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il giornale del Trotter Periodico d’informazione del Parco Trotter - anno 2 numero 2 maggio 2011 I confini esistono per dare dei li- miti. Ma anche per essere supe- rati. Le regole vanno rispettate ma, se non esistesse la possibi- lità di infrangerle, non avrebbe- ro senso. Ci sono quindi un “di qua”, e “un di là”. Due zone distinte, comple- mentari, una necessaria all’altra. Esiste però anche una terza zona, molto meno facile da decifrare e descrivere. Una zona d’ombra pericolosa e affa- scinante. Una zona dove i confini sono sfumati, le regole a volte sovvertite. Questo numero di T è dedicato alla pirateria. Al pirata che c’è in noi. Il pi- rata buono. Pirati I RAPPER DELLO “ZIO” I Club Dogo e la loro musica a bordo piscina Pag. 2-3 DENTRO segue a pag. 8 Pag. 6-7 UNIAMOCI E ZAPPIAMO Guerrilla gardening in Via Padova

T Il Giornale del Trotter n°2

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T è un giornale che nasce all’ombra del Parco Trotter di Milano, per iniziativa del Comitato Genitori della Scuola del Sole (materne, elementari e medie), edito dall’associazione La Città del Sole - Amici del Parco Trotter. È un giornale semestrale fatto dai ragazzi della scuola e del quartiere. Nasce con il primo proposito di dare voce agli adolescenti e preadolescenti, ai ragazzi che sono usciti dalla tutela e dal controllo della scuola primaria, a chi sta passando il guado dall’infanzia (e dal relativa protezione della famiglia) all’età adulta. È uno strumento culturale, un mezzo per ricordare che fare i giornalisti non significa solo essere noti, apparire, essere riconosciuti. Fare giornalisti è un bellissimo mestiere ed è anche una responsabilità. Informare è una “bella” responsabilità......

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il giornale del Trotter Periodico d’informazione del Parco Trotter - anno 2 numero 2 maggio 2011

I confini esistono per dare dei li-miti. Ma anche per essere supe-rati. Le regole vanno rispettate ma, se non esistesse la possibi-lità di infrangerle, non avrebbe-

ro senso. Ci sono quindi un “di qua”, e “un di là”. Due zone distinte, comple-mentari, una necessaria all’altra. Esiste però anche una terza zona, molto meno facile da decifrare e descrivere. Una zona d’ombra pericolosa e affa-scinante. Una zona dove i confini sono sfumati, le regole a volte sovvertite.Questo numero di T è dedicato alla pirateria. Al pirata che c’è in noi. Il pi-rata buono.

Pirati

I rapper dello “zIo”I Club dogo e la loro musica a bordo piscina

Pag. 2-3

denTrosegue a pag. 8

Pag. 6-7UnIamoCI e zappIamo

Guerrilla gardening in Via padova

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ClubDogo

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puntuali come solo i professionisti sanno esserlo, alle 14.30 di una meravigliosa giornata di sole i Club Dogo si materializzano al Trotter. Jake La

Furia e Guè Pequeno (Don Joe, l’uomo delle basi non è potuto venire perché sta registrando) scendono da un pullmino Mercedes accompagnati da Emi Lo Zio, un amico che ha vissuto a due passi dal Parco e che ora “tiene” l’agenda del gruppo in tour perenne. Alcuni ragazzi sono rimasti sorpresi: “Non credevo che sareste venuti. Se siete qui allora vuol dire che questo è un posto importante” dice uno, mentre in gruppo ci diri-giamo verso la piscina, il posto più hip hop di tutto il Trotter. E superata la timidezza iniziale, parte il fuoco di fila delle domande.

Come si è formato il gruppo? eravate già amici? Sì, eravamo amici e all’inizio facevamo musica rap un po’ per gioco. Circa dieci anni fa abbiamo formato un gruppo che si chiamava le “Sacre Scuole” ed era formato da me, da Guè e da un altro e che poi si è poi sciolto per motivi che non c’entrano niente con la musica. Io e Guè ci siamo detti quasi scherzando “chiamiamoci Club Dogo e facciamo un altro disco”. Il nostro primo disco Mi Fist andò molto bene e quindi da che era un gioco, piano piano, con molta fatica, è diventato un lavoro. Il nome da dove arriva?Club perché siamo un gruppo di amici e attorno al gruppo ruotano altre persone che sono diventate la DogoGang con tanto di presidente, insomma... Club per quello. Dogo invece perché è un cane argentino

tipo pitbull ma un po’ più grosso e tutto bian-co. Ci piaceva il fatto che fosse un cane molto forte, così come la nostra musica è molto forte. E quindi ci siamo chiamati Club Dogo. Un po’ una scusa per dire che ci piaceva il nome... Vi siete mai pentiti di qualcosa che avete mes-so nelle canzoni? Qualche frase...No, nel senso che noi cerchiamo di parlare sempre di attualità, di cose che succedono, oppure di raccontare delle storie prendendo spunto da quello che ci è successo o che è suc-cesso a gente che è vicino a noi. A volte parlia-mo anche di cazzate e quindi non c’è niente di cui pentirsi perché noi non cerchiamo di dire a qualcuno cosa dovrebbe fare. Noi par-

liamo della nos-tra esperienza, di quello che abbiamo visto e di quello che ab-biamo fatto. Dif-ficile poi pentirsi di una cosa che

stai raccontando e che ormai è successa. C’è qualche artista che vi piace e da cui pren-dete spunto per i vostri pezzi? Noi ci ispiriamo al rap americano perché l’abbiamo ascoltato tantissimo, lo ascoltiamo ancora tanto ed è inevitabile che questo un po’ influenzi la nostra musica. Però è dif-ficile ispirarsi al rap americano perché la lingua è molto diversa. E’ una questione di metriche, di rime d’incastri di parole... la ca-denza è molto diversa e non si possono fare

“Io e Guè siamo come marito e moglie, litighiamo sempre. Poi, gridando, risolviamo”

Boicottati dalle radio, sono arrivati ai primi posti in classifica grazie al passaparola in rete

Ora vivono di hip hop e sono in tour perenne. C’è voluta tanta passione e un po’di fortuna

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le stesse cose che si fanno di là. Bisogna italianizzare il concetto di rap. Quindi noi ci ispiriamo nel senso che ascoltiamo tanta musica, però abbiamo cercato di dare un’impronta Club Dogo alla musica rap. Quando fate una nuova canzone la fate tutti e tre insie-me o quando a uno viene qualcosa lo dice agli altri? Dipende, il più delle volte succede che uno ha un’idea, spesso Guè perché è lui il cervellone del gruppo, per cui gli viene in mente ad esempio che vuole parlare di questo albero, di quante foglie ha. Si discute, se l’argomento sta bene a tutti Don Joe fa la base e ce la manda. Quando abbiamo la base iniziamo a scrivere ognuno la sua strofa. Altre volte invece ci viene un’idea e si lavora tutti insieme. Abbiamo fatto un programma alla televisione; lì bisognava scrivere i pezzi in mezz’ora ed eravamo tutti e tre in studio. La musica dance è facile da comporre, invece fare il rap è un’altra cosa perché oltre alla musica devi mettere un sacco di pa-role. E’ la musica più scritta che esista il rap, ci sono un sacco di parole. Altro che “stunf stunf stunf”: scrivere le rime è uno sbattimento. Come andavi in italiano? In italiano andavo benissimo fino alle medie, poi mi sono fermato. Ma tu non devi fare solo la terza media, perché io ho avuto culo ma tu magari no e se smetti di studiare poi ti tocca fare un sacco di sbattimenti, lavori faticosi...Qual è il percorso per diventare cantante?Ci vuole passione, ti deve piacere quello che fai. Questo vale per il rapper, ma anche per l’operaio, per il panettiere. Se tu fai il panettiere e non ti piace fare il pane, fai il pane che fa schifo. Se invece hai la pas-sione di fare le pagnotte, farai le pagnotte più buone del Parco Trotter e verranno tutti da te a comprarle. Quindi ti deve piacere quello che fai. Poi devi metterci della costanza, nel senso che ti devi sbattere, fare tante cose e, anche se delle volte le cose non ti vanno come vorresti, devi continuare a insistere. E poi devi avere un po’ di culo. Quello ci vuole sempre.

