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Teoria & Prassi settembre 2010 «Non passa una settimana, non passa quasi un solo giorno senza che qua o là ci sia uno sciopero - ora a causa di diminuzioni di salario, ora per un negato aumento, ora per un rifiuto di abolire soprusi o cattivi regolamenti, ora per nuove macchine, e ora infine per altre cento e cento cause. Questi scioperi sono in generale avvisaglie d'avamposti, talvolta combattimenti più notevoli; essi non decidono nulla, ma sono la prova più sicura che si avvicina la battaglia decisiva tra la borghesia e il proletariato. Sono le scuole di guerra degli operai in cui essi si preparano alla grande inevitabile lotta». FRIEDRICH ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845) rivista teorica di Piattaforma Comunista n. 21

Teoria & Prassi n. 21

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Rivista teorica di Piattaforma Comunista

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Teoria & Prassi

settembre 2010

«Non passa una settimana, nonpassa quasi un solo giorno senza che quao là ci sia uno sciopero - ora a causa didiminuzioni di salario, ora per un negatoaumento, ora per un rifiuto di aboliresoprusi o cattivi regolamenti, ora pernuove macchine, e ora infine per altrecento e cento cause. Questi scioperi sonoin generale avvisaglie d'avamposti,talvolta combattimenti più notevoli; essinon decidono nulla, ma sono la provapiù sicura che si avvicina la battagliadecisiva tra la borghesia e il proletariato.Sono le scuole di guerra degli operai incui essi si preparano alla grandeinevitabile lotta».

FRIEDRICH ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845)

rivista teorica di Piattaforma Comunista

n. 21

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Teoria & Prassi, n.21 - settembre 2010rivista teorica di Piattaforma Comunista

(aderente alla Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti)

- versione digitale -

Indice:

Sviluppi della crisi e prospettive rivoluzionarie................................................................ 3 Crisi economica e trasformazione reazionaria dello stato e della società...................... 5 Verso quale partito operaio?.............................................................................................. 14 Ancora su coordinamenti, comitati e consigli................................................................... 20Lettera aperta alla “Cgil che vogliamo”........................................................................... 24Per chi suona la campana?................................................................................................. 28 Die Linke, ovvero il “socialismo piccolo-borghese del 21° secolo”................................. 30 Sullo spostamento del centro di gravità mondiale e l’ascesa della Cina ....................... 33 Il contributo della III Internazionale comunista alla formazione teorica

e politica dei partiti comunisti nei loro primi anni di vita............................................ 40 Documentazione internazionale........................................................................................ 46

Per contatti, domande, etc. scrivere a:[email protected]

Visitate il sito web: www.piattaformacomunista.com

La redazione invita tutti i lettori ad esprimere la propria opinione sul contenuto di questonumero della rivista. Invita altresì a segnalare indirizzi email individuali o collettivi di possibiliinteressati a ricevere le nostre pubblicazioni.La redazione di Teoria & Prassi ringrazia la giornalista E. Massimino la quale, dando prova digrande sensibilità democratica, ha assunto la direzione responsabile di questa rivistapermettendoci di adempiere alle formalità richieste dalla legge sulla stampa. Ribadisce,comunque, che la responsabilità politica degli articoli pubblicati è solo ed esclusivamenteredazionale.

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Teoria & Prassi, periodico registrato al n. 14/2003

del Registro della Stampa del Tribunale di Catania.Direttrice responsabile:

E. Massimino

La presente edizione, datata 10/9/2010,viene inviata per email e pubblicataonline. Si autorizza la copia e la diffusionetotale o parziale, non a finicommerciali, citando la fonte.

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In quale situazione concreta si colloca oggi ilnostro impegno teorico-pratico, principalmentevolto alla ricostruzione del partito comunista?

Un rapido affresco permetterà di inquadrare lecaratteristiche del periodo attuale e le prospettive chesi delineano. Il punto inferiore della caduta produttiva ecommerciale, determinata in definitiva dallacontraddizione fra il carattere sociale dellaproduzione e la proprietà privata capitalista deimezzi produttivi, è stato raggiunto circa un anno fa,dopo un crollo senza precedenti nel dopoguerra perquantità, rapidità e diffusione. Ciò non comportaperò il superamento degli squilibri e l’inizio di unarisoluta crescita dell’economia mondiale. Dopo treanni di crisi vediamo che nei principali paesiimperialisti occidentali i deboli sintomi di ripresa sialternano alle frenate. Un esempio di queste ultime:il tracollo verticale della produzione automobilisticain Italia (l'immatricolazione delle auto è diminuitadel 26% dopo la fine degli incentivi statali).

La crisi da sovrapproduzione relativa persiste, comedimostrano gli impianti ampiamente inutilizzati,dopo aver ricostituito le scorte di magazzino. Ilcontrasto fra la produzione e il consumo si manterràa causa della minore capacità di acquisto deilavoratori, del crescente impoverimento della classeoperaia e di ampi settori di piccola borghesia,dell’aumento della disoccupazione, dellosfondamento dei deficit statali. Le manovre di rientro

dei deficit aumenteranno i problemi e l’incertezzaesistenti, che può sfociare in una nuova recessione escoppi di bolle speculative. Il corso della crisi economica è fortementeinfluenzato dal crescente carattere parassitario delcapitalismo. Nulla è stato fatto a livello globale perdare un ordinamento diverso all’alta finanza, aconferma che l’imperialismo è irriformabile perchè imonopoli finanziari, le loro agenzie di rating, leistituzioni dell’oligarchia, non possono accettaremisure che ostacolano il raggiungimento delmassimo profitto. Osserviamo una più spiccata disuguaglianza tra gliandamenti dei diversi paesi capitalistici sviluppati edemergenti. Il ciclo si è spezzettato e i vagoni deltreno mondiale del capitalismo viaggiano a velocitàancora più diverse rispetto a prima, con Cina, India eBrasile a ritmi del 7-10% e l’UE praticamente ferma.Procede la tendenza alla riduzione della percentualeglobale di PIL degli USA, dell’eurozona e delGiappone. Gli USA rimangono la principale potenzaimperialista, ma sono in declino storico. Il dollaroperde importanza (è la bilancia commerciale dellaCina a mantenerlo come valuta di riserva mondiale).Il peso del capitalismo cinese, di quello indiano,brasiliano, ecc. vanno aumentando velocemente.Siamo dunque di fronte ad una modificazione neirapporti di forza tra le potenze imperialiste, preparatonegli ultimi decenni. Una conseguenza di ciò è cheoggi non c’è nessuna locomotiva capitalista in gradodi trainare l’intero convoglio. Ciò ha conseguenzeprofonde sui tempi e sui ritmi e della ripresa.Un aspetto cruciale per la valorizzazione del capitaleè il rinnovamento del processo produttivo e ilrisparmio energetico. Senza tali modificazioni nonpuò esservi una crescita del saggio di profitto neisettori di punta. Ciò ha a che vedere conl’inasprimento della contesa per il controllo dellematerie prime strategiche, delle fonti energetiche,dell'acqua, delle vie di trasporto, delle sfere diinfluenza, ecc. Nella crisi si è accentuato il corso aggressivo dellapolitica imperialista, specie di quella USA, che sisforza di mettere in riga le potenze emergenti. Ilproseguimento della guerra in Afghanistan, leminacce sempre più violente all’Iran, l’installazionedi basi in Colombia e il tentativo di destabilizzare il

EditorialeSVILUPPI DELLA CRISI E PROSPETTIVE RIVOLUZIONARIE

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Venezuela, la Bolivia, il Nicaragua, l’occupazionemilitare di Haiti, il cambio di strategia verso la RPDdi Corea, l’incremento del blocco contro Cuba,indicano un’escalation militaristadell’amministrazione Obama e l’aumento degliantagonismi bilaterali e multilaterali. Nel Medio Oriente la politica criminale dello statosionista, oggi più isolato nell’area mediterranea, si èaccentuata con l’obiettivo di spingere gli USA (indifficoltà nell’esercitare la loro supremazia suiprocessi politici della regione) in avventure militari econservare il proprio ruolo strategico. Lecontraddizioni in quella area si vanno accumulandoed è possibile che esplodano in una nuova guerra diaggressione. Un aspetto importante della crisi attuale è che essa siè trasformata nella crisi del debito, il cui epicentro ènell'UE. Si tratta di una crisi ancor più pericolosa perl'imperialismo, poiché la bancarotta riguarda non piùsingole banche, ma interi stati. La speculazione sul deficit greco ha indebolito l'euro.Obiettivamente c'è stata una convergenza fra gliinteressi degli speculatori finanziari e quelli degliUSA che cercano di garantire l'egemonia del dollaro.L’operazione dunque può ripetersi su altri anellideboli. Ma il vero motivo della crisi dell'euro è dacercare nello sviluppo ineguale dei paesi capitalisti. L’imperialismo tedesco ha imposto la politica diausterità e l'UE ha deciso che devono pagare i popoli.In tutti i paesi si varano piani di austerità checolpiscono gli standard sociali, le indennità didisoccupazione, le pensioni, le pensioni l'educazione,la sanità, i servizi sociali, ecc. Aumenta la pressionesulla classe operaia e le masse popolari. Si va versoun modello di stato borghese “snello” e poliziesco. Dopo la crisi finanziaria del 2007 i capi di governodissero che l'UE proteggeva i paesi dalla crisifinanziaria. L'eurozona è stata presentata comebarriera protettiva. Per decenni la borghesia e iriformisti di tutto il vecchio continente hannopromosso la frottola dell’ “Europa sociale”. Ma ora laclasse dominante mette in discussione ciò e gliaspetti della propaganda solidaristica europea vannoa rotoli. C'è chi vuole andare avanti su un nucleo ristretto dipaesi e con un sistema di decisioni più centralizzato;chi vuole bastonare ed estromettere gli stati condeficit eccessivo. Emergono profonde differenze diinteressi fra le oligarchie europee. L’UE comeistituzione imperialista è sempre meno unita e fraqualche anno avremo un quadro profondamentecambiato. In questo scenario si affacciano posizionianti-UE reazionarie e posizioni progressiste. Queste

ultime vanno appoggiate per affermare il sacrosantodiritto ad uscire dalla gabbia imperialista e aprire lavia ad una alternativa rivoluzionaria. Le strategie di rientro dal debito, sommate agli effettidella perdurante crisi capitalistica, inasprisconoterribilmente le condizioni della classe operaia e deipopoli. La questione sociale si acutizza. Sul piano economico la crisi vuol dire licenziamentidi massa, riduzione dei salari e delle pensioni,demolizione della contrattazione collettiva e deidiritti dei lavoratori, ulteriori privatizzazioni; sulpiano politico si manifesta come involuzioneautoritaria a tutto campo. Sono le esigenzemonopolistiche a determinare il processo reazionario(come spieghiamo nell'articolo specifico sul casoitaliano).

Una delle particolarità della crisi è che si è sviluppatanel periodo storico seguente la sconfitta temporaneae transitoria, ma assai pesante, del socialismo. Inquesto contesto svantaggioso per la classe operaia,l'evoluzione delle relazioni fra capitale e lavoroall'interno della crisi sta subendo delle modificazioni. I capitalisti e i loro governi intendono utilizzare lacrisi non solo per scaricare nell’immediato il pesosulle spalle delle masse lavoratrici, ma anche permassimizzare i profitti negli anni a venire,aumentando lo sfruttamento in fabbrica, cancellandoi diritti e le conquiste ottenuti a prezzo di dure lotte.Vogliono cioè approfittare del vantaggio acquisitoper stabilire nuovi rapporti di forza. Per riuscirvidevono fare i conti con la ripresa del conflitto diclasse. In Europa, in particolare, abbiamo vistosvilupparsi negli ultimi mesi una delle più vigoroseondate di lotta degli ultimi decenni, in riposta allamacelleria sociale.Le politiche anti-deficit mettono a nudo lasostanziale omogeneità delle politiche e deiprogrammi delle forze borghesi. L'influenza dellasocialdemocrazia e dei riformisti nella classe operaia

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è in rapida diminuzione ed è sempre più visibile ilcontrasto fra movimento operaio ed opportunismo. Tutto ciò fa sì che tra i lavoratori sfruttati vadanosvanendo molte illusioni e molti pregiudizi, fruttodella fase precedente. La love story col capitalismo èagli sgoccioli per molti lavoratori che hanno persofiducia nelle possibilità di miglioramenti nell'ambitodi questo sistema. Per i giovani si presenta unasituazione inedita: per la prima volta nell'occidenteimperialista un’intera generazione avrà condizioni divita e di lavoro peggiori di quella precedente. Ciòcomporta delle modificazioni profonde nella visionedel mondo di milioni di sfruttati, oggi più dispostialla lotta.E’ importante che strati politicamente attivi delproletariato comincino a guardare in modo diversoalla borghesia e si pongano nuovamente di fronte alproblema di un'alternativa concreta al capitalismo,senza più dimostrare un atteggiamento di diffidenzao di repulsione verso il socialismo. In tale situazione, in cui le basi sociali dei partitiborghesi-riformisti sono più mobili, in cuil'insofferenza delle masse cresce e vi sono miglioricondizioni per lo sviluppo della lotta di classe, sidistaccano i compiti e le responsabilità deicomunisti.Le direttive fondamentali per conquistare stratisempre più ampi del proletariato e creare miglioricondizioni per lo sviluppo della lotta rivoluzionariapossono essere fissate nelle seguenti: a) lotta control'offensiva del capitale, per l'organizzazione di unalarga controffensiva operaia che si proponga dirovesciare la crisi sulla testa dei capitalisti, dei ricchi,dei parassiti; b) lotta contro la reazione borghese intutte le sue forme, per la difesa delle libertà e deidiritti conquistati dai lavoratori; c) lotta contro leaggressioni imperialiste e la preparazione di unanuova guerra di ripartizione del mondo, per il trionfodelle lotte di liberazione e nazionali, per la solidarietàinternazionalista dei lavoratori e dei popoli. Lo sviluppo del fronte unico di lotta del proletariatonecessita del sostegno attivo di tutte le lotte e lerivendicazioni economiche e politiche delle masselavoratrici e dei disoccupati che non vogliono pagarela crisi.. Unirsi per resistere e contrattaccare, lottareaffinché la classe operaia diventi la classe dirigentedell’intero movimento popolare: ecco la via daseguire. I compiti del lavoro di massa, gli accordipolitici e sindacali, le piattaforme rivendicative, ecc.vanno situati all'interno di queste linee generali. Un'uscita dalla crisi favorevole ai lavoratori non puòessere raggiunta senza mettere in discussione laproprietà capitalistica e il potere dei monopoli

finanziari, senza lavorare per una profonda e radicalerottura politica con l’antistorico, antiumano eantinaturale regime capitalista. La crisi stessa dimostra la necessità ineluttabile diriplasmare il sistema generale dell’industria,dell’agricoltura, del commercio, del credito, sullabase della proprietà sociale dei mezzi di produzionee di scambio e del potere in mano ai lavoratori. La lotta per instaurare il socialismo è l'unicaalternativa razionale e necessaria per superare lecontraddizioni e gli errori di fondo dell’attualesocietà, per mettere fine ad un sistema assurdo, chenon abbandonerà la scena da solo. Dovrà essereabolito con la lotta di massa rivoluzionaria che apriràla via ad un mondo giusto ed ugualitario, volto asoddisfare i bisogni materiali e culturali deilavoratori, ecocompatibile, capace cioè di garantirela sopravvivenza stessa della specie umana. Piattaforma Comunista mentre dà impulso all'unitàdella classe operaia e dei movimenti popolari,promuove questa alternativa, in legame indissolubilecol Movimento Comunista Internazionale, di cui laConferenza Internazionale di Partiti e OrganizzazioniMarxisti-Leninisti (CIPOML) è la massimaespressione. A tal fine chiama i migliori elementi delproletariato a compiere i passi necessari peravvicinare la ricostruzione del Partito, rompendodecisamente con gli opportunisti e unendosi aimarxisti-leninisti per rafforzarsi tanto in campoteorico – applicando il marxismo-leninismo allecircostanze concrete - quanto in quello politico-organizzativo.

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La crisi economica mondiale ha colpitol’imperialismo italiano in modo più grave diquanto gli economisti borghesi ammettono.

