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Tecnica colturale nel terreno Introduzione Scelto il modello colturale in termini di densità di piantagione, disposizione delle piante, cultivar e forma di allevamento, gli interventi di tecnica colturale assumono un'importanza determinante per assicurare un'adeguata produttività della coltura. La gestione del suolo e la concimazione, unitamente a tutti gli altri interventi sul terreno e sulla pianta (potatura, difesa fitosanitaria ed eventuale irrigazione), devono essere praticate in un’ottica di equilibrio con l’ambiente, per mantenere il sistema produttivo adeguatamente funzionante ed assicurare la massima espressione delle potenzialità produttive dell’albero con il minimo dispendio di risorse. Gli elaborati dovranno essere incanalati in massima parte verso gli organi fruttificanti, limitando quelli diretti verso gli organi vegetativi al minimo indispensabile per mantenere il sistema produttivo adeguatamente funzionante. Questo consente di superare i tradizionali obiettivi dell'olivicoltura orientati verso il conseguimento di brillanti risultati quantitativi, per praticare una coltivazione indirizzata al conseguimento di elevati livelli di reddito mediante ricerca e valorizzazione degli aspetti qualitativi della produzione e mediante la riduzione dei costi, anche rinunciando ad una parte della produzione potenzialmente conseguibile. Tutti gli interventi di tecnica colturale devono quindi essere necessariamente coordinati ed integrati tra loro per: ottenere una rapida formazione delle strutture produttive dell'albero in allevamento; consentire alla pianta adulta la massima espressione della capacità produttiva; guidare la competizione tra frutti e germogli in modo da ottenere un bilanciato numero di punti fruttificanti ed una sufficiente vegetazione per l'assimilazione. Gestione del terreno Potendo modificare ampiamente le caratteristiche biologiche, fisiche e chimiche del substrato, la tecnica colturale del terreno costituisce forse il punto di partenza per la messa a punto della concimazione e dell’eventuale irrigazione. L'intervento sul terreno assume un'importanza strategica nella determinazione delle interrelazioni tra pianta e suolo. La possibilità di uno sviluppo radicale abbondante ed armonico, l'instaurarsi di adeguati scambi gassosi, una buona ritenzione idrica, una discreta dotazione di sostanza organica, un'equilibrata attività microbiologica, un terreno che sfugga ai pericoli della compattazione e dell'asfissia, sono evidentemente tutti elementi fondamentali per il miglior estrinsecarsi degli scambi idrico- nutrizionali tra pianta e terreno, e di conseguenza per la massima espressione delle potenzialità produttive della pianta, ai fini del migliore risultato agronomico. La gestione del terreno in olivicoltura può essere attuata secondo due diverse strategie: la prima si basa sul mantenimento del suolo costantemente privo di vegetazione spontanea durante il periodo primaverile-estivo mediante interventi meccanici (lavorazioni) o chimici (diserbo). La seconda si basa sulla gestione di una copertura vegetale che, in modo permanente o temporaneo, si lascia collocare sulla superficie del terreno. Sono praticabili anche numerose combinazioni tra queste principali modalità. Gli effetti si evidenziano sulle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche del terreno, sullo sviluppo e sulla distribuzione dell’apparato radicale, sulle competizioni idriche e nutritive tra specie arboree ed erbacee e, in ultima analisi, sullo sviluppo vegetativo e sull’attività produttiva della coltura. In ogni caso esistono vantaggi e svantaggi che vanno attentamente considerati. Lavorazioni. Sono rivolte principalmente all'eliminazione della flora infestante per ridurre la competizione idrica e la risalita capillare, all'interramento dei concimi minerali e organici ed a favorire l'accumulo delle riserve idriche negli strati più profondi del suolo. Generalmente, tali obiettivi vengono perseguiti tramite lavorazioni superficiali ripetute nel periodo primaverile-estivo per mezzo di erpici a disco, zappatrici rotative (comunemente indicate come "frese"), vangatrici, ecc. L'applicazione di questa tecnica agronomica, molto diffusa in condizioni di coltura asciutta, presenta alcuni aspetti negativi quali il ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e l’erosione nei terreni più declivi, il depauperamento della sostanza organica da cui deriva un peggioramento della struttura del terreno, una più intensa lisciviazione dei fertilizzanti azotati (in particolare nitrici) con possibile inquinamento della falda freatica sottostante, la difficile transitabilità delle macchine operatrici nel terreno umido. Nei terreni sottoposti a lavorazione il passaggio delle macchine esalta il fenomeno della compattazione in prossimità della carreggiata; tale fenomeno, che risulta particolarmente accentuato nei suoli argillosi, riduce

Tecnica Colturale Terreno in Olivicoltura

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Autore: Giorgio Pannelli

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Tecnica colturale nel terreno Introduzione Scelto il modello colturale in termini di densità di piantagione, disposizione delle piante, cultivar e forma di allevamento, gli interventi di tecnica colturale assumono un'importanza determinante per assicurare un'adeguata produttività della coltura. La gestione del suolo e la concimazione, unitamente a tutti gli altri interventi sul terreno e sulla pianta (potatura, difesa fitosanitaria ed eventuale irrigazione), devono essere praticate in un’ottica di equilibrio con l’ambiente, per mantenere il sistema produttivo adeguatamente funzionante ed assicurare la massima espressione delle potenzialità produttive dell’albero con il minimo dispendio di risorse. Gli elaborati dovranno essere incanalati in massima parte verso gli organi fruttificanti, limitando quelli diretti verso gli organi vegetativi al minimo indispensabile per mantenere il sistema produttivo adeguatamente funzionante. Questo consente di superare i tradizionali obiettivi dell'olivicoltura orientati verso il conseguimento di brillanti risultati quantitativi, per praticare una coltivazione indirizzata al conseguimento di elevati livelli di reddito mediante ricerca e valorizzazione degli aspetti qualitativi della produzione e mediante la riduzione dei costi, anche rinunciando ad una parte della produzione potenzialmente conseguibile. Tutti gli interventi di tecnica colturale devono quindi essere necessariamente coordinati ed integrati tra loro per:

• ottenere una rapida formazione delle strutture produttive dell'albero in allevamento; • consentire alla pianta adulta la massima espressione della capacità produttiva; • guidare la competizione tra frutti e germogli in modo da ottenere un bilanciato numero di punti

fruttificanti ed una sufficiente vegetazione per l'assimilazione. Gestione del terreno Potendo modificare ampiamente le caratteristiche biologiche, fisiche e chimiche del substrato, la tecnica colturale del terreno costituisce forse il punto di partenza per la messa a punto della concimazione e dell’eventuale irrigazione. L'intervento sul terreno assume un'importanza strategica nella determinazione delle interrelazioni tra pianta e suolo. La possibilità di uno sviluppo radicale abbondante ed armonico, l'instaurarsi di adeguati scambi gassosi, una buona ritenzione idrica, una discreta dotazione di sostanza organica, un'equilibrata attività microbiologica, un terreno che sfugga ai pericoli della compattazione e dell'asfissia, sono evidentemente tutti elementi fondamentali per il miglior estrinsecarsi degli scambi idrico-nutrizionali tra pianta e terreno, e di conseguenza per la massima espressione delle potenzialità produttive della pianta, ai fini del migliore risultato agronomico. La gestione del terreno in olivicoltura può essere attuata secondo due diverse strategie: la prima si basa sul mantenimento del suolo costantemente privo di vegetazione spontanea durante il periodo primaverile-estivo mediante interventi meccanici (lavorazioni) o chimici (diserbo). La seconda si basa sulla gestione di una copertura vegetale che, in modo permanente o temporaneo, si lascia collocare sulla superficie del terreno. Sono praticabili anche numerose combinazioni tra queste principali modalità. Gli effetti si evidenziano sulle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche del terreno, sullo sviluppo e sulla distribuzione dell’apparato radicale, sulle competizioni idriche e nutritive tra specie arboree ed erbacee e, in ultima analisi, sullo sviluppo vegetativo e sull’attività produttiva della coltura. In ogni caso esistono vantaggi e svantaggi che vanno attentamente considerati. Lavorazioni. Sono rivolte principalmente all'eliminazione della flora infestante per ridurre la competizione idrica e la risalita capillare, all'interramento dei concimi minerali e organici ed a favorire l'accumulo delle riserve idriche negli strati più profondi del suolo. Generalmente, tali obiettivi vengono perseguiti tramite lavorazioni superficiali ripetute nel periodo primaverile-estivo per mezzo di erpici a disco, zappatrici rotative (comunemente indicate come "frese"), vangatrici, ecc. L'applicazione di questa tecnica agronomica, molto diffusa in condizioni di coltura asciutta, presenta alcuni aspetti negativi quali il ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e l’erosione nei terreni più declivi, il depauperamento della sostanza organica da cui deriva un peggioramento della struttura del terreno, una più intensa lisciviazione dei fertilizzanti azotati (in particolare nitrici) con possibile inquinamento della falda freatica sottostante, la difficile transitabilità delle macchine operatrici nel terreno umido. Nei terreni sottoposti a lavorazione il passaggio delle macchine esalta il fenomeno della compattazione in prossimità della carreggiata; tale fenomeno, che risulta particolarmente accentuato nei suoli argillosi, riduce

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progressivamente la porosità ed influisce in maniera negativa sullo sviluppo delle radici. Le lavorazioni determinano infatti un aumento della densità apparente del terreno e, di conseguenza, una diminuzione della porosità e della permeabilità del suolo passando dalla zona del filare verso l'interfilare, specialmente se in corrispondenza della carreggiata. Altro tipo di compattazione è causato dall'impiego di macchine zappatrici rotative (frese), che determinano un elevato sminuzzamento dello strato superficiale del terreno. A seguito delle precipitazioni, le particelle più minute migrano verso la zona di transizione fra lavorato e non, occludendo i pori e determinando la formazione di uno strato compatto, impermeabile all'acqua e all'aria, con accumulo nel terreno di etilene e anidride carbonica, entrambe tossiche per il metabolismo radicale. Generalmente, in queste condizioni agronomiche, l'olivo presenta vistosi ingiallimenti delle foglie e, nei casi più gravi, riduzione della crescita e della produzione (stress da compattazione). Le soluzioni proposte per superare in massima parte gli effetti negativi indotti da questa tecnica colturale possono essere volte all'utilizzo di macchine operatrici che non sminuzzino eccessivamente il terreno, alla oculata variazione delle profondità di lavoro senza compromettere la vitalità dell'apparato radicale degli alberi, al ricorso del "sub-soiling", che consiste nella esecuzione periodica (ogni 3-4 anni) di una ripuntatura fino a 40-50 cm di profondità al centro dell'interfilare. Le lavorazioni inducono: 1. aumento dei fenomeni di erosione laminare e di ruscellamento delle acque, soprattutto su terreni in

pendenza; 2. riduzione significativa della velocità d’infiltrazione delle acque; 3. formazione di suola di lavorazione con riduzione della permeabilità del terreno; 4. riduzione della portanza del terreno che diviene non transitabile dalle macchine; 5. induzione di ingenti perdite di carbonio del suolo per respirazione della biomassa microbica

estremamente aggressiva verso la frazione organica più attiva del suolo resa accessibile con la lavorazione;

6. riduzione della biodiversità. Diserbo chimico. In prove sperimentali ed applicative di "non coltura" dell’olivo, nel breve e medio termine, sono stati oggettivamente constatati numerosi effetti positivi su aspetti fisico-chimici del terreno come: • l'eliminazione della crosta o suola di lavorazione, cioè quello strato di terreno compatto che si forma con

le continue lavorazioni effettuate alla stessa profondità, tanto più facilmente nei terreni argillosi o limosi, che impedisce una buona penetrazione dell'acqua e dell'aria;

• la migliore conservazione della sostanza organica in quanto le lavorazioni, con il rovesciamento degli strati, ne favoriscono una più rapida ossidazione;

• il migliore sviluppo dell'apparato radicale con l'aumento della massa delle radici, soprattutto negli strati superficiali che sono i più ricchi di acqua ed elementi fertilizzanti;

• la realizzazione graduale di una struttura ottimale per effetto di un aumento del numero dei pori, soprattutto di quelli compresi fra 0,5 e 50 micron e fra 50 e 500 micron. I primi costituiscono la riserva idrica (porosità capillare), mentre i secondi assicurano la circolazione dell'acqua e dell'aria, nonché la crescita dei peli radicali;

• l'eliminazione tempestiva delle infestanti che, specie negli ambienti centro-meridionali, sono causa di perdite idriche e di elementi nutritivi;

• la possibilità di facilitare molte operazioni colturali per effetto della maggiore portanza del terreno che migliora l’agibilità delle macchine favorendo i trattamenti antiparassitari, le concimazioni e la raccolta;

• la migliore organizzazione del lavoro nelle aziende agrarie che, disponendo di una vasta gamma di prodotti diserbanti, possono intervenire durante un lungo arco di tempo a seconda delle esigenze aziendali e delle caratteristiche ambientali;

• il minor costo nei confronti delle lavorazioni tradizionali che necessitano di un impegno uomo-macchina più gravoso, sia in termini orari che come costi di carburante;

• la maggiore velocità di esecuzione in quanto il passaggio erbicida richiede solo 3-4 ore/ha. Di conseguenza la tecnica si presenta adeguata alle nuove esigenze di un'agricoltura sempre più part-time, cioè praticata da persone che svolgono usualmente altre attività.

Questa tecnica ha trovato una notevole diffusione soprattutto negli oliveti spagnoli. Infatti, già nel 1962 furono impostate prove di "non laboreo" in oliveti nella provincia di Jaen, mediante l'uso di erbicidi di contatto e residuali. Nel 1976, visti i risultati positivi, il Ministero dell'Agricoltura spagnolo ha capillarmente

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coordinato sperimentazioni sul diserbo in tutto il territorio nazionale, sia con erbicidi residuali che di contatto. I risultati ottenuti, oltre ai suddetti effetti colturali, strutturali ed economici, hanno evidenziato produzioni significativamente superiori ed un'attenuazione del fenomeno dell'alternanza di produzione, probabilmente per effetto della maggiore capacità di approvvigionamento idrico e nutrizionale indotta da una nuova porzione di apparato radicale che insorge nello strato superficiale di terreno (tabella 1).

