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Corso di Laurea Magistrale (ordinamento D.M. 270/04) in Chimica e Tecnologie Sostenibili Tesi di Laurea
Sviluppo di sensori voltammetrici enantioselettivi Relatore Ch. Prof. Salvatore Daniele Laureanda Giulia Lunardi Matricola 826798 Anno Accademico 2014/2015
INDICE
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI……………………………………………………………1
1.1. I polimeri conduttori………………………………………………………………………………….1
1.2. Elettrochimica dei polimeri conduttori………………………………………………………7
1.2.1. Meccanismo generale…………………………………………………………………………...7
1.2.2. Carica-scarica dei polimeri conduttori………………………………………………….10
1.2.3. Fattori che influenzano il processo di elettropolimerizzazione……………..11
1.3. Chiralità in polimeri conduttori………………………………………………………………..13
1.3.1. Un approccio innovativo: chiralità intrinseca in strutture bi-
eteroaromatiche atropisometriche……………………………………………………..16
1.3.2. BT2T4: il precursore dei polimeri intrinsecamente chirali…………………….17
1.4. Scopo della tesi……………………………………………………………………………………….19
2. TECNICHE ELETTROANALITICHE IMPIEGATE…………………………………………….20
2.1. Diffusione………………………………………………………………………………………………20
2.2. Diffusione ad un elettrodo piano……………………………………………………………21
2.3. Diffusione ad un microelettrodo a disco…………………………………………………22
2.4. Voltammetria a scansione lineare e ciclica……………………………………………..24
3. PARTE SPERIMENTALE……………………………………………………………………………..28
3.1. Reagenti……………………………………………………………………………………….…………28
3.2. Strumentazione…………………………………………………………………………….…………28
3.3. Elettrodi……………………………………………………………………………………….………….29
3.4. Preparazione dei microelettrodi a disco…………………………………………………..29
3.5. Determinazione del raggio elettrodico effettivo dei microelettrodi………….30
3.6. Sintesi di BT2T4 e separazione enantiomerica…………………………………………..31
3.7. Studio voltammetrico della reattività chimica dei monomeri
intrinsecamente chirali……………………………………………………………………………32
3.8. Test di enantioriconoscimento con film di oligomeri tiofenici………………….33
1
4. RISULTATI E DISCUSSIONE…………………………………………………………………………34
4.1. Comportamento di BT2T4 su elettrodi convenzionali……………………………….34
4.1.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con elettrodi
convenzionali di oro……………………………………………………………………………34
4.1.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con elettrodi convenzionali
modificati……………………………………………………………………………………………40
4.2. Comportamento di BT2T4 su microelettrodi……………………………………………46
4.2.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con microelettrodi
di oro…………………………………………………………………………………………………..46
4.2.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con microelettrodi
modificati……………………………………………………………………………………………53
4.2.3. Caratterizzazione voltammetrica e prove di enantioselezione senza
elettrolita di supporto…………………………………………………………………………55
5. BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………………67
1
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
1.1. I polimeri conduttori
Il processo su cui si basa questo lavoro di tesi, ossia la polimerizzazione elettroossidativa
di molecole composte da tiofeni coniugati, è essenziale per produrre polimeri conduttori
per diverse applicazioni, dall’ambito energetico (fotovoltaico) a quello sensoristico. Le
proprietà di questi polimeri sono state accuratamente modulate per tali fini.
In generale, i polimeri conduttori sono impiegati come dispositivi polimerici
luminescenti [1-4] in display e diodi organici luminosi [5], oltre ad esser utilizzati in
emettitori elettrofosforescenti [6]. Altre applicazioni recenti includono la preparazione
di batterie polimero/ossido [7] e la preparazione di supercondensatori redox [8,9] e
superconduttori [10]. Il polipirrolo conduttivo viene impiegato per il meccanismo di ion
gate membrane per il rilascio di farmaci anionici [11] e come scambiatore ionico
elettrochimico per la depurazione delle acque [12].
Dagli anni ’80, i polimeri conduttori hanno trovato impiego anche in ambito analitico, in
particolare per sensori chimici [13,14] e per biosensori e immunosensori enzimatici
[15,16]. Di più recente sviluppo sono i polimeri per l’estrazione in fase solida (SPE), per
l’analisi elettrochimica in stripping e per la cromatografia.
In particolare, nel campo della sensoristica elettrochimica, dalla fine degli anni ’80 si
utilizzano chemiresistors con film polimerici conduttori che interagiscono con diversi
gas, anche organici. L’interazione con gas elettrofilici attrae elettroni della fase
polimerica, con conseguente aumento della conducibilità, mentre i gas nucleofilici
tendono ad incrementare la resistenza del polimero. Le molecole organiche adsorbite
possono influenzare il processo di trasferimento di carica e, come farebbe il solvente,
formare irregolarità sulla struttura polimerica. Il polipirrolo, nonostante presenti bassa
sensibilità e reversibilità incompleta, viene utilizzato con ammina gassosa [17,18] ed
etanolo [19]. La polianilina, invece, è preferita per questo tipo di sensori [20], in quanto
si può modulare la selettività del polimero controllando con acidi deboli il grado di
drogaggio dei film polimerici. Questi permettono il controllo dello stato finale di
ossidazione del polimero e l'inserimento di cluster metallici nei film. Array di sensori con
polimeri conduttori sono impiegati per discriminare i gas da una miscela nei settori più
diversi, dai materiali plastici [21] all’agroalimentare [22,23].
1
Elettrodi con polimeri conduttori sono usati anche per lo studio amperometrico di analiti
in soluzione. La possibilità di modificare la selettività dei polimeri, variando i controioni
incorporati al polimero in fase di crescita, permette di utilizzare questo tipo di sensori
per lo studio di analiti inorganici e biologici [24,25]. Ad esempio, elettrodi di platino sono
stati modificati con polipirrolo per la determinazione degli aminoacidi mediante
amperometria pulsata integrata [26], mentre è stato utilizzato il poli(1,8-
diaminonaftalene) per la quantificazione di nitriti e nitrati in acqua [27]. Con opportune
tecniche voltammetriche, gli elettrodi modificati hanno permesso anche determinazioni
multicomponente [28,29].
Un importante settore di applicazione dei CP è quello degli elettrodi potenziometrici
ionoselettivi (ISE), a partire dallo sviluppo di sensori di pH con poli(4-
4’diamminodifeniletere) [30]. Le proprietà di scambio ionico di polimeri
opportunamente drogati possono essere utilizzate per il rilevamento diretto di un dato
ione in soluzione. Sono stati sviluppati principalmente elettrodi di pH con polimeri
conduttori su diverse tipologie di superficie elettrodica [31,32]. Con opportune
variazioni sui parametri di deposizione del film polimerico è possibile modulare il
comportamento del polimero conduttore anche nei confronti di cationi metallici, come
il calcio [33], o di anioni, ad esempio il cloruro [34]. Recentemente sono stati sviluppati
elettrodi potenziometrici ionoselettivi ponendo membrane di PVC contenente uno
ionoforo sulla superficie elettroattiva formata con polimeri conduttori [35].
I polimeri organici conduttori (CP) sono stati ampiamente studiati negli ultimi
quarant’anni per le loro numerose applicazioni tecnologiche, ma i primi esempi di questi
materiali risalgono al XIX secolo. Nel 1862 Henry Letherby, studiando l’ossidazione
anodica dell’anilina in una soluzione di acido solforico, notò il passaggio dalla forma
ridotta, incolore, a quella ossidata, blu scuro, insolubile in acqua [36].
Polimeri conduttori conductively filled sono stati utilizzati dal 1930 per prevenire
l’effetto corona. L’impiego di questi materiali era favorito per la loro facilità di
lavorazione, la buona stabilità ambientale e le numerose proprietà elettriche. Tuttavia,
essendo sistemi multifase, presentavano scarsa omogeneità e riproducibilità. Era
2
necessario un attento controllo della qualità di dispersione per ottenere polimeri
conduttori omogenei [37].
La scoperta dei complessi a trasferimento di carica (CT) negli anni ‘50 [38] spinsero la
ricerca verso polimeri conduttori CT. La conducibilità in complessi CT deriva da uno
scambio elettronico tra una frazione donatrice di elettroni e un’altra parte accettrice, e
quindi è strettamente correlato alla struttura cristallina del complesso. Tuttavia, i
materiali risultanti sono spesso fragili e, quindi, inutilizzabili. Per superare questo
problema, si è cercato di legare le diverse componenti dei complessi CT su catene
polimeriche, per produrre polimeri a trasferimento di carica utilizzabili.
Lo sviluppo dei moderni polimeri conduttivi è iniziato nel 1977, quando gli scienziati
americani Heeger e MacDiarmid e il loro collega giapponese Shirakawa scoprirono che
catene di poliacetilene (PA) dopato con ioduro avevano proprietà simili ai metalli,
utilizzando film color rame che portavano ad un incremento della conducibilità di 10
ordini di grandezza [39,40]. Il poliacetilene è considerato l’archetipo dei polimeri
conduttori e la scoperta delle sue proprietà conduttive ha rappresentato un notevole
passo in avanti in ambito chimico e della chimica dei materiali, tanto che Heeger,
MacDiarmid e Shirakawa vinsero il premio Nobel per la Chimica nel 2000. Queste
proprietà insolite per un materiale organico hanno incentivato la ricerca di nuove
applicazioni, come batterie e dispositivi elettronici. Tuttavia, il poliacetilene non era
abbastanza stabile e poteva essere facilmente distrutto tramite degradazione
ossidativa. Perciò, sono stati sintetizzati numerosi altri polimeri conduttivi con proprietà
simili al poliacetilene, come il polipropilene (PP), il polifenilenevinilene, il polipirrolo
(PPy), il politiofene (PTh) e la polianilina (PANI) (Figura 1.1.) [41].
3
Figura 1.1. Esempi di polimeri conduttori: 1) poliacetilene (PA), 2) polipirrolo (PPy), politiofene (PTh); 3) poli-p-fenilene (PPP); 4) polianilina (PANI); 5) policarbazolo; 6) poliazulene; 7) poli(isotionaftalene); 8) poli(ditienotiofene);
9)poli(ditienilbenzene); 10) poli(etilenedioxitiofene) (PEDOT); 11) poli(3-alchiltiofene); 12) poli(fenilenevinilene) (PPV); 13) poli(tienilenevinilene); 14) poli(bipirrolo), poli(bitiofene).
Affinché un polimero sia conduttore deve essere verificata almeno una delle seguenti
condizioni:
Una struttura coniugata con legami singoli e doppi alternati oppure segmenti
coniugati accoppiati ad atomi con struttura orbitalica π che garantiscano la
sovrapposizione tra orbitali (ad esempio N, S). Infatti, come i metalli devono la
loro elevata conducibilità al libero movimento degli elettroni attraverso la loro
struttura, così i polimeri, per essere conduttivi, devono avere non solo
trasportatori di carica, ma anche un sistema orbitalico che permetta a questi
trasportatori di carica di muoversi. La struttura coniugata permette una
sovrapposizione continua degli orbitali π lungo il polimero.
Il doping process. Poiché la maggior parte dei polimeri organici non hanno
trasportatori di carica intrinseci, bisogna operare una parziale ossidazione (p-
4
doping) della catena polimerica con accettori di elettroni (ad esempio I2, AsF5),
oppure una parziale riduzione (n-doping) con donatori elettronici (ad esempio
Na, K). Grazie a questo metodo di drogaggio vengono introdotti dei difetti di
carica (polarone, bipolarone, solitone), che fungono da trasportatori di carica.
La teoria delle bande può risultare utile per spiegare le variazioni che intervengono nelle
strutture elettroniche, in seguito al drogaggio sui polimeri.
Secondo la teoria delle bande [42], le proprietà elettriche dei direct gap inorganic
semiconductors sono determinate dalla loro struttura elettronica. Gli elettroni si
muovono tra stati energetici discreti chiamati bande. Per analogia, gli orbitali di legame
e di antilegame π dei materiali con elettroni π in orbitali ibridizzati sp2, e quindi i polieni,
generano bande energetiche completamente occupate (banda π) o vuote (banda π*).
La banda occupata a maggiore energia è detta banda di valenza, mentre la banda vuota
ad energia inferiore è la banda di conduzione. Si definisce la differenza energetica tra
queste due bande come banda proibita. Gli elettroni devono avere energie definite per
occupare una data banda e servirà ulteriore energia perché si muovano dalla banda di
valenza a quella di conduzione.