Nel biennio 2008-9 il PIL è sceso di 7 punti, quasi lametà della crescita registrata nei dieci anniprecedenti. Il volume della produzione industrialenel corso della fase depressiva è sceso fino ai livellidel 1987 e non si prevede che ritornerà ai livelliantecedenti la crisi prima del 2015. Le esportazionisono crollate del 22%. Nel solo 2009 vi sono stati9.400 fallimenti di impresa. I sintomi di ripresa sono deboli. Anche se il calo dellaproduzione si va arrestando, la sovrapproduzionenon è ancora risolta e la ripresa rimane lontana: gliimpianti sono largamente inutilizzati, le scorte dimagazzino si sono ulteriormente ridotte, gliinvestimenti rimangono ai minimi. Senza “pacchetti di stimolo” finanziari e incentivifiscali la recessione proseguirebbe. Ne è riprova ilcrollo delle immatricolazioni registrato dalla Fiat nelluglio 2010 (-35%). Questo perché la forte riduzionedel potere di acquisto dei lavoratori - che dura daalmeno 15 anni ed è aggravata dalla crescentedisoccupazione - impedisce lo sviluppo delladomanda interna; l'export da parte sua è frenato dalprezzo dell'euro e dalla bassa produttività, dovuta ascarsi investimenti in capitale fisso, ricerca,formazione. I capitalisti approfittano della crisi per varareristrutturazioni e trasferire la produzione dove i salarisono più bassi. Dopo aver incassato finanziamentipubblici per sanare i bilanci, vengono tagliati i “ramisecchi” e chiusi interi stabilimenti. Tra l’aprile 2008 e il marzo 2010 circa 815.000lavoratori sono stati espulsi dalla produzione, inparticolare i giovani precari; la cassa integrazione èaumentata del 311% e per molti operai non vi saràrientro in fabbrica. Il tasso di disoccupazione realesupera il 10%, quello giovanile è al 30%. Il 4,7% delle famiglie versa in povertà assoluta, e laloro condizione peggiora di anno in anno. Il redditodei lavoratori si è ridotto nel solo biennio 2008-9 del3,4%. Allo stesso tempo i capitalisti tendonocostantemente a ridurre i salari reali, che sono fra ipiù bassi dei paesi industrializzati. Di conseguenzaprocede senza interruzioni l’immiserimento del

proletariato e di larghi strati di lavoratori, delle massepopolari del meridione, che sono spinti a indebitarsiper mantenere gli standard di consumi.Negli ultimi due anni il rapporto fra debito pubblicoe PIL è gonfiato di dodici punti percentuali,giungendo al 115,8%. Dopo aver adottato misure perstabilizzare del sistema finanziario, ricapitalizzandole banche più esposte e destinando denaro aimonopoli (nel 2008 il 78% dei prestiti bancari èandato alle grandi imprese), l’intervento statale si èindirizzato a rafforzare la centralizzazione e laconcentrazione capitalistica. Scarse sono state lemisure anti-cicliche adottate dal governo Berlusconi,in particolare quelle volte a sostenere il reddito deilavoratori e l'occupazione. Si è scelto di puntare sullaretorica delle “grandi opere”, ma ciò finora non haavuto alcun impatto sulla ripresa.Dal fondo della crisi – tutt'altro che conclusa e apertaa nuove cadute – la borghesia uscirà moltolentamente, attraverso una lunga fase di crescitaanemica, con un apparato produttivo drasticamenteridimensionato e degradato (specie le microimprese eil sud del paese) e con pochi monopoli (Fiat, Eni,Pirelli-Telecom, Enel, Generali e la multinazionale“Mafia”) che dovranno affrontare una più agguerritaconcorrenza internazionale, sia fuori che dentro casa.

CRISI ECONOMICA E TRASFORMAZIONE REAZIONARIA DELLO STATO E DELLA SOCIETA’ BORGHESE IN ITALIA

L’articolo che segue, redatto nel febbraio 2010, è stato pubblicato (in lingua spagnola) sul n. 20 della rivista“Unidad y Lucha”, organo della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti. Lo presentiamo ai lettori con alcuni aggiornamenti relativi ai dati statistici ed alla situazione politica.

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Nel prossimo periodo l’imperialismo italiano,caratterizzato da imprese sottodimensionate,frammentate, non presenti nei settori chiavedell'economia, con pochi capitali e molti debiti,falcidiate dalla crisi, continuerà dunque a declinare.Perderà quote di mercato, peso e importanza inconfronto delle altre potenze imperialiste ecapitaliste (vecchie e nuove), si troverà sempre piùschiacciato, marginalizzato, costretto a competere sutrincee arretrate, assediato dall’alto e dal basso.Perciò tenderà a reagire blindando le sue casemattefinanziarie, aumentando allo spasimo il parassitismoe lo sfruttamento, distruggendo il sistema diconquiste e diritti dei lavoratori, dequalificando laforza-lavoro.Questi mutamenti nella base economica comportanodelle profonde trasformazioni nella sovrastruttura.La crisi sta velocizzando la riorganizzazione delladittatura della classe borghese e determinando unrafforzamento della reazione politica e giuridica. Sitratta di un processo che va avanti da decenni, ma cheoggi vede una decisa accelerazione.Nell'articolo apparso sul numero 18 di “Unità eLotta”, scrivevamo che il governo di Berlusconi”tende a trasformarsi in un regime reazionario dellagrande borghesia“. Tale svolgimento è proseguitonell’ultimo periodo attraverso:• l’uso sfrenato della decretazione di “urgenza” e delvoto di “fiducia” con i quali si esautorano leprerogative parlamentari (solo il 13% delle leggiapprovate nel corso di questa legislatura sono diiniziativa parlamentare, mentre l’87% è di iniziativadel governo); • approvazione del “pacchetto sicurezza”(militarizzazione del territorio anche con l’esercito,legalizzazione delle ronde razziste contro i migranti,respingimenti in mare, costruzione di lager perrinchiudere ed espellere i “clandestini”), promozionedel razzismo e della xenofobia per mettere ilavoratori italiani contro quelli stranieri e distoglierele masse dalla gravità dei problemi esistenti; • rafforzamento delle operazioni belliche all’estero(per un tot. di 8.300 militari, di cui 3.200 inAfghanistan), aumento spesa militare, produzioneaerei da guerra F-35 e ampliamento delle basi USA(come a Vicenza);• costruzione di nuove centrali nucleari in siticontrollati dall'esercito (contro la volontà popolareespressa nei referendum del 1987);• privatizzazione dell’acqua e del settore acquistidella Difesa;• progetto di riforma della giustizia per subordinarlaal potere esecutivo, varo di leggi per garantire

l'impunità dei membri del governo, e la protezioneassoluta del premier per ogni tipo di reato; • cancellazione dei processi in cui sono imputati ipadroni per aver violato le norme di sicurezza sullavoro e provocato danni all’ambiente;• promozione della revisione della Costituzione (siala I parte, relativa ai diritti democratico-borghesi, siala II parte, tra cui l’art. 41 per favorire la piena libertàdi impresa) e ulteriori modifiche restrittive dellalegge elettorale;• vasta attività di corruzione politica, uso di tangentie scandali politico-sessuali per ricattare ed eliminarerivali;• emanazione della legge sul federalismo fiscale avantaggio dei gruppi borghesi dominanti nel Norddel paese;• distruzione del sistema di istruzione pubblica,aziendalismo e autoritarismo nelle scuole, forme diesclusione dei giovani dalla scuola sempre piùestese;• disegno di legge oscurantista sul testamentobiologico;• riforma del mercato della forza-lavoro, riduzionedel ruolo della contrattazione nazionale ottenutatramite accordi separati con i vertici sindacalicollaborazionisti; discriminazione dei sindacati chesi rifiutano di firmarli; • negazione del diritto dei lavoratori di votare suicontratti di lavoro ed eleggere rappresentanzesindacali, aggressione al diritto di sciopero e ai dirittiprevisti dalla Statuto dei lavoratori, provocazioniantisindacali e antioperaie;• repressione poliziesca per colpire picchetti operai,scioperi e manifestazioni; denunce, arresti econdanne pesanti per militanti sindacali, antifascisti,occupanti di case, studenti in lotta; torture e omicidiin carcere contro rivoluzionari e proletari che non siarrendono; costruzione di nuove carceri;• uso, a bassi livelli, della strategia della tensione perbloccare lo sviluppo dei movimenti di massa;• censura mediatica delle lotte operaie e popolari,attacchi alla stampa e ai giornalisti critici verso ilgoverno, tentativo di bloccare i siti internet, blog,facebook, ecc.; propaganda di regime “a retiunificate”, costante criminalizzazione dei movimentidi protesta; • rafforzamento di intercettazioni telefoniche, ascoltoambientale, localizzazione gsm, videosorveglianza,controllo e-mail, ecc.;• intensificazione della sorveglianza, dellapersecuzione e della repressione contro comunisti,rivoluzionari, antifascisti;• appoggio politico, protezione e finanziamento dei

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gruppi neofascisti con base nella piccola borghesiaurbana declassata.

La fonte della reazione e del fascismo Come si può osservare, il governo Berlusconi hainasprito la reazione in tutti i campi, sovvertendo iprincipi e le garanzie costituzionali, adottandomisure antidemocratiche e rafforzando in modoimpressionante il potere esecutivo. In altrerealizzando il vecchio piano della loggia massonicafilo-statunitense denominata “P2”.

Questo sempre più spiccato riordinamento autoritariodello Stato e delle istituzioni borghesi corrisponde aprecise esigenze del capitale monopolistico: a)scaricare sui lavoratori tutte le conseguenze dellacrisi economica, incrementando lo sfruttamento ecalpestando le loro libertà e diritti; b) aumentare iprofitti e la capacità di concorrenza con gli altri paesiimperialisti; c) partecipare alle guerre imperialiste disaccheggio sotto l’egida della superpotenza USA.In Italia attualmente il battistrada della reazionepolitica e dell’autoritarismo è la FIAT guidata dalfascista Marchionne, che di concerto col governoBerlusconi punta a realizzare un regime autoritario incui sia garantita la libertà assoluta al grande capitalee siano azzerati i diritti dei lavoratori.L'involuzione politica è legata alle crescentidifficoltà in cui versa il fragile capitalismo italiano ealla necessità di intensificare il predominio deimonopoli sull'economia e sulla società: controllandodirettamente lo Stato e ponendolo al servizio deipropri esclusivi interessi, utilizzando i suoi apparatiper rapinare reddito dagli sfruttati e massimizzare iprofitti, armandolo per difendere i mercati di sboccoe rapinare risorse energetiche, approvando misurevolte ad “abbattere i costi di produzione” (salari,evasione fiscale, ecc.) “recuperare competitività” egarantire “impunità” per un’oligarchia finanziariasempre più trincerata all’interno e all’esterno. La trasformazione reazionaria in Italia non ha quindi

carattere episodico, bensì strategico, fungendo dabattistrada di quella ”Europa fortezza” protetta dastati di polizia, in particolare nell'aggressione controi migranti.Sul piano politico il principale obiettivo della grandeborghesia, è dividere e immobilizzare la classeoperaia, piegare la sua resistenza. Lo fa isolando isuoi settori più combattivi, disgregando le sueorganizzazioni di lotta, colpendo i suoi diritti eagibilità, disarmandola politicamente eideologicamente, impedendo la sua alleanza conclassi e strati popolari oppressi dai monopoli. Nel prossimo periodo l'oligarchia finanziaria,incapace di aprire un periodo di crescita ai livelli deiprecedenti cicli economici e di dare risposte allerivendicazioni economiche e politiche delle classisubalterne, continuerà a portare avanti la sua politicadi accaparramento della ricchezza prodotta, dispoliazione delle classi lavoratrici, di regressionesociale e di aggressività politico-militare. Perciò tollererà sempre meno le conquistedemocratiche dei lavoratori, i diritti sociali esindacali, la politica di concessioni, gli istituticostituzionali e parlamentari che ostacolano la suaazione piratesca, cercando di bloccare con ognimezzo lo spostamento del proletariato su posizionirivoluzionarie.

Obiettivi borghesi per il prossimo futuroNel dicembre 2009 Berlusconi, che si trovava in seriadifficoltà politica, ha approfittato dell’aggressionesubìta a Milano, drammatizzata ad arte, per ottenerealcuni scopi politici: compattare una maggioranzaparlamentare che si stava disgregando, mettere allecorde un’imbelle opposizione parlamentare e cercaredi illegalizzare una vasta opposizione sociale che siera espressa in forme anche inedite. Sulla base diquesta manovra ha immediatamente rilanciato unanuova stagione di controriforme. Il 2010 sarà un anno cruciale (nel bene e nel male)per il furfante al governo e le forze capitalistiche chelo appoggiano, pronti ad andare a elezioni anticipateper sbarazzarsi di ogni freno e realizzare il loro pianoeversivo. Nel programma della destra vi sono le“riforme costituzionali” volte a realizzare un regimeautoritario di tipo presidenzialista, con un esecutivodotato di maggiori poteri decisionali e in posizionedominante rispetto a Parlamento e magistratura,senza organi di garanzia e con strumenti (controllomedia, meccanismi elettorali, appoggio dei verticisindacali collaborazionisti, ecc.) in grado diassicurargli vasto consenso. E' previsto anche un Senato federale, per soddisfare i

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famelici appetiti della borghesia “padana”rappresentata dalla Lega Nord. L'argomentodemagogico per coprire questa operazione è lariduzione del numero dei deputati, funzionale atogliere al proletariato qualsiasi possibilità dirappresentanza politica parlamentare. Altre riforme in cantiere sono: quella della istruzionesuperiore, per completare il processo di“aziendalizzazione” della scuola; quella fiscale,mirante a favorire le aziende capitaliste, i redditi alti,gli evasori fiscali, tagliando ancora i servizi sociali ele pensioni.Sul piano politico-istituzionale siamo di fonte altentativo di liquidare la tradizionale divisione fra ipoteri, rafforzando al massimo grado il potere delcapo del governo e della cricca che lo circonda,espressione di una frazione di oligarchia finanziariache vuol governare a nome e per conto di quel 10%di miliardari che possiede circa la metà dellaricchezza in Italia. Con questa spasmodica concentrazione del potere laborghesia imperialista vuole monopolizzare l'interavita nazionale, ottenere il controllo pieno e totalesulle dinamiche decisionali, eliminare i tradizionali“ostacoli” (la lentezza dell’azione parlamentare, gliorganismi di “controllo”, le relazioni sindacali esoprattutto i diritti dei lavoratori) che la rallentano lasua azione di rapina e la distruzione delle conquistesociali. Oggi il disegno reazionario vede come protagonistail “Popolo della Libertà” di Berlusconi, che persegueun programma di controriforme economiche edistituzionali associato al varo di leggi volte asalvaguardare gli interessi economici del capo delgoverno. La nascita di questo partito delle forze didestra (in cui sono stati assorbiti molti elementifascisti), con un'ampia base nelle classi intermedie,ha modificato la situazione per un periodo che nonsarà breve. Se la situazione economica peggiorerà ulteriormentee le fondamenta dell’ordine borghese fossero scosseda un'ondata rivoluzionaria, la classe al potere - nonessendo più in grado di conservare il potere con imetodi parlamentari e pseudo-democratici - sisposterà su posizioni apertamente fasciste,suscitando movimenti antiproletari violenti. Questo pericolo esiste e non va sottovalutato. Esso simanifesta come tendenza, e la borghesia già adottametodi fascisti per reprimere i lavoratori, speciequelli immigrati. Gli scopi del fronte reazionario nonsono sostanzialmente diversi da quelli dei fascisti,poiché tendono a distruggere l'organizzazione e lelibertà dei lavoratori. Ma il fascismo, in quanto

forma di stato, non è uno sbocco inevitabile, poichéla classe operaia può fermarlo e batterlo. In ciò cidifferenziamo da quei gruppi che danno per scontatoil passaggio al fascismo, oppure ritengono di esseregià in un regime fascista. Politicamente ciò significanon permettere alla classe operaia di organizzarsi elottare efficacemente contro l'instaurazione delladittatura aperta degli elementi più reazionari, piùsciovinisti e più imperialisti del capitalemonopolistico finanziario.

Conflitti fra istituzioni e partiti borghesiSappiamo che “la reazione politica su tutta la linea èpropria dell'imperialismo” (Lenin). Chiaramentel’offensiva antidemocratica si sviluppa indeterminate condizioni storiche, attraversa una seriedi tappe, caratterizzate da esitazioni e conflittiinterni. Questi conflitti si sviluppano nelle istituzionie i partiti borghesi, fra i monopoli capitalisti, fral’oligarchia finanziaria e le classi con cui mantieneun sistema di alleanze e di compromessi. In Italia il tentativo reazionario in atto comporta unarottura degli equilibri su cui si è finora fondato ildominio della classe sfruttatrice e uno scuotimentodell'ordine costituzionale vigente. Si determinaquindi un conflitto senza precedenti fra i diversiorgani della repubblica borghese italiana(parlamento, governo, presidente della repubblica,magistratura, corte costituzionale, ecc.). Sul piano politico tutte le forze borghesi, siano esseconservatrici o riformiste, gli organismi di massacome i sindacati confederali, sono attraversati daprofonde contraddizioni. Nei mass-media borghesi visono settori che si oppongono allo strapotereberlusconiano. Vi sono conflitti fra i vari ministri delgoverno, fra Berlusconi e altri esponenti del “Popolodella libertà” - in particolare con Fini, il presidentedella Camera, che ha una differente linea politica (larottura si è consumata a fine luglio 2010, assicurandoa Berlusconi il pieno controllo del PdL madeterminando un indebolimento del governo edanche del partito), con la Lega Nord, con gliautonomisti siciliani, ecc. Esistono settori dimonopolisti cui interessano più le riforme strutturali(pensioni, mercato del lavoro) che le vicendegiudiziarie di Berlusconi; altri settori borghesiritengono dannoso per i loro interessi un suo ulteriorerafforzamento, per cui premono per un cambio dileadership, o almeno per una successione a lorofavorevole. Dentro i partiti riformisti esocialdemocratici vi sono posizioni diverse riguardoalle controriforme e si sviluppa una continua lotta dicorrenti e frazioni.