Tabella 1. Valori medi di parametri rilevati in 16 località spagnole durante periodi compresi tra il 1976 ed il 1983.

Lavorazione tradizionale Non lavorazione con diserbo

(indice) (indice) Produzione olive 100 125 Costo interventi sul terreno 100 65 Consumi di gasolio 100 25 Fonte: Pastor Muñoz-Cobo, 1990.

Alla luce di tutte queste esperienze e risultati si è registrato, già alla fine degli anni '70, un notevole aumento della "non coltura" in Spagna, al punto che nella sola provincia di Jaen erano già oltre 20.000 gli ha di oliveto non più lavorati, aumentati a 40.000 nel 1990. Il diserbo chimico tuttavia, se per certi versi risolve completamente il problema della concorrenza idrico-nutrizionale delle infestanti comporta, nel lungo termine, una serie di inconvenienti sui quali è necessario riflettere. Infatti, è stato riscontrato che l'assenza di qualsiasi flora dal terreno peggiora le caratteristiche fisiche e microbiologiche, per cui si assiste ad una degradazione degli aggregati strutturali dello strato superficiale con conseguenti fenomeni di erosione nei terreni declivi, oltre che ad un'accentuata riduzione della vita biologica, associata ad una drastica contrazione della sostanza organica del suolo. Inoltre, la pratica mal si concilia con la esigenza di una olivicoltura a basso impatto ambientale, dove una flora infestante opportunamente gestita e valorizzata deve essere considerata come una risorsa capace di incrementare la fertilità fisica, chimica e microbiologica del terreno. Per questo il diserbo generalizzato del terreno vede compromessa ogni prospettiva, mentre viene progressivamente apprezzato il diserbo localizzato per la gestione della flora infestante presente sotto le giovani piante e/o sotto il filare, integrato da altre forme di intervento nell’interfila. Il diserbo chimico prolungato induce: 1. peggioramento delle caratteristiche fisiche e microbiologiche del suolo per cui si assiste ad una

degradazione degli aggregati strutturali dello strato superficiale con conseguenti fenomeni di erosione nei terreni declivi;

2. accentuata riduzione della vita biologica associata ad una drastica contrazione della sostanza organica del suolo;

3. incompatibilità con le esigenze di una olivicoltura a basso impatto ambientale, dove una flora infestante opportunamente gestita e valorizzata viene considerata come una risorsa capace di incrementare la fertilità fisica, chimica e microbiologica del terreno.

Inerbimento. Nel recente passato, alle tradizionali lavorazioni superficiali ed al diserbo chimico del suolo si sono aggiunte altre tecniche maggiormente in sintonia con i meccanismi fisiologici della pianta e con le problematiche ambientali in generale. La costante eliminazione della flora infestante praticata con le due suddette tecniche mostra gravi limiti nella progressiva erosione del migliore strato di terreno e nella progressiva riduzione del tenore in sostanza organica. L’inerbimento permanente o temporaneo rappresenta un modo veramente alternativo di intervento sul terreno, che assume il ruolo di equilibratore di tutti i fenomeni fisici, chimici e biologici che ruotano intorno al complesso sistema terreno-albero. La presenza permanente di specie erbacee abbinata alla restituzione di ogni residuo organico prodotto nell’oliveto, induce un arricchimento in sostanza organica nel terreno derivante sia dal rapido e naturale rinnovarsi delle radici delle erbe, sia dalla produzione di biomassa lasciata sul posto dalle operazione meccaniche di trinciatura. Nel caso, gli apporti di azoto a sostegno della produzione dovrebbero essere limitati alla semplice compensazione nel bilancio tra apporti ed asporti. Ovviamente, in peggiori condizioni di efficienza colturale gli apporti minerali di azoto dovrebbero incrementare con evidente aumento dei costi e possibilità di danno ambientale (tabella 2). Tabella 2. Esempio di bilancio dell’azoto necessario per la produzione di 5 t/ha di olive su terreno inerbito (stimando una presenza di leguminose pari al 30% della biomassa), con totale restituzione dei residui organici di produzione.

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Capitoli di bilancio Azoto

Apporti (kg+) Asporti (kg-) Integrazione minerale Inerbimento 70 50 +20 Sanse umide 20 0 +20

Potatura 40 40 0 Olive 0 30 -30

Scheletro e radici 0 20 -20 Humus 40 40 0

Perdite varie 0 10 -10 Totale 170 190 -20

Fonte: Neri et al., 2010.

L’inerbimento rappresenta la premessa fondamentale per il recupero delle attività e delle trasformazioni del terreno in quanto agisce come catalizzatore dei processi biologici, agenti di una costante disponibilità di elementi fertilizzanti per la coltura. Inoltre esplica un ruolo determinante nel recupero della fertilità fisica, per un più stabile assetto degli aggregati strutturali che si riflette positivamente sulle condizioni di abitabilità e transitabilità del terreno e sulla regimazione idrica profonda. La pratica rappresenta un modo alternativo e talvolta integrativo di intervento al suolo quando le lavorazioni sono rese difficoltose dalle scarse condizioni di agibilità dell'oliveto, i terreni sono soggetti ad erosione ed i danni provocati dalle lavorazioni intempestive e dal calpestamento, molto gravi. Presenta inoltre altri vantaggi in quanto la monocoltura, propria degli oliveti moderni, necessita di misure adeguate, sia per il miglioramento della struttura fisica del terreno legato ad un maggior apporto di sostanza organica, sia per l'effetto protettivo che la copertura e l'ombreggiamento della cotica hanno sull'assetto glomerulare delle particelle. Questo consente al terreno una migliore reattività nei confronti di alcuni eccessi climatici, legati all'eccessiva piovosità in alcuni periodi dell’anno, e consente una migliore agibilità del terreno durante le operazioni di raccolta. La normalizzazione dei livelli di umidità si ripercuote indirettamente anche sull'assorbimento degli elementi (ferro, magnesio, azoto), che viene migliorato, e nelle più modeste escursioni termiche tra giorno e notte e tra le stagioni. L'arricchimento di sostanza organica procede al ritmo medio annuo dello 0,1% che, seppure modesto e limitato alle prime decine di centimetri di suolo, è la premessa fondamentale per il recupero di un'intensa attività biologica (tabella 3). Tabella 3. Variazioni del contenuto di sostanza organica nel terreno dopo 7 anni di gestione differenziata del suolo in pescheto.

Gestione suolo Zona di terreno Profondità strato di

terreno (cm)

Contenuto in Sostanza Organica (%) Variazione

(%) Iniziale 7 anni dopo

Filare 5-30 1,54 1,70* +10,7 Inerbito 30-60 1,4 1,49* +6,6

Interfilare 5-30 1,45 1,81* +25,0 30-60 1,39 1,70* +22,0 Filare 5-30 1,54 1,45* -6,4

Lavorato 30-60 1,34 1,31 ns -2,4 Interfilare 5-30 1,46 1,42* -3,1 30-60 1,41 1,39 ns -1,8

Fonte: Sorrenti et al., 2011. *Trattamento significativo al 95% di probabilità.

In terreni soggetti a smottamento o ad erosione, l'inerbimento è una pratica insostituibile, anche perché consente una migliore regimazione idrica profonda, favorendo l'infiltrazione delle acque meteoriche. Ciò consente ai terreni inerbiti di costituire riserve idriche analoghe o superiori a quelle realizzabili tradizionalmente, con le quali possono far fronte a brevi periodi di necessità. In ogni caso bisogna tener presente che tra olivo e prato si stabilisce una "competizione", intendendo con questo termine il consumo contemporaneo di alcune risorse (acqua ed elementi minerali) quando queste sono disponibili in quantità limitata. All'effetto negativo prodotto dalla presenza incontrollata delle specie infestanti, si aggiunge spesso una "interferenza" indotta dalle "allelopatie", dovute a sostanze tossiche prodotte dalle radici di alcune infestanti (es. gramigna) che, particolarmente nelle giovani piante, hanno un effetto inibitorio sullo sviluppo e sulla produzione. Tipo di inerbimento. Nelle diverse tipologie olivicole nazionali si rilevano situazioni climatiche, pedologiche ed agronomiche molto diversificate: molti olivi sono coltivati in zone pedemontane con terreni relativamente superficiali e poveri, altri in zone di pianura, caratterizzate invece da terreni profondi e fertili. In ogni caso, sono frequenti estati siccitose con conseguenti difficoltà di approvvigionamento idrico. Questo

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comporta, per ogni ambiente, la necessaria individuazione della tecnica di gestione del terreno più appropriata per valorizzare al meglio le risorse disponibili (acqua, elementi minerali, sostanza organica, ecc.) e per consentire alla pianta la piena espressione delle sue potenzialità produttive. Inerbimento permanente o temporaneo. Gli effetti dell’inerbimento temporaneo sono inferiori a quelli del permanente e si evidenziano in particolare nella protezione dai fenomeni erosivi e nel miglioramento dell’attività dei microrganismi che metabolizzano la massa vegetale interrata. Infatti, il contributo al miglioramento del tenore in sostanza organica stabile è molto modesto, così come il ruolo sulla stabilità strutturale dei grumi terrosi. Anche negli inerbimenti temporanei artificiali successivamente sovesciati, ad una elevata produzione di sostanza organica non corrisponde un’equivalente produzione di humus stabile. Migliore è il comportamento degli inerbimenti temporanei artificiali non sovesciati (tabella 4). Tabella 4. Nutrienti restituiti ed humus formato in un anno considerando un coefficiente di umificazione compreso tra 0 e 0,2 per il sovescio e tra 0,1 e 0,2 per l’inerbimento.

Pratica colturale Sostanza secca Humus prodotto Azoto Fosforo Potassio

(t/ha) (t/ha) (kg/ha) (kg/ha) (kg/ha) Sovescio (di orzo e veccia

interrato a maggio) 2,0-4,0 0-0,8 40-80 8-12 60-80

Inerbimento (misto con 2-3 trinciature)

3,0-4,0 0,5-1,2 60-90 10-15 90-110

Fonte: Neri et al., 2010.

Il fattore determinante nella scelta del tipo di inerbimento del suolo è rappresentato, soprattutto negli ambienti dove le precipitazioni sono limitate e concentrate nel periodo autunno-inverno e dove non è possibile la pratica irrigua, dalle disponibilità idriche per la coltura. Negli ambienti pedo-climatici in cui le precipitazioni primaverili sono in grado di assicurare un sufficiente rifornimento idrico fino a primavera inoltrata ed in cui i terreni sono dotati di una buona capacità di ritenzione idrica, l’inerbimento permanente appare sicuramente praticabile ricorrendo ad un massimo di 3 interventi di trinciatura (ad avvenuto sviluppo del prato, preliminare al periodo siccitoso estivo e preliminare alla raccolta). Negli ambienti maggiormente siccitosi sono praticabili forme d’inerbimento integrato, che rendono possibile l’intervento anche dove la piovosità del periodo primaverile-estivo è limitata. In pratica si ricorre all’inerbimento temporaneo nel periodo autunno-primaverile con specie annuali a rapido insediamento, da lasciar disseccare perché autodisseminanti. In ogni caso le leguminose sono da preferire alle altre per la capacità azoto-fissatrice e per le minori esigenze idriche. L'inerbimento permanente è una pratica costosa quanto le lavorazioni tradizionali e più del diserbo, sia per il maggior impegno legato alle frequenti trinciature, sia per gli apporti supplementari di elementi fertilizzanti, soprattutto azoto (20-30 kg/ha annui), almeno nei primi 2-3 anni. Inerbimento naturale o artificiale. Per l’inerbimento artificiale è preferibile seminare l’essenza in agosto, sia per i minori pericoli di concorrenza, sia perché i filari da inerbire sono in questo periodo meno percorsi da macchine per i trattamenti antiparassitari e quindi il prato può crescere ed affermarsi indisturbato. Il Trifolium subterraneum o la Medicago polimorpha possono rappresentare le specie ideali nelle regioni centro-meridionali per il ciclo di sviluppo autunno-vernino, sia perché accumulano bio-massa proprio nel periodo più critico per gli effetti negativi dell'erosione, sia perché muoiono nel periodo in cui cominciano le carenze idriche (fine primavera). Non entrano perciò in competizione con le piante arboree, ma contribuiscono, con il loro effetto pacciamante, alla conservazione dell'umidità. Inoltre mettono a disposizione del terreno notevoli quantità di azoto (30-50 kg/ha/anno). Il ciclo vegetativo di entrambe le specie comincia con la germinazione, che viene attivata dalle prime piogge autunnali in settembre-ottobre. La crescita si realizza soprattutto in inverno e primavera, mentre la fruttificazione e la fine del ciclo, con essiccamento totale della pianta, avvengono a fine primavera o inizio estate in base alla specie ed alla varietà. Il problema dell’inerbimento artificiale subentra quando la specie subisce la competizione della flora infestante spontanea per cui, nel volgere di breve tempo, viene sopraffatta dalla concorrenza. Per questo si consiglia di valutare preliminarmente in piccoli appezzamenti la capacità competitiva della leguminosa autodisseminante e cercare un’alternativa nell’ambito della vasta scelta varietale o di preferire un inerbimento naturale, nel caso in cui la competitività si dimostri limitata. In questo caso la flora spontanea viene selezionata dai ripetuti interventi meccanici, fino alla scomparsa di quella dotata di scarsa capacità di rigenerazione ed alla progressiva affermazione di quella a portamento strisciante, per questo meno danneggiata dagli interventi meccanici di contenimento. Scelta del materiale organico. L’intenzione di arricchire il terreno nel breve periodo di elementi minerali per la coltura arborea, induce la scelta di materiali organici di elevata qualità, cioè caratterizzati da ridotti tenori di prodotti resistenti alla decomposizione, da elevate percentuali di azoto e da basso rapporto C/N. Tali

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caratteristiche inducono nel terreno una considerevole cessione di azoto minerale ed emissioni di anidride carbonica. L’intenzione di mantenere o incrementare nel lungo periodo il livello di sostanza organica nel terreno fa preferire materiale di “bassa” qualità ovvero di difficile decomposizione, quindi con elevato contenuto in lignina o polifenoli, oppure con basso tenore di azoto (C/N >25). Tale tipologia di materiale sequestra nel suolo ingenti quantitativi di carbonio ed ha effetti migliorativi sulla struttura del terreno. Le combinazioni leguminosa/graminacea e l’uso di leguminose in stadi avanzati di sviluppo (con maggiore lignificazione) rappresentano requisiti di substrati di qualità intermedia (tabella 5). Tabella 5. Classificazione della qualità dei residui in base ai rapporti Carbonio (C)/Azoto (N) e Lignina (L)/Azoto (N).

