al test PRA. Ne consegue che un valore basso in questo test è il risultato di una

tendenza verso la sovraconvergenza, piuttosto che una vera e propria lacuna

accomodativa.

Ancora oggi nonostante l‟evidenza di un deficit in relazione all‟attività prossimale si

continua a considerare la miopia solo come un fenomeno semplicisticamente organico o

prettamente ereditario; studi mostrano che il 33-60 % dei bambini miopi hanno genitori

che a loro volta sono miopi, mentre scende al 23-40 % la percentuale di bambini miopi

che hanno solo un genitore miope e al 6-15% la percentuale di bambini miopi che non

ha nessun genitore miope (teoria che presenta evidentissimi riscontri per le miopie di

grado medio ed elevato ma potrebbe anche non presentare dei riscontri per le miopie

lievi). Questa evidenza seppur corretta era anche parzialmente smentita da Bastien: egli

diceva che non si nasce miopi ma si diventa purché si sia geneticamente predisposti19

.

La teoria prettamente ereditaria fa sì che esista poca sensibilità nei confronti del

cosiddetto problema visivo funzionale (che non ha cioè ancora lasciato tracce indelebili

nella struttura) a meno che questo non degeneri e raggiunga manifestazioni palesi

difficilmente reversibili o rieducabili, ossia quando si instaura una vera e propria

modifica strutturale permanente coincidente con l‟affermazione del difetto visivo vero e

proprio.

18

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.24, op.cit. 19

Arman R. Bastien, il controllo della progressione miopica, pp.24, op.cit.

Page 43: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

43

Come appena accennato, Il problema visivo in sé assume la forma della

predisposizione. La predisposizione è determinante per quanto concerne la forma che

assumerà il problema ma anche l‟esistenza di esigenze particolari derivanti

dall‟ambiente, impegni visivi cognitivi prossimali e la durata, rappresentano nel loro

insieme le condizioni generali perché si produca il problema visivo.

ESEMPIO:

• Organismo predisposto alla miopia + impegno prossimale/cognitivo

(+ durata) = MIOPIA

• Organismo non predisposto alla miopia + impegno prossimale/cognitivo

(+ durata) = - Problema visivo di rendimento

-Manifestazioni astenopiche

L’Astenopia è un insieme di disturbi che si originano quando l‟apparato visivo cerca di

conseguire, con artifici stressanti, risultati funzionali eccedenti le proprie possibilità

fisiologiche e si manifesta con:

• sintomi oculari (dolore, irritazione, arrossamento, bruciore, senso di sabbia);

• sintomi di tipo visivo (visione sfocata, doppia, tremolante);

• sintomatologie fisiologiche (cefalea, lacrimazione, senso di nausea)

Se la condizione stressante che la determina non può essere elusa, i sintomi astenopici

determineranno l‟insorgenza di un problema di rendimento visivo come è sintetizzato

qui sotto

(figura2):

Figura2 Trend del problema astenopico

Page 44: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

44

Un altro adattamento a lungo termine fu descritto da Forrest nel continuing dept. n°129

SOE20

.

Egli portò in auge il modello di astigmatismo funzionale elaborando la teoria

sull‟evoluzione astigmatica basata sulla relazione occupazionale degli individui e

dell‟ambiente abituale. Lo scanning oculare, il movimento e la posizione della testa

sono tre elementi determinanti nella formazione dell‟astigmatismo funzionale, pertanto

variando uno di questi tre fattori è possibile avere un effetto positivo nella riduzione

dell‟astigmatismo. Forrest monitorò quei pazienti che mostravano variazioni di

astigmatismo, indagando sul modo in cui essi compivano i loro impegni visivi: come

muovevano gli occhi, come tenevano la testa, che posizione assumevano con il corpo.

Fece una ricerca su 45 pazienti di età compresa fra i 20 e i 40 anni che mostravano una

variazione recente di astigmatismo di almeno 0.50 dt in un occhio, dimostrando come

un uso non corretto degli occhi avrebbe potuto peggiorare la condizione astigmatica in

un breve periodo di circa 4 mesi. In uno studio successivo arrivò alla conclusione che lo

sviluppo dell‟astigmatismo funzionale è dovuto a variazioni protratte nel tempo tra il

movimento degli occhi quando la testa è ferma, movimento degli occhi accompagnati

dal movimento della testa, la combinazione fra inclinazione in avanti o indietro della

testa e la rotazione e inclinazione laterale della stessa. L‟astigmatismo sarà secondo

regola quando lo scanning preferenziale è lungo l‟asse orizzontale, contro regola quando

lo scanning preferenziale è lungo l‟asse verticale, sarà obliquo con assi extorti quando la

testa è inclinata all‟indietro. Inoltre può esistere una differenza nell‟ammontare

dell‟astigmatismo a seconda che uno dei due occhi sia più vicino al piano di sguardo

rispetto all‟altro, che svilupperà maggiore astigmatismo, a causa di una torsione della

testa. Quando la posizione di inclinazione della testa si somma a un atteggiamento di

torsione, allora potranno anche esserci forme di astigmatismo differenti per entità e asse.

Anche l‟anisometropia è conseguenza di una decentrata azione visiva che predilige un

occhio piuttosto che l‟altro per un dato impegno. Può comparire come exotropia

intermittente che si trasformerà in costante se l‟atteggiamento di soppressione di un

occhio permane a lungo.

20

Salvatore Dattola, Significato di lenti e prismi in optometria comportamentale, pp.44-46, op.cit.

Page 45: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

45

3.2 Profili funzionali

La scolarizzazione è l‟attivazione del processo. L‟affinità per la lettura è un potente

generatore.

Prima dell‟inizio della scuola non ci sono miopi eccetto rarissime eccezioni; si è di

fronte invece a una grande massa di piccoli ipermetropi misurabili, che affluiscono a

scuola per i primi anni di scolarizzazione.

Il profilo del futuro miope

PRIMA CONSULTAZIONE: un po‟ prima dell‟inizio della scuola oppure durante il

primo anno di scuola (dai 5 ai 6 anni e mezzo).

ANAMNESI

A: Nessun problema soggettivo; il bambino ama i libri illustrati, gli piacciono le

figure e le interpreta. Ci sono attività motorie canalizzate, significative ed è in

grado di applicarsi. Non lo si può definire un tipo iper-attivo;

B: Ci sono dei miopi in famiglia;

C: Il bambino è efficace e preciso nei suoi movimenti raffinati.

Se la consultazione avviene dopo il primo anno di scuola o durante il secondo, il

bambino legge e ama leggere, scrive bene per la sua età e presenta buoni risultati

scolastici.

ESAME:

A: Fra i 5 e i 6 anni il bambino è leggermente ipermetrope o para-emmetrope; si

pone nella fascia +1.25, +1.00, +0.75, +0.50, +0.25, 0.00;

B: il riflesso retinoscopico è generalmente chiaro (arancio chiaro) o brillante

quando osserva le immagini che lo interessano. Caratteristica importante: il

Revip relativamente breve;

Page 46: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

46

C: lo sviluppo psico-motorio è normale, schema corporeo buono, buona

lateralizzazione. Riproduce bene le forme geometriche, nella direzione esatta.

Tracciati precisi, più piccoli dei modelli e associa bene le forme.

COMPORTAMENTO: il bambino agisce, opera, come un miope anche se non

manifesta alcuna miopia misurabile. Ciò si verifica in visione critica; il Revip è corto o

relativamente corto e decisamente inferiore alla distanza di Harmon (figura 3).

Figura 3 a sinistra troviamo la distanza abituale di lettura ovvero il Riflesso visuo-posturale, a destra la distanza di Harmon (corrispondente alla distanza gomito-nocca del terzo dito). Se il dato del Revip è minore della distanza di Harmon allora la distanza di lettura è stressante e obbliga il sistema visivo a operare utilizzando tutte le risorse disponibili al fine di evitare diplopia e sfocatura.

Questo è il Revip miopico: il bambino opera bene, affronta bene l’impegno e non ci

sono problemi di apprendimento scolare.

Tipico esempio di predisposizione organismica (che dipende tanto dalla costituzione che

dal temperamento) all‟alterazione delle strutture e della funzione in base all‟esigenze

dettate dall‟ambiente operativo. L‟analisi comportamentale mostra valori sferici positivi

alti e/o negativi bassi nei test indagatori dell‟accomodazione/ identificazione, come pure

valori eccessivamente spostati verso l‟EXO nei test valutativi della

convergenza/centratura, evidenziando il prevalere di forze espansive. Il miope dove

prevalgono queste ultime, solitamente ama la scuola, studia e si applica con buoni

risultati e spesso la lettura è anche il suo hobby; il Revip è corto ma di tipo miopico

(cioè di efficienza); non soffre di astenopia. Nell‟analisi visiva il #14B è più positivo di

Page 47: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

47

+1,25 rispetto al #7, il #21 è più alto delle aspettative e maggiore del #20 (in valore

assoluto), il #19 è inferiore alle attese, il #17B è superiore al #16B. In questi casi, che

mostrano una netta prevalenza di forze espansive, si assiste solitamente a una

progressione più veloce della miopia; inoltre la prescrizione di positivo al punto

prossimo non conta o addirittura peggiora la situazione. Nella ricerca della formula

prescrivibile per vicino, a partire dai netti al punto prossimo (#14B e MEM), se un

residuo di positivo è ancora presente la scelta correttiva dovrà cadere sul meno positivo

dei due e talvolta, tale valore dovrà essere ulteriormente ridotto. Se i netti al punto

prossimo sono in negativo, la scelta cadrà comunque sul meno negativo dei due; una sua

ulteriore riduzione potrà essere proposta solo se indicata dal risultato della MEM

(Monocular EstimatedMethod) ripetuta alla distanza del Revip.

Profilo del non predisposto alla miopia

PRIMA CONSULTAZIONE: dopo il primo anno di scuola; quindi durante il secondo,

il terzo o il quarto anno quindi cronologicamente a 7 anni e mezzo, a 8 anni e mezzo e a

9 anni. Quantità maggiore di bambini che di bambine.

MOTIVO: problemi di apprendimento scolare, difficoltà a scuola, difficoltà di lettura.

In certi casi manifestazioni dialettiche.

ANAMNESI: Non gli piace leggere o non legge affatto, non è interessato (o poco) ai

libri. Risultati scolastici scadenti; spesso scrive male.