Noi siamo stati poco fortunati devo dire la verità

però abbiamo saputo sfruttare bene quella poca for-tuna che ci è arrivata addosso. Vi è mai capitato di litigare tra di voi? Sempre. Io e Guè siamo come marito e moglie, litighia-mo sempre. Dovendo mettere d’accordo tre persone su ogni decisione è ovvio che ci si scontra, però noi siamo amici, lavoriamo insieme da tanto tempo e an-che se litighi, poi pensi al bene del gruppo. Quindi magari su delle cose io non sono d’accordo o lui non è d’accordo, ma poi discutendo, ovvero gridando, riu-sciamo sempre a trovare una soluzione. Vivete ancora in quartiere? Al Corvetto giusto?No, noi veniamo tutti da parti diverse. Il fatto che i Club Dogo siano legati al quartiere è sempre stato un misunderstanding perché nessuno di noi è dello stesso quartiere: siamo legati alla città, parliamo della città in generale. Nell’ambito nostro, Marracash è il rap-per più legato al quartiere perché lui è della Barona, è sempre stato là, sta ancora là. Noi invece siamo un

fenomeno della città che poi fortunatamente è diven-tato il feno-meno delle città perché la problematica di Milano è più o meno la problematica di Roma , I vostri genitori cosa ne pensano del successo che avete fatto con la musica?Sono molto contenti. Devo dire che per quanto mi riguarda io sono sempre stato appoggiato in questa cosa, non sono mai stato ostacolato. Però io ho sempre lavorato e prima di mollare il lavoro per fare il can-tante e basta ho avuto la certezza che quella potesse essere la mia strada: quando abbiamo firmato con una grossa etichetta allora ho mollato tutto. Non è che c’è stato un disastro familiare per cui uno dice “adesso mio figlio cosa farà?” Di dispiaceri comunque ne ab-biamo regalati... dai 14 in su è stata tutta una lunga sequela di dispiaceri. Gruppi che vivete come rivali? Per l’hip hop italiano è un momento florido e i pro-fessionisti, che sono poi 4-5 tra cui noi, non si vivono come rivali, ma come compagni essendo la situazione discografica italiana disastrata nel senso che abbiamo un mercato dominato da artisti vecchi e radio mafiose che passano solo lo stesso genere. In questa situazione avere una compe-tizione negativa tra artisti hip hop non è molto intel-ligente. All’estero c’è un business diverso e quando ci sono dei dischi in uscita gli artisti iniziano a sfottersi l’uno con l’altro in modo che poi le vendite hanno delle impen-

nate. In Italia non funziona per-ché non c’è una scena hip hop così vasta. All’inizio c’era sempre questa cosa che i discografici cercavano di metterci per forza contro Fabri Fibra, quando in re-altà non abbiamo niente contro di lui e anzi, abbiamo lavorato a delle cose insieme che presto usciranno. (Guè Pequeno) I nostri antagonisti più che altro sono quelli che fanno musica leggera, gente di cultura, di spettacolo. Gente della politica. Il nemico è quello. Come avete fatto a dribblare l’ostracismo delle radio? Più che aver cercato di farlo, c’è capitato. Noi non ab-biamo iniziato a suonare con il pensiero di dover per forza diventare famosi. Il nostro primo disco ha avuto un grosso successo, di conseguenza ne abbiamo fatto un secondo cercando di migliorarci e anche questo è andato molto bene. Quando non ti passano le radio e produci con un’etichetta indipendente, il successo lo misuri dai concerti. Noi abbiamo iniziato a fare con-certi con migliaia di persone senza avere un disco in classifica, senza avere un disco nei negozi. Un giorno questi hanno alzato il telefono e ci hanno detto “si-gnori Club Dogo, venite qua”. Quello è successo. Che sensazione avete provato quando avete fatto il

primo concerto?Il primo concerto è stato una roba fetente, c’erano sei persone. Però la prima volta che siamo usciti sul palco e ci siamo accorti che eravamo diventati una cosa gros-sa fu al Rolling Stones anni fa, forse nel 2005: c’erano circa 2mila persone. Io sono rimasto senza fiato La volta prima ce n’erano 100, te ne trovi 2mila e dici “ok, prendiamoci seriamente ché magari riusciamo a fare qualcosa di bello”. Donne tante? Hai avuto ragazze metallare?Donne? Sì vabbeh non ci possiamo lamentare, anche se alcuni di noi hanno appeso il cappello al chiodo per provare a fare una vita più normale. L’affluenza non è male comunque. Una donna metallara no, non ce l’ho mai avuta, però non escludo: non sono razzista. Se vi proiettate 10 anni più in là come vi immaginate?(Guè) Io immagino di fare un film lavorando alla co-lonna sonora e alla sceneggiatura e nel frattempo di avere magari vinto un disco d’oro, (Jake) Io immagino di restare comunque nell’ambito della musica perché il rap non è che lo puoi fare fino a 60 anni a un certo punto devi capire come cercare di capitalizzare tutto quello che hai fatto e spostarlo da

un altro lato del business. Però è già un buon successo, siamo migliorati: fino a qualche anno fa se mi dicevi come mi sarei visto nel futuro beh... Siete sempre in giro, state iniziando la promozione di un nuovo disco?No in realtà stiamo finendo quella del vecchio che comunque va benissimo: è sold out in tutta Italia. Fra poco inizieremo a produrre il nuovo album e nel frat-tempo lui e Don Joe hanno realizzato dei dischi come solisti che usciranno presto.La città più bella che avete visitato?Milano (risate). No New York. E’ banale ma è così.Milano è peggiorata in questi anni?Sì, eccome. E’ la città dove siamo cresciuti e quindi ci siamo legati, però per quanto riguarda gente del-la no-stra età e anche più giovane è un posto dove si pensa solamente agli over 50. Se c’è un luogo dove si aggregano più di 15 giovani il giorno dopo si tenta di chiuderlo, i locali o sono stati tutti assorbiti dai super-mercati o stanno tutti chiudendo perché gli rendono la vita impossibile con le licenze, locali per concerti non ne esistono quasi più... sta diventando davvero una schifezza.

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Boicottati dalle radio, sono arrivati ai primi posti in classifica grazie al passaparola in rete

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T-LIVE4 il giornale del Trotter

romeo+Juliet@TrotterUn progetto teatrale che rivisita Shakespeare al tempo di Facebook. E che serve a fare “gruppo”

Questa è una cosa po’ diversa... arrivano ragaz- zi anche da altre scuole, sono andati a Roma a vedere uno spettacolo e a conoscere attori

come Scamarcio, che era il protagonista”. “Scamarcio?”. “Sì, proprio lui, vi piace?”. “ Insomma” . Non è che l’entusiasmo fosse alle stelle quando ab-biamo proposto questo servizio ai ragazzi della 1B che - saltando praticamente il pranzo - si sono presentati al teatrino un venerdì pomeriggio per assistere alle prove di “Romeo e Giulietta” e intervistare attori e attrici ap-pena più grandi di loro. Difficile soprattutto trovare un nesso tra “Romeo e Giulietta” e i pirati. E’ bastata la prima scena, però, per capire che nel testo “made in Trotterland” l’amore e il sangue (virtuale) corrono al ritmo delle chat e dei social network e che i pirati c’entrano eccome in questa Verona rinascimen-tale che altro non è che un un gioco di ruolo. Mon-tecchi e Capuleti si odiano perché controllano due piattaforme concorrenti, Romeo e i suoi amici violano network protetti per il gusto della spacconata, per an-darsi a divertire a casa dei loro nemici, mentre il furbo Paride – anche lui in affari - combina un matrimonio d’interesse con Giulietta per entrare in possesso del co-dice Capuleti. Una trama un po’ spiazzante e i ragazzi ne chiedono subito conto al regista-autore Amedeo Romeo: “Quan-do abbiamo iniziato a formare il gruppo teatrale li sen-tivo sempre parlare di Facebook. E anche adesso. Così ho pensato di ambientare la storia in rete riadattando il testo a una realtà più vicina al loro vissuto di quanto non sia la Verona shakespiriana”. Operazione riuscita a giudicare dalla passione e dall’impegno che i ragaz- zi (quasi tutti delle terze e qualcuno delle seconde) ci mettono nelle prove. Anche loro hanno mangiato giu-sto un panino dopo un’impegnativa mattinata a scuo-la, ma si vede che recitare li diverte: “Per imparare la parte devi muovere il corpo, riprodurre gesti e studiare molto bene il testo - dice Giulietta, una delle tante -, ma recitare mi piace soprattutto perché mi permette di entrare in altre vite, di vestire i panni di qualcun altro”. Sì, avete capito bene: la protagonista non è rappresen-tata sempre dalla stessa attrice “altrimenti le altre non farebbero quasi nulla” e - a proposito di panni - nessu-no sa nulla dei costumi di scena: “Non ho ancora detto niente per farli concentrare sul testo, sulla loro parte”, chiosa il regista. Il debutto però è ormai vicino: venerdì