Affinché siano elettricamente conduttive, le bande devono essere occupate
parzialmente. Infatti, come mostrato in Figura, l’elevata conducibilità dei metalli è
dovuta alla presenza di bande energetiche parzialmente occupate (Figura 1.2.a). Invece,
le bande energetiche di isolanti e semiconduttori sono completamente occupate o
vuote. Ad esempio, i più comuni polimeri hanno banda di valenza occupata e banda di
conduzione vuota, separate tra loro da un elevato gap energetico (Figura 1.2.b). A
differenza dei normali polimeri, i polimeri coniugati hanno bande proibite strette (Figura
1.2.c), così i processi di drogaggio possono cambiare la struttura delle bande per
eliminazione di elettroni dalla banda di valenza (p-doping) o addizione di elettroni alla
banda di conduzione (n-doping).
5
Figura 1.2. Gap energetico: a) nei metalli, b) negli isolanti, c) nei semiconduttori.
In un polimero conduttore, quando un elettrone viene aggiunto nella banda di
conduzione o rimosso da quella di valenza (Figura 1.3.a), si ha una banda parzialmente
occupata e si forma, rispettivamente, un anione o un catione, genericamente chiamati
polarone [43,44] (Figura 1.3.b). La formazione dei polaroni, caratterizzati da spin (1/2) e
carica (1e-), induce ad una variazione del gap energetico, con spostamento degli stati
all’interno della banda proibita.
L’ulteriore addizione o rimozione di elettrone sulla catena polimerica porta alla
formazione di un bipolarone (spin nullo), per dimerizzazione di due polaroni, con
conseguente diminuzione dell’energia totale (Figura 1.3.c).
Nei polimeri coniugati con stato fondamentale degenere, e quindi con due forme di
risonanza (ad esempio il transpoliacetilene), i bipolaroni possono abbassare ancor più
l’energia totale dissociandosi in due solitoni, privi di spin, con gap energetico dimezzato
(Figura 1.3.d). I solitoni non si formano nei polimeri coniugati con stati fondamentali non
degeneri, come il polipirrolo, il politiofene e la polialanina.
6
Figura 1.3. Formazione di un polarone, un bipolarone e una coppia di solitoni per drogaggio di una catena di transpoliacetilene.
Il numero di polaroni, bipolaroni e/o solitoni aumenta col livello di drogaggio. Ad elevati
gradi di doping, polaroni, bipolaroni o solitoni localizzati vicino a singoli ioni di dopante
possono sovrapporsi, formando così nuove bande di energia o persino far sovrapporre
le bande di valenza e di conduzione, permettendo il flusso di elettroni.
Esistono diversi tipi di drogaggio, tra cui quello elettrochimico. Nel drogaggio
elettrochimico si fornisce la carica necessaria attraverso l’applicazione di un potenziale
su di un elettrodo, positivo o negativo. Rispetto al drogaggio chimico, quello
elettrochimico presenta diversi vantaggi. In primo luogo, si può regolare con precisione
il grado di drogaggio controllando il passaggio di corrente. Inoltre, il drogaggio risulta
molto reversibile. Infine, p- e n-doping sono possibili anche con specie droganti che non
possono essere introdotte con le convenzionali vie chimiche.
7
1.2. Elettrochimica dei polimeri conduttori
1.2.1. Meccanismo generale
La polimerizzazione di un polimero conduttore può avvenire per via elettrochimica
partendo da un appropriato monomero.
In genere, i polimeri conduttori vengono prodotti mediante voltammetria ciclica per
ossidazione del corrispondente monomero in un opportuno intervallo di potenziale.
Un tipico esempio di elettropolimerizzazione è rappresentato in Figura 1.4., dove è
riportato lo schema relativo all’ottenimento di un polimero conduttivo partendo dal
monomero tiofenico [45].
Figura 1.4. Meccanismo di elettropolimerizzazione di un monomero tiofenico.
Questo processo prevede la formazione di cationi radicalici, che possono reagire tra loro
o con il monomero di partenza. Si ha una sequenza di reazioni di coupling e la
conseguente formazione del film polimerico necessita una parziale ossidazione
reversibile delle crescenti specie coniugate. È importante notare che, siccome il
polimero è più lungo del monomero, e quindi la sua coniugazione è più estesa, la sua
ossidazione avviene a potenziali minori rispetto il monomero, perciò il processo di
formazione del polimero e il suo drogaggio avvengono simultaneamente. L’equazione di
reazione completa del processo è:
(n+2)HMH → HM(M)nMH(nx)+ + (2n+2)H+ + (2n+2+nx)e- (1.1)
8
La polimerizzazione stessa sono utilizzati (2n+2) elettroni, mentre i restanti nx elettroni
sono impiegati per il processo di drogaggio. In genere, x è compreso tra 0.07 e 0.6, e ciò
significa che ogni terza o quarta subunità monomerica è carica al termine della
polimerizzazione.
Si possono forzare livelli più elevati di drogaggio applicando un potenziale più positivo,
ma ciò potrebbe provocare una sovraossidazione dei tiofeni e, di conseguenza, la perdita
delle proprietà chimico-fisiche e meccaniche del film polimerico.
In dettaglio, quindi, il meccanismo prevede l’ossidazione del monomero in posizione α,
che genera un catione radicalico, che si accoppia ad un altro formando un σ-dimero con
carica doppia. L’eliminazione di due protoni e il conseguente ritorno ad un sistema
aromatico (driving force della reazione di eliminazione) generano un dimero neutro.
Poiché è più coniugato del monomero, il polimero viene immediatamente ossidato e il
catione accoppia nuovamente, e così via. Il meccanismo è essenzialmente una sorta di
reazione di propagazione con una serie di step E(CCE)n, in cui E è un processo
elettrochimico e C una chemical follow-up reaction.
Inizialmente si ha una dimerizzazione di ioni radicali dei monomeri di partenza, ma la
tendenza degli oligomeri carichi a reagire con il catione radicalico del monomero
diminuisce in funzione della lunghezza della catena oligomerica. Ciò è dovuto a:
Le costanti di velocità del coupling tra cationi radicalici. La costante di velocità
della dimerizzazione dei cationi monomerici, anche a basse concentrazioni di
monomero, è molto più elevata rispetto a quella del coupling di oligomeri;
La costante di velocità dell’eliminazione dei protoni dai σ-dimeri intermedi.
Come conseguenza della minore acidità di questi dimeri (funzione della loro
lunghezza per l’effetto stabilizzante degli oligomeri con grande coniugazione) la
velocità di eliminazione è minore per gli intermedi più lunghi.
Per quanto riguarda gli intermedi che si formano nel processo di
elettropolimerizzazione, è stato ipotizzato che i cationi radicalici del monomero di
partenza e gli intermedi oligomerici siano coinvolti nella reazione di oligomerizzazione e
che accoppino tra di loro [46].
9
L’ottenimento del polimero conduttore sulla superficie elettrodica è rappresentato in
Figura 1.5., dov’è riportato il quadro voltammetrico relativo all’ossidazione del tiofene
in un liquido ionico.
Figura 1.5. Nucleation loop del tiofene, 3x10-3M, v=0.1 V s-1, voltammetria ciclica in [HMIM][PF3(C2F5)3].
Nella scansione anodica è visibile un picco di ossidazione ad un potenziale di 1.7 V. cicli
successivi mostrano l’ottenimento di un picco a potenziali meno positivi che cresce
all’aumentare del numero di cicli.
Un aspetto peculiare della formazione di un polimero riguarda il cosiddetto nucleation
loop [47]. Questo fenomeno si osserva in genere nella scansione di ritorno del primo
ciclo voltammetrico di un’elettropolimerizzazione e rappresenta l’inizio del processo di
nucleazione del corrispondente polimero.
Questa fenomenologia è identica a quanto si osserva nella formazione di fasi
inorganiche solide su elettrodi di materiale diverso, come nel caso della formazione di
film metallici su elettrodi di grafite e grafite vetrosa [48].
In conclusione, l’elettropolimerizzazione prevede tre diverse fasi:
Ossidazione del monomero sull’elettrodo e la formazione di oligomeri solubili
nello strato di diffusione, anche da dimerizzazioni successive;
Deposizione degli oligomeri per processi di nucleazione e crescita;
10
Produzione di lunghe catene con formazione di un solido e sistemi cross-linked.
1.2.2. Carica-scarica dei polimeri conduttori
Come accennato in precedenza, il drogaggio corrisponde ad un processo di
ossidazione/riduzione, e gli ioni dell’elettrolita di supporto garantiscono
l’elettroneutralità del film. La voltammetria ciclica è un utile strumento per monitorare
questo fenomeno.
Nel caso di un semplice processo monoelettronico, il voltammogramma reversibile
registrato per un film sottile di polimero dovrebbe risultare simmetrico, con scansione
anodica e catodica speculari e potenziali di picco e livelli di corrente identici (Figura 1.6.).
Figura 1.6. Voltammogramma ciclico teorico per un film sottile con un centro redox.
La corrente nel caso reversibile è quindi:
𝑖 =𝑛2𝐹2𝐴𝛤𝑇𝜈 𝑒𝑥𝑝𝜃
𝑅𝑇(1+𝑒𝑥𝑝𝜃)2 (1.2)
dove:
𝜃 =𝑛𝐹
𝑅𝑇(𝐸 − 𝐸0) (1.3)
e: 𝛤𝑇 = 𝛤𝑜𝑥 + 𝛤𝑟𝑒𝑑 corrisponde alla superficie totale coperta dagli stati ossidati e ridotti.
11
Aumentando lo spessore del film, il responso voltammetrico non è più simmetrico e
tende ad avere un andamento asimmetrico, con la corrente I proporzionale a v1/2, come
si vede in Figura 1.7.
Figura 1.7. Voltammogramma ciclico dell’ossidazione di poli(4,4’-dimetossi-bitiofene) in CH2Cl2/0.1 M TBAPF6, T=273 K, v=0.2 Vs-1.
Caratteristica peculiare della voltammetria del polimero conduttore è l’elevato
incremento di corrente a potenziali più positivi nella fase iniziale della nascita dell’onda
anodica, seguita da un plateau. In scansione inversa si osserva, invece, la presenza di un
picco catodico spostato a potenziali relativamente meno positivi, che precede un
plateau di corrente di tipo capacitivo.
Il numero degli stati redox accessibili aumenta con la lunghezza della catena del sistema,
e ciò può portare alla sovrapposizione degli stati redox in un range di potenziale elevato
per catene molto lunghe.
1.2.3. Fattori che influenzano il processo di elettropolimerizzazione
Variazioni dei parametri sperimentali (temperatura, potenziale, natura elettrodica,
concentrazione del monomero), ma anche la tecnica di preparazione, comportano
rilevanti cambiamenti sulle caratteristiche chimico-fisiche del polimero.
L’elettrosintesi di un polimero conduttore può aver luogo per via potenziodinamica,
potenziostatica e galvanostatica.
12
La polimerizzazione potenziodinamica (voltammetria ciclica) è maggiormente utilizzata.
Essa è caratterizzata da un cambiamento regolare nel tempo del potenziale elettrodico
durante la deposizione del polimero sulla superficie dell’elettrodo. Il film polimerico che
si forma, seguendo il cambiamento di potenziale, passa dal suo stato neutro (isolante) a
quello dopato (conduttore), collegato ad uno scambio continuo di elettrolita e solvente
attraverso il polimero appena depositato. I polimeri conduttori prodotti con la tecnica
potenziodinamica sono in genere neutri alla fine della scansione di potenziale, mentre
utilizzando la polimerizzazione potenziostatica o galvanostatica si ottengono polimeri
dopati.
È da mettere in evidenza, tuttavia, che di norma il polimero ottenuto per via
potenziodinamica risulta più irregolare rispetto a quello sintetizzato con gli altri metodi,
a causa dell’ingresso/uscita del solvente e degli ioni, che creano espansioni di volume e
difetti strutturali. Comunque, la qualità del film dipende soprattutto dal sistema
monomerico, e dunque è bene testare qual è la tecnica migliore per ciascun monomero.
La qualità del polimero dipende anche dalle condizioni sperimentali impiegate.
L’imfluenza di alcuni parametri sulle caratteristiche dei polimeri è descritta nei seguenti
punti.
Potenziale e corrente. La scelta dei valori di potenziale e corrente determina la
lunghezza della catena polimerica e la sua struttura. Potenziali di ossidazione elevati o
alte correnti portano ad intermedi molto carichi e reattivi e, di conseguenza, a difetti e
alla formazione di materiali cross-linked. Viceversa, a bassi potenziali gli intermedi sono
debolmente carichi e la polimerizzazione si ferma ad oligomeri.
