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SVILUPPO RURALE E AGROENERGIE Città di Castello, 9 giugno 2007 Atti del Convegno Sviluppo Rurale e Agroenergie Aula Magna Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi” Città di Castello, 9 giugno 2007

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SVILUPPO RURALE E AGROENERGIE Città di Castello, 9 giugno 2007

Atti del Convegno

Sviluppo Rurale e Agroenergie

Aula Magna Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi”

Città di Castello, 9 giugno 2007

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Comitato Organizzatore PRESIDENTE: Prof. ssa Anna Maria Giacalone Dirigente scolastico Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi” Tel. 075 855 66 80 E-mail: [email protected]

SEGRETARIO: Dott. Agr. Lorenzo Gragnoli Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Perugia Tel. 333 618 08 17 E-mail: [email protected] Web: http://lorenzogragnoli.googlepages.com

Prof.ssa Antonella Traversini Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi” Tel. 075 855 42 41 E-mail: [email protected]

Dott. Agr. Fabrizio Fancelli Libero Professionista Tel. 333 294 82 83 E-mail: [email protected] Dott. Agr. Giovanni Beccari Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Perugia Tel. 339 455 55 26 E-mail: [email protected] Prof. Massimo Migliorati Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi” Tel. 075 855 42 41 E-mail: [email protected] Prof. Lorenzo Tanzi Istituto di Istruzione Superiore “Ugo Patrizi” Tel. 075 855 42 41 E-mail: [email protected]

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Il Convegno “Sviluppo Rurale e Agroenergie” è stato realizzato:

con il Patrocinio di:

in Collaborazione con:

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Il Convegno “Sviluppo Rurale e Agroenergie” è stato realizzato:

con il Contributo di:

Agripoint s.r.l. di Fabrizio Bizzarri Via dei Mattoni, 11 06055 Marsciano (PG) Tel. 075 874 16 52 Cell. 335 774 75 21

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Comitato di Redazione: Prof.ssa Anna Maria Giacalone Prof.ssa Antonella Traversini Dott. Agr. Lorenzo Gragnoli (coordinatore) Dott. Agr. Giovanni Beccari Sig. Marco Lerda

Nota. Il Comitato di Redazione si scusa per eventuali, involontari errori ed omissioni.

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I

Indice Atti Fernanda Cecchini Impegno del Comune di Città di Castello nel settore delle agroenergie..................................................................................................... 1 Augusto Buldrini Impegno della Regione Umbria nel settore delle agroenergie....................... 5 Angelo Frascarelli Le politiche incentivanti nel settore delle agroenergie: il P.S.R. 2007-2013 e la Legge Finanziaria 2007 ........................................ 13 Paolo Fratini Impegno e prospettive della CIA nel settore agroenergetico ............................................................................ 25 Francesco Lisi Impegno e prospettive della COLDIRETTI nel settore agroenergetico ........................................................................... 30 Alberto Menghini Impegno e prospettive della CONFAGRICOLTURA nel settore agroenergetico ............................................................................ 33 Sebastiano Cami L’organizzazione delle filiere agroenergetiche nel territorio del Consorzio A.M.U. ................................................................................. 36 Marco Dionigi Aspetti tecnici sulla coltivazione del pioppo S.R.F. ................................... 51 Saverio Patacca Analisi tecnico-economica di un impianto per la generazione di biogas ...................................................................................................... 61 Franco Cotana, Gianni Bidini, Cinzia Buratti, Francesco Fantozzi, Pietro Bartocci L’attività del C.R.B. .................................................................................... 70

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II

Mauro Severini Il Piano Energetico Comprensoriale della Comunità Montana Alto Tevere Umbro ...................................................................................... 87 Oliviero Dottorini Il progetto Altotevere Sostenibile ................................................................ 97

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Impegno del Comune di Città di Castello nel settore delle Agroenergie Fernanda Cecchini Sindaco di Città di Castello mail: [email protected] Riassunto Nel “Piano energetico altotiberino”, un’intera sezione è dedicata alle energie rinnovabili: accanto all’eolico, al solare, all’idraulico, ci sono anche le biomasse, su cui il Comune di Città di Castello è impegnato per favorire la realizzazione di una centrale. Rispetto alle “agrienergie” il Comune è chiamato a svolgere un ruolo diverso: accompagnare l’iniziativa privata, garantendo efficienza nella pianificazione territoriale e nella programmazione; assecondare un’alleanza delle forze economiche che assicuri continuità e congruità al reddito della filiera di settore. Il Comune di Città di Castello intende inserirsi nei progetti-pilota per ricercare le condizioni necessarie a colmare il divario competitivo che potrebbe caratterizzare le nuove energie pur in presenza delle misure incentivanti previste nella legislazione nazionale e nel Piano di Sviluppo Rurale umbro 2007-2013. In questa fase sperimentale, si dovranno ricercare per le “agrienergie” soluzioni che permettano un saldo positivo secondo parametri non solo ambientali ma anche economici. La politica e la finanza pubblica possono infatti sostenere ricerca e sperimentazione ma non potranno mai garantire interventi strutturali che spettano alle imprese guidate dalla redditività degli investimenti ed ai cittadini condizionati dall’economicità dei prodotti energetici. Un approccio esclusivamente premiale, legato a finanziamenti incentivanti, potrebbe innescare meccanismi antieconomici destinati dissolversi lasciando inalterati sia i problemi di approvvigionamento energetico sia l’esigenza della modernizzazione agricola. Il comune di Città di Castello” è disponibile ad attivare e coordinare, nell’ambito del “Piano Energetico Altotiberino, un’iniziativa tra i potenziali attori della filiera agroenergetica, convinto che le fonti rinnovabili abbiano bisogno di molti alleati per superare le incognite che presentano. Il Comune di Città di Castello e le agroenergie Per salvaguardare la vocazione agricola dell’Alto Tevere e l’occupazione relativa, il quadro giuridico nazionale, e in Umbria il Piano di sviluppo rurale 2007-2013, propongono strade da percorrere in cui gli enti locali giocano un ruolo strategico perché implicano, nell’orizzonte più ampio della

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modernizzazione, la conversione, sia pure parziale, dell’agricoltura alimentare e agroindustriale in energetica. Un’operazione possibile soltanto mantenendo una griglia di sostenibilità ambientale e sociale, regolata, nei suoi passaggi strutturali, dai soggetti preposti alla gestione del territorio. Le agrienergie sono un elemento interessante nel mosaico complessivo delle alternative: stimolano le aziende alla multifunzionalità, non modificano la fisionomia del tessuto agricolo-industriale, consentendo il mantenimento delle pratiche tradizionali di coltivazione e dell’indotto meccanico, cresciuto intorno al tabacco. Nel “Piano energetico altotiberino”, un’intera sezione è dedicata alle energie rinnovabili: accanto all’eolico, al solare, all’idraulico, ci sono anche le biomasse, su cui il Comune di Città di Castello è impegnato con il progetto di un’isola energetica integrata. Rispetto alle “agrienergie” l’ente pubblico è chiamato a svolgere un ruolo diverso: accompagnare l’iniziativa privata, garantendo efficienza negli adeguamenti della pianificazione territoriale, dell’amministrazione e della programmazione; assecondare un’alleanza, se non un distretto, del sistema produttivo che assicuri continuità e congruità al reddito della filiera agroalimentare. Le resistenze degli agricoltori rispetto alle agrienergie - e alle altre fonti rinnovabili - si concentrano soprattutto sulle incertezze della resa economica e degli interventi programmati, in particolare se il parametro di riferimento è il tabacco. L’introduzione di nuove specie vegetali accanto ai seminativi tradizionali dovrebbe in primo luogo verificare la sostenibilità economica di questa convivenza. Molto dipenderà dal legame che la rete delle filiere agroenergetiche saprà instaurare con le imprese locali, riducendo le distanze tra utenti e mercato dell’energia. Il Comune di Città di Castello intende inserirsi nei progetti-pilota per ricercare le condizioni necessarie a colmare il divario competitivo che penalizza allo stato attuale le nuove energie, pur in presenza di misure incentivanti nella legislazione nazionale e nel Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 dell’Umbria.

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In questa fase sperimentale sarà decisivo indagare soluzioni che permettano un saldo positivo secondo parametri non solo ambientali ma anche economici. La politica e la finanza pubblica possono sostenere ricerca e sperimentazione ma non potranno mai garantire interventi strutturali che spettano alle imprese, guidate dalla redditività degli investimenti, e ai cittadini, condizionati dal costo dei prodotti energetici. Un approccio esclusivamente premiale, legato cioè a finanziamenti e agevolazioni, potrebbe innescare meccanismi antieconomici, destinati a dissolversi, lasciando inalterati sia i problemi di approvvigionamento energetico sia l’esigenza della modernizzazione agricola. D’altronde pensare che la produzione di energia rinnovabile possa essere circoscritta all’uso interno delle aziende agricole (colza, mail, girasole, oli vari) è il punto di partenza, non certo d’arrivo. I consumi energetici del comparto agricolo in Alto Tevere sono appena l’8%, laddove Industria e Artigianato coprono il 44% e il Residenziale arriva al 23%. Il passaggio dalle vecchie alle nuove energie implica un coinvolgimento dal basso, colto bene anche nel preambolo del PECA: in primo luogo tutti i progetti dovranno avere una taratura prettamente locale con effetti che si distenderanno sul territorio di riferimento; in secondo luogo la rete dei progetti dovrà essere rivolta agli utenti, pubblici e privati, del perimetro comprensoriale. A loro dovremmo chiedere - ma questo è un processo mondiale - di mutare abitudini e di condividere una nuova visione dello sviluppo, coerente con l’identità ambientale e culturale, basato sull’utilizzo razionale delle risorse e sulla conservazione di un sostanziale equilibrio tra esigenze delle imprese e del lavoro. Le agrienergie sono anche un’occasione per creare opportunità occupazionali e reddito alla popolazione rurale, mantenendo il presidio del territorio e diversificando l’attività agricola. La multifunzionalità in agricoltura si è infatti dimostrata un tramite efficace per attività economiche alternative e professioni innovative, legate all’evoluzione del settore e alla valorizzazione turistica. Ma per trasferire politiche e strategie in azioni concrete, come la realizzazione e la localizzazione di interventi, una condivisione degli obiettivi tra ente pubblico e soggetti privati diventa preliminare.

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Nell’ambito del “Piano Energetico Altotiberino”, il comune di Città di Castello in questa sede si rende ufficialmente disponibile a coordinare un’iniziativa tra tutti i potenziali attori della filiera agroenergetica, convinto che le fonti rinnovabili abbiano bisogno di molti alleati per superare le incognite che presentano e conquistare nel mix mondiale dell’energia primaria una posizione non residuale o di semplice testimonianza. L’obiettivo di macroscenari come gli Accordi di Kyoto o del nostro Piano energetico, in fondo, coincide: ridurre le emissioni climalteranti grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili, la cui competitività sul mercato possa contrastare l’uso e la diffusione delle fonti

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Impegno della Regione Umbria nel settore delle agroenergie Augusto Buldrini Responsabile Sezione “Investimenti aziendali ed interaziendali delle imprese agricole” del Servizio “Aiuti alle imprese e alle filiere agricole ed agroalimentari” mail: [email protected] Riassunto L'argomento trattato è incentrato sulla presentazione del Programma di Sviluppo Rurale 2006-2013. In tale contesto vengono illustrate le misure del programma che prevedono la possibilità di sostenere operazioni/interventi a favore delle agroenergie con un focus sui progetti di filiera che, nella fattispecie, si ritengono particolarmente adatti. Il P.S.R. 2007-2013 Il Programma di Sviluppo Rurale della Regione Umbria è l’ultimo documento che chiude la fase della programmazione prevista dal regolamento CE n. 1698/2005. Tale regolamento ha introdotto alcune novità rispetto al precedente periodo di programmazione che possono riassumersi in:

- Semplificazione. - Concentrazione su strategie e obiettivi comunitari. - Inserimento del leader nella programmazione principale.

La semplificazione viene realizzata prevedendo un unico programma per ciascun fondo, al contrario della precedente edizione dove era prevista una programmazione basata sulla predisposizione di differenti documenti a secondo che si trattasse del fondo FEOGA-Garanzia o FEOGA-Orientamento. L’approccio strategico della nuova programmazione si concretizza con:

- la individuazione di soltanto tre obiettivi prioritari che, unitamente agli altri individuati dalla politica di coesione dell’UE (regolamento CE n. 1083/2006), concorrono, nei territori rurali della Comunità, alla crescita economica e al miglioramento dell’occupazione. Gli obiettivi individuati sono:

o competitività del settore agricolo e forestale; o gestione del territorio; o diversificazione dell’economia rurale e qualità della vita.

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- La individuazione da parte del Consiglio di un numero determinato di orientamenti strategici comunitari (OSC) e, per ciascuno, di azioni chiave che fungono da riferimento per la strategia nazionale degli Stati membri e, conseguentemente, per i Programmi di Sviluppo Rurale. Gli orientamenti forniscono altresì indicazioni per assicurare la coerenza della programmazione e la complementarietà tra lo gli strumenti comunitari al fine di sviluppare le sinergie tra le politiche strutturali, la politica dell’occupazione e la politica dello sviluppo rurale.

- La formulazione di un Piano Strategico Nazionale (PSN) che garantisca la coerenza tra il sostegno comunitario allo sviluppo rurale e gli OSC e costituisca strumento di riferimento per la programmazione del FEASR.

- La predisposizione di Programmi di Sviluppo Rurale che in Italia, in relazione alle materie di competenza esclusiva regionale, sono redatti dalle Regioni.

Naturalmente il processo di elaborazione del Programma di Sviluppo Rurale si è sviluppato, come del resto tutta l’attività di programmazione strategica della Regione, in costante partenariato con le componenti economiche e sociali più rappresentative concludendosi con l’adozione di tutte le misure proposte dalla normativa comunitaria nell’ambito dei tre assi prioritari dalla stessa individuati. Attualmente la proposta di PSR 2007/2013 della Regione Umbria, inoltrata ufficialmente tramite il sistema SFC2007 dell’IGGRUE in data 15 marzo 2007, è al vaglio dei Servizi della Commissione. Tale proposta, coerentemente con gli orientamenti comunitari e il Piano strategico nazionale, ha previsto la possibilità di sostenere, attraverso aiuti diretti o sostenendo indirettamente le colture dedicate, la realizzazione di impianti per la produzione di energia da biomasse. Si elencano di seguito gli elementi salienti delle misure del PSR Umbria 2007/2013 per le quali è possibile intervenire a vantaggio delle agroenergie. Misura 1.2.1 – Ammodernamento delle aziende agricole

- Interventi sostenibili: o Acquisto, realizzazione e ammodernamento opifici aziendali. o Acquisto di macchinari e attrezzature nuovi, hardware e

software, brevetti e licenze e altri investimenti immateriali. - Condizioni di ammissibilità:

o Miglioramento rendimento globale.

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o Conformità alle norme comunitarie, nazionali e regionali applicabili all’investimento.

- Intensità aiuto: o fino al 50% zone svantaggiate; o fino a 40% zone non svantaggiate; o + 10 % se Giovane Agricoltore.

- Area intervento: o Tutto il territorio regionale.

- Beneficiari: o Imprenditori agricoli singoli ed associati;

Misura 1.2.2 – Migliore valorizzazione economica delle foreste Azione a) – valorizzazione energetica delle biomasse forestali

- Interventi sostenibili: o Acquisto impianti valorizzazione energetica biomasse

forestali. o Realizzazione reti teletermia. o Acquisto macchinari e attrezzature forestali, hardware e

software. o Spese immateriali: Piani di gestione forestali;consulenze e

spese progettazione. - Condizioni di ammissibilità:

o Titolari di almeno 100 ha di bosco gestiti con PGF (art.7 reg. reg.le 7/2002).

- Intensità aiuto: o fino al 60% zone svantaggiate: o fino a 50% zone non svantaggiate; (Possibili limiti degli impianti e di spesa in relazione alle sup. forestali);

- Area intervento: o Tutto il territorio regionale escluse foreste demanio (stato o

R.U.) o di proprietà di Enti Pubblici o società partecipate per oltre 50%.

- Beneficiari: o Persone fisiche e giuridiche di diritto privato singole o

associate;Comuni e C.M.; (priorità per privati). Misura 1.2.3 – accrescimento valore aggiunto prodotti agricoli e forestali Az. a) – trasformazione e commercializzazione prodotti agricoli e forestali

- Interventi sostenibili:

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o Acquisto, realizzazione o ammodernamento opifici, impianti fissi e manufatti.

o Acquisto terreni (max 10%). o Acquisto macchinari e attrezzature, hardware e software. o Spese immateriali:consulenze, spese generali (progettazione,

collaudi, studi). - Condizioni di ammissibilità:

o Rapporti contrattuali o societari con produttori settore primario.

o Miglioramento rendimento globale aziende. o Riguardare trasformazione e comm. ne e/o sviluppo di nuovi

prodotti, processi e tecnologie riguardo ai prodotti allegato 1 Trattato.

o Rispetto requisiti comunitari applicabili investimento. - Intensità aiuto:

o fino al 40%. - Area intervento:

o Tutto il territorio regionale. - Beneficiari:

o Persone fisiche e giuridiche singole o associate;

Misura 1.2.4 – cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti processi e tecnologie nei settori agricolo agroalimentare e forestale. (az. a) e b))

- Interventi sostenibili: o Operazioni preliminari, come lo studio, la progettazione, lo

sviluppo e il collaudo, relative allo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie.

o Investimenti materiali e/o immateriali relativi all’aggregazione, sostenuti prima dell’utilizzo ai fini commerciali dei nuovi prodotti, processi e tecnologie di recente sviluppo.

- Condizioni di ammissibilità: o L’aggregazione deve comprendere soggetti in grado di

garantire lo sviluppo di innovazione di prodotto e di processo e soggetti utilizzatori delle innovazioni stesse tra cui i produttori primari in agricoltura e foreste e le imprese di trasformazione.

- Intensità aiuto: o fino al 100%.

- Area intervento:

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o Tutto il territorio regionale. - Beneficiari:

o Aggregazioni comprendenti: imprenditori agricoli, singoli o associati, ai sensi

dell’art. 2135 del C.C. e imprese di trasformazione; 3A Parco tecnologico agroalimentare e/o Centro

agroalimentare dell’Umbria; eventuali altre terze parti.

Il sostegno è concesso al capofila responsabile amministrativo e finanziario che sovrintende al funzionamento dell’aggregazione e coordina l’attuazione del progetto.

Misura 2.1.4 – pagamenti agroambientali – misura i)

- Interventi sostenibili: o Sono ammissibili agli aiuti previsti dalla presente azione

esclusivamente le superfici inserite nelle ordinarie rotazioni colturali praticate in azienda.

- Condizioni di ammissibilità: o Dimostrare l’utilizzazione delle produzioni per la

valorizzazione energetica tramite piano colturale con colture a fini energetici programmate nei singoli appezzamenti.

o Rispetto specifiche indicazioni tecniche richiamate nella scheda di misura.

- Intensità aiuto: o 280 €/ha per graminacee; 160 €/ha per oleaginose.

- Area intervento: o Tutto il territorio regionale.

- Beneficiari: o Imprenditori agricoli, singoli o associati, ai sensi dell’art.

2135 del C.C.; Enti pubblici limitatamente a terreni gestiti direttamente per l’attività agricola

Misura 2.2.1 – imboschimento di terreni agricoli

- Interventi sostenibili: o Spese di impianto e costi di manutenzione

dell’imboschimento (premio annuale per ettaro per un massimo di 5 anni) nonché compensazione per la perdita di reddito (premio annuale per ettaro per un massimo di 15 anni) per:

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impianti a rapido accrescimento per la produzione di biomassa;

imboschimenti permanenti multifunzionali a prevalente funzione protettiva;

impianti di arboricoltura da legno misti; impianti di arboricoltura da legno misti in

consociazione con specie a rapido accrescimento. - Condizioni di ammissibilità:

o Imboschimento su terreni coltivati a seminativi, prati, prati pascoli e pascoli e colture arboree, purché coltivati per i tre anni precedenti la presentazione della domanda.

- Intensità aiuto: o 100% per Pubblico; 70% per privati (+10% zone

svantaggiate) su max: 3.200 €/ha per impianti arboricoli da legno misti; 5.500 €/ha per imboschimenti permanenti con

funzione protettiva; 2.800 €/ha per S.F.R.; 4.050 €/ha per impianti misti (consociati

legno+S.F.R.); 300 €/ha per manutenzione 5 anni; indennità 15 anni

da 92€/ha a 700€/ha per “agricoltori” e da 92 a 150 per persona fisica o giuridica di diritto privato.

- Area intervento: o Tutto il territorio regionale.

- Beneficiari: o Persone fisiche e giuridiche di diritto privato singole e

associate per tutto; Enti pubblici solo per impianto e spese manutenzione.

Misura 2.2.3 – imboschimento di superfici non agricole

- Interventi sostenibili: o Spese di impianto e costi di manutenzione

dell’imboschimento (premio annuale per ettaro per un massimo di 5 anni) per:

impianti a rapido accrescimento per la produzione di biomassa (dimostrare valorizzazione energetica);

imboschimenti permanenti multifunzionali a prevalente funzione protettiva;

impianti di arboricoltura da legno misti;

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impianti di arboricoltura da legno misti in consociazione con specie a rapido accrescimento.

imboschimenti periurbani. - Condizioni di ammissibilità:

o Imboschimenti di : aree in erosione; bacini idrografici minore copertura forestale; terreni di pianura dove l’imboschimento ha un alto valore ecologico;altre aree.

- Intensità aiuto: o 100% per Pubblico; 70% per privati (+10% zone

svantaggiate) su max idem misura 221; o 600 €/ha per manutenzione primi 2 anni e 300 €/ha per i 3

anni successivi. - Area intervento:

o Tutto il territorio regionale. - Beneficiari:

o Persone fisiche e giuridiche di diritto privato singole e associate, Enti pubblici e associazioni agrarie.

Misura 3.1.2 – sostegno alla creazione e allo sviluppo di microimprese Azione c) creazione e ammodernamento di microimprese orientate allo sfruttamento delle energie rinnovabili.

- Interventi sostenibili: o Spese di costituzione, avviamento e organizzazione relativi al

personale, macchine, attrezzature ed altre spese connesse all’avvio del funzionamento.

- Condizioni di ammissibilità: o Persone fisiche e giuridiche che intendono costituire

microimprese che si impegnino a svolgere l’attività per almeno 5 anni. L’aiuto è altresì subordinato alla approvazione di un piano di fattibilità che dimostri la convenienza economica dell’investimento.

- Intensità aiuto: o fino al massimo previsto dalla regola del “de-minimis” per i

settori extra-agricoli ai sensi della normativa comunitaria vigente. L’aiuto viene corrisposto nel corso dei primi tre anni di attività dell’impresa, erogabili in una unica soluzione o secondo le seguenti intensità:

80% per il primo anno; 60% per il secondo anno; 40% per il terzo anno, del costo ammissibile.

- Area intervento:

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o Tutto il territorio regionale con priorità aree rurali con P.C.S. - Beneficiari:

o Persone fisiche singole e associate con priorità per fasce deboli.

Nel corso del negoziato con i Servizi della Commissione potranno essere richiesti degli adattamenti o integrazioni che, se pur in modo non sostanziale, potrebbero variare alcuni elementi posti nell’ambito delle misure sopra descritte. Ad esempio sembra abbastanza pacifico che gli impianti arborei a ciclo breve (SFR), debbano ricondursi alla misura investimenti aziendali anziché imboschimento così come altrettanto definitiva sembra essere la decisione che il sostegno agli investimenti per impianti i produzione di energia non autoconsumata dal produttore ma venduta, non rientrando tale prodotto tra quelli agricoli dell’allegato I al Trattato, possa scontare la regola “de minimis”.