Qualità residuo C/N L/N Elevata degradazione <18 <5

Moderata degradazione 18-27 5-7 Lenta degradazione 28-60 7,5-15

Ridottissima degradazione >60 >15 Fonte: Celano et al., 2009.

La pratica della trinciatura in campo del materiale di potatura insieme all’inerbimento protratta fino a primavera inoltrata (Maggio/Giugno) consente la disponibilità di un’abbondante mistura di moderata degradazione che, mediante formazione di uno spesso strato pacciamante, svolge un’azione di ombreggiamento a riduzione del successivo germogliamento ed un’azione difensiva verso l’eccessivo riscaldamento del terreno (che induce evaporazione di acqua) ed il ruscellamento superficiale delle acque meteoriche (tabella 6). Tabella 6. Differenti tipologie di materiale organico singolo o in mistura.

Tipologia di materiale organico

Sostanza secca

Carbonio (C)

Lignina (L)

Azoto (N)

C/N L/N Qualità residuo

(kg/ha) (%) (%) (%) (n) (n)

Veccia (A) 4.000 45,0 8,0 2,8 16,1 0,9 Altamente decomponibile Materiale di potatura (B) 2.500 48,5 17,7 1,0 47,8 17,4 Lenta/ridotta degradazione

Mistura (A+B) 6.500 46,3 11,7 2,1 21,9 5,5 Moderata degradazione Fonte: Celano et al., 2009.

Le numerose e prolungate esperienze di trinciatura in loco del materiale di potatura fanno escludere ogni ulteriore diffusione delle principali patologie dell’olivo, fatta eccezione per la Verticillosi (Verticillium dahliae) il cui materiale infetto deve essere prontamente eliminato dopo la potatura, e per il Fleotribo (Phloeotribus scarabaeoides) che consiglia l’immediato allontanamento del materiale più grossolano di potatura, dove l’insetto svolge parte del suo ciclo. Comunque, si raccomanda l’impiego di attrezzatura capace di sminuzzare finemente i residui organici (trinciaerba a martelli funzionante a pieno regime) ed un’attenta prevenzione verso l’Occhio di pavone (Spilocaea oleaginea), vista la maggiore umidità atmosferica indotta dall’inerbimento nella porzione medio/bassa di chioma. Gestione dell’inerbimento. Nella gestione dell’inerbimento in olivicoltura occorre rispettare alcune semplici regole. L’inerbimento deve conseguire una continua copertura del suolo durante l’anno con essenze vive nel periodo autunno-vernino e pacciamanti (con i loro residui) in primavera-estate. Gli interventi di trinciatura devono essere tempestivi così da creare dalle fioritura dell’olivo in poi una protezione superficiale che riduce il riscaldamento del terreno, la penetrazione della luce e minimizza le perdite per evaporazione di acqua dal suolo. Le lavorazioni devono essere evitate salvo casi di effettiva necessità (es. pericolo di incendi). Nella maggioranza degli ambienti olivicoli, l'inerbimento è praticabile a partire dal 4-5° anno dall'impianto o anche prima, a condizione che venga mantenuta priva di infestanti l'area sottostante il filare. L'inerbimento al primo anno di impianto dell’oliveto potrebbe non essere così competitivo per l'apparato radicale delle barbatelle a condizione che venga lasciata stabilmente priva di flora infestante una striscia di sottofila abbastanza larga, meglio se pacciamata con polietilene o con compost. L’interfilare, invece, deve essere mantenuto privo di infestanti particolarmente durante il periodo in cui è accentuata la competizione idrica. La decisione di procedere all’inerbimento del terreno deve considerarsi irrevocabile, poiché la formazione di una nuova porzione superficiale di apparato radicale necessita di un breve periodo di tempo durante il quale le piante subiscono competizione idrica da parte delle infestanti manifestando, talvolta, evidenti sintomi di sofferenza. Successivamente, però, l’olivo supera brillantemente tali difficoltà per la possibilità di esplorare il migliore strato di terreno e beneficiare anche delle brevi precipitazioni estive, altrimenti disperse

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nell’ambiente. Solo in presenza di terreni con modesto contenuto in sostanza organica e scarsa capacità di ritenzione idrica ed in annate con prolungata periodi di siccità, l’inerbimento potrà essere sospeso mediante lavorazione superficiale fino ad un massimo di 5 cm. Ogni altra analoga decisione, in assenza delle suddette condizioni, esporrebbe le piante ad una nuova situazione di stress per l’eliminazione di una porzione appena formata di apparato radicale. Le indicazioni pratiche che possono essere fornite sono sempre e comunque a sostegno dell’inerbimento degli oliveti adottando, magari dopo prove preliminari di confronto, la soluzione che meglio si adatta alla realtà in esame. La pluviometria potrà essere utilizzata come guida nella scelta del metodo d’inerbimento: per una piovosità annua superiore ai 700-800 mm nessun ostacolo per qualsiasi tipo di inerbimento permanente (naturale o artificiale). Per una piovosità inferiore a tali livelli, fino a 500 mm circa, e/o in presenza di piovosità di almeno 150 mm durante il quadrimestre maggio-agosto, possono essere praticate forme d’inerbimento temporaneo o d’inerbimento integrato da altre tecniche di controllo delle infestanti durante il periodo di maggior competizione idrica (es. diserbo chimico localizzato). Anche in ambienti a piovosità inferiore ai 500 mm/anno l’inerbimento può essere praticato, attuando un tempestivo controllo della flora infestante, prima che eserciti accentuata competizione idrica, accelerando, di conseguenza, l’affermazione di una flora di “sostituzione” a limitato consumo idrico per un ridotto sviluppo vegetativo e per un portamento vegetativo basso e strisciante. Numerosi tentativi di inerbimento permanente di oliveti in ambienti caldo-aridi del Sud-Italia confermano l’assenza di competizione idrica per una copertura vegetale completamente devitalizzata durante il periodo estivo. Comunque in olivicoltura, una limitata disponibilità di acqua durante il periodo estivo assume dimensioni meno preoccupanti rispetto ad altre specie per la naturale capacità di sopportazione della specie e per la simultanea possibilità di pervenire ad una migliore ripartizione degli elaborati, poiché una modesta riduzione dell’attività vegetativa favorisce quella riproduttiva senza conseguenze negative per la successiva produzione. Inoltre, sono da considerare anche gli effetti sulla qualità dell’olio che, per certi aspetti nutrizionali ed organolettici, possono considerarsi positivi. L’inerbimento induce: 1. riduzione dell’erosione per attenuazione dell’azione battente della pioggia, riduzione della velocità delle

acque di ruscellamento, limitazione della compattazione del suolo e della formazione della crosta in superficie, aumento dell’infiltrazione di acqua per la presenza di canali rilasciati dalle radici morte e dai lombrichi;

2. la copertura vegetale è fonte di sostanza organica, fattore determinante per il mantenimento della fertilità del suolo, e di elementi minerali, il cui rilascio dipenderà dalla quantità e qualità dei residui vegetali e del loro destino;

3. incremento della riserva idrica del suolo riducendo lo scorrimento superficiale ed aumentando la quota di infiltrazione delle precipitazioni e la capacità di ritenzione del suolo tramite miglioramento delle caratteristiche strutturali (incremento della porosità);

4. riduzione della temperatura del terreno limitando la penetrazione luminosa con benefici effetti sulle perdite di acqua per evaporazione e sulla riduzione del germogliamento delle erbe sfalciate.

Fertilizzazione La nutrizione dell’olivo deve essere praticata secondo una concezione innovativa rispetto a quella tradizionale, considerando che il suo obiettivo non è tanto la nutrizione dell'albero quanto quella di certe sue parti e forse soltanto degli organi riproduttivi. Non appare quindi più sufficiente fornire elementi nutritivi al terreno per assicurare il loro assorbimento da parte delle radici ma, con opportuni metodi agronomici deve essere modificata la fisiologia dell'albero, in modo che gli elementi necessari vengano trasportati prevalentemente negli organi "bersaglio". Ciò significa controllare, soprattutto in specifici periodi, l'assorbimento, la traslocazione, la disponibilità di energia e le competizioni tra organi. In questo senso una coordinata ed attenta applicazione della tecnica colturale del terreno, dell'eventuale irrigazione, della potatura e della fertilizzazione può portare un primo ed efficace contributo. In rapporto alla tecnica colturale del terreno ed al regime idrico dell’oliveto, la fertilizzazione deve essere impostata definendo le qualità ed il tipo di fertilizzanti, l'epoca e le modalità di somministrazione. Dosaggio e tipo di fertilizzanti. La definizione dei piani di concimazione in olivicoltura dovrebbe essere effettuata in base ai fabbisogni nutrizionali della coltura, che variano con l’età e le dimensioni dell’albero,

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con le fasi fenologiche e con la produttività. La stima di tali necessità può essere effettuata ricorrendo a varie metodiche tra loro complementari che vanno dalla diagnostica fogliare alla restituzione delle asportazioni avvenute per vegetazione e produzione. Nel calcolo delle asportazioni, oltre alla produzione, vanno annoverate anche quelle di materiale di potatura e foglie senescenti che, nel caso di gestione sostenibile (inerbimento), restituiscono al terreno il 100% del fosforo e del potassio ed il 50% circa dell’azoto, considerando le eventuali perdite per il metabolismo degli organismi tellurici e per i processi di denitrificazione e lisciviazione (tabella 7). Tabella 7. Asportazioni medie per produzione, materiale di potatura e foglie senescenti (in peso fresco) in un oliveto adulto della Basilicata.

Asportazioni Kg/pianta/anno (media periodo 2000-2006) Produzione 54,0

Materiale di potatura 38,5 Foglie senescenti 11,7

Fonte: Palese et al., 2008.

Le dosi così calcolate andrebbero poi corrette con opportuni coefficienti da adottare in base alle analisi fisico-chimiche del suolo. La somministrazione dei concimi andrebbe poi frazionata nel corso dell’anno, secondo le fasi fenologiche e l’andamento climatico. Il dosaggio dei fertilizzanti appare, quindi, come uno degli aspetti di tecnica colturale più controversi e difficili da risolvere poiché le informazioni sperimentali, seppure numerose, sono difficilmente generalizzabili, mentre i criteri generali, tuttora largamente utilizzati, suscitano ancora qualche perplessità. L’analisi fisico-chimica del terreno assume un importante ruolo poiché permette di valutare la fertilità di base dell'ambiente pedologico. L'analisi è ovviamente indispensabile prima dell'impianto dell’oliveto, per ottenere informazioni su aspetti fisici e chimici della fertilità del terreno, ma è necessaria anche durante la vita dell’oliveto per controllare l’effettiva rispondenza delle soluzioni adottate alle necessità agronomiche della coltura. I campioni per l’analisi del terreno devono essere prelevati a 20 cm circa di profondità ed in numero minimo di 4-5 per appezzamenti omogenei (indipendentemente dalla superficie), nel punto di incrocio delle diagonali e nel punto centrale delle 4 semidiagonali (figura 1). Figura 1. Metodologia da adottare per il prelievo dei campioni in campo.

Gli originari 4-5 campioni prelevati da un territorio omogeneo vanno quindi ridotti ad un solo campione da consegnare al laboratorio di analisi per le determinazioni relative alla fertilità fisica e chimica del terreno. Figura 2. Trattamento dei campioni di terreno dopo il prelevamento in campo.

1 kg 1 kg 1 kg 1 kg 1 kg

Miscelazione

5 kg

Riduzione

1 kg

Essiccazione

x g

Pesatura

500 g

Vagliatura a 2 mm

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Pesatura Pesatura

SCHELETRO x g x g TERRA FINE

Frazionamento

100 g 10 g 10 g 5 g 5 g 5 g 2,5 g 10 g

Tessitura pH CaCO3 totale

CaCO3 attivo

NH4-NO3

Fosforo assimila-

bile

Potassio e Sodio

Sostanza organica

Queste informazioni devono essere integrate da un'analisi del profilo del suolo al fine di valutare il volume a disposizione dell'apparato radicale e le caratteristiche idrologiche del terreno. Negli oliveti adulti l'osservazione dei profili permette di ricavare informazioni sugli effetti della tecnica colturale del terreno e sullo sviluppo degli apparati radicali, indicazioni indispensabili per eseguire correttamente la distribuzione dei fertilizzanti e l'irrigazione. E' da rilevare che, mentre per il potassio, il fosforo e per tutti gli altri elementi trattenuti dal potere assorbente del terreno, l'analisi del terreno può fornire utili indicazioni anche durante il ciclo produttivo dell'oliveto, per l'azoto assume significato, nella maggioranza dei casi, solo l'osservazione diretta del comportamento degli alberi, poiché il quantitativo rilevato con l’analisi rappresenta solo la quota al momento disponibile. Una sintesi delle indicazioni che possono essere tratte dai risultati di un’analisi fisico-chimica del terreno sono riportate in tabella 9. Tabella 8. Interpretazione delle analisi del terreno per il controllo della fertilità fisica e per la formulazione di un piano di concimazione. 1. Tessitura. Il confronto tra le diverse serie di valori fornisce indicazioni sullo stato di aggregazione del suolo. Le particelle argillose hanno carica elettrica negativa garantendo potere assorbente verso i cationi (carica elettrica positiva) e l’acqua; la sabbia consente circolazione di aria ed acqua; il limo possiede capacità intermedie. Una equilibrata presenza delle tre tipologie di particelle consente le migliori caratteristiche fisiche del terreno.