ESAME:

A: Al momento dell‟esame indipendentemente dalla sua età è leggermente

ipermetrope o para emmetrope; si pone nella fascia: +1.25, +1.00, +0.75, +0.50,

+0.25, 0.00. Essa rappresenta la stessa fascia del pre-miope prima dell‟inizio

della scuola;

B: Il riflesso retinoscopico è opaco (di color marrone) in confronto al riflesso

brillante del bambino visivamente più efficace ossia il pre-miope;

C: Il Revip è breve (come nel pre-miope) ma non per le stesse ragioni. È il

riflesso di inefficacia. Il bambino affronta male l‟impegno e lo abbandona;

Page 48: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

48

D: Lo sviluppo psico-motorio potrebbe avere della lacune tanto nello schema

corporeo, che nella lateralizzazione o direzionalità. Potrebbero essere riprodotte

grossolanamente le forme geometriche, spesso in direzione errata, e potrebbero

essere associate con difficoltà le forme (esecuzione mista o tattile/visiva).

COMPORTAMENTO: Il bambino potrebbe agire come un inefficace e ciò si verifica in

visione critica; il suo Revip potrebbe anche essere inferiore alla distanza critica, perché

come già detto è un riflesso di inefficacia; il bambino opera male, sostiene male

l‟impegno, potrebbe scrivere male, rischia di essere leggermente o manifestamente iper-

attivo, si muove tanto per muoversi (in certi casi) e potrebbe manifestarsi una certa

distrazione.

Ci sono comunque degli ipermetropi assai efficaci. Essi sono favoriti da un buon

sviluppo psico-motorio; al contrario dei miopi o pre-miopi il riflesso visuo-posturale è

relativamente lungo, il colore del loro riflesso retinoscopio è vivo (arancio chiaro),

amano la lettura (possibilmente utilitaria e informativa). In generale, leggono a una

velocità inferiore dei miopi e allo stadio pre-scolare è difficile distinguerli dai pre-

miopi (a eccezione forse di coloro i quali non hanno assolutamente alcun progenitore

miope tanto tra i genitori che fra i nonni).

I leggeri ipermetropi presentati nel profilo del non predisposto alla miopia, sono degli

ipermetropi che presentano delle lacune evolutive (psico-motoria) a gradi diversi. Dopo

una rieducazione visiva e psico-motoria molti di loro divengono miopi a causa della

ritrovata efficacia; in questo caso la miopia è la benvenuta e non è considerata un

affezione.

Questo è un caso che presenta analogie comportamentali con un‟altra forma di miopia,

dove l‟analisi comportamentale mostra valori sferici negativi elevati e/o positivi

bassi nei test indagatori dell‟accomodazione/identificazione, come pure valori

spostati verso l‟ESO o con EXO ridotta nei test valutativi della convergenza/centratura.

Come nel caso del non predisposto, non ama particolarmente la scuola e la lettura in

genere, ha un Revip corto da inefficienza, spesso lamenta astenopia e cefalea; sono

spesso presenti anche tensioni nella scrittura. Nell‟analisi visiva il #14B è meno positivo

Page 49: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

49

di 1,00 rispetto al #7, il #20 è maggiore in valore assoluto del #21, il #19 è vicino alle

attese, la foria del #3 è in ESO e il #13A è minore di 5 EXO o è in ESO. Se un residuo

di positivo è ancora presente nei netti al punto prossimo (#14B e MEM), la ricerca della

formula prescrivibile per vicino, avverrà a partire dal meno positivo dei due. La

prescrizione di un maggior positivo potrà essere proposta solo se confortata dal risultato

della MEM ripetuta alla distanza del Revip. Se i netti al punto prossimo sono in

negativo, la scelta cadrà sul meno negativo dei due; questo valore potrà essere

ulteriormente ridotto se ciò sarà indicato anche dalla MEM, ripetuta alla distanza del

riflesso visuo–posturale. Se il #14B netto è in proiezione negativa e non c‟è positivo

nella MEM, la lente della sonda comportamentale ci viene in aiuto; essa dovrà essere

poi confermata o meno conducendo una indagine retinoscopia alla distanza del Revip.

Un problema che è anche iatrogeno

A: Il problema di progressione miopica è attivato o favorito dagli stessi

professionisti. Essi ne attivano l‟evoluzione con delle iper-correzioni.

Esempio: #7 -3.00

#14A netto -1.50

Prescrizione -3.00 Monofocale

Quindi un‟ipercorrezione di -1.50

B: Abbiamo a che fare con un fenomeno di adattamento che è

contemporaneamente evolutivo e progressivo;

C: È essenziale che non venga prescritta un‟ipercorrezione che esiga uno sforzo

supplementare con un surplus di focalizzazione (che rimpicciolisce

proporzionalmente il diametro apparente degli oggetti e immediatamente

accorcia il Revip) e che secondariamente agisce sulla convergenza (il che

rimpicciolisce il diametro apparente degli oggetti e accorcia ancora di più il

Revip). Questo tipo di prescrizioni aumentano l‟effetto tensionale (il carico

fisiologico) della prossimità. Quest‟ultima è un agente supplementare e attivo di

accelerazione del processo evolutivo di aumento miopico.

Nell‟analisi comportamentale, in entrambi i casi attenzione particolare è ricoperta

soprattutto dal Revip e dalla brillanza del riflesso retinoscopico. Quest‟ultimo varia in

Page 50: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

50

relazione all‟impegno assunto e va da un colore rosa brillante con contorni ben definiti

durante le letture con partecipazione e comprensione attiva da parte del soggetto, fino ad

arrivare a un cupo color rosso mattone quando c‟è una totale assenza di comprensione e

anche quando è nullo l‟interesse in quello che si sta svolgendo.

3.3 Deterioramento analitico

Il modello comportamentale prevede in realtà due possibili deterioramenti

dell‟efficienza dei meccanismi del sistema visivo. Il primo è conosciuto con il termine:

"miopizzazione" o "processo di assorbimento del positivo" oppure "sequenza

ipermetropia-emmetropia-miopia". Il secondo è noto come "esoforizzazione" o

"sequenza exoforia-ortoforia-esoforia". In questo contesto ci soffermeremo in

particolare sul primo deterioramento riguardante il sistema accomodativo.

Lagace (198721

) per monitorizzare nel tempo il processo di miopizzazione introdusse il

concetto di "Convex Acceptance" (Accettazione di Positivo), ovvero "l‟ammontare di

potere positivo che il soggetto mostra di accettare per vicino rispetto a quanto accetta

per lontano". Per il calcolo, l‟autore suggerisce la formula seguente:

Convex Acceptance = #14B Gross - #7

Durante il processo di deterioramento visivo, la capacità di "Convex Acceptance"

diminuisce progressivamente in funzione del tempo e/o dell‟esposizione allo stress

visivo prossimale come mostrato nel grafico 1.

21

Marco Osti, Valutazione clinica del Lag Accomodativo: metodi oggettivi e soggettivi, 2007, pp.4

Page 51: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

51

Infatti, durante la fase iniziale di deterioramento dell‟efficienza visiva, si assiste a un

aumento di accettabilità di positivo riscontrabile nei test con i cilindri crociati (#14A e

#14B) che, associato alla tendenza esoforica nei test di foria prossimale, contribuisce a

un aumento del #14A Net e del #14B Net. In particolare il valore del #14A Net in

condizioni ottimali dovrebbe essere circa +1,00 dt e tende a diminuire durante le fasi di

deterioramento, fino ad azzerarsi per assumere eventuali valori negativi. Quando

l‟individuo oggetto di un processo di miopizzazione ha somatizzato il deterioramento a

carico del sistema accomodativo, ha già pagato il prezzo consistente in una minore

discriminazione visiva per lontano, a favore di maggior confort e migliore efficienza in

visione prossimale. Tale situazione risolve parzialmente il problema e rappresenta un

tipico processo adattivo: l‟organismo si adegua e dirige le proprie risorse verso la

situazione che comporta un maggior dispendio di energia e un maggior numero di disagi

al fine di migliorare quindi confort ed efficienza. L‟esperienza clinica ha dimostrato che

il processo di miopizzazione e quello di esoforizzazione sono, almeno nelle fasi iniziali,

concomitanti come si evince dai grafici 2 e 3:

+

-

Tempo

Grafico 1

Page 52: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

52

Il grafico 3 dà l‟idea del quadro di precoce deterioramento che avviene a livello forico.

Le Forie, funzionalmente interpretate nel contesto della reattività allo stress, sono

soggette a una influenza da parte dell‟attività dell‟aurosal in risposta allo stress visivo

che avviene per mezzo dell‟attivazione del SNS con conseguente produzione di un lieve

effetto cicloplegico, a cui segue una richiesta di maggior sforzo accomodativo che

E

X

O

E

S

O

Tempo

Grafico 3

+

- Tempo

Grafico 2

Page 53: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

53

induce una tendenza verso l‟esoforia (Birnbaum, 198422

). Esistono due tipi di reazione

da parte del sistema visivo:

- Tipica: sotto impegno visivo, si passa prima a ortoforia, poi a esoforia; terminato il

compito visivo l‟organismo torna a ripristinare una bassa exoforia di base;

- Atipica: il sistema non è in grado di ripristinare un valore forico corretto e si adatta su

valori esoforici oppure su alti valori exoforici. In pratica nel primo caso non riesce a

contrastare l‟eccessiva azione in convergenza creatasi sotto impegno visivo, mentre nel

secondo caso la reazione avviene ma risulta eccessiva a tal punto da ripristinare valori

consistenti di exoforia. È rarissimo riscontrare esoforia comparata alla miopia; casi del

genere possono presentarsi all‟inizio dell‟adattamento miopico. È molto più frequente

invece riscontrare valori exoforici medio alti per vicino.

Di conseguenza, un precoce sintomo di deterioramento è rappresentato in visione

prossimale, sia da una tendenza esoforica sia da un aumento di accettabilità di positivo.

Il fenomeno è stato spiegato in termini neurofisiologici. Durante le attività visive

prossimali relativamente prolungate e impegnative, è stato dimostrato un aumento del

livello di attenzione e dell‟arousal associato a un‟attivazione del SNS prodotto dalla

necessità di comprensione e memorizzazione delle informazioni visive. L‟Arousal è il

modo in cui il corpo si mobilita per l‟azione o si allerta per proteggersi contro una

possibile minaccia. Dal punto di vista psicofisiologico lo stato di Arousal è

caratterizzato da un‟attivazione del Sistema Nervoso Centrale, aumento della vigilanza,

miglioramento dell‟attenzione, attività del sistema muscolare scheletrico e

modificazioni vegetative soprattutto della componente ortosimpatica. A livello della

sezione periferica, mediante le innervazioni simpatiche e parasimpatiche, il sistema

Nervoso Viscerale è in grado di tradurre con una sorprendente immediatezza la reazione

emozionale suscitata da vari stimoli ambientali in modifiche della funzionalità a carico

dei vari organi e apparati. La risposta vegetativa multimodale agli agenti stressanti è

articolata a livello cardiaco, pressorio, vascolare, dell‟apparato digerente, respiratorio e

delle risposte cutanee e pupillari. L‟aumento del livello di Arousal permette

all‟organismo, in determinate circostanze, una migliore efficienza e reattività agli

22

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.30, op.cit.