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Le politiche incentivanti nel settore delle agroenergie: il P.S.R. 2007-2013 e la Legge Finanziaria 2007 Angelo Frascarelli Ricercatore, Dipartimento di Scienze Economico Estimative e degli Alimenti, Sezione Scienze Economiche ed Estimative, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Perugia mail: [email protected] Riassunto Le energie rinnovabili suscitano oggi un grande interesse per la necessità di contribuire alla riduzione della dipendenza energetica e di concorrere al contrasto dei cambiamenti climatici. Queste motivazioni hanno spinto le Autorità pubbliche (Unione europea e Stati nazionali) ha introdurre una normativa di forte incentivazione della produzione di biomasse per la produzione di energia rinnovabile. Anche l’Italia, con le recenti normative derivanti dalla Legge Finanziaria 2007, ha messo in campo una serie di nuove politiche incentivanti, soprattutto per la produzione di energia derivante da biomassa locale e/o di filiera nazionale. Tuttavia, gli incentivi sono una condizione necessaria, ma non sufficiente per il successo di una iniziativa imprenditoriale: occorre un’attenta valutazione della fattibilità dei progetti in funzione delle risorse produttive ed umane locali. Le politiche La generazione di energia da fonti rinnovabili, in particolare da biomassa di provenienza agricola, ha assunto recentemente un crescente interesse - forse eccessivo -, in quanto è considerata un’alternativa alle fonti tradizionali di energia e un valido contributo alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento al contrasto ai cambiamenti climatici. L’Unione europea nel “Piano di azione per la biomassa” (Commissione europea, 2005) mette in evidenza che il maggiore ricorso alla biomassa potrebbe offrire nel 2010 i seguenti vantaggi:

• diversificazione dell’offerta energetica in Europa, con un aumento del 5% della quota delle fonti rinnovabili d’energia e una riduzione dal 48%-42% del livello dell’energia importata;

• riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra dell’ordine di 209 milioni di tonnellate di CO2eq all’anno;

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• occupazione diretta di 250-300.000 addetti, principalmente nelle aree rurali (al riguardo gli studi di impatto riportano dati fortemente divergenti);

• eventuale pressione al ribasso sul prezzo del petrolio, risultante dalla flessione della domanda.

Per queste ragioni, negli ultimi anni, sono state emanate dall’Unione europea e dai Governi Nazionali una serie di politiche pubbliche di incentivazione delle agroenergie. In particolare, l’Unione europea ha adottato numerose iniziative, tra cui la liberalizzazione del settore dell’elettricità e del gas, la promozione della cogenerazione di energia elettrica e termica, la promozione delle fonti di energia rinnovabili (FER), il miglioramento dell’efficienza energetica. Analogamente il Governo Italiano, soprattutto con la manovra Finanziaria 2007, ha riformato la propria legislazione, sviluppando un quadro normativo fortemente incentivante per le agroenergie. In questo relazione vengono illustrate le principali politiche che incentivano il settore delle agroenergie, sia livello comunitario che nazionale. 1. Le politiche incentivanti a livello comunitario Per stimolare la produzione di biomassa ad uso agroenergetico la politica comunitaria ha messo in atto diversi strumenti. Alcuni dei questi intervengono direttamente nell’incentivazione agli agricoltori o agli imprenditori in generale, per stimolare investimenti nel settore delle agroenergie, soprattutto per il tramite delle risorse della PAC o dei fondi strutturali. L’azione principale dell’Ue è concentrata nel coordinamento delle azioni degli Stati membri; a tal fine sono state emanate una serie di direttive:

- Direttiva 96/92/CE per la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e gas, che ha fornito norme di concorrenza comuni, inerenti lo stoccaggio, il trasporto e la diffusione del gas sia naturale, del biogas e del gas proveniente dalla biomassa;

- Direttiva 98/30/CE inerente la creazione di un mercato unico dell’energia elettrica, pertanto regola e fornisce norme comuni per la generazione, la trasmissione ed il dispacciamento dell’energia elettrica;

- Direttiva 2001/77/CE che rappresenta un concreto aiuto alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, chiamando ogni Stato membro a fissare un proprio obiettivo di produzione di energia elettrica derivata da fonti

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energetiche rinnovabili, ma anche al rispetto delle modalità di adempimento di tali obiettivi;

- Direttiva 2003/30/CE che incoraggia la diffusione e l’impiego dei biocarburanti, fissando delle quote minime di mercato1; per l’anno 2005 era prevista una quota del 2%, che non è stata raggiunta, mentre è stata fissata al 5,75% quella relativa al 2010.

1.1. Le misure a favore delle agroenergie nella PAC Il primo incentivo a favore delle agroenergie è insito nella recente riforma della PAC del 2003. Con essa, il sostegno al reddito degli agricoltori non è più vincolato alla produzione agricola; gli agricoltori continuano a ricevere il sostegno e sono liberi di praticare qualunque coltivazione, quindi possono rispondere liberamente alla crescente domanda di colture energetiche. Inoltre, la riforma ha introdotto un regime speciale di “aiuto alle colture energetiche” di 45 euro/ha per tutte le superfici agricole investite a qualsiasi prodotto, a condizione che i prodotti ottenuti siano destinati alla produzione energia termica, elettrica o meccanica e/o biocarburanti e biocombustibili. L’aiuto è limitato ad una superficie massima a livello comunitario di 1,5 milioni di ettari. L’agricoltore che intende beneficiare di tale aiuto è tenuto a sottoscrivere un apposito contratto di coltivazione con un’industria di trasformazione che attesti la destinazione agroenergetica. In ultimo, la PAC consente la possibilità di utilizzare i terreni soggetti ad obbligo di “ritiro dalla produzione” (set aside) per l’impianto di colture energetiche, comprese le colture a breve ciclo di rotazione (es. short rotation forestry) ed altre colture perenni. Anche in questo caso, l’agricoltore è obbligato a sottoscrivere un apposito contratto di coltivazione con un’industria di trasformazione. Un altro mezzo di incentivazione sono i Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), in cui tutte le Regioni hanno inserito misure prioritarie per stimolare gli investimenti nel settore delle agroenergie. Le suddette misure possono apparire limitate ed insufficienti a rappresentare un forte stimolo per la produzione di biomassa di origine agricola. In realtà, si tratta di una scelta ben precisa: la politica comunitaria non intende promuovere la produzione di biomassa attraverso contributi alla produzione, ma tramite l’obbligo di produzione di energia rinnovabile da parte delle imprese energetiche; come si vedrà nei paragrafi successivi, l’incentivo alle

1 L’imposizione di volumi obbligatori di biocarburanti da immettere in commercio, sembra un modo promettente per superare le difficoltà legate alle esenzioni fiscali e per fa sì che gli obiettivi siano conseguiti ad un costo competitivo.

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biomasse deriva dalla politica energetica, come ad esempio dal meccanismo dei certificati verdi e dall’obbligo di miscelazione dei biocarburanti nei carburanti di origine fossile. 1.2. Il Piano di azione per la biomassa Il “Piano d’azione per la biomassa” è un recente documento strategico della Commissione europea che annuncia una serie di misure volte a intensificare la produzione di energia ricavata dal legno, dai rifiuti e dalle colture agricole, mediante la creazione di incentivi basati sui meccanismi di mercato e l’abbattimento delle barriere che ostacolano lo sviluppo del mercato. Pubblicato il 7 dicembre 2005, il Piano d’azione rappresenta una prima iniziativa di coordinamento e definisce alcune misure atte a promuovere l’impiego della biomassa per il riscaldamento, la produzione di elettricità e per i trasporti, accompagnate da misure trasversali concernenti l’approvvigionamento, il finanziamento e la ricerca nel settore delle biomasse. Secondo questo documento, l’attuale utilizzo di biomassa in Europa ammonta al 4% del suo fabbisogno energetico, ma allo stesso tempo ipotizza che se l’Europa sfruttasse interamente il suo potenziale, potrebbe più che raddoppiare il suo consumo di biomassa entro il 2010, passando da 69 milioni di tep2 del 2003, a circa 185 milioni di tep nel 2010. Tutto ciò avverrebbe senza alterare in maniera massiccia la sua produzione alimentare locale. Sempre lo stesso Piano ipotizza che un equilibrato sviluppo delle biomasse potrebbe garantire, entro i prossimi 5 anni, il 10% dei fabbisogni di energia primaria dell’UE. Nel documento, la Commissione auspica un aumento del 5% della quota di fonti rinnovabili d’energia, una diminuzione delle emissioni con effetto serra pari a 209 milioni di tonnellate di CO2, una pressione al ribasso sul prezzo del petrolio, un aumento dei posti di lavoro nelle zone rurali e un ampliamento della leadership tecnologica dell’Unione Europea nei seguenti settori:

1. utilizzo della biomassa per la produzione di calore ed elettricità: la Commissione, cosciente del basso ritmo di crescita registrato nell’impiego della biomassa per il riscaldamento, al fine d’incoraggiare gli Stati a sfruttare il potenziale offerto dalla stessa, propone le seguenti misure specifiche:

2 Tonnellate di equivalente petrolio.

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a. una nuova normativa specifica per incoraggiare l’utilizzo delle energie rinnovabili per il riscaldamento;

b. modificazione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia al fine di incentivare l’impiego d'energia rinnovabile3;

c. l’elaborazione di uno studio sulle possibilità di migliorare l’efficienza delle caldaie domestiche alimentate a biomasse e di ridurre l’inquinamento nella prospettiva di arrivare a fissare dei requisiti nell’ambito della direttiva sull’ecodesing;

d. l’incentivazione per estendere il sistema di teleriscaldamento attraverso l’applicazione di aliquote IVA ridotte, così come accade attualmente per il gas naturale ed elettricità.

Allo stesso tempo è incoraggiato l’impiego del potenziale posseduto dalle biomasse nella produzione d’elettricità attraverso l’uso di biomasse economicamente efficienti. Gli Stati membri sono esortati dunque a tenere conto dei benefici derivanti dagli impianti di cogenerazione nei loro meccanismi di sostegno.

1. Produzione di biocarburanti: attraverso il piano d’azione per promuovere i biocarburanti, la Commissione individua sette obbiettivi:

a. stimolare la domanda, attraverso una probabile revisione entro il 2006 dell’attuale direttiva sui biocarburanti;

b. ottenere i benefici ambientali, esaminando l’effettivo contributo dei biocarburanti alla riduzione di CO2 per il parco macchine e attuazione di un regime di garanzia e sostenibilità delle materie prime impiegate;

c. sviluppare la produzione e la distribuzione attraverso la creazione di un gruppo di esperti che valuti l’opportunità che i biocarburanti e le biomasse possono offrire nell’ambito dei programmi nazionali per lo sviluppo rurale;

d. aumentare l’approvvigionamento di materie prime, attraverso: l’utilizzo delle barbabietole per la produzione di bioetanolo e dei cereali all’intervento, un piano d'azione forestale, l’eventuale modifica della legislazione dei sottoprodotti animali per facilitare il loro impiego nella produzione di biocarburanti;

e. rafforzare le opportunità commerciali attraverso eventuali modifiche alle norme del biodiesel per facilitarne l’utilizzazione di una più ampia gamma di oli vegetali;

3 Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia.

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f. sostenere i Paesi in via di sviluppo, in particolare quelli penalizzati dalla riforma dell’OCM zucchero, attraverso misure di accompagnamento capaci d’incentivare la produzione di bioetanolo;

g. sostenere la ricerca capace d’incrementare l’utilizzazione dell’intera pianta da parte delle bioraffinerie e lo sviluppo di biocarburanti di seconda generazione.

2. Questioni trasversali: le misure precedentemente descritte, dipendono dalla disponibilità di un’adeguata offerta di biomassa, quindi al fine d'incentivare tale offerta, la Commissione propone:

a. la priorità all’implementazione di uno schema per le colture energetiche;

b. finanziamenti a campagne d’informazione destinate agli agricoltori per sensibilizzarli sulle opportunità offerte dalle colture energetiche;

c. sviluppo di un piano forestale per dare giusta importanza agli utilizzi energetici del materiale forestale;

d. l’ottimizzazione nell’uso dei rifiuti puliti come carburanti, attraverso la revisione del quadro legislativo in materia di rifiuti;

e. incoraggia gli Stati membri a adottare piani d’azione nazionali in materia di biomasse;

f. incoraggia gli stati membri e le Regioni affinché tengano nella giusta considerazione le biomasse nei piani di sviluppo rurale.

3. Azioni di ricerca: la Commissione UE attribuisce grande importanza alla ricerca nel campo della biomassa e contempla diverse azioni ad essa connessa. In modo particolare le aree d'attività più importanti previste dal piano d’azione sono:

a. lo sviluppo di una piattaforma tecnologica dedicata ai biocombustibili e diretta dagli operatori del settore;

b. lo sviluppo del concetto di bioraffinazione ; c. la ricerca relativa ai biocarburanti di seconda generazione,

per la quale si prevede un forte incremento dei finanziamenti comunitari.

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2. Le politiche nazionali per la promozione delle energie rinnovabili di origine agricola Anche il Governo nazionale ha messo in campo una serie di nuove politiche incentivanti, soprattutto con l’ultima Legge Finanziaria 2007, con la quale è stato definito in modo organico il quadro normativo per lo sviluppo delle filiere bioenergetiche, mirando, in particolare:

1) al rafforzamento degli obblighi legati al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto;

2) alla revisione della disciplina dei certificati verdi; 3) alla creazione di un mercato delle agroenergie, attraverso la concreta

attivazione dell’obbligo di immissione in commercio di quantitativi di biocarburante di origine agricola;

4) alla disciplina delle esenzioni di accise sui biocarburanti, che peraltro vengono potenziate nel quantitativo esente, al fine di renderle più incentivanti nei confronti di prodotti provenienti da filiere agroenergetiche che hanno sottoscritto accordi produttivi;

5) alla partecipazione forte del mondo agricolo alla definizione delle scelte ed all’allocazione delle risorse per l’incentivazione;

6) all’attivazione di procedure amministrate efficienti per consentire l’utilizzo di eventuali quote di esenzione d’accisa non utilizzate, anche in passato, nonché per rendere effettivamente cogenti gli obblighi di immissione in commercio dei carburanti agroenergetici;

7) all’inserimento della produzione e della cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, tra le attività connesse ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile: tali attività si considerano produttive di reddito agrario.

2.1. La revisione del meccanismo dei certificati verdi per la produzione di energie elettrica La novità più rilevante delle disposizioni conseguenti alla manovra Finanziaria 2007 è la modifica della disciplina dei certificati verdi. Con Finanziaria 2007 (comma 382, articolo 1), il Parlamento ha conferito la delega al Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per la revisione della disciplina dei certificati verdi, entro il 30 giugno 2007, finalizzata ai seguenti obiettivi:

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a) incentivare l’impiego a fini energetici delle materie prime provenienti dai contratti di coltivazione;

b) incentivare l’impiego a fini energetici di prodotti e materiali residui provenienti dall’agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e di trasformazione alimentare, nell’ambito di progetti rivolti a favorire la formazione di distretti locali agro-energetici;

c) incentivare l’impiego a fini energetici di materie prime provenienti da pratiche di coltivazione a basso consumo energetico e in grado di conservare o integrare il contenuto di carbonio nel suolo.

Dal punto di vista economico, la produzione di energia da biomassa di filiera sconta una maggiore incidenza dei costi di impianto rispetto ad altri tipi di energie rinnovabili, ma soprattutto si basa su una differente logica economica. Infatti – a differenza di un impianto eolico o fotovoltaico che richiede solo l’investimento iniziale e quindi un ammortamento su cui verificare il rientro economico –, nelle biomasse oltre all’investimento dell’impianto si pone annualmente la necessità di approvvigionarsi, con un costo specifico, della materia prima-biomassa, che è obiettivo nazionale promuovere, nell’ottica di un approvvigionamento locale. Poste queste basi, la normativa attribuisce prima di tutto un maggior valore al certificato verde ottenuto da energia proveniente da biomassa locale e/o di filiera nazionale. Solo in questo modo, infatti, si potrà promuovere la sostenibilità della filiera di biomassa locale. A tal fine, la nuova normativa introduce:

1. un meccanismo “coefficiente di moltiplicazione” per assegnare – in caso di produzione da biomassa agricola in filiera – l’emissione di un numero di certificati verdi superiore a parità di energia rinnovabile prodotta;

2. un prolungamento della durata del periodo di autorizzazione all’emissione;

3. un meccanismo di “conto energia” per gli impianti di piccola dimensione (inferiori ad un 1 MW).

Le novità della nuova normativa sono decisamente interessanti per il mondo agricolo, prevedendo condizioni molto vantaggiose per le produzioni di energia elettrica ottenute da biomassa di origine locale. Infatti il “certificato verde” da biomassa proveniente da un’area di non oltre 70 km dall’impianto di trasformazione in energia avrà un valore di 1,8 volte (coefficiente di moltiplicazione) rispetto al “certificato verde convenzionale”. Inoltre la durata sarà prolungata a 15 anni. Per gli impianti fino a un 1 MW, l’imprenditore potrà scegliere tra due opzioni:

1. il sistema appena descritto del coefficiente di moltiplicazione 1,8; il che significa che, con i valori attuali del certificato verde di circa

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0,125 euro/kW/ora, l’applicazione della nuova normativa poterà i ricavi da certificato verde a 0,225 euro/kW/ora;

2. una remunerazione dell’energia elettrica a prezzi convenzionati di 0,30 euro/kW/ora (fissi per 15 anni), che comprende sia il valore dell’energia elettrica che del certificato verde.

Entrambe le opzioni sono molto interessanti e incentiveranno fortemente la produzione di energia elettrica proveniente da biomassa locale (in un raggio di 70 km dall’impianto) e dovrebbero far nascere molti nuovi impianti, con l’obiettivo di recuperare il gap con gli altri Paesi europei nella produzione di energia rinnovabile. 2.2. Obblighi e incentivi per la produzione e immissione in consumo di biocarburanti A seguito della sottoscrizione del Contratto Quadro Nazionale sui biocarburanti, nel corso del 2007 è stata concretamente avviata la filiera del biodiesel italiano con circa 45.000 ettari dedicati a colture energetiche. A completamento delle norme già in essere, i Regolamenti applicativi della finanziaria 2007 in materia di incentivazione alla produzione e immissione in consumo di biocarburanti prevedono:

- l’obbligo di incorporazione dei biocarburanti nel gasolio e nella benzina;

- una premialità per i prodotti legati al territorio e legati da contratti quadro e intese di filiera;

- la definizione della sanzione annuale in caso di mancato rispetto degli obiettivi;

- la priorità alle produzioni derivanti da contratti quadro e di filiera per l’assegnazione dei contingenti defiscalizzati.

Inoltre, al fine di assicurare il rispetto degli obiettivi stabiliti dalla direttiva comunitaria sui biocarburanti e di permettere alle filiere interessate uno sviluppo su basi certe, i Ministri hanno annunciato che in Finanziaria 2008 – coerentemente agli indirizzi del DPEF – verrà definito l’innalzamento della quota di obbligo di incorporazione dei biocarburanti, e verrà esteso tale obbligo oltre il 2012. 3. Scenari di sviluppo degli impianti a biomasse Tali politiche non sono neutre dal punto di vista finanziario, anzi comportano un importante costo diretto per le Amministrazioni pubbliche e/o un costo indiretto per i consumatori. Tuttavia esse sono state rafforzate ed amplificate, negli ultimi anni, dietro la sollecitazione di una serie di ampie ed importanti motivazioni che oggi assillano l’economia e la società

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europea: l’alto prezzo dei combustibili fossili, la necessità di ridurre la forte dipendenza energetica nazionale ed europea, la fragilità del sistema di approvvigionamento energetico, gli impatti ambientali negativi che possono derivare dall’utilizzo delle fonti energetiche tradizionali, la necessità di contrastare i cambiamenti climatici. Lo scenario di crescita nell’arco di sette anni delineato dalla Commissione Europea nel “Piano d’azione per la biomassa” (2005) dovrebbe portare a più che raddoppiare i contributi delle biomasse a livello europeo. Tale dato risulterebbe in linea con quello ipotizzato a livello nazionale che, nell’arco dei prossimi 10 anni, prevede, nell’ipotesi di minimo e massimo sviluppo degli impianti a biomassa, una crescita compresa tra il doppio e il triplo rispetto ai contributi attuali. Se si raggiungeranno questi obiettivi si avranno effetti positivi non soltanto di natura ambientale ma anche un rilevante impatto dal punto di vista dello sviluppo economico del comparto primario. Questo aspetto riveste una importanza fondamentale se si considera la necessità di trovare risposte al problema dell’abbandono delle aree marginali del territorio rurale italiano, ma anche alle problematiche introdotte dalle recenti riforme della PAC (disaccoppiamento) e di singole OCM (es. bieticolo-saccarifero), e ai problemi possibili con le riforme previste per i prossimi anni. Un ulteriore impatto positivo derivante dallo sviluppo di filiere agro-energetiche è costituito dalle possibili minori emissioni attuabili con impianti di produzione di biogas ai fini del rispetto degli standard imposti dalla Direttiva Nitrati. D’altro canto, oltre alle considerazioni fino a qui riportate è necessario sottolineare il possibile rischio di conflittualità tra produzioni agro-energetiche e produzioni per le filiere alimentari. In questo senso bisogna operare avendo cura di garantire un sostegno al settore agro-energetico evitando però qualsiasi possibilità di sovracompensazione. Nel complesso appare difficilmente ipotizzabile che le colture dedicate possano in Italia arrivare a superare 800 mila – 1 milione di ettari coltivati a scopi agroenergetici. Al di là di questi quantitativi occorre implementare l’utilizzo dei residui di lavorazione e dei sottoprodotti legati alle filiere agricole, zootecniche, agroalimentari e forestali, completandone e aumentandone così il valore aggiunto e la quota di reddito destinata agli agricoltori. Ulteriori quantitativi di biomassa di origine agricola finalizzati al conseguimento di elevate soglie di produzione dovrebbero, in finale, essere reperiti attraverso i canali dell’importazione che, nel caso attraverso

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meccanismi di cooperazione bilaterale, garantiscano però un saldo positivo del bilancio energetico. 4. Come costruire una attività sostenibile nel settore delle agro-energie In un’epoca caratterizzata inoltre dalla caduta dei prezzi dei prodotti agricoli primari, lo sviluppo della funzione energetica dell’agricoltura può trascinare il settore in un ciclo virtuoso che vede collegarsi alle nuove opportunità economiche derivanti dalla valorizzazione dei sottoprodotti e residui organici, dalla diversificazione ed integrazione delle fonti di reddito del settore agricolo, dalla creazione di nuove figure professionali nel campo della bioenergia, dalla riconversione del settore agricolo a coltivazioni energetiche dedicate, anche delle vantaggiose ricadute sociali, ecologiche, culturali. Una premessa metodologica è d’obbligo: nell’affrontare il tema delle agroenergie occorre coniugare gli aspetti economici (redditività delle biomasse) con quelli ambientali (riduzione delle emissione di CO2, risparmio di combustibili fossili ecc). Vale a dire che quando si parla di convenienza delle biomasse si deve considerare non solo il vantaggio ambientale ma anche il bilancio economico. Infatti l’obiettivo della politica comunitaria è quello di massimizzare congiuntamente la sostenibilità ambientale e la sostenibilità economica. Le biomasse hanno una fortissima eterogeneità e richiedono tecnologie altrettanto differenti per il loro utilizzo, che implicano investimenti altrettanto diversi. In altre parole, le iniziative imprenditoriali nel settore delle agroenergie necessitano di adeguati approfondimenti tecnici e fattibilità economiche che consentano di affrontare la predisposizione di impianti completi di tipo aziendale e/o interaziendale, destinati alla valorizzazione dello sfruttamento delle biomasse territoriali. L’imprenditore deve seguire un percorso metodologico che si svolga che tenga conto di tutti i fattori e le tappe di un progetto di fattibilità:

- identificazione delle soluzioni a maggiore potenziale competitivo: efficienza tecnologica (energia prodotta a ettaro o per unità di prodotto), efficienza organizzativa e logistica (facilità di approvvigionamento di materia prima, efficienza del sistema di trasporto);

- identificazione con chiarezza gli obiettivi aziendali; - identificazione dei partner che interpretano gli obiettivi dell’azienda; - identificazione della soluzione che si adatta all’organizzazione

dell’azienda e alle caratteristiche del capitale umano;

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- valutazione delle diverse soluzioni tecnologiche possibili: efficacia nell’utilizzo della materia prima disponibile, efficienza dell’impianto, esigenza di manutenzioni, modalità di sorveglianza e controllo, verifica di impianti funzionanti da un certo tempo, servizi e garanzie offerti dalla ditta fornitrice, impegno di gestione richiesto;

- valutazione degli aspetti tecnici e organizzativi: verifica delle materie prime a disposizione, verifica dei potenziali fornitori di materie prime, valutazione delle forme di integrazione di filiera (cooperativa tra produttori, ATI, ecc.), gestione logistica delle materie prime e dei residui (depositi, piattaforme, spandimento del digestato);

- valutazione degli aspetti tecnici e autorizzativi: localizzazione dell’impianto, caratteristiche e vincoli del territorio (giacitura, falda, stabilità del terreno), eventuali problemi e vincoli di allacciamento, eventuali problemi e vincoli per le autorizzazioni (edificabilità, antincendio, ecc.);

- valutazione degli aspetti economici e finanziari: valutazione delle prospettive di mercato (es. biocombustibili), incentivi e sgravi (certificati verdi, ecc.), finanziamenti (bandi regionali e nazionali), piano economico finanziario di massima, disponibilità di sostegno da parte di istituti di credito, consorzi fidi, ecc.