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Questi conflitti sono conseguenza dell’acutizzarsidella lotta borghese per la suddivisione dei profitti el’accaparramento delle scarse risorse economiche,contro l'accentramento nelle mani del gruppo alpotere di tutte le ricchezze del paese, e sono anchecollegati all’aumento del divario economico tra ilNord ed il Sud del paese. Anche nei rapporti con l'estero vi sono urti, persinonei confronti dell’ONU e degli USA, questi ultimiirritati dai rapporti di Berlusconi con Putin,Gheddafi, ecc. Il premio “nobel per la guerra”,Barack Obama, comunque continuerà a puntare sulpremier in carica finché garantirà truppe all'estero ebasi NATO a sua disposizione e manterrà ilpresidente dalla Camera, l’ex fascista Fini, comecarta di riserva. Anche il Vaticano, “la più grandeforza reazionaria esistente in Italia” (Gramsci),continuerà ad appoggiare il programma antioperaiodel servile governo in carica, che collima con lapolitica integralista e di salvaguardia degli interessieconomici della Chiesa cattolica. In caso di crisi delgoverno per la grande borghesia le alternative alleelezioni anticipate - che non vuole perché fannoperdere tempo in un contesto di accentuataconcorrenza capitalista – stanno in unricompattamento della maggioranza o in un governodi “transizione”, a cui il PD e i centristi daranno vialibera, per continuare la politica di sacrificiantioperai.

Il ruolo dei riformisti Il ruolo dei capi riformisti, socialdemocratici e deisettori di destra della burocrazia sindacale è disfacciata collaborazione con le controriforme volutedal governo Berlusconi. Esso procede assieme allaservile accettazione delle misure antioperaie e con lasvendita degli interessi dei lavoratori. Più il governo Berlusconi procede nella sua marciaantidemocratica e assolutista, più rende il Parlamentoun ubbidiente votificio, più tramuta lo stato “didiritto” in uno stato “di eccezione”, e più i vallettiriformisti si dichiarano “disponibili e intenzionati auna discussione immediata sulle riformeistituzionali” (Bersani, segretario del PartitoDemocratico). In tal modo cercano di salvaguardareposizioni di rendita economica e politica. Senza illoro obiettivo appoggio Berlusconi non sarebbe piùda tempo al governo, e se pure si decideranno asloggiarlo sarà per continuare il berlusconismo.Tutti i liberal-riformisti e i socialdemocratici,compresa l’ala sinistra extraparlamentare(Rifondazione e PdCI) , celano agli occhi delle masseil carattere di classe delle misure reazionarie,

nascondono le insanabili contraddizioni delcapitalismo e negano l'inevitabilità della suaabolizione. Invece di appoggiare la resistenza deilavoratori, tentano inutilmente di moderare il’offensiva padronale, per riproporsi come“alternativa” di governo e rioccupare le poltroneparlamentari in alleanza fra di loro.Ciò determina una crisi sempre più profonda nelrapporto con gli sfruttati e una divaricazione con laloro stessa base che cerca in qualche modo di opporsiai piani capitalisti. La crescita del malcontento edella lotta degli strati inferiori della massaprovocheranno nuove difficoltà e fratture all'internodelle forze socialdemocratiche e riformiste.

E’ un errore ritenere che a causa della continuaperdita di influenza fra gli operai e di consensielettorali i dirigenti di queste forze politiche sisposteranno a sinistra. Man mano che siaggraveranno le conseguenze della crisi capitalisticasui lavoratori, i capi socialdemocratici e riformisti, idirigenti di sindacati e cooperative, gli strati piùimborghesiti e corrotti dell'aristocrazia operaia,prenderanno esplicitamente posizioni di destraopponendosi alla radicalizzazione delle masselavoratrici e distaccandosi sempre di più da esse. Essigià fanno dell'anticomunismo la loro bandiera, al paridelle forze reazionarie e fasciste.In particolare, nel processo di sviluppo dellecontraddizioni sociali la funzione dell’ala sinistradella socialdemocrazia e dei revisionisti – che inItalia mantengono numerosi quadri - è quella dicontinuare a spargere illusioni tra gli operai, disostenere la collaborazione di classe e di ostacolarein mille modi la ricostruzione del partito comunista.Fra i loro scopi c'è la ricostituzione del vecchio PCIrevisionista ed elettoralista di Togliatti e Berlinguer.Essi perciò vanno smascherati e combattutiapertamente in quanto agenzie del capitalismoall'interno del movimento operaio.

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Difficoltà e limiti della risposta di classeNonostante il clima politico e l'abbandono da partedella sinistra borghese, la classe operaia e gli altrilavoratori continuano a resistere, lottando control'offensiva borghese. C'è un aumento dell'attivitàdelle masse lavoratrici e diversi episodi locali(scioperi improvvisi, blocchi stradali, presidi edoccupazioni delle aziende) dimostrano unaradicalizzazione di alcuni settori proletari, specienelle fabbriche e nelle categorie che hanno tradizionidi lotta e di organizzazione. Dal 1998, anno in cui il numero di lavoratoripartecipanti agli scioperi ha toccato il minimo, si èmanifestata una lenta e irregolare ascesa della lotta diclasse, seppur lontana dai livelli di conflittualitàespressi negli anni '60-'70. Su questa tendenzapositiva, alimentata dalla necessità di difendersi dallecontinue aggressioni capitaliste, pesano però unaserie di fattori di debolezza, oggettivi e soggettivi,che frenano la ripresa del movimento operaio equindi una più vigorosa risposta di classe ai disegniborghesi.Fra i fattori oggettivi c'è la dispersione della classeoperaia, di cui fanno parte circa 8 milioni di salariati.La struttura produttiva italiana è infatti caratterizzatada imprese piccole e medie, che rappresentano il95% delle aziende ed assorbono circa l'80% dellaforza-lavoro. La ristrutturazione dei grandi gruppi ele privatizzazioni avvenute negli anni '90 hannoprovocato una maggiore polverizzazione.La dispersione produttiva è stata accompagnata dallafrantumazione dei contratti di lavoro e delle tipologieoccupazionali (lavoro a termine, a chiamata, inaffitto, per formazione-lavoro, part-time, ecc.), dalvasto utilizzo del “lavoro nero”, delle”terziarizzazioni”, dei “liberi professionisti”.Gli effetti negativi di questo sbriciolamento sonoamplificati dalla politica di divisione seguita daipadroni e dai loro collaboratori, vertici sindacali edirigenti riformisti, che puntano a mantenereseparate fra loro le fabbriche, le categorie operaie ele rispettive lotte. Un' arma micidiale usata perdividere gli operai sono gli “accordi separati” con isindacati collaborazionisti. Un'altra arma adoperataper scongiurare ribellioni operaie sono gli“ammortizzatori sociali”, vasta gamma di strumentistatali che hanno effetti sulla dinamica della lotta diclasse. Gli operai, specialmente in questa fase, vengonospinti a farsi la concorrenza tra loro. I padronipuntano a scatenare una guerra tra sfruttati perpassare dalla lotta di classe alla lotta nella classe, tralavoratori italiani e stranieri, settentrionali e

meridionali, giovani e vecchi, garantiti (fino almomento del licenziamento) e precari. Per favorirequesta guerra viene ampiamente usato il ricattooccupazionale.Della repressione abbiamo giàaccennato.Sul piano ideologico la classe operaia è subalternaall’ideologia e al sistema di dominio dei padroni.Decenni di revisionismo (in Italia esisteva il più fortepartito revisionista dell'occidente capitalistico), diriformismo e la campagna di “rievangelizzazione”cattolica hanno prodotto risultati devastanti:rinnegati i valori di lotta antagonista del movimentooperaio – a partire dalla liberazione del lavoro dallosfruttamento con la lotta di classe – le forze borghesi-riformiste si sono battute per rimuovere ogniembrione di coscienza nella classe lavoratrice, fino alpunto di sostituire alle categorie di proletari eborghesi quella indistinta ed insignificante di“cittadini” o di “individui”.

Gli operai, abbandonati a se stessi, senza un'adeguatadirezione politica rivoluzionaria, si aggrappano aisindacati e alle istituzioni borghesi, alla Chiesa,specie dinanzi allo spettro della perdita del posto dilavoro. In alcuni casi divengono vittime dellepolitiche razziste della Lega Nord, oppure si fannoattrarre, specie al Sud, dalla demagogia delle forzeborghesi che agitano strumentalmente la bandieradella lotta alla criminalità o della riduzione delletasse. Ne è conseguita l’accettazione in fabbricadell’ideologia padronale che ha ridotto molti operai avivere sognando i consumi e imitando icomportamenti dei padroni che li sfruttano. Icapitalisti e i loro ministri chiedono agli operai“complicità” ed obbedienza. In cambio di un salarioda fame pretendono di comprare non solo le bracciadegli operai – cosa che hanno sempre fatto – maanche il cervello. Non c'è da stupirsi se in queste condizioni moltioperai, lasciati soli dai partiti riformisti e da dirigentisindacali venduti ai padroni, fanno a gara per fare gli

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straordinari e i turni notturni, unico sistema perportare a casa 200-300 euro al mese in più. Tra i giovani operai l’assunzione di droghe e alcolper evadere da una realtà senza apparenti prospettiveraggiunge punte del 50%; cresce l’abbrutimento,l’arroccamento in un individualismo esasperato; chinon è licenziato pensa di essere un privilegiato e girale spalle di fronte agli operai che vengono espulsidalle fabbriche e che lottano disperatamente perriacquistare il “diritto” a farsi spremere nuovamenteda un padrone.

Noi sappiamo che la conflittualità verso leconseguenze della crisi e la politica reazionaria èdestinata a crescere, tuttavia dobbiamo tener contodelle difficoltà e dei limiti attuali del movimentooperaio e popolare per stabilire una giusta politicarivoluzionaria.

La tattica rivoluzionariaI comunisti si oppongono alle misure reazionarie e alfascismo prendendo l'iniziativa della costruzione diun fronte unico proletario. Lo scopo è dar vita a unavera e propria lotta di massa volta a ostacolare esconfiggere i piani della borghesia, approfondire lesue contraddizioni e conquistare degli alleati preziosinella lotta rivoluzionaria.Come insegnava Dimitrov: “La possibilità diprevenire la vittoria del fascismo dipende prima ditutto dalla combattività della classe operaia, dallacompattezza delle sue forze, strette in un unicobattagliero esercito che lotti contro l'offensiva delcapitale e del fascismo”.Nella situazione attuale i comunisti devono essere iportabandiera dell’unità di azione delle massesfruttate, per far convergere e spingere alla lotta leampie masse di operai e lavoratori e tutti gliorganismi che resistono all’attacco capitalista.Dentro questo lavoro va affermato il ruolo dirigente

della classe operaia nella lotta per una nuova società.La tattica di fronte unico dal basso deve essereanzitutto rivolta agli strati profondi del proletariato,quelli peggio pagati, senza diritti, precarizzati,sottoposti ai licenziamenti di massa, super-sfruttati.Senza dubbio bisogna articolare questa politica nelmodo più vasto, per sottrarre i lavoratori,all’influenza borghese-riformista e ottenere la piùampia mobilitazione della classe operaia e dei suoialleati. Le basi politiche del fronte unico, il suo punto dipartenza, sono: un programma concreto dirivendicazioni per difendere in modo intransigentegli interessi vitali dei lavoratori salariati control’offensiva capitalista; la lotta aperta contro ladittatura borghese in tutte le sue forme, la repressionepoliziesca e il terrorismo fascista, la difesa dellefondamentali libertà di associazione, di sciopero, dimanifestazione, di stampa, ecc. l’autodifesa dellemasse dai fascisti; la lotta contro le aggressioniimperialiste all’estero e gli incombenti pericoli diguerra.Questa politica di fronte è indispensabile per unire emobilitare nel modo più ampio contro il capitalismomonopolista le masse di operai e di disoccupati e deiloro alleati naturali: piccoli contadini e allevatori,pescatori, impiegati, insegnanti, artigiani, studenti.Serve a strappare alla borghesia i milioni dilavoratori che soffrono una diminuzione del proprioreddito e a neutralizzare, o almeno ad intralciare lamobilitazione reazionaria, dei piccoli proprietari edegli strati intermedi malcontenti. Sul piano organizzativo sosteniamo la creazione diorganismi di raggruppamento delle masse come icomitati (di lotta, di sciopero) e i consigli, eletti datutti i lavoratori, non subordinati agli apparatisindacali, per ampliare la base della lotta e dell’unità,farvi partecipare i non iscritti ai sindacati edassicurare una direzione indipendente degli scioperi. Sosteniamo l'occupazione delle fabbriche chechiudono o delocalizzano, il blocco della produzionee i presidi degli stabilimenti per evitare lospostamento dei macchinari, i blocchi stradali,ferroviari ecc. come forme di lotta per rovesciare lacrisi sulla testa di chi l’ha causata.Sosteniamo la realizzazione nelle città di comitati ecoordinamenti contro la crisi, composti da delegatidelle fabbriche colpite dai licenziamenti, organismidi base politici, sindacali, sociali, collettivistudenteschi, ecc. con la funzione di sostenere le lottee sviluppare azioni di solidarietà.Evidenziamo l’importanza del lavoro nei sindacati,sia in quelli confederali (che pure sono egemonizzati

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da forze riformiste e conservatrici), promuovendol'opposizione di classe al loro interno, sia neisindacati di base, soprattutto in quelli che adottanouna politica classista, non basata sul merocorporativismo, con l'obiettivo di una loro saldatura.Sul piano degli obiettivi politici da realizzarenell'immediato, avanziamo la consegna dellosciopero generale per l’abbattimento del governoBerlusconi nelle piazze e nelle fabbriche, così daimpedire le manovre neocentriste-confindustriali edeterminare una trasformazione qualitativa dellasituazione, nella prospettiva di un radicalerivolgimento politico. Il compito odierno è mettersi alla testa delle masse econtribuire all’organizzazione e al coordinamentodelle battaglie quotidiane per la difesa intransigentedegli interessi economici e politici di classe, per losviluppo di un nuovo ciclo di lotte politiche e socialicontro il sistema capitalista nel suo complesso, per ilsocialismo.

Prospettive e compiti generaliAnche se la cricca di Berlusconi – con il sostegno diConfindustria, delle banche, di Confcommercio,Confagricoltura, dell’imperialismo USA, delVaticano, dei sionisti, della Mafia, di Putin – dovessesuperare la sua crisi e riuscire nel suo disegno, nonpotrà portare l’Italia fuori dalla crisi. Berlusconi è lapersonificazione della decomposizione e delladisgregazione economica, politica e socialedell’imperialismo italiano. Negli avvenimenti attuali non va visto solo ilfallimento del nano di Arcore , ma quello storicodella borghesia italiana, la sua incapacità di essereclasse dirigente. La politica del “tutto ai padroni,niente ai lavoratori” farà sì che l’oppressioneesercitata da una minoranza di parassiti sullamaggioranza della popolazione diverrà ancora piùpesante e insopportabile.Il coperchio sulla pentola non potrà reggere a lungo.Il fossato sociale si approfondirà e lo scontro politicosi acutizzerà. Dobbiamo perciò continuare a lavoraree lottare con impegno, denunciando la degenerazionedel regime capitalista, chiamando alla lotta e all'unitài lavoratori, incitando gli operai a rifiutarsi di seguirela borghesia e la piccola-borghesia, a partecipare agliavvenimenti politici come classe indipendente, con ipropri obiettivi immediati e storici. In Italia, la lotta contro la reazione politica devediventare sempre più acuta e potrà essere diretta dalproletariato solo se questo acquisterà una coscienzarivoluzionaria e farà suo l’obiettivo della conquistadi un “governo operaio e degli altri lavoratori

sfruttati”. Con questa parola d'ordine indichiamo unaprospettiva di radicale rottura politica comprensibilealle masse. Essa esprime la necessità della presa delpotere politico in un contesto, come quello italiano,in cui l'unica classe che può attuare una realetrasformazione sociale è il proletariato, in cui l'unicarivoluzione possibile per superare le contraddizioni ei limiti dell'attuale modo di produzione è quellasocialista.Dobbiamo approfittare delle contraddizioni esistentisenza cadere nella difesa dello stato borghese, maavendo interesse che i suoi «equilibri» si squilibrino,che continui il progressivo logoramento diquell'apparato burocratico-parlamentare che la futurarivoluzione socialista dovrà abbattere e sostituire conun nuovo Stato basato sui consigli operai e di tutti ilavoratori. Uno Stato nel quale non vi sarà più«separazione di poteri», ma un solo potere, quello delproletariato vittorioso, che supererà la formademocratica borghese, ristretta ed ipocrita, peraffermare una democrazia di tipo superiore: ladittatura del proletariato. Una strategia ed una tattica adeguate a questo scoponon possono essere elaborate che da un forte partitocomunista, che diriga la lotta per la difesa dellelibertà democratiche dei lavoratori legandola inmaniera inscindibile alla lotta per il socialismo, in cuiesse si realizzeranno pienamente. Ricostruire unpartito di avanguardia in cui l’ideologia, ilprogramma e l'organizzazione siano garanzia dellacapacità di guidare una lotta rivoluzionaria è ilcompito prioritario che spetta in primo luogo aglioperai più coscienti, più preparati e sperimentati,pronti ad accogliere favorevolmente i suoi scopi, lasua centralizzazione e disciplina. Questo compito deve essere posto in relazione allosviluppo del movimento comunista ed operaiointernazionale, in particolare alla lotta fra ilmarxismo-leninismo e le correnti neo-revisioniste eopportuniste, in vista delle prossime ondaterivoluzionarie che sconvolgeranno l'agonizzantesocietà borghese aprendo la strada ad un superiorelivello della società umana.

