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magazine Teatro Carlo Felice 02.2017 {N/ 8} —— Oltre Palco——

Teatro Carlo Felice Palco—— · È possibile amare senza tradire? Un matrimonio, anche il più sincero, prevede comunque, a un certo punto, l’appa- ... bate libertino Lorenzo

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Il capolavoro di Mozart e Da Ponte al Carlo Felice da venerdì 22 febbraio

Così fan tutte... ma sarà poi vero? A un anno dalla scomparsa di Ettore Scola la ripresa dello spettacolo che segnò il debutto del regista nell’opera lirica È possibile amare senza tradire? Un matrimonio, anche il più sincero, prevede comunque, a un certo punto, l’appa-rizione di un/una amante? La chimica delle affinità eletti-ve farà prima o poi scoppiare una coppia? Non è il tema dell’ultima commedia sentimentale di Woody Allen gira-ta a Manhattan, è il soggetto di Così fan tutte, dramma giocoso del 1790 ambientato a Napoli. Ferrando e Gu-glielmo, due ufficiali militari, sono certi della fedeltà del-le loro fidanzate, le sorelle Dorabella e Fiordiligi. Ma il loro amico filosofo, Don Alfonso, realista, razionale e an-che un po’ cinico, li disillude affermando a gran voce che la fedeltà femminile, si sa, non esiste: “così fan tutte”, ap-punto. E scommette con loro cento zecchini: se i due ami-ci accetteranno di sparire con una scusa e ritornare trave-stiti da corteggiatori stranieri, è certo che Dorabella e Fiordiligi si concederanno ai nuovi pretendenti. E infatti, dopo le abili manovre di Don Alfonso e qualche scherma-glia, le coppie saranno sul punto di incrociarsi: Dorabella con Guglielmo e Fiordiligi con Ferrando. Per sapere come si risolverà questo intreccio attualissimo (l’affidabilità, nei sentimenti, è un tema eterno), che nel 1992 ispirò a Tinto Brass un’omonima versione cinematografica scol-lacciata, bisogna andare a vedere Così fan tutte al Teatro Carlo Felice, dal 17 al 22 febbraio. Un finale ironico, argu-to, sottile, degno di due uomini di mondo quali erano l’a-bate libertino Lorenzo Da Ponte, il librettista, e Wolfgang Amadeus Mozart, che non era solo il compositore che tut-ti sanno, ma una volpe della musica applicata alle situa-zioni teatrali, specie se rivelatrici delle pieghe dell’animo umano come questa. Sul podio – ma anche al pianoforte ad accompagnare i recitativi – il maestro inglese Jonathan Webb, una bacchetta di classe per un’opera del tardo Set-tecento più raffinato e malizioso, quello delle Relazioni pericolose, per capirci. Il cast è di giovani, i più adatti a cantare Mozart: Ekaterina Bakanova (Fordiligi), Dorabel-la (Raffaella Lupinacci), Guglielmo (Michele Patti), Blagoj Nacoski (Ferrando), Barbara Bargnesi (Despina), Daniele Antonangeli (Don Alfonso). La regia è di quelle da non perdere: è firmata Ettore Scola, maestro dei rapporti uma-ni nel contesto storico e sociale raccontati al cinema, a cui il Carlo Felice rende omaggio a poco più di un anno dalla scomparsa (poche settimane dopo aver curato la regia di Bohème proprio per il teatro genovese, la sua ultima fati-ca). A riprendere lo spettacolo (prodotto dal Teatro Regio Torino nel 2002/3, che lo ha riproposto con modifiche nel 2012) è il nipote di Ettore Scola, Marco Scola Di Mambro. A proposito del suo Così fan tutte, con cui debuttava nell’opera lirica, il regista di Una giornata particolare e La famiglia ha scritto: “Il rapporto dell’uomo con la fedeltà diventa il motore di quest’opera: comica ma non spensie-

rata, cinica e amara, che ci ricorda le nostre illusioni, gli ideali perduti, le nostre delusioni, il commiato dalla gio-ventù spensierata.” Come a dire, per citare uno dei più celebri film di Scola: c’eravamo tanto amati… Ma soprat-tutto, la domanda più importante: ci ameremo per sem-pre?

