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SWISSLIFE Autunno 2014 // Silenzio! 5° anno // Numero 3 // CHF 6.50

Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

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Page 1: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

SWiSSlifeAutunno 2014 // Silenzio!

5° anno // Numero 3 // CHf 6.50

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Apri la confezione, metti i tappi alle orecchie, e poi mettiti a tuo agio e goditi

la lettura della rivista SWISSLIFE.Con calma e nel silenzio!

SWISSLIFE Autunno 2014

Buongiorno

Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera: «Troppo spesso la nostra vita è un andirivieni frenetico e rumoroso: per questo cercare e trovare la calma e il silenzio è indispensabile di tanto in tanto, e si rivela estremamente piacevole.»

Tutti noi di quando in quando vagheggiamo la tranquillità, la quiete, il silenzio. E ora che il periodo dell’Avvento si avvicina, lento ma ormai certo, questo desiderio diventa per alcuni ancora più forte.

Giorno per giorno siamo circondati dal chiasso, da una società a tratti troppo loquace, da un rumore di fondo che spesso ci rende difficile staccare la spina: troppo spesso veniamo distratti e non riusciamo a trovare un momento di pace con noi stessi.

È anche per questo motivo che, in un gesto simbolico quanto pratico, abbiamo incollato un paio di tappi per le orecchie sulla copertina della nostra rivista: usateli e godetevi il piacere di poter leggere indisturbati, per esem-pio la storia della scrittrice Milena Moser. Oppure ammi-rate, liberi dai rumori esterni, le immagini di un cimitero delle automobili in cui la natura ha avvolto e ricoperto le carrozzerie in disuso. E scoprite perché la vita monasti-ca a volte porta un monaco come Frate Daniel al limite delle proprie energie.

Viaggiate con noi nel regno della quiete e del silenzio: la quotidianità non impiegherà molto a riacciuffarvi!

Editoriale // 3

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SWISSLIFE Autunno 2014

Buongiorno

Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera: «Troppo spesso la nostra vita è un andirivieni frenetico e rumoroso: per questo cercare e trovare la calma e il silenzio è indispensabile di tanto in tanto, e si rivela estremamente piacevole.»

Tutti noi di quando in quando vagheggiamo la tranquillità, la quiete, il silenzio. E ora che il periodo dell’Avvento si avvicina, lento ma ormai certo, questo desiderio diventa per alcuni ancora più forte.

Giorno per giorno siamo circondati dal chiasso, da una società a tratti troppo loquace, da un rumore di fondo che spesso ci rende difficile staccare la spina: troppo spesso veniamo distratti e non riusciamo a trovare un momento di pace con noi stessi.

È anche per questo motivo che, in un gesto simbolico quanto pratico, abbiamo incollato un paio di tappi per le orecchie sulla copertina della nostra rivista: usateli e godetevi il piacere di poter leggere indisturbati, per esem-pio la storia della scrittrice Milena Moser. Oppure ammi-rate, liberi dai rumori esterni, le immagini di un cimitero delle automobili in cui la natura ha avvolto e ricoperto le carrozzerie in disuso. E scoprite perché la vita monasti-ca a volte porta un monaco come Frate Daniel al limite delle proprie energie.

Viaggiate con noi nel regno della quiete e del silenzio: la quotidianità non impiegherà molto a riacciuffarvi!

Editoriale // 3

Page 4: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Vendita all’asta di Kapitän, Capri & Co. Nel settembre 2009, le 800 carcasse presenti nel bosco di Kaufdorf sono state messe all’asta. Una Porsche degli anni 50 è stata venduta a 20 000 franchi. Due terzi dei rottami hanno trovato nuovi proprietari, il resto è finito nella pressa.

Rilassare corpo e mente Chi desidera trovare il perfetto equilibrio e l’armonia al di là dell’inquietudine e delle confusioni interiori, deve lasciarsi alle spalle la quotidianità ed esercitarsi in silenzio: sedere immobile e contare i respiri. Da uno a dieci.

08 Photo Selection: Catorci moderni I rottami nel cimitero delle automobili di Kaufdorf sono arrugginiti in pace per decenni, finché le autorità non ne hanno ordinato lo sgombero. Il fotografo Thomas Margelist ha fatto in tempo a immortalare il placido idillio di foglie, lamiera e ruggine.

20 Due facce della medaglia: La quiete è qualcosa di personale

24 Storia di copertina:

Giorni di silenzio a Sweetwater Non c’è dubbio: spesso si parla tanto e si dice poco. La scrittrice Milena Moser lo sa, anche per esperienza personale. L’annuale settimana del silenzio non è giunta quindi inopportuna. Esercizio: stare a bocca chiusa per sette giorni.

32 Mix di numeri: Il confine tra silenzio e rumore

35 Maestre di yoga: Il futuro comincia qui.

Responsabile del progetto: Swiss Life, Comunicazione Svizzera, Martin Läderach Commissione redazionale:Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Elke Guhl, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Stämpfli AG, Anzeigenmanagement, Wölflistrasse 1, Postfach 8326, 3001 Bern, 031 300 63 84, [email protected] Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno. Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. Sono escluse le vie legali. ISSN 1664-5588

SWISSLIFE Autunno 2014

44 A Swiss Life: Frate DanielL’attività pastorale, l’assistenza spirituale in paese, l’ammini-strazione e il laboratorio delle ceramiche erano già stati assegnati, quando nel 2007 Daniel Prandini si unì alla comunità benedettina del convento di Fischingen. Per questo, oggi Frate Daniel offre corsi di zazen.

53 I piaceri della tavola: Lombata di capriolo, che delizia!

55 Beni Frenkel: La Funzione Frenkel

56 Concorso: Vincete sette giorni di silenzio e quiete

58 Fuoriprogramma: Andreas Vollenweider, arpista, sullo «stato zero del silenzio»

Allegato: UPDATE Leggete cosa porta un’analisi finanziaria e previdenziale completa, come prendere sistematicamente in mano il proprio futuro finanziario e come accumulare un bel cuscinetto monetario nella cassa pensioni con i versamenti volontari.

Movimento slow con l’agenda pienaI corsi di meditazione di Frate Daniel non giovano soltanto ai circa 2000 ospiti stressati all’anno, ma anche a lui stesso. Tra e-mail, telefonate e quattro siti Web da aggiornare, spesso la quiete gli viene a mancare.

Per avere chiarezza: il mandato di consulenza Cosa accade quando ci si ammala improv-visamente? E di quanto denaro si ha bisogno dopo il pensionamento? Il mandato di consulenza di Swiss Life svela molte cose. E infonde così un buon senso di sicurezza.

Leggete la rivista e UPDATE on line con l’app SWISSLIFE.Provate altre ricette di «I piaceri della tavola» e partecipate in viadigitale al concorso. Le app per tablet e smartphone sono disponibilinell’App Store, su Google Play e sul sito www.swisslife.ch/rivista.

Sommario // 5

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Vendita all’asta di Kapitän, Capri & Co. Nel settembre 2009, le 800 carcasse presenti nel bosco di Kaufdorf sono state messe all’asta. Una Porsche degli anni 50 è stata venduta a 20 000 franchi. Due terzi dei rottami hanno trovato nuovi proprietari, il resto è finito nella pressa.

Rilassare corpo e mente Chi desidera trovare il perfetto equilibrio e l’armonia al di là dell’inquietudine e delle confusioni interiori, deve lasciarsi alle spalle la quotidianità ed esercitarsi in silenzio: sedere immobile e contare i respiri. Da uno a dieci.

08 Photo Selection: Catorci moderni I rottami nel cimitero delle automobili di Kaufdorf sono arrugginiti in pace per decenni, finché le autorità non ne hanno ordinato lo sgombero. Il fotografo Thomas Margelist ha fatto in tempo a immortalare il placido idillio di foglie, lamiera e ruggine.

20 Due facce della medaglia: La quiete è qualcosa di personale

24 Storia di copertina:

Giorni di silenzio a Sweetwater Non c’è dubbio: spesso si parla tanto e si dice poco. La scrittrice Milena Moser lo sa, anche per esperienza personale. L’annuale settimana del silenzio non è giunta quindi inopportuna. Esercizio: stare a bocca chiusa per sette giorni.

32 Mix di numeri: Il confine tra silenzio e rumore

35 Maestre di yoga: Il futuro comincia qui.

Responsabile del progetto: Swiss Life, Comunicazione Svizzera, Martin Läderach Commissione redazionale:Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Elke Guhl, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Stämpfli AG, Anzeigenmanagement, Wölflistrasse 1, Postfach 8326, 3001 Bern, 031 300 63 84, [email protected] Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno. Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. Sono escluse le vie legali. ISSN 1664-5588

SWISSLIFE Autunno 2014

44 A Swiss Life: Frate DanielL’attività pastorale, l’assistenza spirituale in paese, l’ammini-strazione e il laboratorio delle ceramiche erano già stati assegnati, quando nel 2007 Daniel Prandini si unì alla comunità benedettina del convento di Fischingen. Per questo, oggi Frate Daniel offre corsi di zazen.

53 I piaceri della tavola: Lombata di capriolo, che delizia!

55 Beni Frenkel: La Funzione Frenkel

56 Concorso: Vincete sette giorni di silenzio e quiete

58 Fuoriprogramma: Andreas Vollenweider, arpista, sullo «stato zero del silenzio»

Allegato: UPDATE Leggete cosa porta un’analisi finanziaria e previdenziale completa, come prendere sistematicamente in mano il proprio futuro finanziario e come accumulare un bel cuscinetto monetario nella cassa pensioni con i versamenti volontari.

Movimento slow con l’agenda pienaI corsi di meditazione di Frate Daniel non giovano soltanto ai circa 2000 ospiti stressati all’anno, ma anche a lui stesso. Tra e-mail, telefonate e quattro siti Web da aggiornare, spesso la quiete gli viene a mancare.

Per avere chiarezza: il mandato di consulenza Cosa accade quando ci si ammala improv-visamente? E di quanto denaro si ha bisogno dopo il pensionamento? Il mandato di consulenza di Swiss Life svela molte cose. E infonde così un buon senso di sicurezza.

Leggete la rivista e UPDATE on line con l’app SWISSLIFE.Provate altre ricette di «I piaceri della tavola» e partecipate in viadigitale al concorso. Le app per tablet e smartphone sono disponibilinell’App Store, su Google Play e sul sito www.swisslife.ch/rivista.

Sommario // 5

Page 6: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Gran fortuna, quando SWISSLIFE ha bussato alla porta di Milena Moser: l’autrice di bestseller («L’isola delle cameriere», l’ultimo «Das wahre Leben», edito da Nagel & Kimche) e columnist si trovava ad affrontare un viaggio a San Francisco, suo preceden-te luogo di residenza, dove ha incon-trato gli amici e – rito annuale! – ha assolto la sua settimana del silenzio. Bilancio della storia di copertina dell’ormai ufficiale buddista Zen Milena Myoshin Moser: chi vuole il silenzio, deve stringere i denti.

Pagina 24 // «Storia di copertina» Milena Moser

Pagina 53 // «I piaceri della tavola» Manuel Reichenbach

Per Urs Mannhart, ex ciclocorriere, oggi scrittore pluripremiato (dal romanzo d’esordio «Luchs» all’ulti-mo «Bergsteigen im Flachland», edito da Secession) l’incontro con Frate Daniel nel convento di Fischingen è stato un ritrovarsi: già una volta, infatti, il bernese aveva trascorso tre giorni nella quiete ascetica della bassa Turgovia. Allora era sulle tracce di un’antica slitta da corsa – ora ha analizzato più nel dettaglio l’agenda di quel frate che, per via dei suoi numerosi impegni, deve poter contare su una grande quiete interiore.

Pagina 44 // «A Swiss Life» Urs Mannhart

«Il mio lavoro è incentrato sull’essere umano. Vitalità e autenticità sono importanti per me. Desidero immorta-lare la vita vera, non amo la pura ricerca dell’effetto», afferma la fotogra-fa di San Gallo Ladina Bischof. Nel suo lavoro per la rubrica «Due facce della medaglia» ha incontrato persone nelle più svariate situazioni e constata-to come anche alle domande semplici spesso sia davvero difficile dare una risposta.