L’utilizzo della biomassa per fini energetici è fortemente incentivata dal punto di vista legislativo, politico ed economico, ma richiede specifiche tecnologie capaci di trasformare l’energia contenuta nella stessa, sottoforma di legami chimici, in altre forme direttamente utilizzabili dall’uomo, come il calore, l’energia elettrica, l’energia meccanica, la frigoria. Le politiche incentivanti sono una condizione necessaria ma non sufficiente per il successo di iniziative imprenditoriali nel settore delle agroenergie; occorre un’attenta valutazione della fattibilità in funzione delle risorse produttive ed umane locali. Bibliografia ARSIA, Regione Toscana, 2004 – Le colture dedicate ad uso energetico: il progetto Bioenergy Farm, Quaderno

ARSIA, n. 6/2004. Candolo G., 2006 – Energia da biomasse vegetali: le opportunità per le aziende agricole. Agronomica n. 4. Commissione delle Comunità Europee, 2005 – Piano di azione per la biomassa – Bruxelles, 5 dicembre 2005,

COM(2005) 628 definitivo. Commissione delle Comunità Europee, 2006 – Verso un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche”,

Bruxelles, 10 gennaio 2007, COM(2006) 847. ENEA, 2005 – Lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia, tra necessità e opportunità, Roma. Frascarelli A. (2007), Aspetti normativi ed economici inerenti le filiere agroenergetiche, in “Lo stato della

conoscenza delle biomasse in Umbria”, Cesar, Deruta. Malagoli C., Nigro G., 2006 – Bioetanolo: aspetti economici, territoriali ed ambientali. Estimo e Territorio n. 4. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, 2007 – La manovra finanziaria 2007/2009. Roma.

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Impegno e prospettive della CIA nel settore agroenergetico Paolo Fratini Segretario Confederazione Italiana Agricoltori Alto Tevere mail: [email protected] Riassunto Con il protocollo di Kyoto, frutto di una sempre e maggiore consapevolezza dei cittadini occidentali della necessità di operare per la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse ambientali, l’agricoltura torna ad avere un ruolo centrale non solo per la produzione delle derrate alimentari, ma anche per la produzione di energia. Proprio in questo anno anche la Commissione Europea ha presentato un suo programma sull’energia e l’ambiente, progetto strategico, che nasce anch’esso all’insegna dell’allarme clima. Si tenta di dare risposte alle esigenze dei cittadini d’Europa che pronunciano un convinto si alle energie rinnovabili. La Cia nell’ambito del “nuovo patto con la società” intende sostenere le politiche di sviluppo delle bioenergie attraverso un confronto con tutte le autorità pubbliche al fine di realizzare un accordo quadro di riferimento per la politica energetica, per favorire lo sviluppo di filiere energetiche basate sulla produzione di biocarburanti (biodiesel, bioetanolo, olio vegetale puro), biomasse agricole e forestali, biogas e impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e termica. La Cia già dal 2001 ha promosso una propria associazione l’AIEL che ha come scopo la valorizzazione dei combustibili legnosi (legna da ardere, cippato, pellet e briquettes) per scopi energetici, impegnandosi nel rimuovere i diversi ostacoli che impediscono al legno di essere considerato ciò che è: un’importante fonte rinnovabile di energia. Questa associazione opera su tutto il territorio nazionale ed è la sintesi delle migliori professionalità che la nostra organizzazione mette a disposizione del settore. Però, nonostante la grande sensibilità della società civile verso tali problematiche, ancora oggi non si può parlare di una reale opportunità per il mondo agricolo, infatti sia per la ridotta superficie delle nostre imprese, che non supera di media i 14 ettari, sia perchè ancora oggi non è possibile assegnare appositi certificati verdi che riconoscano ed incentivino l’impegno degli imprenditori agricoli nella gestione delle bioenergie, non si può ancora parlare di una reale opportunità di reddito per le nostre imprese.

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La CIA e le agroenergie In questi ultimi tempi tanto si è parlato e tanto si è scritto sulla grande opportunità che possono rappresentare le agri-energie per il mondo dell’agricoltura e delle nostre imprese. Nonostante ciò ancora siamo fermi solamente ad una grande opera divulgativa e mediatica, senza essere ancora approdati concretamente alla realizzazione di veri e propri progetti. Il motivo principale è sicuramente il diffuso scetticismo che pervade gli agricoltori, nel riconoscere alla produzione di agro-energie, una delle soluzioni per ridare reddito alle proprie imprese. Quindi un grande interesse, che nasce, soprattutto dalla società, da una maggiore consapevolezza ed attenzione da parte dei cittadini della crescente necessità di operare per la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse ambientali. Va aggiunta, inoltre la convinzione della politica, come scrive Jeremy Rifkin, nel suo libro economia all’idrogeno, che la produzione globale di greggio, linfa vitale dell’economia globale, potrebbe presto raggiungere il picco (2020), cioè il giorno in cui l’estrazione di petrolio non potrà più essere incrementata, per far fronte al sempre e maggiore sviluppo delle economie mondiali, e quindi inizierà l’inevitabile discesa. In questo nuovo scenario, le energie cosiddette rinnovabili, rivestono un ruolo fondamentale e qui l’agricoltura potrà tornare ad avere, perlomeno nel sentire comune, un ruolo centrale non solo per la produzione delle derrate alimentari, ma anche per la produzione dell’energia. Ecco quindi che l’utilizzo delle biomasse, provenienti dal bosco, dai residui delle lavorazioni dei prodotti agricoli, l’utilizzo degli oli vegetali, provenienti della spremitura dei semi oleosi, uno su tutti il girasole, il biogas ecc, possono diventare fonte di energia, sicuramente rinnovabile e maggiormente pulita rispetto al petrolio. Tutto ciò si scontra, in linea di principio, con una grande contraddizione sull’utilizzo dei prodotti alimentari a fini energetici, bruciare ciò che può essere destinato all’alimentazione, per mantenere inalterate le basi energetiche del nostro stile di vita industriale e post-industriale, va sicuramente a scapito di una grande parte del mondo dove ancora si muore di fame. Le politiche del set-aside, del disaccoppiamento sono solo delle grandi contraddizioni di un processo di sviluppo che noi riteniamo corretto.

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Queste brevi considerazioni, non vogliono sottrarci o tanto meno distrarci, dal tema del convegno di oggi dove si chiede alla Nostra Confederazione quali sono gli impegni e quali sono le prospettive per le nostre imprese nel settore agro-energetico. Nonostante tutto la Cia, ritiene che si debbano raccogliere le sensibilità che emergono dal contesto sociale, ogni settore ha la propria missione, una missione che gli viene riconosciuta dalla società. Nei primi anni del secolo scorso la missione affidata all’agricoltura era quella di aumentare le produzioni per far fronte alla sotto-alimetazione. In questo ultimo anno la Commissione Europea ha presentato un suo programma strategico sull’energia e l’ambiente, progetto che nasce all’insegna dell’allarme clima. Si tenta di dare risposte concrete alle esigenze dei cittadini d’Europa, che preoccupati per le sorti del nostro pianeta, vorrebbero uno sviluppo più compatibile con l’ambiente. L’utilizzo di energie rinnovabili va sicuramente verso questo obbiettivo. In questo contesto nasce da parte della nostra Confederazione la necessità di lanciare un “nuovo patto con la società” per tentare di dare nuove risposte a nuove esigenze. La CIA sostiene da tempo e intende sostenere, anche in futuro, per quanto di sua pertinenza, politiche di sviluppo delle bioenergie, assieme alle autorità pubbliche ed anche a tutti gli altri attori economici e sociali interessati, al fine di realizzare un accordo quadro di riferimento per la politica energetica. Noi ci stiamo già impegnando e ci impegneremo per favorire lo sviluppo di filiere energetiche basate sulla produzione di biocarburanti, biomasse agricole e forestali, biogas. Sul fronte dei biocarburanti ho potuto esaminare con attenzione progetti per la fattibilità e l’attivazione della filera agricola di coltivazione di oleaginose, con produzione di farine proteiche, biomasse ed olii vegetali per utilizzi energetici. Questi progetti pur prevedendo un pieno coinvolgimento degli agricoltori, non relegandoli a meri fornitori di materia prima, ipotizzano risultati economici che si possono riassumere in qualche euro in più per quintale di prodotto conferito a fronte di un investimento per la realizzazione della filiera di qualche milione di euro. Il quadro non può dirsi più roseo sul fronte della progettazione di centrali a biomasse, che nonostante anche qui si punti ad un protagonismo diretto degli agricoltori, partecipando agli eventuali utili della filiera, fatto assolutamente da non dare per scontato, portano ad una previsione di ricavi del tutto insoddisfacenti per le nostre imprese (Dott. Cotana – Direttore Centro Ricerche Biomasse).

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Arduo rimane lo sforzo profuso anche della stampa di settore come “terra e vita”, dove su un articolo a firma di Roberto Bartolini, si tentava di dimostrare che impiantando pioppo da energia ed organizzando una filiera che raccordi gli agricoltori con gli utilizzatori locali, si ottiene la giusta convenienza. Il limitato e scarso interesse delle imprese agricole è sicuramente la risposta. L’impegno della Cia dell’Umbria sul fronte delle energie rinnovabili che oltre ad avere riscosso un grande interesse, ha poi portato a realizzare decine di progetti, è stato lo sviluppo degli impianti fotovoltaici, per la produzione di energia elettrica e termica. Questa iniziativa è stata realizzata in collaborazione con una ditta Altotiberina, che ha patrocinato anche questa iniziativa di oggi, la SUNERG, con l’ausilio del “Conto Energia”. Purtroppo questi progetti, che realizzano produzione di energia elettrica dal sole sfruttando le grandi superfici di cui dispongono le imprese agricole, si scontrano troppo spesso con regolamenti edilizi vecchi, anche troppo restrittivi e non adeguati ad affrontare queste innovazioni. Su questo versante trova grande difficoltà di espansione anche la realizzazione di impianti di eolico e micro eolico, nelle imprese agricole. Oltre all’esperienza del fotovoltaico, la Cia già dal 2001 ha promosso una propria associazione l’AIEL che ha come scopo la valorizzazione dei combustibili legnosi (legna da ardere, cippato, pellet e briquettes) per scopi energetici, impegnandosi nel rimuovere i diversi ostacoli che impediscono al legno di essere considerato ciò che è: un’importante fonte rinnovabile di energia. Questa associazione opera su tutto il territorio nazionale ed è la sintesi delle migliori professionalità che la nostra organizzazione mette a disposizione del settore. Molti impianti di teleriscaldamento alimentati da cippato ricavato dai sottoprodotti della lavorazione del legno, sono stati progettati e realizzati nel nord italia. Nella nostra realtà il bosco, gran parte cedui, viene utilizzato per la produzione di legna da ardere che finisce nelle stufe e nei camini domestici. Pensare di utilizzare questo materiale per la produzione di pellets, o come cippato realizzando strutture di tele-riscaldamento, non troverebbe la giusta convenienza economica, per le nostre imprese, vista l’elevata concorrenza in questo settore di paesi dell’est europeo dove ancora oggi i costi di produzione sono di gran lunga inferiori a quelli delle nostre aziende agricole. Se per il fotovoltaico e l’eolico la superficie delle imprese non costituisce un limite, per ciò che riguarda l’utilizzo delle biomasse e biocarburanti, avere aziende con una maglia poderale media tra i 10 e i 14 ettari, rende tali

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produzioni di scarso interesse del mondo agricolo. Non si può, quindi, ancora oggi parlare di una reale opportunità di reddito per le nostre imprese. Per questo motivo che gli agricoltori, difendono pur tra tantissime difficoltà la coltivazione del tabacco, che oltre a rappresentare le radici storiche dell’agricoltura di questa terra, assicura ancora un forte impegno dei giovani, un’impresa agricola diffusa sul territorio e una coesione sociale certamente da non sottovalutare. Naturalmente riteniamo giusto che la nuova programmazione della politica di sviluppo rurale 2006-2013 tenga in forte considerazione lo sviluppo anche in Umbria delle bioenergie, assegnandogli risorse considerevoli. Ciò che mi auguro e che auguro alle imprese agricole dell’Alto Tevere è che di quelle risorse assegnate al settore delle agri-energie ne siano realmente disponibili una minima parte, vorrebbe dire che è stata vinta la battaglia per il prolungamento dell’OCM tabacco sino al 2013. Infatti circa 1/3 della disponibilità finanziaria del nuovo PSR dell’Umbria 131 milioni di euro, sono i soldi della parte accoppiata che dal 2009 dovrebbe passare dalla riscossione diretta dell’impresa agricola produttrice di tabacco al PSR. Ciò che comunque ci dobbiamo augurare è che questa importante dotazione finanziaria, anche se andrà nel PSR, non contribuisca alla costruzioni di sterili cattedrali nel deserto, a solo vantaggio di costruttori e progettisti, non vada ad ingigantire una macchina pubblica già pesante, ma bensì alle imprese agricole che vorranno investire per essere maggiormente competitive o che vorranno solamente investire per riconvertire le proprie produzioni. Noi vigileremo che questo avvenga a tutela del reddito delle nostre imprese.

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Impegno e prospettive della COLDIRETTI nel settore agroenergetico Francesco Lisi Direttore Coldiretti Umbria mail: [email protected] Riassunto La nuova agricoltura multifunzionale al servizio dei cittadini e della società, oggi è in grado di offrire un contributo importante per la sicurezza ambientale, l’applicazione del protocollo di Kyoto e, più in generale per la creazione di un modello di sviluppo sostenibile anche nella produzione di energia da fonti rinnovabili ed ad impatto ambientale zero. E’ indubbio che per il mondo agricolo le produzioni a fini energetici (tramite colture dedicate) potranno costituire anche una opportunità di riconversione e di reddito per le imprese. Questo nuovo modello di sviluppo a nostro avviso deve però presupporre la realizzazione di progetti di area vasta che coinvolgano tutti gli attori di un territorio: istituzioni, imprese agricole, cittadini/imprese industriali, ricerca. Coldiretti propone un piano strategico che, tramite mirate scelte di politica urbanistica, possa favorire la realizzazione di progetti di filiere agroenergetiche chiuse con realizzazione di impianti di medie/piccole dimensioni (0,5/1,5 MW) gestiti direttamente dalle imprese agricole, al servizio di un comprensorio urbano/commerciale a sua volta servito anche da una rete di teleriscaldamento alimentata dall’energia calorica residua dell’impianto stesso. Coldiretti Umbria sta seguendo lo sviluppo di vari progetti di filiere agroenergetiche dando collaborazione ed assistenza a coloro che nella regione intendono porsi in questo comparto. Un esempio in particolare, quello della Cooperativa Agricola Ecoumbria che, nell’Alto Tevere ha realizzato un impianto di cogenerazione da 1 MW alimentato ad olio di girasole/colza per la produzione di elettricità e calore. Introduzione La nuova agricoltura multifunzionale al servizio dei cittadini e della società, oggi è in grado di offrire un contributo importante per la sicurezza ambientale, l’applicazione del protocollo di Kyoto e, più in generale per la creazione di un modello di sviluppo sostenibile anche nella produzione di energia da fonti rinnovabili ed ad impatto ambientale zero. E’ indubbio che per il mondo agricolo le produzioni a fini energetici (tramite colture

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dedicate) potranno costituire anche una opportunità di riconversione e di reddito per le imprese. Questo nuovo modello di sviluppo a nostro avviso deve però presupporre la realizzazione di progetti di area vasta che coinvolgano tutti gli attori di un territorio: istituzioni, imprese agricole, cittadini/imprese industriali, ricerca. Coldiretti propone un piano strategico che, tramite mirate scelte di politica urbanistica, possa favorire la realizzazione di progetti di filiere agroenergetiche chiuse con realizzazione di impianti di medie/piccole dimensioni (0,5/1,5 MW) gestiti direttamente dalle imprese agricole, al servizio di un comprensorio urbano/commerciale a sua volta servito anche da una rete di teleriscaldamento alimentata dall’energia calorica residua dell’impianto stesso. Attività ed impegno di Coldiretti La filiera agroenergetica,per costituire una nuova possibilità di sviluppo dell’agricoltura, deve valorizzare in primo luogo le produzioni locali, per garantire che il beneficio ambientale derivante dalla produzione di energia pulita ricada sul territorio e per permettere alle aziende di generare reddito, valorizzando le risorse climatiche e naturali che la nostra regione offre. Il modello che Coldiretti propone, quindi, prevede la realizzazione di microimpianti diffusi e distribuiti sul territorio, con un’energia veramente rinnovabile “a chilometri zero”, che utilizzi prodotti derivati dall’agricoltura del luogo. Coldiretti Umbria sta seguendo lo sviluppo di vari progetti di filiere agroenergetiche offrendo collaborazione ed assistenza tecnica, a coloro che intendono inserirsi in questo comparto. A tal fine è stata costituita l’Associazione Regionale Umbra “Fattorie del Sole” che rientra in un ampio progetto intrapreso ormai da diversi anni, con gruppi di lavoro tecnico-scientifici che hanno portato già all’avanzato sviluppo di alcuni progetti. Un esempio in particolare, è quello della Cooperativa Agricola Ecoumbria che, nell’Alto Tevere, ha realizzato un impianto di cogenerazione da 1 MW alimentato ad olio di girasole/colza per la produzione di elettricità e calore. La cooperativa nasce dall’iniziativa di 17 tabacchicoltori che hanno riconvertito le proprie produzioni indirizzandole verso la produzione di oleaginose, chiudendo la filiera agroenergetica fino alla vendita a soggetti terzi. Altro progetto di rilievo è quello che Coldiretti sta portando avanti nell’area tra Marsciano e Todi, ove si prevede l’impiego di produzioni di girasole e colza derivanti da superfici pari a circa 5.000 ha; è infatti in fase di progettazione un impianto di spremitura che rifornirà impianti pubblici di cogenerazione (come ad esempio il nuovo ospedale di Pantalla).

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Coldiretti Umbria sta porgendo la sua assistenza anche per la realizzazione di impianti di produzione di biogas: una cooperativa tabacchicola della zona di Lisciano Niccone sta progettando un impianto da 1 MW alimentato a trinciato di mais, riscuotendo anche l’interesse del Comune; altro progetto riguardante il biogas è in fase di progettazione a Trevi, presso una cooperativa che intende utilizzare il trinciato di mais ed il liquame prodotti in azienda al fine di riutilizzare l’energia termica ed elettrica per l’alimentazione del proprio caseificio; infine, nell’area di Campello sul Clitunno, un’altra impresa agricola sta avviando un progetto che riguarda sia il biogas (prodotto a partire dal liquame di un’azienda zootecnica limitrofa) che un cogeneratore alimentato a olio di girasole e colza per avviare un progetto di teleriscaldamento delle industrie vicine. Ma fiore all’occhiello dell’attività di Coldiretti, è sicuramente l'innovativo accordo raggiunto tra Coldiretti e Novamont per la prima bioraffineria Made in Italy, unica al mondo nel suo genere. L’accordo va ad integrare a monte la filiera delle bioplastiche Mater-Bi® ed Origo-Bi® e apre a nuove applicazioni nel campo degli intermedi chimici con l’utilizzazione di amido di mais e oli vegetali grazie ad un nuovo insediamento produttivo localizzato a Terni e integrato nel territorio in grado di utilizzare le risorse naturali di origine agricola locali. A regime, a partire da inizio 2008, si prevede che raggiungerà una capacità produttiva annua di 60mila tonnellate di bioplastiche completamente biodegradabili, compostabili con un risparmio nelle emissioni di 40mila tonnellate di anidride carbonica. Un contributo concreto dell’agricoltura alla riduzione dell’inquinamento ambientale, con le bioplastiche che sono un’ autentica espressione delle nuove opportunità che offre l’agricoltura per lo sviluppo sostenibile, in una moderna società post industriale, di fronte alla crescente domanda di sicurezza alimentare ed ambientale dei cittadini. Bioplastiche utilizzabili anche per la produzione di bio-shopper, che, a partire dal 2010, secondo quanto previsto in finanziaria, dovranno sostituire i normali i sacchetti della spesa in plastica per combattere l’inquinamento e ridurre l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera.

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Impegno e prospettive della CONFAGRICOLTURA nel settore agroenergetico Albero Menghini Direttore Confagricoltura Perugia mail: [email protected] Introduzione In un Paese come l’Italia, che lamenta una forte dipendenza dall’estero, per far fronte ai propri fabbisogni energetici, il problema di una evoluzione verso modelli di produzione (e consumo) più rispettosi dell’Ambiente si pone con particolare intensità A ciò si affianca l’esigenza di ridare prospettive al settore agricolo, alle prese con una evoluzione decisamente complessa, condizionata dalle difficoltà di accesso al mercato, dal contenimento di produzioni tradizionali (dalle bietole, al tabacco, al grano duro), e dalla concorrenza sempre più stringente degli altri Paesi. Per questo Confagricoltura auspica un pacchetto di azioni robuste, sull’energia da biomasse, per fornire agli agricoltori alternative alle coltivazioni tradizionali, che siano concretamente praticabili ed in grado di produrre reddito, occupazione e ricadute benefiche per l’ambiente. Abbiamo presentato proposte specifiche ed in diverse province d’Italia gli imprenditori di Confagricoltura sono pronti ad investire in progetti agroindustriali, se si creeranno le condizioni normative e tecniche. Sugli aspetti della “bioenergia”, però, notiamo sinora un distacco preoccupante tra le dichiarazioni di principio – tutte concordi nell’attribuire a questo argomento un alto grado di priorità - e la povertà delle azioni messe in campo. Come giudicare l’abbassamento, da 300.000 a 200.000 T. della quota di biodiesel defiscalizzata?. Si doveva, contemporaneamente, sviluppare un contingente defiscalizzato per il bioetanolo, ma non una goccia di questo carburante alternativo è stata immessa in commercio. Si sono poi fissati a livelli inferiori, rispetto a quelli indicati dalla direttiva europea (30/03), gli obiettivi di immissione al consumo dei biocarburanti; e la mancanza del piano di attuazione – necessario per dare concretezza all’opera – ha mandato l’Italia in procedura d’infrazione. Scarsa efficacia, infine, ha mostrato la legge 81/06, che prevedeva il ricorso alle “intese di filiera”, da stipulare fra gli agricoltori e l’industria petrolifera,

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per fare in modo che i biocarburanti avessero una fonte di alimentazione con materie prime nazionali. Con la legge finanziaria per il 2007 si sta imboccando un percorso positivo per il settore dei biocarburanti. Si rafforza, infatti, il privilegio agli accordi interprofessionali per l’accesso alla quota di biodiesel defiscalizzata. Non meno interessanti le prospettive per l’energia elettrica. La coltivazione di biomasse legnose, insieme all’utilizzo di sottoprodotti delle produzioni agricole e zootecniche – i liquami si possono trasformare in biogas – può rappresentare una valida prospettiva per riconvertire aree interne verso la trasformazione in elettricità e/o calore. Una realtà già concreta in molte aree del Paese, per fare in modo che l’agricoltore, oltre ai “quintali”, venda anche i Kilowatt. Con le novità introdotte con la legge finanziaria sarà possibile migliorare le regole che riconoscono come attività agricola la cessione di energia elettrica, per privilegiare le biomasse agroforestali, tra le varie fonti rinnovabili. Il sistema dei certificati verdi potrà essere rivisitato, affinché con meccanismi di tracciabilità si valorizzi l’apporto delle nostre aree territoriali. Agricoltura e bionenergie Le bioenergie rappresentano probabilmente la maggiore novità nel panorama agricolo, almeno dell’ultimo decennio. Come tutte le novità, soprattutto quelle dia ampia portata, porta con sé molte speranze ma anche molte incertezze. Per quanto riguarda il settore agricolo è fondamentale chiarire che il dubbio non è sulla fattibilità tecnica o meno degli impianti. Su questo sono già abbastanza eloquenti le indicazioni che vengono dai tecnici. Quello che interessa l’agricoltura è chiarire se ci sono concreti ritorni economici ed occupazionali per il settore ed a quali condizioni. Sicuramente è lecito ipotizzare diversi gradi di coinvolgimento delle imprese agricole: alcuni potranno trovare conveniente produrre e conferire ad impianti gestiti da terzi, altri agricoltori decideranno di partecipare direttamente alla gestione degli impianti in forma singola od associata. Per tutti potrebbe potenzialmente esserci un interesse economico nelle bioenergie, che però va sostanziato e dimostrato, ma soprattutto va inquadrato in un contesto normativo certo. La Confagricoltura ha presentato proposte specifiche ed in diverse province d’Italia gli imprenditori di Confagricoltura sono pronti ad investire in progetti agroindustriali, se si creeranno le condizioni normative e tecniche. Sugli aspetti della “bioenergia”, però, notiamo sinora un distacco preoccupante tra le dichiarazioni di principio – tutte concordi nell’attribuire

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a questo argomento un alto grado di priorità - e la povertà delle azioni messe in campo. In base alla breve esperienza che stiamo maturando sul campo, lavorando al fianco degli associati che hanno deciso di investire in bioenergie, spesso ci rendiamo conto che le procedure per ottenere le autorizzazioni necessarie per gli impianti sono una vera via crucis, nella quale intervengono tutte le amministrazioni locali possibili a tutti i livelli, talvolta con (comprensibile) scarsa cognizione dei problemi. Gli imprenditori sono molto interessati e pronti a partire, ma non si può chiedere a qualcuno di investire cifre sostanziose, fino a qualche milione di euro, senza dargli la certezza del contesto in cui andrà ad operare. Spesso la certezza e la trasparenza, ma anche la snellezza delle procedure, aiutano le imprese più dei contributi pubblici. Tutto questo cade in un periodo in cui si pone urgente l’esigenza di ridare prospettive al settore agricolo, alle prese con una evoluzione decisamente complessa, condizionata dalle difficoltà di accesso al mercato, dal contenimento di produzioni tradizionali (dalle bietole, al tabacco, al grano duro), e dalla concorrenza sempre più stringente degli altri Paesi. Su questo credo che bisogna essere molto realisti e concreti, le bioenergie sono sicuramente un’opportunità, ma non bisogna promettere ad alcuno un nuovo eldorado. In un’area come quella della Alta Valtiberina, a cui il tabacco ha dato e continua a dare molto in termini di ricchezza ed occupazione, propendo per pensare che le bioenergie possano essere un’utile integrazione, ma sicuramente non l’alternativa al tabacco, né dal punto di vista economico né soprattutto dal punto di vista occupazionale. Questo va tenuto ben presente nella programmazione dei fondi pubblici, anche nell’ambito del nuovo PSR 2007-2013. Occorre che questi vengano destinati a mantenere un’agricoltura vitale, e soprattutto un’agricoltura fatta di agricoltori. Massima disponibilità dunque, ma anche molta attenzione a chi promette facili fortune, e soprattutto attenzione affinché le iniziative che verranno proposte trovino negli agricoltori gli attori principali, perché i fondi agricoli, sempre più scarsi e quindi sempre più importanti, rimangano all’agricoltura.