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Stagione sinfonica, venerdì 24 febbraio

Dalla Russia con ardore Un programma travolgente all’insegna della più appassionata musica russaIl 24 febbraio 2017, alle ore 20.30, il Teatro Carlo Felice offre agli spettatori della stagione sinfonica la possibilità di riscoprire grandi autori russi, dal celeberrimo Modest Musorgskij ai meno proposti Glinka e Balakirev, tutti ac-comunati da una straordinaria sensibilità musicale. Sul podio, ad accompagnarci nella scoperta di questa intri-gante Russia musicale ottocentesca, salirà il trentasetten-ne direttore kazako Alan Buribayev. Diplomato presso il conservatorio di Almaty in Kazakistan ha esordito nel 2003 alla direzione dell’Orchestra Sinfonica di Astana per frequentare poi i più grandi teatri del nord Europa, fino ad approdare all’Orchestra Sinfonica d’Irlanda, di cui è il direttore principale dal settembre del 2010.Il programma prevede un inizio imperioso con il poema sinfonico Una notte sul monte Calvo di Musorgskij, che, insieme ai Quadri da un’esposizione e all’opera Boris Go-dunov è una delle sue partiture più famose e celebrate. Composto nel 1867, ma eseguito per la prima volta solo il 23 giugno del 1886, quando l’autore era morto da ben cin-que anni, il poema descrive un sabba di streghe, dal tra-monto all’alba, durante la notte di San Giovanni, ispiran-dosi ad un’antica leggenda ucraina. Sviluppata in un uni-co movimento della durata di circa dieci minuti, la parti-tura è un’autentica esplosione di musica orgiastica, po-tente e al contempo raffinatissima. La versione che cono-sciamo, e che verrà eseguita, è quella arrangiata da Rimskij-Korsakov sul materiale lasciato incompleto alla morte dell’autore, appena quarantaduenne, e divenuta popolare in occidente nel 1940 grazie al film di Walt Di-sney Fantasia.Il secondo autore che incontreremo nella serata è Michail Glinka, considerato il padre dell’opera russa. Glinka, che visse solo 52 anni, venne a studiare in Italia, dove frequen-tò anche il Conservatorio di Milano, innamorandosi per-dutamente delle opere di Donizetti e Bellini. Tornato in Russia si dedicò alla composizione di Una vita per lo Zar, opera andata in scena a San Pietroburgo il 9 dicembre 1836 alla presenza dello Zar Nicola I. L’opera, considerata capostipite di tutto il melodramma russo, racconta la sto-ria dell’eroico boscaiolo Ivan Susanin che sacrificò la sua vita fingendo di guidare i sicari polacchi al monastero di Ipatev, dove alloggiava il futuro Zar Michail Romanov, ma portandoli invece a morire di freddo, e lui con loro, in una foresta impenetrabile e glaciale. Dall’opera saranno ese-guite Le danze, una suite di una decina di minuti che tra-disce gli studi italiani dell’autore, con uno sviluppo estre-mamente elegante nella struttura e nell’arrangiamento degli archi ma che risulta quanto mai lontana da tutta la tradizione russa dell’epoca.Un discorso a parte merita Milij Balakirev, la prima sinfo-nia del quale occuperà tutta la seconda parte del concer-to. Balakirev fu una figura importantissima nel panorama musicale ottocentesco russo, ben al di là del suo apporto