27 maggio alle ore 18 presso il padiglione Tommaseo. Anche i ragazzi della 1B stanno preparando uno spet-tacolo teatrale e sono molto curiosi: “Come fate a impa-rare a memoria 42 pagine (è la lunghezza del copione,

ndr)?” “Muovendo-ci, agendo: se capisci fino in fon-do la tua battuta è

più facile impararla e poi ripeterla”, “Aveto scelto voi la vostra parte?” “No” “Io sì, Benvoglio l’ho scelto io per-ché mi piaceva il personaggio”. “Avevate già fatto teatro prima?” “Qual-cuno sì, ma la maggior parte no”. “E Scama-rcio?” “Veder-lo in mutande è valso la tras-ferta a Roma”. Già, il fine settimana romano, a vedere “Romeo e Giulietta” al Teatro Eliseo e poi a divertirsi e a fare casino fino a notte fonda. “E’ servito molto e ha rafforzato lo spirito di gruppo - sottolinea Amedeo Romeo - Questo laboratorio teatrale è partito da zero lo scorso ottobre. E’ il primo anno che lo facciamo”.

Era assolutamente necessario quindi creare un gruppo coeso, capace di accogliere non solo chi bene o male già si conosce perché frequenta la stessa scuola e il par-co, ma soprattutto ragazzi che arrivano da altre scuole e realtà del quartiere. Il laboratorio teatrale si chiama “La strada dei racconti” ed è realizzato da Parole in Gioco in collaborazione con la Casa di tutti i Colori - Coopera-tiva Farsi Prossimo. L’idea è quella di offrire attraverso il teatro un percorso di crescita ai ragazzi nella fascia di età per-adolescienziale, quella per la quale a Milano (e in zona 2 in particolare) c’è davvero poco. La trasferta romana non è servita solo a fare gruppo, ma a vedere uno spettacolo vero con attori veri, a comprendere come la recitazione richieda grande

disciplina e come il teatro possa anche diventare emblema di tra-sgressione e di protesta: il Ro-meo e Giulietta di Valerio Binasco an-

dato in scena a Roma, infatti, nasce dall’esigenza di lottare contro i tagli alla cultura imposti dal gover-no. Gli stessi attori (per Scamarcio era la prima volta a teatro) hanno fatto un grosso sacrificio economico rinunciando agli abituali chachet pur di esserci e di lavorare con Binasco.

“ ROMEO: Senti, amico, io non voglio rischiare. Le regole le conosci anche tu. Violare una piattaforma protetta è reato...

BENVOLIO: E chi se ne frega? È reato, ma non dovrebbe esserlo... Sei diventato come tutti gli altri.

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l’orchestra che strillaMusica, danza e giocoleria. Un gruppo, una

banda affiatata di ragazzini tra i 9 e i 14 anni che si esibiscono per strada, stupendo il

pubblico. E’ questo l’obiettivo dell’Orchestrilla, il progetto promosso dall’Associazione Amici del Parco Trotter in collaborazione con la scuola Casa del Sole che si rivolge non solo agli alunni del Trot-ter, ma a tutti i ragazzi del quartiere. Un progetto di coesione sociale per l’età della pre-adolescenza come il laboratorio teatrale “La Strada dei rac-conti” (vedi articolo sopra) e, non a caso, i due progetti debutteranno insieme venerdì 27 mag-gio a partire dalle 17. A dirigere l’Orchestrilla tre maestri che abitano in quartiere: Massimo Latro-nico, direttore dell’Orchestra di Via Padova che si occupa dell’istruzione musicale, l’attore Claudio Cremonesi che insegna giocoleria e arti circensi e la danzatrice cubana Mavis Castellanos. A parte l’esibizione, chi fosse interessato potrà incontrare i referenti e gli artisti martedì 7 giugno in occa-sione della Festa di fine anno e della presenta-zione del progetto al pubblico. Le iscrizioni dei ragazzi riapriranno poi a settembre.

Alcuni dei protagonisti della pièce teatrale romeo e Giulietta. Dall’alto a sinistra: Jessica, Gemma, Laura, Jacopo, Isabel, Clarissa, Alfie. Sotto: Magdelin, Camilla, Zheng, Rosa, Aya, Nicole.

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L’INIzIaTIVa 5

romeo+Juliet@Trotter Festa di via padovaUna babele di colori, di suoni, di iniziative. Si pre-annuncia così la seconda edizione della Festa di Via Padova, una due giorni in cui le oltre 50 associazio-ni e realtà che lavorano con continuità sul territorio mostrano alla città la ricchezza artistica e culturale che il quartiere più multietnico di Milano esprime e come, pur tra difficoltà di vario genere, si possa far avanzare un modello di città diverso, che punti all’inclusione sociale e alla pacifica convivenza tra cittadini italiani e non italiani. Il programma completo delle iniziative in calendario il 21 e 22 maggio potete trovarlo su www.meglioviapadova.org. Qui, in sintesi, riportiamo ciò che l’Associazione Amici del Parco Trotter con il pa-trocinio della scuola Isc Casa del Sole ha organizzato nell’ambito del Parco.

e’ il giorno dedicato al verde, con giochi e laboratori di orticoltu-ra per grandi e piccini a cura dei Giardini del Sole, il community garden del Parco Trot-ter, e della rete Libere rape Metropolitane, con le visite guidate del Parco e tante altre iniziative. Ma domeni-ca è anche il giorno di T e della cultura, con la premiazione del concorso letterario e creativo Mr nilsson promosso dal nostro giornale a novembre (vedi articolo a pag. 9): si inizia alle 16.30 con lo spettacolo del cantastorie e musi-cista Pino Masi e si finisce intorno alle

18 con la scrittrice Carmen Covito che leggerà uno dei rac-conti premiati e con l’asta dei libri che la scrittrice ha donato a LibroTrotter per finanziare l’acquisto di nuovi titoli per la biblioteca dei bambini. Intorno alle 17.30, inoltre, arriverà “Milano Migranda” (vedi articolo a fian-co) per concludere il primo tour di Via Padova con la visita guidata del parco Trot-ter. e ad accoglierli ci sarà il gruppo “Musica Spiccia” che intorno a quell’ora terrà il suo incredibile concerto all’aperto.

Una Festa nel segno del teatro, non solo per il grande spettacolo itinerante che si terrà al Trotter sabato sera (vedi articolo di lato) e per le altre mille performance

che si svolgeranno durante la due giorni di Via Padova, ma anche per la decisione di chiudere la Festa con Antonio Rezza, un attore e autore di fama nazionale che si esibirà domenica sera all’Anfiteatro della Martesana con Pitecus, uno dei suoi più famosi lavori teatrali. L’opportunità di portare Rezza alla Festa di Via Padova si deve alla Fondazione Bertini che si oc-cupa di disagio mentale e che proprio in concomitanza con la Festa organizza Fuori Dove 2011 (sabato 21 maggio, ex oratorio di Via Caroli a partire dalle 12), una manifestazione in cui quest’anno le esperienze più innovative nel campo dell’housing e della cura psichiatrica dialogheranno con le forme di convivialità e di accoglienza sperimentate in questi anni di diversi luoghi sia reali sia virtuali, dentro e fuori la città di Milano. Lo spettacolo di Rezza dunque si inserisce in questa cornice e in un quartiere-laboratorio in piena trasformazione qual è Via Padova. Pitecus è una storia multiforme che raccon-ta storie di tanti personaggi, un andirivieni di gente che vive in un microcosmo disordinato: stracci di realtà si susseguono senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed aggressivi anche argomenti delicati. Non esistono rappresen-tazioni positive, ognuno si accontenta, tutti si sentono vittime, lavorano per nascondersi, comprano sentimenti e dignità, non amano, creano piattume e disservizio.I personaggi, dice lo stesso Rezza, sono brutti somaticamente ed interiormente, sprigionano qualunquismo a pieni pori, sprofondano nell’anonimato ma, grazie al loro narcisismo, sono convinti di essere originali, contemporanei e, nei casi più sfacciati, avanguardisti. Parlano un dialetto misto, sono molto colorati, si muovono nervosi e, attraverso la recitazione, assu-mono forme mitiche e caricaturali, quasi fumettistiche. Insom-ma, uno spettacolo assolutamente da non perdere.