Page 54: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

54

stimoli ambientali, garantendo l‟adattamento e la sopravvivenza dell‟organismo stesso.

È un importante strumento per orientare la nostra attenzione, perciò riflette ciò che un

individuo compie, lo sforzo che investe per farlo, il suo atteggiamento fisico ed

emotivo. È la relazione “cos‟è ? o cos‟è quello?”, laddove, in altre parole, sono registrati

gli input. Qualsiasi sfasamento interno o esterno può attivare l‟Arousal; questo processo

è quindi importante per il mantenimento della vigilanza o della prontezza motoria alla

risposta. L‟attivazione del SNS, produce un allontanamento del punto in cui è

localizzata l‟accomodazione, rispetto al piano di riferimento. Questo fenomeno è

osservabile clinicamente con un aumento del lag accomodativo mediante i valori del #5,

#14A e #14B. Allo stesso tempo, la convergenza è localizzata più vicino nello spazio

rispetto al piano di riferimento. Clinicamente si può osservare attraverso i valori del

#13B, #15A e #15B i quali denotano una diminuzione della exoforia fisiologica. In

questo frangente, la sovraconvergenza riesce solo parzialmente a richiamare una

maggior accomodazione; entro certi limiti è in grado di ridurre la discrepanza tra le

posizioni in cui le due funzioni sono localizzate nello spazio. Ciò dipende ovviamente

dal grado di flessibilità che esiste tra le due funzioni ovvero dal rapporto AC/A: un

Rapporto AC/A basso, lascia alla sovraconvergenza maggior libertà

dall‟accomodazione e di conseguenza la differenza tra le posizioni in cui sono

localizzatele due funzioni nello spazio è causa di minori sintomi astenopici; al contrario

un Rapporto AC/A alto, impone un legame funzionale più stretto, quindi modeste

variazioni di sovraconvergenza producono significative ripercussioni sul sistema

accomodativo che si traduce in un aumento della discrepanza tra le posizioni in cui sono

localizzate le due funzioni nello spazio. In quest‟ultima situazione i soggetti che ne sono

interessati, mostrano più precocemente fenomeni astenopici.

In entrambe le situazioni è osservabile in ogni modo lo stress visivo, compatibilmente

con i concetti di stress, mediante una tendenza del soggetto ad accorciare la distanza fra

sé e il testo scritto; ciò contribuisce alla produzione di maggiori sintomi astenopici, così

da innescare un trend adattivo.

In questa fase, l‟utilizzo di lenti positive nella visione prossimale, consente la

diminuzione della discrepanza spaziale tra accomodazione e convergenza diminuendo

così la necessità di sovraconvergenza. Il processo adattivo, in questa precoce fase priva

Page 55: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

55

di adattamenti somatici, è potenzialmente reversibile; qui compare una maggiore

discrepanza fra piano accomodativo e piano di convergenza e il lag risulta di

conseguenza ampio e maggiore. Questa prima condizione non può permanere a lungo

nel tempo, a meno che non si abbandoni l‟impegno visivo.

Successivamente la persona tende a riorganizzarsi restringendo questa distanza così

ampia fra le funzioni visive, al fine di ottenere un migliore rendimento, con il risultato

talvolta di produrre dei netti negativi da vicino. Come già detto sopra, questa situazione

rappresenta una condizione ancora reversibile se si interviene tempestivamente con una

correzione prossimale. Andando incontro ad adattamenti più radicati, l‟accettazione di

positivo risulta sempre più ridotta fino a ottenere valori negativi per i test prossimali;

cominciano a calare le risorse accomodative, compare astenopia fino all‟adattamento

miopico. A questo punto il Revip corto diviene efficiente ponendo l‟individuo in una

situazione di confort visivo prossimale, tanto da ridurre la sintomatologia astenopica al

punto prossimo, a scapito della visione a distanza.

Page 56: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

56

4. LE SOLUZIONI OTTICHE COMPORTAMENTALI

4.1 La Correzione preventiva

Con la fondazione dell‟Optometric Extension Program Foundation del 1928,

Skeffington inizio a proporre un modello basato sulla prescrizione prossimale a scopi

preventivi e migliorativi che si aggiungeva agli scopi puramente compensativi tipici del

modello tradizionale. Egli intuì il significato preventivo e di rimedio prodotto dalla lente

positiva prescrittiva per la visione prossimale anche in persone prive di uno specifico

errore refrattivo. Nacque così quel trend professionale e culturale che egli stesso definì

<<Nearpoint Optometry>> più tardi ribattezzata <<Behavioral Optometry>>

(Optometria comportamentale23

).

Nel 1941 Alexander affermava che <<esiste una lente ottimale per vicino così come per

lontano24

>> dando risalto al modello Skeffingtoniano in modo che potesse essere

inserito concettualmente e metodologicamente nella routine quotidiana della maggior

parte degli specialisti. Il salto concettuale, abbastanza radicale tra l‟altro, è il fatto che

Skeffington non proponeva lenti per la visione prossimale alla scopo di migliorare la

nitidezza, ma piuttosto allo scopo di ridurre la discrepanza spaziale fra il punto in cui

veniva localizzata l‟accomodazione e il punto di convergenza, che in definitiva

significava prevenire i pattern di adattamento del sistema visivo sottoposto a stress. Dal

punto di vista classico, la prescrizione di leggero positivo al punto prossimo era ritenuta

un‟operazione inutile perché contribuisce solo a un effetto “placebo”. A 40 cm la

richiesta accomodativa è di 2.50 dt, considerando che l‟ampiezza accomodativa sia

anche di sole 5 dt, una mezza diottria costituisce solo 1/10 dell‟ampiezza. In relazione

alla richiesta accomodativa per la distanza di lavoro, il soggetto deve impiegare ancora

2 dt, cioè quattro volte l‟ammontare del positivo prescritto. Pertanto i benefici devono

derivare da altri fattori, diversi dal potere diottrico della lente. Tralasciando il fatto che

spesso si è in presenza di insufficienze accomodative, le quali riducono l‟ampiezza

23

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.10, op.cit. 24

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.11, op.cit.

Page 57: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

57

soggettiva ben al di sotto dell 5 dt, come avviene nei casi di miopia progressiva in cui è

riscontrabile un valore del test #19 ridotto, la teoria comportamentale suggerisce di

considerare altri aspetti. È noto già dal 1920 che la retinoscopia al punto prossimo rivela

un lag accomodativo fisiologico che va da 0.50 a 0.75 dt (in osservatori di 20-25 anni

con mira posta a 40 cm). Il sistema accomodativo non è mai completamente rilassato,

ma in assenza di stimoli visivi (al buio, come in uno spazio vuoto) tende a bilanciare il

sistema simpatico e parasimpatico a 1-1,5 mt circa. Pertanto la richiesta accomodativa a

40 cm diviene minore, in quanto necessita non più di 2.50 dt ma di 1.50 dt, dato che il

punto di equilibrio (punto zero) non è più all‟infinito, ma a un metro circa. Un positivo

di +0.50 dt diviene così 1/3 della domanda e non è più una quantità trascurabile. Oltre

all‟aspetto meccanico i benefici del positivo al punto prossimo mostrano un effetto su

tutto l‟organismo. In realtà il problema visivo al punto prossimo non dipende da quanto

una persona accomoda, ma solitamente da quanto una persona “disaccomoda”, poiché la

teoria dello stress visivo indica un atteggiamento fisiologico in termini di inibizione

accomodativa. Esiste una relazione funzionale fra attività fisiologica e potere della

lente. Attraverso uno studio, Pierce25

(1966, 1970) valutò l‟effetto delle lenti positive

per la visione prossimale confrontando l‟attivazione di quattro variabili

psicofisiologiche (tasso cardiaco, risposta elettromiografia, tasso respiratorio, e livello

di resistenza basale della pelle), la postura, la distanza di lettura e la velocità di lettura. I

soggetti furono esaminati in tre diverse condizioni:

1. Senza uso di un‟addizione;

2. Con lenti di sfera +0.50 dt (valore prossimo a quello ricavato dall‟Analisi

visiva);

3. Con lenti di sfera +1.00 dt lievemente eccessivo rispetto al valore riscontrato

nell‟Analisi visiva).

I soggetti con lenti di +0.50 dt dimostrarono una riduzione dell‟attività fisiologica, una

migliore postura e distanza di lettura e una maggiore velocità di lettura rispetto ai

soggetti che non utilizzavano lenti o che utilizzavano le lenti di +1.00 dt. Pierce

ipotizzava che la riduzione dell‟attività fisiologica derivante dall‟uso di appropriate lenti

positive per la visione prossimale fosse il risultato di una migliore postura e di una più

25

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.196, op.cit.

Page 58: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

58

adeguata distanza di lettura, suggerendo che le lenti contribuiscono a un minor aurosal e

quindi un minor stato di attivazione del SNS con seguente induzione, a un miglior ritmo

cardiaco e a una più normale conducibilità elettrica della pelle.

Un esperimento di Greenspan (197026

), riprodusse un‟esperienza simile a quella di

Pierce enfatizzando soprattutto il valore della MEM Retinoscopy come tecnica in grado

di predire la lente prossimale che garantiva il miglior risultato. Sohrab-Jam (197627

)

utilizzò uno strumento che, mediante sensori all‟infrarosso (Eye Trac), permetteva la

valutazione dei movimenti oculari durante la lettura in bambini del quarto e quinto anno

di scuola elementare. Con l‟utilizzo di lenti positive, determinate mediante la Book

Retinoscopy, durante la lettura fu misurato un minor numero di regressioni, un aumento

della velocità di lettura e una maggior efficienza nella comprensione. Quando le lenti

erano utilizzate da coloro per i quali non risultavano indicate, fu invece osservato una

diminuzione nel rendimento dei movimenti oculari, un aumento delle fissazioni, un

aumento delle regressioni e una diminuzione del rendimento durante la lettura.