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L’organizzazione delle filiere agroenergetiche nel territorio del Consorzio A.M.U. Sebastiano Cami Presidente di ATENA S.r.l. – Amministratore Unico di GeaFaber S.r.l. – Presidente di BIOESCo S.r.l. mail: [email protected] Riassunto ATENA s.r.l., socia e responsabile centro-sud del C.N.E.R. Consorzio Nazionale Energie Rinnovabili agricole, è la società agronomica del Consorzio dei Produttori Agricoli delle Acque Minerali Umbre. Questo è costituito da 50 aziende associate, 5 Comuni, Acquasparta, Amelia, Avigliano Umbro, Massa Martana e San Gemini, 7.000 Ha di proprietà o in gestione diretta, 68.000 Ha di territorio consortile. Con questi presupposti dal 2004 è stata realizzata una sperimentazione di pieno campo sulle filiere agroenergetiche per la produzione di PAE Produzioni Agricole Energetiche utilizzando coltivazioni dedicate, come pioppo a rapida crescita Short Rotation Forestry e sorgo da biomassa, e prodotti boschivi e residuali (paglie e potature). Nella coltivazione del pioppo SRF, in tre anni sono stati messi a coltura nel territorio circa 50 ha di superficie, nei quali sono stati messe a punto le migliori tecniche colturali, in particolare per la scelta di ibridi, per le lavorazioni di preparazione del terreno e per la raccolta. La sperimentazione si è poi concentrata sull’istallazione di caldaie che potessero utilizzare le PAE, in particolare cippato di legno, per produzione di energia termica (caldo e freddo) e cogenerazione elettrica. Infatti, nella sede del Consorzio AMU è stata installata una caldaia a cippato da 34 kw e un assorbitore per riscaldamento ed il raffrescamento dell’edificio per complessivi 500 mq. Le fonti di biomassa agricola per energia Ci sono 4 filiere che possono comportare la produzione di energia da fonti agricole

1. Colture Oleaginose per produzione sostanze a base oleosa da utilizzare tal quali o previa Esterificazione (BIODIESEL).

2. Colture Zuccherine/Amilacee (Cereali e B.B. da zucchero) per produzione Alcool/Etanolo.

3. Deiezioni Zootecniche e/o Colture cerealicole per produzione BIOGAS.

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4. Biomasse erbacee e legnose utilizzabili, dopo varie tipologie di trasformazione, come BIOCOMBUSTIBILI.

La differenza sostanziale tra le diverse filiere è che attualmente gli agricoltori italiani sono in grado di produrre biocombustibili solidi a prezzo internazionale mentre ciò è molto più complesso ad esempio per i biocarburanti. Il territorio del Consorzio AMU si concretizza come un Distretto Agricolo Energetico DAE. Il DAE è un’area territoriale, con estensione limitata, non superiore in linea di massima ad un diametro di 50 km, all’interno della quale sono presenti sia le produzioni di biomasse dedicate all’energia, sia tutta la filiera delle lavorazioni e trasformazioni. L’autonomia, dovuta alla presenza nel distretto di tutti gli operatori del ciclo agricolo energetico, è un’altra caratteristica del DAE, che è in grado di produrre energia elettrica e calore, sia per le utenze interne al distretto che eventualmente per la commercializzazione esterna dell’energia elettrica Il Progetto EnerTer prevede la costituzione di un DAE nel quale il mix di prodotti agricoli dedicati e residuali venga utilizzato come CIPPATO tal quale o trasformato in ADDENSATI (cialde, bricchette e pellet) per alimentare piccole, medie e grandi utenze. Esistono nel territorio esaminato varie forme di approvvigionamento di materie prime energetiche provenienti dal settore agroforestale, pubbliche e private. Per comodità, esse possono essere suddivise in due classi principali: 1 – LE COLTURE DEDICATE. Sono quelle, arboree ed erbacee, coltivate espressamente per totale utilizzazione energetica. Dopo anni di prove, tentativi ed attento esame dei risultati, sono state scelte, per i loro effetti economici ed ambientali, le seguenti: Tra le arboree, il Pioppo Short Rotation Forestry a differenti tipi di impianto tecniche colturali e turni di taglio. Ad oggi, la scelta del pioppo a rapida crescita è quella che meglio garantisce una maggior sicurezza ed efficienza di sistema agroenergetico in regime di filiera corta locale, per resa produttiva, costi di gestione, redditività e programmabilità. Tra le erbacee, il Sorgo da fibra, per la sua facilità di coltivazione, bassi costi di coltivazione ed adattabilità agli ambienti sia di pianura che collinari della regione Umbria. Realizza notevoli produzioni in tempi limitati.

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2 – LE PRODUZIONI DI RECUPERO. Si intende tutto ciò che, nell’ambito agroforestale, comporterebbe una spesa per lo smaltimento, ma che invece, attraverso un’adeguata logistica, può diventare una consistente fonte per la produzione di biocombustibili di origine locale. Si pensi a: potature di viti e ulivi, di verde pubblico degli Enti Locali, di ramaglie boschive, manutenzione argini e viali, paglia di cereali etc. Tutto il materiale descritto è presente in notevoli quantità sul territorio. La raccolta delle P.A.E. (Produzioni Agricole Energetiche) - Per quelle dedicate 1 - L’impianto del Pioppo Srf ha una durata decennale ed è possibile scegliere il tipo di impianto con differenti turni di taglio secondo condizioni esistenti, utilizzando macchine adeguate, ormai già pronte. - Pioppo a raccolta annuale – Raggiunge, al termine del primo ciclo, un’altezza pari a circa 3,5/ 4 metri. Una volta ceduato, la ricrescita successiva è molto veloce, supera, di solito, i 6 metri. E’ raccolto con adeguate falciatrinciacaricatrici semoventi o portate da trattore, con elevate quantità di resa oraria, a seconda situazioni di campo. - Pioppo a raccolta biennale – Al termine del primo ciclo, l’altezza che viene raggiunta è, di norma, superiore ai 7/8 metri. Nei cicli successivi si possono raggiungere anche altezze dell’ordine degli 8-10 metri, con diametri alla base del fusto superiori ai 12-15 cm. Raccolta con le macchine indicate, adeguate al maggior diametro. Le produzioni raggiungibili sono nell’ordine di 20-50 t ora, secondo il tipo di macchina e qualità della coltivazione. - Pioppo a raccolta quinquennale – il primo taglio avviene dopo 5 anni con piante che spesso superano i 12-15 metri in altezza e hanno un diametro alla base del fusto superiore ai 20 cm. Sono necessari pertanto cantieri di raccolta di tipo forestale, ma adeguati per una raccolta veloce. 2 – Per il sorgo da fibra le operazioni di raccolta sono pressoché comuni a quelle della foraggicoltura tradizionale. Il taglio deve avvenire in fase di fioritura avanzata (fine estate), onde permettere una successiva pressatura (con presse a camera variabile) tempestiva, in modo da evitare possibilità delle piogge di fine estate. - Per quelle di recupero 1 – Le Potature (viti e ulivo) hanno possibilità di essere pressate e stoccate all’aperto anche per lunghi periodi. Possono anche essere cippate e caricate direttamente nel luogo di produzione.

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2 - Il verde pubblico e le ramaglie boschive vanno accatastate in aree percorribili dai mezzi di trasporto e dopo un adeguato periodo di essiccamento, avviene la cippatura sul posto (sistema più economico). 3 - La paglia (molto diffusa nell’area) dopo la mietitura in campo dei cereali, opportunamente posta in andane, va raccolta pressata in rotoballe o grandi presse parallelepipede per facilitare il successivo carico in campo e trasporto. Esperienze maturate con le P.A.E. Nel corso degli ultimi 4 anni, sono state molte le esperienze in campo condotte sulle P.A.E. ed in particolare pioppo da SRF e sorgo da biomassa. PIOPPO La meccanizzazione ha avuto un ruolo centrale nell’introduzione di tali colture soprattutto il pioppo. Nel corso degli ultimi 4 anni abbiamo avuto notevoli sviluppi in questo settore e alcune strutture private tra cui il C.N.E.R. e la ditta Spapperi di Città di Castello e pubbliche come l’ISMA-CRA e il C.N.R.-IVALSA hanno strettamente collaborato per risolvere le problematiche legate alle diverse operazioni colturali tra cui Trapianto, Manutenzioni e Raccolta.

Trapiantatrice da talee

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Sarchiatura sulla fila

Raccolta con spezzatrice

Raccolta con cippatrice

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FTC semovente con testata da biennale

Per quanto riguarda il pioppo, il raggiungimento delle rese attese (circa 40 ton/ha/anno di sostanza fresca al 50-55% di umidità) è legato strettamente ad alcuni fattori quali:

Utilizzo di cloni ibridi ad alta produttività; Preparazione del letto di trapianto con adeguate lavorazioni, in

particolare rippatura profonda seguita da aratura. Dove possibile, irrigazione di soccorso durante la prima stagione

vegetativa, per i trapianti effettuati da metà aprile in avanti. Utilizzo di sesti e modalità di impianto differenziate secondo la

caratteristiche della stazione di impianto.

Terni (TR) Peso fresco 1° e 2° anno

01020304050607080

AF2 I-214 Test

t*ha

-1

Serie1 Serie2

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Il concetto a cui si è arrivati è che per la definizione della fattibilità tecnico-economica degli impianti di pioppo SRF occorre effettuare:

1 Valutazione delle caratteristiche fisiche del suolo: a) Profondità; b) Permeabilità; c) Con tessitura Limo-sabbiosa o Sabbioso argillosa; d) Con struttura evidente; e) Con buona capacità idrica; f) Non particolarmente dotati di scheletro

2 Valutazione delle caratteristiche climatiche: a) Precipitazioni medie annue superiori almeno a 700 mm di cui

almeno il 50% nel periodo primaverile estivo; b) Temperature medie annue comprese preferibilmente tre 8 e 17°C.

Certamente non dobbiamo dare per scontato che nelle zone di centro e sud-Italia, il fatto di avere terreni un po’ meno sciolti che nel nord-Italia sia sempre una variabile negativa. Infatti entro certi limiti, possiamo avere un dato positivo in molte aree del centro-sud, per una maggiore capacità idrica. Quantità di acqua disponibile in terreni di diversa composizione

Massima acqua disponibile calcolata

Tipo di terreno Rapporto

argilla/sabbia + limo Su % del peso

del terreno Sul volume del

terreno

Tenace 1/1 18% 23%

Piuttosto tenace 1/2 16% 21%

Medio impasto 1/3 - 1/4 14% 19%

Leggero 1/5 12% 17%

Sciolto 1/6 - 1/9 8% 12%

Sabbioso < 1/10 5% 8%

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Un altro dato interessante è che nonostante il pioppo sia una specie che, anche causa dell’elevata superficie fogliare fotosintetizzante e per la notevole produzione di biomassa, asporta grandi volumi idrici dal terreno, può sostenere anche situazioni a volte più siccitose di alcune specie erbacee, grazie ad un apparato radicale molto espanso e approfondito. Profondità media raggiungibile dalle radici di alcune colture erbacee ed arboree

Tabacco 75 cm

Mais 90 cm

Orzo 125 cm

Sorgo 150 cm

Frassino 280 cm

Salice 300 cm

Pioppo 350 cm

A questo punto si comprende come le lavorazioni preparatorie del terreno siano fondamentali per consentire un sufficiente grado di sviluppo radicale e conseguentemente aereo. A tal proposito si riporta una foto con indicazione di sviluppo nel corso delle prime due annate di una coltivazione di pieno campo di SRF presso un’azienda della zona del Consorzio AMU, nella qual si evidenzia come, in seguito alla fornitura di acqua di irrigazione di soccorso durante la prima annata di coltivazione, in un appezzamento con lo stesso ibrido di pioppo SRF caratterizzato però da tessitura disforme, con una parte più argillosa e un’altra più sabbiosa, abbiamo avuto nella prima un maggior sviluppo nel corso del primo anno di crescita perché la poca acqua fornita è stata trattenuta nel primo strato di terreno dove nel primo anno si sono concentrate maggiormente le radici. Nel secondo anno però, nel quale non è stata fornita l’irrigazione, le piante che erano nella parte più sabbiosa hanno potuto approfondire meglio l’apparato radicale, mentre le altre hanno subito un arresto nello sviluppo in profondità delle radici, perché, probabilmente, non hanno potuto attraversare una soletta di lavorazione presente a circa 50-60 cm. In questa azienda infatti non era stata fatta una rippatura a 1 mt prima dell’aratura, ma solo un’estirpatura pesante. Per ovviare a questo è

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consigliabile effettuare al secondo anno dall’impianto una rippatura interfilare.

Rippatura interfilare al secondo anno di impianto

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SORGO Per ciò che concerne il sorgo da biomassa le esperienze si sono basate sull’utilizzo di varietà e ibridi specificatamente selezionati per uso energetico che sono stati coltivati su superfici abbastanza ampie (circa 40 ha) all’interno del territorio del Consorzio AMU (oltre a circa 60 al di fuori dell’area dello stesso). Chiaramente questo tipo di coltivazione, comunque più consueta rispetto alle SRF, è stata accolta con favore dagli agricoltori perché annuale erbacea e gestibile con le normali attrezzature.

Semina

Falciacondizionatrice tradizionale

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Operazione di semitrinciatura

Rotoimballatura

Ad un iniziale accoglimento da parte delle aziende, ha corrisposto in seguito una serie di problematiche che andiamo a sintetizzare:

Alti costi di raccolta con sistemi tradizionali e difficoltà nella semitrinciatura con forti perdite di prodotto

Problematiche legate all’alto contenuto di umidità alla raccolta

Stoccaggio e trasporti molto costosi

Caratteristiche per la combustione non ottimali su tutti gli impianti

ed assoluta necessità di utilizzarlo in mix

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Pertanto possiamo concludere che occorre utilizzare tale coltura solo conoscendone la destinazione finale e in ambiti produttivi molto vicini al punto di consumo. Ad integrazione del prodotto dedicato abbiamo puntato sul recupero di produzioni residuali ad uso energetico.

Pressatura potature di vite

Pressatura potature di olivo

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Recuperi boschivi e ambientali

Recupero verde urbano

Nel caso di recuperi di produzioni residuali agricole e extra-agricole, occorre assolutamente gestire in modo ottimale la logistica e utilizzare le macchine più idonee per ogni singola attività. Ciò per evitare che un’apparente economicità si possa trasformare in ottenimento di prodotti generalmente non molto qualitativi con costi a ton scarsamente competitivi.

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RIPARTIZIONE PAE PREVISTA DAL PROGETTO ENERTER NEL TERRITORIO DEL CONSORZIO AMU

50%20%

20%10%

Colture Dedicate Residui ColturaliBoschivo Verde Urbano

Il progetto EnerTer ha poi considerato sistemi di trasformazione energetica sia su piccoli utilizzi che per impianti di Teleriscaldamento comunali.

Comune Acquasparta uffici atena –

caldaia 34 kw produzione caldo+freddo

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50

50 kWPiscina comunale

400 kWPalazzetto dello sport

80 kWSpogliatoio sportivo

25 kWCentro anziani

200 kWCentro servizi

100 kWMattatoio comprensoriale

40 kWScuola materna

60 kWCentro salute Usl

75 kWScuola materna, chiesa

50 kWNuove costruzioni

100 kWZona Puc

400 kWSc. media-elementare

200 kWEdificio “La Pace”

Potenzatermica

Utenze pubbliche da servire

(evidenziate in verde)

50 kWPiscina comunale

400 kWPalazzetto dello sport

80 kWSpogliatoio sportivo

25 kWCentro anziani

200 kWCentro servizi

100 kWMattatoio comprensoriale

40 kWScuola materna

60 kWCentro salute Usl

75 kWScuola materna, chiesa

50 kWNuove costruzioni

100 kWZona Puc

400 kWSc. media-elementare

200 kWEdificio “La Pace”

Potenzatermica

Utenze pubbliche da servire

(evidenziate in verde)

Planimetria del progetto di teleriscaldamento per il Comune di Massa Martana

Massa Martana: studio per un sistema di teleriscaldamento territoriale

Articolazione complessiva della rete:circa 2 km

Fabbisogno energetico annuo: 2.002.712 Kwh

Progetto Comune Massa Martana

In sintesi le nostre esperienze dimostrano che è sbagliato ricorrere sistematicamente alle soluzioni più facili da raggiungere in campagna, perché vale sempre la regola: più il combustibile è “semplice” e maggiori problemi abbiamo in caldaia da risolvere con tecnologie di costo superiore. Il problema va risolto studiando il territorio di riferimento e adottando per la filiera da realizzare il mix più appropriato nel rapporto produzione – qualità – prezzo finale. La scelta colturale va fatta anche in funzione dei benefici ambientali e di risparmio energetico che talune coltivazioni (come nel caso delle SRF) consentono.

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Aspetti tecnici sulla coltivazione del pioppo S.R.F. Marco Dionigi Dottore Agronomo mail: [email protected], web: http://dionigimarco.googlepages.com Riassunto Si riporta la descrizione delle singole operazioni colturali eseguite per la realizzazione di un impianto di pioppo gestito con la tecnica dei cedui a breve rotazione, anche conosciuta come short rotation forestry (S.R.F.). Pensando di mantenere la coltura in atto per dieci anni, sono state anche individuate le operazioni da svolgere annualmente. Descrizione del sito di sperimentazione L’impianto è stato realizzato su una superficie complessiva di 4,5 ha ubicata nei pressi di Spoleto. Gli appezzamenti presentavano giacitura pianeggiante, una natura mediamente argillosa, con elevati valori di calcare attivo e pH alcalino ed una distanza massima dal centro aziendale che non superava i 5 km. Si è scelto un sesto di impianto a file binate adattabile a turni di raccolta annuali ed a elevate densità di coltivazione; con distanza tra le bine di 3,0 m, tra le file di una bina di 0,75 m ed una distanza lungo la fila di 0,4 m, per un investimento complessivo di circa 11.800 piante/ha. Il materiale impiegato per il trapianto era costituito da talee non radicate di pioppo delle dimensioni di circa 0,22 m di lunghezza e circa 0,02 m di diametro. Sono state seguite tutte le diverse operazioni colturali sotto il profilo tecnico. In particolare sono stati rilevati i tempi di lavoro e calcolata la capacità di lavoro delle macchine impiegate. In questo modo è stato possibile definire il costo delle diverse operazioni svolte; considerando sia gli elementi di spesa che formano i costi fissi (ammortamento, interesse, ricovero, imposte ed assicurazioni), sia i costi variabili (combustibili e lubrificanti, manutenzione e riparazione, materiali vari, manodopera). Tecnica colturale La preparazione del terreno è stata eseguita con un ripuntatore a grande larghezza di lavoro, dotato di sette elementi lavoranti disposti alternativamente su due file orizzontali (Foto 1). L’attrezzo è stato

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accoppiato ad una trattrice agricola a doppia trazione da 180 kW di potenza. È stata rilevata una capacità di lavoro di circa 2,5 m2/s (0,9 ha/h). Nei terreni compatti, per l’esecuzione dei lavori di dirompimento, la rippatura è da preferire alla classica aratura al fine di ridurre il rischio di formazione della suola di lavorazione che potrebbe creare ostacolo allo sviluppo dell’apparato radicale.

Foto 1 - Ripuntatore impiegato per i lavori di dirompimento del terreno.

La lavorazione successiva alla ripuntatura è consistita in una estirpatura. È stato utilizzato un estirpatore costituito da un telaio metallico, collegato alla trattrice tramite l’attacco a tre punti, sul quale sono montati alternativamente su tre barre orizzontali parallele tra loro gli utensili, costituiti da bracci ricurvi con l’estremità foggiata a bordi taglienti (Foto 2). Gli obiettivi che si intendono raggiungere con un’operazione di questo tipo sono principalmente da ricondurre alla volontà di operare lo sminuzzamento della terra fino ad una certa profondità; inoltre gli utensili, smuovendo il terreno, vanno anche ad eliminare le erbe infestanti. La macchina, collegata ad una trattrice a doppia trazione di 180 kW di potenza, ha fatto registrare una capacità di lavoro di circa 4,4 m2/s (1,6 ha/h).

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Foto 2 - Particolare dell’estremità dei bracci foggiata a bordi taglienti.

Subito dopo l’estirpatura è stata anche effettuata una concimazione di fondo fosfo – potassica utilizzando circa 300 kg/ha di concime complesso binario in forma granulare con titolo 0 – 23 – 25. Questo tipo di concimazione in genere è tipica dei lavori principali, che si effettuano prima dell’impianto di un arboreto ed ha naturalmente lo scopo di arricchire il terreno in profondità, cosa che diverrebbe impossibile una volta effettuato il trapianto; gli elementi chimici apportati tramite la concimazione essendo fissati dal complesso di scambio del terreno, rimangono a disposizione delle piante senza andare incontro a perdite dovute a dilavamento. La distribuzione del concime è stata realizzata con l’impiego di una macchina dotata di meccanismo di distribuzione per reazione centrifuga (Foto 3), trainata da una trattrice a doppia trazione con potenza di 75 kW. È stata calcolata una capacità di lavoro di 11,1 m2/s (4 ha/h).

Foto 3 - Spandiconcime a distribuzione centrifuga.

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L’interramento del concime e l’affinamento del letto di trapianto è stato realizzato con l’ausilio di un erpice a denti rigidi rotativi azionati dalla presa di potenza. L’attrezzo è stato accoppiato ad una trattrice a doppia trazione di 95 kW di potenza. L’operazione è stata svolta con una capacità di lavoro di 3,6 m2/s (1,3 ha/h). Infine poco prima del trapianto, per liberare completamente il suolo dalle infestanti cresciute si è proceduto ad eseguire un trattamento chimico con un disseccante totale (4 kg/ha di glyphosate) distribuito con una macchina irroratrice semovente a getto proiettato a 4 ruote motrici e 60 kW di potenza (Foto 4). La capacità operativa della macchina è risultata di 17 m2/s (6,1 ha/h).

Foto 4 - Macchina irroratrice semovente per la distribuzione dei fitofarmaci.