Pagina 20 // «Due facce della medaglia» Ladina Bischof

Manuel Reichenbach è considerato una grande promessa della scena culinaria svizzera: anni di apprendi-stato in Svizzera con Roland Pierroz, Beat Bolliger e Anton Mosimann, da Gordon Ramsay a Londra – finché nel 2003 grosse frane hanno devasta-to la Surselva e Trun, suo paese natio. Reichenbach: «Quando ho appreso la notizia, sapevo di dover tornare a casa. I miei genitori hanno bisogno di me.» Da allora, il quasi 40enne cucina nella vecchia casa patrizia – energico e audace e sempre alla ricerca di maggiore perfezione – con una semplicità seducente che si rispecchia anche nella ricetta della nostra rubrica «I piaceri della tavola».

La rivista che state sfogliando piace anche agli esperti: al «Best of Corporate Publishing (BCP)», il più grande e importante concorso per le pubblicazioni aziendali, quest’anno a Monaco di Baviera SWISSLIFE si è aggiudicata la medaglia d’oro nelle categorie stampa e innovazioni e quella d’argento in due altre categorie.

Foto

: Ann

a Ya

rrow

/San

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e, L

adin

a B

isch

of, B

runo

Vos

er, B

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Schw

eize

r

6 // Protagonisti

50¡GIORNATE DI S�LETTA

Raf

fi ner

ie A

G f

ür

Ges

taltu

ng

22.—29.1.2015

S�LETTAS�LETTA

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Gran fortuna, quando SWISSLIFE ha bussato alla porta di Milena Moser: l’autrice di bestseller («L’isola delle cameriere», l’ultimo «Das wahre Leben», edito da Nagel & Kimche) e columnist si trovava ad affrontare un viaggio a San Francisco, suo preceden-te luogo di residenza, dove ha incon-trato gli amici e – rito annuale! – ha assolto la sua settimana del silenzio. Bilancio della storia di copertina dell’ormai ufficiale buddista Zen Milena Myoshin Moser: chi vuole il silenzio, deve stringere i denti.

Pagina 24 // «Storia di copertina» Milena Moser

Pagina 53 // «I piaceri della tavola» Manuel Reichenbach

Per Urs Mannhart, ex ciclocorriere, oggi scrittore pluripremiato (dal romanzo d’esordio «Luchs» all’ulti-mo «Bergsteigen im Flachland», edito da Secession) l’incontro con Frate Daniel nel convento di Fischingen è stato un ritrovarsi: già una volta, infatti, il bernese aveva trascorso tre giorni nella quiete ascetica della bassa Turgovia. Allora era sulle tracce di un’antica slitta da corsa – ora ha analizzato più nel dettaglio l’agenda di quel frate che, per via dei suoi numerosi impegni, deve poter contare su una grande quiete interiore.

Pagina 44 // «A Swiss Life» Urs Mannhart

«Il mio lavoro è incentrato sull’essere umano. Vitalità e autenticità sono importanti per me. Desidero immorta-lare la vita vera, non amo la pura ricerca dell’effetto», afferma la fotogra-fa di San Gallo Ladina Bischof. Nel suo lavoro per la rubrica «Due facce della medaglia» ha incontrato persone nelle più svariate situazioni e constata-to come anche alle domande semplici spesso sia davvero difficile dare una risposta.

Pagina 20 // «Due facce della medaglia» Ladina Bischof

Manuel Reichenbach è considerato una grande promessa della scena culinaria svizzera: anni di apprendi-stato in Svizzera con Roland Pierroz, Beat Bolliger e Anton Mosimann, da Gordon Ramsay a Londra – finché nel 2003 grosse frane hanno devasta-to la Surselva e Trun, suo paese natio. Reichenbach: «Quando ho appreso la notizia, sapevo di dover tornare a casa. I miei genitori hanno bisogno di me.» Da allora, il quasi 40enne cucina nella vecchia casa patrizia – energico e audace e sempre alla ricerca di maggiore perfezione – con una semplicità seducente che si rispecchia anche nella ricetta della nostra rubrica «I piaceri della tavola».

La rivista che state sfogliando piace anche agli esperti: al «Best of Corporate Publishing (BCP)», il più grande e importante concorso per le pubblicazioni aziendali, quest’anno a Monaco di Baviera SWISSLIFE si è aggiudicata la medaglia d’oro nelle categorie stampa e innovazioni e quella d’argento in due altre categorie.

Foto

: Ann

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6 // Protagonisti

50¡GIORNATE DI S�LETTA

Raf

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22.—29.1.2015

S�LETTAS�LETTA

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Rust in PeaceNiente rimbombi di motori, rumori di pneumatici né clacson, soltanto un silenzio di tomba. Nello storico cimitero delle automobili di Kaufdorf (Canton Berna) i rottami arruggi- nivano in pace, ma senza la benedizione delle autorità. Le impressionanti immagini del fotografo vallesano Thomas Margelist mostrano l’unione di natura e tecnica, finita improvvisamente nel 2009 con lo sgombero del luogo. ›››

8 // Photo Selection

Rust in Peace

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Rust in PeaceNiente rimbombi di motori, rumori di pneumatici né clacson, soltanto un silenzio di tomba. Nello storico cimitero delle automobili di Kaufdorf (Canton Berna) i rottami arruggi- nivano in pace, ma senza la benedizione delle autorità. Le impressionanti immagini del fotografo vallesano Thomas Margelist mostrano l’unione di natura e tecnica, finita improvvisamente nel 2009 con lo sgombero del luogo. ›››

8 // Photo Selection

Rust in Peace

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SWISSLIFE Autunno 2014

La fotografia animalistica e paesaggistica offre la continua consapevolezza di quanto sia bello il nostro pianeta. Fotografare la fauna alpina è sempre molto importante per me. Il più delle volte gli animali si possono soltanto osservare. Ma anche senza materiale fotografico, si torna a casa soddisfatti. Restano la tensione e il fascino di riuscire a immortalare splendidi animali. www.mth-fotografie.ch

«Carrozzerie ricoperte di muschio e tagliate in due dagli alberi: nel tempo, natura e tecnica sono diventate un tutt’uno.»Il selvatico cimitero delle automobili di Kaufdorf, con le sue circa 800 carcasse, ha conosciuto la fama internazionale grazie alla stampa. Le auto più vecchie che vi giacevano risalivano addirittura agli anni 30. Poiché il gestore ne vietava l’accesso al pubblico, le vetture si conservavano perfettamente, degrado naturale a parte. Nel 2008 l’artista Heinrich Gartentor ha allestito una mostra all’interno dell’area. Per ragioni legate alla legislazione ambientale, nel 2009 il deposito di rottami è stato smantellato, scatenando violente discussioni tra i residenti e le autorità del posto. Fino al 2013 tutte le auto sono state vendute all’asta o rimosse. Nell’aprile 2008, prima ancora della mostra, ho potuto visitare il cimitero delle automobili e immortalarne le impressioni. Che giornata: per un meccanico provetto come me queste auto d’epoca, un tutt’uno con la natura, erano uno spettacolo travolgente.

Il fotografo Thomas Margelist nasce nel 1966 a Baltschieder, nel Canton Vallese. Nel 2006 termina la scuola di fotografia M-Art a Berna, durata cinque semestri. La sua passione per la fotografia ha origine nella natura, dove Thomas trova la quiete dopo il lavoro come operatore sanitario. Nel suo studio si è specializzato in ritratti fotografici. I suoi lavori sono stati più volte premiati con ori, argenti, bronzi o attestati dall’EFFVAS (Ferrovieri fotografi cineasti e videotecnici amatori) e dal Fotoclub Brig.

Photo Selection // 19

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SWISSLIFE Autunno 2014

La fotografia animalistica e paesaggistica offre la continua consapevolezza di quanto sia bello il nostro pianeta. Fotografare la fauna alpina è sempre molto importante per me. Il più delle volte gli animali si possono soltanto osservare. Ma anche senza materiale fotografico, si torna a casa soddisfatti. Restano la tensione e il fascino di riuscire a immortalare splendidi animali. www.mth-fotografie.ch

«Carrozzerie ricoperte di muschio e tagliate in due dagli alberi: nel tempo, natura e tecnica sono diventate un tutt’uno.»Il selvatico cimitero delle automobili di Kaufdorf, con le sue circa 800 carcasse, ha conosciuto la fama internazionale grazie alla stampa. Le auto più vecchie che vi giacevano risalivano addirittura agli anni 30. Poiché il gestore ne vietava l’accesso al pubblico, le vetture si conservavano perfettamente, degrado naturale a parte. Nel 2008 l’artista Heinrich Gartentor ha allestito una mostra all’interno dell’area. Per ragioni legate alla legislazione ambientale, nel 2009 il deposito di rottami è stato smantellato, scatenando violente discussioni tra i residenti e le autorità del posto. Fino al 2013 tutte le auto sono state vendute all’asta o rimosse. Nell’aprile 2008, prima ancora della mostra, ho potuto visitare il cimitero delle automobili e immortalarne le impressioni. Che giornata: per un meccanico provetto come me queste auto d’epoca, un tutt’uno con la natura, erano uno spettacolo travolgente.

Il fotografo Thomas Margelist nasce nel 1966 a Baltschieder, nel Canton Vallese. Nel 2006 termina la scuola di fotografia M-Art a Berna, durata cinque semestri. La sua passione per la fotografia ha origine nella natura, dove Thomas trova la quiete dopo il lavoro come operatore sanitario. Nel suo studio si è specializzato in ritratti fotografici. I suoi lavori sono stati più volte premiati con ori, argenti, bronzi o attestati dall’EFFVAS (Ferrovieri fotografi cineasti e videotecnici amatori) e dal Fotoclub Brig.

Photo Selection // 19

Page 20: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Silenzio e quiete per me significano:

Anna Lena Zimmermann (19 anni),studentessa di design, San Gallo «Essere circondata dal rumore e riuscire comunque a stare per conto mio.»

Larissa Lanziletto (17 anni), apprendista commerciale, San Gallo«Stare sdraiata sulla spiaggia, in assoluto relax.»

Douglas André (22 anni), impiegato nel commercio al dettaglio eDésirée Schmid (22 anni), droghiera, San Gallo«Un tranquillo after party in casa di amici.»

Morgan Heiniger (26 anni), artista, San Gallo«Avere l’anima libera, grazie alla musica e all’amore.»

Tabita Gentsch (24 anni), studentessa di pedagogia, Arbon «Finire la mia tesi di master.»

Lukas Schneeberger (31 anni), insegnante, San Gallo «Avere tempo.»

Björn Siegrist (28 anni), architetto ETH, Zurigo «Avere la batteria del cellulare scarica.»

Manuela Leibundgut (29 anni), fiorista, Gossau «Leggere un libro fuori in giardino.»

Foto: Ladina Bischof

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SWISSLIFE Autunno 2014

Jasmin Mafalda Fischli (26 anni), accompagnatrice gruppi di gioco nel bosco, Appenzello «Sentire la terra sotto i piedi.»

Shirin Ana Zollinger (18 anni),praticante in una fattoria avventura, San Gallo«Andare a cavallo nella natura incontaminata.»

Ueli Steingruber (26 anni), fotografo, Stein AR «Sentire il tempo che passa.»

Jakob Forrer (32 anni), carpentiere, Rehetobel «Pescare in beata solitudine.»

Rosa Fäh (36 anni), insegnante, Stein AR «Sedere in chiesa.»

Anina Steiner (33 anni), insegnante, Teufen «Passare da un ristorante italiano a uno svizzero.»

Simona Frischknecht (20 anni),assistente medica, Appenzello «Guardare un film con gli amici la domenica sera.»

Michael Tanner (30 anni), tecnico della distribuzione, Abtwil«Stare in mezzo alla natura.»

Linda Schläpfer (32 anni), psicologa equina, Abtwil «Quando la sera i miei due bambini e tutti e 36 gli animali se ne stanno tranquilli.»