Temperatura. A bassa temperatura sono favoriti i sistemi a catena corta e ben ordinati,
con alte conducibilità.
Solvente ed elettrolita di supporto. I solventi più polari minimizzano le repulsioni
coulombiane durante il coupling cationico, ma essi devono essere caratterizzati da bassa
nucleofilicità. L’acqua può esser utilizzata per processi di elettropolimerizzazione, ma
solo per produrre polimeri i cui monomeri sono caratterizzati da bassi potenziali di
ossidazione, per evitare reazioni di scarica del solvente.
Anche il tipo e le dimensioni degli ioni di elettrolita, le proprietà di carica/scarica e la
morfologia influenzano la conducibilità dei polimeri conduttori generati.
13
Di recente sono stati utilizzati liquidi ionici per la sintesi e l’uso dei polimeri conduttori,
che fungono sia da solvente sia da elettrolita di supporto. Tra i vantaggi dei liquidi ionici
si ha la loro scarsa nucleofilicità.
1.3. Chiralità in polimeri conduttori
L’introduzione di centri chirali in polimeri organici coniugati con proprietà
eletttroconduttive è stata considerata per raggiungere diversi obiettivi:
L’assemblaggio di catene spontaneamente ordinate [49,50];
Le applicazioni per second order nonlinear optical susceptibilities, a causa della
mancanza di un centro di simmetria di questi materiali [51];
La discriminazione tra antipodi, ma è necessario avere sensori progettati per
l’identificazione di analiti chirali, in particolare di origine biologica [52-54].
Di norma la chiralità viene introdotta nella struttura coniugata del polimero con
opportuni leganti chirali, mentre più raramente si utilizzano miscele di materiali
elettroattivi e composti chirali enantiopuri [55,56]. Molti dei sostituenti chirali impiegati
sono stati scelti dalla grande varietà di sostanze chirali naturali, come gli zuccheri [57] e
gli aminoacidi [58]. Altri, invece, sono stati studiati e sintetizzati per applicazioni
specifiche. Tutti questi sostituenti chirali sono comunque caratterizzati da un carbonio
come stereocentro.
Le proprietà di enantiodiscriminazione fornite dai sostituenti chirali al polimero
dipendono dai gruppi funzionali presenti, dalla loro densità e distanza dalla catena
elettroconduttiva e dalla natura del legante.
Per fare un esempio, si considera la sintesi di un polimero tiofenico [59] ottenuto con la
classica via sintetica di tipo chimico, in cui l’ossidazione del monomero è indotta da
FeCl3. Il processo di polimerizzazione è random, con conseguente perdita della chiralità
supramolecolare globale (poly 1 in Figura 1.8.).
14
Figura 1.8. Vie sintetiche per ottenere il polimero random (poly 1) e quello regioregolare (poly 2).
Una polimerizzazione regioregolare è invece garantita con sintesi più raffinate e costose
(poly 2 in Figura 1.8.), ma che permettono di ottenere macroscopicamente materiali
chirali.
Un altro approccio che evidenzia l’influenza dell’assenza di regioregolarità nella crescita
del polimero è la sintesi di monomeri di monomeri con simmetria C2 con due
stereocentri identici [60], come si osserva in Figura 1.9.:
Figura 1.9. Un esempio di monomero chirale con simmetria C2.
In questo caso, sia per via chimica, sia per via elettrochimica, si ottiene un polimero
regolare, ma, nel contempo, la chiralità dei materiali sintetizzati dipende dallo stato di
15
aggregazione delle catene polimeriche e può esser facilmente persa cambiando le
condizioni esterne [61].
Ad esempio, è stato esaminato il politiofene in Figura 1.10.:
Figura 1.10. Politiofene regioregolare otticamente attivo.
La chiralità di questo tipo di polimeri dipende dallo stato di aggregazione delle catene
polimeriche e l’attività ottica osservata è dovuta ad interazioni intramolecolari tra
catene, principalmente quelle aventi geometria planare (Figura 1.11.):
Figura 1.11. Helical packing delle catene tiofeniche principalmente planari.
La chiralità si perde completamente, però, cambiando la polarità del sistema
(diminuendo la percentuale di MeOH) e aumentando la temperatura.
In alternativa, per introdurre la chiralità nel sistema polimerico si possono usare fonti
chirali esterne:
Controioni chirali [62];
Biopolimeri come supporti templanti [63];
Imprinting molecolare con templanti chirali, che implica material overoxidation
[64].
In ogni caso, la chiralità non è intrinseca alla struttura polimerica.
16
1.3.1. Un approccio innovativo: chiralità intrinseca in strutture bi-eteroaromatiche
atropisometriche
Una strategia rivoluzionaria rispetto quelle già descritte prevede l’utilizzo di polimeri
elettroattivi con chiralità dovuta ad una torsione interna nelle unità della catena
polimerica, i cosiddetti monomeri intrinsecamente chirali, piuttosto che alla presenza di
stereocentri esterni alla sequenza α-coniugata. Particolare attenzione è stata prestata a
monomeri chirali tiofenici e pirrolici [65], la cui formula generale è rappresentata in
Figura 1.12.
Figura 1.12. Struttura generale dei monomeri intrinsecamente chirali.
Questi polieterocicli vengono sintetizzati per ossidazione chimica o elettrochimica dei
monomeri in Figura.
Il sistema coniugato di questi polimeri, responsabile delle proprietà ottiche ed
elettrochimiche, influenza anche la chiralità della molecola. Perciò, le peculiarità
chiroottiche e di enantioriconoscimento di questi materiali sono strettamente correlate
a quelle chimiche.
Per la progettazione molecolare di questi composti sono state seguite queste linee
guida:
La chiralità è dovuta ad una torsione interna della struttura coniugata;
La torsione della catena è data da opportuni sostituenti sulla struttura bi-
eteroaromatica atropisometrica;
17
L’unità stereogenica deve collegare le due porzioni 2-(5,2’-bitienili);
Il nodo della distorsione [66] (indicato in Figura con •) è sul legame interanulare,
senza comunque intaccare la coniugazione della molecola. Inoltre, la struttura
tridimensionale del monomero, identificabile anche nella forma polimerica,
amplifica le prestazioni elettro-ottiche dei semiconduttori organici [67];
la simmetria C2 di queste molecole rende omotopiche le posizioni α del tiofene
coinvolte nel coupling ossidativo, assicurando così la completa regioregolarità
dei prodotti. Da ogni step della polimerizzazione si ottiene sempre un prodotto
con simmetria C2.
Questo approccio innovativo ha portato alla creazione di una nuova famiglia di molecole
intrinsecamente chirali aventi come struttura bi-eteroaromatica centrare un bis-
benzotiofene (Figura 1.13.a), un bis-indolo (Figura 1.13.b) o un bi-(2,2’-dimetiltiofene)
(Figura 1.13.c).
Figura 1.13. Esempi di molecole intrinsecamente chirali con: a) bis-benzotiofene, b) bis-indolo, c) bi-(2,2’-dimetiltiofene).
Da questa figura si può facilmente dedurre che l’atropisomerismo generato dalla
distorsione attorno al nodo aumenta a causa delle interazioni tra gli atomi di H degli
anelli benzenici e tiofenici (a) o delle interazioni tra gruppi metilici e tiofenici (b,c).
1.3.2. BT2T4: il precursore dei polimeri intrinsecamente chirali
Il precursore di questo tipo di polimeri conduttori è il 2,2’-bis(2,2’-bitiofen-5-il)-3,3’-bi-
1-benzotiofene, noto con l’acronimo BT2T4 (Figura 1.14.), studiato per esser impiegato
come cross-linker nello sviluppo di sensori moleculary imprinted polymer (MIP) per
18
formare copolimeri utilizzando monomeri con gruppi funzionali idonei per il campo
sensoristico, ma non per polimerizzazioni [68].
S
SS
S
S S
S
S S
S
SS
(R)-(-)- (S)-(+)-
Figura 1.14. Struttura degli enantiomeri del BT2T4.
I film polimerici che si ottengono mostrano eccellenti proprietà meccaniche, da cui
risultano anche ottime prestazioni in termini di linear concentration range, limite di
rilevabilità e selettività.
BT2T4 è composto da un’unità base bitiofenica e da due porzioni uguali
approssimativamente planari, che permettono una coniugazione efficiente. Inoltre,
presenta caratteristiche singolari:
Intrinseco carattere tridimensionale: sostituenti ingombranti in entrambe le
posizioni orto degli anelli biarilici inducono la formazione di un nodo centrale tra
le due porzioni molecolari, controllando la barriera del processo di
enantiomerizzazione;
Intrinseca regioregolarità nella polimerizzazione: la polimerizzazione può
avvenire solo su due siti, molto distanti tra loro, simmetrici e facilmente
accessibili. Le due posizioni α sono omotopiche, così sono garantite
regioregolarità e chiralità del polimero durante l’elettrodeposizione;
Intrinseca dissimmetria: sebbene non abbia alcun centro stereogenico, la
molecola risulta chirale, avendo un asse di simmetria C2.
La barriera di racemizzazione risulta di circa 50-65 kcal/mol, energia sufficiente per
garantire la separazione di enantiomeri stabili di BT2T4.
19
1.4. Scopo della tesi
Sulla base delle considerazioni fatte nella parte introduttiva e delle informazioni
disponibili in letteratura sull’elettrosintesi di polimeri conduttori con chiralità intrinseca,
è utile verificare la possibilità di utilizzare diversi tipi di sistemi elettrodici al fine di
progettare sensori miniaturizzati per la determinazione di analiti chirali in matrici
sintetiche e reali.
Lo scopo primario di questa tesi è stato, pertanto, verificare la possibilità di adottare
procedure di elettropolimerizzazione per l’ottenimento di microelettrodi con superficie
modificata con polimeri chirali.
La tesi, in particolare, è stata rivolta a verificare se le metodologie riportate per gli
elettrodi convenzionali possono essere direttamente utilizzate con i microelettrodi.
Infatti, il diverso regime di trasporto di massa che si instaura alla superficie elettrodica
può dar luogo a processi di elettropolimerizzazione che non portano a risultati simili.
Inoltre, le due classi di elettrodi modificati possono anche rispondere diversamente, in
termini di segnali voltammetrici, quando vengono impiegati per l’analisi di analiti chirali.
Nella tesi, quindi, verranno confrontati i risultati che si ottengono su elettrodi
convenzionali e su microelettrodi, per stabilire un protocollo ottimale di
elettropolimerizzazione su microelettrodi e valutarne le risposte in soluzioni contenenti
analiti test con caratteristiche chirali.
20
2. TECNICHE ELETTROANALITICHE IMPIEGATE
Per meglio comprendere la discussione dei dati sperimentali presentati in seguito, è
opportuno riportare brevemente alcuni aspetti teorici riguardo sia il trasporto di massa
che è alla base dei processi elettrodici, sia la natura e i tipi di responsi aspettati dalle
tecniche elettroanalitiche impiegate.
2.1. Diffusione
Le tecniche elettroanalitiche che verranno presentate sono effettuate in regime di
trasporto di massa controllato soltanto dalla diffusione. Quindi, l’unico fenomeno che
garantisce il trasporto di massa controllato della specie redox tra il bulk della soluzione
e la superficie attiva dell’elettrodo è il gradiente di concentrazione dovuto
all’applicazione di un potenziale opportuno all’elettrodo lavorante. In questo modo,
risolvendo le equazioni di diffusione, si ottiene il flusso di materia che, combinato con la
legge di Faraday, permette di stabilire la corrente che fluisce alla superficie
dell’elettrodo [69].
Le condizioni sperimentali che consentono di realizzare un trasporto di massa diffusivo
di una specie elettroattiva prevedono l’uso di elettrodi stazionari, in soluzione ferma e
contenente quantità relativamente elevate di elettrolita di supporto [69].
In condizioni di trasporto di massa governato solo dalla diffusione, i profili di
concentrazione, e quindi di corrente, in funzione del tempo dipendono dalla geometria
dell’elettrodo [69]. In Figura 2.1 sono riportate le linee di flusso associate alla geometria
elettrodica che sarà presa in considerazione in questa tesi.
Figura 2.15. Linee di flusso ad un elettrodo a disco convenzionale (A) e ad un microelettrodo a disco (B).