Il trapianto rappresenta senza dubbio, insieme all’operazione di raccolta, una delle fasi più importanti ed interessanti di tutta la filiera per la produzione di pioppo da biomassa. Si tratta in sostanza di mettere a dimora nel suolo, adeguatamente preparato ad accoglierle, le talee di pioppo secondo il sesto di impianto prescelto. A tale scopo vengono comunemente impiegate delle trapiantatrici meccaniche, che indipendentemente dal modello utilizzato svolgono tutte la stessa funzione, che consiste nel conficcare nel terreno la talea perpendicolarmente a questo per circa i due terzi della sua lunghezza. La ditta “Spapperi s.r.l.” con sede a San Secondo Città di Castello, ha recentemente immesso nel mercato una trapiantatrice specifica (Foto 5).

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Foto 5 - Piantatalee semiautomatica.

La macchina, collegata ad una trattrice D.T. da 90 kW di potenza mediante l’attacco a tre punti, permette in un unico passaggio il posizionamento nel terreno di due file di talee di pioppo. In particolare il singolo elemento trapiantatore è costituito da: un rullo compressore necessario a livellare il terreno ed a ridurne la sofficità dovuta alla precedente erpicatura, un sistema per l’inserimento delle talee costituito da una ruota in metallo che gira intorno al proprio asse orizzontale, sulla quale sono disposti otto elementi intercambiabili, disposti radialmente ed equidistanti tra loro. Ciascun elemento distributore presenta nella parte esterna una pinza a molla all’interno della quale l’operatore pone la talea, nel momento in cui tale dispositivo si trova in posizione verticale (Foto 6).

Foto 6 - Inserimento delle talee negli elementi distributori.

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Con la rotazione la talea inserita nell’elemento iniettore giunge in prossimità del terreno e quando si trova in posizione perpendicolare rispetto a quest’ultimo, un martinetto idraulico spinge sull’elemento iniettore infilando la talea nel terreno per circa due terzi della sua lunghezza (Foto 7).

Foto 7 - Particolare dell’inserimento nel terreno di una talea.

Con questo sistema si riduce la percentuale di spazi vuoti tra terreno e talea riducendo di conseguenza le fallanze. Il funzionamento in continuo della macchina richiede 4 operatori: 1 alla guida della trattrice, 2 sulla macchina ed infine 1 addetto al rifornimento del materiale da trapiantare. La macchina ha fatto registrare una capacità di lavoro di 0,83 m2/s (0,3 ha/h). Le operazioni di manutenzione dell’impianto sono consistite in un’irrigazione di soccorso ed in un intervento di sarchiatura quando le talee avevano raggiunto l’altezza di circa 0,5-0,7 m. L’irrigazione, resasi necessaria a causa del clima siccitoso, è stata eseguita con un impianto di irrigazione semovente a tubazioni flessibili (rotoloni), costituito da un carro-bobina a punto fisso ed un irrigatore mobile su un carrello. Sono stati distribuiti 30 mm di acqua in un unico passaggio. La sarchiatura è stata realizzata con un erpice canadese; costituito da un telaio rigido con utensili di lavoro, rappresentati da lame flessibili di acciaio a grande curvatura, dotate all’estremità di piccole vanghegge triangolari a bordi taglienti in grado di operare un efficace lavoro di rinettatura e rottura della crosta del suolo fino ad una profondità di circa 0,1 – 0,15 m (foto 8). L’attrezzo, portato da una trattrice a doppia trazione di 60 kW di potenza, ha operato con una capacità di lavoro di 3,9 m2/s (1,4 ha/h).

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Foto 8 - Particolare delle vanghegge dell’erpice canadese.

L’operazione di raccolta va effettuata nell’arco di tempo che va da novembre a marzo, periodo corrispondente alla fase di riposo vegetativo del pioppo, durante il quale pertanto non viene compromessa la vitalità delle ceppaie. La tecnica utilizzata prevede il taglio dei pioppi ad una altezza di circa 0,1 m dal suolo e la loro concomitante trasformazione in una delle due possibili tipologie di prodotti: il cippato, costituito da scaglie di legno di dimensioni variabili (chips), che possono essere stoccati solo all’aperto o in locali ben areati e con rimescolamento continuo per evitare fenomeni fermentativi, che causerebbero perdite di prodotto ed il pezzato; comprendente pezzi di fusto delle dimensioni di 0,4 – 0,5 m che possono essere stoccati senza inconvenienti. Nell’azienda analizzata è stata adottata la soluzione di raccolta e trasformazione in campo, attraverso l’impiego di una raccoglitrice – cippatrice di tipo semiportato dotata di ruote proprie per ammortizzare il peso e per regolare l’altezza da terra (Foto 9). Il taglio delle piante viene effettuato da una coppia di lame circolari del diametro di circa 0,5 m che ruotano in maniera contrapposta ad una velocità di 2.500 giri/min. Per evitare che in seguito al taglio le piante cadano fuori dal raggio di azione della macchina, alle lame è abbinata una struttura conformata ad imbuto (Y), che favorisce il convogliamento del materiale verso gli elementi che operano la trinciatura.

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Foto 9 - Raccoglitrice-cippatrice impiegata per la raccolta del pioppo.

Questa particolare struttura inoltre è anche dotata di una coppia di rulli controrotanti conformati a stella nella parte centrale e di una serie di denti mobili disposti orizzontalmente nelle zone laterali grazie ai quali viene garantita la regolarità di afflusso delle piante e di conseguenza viene impedito l’intasamento della macchina. La trinciatura viene effettuata da un apparato conformato a disco, montante una coppia di coltelli radiali ed il prodotto finale (cippato) viene direttamente scaricato, tramite un tubo di lancio orientabile dalla cabina, all’interno di un rimorchio trainato dalla stessa trattrice o meglio da un’altra, che procede parallelamente alla macchina operatrice (Foto 10).

Foto 10 - Particolare operazione di raccolta.

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Il cantiere di raccolta era costituito da una trattrice a doppia trazione (110 kW di potenza) e da due trattrici sempre a doppia trazione (75 kW di potenza) trainanti due rimorchi che si alternavano tra il campo ed il centro aziendale. La capacità di lavoro della macchina è stata circa 0,7 m2/s (0,26 ha/h). Con la raccolta si chiude il ciclo colturale del pioppo S.R.F., da questo momento in poi si dovrà attendere che le ceppaie lasciate sul terreno emettano i polloni che l’anno successivo determineranno la nuova produzione di biomassa. Con riferimento a quanto riportato in letteratura ed all’esperienza maturata nel primo anno di sperimentazione si ritiene di poter prevedere per gli anni successivi al primo che le operazioni colturali si limiteranno ad una sarchiatura effettuata pochi mesi dopo il taglio per favorire il ricaccio dei polloni, ad un’eventuale irrigazione di soccorso e ad una concimazione effettuata ogni due anni con circa 200 kg/ha di concime ternario. Infine al termine dei dieci anni dovrà essere programmata l’operazione di espianto realizzato con una fresa forestale, che tritura le ceppaie e le radici fino ad una profondità di 0,4 m. Analisi dei costi Tutte le operazioni descritte sono state svolte dall’azienda con i propri mezzi, tranne quelle relative alla messa a dimora delle talee ed alla raccolta del prodotto finale per le quali si è ricorso al contoterzismo. Il costo totale per la realizzazione e la gestione dell’impianto al primo anno, considerando l’acquisto di 11.800 talee/ha al prezzo di 0,24 € l’una, è stato di 3.980 €/ha (Tabella 1).

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Tab. 1 - Operazioni e relativi costi sostenuti il primo anno d’impianto.

3.980,00Totale

110,00Rimorchi 75Trasporto

143,000,7Raccoglitrice cippatrice110Raccolta

90,00RotoloneIrrigazione di soccorso

40,003,9Erpice canadese60Sarchiatura

400,000,83Trapiantatrice semiautomatica90Trapianto

2.832,00Acquisto talee

80,0017,0Irroratrice semovente60Diserbo chimico

60,003,6Erpice a denti rigidi rotativi95Affinamento del terreno

105,0011,1Spandiconcime75Concimazione

35,004,4Estirpatore180Estirpatura

85,002,5Ripuntatore180Rippatura

COSTO(€/ha)

CAPACITA’DI LAVORO

(m2/s)

MACCHINA UTILIZZATA

POTENZA DEL TRATTORE (kW)OPERAZIONE

3.980,00Totale

110,00Rimorchi 75Trasporto

143,000,7Raccoglitrice cippatrice110Raccolta

90,00RotoloneIrrigazione di soccorso

40,003,9Erpice canadese60Sarchiatura

400,000,83Trapiantatrice semiautomatica90Trapianto

2.832,00Acquisto talee

80,0017,0Irroratrice semovente60Diserbo chimico

60,003,6Erpice a denti rigidi rotativi95Affinamento del terreno

105,0011,1Spandiconcime75Concimazione

35,004,4Estirpatore180Estirpatura

85,002,5Ripuntatore180Rippatura

COSTO(€/ha)

CAPACITA’DI LAVORO

(m2/s)

MACCHINA UTILIZZATA

POTENZA DEL TRATTORE (kW)OPERAZIONE

Bibliografia Agliani L. (2005) – Macchine per la raccolta delle colture agroenergetiche. Terra e Vita,

43. Agliani L. (2005) – Il pioppo da energia conquista il Centro-Sud. Terra eVita, 47. Bignami D. (2005) – Con il pioppo da biomassa l’agricoltore vende ambiente. Terra e Vita,

32-33. Cami R., Bartolini R. (2005) – Seminativi: ecco il perché i conti non tornano più. Terra e

Vita, 19. Facciotto G., Muggini G. (2003) – Modelli colturali e produttività delle colture da

biomassa. L’informatore Agrario, 10. Francescano V., Antonimi E. (2005) – Fare reddito dal legno cippato con la fornitura di

calore. Supplemento 1, L’informatore Agrario, 34. Pari L., Civitarese V. (2005) – Il pioppo da biomassa può essere una valida alternativa.

L’informatore Agrario, 18. Vidale S. (2006) – La redditività del pioppo a ciclo breve per uso energetico nel nord Italia.

Supplemento, Terra e Vita, 5.

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Analisi tecnico-economica di un impianto per la generazione di biogas Saverio Patacca Laureato in Sviluppo Rurale e Agricoltura mail: [email protected] Riassunto La digestione anaerobica per la produzione di biogas, è una realtà interessante per le aziende che vogliono orientarsi verso il moderno concetto di “multifunzionalità”. Dal biogas, per combustibile si ottiene un’ulteriore PLV, rappresentata da energia elettrica, termica e dai Certificati Verdi. Persistono tuttavia forti difficoltà connesse all’assenza di contributi in conto capitale, per attenuare l’elevato costo d’impianto. L’Azienda La produzione di biogas all’interno delle singole aziende zootecniche, si prospetta come una fonte addizionale di reddito, in quanto l’energia elettrica prodotta è direttamente vendibile al distributore locale. Tale produzione beneficia inoltre del meccanismo di incentivo dei Certificati Verdi, emessi dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale. Nel centro-nord Italia solo alcune aziende agricole si sono cimentate nella realizzazione di tale tipologia di impianti; una di queste, è collocata in Emilia Romagna ed è l’azienda dell’imprenditore Mauro Mengoli. Essa è ubicata nelle pianure del Bolognese e conta su una superficie agricola totale di 50 ettari, sui quali sono coltivate le produzioni che dovranno fornire gli alimenti per la stalla; prevalentemente mais ed erba medica. La stalla che è uno dei punti di forza dell’azienda produce latte per la linea “alta qualità” della Granarolo; ha una consistenza di 230 capi di cui 100 in lattazione e la produzione giornaliera media di latte è di circa 2,7 t. L’impianto per la produzione di biogas è molto più recente della stalla. Nato da un’idea latente dello stesso imprenditore, che per via dell’ interesse, nonché di una passione verso questo nuovo settore, si è trasformato in un “allevatore di batteri”. Liquame fornito dalla stalla, patate, cipolle di scarto sono i principali inputs di questo impianto. L’energia elettrica ricavata dalla digestione anaerobica di tali scarti è invece una fonte di ricavo consistente. Gli impianti di digestione anaerobica, si basano su un semplice principio: il materiale organico viene immesso all’interno di grandi contenitori ermetici detti reattori, dove è rimescolato con regolarità da appositi agitatori. Per

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mezzo dell’intervento combinato e consequenziale di diversi ceppi batterici; in primo luogo si raggiunge l’anaerobiosi, successivamente la metanizzazione, ovvero la produzione di un gas contenente metano in grande percentuale; e per questo infiammabile. Questo viene raccolto da una camera dalla forma di “tendone da circo”; detta gasometro. Il gas è poi evacuato, e dopo appositi trattamenti di deumidificazione e desolforazione, viene immesso in motori a combustione interna appositamente progettati. In questa fase si ha la conversione dell’energia chimica del biogas in energia meccanica ed infine in elettrica e termica. L’alimentazione avviene per i 2/3 del volume dei reattori, con materiali di scarto quali: sottoprodotti di lavorazione di soia, pomodoro, patate, cipolle, barbabietole da zucchero, ma anche sfalci di giardino ed in mancanza di questi, con insilato ceroso di mais ed insilato di erba medica. Per il restante volume si carica liquame bovino e silomais. Il liquame ha un duplice scopo; quello di fluidificare l’intera alimentazione, e di apportare i batteri metanigeni. La tecnologia impiantistica è quella dei reattori CSTR (completamente miscelati e continui) e la digestione avviene ad umido in regime termico di 35°-37,5°C. Il tempo di ritenzione idraulico (HRT) è di 85 giorni e permette di conseguire una produzione di biogas media di 170 m3/ora, con una percentuale di metano variabile tra il 52 e il 54%, a fronte di un’ alimentazione di circa 30t di materiale organico al giorno. La quantità giornaliera di biogas risulta essere di circa 4080 m3. L’impianto dall’azienda Mengoli, ha 350 kW di potenza elettrica installata e 700 kW di potenza termica.

Foto 1 - Impianto dell’azienda Mengoli. Tutti i reattori sono posti in comunicazione tra di loro mediante tubazioni; sia per il passaggio del gas, che per il materiale organico. Quest’ultimo, una volta che è stato completamente digerito, prende in nome di digestato e viene stoccato in un’apposita vasca areata, in attesa della distribuzione in

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pieno campo, che avviene seguendo gli stessi piani di spargimento del liquame. Nel fabbricato adiacente i reattori, si trovano i motori, la sala di gestione dell’impianto e di invio in rete dell’energia elettrica prodotta. Questa parte è fondamentale per la cura dell’aspetto economico, in quanto, tramite due “contatori”, viene calcolata; su uno la produzione di energia elettrica immessa in rete, su l’altro invece l’energia elettrica prodotta, che ha diritto al Certificato Verde, la cui lettura è effettuata dal GRTN. L’impianto in questione è più precisamente un cogeneratore, in quanto è in grado di produrre anche energia termica, che in questo caso è impiegata, per il riscaldamento dell’abitazione dell’imprenditore, per la stalla e per la termoregolazione dei reattori. I motori funzionano per circa 8000 ore/anno e producono 2.520.000 kWh/anno di energia elettrica. Il complesso aziendale (stalla, digestore, abitazione) assorbe circa 25kW, ed autoconsumando parte dell’energia elettrica prodotta esso risulta totalmente autosufficiente. Gli autoconsumi sono stimati in circa 200.000 kWh/anno. L’energia elettrica vendibile risulta essere di 2.320.000kWh/anno. La produzione lorda vendibile dell’impianto è rappresentata sia dal valore dell’energia elettrica ceduta in rete, pagata secondo gli scaglioni produttivi e le tariffe definite della legge Marzano; nonchè dalla vendita di certificati verdi, ovvero di titoli, che attestano la produzione di energia elettrica da fonte energetica rinnovabile, pagati su tutta l’energia elettrica prodotta (ceduta e autoconsumata). Il prezzo per il 2005 è risultato essere di 0,1082€/kWh e il loro regime di pagamento è di 12 anni, sempre al 100% (non più 8 anni al 100% + 4 anni al 60%). Tra i ricavi è necessario annoverare anche gli autoconsumi termici ed elettrici, stimati con il criterio del costo evitato. I ricavi stimati risultano essere superiori ai 470.000€/ anno. Dalla vendita dell’energia elettrica si ricavano circa 179.000€/anno, dai certificati verdi 272.000€/anno. (Grafico 1). Il costo d’investimento “chiavi in mano” per un impianto di questa potenza, si aggira intorno ad 1,4 milioni di euro, ed i costi generati da un investimento simile, in assenza di contributi sono in primo luogo ammortamenti ed interessi. Un conto economico consente di verificare, alla fine di ogni anno di esercizio, il reddito netto prodotto dall’ impianto, effettuando una differenza tra ricavi e costi. Dal punto di vista dei ricavi sono stati considerati quelli derivanti dalla vendita dell’energia elettrica all’Enel e dei Certificati Verdi.

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Per l’analisi dei costi, si è considerato l’impianto come isolato dal resto dell’azienda, computando tra i costi sia le remunerazioni che le reintegrazioni.

Ripartizione ricavi

38%

57%

4%1%

Vendita Energia Elettrica Vendita Certificati verdi

Energia elettrica autoconsumata Energia termica autoconsumata

Grafico 1 - Ripartizione dei ricavi (Fonte:Elaborazioni in proprio).

Le voci di costo relative all’investimento, che sono state inserite, sono quelle degli ammortamenti, calcolati linearmente in un tempo di 12 anni. Il valore iniziale è risultato essere di 1.430.000 €, mentre il valore finale è ipotizzato uguale a zero. Inoltre, poiché parte dell’investimento è stato coperto con un finanziamento in conto capitale del PSR della Regione Emilia Romagna, dal valore iniziale dovrà essere scalato l’importo finanziato, che in questo caso è stato di soli 140.000€. La quota di ammortamento annua è di 107.500 €/anno. La restante quota di capitale che rimane fuori dal finanziamento, è stata fornita dall’imprenditore stesso. Si ipotizza pertanto, che tale importo sia finanziato interamente, per un periodo di 12 anni ad un tasso d’interesse del 6%. Su tale prestito, l’imprenditore pagherà gli interessi anno per anno sul capitale residuo. Per le operazioni di carico giornaliero dei reattori con telehandler (30 minuti, quattro volte al giorno), per le operazioni di manutenzione ordinaria (ogni 400h di funzionamento dei motori) e per lo spargimento del digestato in campo si impiega manodopera per 970 ore /anno e costa 14.550€/anno. La direzione e l’amministrazione sono affidati allo stesso imprenditore che impiega giornalmente circa un ora e mezzo del suo tempo, ed il costo è di circa 13.700€/anno.

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L’impianto prevede inoltre una manutenzione ordinaria ed una straordinaria. Per ciò che concerne la prima si sostituisce l’olio dei due motori, si pulisce o sostituiscono le candele e filtri. Il tempo impiegato per queste operazioni rientra nel conteggio della manodopera salariata in quanto, sono effettuate senza ricorrere a personale specializzato. Il costo dei materiali è di circa 4.900€/anno. La manutenzione extraordinaria è funzione di variabili non prevedibili (grado di usura delle parti meccaniche: agitatori, pompe, tubazioni), pertanto l’entità inserita nel conto economico rappresenta un valore prudenziale inerente alle grandi manutenzioni previste al 4° e al 8° anno diluite nei 12 anni, alle quali è attribuito un costo annuale di 20.000€. Una voce di grande rilevanza, è rappresentata dai costi di alimentazione, questa come detto avviene per mezzo di liquami ed altri materiali intra ed extraziendali. Ipotizzando un’ alimentazione eterogenea, come quella attuale, la spesa più onerosa è rappresentata dalle 10 tonnellate/giorno di silomais, che ha un costo a bocca dell’impianto di circa 25€/t. Il silomais rappresenta l’alternativa, in assenza di materiali extraziendali a costo ridotto o addirittura a costo zero. Poiché, per alcuni materiali è necessario un contributo al trasporto, che non può essere trascurato, si considererà un’alimentazione media costituita da liquame per 1/3 e per la restante quota di 2/3, da un 50% di silomais 25% di cipolle e 25% di scarti di lavorazione delle patate. A quest’ultimi due prodotti è stato applicato il contributo di trasporto medio di 5€/t. L’alimentazione dà luogo ad un costo annuale di 99.000€. Un’ ulteriore voce di costo è rappresentata dalle spese generali; inerenti al carburante e al lubrificante per il telehandler , alle consulenze ed istruttorie che risultano essere di circa 6250€/anno. Come per i ricavi, si è inserito un grafico a torta che, mostra la ripartizione delle voci di costo (Grafico 2). Dall’analisi del conto economico si determinano i redditi che l’impianto fornisce. I redditi sono positivi e si incrementano fino al 12° anno per via dell’abbassamento della quota interessi (Grafico 3). I redditi passano dai circa 134.000€ del primo anno fino gli oltre 200.000€ del 12° anno, quando il finanziamento sarà totalmente estinto.

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Ripartizione costi medi

32%

5%6%2%

34%

4%

2%15%

Biomassa ManodoperaManutenzione extraordinaria Manutenzione ordinariaAmmortamenti Direzione e amministrazioneSpese generali Interessi

Grafico 2 - Ripartizione dei costi medi (Fonte:Elaborazioni in proprio).

€ 0

€ 50.000

€ 100.000

€ 150.000

€ 200.000

€ 250.000

Redditi annuali

Grafico 3 - Redditi dell’impianto (Fonte:Elaborazioni in proprio).

Il tempo di rientro dell’investimento, è stato stimato mediante l’utilizzo del Break even di ritorno dell’investimento. Il metodo consiste, nella determinazione di un punto di pareggio, sul quale si verifica l’uguaglianza tra costi e ricavi cumulati, considerando nei primi, anche gli investimenti. Con questa proiezione l’investimento sarebbe in grado di rientrare all’ottavo anno (Grafico 4), posto che i ricavi restino costanti.

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Break even attuale

€ 0,00

€ 1.000.000,00

€ 2.000.000,00

€ 3.000.000,00

€ 4.000.000,00

€ 5.000.000,00

€ 6.000.000,00

€ 7.000.000,00

0 2 4 6 8 10 12 14

Costi cumulati

Entrate cumulate

Grafico 4 - Brek even di rientro dell’investimento a condizioni attuali

(Fonte:Elaborazioni in proprio). Le simulazioni ipotizzate, sono relative a scenari che potrebbero venire a crearsi a seguito del cambiamento di alimentazione, dovuto all’ assenza di prodotti extraziendali a costo ridotto. La presenza di questi non è infatti sicura nel lungo periodo. Qualora l’alimentazione del digestore fosse esclusivamente costituita da silomais e liquame bovino, per mantenere una produzione giornaliera complessiva di circa 4080 m3, supponendo fissa la quota di liquami , sarebbero necessarie 13.5 tonnellate di silomais al giorno. L’alimentazione giornaliera avrebbe un costo di oltre 337€ che per 330 giorni di alimentazione, farebbe incrementare tale voce di costo fino a 111.500€ anno. Il tempo di rientro dell’investimeno si posticiperebbe di circa un anno. Vista la rilevanza che assumono attualmente le biomasse nell’ambito del territorio rurale, si prevede nel prossimo Piano di Sviluppo Rurale (2007-2013), all’interno dell’asse 1, una parte dedicata allo sviluppo e ristrutturazione del capitale fisico e alla promozione dell’innovazione. E’ probabile che tra queste misure saranno compresi anche gli investimenti per la produzione di energia elettrica da biomasse. Gli obiettivi che devono essere perseguiti, sono inerenti ad investimenti che migliorino globalmente il rendimento dell’azienda agricola. In considerazione dell’importanza di tali obbiettivi non è impensabile

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l’ottenimento di un finanziamento in conto capitale, pari ad un’aliquota del 40% sul capitale investito. In ragione di queste supposizioni oggettive, desumiamo che l’entità del finanziamento nel caso di un impianto come quello dell’azienda Mengoli potrebbe essere di 572.000€. Questo fatto comporta degli importanti risvolti nel tempo di rientro dell’investimento, in quanto determina un abbassamento della quota interessi e degli ammortamenti. Il tempo di ritorno si attesta cosi al quarto anno, come conseguenza della diminuizione di tali onerosi costi (Grafico 5).