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La proposta di ASLO e le nostre criticheLa proposta lanciata da alcuni anni da ASLO eripresa da alcuni gruppi di operai con cui è inrapporto, è caratterizzata da una certa articolazione ecomplessità. Lo scopo immediato è “la formazionedegli operai in classe, abbattimento del dominio dellaborghesia, conquista del potere politico da parte deglioperai” (Relazione ASLO del 29/051995). L’area dell’ASLO è consapevole che “gli operai nonhanno un proprio partito indipendente“ (Appunti perun viaggio, 2007), né alcuna vera rappresentanzapolitica nel nostro paese. Ciò determina il fatto chegli operai seguono i partiti borghesi e piccolo-borghesi, delegando ad essi la soluzione dei loroproblemi. Avendo compreso che “è tempo di fare inproprio, di togliere la delega a quelli che dicono dirappresentarci”(ibid.), ASLO supera l’aspetto delcoordinamento delle lotte e si pone giustamente ilcompito di ristabilire l’indipendenza degli operaitramite la costituzione di un loro partitoindipendente. Questi compagni comprendono che “il partito deglioperai non si costruisce da un momento all’altro”(Non c’è tempo da perdere, novembre 2008). Vieneperciò individuato un processo di costruzione. Unpassaggio di questo processo consistenell’indicazione di iniziare a costituireun’organizzazione di partito “anche se in modoinformale” (contenuta nell’articolo “L’inizio fu il

partito operaio informale…”, Operai Contro digiugno 2010). Pur nella considerazione del ruolo di ASLO, inquanto organizzazione costituita da operairivoluzionari, la proposta complessiva, che mira a ungiusto obiettivo, presenta però a nostro parere limitie difetti che possono far naufragare le miglioriintenzioni. Tra questi evidenziamo: 1) il concetto di organizzazione operaia “pura” vistacome garanzia per il partito;2) una concezione spontaneista dello sviluppo dellacoscienza di classe;3) l’estraneità dal patrimonio teorico-pratico delmovimento comunista ed operaio.

In merito al primo punto: Con ASLO e con i gruppioperai promotori delle assemblee sul partito operaiosiamo in sintonia su un punto fondamentale: il partitoper il quale lottiamo è il partito di una sola classe, laclasse operaia – la classe più forte, più combattiva,più capace di organizzarsi, più coerente e piùrivoluzionaria della società - e la composizioneeminentemente proletaria è una delle sue principalicaratteristiche. Tuttavia chiamiamo tutti i compagni, fra cui quelli diASLO, ad una riflessione su un punto chiave: unpartito rigidamente, o in massima parte composto dioperai (visto che ASLO sembra oggi prendere inconsiderazione anche i militanti non proletari,considerandoli in determinate condizioni capaci di

VERSO QUALE “PARTITO OPERAIO”?L’incalzare della crisi economica mondiale, lo scatenamento della offensiva capitalista volta a scaricare ilsuo peso sulle spalle della classe operaia, degli altri lavoratori e dei popoli, il fallimento della politica deipartiti riformisti e socialdemocratici, la volontà di sempre maggiori settori proletari e popolari di opporrela propria resistenza alle politiche borghesi, tutti questi fattori stanno rimettendo all’ordine del giorno ilproblema della ripresa della prospettiva rivoluzionaria e della ricostruzione di un’organizzazione politicaindipendente della classe operaia. In particolare, ha ripreso corpo in alcune realtà composte da proletari rivoluzionari il dibattito sullanecessità della costruzione del partito. Portatrice di questa istanza è, tra gli altri, l’Associazione per laLiberazione degli Operai (ASLO) e i gruppi operai che vi fanno riferimento, che rappresentano unatendenza ben definita nel movimento comunista ed operaio.Il riconoscimento da parte di ASLO che gli operai hanno bisogno di un partito politico indipendente è unfatto importante, così come è importante l’impegno di questa realtà per avvicinare l’obiettivo. Piattaforma Comunista ha sempre seguito con grande attenzione il lavoro di questi compagni e nel limitedelle sue possibilità ha cercato di offrire un contributo al dibattito in corso, mossa dalla convinzione chel’organizzazione degli operai avanzati in partito indipendente e rivoluzionario legato al MovimentoComunista Internazionale è un compito vitale, reso ancor più impellente dagli sviluppi della crisi generaledel capitalismo. Il presente intervento si situa entro questa logica, per nulla estranea o indifferente, ma del tutto interna edinteressata, al complesso processo di formazione degli operai avanzati in partito.

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contribuire alla costruzione del partito), è in sécondizione e garanzia assoluta per l’esistenza di unpartito rivoluzionario? Noi riteniamo di no, perchèquesto non può essere l'unico criterio per decidere sesi tratta, oppure no, di un autentico partito operaio. Ad esempio in Italia il partito a più larga base operaiaè la Lega Nord, un partito reazionario, organico allaborghesia. Altri esempi, su base storica einternazionale, di partiti operai degenerati possonoessere portati.Dunque, un partito rappresentante gli interessifondamentali e storici della classe operaia non puòcaratterizzarsi solo e semplicemente per la suacomposizione di classe. La dispensa della scuola quadri del PCd’I, redatta daGramsci nel 1925, contiene una risposta illuminantesu tale questione: “Il partito può essere operaio per lasua composizione, ma non può esserlo affatto per ilsuo indirizzo, per il suo programma, per la suapolitica. […] … il partito proletario è uno, il partitocomunista. Gli altri partiti che si dicono operai e losono perché almeno in parte la loro composizione èoperaia non sanno staccarsi dalla borghesia nella loropolitica”. Dunque la composizione di classe delpartito è condizione indispensabile ma nonsufficiente. Il vero partito operaio, l’unico partitorealmente indipendente dalla borghesia, è solo ilpartito comunista, che è il reparto di avanguardia,organizzato e cosciente del proletariato.Inoltre, nella elaborazione dell'area ASLO rimaneassente la questione delle alleanze che la classeoperaia deve costruire con le masse popolari sfruttateed oppresse. Affermare che il partito politico deveessere di una sola classe non può voler dire “che siriferisce ad una sola classe” (Cinque quesiti sulpartito operaio, Operai Contro n. 555/2009). Ilpartito infatti difende, insieme agli interessi delproletariato, gli interessi di tutte le masse lavoratricioppresse e sfruttate. Questo perché la lotta per laconquista del potere e per la creazione dello Statooperaio, non può essere portata a compimento senzaun’azione politica complessa attraverso la quale ilproletariato mobilita intorno a sé tutte le forze socialianticapitalistiche, realizzando la sua egemonia.

In merito al secondo punto: Per ASLO lo sviluppodella coscienza rivoluzionaria del proletariato sidetermina attraverso uno spontaneo processo che haluogo nel corso della lotta contro la classe nemica.Corollario di questa impostazione è che devonoessere gli operai stessi a decidere come e quandodarsi una propria organizzazione indipendente, aprescindere dall’attività dei comunisti. E' la vecchia

teoria economicista ed operaista secondo la quale lacoscienza di classe viene acquisita, da parte dellaclasse operaia, come suo riflesso immediato,all’interno della lotta economica. Occorre qui ribadire l’essenziale lezione leninista:“La classe operaia, con le sole sue forze è in grado dielaborare soltanto una coscienza tradunionistica, cioèla convinzione della necessità di unirsi in sindacati,di condurre la lotta contro i padroni ecc.”. Vale a direche gli sfruttati, in condizioni di schiavitùcapitalistica, sotto il giogo della borghesia, non sonoin grado di elaborare in sé con piena chiarezza leconvinzioni socialiste.La vera coscienza di classe può essere attinta daglioperai solo “dall’esterno della sfera dei rapporti traoperai e padroni” (Lenin), cioè dall’interno dellasfera dei rapporti reciproci di tutte le classi e stratisociali, tramite una visione critica della società cuipuò giungere solo un’avanguardia proletariaprovvista di una teoria rivoluzionaria. Senza queste concezioni generali, senza marxismo-leninismo, si resta comunque (al massimo)all’interno una lotta politica tradunionista, che “èprecisamente la politica borghese della classeoperaia" (Lenin).

Gli operai con le loro sole forze “iniziano a farsi leossa nella lotta contro i padroni”(Appunti di viaggio,cit.), ma non possono elaborare la coscienza di esserei protagonisti di una lotta generale che investe tutte lequestioni più vitali dell'organizzazione sociale, lacoscienza scientifica del carattere fondamentale edineludibile della lotta rivoluzionaria per ilsocialismo. Perché non gli è possibile far questospontaneamente? Due sono le ragioni fondamentali. a) All’operaio mancano le condizioni per farsi unaconsapevolezza teorica dell’irriducibile antagonismotra lavoro e capitale, non dispone cioè di alcunipresupposti materiali favorevoli, fra cui il tempolibero. Il fatto stesso di dover lavorare alle totalidipendenze di un padrone gli impedisce di assumere

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spontaneamente una posizione radicale, capace diandare oltre gli interessi immediati, cioè dicomprendere che è tutta la società borghese che deveessere superata e non solo il suo rapporto contingentecol singolo capitalista.b) La borghesia, stando al potere, è in grado didisporre di enormi mezzi per propagandarel’ideologia proprietaria, che è molto più antica diquella socialista (ed anche meglio elaborata sottotaluni aspetti), per cui si impone facilmente allacoscienza dell’operaio.

Queste ragioni non cessano di venir meno conl’esplodere della crisi, come ritengono i compagnidell’ASLO. Cioè non è per nulla automatico che “adun certo punto del ciclo economico…..“gli operairidanno un nuovo significato alla contrattazione”(Appunti di viaggio, cit.), sviluppando la propriacoscienza di classe. Questa è una concezionedeterminista, unilaterale, semplicistica, chetrasforma una possibilità su cui lavorare in una realtàgià compiuta, che fa confusione fra partito e classe.In realtà, è proprio durante questi periodi, in cuiaumenta la spinta spontanea delle masse, che c’è piùbisogno di attività teorica, politica ed organizzativaper dare al movimento operaio un caratteresocialista! La lotta economica spontanea non è di per sé stessarivoluzionaria (la "spontaneità" non porta mai laclasse operaia oltre i limiti della democraziaborghese esistente), né la coscienza di classe siesaurisce in una contrattazione più “avanzata”, in cuisi perpetua lo sfruttamento. Dunque gli operai nonpossono risolvere da soli la questione del partito, nénella fase di espansione del capitalismo, né nella fasedella crisi. Servono i proletari coscienti, i militanticomunisti.Noi non abbiamo dubbi sul fatto che la classe operaiaperviene alla comprensione dell’antagonismo che la

contrappone alla borghesia sfruttatrice ed allacoscienza della propria universalità concreta,nell’asprezza della lotta di classe, nelle grandibattaglie, nelle trionfali vittorie e nelle amaresconfitte. Ma essa apprende sia attraverso la propriaesperienza di lotta, sia per la capacità del suo repartoavanzato, comunista, di introdurre (specie in unaprima fase!) nel movimento operaio spontaneol’elemento ideologico, il sapere storico universaleche ha il suo fondamento nell’azione rivoluzionaria,la comprensione delle condizioni e dei rapportisociali in cui l'operaio vive, il processo di sviluppoche la società subisce per l'esistenza nel suo seno diantagonismi irriducibili, ecc.Il partito operaio, che sia effettivamente capace diorientare e guidare le masse alla vittoria nellarivoluzione proletaria ed alla costruzione delsocialismo, non sorge dunque spontaneamente dallosviluppo della lotta operaia, non “si va costituendodovunque ci sono operai che hanno ingaggiato unalotta contro i padroni in quanto sono i loro sfruttatoridiretti” (Cinque quesiti sul partito operaio, cit.).Quest'ultima è una visione influenzatadall’economicismo e dallo spontaneismo, che tende asottovalutare la funzione dell’elemento cosciente. Inrealtà il Partito si forma da tutto uno sviluppo dellasocietà, delle scienze, delle teorie filosofiche,economiche, ecc. Consideriamo perciò il partito rivoluzionario eindipendente della classe operaia come l’unione dellamassa degli operai avanzati con il movimentocomunista (m-l). Sia chiaro: non critichiamo qui la lotta spontanea insé, la lotta di fabbrica in cui gli operai “si fanno leossa” e che è la base sulla quale agiamo. La critica elo sprone al superamento di alcune concezioniarretrate sono rivolti a quegli elementi che –erroneamente - si accodano al movimento spontaneo,minimizzano il ruolo della coscienza di classe edell'organizzazione comunista, finendo perrimpallare agli operai non pienamente coscienti laquestione del partito e rinviando così alle calendegreche la sua ricostruzione.

In merito al terzo punto: ASLO, in consequenzialelogica con i due punti precedenti, ritiene ormaisuperati, inutilizzabili e perdenti, il patrimoniostorico e le categorie teoriche e politiche fatte propriedall’800 in poi dal movimento comunista ed operaiointernazionale.Il “clou” di questo atteggiamento liquidazionistaviene raggiunto quando nel documento “Cinquequesiti sul partito operaio” si inanella una

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meravigliosa “perla”: “Cosa potrà utilizzare il partitooperaio delle passate formulazioni politiche entratenella tradizione come bagaglio degli operai o megliodei lavoratori? Un bel niente”, ed ancora “Perché nonusiamo quei termini ben conosciuti come borghesi edi contro proletari? Perché non usiamo socialismo ecomunismo? Prima ragione è che i partiti comunistisono tanti e bisognerebbe stabilire qual è quello vero,seconda ragione è che i termini sono stati cosìideologizzati che oggi vogliono dire tutto e niente”.Cari compagni, le questioni non si affrontanoscansandole, ma misurandosi con esse!Anche sul piano organizzativo “la forma partito chesi daranno gli operai sarà una formazionecompletamente diversa, da inventare ex novo” (Nonc’è tempo da perdere, novembre 2008). Nella storia degli ultimi centocinquanta anni ASLOvede in pratica solo il rafforzamento del capitale. Datale visione sostanzialmente negativa ne deriva unasorta di «ritorno alle origini»: l'idea che, dopo tantedelusioni, dopo tanti tradimenti compiuti dai partiti edai gruppi piccolo-borghesi che nascondono il loroopportunismo dietro una fraseologia pseudomarxistae pseudocomunista, la strada da percorrere sia quelladel recupero di una “nuova” spontaneità, simile aquella dei primi embrionali circoli operai.Certe argomentazioni non possono essere intese altroche come una dimostrazione di distacco dal sistemadi concezioni e di pratiche proprie del socialismoscientifico. Si tratta, evidentemente, di un grave errore.Crediamo invece che l’organizzazione indipendentedegli operai avanzati si deve collegare a tuttal'esperienza rivoluzionaria del proletariato italiano einternazionale, con le sue vittorie e le sue sconfitte,con le sue avanzate e i suoi regressi, fino all’attualerealtà del Movimento Comunista Internazionale.

Il partito informaleL’editoriale di Operai Contro di giugno 2010costituisce un significativo passaggio nellaelaborazione politica dell’area dell’ASLO, dalmomento che definisce una proposta politico-organizzativa. La proposta, redatta da un gruppo di operaidell’INNSE e rivolta agli operai avanzati, si basasulla possibilità concreta di utilizzare lo spazioabbandonato dalla politica borghese (la fabbrica) per“diventare militanti e organizzatori di un nostropartito, per un partito operaio, o almeno muovere inquesta direzione i primi passi”. Pertanto, “costruireda subito anche se in modo informale un partitooperaio è nell’interesse di tutti coloro che hanno

intenzione di usare la grande crisi per mettere indiscussione questo modo di produzione e discambio” (L’inizio fu il partito operaio informale…,cit.). Si tratta dunque di un passaggio reale, di grandevalenza, che tuttavia continua a caratterizzarsi peralcuni limiti di fondo, dall’assenza di contenuti allavaghezza in termini organizzativi.