A B
21
Per elettrodi a disco di dimensioni convenzionali, cioè quelli con raggio maggiore di 0.1
mm [70], valgono le condizioni di diffusione lineare semi-infinita che si realizzano
teoricamente ad un elettrodo piano infinito; per questi elettrodi, infatti, vengono
trascurati gli “effetti di bordo”. In questo modo, il flusso dipende solo dalla direzione
perpendicolare alla superficie elettrodica (vedi Figura 2.1.A).
Diminuendo le dimensioni dell’elettrodo (Figura 2.1.B), gli “effetti di bordo”, non
essendo più trascurabili, richiedono, per la loro quantificazione, equazioni del flusso più
complesse e polidimensionali. Questo è il caso dei microelettrodi, cioè gli elettrodi il cui
raggio è minore di 50 µm [69].
2.2. Diffusione ad un elettrodo piano
Si consideri la seguente reazione elettrodica reversibile:
Ox+ne- Red (2.1)
Si assume, inoltre, che all’elettrodo venga applicato un impulso di potenziale istantaneo
sufficientemente negativo per cui la concentrazione di Ox alla superficie dell’elettrodo
sia uguale a zero [69].
La variazione della concentrazione della specie Ox in funzione del tempo è data dalla
seconda legge di Fick in una dimensione [69]:
𝜕𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)
𝜕𝑡= 𝐷𝑜𝑥
𝜕2𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)
𝜕𝑥2 (2.2)
dove Dox è il coefficiente di diffusione della specie elettroattiva presente inizialmente in
soluzione, x è la distanza dalla superficie elettrodica nella direzione perpendicolare ad
essa.
La corrente faradica sarà data dalla combinazione del flusso, definito dalla prima legge
di Fick, con la legge di Faraday [69]:
𝑖(𝑡)
𝑛𝐹𝐴= 𝐷𝑜𝑥 [
𝜕𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)
𝜕𝑥]
𝑥=0 (2.3)
22
dove F è la costante di Faraday, i(t) è la corrente istantanea, n è il numero di elettroni
scambiati, A è l’area dell’elettrodo e con x=0 si indica la distanza corrispondente alla
superficie dell’elettrodo.
Risolvendo le equazioni di Fick con le opportune condizioni al contorno si ottiene
l’equazione di Cottrell [69]:
𝑖(𝑡) =𝑛𝐹𝐴𝐷𝑜𝑥
1/2𝐶𝑜𝑥
𝜋1/2𝑡1/2 (2.4)
dove t è il tempo e gli altri simboli hanno il loro consueto significato.
Un tipico profilo corrente-tempo, normalizzato per la quantità nFAC, ad un elettrodo
piano è riportato in Figura 2.2. (con linea continua).
Figura 2.2: Responso corrente-tempo per un esperienza cronoamperometrica su elettrodi di diverse geometrie. Linea continua: elettrodo piano (r≥0.1mm); linea tratteggiata: microelettrodo a disco (r≤25µm)
2.3. Diffusione ad un microelettrodo a disco
L’espressione del profilo di concentrazione in funzione del tempo per un microelettrodo
a disco si ottiene dalla risoluzione della seconda legge di Fick in coordinate cilindriche
[69]:
𝜕𝐶𝑜𝑥
𝜕𝑡= 𝐷𝑜𝑥 [
𝜕2𝐶𝑜𝑥
𝜕𝑟2+
1
𝑟∙
𝜕𝐶𝑜𝑥
𝜕𝑟+
𝜕2𝐶𝑜𝑥
𝜕𝑧2] (2.5)
23
dove r è la distanza dal centro del disco e z è la distanza presa perpendicolarmente alla
superficie elettrodica (Figura 2.3.).
Figura 16.3. Il disco rappresenta la superficie elettroattiva con il sistema di riferimento adottato.
La soluzione di questa equazione differenziale è molto complessa ed esistono soluzioni
numeriche approssimate che rappresentano in modo sufficientemente accurato il
profilo corrente/tempo [71]. In particolare:
lim𝑡→0
𝑓(𝜏) = lim𝑡→0
𝑖(𝜏)
4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟
= √𝜋
4𝜏+
𝜋
4−
3𝜋𝜏
210+ ⋯ (2.6)
lim𝑡→∞
𝑓(𝜏) = lim𝑡→∞
𝑖(𝜏)
4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟
= 1 + √16
𝜋3𝜏+ ⋯ (2.7)
dove 𝜏 = 𝐷𝑜𝑥𝑡/𝑟2.
Si dimostra che per 𝑡 → 0 le equazioni (2.6) e (2.7) si riducono a quella di Cottrell, che
corrisponde al contributo transiente della corrente totale:
𝑖(𝑡) =𝑛𝐹𝐴𝐷𝑜𝑥
1/2𝐶𝑜𝑥
𝑏
𝜋1/2𝑡1/2 (2.8)
Per 𝑡 → ∞, le equazioni si riducono alla seguente equazione:
𝑖𝑏 = 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟 (2.9)
X
Y
Z
r
24
da dove si evince che la corrente non dipende più dal tempo e quindi assume valori di
stato stazionario.
In Figura 2.2. (con linea tratteggiata) è illustrato il profilo corrente-tempo normalizzato
ad un microelettrodo, che si differenzia da quello osservato con elettrodi convenzionali
per il raggiungimento di uno stato stazionario.
Da un punto di vista pratico, i microelettrodi permettono di avere una transizione
completa da condizioni dipendenti dal tempo a condizioni di stato stazionario in tempi
ragionevolmente brevi [72].
L’utilizzo di elettrodi di dimensioni microscopiche può portare diversi vantaggi rispetto
gli elettrodi convenzionali solitamente usati con i metodi elettrochimici dinamici [73].
Questi vantaggi sono:
La drastica diminuzione della caduta ohmica, iR, dovuta alle piccole correnti di
elettrolisi;
Un aumento della velocità di trasporto di massa da e all’elettrodo, dovuta alla
maggiore influenza degli effetti di bordo, che consentono di ottenere, in tempi
brevi, profili di concentrazione indipendenti dal tempo, cioè di stato stazionario;
Capacità del doppio strato elettrico ridotta, essendo proporzionale all’area
elettrodica; questo permette un miglioramento della risoluzione temporale del
responso voltammetrico e di aumentare significativamente il rapporto
segnale/rumore (corrente faradica/corrente capacitiva)
La possibilità di utilizzare solventi scarsamente conducibili nelle misure
voltammetriche; si possono impiegare, ad esempio, solventi organici poco polari
e con basse concentrazioni di elettrolita di supporto [74]
2.4. Voltammetria a scansione lineare e ciclica
Tra le tecniche più impiegate in ambito elettrochimico si hanno quelle con variazione
di potenziale in funzione del tempo, ossia le tecniche voltammetriche.
Nelle tecniche di voltammetria a scansione lineare (LSV), il potenziale, viene fatto variare
nel tempo ad una velocità costante v, partendo da un potenziale iniziale Ei, a cui non ha
luogo il processo elettrodico, fino un potenziale finale Ef, al quale il processo decorre in
misura più o meno elevata (Figura 2.3.).
25
Figura 2.3. Variazione lineare del potenziale in voltammetria a scansione lineare.
Il potenziale applicato all’elettrodo lavorante risulta essere, pertanto, una funzione
dipendente dal tempo secondo la seguente legge:
𝐸(𝑡) = 𝐸𝑖 ± 𝑣𝑡 (2.10)
Nella voltammetria ciclica (CV) il potenziale, come nel caso della LSV, varia linearmente
dal valore iniziale Ei al valore finale Ef; a quest’ultimo il potenziale viene invertito e fatto
variare fino al valore iniziale Ei (Figura 2.4.).
Figura 2.4. Segnale di eccitazione triangolare in voltammetria ciclica.
I responsi che si ottengono con queste tecniche sono diagrammi in cui la corrente è
registrata in funzione del potenziale applicato all’elettrodo lavorante e sono detti
voltammogrammi.
0
0.2
0.4
0.6
0 10 20 30 40 50 60 70E
(V)
t (s)
0
0.2
0.4
0.6
0 20 40 60 80 100 120
E (V
)
t (s)
26
Per la LSV e la CV, il responso dipende dal tipo di elettrodo [69].
Per un elettrodo convenzionale, i voltammogrammi hanno la forma come quella
mostrata in Figura 2.5.
Figura 2.5. Voltammogramma ciclico ottenuto con un elettrodo piano convenzionale.
In figura sono evidenziati i parametri più importanti: i potenziali di picco catodico (Epc) e
anodico (Epa) e le correnti di picco catodico (ipc) e anodico (ipa). Lo studio di questi
parametri al variare della velocità di scansione permette di verificare la reversibilità del
processo elettrodico.
La corrente di picco per un processo diffusivo e reversibile per un elettrodo planare è
data dall’equazione di Randles-Sevcik:
𝑖𝑝 = 2.688 ∙ 105𝑛3/2𝐴𝐷01/2
𝐶0∗𝑣1/2 (2.11)
con A l’area, D0 il coefficiente di diffusione, C0* la concentrazione in mol/cm3 e v la
velocità di scansione.
Anche per i microelettrodi si possono scrivere le equazioni dei profili
corrente/potenziale, tuttavia per i microelettrodi a disco possono essere utilizzati solo
metodi numerici per ottenere tali equazioni. Un’equazione approssimata per descrivere
la corrente massima in funzione della velocità di scansione per microelettrodi a disco è
[75]:
𝑖
4𝑛𝐹𝑐𝐷𝑟= 0.34 exp(−0.66𝑝) + 0.66 − 0.13 exp (−
11
𝑝) + 0.351𝑝 (2.12)
27
in cui p è un parametro adimensionale così definito:
𝑝 = (𝑛𝐹𝑟2𝑣
𝑅𝑇𝐷0)
1/2
(2.13)
mentre gli altri simboli hanno il loro consueto significato.
Per i microelettrodi, si possono avere due condizioni limite, a seconda che si operi a
velocità elevate o basse. In particolare, si ottiene un diagramma simile a quello
dell’elettrodo convenzionale se si opera a velocità di scansione elevate. Per basse
velocità di scansione, invece, il profilo corrente-potenziale risulta come quello mostrato
in Figura 2.6., caratterizzato dal fatto che sia nella scansione diretta, sia in quella inversa,
si ottengono forme sigmoidali che si sovrappongono, indice del raggiungimento di uno
stato stazionario.
Figura 2.6. Voltammogramma ciclico ottenuto con un microelettrodo a disco.
L’eventuale presenza di isteresi tra le due curve è dovuta ad un parziale contributo di
diffusione planare alla superficie elettrodica [72].
-5
-4
-3
-2
-1
0
-500 -400 -300 -200 -100 0 100 200
I
E
28
3. PARTE SPERIMENTALE
3.1. Reagenti
Tutti i reagenti impiegati per questo lavoro di tesi sono di grado analitico.
Sono stati utilizzati come solventi per preparare i campioni acqua ultrapura Milli-G
(Millipore) e acetonitrile (Sigma-Aldrich) ridistillato per eliminare eventuali tracce di
acqua.
H2SO4, Ru(NH3)Cl6, KCl, utilizzati per la caratterizzazione degli elettrodi, sono stati forniti
da Carlo Erba e dalla Sigma-Aldrich.
Per i test di enantioriconoscimento, è stato utilizzato come elettrolita di supporto
TBAPF6 (Sigma-Aldrich), mentre come probe chirali sono stati impiegati gli enantiomeri
di N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina (Sigma-Aldrich), preliminarmente purificati in
colonna per evitare la comparsa di un picco in ossidazione, che avrebbe inficiato la
misura.
Il 2,2’-bis-(2,2’-bitiofene-5-il)-3,3’-bi-1-benzotiofene (BT2T4) è stato gentilmente fornito
dal gruppo di ricerca della prof.ssa P.R. Mussini, del dipartimento di Chimica
dell’Università di Milano.
3.2. Strumentazione
Le misure voltammetriche sono state eseguite utilizzando un
potenziostato/galvanostato EG&G PAR modello 263 (interfacciato ad un computer
Hyunday, gestito da software M270 EG&G PAR) ed un potenziostato CH Instruments
modello 920C (interfacciato ad un computer Fujitsu, gestito da software CHI920C).
I microelettrodi sono stati controllati preventivamente con un microscopio ottico Wild
Heerbrugg.
Per le misure voltammetriche sono state utilizzate celle elettrochimiche nella
configurazione a tre elettrodi: lavorante, riferimento e controelettrodo (Figura 3.1.).