Tessitura Argilla Limo Sabbia

Argilloso > 40% 25-30% Differenza a 100

Limoso 15-20% 25-40% Differenza a 100

Equilibrato < 20% 30-50% Differenza a 100

Sabbioso 1-5% 8-10% Differenza a 100

2. Velocità d’infiltrazione dell’acqua: Si misura in campo rilevando nel tempo la quantità di acqua che penetra nel suolo attraverso un cilindro di superficie nota. Per le colture arboree è considerata favorevole quando superiore a 30 mm/h. La disponibilità di acqua per l’assorbimento nel terreno varia tra il limite inferiore (punto di appassimento) e quello superiore (capacità di campo). Entrambe i limiti sono condizionati dalla tessitura del terreno, con particolare riferimento alla disponibilità di particelle argillose.

Tessitura Punto di appassimento

(cm3 di acqua/cm3 di terreno) Capacità di campo

(cm3 di acqua/cm3 di terreno) Sabbioso 0,07 0,15

Franco-sabbioso 0,09 0,21 Franco 0,14 0,31

Franco-argilloso 0,17 0,36 Argilloso-limoso 0,20 0,40

Argilloso 0,21 0,44

Tabella 9. Interpretazione delle analisi del terreno per il controllo della fertilità chimica e per la formulazione di un piano di concimazione. 1. Capacità di Scambio Cationico (CSC): correlata alla granulometria (tessitura) ed alla sostanza organica, rappresenta la quantità

massima di cationi che il suolo può assorbire e scambiare. • < 10 (bassa); • 10-20 (medio-bassa); • 21-30 (medio-alta); • 30 (alta).

2. pH: misura la reazione del terreno e si misura per via potenziometrica. • < 6.0 (acido); • 6.0-6.7 (sub-acido); • 6.8-7.2 (neutro); • 7.3-8.0 (sub-alcalino);

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• 8.0 (alcalino); 3. Calcare totale e calcare attivo: esprime la totalità dei carbonati e l’aliquota di calcare dotata di maggiore reattività.

• 5% di calcare totale (calcareo); • 6-7% di calcare attivo (problemi di clorosi).

4. Azoto: sotto forma organica si rende disponibile per i processi di umificazione e nitrificazione. NH3 e NO3 sono anioni (carica elettrica negativa), quindi non trattenuti dal potere assorbente, e rappresentano solo l’1% dell’azoto organico totale.

5. Sostanza Organica: in base al contenuto, i terreni possono essere classificati come: • < 1,5% (povero); • 1,5-2,5% (sufficiente); • 2,6-3,5% (buona dotazione); • 3,5% (ricco).

Tabella 10. Limiti di sufficienza dei principali elementi nutritivi e della sostanza organica in funzione della tessitura del terreno e della Capacità di Scambio Cationico (CSC).

Elementi nutritivi Tipo di terreno:

Sabbioso Medio impasto Argilloso CSC (n) <10 10÷30 >30

Azoto totale (%) 0,8÷1,2 1,0÷1,6 1,2÷1,6 Fosforo assimilabile (ppm) 20÷32 23÷35 25÷37 Potassio scambiabile (ppm) 100÷145 120÷180 145÷215

Sostanza organica (%) 0,8÷1,5 1,5÷2,0 2,0÷2,5 Fonte: Famiani et al., 2006.

È importante che il campionamento avvenga almeno quattro mesi dopo l'ultima fertilizzazione, sia che si

sia trattato di concimazione minerale al suolo, sia di apporti occasionali per via fogliare. Inoltre, servendosi esclusivamente dell'analisi del suolo, la maggior parte degli squilibri nutritivi nella pianta resta difficilmente diagnosticabile. La diagnostica fogliare fornisce elementi per conoscere in quale misura le piante dispongono della potenziale dotazione di elementi fertilizzanti del suolo. I dati analitici rilevati sulle foglie sono utili soprattutto quando si discostano nettamente da quelli ottimali, in quanto forniscono orientamenti per migliorare lo stato nutrizionale o correggere dannosi squilibri mediante apporto di concimi e/o di altre pratiche colturali. Consentono inoltre di evitare apporti superflui di fertilizzanti. I risultati analitici della diagnostica fogliare sono rappresentati da una triplice espressione:

• percento sulla sostanza secca dei singoli elementi; • sommatoria del percento sulla sostanza secca degli elementi azoto, fosforo e potassio (alimentazione

globale); • incidenza percentuale dei singoli elementi sulla alimentazione globale (equilibrio fisiologico).

I valori sono comunque molto indicativi, variando con le condizioni ambientali, la cultivar ed il materiale utilizzato. Per questo assume particolare importanza la metodologia per il campionamento delle foglie: è necessario prelevare da rametti di un anno di età, è indifferente la loro posizione nel volume generale dell’albero, è preferibile prelevare da quelli di media vigoria. Le foglie di un anno sono le più ricche di minerali e manifestano le maggiori variazioni; devono essere prelevate nella porzione centrale del germoglio (tabella 11). Tabella 11. Campionamento di foglie di olivo per la diagnostica fogliare.

Piante (n) Rami/pianta (n) Foglie/ramo (n) Epoca campionamento Totale foglie (n)

20 4 – un ramo dell’anno

per ogni punto cardinale della chioma

Tutte, tranne le 4 basali e le 4 distali

1 – fioritura 2 – riposo invernale

Variabile

Fonte: Palese et al., 2009.

La scelta dell’epoca fisiologica per il prelievo delle foglie deve essere fatta sulla base delle variazioni annuali del contenuto in minerali delle foglie: il contenuto in azoto (N) e fosforo (P) decresce nel periodo inizio accrescimento primaverile fino al termine della vegetazione, parimenti in foglie di 1, 2 e 3 anni. Il potassio (K) decresce in modo continuativo nei 3 anni di vita delle foglie, mentre il calcio (Ca) ha un andamento contrario. Il periodo invernale è caratterizzato da grande stabilità di tutti i costituenti e dovrà essere il periodo di prelevamento preferenziale, in particolare per lo studio dei problemi di concimazione. Il periodo primaverile-estivo (fioritura) è caratterizzato invece da grandi variazioni e può essere utilizzato per correggere eventuali squilibri nutrizionali.

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Numerosi studi hanno riguardato diverse varietà coltivate per diversi anni in ambienti differenti: tutte hanno manifestato un’alimentazione globale compresa tra 2,5 e 3% con un equilibrio fisiologico superiore al 60% per l’Azoto, oscillante intorno al 5% per il Fosforo e spesso superiore al 30% per il Potassio (tabelle 12-14). Tabella 12. Proposta di standard di riferimento riferiti alla sostanza secca per l’interpretazione delle analisi fogliari per l’olivicoltura toscana (cv Frantoio e Leccino).

Nutriente Fase fenologica:

Fioritura Indurimento nocciolo Invaiatura Riposo invernale Azoto (%) 1,77-2,32 1,61-2,26 1,78-2,48 1,77-2,09 Fosforo (%) 0,12-0,21 0,11-0,17 0,11-0,18 0,10-0,17 Potassio (%) 0,76-1,61 0,88-1,76 0,75-1,37 0,53-1,03 Calcio (%) 0,71-2,33 0,92-2,64 1,44-2,72 1,42-2,57 Magnesio (%) 0,11-0,18 0,13-0,22 0,13-0,24 0,12-0,21 Zolfo (%) 0,09-0,18 0,09-0,17 0,10-0,17 0,09-0,17 Ferro (ppm) 43-124 51-150 54-118 48-101 Manganese (ppm) 21-52 23-56 24-59 21-56 Boro (ppm) 12-24 13-23 9-16 8-13 Zinco (ppm) 15-30 12-25 13-34 14-33 Rame (ppm) 6-26 5-21 5-30 6-36 Fonte: Failla et al., 1997.

Tabella 13. Range indicativi di buona alimentazione riferiti alla sostanza secca di foglie di 10 cultivar di olivo rilevati nel periodo 2001-2004 in 15 zone ad intensa olivicoltura in Sicilia.

Elemento Range Azoto (% sul secco) 1,43-1,94

Fosforo (% sul secco) 0,14-0,19 Potassio (% sul secco) 0,72-0,97 Calcio (% sul secco) 1,52-2,06

Magnesio (% sul secco) 0,15-0,20 Ferro (ppm) 92,6-125,3 Zinco (ppm) 14,8-20,0

Manganese (ppm) 27,1-36,7 Fonte: Calabrese et al., 2007.

Tabella 14. Elementi nutritivi in foglie di olivo cv Coratina in buono stato nutrizionale in inverno in Basilicata.

Elemento Contenuto

(% sul secco) Azoto 1,71

Fosforo 0,12 Potassio 1,05 Calcio 2,22

Magnesio 0,22 Fonte: Palese et al., 2009.

Il problema della diagnostica fogliare in olivicoltura deriva dalla ritardata disponibilità dei risultati analitici per il produttore per cui solo per analisi rapide ed in presenza di efficienti strutture di laboratorio potrà realizzarsi un immediato trasferimento in campo. Quando tutti i dati sono ottimali è sufficiente praticare una concimazione di mantenimento, sul tipo di quella effettuata fino a quel momento; quando gli equilibri fisiologici sono buoni ma l’alimentazione globale è bassa, è necessario effettuare una concimazione solamente più abbondante della precedente; quando l’alimentazione globale è buona ma gli equilibri fisiologici sono alterati, è necessario incrementare i quantitativi di azoto, poiché il problema si evidenzia normalmente a suo carico; il livello critico minimo è quello che annulla la produzione ed instaura il fenomeno dell’alternanza. Le asportazioni operate dalla coltura rappresentano un ulteriore criterio utilizzabile per formulare un piano di concimazione basato sulla restituzione dei quantitativi di elementi a vario titolo prelevati dal terreno. Le asportazioni però, seppure accuratamente valutate, risultano molto diverse non solo in funzione dell'ambiente ma anche, e notevolmente, in dipendenza della cultivar e del modello di piantagione (tabelle 15-18). Tabella 15. Esempio di asportazioni in principali elementi nutritivi verificate in porzioni anatomiche di olivi coltivati in zone geografiche (Bari e Firenze) con diversa possibilità di crescita e produzione. Azoto (g) Anidride fosforica (g) Ossido di potassio (g) Ossido di calcio (g) BARI (asportazioni allo stato fresco kg 24 rami, kg 6 foglie, kg 12 olive) Rami 140.6 55.6 270.2 202.4 Foglie 57.4 13.6 85.0 79.2

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Olive 77.9 72.7 133.3 56.6 Totale 275.9 141.9 488.5 338.2 FIRENZE (asportazioni allo stato fresco kg 12 rami, kg 3 foglie, kg 7 olive) Rami 70.1 28.1 134.7 100.2 Foglie 28.7 6.7 42.5 39.6 Olive 45.4 42.4 77.7 32.2 Totale 144.2 77.2 254.9 172.0 Fonte: Morettini, 1972. Tabella 16. Contenuto in elementi nutritivi delle drupe e del materiale di potatura tal quale.

Asportazioni N P K Mg Ca

g/quintale Produzione 765 149 717 25 63 Residui di potatura 507 64 553 164 1434 Fonte: Palese et al., 2009. Tabella 17. Asportazioni in principali elementi nutritivi in rapporto al livello produttivo degli oliveti.

Produzione Azoto Fosforo Potassio (t/ha) (kg/ha)

1 6-8 1-2,5 6-9 5 30-40 5-13 30-45 10 60-80 10-25 60-90

Fonte: Neri et al., 2010.

Tabella 18. Asportazioni di un oliveto irrigato (555 piante/ha) al 6° anno dall’impianto (14 kg/pianta) ed in piena produzione (25 kg/pianta).

Età oliveto Parti anatomiche N P K Mg Ca Fe Cu Zn

(g/pianta) mg/pianta

6° anno

Strutture epigee 147 24 125 23 201 499 56 146 Ceppo e radici 52 8 38 8 81 1431 41 149

Potatura 33 4 36 11 92 329 38 65 Produzione 101 20 95 4 8 161 1 94

Totale 333 56 294 46 382 2.420 137 455

Piena produzione Potatura 40 5 45 12 109 479 47 80

Produzione 191 37 179 6 16 305 2 177 Totale 231 42 224 19 125 784 50 258

Fonte: Palese et al., 2009.

L’olivo è conosciuto come specie frugale ma, pur potendo sopravvivere anche in assenza prolungata di concimazione, si avvantaggia notevolmente di questa esaltando le sue capacità produttive. In un terreno inerbito, dove con le operazioni di trinciatura viene restituito al terreno il materiale di potatura, le foglie senescenti e la copertura vegetale, l’asportazione dei tre macroelementi si limita alla sola produzione di olive, con quantitativi proporzionale alla produzione e maggiori per azoto e potassio rispetto al fosforo. Occorre tenere conto di ogni tipo di produzione ed anche delle perdite per dilavamento, denitrificazione e immobilizzazione nel terreno per cui tali quantitativi vanno corretti mediante un coefficiente di efficienza, così come occorre tener conto dell’apporto di ogni altro eventuale residuo organico. I successivi esempi di calcolo di bilancio nutrizionale per azoto, fosforo e potassio, fanno riferimento ad asportazioni medie per produzione, materiale di potatura e foglie senescenti (in peso fresco) di un oliveto adulto in Basilicata, così come precedentemente indicato in tabella 7 (tabella 19-21). Tabella 19. Schema per la determinazione del bilancio nutrizionale del sistema oliveto.

Entrate nel sistema Uscite dal sistema Riciclo/immobilizzazioni Acqua di irrigazione ed eventuali reflui

Lisciviazione Materiale di potatura e foglie senescenti

(100% per fosforo e potassio, 50% per azoto) Fertilizzante minerale integrativo Denitrificazione Immobilizzazioni nelle strutture vegetali

(chioma e radici) e nel cotico erboso Deposizioni atmosferiche Produzione Fonte: modificato da Palese et al., 2008. Tabella 20. Bilancio nutrizionale per l’azoto.