4.2 Gli effetti indotti dalla correzione

La lente positiva è costituita da più prismi attaccati fra loro per la base, coincidente alla

zona centrale e più spessa della lente; alla periferia della lente troveremo l‟apice dei

prismi. Grazie al posizionamento prismatico della lente positiva, durante le versioni

oculari, la testa stessa si comporta nel modo opposto rispetto alla lente da miope e

facilita l‟escursione oculare; gli occhi ottengono un effetto prismatico quando guardano

lateralmente, tanto che la visione ottenuta è più “panoramica”, gli oggetti risultano

ingranditi e allontanati per l‟effetto ottico. Il prisma laterale fa sì che ogni volta che il

soggetto converge impiegando una lente centrata per lontano, si ottiene nella visione

prossimale un effetto prismatico base esterna che aumenta l‟azione in convergenza. Se a

questo fattore si somma l‟effetto ottico di ingrandimenti della lente, ne consegue che la

26

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.196, op.cit. 27

Vittorio Roncagli, valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali, pp.197, op.cit.

Page 59: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

59

persona ottiene un movimento di vergenza più libero e un‟immagine risultante più

grande. L‟immagine più grande permette di mantenere una distanza più corretta di

lettura, garantendo una buona risoluzione visiva. Il movimento degli occhi risulta più

dinamico rispetto all‟effetto ottenuto dalla lente negativa la quale per come è costruita

ne limita l‟azione. Ha una funzione diffusiva, cioè disperde la luce rifratta e diminuisce

l‟intensità della luce stessa espandendo il volume spaziale ed enfatizzando lo sfondo.

Per quanto concerne l‟organismo la lente positiva permette di localizzare più lontano; il

potere positivo fa sì che l‟accomodazione risponda come se la mira fosse allontanata

dall‟osservatore, mentre l‟allineamento oculare è mantenuto a una certa distanza. Essa

amplia il campo percettivo, permettendo una estensione del campo visivo centrale, il

quale diviene più periferico. Questo si traduce in un minor numero di fissazioni

(saccadi) da effettuare per coprire il campo percettivo interessato e quindi anche un

risparmio energetico a carico della motilità oculare. Aumentando il campo visivo

centrale, saranno più facili e più precise le fissazioni, con un miglioramento e una

maggiore stabilità anche per quanto concerne gli inseguimenti oculari (pursuit).

L‟immagine risultante attraverso una lente positiva presenta meno contrasto, è però

ingrandita e crea una maggiore sensazione di profondità. Conseguentemente si avrà

un‟attivazione meno frenetica e più calibrata tra sistema transitorio e focale, il che si

traduce in una migliore integrazione sensoriale. È riscontrabile nei buoni lettori in grado

di percepire più lettere per volta, un‟azione molto periferica della propria visione. Per

poter estendere il campo percettivo essi riducono la nitidezza centrale, si accontentano

di una messa a fuoco più ridotta ma ripartita su una zona più ampia. La lente positiva

prescritta al punto prossima ha in definitiva questo scopo: defocalizzare (figura 4).

Figura 4 le lenti positive ingrandiscono, allontanano (LARGE-OUT) e

riducono il gradiente di energia luminosa in ingresso.

Page 60: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

60

Svolge l‟azione di riduzione del Lag e della discrepanza (mismatch) tra sistema

identificativo e di convergenza che per via dello stress non si vengono a trovare sullo

stesso piano pregiudicando di conseguenza il rendimento visivo. La lente positiva

riempie questo spazio che altrimenti sarebbe compensato dalla spinta di convergenza,

migliora il rendimento visivo e riduce la situazione astenopica, evitando anche eventuali

adattamenti; essa controlla l‟evoluzione della progressione miopica o ne riduce

notevolmente la tendenza, ribilancia il rapporto fra SNS e SNP alterato dallo stress e ha

un‟azione sul Revip, allontanandolo e aumentando la grandezza dell‟immagine

percepita nonché riducendo l‟impiego energetico in accomodazione e convergenza.

4.3 Calcolo del valore addizionale

I metodi più indicati per quantificare la prescrizione di lenti convesse per l‟attività

cognitiva prossimale sono la MEM Retinoscopy o il calcolo della MSDA (MEM

+0.50):

Per calcolare l‟MSDA dobbiamo

tenere conto di:

NETS

AC/A

PATTERN

D‟EQUILIBRIO(#16A,#17A,

#20 #21)

#16A - #20

#17A - #21

Non si deve invertire il rapporto tra #16 A

e #17 A e tra #20 e #21

Si tende a calcolare la massima porzione dei Nets che non modifica il Pattern

d‟equilibrio ovvero la lente di massimo potere positivo che può essere prescritta.

Page 61: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

61

Una lente positiva che definiremo sonda comportamentale, potrà essere desunta con la

seguente formula: (100/Revip)/6 La prescrizione di tale lente andrà attentamente

valutata mediante stima percettiva, rivalutazione del Revip e confronto con il valore

della retinoscopia MEM.

Alcuni fattori indicativi di una necessità di una prescrizione al punto prossimo sono:

1. Sviluppo iniziale della myopia;

2. Sviluppo iniziale di astigmatismo;

3. Sviluppo iniziale di anisometropia;

4. Soppressione;

5. Ridotta stereopsi;

6. Ampiezza accomodativa ridotta;

7. Insufficienza di convergenza.

Le variazioni positive che dovrebbero avvenire con la correzione sono:

1. Capacità e abilità fusionali migliorate;

2. Postura: distanza più vicina alla distanza di Harmon; se più corta, diffidare

dell‟efficacia delle lenti;

3. Rendimento visivo;

4. Stereopsi: gli individui con problemi al punto prossimo hanno spesso una stereopsi

ridotta; il che non significa una reale riduzione della percezione della profondità, ma

una effetto dello stress visivo che interferisce sulla stabilità fusionale e la

consapevolezza visiva. Se la lente migliorerà la performance visiva al punto

prossimo verrà nettamente indicato da un effetto positivo sulla stereopsi, il che

consente di aumentare o diminuire il potere sulla base degli effetti evidenziati;

5. Percezione periferica attraverso le Mc Donald Card: scopo delle lenti positive è di

estendere il campo visivo centrale rendendolo più periferico, aumentare la quantità

di informazioni per unità di tempo;

6. Feeling Tone: “le lettere appaiono più grandi”, “gli occhi sono più rilassati”, “vedo

meglio”, è “più facile”, sono tutte sensazioni positive per la prescrizione.

Page 62: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

62

4.4 Tecniche prescrittive per la miopia

I trattamenti preventivi devono essere subito messi in atto per invertire il trend miopico,

affinché si ottenga il risultato più ottimale. I fattori essenziali ai quali badare durante

l‟esame sono:

1. Riduzione dell‟ipermetropia;

2. Emmetropia o leggera miopia;

3. Sintomi astenopici o annebbiamenti prossimali;

4. Annebbiamento a distanza, specialmente dopo la lettura;

5. Valori del #20 ridotti;

6. Leggera ESO al punto prossimo.

Una di queste indicazioni deve immediatamente far attivare il trattamento anche se il

soggetto è ancora ipermetrope o emmetrope e ha ancora un‟acuità di 10/10.

La prima tecnica di inversione all‟adattamento consiste nell‟Igiene Visiva. La

manipolazione dell‟ambiente è un fattore essenziale per il successo. Anche se il

soggetto usa la prescrizione prossimale si ottengono risultati minori senza alcune regole

di opportuna igiene visiva. Fra queste ultime le più utili sono:

- Sollevare periodicamente la schiena (ogni 15 minuti);

- Guardare lontano nello spazio;

- Fissare un punto lontano;

- Girare la testa lateralmente da destra a sinistra sempre fissando il punto (8

volte);

- Fissare il punto. Ammiccare (4 ammiccamenti – 3 volte);

- Flettere all‟indietro schiena e testa alzando le braccia (4 volte);

- Rotazioni della testa (4 volte nei due sensi);

- Esercizi di adattabilità accomodativa solo in fase positiva per 2 minuti al giorno.

Alimentazione: Lane ha scoperto che grandi quantità di zucchero e carboidrati e poco

cromo sono associati alla miopia progressiva anche se non è ancora ben definito il loro

ruolo.

Page 63: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

63

La teoria classica e quella funzionale hanno sviluppato nel corso del tempo teorie sul

controllo della progressione miopica ed entrambe concordavano sull‟utilizzo

dell‟addizione positiva per la visione positiva allo scopo di rallentarla e di contenerla.

Ma entrambe presentavano nonostante questa convergenza di pensiero un approccio

diverso. Mentre il modello classico si basava su un‟addizione particolarmente alta,

compresa fra 1.50 dt e 3.00 dt, allo scopo di inibire l‟accomodazione imputata come

causa principale dell‟aumento della miopia, il modello di Skeffington utilizzava

correzioni prossimali basate sui test visivi e che comprendeva valori compresi fra lo

0.50 dt e 1.25 dt allo scopo di ristabilire un equilibrio ottimale fra accomodazione e

convergenza. Mentre la prima scuola di pensiero non portò a risultati soddisfacenti, il

modello funzionale ha raggiunto nel corso degli anni risultati soddisfacenti con questa

metodica.

L‟utilizzo di lenti bifocali (figura 5) nelle prescrizioni in ambito optometrico

comportamentale ha rappresentato lo strumento chiave per il controllo della

progressione miopica. A differenza delle lenti progressive (figura 6), molto prescritte

tra l‟altro in soggetti non presbiti, le lenti bifocali possiedono una lunetta abbastanza

ampia e alcuni tipi addirittura presentano tutta la lente divisa a metà; ciò permette al

soggetto di muovere liberamente gli occhi senza ausilio della testa. Le progressive

presentano una zona ottica per vicino minore rispetto alla maggior parte delle lenti

bifocali e ciò comporta un adattamento del soggetto al movimento del capo indotto dalle

limitate escursioni laterali degli occhi, al fine di ottenere un‟immagine nitida da vicino.

Figura 5 Lente Bifocale

Page 64: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

64

Figura 6 Lente Progressiva

La lente progressiva crea una situazione che va in conflitto con il modello funzionale, in

quanto il vincolo radicale che si và a creare tra i movimenti oculari e i movimenti della

testa non rappresenta affatto lo scopo terapeutico della prescrizione al punto prossimo.