Break even con finanziamento

€ 0,00

€ 1.000.000,00

€ 2.000.000,00

€ 3.000.000,00

€ 4.000.000,00

€ 5.000.000,00

€ 6.000.000,00

€ 7.000.000,00

0 2 4 6 8 10 12 14

Costi cumulati

Entrate cumulate

Grafico 5 - Tempo di rientro dell’investimento con finanziamento in conto

capitale (Fonte:Elaborazioni in proprio). Qualora dopo il 12° anno non fosse possibile riaccedere al meccanismo d’incentivo dei certificati verdi, l’impianto si presenterebbe molto meno redditizio (Tab. 1). I certificati verdi sono degli importanti sussidi. Tuttavia anche in assenza di questi, l’investimento risulterebbe sostenibile; infatti il reddito sarebbe sempre superiore ai 45000€/anno. In definitiva, la digestione anaerobica è una realtà possibile. E’ evidente però che questi conti sono riferiti ad una situazione ben diversa da quella delle campagne Umbre. Nel caso specifico, l’azienda Mengoli è ubicata in un comprensorio in cui c’è una forte presenza di imprese agroalimentari, che

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producono scarti di lavorazione, che vengono forniti addebitando solo il costo di trasporto o addirittura a costo zero.

Tab. 1 - Reddito ricavato solo dalla vendita di energia elettrica. Ricavi € Costi €

Vendita Energia Elettrica € 179.260 Biomassa € 99.000 Energia elettrica autoconsumata € 21.400 Manodopera € 14.550 Energia termica autoconsumata € 3.500 Manutenzione extraordinaria € 20.000

Ricavi totali € 204.160 Manutenzione ordinaria € 4.864 Direzione e amministrazione € 13.688 Spese generali € 6.240

Reddito ritraibile Costi totali € 158.342 € 45.819

Fonte: Elaborazioni in proprio. La presenza di una fonte di biomassa a costo ridotto può essere un elemento di incentivo alla localizzazione di tale tipo di impianti. Tuttavia anche la possibilità di accedere ad un finanziamento in conto capitale è anch’essa un elemento di incentivo; poiché influisce sulla redditività e sul conseguente tempo di rientro. Non ultima la funzione ambientale ricoperta dalla digestione anaerobica che permette la chiusura dei cicli energetici delle aziende, soprattutto di quelle zootecniche senza terra.

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L’attività del C.R.B. Franco Cotana, Gianni Bidini, Cinzia Buratti, Francesco Fantozzi, Pietro Bartocci Centro Ricerca sulle Biomasse mail: [email protected] Riassunto Gli obiettivi che gli stati dell’Unione Europea si sono posti con la ratifica del Protocollo di Kyoto obbligano il ricorso all’impiego delle energie rinnovabili. In questo contesto un ruolo importante spetta alle biomasse. A tale scopo il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha fondato nel 2003 il Centro di Ricerca sulle Biomasse, per coordinare le attività riguardanti la produzione di biomasse, la loro conversione energetica e per promuovere lo sviluppo del settore. Il Centro ha sede a Perugia e si propone di realizzare le seguenti attività: ricerca e sperimentazione, formazione e servizi (Osservatorio Nazionale sulle Biomasse, Certificazione di Prodotto e di Processo, Attività di Consulenza, Supporto Legislativo, etc.). Le attività sono rivolte a tre filiere (colture dedicate, biomasse residuali, residui agroalimentari e zootecnici). Introduzione Gli obiettivi che gli stati dell’Unione Europea ed extraeuropei si sono posti con la ratifica del Protocollo di Kyoto [I] obbligano il ricorso sempre più massiccio all’impiego delle energie rinnovabili, tra le quali un ruolo importante spetta alle biomasse. In Italia una delle prime azioni in materia di biomasse per uso energetico è stata il Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB, 1998) [2-3], nato da un gruppo di lavoro tra il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e altri Ministeri, (Ambiente, Bilancio e Programmazione Economica e Tesoro, Finanze, Industria Commercio e Artigianato, Università e Ricerca Scientifica e Tecnologica). L’obiettivo di tale programma era di promuovere l’uso delle biomasse agro-zootecniche-forestali per la produzione di energia rinnovabile, in accordo con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra concordati a Kyoto ed accettati dall’Italia e dall’intera Unione Europea. Dal PNERB sono derivati alcuni programmi attuativi, come il Programma Nazionale Valorizzazione Biomasse Agricole e Forestali (PNVBAF 1999) [4-5], anche esso promosso dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con l’intento di sviluppare le filiere agroenergetiche. Successivamente il Programma Nazionale Biocombustibili (PROBIO, 2000 [6-7]) si pone come obiettivo prioritario l’attuazione di attività dimostrative e divulgative che diano stimolo non solo alle Amministrazioni locali, ma anche agli imprenditori agricoli ed industriali, verso un ulteriore sviluppo

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dei biocombustibili. Al fine di rendere organiche ed incisive a livello nazionale le azioni già intraprese in materia di biomasse ad uso energetico, nel 2003 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha istituito il Centro di Ricerca sulle Biomasse; il Centro nasce da un progetto delle Sezioni di Macchine e Fisica Tecnica del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Perugia. Il CRB si pone come punto di riferimento, a livello nazionale ed internazionale, in materia di impiego energetico delle biomasse. Nel presente lavoro sono presentati l’organizzazione del Centro e le tre attività principali: ricerca e sperimentazione, formazione, servizi, sviluppate su tre filiere fondamentali (colture energetiche, biomasse residuali, residui agro-alimetari e zootecnici) nelle fasi di produzione, trasformazione, conversione energetica ed emissioni (Fig. 1).

Fig. 1 - Filiere della Bioenergia.

Finalità del C.R.B. Il Centro di Ricerca sulle Biomasse ha quale scopo principale lo sviluppo ed il coordinamento, a livello nazionale e regionale, delle attività riguardanti l’uso energetico delle biomasse, in sinergia con i programmi e le linee guida dell’Unione Europea. Il CRB si propone di raggiungere significativi risultati nella ricerca e nella produzione di biomasse e nelle tecniche di conversione energetica, obiettivi che potranno essere perseguiti attraverso le seguenti attività:

• riorganizzare le attività in essere e organizzare quelle future

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connesse con l’applicazione di tecnologie innovative; • promuovere ricerca e sperimentazione, al fine di perseguire

l’ottimizzazione dei processi di produzione, trasformazione e conversione energetica delle biomasse in termini energetici, economici e ambientali;

• individuare alcune filiere fondamentali di interesse; • elaborare, sulla base della ricerca e sperimentazione, delle linee

guida per l’ottimizzazione dei processi di produzione, trasformazione e conversione in termini energetici, economici e ambientali;

• censire le attività pregresse sviluppate nell’ambito dei programmi promossi quali PNFRB, PNVBAF, PROBIO;

• istituire un Osservatorio Nazionale sulle Biomasse per Energia [2], con lo scopo di monitorare l’evoluzione del comparto;

• promuovere la certificazione e l’etichettatura energetica ed ambientale dei prodotti e dei processi connessi con la produzione di energia da biomasse, in modo da caratterizzare e standardizzare prodotti e processi attribuendo ad essi un’attestazione di qualità;

• costituire un supporto per il Ministero dell’Ambiente, dell’Agricoltura e per l’Authority per l’Energia in materia di legislazione energetico-ambientale;

• istituire e finanziare e/o co-finanziare Dottorati di Ricerca, Corsi di Laurea Specialistica, Master, Corsi di formazione per laureati;

• sviluppare progetti di ricerca e consulenze tecnico-scientifiche nel campo delle biomasse con Università, Centri Interuniversitari e Centri di Ricerca Nazionali e Internazionali;

• promuovere l’informazione presso l’opinione pubblica sui risvolti energetici e ambientali connessi con l’impiego delle biomasse.

Filiere della bioenergia Il Centro di Ricerca sulle Biomasse focalizzerà la sua attenzione su tre filiere principali: colture energetiche (colture a rapido accrescimento), biomasse residuali (paglia, lolla di riso, ecc.) e residui agroalimentari e zootecnici (sanse esauste, deiezioni suine e bovine, ecc.). La generica filiera è scomposta in 4 settori chiamati produzione, trasformazione, conversione energetica ed emissioni. La produzione consiste nella coltivazione, per le colture dedicate, nella raccolta per i residui agricoli e forestali e nella fase di lavorazione della materia prima per i residui agroalimentari. La fase di trasformazione corrisponde al processo necessario per ottenere il biocombustibile, che sarà impiegato, nella fase di conversione per ottenere energia (cioè lavoro meccanico, elettricità e calore). Tre esempi di filiere nei quattro settori considerati sono riportati in fig. 1. Il primo esempio riguarda la produzione di calore per riscaldamento domestico, impiegando legna raccolta direttamente nei boschi; essa è poi trasformata in pellet, un combustibile solido, la cui conversione energetica è realizzata in una caldaia, Il ciclo termina con la valutazione delle relative emissioni.

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La filiera del biodiesel (secondo esempio di fig. 1) ottenuto dagli oli esausti comincia con la fase di raccolta, seguita dalla depurazione e dalla transterificazione degli olii; infine il biodiesel è bruciato in un motore a combustione interna che dà luogo a delle emissioni inquinanti che devono essere opportunamente valutate. La produzione di energia dalla paglia (terzo esempio di Fig. 1) richiede la raccolta e l’imballaggio dei residui agricoli per ottenere il biocombustibile da bruciare in una centrale elettrica; anche in questo caso devono essere valutate le emissioni inquinanti. Attività del C.R.B. Le attività del CRB riguarderanno tre settori principali (fig. 2):

• ricerca e sperimentazione; • formazione; • servizi.

L’attività di Ricerca e Sperimentazione si propone di porre il CRB all’avanguardia nella generazione di know-how nei settori della produzione di colture energetiche e recupero di biomasse residuali, nella loro raccolta e trasformazione in prodotti intermedi e nella definitiva conversione energetica. L’attività di Ricerca e Sperimentazione si svilupperà anche attraverso la realizzazione di Progetti Pilota e dimostrativi, che hanno come obiettivo quello di produrre un modello economico funzionale di organizzazione per la raccolta e la trasformazione delle biomasse, per la produzione di energia o calore in aree svantaggiate o marginali del Paese. Le attività di Formazione sviluppate nell’ambito del CRB sono di tipo accademico, con una duplice valenza di ricerca ed innovazione tecnologica e contemporaneamente legate alle realtà rurali ed industriali. L’attività formativa sarà indirizzata a studenti e laureati. A tale scopo saranno attivati Dottorati di Ricerca in materia di Biomasse corsi di formazione per laureati di primo livello. Potranno inoltre essere avviate azioni specifiche relative a:

- istituzione di un C. d. L. Specialistica in Ingegneria Agro-Energetica;

- attivazione di corsi di studio nell’ambito del C. d. L. Specialistica in Ingegneria Energetica;

- attivazione di un Master in Certificazione Energetica delle Biomasse.

Le attività relative ai Servizi, sono composte da 8 azioni principali (Fig. 2): 1-2) istituzione di un Osservatorio e Catasto Nazionale sulle Biomasse; 3-5) certificazione, etichettatura e codice di tracciabilità energetica/ambientale delle filiere;

6) stesura di Linee Guida che privilegino le migliori pratiche attuative nei processi di produzione, trasformazione e conversione ed individuino adeguati sistemi di valutazione dell’impatto ambientale;

7) consulenze agli investitori ed agli operatori; 8) supporto tecnico per la stesura di leggi e normative tecniche in materia

di bioenergia.

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Ricerca e Sperimentazione Le attività di R&S possono essere suddivise nelle seguenti sottoattività:

• studio ed ottimizzazione di processi produttivi mediante la redazione dei bilanci di massa ed energia ed analisi di ciclo di vita (LCA), di ausilio alle attività di certificazione ed etichettatura;

• studio e ottimizzazione genetica delle colture dedicate in chiave energetica e delle interazioni pianta-terreno-acqua-aria, con valutazione dei benefici in termini di dissesto idrogeologico;

• studio ed ottimizzazione tecnica ed economica dei processi di pre-trattamento, raccolta e stoccaggio e trasformazione delle materie prime; analisi delle tecnologie di conversione disponibili per la produzione di lavoro meccanico, elettricità e calore;

• valutazione di una possibile integrazione tra biomasse ed altre forme di energia rinnovabile;

• analisi e sperimentazione di nuove tecniche per la produzione di biomasse (attraverso la coltivazione di colture dedicate) e per la conversione energetica delle stesse (realizzazione di impianti pilota e campi sperimentali);

• ottimizzazione dei sistemi di conversione elettrica tradizionali ed innovativi e dei sistemi di cogenerazione sia per impianti di grande taglia che per impianti su micro-scala, in un’ottica di generazione distribuita;

• ottimizzazione dei sistemi di produzione di calore civile ed industriale da biomassa residuale e non;

• presentazione di progetti nell’ambito del VII Programma Quadro della CE.

Servizi Le attività di servizio realizzano e rendono concrete le azioni sul territorio necessarie a finalizzare gli obiettivi del CRB. Esse completano le attività di Ricerca, Sperimentazione e Formazione descritte in precedenza. Le attività previste, sostanzialmente trasversali alle filiere, sono descritte brevemente nel seguito. Catasto e Osservatorio Nazionale sulle Biomasse (1-2) Già nel 1998 il Ministero dell’Agricoltura prevedeva nel PNERB l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sulle Biomasse per Energia. Con l’intento di monitorare e coordinare l’evoluzione del comparto bioenergetico, il CRB porterà avanti questa attività che fino ad oggi non ha trovato una definitiva concretizzazione. Il CRB si propone di censire tutte le fonti bio-energetiche, primarie e trasformate, nelle tre filiere: colture energetiche, biomasse residuali, residui agro-alimetari e zootecnici. Queste

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informazioni saranno raccolte in un database, periodicamente aggiornato, che costituirà il Catasto Nazionale delle Biomasse. Questo database permetterà di conoscere il potenziale “bio-energetico” reale italiano e di conseguenza garantirà un’informazione necessaria per l’attuazione di politiche energetiche sostenibili. Il CRB si propone altresì di censire gli impianti di conversione e trasformazione energetica delle biomasse ed i relativi punti e livelli di emissione, per valutare l’interazione col territorio e lo stato di efficienza degli stessi. Certificazione, etichettatura e codice di tracciabilità (3-5) Attualmente il crescente mercato dei biocombustibili, con particolare riferimento al pellet, richiede un ulteriore sforzo per assicurare la qualità del prodotto, cominciando dall’etichettatura relativa alla composizione (contenuto di umidità e ceneri) e al contenuto energetico (potere calorifico). Tutto ciò potrebbe essere esteso alla valutazione dei bilanci di massa ed energia connessi con i processi di produzione di tutti i biocombustibili, al fine di definire i possibili impatti energetico-ambientali.

Fig. 2 - Organigramma del Centro di Ricerca sulle Biomasse. Realizzando l’analisi del ciclo di vita del biocombustibile, anche nella fase di conversione energetica, è possibile valutare il grado di sostenibilità dell’intero processo. Al kWh (elettrico o termico) prodotto da una specifica biomassa e con una

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determinata tecnologia può quindi essere attribuito un indice che permetterà di evidenziare il processo con il maggior grado di sostenibilità. Il CRB porterà avanti questa attività attraverso il monitoraggio delle colture dedicate, la realizzazione di impianti dimostrativi e attività di laboratorio (certificazione). Il CRB si propone infine di realizzare un codice unico di tracciabilità per le biomasse, da associare ad ogni singola fase di produzione e conversione, al fine di garantire la sicurezza ambientale del processo di conversione energetica. Stesura di linee guida (6) Il settore delle biomasse, continuamente in evoluzione ed in Italia ancora a livello embrionale, necessita di Linee Guida aggiornate coerentemente con l’avanzamento dello stato dell’atte, che privilegino le migliori pratiche attuative nei processi di produzione, trasformazione e conversione ed individuino adeguati sistemi di valutazione dell’impatto ambientale. In tale contesto il CRB individuerà delle priorità, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, e definirà le relative linee guida (per l’ottimizzazione della produzione, della trasformazione, della conversione energetica e dei processi di trattamento degli effluenti e per la minimizzazione dell’impatto ambientale). Attività di Consulenza (7) Le nascenti filiere per l’impiego energetico delle biomasse prevedono tecnologie innovative di trasformazione e conversione, colture specializzate e sistemi di raccolta delle biomasse residuali che richiedono la presenza di un know-how distribuito sul territorio e facilmente accessibile agli operatori del settore. A tale scopo il CRB mette a disposizione tecnici e consulenti per la progettazione, l’ottimizzazione e la gestione degli impianti e delle colture e l’adeguato trattamento degli effluenti; fornisce inoltre un supporto ai produttori che richiedano, ad esempio, la certificazione energetica. Il CRB, infine, si propone di istituire l’apertura di uno sportello gratuito di assistenza tecnica, normativa e legislativa rivolto ai produttori, agli operatori del settore di trasformazione, di conversione energetica e di trattamento degli effluenti. Supporto tecnico per la stesura dileggi e normative tecniche (8) Il CRB si propone come interlocutore privilegiato per attività di standardizzazione ed unificazione delle materie prime, dei prodotti intermedi di trasformazione e dei bio-combustibili. L’azione di supporto al legislatore ed alle amministrazioni locali, infine, potrà essere di ausilio nella definizione e nell’orientamento delle agevolazioni agli investitori ed ai produttori, nella definizione e nello snellimento delle procedure autorizzative e nell’elargizione delle concessioni, nonché nella definizione dei limiti di legge per i parametri di produzione, per gli indici caratteristici e per le soglie di emissione, limitatamente al settore della conversione energetica da biomasse

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Progetti ed attività del Centro Ricerca sulle Biomasse dell?università degli Studi di Perugia Tra le attività in cui il CRB è attualmente coinvolto si ricordano:

1. Mini impianti – progetto FACEB: prevede l’implementazione di un modello di sfruttamento energetico delle biomasse su scala nazionale mediante la realizzazione di 300 – 400 impianti di cui almeno 10 nella regione Umbria:

• studio di fattibilità per la realizzazione di una centrale da 1 MW elettrico e 4 MW termici per l’ospedale di Città di Castello;

• studio di fattibilità per la realizzazione di una centrale da 1,5 MW elettrici e 7 MW termici per il Polo Unico Ospedaliero di Perugia (ex Silvestrini).

2. Micro impianti – progetto ERAARZ – progetto ERAASPV – progetto TRIGENERAZIONE/OLIO VEGETALE; realizzazione di micro impianti per la cogenerazione di energia termica ed elettrica in aziende agrarie di piccole e medie dimensioni localizzate sul territorio regionale:

• impianto di digestione anaerobica di reflui zootecnici presso l’azienda agricola Poggiovalle di Fabro (PG);

• caldaia ad olio diatermico alimentata da scarti di potatura di vite presso azienda vitivinicola Lungarotti di Torgiano (PG).

3. Campi sperimentali- attività di ricerca e sperimentazione di colture energetiche arboree ed erbacee:

• campo di Casalina (PG) di proprietà della Fondazione per l’Istruzione Agraria in Perugia (FIAPG);

• campo di Pietrafitta (PG) di proprietà della Comunità Montana Monti del Trasimeno;

• campo di Montelabate (PG) di proprietà della Fondazione Gaslini.

4. Pianificazione energetica: • proposta per l’elaborazione del documento di riferimento

propedeutico al Piano Nazionale Biocarburanti e Biomasse agro-forestali per usi energetici (PNBB 2006-2016);

• realizzazione del catasto nazionale delle biomasse e dei biocombustibili;

• analisi della fattibilità dell’impiego energetico delle biomasse nel territorio della Provincia di Grosseto.

5. Informazione e divulgazione dei risultati: • organizzazione di seminari presso le scuole medie di Perugia

sulle diverse fasi della filiera di conversione energetica delle biomasse con attività di piantumazione di talee di pioppo eseguite da ogni studente;

• tavola rotonda “Biocarburanti ed Energia da Biomasse per lo Sviluppo Sostenibile” 12 settembre 2006.

Mini impianti, Progetto FACEB Il Progetto FACEB (Filiera Agroforestale per Centrali a Biomassa di piccola

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taglia) è un’iniziativa del Centro Ricerca Biomasse CRB, che si propone di implementare una filiera integrata di produzione, conferimento, stoccaggio e conversione della biomassa in energia elettrica ed energia termica; ogni fase della filiera risulta caratterizzata dall’adozione di metodologie e tecnologie innovative il cui impiego consentirà di ottenere un’elevata efficienza globale del processo. La realizzazione di impianti per la produzione di energia da biomasse costituisce una soluzione innovativa che abbatte il consumo dei derivati del petrolio e le emissioni inquinanti, attraverso l’impiego di biomasse da legno vergine, proveniente dal taglio programmato dei boschi, pulizia periodica dei boschi, manutenzione delle infrastrutture pubbliche esbosco, potature di oliveti e vigneti, etc. Di fatto la produzione energetica da biomasse riveste un duplice valore:

• costituisce un importante contributo al corretto impiego delle risorse boschive ed alla corretta manutenzione del territorio, in particolare sotto gli aspetti della salvaguardia antincendio e della conservazione e tutela ambientale e paesaggistica;

• costituisce una valida risorsa sotto il profilo economico e sociale, in quanto favorisce la costruzione di nuova impresa con consistenti apporti in termini occupazionali per il territorio.

In quest’ottica il modello prevede l’implementazione di una serie di filiere per la produzione, l’approvvigionamento, e la conversione energetica della biomassa legnosa in impianti di piccola taglia (non superiore ai 2MWe) su tutto il suolo nazionale, sul quale saranno installati circa 300 impianti della stessa tipologia di quelli descritti di seguito. La scelta di operare con potenzialità ridotte nasce dalla considerazione che la sostenibilità dell’investimento necessario alla realizzazione dell’impianto di conversione dell’energia è legato alla possibilità di reperire agevolmente ed a costi contenuti la biomassa necessaria alla conduzione dell’impianto stesso. In tal senso, attualmente, la soluzione ottimale è quella di operare con impianti che abbiano potenze termiche in ingresso al focolare comprese tra i 3 ed i 7 MWt. Il modello FACEB prevede l’adozione di un caldaia a griglia ad olio diatermico e di un sistema di generazione elettrica e termica a ciclo Rankine organico; questa opzione è prevalentemente orientata alla produzione di calore per grandi utenze termiche (ad esempio teleriscaldamento), mentre la produzione elettrica (compresa tra 0.5 e 1.5 MW), avente rendimenti peraltro non trascurabili (fino al 15÷18%), rappresenta un introito supplementare che porta la redditività di questa soluzione a valori superiori rispetto a quelli delle centrali di teleriscaldamento realizzate con generatori esclusivamente termici. Parallelamente la compattezza, la semplicità di controllo e l’assenza di circuiti ad elevata pressione fa sì che questo tipo di impianti facciano registrare dei costi di gestione minimi. Il modello, inoltre prevede la costituzione di due società di spin-off per la gestione della filiera. Il combustibile prodotto sarà impiegato per l’alimentazione di un impianto

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di conversione dell’energia della potenzialità elettrica di 1MW; al fine di massimizzare l’efficienza energetica del processo si opererà il recupero termico del calore residuale del processo; si realizzerà quindi un sistema di produzione combinata di energia elettrica e calore (CHP). A tale proposito si prevede di avvalersi di un Ciclo Rankine, essendo questa la soluzione prevalentemente adottata nel caso di impiego diretto della biomassa come combustibile (wood-chip fired boiler plant). I vantaggi del Ciclo Rankine Organico sono la robustezza, la possibilità di automatizzare il processo e il rendimento elettrico particolarmente elevato per un impianto a Biomassa (15%); in tal senso i cicli ORC presentano ampie prospettive di sviluppo nel campo dello sfruttamento energetico della biomasse. La figura 3 riporta lo schema di funzionamento di una centrale a biomassa a ciclo organico, mentre la figura 4 riporta l’impatto visivo della stessa.

Fig. 3 - Centrale a biomassa aCiclo Rankine Organico: schema di principio.

Fig. 4: Centrale a biomassa a ciclo Rankine Organico: esempio di impatto visivo.

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Micro impianti – progetto ERAARZ – progetto ERAASPV – progetto TRIGENERAZIONE/OLIO VEGETALE Il progetto ERAARZ si inserisce nella filiera del recupero energetico dei reflui zootecnici in un’azienda agricola umbra (Azienda Agricola Poggiovalle), impiegando la digestione anaerobica come processo di conversione energetica. L’attuale assetto produttivo dell’azienda, prevede l’allevamento di circa 140 vacche nutrici di razza chianina per la produzione di vitelli da carne, lasciate libere al pascolo per sei mesi l’anno, di 130 vacche di razza frisona, per la produzione di latte e di circa 90 manze e vitelli. La produzione giornaliera di liquami dell’azienda, sulla base dei capi disponibili, è pari a 12 m3. Per quanto riguarda la produzione di biogas, mediamente si possono ottenere 0,750 m3 di biogas al giorno dal liquame prodotto da una vacca da latte del peso vivo medio di 500 kg; Nel caso in esame, considerando 130 capi bovini di 400 kg, 90 da 350 kg e 140 da 600 kg, la produzione di biogas dell’azienda e pari a circa 270 m3/giorno di biogas. Al momento della presentazione del Piano Operativo di Dettaglio era stato scelto un impianto di tipo semplificato, realizzato sovrapponendo una copertura di materiale plastico alla vasca di stoccaggio dei liquami. Il digestore era di tipo CSTR con un tempo di ritenzione pari a 40 giorni.