Due facce della medaglia // 21

Page 22: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

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Media delle emissioni di CO2 di tutti i modelli di vetture immatricolati in Svizzera: 148 g/km (situazione: agosto 2014). Il servizio Lexus Premium comprende gli interventi di servizio gratuiti fino a 10 anni o 100 000 km (vale il primo criterio raggiunto) incl. auto sostitutiva gratuita per garantire la vostra mobilità.

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Page 23: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

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SWISSLIFE Autunno 2014

Giorni di silenzio a Sweetwater.Non guardarsi. Non fare cenni. Non parlarsi. Per un’intera settimana. Non è facile reggere alle regole del californiano Sweetwater Zen Center. Soprattutto per una scrittrice come Milena Moser, nella cui bocca le parole si formano incessantemente. Eppure ci ha provato. Stringendo i denti per sette giorni. ›››

Testo: Milena Moser, illustrazioni: Sylvia Geel

Storia di copertina // 25

Page 26: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

C’è tanto rumore qui. Perché c’è così tanto rumore qui? Che razza di rumore è mai questo?

Un macinare, scricchiolare, stridere pressoché insopportabile riempie l’at-mosfera.

È mattino presto nell’Industrial City, un sobborgo di San Diego assolu-tamente degno del nome che porta. La California delle cartoline, con le sue spiagge di sabbia e palme e ville tinteg-giate di bianco e sgargianti buganville rosa è molto lontana. Lo Sweetwater Zen Center è una scuola semplice. Niente fronzoli. La sala di meditazione è una yurta, una struttura aperta con pavimentazione in legno e un tetto a padiglione. Da un lato si odono voci stizzite provenire dalla clinica dei sen-zatetto, dall’altro si trova una carrozze-ria. Alla radio passano hip hop messi-cano, i motori delle auto mugolano, i gas di scarico ci solleticano il naso. Ma a quest’ora del mattino è ancora tran-quillo. L’aria è fresca e leggermente sa-lata. In cinque siamo seduti a tavola, muti come pesci. Si sente solo un inces-sante macinare e scricchiolare.

Sono i miei denti che masticano pezzetti di granola. Cric, croc, crac. Il mio volto si infiamma. Tengo gli occhi abbassati sulla scodella di muesli, come vuole il regolamento. Non dobbiamo guardarci. Non dobbiamo fare cenni. E non dobbiamo assolutamente parlarci. Per un’intera settimana.

Smetto di masticare. Inghiotto. Fi-nalmente il silenzio. «Mi spiace», vor-rei dire. «Non sapevo...» Le parole si ammassano in bocca. Non avevo idea di quante fossero. Parole che vorrebbe-ro essere pronunciate. Cosa non sape-

vo? Che masticare questa speciale qua-lità di granola, che mangio anche a casa, causasse così tanto rumore. Per-ché non lo sapevo? Perché mentre fac-cio colazione a casa leggo il giornale, ascolto musica, telefono. Perché quan-do sono a tavola con altre persone, parlo con loro.

Sollevo furtivamente lo sguardo, la-sciandolo correre sui piatti. Cos’hanno portato gli altri? Tortillas di un colore bianco pallido. Barrette energetiche. Un uovo sodo.

Forse non dovrei mangiare più niente? Non mi è mai capitato di digiu-nare, né ho mai avuto intenzione di far-lo. Ma ora, improvvisamente, riesco a

capire ciò che dicono in proposito: che diventiamo realmente consapevoli di ciò che ingurgitiamo distrattamente per tutto il giorno nel momento in cui smettiamo di farlo. Allo stesso modo, solo in questo «ragionevole silenzio» mi rendo conto di quanto io blateri per tutto il giorno senza dire qualcosa. Senza dire realmente qualcosa. Ho la sensazione che le parole inizino a for-marsi nella mia bocca, che spingano contro le mie labbra, come animaletti che cercano di liberarsi: «Scusa!» Evi-dentemente, è sempre la prima cosa che mi viene in mente vedendo un’altra

persona. «Mi spiace», vorrei dire. «Mi spiace di masticare così rumorosamen-te. Mi spiace di respirare così rumoro-samente.» Tutto ciò che vorrei dire è una spiegazione: «Sono svizzera. Non parlo molto bene inglese. Sono una scrittrice. Ho due figli. Mi definisco usando la parola.»

Chi sono, se non ho l’uso della pa-rola?

Sono gli inglesi che dicono: «Never explain, never complain?» Mai spiega-re, mai lamentarsi? Non male, come motto. Non ti scusare, aggiungo io. Al-meno non automaticamente.

Immergo il cucchiaio nello yogurt, giro intorno ai pezzi più grossi di gra-

nola, carico due mirtilli e li spingo tra le labbra, come se volessi ricacciare in-dietro le parole. E improvvisamente mi figuro cosa accadrebbe se aprissi la boc-ca. Mi vedo sputar fuori parole, affer-rarle. Lettere compatte, scolpite nel legno. Mi vedo gettare questi cubi alfa-betici suppergiù in direzione degli altri, li vedo cadere sul tavolo, nello spazio vuoto tra noi. Riempiono questo spa-zio, si accatastano tra noi fino a che non riusciamo più a vederci l’un l’altro dietro questi mucchi di parole.

In ogni caso non ci è consentito guardarci. È il mio primo giorno qui.

«Solo in questo ‹ragionevole silenzio› mi rendo conto di quanto io blateri per tutto il giorno senza dire qualcosa.»

26 // Storia di copertina

SWISSLIFE Autunno 2014

Sono arrivata ieri sera, ho riposto i miei viveri nel frigorifero comune e ho fatto il letto. Poi ho studiato ancora una vol-ta il programma:

05.30 Sveglia06.00 Zazen06.30 Kinhin06.40 Zazen07.10 Kinhin07.20 Zazen07.40 Recitazione dei sutra07.55 Preparazione della colazione08.15 Colazione Noi ora siamo qui: 08.15, colazione. Quasi tre ore dopo essermi alzata. Sembra che siano passati anni. Zazen significa meditazione Zen seduti, Kinhin è la meditazione camminata. Altre e-spressioni giapponesi che ho imparato sono Samu, il lavoro in casa o in giardino, e Daisan, colloquio indivi- duale con l’insegnante. Il programma procede in questo stile, a intervalli di venti minuti fino alle 21.00: riposo not-turno.

Alle 21.00, l’ho constatato ieri, qui è ancora giorno. Quando è stata l’ulti-ma volta che sono andata a dormire ed era ancora giorno? Qui non mi è con-sentito né leggere né scrivere. Men che meno utilizzare dispositivi elettronici. Ma ho introdotto clandestinamente un e-reader. Ieri ho letto sotto le coper-te come un bambino. Di nascosto, per-ché è vietato. Il fatto di sapere che dall’esterno possono vedere la luce contribuisce al divertimento. Quando è stata l’ultima volta che leggere era vietato? Altre disposizioni: non posso indossare abiti vistosi o a disegni.

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C’è tanto rumore qui. Perché c’è così tanto rumore qui? Che razza di rumore è mai questo?

Un macinare, scricchiolare, stridere pressoché insopportabile riempie l’at-mosfera.

È mattino presto nell’Industrial City, un sobborgo di San Diego assolu-tamente degno del nome che porta. La California delle cartoline, con le sue spiagge di sabbia e palme e ville tinteg-giate di bianco e sgargianti buganville rosa è molto lontana. Lo Sweetwater Zen Center è una scuola semplice. Niente fronzoli. La sala di meditazione è una yurta, una struttura aperta con pavimentazione in legno e un tetto a padiglione. Da un lato si odono voci stizzite provenire dalla clinica dei sen-zatetto, dall’altro si trova una carrozze-ria. Alla radio passano hip hop messi-cano, i motori delle auto mugolano, i gas di scarico ci solleticano il naso. Ma a quest’ora del mattino è ancora tran-quillo. L’aria è fresca e leggermente sa-lata. In cinque siamo seduti a tavola, muti come pesci. Si sente solo un inces-sante macinare e scricchiolare.

Sono i miei denti che masticano pezzetti di granola. Cric, croc, crac. Il mio volto si infiamma. Tengo gli occhi abbassati sulla scodella di muesli, come vuole il regolamento. Non dobbiamo guardarci. Non dobbiamo fare cenni. E non dobbiamo assolutamente parlarci. Per un’intera settimana.

Smetto di masticare. Inghiotto. Fi-nalmente il silenzio. «Mi spiace», vor-rei dire. «Non sapevo...» Le parole si ammassano in bocca. Non avevo idea di quante fossero. Parole che vorrebbe-ro essere pronunciate. Cosa non sape-

vo? Che masticare questa speciale qua-lità di granola, che mangio anche a casa, causasse così tanto rumore. Per-ché non lo sapevo? Perché mentre fac-cio colazione a casa leggo il giornale, ascolto musica, telefono. Perché quan-do sono a tavola con altre persone, parlo con loro.

Sollevo furtivamente lo sguardo, la-sciandolo correre sui piatti. Cos’hanno portato gli altri? Tortillas di un colore bianco pallido. Barrette energetiche. Un uovo sodo.

Forse non dovrei mangiare più niente? Non mi è mai capitato di digiu-nare, né ho mai avuto intenzione di far-lo. Ma ora, improvvisamente, riesco a

capire ciò che dicono in proposito: che diventiamo realmente consapevoli di ciò che ingurgitiamo distrattamente per tutto il giorno nel momento in cui smettiamo di farlo. Allo stesso modo, solo in questo «ragionevole silenzio» mi rendo conto di quanto io blateri per tutto il giorno senza dire qualcosa. Senza dire realmente qualcosa. Ho la sensazione che le parole inizino a for-marsi nella mia bocca, che spingano contro le mie labbra, come animaletti che cercano di liberarsi: «Scusa!» Evi-dentemente, è sempre la prima cosa che mi viene in mente vedendo un’altra

persona. «Mi spiace», vorrei dire. «Mi spiace di masticare così rumorosamen-te. Mi spiace di respirare così rumoro-samente.» Tutto ciò che vorrei dire è una spiegazione: «Sono svizzera. Non parlo molto bene inglese. Sono una scrittrice. Ho due figli. Mi definisco usando la parola.»

Chi sono, se non ho l’uso della pa-rola?

Sono gli inglesi che dicono: «Never explain, never complain?» Mai spiega-re, mai lamentarsi? Non male, come motto. Non ti scusare, aggiungo io. Al-meno non automaticamente.

Immergo il cucchiaio nello yogurt, giro intorno ai pezzi più grossi di gra-

nola, carico due mirtilli e li spingo tra le labbra, come se volessi ricacciare in-dietro le parole. E improvvisamente mi figuro cosa accadrebbe se aprissi la boc-ca. Mi vedo sputar fuori parole, affer-rarle. Lettere compatte, scolpite nel legno. Mi vedo gettare questi cubi alfa-betici suppergiù in direzione degli altri, li vedo cadere sul tavolo, nello spazio vuoto tra noi. Riempiono questo spa-zio, si accatastano tra noi fino a che non riusciamo più a vederci l’un l’altro dietro questi mucchi di parole.

In ogni caso non ci è consentito guardarci. È il mio primo giorno qui.

«Solo in questo ‹ragionevole silenzio› mi rendo conto di quanto io blateri per tutto il giorno senza dire qualcosa.»

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SWISSLIFE Autunno 2014

Sono arrivata ieri sera, ho riposto i miei viveri nel frigorifero comune e ho fatto il letto. Poi ho studiato ancora una vol-ta il programma:

05.30 Sveglia06.00 Zazen06.30 Kinhin06.40 Zazen07.10 Kinhin07.20 Zazen07.40 Recitazione dei sutra07.55 Preparazione della colazione08.15 Colazione Noi ora siamo qui: 08.15, colazione. Quasi tre ore dopo essermi alzata. Sembra che siano passati anni. Zazen significa meditazione Zen seduti, Kinhin è la meditazione camminata. Altre e-spressioni giapponesi che ho imparato sono Samu, il lavoro in casa o in giardino, e Daisan, colloquio indivi- duale con l’insegnante. Il programma procede in questo stile, a intervalli di venti minuti fino alle 21.00: riposo not-turno.