Testo di Massimo Arduino

in qualità di musicista. Laureato in matematica, pianista autodidatta dalle doti virtuosistiche eccezionali e pupillo di Glinka, entrò fin da giovane in forte polemica con l’e-stablishment musicale russo, segnatamente con il Con-servatorio di San Pietroburgo di Anton Rubinstein e la Società Musicale Russa. Nel 1862 Balakirev fondò il cosid-detto Gruppo dei cinque il cui manifesto era dimostrare come anche dei dilettanti, purché ispirati, potessero com-porre dell’ottima musica al di fuori dei circuiti ufficiali dei Conservatorii; i membri del gruppo, oltre a lui, erano Modest Musorgskij e Nikolaj Rimskij-Korsakov, entrambi ufficiali di Marina, l’ingegnere Cesar Cui e il medico Alexander Borodin. L’anno dopo fonderà con Gavril Lo-makin la Scuola Libera di Musica, rivoluzionario esperi-mento di scuola di musica completamente gratuita e quindi accessibile anche ai ceti sociali meno abbienti. Un carattere estremamente irascibile e una personalità quantomeno problematica segneranno purtroppo tutta la sua vita; nel 1864 abbandonò per dissapori il Gruppo dei cinque, come pure la scuola, dopo un litigio con Loma-kin. Per quattro anni lasciò addirittura la Russia per anda-re a fare il capostazione a Varsavia. Al suo ritorno in pa-tria, ebbe un sorprendente successo con l’opera Tamara, a cui fecero, però, seguito dieci anni di oblio e miseria, fino alla sua morte nel 1910. Del Balakirev musicista resta poco: l’Ouverture su 3 temi russi, il poema sinfonico Rus-sia, la sonata Islamey per pianoforte e due sinfonie. La pri-ma sinfonia, in programma nella seconda parte del con-certo, detiene probabilmente un record: fu iniziata nel 1866 e finita nel 1897, dopo ben 31 anni. Nonostante que-sta genesi elefantiaca il risultato è curiosamente unitario, fatto di musica in cui palpita la grande tradizione russa, soprattutto nello splendido cantabile del III movimento, e che lascia solo il rimpianto per quello che un musicista così dotato ci avrebbe potuto ancora regalare.

— Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Buribayev incontrerà il pubblico nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice

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Balletto: un nuovo appuntamento dal 2 al 5 marzo

LAC: l’update de Il lago dei cigni creato da Maillot Il classico del balletto in tutù aggiornato al nostro tempo Nel 2011 “Les Ballets de Monte Carlo” presenta la nuova creazione di Jean-Christophe Maillot, dal 1993 coreo-grafo e direttore della compagnia, che ha scelto di con-frontarsi con il grande classico Il lago dei cigni. La rilettura di questo capolavoro del repertorio accademico non è una novità e molti sono stati, nella storia della danza, i co-reografi che ne hanno rivisitato trama e messinscena in chiave moderna. La stessa versione del 1895, coreografata dai due “mostri sacri” Marius Petipa e Lev Ivanov, la più conosciuta ed acclamata del mondo insieme con la ver-sione firmata da Nureyev, è una revisione del libretto ori-ginale in quanto le prime rappresentazioni del balletto furono un vero fiasco. Commissionato a Pëtr Il’ic Cajkov-skij nel 1875, Il lago dei cigni non soddisfò il pubblico mo-scovita sia per le musiche, giudicate difficili, che per la coreografia e l’interpretazione. Un insuccesso che oggi ci risulta difficile immaginare. Tra le tante versioni, ben si piazza il lavoro di Maillot che conquista il pubblico e la critica già dalla prima assoluta andata in scena al Grimal-di Forum di Monaco. Il titolo, LAC, è diretto ed essenziale, come le scene e i costumi realizzati da Ernest Pignon-Er-nest e Philippe Guillotel, entrambi già collaboratori della compagnia. Niente castelli fiabeschi, scaloni d’onore e maestosi fondali dipinti; in linea con il linguaggio astrat-to di Maillot, molto apprezzato dalla stampa internazio-nale, lo scenografo ha realizzato una serie di ambienti sobri in cui si alternano luce e buio, simboli dell’eterna contrapposizione tra il bene e il male; luoghi che hanno a che fare con la dimensione onirica in cui il grigio non è più un colore ma uno stato d’animo mentre il bianco e il nero mantengono le loro accezioni di innocenza e sen-sualità. Ispirandosi alla storia originale, Maillot e lo scrit-tore Jean Rouaud, Premio Goncourt 1990 (il più impor-tante premio letterario francese), hanno scritto una nuova drammaturgia che ruota sempre intorno al contrasto di due personaggi femminili, non più Odette/Odile ma due figure materne: la regina e la donna in nero corrisponden-te al mago Rothbarth della fiaba originale. Anche la parti-tura è stata rivista e le musiche originali di Cajkovskij sono state integrate con brani di Bertrand Maillot. Resta intatta la suddivisione in tre atti del balletto che comincia con un prologo-video in bianco e nero, ricordo di una vi-cenda dell’infanzia tormentata del principe che vediamo festeggiare il compleanno con i genitori e stringere amici-zia con una bambina vestita di bianco. Il conflitto è porta-to dall’arrivo di un’altra bambina accompagnata dalla madre. Le due sono vestite di nero. La donna, che sembra avere a che fare con il re, coinvolto così in un triangolo amoroso (è forse il padre della bambina in nero?), vuole che il principe giochi con la figlia… Quando la pellicola finisce, un passo a due tra il principe e suo padre ci condu-ce al gran ballo in un mondo confuso e ambiguo fatto di