Il vero punto critico non è l’ipotesi, plausibile allaluce delle condizioni concrete del movimentocomunista e operaio, di una prima fase caratterizzatada un embrione “non ufficiale” di organizzazionepolitica, ma la sussistenza o meno dei requisiti chedovrebbe avere, la serietà dell'organizzazione in cuisi vanno a raggruppare i gruppi e i circoli di operaiavanzati, la capacità di svolgere fin dall'inizio unadirezione ideo-politica e di agitare determinaterivendicazioni. Queste sono le condizioni per un suoulteriore sviluppo.Per questi compagni invece la costruzione del partitodel proletariato può iniziare poggiando praticamente“sul nulla”: il partito operaio che si prefigura è unpartito senza ideologia, senza linea politica, senzaprogramma - visto che “organizzarsi ed agire comeoperai è già un programma” (L’inizio fu il partitooperaio informale, cit.), senza un’organizzazioneleninista – visto che si tratta di un rimasuglio di unpassato obsoleto…. Tutte queste caratteristiche - pernoi necessarie almeno nelle loro linee essenziali findall’inizio per costruire un autentico partitoproletario - verrebbero acquisite dal partito coltempo, nello sviluppo della crisi capitalistica. In tal modo i compagni dell’ASLO dimostrano dinon capire che proprio una certa “informalità”, senon vuol tramutarsi in un impedimento decisivo allacostruzione del partito, deve accompagnarsi ad unapiù decisa configurazione ideologica,programmatica, politica, ecc. Un altro punto di caduta sta nel fatto che ildocumento non pone la necessità (perlomeno in

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questa fase) del distacco risoluto e definitivo deglielementi di avanguardia della classe operaia daipartiti riformisti e revisionisti; al contrario “ognunoresti dove è”, limitandoci al fatto che fra gli operai“si inizi a ragionare ed agire in quanto operai” ecc. Sitratta evidentemente di una concezione diretroguardia, che contrasta con lo sviluppo di unembrione di partito indipendente, il quale per esseretale deve spezzare i fili che tengono avvinti i suoielementi alle formazioni politiche borghesi eriformiste, frenando la crescita e il rafforzamento diuna solida organizzazione rivoluzionaria, favorendola divisione e la dispersione delle forze.

Noi riteniamo che non si possa costruire il partitoindipendente della classe operaia se non con unalinea politica, un programma elaborato a partire dallateoria e un punto di vista basato sull’obiettivo dellaconquista del potere e della edificazione di unasocietà socialista. Questo partito, naturalmente, èanche un’unione di volontà, di azione e diorganizzazione, e ciò significa che deve avere findall’inizio un’organizzazione indipendente,centralizzata (non in modo meccanico, mademocratico), disciplinata, un sistema unico diorganizzazioni basato sulle cellule d’impresa(fabbrica, officina, magazzino, miniera, ecc), capacedi sviluppare un lavoro quotidiano e continuativo,una direzione organizzata e sistematica nei differentifronti in cui si svolge la lotta fra le classi. Ciò non sipuò fare rimanendo con un piede nella staffadell’opportunismo e con l’altro in quella dellarivoluzione proletaria.Se è vero che il partito della classe operaia deveavere forme e metodi di funzionamentocompletamente diversi da quelli dei partiti borghesi eriformisti, è altrettanto vero che, sulle questioni della«forma-partito», gli sviluppi portati dal leninismo alpatrimonio del marxismo sono tuttora fondamentali evalgono per l'intera epoca imperialistica nella quale

viviamo, pur tenendo conto delle importantitrasformazioni avvenute nella struttura del lavorosalariato e nel tessuto sociale.

Passi avanti o indietro? Il partito che fuoriesce dai documenti dell’areaASLO si configura come un organismo operaiosenza una precisa fisionomia, piuttosto spoliticizzato,deideologizzato e disorganizzato. Un partito cheproprio in quanto mancante di talune caratteristiche eprerogative fondamentali può cadere facilmentepreda delle varie tendenze e sottotendenze borghesi.Un partito in cui prevalgono concezioni e praticheeconomiciste e spontaneiste, che vivacchia tramovimentismo e “sindacalismo operaio”, che si batteper dare alla lotta economica un carattere politico(cioè che tende a ridurre la politica rivoluzionaria allivello di quella sindacale, a lottare per le soleriforme).Questa concezione è in ultima analisi una versioneraffinata dell’economicismo, una corrente che siriproduce continuamente a causa dell’enormeconfusione e debolezza politica e ideologica delmovimento operaio e dei suoi elementi più avanzati. L’economicismo finisce per concepire un partito chenon è altro che un sindacato “radicalizzato”, unpartito dunque che finisce per rimanere all’internodell’ordine sociale borghese. La stessa ASLO finiscein effetti per riconoscere ciò, quando parla di unsindacato “ma in versione nuova, in altreprospettive” (Operai Contro, marzo 2010), di unpartito operaio che “gestisce la resistenza deglioperai oltre il vecchio sindacalismocollaborazionista” (L’inizio fu il partito operaioinformale…,cit.). Da ciò il continuo riferirsi allalotta contro le burocrazie sindacali collaborazionistemettendo in secondo piano la necessità della lottapolitica rivoluzionaria contro la borghesia ed i suoigoverni. Questa tendenza, lo sottolineiamo ancorauna volta, al di là delle intenzioni che le forzeproletarie possono avere, porta fuori strada lemigliori energie ed ostacola seriamente lacostruzione di un autentico partito operaio. La volontà di costruire un autentico partito operaiomanifestata dai compagni di ASLO poggia oggi suposizioni che permetteranno il raggiungimento diquesto obiettivo? Allo stato attuale pensiamo di no.Parlare di “partito operaio” fuori (e contro)l’ideologia proletaria, non è soltanto un controsensostorico. A fronte della storia del movimentocomunista ed operaio internazionale, a fronte dellevittorie che la classe operaia ha ottenuto alzando labandiera del marxismo-leninismo, e delle cocenti e

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dolorose sconfitte subite a causa del revisionismo edelle altre tendenze antimarxiste, ciò significacontinuare a far navigare (e naufragare) ilproletariato nel mare borghese e piccolo-borghese, losi voglia oppure no. Le ultime teorizzazioni purtroppo ci sembra che nonsegnino dei reali passi avanti, ma degli arretramentirispetto precedenti posizioni, perchè presupporre unpiù elevato livello politico-organizzativo (benchèinformale) rimanendo però all’anno zero per quantoriguarda contenuti e caratteristiche essenziali di unpartito significa appunto marciare come i gamberi.Ci auguriamo che i compagni di ASLO riusciranno asciogliere queste contraddizioni, rafforzando con ciòil percorso intrapreso.

Un dibattito che deve proseguire Nell’attuale fase della lotta di classe è difondamentale importanza avere ben chiaro quale tipodi partito sia necessario ricostruire, su quali basi deveessere organizzato, in che modo le concezionisocialiste debbano essere fuse col movimentooperaio, quali compiti e scopi debba avere, a meno dinon contentarsi di ripetere la formula magicasecondo cui “i programmi, le forme organizzative lescopriremo insieme mano a mano che ci costituiremoin classe e con ciò in partito politico indipendente”(L’inizio fu un partito operaio informale…, cit.).Abbiamo già accennato alle amnesie ed alle carenzedi ASLO in questo senso, ma molto ci sarebbe da direanche sul carattere forzatamente deterministico efatalistico di quel “con ciò”, con cui questi compagnirinunciano a porsi fino in fondo il problema dellaformazione di un partito politico particolare -contrapposto a tutti i partiti delle classi proprietarie. Le teorizzazioni su un partito operaio “puro”, o “de-ideologizzato”, “informale” o strutturato nella suafase iniziale, le dichiarazioni plaudenti allosbaraccamento di ogni riferimento storico,ideologico e organizzativo proprio del movimentocomunista ed operaio non rappresentano ilraggiungimento della ”indipendenza di classe”. Alcontrario, certificano la posizione dominantedell'ideologia borghese e costringonoinesorabilmente il movimento operaio allasubalternità teorico-politica.L’egemonia revisionista e riformista, le enormidifficoltà in cui versa il movimento operaio, nonpossono essere superate facendo piazza pulitadell’espressione teorica degli interessi delproletariato e della storia stessa del movimentooperaio. All’opposto, è dal marxismo-leninismo, cheva conosciuto per applicarlo alla situazione concreta,

che bisogna per riprendere la marcia in avanti.Auspichiamo che questa impostazione generalediventerà – grazie anche all’esperienza pratica delmovimento operaio - sempre più un’acquisizionedegli operai avanzati.

Quanti vogliono veramente portare a compimento ilprogetto della costruzione di un partito operaioindipendente e rivoluzionario, che permetterà alproletariato di agire come classe sviluppando la suacoscienza, cooperando alla sua organizzazione,indicando i compiti e gli scopi della lotta, devonoandare oltre la linea del “minimo sforzo”. Devonocioè saper superare nel dibattito posizioni econvincimenti arretrati ed erronei che impedisconouna formazione e uno sviluppo del partito in modoche esso diventi una realtà capace di condurre ilproletariato alla vittoria. Per quanto ci riguarda, rilanciamo il confronto apertoe schietto per compiere passi avanti verso laricostruzione del partito indipendente erivoluzionario della classe operaia.

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Espressioni del fronte unico Coordinamenti, Comitati e Consigli di lavoratori nonvanno intesi come semplice espressione spontaneadella resistenza operaia, ma quali espressioniorganizzate della volontà di azione comune, delfronte unico dal basso contro l’offensiva economicae politica della borghesia, realmente capaci di dareforza, stabilità, continuità nel tempo all’azione dellemasse sfruttate, nonché a svilupparla verso contenutirivoluzionari più avanzati.In effetti, le lotte cui stiamo assistendo dimostrano lavolontà di resistenza della classe operaia e diconsistenti settori popolari, il loro rifiuto di pagare ilpeso della crisi economica e la determinazione nelportare avanti la lotta contro i monopoli capitalisti ela classe dominante. Se il periodo attuale ècaratterizzato da una rinnovata conflittualità, vaaltresì rimarcato come questa, per cause oggettive esoggettive, non ha ancora portato a un mutamento neirapporti di forza generali fra le classi. Molte mobilitazioni sono caratterizzate dallospontaneismo e dall’insofferenza verso adeguateforme organizzative, lasciando le lotte in balia di unmovimentismo inconcludente, isolate le une dallealtre, per di più frustrate da un orizzonte minimale edasfittico, privo di qualsiasi base ideologica e politicadi classe. In sostanza, l’evidente disponibilità allalotta della classe operaia rimane spesso in balia delleconcezioni e dell’orizzonte economicista o radical-borghese, che si limita all’azione quotidiana,

incapace di una critica radicale dell’esistente e privadi una prospettiva volta alla conquista del socialismonel nostro paese e nel mondo intero.C’è poi da considerare il ruolo negativo giocato dalleburocrazie di tutti i sindacati, sia quelli confederaliche di base, che si muovono secondo logiche proprie,divisorie, estranee agli intessi fondamentali dellaclasse operaia. Se i sindacati fossero effettivamentedi classe, se svolgessero un ruolo propulsivo e diunificazione reale dei lavoratori e delle loro lotte, ilavoratori non sentirebbero l’esigenza di costruirequesti organismi con cui cercano di unire,organizzare e contrapporre le proprie forze a quelledi tutti i gruppi di origine e natura borghese, al finedi poter cambiare i rapporti di forza.La scelta di dare impulso alla costruzione di taliorganismi intende dunque contribuire ad unasoluzione positiva alla debolezza politica edorganizzativa in cui versa attualmente la generalitàdegli organismi operai, all’interno di una strategiarivoluzionaria. Coordinamenti, Comitati e Consigli, a nostro parere,non devono essere composti da ristretti gruppi diavanguardia né semplicemente svolgere un ruolo di“volano” quantitativo delle lotte (così comevorrebbero gli economicisti del movimento). Alcontrario, devono essere costruiti sulla base dellamassima unità di classe possibile, con il contributodegli operai combattivi e avanzati di tutte letendenze. Perciò è necessario che svolgano la loro

ANCORA SU COORDINAMENTI, COMITATI E CONSIGLI

La crescente resistenza della classe operaia, dei disoccupati, degli altri lavoratori, contro l’offensivacapitalista, pone all’ordine del giorno una riflessione sulle forme organizzative.I settori combattivi del proletariato rispondono alla politica dei sacrifici non solo partecipando eraggruppandosi alla base dei sindacati di categoria, ma spesso anche costituendo organismi quali Comitatidi agitazione, di lotta, di sciopero, per la difesa dei posti di lavoro, Coordinamenti o reti di lavoratori, didelegati RSU/RSA, RLS, di cassintegrati, di disoccupati, che si costituiscono e convergono su alcuni obiettivicomuni, dando vita a mobilitazioni, assemblee, attività di sostegno alle vertenze, ecc. Questi organismi di lotta sorgono molte volte in aperta critica, o addirittura in contrapposizione, con gliapparati burocratici dei sindacati, che nel migliore dei casi vengono sentiti come insufficienti o non in gradodi organizzare e collegare i proletari in lotta. La mobilitazione portata avanti da questi organismi costituisce un punto alto e rappresentativo della lotta dellavoro contro l’attacco capitalista, e contiene elementi di controffensiva. Allo stesso tempo in questi anni sono sorti e si sono moltiplicati Comitati popolari contro il degrado e ladevastazione ambientale, il fascismo, i rigurgiti razzisti, per la difesa delle libertà e dei diritti civili, socialie politici, ecc. Questa rivista aveva a suo tempo già cominciato a trattare l’argomento delle forme organizzative (vedi ad es.“I movimenti di massa e le loro forme organizzative” in Teoria & Prassi n. 10, gen. 2004).La comprensione della natura e delle caratteristiche di tali organismi ed il loro sviluppo organico sono fattoriimportanti per l’applicazione di una linea politica rivoluzionaria di massa.

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azione quali espressioni organizzate del fronte unicoproletario, liberandosi dalle pastoie“parlamentaristiche” borghesi-riformiste.

Riferimenti storici, caratteristiche e funzioniLa realtà dei Comitati e dei Consigli non nasce dalnulla. Essa si richiama e trae ispirazione da eventiche hanno segnato la storia del movimentocomunista ed operaio. Tra questi ricordiamo: 1) Il movimento dei Consigli di Fabbrica torinesi(1919-20);2) I Comitati Operai e Contadini che sorsero in Italianel 1925-26, per impulso del partito comunista, comeorganismi di massa del fronte unico di lottaantifascista e anticapitalista.I Comitati di lotta ed i Consigli di fabbrica (che giàesistono o che potranno costituirsi quando neesistano le condizioni) sono organismi di massa dicarattere propriamente politico, espressione direttadella democrazia proletaria, attorno ai quali siraccoglie la classe operaia e gli altri sfruttati. Essi sono eletti dalla massa dei lavoratori ecaratterizzati da una sostanziale stabilità; devonoessere in particolare la spina dorsale ed il motore delfronte unico proletario con alla testa la classeoperaia, elemento determinante per aprire la stradaalla prospettiva di un governo operaio e degli altrilavoratori sfruttati. In sostanza Comitati e Consigli devono agire nellefabbriche e sugli altri posti di lavoro, nel territorio,senza mai perdere di vista gli obiettivi storici delproletariato, ma sapendo combinare efficacemente lalotta rivoluzionaria con quella quotidiana, cioèl’azione per le rivendicazioni politiche edeconomiche immediate dei lavoratori. Essi dunque non limitano la loro azione all’orizzonte“tradeunionista”, non praticano semplicemente laparola d’ordine “negativa” che afferma “noi la crisinon la paghiamo”, ma cercano di imprimere almovimento di massa un carattere positivo perl’abolizione rivoluzionaria dell’imperialismo e dellesue istituzioni. La loro azione volta alla mobilitazione della classelavoratrice e delle masse popolari si basa su paroled’ordine concrete della lotta di classe, e miraall’effettiva e intransigente difesa degli interessi diclasse del proletariato nel campo politico edeconomico. Gli obiettivi rivoluzionari della classe operaia vannodunque saldati con precise rivendicazioni parzialiche si scontrano in maniera inconciliabile con lepolitiche (neoliberiste o “sociali” che siano) dellaborghesia e delle classi dirigenti, quali ad esempio:

lotta per la difesa del posto di lavoro e per l’aumentodei salari; abolizione del precariato; difesa dellelibertà di organizzazione e di sciopero; salvaguardiadei diritti sociali; attuazione di misure fiscali a caricodei padroni, degli sfruttatori, degli speculatori e deiparassiti; blocco delle misure reazionarie; lotta aipericoli di guerra e alle aggressioni imperialiste, ecc. Comitati e Consigli dunque sviluppano ed unificanodal basso la mobilitazione della classe operaia,assumono la direzione degli scioperi e delle altreforme di lotta messe in essere dal proletariato e dallemasse popolari, combattono la ristretta e limitataottica economicista e trade-unionista sapendo dare illoro determinante contributo alla costruzione dellapolitica ed alle azioni di fronte unico. I Comitati ed i Consigli sono organi di sviluppodell’azione proletaria di massa, senza distinzione dipartito e di sindacato. Essi garantiscono l’unità delfronte di lotta e la conseguente applicazione di unalinea di classe.