Alle 21.00, l’ho constatato ieri, qui è ancora giorno. Quando è stata l’ulti-ma volta che sono andata a dormire ed era ancora giorno? Qui non mi è con-sentito né leggere né scrivere. Men che meno utilizzare dispositivi elettronici. Ma ho introdotto clandestinamente un e-reader. Ieri ho letto sotto le coper-te come un bambino. Di nascosto, per-ché è vietato. Il fatto di sapere che dall’esterno possono vedere la luce contribuisce al divertimento. Quando è stata l’ultima volta che leggere era vietato? Altre disposizioni: non posso indossare abiti vistosi o a disegni.

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SWISSLIFE Autunno 2014

pente come animale domestico, i vicini avevano un boa constrictor, oltre a un piccolo alligatore che tenevano nella vasca da bagno. Inspira, espira. Uno. Inspira, espira, due. Inspira, espira... Il mio respiro sibila attraverso le narici. Perché respiro così rumorosamente? Da quanto tempo sono seduta qui? Ho un piede addormentato. Inspirare, espirare. Uno. Due. Tre.

Improvvisamente il silenzio. Silen-zio totale.

Il mio respiro si dissolve. Io mi dis-solvo. Nulla.Poi, improvvisamente sono a diciotto. Diciotto? Inspira, espira, uno...

L’essenza della meditazione sta nel non avere una finalità. In questo senso

sbaglio tutto: io medito perché mi fa bene. Frequento il centro Zen perché in gruppo mi riesce meglio che non da sola. Questo è quanto. Non voglio di-ventare una persona migliore, non cre-do nell’illuminazione, voglio solo esse-re felice.

Solo?(Poiché soggiorno regolarmente

nella mia vecchia patria, la California, la mia insegnante mi propone di visita-re la «casa madre» in cui lei stessa ha vissuto e studiato. Di conoscere la sua insegnante. La roshi, Seisen Saunders,

«Non voglio diventare una persona migliore, non credo nell’illuminazione, voglio solo essere felice.»

Braccia e gambe devono essere coperte. I miei amici sono preoccupati. In che razza di setta sono finita? Insistono nel voler concordare una parola in co-dice. «Ti tiriamo fuori da lì», dicono. «In qualsiasi momento! Giorno e not-te!» Già pregustano l’avventura. Li de-ludo, benché controvoglia: «Posso an-darmene in qualsiasi momento», dico. «Non vado in prigione.»

Mi sono figurata il personaggio di un romanzo, la Poppy patologicamen-te distratta che finisce in prigione sen-za aver commesso alcun reato e lì trova la pace. Grazie alla routine, a una vita regolare, a una drastica limitazione di cose, possibilità, distrazioni. Sta tal-mente bene da non volersene più andare. Altri pagherebbero fior di quattrini per un retreat come quello, commenta ironicamente. Retreat si-gnifica ritiro. Ma ritirarsi dove? In se stessi? Cosa voglio trovare in me stes-sa? Cosa c’è da vedere? O meglio, da sentire?

Quattro o cinque anni fa, ad Aarau, mi sono imbattuta per la prima volta in una scuola Zen. Già da un anno al-meno stavo riflettendo sul volermi o meno cimentare con «questa» medita-zione Zen. Ma due ore mi sembravano piuttosto lunghe. Tanto più la matti-na presto, alle sei. «In qualsiasi mo-mento puoi alzarti e andartene», disse l’insegnante.

Le sue istruzioni erano abbastanza semplici. Sedere immobile, contare i respiri: inspira, espira, uno, inspira, espira, due. E così via. Da uno a dieci. Da uno a Zen. Ah ah! Vien fuori che non è così semplice come sembra. Mi siedo sul cuscino nero, gambe incro-

ciate, mani congiunte, occhi semichiu-si. Risuona un gong. Inspiro, espiro. Conto: uno. Inspiro, espiro, due. Inspi-ro, espiro... Ho male a un fianco. Da quanto tempo sono seduta qui? Una persona come me, che fa tanto yoga, non dovrebbe essere in grado di stare seduta immobile per una mezz’ora? Qualcuno starnutisce. Per fortuna non è successo a me. D’altro canto, l’insegnante non ha detto che gli im-pulsi involontari del corpo come de-glutire, starnutire, tossire, non si devo-no reprimere? Ora ho il solletico al naso. Lo starnuto è contagioso come lo sbadiglio? Oddio, non pensare a sbadigliare! Stringo le mascelle, mi la-crimano gli occhi. Sento un bisogno

irresistibile di sollevare il braccio, asciugare le lacrime, che mentre secca-no lasciano sulla mia pelle uno sgrade-vole prurito. Se non mi gratto subito, muoio. OK. OK. Inspira, espira, uno. Inspira, espira, due. Inspira, espira… La mente è come un serpente, ha detto l’insegnante, sempre in movimento, senza esserne consapevole. Se si infi-la questo serpente nella canna di bambù della pratica meditativa, di-venta consapevole di questi movi-menti. Se sbatte contro la canna. Da piccola ho sempre desiderato un ser-

Storia di copertina // 29

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SWISSLIFE Autunno 2014

pente come animale domestico, i vicini avevano un boa constrictor, oltre a un piccolo alligatore che tenevano nella vasca da bagno. Inspira, espira. Uno. Inspira, espira, due. Inspira, espira... Il mio respiro sibila attraverso le narici. Perché respiro così rumorosamente? Da quanto tempo sono seduta qui? Ho un piede addormentato. Inspirare, espirare. Uno. Due. Tre.

Improvvisamente il silenzio. Silen-zio totale.

Il mio respiro si dissolve. Io mi dis-solvo. Nulla.Poi, improvvisamente sono a diciotto. Diciotto? Inspira, espira, uno...

L’essenza della meditazione sta nel non avere una finalità. In questo senso

sbaglio tutto: io medito perché mi fa bene. Frequento il centro Zen perché in gruppo mi riesce meglio che non da sola. Questo è quanto. Non voglio di-ventare una persona migliore, non cre-do nell’illuminazione, voglio solo esse-re felice.

Solo?(Poiché soggiorno regolarmente

nella mia vecchia patria, la California, la mia insegnante mi propone di visita-re la «casa madre» in cui lei stessa ha vissuto e studiato. Di conoscere la sua insegnante. La roshi, Seisen Saunders,

«Non voglio diventare una persona migliore, non credo nell’illuminazione, voglio solo essere felice.»

Braccia e gambe devono essere coperte. I miei amici sono preoccupati. In che razza di setta sono finita? Insistono nel voler concordare una parola in co-dice. «Ti tiriamo fuori da lì», dicono. «In qualsiasi momento! Giorno e not-te!» Già pregustano l’avventura. Li de-ludo, benché controvoglia: «Posso an-darmene in qualsiasi momento», dico. «Non vado in prigione.»

Mi sono figurata il personaggio di un romanzo, la Poppy patologicamen-te distratta che finisce in prigione sen-za aver commesso alcun reato e lì trova la pace. Grazie alla routine, a una vita regolare, a una drastica limitazione di cose, possibilità, distrazioni. Sta tal-mente bene da non volersene più andare. Altri pagherebbero fior di quattrini per un retreat come quello, commenta ironicamente. Retreat si-gnifica ritiro. Ma ritirarsi dove? In se stessi? Cosa voglio trovare in me stes-sa? Cosa c’è da vedere? O meglio, da sentire?

Quattro o cinque anni fa, ad Aarau, mi sono imbattuta per la prima volta in una scuola Zen. Già da un anno al-meno stavo riflettendo sul volermi o meno cimentare con «questa» medita-zione Zen. Ma due ore mi sembravano piuttosto lunghe. Tanto più la matti-na presto, alle sei. «In qualsiasi mo-mento puoi alzarti e andartene», disse l’insegnante.

Le sue istruzioni erano abbastanza semplici. Sedere immobile, contare i respiri: inspira, espira, uno, inspira, espira, due. E così via. Da uno a dieci. Da uno a Zen. Ah ah! Vien fuori che non è così semplice come sembra. Mi siedo sul cuscino nero, gambe incro-

ciate, mani congiunte, occhi semichiu-si. Risuona un gong. Inspiro, espiro. Conto: uno. Inspiro, espiro, due. Inspi-ro, espiro... Ho male a un fianco. Da quanto tempo sono seduta qui? Una persona come me, che fa tanto yoga, non dovrebbe essere in grado di stare seduta immobile per una mezz’ora? Qualcuno starnutisce. Per fortuna non è successo a me. D’altro canto, l’insegnante non ha detto che gli im-pulsi involontari del corpo come de-glutire, starnutire, tossire, non si devo-no reprimere? Ora ho il solletico al naso. Lo starnuto è contagioso come lo sbadiglio? Oddio, non pensare a sbadigliare! Stringo le mascelle, mi la-crimano gli occhi. Sento un bisogno

irresistibile di sollevare il braccio, asciugare le lacrime, che mentre secca-no lasciano sulla mia pelle uno sgrade-vole prurito. Se non mi gratto subito, muoio. OK. OK. Inspira, espira, uno. Inspira, espira, due. Inspira, espira… La mente è come un serpente, ha detto l’insegnante, sempre in movimento, senza esserne consapevole. Se si infi-la questo serpente nella canna di bambù della pratica meditativa, di-venta consapevole di questi movi-menti. Se sbatte contro la canna. Da piccola ho sempre desiderato un ser-

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Page 30: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

potrei farlo. Lo devo tenere per me. Un istante è reale, se non viene condiviso? Un’esperienza è importante se non vie-ne portata a conoscenza di altre perso-ne, se non è apprezzata, se non «mi piace»? Da tempo, condividere qualco-sa non significa più parlare di qualco-sa. Parlarne non basta. Dobbiamo do-cumentare tutto, rendere tutto di dominio pubblico.

Metto in bocca un pezzo di pomo-doro, è salato.

Quando l’ultimo giorno il silenzio viene rotto, tutti parlano tra loro. Le voci si sovrappongono. Chiacchieria-mo fino ad avere il capogiro. La giova-ne donna che per una settimana era seduta accanto a me e piangeva ogni giorno, a cui ho dato la pala sulla testa, mi racconta di essere stata in Marina. Tira su la manica e mi mostra il suo ta-tuaggio: un’ancora e sotto le parole «Death before Dishonor».

«Ti ho detto che mi era già capitato di peggio», sogghigna.

Parole.

non ha mai scritto un libro né attirato allievi celebri, non come il suo inse-gnante, Bernie Glassmann. Grazie alla sua collaborazione con Jeff Bridges, la meditazione Zen ha trovato il consen-so quantomeno dei miei figli. Se il «Drugo» la approva, non può essere del tutto sbagliata. In effetti, il film culto «Il grande Lebowsky» può essere consi-derato una raccolta di koan Zen, ma i

miei figli non sono interessati ad ap-profondire tanto la questione. Sto di nuovo divagando...)

Inspirare, espirare. Uno. Due. Tre.Due giorni dopo, lavorando in

giardino, mi volto goffamente, la pala in spalla gira con me e colpisce in pie-na tempia la giovane donna che mi è accanto. Lascio cadere l’attrezzo e il «ragionevole silenzio». «Oddio, mi di-spiace! I am so, so, so sorry!» Ora che finalmente sputo fuori queste parole, che da giorni si accumulano in me, sono certa che siano opportune. La giovane donna si tocca la testa, corru-ga la fronte e poi ride. «È tutto OK», dice. «Mi è già capitato di peggio.»

Peggio? Davvero? Vorrei chiederle, ma non posso. Non mi è consentito. Sistemo la pala e torno alla sala di me-ditazione, con le mani giunte e la testa

abbassata. Nei giorni successivi ripen-serò continuamente alla giovane don-na. Ogni giorno piange. Spesso. A vol-te la sento tirare su col naso. Con la coda dell’occhio vedo che solleva il naso; durante la meditazione cammi-nata, furtivamente, tira fuori un fazzo-letto dalla manica e si asciuga il viso. È insolito piangere se non ci si commuo-ve. Le lacrime solleticano mentre scor-

rono sul viso e pizzicano mentre si asciugano. Ma anche questo passa, come tutto. Inspira, espira, uno. Inspi-ra, espira, due. Che motivo avrà di piangere? Sembra così giovane, così sana. È la sua prima volta lontana da casa? È scappata di casa? Inspira, espi-ra, uno... Inspira, espira... Mi chiedo cosa possa esserle capitato di grave. Gli americani sono così viziati. Inspira, espira, uno... Ah, e tu saresti l’esperta di cose gravi? Inspira, espira... Un mo-mento dopo sono invasa da un’im-mensa compassione. E poi passa anche quella.