29
Figura 3.1. Minicella nella configurazione a tre elettrodi utilizzata in questo lavoro di tesi, con elettrodo lavorante (WE), elettrodo di riferimento (RE) e controelettrodo (CE).
Le celle di misura sono state posizionate in una gabbia di Faraday di alluminio, collegata
a terra per evitare le interferenze di campi elettrici esterni.
I contatti elettrici sono stati effettuati con cavi schermati.
3.3. Elettrodi
Come elettrodi lavoranti sono stati impiegati elettrodi convenzionali commerciali di Au
di diametro di 2 mm e i microelettrodi, la cui preparazione è descritta nel paragrafo 3.4.
In tutte le misure è stato usato come elettrodo di riferimento un elettrodo ad Ag/AgCl,
saturo di KCl. Come controelettrodo, invece, è stata utilizzata una spirale di platino.
3.4. Preparazione dei microelettrodi a disco
Per preparare i microelettrodi utilizzati in questo lavoro di tesi è stato incluso un filo di
Au di diametro nominale di 25 μm in un capillare di vetro fondendo una delle estremità
con un laser puller. Si è sfruttata l’estremità aperta del microelettrodo per eseguire una
saldatura a indio del filo d’oro con uno di rame. Infine l’elettrodo è stato sigillato con
colla commerciale. È stata verificata la chiusura del capillare sul filo d’oro, l’assenza di
bolle nel punto di fusione e l’integrità del contatto elettrico mediante microscopio
ottico. Infine, la superficie attiva del sensore è stata lucidata meccanicamente con carta
WE
RE
CE
30
abrasiva di granulometria via via decrescente e successivamente con polvere di allumina
di granulometria 0.3 μm.
In Figura 3.2. è riportato uno schema della procedura seguita per la preparazione dei
microelettrodi a disco.
Figura 3.2. Schema della procedura di ottenimento dei microelettrodi di Au a disco.
In Figura 3.3. è mostrata la foto di un tipico microelettrodo d’oro impiegato nelle misure
voltammetriche.
Figura 3.3. Microelettrodo di Au impiegato.
3.5. Determinazione del raggio elettrodico effettivo dei microelettrodi
Per determinare il raggio elettrodico effettivo della superficie attiva sono state
registrate voltammetrie cicliche in riduzione tra 0.1 e -0.4 V, a basse velocità di scansione
(5-50 mV/s), in una soluzione acquosa di Ru(NH3)6Cl3 1 mM in KCl 0.1 M come elettrolita
inserimento
filo di Au
chiusura
capillare lappatura
inserimento
filo di In
saldatura
con In
31
di supporto. Conoscendo i valori di corrente limite di diffusione così ottenuti, tramite
l’equazione:
𝑖𝑏 = 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟 (3.2)
è stato confermato il raggio elettrodico nominale, con concentrazione e coefficiente di
diffusione di Ru(NH3)6Cl3 (7∙10-6 cm2s-1) [76] noti.
3.6. Sintesi di BT2T4 e separazione enatiomerica
Il 2,2’-bis-(2,2’-bitiofene-5-il)-3,3’-bi-1-benzotiofene (acronimo: BT2T4), rappresentato in
Figura 3.4., è il precursore dei polimeri conduttori intrinsecamente chirali. Le proprietà
strutturali di questa molecola sono state descritte nel capitolo introduttivo.
S
SS
S
S S
S
S S
S
SS
(R)-(-)- (S)-(+)-
Figura 3.4. Struttura degli enantiomeri di BT2T4.
Si noti che il legame 3,3’ delle unità tiofeniche interne svolge il ruolo essenziale di
garantire la connessione elettronica tra le due metà della molecola e, al tempo stesso,
prevenire il processo di racemizzazione.
BT2T4 può esser sintetizzato facilmente come racemato [77] secondo lo schema in Figura
3.5.:
Figura 3.5. Sintesi del racemato di BT2T4.
32
Gli enantiomeri così ottenuti sono stati separati con HPLC con fase stazionaria chirale
[77]. I tempi di eluizione dei due enantiomeri è dell’ordine dei minuti (Figura 3.6.):
Figura 3.6. Risoluzione analitica tramite HPLC del racemato di BT2T4 e controllo della purezza degli enantiomeri isolati.
3.7. Studio voltammetrico della reattività chimica dei monomeri
intrinsecamente chirali
Per lo studio voltammetrico della reattività dei monomeri tiofenici intrinsecamente
chirali [65,78,79] sono state preparate soluzioni raceme o enantiopure di BT2T4 5∙10-4 M
in acetonitrile, utilizzando come elettrolita di supporto tetrabutilammonio
esafluorofosfato, TBAPF6, 0.1 M.
È stata utilizzata una cella di piccole dimensioni, contenete circa 3 mL, nella
configurazione a tre elettrodi. L’elettrodo di riferimento, un elettrodo ad Ag/AgCl saturo
di KCl, è stato posto in un setto contenente la stessa soluzione in analisi, per evitare la
contaminazione con acqua.
33
Sono stati poi ottimizzate le condizioni per ottenere un deposito oligomerico di BT2T4
sulla superficie dei microelettrodi, così da avere un film idoneo per le prove di
enantioriconoscimento.
3.8. Test di enantioriconoscimento con film di oligomeri tiofenici
L’enantioselettività dei microsensori è stata provata con una cella nelle stessa
configurazione del paragrafo precedente, utilizzando elettrodi modificati con depositi
enantiopuri di BT2T4.
Le soluzioni testate contenevano come probe N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina
enantiopura o racema (Figura 3.7.), disciolta in acenotrilile in concentrazione 5∙10-4 M.
Eventualmente si aggiungeva 0.1 M di TBAPF6 come elettrolita di supporto. Il film
depositato era rigenerato ciclando il potenziale in una soluzione priva di probe.
Figura 17. Enantiomeri della N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina.
34
4. RISULTATI E DISCUSSIONE
4.1. Comportamento di BT2T4 su elettrodi convenzionali
4.1.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con elettrodi convenzionali di
oro
In questa parte della tesi verrà descritto il comportamento voltammetrico dei monomeri
di BT2T4, per poter avere un quadro di confronto con le misure che poi saranno eseguite
utilizzando i microelettrodi di Au.
In Figura 4.1.a è riportato un tipico voltammogramma ciclico ottenuto in una soluzione
contenente 5∙10-4 M di BT2T4 in forma racemica in AcCN, contenente 0.1 M di TBAPF6.
Figura 4.18. Voltammogrammi ciclici registrati a 200 mV/s in soluzioni di BT2T4: a) racemica, b) enantiomero R, c) enantiomero S.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
1A 2A
1C 2C
a)
b) c)
35
Il quadro voltammetrico nella scansione anodica mostra picchi molto vicini tra di loro a
potenziali 1.15 V e 1.3 V contro Ag/AgCl. Nella scansione inversa, si osservano due
processi catodici poco definiti, legati a prodotti formati alla superficie dell’elettrodo
nella scansione di andata.
Il picco 1A è legato all’ossidazione del monomero di BT2T4 in corrispondenza di un gruppo
tiofenico, per dar luogo alla formazione del radicalcatione con meccanismo. Il picco 2A è
probabilmente dovuto all’ossidazione di specie formate alla superficie dell’elettrodo
successivamente al primo processo elettrodico. Questo processo non è stato
ulteriormente indagato, in quanto la sua apparizione netta rispetto al primo picco
dipendeva da molteplici fattori e, soprattutto, all’anidricità dell’acetonitrile impiegato.
Un quadro voltammetrico simile si ottiene anche eseguendo misure di voltammetria
ciclica in soluzioni contenenti i singoli enantiomeri (Figura 4.1.b e 4.1.c), in cui i potenziali
dei processi anodici e catodici risultano entro l’errore sperimentale di ±10 mV e in
qualche caso, come mostrato in fig, dove il picco non si vede distinto e i due picchi si
sovrapponevano per i motivi indicati in precedenza.
Al fine di verificare la natura del processo di ossidazione sono state eseguite misure di
voltammetria ciclica a diversa velocità di scansione.
Figura 4.2. Voltammogrammi ciclici registrati in soluzione di BT2T4 racemico a diverse velocità di scansione e correlazione tra corrente di picco anodico e v1/2.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
20mV/s
50mV/s
100mV/s
200mV/s
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
1A
2A
1C 2C
2 4 6 8 10 12 14 16
4
6
8
10
12
14
16
18
20
y=1.22886x+0.69194
R2=0.99997I
(A
)
v1/2
[(mV/s)1/2
]
36
La Figura 4.2. mostra una serie di voltammogrammi nell’intervallo di velocità di
scansione compreso tra 20 e 200 mV/s. Dalla figura si osserva che all’aumentare della
velocità il quadro voltammetrico non subisce variazioni sensibili, eccetto un decremento
di corrente relativo al picco 2A rispetto al picco 1A.
L’analisi della corrente del picco 1A in funzione della velocità di scansione dimostra che
essa varia linearmente con v1/2, che indica il decorrere di un processo controllato dalla
diffusione (vedi inserto in Figura 4.2).
La circostanza che il picco 2A diminuisce all’aumentare della velocità di scansione
suggerisce che la specie elettroattiva coinvolta in questo processo è direttamente legata
al processo elettrodico che ha luogo al picco 1A. Questo comportamento può essere
attribuito all’ossidazione del prodotto generato in una reazione di coupling, secondo lo
schema in Figura 1.4.
Queste reazioni sono alla base della formazione di oligomeri e polimeri che possono
depositarsi alla superficie dell’elettrodo. Infatti i picchi catodici che si osservano nella
scansione inversa possono essere attribuiti ai prodotti della reazione elettrodica
adsorbiti sulla superficie dell’elettrodo.
Al fine di verificare se i processi di elettroossidazione di gruppi tiofenici possano
condurre alla formazione di oligomeri e polimeri alla superficie dell’elettrodo, la
scansione di potenziale è stata eseguita per più cicli nell’intervallo di potenziale tra 0 e
1.4 V.
37
Figura 4.3. Scansione voltammetrica ripetuta per 40 cicli a 200 mV/s in una soluzione del monomero di S-BT2T4.
In Figura 4.3. è mostrata una serie di voltammogrammi ripetuti per 40 cicli a 200 mV/s.
I cicli ripetuti portano a sostanziali modifiche al quadro voltammetrico.
Il picco anodico 1A tende a diminuire all’aumentare del numero di cicli, fino a sovrapporsi
al secondo picco. Analogamente, anche i principali picchi catodici osservati nel primo
ciclo (picchi 1C e 2C) diminuiscono.
La diminuzione di questi ultimi picchi porta alla formazione di nuovi picchi, sia in
ossidazione, sia in riduzione, che aumentano all’aumentare del numero di cicli. In
particolare, si osservano due picchi anodici a circa 0.77 V (picco 4A) e 1.17 V (picco 5A) e
un picco catodico a 0.65 V (picco 4C).
Il picco 5A, pertanto, indica la formazione di specie oligomeriche e polimeriche
conduttive sulla superficie dell’elettrodo. Infatti, il picco 5A, ha luogo a potenziali meno
positivi rispetto al picco 1A, corrispondente all’ossidazione del monomero. Ciò è indice
della coniugazione dei doppi legami nella formazione di oligomeri [80].
I picchi 4A e 4C, invece, sono assegnabili alla formazione di dimeri e trimeri del
monomero di BT2T4 [79], secondo le strutture riportate in Figura 4.4.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
-5
0
5
10
15
20
25
30
35
40
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
1A
5A
3A 4A
1C 2C 4C
38
.
Figura 4.4. a) Struttura planare del dimero (2) e del trimero (3) di BT2T4; b) Strutture tridimensionali di (R,R)-2 e (R,R,R)-3.
Misure di voltammetria ciclica ripetute nell’intervallo di potenziale compreso tra 0 e 1.4
V a velocità di scansione inferiori (50 e 100 mV/s) portavano a voltammogrammi del
tutto simili. Tuttavia, dal punto di vista della stabilità del deposito formato (vedi
paragrafi successivi), l’elettrodeposizione eseguita a 200 mV/s forniva dei migliori
risultati.
Al fine di verificare che la procedura adottata porti alla formazione del polimero sulla
superficie elettrodica, l’elettrodo, dopo la modifica, veniva analizzato al SEM.
39
Figura 4.5. a) Immagine SEM dell’elettrodo convenzionale modificato con il monomero S, con dettaglio della superficie; b) spettro EDX della superficie elettrodica modificata.
In Figura 4.5. sono mostrate tipiche immagini SEM ottenute sull’elettrodo modificato e
il responso EDX su punti della superficie.