Nello specifico:a) I Comitati di lotta, di agitazione, di sciopero, ecc.,sono, allo stato attuale della lotta di classe, fra lestrutture di lotta più utilizzate dalla classe operaia.Essi si caratterizzano come organizzazioniautonome, non subordinate all’apparato riformista, digestione dal basso delle lotte, per la difesa del postodi lavoro, per il salario ecc. Sono organismi diversidai Consigli, hanno un carattere più provvisorio emeno duraturo. Altro elemento che caratterizza in particolare iComitati di lotta è che essi, anche se non sonoorganismi di carattere sindacale, assumono talvolta lafunzione di vero e proprio organo di controllo dalbasso delle trattative e delle decisioni delleorganizzazioni sindacali. In alcuni casi (specie inassenza dei sindacati o per la complicità delle loroburocrazie con il padronato e lo stato borghese)

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svolgono persino l’azione tipicamente sindacale,portando avanti vertenze di fabbrica, concludendoaccordi, ecc.

b) I Consigli di fabbrica (o di altro luogo di lavoro)sono organismi più politici rispetto ai Comitati.Storicamente sono propri di una fase più avanzatadella lotta della classe operaia, in quanto hanno comeloro «obiettivo immediato il controllo operaio dellaproduzione» e, dopo la rivoluzione proletaria,dovranno assolvere - insieme ai sindacati «il grandecompito della riorganizzazione della vita economicasu basi socialiste» (cfr. in questo stesso numero, letesi della Terza Internazionale comunista suisindacati e i Consigli di fabbrica). I Consigli hanno un carattere più “strutturato”rispetto ai Comitati ed a differenza di essi sonoorgani a carattere non temporaneo, ma stabili econtinuamente funzionanti. E’ inoltre fondamentale sottolineare, a scanso di ognideriva movimentista, che Comitati di lotta eConsigli, così come altri eventuali organismi di lottala classe operaia e le masse popolari vengono adcostituire nel corso delle loro lotte, nonrappresentano la negazione della necessità del partitocomunista, ma la presuppongono necessariamente inquanto strumento fondamentale ed insostituibile perassicurare una giusta direzione della lotta delproletariato, per condurre fino in fondo la lotta control’imperialismo e costruire l’unico nuovo mondopossibile, il socialismo.

Punti in comuneEntrambi questi tipi di organismi di organizzazioneoperaia hanno però anche delle caratteristiche incomune.

a) Il loro carattere unitario. Entrambi questetipologie di organismi hanno salde radici di classe edaggregano attorno alla loro direzione larghe masseoperaie e lavoratrici e, nel caso dei Comitati, anchepopolari. Ciò senza distinzione ideologica o di

appartenenza (o meno) a partiti politici o adorganizzazioni sindacali presenti fra le masse stesse.Questi organismi riuniscono dunque operai elavoratori organizzati e non organizzati sulla base diun programma ed una piattaforma di classe.

b) Il loro carattere non “assembleare”, tipico degliorganismi piccolo-borghesi, ma basato sui piùorganici criteri della rappresentanza e della delega(es. Consigli dei delegati), con elezione deirappresentanti su lista unica o per alzata di mano,direttamente responsabili ed effettivamentecontrollabili (grazie alla loro revocabilità) nellefabbriche, negli altri luoghi di lavoro, fra lepopolazioni in lotta, sul territorio. La elezione stessadei delegati, si sviluppa dunque con un metodo efinalità completamente diverse da quelle delle sceltedelle cariche sindacali decise dalle burocrazie. Leriunioni per la scelta dei delegati devono coinvolgeretutta quanta la massa dei lavoratori e dei settoripopolari interessati, sia quelli organizzati che quellinon organizzati.

c) Il loro carattere di soggetti politici attivi edorganizzati e non di semplici strutture di denuncia, o“reti” basate sul volontarismo e la estemporaneità.

d) La necessità comune e cruciale di sviluppareforme di raccordo sistematico e dunque lacostituzione di organismi di coordinamento edirezione generale, che devono stare in mano aglielementi più avanzati e coscienti della classe.

e) Comitati e Consigli sono dunque la rispostaalternativa della classe lavoratrice alla politicacollaborazionista ed interclassista dei socialriformisti e delle loro organizzazioni, ma entrambinon devono essere concepiti come strutture surrogatoo intercambiabili con i sindacati (vedi sotto).

f) Pur essendo organizzazioni di massa non dipartito, Consigli e Comitati non possono tuttaviaessere politicamente neutrali, indifferenti alproblema della costruzione della nuova società.

Differenze fondamentali con i sindacatiLa nostra concezione dei Comitati e dei Consigli èessenzialmente differente da quella delleorganizzazioni sindacali. Essi si distinguono daisindacati per loro sfera di aggregazione, natura,funzioni, scopi diversi e superiori. In effetti mentre Consigli e Comitati raccolgono lageneralità dei lavoratori, organizzati e nonorganizzati, l’organizzazione sindacale è più ristrettae raccoglie nelle proprie fila solo i propri iscritti,oggi spesso addirittura una esigua minoranza dellaclasse lavoratrice.Essi sono estranei a qualsiasi rapporto di

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subordinazione o identificazione con leorganizzazioni sindacali, ma si rapportanodialetticamente con loro in piena autonomia ed anzisvolgono un ruolo di controllo su di essi a nome dellamassa. Essi storicamente sorgono in opposizione allepolitiche ed alle burocrazie riformiste sui luoghi dilavoro, quali strumenti essenziali dell’autonomiadella classe operaia e per la mobilitazione dellemasse. Per quanto riguarda la loro funzione, come abbiamogià visto, Comitati e Consigli sono organismi dimassa che hanno un carattere differente rispetto aquelli dei sindacati borghesi. Il sindacato “tradizionale” è limitato nella miglioredella ipotesi, alla logica “contrattualistica”, allalogica della vendita della forza-lavoro alle miglioricondizioni, dunque al mantenimento della schiavitùsalariata, sia pure con catene dorate. Questo significache i sindacati borghesi non possono essere la basedel potere proletario nè uno strumento per laabolizione del sistema capitalista. L’opera di costruzione di Consigli e Comitati, e ledifferenze profonde fra questi ed i sindacatiegemonizzati dai riformisti non significa lamancanza di rapporti fra questi organismi, e tantomeno la negazione del fondamentale lavoro deicomunisti e dei lavoratori avanzati nelleorganizzazioni sindacali in cui si raggruppano grandimasse di lavoratori. Uno dei compiti dei Comitati edei Consigli è anzi quello della difesa del sindacato –in quanto organismo di lotta dei lavoratori - dallemanovre antioperaie dell’imperialismo e dei suoiagenti, così come lo sviluppo ed il rafforzamentodella lotta di massa per lo smascheramento,isolamento e liquidazione delle burocrazie sindacalicollaborazioniste.Particolarmente importante, infine, può essere ilruolo dei Coordinamenti di delegati e militanti deivari sindacati nel favorire la costruzione di unaopposizione sindacale di classe unificata e strutturatain senso trasversale alle varie sigle; la formazione di un polo sindacale nazionale di tal genererafforzerebbe l'intero movimento sindacale edoperaio.

Coordinamenti, Comitati, Consigli eorganizzazione comunistaNoi intendiamo Coordinamenti, Comitati di lotta eConsigli quali organi di raccoglimento della classeoperaia e dei lavoratori sfruttati, espressioni avanzatedella loro lotta indispensabili per la creazione delfronte unico organizzato, attraverso tutta un’azioneda sviluppare, schiudere la prospettiva di un nuovo e

superiore ordinamento sociale, grazie alle capacitàorganiche e alla volontà di lotta rivoluzionaria dellaclasse operaia e degli altri lavoratori sfruttati.

Dunque anche attraverso il lavoro dentro questiorganismi i comunisti possono conquistare una piùampia influenza fra le masse lavoratrici, possono edevono accumulare, organizzare ed educare le forzeche cacceranno dal potere la borghesia. Riteniamo fondamentale compiere ogni sforzo perfare in modo che le lotte operaie e popolari venganoinquadrate nell’ambito di un’azione politica,rivoluzionaria che si ponga l’obiettivo dellaabolizione del sistema e la costruzione della societàsocialista. La realizzazione e il lavoro continuo e sistematico inquesti organismi è un compito fra i più importanti pergarantire ai comunisti la presenza sui posti di lavoroe per assicurare radicamento e costante contatto congli strati profondi del proletariato e delle massepopolari. I comunisti (marxisti-leninisti)incoraggiano la loro creazione e si appoggiano su diessi in funzione della mobilitazione rivoluzionariadella maggioranza del proletariato, sforzandosi diesercitare un orientamento e una direzionecomplessiva ed unitaria. Il lavoro politico negli organismi di massa va intesocome “una scuola di socialismo” da intendersi nelsenso più avanzato: esso è estremamente importanteper la soluzione del problema della direzione politicarivoluzionaria dei movimenti di massa.

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Care/i compagne/i,abbiamo seguito con grande interesse l’assembleafondativa della nuova Area programmaticacongressuale in CGIL.Valutiamo positivamente l'intenzione espressa damolti delegati interventi di sviluppare la lotta diclasse contro l’offensiva capitalista – lotta che sulfronte economico si svolge nella sua fase diresistenza – e di costruire un argine alla derivamoderata della direzione della CGIL.Siamo anche d’accordo sulla necessità di “svilupparela discussione ed il confronto aperto” sulle questioniaperte in CGIL, che hanno un rapporto diretto con losviluppo di una fattiva politica sindacale di classe.Raccogliamo pertanto l’invito e ci dichiariamodisposti a sviluppare un processo di dibattito e diconfronto, in quanto comunisti impegnati nel lavorosindacale. E’ nostra intenzione lavorare in tal sensocon tutte le realtà che vogliono seriamente econcretamente opporsi all’offensiva antioperaia edantipopolare in corso.Prima di affrontare il problema della linea sindacaleè necessario chiarire in poche righe il quadro dellasituazione.

Crisi, acutizzazione dei contrasti di classe ederiva sindacaleLa crisi è tutt'altro che chiusa. Si accrescecostantemente la disoccupazione e la miseria siabbatte su sempre più ampi strati di lavoratori.L'offensiva del capitalismo e dei suoi governi vaassumendo forme più acute. L'obiettivo è quello discaricare sulla classe lavoratrice tutte le conseguenzedella crisi economica capitalista; ma anche quello disancire nuovi rapporti forza per assicurarsi ilmassimo profitto nel prossimo periodo attraversol’aumento dello sfruttamento e la soppressione ditutte le conquiste economiche e politiche, dellelibertà e dei diritti conquistati in decenni di dure lottedalla classe operaia.Questa politica infame costringe naturalmente lemasse popolari a resistere, a lottare unite perdifendere i propri interessi e diritti. E infatti vediamouna continua acutizzazione dei contrasti di classe eun ampliamento del fronte di lotta di classe innumerosi paesi.Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno evidenziato

l'esistenza di una forte ondata di lotta su scalainternazionale e nazionale. La lotta delle masselavoratrici non ha solo un carattere economico, maassume un carattere più spiccatamente politico,perché si verifica sempre più spesso uno scontro coni metodi reazionari delle classe dominanti, chevogliono gettare i lavoratori sul lastrico e privarlidelle loro possibilità di lotta legali, delle agibilitàsindacali. In Italia la Fiat è il battistrada di questoprocesso reazionario, che vede il governo Berlusconiimpegnato a realizzare un regime reazionario con lasostanziale acquiescenza della cosiddettaopposizione parlamentare e l’appoggio di parte deivertici sindacali.I contrasti di classe perciò si rifletterannodirettamente anche all'interno dei sindacati aventibase di massa, come la CGIL, in cui il conflitto fraesigenze, interessi, rivendicazioni sostenute dailavoratori e quelle sostenute dalla burocraziasindacale riformista è destinato ad acutizzarsi ed adivenire permanente.La linea di destra uscita vincente al Congresso CGILsi tradurrà inevitabilmente nell’adesione agli accordiseparati, come quelli del 22 gennaio e di Pomigliano,per ricucire con i vertici collaborazionisti di CISL eUIL, e in un’involuzione autoritariadell’organizzazione. Anche i conti con la FIOM saranno regolati dallanuova segreteria, facendo quello che Epifani non èriuscito a fare fino in fondo: isolare il sindacato cherappresenta la categoria operaia più combattiva.L’asse portante della strategia uscita vincente alcongresso è, infatti, l’accettazione del risanamentodell'ordine capitalistico attraverso un sistematicopeggioramento delle condizioni di vita della classeoperaia e degli altri lavoratori, naturalmenteperseguito in nome di una “migliore ripartizione” deisacrifici.Ma la riconquista della concertazione non sarà facile,sia perchè i capitalisti non sanno più cosa farsene, siaperché mentre le direzioni sindacali – tutte – vanno adestra, la classe operaia si sposta a sinistra.Pomigliano ha dimostrato questa tendenza.

Esiste in CGIL una minoranza attrezzata alperiodo che abbiamo di fronte?Il dibattito emerso nella assemblea nazionale della

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LETTERA APERTA AI LAVORATORI, AI MILITANTISINDACALI E AI DELEGATI DELL'AREA

“LA CGIL CHE VOGLIAMO”

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“CGIL che vogliamo”, in particolare quellosull’essere o meno opposizione visibile dentro laCGIL, è indicativo. Nel documento approvatotroviamo posizioni deboli ed errate.In particolare:- La caratterizzazione della crisi come crisi del“modello economico neoliberista”, e non delsistema capitalismo, basato sulla proprietà privatadei mezzi di produzione, sullo sfruttamento dellaclasse operaia e della natura. In tal modo si continuacon la favola dei “due capitalismi”.- L'idea che la crisi attuale sia una semplice “crisifinanziaria”, e non una crisi di sovrapproduzionerelativa, manifestatasi dapprima nella sferamonetaria, strettamente intrecciata con la crisigenerale del capitalismo, che colpisce la societàattuale in tutti i suoi aspetti.- L'individuazione della soluzione dei mali delcapitalismo monopolistico-finanziario in una nuova(e di fatto impossibile) stagione riformista-keynesista. Essa sta, all’opposto, nella lotta dellaclasse operaia, delle larghe masse lavoratrici e deipopoli per cacciare i governi deipadroni e costruire un diverso sistema sociale,effettivamente alternativo a quello attuale, e cherappresenti e realizzi veramente gli interessi e leaspettative della classe lavoratrice e delle più larghemasse popolari.- La presenza di micidiali illusioni sulla riformadell’imperialismo (“le grandi istituzioni finanziare”)e sul ruolo sociale e politico che dovrebbe esseresvolto dall’Unione Europea, un’istituzione alservizio esclusivo dei monopoli capitalisti che decideassieme al FMI la macelleria sociale applicata daivari governi liberisti o socialdemocratici.- L'assenza di qualsiasi riferimento alla classeoperaia ed alla stessa lotta di classe degli sfruttati.In altre parole la negazione della direzione nella lottadella sola classe sociale che può con la sua forzaorganizzata sconfiggere i progetti padronali e aprireprospettive diverse.A ciò dobbiamo aggiungere il rifiuto di ognicentralismo, in cui si sostanzia il rifiutodell’organizzazione di classe e lo spalancamento diporte alla burocrazia sindacale.A nostro parere questo documento resta dunque nelsuo impianto debole e subalterno alla linea riformistadella maggioranza della CGIL e ci sembra non rendaragione della volontà di lotta manifestata nella stessaassemblea costitutiva e dalle migliaia e migliaia dilavoratori combattivi e avanzati che hanno sostenutoe sostengono l’esigenza di una opposizione classistain CGIL.

Allo stesso tempo riteniamo che le differenze e ledivergenze esistenti, pur forti, non possano e nondebbano costituire in impedimento insormontabilenell’ottica della necessità della costruzione di unampio fronte di lotta comune di tutti coloro che sirifiutano di pagare la crisi.

La strada per avanzare in campo sindacaleAlla luce del percorso congressuale e del dibattitoassembleare appare chiaro che il dilemma dasciogliere possa essere sintetizzato nelle seguentidomande: bisogna orientare il lavoro verso laconquista degli apparati, oppure verso le masselavoratrici (iscritte e non) per conquistare consenso epeso nelle principali realtà? Bisogna cercare di“spingere la burocrazia sindacale, di spostarla asinistra”, oppure bisogna lottare per strappare dallemani dei liberal-rifomisti e dei social-liberisti ladirezione del movimento sindacale?Nella nostra opinione la prima strada è quelladell’opportunismo, mentre la seconda è quella giustae vincente.