intrighi che condurranno e scontri che conducono ad un finale di grande impatto visivo, con un telo nero che copre i protagonisti. LAC è una tappa importante all’interno di un percorso di rivisitazione dei grandi classici compiuto da Jean-Christophe Maillot che definisce le sue rielabo-razioni una sorta di “update” moderno delle fiabe del pas-sato. Un lavoro emozionante e coinvolgente danzato da interpreti di alto livello dalla tecnica superba (special-mente in punta) in scena al Teatro Carlo Felice dal 2 al 5 marzo 2017.

— 28 febbraio ore 17.30, Auditorium Eugenio Montaleconferenza illustrativa a cura di Francesca CamponeroIn collaborazione con l'Associazione Teatro Carlo Felice

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Testo di Fabiola Di Blasi

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Stagione sinfonica: sabato 11 marzo torna Fabio Luisi

L’ultimo sospiro di Mahler Dopo la memorabile Seconda della scorsa stagione, Fabio Luisi torna a dirigere una sinfonia di Mahler: la Nona, che si chiude con un sospiro

L’anno scorso la Seconda: monumentale e visionaria. Quest’anno la Nona: intima e quasi cameristica. Stesso direttore: Fabio Luisi. E stesso compositore: Gustav Mah-ler, l’ultimo sinfonista romantico e il primo compositore moderno. Un gigante della musica, come si è cominciato a capire dal secondo dopoguerra in poi, da quando cioè lo si è rivalutato, finalmente e doverosamente, dopo la scar-sa considerazione dei primi ascoltatori e dei primi critici (con le solite eccezioni illuminate, tra cui Schönberg). Del resto non era facile accettare subito Mahler, colui che si imponeva il compito di chiudere la lunga parabola del ge-nere sinfonico cominciata con Haydn, passata attraverso Mozart, Beethoven, Brahms, e travolta dal ciclone Wa-gner, che obbligava a un ripensamento totale, a partire dall’orchestra stessa come entità musicale: dimensioni, timbri, suono.Non era facile per chi ascoltava, per chi suonava, per chi commentava: bisognava ammettere che un’intera epoca, quella della sinfonia classica e romantica, un’epoca glo-riosa, si chiudeva con Mahler per lasciare il campo a che cosa, nessuno lo sapeva. Nella diffidenza iniziale nei con-fronti di Mahler c’era una forte componente psicologica: la difficoltà di elaborare il lutto per la fine della “musica classica” e la paura dell’ignoto. Alle soglie, per di più, del tracollo civile, storico e culturale dell’intera Europa: la Prima Guerra Mondiale. Come spesso accade, il congedo di chi si congeda da un’e-poca non è gridato, ma pronunciato a mezza voce e calato in una dimensione intima. La Sinfonia n. 9, composta nel 1909-10, l’ultima compiuta da Mahler (la decima rimane in gran parte un’insieme di abbozzi, con solo il primo tempo, l’Andante-Adagio, realmente eseguibile), contie-ne alcuni di quei momenti esplosivi e dirompenti tipici delle precedenti otto sinfonie, ma nel complesso è una pagina quasi cameristica, delicata e rarefatta. Basta pen-