A pranzo, affetto un pomodoro e all’improvviso mi viene da piangere. Ho mai visto qualcosa di più bello di questo pomodoro? Alzo lo sguardo, ma non c’è nessuno. Nessuno con cui potermi confidare. E comunque non

«Un istante è reale, se non viene condiviso? Un’esperienza è importante se non viene apprezzata da altre persone, se non ‹mi piace›?»

Sylvia Geel, pittrice, pratica yoga da almeno quattro anni. Con la tecnica illustrativa scelta è in grado di raffigurare bene il flusso interiore. Ha associato colori diversi ai flussi corporei e alle sensazioni. Le scritte e i disegni «goffi» sono fattori di disturbo che interrompono la meditazione riportando continuamente alla realtà. La metafora con il serpente mostra molto bene la presa di coscienza dei movimenti della mente. Le illustrazioni di Sylvia Geel si spingono oltre; ossia fino al punto della meditazione in cui la mente va alla deriva, cade come in un vortice, in uno stadio intermedio tra veglia e sonno, fluttuante, leggera. Il colore blu indica il misticismo e possiede un effetto di sostegno. I colori dell’illustrazione finale mostrano l’ultima eco, la conclusione e il ritorno alla quotidianità. I flussi e le emozioni, i movimenti e le fluttuazioni, le lotte interiori si allontanano lentamente dal corpo.

30 // Storia di copertina

SWISSLIFE Autunno 2014

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potrei farlo. Lo devo tenere per me. Un istante è reale, se non viene condiviso? Un’esperienza è importante se non vie-ne portata a conoscenza di altre perso-ne, se non è apprezzata, se non «mi piace»? Da tempo, condividere qualco-sa non significa più parlare di qualco-sa. Parlarne non basta. Dobbiamo do-cumentare tutto, rendere tutto di dominio pubblico.

Metto in bocca un pezzo di pomo-doro, è salato.

Quando l’ultimo giorno il silenzio viene rotto, tutti parlano tra loro. Le voci si sovrappongono. Chiacchieria-mo fino ad avere il capogiro. La giova-ne donna che per una settimana era seduta accanto a me e piangeva ogni giorno, a cui ho dato la pala sulla testa, mi racconta di essere stata in Marina. Tira su la manica e mi mostra il suo ta-tuaggio: un’ancora e sotto le parole «Death before Dishonor».

«Ti ho detto che mi era già capitato di peggio», sogghigna.

Parole.

non ha mai scritto un libro né attirato allievi celebri, non come il suo inse-gnante, Bernie Glassmann. Grazie alla sua collaborazione con Jeff Bridges, la meditazione Zen ha trovato il consen-so quantomeno dei miei figli. Se il «Drugo» la approva, non può essere del tutto sbagliata. In effetti, il film culto «Il grande Lebowsky» può essere consi-derato una raccolta di koan Zen, ma i

miei figli non sono interessati ad ap-profondire tanto la questione. Sto di nuovo divagando...)

Inspirare, espirare. Uno. Due. Tre.Due giorni dopo, lavorando in

giardino, mi volto goffamente, la pala in spalla gira con me e colpisce in pie-na tempia la giovane donna che mi è accanto. Lascio cadere l’attrezzo e il «ragionevole silenzio». «Oddio, mi di-spiace! I am so, so, so sorry!» Ora che finalmente sputo fuori queste parole, che da giorni si accumulano in me, sono certa che siano opportune. La giovane donna si tocca la testa, corru-ga la fronte e poi ride. «È tutto OK», dice. «Mi è già capitato di peggio.»

Peggio? Davvero? Vorrei chiederle, ma non posso. Non mi è consentito. Sistemo la pala e torno alla sala di me-ditazione, con le mani giunte e la testa

abbassata. Nei giorni successivi ripen-serò continuamente alla giovane don-na. Ogni giorno piange. Spesso. A vol-te la sento tirare su col naso. Con la coda dell’occhio vedo che solleva il naso; durante la meditazione cammi-nata, furtivamente, tira fuori un fazzo-letto dalla manica e si asciuga il viso. È insolito piangere se non ci si commuo-ve. Le lacrime solleticano mentre scor-

rono sul viso e pizzicano mentre si asciugano. Ma anche questo passa, come tutto. Inspira, espira, uno. Inspi-ra, espira, due. Che motivo avrà di piangere? Sembra così giovane, così sana. È la sua prima volta lontana da casa? È scappata di casa? Inspira, espi-ra, uno... Inspira, espira... Mi chiedo cosa possa esserle capitato di grave. Gli americani sono così viziati. Inspira, espira, uno... Ah, e tu saresti l’esperta di cose gravi? Inspira, espira... Un mo-mento dopo sono invasa da un’im-mensa compassione. E poi passa anche quella.

A pranzo, affetto un pomodoro e all’improvviso mi viene da piangere. Ho mai visto qualcosa di più bello di questo pomodoro? Alzo lo sguardo, ma non c’è nessuno. Nessuno con cui potermi confidare. E comunque non

«Un istante è reale, se non viene condiviso? Un’esperienza è importante se non viene apprezzata da altre persone, se non ‹mi piace›?»

Sylvia Geel, pittrice, pratica yoga da almeno quattro anni. Con la tecnica illustrativa scelta è in grado di raffigurare bene il flusso interiore. Ha associato colori diversi ai flussi corporei e alle sensazioni. Le scritte e i disegni «goffi» sono fattori di disturbo che interrompono la meditazione riportando continuamente alla realtà. La metafora con il serpente mostra molto bene la presa di coscienza dei movimenti della mente. Le illustrazioni di Sylvia Geel si spingono oltre; ossia fino al punto della meditazione in cui la mente va alla deriva, cade come in un vortice, in uno stadio intermedio tra veglia e sonno, fluttuante, leggera. Il colore blu indica il misticismo e possiede un effetto di sostegno. I colori dell’illustrazione finale mostrano l’ultima eco, la conclusione e il ritorno alla quotidianità. I flussi e le emozioni, i movimenti e le fluttuazioni, le lotte interiori si allontanano lentamente dal corpo.

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SWISSLIFE Autunno 2014

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Il rumore ci riempie le orecchieIl rumore è una componente fissa della quotidianità moderna. Può danneggiare l’orecchio. Anche quando all’apparenza non disturba, può distruggere le cellule sensoriali sensibili nell’orecchio interno. Che si lavori senza cuffie protettive o si ascolti musica con gli auricolari, spesso il livello acustico, e con esso il pericolo di danni permanenti all’udito, è elevato. Concedete un po’ di silenzio alle vostre orecchie.

Telefono 80

dB

Urla 70dB

Pioggia 50dB

Musica bassa 40dB

Bisbiglio

30dB

Oro

logi

o da

pol

so 2

0dB

Res

piro

10d

B

Macchina da cucire 60dB

Il rumore ci riempie le orecchieIl rumore è una componente fissa della quotidianità moderna. Può danneggiare l’orecchio. Anche quando all’apparenza non disturba, può distruggere le cellule sensoriali sensibili nell’orecchio interno. Che si lavori senza cuffie protettive o si ascolti musica con gli auricolari, spesso il livello acustico, e con esso il pericolo di danni permanenti all’udito, è elevato. Concedete un po’ di silenzio alle vostre orecchie.

Telefono 80

dBUrla 70dB

Pioggia 50dB

Musica bassa 40dB

Bisbiglio

30dB

Oro

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Respiro 1

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Macchina da cucire 60dB

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120dB Tuono

100dB Martello pneumatico

90dB So

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ore

di fo

glia

me

160dB Fucile

130dB Aereo a reazione

SWISSLIFE Autunno 2014

Mix di numeri // 33

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Il rumore ci riempie le orecchieIl rumore è una componente fissa della quotidianità moderna. Può danneggiare l’orecchio. Anche quando all’apparenza non disturba, può distruggere le cellule sensoriali sensibili nell’orecchio interno. Che si lavori senza cuffie protettive o si ascolti musica con gli auricolari, spesso il livello acustico, e con esso il pericolo di danni permanenti all’udito, è elevato. Concedete un po’ di silenzio alle vostre orecchie.

Telefono 80

dB

Urla 70dB

Pioggia 50dB

Musica bassa 40dB

Bisbiglio

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Oro

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Res

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Macchina da cucire 60dB

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120dB Tuono

100dB Martello pneumatico

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130dB Aereo a reazione

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Mix di numeri // 33

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120dB Tuono

100dB Martello pneumatico

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Soffi

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160dB Fucile

130dB Aereo a reazione

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Mix di numeri // 33

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«Technology is the answer, but what was the question?»

domandava Cedric Price oltre tre decenni fa.

Ordinate un

abbonamento

di prova: archithese.ch

Anche la Biennale di architettura di Venezia quest’anno è alla ricerca del giusto connubio tra tecnologie all’avanguardia e architettura. archithese riferisce della più importante esposizione di architettura al mondo. Immergetevi con archithese nel mondo dell’architettura e seguite il dibattito in corso leggendo approfonditi

saggi, interessanti interviste e ricerche storiche.

Cedric Price, prospettiva interna del Fun Palace, 1964, Canadian Centre for Architecture Montréal, © Pro Helvetia

Rivista e serie internazionale di architettura

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«Technology is the answer, but what was the question?»

domandava Cedric Price oltre tre decenni fa.

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Anche la Biennale di architettura di Venezia quest’anno è alla ricerca del giusto connubio tra tecnologie all’avanguardia e architettura. archithese riferisce della più importante esposizione di architettura al mondo. Immergetevi con archithese nel mondo dell’architettura e seguite il dibattito in corso leggendo approfonditi

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Cedric Price, prospettiva interna del Fun Palace, 1964, Canadian Centre for Architecture Montréal, © Pro Helvetia

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e

SWISSLIFE Autunno 2014

www.yoga.ch // www.lotosyoga.ch

Foto: Giorgio von Arb

Armonia fra corpo, spirito e anima – il controllo del respiro e la concentrazione della pratica yoga inducono la pace interiore. Anche in Svizzera sempre più persone sono affascinate dalle tecniche che portano al silenzio interiore. Giorgio von Arb fa il ritratto di alcune donne che di recente hanno concluso la propria formazione e il cui obiettivo è aiutare altre persone a raggiungere uno stato di calma – senza pensieri né sensazioni. ›››

Il futuro comincia qui.

Maestre di yoga // 35

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Cathleen epper, BenKen (Zh)«lo yoga apre le porte dell’anima.»

SWISSLIFE Autunno 2014

paSCale patrICIa hOFFMann-hOStettler, therWIl (Bl)«lo yoga ci insegna a percepire dentro di noi uno stato di calma profondo e una felicità senza limiti.»

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Cathleen epper, BenKen (Zh)«lo yoga apre le porte dell’anima.»

SWISSLIFE Autunno 2014

paSCale patrICIa hOFFMann-hOStettler, therWIl (Bl)«lo yoga ci insegna a percepire dentro di noi uno stato di calma profondo e una felicità senza limiti.»

Page 38: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

ClaudIa haurI, StrenGelBaCh (aG)«lo yoga mi permette di accompagnare altre persone nella scoperta della loro forza tranquilla.»

SWISSLIFE Autunno 2014

nOËlle hÄGler, adlISWIl (Zh)«per me lo yoga ha il medesimo significato dell’amore: tocca profondamente ed è un grande maestro.»

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ClaudIa haurI, StrenGelBaCh (aG)«lo yoga mi permette di accompagnare altre persone nella scoperta della loro forza tranquilla.»

SWISSLIFE Autunno 2014

nOËlle hÄGler, adlISWIl (Zh)«per me lo yoga ha il medesimo significato dell’amore: tocca profondamente ed è un grande maestro.»