Fig.5 - Esempio di digestore tipo CSTR.

Il progetto ERAASPV, presentato con modalità a sportello al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in data 9 Dicembre 2005, in base a quanto previsto dal DM 16 Luglio 2003 è stato ammesso a finanziamento con comunicazione del 30 gennaio 2006 prot. N. 40113, pervenuta al Centro di Ricerca sulle Biomasse in data 06 febbraio 2006, prot. n. 59/06. Il progetto ERAASPV riguarda la realizzazione di un impianto pilota per il recupero energetico degli scarti di potatura presso un’azienda vitivinicola

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umbra (Cantine Giorgio Lungarotti srl). La filiera energetica è così articolata:

• raccolta e stoccaggio delle potature: le potature prodotte in campo verranno raccolte con una macchina rotoimballatrice di proprietà del CRB, la LERDA T110. Lo stoccaggio sarà effettuato in un magazzino, situato in prossimità dei campi; cippatura: la fase di cippatura è necessaria per ottenere un biocombustibile (cippato) di caratteristiche dimensionali compatibili con le apparecchiature di conversione energetica;

• conversione energetica: il processo di conversione energetica prevede la combustione del cippato in una caldaia ad olio diatermico in grado di soddisfare le esigenze termiche dell’azienda relative al riscaldamento dei locali e alla produzione di vapore. Si prevede di impiegare la caldaia ad olio diatermico anche per l’alimentazione di macchine frigorifere ad assorbimento che andranno a sostituire le macchine frigorifere a compressione attualmente impiegate nell’azienda. In tal modo, oltre al risparmio di combustibile (GPL e gasolio) si otterrà anche un sensibile risparmio di energia elettrica.

Il CRB ha eseguito la caratterizzazione energetica della biomassa derivante dagli scarti delle potature dei vigneti avvalendosi dell’apposito laboratorio istituito presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. La strumentazione utilizzata è composta da un calorimetro per la determinazione del potere calorifico superiore del combustibile, da un analizzatore termogravimetrico per la determinazione del contenuto di umidità, ceneri e sostanze volatili, da un analizzatore elementare per l’analisi della composizione chimica (contenuto di carbonio, azoto, idrogeno, ossigeno). L’attuale assetto dell’azienda prevede l’impiego di caldaie alimentate a gasolio e gpl e di macchine frigorifere a compressione, impiegate per il condizionamento dei locali e per il processo di vinificazione.

Fig.6 - La rotoimballatrice LERDA T110.

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Campi sperimentali Il CRB ha svolto e sta svolgendo attività di ricerca e sperimentazione sulle colture energetiche mediante la realizzazione ed il monitoraggio di campi sperimentali. L’attività è volta alla valutazione delle potenzialità delle colture energetiche, con lo scopo di determinare l’influenza dei parametri pedoclimatici e di gestione della coltura sulla produzione di biomassa e sulla qualità del combustibile. L’attività sperimentale, svolta a partire dalla primavera del 2004 in collaborazione con la Comunità Montana, ha riguardato la realizzazione di due impianti pilota, situati in località Pietrafitta (PG), uno di Robinia (Robinia pseudoacacia) e uno di Pioppo bianco (Populus alba) clone “Villafranca” e di Pioppo varietà euroamericana clone “Luisa Avanzo”, finalizzati ad integrare la biomassa rappresentata dai sottoprodotti derivanti da alcune consuete attività della Comunità Montana, quali: sfalci di prati/tappeti erbosi, prati naturali e/o artificiali; potature di siepi; abbattimenti, potature di alberature a fini colturali e/o funzionali. Dopo le varie fasi di allestimento necessarie alla costituzione dell’impianto sperimentale, (sopralluoghi, lavori di preparazione del terreno, diserbo), si è passati alla fase di piantumazione che ha interessato complessivamente circa 6 ha, di cui :

• 4 ha di Robinia con circa 5.000 piante/ha; • 2 ha di Pioppo con circa 10.000 piante/ha.

L’attività di monitoraggio dell’impianto di SRF di pioppo e robinia è iniziata l’1/4/04 ed è consistita nella compilazione di un registro di campagna da parte degli stessi operatori della Comunità Montana ‘’Monti del Trasimeno’’, che hanno riportato le informazioni principali relative alle operazioni colturali utili all’impianto e alla gestione di una piantagione SRF di pioppo e robinia. Al registro di campagna si è unita l’installazione di una centralina per il monitoraggio dei fenomeni agrometeorologici ‘’Data Hog 2’’, che è stata installata in data 8/4/04. Un secondo campo sperimentale è stato realizzato nel comune di Spoleto; ha una superficie di 0,5 ha ed è stato piantato con cloni di pioppo Monviso, AF6 , AF2 e varietà miste. Un terzo campo sperimentale, realizzato a Casalina, prevede: 6 ha di pioppo da 2 anni, 2 ha di pioppo da 1 anno, 2 ha di pioppo da 5 anni, 0,3 ha di miscanto, 0,3 ha di topinambur, 0,3 ha di canna, 3 ha di girasole da biomassa e 2 ha di sorgo.

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Fig.7 - Topinambur (foto a sinistra) e girasole da biomassa (a destra) piantati nel campo di Casalina.

Fig.8 - Canna comune (foto a sinistra) e sorgo da biomassa (a destra) piantati nel campo di Casalina. Documento di riferimento per l’elaborazione del Piano Nazionale Biocarburanti e Biomasse agro-forestali per usi energetici PNBB (2006-2016) Di seguito sono riportate le attività per l’elaborazione del documento di riferimento propedeutico al Piano Nazionale Biocarburanti e Biomasse agro-forestali per usi energetici (PNBB 2006-2016). Le attività sono articolate nelle seguenti fasi:

• ricognizione dello stato attuale; • elaborazione e pianificazione di strategie; • definizione di schede di impianto.

Stato attuale Quadro normativo Analisi del quadro normativo nazionale e comunitario (ponendo particolare attenzione ai contenuti e ai relativi effetti del Libro Verde della Commissione Europea), ricognizione dello stato di attuazione dei progetti

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nazionali di ricerca relativi allo sfruttamento energetico delle biomasse ed esame della legislazione e delle problematiche inerenti l’allacciamento alla rete elettrica degli impianti a biomassa. Attuale sfruttamento energetico della biomassa agro-forestale Analisi dello scenario attuale dello sfruttamento energetico delle biomasse agro-forestali, sia a livello nazionale che europeo. Disponibilità attuale di biomassa agro-forestale Valutazione dell’attuale disponibilità di biomassa agro-forestale destinabile al mercato energetico e la sua distribuzione geografica sul territorio nazionale. Disponibilità potenziale di biomassa agro-forestale Stima della biomassa agro-forestale potenzialmente disponibile e non attualmente impiegata per usi energetici, effettuata sia dall'analisi delle statistiche e dei censimenti riguardanti la consistenza delle superfici, le utilizzazioni, ecc., fornite dagli Enti preposti (in particolare esaminando l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio), sia impiegando tecnologie e strumenti innovativi quali il telerilevamento ed il GIS. Censimento degli impianti di produzione dei biocarburanti Individuazione degli impianti esistenti sul territorio nazionale per la produzione di biodiesel e bioetanolo assieme alla determinazione dei quantitativi di biocarburanti effettivamente prodotti e alla provenienza della materia prima impiegata. Attuali cultivar da riconvertire Individuazione delle attuali cultivar da riconvertire (barbabietola, tabacco, etc.), determinazione delle relative superfici disponibili e della loro distribuzione sul territorio nazionale. Pianificazione e strategie Valutazione tecnica ed economica delle cultivar e loro vocazionalità territoriale Individuazione e valutazione tecnica, economica ed agroecologica delle colture erbacee e legnose maggiormente promettenti per produttività, adattabilità e facilità di gestione con particolare riferimento ai diversi ambienti pedoclimatici caratteristici del territorio italiano; in particolare per ciascuna Regione, sfruttando i dati meteorologici, geomorfologici e quelli cartografici di uso del suolo, si intende sviluppare una classificazione del suolo individuando la vocazionalità per ciascuna coltura esaminata. Distretti agroenergetici Per ciascuna Regione, in base alle disponibilità e vocazionalità definite in precedenza, si prevede l’individuazione, all’interno dei distretti rurali,

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agroalimentari e industriali, di distretti agroenergetici, vale a dire ambiti territoriali in cui sono presenti tutti i fattori che consentono l’attivazione/strutturazione di un’iniziativa energetica, il cui obiettivo viene spostato dalla sola aspettativa di business del singolo soggetto alla possibilità di armonizzare l’intervento sul territorio. In particolare saranno definiti specifici indicatori in base ai quali determinare le aree che potranno essere elette a distretti agroenergetici. La procedura applicata prevedrà l’impiego dell’analisi SWOT, condotta sui punti di forza e di debolezza propri del contesto di analisi, nonché sulle opportunità e sulle minacce che derivano dal contesto esterno cui sono esposte le specifiche realtà territoriali analizzate; per tale analisi gli aspetti da considerare come input iniziali sono: il quadro socio-economico regionale, il sistema agro-industriale e forestale, l’economia rurale e lo stato dell’ambiente. Schede di filiere bioenergetiche Processo di conversione ottimale Valutazione, per ciascuna biomassa di partenza, del processo di conversione ottimale, da un punto di vista economico ed ambientale, in biocarburante, anche per mezzo di tecniche di LCA (Life Cycle Assesment- Analisi del Ciclo di Vita). Tipologia e taglia ottimale impianto di conversione Redazione, in relazione alla quantità ed alla qualità di biomassa disponibile ed alle capacità di investimento del soggetto attuatore, di schede tecniche in cui si individua, attraverso specifici indicatori basati sui suddetti parametri, sia la tipologia che le dimensioni ottimali della filiera bioenergetica individuata. Collaborazioni esterne Per lo svolgimento delle attività il CRB si avvarrà delle necessarie e specifiche professionalità esistenti nei vari settori, come di seguito specificato:

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PROBIO RISULTATI E IMPIANTI PILOTA Dr. Gabriele Boccasile

INDICATORI E DISTRETTI AGRO ENERGETICI Dr. Alessandro Arioli

Liberi professionisti

Field Management

ENEA

TECNOLOGIE DI MECCANIZZAZIONE E LOGISTICA PER LA COLTIVAZIONE E LA RACCOLTA IN RELAZIONE ALLE CULTIVAR

AGREEN

DATI SU IMPIANTI IN ESERCIZIO ED IN PROGETTO GRTN

NORMATIVE, VALUTAZIONI TECNICO ECONOMICHE DI FILIERA ASM Consulting

DATI SU IMPIANTI E TECNOLOGIE DI TRASFORMAZIONE IN ITALIA E EUROPA Cesi Ricerche

DATI SU ATTIVITA’ ED IMPIANTI A BIOMASSE, BIOETANOLO E BIODIESEL IN ITALIA, DISPONIBILITA’ E CULTIVAR

ITABIA

ATTIVITA’Enti e società

PROBIO RISULTATI E IMPIANTI PILOTA Dr. Gabriele Boccasile

INDICATORI E DISTRETTI AGRO ENERGETICI Dr. Alessandro Arioli

Liberi professionisti

Field Management

ENEA

TECNOLOGIE DI MECCANIZZAZIONE E LOGISTICA PER LA COLTIVAZIONE E LA RACCOLTA IN RELAZIONE ALLE CULTIVAR

AGREEN

DATI SU IMPIANTI IN ESERCIZIO ED IN PROGETTO GRTN

NORMATIVE, VALUTAZIONI TECNICO ECONOMICHE DI FILIERA ASM Consulting

DATI SU IMPIANTI E TECNOLOGIE DI TRASFORMAZIONE IN ITALIA E EUROPA Cesi Ricerche

DATI SU ATTIVITA’ ED IMPIANTI A BIOMASSE, BIOETANOLO E BIODIESEL IN ITALIA, DISPONIBILITA’ E CULTIVAR

ITABIA

ATTIVITA’Enti e società

Ulteriori soggetti, per collaborazioni esterne, potranno essere individuati nel corso dello svolgimento delle attività. Bibliografia Convenzione sui cambiamenti climatici (1997): “Rapporto della Conferenza delle Patti

nella sua terza sessione plenaria”, 1 - 10 dicembre, Kyoto, 1997. Ministero dell’Agricoltura (1998): “PNERB, Programma Nazionale Energia Rinnovabile da

Biomasse”. Delibera CIPE n. 137 (1998) “Linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione

delle emissioni di gas serra”, 19 Novembre 1998. Ministero dell’Agricoltura (1999): “PNVBAF, Programma Nazionale Valorizzazione

Biomasse Agricole e Forestali” Delibera CIPE (1999) “Approvazione del Programma Nazionale per la Valorizzazione delle

Biomasse Agricole e Forestali”, 21 Dicembre 1999. Ministero dell’Agricoltura (2000): PROBIO, Programma Nazionale Biocombustibili. Delibera CIPE (2000): “Approvazione del Programma Nazionale Biocombustibili”, 15

febbraio 2000. Buratti C., Ortica S., Rossi F. (2001): “Piani Energetici e Ambientali Comunali: criteri,

metodologie e casi di studio”, Quaderno CIRIAF, 19, p. Buratti C., Masone M., Simoncini C. (2001): “Certificazione ambientale ed analisi

ambientale iniziale: proposta di una metodologia e casi di studio”, lA Ingegneria Ambientale, vol. XXX, n. 11/12, Novembre/dicembre 2001, p. 602.

Fantozzi E., Di Maria F., Desideri U., (2002), “Integrated Micro-Turbine and Rotary Kiln Pyrolysis as a waste to energy solution for a small town in central ltaly - Cost Positioning and global warming assessment”. ASME paper GT-2002-30652.

Fantozzi F., D’Alessandro B., Bidini G., (2003): “IPRP — Integrated Pyrolysis Regenerated Plant - Gas Turbine and externally heated Rotary Kiln as a biomass and waste to energy conversion system. Influence of thermodynamic Parameters”, Proceedings of the Institution of Mechanical Engineers, Pan A: Journal of Power and Energy.

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Il Piano Energetico Comprensoriale della Comunità Montana Alto Tevere Umbro Mauro Severini Presidente Comunità Montana Alto Tevere Umbro mail: [email protected] Riassunto Nell'ambito delle iniziative di sviluppo e promozione delle fonti rinnovabili all'interno del territorio umbro, il Piano Energetico Comprensoriale Altotiberino si pone quale strumento di indirizzo nel contesto dell'Accordo di Programma sottoscritto dalla Comunità Montana Alto Tevere Umbro e dai Comuni del comprensorio. Tale Accordo è finalizzato all'attuazione del Programma "ALTOTEVERE ENERGIA SOSTENIBILE", attraverso il quale "le Parti si impegnano ad ideare ed attuare, in sinergia tra soggetti pubblici e privati, iniziative per la produzione di energia da fonti rinnovabili disponibili sul territorio Altotiberino, l'uso razionale dell'energia e il risparmio energetico, il sostegno al cambiamento culturale in materia di sviluppo sostenibile, tramite idonei progetti di comunicazione, ed iniziative nel settore della ricerca e la formazione in campo energetico/ambientale". Tra i progetti previsti dal suddetto Programma vi è appunto la redazione del Piano Energetico Comprensoriale, articolato in due sezioni,: Produzione di energia Rinnovabile e Risparmio Energetico. In sintesi, il Piano Energetico Comprensoriale Altotiberino suggerisce una nuova visione dello sviluppo del territorio Altotiberino, coerente con l'identità ambientale e culturale, basata sulla produzione di energia da fonti rinnovabili e sull'utilizzo razionale dell'energia, in grado di coinvolgere, oltre all'indotto, anche i sistemi produttivi tradizionali, di cui all'obiettivo del Piano. Esso fornisce inoltre informazioni circa le tecnologie da utilizzare, i finanziamenti, le aree, ecc. L'intento del Piano - per quanto concerne la sezione "Produzione di energia rinnovabile" - è quello di giungere ad individuare nell'ambito del comparto energetico le iniziative cantierabili e, fra esse, quelle dal miglior rapporto costi/benefici all'interno del Comprensorio, proponendo un modello di sviluppo per cui le azioni attuate saranno realizzate con approccio dal basso, e, quindi, si caratterizzeranno sia nell'impostazione progettuale che nella fase realizzativa, per una dimensione spiccatamente locale, con effetti mirati al territorio di riferimento. Uno sviluppo locale promosso dal basso,

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dalle necessità e opportunità del territorio, opportunamente coordinato nel contesto della programmazione regionale, è in grado di creare un effetto moltiplicatore su risultati e impatti per l'intera regione, coerentemente con quelle che sono le linee strategiche dei Piani di Sviluppo Regionale e Rurale della Regione Umbria. Perché un Piano Energetico Comprensoriale Nell’ambito delle iniziative di sviluppo e promozione delle fonti rinnovabili all’interno del territorio umbro, il Piano Energetico Comprensoriale Altotiberino si pone quale strumento di indirizzo nel contesto dell’Accordo di Programma sottoscritto dalla Comunità Montana Alto Tevere Umbro e dai Comuni di Città di Castello, Citerna, Lisciano Niccone, Montone, Monte S. Maria Tiberina, Pietralunga, San Giustino ed Umbertide. Partendo dal presupposto che “la gestione della domanda energetica e l’efficienza energetica negli usi finali in Italia debba essere sviluppata come necessità immediata dai Comuni, Province e Regioni”, il suddetto Accordo è finalizzato ad intraprendere delle iniziative integrate di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dell’uso razionale dell’energia, nell’ambito di un più vasto modello di sviluppo sostenibile, certificazione ambientale e riqualificazione dell’offerta del territorio Altotiberino nei settori agricolo, industriale, turistico – ambientale e dei servizi. L’Accordo tra Comunità Montana e Comuni dell’Altotevere è finalizzato, nello specifico, all’attuazione del Programma denominato “ALTOTEVERE ENERGIA SOSTENIBILE”, attraverso il quale, si legge nell’Accordo, “le Parti si impegnano ad ideare ed attuare, in sinergia tra soggetti pubblici e privati, iniziative per la produzione di energia da fonti rinnovabili disponibili sul territorio Altotiberino, l’uso razionale dell’energia e il risparmio energetico, il sostegno al cambiamento culturale in materia di sviluppo sostenibile, tramite idonei progetti di comunicazione, ed iniziative nel settore della ricerca e la formazione in campo energetico/ambientale”. Il Piano, alla luce di quanto detto, si pone quale base conoscitiva organica, che includa le iniziative in essere e quelle potenzialmente realizzabili nel campo delle rinnovabili. Il Piano rappresenta pertanto il presupposto fondamentale per lo sviluppo integrato di iniziative concrete nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili nel territorio del Comprensorio Altotiberino. Obiettivi generali e settoriali del Piano Energetico Comprensoriale L’intento del Piano Energetico Comprensoriale Altotiberino è, coerentemente con quanto afferma l’Accordo di Programma, quello di giungere ad individuare nell’ambito del comparto energetico le iniziative

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cantierabili e, fra esse, quelle dal miglior rapporto costi/benefici all’interno del Comprensorio, proponendo un modello di sviluppo per cui le azioni attuate saranno realizzate con approccio dal basso e, quindi, si caratterizzeranno sia nell’impostazione progettuale che nella fase realizzativa, per una dimensione spiccatamente locale, con effetti mirati al territorio di riferimento. Uno sviluppo locale promosso dal basso, dalle necessità e opportunità del territorio, e opportunamente coordinato nel contesto della programmazione regionale, è in grado di creare un effetto moltiplicatore su risultati e impatti per l’intera regione, coerentemente con quelle che sono le linee strategiche dei Piani di Sviluppo Regionale e Rurale della Regione Umbria. Oltre ad iniziative che utilizzino tecnologie commerciali “tradizionali”, il Piano individua inoltre alcune azioni pilota/dimostrative basate su tecnologie innovative, con l’intento di introdurre nel territorio Altotiberino iniziative di più ampio respiro, finalizzate alla dimostrazione e diffusione della ricerca avanzata nel settore delle energie rinnovabili. Per conseguire obiettivi significativi di diffusione delle rinnovabili, il ruolo delle Regioni e degli Enti Locali è oramai riconosciuto come essenziale. Lo stesso Coordinamento Interregionale Energia, in una approfondita analisi del Libro Verde, ha evidenziato come la garanzia di un sostanziale incremento dell'apporto energetico delle fonti rinnovabili “... è fortemente condizionata dai rapporti con le condizioni territoriali, ambientali e sociali con cui si va a confrontare ogni qualvolta si trasferiscono le politiche e le strategie in azioni concrete, quali sono la localizzazione e la realizzazione degli interventi”. Come già accennato, il Governo ha favorito un’evoluzione del quadro giuridico coerente con tali esigenze, dapprima con la Legge 59/97 e il Decreto Legislativo 112/98, poi con il Decreto Legislativo 79/99 di riassetto del settore elettrico che, appunto, prevede che le risorse da destinare all'incentivazione diretta siano amministrate dalle Regioni, tenute a favorire il coinvolgimento delle comunità locali. Allo stato attuale, dunque, le funzioni di pianificazione, promozione e amministrazione competono in ampia misura a Regioni ed Enti Locali. Metodologia adottata e contenuto del Piano In accordo con quanto stabilito dall’Accordo di Programma, il Piano:

- Suggerisce una nuova visione dello sviluppo del territorio Altotiberino, coerente con l’identità ambientale e culturale, basata sulla produzione di energia da fonti rinnovabili e sull’utilizzo razionale dell’energia, in grado di coinvolgere, oltre all’indotto, anche i sistemi produttivi tradizionali, di cui all’obiettivo del Piano.

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- Fornisce lo stato dell’arte dell’attuale sistema energetico territoriale. - Fornisce la mappatura/valutazione delle fonti rinnovabili presenti sul

territorio, con evidenza di quelle dal rapporto costo/prestazione più vantaggioso.

- Fornisce il piano di azione per ciascuna fonte rinnovabile, basato sulla mappatura/valutazione di cui al punto precedente, individuando le iniziative cantierabili più convenienti e proponendone altre di carattere pilota/dimostrativo per fini di ricerca e sperimentazione.

- Fornisce studi di fattibilità e business plan per le iniziative più vantaggiose, individuando fra l’altro le tecnologie da utilizzare, i finanziamenti, le aree, ecc.

Strategie e strumenti di attuazione del Piano Attività di Comunicazione, Formazione, Diffusione, Ricerca e Sviluppo tecnologico Come già specificato altrove, l’Accordo di Programma tra Comunità Montana e Comuni dell’Altotevere richiede che il Piano Comprensoriale per l’energia rinnovabile preveda “iniziative atte al sostegno al cambiamento culturale in materia di sviluppo sostenibile, tramite idonei progetti di Comunicazione, ed iniziative nel settore della ricerca e la formazione in campo energetico/ambientale”. Tali iniziative sono rivolte alla creazione di una base organica conoscitiva, sulla quale fondare una condivisione delle varie parti sociali, condivisione indispensabile per intraprendere concretamente e con successo progetti nel settore delle rinnovabili finalizzati allo sviluppo del territorio. In altri termini, un approccio corretto al problema della diffusione dell’informazione e della formazione in materia di energia rinnovabile è condizione necessaria affinchè iniziative di sviluppo e diffusione vengano condivise e non subite dai cittadini. Al riguardo, è necessario definire azioni specifiche di Comunicazione, Diffusione, Formazione e Sviluppo coerenti con le linee di intervento delineate nel presente Piano. L’Accordo di Programma sottoscritto dalla Comunità Montana Alto Tevere Umbro ed i Comuni del Comprensorio ha individuato nell’istituzione di un Centro Associato per le Energie Rinnovabili lo strumento strategico idoneo allo scopo. Tale Centro dovrebbe svolgere attività di formazione, di divulgazione, di ricerca e proporre progetti di sviluppo precompetitivi in campo energetico, finalizzati allo sviluppo del sistema economico locale.