Vediamo invece che, purtroppo, nell’Area “La CGILche vogliamo”, sono presenti spinte che vanno indirezione della costruzione di accordi politici conpezzi di apparati di categorie che in questi annihanno sostenuto e applicato la concertazionesindacale e l'assoggettamento del sindacato agliinteressi politici dei vari governi borghesi dicentrosinistra o di centrodestra. E' dunque necessariaun’inversione di rotta, soprattutto da parte deimilitanti attivi nei posti di lavoro, in direzione di unimpegno di lotta su una linea che rompadefinitivamente con la subalternità alle forze liberistee social-liberiste che inneggiano alla “competitività”e alla “coesione sociale” tanto care a Marchionne,con la logica del “meno peggio” e con la pratica degliequilibrismi interni.Il centro della nostra attività non deve esserel’apparato, la federazione, la segreteria in cui

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prospera la burocrazia sindacale. Deve essere invecela fabbrica, l’ospedale, l’ufficio, il luogo di lavoro,l’assemblea di base, il comitato degli iscritti, la RSU,le strutture territoriali di primo livello. E' in tal modoche si potrà anche aumentare la pressione sullaburocrazia sindacale riformista, senza subirne icondizionamenti.Per portare avanti la linea di classe vanno battutequelle posizioni che concepiscono la possibilità diriformare o correggere i vertici sindacali, di spostarea sinistra la burocrazia della CGIL, o di“controbilanciare” la deriva autoritaria nel sindacato.Tutte queste posizioni di fatto riducono l'attivitàsindacale di classe ad un problema parlamentaristicodi maggioranze e minoranze dentro l’apparato.Conquista di posizioni nella CGIL significaconquista della massa operaia, non dell’apparatoburocratico. Pensare di conquistare l'apparatosindacale riformista è, infatti, una pericolosaillusione.Questo non vuol dire che dobbiamo restare passiviverso la direzione ultramoderata della CGIL. Alcontrario! Dobbiamo strappare con la lotta anzituttole strutture di base e locali del sindacato dalle manidegli opportunisti e dei venduti. Dobbiamo lottareper ricoprire ogni posto elettivo ed estromettere dallefunzioni elettive a tutti i livelli i burocrati e gli agentidel capitalismo. Dobbiamo lottare control’esclusione degli elementi più combattivi e coscientidai sindacati e dalle strutture direttive.La stessa maggioranza della FIOM è solo all'internodi questa linea che può salvaguardare la tradizione dilotta del sindacato operaio e impedire loscavalcamento confederale sui negoziati cruciali.Queste sono solo alcune delle indicazioni cheriteniamo si debbano seguire per scongiurare ilpericolo che l’Area “La CGIL che vogliamo” finiscaper tramutarsi, come è accaduto in passato, in unosterile e fallimentare ambito per la gestione deldissenso interno alla CGIL (magari in cambio dispazi negli organismi dirigenti e di posti difunzionario), per fare in modo che si sviluppi unintervento in grado di consolidare posizioni eguadagnare consenso, di organizzare e di orientare iprocessi di lotta.

Per un sindacalismo di lotta di classeIl periodo attuale pone come compito fondamentalela lotta per la conquista dei più ampi settori delproletariato e delle altre masse lavoratrici su unprogramma immediato che contenga alcuni puntimiranti a sostenere le lotte in corso su occupazione,salario, pensioni, precarietà, reddito ai disoccupati,

diritti e a rovesciare la crisi sulle spalle dei padroni,dei ricchi, dei parassiti. Al centro della nostra azionevi devono essere gli operai colpiti dai licenziamenti,i disoccupati senza prospettive, i migrantidiscriminati e schiavizzati, gli impiegati pubblicicolpiti dalle misure di austerità, i giovani condannatialla precarietà, i pensionati al minimo, ecc.Questa lotta va sviluppata in ogni circostanza e nelleforme più adeguate, per difendere l’occupazione, ilsalario, i diritti. Non solo nelle aziende che “hannoun futuro” ma anche in quelle dove vienedelocalizzata la produzione, o nelle fabbriche chechiudono perché non sono in grado di sostenere laconcorrenza, al fine di garantire il reddito aidisoccupati. E' da sconfiggere la posizione passiva dichi ritiene che nelle fabbriche in crisi non rimane checontrattare gli ammortizzatori sociali per renderemeno doloroso il licenziamento.E’ perciò il sindacalismo di lotta di classe che deveessere sviluppato, il rapporto vivo con gli sfruttati(iscritti e non iscritti che vanno inseriti nelle lotte),non la ricerca di accordi e compromessi con i gruppidirigenti per salvaguardare la collocazione di talunifunzionari nell'apparato del sindacato o tentare il“governo unitario” delle strutture (che significa “sestai buono e non esageri con il dissenso ti faccioentrare in segreteria assieme a chi l’unità vuol farlacon i collaborazionisti”).L’unità non si fa con i vertici e i burocrati dellamaggioranza che vanno all’attacco con ricatti,purghe e manovre. Si fa dal basso e su chiareposizioni di classe.Bisogna organizzare i lavoratori e i delegati su unalinea sindacale conflittuale, costruire piattaformerivendicative basate sulla difesa intransigente deiloro interessi, sostenerle con la mobilitazione e lalotta, con la creazione di comitati unitari, grazie allaquale sarà possibile trovare soluzioni anche parzialiche consentiranno di ripartire da posizioni piùavanzate. Ogni lotta, ogni sciopero, ognidimostrazione devono diventare terreno di scontrofra le due linee presenti nel movimento sindacale edoperaio: quella di classe e quella riformista-collaborazionista.

Per la massima unità di lotta della classeoperaiaDi fronte all'offensiva capitalista in corso occorrefavorire e rafforzare il processo di sviluppo dellalotta e dell'unità, sconfiggendo la politica scissionistae divisionista di destra e di “sinistra”, battendo ogniatteggiamento capitolardo, settario o autoreferenzialeche indebolisce la forza organizzata delle masse

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lavoratrici, per conseguire l’unità sul terreno dellalotta di classe.L’obiettivo da perseguire costantemente è quellodella ricerca della massima unità di lotta della classeoperaia e degli altri lavoratori sfruttati, attraverso unapolitica di fronte unico anticapitalista.Un fronte diretto dalla classe operaia, che sappiaattrarre dentro di sé con una politica di massima unitàdi classe di tutti i settori popolari colpiti dalla crisi,che si caratterizzi per un’autentica piattaforma diclasse che intenda far pagare la crisi a chi l’hacausata.

Un fronte che sappia unificare le tante lotte sparseche ci sono e ci saranno, che contribuisca a dare unareale prospettiva alle masse lavoratrici e popolari,indicando un sistema sociale veramente alternativoalle miserie ed agli orrori del capitalismo-imperialismo.Crediamo che le lotte popolari oggi possanounificarsi su tre grandi direttrici che nel loro insiemecostituiscono la risposta operaia all’offensivacapitalista:1. lotta contro l’offensiva del capitale, per difenderein modo intransigente gli interessi delle masselavoratrici e imporre misure immediate a loro tutela;2. lotta contro la reazione politica in tutte le sueforme, per la difesa ed ampliamento dei diritti e dellelibertà dei lavoratori;3. lotta contro le aggressioni imperialiste e leminacce di guerre, per il ritiro delle truppe all'estero,per il sostegno alle lotte dei popoli.Tutte le forze sindacali (confederali e “di base”),sociali e politiche, tutte le realtà di organizzazione edi lotta delle masse popolari devono oggi schierarsi afavore del fronte unico e lavorare per realizzarlonella pratica, senza porre ostacoli al suo sviluppo.Sottolineiamo di nuovo la necessità di compiere ognisforzo per costruire la massima unità d’azione, perrealizzare l’unità sul terreno della lotta di classe ditutte le forze che vogliono davvero opporsi allaoffensiva padronale di cui sono vittime oggi la classelavoratrice ed i popoli.Allo stesso tempo è oggi indispensabile mettere incampo lotte più dure, unitarie e di massa. Ad esempio

la giornata di azione europea del 29 settembreproclamata dalla CES, che va strappata dalle manidei vertici sindacali filo-monopolisti e resa unagiornata di lotta europea in cui rafforzare ilcoordinamento delle lotte a livello internazionale, lamanifestazione nazionale dei metalmeccanici aottobre attorno alla quale va aggregato il più vastofronte di lotta e ancora lavorando nella prospettiva divero sciopero generale unitario per cacciare ilgoverno Berlusconi.Su queste basi va favorita l’unificazione politica ditutte le piattaforme e correnti classiste esistentidentro e fuori i sindacati tradizionali, nei movimentidi lotta.

In conclusione...Queste sono alcune proposte che intendiamosviluppare nel dibattito fra tutte le forze cheintendono battersi contro l’offensiva capitalista econtribuire il più vasto e deciso fronte unico di tutti ilavoratori e delle masse popolari.Riteniamo infine che la lotta contro il sistemacapitalista non possa ridursi al semplice pianosindacale.La lotta economica, infatti, non può essere maidisgiunta dalla lotta politica e ne l'una ne l'altrapossono essere disgiunte dalla lotta ideologica.Compito degli elementi più avanzati e combattivi,soprattutto dei lavoratori che si definisconocomunisti, è di favorire il collegamento della lottaquotidiana con la lotta diretta contro il sistemacapitalista nel suo complesso. Questo per far sì che ilproletariato divenga consapevole di essere ilprotagonista di una lotta generale che investa tutte lequestioni fondamentali dell'organizzazione sociale,che cioè lotti nella prospettiva della conquista delpotere politico e della costruzione di un sistemasociale che garantisca veramente il soddisfacimentodei bisogni materiali e culturali delle masselavoratrici.E' da questa attività che sarà possibile ricavareesperienze preziose e far maturare le forze checostituiranno la spina dorsale del futuro partitocomunista, indispensabile strumento di direzionedella classe operaia e di costruzione delle necessariealleanze di classe, nel quale si riassumono tutte leesigenze della lotta generale.Con la speranza di aver fornito un piccolo contributoal vostro dibattito, e con l’auspicio di continuare asvilupparlo e di compiere passi in comune in nomedella lotta per il bene della classe operaia, viinviamo fraterni saluti e auguri di successo per lafesta in programma a Parma. (luglio 2010)

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"Non chiedere mai per chi suona la campana" scrisseil poeta John Donne "essa suona per te".Chissà se a Checchino Antonini prima di scriverel'articolo "La vera storia di KOBA campanaro aVenezia" su Liberazione di martedì 17 agosto 2010gli sia venuta in mente la poesia e il film inquestione. Antonini racconta del passaggio in Italia nell'anno1907 di Koba, uno dei tanti nomi di battaglia diStalin. Koba sbarca sotto falso nome ad Anconadiretto a Londra dov'era in programma il congressodel Partito Socialdemocratico. Ad Ancona alloggiaall'albergo "Roma e Pace" provato da un vecchioritaglio del giornale di destra "Candido" diretto daGiovannino Guareschi autore di don Camillo ePeppone.

Si spostò poi a Venezia dove restò per qualchetempo, ospite del convento di S. Lazzaro degliArmeni. Il sanguinario.... Koba però "suonava lacampana troppo forte all'uso orientale" (anche se luigeorgiano proveniva dalla Transcaucasia formata daArmenia,Arzerbaigian e Georgia) e l'abatemecharista (congregazione armena di monacibenedettini) preferiva un tocco più morbido e , senzatroppo carità cristiana, buttò fuori Koba dal

convento.A proposito di campane l'illustre scrittore franceseHenri Barbusse nella sua biografia "STALIN" da luidefinita "un mondo visto attraverso un uomo" ricordaun particolare che avveniva al Seminario di Tiflisdove Stalin veniva ammesso nel 1894 come"migliore alunno": "Alle nove, quando al rintocco di una campana, iragazzi si recavano in refettorio per la primacolazione, i sorveglianti, in camerata,perquisivano iloro armadi mettendo tutto sossopra".Koba si diresse a Milano andando poi a Parigi e dopoa Londra.Ma quale é stato il vero motivo di questo viaggio inItalia di Koba?Secondo Antonini doveva organizzare (ma perché inItalia?) una rapina a Tiflis per autofinanziare l'alabolscevica del partito socialdemocratico, ma (unarapina é sempre una rapina) doveva essere tenuta ingran segreto pena l'espulsione del partito.Ma quali sono le fonti, documentazioni, ricerchestoriche su cui si basa Antonini per dimostrare chequello che racconta é verità storica?Sono un introvabile "Corto Maltese memorie" diHugo Pratt del 1989 e nella storia "Corto Maltese Lacasa dorata di Samarcanda" del 1980 ristampato inquesto mese d'agosto, sempre dal gruppo Rizzoli, cheho comperato in edicola.Nelle tavole Corto Maltese,si trova nella zona di frontiera e di guerra fra Russiae Turchia, viene catturato e scambiato per spia daibolscevichi.Si salva dalla fucilazione grazie a una conversazionetelefonica con il Commissario per le Nazionalità cheè Stalin ricordando a Bepi (sarà un suo altro nome dibattaglia?) sia Ancona che Venezia. Corto Maltese,dopo il pericolo scampato, si riunisce al suo "migliornemico" Rasputin per la ricerca di un ambito tesoro.Nello stesso articolo, ricordando le parole delconsulente, si attribuisce alle invenzioni di HugoPratt solide basi storiche e bibliografiche, ma nellesue biografie per il suo modo di raccontare è statoconiato il termine di "letteratura disegnata".Nelle mie ricerche ho trovato che il monaco dissolutoRasputin venne ucciso a martellate da una congiuradi palazzo nel 1916 mentre Stalin divenne"Commissario del popolo per le nazionalità" solodopo la Rivoluzione d'Ottobre del 1917, carica chetenne fino al 1923.Ma è un libricino "millelire" (anche se costa euro

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

PER CHI SUONA LA CAMPANA

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3,50) "Stalin in Italia ovvero Bepi del giasso" (giassosarà ghiaccio?) di Raffaele K. Salinari , "rimastocolpito dal colloquio immaginario disegnato da HugoPratt", che ricostruisce il passaggio in Italia, nel 1907del giovane Koba.Salinari ha un curriculum, da far invidia ai più, comeci racconta Antonini.E' medico chirurgo, ha lavoratoper una ventina di anni come medico responsabile diprogrammi socio-sanitari nei luoghi più sperduti delpianeta. Consulente delle Nazioni Unite sui problemisanitari e insegna presso ben cinque università, fracui in Spagna nella città di Tarragona. Nel tempolibero, poco si presume, canta e suona in un grupporock ma è anche pubblicista e saggista, non è unnostalgico stalinista, la recensione del libricino éfatta da un troskista, ma ha tanta nostalgia di HugoPratt di cui ha seguito le tracce.Nel mio piccolo ho seguto le tracce storiche di Stalinnell'anno 1907.Nel libro dello storico inglese IanGrey "Stalin. Man of History" , la migliore biografiadi un autore non comunista secondo lo storico belgaLudo Martens in "Stalin un altro punto di vista",cosìsi riporta:"Nel biennio 1907-1908 Stalin diresse conOrdzonikidze e Vorosilov, segretario del sindacatodel petrolio, una lotta legale di grande ampiezza tra i50.000 lavoratori dell' industria petrolifera di Baku.Essi riuscirono a strappare il diritto di eleggere deirappresentanti dei lavoratori che si riunirono in unaconferenza per discutere una contrattazione collettivaconcernente i salari e le condizioni di lavoro. Leninsalutò questa lotta, che avveniva nel momento in cuila maggior parte delle cellule rivoluzionarie avevacessato ogni attività".Barbusse ricorda, che dopo il V congresso del Partitosocialdemocratico che sancì una grande vittoria deibolscevichi, Stalin dirige a Baku "Il proletario diBaku", dopo aver diretto a Tiflis "Il Tempo". Stalinera sempre ricercato dalla polizia zarista e nei suoicontinui spostamenti l"ostacolo più grande era che sidoveva portarsi con sè la tipografia clandestina. Latipografia,dopo esser stata trasportata anche in uncimitero, finì nel giardino della casa di Khachim,vecchio contadino mussulmano, dove nel 1907 comeBarbusse scrive: " Il vecchio contadino Khachim,dopo la fine delmovimento rivoluzionario, ritorna a casa e si mette aispezionare il pezzetto di terra. Qui aveva interrato lapiccola tipografia clandestina molti mesi prima, all'atto di abbandonare in fretta e furia l'alloggio che erastato poi occupato dai soldati. Tutto era stato messo a soqquadro in casa e fuori, e ipezzi della tipografia disotterrati e gettati alla rinfusa

nel giardino.Khachim si mette a cercarepazientemente tutti quei pezzi di piombo,a metterliinsieme, e quando finalmente li ha riuniti, dice alfiglio: Vedi, è proprio con questi che è stata fatta larivoluzione".

Credo anche che sia giusto e doveroso ricordare cheChecchino Antonini è uno dei giornalisti diLiberazione firmatari della "LETTERA DI UNGRUPPO DI REDATTORI" del 11 aprile 2009amareggiati e delusi solo perchè il giornale si erapermesso di recensire il libro di Domenico Losurdo"Stalin. storia e critica di una leggenda nera".Se Salinari non ha nostalgie staliniste, Antonini nonnasconde le sue simpatie troskiste con l'articolo"TROCKIJ L'ERESIA POSSIBILE" su Liberazionedi sabato 21 agosto 2010.Stalin come ricorda Orakhelachvili,suo compagno dilotta nei primi anni da rivoluzionario, " non amavaingiuriare gli avversari, la violenza del linguaggioera per lui un'arma proibita. Tutt'al più, dopo averdimostrato l'incosistenza degli argomentidell'avversario e ridotto al silenzio il contradditorecon una discussione serrata, ecco a colpir di frecciausando una espressione corrente e proverbiale nellaTranscaucasia: Tu che sei un tipo così straordinario,perchè indietreggi di fronte a gente così di pococonto come noi?"