L‟uso della Lente Bifocale ha mostrato negli anni un rallentamento della progressione

miopica molto significativo rispetto al solo utilizzo di una prescrizione monofocale

negativa (Tabella 3). Ecco alcuni casi trattati:

Study Age and Number Time Type and Rate of myopia

Location (Yr) power progression (D/yr)

Bifocal

Mandell SV= 17.1 SV=116 Checked Not Know Not calculated

(1959) BF=14.3 BF=59 at least

Twice

Before 30

Miles SV= 6-14 SV=103 2 28mm flat top, SV= -0.75

(1962) BF= 8-16 BF= 48 decentred for BF= -0.35

St. Louis slight base-in effect

Tabella 3

Page 65: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

65

Robert Examined at SV=396 Checked Type unknow most SV= -0.41

And least twice BF=85 at least most adds +0.75 to BF= -0.31

Banford before 17; twice +2.00 D

(1967) New York before 17

State

Oakley SV=6-17 SV=275 3-4 Flat top with top at a) Caucasian

And BF=6-17 BF=269 pupil, +1.50 to SV= -0.53

Young Oregon +2.00 D add. BF= -0.02

(1975) b) Native

American

SV=-0.38

BF=-0.10

Neetens SV=8-9 SV=733 9-10 Myopia up to 3D SV= -0.45

And BF=8-9 BF=543 total near-point BF= -0.30

Evans Hollande power equal to 0;

(1985) Myopia ≥ 3D,

+2.50 D add

Goss SV=6-15 SV=52 Checked Type unknow a) Ortho or

(1986) BF=6-15 BF=60 four times most adds +0.75 Exo

Illinois, or more and +1.00 D SV= -0.44

Iowa and from 6-15 BF= -0.45

Oklahoma Not

Significant

b) Eso

SV= -0.54

BF= -0.32

SV= Single vision lenses (Monofocale)

BF= Bifocal lenses ( Lente Bifocale)

Page 66: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

66

Basandosi sulla concetto di sinergia tra i due sottosistemi visivi, ci sono due plausibili

ipotesi che spiegano come le lenti bifocali ridurrebbero la progressione miopica.

Durante il lavoro prossimale riducono l‟accomodazione da vicino e con essa anche le

forze bio-meccaniche che indurrebbero l‟inizio della progressione. L‟altra ipotesi

riguarda la stabilizzazione del lag accomodativo con conseguente formazione

dell‟immagine dietro la retina e creazione di un defocus ipermetrope. Le lenti Bifocali

mostrano come il fuoco dell‟immagine prossimale si trovi più precisamente sulla retina;

condizione necessaria a porre il freno alla progressione.

Quando non è possibile procedere alla prescrizione di lenti positive per vicino, una

soluzione la si trova nelle lenti afocali; le quali permettono di diffondere meglio la luce

all‟interno, dando un effetto simile alla lente di basso potere, con la differenza di essere

accettate anche da soggetti che non presentano netti positivi per vicino. Con le lenti

afocali si ottiene attraverso un potere neutro, un effetto simile al telescopio, grazie

all‟ingrandimento ottenuto dalla variazione della superficie frontale (da +6.00 a +9.00

D) e dall‟aumento dello spessore centrale (da 2 a 4 mm). Generalmente vengono

colorate con tinte leggere per migliorare il contrasto, oppure è possibile l‟impiego di

materiali fotocromatici. Il calcolo percentuale d‟ingrandimento introdotto da una lente

afocale è rappresentato dalla formula:

dove I = ingrandimento; 9.00 rappresenta la curva base in D e 4 lo spessore in mm.

Da cui I = 2.4%.

Ogni diottria di potere positivo aggiunto a una qualsiasi lente, senza modificarne lo

spessore centrale né la curva base, determina circa il 2 % di cambiamento

nell‟ingrandimento totale mentre per quanto concerne l‟intensità luminosa, essa si

riduce di un valore pari a circa il 2% a ogni 1% di aumento nella dimensione delle

immagini percepite, favorendo così le parti periferiche della retina con un

2/3 ∙ 9.00 ∙ 4

I =

10

Page 67: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

67

illuminamento più uniformemente distribuito. Dove si desideri ottenere un

ingrandimento superiore al 2.4 % pur mantenendo neutro il potere delle lenti, si dovrà

ricorrere a ulteriori aumenti della curvatura di base e dello spessore, tenendo sempre in

considerazione gli inevitabili effetti distorsivi che vengono prodotti.

4.5 Trattamento d’arresto

Appena la miopia raggiunge il valore di -1.75 si deve ricorrere alle lenti a contatto

essendo il sistema più efficace per il controllo della progressione miopica. Seppur non

pienamente inconfutabile come ricerca, recenti studi di 3 anni, da parte del The Contact

Lens and Myopia Progression Study28

, hanno attribuito alle Rigide gas permeabili

(RGP) maggior azione frenante rispetto alle lenti morbide. I risultati mostravano su un

campione di 160 bambini una sostanziale differenza: il gruppo che aveva utilizzato le

RGP aveva avuto una progressione miopica pari a -1.56 ± 0.95 D rispetto al gruppo che

indossava lenti a contatto morbide che mostrava una progressione di -2.19 ± 0.89 D. Il

rallentamento più significativo della progressione nel gruppo RPG era avvenuta entro il

primo anno e inoltre la curvatura corneale si è accentuata significativamente meno nel

gruppo RPG (0.62 ± 0.60 D) rispetto al gruppo che indossava le lenti morbide (0.88 ±

0.57D).

La lente a contatto allunga caratteristicamente il Revip fornendo principalmente

un‟immagine centrale più grande e secondariamente, l‟appoggio della totalità di campi

periferici alla binocularità. Quest‟allungamento riduce la carica fisiologica della

performance visiva. Poggiando direttamente sopra l‟occhio, riduce meno il diametro

apparente degli oggetti; cosa che non è ottenibile con la formula ottica degli occhiali nel

ristabilire l‟acutezza visiva (centrale). La lente a contatto permette il libero movimento

degli occhi perché elimina la divisione periferica e le aberrazioni periferiche prodotte

dagli occhiali, ristabilisce un campo visivo di 180°, oltre ad allinearsi automaticamente

28

Jane Gwiazda, Treatment Options for Myopia, Optometry and Vision Science, Vol.86, No.6 June 2009

Page 68: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

68

in funzione della visione centrale (si muovono con gli occhi), facilitando le escursioni

oculo-motorie.

Aspetto molto importante è l‟esercitazione di un effetto di restaurazione della

morfologia oculare (corneale e assiale). Quest‟effetto si verifica in seguito a una leggera

azione di “massaggio-tensione” in un movimento tanto verticale che rotativo delle lenti

per effetto dei movimenti palpebrali. È probabile che questo effetto cinetico e tensionale

sottile diminuisce leggermente la tensione intra-oculare spingendo nei canali deferenti

una piccola parte del liquido della camera anteriore.

Effetto telescopico29

Nei casi ribelli di progressione miopica Armand Bastien proponeva un sistema molto

potente: l’effetto telescopico. Consiste nel porre una lente a contatto più negativa di 3 dt.

Rispetto alla correzione reale del paziente, con un occhiale bifocale che per lontano

pareggi le 3 dt e per vicino abbia un‟addizione positiva per lettura. Si ottiene così un

ingrandimento notevole dell‟immagine e un allontanamento.

4.6 Il Trattamento di regressione – Ortokeratologia

L‟Ortokeratologia si impiega in casi particolari al fine di raggiungere uno scopo preciso

e ottenere in tempi rapidi un processo d‟arresto (durata da 6 ai 12 mesi).

Le lenti utilizzate sono tetracurve (figura 7), a quattro curve e pentacurve.

La lac tetracurva ha una curva base, per l‟appoggio centrale, con ampiezza di circa

6mm; segue una curva secondaria o curva inversa (riverse zone) più chiusa (raggio di

curvatura più corto) della curva base.

29

Salvatore Dattola, Significato di lenti e prismi in Optometria Comportamentale, pp.37, op.cit.

Page 69: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

69

Figura 7 Esempio di Lente Tetracurva

Quest‟ultima curva funziona da ancoraggio e consente di adattare una lac con un raggio

base più piatto del meridiano corneale più piatto. Tale zona ha la funzione di allineare il

profilo della lente a contatto alla cornea costringendola in tal modo a centrarsi.

La Zona di allineamento seguita da una curva asferica più piatta che si estende sino al

bordo terminale, consente il ricambio lacrimale e l‟espulsione di bolle d‟aria e detriti.

Le nuove geometrie per ortokeratologia hanno consentito di ottenere il processo di

rimodellazione alquanto velocemente. Questa forma accelerata di ortokeratologia

produce una modifica già durante la prima notte, con il resto che si completa

abitualmente entro i 30 giorni dall‟inizio del trattamento. Alcuni ritengono che le lenti a

contatto rigide riescono a curvare la cornea, rimodellandola e di conseguenza a ridurre

la miopia; altri studi sembrano indicare invece che le modifiche alla forma della cornea

nell‟ortokeratologia siano temporanee, dimostrando come la cornea sia elastica e abbia

una “memoria”. Ciò è stato confrontato con un cambiamento “plastico” (quello in cui la

cornea rimane permanentemente modellata in una forma differente dall‟uso di una lente

rigida). I risultati di questi studi dimostrano che, qualsiasi sia il meccanismo d‟azione, i

cambiamenti della forma della cornea e la conseguente riduzione della miopia sono

temporanei e sono ritornati al punto di partenza nel momento in cui le lenti sono state

smesse di utilizzare. Il quesito che rimaneva irrisolto era se ciò fosse dovuto alla

curvatura della superficie della cornea o ad altro meccanismo d‟azione. Alcuni recenti

studi sembrano dimostrare che l‟applicazione delle lenti a contatto gas permeabili che

Page 70: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

70

usano una geometria inversa, ridistribuisca il tessuto corneale piuttosto che cambiare

l‟errore rifrattivo attraverso una curvatura della cornea. L‟ipotesi è che un sottile strato

di film lacrimale viene a formarsi tra la superficie posteriore della lente per

ortokeratologia e la zona centrale della cornea. La pressione idraulica esercitata da

questa deposito di film lacrimale provoca una ridistribuzione delle cellule epiteliali

sottostanti dal centro verso la periferia come si può notare (figura 8).

Figura 8 Migrazione epiteliale periferica

Gli studi hanno scoperto che:

1. le cellule dell‟epitelio corneale si sono ridistribuite, con dei livelli significativi, sulla

superficie corneale, portando a un assottigliamento della cornea centrale;

2. si è riscontrato un contemporaneo ispessimento della media periferia della cornea, in

particolare nello strato stremale. Questi cambiamenti avvengono senza alcuna modifica

evidente della curvatura posteriore della cornea. Erano quindi le cellule epiteliali

corneali a essere ridistribuite come risultato della pressione esercitata dal film lacrimale

citata in precedenza.