Voce di bilancio Esigenze Disponibilità

g/pianta Produzione 413,1 -

Materiale di potatura 182,4 91,2 Foglie senescenti 88,8 44,4

Totale 684,3 135,6

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Differenza 548,6 Apporto integrativo in concimazione o fertirrigazione

(coefficiente di efficienza 1,1) 603,5

Fonte: modificato da Palese et al., 2008.

Tabella 21. Bilancio nutrizionale per fosforo e potassio.

Voce bilancio Esigenze Disponibilità Esigenze Disponibilità

Fosforo (g/pianta) Potassio (g/pianta) Produzione 35,1 - 321,3 -

Materiale di potatura 10,1 10,1 178,5 178,5 Foglie senescenti 4,0 4,0 50,8 50,8

Totale 49,2 14,1 550,6 229,3 Differenza ed apporto integrativo in concimazione o fertirrigazione

35,1 321,3

Fonte: modificato da Palese et al., 2008.

In ogni caso, l'applicazione sempre più diffusa delle analisi chimiche e i risultati della sperimentazione e delle osservazioni empiriche, portano attualmente a consigliare una consistente riduzione delle quantità di fertilizzanti finora considerate necessarie, con particolare riferimento al fosforo ed al potassio che non inducono alcun miglioramento del processo produttivo e risultano spesso presenti nel terreno in quantitativi sufficienti alle necessita della coltura. Per il dosaggio del principale elemento fertilizzante (azoto), malgrado la complessità del problema e le difficoltà operative possono, comunque, essere fornite alcune indicazioni generali. Per ogni ambiente di coltivazione dovrebbe essere individuata una dose minima e una massima entro le quali dovrebbe ricadere la dose ottimale per le caratteristiche specifiche dell'oliveto, relative al terreno (tipo, presenza di scheletro, profondità utile per le radici, contenuto in sostanza organica), agli alberi (equilibrio vegetativo e produttivo, quantità di legno di potatura) e alla conduzione del terreno (tecnica colturale, regime idrico). A tal fine è particolarmente importante l'osservazione visiva dell'oliveto considerando vigoria ed equilibrio fisiologico degli alberi, grado di maturazione del legno ed eventuali alterazioni a carico delle foglie, dei germogli, dei frutti, che possono indicare sia carenze che eccessi nutritivi.

Comunque, il concetto delle asportazioni degli elementi come guida per il dosaggio, anche se integrato dalle analisi del terreno e fogliari, lascia spesso molte incertezze.

Forma dei concimi. L’azoto è l’elemento fertilizzante più importante nella nutrizione dell’olivo. Esistono quattro differenti tipi di concime azotato: nitrico, ammoniacale, calcio-cianamico ed ureico. Quest’ultimo presenta il minor costo della unità fertilizzante e per questo sembra preferibile per la concimazione azotata in olivicoltura. E’ bene comunque ricordare che la pianta assorbe dalla soluzione circolante nel terreno azoto sotto forma nitrica, pertanto i nitrati sono prontamente assimilabili mentre altre forme azotate necessitano di un processo di trasformazione con tempi più o meno lunghi a seconda del composto e della temperatura del terreno (fig. 3).

Figura 3. Disponibilità temporale all’assorbimento delle varie forme di azoto reperibili nel terreno. A pallini di maggiori dimensioni corrisponde maggiore disponibilità. Forma Disponibilità all’assorbimento Nitrica n n n n n n n n Ammoniacale n n n n n n n n n

Ureica n n n n n n n n n Tempo ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ► ►

In particolare l’urea deve trasformarsi prima nella forma ammoniacale e quindi in quella nitrica, con perdite durante il percorso e tempi inversamente proporzionali alla temperatura del terreno. Il periodo intercorrente tra somministrazione e disponibilità dell'elemento è un fattore di incertezza a causa della difficile valutazione delle complesse interazioni tra terreno ed elemento e degli effetti delle condizioni ambientali. Per tutte queste ragioni la somministrazione dovrà essere frazionata ed opportunamente anticipata rispetto al momento di effettivo bisogno da parte della pianta. La forma in cui l’elemento azoto viene somministrato, influenza la risposta della pianta alla fertilizzazione azotata: l'attività vegetativa viene stimolata più dall'azoto nitrico che da quello ammoniacale, di conseguenza aumenta il consumo idrico e l'accumulo di macroelementi nell'albero. Inoltre, per gli effetti del pH del terreno, l'ammonio tende a modificare l'assorbimento del calcio in senso positivo nei terreni calcarei e

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negativo in quelli acidi. Effetti della disponibilità e della forma di azoto sono stati osservati anche sull'allegagione. La natura chimica dei fertilizzanti assume una notevole importanza anche nella concimazione fogliare, sia per l'assorbimento dell'elemento nutritivo, che per i danni che possono verificarsi sugli organi verdi.

Epoca e modalità di somministrazione. Il momento di somministrazione di un fertilizzante dipende dal periodo in cui l'elemento nutritivo è maggiormente richiesto per l'attività dell'albero e dal tempo necessario affinché l'elemento sia effettivamente assimilabile dalle radici o mobilizzato dalle riserve della pianta. Considerando ora le principali fasi del ciclo produttivo, già nel periodo della differenziazione morfologica delle gemme (febbraio-marzo) i consumi di nutrienti sono elevati ed eventuali carenze possono determinare anomalie nella formazione del fiore, riduzione del numero delle infiorescenze, aborto dell'ovario e minore allegagione. L’accrescimento dei germogli avviene principalmente in primavera ed in minor misura in autunno, con una stasi invernale dovuta alle basse temperature ed una stasi estiva dovuta alla carenza idrica, agli eccessi di calore ed alla sovrapposizione con il ciclo produttivo. Infatti in olivo, come nella generalità delle piante da frutto, quando la velocità di crescita dei frutti è elevata quella dei germogli è ridotta, e viceversa. Anche la crescita dell’apparato radicale è rallentata nei mesi estivi, mentre riprende con intensità nel restante periodo dell’anno, a sostegno del successivo sviluppo vegetativo e del processo produttivo. Nelle fasi successive dello sviluppo del frutto, fino alla maturazione, le esigenze nutritive ed idriche dell'olivo sono rese evidenti dall'andamento dell'accrescimento delle drupe. Infatti, dopo l'allegagione si ha un'intensa attività citochinesica che porta ad una progressiva moltiplicazione cellulare che viene assecondata da un accentuato metabolismo, da un intenso assorbimento dell'azoto, da un'elevata intensità respiratoria e da un adeguato approvvigionamento idrico. Successivamente, durante l'indurimento del nocciolo, si ha un rallentamento dell'accrescimento del frutto che riprenderà, però, poco dopo con la distensione delle cellule per le quali occorre una notevole disponibilità di acqua, almeno fino all'invaiatura, poiché contemporaneamente la domanda evapotraspiratoria raggiunge valori massimi. Per quanto riguarda l'azoto, si ricorda che il periodo di disponibilità può influire sensibilmente sul comportamento vegetativo e produttivo dell'olivo. In particolare per ottenere un buon controllo dell'attività vegetativa e favorire la crescita dei frutti, l'azoto dovrebbe essere disponibile in quantità sufficientemente elevate in coincidenza delle fasi di conferma della differenziazione a fiore, ripresa vegetativa e crescita dei nuovi germogli, formazione e crescita dei fiori, allegagione e fasi iniziali della crescita dei frutticini. Successivamente, un altro momento ad elevato consumo di azoto, è quello corrispondente alla fase di indurimento del nocciolo, durante la quale si compie anche il definitivo sviluppo dell’embrione (figura 4). Figura 4. Ciclo vegetativo dell’olivo e principali necessità in azoto. Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Riposo vegetativo Forte attività vegetativa Ridotta attività vegetativa Forte attività

vegetativa Riposo vegetativo

Differenziazione

gemme Fioritura ed

antesi Formazione delle olive e dell’olio Maturazione e

cascola Vernaliz-zazione

Indurim. nocciolo

Invaiatura Vernaliz-zazione

Periodo critico per disponibilità di Azoto Eventuale concimazione organica

Interventi con azoto ureico

Eventuale precoce intervento con azoto ureico

Vale la pena di considerare alcuni aspetti della concimazione, riguardanti epoca e modalità di somministrazione in rapporto anche alla tecnica colturale del terreno. Preliminarmente la ripresa vegetativa le necessità alimentari dell’olivo vengono soddisfatte a spese delle sostanze di riserva; solo alla ripresa del metabolismo degli alberi, con attivazione della fotosintesi e del flusso traspiratorio, inizia l’assorbimento degli elementi nutritivi. La distribuzione dei fertilizzanti fosfatici e potassici può precedere, anche largamente, tale fase, mentre per l’azoto l’operazione deve avvenire nel periodo immediatamente precedente o in coincidenza (in funzione della disponibilità all’assorbimento) la ripresa vegetativa. La concimazione deve essere concentrata sotto la chioma degli alberi (ed anche un po’ oltre) nel caso di piante giovani (fino al quarto-quinto anno di età), oppure interessare tutta la superficie dell'oliveto adulto con somministrazioni

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mediante spandiconcime. Il risultato pratico delle diverse distribuzioni può influenzare lo sviluppo dell’apparato radicale che tende a limitare la sua espansione, e quindi a divenire vulnerabile ad eventi climatici avversi, quando la pianta trova soddisfatte tutte le sue esigenze esplorando solo una parte del terreno a sua disposizione.

Concimazione fogliare. La concimazione fogliare si presenta efficace per risolvere carenze di microelementi e sopperire rapidamente alle particolari esigenze nutrizionali delle diverse fasi fenologiche del ciclo colturale. L'efficienza delle somministrazioni di fertilizzanti durante la stagione vegetativa dipende dalle caratteristiche delle foglie ed in particolare della cuticola e delle cere su essa depositate; la penetrazione degli ioni avviene anche attraverso gli stomi ed i peli presenti sulla foglia, perciò l'assorbimento della pagina inferiore è in genere molto maggiore di quello della pagina superiore. L’urea ha una permeabilità 10-20 volte superiore a quella di altri ioni inorganici. Da ricordare inoltre che l'aggiunta di urea alle soluzioni facilita la penetrazione di alcuni ioni quali P, Mn, S, Mg, Fe ed altri elementi nutritivi. Una volta attraversata la cuticola, l'assorbimento, almeno per alcuni ioni (K, Fe, Cu, Zn, Mn, Cl e fosfato), dipende dal metabolismo della foglia in quanto è un processo energia-dipendente. Luce, energia ed età della foglia influenzano fortemente l'assorbimento e così, ad esempio, l'epoca più efficace è per molti ioni in primavera, mentre per l'urea è in autunno; un trattamento autunnale può essere fatto a maggiori concentrazioni e per questo dimostra un'efficienza superiore rispetto ad un maggior numero di trattamenti a dosi ridotte praticati in tarda primavera-estate. Si ritiene che i trattamenti fogliari possano stimolare la fotosintesi quando gli elementi somministrati siano nell'albero a livello di carenza o sub-carenza. La concimazione fogliare può avere però effetti indiretti sulla produzione di assimilati rallentando la senescenza delle foglie. Infatti, applicazioni di N (urea ad esempio) nella tarda estate prolungano l'attività fotosintetica del fogliame; questo permette un maggior accumulo di riserve di carboidrati e di N per la successiva ripresa vegetativa e per la crescita autunnale delle radici. Trattamenti ureici ripetuti da pre-fioritura fino alle prime fasi della maturazione, aumentano l'allegagione e riducono la cascola, ma incidono notevolmente sui costi. L'utilità della concimazione fogliare si manifesta soprattutto per i microelementi e non solo quando questi sono carenti. I tentativi di soddisfare completamente il fabbisogno di azoto attraverso la concimazione fogliare sono in genere falliti. Infatti in olivo i risultati produttivi conseguiti al terzo anno di sola concimazione fogliare sono risultati inferiori a quelli conseguiti ove la concimazione era fatta solo al terreno (figura 5). Figura 5. Variazioni percentuali della produzione in base alla tipologia di concimazione.

Fonte: Toscano, 2008.

Fertirrigazione In un terreno ben dotato di elementi nutritivi l'irrigazione determina incrementi percentuali di produzioni molto sensibili, ne deriva che per conseguire i migliori risultati i due fattori acqua e fertilizzanti debbono combinarsi contemporaneamente ad un livello ottimale rispetto sia alle esigenze della coltura, che a quelle del locale ambiente di coltivazione. Ciò è particolarmente valido per l'azoto che manifesta uno stretto legame con l’acqua nel terreno, nel senso che più elevati sono i quantitativi di acqua di cui può disporre la pianta maggiori sono i quantitativi di azoto che la pianta può utilizzare. Un intervento di fertirrigazione razionale e, come tale sostenibile, deve restituire i nutrienti richiesti dalla pianta assecondandone il ritmo di assorbimento durante il ciclo annuale. In questo modo si esalterà la produttività della coltura sia in quantità che in qualità, si eviteranno gli sprechi di prodotti chimici e si

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salvaguarderà l’ambiente riducendo al minimo la percolazione profonda dei nitrati. In particolare, con la fertirrigazione è possibile distribuire gli elementi minerali veicolandoli, tramite l’acqua di irrigazione, nel volume di suolo ove è massima l’attività di assorbimento radicale. Inoltre, questa tecnica connotata da una elevata flessibilità, consente di frazionare in interventi frequenti, la dose annuale dei nutrienti restituendoli in coincidenza delle diverse fasi fenologiche. In tal modo l’efficienza di assorbimento del fertilizzante da parte della pianta viene massimizzata e la dose da utilizzare, ridotta. L'esperienza fertirrigua insegna che aumentando contemporaneamente la dose dei due fattori acqua e nutrienti, si ottiene un effetto sinergico per cui l’incremento produttivo diviene maggiore di quello ottenibile sommando gli incrementi determinati separatamente dai due elementi. Inoltre, associare in un'unica operazione l'irrigazione e la concimazione, sicuramente favorisce l'approfondimento di elementi nutritivi anche poco mobili come il fosforo e il potassio, arricchendo la parte di terreno esplorata dalle radici. La fertirrigazione, paragonata alla tecnica normale di concimazione, non porta ad incrementi produttivi, ma sicuramente permette di ridurre la quantità dei fertilizzanti distribuiti proprio per la maggior efficienza della concimazione localizzata rispetto a quella effettuata a pieno campo con il metodo tradizionale. La stima della ripartizione percentuale del fabbisogno annuale della pianta indica che la richiesta di potassio è equamente distribuita nel corso del ciclo annuale; per l’azoto è maggiore nelle fasi di ripresa vegetativa e allegagione; per il fosforo si concentra dall’allegagione alla raccolta. A questo punto la dose di fertilizzante, calcolata per ciascun elemento, va messa in relazione alle disponibilità nel suolo (analisi del terreno) ed, eventualmente, allo stato nutrizionale degli olivi (diagnostica fogliare e/o osservazione visiva). Gli apporti di fosforo e potassio, in presenza di sufficienti disponibilità del suolo, seguiranno il criterio della restituzione delle asportazioni, mentre per l’azoto sono consigliati apporti pari ad 1,1 volte il valore della domanda annuale (tabella 22 e 23).