sare all’inizio: emergente dal nulla, tenerissimo e sospe-so. Così come nel nulla sfocia, dopo un’ora e venti minuti da questo attacco sfumato, il finale della sinfonia, uno dei più suggestivi dell’intero repertorio. Un tempo lento ini-ziale e un altro lento a chiusura, con i due tempi veloci al centro: una struttura originale, che già di per sé rivela l’in-tenzione di Mahler di rinunciare, nella Nona, sia all’inci-pit ad effetto che al finale trionfale. Il romanticismo mu-sicale non si chiude con un suo ultimo sfogo passionale, ma con un sospiro degli archi appena udibile…Fabio Luisi, genovese di nascita e formazione, e ora uno dei massimi direttori a livello internazionale, ha sempre avuto una grande affinità con la musica mitteleuropea: Richard Strauss e Mahler sono compositori di cui ha sem-pre intuito, fin dagli esordi, le ragioni profonde. Si annun-cia, perciò, una Nona che replicherà il successo della Se-conda della scorsa stagione.

— Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Luisi incontrerà il pubblico nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice

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Intervista a Francesco Meli, protagonista del prossimo Elisir d’amore dal 19 al 28 marzo

E tutto cominciò con l’Elisir: incontro con Francesco Meli

Genovese, i primi passi mossi nella sua città natale e poi da lì la presenza in tutti i più importanti teatri del mondo, diretto dalle bacchette più prestigiose. Francesco Meli è, attualmente, uno dei tenori più richiesti della nuova ge-nerazione: una voce potente, verdiana, ma ricca di sfuma-ture e sorretta da una musicalità innata. L’ultima volta in cui ha cantato al Carlo Felice è recente e ha fatto subito notizia: Meli è intervenuto all’ultimo momento per salva-re una recita di Traviata che si è ritrovata improvvisamen-te sprovvista di tenore. E senza aver potuto provare, è stato un Alfredo perfetto. Ora, a partire dal 19 marzo e con re-pliche fino al 28, Meli tornerà al Carlo Felice in un perso-naggio del tutto differente, Nemorino nell’Elisir d’amore di Donizetti, nello storico allestimento con la regia di Fi-lippo Crivelli, le scene di Emanuele Luzzati e i costumi di Santuzza Calì. “È vero, due ruoli molto diversi – spiega Meli –, interpretati a distanza di poco tempo, ma questo rientra nella normalità del nostro lavoro.”

Si dice sempre che l’opera ha bisogno di un nuovo pubbli-co di giovani. Lei come convincerebbe un giovane che non ha familiarità con il teatro d’opera a venire a vedere L’elisir d’amore?Prima di tutto si tratta di un’opera molto semplice, musi-calmente orecchiabile. È un’opera divertente, in modo particolare in questo allestimento con le scene di Luzzati, uno stile che tutti conoscono e che, quindi, arriva a tutti. E poi l’Elisir mette in scena una situazione che tutti abbia-mo vissuto: un amore impossibile oppure un amore che si è raggiunto grazie a peripezie e salti mortali. Ci sono sì dei personaggi strambi, delle maschere, come Dulcamara e Belcore, ma Nemorino è un personaggio reale, un giovane molto semplice, confuso dall’amore, nel quale è facile im-medesimarsi.

Il libretto di Felice Romani, inoltre, è un capolavoro di iro-nia e leggerezza, sono versi operistici molto più facili di tanti altri.Sì, è quasi un’operetta, con tutte le sue dinamiche tipiche: il dramma – nel senso drammaturgico del termine – amo-roso e i momenti buffi, ilari e anche un po’ irreali, che ral-lentano la tensione emotiva. Si tratta, insomma, di una commedia sentimentale. Con un lato serio: quando uno soffre per amore fa delle cose che all’esterno possono sembrare stupide, ma che in realtà corrispondono ad un sentimento verissimo.