Queste “forze” del film lacrimale causano una compressione che provoca una

ridistribuzione delle cellule epiteliali (anche probabilmente di alcune cellule dello

stroma) verso la periferia della cornea; questa ridistribuzione produce una riduzione

della profondità sagittale della cornea, che risulta in un accorciamento della lunghezza

assiale dell‟occhio e in ultima analisi; questa riduzione della lunghezza assiale provoca

l‟avvicinamento dell‟immagine a fuoco della retina (macula), riducendo o eliminando la

necessità di una correzione miopica.

Page 71: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

71

5. LA VISIONE NELL’EQUILIBRIO POSTURALE

L‟occhio è il principale organo sensoriale afferente del Sistema Tonico Posturale (figura

9) e dal quale provengono la maggior parte delle informazioni esterocettive dirette al

SNC; inoltre la vista costituisce la principale sorgente della sensazione cinestetica

(HERMAN et al. 198530

).

Figura 9 Sistema Tonico Posturale

L‟occhio è al tempo stesso organo esterocettivo, attraverso la funzione retinica (i

recettori sensoriali sono i fotorecettori rappresentati dai coni e bastoncelli della retina,

che inviano all'encefalo informazioni sull'ambiente esterno) e organo propriocettivo

legato sia all‟attività dei muscoli estrinseci oculari e sia alle vie che controllano i

muscoli del collo, della spalla e dell‟occhio.

Esiste una relazione bidirezionale tra funzione visiva e postura, infatti un‟alterazione

della funzione visiva comporta una modifica della postura e viceversa. Visione e

postura quindi sono due meccanismi all‟interno di un unico processo percettivo.

La retina, visione periferica, invia al cervello informazioni derivanti da tutto l‟ambiente

esterno, consentendo la stabilità posturale antero-posteriore; la fovea, visione centrale,

analizza in maniera precisa l'oggetto del nostro interesse, fornendo la stabilità posturale

laterale. L‟informazione sensoriale visiva è attiva quando l‟ambiente visivo è vicino;

infatti se la mira visiva è distante 5 metri o più, le informazioni che provengono dal

recettore visivo sono poco importanti da non venire prese in considerazione dal STP.

30

Vittorio Roncagli, Regolazione della postura e funzione visiva, convegno di Aggiornamento POSTURA Punta

Marina Terme, 19-20 gennaio 2002, pp. 25

Page 72: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

72

Per fare in modo che il STP possa utilizzare le informazioni visive per il mantenimento

dell‟equilibrio, è necessario che le informazioni visive siano comparate a quelle che

provengono dal vestibolo e dai piedi. È stato dimostrato che la funzione visiva gioca un

ruolo importante nel mantenimento dell‟equilibrio, nella deambulazione e nella

coordinazione motoria.

A livello neurologico questo è dovuto anche al fatto che il 20% delle fibre nervose

provenienti dagli occhi, ossia quelle che provengono dalle parti laterali della retina e che

informano sulla percezione dell‟ambiente, prima di arrivare alla corteccia visiva

secondaria formano sinapsi con fibre provenienti da altre modalità sensoriali, in

particolare di provenienza dall‟orecchio interno e dalla propriocezione.

Così come se una postura scorretta viene mantenuta per periodi prolungati, si hanno

effetti sulla coordinazione binoculare, il rendimento accomodativo diventa diverso tra i

due occhi, avvengono variazioni dello stato forico e degradazione dell‟equilibrio del

sistema visivo. A conferma di quanto detto si può fare riferimento a una ricerca

effettuata da Harmon31

iniziata nel 1938 e terminata 10 anni dopo su un campione di

160.000 scolari. Si tratta di uno studio dedicato alla relazione fra l‟organismo in crescita

e il suo ambiente di apprendimento, considerato come una distribuzione globale di

energia radiante (luce, resistenza alla gravità, calore aerazione) alla quale deve adattarsi

posturalmente e fisiologicamente per operare e cioè per imparare.

Lo studio ha consentito di evidenziare l‟effetto nocivo delle tensioni indotte

dall‟ambiente scolastico sulla postura (distorsioni dello scheletro), sulla visione (difetti

di struttura oculare), sulla fisiologia generale (malnutrizione e altro), sulla resa

scolastica. Questo ha permesso di identificare i principali agenti fisici di tensione.

Mantenendo una postura in relazione con le linee di forza emananti dalla distribuzione

dell‟energia radiante-ambiente, l‟organismo immaturo (lo scolaro) cresce in funzione di

tali linee di forza e ne riproduce le tensioni nelle proprie strutture. Il fatto che

l‟organismo in piena crescita debba confrontarsi alle tensioni fisiche dell‟ambiente,

risulta in difetti (o deformazioni) dello scheletro, attitudinali o posturali, in difetti di

struttura oculare (ametropie), in disturbi fisiologici e pedagogici. L‟esposizione

prolungata alle tensioni indotte dell‟ambiente finisce per alterare le strutture più

resistenti del corpo (deformazione dello scheletro e malocclusione; figura 10).

31

Armand R. Bastien, trad.it, il controllo della progressione miopica, pp.21, op.cit.

Page 73: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

73

I tessuti molli dipendono dai tessuti duri.

Figura 10 Variazione posturale conseguente alla malocclusione

Si vedono apparire degli astigmatismi all’ingrosso corrispondenti al posto in classe

occupato dallo scolare.

Le ricerche di Harmon hanno rilevato che dopo cinque anni di frequenza nelle scuole

elementari di Austin, Texas; il 65% dei bambini manifestava un difetto di postura

misurabile e l‟80% un difetto oculare misurabile. Prima delle scuole esisteva soltanto il

20% di difetti oculari misurabili.

Il lavoro di Harmon dimostra che le restrizioni tendono a deformare l‟organismo, ma

anche come una certa armonizzazione dell‟ambiente lavorativo potrebbe limitare le

distorsioni strutturali confermando che postura ed equilibrio visivo vanno intesi come

due aspetti inseparabili in quanto alterazioni posturali, che rappresentano l'adattamento

effettuato dall'organismo, sono in qualche modo correlati con l'entità e l'eziologia dello

squilibrio binoculare.

In un lavoro Harmon si dimostra come la postura cambia sotto l‟effetto delle lenti

positive (Figura 11), ma non solo, comincia a ridursi la tensione ai muscoli della

schiena, scompaiono le oscillazioni di testa e collo; inoltre la pressione del sangue, il

Page 74: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

74

comportamento respiratorio e la reazione galvanica della pelle tendono a tornare

normali.

Figura 11 Cambio tensionale indotto dalla correzione positiva

Altro attrezzo importante per la modifica comportamentale è rappresentato dalle lenti

ambientali o prismi gemellati base down (figura 12), per il contributo al ripristino di una

buona postura e per l‟azione frenante che svolgono nei confronti del comportamento eso

-centrico. Kaplan ha dimostrato come l'utilizzo di lenti prismatiche, modificando la

percezione spaziale, può modificare l'atteggiamento posturale non solo della testa, ma

anche di tutto il corpo. Le tecniche di adattamento ai prismi, che inducono una

trasformazione fissa nella sfera visivo-spaziale (ad esempio, spostamento o inclinazione

di oggetti rispettivamente dalla posizione centrale o verticale), usate in numerose

ricerche, indicano che in presenza di un disturbo visivo-spaziale si verifica un

"riadattamento sensoriale", ovvero: Il SNC si organizza per interpretare il nuovo stato

spaziale sulla base dello stato precedente (ad esempio, dopo l'adattamento prismatico,

una stanza inclinata di 20 gradi è percepita come allineata verticalmente).

Tale processo si osserva quando un soggetto viene esposto ai prismi che spostano (o

inclinano) lateralmente gli oggetti nel suo campo visivo. In seguito a una esposizione

continua e quindi all'induzione di un "riadattamento sensoriale", avviene la rotazione (o

inclinazione) del capo verso gli oggetti ruotati (o inclinati). Il soggetto è comunque

totalmente inconscio dell'ampiezza e direzione del movimento del capo, infatti

Page 75: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

75

interpreta la posizione del capo come "eretta" e "dritta in avanti" sebbene sia realmente

spostato; pertanto, in presenza di un riadattamento sensoriale indotto da una percezione

alterata visivo-spaziale, il SNC tende a ricalibrare i "segnali propriocettivi" provenienti

dalla muscolatura assiale.

La funzione visiva può essere educata e allenata. "Vedere" modifica ed è modificato dal

continuo adattamento dell'organismo con l'ambiente.

L'interazione individuo-ambiente è un continuo processo alla ricerca di un equilibrio,

continuamente messo in discussione da fenomeni interni ed esterni che agiscono quali

fattori stressanti.

Figura 12 POSTURA ABITUALE SENZA PRISMI E CON PRISMI A BASE BASSA

Nel caso dei prismi base down, gli occhi e lo spazio si muovono verso l‟alto e questo

cambiamento di prospettiva provoca un effetto simile a quello visto con le lenti positive.

Il mondo visuale appare allargato con un effetto simile alla risposta SILO (smaller in

large out) e di conseguenza il bacino si inclina verso il basso, il peso del corpo poggia

maggiormente sui talloni, si ha una variazione della postura e conseguentemente del

tono muscolare.

Page 76: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

76

Migliorare i meccanismi posturali contribuisce a migliorare anche le funzioni dei

muscoli oculomotori e viceversa, in quanto i muscoli oculomotori sono sostanzialmente

muscoli scheletrici e rispondono quindi ai meccanismi che regolano la neurofisiologia

dei muscoli posturali.

Normalizzare i meccanismi posturali aiuta a normalizzare il controllo dei muscoli

oculomotori in quanto lo scopo della relazione visione-postura è quello di assicurare un

funzionamento binoculare perfetto, al fine di garantire una comprensione ottimale della

percezione sensitiva.

Page 77: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

77

6. LE MODIFICHE NEURO-ANATOMICHE INDOTTE DAL VISUAL

TRAINING

6.1 Il Campo d’azione del Visual Training

Il processo del Visual Training si basa sulla ripetizione di una serie di esercizi che

svolgono azioni migliorative nei confronti delle capacità visive del paziente al fine di

sviluppare una visione più efficace. Rappresenta in sostanza un processo di

apprendimento di nuove abilità.

Quando è proposta una batteria di esercizi di Visual Training, ci si basa su ricerche

scientifiche nel campo dell‟apprendimento e della memoria. Per questo è importante

studiare le basi delle due abilità, poiché ciò che impariamo determina in gran parte ciò

che siamo.

A questo punto è di vitale importanza capire e conoscere le basi fisiologiche che

sostengono il Visual Training in modo da poter rispondere con sicurezza ad alcune

domande basilari, quali:

Dove stiamo lavorando, su che sistema?