Tabella 22. Fabbisogno annuale di azoto, fosforo e potassio nelle diverse fasi di sviluppo dell’olivo Elemento Ripresa vegetativa–Allegagione (%) Allegagione–Indurimento nocciolo (%) Indurimento nocciolo–Raccolta (%)

Azoto 41,5 29,5 29,0 Fosforo 24,6 38,9 36,5 Potassio 33,5 31,4 35,1

Fonte: Palese et al., 2008.

Tabella 23. Fertirrigazione settimanale per un oliveto irrigato (555 piante/ha) in piena produzione (25 kg/pianta).

Periodo N P K

g/pianta Ripresa vegetativa-allegagione (1°-14° settimana)

9,2 1,6 8,0

1° fase di crescita della drupa 15°-22° settimana)

7,9 1,0 5,3

2° fase di crescita della drupa-invaiatura) 23°-32° settimana

6,2 1,2 6,9

Totale 254 42,4 223,4 Fonte: Palese et al., 2009.

Concimazione su suolo inerbito. L'introduzione e la diffusione di pratiche colturali adatte alla moderna olivicoltura intensiva (quali l'inerbimento e più ancora la pacciamatura, il terreno sodo con parziale o totale diserbo chimico), modificano il ruolo della concimazione e ne riducono l'importanza. Infatti l'abbandono delle tradizionali lavorazioni del suolo consente una migliore distribuzione delle radici e quindi una maggiore economia nell'utilizzazione degli elementi (migliore assorbimento, minori perdite per dilavamento, per immobilizzazione o per retrogradazione nel suolo, ecc.), riduce in definitiva i fabbisogni annui di apporti minerali esterni, ancorché la densità di piantagione e la produzione di frutti siano elevate. La concimazione su suolo inerbito deve essere comunque fatta con somministrazioni in superficie degli elementi e dei formulati ritenuti necessari. Solo per fosforo e potassio e per qualsiasi forma di sostanza organica, sarà opportuno anticipare l’intervento a subito dopo la raccolta, per consentire alla copertura vegetale di assorbire e traslocare gli elementi in profondità a chiusura del loro ciclo vitale, ed agli agenti atmosferici di disgregare le particelle di sostanza organica, per consentire un più intimo contatto con il terreno ed un facile assorbimento da parte della quota di apparato radicale dell’olivo risalita in superficie.

Concimazione su giovani impianti. Nel caso specifico la concimazione è indirizzata principalmente a stimolare un rapido sviluppo dell’albero e predisporlo ad una precoce fioritura e fruttificazione. Gli apporti devono essere correlati all’età della pianta ed alla sua dimensione e, quindi, essere crescenti nel tempo. La

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somministrazione deve essere localizzata in una superficie leggermente superiore a quella della proiezione della chioma sul terreno, essendo limitato lo sviluppo radiale delle radici. La concimazione deve essere esclusivamente azotata a partire dall’anno successivo all’impianto, con 1-2 somministrazioni di azoto nitrico o ammoniacale a partire della ripresa vegetativa, fino al termine del periodo primaverile. Si sconsiglia l’impiego di urea in quanto, per la sua elevata concentrazione, è capace di provocare gravi ustioni nella eventuale zona di contatto con la corteccia della giovane pianta. Tali modalità di somministrazione dovranno iniziare l’anno successivo all’impianto e proseguire fino al 4-5° anno, con quantitativi iniziali pari a complessivi 20-25 g/pianta circa di azoto (nitrico o ammoniacale). Successivamente le dosi e le superfici interessate alla somministrazione saranno progressivamente raddoppiate, fino al momento in cui potrà essere praticata la concimazione con urea, somministrata a pieno campo con lo spandiconcime (tabella 24).

Tabella 24. Fertilizzanti somministrati in base alle reali asportazioni di olivi in allevamento. Nutriente Dosi annuali

Azoto Max 40 g/pianta fino al III anno Max 140 g/pianta fino al V anno

Fosforo Max 10 g/pianta fino al III anno Max 25 g/pianta fino al V anno

Potassio Max 35 g/pianta fino al III anno Max 195 g/pianta fino al V anno

Fonte: Palese et al., 2009.

Considerazioni sulla concimazione dell’olivo. Le caratteristiche ambientali e pedologiche devono rappresentare un supporto per la definizione di ogni piano di concimazione. Nella maggioranza dei casi sono consigliabili interventi annuali di concimazione azotata ed interventi periodici di concimazione fosfatica e potassica, a restituzione di quanto asportato nel tempo. Resta inteso che dove esistono diverse condizioni di disponibilità di nutrienti devono essere previsti opportuni piani di concimazione. Nella problematica del dosaggio dei fertilizzanti la generalizzazione delle esperienze è molto difficile e spesso pericolosa. Troppi fattori di variabilità sono ancora poco conosciuti e quantificabili per tentare estrapolazioni da un ambiente all'altro e da cultivar a cultivar; tra questi non ultima la valutazione degli apporti naturali e delle perdite delle sostanze nutritive applicate al terreno. Dopo i primitivi concetti della restituzione degli elementi asportati, della concentrazione critica dei singoli elementi nelle foglie e dell'equilibrio tra i diversi elementi, attualmente la nutrizione va praticata secondo concetti innovativi che prevedono il conseguimento del risultato produttivo con il minimo dispendio di risorse ed il massimo rispetto per l’ambiente. Nei moderni impianti intensivi, in condizioni di buona fertilità del terreno e con l'inerbimento, la quantità di azoto asportata è compresa tra 70 e 90 Kg/ha per anno. In tali impianti, una volta entrati in piena produzione, l'inerbimento (con l'erba trinciata), il materiale vegetale proveniente dagli alberi (foglie e materiale di potatura) e quello proveniente dal naturale rinnovo delle radici degli alberi e dell'erba (il rapporto tra sostanza secca della parte aerea e quella della parte radicale è 0,02-0,5 per gli alberi e 0,5-0,7 per l'erba) dovrebbero essere sufficienti a mantenere un buon livello di sostanza organica nel terreno ed un costante rifornimento della soluzione circolante, secondo modalità tipiche della “lenta cessione”. Eventuali maggiori consumi dovranno essere soddisfatti da apporti esterni, calcolati secondo le modalità precedentemente descritte. In zone a clima continentale (con inverni freddi o relativamente freddi), in presenza di una olivicoltura intensiva e specializzata e su piante adulte in coltura asciutta, la concimazione azotata con urea dovrà essere effettuata con leggero anticipo sulla ripresa vegetativa, magari nella forma con azoto stabilizzato che consente lo spargimento in unica soluzione, contro le 2 tradizionalmente consigliate, fino ad un massimo di 120-140 Unità Fertilizzanti. Si sconsigliano maggiori somministrazioni per il pericolo di abituare le piante a consumi “di lusso”, quando l’acqua può divenire il fattore limitante, e per non esporre la pianta ad eccessi di alimentazione azotata, con maggior rischio di danni da freddo e di attacchi parassitari (rogna). In zone a clima più temperato (ove l’inverno si limita a soddisfare le esigenze in freddo dell’olivo) ed in assenza di irrigazione, una parte della concimazione azotata prevista può essere anticipata a fine autunno, per contribuire al ripristino delle sostanze di riserva, a sostegno del successivo ciclo vegeto-produttivo. Indubbiamente, è preferibile utilizzare i fertilizzanti sulla base delle rilevazioni precedentemente descritte, piuttosto che intervenire sulla base di formulati e quantitativi consigliati dai rivenditori locali, che si adattano

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bene solo a poche situazioni. Un olivicoltore di avanguardia dovrebbe quindi acquisire coscienza delle limitazioni di tale metodo, recepire i suggerimenti illustrati e confrontarli con le proprie osservazioni personali. In tal modo la concimazione può continuare inalterata, incrementata o ridotta, in funzione dei risultati vegetativi e produttivi progressivamente conseguiti. Un piano di concimazione con fertilizzanti chimici può essere integrato con l’apporto di ammendanti organici. Infatti, si stima che l’asporto di sostanze organiche nel corso dell’intero ciclo vegetativo e produttivo annuale sia di 11-12 q.li a ettaro; asportazione che può essere reintegrata con letamazioni (80-120 q.li/ha), pari a 30 q.li di sostanza secca e 800-1.200 Kg. di humus, da eseguire in autunno, dopo la raccolta delle olive, con o senza interramento del letame stesso, in relazione al tipo di gestione del suolo praticato (tabella 25). Tabella 25. Composizione in principali elementi nutritivi di diversi tipi di letame (% in peso).

Elemento Letame

Bovino Suino Equino Ovino Acqua 60 – 80 65 – 85 60 – 75 60 -70

Sostanza secca 20 – 40 15 – 35 25 – 40 30 – 40 Azoto 0,3 – 0,6 0,4 – 0,7 0,4 – 0,7 0,5 – 0,7

Fosforo 0,1 – 0,4 0,1 – 0,3 0,2 – 0,3 0,2 – 0,5 Potassio 0,4 – 1,0 0,6 – 1,6 0,5 – 0,8 0,5 - 1,5

Magnesio 0,1 – 0,3 0,2 – 0,3 0,2 – 0,4 0,3 – 0,4 Fonte: Famiani et al., 2006.

L’apporto di sostanza organica può avvenire anche mediante il sovescio di alcune leguminose (veccia e fava), nel caso si pratichi l’inerbimento parziale del terreno olivato, o mediante restituzione dei residui trinciati della potatura (foglie, frasche) e lo sfalcio delle erbe, qualora si pratichi l’inerbimento permanente. Recentemente si ricorre anche all’utilizzo di compost, ottenuto a livello aziendale recuperando i reflui oleari (acqua di vegetazione e sanse) miscelati con un substrato ligneo-cellulosico ricavato dalla triturazione del materiale di potatura. La pratica del compostaggio richiede alcuni accorgimenti necessari per ottimizzare il processo di biostabilizzazione del compost stesso. Gli effetti del compost così ottenuto sono da ritenere positivi, in quanto fanno aumentare la fertilità biologica del terreno, consentono una restituzione equilibrata di sostanza organica e facilitano lo smaltimento dei reflui oleari, unitamente ai residui della potatura. Irrigazione Tra i fattori climatici l'entità e la distribuzione delle piogge rappresentano spesso la componente limitante della produzione. L'acqua è infatti indispensabile alle piante per assorbire, trasportare, organicare le sostanze nutritive del suolo e consentire lo svolgimento di tutti gli altri complessi processi metabolici. Tutto questo può avvenire solo se un flusso continuo di acqua passa dal terreno alle radici, al fusto, alle foglie e, attraverso gli stomi e mediante la traspirazione, all'atmosfera. Il meccanismo di questo trasporto si basa sui gradienti di potenziale che si formano nelle parti del sistema terreno-pianta-atmosfera e che sono dovuti a differenti stadi di tensione (pressione negativa) dell'acqua in quei punti (teoria del “continuum”). Queste differenze di potenziale hanno origine dal passaggio dell'acqua, contenuta nel mesofillo fogliare, dallo stato liquido al gassoso (traspirazione). Si crea così una pressione negativa che richiama altra acqua dai vasi sottostanti, dalle radici e dal terreno. Questo flusso è favorito, inoltre, dalle forze di coesione che tengono unite le molecole di acqua impedendo la rottura delle colonne capillari ascensionali (teoria della traspirazione-coesione). Attraverso questo meccanismo la pianta si approvvigiona di acqua dal terreno, ne regima il flusso variando l'apertura degli stomi, fin tanto che riesce a regolare il suo potenziale ad un livello più basso di quello del suolo (potenziale xilematico). Questo è possibile fino a quando nel suolo stesso non vengano raggiunti, con la perdita progressiva di acqua, valori di tensione molto bassi oltre i quali la pianta non può discendere. Sono queste le condizioni di massimo stress che corrispondono al punto di appassimento, che si verifica mediamente con un potenziale idrico del terreno di circa -15 bar, che segna il limite inferiore della frangia di acqua contenuta nel terreno, disponibile per le piante. La pianta, in condizioni di scarsa disponibilità idrica, previene lo stato di stress diminuendo la traspirazione con la chiusura degli stomi, ma ciò riduce l'ingresso della CO2 e dell'ossigeno nel mesofillo con il risultato che le attività fotosintetica e respiratoria ne risultano depresse, con conseguenze negative su tutto il metabolismo dell'albero. Inoltre una traspirazione ridotta porta ad un aumento della temperatura nella foglia,

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poiché il passaggio dell'acqua dallo stato liquido a quello gassoso è un processo endotermico che determina un raffreddamento della superficie evaporante.