Quando il mattodà spettacoloL’incredibile monologo di Antonio Rezza per mettere in scena le mille forme del disagio psichico

Milano è migrandaa Torino e a roma è già una sto-

ria di successo, a Milano è alta-mente probabile che lo diventi,

visto che la sperimentazione ha imboc-cato la via giusta: Via Padova. La due giorni di Festa delle associazioni del quartiere è infatti l’occasione per inau-gurare la prima passeggiata di Milano Migranda, un progetto di turismo re-sponsabile che propone la visita guidata del quartiere più multietnico e multi-culturale della città accompagnati da cittadini di origine straniera. Le guide migranti hanno partecipato a un corso di formazione ad hoc per portare i tu-risti alla scoperta della storia del quar-tiere, delle sue migrazioni e dei suoi nuovi abitanti. Percorrendo Via Padova è possibile ricostruire con semplicità e

immediatezza la storia delle migrazioni che costituiscono l’anima della Milano di oggi e scoprire luoghi incantevoli (le antiche ville, la chiesta e l’ex convento) e nuovi crocevia di incontro, scambio e socialità come il Trotter e il parco della Martesana. L’idea è quella di fare un viaggio intorno al mondo nell’arco di una via.Milano Migranda prende le mosse dall’esperienza già consolidata di Tori-no e roma dove i tour di Porta Palazzo, San Salvario e dell’esquilino rappresen-tano una delle “perle” dei pacchetti del turismo responsabile e sono gettonatis-simi. A promuovere l’iniziativa è il tour operator Viaggi Solidali che con Acra, Agrobiodiversità e oxfam Italia vuole estendere appunto l’esperienza a Mila-

no, Genova e Firenze. A Milano la speri-mentazione parte in collaborazione con Mowgli, realtà attiva nel settore del tu-rismo responsabile, e con il contributo del Comune di Milano. Il progetto verrà presentato ufficial-mente a Villa Pallavicini (Via Meucci 3) domenica 22 maggio intorno alle 14 e subito dopo prenderà il via il primo tour di Via Padova che dalla Villa arri-verà fino al Trotter, dove è poi prevista l’accoglienza dei viandanti e una visita guidata del Parco e della sua scuola che rappresenta un patrimonio di ine-stimabile valore per tutta Milano. La passeggiata è gratuita, ma il numero di partecipanti è limitato. Per prenotazio-ni mandate un’email a: [email protected]

Visitare Via Padova, con una guida “straniera”

Sabato 21 maggioSi inizia al mattino con la festa delle scuole del Parco, un evento nell’evento, che mobilita oltre un migliaio di bambini e le loro famiglie. In ogni padiglione si svolgeranno labora-tori di vario genere: da quelli artistici e teatrali ai laboratori di pittura. Al pomerig-gio, a partire dalle 16, prenderanno il via i laboratori multiculturali per bambini a cura delle mamme di Parole in Gioco e di Parco in Festa, la scuola e il torneo di scacchi promossa dalla scuola russa ed esibizioni musicali, mentre nei giardini di Via Mosso il gruppo d’acquisto solidale - il Gas del Sole -offrirà i “Tè di Via Padova” accompagnati da deliziosi biscotti arabi preparati in casa.Il clou della Festa per quanto riguarda il Parco Trotter arriva con la sera: a partire dalle 19 è previsto un

aperitivo danzante con dJ set a cura di Mauro Bruno: un modo per ristorarsi e divertirsi in attesa dello spettacolo vero e proprio, “Alice in Trotterland”. e’ una performance itinerante a cura della compagnia “Il Parcoscenico” formata da genitori e insegnanti della scuola Casa del Sole con la regia di Amedeo romeo.

I bambini e il pubblico saranno i veri protagonisti dello spettacolo e in un viaggio fantastico all’interno del Trotter verranno accompagnati alla ricerca del Bruca-liffo, Bianconiglio, del Cappellaio Matto e degli altri intramont-abili personaggi usciti dalla penna di Lewis Carroll.

domenica 22 maggio

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il giornale del TrotterREpORTagE6

Uniamoci e zappiamoUniamoci e zappiamo

Un pomeriggio diverso dagli altri in Via Padova. Una vera azione di guerrilla gardening compiuta dai ragazzi delle prime medie della scuole del Trotter. La missione? Dare nuove piante e nuova vita al giardinetto di Via Mosso, un angolo del quartiere da anni maltrattato e dimenticato.

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il giornale del Trotter 7REpORTagE

7REpORTagE

Qualcuno ha scelto la vanga, altri la zappa. C’è chi ha voluto a tutti i co-sti mettersi in spalla un piccone, ma

le più gettonate erano certamente le cariole. Una banda, una ciurma di sedici ragazzi delle prime medie A e C hanno animato un normale pomeriggio del Trotter e di Via Padova. L’idea era bella e forte: fare un’azione di “guerrilla gardening”, o per dirla meglio, di giardinag-gio di strada.Un’idea che è partita in simbiosi con il Com-munity Garden del Sole che da quasi due anni, per mano di una trentina di giardinieri, tutti rigorosamente volontari, mette mano, coltiva, cura quella striscia di parco Trotter che corre al fianco della fattoria. I community garden sono una realtà già da decenni consolidata un po’ in tutto il mondo e sono nati a New York con l’idea di migliorare la città, di ridare vita a quelle piccole fette di verde intrappolate tra il cemento di marciapiedi e grattacieli. Progetti spontanei e indipendenti di aggrega-zione sociale e di riqualificazione urbana che si basano su “azioni” dove spesso gli spazi ce li si prende da soli, strappandoli all’abbandono, alla “malcura”, all’indifferenza.Azioni un po’ piratesche, provocatorie, fatte senza chiedere permesso a nessuno. Proprio con questo spirito hanno agito i sedici ragazzi

delle medie, insieme alla loro intraprendente “prof” di italiano e guidati dal giardiniere combattente Francesco Giorgi, il “maestro” al comando anche dei Giardinieri del Communi-ty Garden. Partiti (foto 1) proprio dalla sede del Giardino Comunitario, ora parzialmente inservibile per i lavori che si stanno facendo alla fattoria, che ha fornito attrezzi e piante, i ragazzi, riconoscibili da una fascia gialla mol-to piratesca (in molti, come i tigrotti di Mom-pracem hanno scelto di legarsela in fronte) hanno percorso il breve tratto di via Padova (foto 2) che porta verso quel piccolo giardi-netto all’angolo di Via Mosso, e via Arquà, an-golo bello e dimenticato, alle spalle di quello che una volta erano il convitto e il frutteto del parco, un perfetto esempio di luogo dove

un’azione di guerrilla gardening va fatto. Qui l’idea era quella di partire rimettendo in se-sto una grande fioriera (foto 3) in cemento trapiantando Acantus, Aspidistra, Digitalis, Sas-sifraga, Aquilegia, Iris ed Edera.Sotto lo sguardo un po’ allibito degli abitanti delle case che affacciano sul parco i ragazzi si sono dati di fare alla grande (foto 4). “La cosa che mi è piaciuta di più?” - Antonio, non ha dubbi - “Picconare!”. Sulla stessa linea Bianca e Kimberly: “Scavare con le pale è diverten-tissimo”, così come Maddalena: “Dava sod-disfazione pulire dalle vecchie piante morte, dalle foglie”.Insomma c’era una grande voglia di fare, di “menar le mani”, finalmente si potevano af-fondare gli attrezzi nella terra (foto 3). Una ciurma entusiasta per una paio d’ore ha ani-mato un angolo di strada da sempre malcu-rato, ma un posto in realtà frequentatissimo dagli abitanti soprattutto di via Arquà e via Chavez. Le persone di passaggio si fermavano, chiedevano, dopo un po’ si è formato un croc-chio di curiosi (foto 5).Per i ragazzi, su tutto, ha prevalso la voglia di fare. Francesco spiegava come fare i lavori, raccontava le caratteristiche delle varie piante. “Non ci sentivamo assolutamente strani o in imbarazzo a fare questa cosa, anzi era molto divertente”. “Io in realtà non mi sono neanche accorto della gente intorno”, ha detto candi-damente Stefano. Insomma la normalità di un atto straordinario nel proprio quartiere.“Perché lo abbiamo fatto? Per migliorare l’ambiente, per la nostra città” dice Lisa. In realtà il perché è per loro assolutamente scontato, “Eravamo in tanti, era molto bello darsi da fare”. L’inquietudine dei grandi, la coscienza di star facendo una cosa per cui si poteva essere “ripresi”, i ragazzi neanche li sfiora. C’è anche chi dirà: “La cosa più diver-tente? Trovare lumache e lombrichi”. Alle fine la fioriera è bellissima (foto 7), si va nel por-tone al numero 90 di via Padova per riempire gli annaffiatoi e bagnare abbondantemente la terra (foto 6) così come va fatto sempre dopo un trapianto, spiega Francesco (a pro-posito, volontari cercasi per annaffiare anche quest’estate). Un bell’esempio da seguire, tanto che i “grandi” del Community Garden del Trot-ter, la settimana dopo hanno messo a posto an-che un’altra grande fioriera di quel parchetto. Per la cronaca un mese dopo l’azione le piante stanno benissimo e l’Aquilegia è fiorita.