Perché possiamo lavorare su questo?

Quando è il momento idoneo per cominciare il Visual Training?

Si definisce il Visual Training come “L’Arte di migliorare le condizioni visive del

paziente32

’’ e ha come obiettivo quello di stabilire nuove relazioni tra lui e il suo mondo

visuale, creare nuove connessioni a livello neurale e imparare a utilizzare nuovi processi

che gli permetteranno di estrarre in modo più efficace una quantità maggiore di

informazione visuale.

Quando il sistema visuale lavora in modo efficiente può ricevere, analizzare e

comprendere di più e meglio l‟informazione visiva. Tenendo conto che l‟80% delle

informazioni ricevute ogni giorno dal cervello entrano attraverso il sistema visuale, si

spiega la grande importanza che questo riveste nel comportamento umano e nel

processo di apprendimento.

32

Ibrahimi D., le basi neurofisiologiche del Visual Training., in Neuroscienze.net, rivista telematica in

www.Neuroscienze.net pp.2

Page 78: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

78

Il Visual Training Optometrico è uno strumento molto utile per risolvere tutta una serie

di disfunzioni visive non migliorabili attraverso il solo impiego di compensazione

ottica, sia essa ottenuta con occhiali o lenti a contatto.

Più la domanda posta dal training corrisponde all‟attività visiva quotidiana

dell‟individuo, maggiore sarà il transfer di ciò che è stato appreso. L‟esercitazione di

un‟abilità nella sua totalità è più efficace che l‟esercitazione delle sue componenti

isolate. Attraverso il Visual Training non devono essere migliorati nello specifico i dati

analitici, ma il generale behavior visivo.

Le procedure devono seguire un itinerario che preveda almeno:

- Procedure di coordinazione motoria grossolana, equilibrio e postura;

- Procedure di localizzazione;

- Procedure di discriminazione spaziale per dimensione e distanza;

- Procedure di fine destrezza motoria soprattutto nei bambini;

- Procedure di visualizzazione per convertire stimoli kinestetici, tattili, uditivi e visivi in

comportamenti motori e simbolici;

- Procedure di lettura che permettano di trasformare gli stimoli simbolici in “azione”.

Il Training visivo ha le stesse funzioni della lente positiva: esso diviene un utensile, il

più potente utensile disponibile, per il ripristino della plasticità visiva di una persona e

per l‟inversione dei deterioramenti visivi. Lo scopo del training visivo è migliorare la

qualità, la portata e il benessere del controllo visivo sul movimento, sulla fissazione,

sulla messa a fuoco e sulla visione binoculare, che a loro volta, sono correlate alla

qualità di attenzione e concentrazione. Lo sviluppo di queste capacità visive

contribuisce a una identificazione accurata degli oggetti e degli eventi nello

spazio/tempo e costituisce una parte inseparabile della base necessaria per un pensiero

intelligente e flessibile.

Page 79: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

79

Esempi di procedure di training visivo optometrico (figura 13 - figura 14)

Figura 13 Palla di Mardsen

Page 80: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

80

Figura 54 Paziente alle prese con esercizi di fissazione

In particolare esistono varie aree di trattamento legate alle specifiche disfunzioni visive:

disfunzioni accomodative, oculomotorie e fusionali, disturbi percettivi, ambliopie

posturali, sindromi vertiginose visive, sindromi post-traumatiche (T.B.I.). Nel campo

dello squilibrio muscolare e dello strabismo, inoltre, il training visivo spesso

contribuisce a ripristinare una funzione visiva binoculare a un livello di efficienza

decisamente superiore rispetto alle procedure chirurgiche che producono occhi retti ma

caratterizzati da disfunzione funzionale.

Secondo una ricerca del dott. Steven J. Cool, alcune condizioni biochimiche devono

essere presenti perché si possa verificare una effettiva plasticità corticale e funzionale.

La Via Visuale si compone di una successione di neuroni ed è esattamente qui che

bisogna concentrarsi quando facciamo Visual Training.

La plasticità neurale si basa sui cambi morfologici della sinapsi, più concretamente nella

neoformazione, distruzione e ristrutturazione delle ramificazioni dei bottoni sinaptici e

delle spine sinaptiche con i lori recettori. Questo processo è chiamato plasticità

Page 81: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

81

sinaptica. Negli anni „70 Bliss e Lomo33

scoprirono che stimolando i circuiti neurali

dell‟ippocampo il numero delle connessioni sinaptiche aumentava nel tempo.

È il cosiddetto fenomeno della plasticità a lungo termine o potenziale a lungo termine.

Esiste però anche la possibilità di una depressione a lungo termine nel cervello.

Esistono due concetti che giustificano la Plasticità a Lungo Termine:

La Facilità Sinaptica: se si stimola rapidamente e ripetitivamente una terminazione

presinaptica durante un tempo limitato senza arrivare all‟affaticamento della

trasmissione sinaptica, il neurone risponderà meglio e più rapidamente ai nuovi impulsi

che gli arriveranno;

La Moltiplicazione Sinaptica: se si stimola ripetitivamente per vari giorni una

terminazione presinaptica, durante un tempo limitato senza arrivare all‟affaticamento

della trasmissione sinaptica, il neurone moltiplicherà i suoi terminali presinaptici (più

bottoni e assoni) e postsinaptici (più spine sui dendriti), aumentando così la quantità di

sinapsi che uniscono i neuroni.

Questi due meccanismi facilitano rispettivamente la sommatoria temporale e spaziale

degli impulsi nervosi che riceverà il neurone posteriore alla sinapsi facilitata,

migliorando l‟intensità e la velocità della conduzione nervosa.

I neuroni comunicano tra di loro attraverso la zona denominata sinapsi. Una tipica

sinapsi chimica (figura 15) si forma dalla membrana presinaptica nel bottone sinaptico

dell‟assone e la membrana postsinaptica in una delle spine dei dendriti. Esattamente qui,

nelle sinapsi avvengono i cambiamenti creati grazie al Visual Training.

33

Ibrahimi D., le basi neurofisiologiche del Visual Training., pp.8, op.cit.

Page 82: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

82

Figura 15 Neurone con evidenziazione del collegamento sinaptico

I neurotrasmettitori che innescano questa biochimica e consentono alle connessioni

sinaptiche di iniziare il movimento e la crescita in nuove direzioni, creano le condizioni

per far si che il cambiamento, anche funzionale, si verifichi in seguito

all‟apprendimento permettendo agli impulsi elettrici di viaggiare più velocemente. Il

cervello è dotato di duttilità, ossia della capacità di cambiare e riconfigurare le

connessioni in base a nuovi pensieri ed esperienze. La possibilità di modificazione delle

connessioni neurali e di sviluppo di nuove vie è stata dimostrata dagli esperimenti di

Avi Karni e Leslie Underleider dei National Institutes of Mental Health34

.

34 Salvatore Dattola, Considerazioni sul Visual Training Optometrico, Il training visivo è il più potente utensile

disponibile per la restaurazione della plasticità visiva di una persona e per l’inversione dei deterioramenti visivi,

Page 83: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

83

Nel corso delle indagini, i due ricercatori assegnarono ai soggetti un semplice compito

motorio, come tamburellare con le dita, e identificarono le aree cerebrali interessate con

una tecnica di scansione: la risonanza magnetica. I volontari eseguirono il compito

giornalmente per quattro settimane, divenendo sempre più svelti e abili. Alla fine del

periodo, venne rieseguita la risonanza magnetica e si è constato che l‟area cerebrale

coinvolta nell‟esecuzione del compito si era espansa, in quanto la ripetizione e la pratica

regolare dell‟esercizio avevano indotto il “reclutamento” di nuovi neuroni e modificato

le connessioni neurali originarie.

Oggigiorno tale processo lo si riconosce con il termine di Neurogenesi Adulta: ovvero la

capacità che ha il cervello di produrre nuove cellule nervose durante tutta la vita. In

alcune zone del cervello come l‟ippocampo, zona fondamentale per l‟apprendimento,

incaricata di ricevere e ordinare temporalmente e spazialmente le informazioni che in un

futuro rimarranno in memoria, si generano nuovi neuroni in risposta agli stimoli

provenienti dall‟esterno.

Possiamo dire che il cervello non è una materia rigida, incapace di modificare la sua

struttura una volta sviluppato, ma presenta una plasticità considerevole. È vero che la

plasticità diminuisce con l‟età, però non si perde mai completamente, soprattutto se non

si smette di stimolarla. Questo spiega perché una vita attiva fisicamente e

intellettualmente diminuisce il rischio di degenerazioni cerebrali legate all‟età.

Ogni volta che si propone il training è importante condurlo con procedure atte a creare

una sorta di autoregolazione da parte del paziente, il quale basa l‟efficacia delle sue

risposte motorie in funzione di un feedback, sia esso tattile, uditivo, propriocettivo

kinestetico o visivo.

In questo senso è importante poter impiegare metodologie e disposizioni in linea con

l‟abitudine di apprendimento soggettiva. L‟enfasi fornita durante un esercizio specifico

può cambiare radicalmente l‟apprendimento ottenibile da quell‟esercizio; inoltre più

fattori si includono durante le procedure e più efficace risulterà il trattamento, con

impatto più determinante a seconda delle soggettive abilità visive. Non a caso durante

un esercizio di inseguimento visivo potrebbe essere inserita una richiesta accomodativa,

una antisoppressiva, una richiesta di equilibrio posturale e altro ancora.

F.COVD Fellow del college ofoptometrists in Vision Development,St. Luis, MO, USA, in P.O. Professional

Optometry® Aprile 2008, pp. 124

Page 84: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

84

Gli esercizi vanno personalizzati sul singolo paziente in quanto ogni persona presenta

una “personalità visiva unica” e necessita di una programmazione specifica: sta al

professionista saper riconoscere la direzione da imprimere al trattamento.

Nel decidere se ammettere o meno un paziente a un programma di Trattamento visivo,

non si deve tenere conto dell‟età; ciò che conta è la motivazione:

- Il Visual Training è finalizzato allo sviluppo e al potenziamento di una serie di abilità

visive che porteranno il paziente a raggiungere il suo scopo.

- Le procedure di Visual Training non sono il risultato della mera osservazione

empirica, ma si fondano su un modello evolutivo della visione.

Ogni tecnica:

a) Fornisce al paziente un problema da risolvere ed è più efficace se esiste un solo

percorso per giungere alla soluzione, perché in tal caso garantisce migliore

apprendimento;

b) deve rappresentare uno stadio verso le procedure successive;

c) deve portare sia l‟optometrista che il paziente a saper valutare l‟esecuzione della

procedura.