Caratteristiche del ciclo vegetativo e produttivo. L’accrescimento dei germogli avviene principalmente in primavera ed in minor misura in autunno, con una stasi invernale dovuta alle basse temperature ed una stasi estiva dovuta alla carenza idrica, agli eccessi di calore ed alla sovrapposizione con il ciclo produttivo. Infatti in olivo, come nella generalità delle piante da frutto, quando la velocità di crescita dei frutti è elevata quella dei germogli è ridotta, e viceversa. Anche la crescita dell’apparato radicale è rallentata nei mesi estivi, mentre riprende con intensità nel restante periodo dell’anno, a sostegno del successivo sviluppo vegetativo e del processo produttivo. Considerando ora le principali fasi del ciclo produttivo, già nel periodo della differenziazione morfologica delle gemme e durante l'antesi, in caso di carenze idriche, possono verificarsi anomalie nella formazione del fiore, come assenza di stami, riduzione del numero delle infiorescenze (dal 40 al 100%), aborto dell'ovario e minore allegagione, anche se lo stress è stato di breve durata. In generale, però, nelle nostre zone olivicole durante questa fase fenologica raramente si verificano scarse disponibilità di acqua. Nelle fasi successive dello sviluppo del frutto, fino alla maturazione, le esigenze idriche dell'olivo sono rese evidenti dall'andamento dell'accrescimento delle drupe. Infatti, dopo l'allegagione si ha un'intensa attività citochinesica che porta ad una progressiva moltiplicazione cellulare che viene assecondata da un accentuato metabolismo, da un intenso assorbimento dell'azoto, da un'elevata intensità respiratoria e da un adeguato approvvigionamento idrico in mancanza del quale avviene la cascola dei frutticini. Successivamente, durante l'indurimento del nocciolo, si ha un rallentamento dell'accrescimento del frutto che riprenderà, però, poco dopo con la distensione delle cellule per le quali occorre una notevole disponibilità di acqua, almeno fino all'invaiatura, poiché contemporaneamente la domanda evapotraspiratoria raggiunge valori massimi. Questa fase è particolarmente interessante per le olive da tavola per le quali lo spessore del mesocarpo e un alto rapporto polpa/nocciolo sono caratteristiche di pregio. Se nel corso di queste fasi dell'accrescimento del frutto le disponibilità idriche sono limitate, può determinarsi un ridotto sviluppo delle drupe le quali a maturazione risulteranno di minori dimensioni. Inoltre la carenza idrica nella tarda estate o nell'autunno può avere influenza anche nelle fasi fenologiche dell'anno seguente. Effetti dell’irrigazione I risultati conseguiti con l’irrigazione modificano la composizione dell’olio, poiché sono stati segnalati effetti positivi o indifferenti sul loro assetto aromatico e negativi sul contenuto fenolico (Gucci et al., 2008). La composizione acidica dell’olio viene modificata in modo trascurabile, comunque con variazioni di nessun effetto sulle caratteristiche nutrizionali dell’olio. Al contrario, la concentrazione in composti fenolici nell’olio è fortemente influenzata dalle disponibilità idriche. Le maggiori concentrazioni sono state rilevate in corrispondenza delle minori disponibilità di acqua, con diminuzioni che avvengono in modo proporzionale all’incremento di tali disponibilità. Gli oli prodotti in condizioni di limitate disponibilità idriche (irrigazione di soccorso) contengono maggiori concentrazioni di 3,4-DHPEA, 3,4-DHPEA-EDA, p-HPEA-EDA e 3,4-DHPEA-EA, rispetto agli oli di piante pienamente irrigate, con restituzione totale dell’evapotraspirato. Alcuni Autori segnalano anche quantitativi di 3,4-DHPEA-EDA e p-HPEA-EDA analoghi tra piante coltivate in asciutto ed irrigate in condizioni di stress idrico controllato, con restituzione del 50% circa dell’evapotraspirato (figura 6). Figura 6. Contenuto in composti fenolici di oli della cv Leccino coltivata in condizioni di piena irrigazione con restituzione totale dell’evapotraspirato, in condizioni di stress idrico controllato con restituzione del 50% circa dell’evapotraspirato e con irrigazione solo di soccorso.

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0

50

100

150

200

250

300

(3,4-DHPEA) (p-HPEA) (3,4-DHPEA-EDA)

(p-HPEA-EDA) Acetossi-pinoresinolo

Pinoresinolo (3,4-DHPEA-EA)

mg kg-1

Piena irrigazione Irrigazione in deficit Irrigazione di soccorso

Fonte: modificato da Gucci et al., 2008.

Anche i livelli di percezione delle sensazioni di amaro e piccante degli oli, strettamente correlati con i contenuti in sostanze fenoliche, sono influenzati dai volumi idrici, con una forte attenuazione delle due sensazioni negli oli prodotti da piante pienamente irrigate. Al contrario, l’irrigazione ritarda la maturazione dei frutti con positive ripercussioni sul contenuto in composti volatili responsabili della sensazioni di fruttato ed erbaceo degli oli. I risultati appaiono particolarmente interessanti per gli oli prodotti in condizioni di stress idrico controllato che presentano contenuti in composti fenolici simili a quello delle piante stressate e contenuti in sostanze aromatiche simili a quelli delle piante pienamente irrigate. Effetti della carenza idrica. La situazione di diversa disponibilità idrica del terreno comporta nelle piante modificazioni della loro attività fisiologica, con notevole influenza sull’attività vegetativa, sul processo produttivo, sullo sviluppo dei frutti e sulla composizione dell’olio. Nel contesto si inseriscono anche gli effetti della stagionalità, con particolare riferimento alla diversa entità annuale ed alla distribuzione delle precipitazioni e quelli della composizione del terreno, con particolare riferimento alla ripartizione tra scheletro e terra fine ed alla sua capacità di ritenzione idrica. Infatti, nell’ambito del ricco e variegato patrimonio olivicolo nazionale, sono facilmente reperibili produzioni di olio occasionalmente caratterizzate da una prevalente, forte sensazione di amaro e piccante che prevale su ogni altra, per effetto di un andamento stagionale particolarmente siccitoso e/o dalla provenienza dell’olio da piante coltivate in terreni poveri di acqua. Gli effetti della carenza idrica del terreno si esercitano prioritariamente sulla fisiologia dell’albero con una riduzione dell’attività fotosintetica. Nel contesto si inserisce anche l’effetto degli eccessi di temperatura e luce che, nelle ore centrali delle giornate di piena estate, provocano un’ulteriore incremento dei valori di resistenza stomatica. Gli episodici comportamenti che differiscono da quanto affermato possono essere spiegati alla luce di meccanismi adattativi che consentono all’olivo di mutare la propria fisiologia per utilizzare le risorse in ambienti caratterizzati da carenza idrica e/o da elevate temperature. Infatti, occasionalmente può essere rilevata una maggiore attività fotosintetica su piante allevate in condizioni di stress idrico, da porre in relazione alla capacità dei diversi organi della pianta di cedere acqua al flusso traspiratorio, per valorizzare le limitate risorse idriche naturali, presenti nel terreno anche al di sotto del punto di appassimento dell’olivo (-1,5 MPa). Un’attività fotosintetica rilevata in presenza di valori tensiometrici del terreno ancora inferiori indica, con ogni probabilità, la priorità assegnata dalla pianta al compimento il processo di maturazione degli embrioni, anche a rischio della propria sopravvivenza, attingendo dalle riserve idriche accumulate nei diversi organi come talvolta macroscopicamente rilevabile con un evidente appassimento di foglie e frutti. Dopo le prime piogge autunnali l’attività fotosintetica delle piante maggiormente stressate diviene spesso maggiore delle altre, a conferma della esistenza dei suddetti meccanismi adattativi che, questa volta, inducono le piante a tentare di “recuperare” quanto precedentemente compromesso dalle sfavorevoli condizioni ambientali.

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In conclusione, emerge evidente l’opportunità di ottimizzare, per quanto possibile, il complesso rapporto tra le disponibilità di acqua del terreno e le esigenze idriche della cultivar, con una accurata progettazione ed una razionale gestione dell’oliveto. Comunque, le cultivar a maturazione precoce (in termini di colorazione dell’epidermide e/o perdita di consistenza della polpa) e/o a limitata capacità di accumulo di olio, allevate in condizioni di carenza idrica sembrano maggiormente penalizzate delle altre per l'ulteriore anticipo di maturazione che, di conseguenza, rende opportuno praticare la raccolta con anticipo e con maggiore tempestività, onde evitare la produzione di olio già compromesso nella sua migliore espressione qualitativa.

4.3. Irrigazione in deficit. Le origini dell’olivo sono avvenute in ambienti caratterizzati da scarsa piovosità ed elevata domanda traspiratoria per cui sono maturati meccanismi anatomici, morfologici e fisiologici che consentono alla specie una naturale predisposizione alla carenza idrica. Nel contesto, come evidenziato dai risultati descritti, esiste anche una notevole variabilità genetica che consente di intervenire in via preliminare sulle relazioni tra disponibilità di acqua e necessità idriche della coltura con una progettazione (in termini di scelte colturali e varietali) indirizzata verso la ricerca del migliore equilibrio tra la situazione ambientale e quella strutturale. Inoltre, anche la tecnica colturale potrà essere indirizzata non più verso la ricerca esasperata della massima produzione, bensì verso la ricerca del maggiore utile che, come noto, può derivare anche dal contenimento dei costi e/o dalla valorizzazione di un prodotto di maggiore qualità. Si ritiene quindi che la tecnica dell’irrigazione dell’olivo debba essere considerata come pratica accessoria, per risolvere situazioni in cui risulta difficile soddisfare per altra via le esigenze idriche dell’olivo. Negli ambienti in cui le precipitazioni autunnali ed invernali assicurano la formazione di una adeguata riserva idrica e quelle primaverili assicurano una sufficiente umidità del terreno fino a inizio estate, la necessità di ricorrere all’irrigazione per sopperire al deficit idrico si colloca in un periodo di tempo (Luglio e Agosto), che coincide solo in parte con le fasi fenologiche che richiedono elevati quantitativi di acqua. In queste condizioni, quindi, l’irrigazione può portare solo a modesti incrementi produttivi legati, non tanto ad una maggiore allegagione, quanto ad una maggiore crescita dei frutti. Al contrario, un uso improprio della pratica può indurre negli alberi una eccessiva produzione di rami a legno ed uno squilibrio in senso vegetativo che dovrà essere opportunamente governato, con inutile dispendio di risorse e di manodopera. La tecnica irrigua potrà, invece, essere proficuamente utilizzata nei casi di carenza idrica risulta difficilmente risolvibile altrimenti o per il superamento di particolari condizioni di difficoltà degli alberi, facilmente rilevabili negli ambienti olivicoli meridionali. In queste condizioni possono trovare applicazione alcuni recenti orientamenti emersi dalla ricerca nel settore della tecnica irrigua condotta secondo i criteri dello “stress idrico controllato” così come da tempo praticato con successo in frutticoltura. In questo caso, la restituzione di acqua soddisfa solo parzialmente la richiesta ambientale (evapotraspirato) e gli interventi, quando effettivamente necessari, vanno concentrati in fine primavera-inizio estate e fine estate-inizio autunno, quando l’olivo è impegnato in attività a forte consumo idrico quali la moltiplicazione cellulare (vegetazione e fioritura-allegagione), la distensione cellulare (crescita dei frutti), e la sintesi dell’olio. Solo nel periodo settembre-ottobre, dopo aver somministrato quantitativi pari al 50% circa della richiesta ambientale nel corso del precedente bimestre, si dovranno restituire quantitativi pari alla richiesta ambientale fino al ritorno delle disponibilità idriche naturali. In pratica, se durante i mesi di luglio ed agosto si dovrebbe intervenire solo per evitare l’ingiallimento/avvizzimento delle foglie e/o il raggrinzimento dei frutti, durante i successivi due mesi si dovrebbe intervenire per sostenere, se necessario, la seconda ripresa vegetativa, la crescita dei frutti e la sintesi dell’olio. Comunque, le somministrazioni dovranno interrompersi almeno 2-3 settimane prima della raccolta, per evitare un’eccessiva idratazione delle olive e le conseguenti difficoltà di estrazione dell’olio. In tali condizioni, infatti, l’olio sintetizzato negli appositi organuli cellulari trova difficoltà a migrare nel vacuolo, da cui si estrae meccanicamente, restando disperso nel citoplasma da cui, invece, si estrae solo chimicamente. Esperienze condotte in Andalusia con somministrazioni irrigue chiaramente deficitarie durante il periodo estivo (cui nella zona corrispondono le fasi fenologiche comprese tra il termine dell’allegagione fino a prima dell’inizio della pigmentazione del frutto), non modificano sostanzialmente la produzione per cui risulta possibile ridurre o addirittura eliminare, senza problemi, gli apporti idrici durante la piena estate (figura 7). Figura 7. Rappresentazione schematica del ciclo vegetativo, del ciclo produttivo e delle principali necessità in acqua di olivo coltivato in condizioni di elevata compatibilità ambientale.

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.

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Riposo vegetativo Forte attività vegetativa Ridotta attività vegetativa Forte attività vegetativa

Riposo vegetativo

Differenziazione

gemme

Fioritura ed antesi

Formazione delle olive e dell’olio Maturazione e

cascola Vernaliz-zazione

Indurim. nocciolo

Invaiatura Vernaliz-zazione

Periodo di elevata domanda

evapotraspiratoria

Deficit idrico: dannoso sostenibile dannoso

Vengono quindi ad aprirsi alcuni precisi interrogativi sugli effetti agronomici della pratica irrigua in olivicoltura, così come sui relativi risultati economici, valutati per effetto dei costi diretti di impianto, approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, nonché di quelli indiretti di conduzione e governo di una situazione strutturale maggiormente indirizzata verso la vegetazione e la crescita.