La figura indica la formazione di uno strato di materiale contenente carbonio
sufficientemente uniforme, mentre le analisi EDX rivelano la presenza di carbonio, oro
(dovuto alla sottostante superficie metallica) e un intenso picco di fluoro, legato
verosimilmente alla presenza sulla superficie dell’elettrodo di cristalli dell’elettrolita di
supporto.
La presenza del polimero è invece individuata dall’analisi della distribuzione elementare
sulla superficie elettrodica. Come mostrato in Figura 4.6, oltre alla presenza di Au e C, è
a)
b)
40
chiaramente evidente anche quella dello zolfo, che può esser dovuto solo alla presenza
del polimero.
Figura 4.6. Analisi elementare eseguita con EDX della superficie elettrodica modificata, considerando: a) oro (verde),
b) carbonio (blu), c) zolfo (rosso), d) un confronto dei tre elementi.
La Figura 4.6.d permette di confrontare l’insieme degli elementi presenti sulla superficie
dell’elettrodo.
Questi risultati pertanto confermano che la procedura adottata risulta utile per la
formazione del polimero che, sulla base delle caratteristiche del monomero, dovrebbe
presentare proprietà chirali.
La procedura descritta finora è stata adottata per depositare sia il polimero originato
dall’enantiomero R sia quello S.
4.1.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con elettrodi convenzionali modificati
Come menzionato in precedenza, uno degli scopi principali in questo lavoro di tesi è
stato quello di preparare superfici chirali in grado di distinguere due enantiomeri di un
a) b) c)
d)
41
analita chirale al fine di utilizzarli come sensori chirali. In tal senso, per raggiugere
risultati positivi, oltre che la preparazione di superfici elettrodiche riproducibili in
dimensioni, forma, morfologia e spessore, è necessario individuare molecole
elettroattive chirali che possano interagire selettivamente col film polimerico,
considerando il potenziale redox e l’impedimento sterico degli analiti, nonché il livello
di doping/undoping del polimero. Pertanto, al fine di verificare la capacità
enantioselettiva del polimero ottenuto con BT2T4, sono state eseguite misure in
soluzioni contenenti forme enantiomeriche di N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina, con
struttura mostrata in Figura 4.7.
Figura 4.7. Enantiomero R e enantiomero S della N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina.
Misure preliminari sono state eseguite sui due enantiomeri di questa molecola
utilizzando l’elettrodo di Au nudo, per verificarne il comportamento voltammetrico.
In Figura 4.8. sono mostrati i tipici voltammogrammi ciclici ottenuti a diverse velocità di
scansione, comprese tra 20 e 500 mV/s, con i due enantiomeri separati e con la miscela
racemica.
42
Figura 4.8. Voltammogrammi ciclici registrati a diverse velocità di scansione, e relativi andamenti Ip vs v1/2, in soluzioni di: a) probe R, b) probe S, c) probe racemo.
0 100 200 300 400 500 600
-10
-5
0
5
10
15R
20 mV/s
50 mV/s
100 mV/s
200 mV/s
500 mV/s
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
0 100 200 300 400 500 600
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
25
30
35 S
20 mV/s
50 mV/s
100 mV/s
200 mV/s
500 mV/s
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
0 100 200 300 400 500 600
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
25
racemo
20 mV/s
50 mV/s
100 mV/s
200 mV/s
500 mV/s
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24
2
4
6
8
10
12
14
16Enantiomero R
y=0.67562x+0.43658
R2=0.99944
I p (
A)
v1/2
[(mV/s)1/2
]
4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
28
30
32Enantiomero S
y=1.29098x+2.41273
R2=0.99972
I p (
A)
v1/2
[(mV/s)1/2
]
4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
Miscela racema
y=0.89515x+1.20804
R2=0.99968
I p (
A)
v1/2
[(mV/s)1/2
]
a)
b)
c)
43
Dalla figura si osserva che il quadro voltammetrico è sostanzalmente identico per i due
enantiomeri e che anche in miscela racemica essi danno luogo ad un singolo picco, così
indicando, come aspettato, che con elettrodi di Au nudi non è possibile distinguere i due
enantiomeri.
L’analisi dei voltammogrammi in funzione della velocità di scansione forniva i dati
raccolti in Tabella 4.1. e negli inserti della Figura 4.8., che confermano il decorso di
processi diffusivi e sostanzialmente reversibili. La differenza tra potenziale anodico e
catodico maggiore di circa 60 mV, aspettata a 25°C, è attribuibile ad una caduca ohmica
in soluzione, non avendo eseguito nessuna correzione per evitare l’effetto di
quest’ultimo fenomeno.
Probe v
(mV/s) Epa (mV)
Epc (mV)
∆Ep (mV)
Enantiomero R
20 432.6 359.1 73.5
50 428.2 359.8 68.4
100 432 356.9 75.1
200 436.9 347.8 89.1
500 461.2 328.6 132.6
Enantiomero S
20 413.7 344.9 68.8
50 413.2 342.9 70.3
100 415.7 338.5 77.2
200 424.9 329.6 95.3
500 448.1 307.5 140.6
Miscela racema
20 428.7 357.5 71.2
50 429.6 358.1 71.5
100 432.3 355 77.3
200 439 347.9 91.1
500 464.2 325.7 138.5 Tabella 4.1. Valori di potenziale di picco anodico e catodico e relativa differenza in corrispondenza a diverse velocità
di scansione e in diverse soluzioni di probe.
L’analisi delle correnti di picco in funzione delle velocità di scansione evidenzia un
apparente anomalia, in quanto, a parità di concentrazione delle due forme
enantiomeriche, la specie S presenta correnti più elevate rispetto a R. questa circostanza
può esser attribuita ad un diverso grado di purezza tra i due enantiomeri, dovuto al fatto,
come anticipato, che i prodotti commerciali venivano purificati utilizzando un metodo
44
cromatografico su resine chirali. Questa procedura può portare ad un grado di purezza
diverso, che per l’enantiomero R risulta meno efficace.
Misure analoghe sono state condotte sull’elettrodo modificato con la
ferroceniletilammina chirale.
Figura 4.9. Voltammetria ciclica registrata a 50 mV/s con un elettrodo convenzionale con deposito di S-BT2T4 in una soluzione di probe racemica.
In Figura 4.9. è mostrato, ad esempio, il quadro voltammetrico registrato con un
elettrodo modificato col polimero di S-BT2T4 in una soluzione contenente la miscela
racemica di ferroceniletilammina.
Dalla figura si osserva che il voltammogramma presenta due picchi, sia in ossidazione,
sia in riduzione, il secondo dei quali meno visibile. La differenza tra i due potenziali è di
circa 120 mV, evidenziando una buona selettività del polimero nei confronti delle due
forme enantiomeriche di ferroceniletilammina. Poiché il polimero utilizzato per questa
misura era la forma S e l’interazione con l’enantiomero S del probe dovrebbe essere
favorita, si può dedurre che il primo picco è associabile alla S-ferroceniletilammina,
mentre il secondo all’enantiomero R. Tale supposizione giustifica la più bassa intensità
di corrente relativa al sistema di ossidazione più anodico.
-100 0 100 200 300 400 500 600 700 800
-4
-2
0
2
4
6
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
45
Al fine di verificare la diversa interazione, quindi la selettività, del polimero chirale nei
confronti dei due enantiomeri del probe, misure di voltammetria ciclica sono state
condotte utilizzando il polimero S in soluzioni contenenti singolarmente S-
ferroceniletilammina e R-ferroceniletilammina.
Figura 4.10. Confronto tra voltammetrie cicliche eseguite con elettrodi convenzionali modificati con deposito S in soluzione di probe R (blu), probe S (rosso) e probe racemo (nero).
In Figura 4.10. sono mostrati tre voltammogrammi, nei quali vengono confrontati i
responsi ottenuti in una soluzione di AcCN contenente la sola forma S del probe, la sola
forma R e la miscela racemica. Si osserva chiaramente che il primo picco del
voltammogramma relativo alla miscela racemica corrisponde alla forma S, mentre il
secondo alla forma R. Questo conferma la buona selettività del polimero chirale.
La riproducibilità dei segnali ottenuti con il polimero è mostrata in Figura 4.11., dove
sono riportati tre cicli successivi, registrati nella soluzione racema, che risultano
sostanzialmente sovrapponibili, entro il 4% di differenza.
0 200 400 600 800
-4
-2
0
2
4
6
8
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
46
Figura 4.19. Serie di tre voltammetrie cicliche con elettrodo modificato in soluzione racemica del probe.
Misure analoghe, ma con effetto invertito sulla selettività, sono state ottenute
utilizzando il polimero R nelle soluzioni contenenti la miscela racemica, la sola forma R
e la sola forma S della ferroceniletilammina.
4.2. Comportamento di BT2T4 su microelettrodi
4.2.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con microelettrodi di oro
Il processo di elettropolimerizzazione discusso nel paragrafo precedente prevede la
formazione di un radicalcatione quale prodotto iniziale dell’ossidazione del monomero.
Poiché i fenomeni di trasporto di massa ad elettrodi convenzionali e microelettrodi,
come evidenziato nella parte teorica, sono profondamente diversi, è stato necessario,
preliminarmente, verificare il processo di elettroossidazione del monomero, limitando
la discussione a un primo ciclo voltammetrico.
0 200 400 600 800
-4
-2
0
2
4
6
I (
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
47
Figura 4.202. Voltammogrammi ciclici registrati in una soluzione di BT2T4 racemo a diverse velocità di scansione: a) 20 mV/s, b) 50 mV/s, c) 100 mV/s, d) 200 mV/s; e) confronto dei voltammogrammi a diverse velocità di scansione.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-5
0
5
10
15
20
20 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-5
0
5
10
15
50 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-5
0
5
10
15
100 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-5
0
5
10
15
200 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-5
0
5
10
15
20
20mV/s
50mV/s
100mV/s
200mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b)
c) d)
e)
48
In Figura 4.12. sono mostrati tipici voltammogrammi ciclici registrati a diversa velocità
di scansione su un microelettrodo di Au di 12.5 μm di raggio in una soluzione contenente
5∙10-4 M di BT2T4 racemo. Le misure sono state condotte utilizzando la stessa finestra di
potenziale impiegata con l’elettrodo convenzionale.
I voltammogrammi ottenuti presentano profili differenti rispetto a quelli osservati con
gli elettrodi convenzionali e dipendono, in certa misura, dalla velocità di scansione
utilizzata. Questo è in accordo con il differente regime diffusivo che si instaura ad
elettrodi convenzionali e a microelettrodi. In questi ultimi, in particolare, per velocità di
scansione non eccessivamente elevate, prevalgono condizioni di diffusione radiali o
miste (radiale e planare).
Considerando il voltammogramma registrato a 20 mV/s (Figura 4.12.a ), nella scansione
di andata si osserva un’onda voltammetrica composita, da cui si evince il decorrere di
due processi, il secondo dei quali dà luogo ad un picco a potenziali più anodici. Nella
scansione inversa, invece, si osserva un loop di corrente tipico di nucleazione e crescita
di un deposito sulla superficie elettrodica. Tale circostanza è confermata sia dall’isteresi
dell’onda voltammetrica, con processi di ossidazione favoriti a potenziali meno positivi,
sia dalla formazione di picchi catodici, a potenziali meno positivi, che indicano la
riduzione di specie adsorbite sulla superficie elettrodica.
All’aumentare della velocità di scansione, il profilo generale dell’onda voltammetrica
rimane sostanzialmente invariato, sia in anodica, sia in catodica, e presenta un minor
grado di isteresi. In particolare, a 200 mV/s (Figura 4.12.d), il crossover di corrente è
decisamente meno marcato e l’onda tende ad assumere le caratteristiche diffusive
prevalenti in un microelettrodo.
Assumendo che, in corrispondenza della variazione di pendenza della curva di andata
sia stata raggiunta una condizione di stato stazionario, è stato stimato il coefficiente di
diffusione del monomero, sulla base dell’equazione 2.11. Questo risulta essere pari a
3.9∙10-5 cm2/s.
Al fine di ottenere il deposito anche sulla superficie del microelettrodo, inizialmente è
stata utilizzata la stessa procedura impiegata per l’elettrodo convenzionale, e quindi lo
stesso intervallo di potenziale, la stessa velocità di scansione e lo stesso numero di cicli.