Questo giustifica, all’interno di un’opera comica, la pre-senza di un’aria seria, la più famosa: “Una furtiva lagri-ma”.È l’aria che permette alla storia di diventare reale: Nemo-rino si rende conto, in quel momento, che l’elisir d’amore non serve a niente, che se Adina si innamora per merito dell’elisir, allora è meglio andarsene a fare il soldato. E in-fatti si arruola. “Una furtiva lagrima” è fondamentale per-ché capovolge la situazione e mette tutto a posto. Dulca-mara scompare, Belcore diventa una persona come le al-tre e Nemorino e Adina si trasformano in due persone vere: la fiaba e la commedia lasciano spazio, definitiva-mente, alla realtà.

Adina è interpreta da sua moglie, Serena Gamberoni. E l’Elisir per voi è un’opera dal significato particolare…Sì, perché è l’opera grazie alla quale ci siamo conosciuti. E proprio al Carlo Felice, nel 2004, in questo allestimento. Era per entrambi il debutto in una produzione importan-te: Serena come Giannetta e io come Nemorino nel secon-do cast. Tredici anni dalla conoscenza con Serena, dal de-butto al Carlo Felice e quindici di carriera. Partecipare a questo Elisir, dunque, per me è una festa.

— 4 marzo ore 16.30, Auditorium Eugenio MontaleLe spiritose geometrie del sempreverde Elisir conferenza illustrativa a cura di Lorenzo CostaIn collaborazione con l'Associazione Amici del Carlo Felice e del Conservatorio N. Paganini

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MusicaperitivoUn modo diverso per passare la domenica mattina. Nel Foyer del Teatro Carlo Felice, alle ore 11. Un’iniziativa che da anni riscuote molto successo, anche grazie all’aperiti-vo curato da Mentelocale. Domenica 19 il soprano Danie-la Aimale e il mezzosoprano Anna Venturi, accompagnati al pianoforte da Patrizia Priarone, presentano Chanson d’amour, viaggio nella più elegante musica vocale france-se da camera. Domenica 26 febbraio il Coro del Teatro Carlo diretto da Franco Sebastiani, con Patrizia Priarone al pianoforte, si esibisce in un brillante programma di evergreen pop e di musica da film. Domenica 5 marzo La Compagnia dell’Alambiq propone alchimie musicali di Siro Restani da musiche popolari, antiche e tango. Dome-nica 12 marzo Francesco Lambertini al pianoforte accom-pagna Annarita Cecchini (soprano), Elena Rozo (sopra-no), Anna Venturi (mezzosoprano) in musiche di Copland e Tagliamacco. Domenica 19 marzo Giuseppe Francese (viola) e Dario Bonucelli (pianoforte) eseguono musiche di Hindemith, Glinka e Weber (concerto in collaborazio-ne con il Conservatorio N. Paganini). Domenica 26 marzo, il chitarrista Josè Scanu fa risuonare la chitarra di Mazzini in musiche di Paganini e altri. Domenica 2 aprile torna protagonista la canzone francese, ma questa volta quella della Belle Époque (con i cantanti Annarita Cecchini, Si-mona Marcello, Antonio Mannarino, Matteo Armanino e Patrizia Priarone al pianoforte). Domenica 9 aprile, omag-gio alla musica da camera di Paganini con Eliano Calama-ro (violino), Debora Tedeschi (viola), Alberto Pisano (vio-loncello), Silvia Groppo (chitarra).