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A tal fine, in una prima fase, sembra auspicabile la messa in rete di Centri di Diffusione e Ricerca, con responsabilità a diversi livelli sia tecnici che sociali, le cui attività vengano sostenute e sviluppate da un Comitato di Coordinamento, che può anche riflettersi nel Tavolo Tecnico o nel Tavolo Politico istituiti presso la Comunità Montana, con il coordinamento dell’Università degli Studi di Perugia. In una seconda fase si potrà istituire il Centro Associato a cui faranno capo le attività di cui sopra. Nel Comprensorio sono infatti già presenti enti ed istituzioni che svolgono attività che coprono i settori della formazione, informazione e ricerca; il presente Piano sollecita che per le attività in atto e quelle in programma, vengano rafforzate le sinergie potenziali tra i vari soggetti al fine di estendere l’efficienza del sistema nel suo insieme. Attività di Comunicazione Come si legge nel Libro Bianco sulle rinnovabili, la diffusione delle rinnovabili, soprattutto se sostenuta dalla volontà di costruire un sistema capace di competere sul mercato internazionale e di cogliere tutte le opportunità occupazionali, deve accompagnarsi a una crescita culturale a livello istituzionale, amministrativo e sociale, oltre che scientifico. Per contro, attualmente la forte carenza di informazioni attendibili e convincenti sui benefici indotti, sui reali limiti - e anche sull'impatto ambientale - connessi alla produzione di energia da fonti rinnovabili, costituisce certamente un ostacolo non indifferente alla diffusione e allo sviluppo del settore. La diffidenza con cui il cittadino spesso valuta l'argomento inducono a un atteggiamento del tipo "non nel mio giardino". Conseguentemente, le Amministrazioni pubbliche, specie a livello locale, non sono stimolate ad assumere posizioni favorevoli. Anche il Parlamento Europeo, nella sua risoluzione del 18 giugno 1998, ha rimarcato come “il sostegno della popolazione è essenziale ... e che tutte le misure adottate devono tener conto ... anche di un ampio ancoraggio presso la popolazione”, attendendosi “...una proposta per una campagna di informazione a livello Comunitario...”. La programmazione di attività di Comunicazione riveste pertanto primaria importanza per il successo del Piano; le iniziative di Comunicazione devono essere svolte anticipatamente o almeno parallelamente, alla eventuale realizzazione dei progetti inseriti nel Piano. Il Progetto di Comunicazione a sostegno del Piano ha l’obiettivo di gestire il cambiamento culturale, l’incremento della consapevolezza e dell’informazione a tutti i livelli in tema di fonti energetiche rinnovabili.

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Esso prevede la presentazione, diffusione e condivisione tra cittadini, scuole, istituzioni, mondo produttivo e dei servizi, dei contenuti del Piano Energetico Comprensoriale e dei Piani d’Azione delle fonti rinnovabili del territorio e degli eventi/opportunità, al fine di consentire agli amministratori, ai funzionari, ai cittadini e agli studenti di padroneggiare i temi importanti dello sviluppo sostenibile e dei benefici che possono derivare all’ambiente e al tessuto economico territoriale dall’uso di energia rinnovabile. L’utilità e l’efficacia del Progetto di Comunicazione si riveleranno nella continuità e consistenza con cui accompagnerà le azioni che intende promuovere e diffondere. Occorre pertanto definire una strategia comprensiva di Comunicazione che si rivolge ai diversi gruppi, con metodi di Comunicazione adatti e diversificati, sulla base dell’analisi della situazione attuale. Più che ad una condivisione dei contenuti del Piano Energetico Comprensoriale tra i vari gruppi, che risulta operativamente troppo debole, si dovrebbe puntare a un riconoscimento tra i diversi target groups dei vantaggi in termini economici, qualità di vita e opportunità per il territorio, legati alla operatività del Piano. Alla base della strategia di Comunicazione è il Piano Energetico Comprensoriale e le priorità ivi contenute. I punti cardine su cui fare leva nel Progetto di Comunicazione dovranno essere:

- la qualità dei progetti del Piano Energetico Comprensoriale e il loro contributo al bene comune del territorio;

- la centralità del tema delle energie rinnovabili e del risparmio energetico per uno sviluppo capace di futuro del territorio.

Obiettivi a breve termine del progetto Comunicazione potrebbero essere i seguenti:

- informare sui benefici delle risorse rinnovabili; - informare sulle varie opportunità di risparmio energetico / efficienza

energetica; - dimostrare che gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili

sono economicamente vantaggiosi per investitori, industrie, associazioni di produttori e consumatori;

- documentare che l’utilizzo delle energie rinnovabili su larga scala è possibile;

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- informare sulla disponibilità di diverse soluzioni tecniche, e sulle loro possibili interazioni;

- informare sui meccanismi psicologici, politici e socio-economici, che portano ad un processo di affermazione di successo.

Obiettivi a lungo termine invece sembrano poter essere: - accrescere la motivazione e la volontà nei confronti di iniziative

concrete per l’affermazione sempre più spinta delle risorse rinnovabili;

- indurre altre autorità e soggetti ad intraprendere progetti simili; - incrementare lo scambio di esperienze ed informazioni tra gli stati

dell’unione europea. Il Programma potrà essere realizzato dalle Agenzie specializzate del Comprensorio (Agenzia Utopie Concrete, Centro Studi e Formazione Villa Montesca, Ponti Engineering…), in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, Facoltà in Scienze della Comunicazione. La Facoltà infatti ha in essere un programma di ricerca denominato RIC_COM. Il programma ha lo scopo di promuovere un’attività di ricerca incentrata sulla problematica della comunicazione e del consenso nella realizzazione di minicentrali ed impianti per la produzione di energia rinnovabile, nell’ambito del territorio dell’Alta Valle del Tevere. La ricerca sarà articolata secondo una prima fase di indagine, finalizzata alla conoscenza delle problematiche socio-culturali connesse alla realizzazione del progetto nell’ambito del territorio di riferimento, ed in una successiva fase finalizzata alla predisposizione di strumenti per indurre un cambiamento della percezione del territorio da parte della popolazione, mirata alla valorizzazione delle scelte di produzione energetica avviate e dell’idea che le comunità locali possono avere della nuova “mission” territoriale. Per poter realizzare gli obiettivi di questa seconda fase, RIC_COM intende avviare una ricerca e una sperimentazione di nuove soluzioni per i problemi ambientali ed economici a livello territoriale, così da poter contribuire all'elaborazione ed all'aggiornamento delle politiche di sviluppo economico. Attività di Formazione Il Piano per le energie rinnovabili per il Comprensorio dell’Alto Tevere non può prescindere dal sollecitare un’attività di formazione nei vari settori di sviluppo che il Piano prevede. Nel corso della realizzazione dei vari interventi previsti saranno infatti necessarie figure professionali qualificate

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sia a livello tecnico (gestione di impianti) che nell’ambito agricolo, meccanico, finanziario/amministrativo ed infine della comunicazione. Le attività di formazione potranno essere svolte dagli enti preposti come:

- Università degli Studi di Perugia, con i corsi di Laurea in Ingegneria, Agraria, Economia e Commercio, Scienza delle Comunicazioni, attraverso l’istituzione di corsi, master, collaborazioni. A tale proposito sono già in atto dei progetti come il Polo Formativo MCT-UMBRIA che, nella sua rappresentazione teorica, è immaginabile come un insieme di relazioni e di opportunità che si basano su un continuo processo di interscambio iterativo tra fabbisogni, stimoli, soluzioni, proposte innovative e confronti tra i partner coinvolti, tra i quali si citano: Università degli Studi di Perugia - Facoltà di Ingegneria, Ponti Engineering S.r.l., e.labora – Centro Studi dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese dell’Umbria, I.I.S. “L. da Vinci” Umbertide, ITIS “Leopoldo e Alice Franchetti” Città di Castello, Laboratorio CMC di CMC Spa;

- CRB - Centro Ricerca Biomasse, tra i cui scopi vi è quello di promuovere la formazione in materia di impiego energetico delle biomasse, attraverso l'istituzione ed il finanziamento e/o il co-finanziamento di Dottorati di Ricerca, Corsi di Laurea Specialistica, Master, Corsi di formazione per laureati;

- Centro Studi e Formazione Villa Montesca, tra i cui scopi vi è quello di sviluppare azioni di ricerca/formazione nel settore ambientale e che ha già svolto in passato attività relative a tali problematiche, con riferimento anche a studi ed analisi nell’ambito delle energie rinnovabili. È in fase di svolgimento il Corso di Alta Formazione per MANAGER EUROPEO PER LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E SOCIALE realizzato in collaborazione con l’IIIEE, International Institute for Industrial and Environmental Economics dell’Università di Lund in Svezia, Università Versailles Yvelines in Francia, SYKLI Enviromental School of Fionland, HÄME Polytechnic in Finlandia e Institut Universitare da Studies Europeus – Universitat Autonoma da Barcellona in Spagna;

- Scuole del Comprensorio: Licei ed Istituti Tecnici, che hanno già introdotto l’insegnamento di materie in campo ambientale ed energetico e periodi di training in realtà economiche del territorio.

Il presente Piano auspica la creazione di un Gruppo di coordinamento che possa definire le strategie in questo settore formativo, sia per il possibile

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inserimento degli studenti sia per la definizione delle figure professionali da formare nell’ambito delle attività che si andranno a realizzare. Attività di Diffusione Il presente Piano ritiene prioritaria la diffusione delle informazioni presso la comunità locale, ma anche presso i visitatori del territorio, i principi e le opportunità della produzione e dell’uso delle energie rinnovabili attraverso la dimostrazione di impianti, presentazione di pannelli tematici, etc.. Questa azione si affianca all’attività di Comunicazione, ma ha un diverso tipo di target. E’ cioè un’attività costante, aperta a tutti gli interessati, tra cui scuole di vario ordine e grado. Oltre alle informazioni sulle opportunità e tecnologie delle rinnovabili dovrebbe anche fornire dell’Alto Tevere un’immagine di territorio all’avanguardia nel settore dello sviluppo sostenibile e potere creare intorno a questa immagine un nuovo tipo di flusso turistico. Questa attività potrà essere svolta essenzialmente da:

- Centro delle Energie Rinnovabili, in progetto presso la Centrale Idroelettrica sul Tevere di Molacasanova, a Sud del Comune di Umbertide;

- Parco Tematico sull’Eolico a San Giustino e Parco Tematico sulle Biomasse, da realizzare presso gli stessi impianti, analogamente con quanto previsto dallo studio di fattibilità della centrale cogenerativa a servizio dell’ospedale di Città di Castello.

Conclusioni La realizzazione di un sistema efficiente per la valorizzazione delle biomasse agro-forestali presenta una serie di difficoltà collegate, principalmente, al vasto numero di attori economici e sociali che sono coinvolti nel processo. Elementi di particolare complessità attengono, inoltre, all'economicità del progetto e al raggiungimento di un equilibrio su scala locale tra domanda e offerta di biomassa. La massima valorizzazione della filiera, in termini di ricadute economiche e sociali, avviene, infatti, quando le attività di raccolta, trasformazione e utilizzo vengono mantenute in ambito locale. In quest’ottica le Comunità Montane costituiscono gli ambiti territoriali ideali per la progettazione di un sistema chiuso. Un altro problema rilevato attiene alla difficoltà di coordinare le esperienze progettuali pregresse e in corso di realizzazione al fine di valorizzare il know how acquisito ed evitare interventi isolati difficilmente ripetibili. Spesso, l'avvio di un progetto a valenza territoriale necessità la

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partecipazione attiva della Pubblica Amministrazione, anche per superare più agevolmente le fisiologiche resistenze che, sovente, si incontrano nel confronto con sistemi e tecnologie innovative. Il ruolo degli Enti Locali assume, in questo contesto, un’importanza strategica e fondamentale nell’identificazione e promozione di programmi di sviluppo locale che facciano perno sulla valorizzazione energetica del patrimonio agro-forestale come strumento di manutenzione del territorio e prevenzione dei danni derivanti dall’abbandono.

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Il progetto Altotevere Sostenibile Oliviero Dottorini Capogruppo Verdi e civici Presidente commissione Bilancio e Affari istituzionali Regione Umbria mail: [email protected] Riassunto “Altotevere sostenibile” è la proposta di accordo di programma elaborata da Oliviero Dottorini, capogruppo dei Verdi e civici in Consiglio regionale e presentata lo scorso 21 febbraio dal Ministro dell’Ambiente e tutela del Territorio Alfonso Pecoraro Scanio a Città di Castello, insieme all’assessore all’Ambiente della Regione Umbria Lamberto Bottini, al segretario regionale della Cisl Pierluigi Bruschi e al presidente di Aboca e membro del Castello Group Valentino Mercati alla presenza di oltre cinquecento persone, tra operatori del settore, imprese e semplici cittadini. “Altotevere sostenibile” coinvolge enti locali, imprese, consorzi, cooperative, istituti di credito, associazioni di categoria, mondo dell’Università, organizzazioni sindacali e singoli cittadini e rappresenta il punto di partenza di un nuovo impegno che vede le istituzioni pubbliche, a iniziare dalla Regione, come garanti e allo stesso tempo come partner attivi in grado di valorizzare l'impegno e gli sforzi dei soggetti direttamente coinvolti in un progetto territoriale. Il ministro dell’Ambiente ha già dato la disponibilità a fare la propria parte per la realizzazione di questa iniziativa. Il progetto è finalizzato alla creazione di un distretto che punti all’autosufficienza energetica attraverso le fonti rinnovabili. Attraverso un quadro di convenienze uniforme e diffuso rivolto alle imprese e alle famiglie si punta ad incentivare la sostenibilità e l’efficienza energetica anche per il rilancio delle potenzialità economico-occupazionali dell’Altotevere. Il progetto prevede sei ambiti di intervento: l’informazione, la formazione, il credito, la semplificazione, l’innovazione e i vantaggi economici. Introduzione L’ultima utopia concreta arriva da una società di San Giustino. La Peter Pan di Pasqui e Corsini ha realizzato un complesso sportivo, commerciale e residenziale all’insegna dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili: 150 chilowatt di pannelli fotovoltaici alimenteranno un impianto di cogenerazione in grado di riscaldare (e refrigerare) 59 appartamenti e tutti gli altri edifici con il sistema del teleriscaldamento. Un’unica mini-centrale,

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monitorata costantemente da personale specializzato, irradierà su palestre, piscina, centri commerciali e abitazioni un flusso di acqua calda costante (35-37 gradi) che eviterà l’installazione di singole caldaie per ogni appartamento, ufficio o negozio. Migliori prestazioni, risparmio energetico, bollette più leggere, nessuna preoccupazione di manutenzione: i vecchi impianti sembrano già un ricordo da rigattiere. E così, dopo anni di sperimentazioni e di dibattiti, i tempi paiono finalmente maturi per immaginare e programmare una sensibile riduzione della nostra dipendenza dai combustibili fossili (petrolio e carbone, in primo luogo), facendo dello sviluppo di nuove modalità di approvvigionamento energetico una formidabile occasione di emancipazione economica e sviluppo occupazionale. Sono in primo luogo le ragioni ambientali, in questo caso strettamente collegate alle opportunità imprenditoriali, a rendere irrinunciabile l’opzione per la sostenibilità del nostro modello energetico. E oggi che a pensarla così non sono solo i Verdi, gli ambientalisti e magari qualche imprenditore d’avanguardia, ma le stesse politiche comunitarie e le linee programmatiche del governo nazionale, è possibile dare corpo a progetti concreti che puntino sulle fonti rinnovabili per dare una risposta all’inedita crisi energetica e climatica che, oltre a rendere più precario il nostro futuro, sta appesantendo la ripresa anche nella nostra regione. Quanto ci sfugge del cambiamento in atto In questa prospettiva è significativo che l’edizione 2006 della Fiera delle Utopie concrete sia dedicata proprio al progetto di autonomia energetica dell’Altotevere e che, allo stesso tempo, la Comunità montana si faccia capofila di un accordo di programma sull’energia sostenibile di origine agricola e forestale, tentando di raccordare le iniziative dei comuni altotiberini. D’altronde è sempre più sintomatico l’impatto esercitato dalle nuove forme di approvvigionamento energetico sull’immaginario collettivo. Assistiamo a una richiesta crescente di informazioni e indicazioni concrete da parte di utenti privati e nel nostro territorio si contano ormai a decine i progetti realizzati o in via di realizzazione che puntano sulle fonti rinnovabili per rispondere a esigenze aziendali o per promuovere progetti di teleriscaldamento a vantaggio di quartieri della città o di edifici pubblici (ospedale, impianti sportivi, scuole). Dalla piccola struttura di mini o micro idro che alimenta i caseggiati che si trovano a ridosso di un corso d’acqua, fino all’impianto solare o fotovoltaico che serve una singola famiglia o un’azienda, ma che può raggiungere addirittura le dimensioni di una piccola centrale (è il caso della ditta Sirci di Gubbio). Dalle pale eoliche che il comune di San

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Giustino sta per installare (a quanto pare con un impatto paesaggistico non devastante) alla produzione di biogas e alla geotermia. Cooperative e consorzi stanno nascendo per cogliere le opportunità dei biocarburanti e delle biomasse, siano esse di origine forestale (ripuliture di boschi e ceduazione), di derivazione agricola (con varietà a crescita molto rapida) o provenienti dagli scarti di lavorazione delle numerose aziende del legno presenti nel territorio. Dovrà partire, speriamo entro tempi ragionevoli e con modalità da definire, anche la centrale a biomasse già finanziata dal ministero dell’Ambiente, con un investimento di qualche milione di euro. La politica che insegue la realtà Una pluralità di iniziative e impegni, alimentati da un quadro di convenienze e incentivi (soprattutto statali), che fa intravedere nuove filiere produttive e che alimenta un indotto non trascurabile, dando vita anche a iniziative imprenditoriali dalle grandi potenzialità (in quanti sanno che il comune di Città di Castello ospita l’azienda regionale leader nella realizzazione di pannelli solari e nell’assemblamento di pannelli fotovoltaici?). In questo processo di trasformazione ed innovazione la grande assente pare essere la politica, in assoluto ritardo nel cogliere le opportunità di rilancio legate all’esaurimento delle riserve energetiche fossili e ai cambiamenti climatici già in atto. Il riflesso incondizionato di chi fatica a immaginare le ricadute di sfide così inedite porta a rifugiarsi su memorie rassicuranti (industria, agricoltura convenzionale, infrastrutture pesanti) evitando di farsi carico del compito che compete soprattutto a chi amministra: programmare, guidare i processi di trasformazione, creare un quadro di convenienze uniforme, coordinare i soggetti aggregati o privati che rischiano altrimenti di muoversi in modo disordinato e centrifugo rispetto a un obiettivo credibile che individui nell’autonomia energetica del territorio una prospettiva concreta. Se ci stanno anche banche, imprese e università Per questo è apprezzabile e da sostenere in modo convinto il tentativo del presidente della Comunità montana Mauro Severini di creare un coordinamento tra i comuni dell’Altotevere che si muova in questa direzione. I Verdi e civici da tempo sostengono che il nostro territorio ha tutte le caratteristiche per farsi capofila a livello regionale delle più avanzate sperimentazioni. Ad essere coinvolti, a nostro avviso, dovranno essere non solo i soggetti istituzionali, ma l’imprenditoria, gli istituti di credito, le categorie professionali, l’università, le organizzazioni sindacali, ambientaliste e quelle dei consumatori. Magari anche le società pubbliche: pesa oggi la scarsa lungimiranza di chi, di fronte alla crisi di prospettiva di

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un’azienda come Sogepu, non è stato in grado di elaborare proposte coraggiose e innovative. Cosa ha impedito di coltivare l’ambizione di fare di una società a forte rischio-marginalità il punto di riferimento regionale per le fonti rinnovabili? In questo dobbiamo riconoscere che il comune di Perugia è stato più attento e, attraverso la costituzione di SìEnergia, ha creato una società che mette insieme comuni e privati con l’obiettivo di gestire le politiche nel settore del gas e di sviluppare le fonti rinnovabili (dal fotovoltaico alle biomasse, con particolare attenzione al risparmio). Un progetto ambizioso e collettivo E’ giunto il momento tuttavia di fare una ricognizione seria delle numerose esperienze che stanno sorgendo in Altotevere, sia a livello pubblico che privato. Io credo sia possibile mettere in rete le migliori risorse di una terra dinamica e innovativa per verificare quali possibilità ci siano di innescare quei meccanismi virtuosi in grado di indurre enti pubblici, imprese private, ma anche singole famiglie a investire su un settore dalle potenzialità garantite e che trova la sua massima efficacia nel mix tra le diverse modalità di produzione. La prima operazione sarà quella di capire cosa ognuno dei soggetti coinvolti è disposto a rischiare nel progetto Altotevere sostenibile: quanto si sentiranno coinvoilti gli istituti di credito (è troppo chiedere di abbassare di uno o due punti percentuali il tasso di interesse sui prestiti? In altre aree del paese è già avvenuto), quanto le organizzazioni di categoria (è possibile organizzare dei corsi di formazione per i montatori? Attualmente l’inesperienza è il principale ostacolo che incontra chi deve installare un pannello), quanto le aziende produttrici e quelle intenzionate ad investire nel progetto. L’università ha già dimostrato in altre occasioni la disponibilità a mettere in gioco il patrimonio di ricerca e conoscenza di cui è depositaria e ho ragione di ritenere che anche la regione dell’Umbria non si sottrarrà alle richieste dell’Altotevere, se il processo che sapremo innescare sarà sufficientemente ambizioso e coerente da consentire investimenti e politiche incentivanti. Un’occasione potrebbe essere rappresentata dall'avvio di un "tavolo territoriale" di confronto sul problema energetico che veda coinvolti tutti i soggetti all'interno della seconda fase del patto per lo sviluppo dell'Umbria. La presidente Maria Rita Lorenzetti ha più volte auspicato questa procedura, anche negli incontri tenutisi proprio in Altotevere. Microcentrali e filiere corte: il futuro è già iniziato Ma è la politica, le amministrazioni che devono condurre la partita. Iniziando dal predisporre piani energetici comprensoriali, modificando da

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subito i regolamenti edilizi comunali e dando spazio a misure che premino sia il risparmio energetico che l’efficienza degli impianti. D’altra parte è lo stesso Libro verde della Commissione europea (giugno 2005) a individuare nel risparmio e nell’efficienza “il mezzo più rapido, efficace ed efficiente” per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Per tracciare i contorni di strategie innovative alcuni indirizzi paiono ormai universalmente accettati da chi ha a cuore lo sviluppo del territorio e la razionalità dei processi di produzione. E quindi, meglio i piccoli impianti, che le grandi centrali, più impattanti sul territorio e meno controllabili dalle comunità locali: la prospettiva dovrebbe essere quella di microcentrali di quartiere, di villaggio o di comunità. Inoltre le rinnovabili saranno una grande opportunità per il futuro del territorio, se saremo in grado di creare filiere corte e armonizzare, ad esempio, politiche energetiche e piani di sviluppo agricolo, incoraggiando forme consorzili o cooperative che mettano assieme agricoltori e aziende di produzione energetica, ma anche evitando speculazioni che poco hanno a che vedere con le politiche territoriali. E’ noto infatti che per l’energia da biomasse, così come per i biocarburanti, il rischio che l’impresa privata possa “saltare” le produzioni locali e avvalersi di cippato o semi oleosi acquistati su mercati esteri, magari grazie a lunghi viaggi anche intercontinentali, è reale. Anche perché il prezzo della materia prima reperita sulle piazze internazionali è sensibilmente inferiore rispetto a quella di produzione locale. Ma in questo modo, al di là dell’irrazionalità del processo di produzione energetica, si perderebbe la forza propulsiva in grado di alimentare la ripresa economica e i processi di riconversione agricola di cui l’Altotevere ha urgente necessità, soprattutto a seguito del progressivo esaurimento delle convenienze economiche (quelle ambientali non c’erano mai state) legate alla coltivazione del tabacco. In questo senso fa da battistrada la positiva esperienza della cooperativa EcoUmbria (nata tra San Leo Bastia e Pistrino, con sede a Lama): sono gli stessi agricoltori che, oltre a coltivare girasole, sono proprietari degli impianti di trasformazione dell’olio in energia, con la possibilità in futuro di alimentare impianti di essiccazione del tabacco (ma biologico). Gestire il declino o guidare la ripresa Mai come in questo momento, con la coalizione dell’Unione al governo del paese, è possibile immaginare l’inizio di una svolta che possa quanto meno allinearci alle performance di paesi meno dotati, ma più lungimiranti del nostro. Occorrono coraggio e determinazione per cogliere una straordinaria occasione per la comunità altotiberina e per le amministrazioni che dovranno scegliere se gestire il declino o guidare il cambiamento e la

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ripresa. Nella seconda ipotesi, il nostro contributo politico e istituzionale non verrà a mancare.