Metodi irrigui. Le modalità di somministrazione modificano la distribuzione delle radici nel terreno sia in senso orizzontale che verticale, con notevoli conseguenze sulla disponibilità degli elementi e sulle modalità di distribuzione dei fertilizzanti. La coltura asciutta induce un’espansione dell’apparato radicale uniforme nel terreno circostante e proporzionale, in profondità ed in larghezza, alla disponibilità di acqua. L'irrigazione per aspersione induce un'uniforme colonizzazione del terreno da parte delle radici fino a 60 cm di profondità ed oltre secondo il regime idrico realizzato, mentre l'irrigazione localizzata provoca uno sviluppo disforme e, in genere, in volumi di terreno molto più limitati, in dipendenza delle caratteristiche del terreno, della portata degli erogatori e della durata dell'irrigazione. Con l'aspersione i volumi irrigui sono calcolati per l'intera superficie; con l'irrigazione localizzata la superficie è solo il 10% con la goccia e il 25% con lo spruzzatore. L'effetto dello sviluppo dell'apparato radicale sul comportamento degli alberi è probabilmente differente nei due metodi irrigui. Nei climi temperato-umidi, nel caso dell'irrigazione a goccia, la parte di apparato radicale che si trova al di fuori della zona bagnata, non può contribuire molto, almeno nel periodo più siccitoso, all'assorbimento di elementi nutritivi. Pertanto gli alberi devono soddisfare il loro fabbisogno in volumi a volte limitati di terreno, depauperando rapidamente le risorse in questi disponibili, se esse non vengono opportunamente ripristinate. Da questo punto di vista la fertirrigazione, almeno in certi periodi, potrebbe acquisire un certo significato. Per la scelta dei metodi irrigui, sono ormai affermati metodi di irrigazione localizzata, che sono particolarmente adatti al criterio dell'elevata frequenza irrigua e dei piccoli volumi. Tali sistemi comportano infatti una migliore efficienza irrigua, una notevole riduzione dei costi di gestione, richiedendo pressioni di esercizio da 1 a 2 atmosfere, un limitato sviluppo delle erbe infestanti, la possibilità di effettuare fertirrigazione. I principali metodi di microirrigazione sono la goccia e i microspruzzatori. Il sistema a goccia è costituito da 2-4 gocciolatori, in funzione dell’età della pianta, distribuiti intorno al tronco, con portate comprese tra 2 e 8 litri per ora. Il metodo basato sui microspruzzatori (microjet) viene considerato con favore crescente rispetto a quello a goccia. Infatti i microspruzzatori, a parità di costi di investimento e di gestione, permettono di bagnare un maggior volume di terreno e di realizzare adacquate molto più brevi; sono praticamente eliminati i rischi di occlusione degli erogatori ed inoltre viene consentita una maggiore flessibilità nella gestione irrigua riducendo gli inconvenienti che possono derivare da errori da parte dell'operatore. Tali caratteristiche rendono questo metodo particolarmente efficiente nei terreni sciolti o superficiali, dove esso consente una limitazione consistente delle perdite per percolazione, che sono invece, in queste condizioni, particolarmente elevate con il metodo a goccia. In relazione ai modesti volumi di adacquamento somministrati con i metodi localizzati, i turni saranno più brevi fino all'irrigazione giornaliera. La lunghezza dei turni dipende, oltre che dalla domanda evaporativa dell'ambiente, dal tipo di terreno e pertanto dalla quantità di acqua disponibile che esso può trattenere. I turni saranno progressivamente più corti passando dai terreni limosi-sabbiosi, a quelli franco-sabbiosi, a quelli sabbiosi-ciottolosi. Per quel che concerne le soluzioni impiantistiche e per i materiali utilizzati esistono differenti possibilità. Il sistema classico prevede l'utilizzo di gocciolatori autocompensanti (da 4 a 8 l/h) inseriti sul tubo in

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polietilene a distanze che variano in funzione del tipo di impianto e delle caratteristiche del terreno. Il sistema più avanzato prevede invece l'utilizzo di un'ala gocciolante con gocciolatore integrato autocompensante a distanze prefissate e portate differenziate, che devono essere valutate caso per caso in relazione al tipo di terreno su cui si opera ed al sesto di impianto; queste ali gocciolanti possono essere posizionate sollevate da terra o appoggiate sul terreno a seconda del tipo di gestione del suolo che si prevede. Un'altra soluzione per l'applicazione dei sistemi a goccia con ala gocciolante integrata è rappresentata dall'interramento del tubo (subirrigazione) collocando l'ala ad una profondità variante tra i 30-40 cm e ad una distanza dal fusto che varia dai 50-120 cm. La profondità d'interramento è legata alla posizione dell'apparato radicale attivo dell'olivo. Con la subirrigazione si riscontrano numerosi vantaggi tra cui la riduzione delle erbe infestanti, dovuta al fatto che il terreno resta meno bagnato in superficie, con conseguente riduzione dei costi di diserbo. La bagnatura effettiva dell'apparato radicale permette di ottimizzare anche la fertirrigazione e di ridurre i problemi di compattamento del terreno. Con l'impianto installato sottoterra, si possono evitare anche i danni meccanici all'impianto dovuti a persone, macchine agricole, attrezzature, operatori di campo o possibili atti vandalici, semplificando inoltre le manovre dei macchinari agricoli in campo, con contestuale riduzione della manodopera, dato che non necessitiamo di nessuna operazione di posa e recupero annuale, ed incremento della durata delle attrezzature di irrigazione, dato che il polietilene ha come antagonista principale proprio la luce solare. Per un corretto funzionamento dell'impianto irriguo interrato necessita un'ala gocciolante autocompensante, capace di garantire uniformità di distribuzione dell'acqua anche su terreni in pendenza, con integrati dispositivi atti a prevenire l'aspirazione delle impurità ed impedire l’intrusione delle radici. Si consigliano, generalmente, portate di acqua da 1,6 a 2,3 litri/ora con distanza tra i gocciolatori di 60-80cm.

Considerazioni sull’irrigazione dell’olivo. La situazione di diversa disponibilità idrica del terreno comporta nelle piante modificazioni della loro attività fisiologica, con notevole influenza sull’attività vegetativa, sul processo produttivo e sulle caratteristiche compositive degli oli, così come precedentemente illustrato. Di conseguenza, nella necessità di perseguire costantemente ed allo stesso tempo i massimi livelli quantitativi e qualitativi della produzione, vengono a porsi alcuni interrogativi sul ruolo di quantità e distribuzione dell'acqua nel corso del ciclo produttivo dell'olivo, nonché sul contributo di una adeguata progettazione e di una razionale tecnica colturale, per ottimizzare il rapporto tra disponibilità del terreno ed esigenze idriche della cultivar. Negli ambienti in cui le precipitazioni primaverili sono generalmente in grado di assicurare una sufficiente umidità del terreno fino a primavera inoltrata, la necessità di ricorrere all’irrigazione si colloca in un periodo di tempo (Luglio e Agosto), che coincide solo in parte con le fasi fenologiche che richiedono elevati quantitativi di acqua. Si ritiene quindi che l’irrigazione, in questi casi, possa portare a modesti incrementi produttivi legati, non tanto ad una maggiore allegagione, quanto ad una maggiore crescita dei frutti. Al contrario, un uso improprio della pratica può indurre negli alberi una eccessiva produzione di rami a legno ed uno squilibrio in senso vegetativo che dovrà essere opportunamente governato, con inutile dispendio di risorse e di manodopera. Inoltre, le piante vengono maggiormente esposte ad alcuni attacchi parassitari e vengono modificate le caratteristiche compositive degli oli, per alcuni aspetti positivamente e per altri negativamente, così come precedentemente illustrato. La tecnica irrigua potrebbe quindi essere proficuamente utilizzata solo in caso di carenze difficilmente risolvibili in altro modo o per il superamento di particolari condizioni di difficoltà degli alberi, così come facilmente rilevabili negli ambienti olivicoli meridionali. Vengono quindi ad aprirsi alcuni precisi interrogativi sugli effetti agronomici della pratica irrigua così come sui relativi risultati economici, valutati per effetto dei costi diretti di impianto, approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, nonché di quelli indiretti di conduzione e governo di una situazione strutturale maggiormente indirizzata verso la vegetazione e la crescita. Le conclusioni di un lavoro di valutazione tecnica ed economica dell’irrigazione dell’olivo in Basilicata hanno dimostrato che, alla luce degli attuali costi d’impianto, ammortamento, interessi, manutenzione, approvvigionamento di acqua e prezzo dell’olio, la convenienza economica si verifica solo se viene assicurato un consistente aumento di produzione per ettaro pari, orientativamente, al 50-60%. Sulla base della sperimentazione condotta in Toscana l'irrigazione localizzata è molto utile durante la fase di allevamento, in quanto consente di formare la struttura scheletrica dell'albero in modo rapido. Invece, non vi sono effetti significativi dell'irrigazione sulla produzione di olio di alberi maturi in aree con una piovosità di almeno 800 mm all'anno e ciò vale anche per annate piovose in zone normalmente siccitose. L'irrigazione

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aumenta la produzione in aree contraddistinte da periodi di siccità estiva superiori a due mesi, evapotraspirazione potenziale superiore a 1100 mm annui e precipitazioni inferiori a 700 mm. Conclusioni Le osservazioni illustrate evidenziano la possibilità di pervenire a miglioramenti produttivi e ad una riduzione dei costi, razionalizzando la tecnica colturale sul terreno. L’obiettivo di incrementare il livello di reddito degli oliveti potrà quindi essere conseguito mediante interventi capaci di esaltare le potenzialità produttive delle piante e consentire un elevato livello di meccanizzazione, per ottimizzare il rapporto con l’ambiente e ridurre al minimo i costi di produzione. Allo stato attuale sono disponibili macchine e materiali per soddisfare le esigenze di ogni tipo di intervento sul terreno, in particolare per la trinciatura del materiale vegetale nell’interfila, per la gestione, anche differenziata, dello spazio sottostante il filare, per la realizzazione di un eventuale, moderno impianto di irrigazione. L’olivo potrà quindi essere coltivato in condizioni di maggior equilibrio con l’ambiente per la possibilità di rinunciare a pratiche agronomiche a maggior consumo di energia e di risorse. Oltre a questo si ribadisce il ruolo della sostanza organica, che rappresenta forse il fattore fondamentale per un'equilibrata nutrizione dell'olivo. Le funzioni esplicate da questo prezioso elemento sono riconducibili alla favorevole influenza esercitata sulla struttura e sulle altre proprietà fisiche del terreno, ai meccanismi di immobilizzazione, di adsorbimento parzialmente reversibile o di mobilizzazione che si verificano a carico di diversi elementi, alla azione dei microrganismi per quanto concerne la biodegradazione. Tutte le azioni descritte si esplicano in modo differenziato, poiché i meccanismi si adattano ai diversi tipi di terreno ed alle altre pratiche colturali. Per approfondimenti Calabrese F., Cartabellotta D., Di Martino V., 2007. Sicilia, proposti standard nutritivi anche per l’olivo. Olivo e Olio, 10: 42-47. Celano G., Palese M. A., Xiloyannis C., 2009. Inerbimento, la soluzione che apporta i nutrienti. Olivo e Olio, 3: 46-51. Contin M., Pinton R., 2010. Microcarenze: la sostanza organica ha un ruolo chiave. L’Informatore Agrario, 21: 53-59. Failla O., Scienza A., Stringari G., Porro D., Tarducci S., Bazzanti N., Toma M., 1997. Diagnostica fogliare per l’olivicoltura

toscana. L’Informatore Agrario, 39: 63-71. Famiani F., Farinelli D., Proietti P., 2006. Guida alla fertilizzazione di produzione. Olivo e Olio, 3: 49-53. Filippi N., Malucelli F., Giapponesi A., 2010. Come conservare la sostanza organica nei suoli. L’Informatore Agrario, 14: 38-41.

Mantovi P., Bonazzi G., 2010. Quali opportunità per l’uso dei residui organici nei terreni. L’Informatore Agrario, 14: 42-45. Gucci R., Caruso G., Servili M., 2008. L’acqua migliora l’aroma e le proprietà salutistiche. Olivo e Olio, 5: 43-47. Montanaro G., Tuzio A. C., Aiello F., Dichio B., 2008. L’irrigazione causa principale della salinizzazione e dell’alcalinizzazione dei

suoli. Frutticoltura, 5: 18-22. Neri D., Lodolini E. M., Cioccolanti T., Panzini G., 2010. L’ecosostenibilità è gestire il suolo al meglio. Olivo e Olio, 3: 34-38. Palese M. A., Celano G., Xiloyannis C., 2009. La nutrizione deve variare in base alle fasi di sviluppo. Olivo e Olio, 3: 52-54. Palese M. A., Pasquale V., Celano G., Motta F., Xiloyannis C., 2008. Acque reflue urbane trattate: da prodotto di scarico a risorsa per

l’irrigazione dell’olivo. Frutticoltura, 5: 60-63. Pastor Muñoz-Cobo M., 1990. El no laboreo y otros sistemas de laboreo reducido en el cultivo del olivar. Olivæ, 34: 18-30. Proietti P., Nasini L., Famiani F., 2006. Inerbimento permanente. Più acqua meno erosione. Olivo e Olio, 3: 43-48. Sorrenti GB., Toselli M., Baldi E., Quartieri M., Marcolini G., Bravo K., Marangoni B., 2011. L’importanza della sostanza organica

nella gestione sostenibile del suolo per una frutticoltura efficiente. Frutticoltura, 3: 34-39. Toscano P., 2008. Concimazione fogliare insieme a quella al terreno. Olivo e Olio, 3: 50-53. Toscano P., 2008. Inerbimento, pratica antica per la moderna sostenibilità. Olivo e Olio, 3: 41-44. Toscano P., Godino G., 2010. Concimare le foglie per aumentare la resa. Olivo e Olio, 3: 40-43. Xiloyannis C., Dichio B., Nuzzo V., Celano G., 1996. L’Olivo: pianta esempio per la sua capacità di resistenza in condizioni di

estrema siccità. Atti “Seminari di Olivicoltura”. Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Spoleto, 7 e 28 giugno: 79-111. Xiloyannis C., Massai R., Montanaro G., Dichio B., 2008. Risparmio idrico e miglioramento dell’efficienza d’uso dell’acqua nei

sistemi frutticoli. Frutticoltura, 5: 12-17. Xiloyannis C., Palese A.M., Celano G., Dichio B., Romano M., 2000. La gestione della concimazione e della irrigazione per una

olivicoltura di qualità e a basso impatto ambientale. Atti “Tornata in Basilicata”. Accademia Nazionale dell’Olivo, Spoleto: 65-115.