Stagione Young: Cenerentola in versione onirica firmata DEOS

La Stagione Young, all’Auditorium Montale, presenta Ce-nerentola, fiaba in musica sulle musiche di Rossini da un’idea di Emanuela Bonora con il DEOS diretto da Gio-vanni Di Cicco, realizzazione video e montaggio Nicola Marrapodi. Il 23, il 24 febbraio (ore 9.30 e 11) e il 25 feb-braio (ore 16). Cenerentola è una fiaba popolare, narrata in centinaia di versioni in gran parte del mondo, ed è par-te dell’eredità culturale di numerosi popoli. La diffusione di questa favola è tale che non pare fuori luogo collocarla nel contesto del mito, le vicende di Cenerentola costretta a servire matrigna e sorellastre, la festa a palazzo, la scar-petta e il trionfo della giustizia e dell’amore, sono i passaggi chiave e i motivi del successo di questa storia che da tempo immemorabile continua ad affascinare bambini e adulti. Ecco allora la proposta di una versione di una Cenerentola onirica fatta di musica e danza che in-tende prendere per mano il giovane pubblico e traspor-tarlo in uno spettacolo magico e danzante, giocato sulle musiche di Rossini. A partire dalla gestualità dello spetta-colo, consumato in una assoluta vicinanza con il pubbli-co, il racconto si fa tutt’uno col corpo che rappresenta at-traverso forme visibili l’azione immaginaria. Oggetti e corpi appaiono dal nulla, come evocati, e il reale si mesco-la, attraverso l’uso delle proiezioni, in un fantastico che diventa personaggio agente egli stesso.

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Settimana dei Teatri 26 marzo – 2 aprile 2017 La settimana dei teatri offre una ricca programmazione di spettacoli per abbracciare e soddisfare i gusti di tutti, proprio tutti! Il Teatro Carlo Felice partecipa con un ventaglio di proposte per festeggiare insieme questa settimana speciale.

domenica 26 marzo, ore 11.00 Foyer Teatro Carlo Felice Concerto Aperitivo. La chitarra di Mazzini, in occasione delle Giornate Mazziniane.Ingresso 7 euro.ore15.30 L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti.Spettacolo d’opera con prezzi promozionali in occasione della settimana del teatro.

Giornata Mondiale del Teatrolunedì 27 marzo, ore 9, 10, 11 e 12Visite guidate al contenitore Teatro e agli allestimenti dell’opera L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, con le scene di Emanuele Luzzati. Gratuite esclusivamente per la settimana in corso su prenotazione obbligatoria.ore 18.00 Villa Brignole Sale, GenovaDEOS (Danse Ensemble Opera Studio)Compagnia di danza residente del Teatro Carlo Felice. Scarlatti in Danza. Al pianoforte: Sirio Restani. Prezzo speciale 10 euro.

martedì 28 marzo, ore 11.00 Teatro Carlo FeliceGli elisir di Dulcamara (breve storia dell'imbroglio), adattamento a cura di Luigi Maio. Riservato agli istituti scolastici. Spettacolo a pagamento su prenotazione obbligatoria. ore 20.30 Teatro Carlo FeliceL’elisir d’amore di Gaetano Donizetti.Spettacolo d’opera con prezzi promozionali in occasione della settimana del teatro.

mercoledì 29 marzo, giovedì 30 marzo, venerdì 31 marzo, ore 10.00 Auditorium Eugenio MontaleLo strumento del diavolo, operina dedicata a Niccolò Paganini. Riservato agli istituti scolastici. Spettacolo a pagamento su prenotazione obbligatoria.

sabato 1 aprile, ore 19.00 Foyer Teatro Carlo FeliceFestival della Milonga - Tangofeliz.Spettacolo a pagamento.

domenica 2 aprile, ore 11.00 Foyer Teatro Carlo FeliceConcerto Aperitivo La chanson française à la belle époque Spettacolo a pagamento.ore 16.00 Teatro Sociale CamogliPierino e il lupo... e molto di più. Musiche di Prokof'ev, Mozart, Coli.Musicattore Luigi Maio, Orchestra Teatro Carlo Felice. Spettacolo a pagamento.

Il programma completo della settimana del teatro: www.genovateatro.it

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Direttore responsabile Viana Conti Caporedattore Massimo PastorelliRedazione Bianca FuscoProgetto grafico e impaginazione Fluido Stampato da AlgraphyHanno collaborato a questo numero: Massimo Arduino, Fabiola Di Blasi, Francesco MeliFoto in copertina e a pag. 2: Marcello Orselli

Fondazione Teatro Carlo Felice Passo Eugenio Montale, 4 - 16121 Genova, Italia telefono: 010 5381 224/226 biglietteria: 010 589329 / 010 591697 [email protected] www.carlofelice.it

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