- Il trattamento non è una procedura meccanica, il lavoro non è svolto da uno strumento

ma dal paziente che deve partecipare in modo attivo al programma, cosi come

l‟optometrista.

Page 85: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

85

6.2 Riscontro neurologico

Figura 16 Rappresentazione grafica del Sistema Limbico

Richie Davidson35

ha dimostrato che i lobi prefrontali e il sistema limbico ci permettono

di mescolare pensiero e sensazioni, cognizione ed emozione.

Il lobo parietale svolge un suo ruolo nelle rappresentazioni mentali quando creiamo

qualche immagine mentale; all‟interno di esso esiste una zona chiamata circonvoluzione

angolare nella cui zona i sensi si incontrano.

Studi classici hanno dimostrato l‟importanza dell‟amigdala e dell‟ippocampo per

l‟apprendimento e la memoria. L‟amigdala è cruciale per certi tipi di emozione

negativa, in particolare la paura, mentre l‟ippocampo svolge un ruolo essenziale per la

comprensione del contesto degli eventi.

Alcune patologie emotive implicano disfunzioni dell‟ippocampo, in particolare la

depressione e i disturbi da stress post-traumatico, scoprendo che in questi casi

l‟ippocampo si restringe. Ciò misurabile oggettivamente.

35 Salvatore Dattola, Considerazioni sul Visual Training Optometrico, pp. 128, op.cit.

Page 86: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

86

Il lobo frontale del cervello, in rapporto alle dimensioni del resto della massa encefalica

degli esseri umani, è più grande che nelle altre specie.

La parte più frontale del lobo frontale svolge un ruolo importante in certi tipi di

cognizione. I lobi frontali sono importanti per certi aspetti specifici dell‟intelligenza

umana, sia cognitiva che emotiva, come altre zone del cervello legate alle emozioni

positive che sono in rapporto con la capacità di ragionare. I lobi frontali insieme

all’amigdala e all’ippocampo, hanno collegamenti con il sistema immunitario, con il

sistema endocrino (ormonale) e con il sistema autonomo che regola il battito cardiaco e

la pressione sanguigna. Ciò indica come la mente può influenzare il corpo.

Nei primi anni di vita l‟ambiente ha molte possibilità di modellare il cervello; così come

un‟esperienza ripetuta.

Quando si sposta l‟attenzione all‟interno del campo visivo, pur tenendo gli occhi

immobili, è un evento puramente mentale a coordinare l‟attenzione visiva spaziale. La

capacità di rivolgersi selettivamente a certi attributi specifici del campo visivo senza

muovere gli occhi mette in gioco parti del lobo frontale e della corteccia parietale. Se gli

occhi sono aperti ma l‟attenzione è passiva, vi è una disattivazione dei meccanismi di

controllo del lobo frontale che selezionano l‟attenzione, mentre i sistemi sensoriali

deputati alla visione restano ancora attivi. Certi tipi di emozioni positive sono collegate

all‟attivazione del lobo frontale sinistro del cervello; si tratta di una zona attivata anche

da alcune forme di ragionamento; mentre in certi tipi di emozioni negative (atti

antisociali, impulsivi, violenze) l‟attivazione dei lobi frontali è ridotta.

Diverse ricerche americane hanno evidenziato come disfunzioni visive, in particolare

oculomotorie, accomodative e binoculari siano spesso associate ai soggetti violenti,

soprattutto in età giovanile.

È evidente un‟atrofia, un lobo frontale più piccolo in quegli individui che hanno una

tendenza a non pensare prima di agire. Strutture come l‟amigdala sono in collegamento

con la corteccia frontale; un ragionamento molto presente attiva la corteccia frontale e

inibisce l‟amigdala.

Questi aspetti descritti ci comunicano come molti aspetti cognitivi del Visual Training

possono indurre benefici non solo visivi, ma anche sociali.

Page 87: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

87

Molti autori sottolineano come le persone in trattamento spesso migliorino anche in aree

non prettamente visive, come nel caso di un‟attivazione dei lobi frontali che inibisce

l‟amigdala.

La rieducazione visiva quindi, attraverso una certa attenzione e cognizione in atto, può

recitare un ruolo importante anche a livello emozionale.

Secondo Joseph Trachtman36

i soggetti che hanno appreso a sovra-accomodare nella

visione da vicino, con prevalenza del SNP, inibiscono la stimolazione simpatico

mimetica dell‟amigdala e dell‟ippocampo, due noti centri dell‟apprendimento e della

memoria. Insegnando a questi soggetti ad accomodare in modo corretto, non solo

l‟immagine ottica risulterà più chiara, ma anche il processo informativo sarà più

efficiente. Questo tipo di apprendimento è detto “non cognitivo”, ovvero appreso

meccanicamente nel “farlo” alla stessa stregua dell‟imparare a nuotare o dell‟andare in

bicicletta; apprendimenti questi non spiegabili teoricamente.

36

Salvatore Dattola, Considerazioni sul Visual Training Optometrico, pp. 130, op.cit.

Page 88: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

88

CONCLUSIONI

Il coinvolgimento di una serie di variabili comportamentali dettate dalle leggi della

fisiologia e dell‟endocrinologia, riscontrabili per esempio nell‟attivazione di aeree del

lobo frontale, sminuisce l‟ormai obsoleto concetto del raggiungimento dei 10/10 come

situazione ideale per affrontare i compiti in un ambiente che si è modificato così in

fretta nell‟ultimo centenario e che ha visto come protagonista, questa volta come

elemento preponderante, il passaggio verso una società moderna che ha fatto della lotta

all‟analfabetizzazione una delle sue ragioni d‟essere. I profondi mutamenti

nell‟economia, per esempio quella italiana, hanno mutato sostanzialmente le mansioni

da cui si produce ricchezza per un paese: negli anni Trenta per la prima volta

l‟agricoltura perse il primato nella formazione del reddito nazionale e ne conseguì una

rapida urbanizzazione. In alcuni anni gli spostamenti verso la città dalle zone agricole e

montane superarono il milione e ciò favorì l‟aumento della scolarizzazione.

Proprio questa drasticità ha favorito l‟insorgenza di problemi di adattamento funzionale

che prima erano praticamente assenti o abbastanza rari per farne una casistica. Come già

detto, miopia oppure problemi accomodativi, insufficienze di convergenze sono solo

modifiche adattive significative per far fronte a una mansione cognitiva a distanza

prossimale mal tollerata. Come ricorda Neisser37

(primo psicologo a proporre il temine

Cognitivismo nella sua opera, Cognitive Psycology, nel 1967): la modalità di

funzionamento cognitivo non è mai statica perché ogni individuo agisce secondo il

modo con il quale egli comprende il suo ambiente.

Approcciarsi in un ambiente in cui scansione spaziale ridotta e minuziosa, in cui

percezione prettamente simbolica e riduzione delle capacità motorie vengono imposte

dall‟obbligo scolastico, determinano di conseguenza una variazione comportamentale

che può tradursi in uno stile exocentrico o esocentrico, come prodotto funzionalmente

manifesto di diversi stili di information-processing. Le sequenze psico-motorie di

Bastien, per esempio, vanno a proporsi come metodo per perfezionare l‟apprendimento

basilare dello spazio, fino al suo completo padroneggiamento, affinché il cervello,

37

Renato Pocaterra e Stefania Pozzi, Percezione visiva: oltre l’approccio classico, pp.65, op.cit.

Page 89: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

89

tramite la visione, lo possa proiettare in modo significativo sui punti dove si trovano gli

oggetti e gli avvenimenti che gli vengono trasmessi dalla luce.

Il “vantaggio miopico” rappresenta una condizione sfavorevole per molti versi e

favorevole per altri su cui si può e si deve intervenire per evitare conseguenze di

irreversibilità. Essa però non rappresenta l‟unica strada percorribile che potrebbe essere

imboccata da tutti. Il calo deficitario può presentarsi in altra veste con modifiche di

performance e conseguente insuccesso professionale.

In questa tesi si è citato il caso della bambina dislessica che prima di una rieducazione

visuo-psico-motorio leggeva e scriveva male e che presentava un serio problema di

apprendimento scolastico con risultati per nulla soddisfacenti. Una ricerca condotta da

Daniel38

(2006) ha riscontrato nei ragazzi quindicenni con difficoltà di lettura tendenze

suicidarie tre volte superiore a quella dei compagni di classe; oppure la ricerca fatta da

Brier39

(1989) il quale riportava i dati raccolti da enti pubblici nord-americani per cui il

36% di giovani incarcerati presentavano disturbi di apprendimento, anche se questi dati

possono essere falsati da altri fattori concomitanti come svantaggio socioculturale,

famiglie disagiate ecc…

L‟intreccio dell‟Optometria comportamentale con altre discipline appare ormai

evidente. Dal ruolo sociale come in questo caso, alla posturologia, la ricerca di soluzioni

va al di là della semplice visita preposta a prescrivere una correzione permanente.

Della modifica comportamentale, l‟optometria ne fa dunque il suo modus operandi. Le

variazioni sinaptiche, il miglioramento delle condizioni accomodative con conseguente

riattivazione delle funzioni sopite, svolte da amigdala e ippocampo, per quanto riguarda

l‟aspetto microscopico, la rieducazione di una progressione miopica con cambi indotti

sulla postura e sulla distanza lavorativa, per quanto riguarda l‟aspetto macroscopico,

diventano vere e proprie procedure di apprendimento e di consolidamento plastico del

nuovo schema visuo-motorio.

38

Cornoldi C., varietà di disturbi specifici di apprendimento; Pegaso Università telematica, D.M 20/04/2006 G.U

n°118 del 23/05/2006 pp.13 39

Cornoldi C., varietà di disturbi specifici di apprendimento, pp.14, op.cit.

Page 90: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

90

Considerare tutti i campi d‟azione, le modifiche auspicabili, non preoccupandosi solo di

ottenere la nitidezza dell'immagine sulla retina, rappresenta la base sulla quale costruire

un'opportuna e approfondita analisi indirizzata a determinare la performance visiva di

un individuo e definire il suo rendimento in funzione della sua attività principale; ma

soprattutto serve a rendere ancora più marcata la differenza tra una Optometria Classica

ormai antica che non tiene conto di nulla se non dell‟errore refrattivo in sé e una

Optometria moderna che tiene conto della dinamicità dei processi adattivi, della

variabilità della genetica, del comportamento e dell‟ambiente, divenendo per lo più, il

metodo più giusto per analizzare le influenze che la visione subisce e le influenze che la

visione genera.

Page 91: Sviluppo dell'analisi optometrica comportamentale

91

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