Page 40: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

SuSanne rIeSer, ZurIGO (Zh)«lo yoga è al contempo cammino e obiettivo. I miei corsi creano uno spazio interiore per i partecipanti, che possono cercare dentro di sè e scoprire le proprie possibilità.»

SWISSLIFE Autunno 2014

GaBrIele MÜller-BaSelGIa, OBerMuMpF (aG)«lo yoga non è una tecnica che s’impara lì per lì. È un ampio processo di maturazione personale e un’opportunità individuale nell’epoca frenetica e di grandi cambiamenti in cui viviamo.»

Page 41: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

SuSanne rIeSer, ZurIGO (Zh)«lo yoga è al contempo cammino e obiettivo. I miei corsi creano uno spazio interiore per i partecipanti, che possono cercare dentro di sè e scoprire le proprie possibilità.»

SWISSLIFE Autunno 2014

GaBrIele MÜller-BaSelGIa, OBerMuMpF (aG)«lo yoga non è una tecnica che s’impara lì per lì. È un ampio processo di maturazione personale e un’opportunità individuale nell’epoca frenetica e di grandi cambiamenti in cui viviamo.»

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SneZana SulSer, WInterBerG (Zh)«lo yoga è un alleato della mia salute fisica, spirituale e mentale: significa avere tempo e spazio per ritemprarmi e ritrovare la pace interiore.»

Page 43: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Vendere ora? Aspettare? Vi aiutiamo noi a trovare il momento ideale.

La vostra casa è previdenza a portata di mano.

La previdenza può essere decisamente tangibile: la propria casa è previdenza a portata di mano. Da 150 anni Swiss Life fa affidamento agli immobili quale forma d’investimento sicura. Vi affianchiamo con la nostra consulenza professionale se state pensando di vendere casa. Che sia oggi o fra qualche anno. I nostri esperti esaminano il vostro immobile – e la vostra situazione previdenziale – fornendovi le basi per una decisione ben ponderata. Avvaletevi della nostra esperienza. Anche per l’acquisto, il finanziamento o la ristruttura zione di immobili. swisslife.ch

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Vacanza di meditazione

Testo: Urs Mannhart, foto: Tom Haller

Vita monastica in silenzio, quiete e raccoglimento? Una pia illusione. Tra movimento slow e meditazione, Frate Daniel ha soprattutto una cosa: un’agenda talmente piena da portarlo talvolta al limite delle proprie energie. Perché un monaco è pur sempre un uomo. ›››

A Swiss Life // 45

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Con una veste nera come la pece che gli arriva fino alle caviglie, attraversa lunghi corridoi a passi svelti, sotto il braccio un vecchio libro rilegato in pelle.

La luce dell’alba si posa sui corti capelli neri e sull’affasci-nante pelata.

Con occhi vivaci, una stretta di mano e parole cordiali Frate Daniel (53 anni) saluta gli ospiti che lo attendono. Per rapportarsi con i forestieri, non ha bisogno di riemergere alla superficie del presente da uno stato di profonda con-templazione. Al contrario, riesce a infondere negli ospiti la sensazione di stare al suo stesso livello.

Conduce queste persone, venute al convento di Fischin-gen per prendersi una pausa dallo stress lavorativo, all’ulti-mo piano dell’imponente edificio sacro, dove li prega di to-gliersi le scarpe. Nessuno riesce a tenere il suo ritmo: con un movimento fluido, Frate Daniel apre le chiusure a strappo dei suoi sandali Teva ed è già nella stanza accanto, mentre tutti gli altri, impacciati e assonnati, sono ancora indaffarati con i lacci delle scarpe. Questa stanza misura circa settanta metri quadrati e pare essere stata importata in Turgovia di-rettamente dal Giappone: la pavimentazione è realizzata con pannelli Tatami, le pareti sono in legno non trattato, davan-ti alle finestre si ergono telai di legno rivestiti con carta di riso filigranata color latte. Cuscini neri giacciono ordinati sul pavimento, davanti si trova un altare con una raffigura-zione di Cristo, un ritratto del maestro Zen cristiano Hugo Lassalle e una croce. Frate Daniel si siede su un cuscino a gambe incrociate. L’orologio alla sua destra segna le 07.00; è giunto il momento di iniziare.

A seconda dell’agilità, gli ospiti prendono posto su una sedia, una panca di legno minimalista o un cuscino.

«Dovete stare bene», dice il monaco, che già emana una serenità contagiosa, e attende che tutti si siano sistemati con il proprio corpo. «Ottimo», dice, e dopo una pausa aggiun-ge: «Ma sbagliato: vogliamo tutti sederci in modo da non osservarci e controllarci l’un l’altro.»

Lo dice senza rimprovero. Che lo scopo dell’incontro non sia fare quattro chiacchiere è chiaro: «Zazen con i bene-dettini», così si chiama uno dei numerosi corsi che Daniel offre nel convento di Fischingen; silenzio, vigilanza, medita-zione sono gli argomenti principali. Tutti quindi si voltano, finendo per guardare verso una parete o il legno chiaro; le possibilità di distrarsi sono minime.

Frate Daniel percuote tre volte la campana tibetana, un suo-no piacevolmente limpido e distinto si diffonde nella stanza.

Forse il silenzio sarà una via che conduce nei meandri della quiete?

Tutto d’un tratto Frate Daniel tira fuori il vecchio libro. Come apre la copertina appare un tablet. Pochi istanti

dopo ha davanti agli occhi un brano, soavemente illumina-to nella luce crepuscolare, che egli declama accuratamente. In poche parole parla di avidità, dell’aspirazione alle cose impure. Considerato l’uditorio, un testo scelto sicuramen-te non a caso.

Dopo non succede nulla per un tempo piuttosto lungo, sempre che non si consideri un evento lo scorrere del tempo.

Ma per quale motivo gli altri otto monaci che insieme a Frate Daniel formano la comunità di benedettini del con-vento di Fischingen non partecipano a queste meditazioni?

La risposta va ricercata nelle diverse personalità che si sono ritrovate in questo luogo. E nei compiti che i monaci si spartiscono.

Quando nel 2007 Daniel Prandini decise di intraprende-re la vita monastica, presto si pose la questione della sfera di competenze: l’attività pastorale, l’assistenza spirituale in paese, l’amministrazione, il laboratorio delle ceramiche, tutto era già stato assegnato.

Per questo Daniel propose di offrire corsi di zazen. La reazione dei benedettini non fu esattamente euforica. È leci-to che una forma di meditazione che affonda le proprie radi-ci in Giappone, tramandata da uomini dei più svariati orientamenti religiosi e non, venga offerta in un convento cattolico a ospiti di ogni sorta, comprese le donne e le perso-ne lontane dalla chiesa?

Frate Daniel non si stupì dell’esitazione dei confratelli. Anzi-ché tenere una conferenza sullo zazen, tirò fuori i cuscini, fece sedere i monaci davanti a una parete e li lasciò seduti immobili per un quarto d’ora. I benedettini, solitamente di indole tradizionalista, apprezzarono pienamente la quiete che si diffuse. Gli diedero quindi il via libera, senza immagi-nare minimamente il successo che avrebbe riscosso: oggi circa duemila persone si recano ogni anno a Fischingen per trascorrere un’ora o più con Frate Daniel e sedere attente nel silenzio introdotto dai rintocchi della campana tibetana. La

«Dovete stare bene», dice il monaco, che già emana una serenità contagiosa, e attende che tutti si siano sistemati con il proprio corpo.

Il convento di Fischingen attira molte persone desiderose di trovare la quiete. Ogni anno sono circa 2000 i partecipanti ai corsi di zazen.

Periodo di pausa dalla vita conventuale: Frate Daniel cerca la quiete nel bosco.

SWISSLIFE Autunno 2014

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Il convento di Fischingen attira molte persone desiderose di trovare la quiete. Ogni anno sono circa 2000 i partecipanti ai corsi di zazen.

Periodo di pausa dalla vita conventuale: Frate Daniel cerca la quiete nel bosco.

SWISSLIFE Autunno 2014

Page 48: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Nel 2007 Frate Daniel ha affrontato l’avventura di entrare in convento – un passo in un mondo completamente diverso.

Forse conoscerete presto Frate Daniel di persona.Con il concorso a pagina 56 potete vincere una settimana di vacanza nel convento di Fischingen. Partecipate con il tagliando che trovate in UPDATE o in via digitale www.swisslife.ch/rivista oppure con l’app SWISSLIFE.

SWISSLIFE Autunno 2014

giudizi. Scioglie così la seduta. Ora non resta tempo per i colloqui a quattr’occhi, che altrimenti sono sempre parte integrante dei suoi corsi, perché alle 07.45 deve trovarsi nella cappella di Santa Ida per impartire la benedizione ai pelle-grini in viaggio.

Alcuni minuti più tardi, in effetti, una pellegrina con zai-no e bastoni telescopici entra in chiesa, seguita da una giova-ne coppia con indosso indumenti impermeabili che viaggia in bicicletta. Frate Daniel invita i tre all’altare, recita preghie-re e intercessioni, applica il timbro del convento sul diario del pellegrinaggio e si informa sulle loro prossime tappe. La donna ha già un’idea di dove trascorrere la notte. I ciclisti invece osservano sorpresi la carta stradale che Frate Daniel allarga davanti a loro. Anche in questo caso mette a disposi-zione le sue esperienze: quando ancora lavorava nell’indu-stria elettronica, era un appassionato ciclista. Si esercitava nella meditazione in lunghi viaggi solitari, unici compagni la tenda e il sacco a pelo. E alla fi ne, in sella alla sua bici, ha affrontato il Cammino di Santiago. Indicando il punto in cui li attende una discesa mozzafi ato, strappa alla giovane coppia una risata. Lieti di aver ricevuto dal religioso non sol-tanto una benedizione, ma anche consigli pratici per il viag-gio, i due fotografano il dettaglio della cartina e salutano affettuosamente.

Nel frattempo l’orologio al polso del frate indica già le otto e un quarto; è tempo di correre in cella e togliersi la ve-ste nera, perché il prossimo autobus per Wil parte da Fi-schingen alle 08.28.

Un monaco che stacca dal lavoro già di prima mattina? Certo. Perché anche i monaci hanno bisogno di ferie. A Fi-schingen è consentito chiedere ogni anno fi no a quattro set-timane di riposo; una volta al mese, i monaci hanno diritto a una giornata libera. «Oltre a questi riposi, vado regolarmen-te in supervisione», dice Frate Daniel. «Da qualche parte devo pur poter metabolizzare il peso di tutte le sorti che mi vengono affi date.»

E cosa fa durante le ferie? «Preferibilmente, mi prendo una pausa dall’intensa atti-

vità del convento e mi ritiro in un eremo. Lì ho davvero il tempo di leggere, meditare, immergermi nei pensieri. Lì tro-vo la mia quiete.»

sua casella di posta è perennemente intasata e le chiamate senza risposta si moltiplicano. «Capita che io vada a letto malgrado ci siano ancora 30 e-mail a cui rispondere, ma pri-ma o poi l’energia si esaurisce, sono pur sempre un uomo. Purtroppo si crede spesso che vi sia una risposta pronta per tutto, sovente però ci si dimentica l’importanza del porsi do-mande. Gli argomenti che oggi sono importanti lo saranno anche domani.»

La pressione che gli deriva dal dover rispondere conti-nuamente alle e-mail, fare telefonate o aggiornare i quattro siti web da lui curati è lontana, ora che Frate Daniel guida

questa meditazione a occhi semichiusi. Di nuovo suona la campana tibetana, grossa quanto un’insalatiera, e quando il suono va morendo tira fuori il computer. Il brano parla di paradiso e inferno. Dopo alcune frasi lascia nuovamente campo al silenzio.

Frate Daniel non è il primo ad aver introdotto la pratica della meditazione zazen in un ambiente cristiano. Altri, come Hugo Lassalle, lo avevano già fatto sessanta anni pri-ma. Eppure di tanto in tanto viene criticato. «Capisco bene che proprio oggi, in un periodo in cui il mondo appare tanto confuso, la gente avverta il forte desiderio di attribuire a de-terminate cose, per esempio la Chiesa, un carattere immuta-bile. Ma la vita è confusa da sempre, il XXI secolo lo è in ogni caso, e i divieti di pensiero e la ristrettezza di spirito non mi sono mai piaciuti», dichiara.