“Gli sguardi diffidenti

degli abitanti delle case

intorno hanno lentamente

lasciato spazio alla

curiosità. In poco tempo

si è formato un crocchio

di persone che chiedevano

e si informavano”

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Un tema scottante, quello della pirateria. Tanto più quando devi spiegarlo e addirittura farlo raccontare dai ragazzi (T è infatti da loro realizzato, foto comprese) e dagli adolescenti che sono in quella fase della vita che i francesi non a caso chiamano “età ingrata”, un età dove spesso più che i neuroni, possono gli ormoni. Parlare di pira-teria significa parlare di etica e legalità, mica poca roba. Ma è anche un tema terribilmente attuale, e affascinate. Se esiste una terra dove le regole si possono infrangere, questo è il mare, che terra non è. Sulle navi pirata non vigeva le legge ufficiale, ma quella che la comunità si era data. Se il capitano in battaglia rap-presentava il punto più alto della gerarchia e mai nessuno si sarebbe sognato di contraddirlo, per il resto anche lui era interamente sot-tomesso alla legge della maggioranza. Il suo potere era equilibrato dall’esistenza di un contro-potere, quello del quartiermastro, incari-cato di rappresentare gli interessi dell’equipaggio. La ripartizione del bottino era regolata in funzione del coraggio e delle capacità, e una parte di esso era destinata alla cassa comune, una sorta di assicu-razione sociale per indennizzare i feriti. Un esempio assolutamente unico nella società del XVIII secolo, un’evidente opposizione al sistema rigidamente gerarchico delle marine militari e commerciali inglesi, dove ai privilegi assoluti degli ufficiali facevano eco le con-dizioni terribili degli uomini della “bassa prua”. Il grande fascino dei pirati caraibici, i più noti, quelli che hanno avu-to il loro periodo di massimo splendore nella prima metà del ‘700 derivava da un lato dalla loro potenza, ma anche dall’idea di giustizia sociale che rappresentavano. Seppur feccia della società, bande di ladri, riuscivano a dar vita ad un’idea di una società migliore.Chi li ha descritti nel migliore dei modi è stato William Defoe, che tutti conoscono per il suo Robinson Crusoe. Lo fece sotto falso nome pubblicando, tra gli altri, un libro firmato Capitano Johnson: “The History of most famous pirates”, nel 1724. Dovettero passare duecento anni e cento ristampe, prima di capire la vera identità di Capitain Johnson. Defoe ci ha regalato dialoghi immaginari di al-cuni pirati veramente esistiti. Memorabile il Capitano Bellamy che, sorpreso da una terribile tempesta, non si lascia affatto dominare “Dal giusto terrore dell’essere supremo che comanda sul mare e sui venti”. Non si lascia atterrire dall’idea del castigo divino: “Spergiuri ed orrende imprecazioni si alzavano, e il Capitano giurava che gli dispiaceva di non poter mettere fuori i cannoni per ricambiare il sa-luto dei tuoni”. Un personaggio forte il Capitano Bellamy, portavoce anche del coraggio sovversivo dei pirati: “Noi rapiniamo ai ricchi, con l’unica protezione del nostro coraggio”. E in fatto di coraggio, sempre nelle parole di Defoe non si tirava certo indietro una delle più famose piratesse della storia: Annie Bonny, che per il suo amante condannato a morte ebbe queste dolci parole: “Se avesse combat-tuto da uomo non sarebbe morto come un cane”. Perché fare il pi-rata dei Caraibi era un mestiere estremo, e quasi sempre finiva con la morte o l’esilio. Diversa la sorte dei pirati della Malesia, quelli raccontati da Emilio Salgari, di cui ricorrono adesso i cento anni della morte. In realtà non sono mai esistiti. Sono il frutto dell’incredibile fantasia di Ca-pitan Salgari (che in realtà mai ottenne il brevetto da comandante e che di viaggio in nave ne fece uno solo, da Venezia a Brindisi) vero pirata della letteratura che - proprio come Defoe - seppe mostrare il potere rivoluzionario (nel senso di rivoltare, rigirare la realtà) della scrittura. Per descrivere quella fascia di terra in ombra, la linea di confine tra “di qua o il di la”, abbiamo in queste pagine scelto di raccontare persone che ai giorni nostri (ben lontani da quelli del Capitano Bel-lamy) sanno disubbidire, ma senza distruggere. Pacifici duellanti. Donne e uomini che sanno creare, migliorare il mondo, partendo dal loro quartiere. Sanno fare cultura. L’immagine di copertina l’ha creata apposta per noi Franco Testa, il maestro degli illustratori naturalistici italiani: un inno alla navigazione, alla natura, ad una immaginaria repubblica in-dipendente dei ragazzi del Trotter.Facendo un po’ i pirati continuiamo nel nostro proposito di se-gare la gamba al tavolo, inclinare il piano, far scivolar giù qual-che luogo comune.

segue dalla prima pagina

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il giornale del Trotter

C he i ragazzi trovino diver-tente scrivere lo sapevamo, ma mai ci saremmo immaginati nell’era della tv e di Internet di essere letteralmente travolti

dai racconti. La prima edizione del con-corso letterario e creativo Mr Nilsson ha avuto un successo di gran lunga superio-re alle nostre più rosee aspettative: 159 le opere presentate, di cui 137 racconti e 22 lavori grafici. Numeri che testimoniano il grande entusiasmo e il fermento creativo che si respira nelle scuole del Parco Trot-ter e che ci incoraggiano ad andare avanti con quest’iniziativa. Strada facendo ab-biamo trovato un partner editoriale - Terre di Mezzo – con cui editeremo a settembre il volumetto che raccoglierà i racconti premiati e con cui collaboreremo per la realizzazione delle prossime edizioni del concorso. La grande mole di opere presentate ci ha obbligati a effettuare una pre-selezione per consegnare alla giuria i 15 racconti che a nostro giudizio si sono distinti per qualità letteraria o per originalità della trama. Ora sta a Emanuela Bussolati (scrittrice di nar-rativa per ragazzi), Francesco Cappelli (di-rigente scolastico dell’Isc Casa del Sole), Roberto Denti (scrittore e fondatore della Libreria dei Ragazzi) e Miriam Giovanzana (direttore editoriale di Terre di Mezzo) scegliere i vincitori del concorso Mr Nils-son i cui nomi verranno svelati domenica 22 maggio alle 16.30 nell’ambito della pre-miazione ufficiale presso il Centro Multi-culturale del Parco Trotter. La premiazione sarà preceduta dallo spettacolo del cantasto-rie e musicista Pino Masi e a concludere la manifestazione sarà la scrittrice Carmen Co-vito che leggerà uno dei racconti premiati. E fin qui la cronaca. Quanto alla lettura dei racconti, invece, occorre fare qualche considerazione: al concorso hanno partecipato ragazzi delle medie e bambini delle elementari delle più varie provenienze etnico-linguistiche, a dimostrare che la scuola unisce davvero contribuendo in tanti modi a sgretolare le barriere, a partire da quelle linguistiche. Da questo piccolo ma variegato universo letterario emerge un immaginario ricco e articolato (seppur talvolta un po’ troppo influenzato dalla televisione), una certa va-rietà di trame e di personaggi e un grande amore per questo parco e per gli animali che lo abitano. Protagonista indiscussa di diversi racconti è l’oca Tilde, eletta a mascotte del Trotter,