49
In Figura 4.13. sono riportati i voltammogrammi relativi al primo e al trentaseiesimo ciclo
della polimerizzazione delle due forme enantiomeriche di BT2T4, dai quali si osserva sia
l’anticipo del processo elettrodico legato alla formazione degli oligomeri, sia la riduzione
delle forme adsorbite sulla superficie elettrodica.
Figura 4.21. Primo e ultimo di 36 cicli voltammetrici per la formazione di un deposito: a) dal monomero R-BT2T4, b) dal monomero S-BT2T4.
Per verificare l’ottenimento del deposito sulla superficie dell’elettrodo e la sua qualità,
sono state eseguite misure al SEM. In Figura 4.14 è riportata una tipica immagine
dell’elettrodo modificato con la procedura sopra descritta.
Figura 4.22. Immagine SEM della superficie elettrodica, in cui è evidenziata la formazione del polimero sull’isolante
attorno alla fibra di Au, e dettaglio del disco attivo.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-200
-100
0
100
200
300
400
500
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
(R)-(-)-BT2T
4
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-50
0
50
100
150
200
(S)-(+)-BT2T
4
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b)
50
Dalla figura si osserva che, inaspettatamente, il deposito ricopre solo in parte la
superficie attiva d’oro, mentre la maggior parte si estende sull’isolate di vetro che
circonda la fibra metallica. Infatti, come mostrato anche in Figura 4.14., il deposito si
estende all’esterno della superficie attiva ad una distanza di circa 3 volte il diametro del
microdisco di Au.
Tale risultato indica che, nelle condizioni studiate, la polimerizzazione inizia sul
perimetro del microdisco, in accordo con un maggiore flusso di monomero che si realizza
ai bordi del microdisco [73], fenomeno possibile grazie alle caratteristiche conduttrici
dell’oligomero, che così si forma sulla superficie isolante.
La scarsa copertura della superficie attiva del microelettrodo è stata anche verificata
eseguendo misure con questi tipi di elettrodi nelle soluzioni contenenti le forme chirali
della ferroceniletilammina. Misure eseguite in soluzioni di AcCN, con elettrolita di
supporto, contenenti il solo enantiomero R, il solo enantiomero S e il racemo del probe
fornivano responsi sostanzialmente indistinguibili sia utilizzando il microelettrodo nudo,
sia l’elettrodo dopo averlo sottoposto all’elettropolimerizzazione. Queste circostanze
sono evidenti nei voltammogrammi in Figura 4.15.
Figura 4.23. Confronto tra scansioni voltammetriche a 50 mV/s registrate con elettrodo modificato con oligomero S e elettrodo nudo, in soluzione di: a) probe R, b) probe S, c) probe racemo.
Si noti che questo tipo di comportamento era identico sia utilizzando la forma R sia la
forma S di BT2T4. È evidente che in queste condizioni il processo di
elettropolimerizzazione non è utile per eseguire determinazioni di analiti chirali.
Al fine di rendere più produttiva la procedura di polimerizzazione sono stati tentativi
variando i parametri coinvolti nel protocollo di elettropolimerizzazione. In particolare,
sono stati variati la velocità di scansione e il numero di cicli.
0 100 200 300 400 500 600
-1
0
1
2
3
4
5
6enantiomero R
elettrodo nudo
con deposito S
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl0 100 200 300 400 500 600
-2
-1
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
enantiomero S
elettrodo nudo
con deposito S
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-100 0 100 200 300 400 500 600 700 800
-2
-1
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
racemo
elettrodo nudo
con deposito S
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b) c)
51
Inizialmente è stata eseguita una serie di misure in cui veniva cambiata la velocità di
scansione e, al fine di favorire un incremento di formazione del deposito sulla superficie
del microelettrodo, anche il numero di cicli. In Figura 4.16. sono mostrati tipici
voltammogrammi con 50 cicli registrati a 25, 50, 75 e 100 mV/s.
Figura 4.24. Voltammogrammi relativi a 50 cicli di potenziale in soluzione di S-BT2T4 a diverse velocità di scansione: a) 25 mV/s, b) 50 mV/s, v) 75 mV/s, d) 100 mV/s.
I quadri voltammetrici registrati in queste condizioni mostrano in tutti i casi un
comportamento simile. Infatti, come descritto in precedenza, si osserva l’anticipo del
picco per formazione dell’oligomero e i picchi catodici relativi alla riduzione delle specie
presenti sulla superficie dell’elettrodo. Tuttavia, i valori di corrente massima
raggiungibile dipendevano, in certa misura, dalla velocità di scansione. In particolare, a
25 mV/s (Figura 4.16.a) si osservava la maggior corrente al potenziale a cui si ha
l’ossidazione dell’oligomero, confermato anche dal corrispondente picco catodico, che
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-100
-50
0
50
100
150
200
250
300
350
400
velocità di scansione: 25 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-20
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
velocità di scansione: 50 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-20
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
velocità di scansione: 75 mV/s
I (n
A)
E (mv) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-50
0
50
100
150
200
250
velocità di scansione: 100 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b)
c) d)
52
risulta più accentuato che negli altri casi. Questo fenomeno è spiegabile con la
circostanza che, diminuendo la velocità di scansione, il contributo di diffusione radiale è
relativamente maggiore, contribuendo così ad incrementare il flusso di specie
monomerica verso la superficie dell’elettrodo. Da questo punto di vista, quindi, la
velocità di scansione di 25 mV/s dovrebbe risultare ottimale per ottenere una superficie
elettrodica migliore.
La stabilità dei polimeri ottenuti a diversa velocità di scansione e il grado di ricopertura
della superficie attiva del microdisco sono stati studiati in dettaglio eseguendo misure
con i microelettrodi modificati in una soluzione di AcCN contenente solo elettrolita di
supporto e registrando le immagini SEM dei microelettrodi subito dopo
l’elettrodeposizione.
Per quanto riguarda le misure eseguite col SEM, in Figura 4.17. sono riportate le
immagini SEM ottenute utilizzando due elettrodi modificati con l’oligomero prodotto
con S-BT2T4 preparati a 25 e 50 mV/s.
Figura 4.25. Immagini SEM relative a: a) un deposito formato a 25 mV/s con 50 cicli di potenziale, b) un deposito formato a 50 mV/s con 50 cicli di potenziale.
Dall’immagine si osserva che, anche in questi casi, la superficie dell’elettrodo non risulta
omogeneamente ricoperta e che gli oligomeri si estendono all’esterno del microdisco,
sulla superficie dell’isolante. Nel caso della velocità di scansione più bassa, tuttavia, si
può osservare che il polimero è più confinato attorno alla superficie attiva del
microdisco, formando probabilmente film più spessi.
≈50 µm
≈100 µm
a) b)
53
La stabilità degli elettrodi modificati è stata verificata in soluzioni di AcCN contenenti
solo TBAPF6. In Figura 4.18. sono mostrati i voltammogrammi ottenuti ciclando il
potenziale nell’intervallo tra 0 e 1400 mV per almeno 5 volte.
Figura 4.26. Voltammetrie cicliche in AcCN+0.1 M TBAPF6 con microelettrodi modificati con S-oligomero depositato a diverse velocità di scansione: a) 25 mV/s, b) 50 mV/s, c) 75 mV/s, d) 100 mV/s.
Dalla figura si osserva che, all’aumentare del numero di cicli, la corrente diminuiva,
evidenziando una perdita dell’oligomero conduttore dalla superficie dell’elettrodo.
Tuttavia, il deposito preparato utilizzando la velocità di scansione di 25 mV/s risultava il
più stabile.
4.2.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con microelettrodi modificati
Per verificare se questi tipi di elettrodi potessero dare una risposta selettiva nei
confronti di specie chirali, sono state eseguite misure in soluzioni di AcCN contenenti i
due enantiomeri della ferroceniletilammina.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
40
50
60
70
80
deposito preparato a 25 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
40
50
deposito preparato a 50 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
deposito preparato a 75 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
deposito preparato a 100 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b)
d) c)
54
Figura 4.27. Confronto tra voltammogrammi registrati con microelettrodo con oligomero R (blu) e microelettrodo nudo in soluzioni di probe enantiopuro: a) probe R, b) probe S.
In Figura 4.19. si osserva che, in generale, con gli elettrodi modificati i processi elettrodici
presentano una forma simile a quella registrata con l’elettrodo nudo, tuttavia le correnti
sono decisamente più basse. Questo indica che il processo elettrodico è, in qualche
misura, inibito dalla presenza del polimero, probabilmente a causa del fatto che la specie
elettroattiva deve permeare l’oligomero per raggiungere la superficie elettrodica.
La mancanza di una netta separazione tra i processi relativi alle forme S e R del probe
indica, d’altra parte, che il deposito dell’elettrodo con l’oligomero chirale prodotto con
la procedura proposta non è in grado di produrre adeguata selettività. Pertanto, si può
concludere che, in queste condizioni, i polimeri elettrogenerati non sono efficaci come
sonde per l’analisi di analiti chirali. Le motivazioni delle scarse prestazioni di questi
sistemi possono esser legate alla poca stabilità del film oligomerico e al fatto che, come
dimostrato dai profili elementari ottenuti dalle immagini SEM (Figura 4.20.), la superficie
elettrodica viene ricoperta con quantità notevoli di elettrolita di supporto TBAPF6.
Figura 4.20. Immagine SEM del deposito formato con 50 cicli a 25 mV/s in una soluzione di S-BT2T4 e spettro EDX registrato nel punto indicato nell’immagine SEM.
0 200 400 600 800
-1
0
1
2
3
4
5
6
soluzione probe R
deposito R
elettrodo nudo
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
0 200 400 600 800
-2
0
2
4
6
8
10
12
14soluzione probe S
deposito R
elettrodo nudo
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
a) b)
Spectrum 2
55
4.2.3. Caratterizzazione voltammetrica e prove di enantioselezione senza elettrolita di
supporto
Per ovviare a queste problematiche, la procedura di polimerizzazione è stata condotta
in soluzioni di AcCN in assenza di elettrolita di supporto.
Il protocollo adottato per l’elettroossidazione del monomero e la conseguente
deposizione degli oligomeri era identico a quello illustrato nei paragrafi precedenti.
Anche in questo caso sono stati variati il numero di cicli voltammetrici e la velocità di
scansione per ottenere il deposito.
Figura 4.21. Primo ciclo voltammetrico in soluzione racema di BT2T4 con elettrolita di supporto (nero) e senza (rosso, anche in dettaglio).
Il comportamento voltammetrico generale, che può esser individuato sulla base del
primo ciclo voltammetrico nella soluzione contenente il monomero di BT2T4 (Figura
4.21.) rispecchia essenzialmente la forma, e quindi il meccanismo, già descritta in
precedenza per le soluzioni contenenti l’elettrolita. In particolare, non erano presenti
problemi legati al trasporto di massa dovuti alla migrazione, in accordo con la
circostanza che processi elettrodici di specie non cariche non sono affetti da questo tipo
di fenomeno. Una sostanziale differenza che si osserva confrontando il
voltammogramma ottenuto in presenza e in assenza di elettrolita di supporto è la
nascita di un pre-picco piuttosto largo a circa 700 mV quando è assente l’elettrolita di
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-4
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-2
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
56
supporto. Questo picco cade a potenziali simili a quelli del picco osservato nella
formazione degli oligomeri con elettrodi convenzionali dopo cicli successivi, perciò è
attribuibile alla formazione di uno delle specie oligomeriche conduttive, presentate in
Figura 4.4.
Pertanto, per quanto concerne alla caratterizzazione generale, si rimanda a quanto già
detto nel paragrafo precedente.
In Figura 4.22. sono riportati una serie di voltammogammi registrati in una soluzione
contenete il monomero R-BT2T4 a 25 mV/s, variando il numero di cicli da 6 a 30.
Figura 4.22. Voltammogrammi ciclici di depositi R su microeletttodi con diverso numero di cicli: a) 6 cicli, b) 15 cicli, c) 20 cicli, d) 30 cicli.
Il comportamento è simile a quello registrato nelle soluzioni con l’elettrolita di supporto,
infatti emerge che, all’aumentare del numero di cicli, aumenta la corrente complessiva
sia in direzione anodica sia catodica, indicando così la crescita di oligomeri conduttori
alla superficie elettrodica.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-50
0
50
100
150
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
6 cicli
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
0
100
200
300
400
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
15 cicli
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-100
0
100
200
300
400
500
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
20 cicli
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-100
0
100
200
300
400
500
600
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
30 cicli
a) b)
d) c)
57
Poiché dai voltammogrammi si osserva che anche dopo 6 cicli l’elettrodo risulta
ricoperto di oligomero, anche al fine di confinare il deposito sulla superficie attiva
dell’elettrodo, è stato utilizzato un numero di cicli pari a 6 per modificare l’elettrodo.