Mentre di tanto in tanto si ode un sospiro provenire da alcuni uomini in carriera – non è chiaro se sia espressione dello stato di benessere della mente, pressoché libera da ogni pensiero, o piuttosto dei dolori lancinanti alle gambe – Da-niel si alza e percuote più volte un legno con un martello: la meditazione è conclusa. Ora pronuncia il secondo brano: per lui paradiso e inferno non sono luoghi geografi ci, bensì sinonimo di pensieri positivi e negativi. Non si tratta di pre-cetti bigotti, ma di un invito ad abbandonare alcuni pre-

«Capita che io vada a letto mal-grado ci siano ancora 30 e-mail a cui rispondere, ma prima o poi l’energia si esaurisce, sono pur sempre un uomo.»

A Swiss Life // 49

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Nel 2007 Frate Daniel ha affrontato l’avventura di entrare in convento – un passo in un mondo completamente diverso.

Forse conoscerete presto Frate Daniel di persona.Con il concorso a pagina 56 potete vincere una settimana di vacanza nel convento di Fischingen. Partecipate con il tagliando che trovate in UPDATE o in via digitale www.swisslife.ch/rivista oppure con l’app SWISSLIFE.

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giudizi. Scioglie così la seduta. Ora non resta tempo per i colloqui a quattr’occhi, che altrimenti sono sempre parte integrante dei suoi corsi, perché alle 07.45 deve trovarsi nella cappella di Santa Ida per impartire la benedizione ai pelle-grini in viaggio.

Alcuni minuti più tardi, in effetti, una pellegrina con zai-no e bastoni telescopici entra in chiesa, seguita da una giova-ne coppia con indosso indumenti impermeabili che viaggia in bicicletta. Frate Daniel invita i tre all’altare, recita preghie-re e intercessioni, applica il timbro del convento sul diario del pellegrinaggio e si informa sulle loro prossime tappe. La donna ha già un’idea di dove trascorrere la notte. I ciclisti invece osservano sorpresi la carta stradale che Frate Daniel allarga davanti a loro. Anche in questo caso mette a disposi-zione le sue esperienze: quando ancora lavorava nell’indu-stria elettronica, era un appassionato ciclista. Si esercitava nella meditazione in lunghi viaggi solitari, unici compagni la tenda e il sacco a pelo. E alla fi ne, in sella alla sua bici, ha affrontato il Cammino di Santiago. Indicando il punto in cui li attende una discesa mozzafi ato, strappa alla giovane coppia una risata. Lieti di aver ricevuto dal religioso non sol-tanto una benedizione, ma anche consigli pratici per il viag-gio, i due fotografano il dettaglio della cartina e salutano affettuosamente.

Nel frattempo l’orologio al polso del frate indica già le otto e un quarto; è tempo di correre in cella e togliersi la ve-ste nera, perché il prossimo autobus per Wil parte da Fi-schingen alle 08.28.

Un monaco che stacca dal lavoro già di prima mattina? Certo. Perché anche i monaci hanno bisogno di ferie. A Fi-schingen è consentito chiedere ogni anno fi no a quattro set-timane di riposo; una volta al mese, i monaci hanno diritto a una giornata libera. «Oltre a questi riposi, vado regolarmen-te in supervisione», dice Frate Daniel. «Da qualche parte devo pur poter metabolizzare il peso di tutte le sorti che mi vengono affi date.»

E cosa fa durante le ferie? «Preferibilmente, mi prendo una pausa dall’intensa atti-

vità del convento e mi ritiro in un eremo. Lì ho davvero il tempo di leggere, meditare, immergermi nei pensieri. Lì tro-vo la mia quiete.»

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Frate Daniel non è il primo ad aver introdotto la pratica della meditazione zazen in un ambiente cristiano. Altri, come Hugo Lassalle, lo avevano già fatto sessanta anni pri-ma. Eppure di tanto in tanto viene criticato. «Capisco bene che proprio oggi, in un periodo in cui il mondo appare tanto confuso, la gente avverta il forte desiderio di attribuire a de-terminate cose, per esempio la Chiesa, un carattere immuta-bile. Ma la vita è confusa da sempre, il XXI secolo lo è in ogni caso, e i divieti di pensiero e la ristrettezza di spirito non mi sono mai piaciuti», dichiara.

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L ’ i n v e r n o or i g i n a L eL ’ i n v e r n o or i g i n a L e

Panorama montani unici, magici paesaggi invernali, un’offerta perfetta: benvenuto nell’inverno svizzero, quello originale da 150 anni. MySwitzerland.com/inverno

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Per i «digital natives».App SWISSLIFE su Google Play e nell’App Store

oppure sul sito www.swisslife.ch/rivista.

SWISSLIFE Autunno 2014

Ingredienti per 4 persone: Crosta: 10 g di chicchi di caffè macinati, 15 g di cioccolato fondente (75 %) grattugiato, 20 g di tartufo nero tagliato fine, 80 g di pangrattato chiaro, 5 g di foglie di timo fresche tritate finemente. Lombata di capriolo: 600 g di lombata di capriolo disossata, sale e pepe nero macinato, 6 cucchiai di olio d’oliva, 15 g di burro a dadini, 1 dl di sugo di selvaggina.

Lombata di capriolo arrosto in crosta Mescolare bene tutti gli ingredienti per la crosta e metterli da parte. // Scaldare l’olio d’oliva in una padella a fuoco medio. // Rigirare la lombata di capriolo nella crosta in modo che l’intero pezzo sia ricoperto di crosta. // Quando la padella è ben calda, adagiarvi la lombata di capriolo e far rosolare fino a ottenere una consistenza croccante. // Aggiungere il burro a dadini. // Nel frattempo riscaldare e insaporire il sugo di selvaggina. // Quando la lombata di capriolo è pronta, toglierla dalla padella e lasciarla riposare prima di affettare. // Servire la pietanza con cavolo rosso, funghi porcini arrostiti e purè di pastinaca.

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Manuel Reichenbach Dopo aver trascorso gli anni di apprendistato in patria e all’estero, nel 2003 Manuel Reichenbach è tornato nella casa di famiglia, «Casa Tödi» a Trun (GR). Il ristorante vanta 14 punti Gault Millau; nel 2014 Reichenbach è stato premiato come «Rivelazione dell’anno» nella Svizzera tedesca. Casa Tödi, Via Principala 78, 7166 Trun, 081 943 11 21, www.casa-toedi.ch

Manuel Reichenbach sul legame con la propria terraIl luogo dove cucino è anche il luogo in cui sono cresciuto. Qui ho le mie radici, questo è il mio paese natale. Questo influisce anche sullo stile della mia cucina: non cerco l’opulenza, al contrario mi concentro sulla frugalità. Raffinare e innalzare di livello ciò che è semplice: questo è il mio criterio. Cuciniamo con prodotti locali, curia-mo questa cultura culinaria, ci preoc-cupiamo del legame con la nostra ter-ra e dello sviluppo, tenendo comunque sempre gli occhi aperti. Traggo le mie ispirazioni dai viaggi. Londra, dove ho anche trascorso alcu-ni anni di apprendistato, è una mera-vigliosa ispirazione: lì l’Occidente in-contra l’Oriente, il sud il nord, e così la nostra cucina si avvicina alle varie culture, aprendo le porte del nostro ristorante al mondo. Affinché gli ospi-ti che vengono da noi possano godere momenti lieti e indimenticabili.

Il maestro dei fornelli e il capriolo della SurselvaLa cucina della Surselva, termine romancio che significa «sopra il bosco», è fortemente influ enzata dalla natura: la vallata nella parte alta del Reno Anteriore è un paradiso per la selvaggina, come anche per i cuochi che ne fanno un uso ricercato.

I piaceri della tavola // 53

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Per i «digital natives».App SWISSLIFE su Google Play e nell’App Store

oppure sul sito www.swisslife.ch/rivista.

SWISSLIFE Autunno 2014

Ingredienti per 4 persone: Crosta: 10 g di chicchi di caffè macinati, 15 g di cioccolato fondente (75 %) grattugiato, 20 g di tartufo nero tagliato fine, 80 g di pangrattato chiaro, 5 g di foglie di timo fresche tritate finemente. Lombata di capriolo: 600 g di lombata di capriolo disossata, sale e pepe nero macinato, 6 cucchiai di olio d’oliva, 15 g di burro a dadini, 1 dl di sugo di selvaggina.

Lombata di capriolo arrosto in crosta Mescolare bene tutti gli ingredienti per la crosta e metterli da parte. // Scaldare l’olio d’oliva in una padella a fuoco medio. // Rigirare la lombata di capriolo nella crosta in modo che l’intero pezzo sia ricoperto di crosta. // Quando la padella è ben calda, adagiarvi la lombata di capriolo e far rosolare fino a ottenere una consistenza croccante. // Aggiungere il burro a dadini. // Nel frattempo riscaldare e insaporire il sugo di selvaggina. // Quando la lombata di capriolo è pronta, toglierla dalla padella e lasciarla riposare prima di affettare. // Servire la pietanza con cavolo rosso, funghi porcini arrostiti e purè di pastinaca.

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Manuel Reichenbach Dopo aver trascorso gli anni di apprendistato in patria e all’estero, nel 2003 Manuel Reichenbach è tornato nella casa di famiglia, «Casa Tödi» a Trun (GR). Il ristorante vanta 14 punti Gault Millau; nel 2014 Reichenbach è stato premiato come «Rivelazione dell’anno» nella Svizzera tedesca. Casa Tödi, Via Principala 78, 7166 Trun, 081 943 11 21, www.casa-toedi.ch

Manuel Reichenbach sul legame con la propria terraIl luogo dove cucino è anche il luogo in cui sono cresciuto. Qui ho le mie radici, questo è il mio paese natale. Questo influisce anche sullo stile della mia cucina: non cerco l’opulenza, al contrario mi concentro sulla frugalità. Raffinare e innalzare di livello ciò che è semplice: questo è il mio criterio. Cuciniamo con prodotti locali, curia-mo questa cultura culinaria, ci preoc-cupiamo del legame con la nostra ter-ra e dello sviluppo, tenendo comunque sempre gli occhi aperti. Traggo le mie ispirazioni dai viaggi. Londra, dove ho anche trascorso alcu-ni anni di apprendistato, è una mera-vigliosa ispirazione: lì l’Occidente in-contra l’Oriente, il sud il nord, e così la nostra cucina si avvicina alle varie culture, aprendo le porte del nostro ristorante al mondo. Affinché gli ospi-ti che vengono da noi possano godere momenti lieti e indimenticabili.

Il maestro dei fornelli e il capriolo della SurselvaLa cucina della Surselva, termine romancio che significa «sopra il bosco», è fortemente influ enzata dalla natura: la vallata nella parte alta del Reno Anteriore è un paradiso per la selvaggina, come anche per i cuochi che ne fanno un uso ricercato.

I piaceri della tavola // 53

Page 54: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Godersi la quiete della Toscana:La Massa 2010.

La Massa 2010Toscana IGT

75 cl CHF 23.40 anziché 26.–

Spedizione gratuitaOff erta valida � no a esaurimento scorte

La Massa di Giampaolo Motta, dominato dal Sangiovese, è un vino imponente e dal sentore di frutta fresca. Con la sua classe e indipendenza, riflette al meglio l’immagine di questo viticoltore che non ammette compromessi. Il suo colore e l’aroma accentuato di mirtillo conferiscono fin da subito un’eccellente bevibilità al La Massa 2010. Ordinatelo oggi stesso con il dieci per cento di sconto su www.martel.ch – anche in viaggio con il vostro cellulare o tablet.