che cade vit-tima di rapi-menti reali e immaginari e viene imman-cabilmente sal-vata dai ragazzi-detective: Tilde - a differenza di altri personaggi - non muore mai e questo vorrà pur dire qualcosa. Protagonista di qualche storia il picchio e molto gettonati anche i gatti che popolano il Convitto. Questo edificio - com’era logico aspettar-si - è il luogo in cui vengono ambientate la maggior parte delle storie horror, non solo quelle che parlano di zombi e streghe (tra cui un reality super-splatter), ma an-che quelle dal sapore più hitchcockiano: rapide, imprevedibili e fulminanti. Del resto il Convitto è in rovina ed è chiuso da anni, produce spesso rumori strani e in quartiere circolano parecchie voci... tutte cose che fanno galoppare l’immaginazione e che contribuiscono ad alimentare una certa inquietudine, specie nei più piccoli. Certo è che scorrendo le vecchie foto, quelle ingiallite degli anni ‘30, si vede un edificio che era sì al suo massimo splen-dore ma - vuoi l’austerità dell’architettura, vuoi l’abbigliamento delle educande - altrettanto inquietante. Foto che forse hanno ispirato un racconto i cui protagonisti, entrando tra le rovine, trovano una classe fantasma costretta a far lezione da un’insegnante indemoniata. Se il convitto è un’icona horror, per la piscina i sentimenti sono ambivalenti. Anch’essa ricorre in molti racconti e viene vista sia come luogo sicuro, cioè come rifu-gio dove isolarsi o nascondersi dai malvagi, sia come trappola mortale dalla quale è meglio stare alla larga. Popolata da draghi (in fin dei conti è l’unico luogo del Parco dove potrebbe starci acqua a sufficienza) o regno del male, la piscina è considerata più che un luogo pauroso, uno dei luoghi “magici” del Trotter. E il genere fantasy, subito dopo l’horror, è quello al quale si sono rifatti più rac-conti che immaginano mondi paralleli e fantastici popolati da fate, elfi, folletti ed esserini microscopici e buffi. Poche invece le storie d’amore ambientate nel parco: eccesso di timidezza per una generazione che, all’apparenza, sembra voler bruciare tutte le tappe?

LIBRI CHEFANNO BENE

Massimo e i pomodori sfemminellati, il Maestro Angelo, Franco il “bricoleur”, la Signora Rosina che regala cavolfiori e zucchine al primo che incontra… Pia Pera entra negli orti di 13 ortolani per raccontarci l’amore che li lega alla terra e svelarci alcuni semplici accorgimenti per coltivarla, sia in campagna sia in città. Perché oggi occuparsi dell’orto è una passione controcorrente, quasi un percorso interiore.

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Ben 137 i racconti arrivati in redazione per il concorso letterario promosso da T. Molti i noir ambientati nel convitto, vera icona horror del Trotter. Il parco e i suoi animali protagonisti in positivo di molte opere

Gli incubi del Signor Nilsson

In queste foto il Convitto negli anni Trenta. Oltre a ospitare gli allievi era il luogo delle esercitazioni di economia domestica. L’edificio è stato utililizzato fino alla metà degli anni Ottanta. Ora è in stato di abbandono.

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Il Trotter al centro del mondo? Questa è l’idea. Il Parco Scientifico Casa del Sole è un progetto che vuole dotare il parco di

installazioni fisse per la didattica delle scienze, strumenti per la maggior parte a vocazione as-tronomica che hanno la capacità di farci sen-tire subito parte del mondo e dell’universo. Sono installazioni fruibili a tanti livelli e da tutti: per soddisfare la semplice curiosità del passante di ogni provenienza, ma anche per prestarsi alle attività didattiche delle scuole, con di diversi gradi di approfondimento. Insomma uno strumento per sfruttare la duplice natura di scuola e parco pubblico del Trotter, facendolo anche recuperando al-cune strutture del parco un tempo utilizzate proprio per la didattica delle scienze e che sono in disuso e in stato di degrado. Fino ad adesso sono state realizzati: il mappamondo parallelo, utilizzato sotto la supervisione scien-tifica di esper-ti della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Milano Bicocca è orientato nello spazio come lo è il nostro pianeta rispetto al sole. Il map-pamondo è uno strumento per ragionare sulla nostra posizione sulla terra osservando le ombre. Sul mappamondo è possibile ve-dere il sorgere, tramontare essere allo Zenit del Sole nelle diverse zone della terra; è stata poi costruita una sdraio celeste, strumento per guardare gli astri (Sole, luna e stelle) e localizzarli nello spazio. E’ una sdraio incli-nata parallelamente al piano dell’equatore. Il bastone, parallelo all’asse terrestre, punta alla stella Polare. Sono poi attivi il farfallario, inaugurato durante la giornata del FAI di Pri-mavera 2008 e lo utilizzano le scuole del par-

co, e che viene aperto al pubblico periodica-mente per le osservazioni di flora e fauna e la stazione meteorologica, presente nel padi-glione Tarra della Scuola dell’infanzia e viene utilizzato anche dalle classi dell’Istituto Com-prensivo. Molti alti progetti sono in-vece in fase di completamento, il giardino solare termico, ad esempio, è in via di rea-lizzazione da parte dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo sotto la supervisione dei ricercatori dell’Istituto di Fisica Generale Applicata dell’Università degli Studi di Mila-no. E’ un’istallazione per l’utilizzo passivo dell’energia del sole. Un Sistema solare in scala verrà invece fatto in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Brera - INAF, verranno posizionati un pannello relativo al sole e uno relativo a ciascun pianeta del sistema solare, tenendo dimensioni e distanze relative sulla stessa scala. E ancora, in cantiere ci sono: il palo delle direzioni, delle frecce in-dicheranno la direzione in linea d’aria delle capitali degli stati di origine degli alunni im-migrati che frequentano le scuole del Trotter (la freccia che punta al suolo indica gli an-tipodi), la meridiana analemmatica, che verrà realizzata nel grande piazzale del parco e indicherà l’ora solare sfruttando l’ombra dell’utilizzatore come gnomone, e il forno solare che sfrutta l’energia del sole per scaldare e cuocere. Sarà richiudibile per protezione della struttura e orientabile per ottimizzarne la resa. Della rosa dei venti, in-fine, creata all’inizio del secolo scorso, sono rimaste tracce di fronte al padiglione Tom-maseo. Cercasi sponsor per riportarla al suo antico splendore.

Un polo educativo scientifico e ambientale di livello cittadino: è quello che si candida a diventare

la Casa del Sole in seguito alla ristruttu-razione della fattoria e al potenziamento dell’attività didattica basata su osservazione e sperimentazione. Un polo aperto anche alle altre scuole milanesi e al quartiere, dove già da anni la fattoria rappresenta un punto di riferimento grazie all’attività extrascolastica del community garden “i Giardini del Sole” e dei volontari che si prendono cura degli animali. Con la ri-strutturazione, la fattoria guadagnerà due moderne aule didattiche e spazi attrezzati più funzionali anche per il lavoro dei vo-lontari. Il progetto fattoria - che coinvolge scuola, associazione Amici del Parco Trot-ter e una cooperativa sociale - si inserisce in un quadro più ampio di recupero della didattica all’aperto da parte della scuola, dove il parco stesso diviene di fatto una grande aula di scienze naturali. Già quest’anno l’interclasse delle se-conde elementari ha lavorato su rane e farfalle osservandone la riproduzione e la crescita. Un progetto che è stato realiz-zato anche grazie al supporto finanziario dell’associazione e al lavoro volontario dei genitori che, tra le altre cose, hanno costru-ito uno stagno all’interno delle vecchie vasche della piscicoltura che verrà inaugu-rato in occasione della Festa di Via Padova (21 e 22 maggio) con la liberazione delle rane attualmente ospitate negli acquari all’interno delle aule. Le farfalle, invece, dopo lo sviluppo delle crisalidi osservato in

aula, verranno ospitate nel farfallario, area creata anni fa dietro al padiglione Gabelli. Altre interclassi, invece, hanno partecipato al progetto di agricoltura sostenibile “Ce-reali non cemento” realizzato dal commu-nity garden in collaborazione con la scuola e che si basa sul metodo della rotazione delle colture, mentre in fattoria - prima dell’apertura del cantiere - i bambini han-no proseguito l’osservazione degli animali da cortile che hanno visto nascere l’anno scorso nell’ambito di un progetto di ripro-duzione della fauna avicola e dei conigli. A tutto ciò si affianca l’attività in orario ex-trascolastico con i laboratori di orticoltura per i bambini della scuola materna e, più in generale, l’opera di sensibilizzazione all’ambiente promossa dallo stesso commu-nity garden che dal 2009 promuove buone pratiche come il compostaggio e il riuti-lizzo dei materiali: dalle aiuole rialzate re-alizzate con scarti di lamiera che giacevano abbandonati nella fattoria della scuola, ai cerchi di bicicletta impiegati come sostegni per una piccola serra, ai sassi utilizzati per pacciamare la zona del laghetto, per deli-mitare alcune aiuole e persino per realizza-re il mosaico che pavimenta una delle zone dedicate al relax dei “Giardini del Sole”. La fattoria e le scienze naturali rappresentano uno dei punti cardine del piano di riquali-ficazione del Trotter elaborato dalla stessa scuola assieme al comitato genitori e alle associazioni presenti nel parco e portato all’attenzione dei candidati sindaco affin-ché lo assumessero come proprio rime-diando a decenni di colpevole incuria.