Con microelettrodi modificati utilizzando 6 cicli ripetuti di potenziale nella soluzione
monomerica, è stato studiato l’effetto della velocità di scansione sul deposito. In Figura
4.23. sono mostrati tipici voltammogrammi relativi al deposito dell’oligomero R
registrati a 25, 50 , 100 e 200 mV/s.
Figura 4.23. Depositi del polimero conduttivo senza elettrolita di supporto e a diverse velocità di scansione.
Dalle curve si osserva che, escludendo il primo ciclo (linea rossa), la corrente più elevata
si ottiene utilizzando la velocità di scansione di 25 mV/s, indicando una più elevata
quantità di deposito. Ciò è congruente con la circostanza che a minore velocità di
scansione corrisponde un tempo maggiore di reazione elettrodica.
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
25 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
40
50
60
70
50 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
-10
0
10
20
30
40
50
60
70
100 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
0
10
20
30
200 mV/s
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
58
Sulla base di queste indicazioni, le condizioni corrispondenti all’utilizzo di 6 cicli ripetuti
a 25 mV/s sono state utilizzate per il successivo studio riguardante le caratteristiche
morfologiche del deposito e i responsi ottenuti con soluzioni contenenti analiti chirali.
Le caratteristiche morfologiche del deposito ottenuto sono mostrate in Figura 4.24.,
dove sono riportate le immagini SEM è l’analisi elementare ottenuta mediante EDX di
un microdisco modificato con R-BT2T4 nelle condizioni ottimizzate.
Figura 4.24. Immagine SEM e spettro EDX di un microelettrodo modificato a 25 mV/s in soluzione di R-BT2T4.
Dalla figura si osserva che, in queste condizioni, il microdisco risulta ricoperto di uno
strato sufficientemente regolare di deposito di oligomero e che esso rimane confinato
nel perimetro del microdisco. La presenza dell’oligomero è confermata dalla
corrispondente immagine EDX, dove risultano evidenti i picchi di C, S e Au, mentre è
assente, come aspettato, il picco di F.
59
La distribuzione elementare dei vari componenti è mostrata in Figura 4.25.
Figura 4.25. Mappatura elementare di un elettrodo modificato in BT2T4 senza elettrolita di supporto.
Risultati analoghi sono stati ottenuti utilizzando la forma S del monomero per il
deposito, pertanto non ne vengono riportati i responsi.
I microelettrodi modificati con questa procedura sono stati studiati in soluzioni di AcCN
con 0.1 M di TBAPF6, utilizzando la finestra di potenziale dove ha luogo l’ossidazione del
probe.
60
Figura 4.26. Voltammetria con elettrodo con deposito in AcCN con elettrolita di supporto.
Dalla Figura 4.26. si osserva che la corrente di fondo è piuttosto disturbata e presenta
un profilo double layer like. È da sottolineare che questo tipo di comportamenti è da
associare alla presenza del deposito oligomerico. In quanto misure di confronto eseguite
con l’elettrodo nudo davano segnali legati al doppio strato elettrico nello stesso
intervallo di potenziale, più elevati ma meno disturbati (Figura 4.27.).
Figura 4.27. Confronto del segnale registrato con elettrodo nudo (nero) e elettrodo modificato (rosso) in AcCN + 0.1 M TBAPF6.
0 200 400 600 800
-500
-400
-300
-200
-100
0
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
0 200 400 600 800
-1000
0
1000
2000
3000
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
61
La possibilità di ottenere informazioni su analiti chirali è stata studiata eseguendo misure
in soluzioni enantiopure e racemiche del probe ferroceniletilammina.
Figura 4.28. Voltammogrammi ottenuti con microelettrodi modificati, in soluzioni di probe contenenti anche l’elettrolita di supporto.
In Figura 4.28. sono riportati tipici voltammogrammi ottenuti in soluzioni dei singoli
enantiomeri e in una soluzione racemica del probe. Entrambe i quadri voltammetrici
mostrano che i profili sono molto disturbati, sebbene si osservino dei processi nella
regione di potenziale corrispondente all’ossidazione della ferroceniletilammina. Inoltre,
le relative correnti sono di almeno un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelle
aspettate per un elettrodo nudo (Figura 4.29.).
100 200 300 400 500 600
-300
-280
-260
-240
-220
-200
-180
-160
-140
-120
-100
-80
-60
-40
-20
0
20
40Deposito: R-(-)BT
2T
4
Fc R
Fc S
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-100 0 100 200 300 400 500 600 700 800
-300
-200
-100
0
100
200
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
62
Figura 4.29. Confronto in una soluzione racemica di probe + TBAPF6 con elettrodo nudo (nero) e elettrodo modificato (rosso).
Sebbene i responsi risultino difficilmente utilizzabili a scopi quantitativi, l’analisi
dettagliata dei voltammogrammi evidenzia una certa selettività nei confronti degli
isomeri R e S.
Infatti, in soluzioni contenenti la miscela racemica del probe si possono intravedere due
processi (vedi freccia in Figura 4.28.), con E1/2 stimabili intorno a 380 mV e 455 mV.
Inoltre, anche nelle soluzioni contenenti i singoli enantiomeri, si individuano potenziali
di semionda distinti, con l’aspettato anticipo del processo di ossidazione della curva
della forma R, essendo il film costituito dall’oligomero R.
Misure ripetute davano segnali piuttosto riproducibili e, alla lunga, si otteneva un
singolo picco analogo a quello dell’elettrodo nudo.
Per quanto riguarda l’abbassamento delle correnti osservato, può esser attribuito al
fatto che l’analita, per dar luogo al processo elettrodico, deve permeare verso la
superficie dell’elettrodo e la zona di permeazione corrisponde alla zona della corona
creata successivamente dalla formazione degli oligomeri stessi.
Una stima della superficie dell’elettrodo coinvolta è stata fatta confrontando le correnti
totali ottenute, nella stessa soluzione di probe, con l’elettrodo nudo e quello modificato.
-100 0 100 200 300 400 500 600 700 800
0
2000
4000
6000
8000 racemo
con deposito R
elettrodo nudo
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
63
Sulla base di queste considerazioni l’area globalmente coinvolta risulta circa 10 volte
inferiore.
Un’altra caratteristica osservata, a cui per il momento non è possibile dare una
spiegazione, è l’elevata corrente catodica che si osserva già nella scansione di andata,
che fa pensare ad un processo elettrodico che porta alla riduzione della forma ossidata
della ferroceniletilammina, piuttosto che all’ossidazione diretta del probe.
Questi risultati evidenziano che il protocollo utilizzato per la preparazione del polimero,
eseguito in soluzione senza l’elettrolita di supporto, e il suo utilizzo in soluzioni
dell’analita chirale contenente l’elettrolita di supporto risultano in qualche misura non
compatibili. Si può ipotizzare, infatti, che la preparazione dell’oligomero in assenza del
TBAPF6 porti all’intrappolamento di cariche, che vengono rilassate nella successiva fase
di condizionamento dell’elettrodo nelle soluzioni contenenti l’elettrolita di supporto. Ciò
potrebbe anche giustificare il disturbo di fondo evidenziato in precedenza e che si
continua ad evidenziare anche in presenza degli analiti chirali.
Per verificare se è la presenza dell’elettrolita di supporto che crea i problemi sopra
evidenziati, misure voltammetriche con l’elettrodo modificato nelle soluzioni senza
TBAPF6 sono state eseguite in soluzioni di AcCN contenenti le due forme enantiomeriche
del probe, in assenza dell’elettrolita di supporto.
Figura 4.28. Voltammogrammi ciclici registrati con microelettrodi modificati, rispettivamente, con deposito R e S, in soluzioni enantiopure di feniletilammina.
In Figura 4.30. sono riportati voltammogrammi relativi ad elettrodi modificati con R-
BT2T4 e S-BT2T4 in soluzioni contenenti i singoli enantiomeri dell’analita. In questo caso
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-1
0
1
2
3
4
5
6 (R)-(-)-BT2T4 in R-Fc
(R)-(+)-BT2T4 in S-Fc
I (n
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
1200
(S)-(-)-BT2T4 in R-Fc
(S)-(+)-BT2T4 in S-Fc
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
64
è stato possibile ottenere profili corrente/potenziale ben definiti e onde voltammetriche
separate di circa 70 mV, in dipendenza dell’accoppiamento chirale oligomero-analita.
Infatti, come già evidenziato con gli elettrodi convenzionali, nel voltammogramma
riferito al deposito R, si osserva che il processo redox relativo all’enantiomero R del
probe avviene a potenziali meno negativi, grazie all’interazione favorevole tra substrato
e analita. Comportamento inverso si nota col deposito S.
La selettività dei due diversi oligomeri chirali è dimostrata anche dall’uso di soluzioni
contenenti la miscela racemica del probe, come mostrato in Figura 4.31., dove le due
onde di stato stazionario sono facilmente distinguibili.
Figura 4.29. Voltammogramma ciclico registrato con un elettrodo con film oligomerico R in soluzione racemica del probe e dettaglio con la sola scansione di andata.
Anche nelle soluzioni senza TBAPF6, tuttavia, si osserva la decisa diminuzione di corrente
rispetto alla situazione ottenuta sull’elettrodo nudo, che conferma la circostanza che
solo una frazione della superficie dell’elettrodo risulta attiva per il processo elettrodico,
verosimilmente corrispondente alle corone ottenute direttamente
dall’oligomerizzazione dei monomeri.
Viste le differenti correnti registrate nelle diverse situazioni, probabilmente a causa di
un incertezza sulla concentrazione dei prodotti di partenza, i voltammogrammi sono
stati normalizzati rispetto la corrente massima di ciascun responso (Figura 4.32.).
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-300
-200
-100
0
100
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
100 200 300 400 500 600 700
-300
-200
-100
0
100
I (p
A)
E (mV) vs Ag/AgCl
65
Figura 4.30. Voltammogrammi di riconoscimento enantiomerico, registrati con deposito R e S e normalizzati.
Per quanto riguarda il deposito R, si riporta in Figura 4.33. la sovrapposizione dei segnali
registrati nella soluzione racemica e quelli nelle soluzioni enantiopure.
Figura 4.31. Confronto tra curve voltammetriche normalizzate relative ad un elettrodo modificato con R-BT2T4 in una soluzione racemica (nero), con probe R (rosso) e con probe S (blu).
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-0.2
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
(R)-(-)-BT2T
4 in R-Fc
(R)-(-)-BT2T
4 in S-Fc
I/I m
ax
E (mV) vs Ag/AgCl
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-0.2
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0 (S)-(+)-BT
2T
4 in R-Fc
(S)-(+)-BT2T
4 in S-Fc
I/I m
ax
E (mV) vs Ag/AgCl
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-0.2
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
(R)-(-)-BT2T
4 in R-Fc
(R)-(-)-BT2T
4 in S-Fc
(R)-(-)-BT2T
4 in Fc racemo
I/I m
ax
E (mV) vs Ag/AgCl
66
È interessante osservare dalla figura la corrispondenza dei due processi relativi alle
forme R e S con quelli della forma racemica.
Infine, per dimostrare che la selettività in queste condizioni sperimentali può essere
ulteriormente amplificata, i segnali voltammetrici sono stati trattati matematicamente
con un software disponibile in Origin per stabilire il differenziale della curva
voltammetrica. In Figura 4.34. sono mostrate le curve differenziali dei singoli analiti e
quella relativa alla soluzione racemica.
Figura 4.32. Curve differenziali relative alle voltammetrie eseguite in soluzione racemica (nero), di solo entantiomero R (rosso) e di solo S (blu).
Da questa immagine risulta che gli analiti, in queste condizioni, sono facilmente
distinguibili.
-100 0 100 200 300 400 500 600 700
-0.002
0.000
0.002
0.004
0.006
0.008
d(I
/Im
ax)
/dE
E (mV) vs Ag/AgCl
Fc S
Fc R
Fc rac
67
5. BIBLIOGRAFIA
[1] Ei Q., Yang Y., Yu G., Zhang Ch., Heeger A.J., J. Am. Chem. Soc., 1996, 118, 3922
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[80] Tesi di dottorato, Arnaboldi S., Chiral Electrochemistry in Ionic Liquid, Università
degli Studi di Milano, Dipartimento di Chimica, A.A. 2013/2014