Martel AG St.GallenPoststrasse 11, 9000 San Gallo, www.martel.ch

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Inserat_SLIF_Magazin_Ruhe_IT_Martel.indd 1 15.10.14 10:42

SWISSLIFE Autunno 2014

Chi, al giorno d’oggi, acquista ancora libri di Hubert Fichte, Efraim Kishon o Johannes Mario Simmel? Non molto tem-po fa, le loro opere erano bestseller. Il valore evanescente di presunte personalità letterarie si evidenzia anche sulle no-stre banconote. Solo sul biglietto da 200 franchi, che tra l’al-tro si vede in giro raramente, è immortalato uno scrittore (Charles Ferdinand Ramuz). Guardando la facoltà opposta, ovvero le discipline matematiche, provo una certa invidia. I grandi scienziati sono immortali. I loro assiomi, le leggi, le equazioni sono incontestabili e accompagnano gli studenti di semestre in semestre.

E così ho pensato bene di lasciare in eredità qualcosa di matematico. Tuttavia devo premettere che, ai tempi della scuola, amavo la matematica tanto quanto la pertica. Da dove posso iniziare, ho pensato. Quale argomento non è an-cora stato studiato a fondo? E così sono giunto al problema dei pensionati sui treni delle FFS. Chi non li conosce: la chiassosa comitiva di escursionisti di Opfikon con problemi di udito nell’ultimo scompartimento in fondo, diretta ad Andermatt. 20 donne e uomini arzilli chiacchierano a un vo-lume non esattamente gradevole.

Come, mi sono posto la domanda iniziale, come si può rilevare matematicamente il livello di questo rumore? Il mio obiettivo era redigere una formula elegante che consentisse di calcolare anticipatamente l’esatto volume. Dopo numero-se riflessioni, alla fine l’ho trovata: la «Formula di calcolo del volume sul treno dei pensionati», o più brevemente la «Fun-zione Frenkel». A proposito, potete ritagliare questa formu-la e conservarla nel portafoglio:

f(x) = 0,5(x²)10 + 30w + 30mB + 30S

La Funzione Frenkel: un problema frequente degli scrittori è la rapida caduta nell’oblio dopo la morte.

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Iniziamo da un semplice esempio: siete seduti sul treno e arriva la signora S. Meier, 68 anni, di Köniz. La signora Meier è diretta a Wettingen per incontrare le sue amiche al bar. Quanto rumore produrrà la signora Meier durante il viaggio? Secondo la formula solo 5 decibel. Meno del fru-scio di una foglia. Ma cosa accade se altri tre pensionati si uniscono a lei? E proprio in quel momento il minibar lì accanto (30mB) emette la sua monotona musichetta? In tal caso avremo 110 decibel. Solo una motosega è tanto rumo-rosa! Ma siete fortunati. Grazie alla Funzione Frenkel lo sapevate già in anticipo e avete intelligentemente cambiato scompartimento.

La Funzione Frenkel, lo abbiamo appena visto, serve a prevenire e probabilmente sarà presto messa a catalogo dalla cassa malati. Facciamo un terzo e ultimo esempio: una co-mitiva di dieci persone (30w) sale ad una stazione (30S). Fritz urla alla signora piuttosto anziana sull’altro binario «Heidi, siamo qui!!» e Annemarie ridacchia sonoramente per le barzellette vietate ai minori di Köbi.

Quanto rumore produce questa orchestra? 560 decibel! Come se foste comodamente coricati su una sedia a sdraio e da ogni lato si azionasse un motore a reazione.

Non è facile per me tenere i piedi per terra, lo ammetto. Ma ho scoperto una formula importante e la sto pubblican-do su «SWISSLIFE» anziché su «Science» o «Lancet». Pro-babilmente questa decisione rispecchia il mio carattere umile. Al contrario di Ramuz, non vorrei neppure essere immortalato sulla banconota da 200 franchi. Nel caso, pre-ferirei il biglietto da 20. E chiederei un favore ai grafici: solo il profilo destro, qualche capello in più e un naso romano. Grazie, posteri.

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Beni Frenkel // 55

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E così ho pensato bene di lasciare in eredità qualcosa di matematico. Tuttavia devo premettere che, ai tempi della scuola, amavo la matematica tanto quanto la pertica. Da dove posso iniziare, ho pensato. Quale argomento non è an-cora stato studiato a fondo? E così sono giunto al problema dei pensionati sui treni delle FFS. Chi non li conosce: la chiassosa comitiva di escursionisti di Opfikon con problemi di udito nell’ultimo scompartimento in fondo, diretta ad Andermatt. 20 donne e uomini arzilli chiacchierano a un vo-lume non esattamente gradevole.

Come, mi sono posto la domanda iniziale, come si può rilevare matematicamente il livello di questo rumore? Il mio obiettivo era redigere una formula elegante che consentisse di calcolare anticipatamente l’esatto volume. Dopo numero-se riflessioni, alla fine l’ho trovata: la «Formula di calcolo del volume sul treno dei pensionati», o più brevemente la «Fun-zione Frenkel». A proposito, potete ritagliare questa formu-la e conservarla nel portafoglio:

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La Funzione Frenkel, lo abbiamo appena visto, serve a prevenire e probabilmente sarà presto messa a catalogo dalla cassa malati. Facciamo un terzo e ultimo esempio: una co-mitiva di dieci persone (30w) sale ad una stazione (30S). Fritz urla alla signora piuttosto anziana sull’altro binario «Heidi, siamo qui!!» e Annemarie ridacchia sonoramente per le barzellette vietate ai minori di Köbi.

Quanto rumore produce questa orchestra? 560 decibel! Come se foste comodamente coricati su una sedia a sdraio e da ogni lato si azionasse un motore a reazione.

Non è facile per me tenere i piedi per terra, lo ammetto. Ma ho scoperto una formula importante e la sto pubblican-do su «SWISSLIFE» anziché su «Science» o «Lancet». Pro-babilmente questa decisione rispecchia il mio carattere umile. Al contrario di Ramuz, non vorrei neppure essere immortalato sulla banconota da 200 franchi. Nel caso, pre-ferirei il biglietto da 20. E chiederei un favore ai grafici: solo il profilo destro, qualche capello in più e un naso romano. Grazie, posteri.

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Page 56: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

Rifugiarsi nella quiete per staccare dalla quotidianità partecipando alla vita monastica, daimomenti di preghiera fi no ai pasti: la vincitrice e il vincitore alloggeranno negli ambienti riservati della comunità di monaci, assistiti da Frate Daniel (cfr. il ritratto a pagina 44). Il premio del concorso riservato ai vincitori è un soggiorno di una settimana nella quiete della Casa di formazione del convento di Fischingen. Naturalmente saranno invitati a parte-cipare alle preghiere corali e alle funzioni della comunità benedettina. Indovinate quale delle quattro iscrizioni riportate nella pagina a fi anco non compare sopra le porte del con -vento di Fischingen. In bocca al lupo!

Vincete sette giorni di silenzio e quiete nel

convento di Fischingen.

Il convento benedettino di Fischingen fu fondato nel 1138 dal vescovo di Costanza Ulrico II. L’unico convento abitato da monaci nel Canton Turgovia sorge sul corso superiore del fiume Murg.

Partecipate al concorso con l’app SWISSLIFE o su www.swisslife.ch/rivista. Oppure inviateci la cartolina-risposta in UPDATE con la vostra soluzione. Ultimo termine di partecipazione è il 7 dicembre 2014. I vincitori saranno resi noti nel prossimo numero di SWISSLIFE. Congratulazioni a Markus Widmer di Wichtrach, per aver vinto l’ultimo concorso SWISSLIFE.

SWISSLIFE Autunno 2014

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Rifugiarsi nella quiete per staccare dalla quotidianità partecipando alla vita monastica, daimomenti di preghiera fi no ai pasti: la vincitrice e il vincitore alloggeranno negli ambienti riservati della comunità di monaci, assistiti da Frate Daniel (cfr. il ritratto a pagina 44). Il premio del concorso riservato ai vincitori è un soggiorno di una settimana nella quiete della Casa di formazione del convento di Fischingen. Naturalmente saranno invitati a parte-cipare alle preghiere corali e alle funzioni della comunità benedettina. Indovinate quale delle quattro iscrizioni riportate nella pagina a fi anco non compare sopra le porte del con -vento di Fischingen. In bocca al lupo!

Vincete sette giorni di silenzio e quiete nel

convento di Fischingen.

Il convento benedettino di Fischingen fu fondato nel 1138 dal vescovo di Costanza Ulrico II. L’unico convento abitato da monaci nel Canton Turgovia sorge sul corso superiore del fiume Murg.

Partecipate al concorso con l’app SWISSLIFE o su www.swisslife.ch/rivista. Oppure inviateci la cartolina-risposta in UPDATE con la vostra soluzione. Ultimo termine di partecipazione è il 7 dicembre 2014. I vincitori saranno resi noti nel prossimo numero di SWISSLIFE. Congratulazioni a Markus Widmer di Wichtrach, per aver vinto l’ultimo concorso SWISSLIFE.

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Page 58: Swisslife Autunno 2014 // Silenzio!

«Per un musicista, per un compositore il silenzio è ciò che per un pittore sono il foglio bianco o la tela bianca. È la base di ciò che facciamo. Senza silenzio non potremmo fare nul-la, è uno stato necessario; questo stato zero è il presupposto fondamentale per poter dare inizio alla musica. Bisogna di-staccarsi da tutto il resto, bisogna crearsi lo spazio per l’ese-cuzione.

La prima nota che penetra un simile silenzio è incredibil-mente esposta. Poi bisogna scavare, alla ricerca di ciò che que-sto spazio interiore ha da offrire, e portarlo all’esterno: solo allora diventa musica. Io suono finché rimane qualcosa, fin-ché si crea un particolare momento. Il più delle volte, è qual-cosa che ci meraviglia abbia a che fare con noi stessi – o al contrario, ci stupisce esserne autori soltanto in parte. Viene sì da noi, ma dietro vi è ancora di più.

A tal proposito, la filosofia quantistica offre approcci assai interessanti, come per esempio il campo morfico – secondo cui dietro una propria ispirazione esiste un enorme campo universale che perfeziona l’idea individuale. Sono fermamen-te convinto che ci sia del vero. Attualmente si sta tentando di spiegare come avvenga il contatto con l’universo della cono-scenza, il campo di tutte le possibilità.

Io mi immagino una membrana di vari spessori che ci se-para da questo campo morfico. Noi persone creative dobbia-mo trovare, in questa membrana, un punto talmente sottile da vederci trasparire qualcosa – poi si tratta di ‹raccogliere› questo qualcosa, introdurlo nella nostra attività.

Cerchiamo quindi di dare forma a un’idea, siamo per così dire modellatori e, in linea di principio, non semplici autori.

Tutto ha inizio da me, da Andreas Vollenweider, senza di me non funziona, lo so benissimo – e ora tutto sembra, mi si ac-cusa sempre di essere un esoterista, ora tutto sembra forse un po’ insolito, ma non lo è affatto. Credo semplicemente che tutto consti di questi due poli e non ho il timore di formular-lo in tal senso.

Per creare la mia musica, necessito quindi di silenzio asso-luto. Se si è immersi in una frenesia estrema, è molto difficile riconoscere queste sottigliezze – e, a essere sinceri con se stes-si, si rappresenta semplicemente ciò che è già stato creato, solo in maniera un po’ diversa. Per questo la musica di oggi è uguale in tutto il mondo: nulla di nuovo esce più da questo serbatoio, in linea di massima è più facile riformulare ciò che già esiste piuttosto che andare alla scoperta innovativa di nuovi elementi – perché per questo ci vuole silenzio, è indi-spensabile, senza non si può.»

Andreas Vollenweider è il musicista svizzero di maggior successo, nonché unico elvetico finora ad aver ricevuto un Grammy, il premio più presti-gioso del settore della musica. Arpista, 61 anni, ha suonato in tutti i continenti e venduto oltre 15 milioni di dischi. Che si esibisca da solo, in trio o accompagnato da una dozzina di musicisti, ai suoi concerti regna sempre un’atmosfera particolare, influenzata dall’arpa elettro-acustica da lui stesso ideata e continuamente perfezionata. www.vollenweider.com

«Necessito dello stato zero del silenzio.»

L’arpista Andreas Vollenweider sulla sua musica

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