nel segno di Galileo e darwinI progetti che faranno del Trotter un polo didattico-scientifico aperto a tutta la città

il parco scientifico la fattoria

Via Idro sei mesi dopo

Sono passati sei mesi da quando siamo andati al campo di Via Idro a fare il nostro primo reportage

e da allora molte cose sono cambiate. Sul campo, autorizzato e in cui risie-dono cittadini italiani di etnia Rom, pende sempre la minaccia di sgombero con l’obiettivo di realizzare un campo molto più grande, in grado di ospitare almeno un migliaio di persone. Si trat-terebbe di un campo di transito, nel quale cioè è possibile fermarsi solo per pochi mesi, a differenza del campo at-tuale che è stanziale e nel quale vivono dal oltre 30 anni più di 50 famiglie. La minaccia di sgombero era stata fermata con i ricorsi legali, ma a renderla più concreta è stato l’intervento della poli-

zia locale che - intervenuta in forze con ruspe e altri mezzi - ha sgomberato con la forza tre famiglie accampando come motivazione l’abusivismo (edilizio). La reazione degli abitanti di Via Idro e delle associazioni di zona non si è fatta certo attendere e, dopo i primi momenti di costernazione per l’accaduto, si è passati alla controffensiva organizzando ciò che non era mai stato tentato prima di allora: una grande festa al campo aperta a tutti i cittadini, con la musica, il teatro, tanti giochi per i bambini e una grande grigli-ata. La festa si è svolta l’8 maggio scorso ed è stata una vera festa di popolo, molto partecipata dalla gente del quartiere. Per la prima volta, almeno qui in Via Pa-dova, il muro della diffidenza è caduto

davvero: le famiglie del campo hanno ac-colto con gentilezza e calore le centinaia di persone che nel corso della giornata sono arrivate a piedi e in bicicletta per partecipare alla festa, per mostrare la propria solidarietà e - soprattutto - per conoscere da vicino queste persone e la realtà del campo, che a molti - sarà per il clima di festa e per la giornata di sole - è parso un posto bello, dove si potrebbe anche considerare di vivere. Una gior-nata straordinaria che sembra preludere a un nuovo inizio e che, ci auguriamo, possa produrre risultati concreti sia sul piano della convivenza sia su quello dell’assegnazione di case a quanti de-siderano lasciare il campo per inserirsi stabilmente nel tessuto urbano.

Sul campo la minaccia di sgombero. Una festa per fermarlo

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il giornale del Trotter

Periodico d’informazioneAnno 2 numero due maggio 2011

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T è edito dalla associazione la Città del Sole - amici del parco Trotter onlus

Direttore responsabile: luca Sordelli; Condirettore: paolo Fior;Art director: Barbara Spegne; Photoeditor: roberto magliozzi

Hanno collaborato: Archivio Storico della Casa del Sole, Paolo Cayardo, Adriana Gherardi, Valeria Logiudice, Francesco Giorgi, Laura Stringhetti, Giulia Ticozzi, Ivana Zamarian, Luce Calgaro.

Progetto grafico e impaginazione: pod Creative GroupIllustrazione di copertina: Franco Testa

Il prezzo di copertina: offerta libera (minimo 1 euro per copertura spese di stampa)per sostenere T, potete versare il vostro contributo:

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Stampa: Grafiche Migliorini srl Via U. La Malfa 54, Melzo (MI) - Chiuso in tipografia il 16 maggio 2011Reg. Trib. di Milano n° 604 del 19/11/2010.

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T è edito dalla associazione la Città del Sole - amici del parco Trotter onlus

Direttore responsabile: luca Sordelli; Condirettore: paolo Fior;Art director: Barbara Spegne; Photoeditor: roberto magliozzi

Hanno collaborato: Gabriel Aciobanitei, Leonardo Alexandre, Archivio Storico della Casa del Sole, Malika Ayane, Martina Cattalini, Paolo Cayardo, Tim Fuller, Adriana Gherardi, Alba Greco, Valeria Lo Giudice, Sara Mahmoud, Milka Navarrete, Simona Ranon, Laura Stringhetti, Giulia Ticozzi, Sara Veronesi, Ivana Zamarian

Progetto grafico e impaginazione: pod Creative GroupIllustrazione di copertina: Franco Testa per T

Il prezzo di copertina: offerta libera (minimo 1 euro per copertura spese di stampa)per sostenere T, potete versare il vostro contributo:

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Un’astronave in piscina

L’acqua che scorre, che anzi dovrebbe scorrere nel parco anima le emozioni dei trotterini,

giovani e vecchi. Che si tratti della pi-scina, delle vasche o della Minitalia, la nostalgia per i bei tempi, quando tutto ancora funzionava, o all’opposto la rab-bia per quanto ci sarebbe a disposizione ma non viene più sfruttato, smuove i sentimenti del popolo del Trotter. E’ ciò che emerge sia da quanto ricevuto dalla redazione di T, a seguito del nostro sondaggio “Fuori le idee” lanciato sul numero passato per definire una nuova (o vecchia) destinazione d’uso della pi-scina, sia da alcuni lavori fatti dai ragazzi delle medie e delle elementari, proprio sul tema dell’acqua “da vivere” nel parco. Partiamo da un’inchiesta fatta dai raga-zzi della seconda A con un questionario sia per i loro coetanei, sia per chi ha po-tuto godere i fasti del parco, quando la MiniItalia era ancora funzionante. Ques-ta installazione rimasta in funzione fino ai primi anni ’80 e che adesso passa del tutto inosservata ai tempi, come racco-nta una “vecchia” trotterina: “Era mer-avigliosa, si poteva vedere l’Italia in 3D, ma senza gli occhialini”. Altri ricordano: “C’erano l’acqua e le paperelle. Era sem-pre frequentatissima dai bambini”. Ma Il complimento più bello è: “ Grazie a

lei ho imparato la geografia, ho capito sin da piccolo com’è fatta la nostra pe-nisola”. Ben diverso il tono dei bambini di adesso, che la vedono nascosta dietro ad un’alta cancellata: “La forma è bella, ma non mi piace il colore, è tutta grigia e sporca”. Oppure: “E’ troppo trascurata, dovrebbero pulirla, e poi metterci anche i pesci”. Più perentorie le loro mamme che danno risposte il cui tono è: “E’ distrutta,è molto cupa e sporca”. “E’ ter-ribilmente triste”. Passando invece a parlare della piscina, rimasta balneabile fino alla fine degli anni ’70, dal nostro sondaggio emerge che adesso risulta essere nell’immaginario dei frequentatori del parco, una sorta di grande “buco nero” al centro del trotter. Per i più giovani, molti dei quali non san-no neanche che una volta era una vera e propria piscina dove i ragazzi potevano fare il bagno e imparare a nuotare, è un luogo senza senso perché senza una vera destinazione, ora è più che altro il luogo per partite pallavolo improvvi-sate o al massimo, come hanno scritto dei ragazzi: “Ci si gioca a calcio, tra vetri rotti e topi. E non è per niente sicura”. Ma per qualcuno è addirittura “Il segno dell’atterraggio di una grande astronave aliena”. Ecco allora che urgono idee per capire come riempirlo quel “buco nero”.

Dalle risposte raccolte, in complesso cir-ca una cinquantina, prevale il realismo: la soluzione più gettonata è ristrutturare tutto e dividere lo spazio per vari campi di gioco (pallavolo, pallacanestro, calc-etto) con circa il 60% delle preferenze. Una soluzione semplice, e anche piuttos-to economica. La seconda opzione più votata, circa 30%, è invece l’esatto op-posto, la più costosa e complicata, e cioè farla tornare una vera e propria piscina. Si chiude poi con una serie di proposte variegate che vanno dalle piste per skate, roller e bici per arrivare fino ad un pista da pattinaggio, ma sul ghiaccio, o una grande stadio, per i concerti e il cinema all’aperto. C’è poi la terza elementare B che ha deciso di spedire delle lettere ap-erte al preside, il cui tono è più o meno questo: “Noi abbiamo deciso di mandarti questa lettera per ristrutturare la piscina con i soldi che ti daremo noi. Vogliamo che tutto il Trotter sia contento, e poi nuotare. I soldi li guadagneremo facendo un mercatino venden-do le cose per pagare i signori che faranno la piscina, metteranno le piastrelle, taglieranno le piante, puliranno le scritte”. Restiamo in attesa di una risposta del Preside (e magari anche del Sinda-co) nella speranza che nel frattempo nessun’altra astronave decida di atter-rare nel nostro parco.

Così appariva la Minitalia alla fine degli anni ‘30. E’ rimasta funzionante fino ai primi anni ‘80.

Quale futuro per gli specchi d’acqua inutilizzati nel Trotter? Ecco i risultati del nostro sondaggio e dell’inchiesta della 2A

T-corrigeSicuramente tutti i lettori di T si ricor-dano il paginone centrale del numero passato, quello con la grande foto con tutti gli allievi della Casa del Sole. Molti ragazzi l’hanno staccato e appeso in ca-mera. In realtà, lo ammettiamo, abbiamo sbagliato nell’indicare gli autori della foto, che infatti non è solo di Giulia Ticozzi, ma anche di Lorenzo Cattaneo. Ci scu-siamo per l’errore, tanto più che la foto si inserisce in un bel progetto di Giulia e Lorenzo che si intitola Self_Categorization, uno studio sui gruppi visti come tasselli dotati di una propri identità che com-pongono e caratterizzano gli ambiti della società. Self_Categorization è una sorta di raccol-ta di figurine e vuole visivamente catalogare alcuni gruppi, raccontare questa fenomenologia dell’essere umano. Nel progetto ogni scatto costituisce un elemen-to importante di un mosaico globale. Esiste poi un altro progetto molto interessante, questa volta solo di Giulia che riguarda molto da vicino il nostro parco: “Erbario”, la raccolta dei ritratti di alcuni dei giardi-nieri che fanno parte del Community Gar-den del Trotter, che vedete qui sotto.

Page 12: T Il Giornale del Trotter n°2

il giornale del Trotter

faCCE da TROTTER12

Non molti anni fa Wintana Rezene, per tutti semplicemente Winty, sedeva su quegli stessi banchi delle medie del

Trotter da cui i ragazzi della 2° A ora le fanno domande a raffica. Di mestiere ora fa la DJ, anzi la VJ per MTV, e il suo volto è ben noto a tutti i ragazzi da quando è diventata una dei quattro presentatori di “TRL on the road”, il tradizionale tour musicale che MTV realizza nelle piazze italiane. Winty si autodefinisce “un cumenda milanese in un corpo africano” ed è orgogliosa della sua storia di trotterina e di abitante di via Padova.

Quando avevi la nostra età cosa avresti voluto fare da grande?La gastroenterologa, ero stata molto male pro-prio con la pancia da piccola. Mi ero messa in testa che volevo fare la dottoressa. Come hai iniziato a fare la dJ?Ho iniziato da molto lontano, ho fatto uno stage a Radio Popolare. E anche in quel caso, come mi è sempre successo iniziando un nuo-vo lavoro, sono entrata dalla porta di servizio, non da quella principale come invece accade molto spesso nel mondo dello spettacolo. Il mio compito a Radio Popolare era mettere in ordine i CD. Finito la stage a Radio Popolare ho lavorato per un po’ in un negozio in via Tortona, poi mi sono iscritta all’università, ho fatto comunicazione. Come sei arrivata a MTV?Gli studi di MTV sono in fondo a Via Padova e quando ero più piccolina partecipavo alle tra-

smissioni, andavo a vedere come funzionava l’ambiente, e sono restata in contatto con la signora che gestiva il pubblico. Un giorno mi ha avvisata che c’era la possibilità di fare uno stage con lei. E mi hanno presa. Io quindi ero la stagista che “provinava” i ragazzi che voleva-no fare i DJ, avevo 21 anni. Quando è finito lo stage mi rimaneva ancora da fare la tesi. Ma dopo un po’ mi hanno richiamata, dicendomi che per il Tour cercavano una ragazza “nor-male”. Mi hanno fatto il provino, una cosa che mi ha fatto molto ridere perché mi esaminava-no le persone con cui avevo lavorato per tanto tempo e che conoscevo benissimo. e ti sei laureata? Certo, poi esattamente una settimana dopo la laurea è partito il tour. I tuoi erano d’accordo? Io vivo con mia mamma e mia sorella. Come alternativa dopo lo stage avevo in realtà due possibilità: andare a Disneyland, in America, avevo già fatto e passato tutti i colloqui, per lavorare al padiglione Italia come cameriera. L’avevo fatto per trovare il modo imparare bene l’inglese. Nel-lo stesso tempo mi aveva presa MTV per il tour, e dovevo scegliere. Mia mam-ma spingeva per l’America, per farmi imparare una lingua, ma senza forzare. Mi ha sempre lasciato carta bianca e alla fine ha det-to: “Dai, proviamo questo circo”.Che musica ascolti?Lavorando a MTV e facendo il Tour di TRL on the road, ho cominciato a conoscere il pop italiano, come Scanu e Carta. Ho imparato ad apprezzarlo, ma prima, ad essere sincera, non l’ascoltavo. A me piace l’indie rock, musica in-glese, un po’ nostalgica… ma in verità ascolto un po’ tutto. Hai fatto tutte le scuole al Trotter?Io abitavo proprio dietro al Trotter, dove ho fatto materne, elementari e medie. Lo frequentavo moltissimo, facevo teatro, ci veni-vo dopo la scuola ed eravamo sempre lì, sulle panchine. Ancora adesso mi incontro con i vecchi amici, ci diamo appuntamento sulle stesse panchine. Per me gli amici del Trotter, e il parco, sono stati importanti. E adesso noto che alcune cose sono cambiate…

Cosa?Quando io andavo al trotter ero una delle poche “colorate”, e i colori erano pochi. E mi fa piacere vedere che adesso , invece, siete di così tanti colori. Dieci anni fa iniziavano ad esserci tanti ragazzi di origine cinese. Io sono nata in Italia, ho entrambi i genitori eritrei e al Trotter non mi sono mai sentita diversa. Se dovessi scegliere adesso tra dJ e gastroen-terologa?Mi trovate proprio in un momento di crisi dove devo decidere cosa fare veramente. Per-ché per me adesso essere DJ è un gioco, e devo capire se può diventare un vero lavoro. Non mi so vedere DJ tra 10 anni. Torni spesso in eritrea?Ci sono tornata in vacanza con mia mamma. Ma, e questo penso che valga per tutti i ragaz-zi di seconda generazione, quando sei qui ti senti italiano, perché i ragazzi che sono nati in Italia sono italiani, ma comunque resti un po’ diverso. A me nessuno l’ha mai fatto pesare, me sei diverso. Ma quando sei lì, gli altri ragaz-zi in Eritrea, ti vedono un po’ come turista. Io

a volte non mi sento né carne né pesce. Quali sono i consigli per chi vuole fare il dJ? Da fare assolutamente: essere curiosa delle

cose, non avere pregiudizi ma ed essere pronti ad ascoltare tutti.e da non fare?A me non aiuta essere troppo impulsiva e testa dura. Se una cosa la voglio fare mi impunto troppo. Ma, alla fine, devo anche dire che a volte, può aiutare. Ti chiedono gli autografi per strada?Incominciano adesso, a me piace chiacche-rare con le persone. In realtà in TV sono sem-pre truccatissima e quindi poco riconoscibile. Continuo ad essere ancora nascosta.Ma vuoi restare nascosta?È una bella domanda, in realtà apprezzo di poter essere ancora mimetizzata. Mi viene sempre in mente Fabri Fibra che in una re-cente intervista ha raccontato: “Immaginate un mio incidente in auto, e la gente che an-ziché aiutarmi mi dice: Fibra facciamo una foto?”. Ecco, imboccare quella strada mi fa ve-ramente molta paura.

“Cosa serve per fare il DJ?Bisogna essere curiosi, pronti ad ascoltare tutti e non avere pregiudizi”

Winty rezeneLa VJ mimetica