S. Valsecchi (MI)

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Il presente articolo intende prendere inconsiderazione alcuni fondamenti ideologico-politici del programma del partito Die Linke, la

formazione socialdemocratica tedesca a cui spesso sirichiamano, e da cui traggono sostanzialmenteispirazione, in Italia alcune componenti delle varieformazioni politiche nate dalla frantumazione dellavecchia «Rifondazione Comunista»e del defunto«Arcobaleno». Die Linke è il partito politico nato in Germania (dopoil fallimento del progetto «Rosso-Verde») dallafusione, avvenuta il 16 giugno 2007, fra ilLinkspartei-PDS dell'ex Germania dell'Est e il Wasg(«Alternativa Elettorale per il Lavoro e la GiustiziaSociale») di Oskar Lafontaine. Die Linke aveva (nel 2009) 77.000 iscritti; è presentenel Bundestag con 72 seggi (su 622) enell'europarlamento con 7 seggi (su 99).Il suo programma1 si ispira totalmente alla mitologiadel cosiddetto «socialismo del 21° secolo». Ognilegame col marxismo è abbandonato. Il documentovorrebbe presentarsi come un passo avanti rispettoalle esperienze del socialismo del 19° secolo e allerealizzazioni del comunismo nel 20° secolo, mentrecostituisce un enorme passo indietro, un gigantescoritorno all'utopismo premarxista.Non è possibile comprendere lo spirito deldocumento, le sue fondamentali basi ideologiche,senza tener conto di un evento che ebbe il significatodi un vero e proprio spartiacque nella storia dellasocialdemocrazia tedesca: il Congresso di BadGodesberg del SPD.Il 15 novembre 1959, a Bad Godesberg, una cittadinatermale nei pressi di Bonn, il Partitosocialdemocratico tedesco - sotto la guida di ErichOllenhauer e di Willy Brandt - dichiarava il«superamento», cioè la liquidazione, dei suoi vecchiprogramma di Erfurt (1891) e di Heidelberg (1925),e approvava il suo nuovo programma con il qualenon solo rompeva decisamente con il marxismo eabbandonava ogni sia pur vaga prospettiva ditrasformazione rivoluzionaria della societàcapitalistica, ma dichiarava apertamente la suaestraneità alla lotta di classe e adottava una lineapolitica ultrariformista.Partendo dalla premessa che «il Partitosocialdemocratico tedesco è il partito della libertàdello spirito» e che «Il Partito socialdemocratico hala sua radice nell'etica cristiana, nell'umanesimo enella filosofia classica», il Congresso dichiarava che

«il socialismo si attua solo attraverso la democrazia ela democrazia attraverso il socialismo» e che «daPartito della classe lavoratrice il Partitosocialdemocratico è diventato un partito del popolo».Il programma di Bad Godesberg accettava la «liberaeconomia di mercato», con i soliti correttivi di tipokeynesiano che consentissero «un'equa ripartizionedel reddito e dei patrimoni» e si concludeva con delleparole che vogliamo riportare integralmente:«La speranza è un ordine fondato sui valorisostanziali del socialismo democratico, che intendecreare una società civile nel rispetto della dignitàumana, una società libera dall'indigenza e dal timore,da guerre ed oppressioni, in unità di intenti con tuttigli uomini di buona volontà».Bad Godesberg, con il suo intento di metteredefinitivamente Marx «in soffitta», ha veramente«fatto scuola». Tutto il programma di Die Linke, che si presentacome totalmente deideologizzato, è in realtàl'espressione più coerente degli interessi di classedella piccola borghesia tedesca radicalizzata e dellasua ideologia, sotto ogni aspetto subalterna a quelladella borghesia dominante. Il preambolo è già estremamente eloquente: «Il capitalismo non è la fine della storia. Una societàdi liberi e di eguali, nella quale regnino lademocrazia e la pace, nella quale siano garantitel'eguaglianza di genere e la tutela della natura èpossibile solo se il dominio del capitalesull'economia, la società e la natura sia limitato eschiacciato. Il capitalismo può essere superato solose si schiudono nuovi orizzonti per un diversoapproccio al lavoro e alla vita, per un diverso mododi produzione sociale, per una completa solidarietàinternazionale e uno sviluppo congiunto, checostituiscono i fondamenti della pace. All'inizio del21° secolo si pone la stessa questione che fu posta daRosa Luxemburg cento anni fa: o socialismo obarbarie. Abbiamo bisogno nel 21° secolo di unsocialismo che si misuri con le attuali sfide epossibilità sociali e globali […]». «Vogliamo una società socialista nella quale ogniindividuo possa decidere la propria vita cooperandocon gli altri in solidarietà. Le condizioni essenzialisono l'eliminazione della proprietà capitalisticanell'economia e uno Stato costituzionale sociale. Intal modo sarà possibile conseguire ed estendere unavita felice e una democrazia sociale. Tutti debbonoavere accesso alla ricchezza. L'accesso socialmente

DIE LINKE, OVVERO IL «SOCIALISMO PICCOLO-BORGHESE DEL 21° SECOLO»

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eguale di ciascuno alle condizioni di una vita libera ela democratizzazione di tutte le sfere della vita sicondizionano reciprocamente. Socialismo edemocrazia sono inseparabili. Abbiamo bisogno diun diverso modello di sviluppo economico e diprogresso tecnico-scientifico, al fine di tutelarel'ambiente naturale e di lasciare alle futuregenerazioni un mondo migliore. Vogliamo che loStato costituzionale e lo Stato sociale formino untutto integrato, e tendiamo a un ordine mondialecaratterizzato dalla pace, dalla solidarietà e dallagiustizia. […] Il socialismo democratico si ispira aivalori della libertà, dell'eguaglianza, dellasolidarietà, della pace e della sostenibilità ecologico-sociale. Essi determinano anche i mezzi da usaresulla strada che porta a una società socialistademocratica». Ciò che immediatamente colpisce è il fatto che, nelle40 pagine del documento, non esistono la classeoperaia, il proletariato, la borghesia, la piccolaborghesia. Le classi sono pure entità sociologiche estatistiche, meri gruppi sociali classificati secondo icriteri più vari; gruppi presentati come meriaggregati di singoli individui, che vediamocomparire più e più volte, ora come titolari di diritti,ora come percettori di reddito, ora comeconsumatori, mai come appartenenti a classiantagonistiche in lotta fra loro.Non esiste, nel documento, la rivoluzione proletariaper «l'eliminazione della proprietà capitalisticanell'economia». Non esiste la questione della presarivoluzionaria del potere politico per espropriare laborghesia e reprimerne la resistenza. Marx ed Engelscosì concludevano il loro Manifesto del Partitocomunista: «I comunisti dichiarano apertamente chei loro scopi non possono essere raggiunti che conl'abbattimento violento di ogni ordinamento socialeesistente». Ma per Die Linke tutto avverràpacificamente attraverso la «democratizzazione» ditutte le sfere della vita, per superare «l'inegualedistribuzione dei redditi e delle proprietà». Contro «l'inettitudine dei socialisti» e il loroutopismo, Marx scriveva:«Il sistema del denaro è effettivamente il sistemadell'uguaglianza e della libertà, e quegli elementi didisturbo che compaiono a contrastarle nello sviluppopiù immediato del sistema sono disturbi immanential sistema stesso, e appunto la realizzazionedell'uguaglianza e della libertà, che si mostrano comedisuguaglianza e illibertà. […] Ciò che distinguequesti signori dagli apologeti borghesi è da un lato lasensazione delle contraddizioni che il sistemaracchiude, dall'altro l'utopismo di non capire la

necessaria differenza tra configurazione reale eideale della società borghese, e di volersi perciòassumere il compito superfluo di volerne realizzaredi nuovo l'espressione ideale, ove questa è in effettisoltanto la trasfigurazione di questa realtà»Lineamenti fondamentali della critica dell'economiapolitica [Grundrisse], La Nuova Italia 1978, vol. I, p.219).E Lenin incalzava:«Chi riconosce la lotta di classe, deve riconoscereche in una repubblica borghese, foss'anche la piùlibera e la più democratica, la «libertà» el'«eguaglianza» non potevano essere e non sono maistate altro che espressione di eguaglianza e di libertàfra possessori di merci, di eguaglianza e libertà delcapitale. Marx lo ha spiegato mille volte in tutte lesue opere e soprattutto nel Capitale. […] Chi ha lettoil Capitale di Marx e non ha capito ciò, non ha capitonulla di Marx, non ha capito nulla del socialismo, èdi fatto un filisteo e un piccolo borghese» (Operescelte, Edizioni Progress, V, pp. 334).

Gli obiettivi generali di Die Linke sono quelli di tuttii movimenti che, in Europa e in America Latina,ripropongono oggi - in chiave contemporanea - ivecchi motivi del socialismo utopista premarxista. E'un ritorno in piena regola a Owen e a Saint-Simon.Primato della logica sociale su quella del capitale.Nuovo modello di produzione, di vita e didemocrazia, basato sulla produzione e la equadistribuzione dei "beni di libertà". Accessoegualitario ai beni di libertà, autodeterminazione esicurezza sociale in un sistema basato sulla

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solidarietà. Estensione delle forme cooperative,specialmente nel settore dei beni primari e deiservizi. Cooperazione solidale dal livello locale aquello planetario. Come giungervi, sul terreno politico? Attraverso il«rafforzamento dei diritti individuali», il«rafforzamento dei parlamenti come organidecisionali democratici»» e la «democraziapartecipativa» (il vero «mito del 21° secolo»,criticata e denunciata a fondo da tutti i movimentiautenticamente rivoluzionari dell'America Latina). «Lo Stato costituzionale deve diventare uno Statosociale. La Repubblica Federale Tedesca ha bisognodi un rinnovamento come Stato costituzionaledemocratico e sociale. Perciò la democraziarappresentativa parlamentare dev'essere rafforzataattraverso la democrazia diretta. A tal fine, unostrumento importante saranno i referendum».Non manca una ripresa del municipalismoproudhoniano:«La libertà dei cittadini di determinare la loro vitadipende in larga misura dalle amministrazionicomunali. Di Linke si impegna al rafforzamentodelle amministrazioni locali e all'efficiente sviluppodei servizi pubblici generali. Per garantire che lademocrazia non sia un guscio vuoto, leamministrazioni debbono possedere degli adeguatimezzi finanziari. Die Linke opera per una politica dibilancio partecipativa, per bilanci partecipativi comeforma importante di democrazia locale».E le strutture repressive dello Stato borghese? Sitratta di spezzarle? No. Ciò che auspica Die Linke èun «controllo democratico della polizia, delle ForzeArmate federali e dei servizi di intelligence (!)».Per quanto riguarda la politica internazionale, laricetta è sempre la stessa: «Disarmo, sicurezzacollettiva, Europa democratica, pacifica e sociale».Al contrario di questo concentrato utopista, la classeoperaia tedesca ha il compito fondamentale è,dunque, quello di riconquistare la sua pienaautonomia di classe, liberandosi dalcondizionamento ideologico della borghesia e dellapiccola borghesia e rompendo organizzativamente isuoi legami con la socialdemocrazia di destra e «disinistra». Ricostruire il suo Partito comunista sullebasi iincrollabili del marxismo-leninismo è lacondizione per ricominciare il suo camminorivoluzionario verso il socialismo del Manifesto diMarx ed Engels, il socialismo proletario.

Nota1) Il testo, in lingua inglese, a cui facciamoriferimento è il Draft by the Program Commission

(40 pagine), rinvenibile integralmente nel sito web diDie Linke. Esso consta di un preambolo e di cinquecapitoli.

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“Il compitoprincipale diPiattaformaComunista è la lottateorica e politica perla formazione nelnostro paese di unforte partitocomunista, qualepartito politicorivoluzionario eindipendente dellaclasse operaia”(dalla Dichiarazionedi principio).

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Uno sviluppo sempre più ineguale La crisi ha acuito ed accelerato tendenze in atto dalungo tempo nell’economia capitalista. In particolareha rafforzato l’ineguaglianza dello sviluppo,economico e politico, dei paesi capitalisti, risultatodell’affermarsi del capitalismo monopolisticofinanziario. E’ in virtù di questa legge che lecaratteristiche della distruzione di capitale e di forzeproduttive durante la fase di crollo produttivo ecommerciale sono state difformi nei vari paesi, cosìcome ora i ritmi di ripresa non sono uniformi. Nel corso della crisi economica si è dunquemanifestato in modo più evidente il cambiamento neirapporti di forza nel sistema imperialista, preparatonei decenni precedenti, all’interno di diversi ciclieconomici. Vi saranno dunque paesi capitalistici chene usciranno rafforzati rispetto i loro concorrenti edaltri che ne usciranno indeboliti.Una conseguenza di ciò è che ora i vagoni del trenomondiale del capitalismo viaggiano a velocità ancorapiù diverse rispetto al periodo precedente la crisi. Latendenza alla riduzione della percentuale globale diPIL degli USA, dell’eurozona e del Giappone –apparsa in modo inequivocabile nello scorsotrentennio – va avanti in maniera più marcata. Mentre prosegue la parabola discendente della quota“occidentale” del PIL mondiale, vediamo unacrescita della quota dei “paesi emergenti” asiaticicome la Cina, che nel periodo 1980-2007 aveva giàaumentato del 440% la propria quota nel PILmondiale. Nel corso del 2009 la variazione positiva del PILcinese è stata dell’8,7%, quella dell’India del 7,3%,mentre gli USA sono arretrati del 2,4% e l’areadell’euro del 4,1%. Nel 2010 la previsione di crescita del PIL cinese è del 10,2%, quello dell’India del 9,5%, in linea con

l’espansione economica e dei consumi dei paesicapitalistici emergenti (fra cui anche paesi nonasiatici come il Brasile e la stessa Russia). Nello scorso mese di luglio l’Agenzia Internazionaledell’Energia ha diffuso i dati dei consumi mondiali dienergia: dal 2000 al 2010 la domanda di energia inCina è raddoppiata, finendo per sorpassare quellastatunitense. Ancora più recente è l’annuncio del sorpasso cinesesul Giappone. Dieci anni fa la Cina era la settimapotenza economica del mondo, ora è la seconda, allespalle degli USA. Basterebbero queste notizie per mettere in luce iritmi ed il livello di sviluppo del capitalismo cineseche negli ultimi anni ha continuato ad espandersirapidamente, soprattutto grazie alla crescita delsettore privato.

Tendenze in attoSe prendiamo in esame l’ultimo quarto di secolo, laquota dell’Asia orientale e meridionale nel ProdottoInterno Lordo (PIL) mondiale, a parità di potered’acquisto, è quasi triplicata, passando dal 12% circadel PIL mondiale nel 1980 al 35% circa del PILmondiale di oggi.Certamente l’export cinese è stato colpito in manierapesante dalla crisi mondiale e l’attività produttiva siè ridotta nel corso del 2008. Comunque, anche acausa di una vigorosa azione di supporto politico-economico e di “aggiustamenti liberisti” nel mercatodella forza-lavoro, si è determinata una svolta nelsecondo trimestre del 2009, che ha rafforzato laposizione della Cina nel convoglio capitalista, purnon avendo ancora la forza per trascinarlo. La stessa tendenza si riflette nei flussi degliinvestimenti di capitale. Nel periodo 1980-2006 Cina e India hanno visto

SULLO SPOSTAMENTO DEL CENTRO DI GRAVITA’ MONDIALE E L’ASCESA DELLA CINA

Nello scorso numero della rivista abbiamo approfondito la questione del declino della superpotenza USA.Gli sviluppi della crisi economica, ma anche delle questioni aperte sui vari fronti (ambientali, politici,militari, ecc.) confermano la nostra analisi sulla accelerazione delle tendenze in atto e la progressiva perditadi egemonia dell’imperialismo nordamericano.Ora vogliamo affrontare l’altro aspetto della contraddizione, la veloce ascesa delle potenze capitalisticheasiatiche, in particolare quella cinese, e le connesse trasformazioni nella struttura del sistema imperialista. Conoscere l’attualità e le prospettive di un sistema nel suo complesso decadente e storicamente superato, èdi grande importanza per gli scopi finali del proletariato.La situazione mondiale è gravida di rivoluzione ed i processi storici di transizione come quello che stiamocreano migliori condizioni per lo sviluppo del processo rivoluzionario in diversi angoli del mondo.

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crescere in modo significativo la quota diinvestimenti diretti, mentre la quota USA èdiminuita, quella giapponese è rimasta stabile equella dell’eurozona è cresciuta. Dal 2000 ad oggi laquantità di capitale straniero destinato ai paesiasiatici, specie alla Cina, è aumentata rapidamente.Negli ultimi tre anni, con la crisi, i flussi di capitalesi sono indirizzati in maniera ancora più marcataverso i paesi “emergenti”, specie quelli della zonaasiatica bagnata dall’oceano Pacifico. Anche per iprossimi anni questi paesi continueranno ad attrarreforti investimenti di capitale. In ciò si rifletteovviamente lo sfrenato desiderio dei monopolicapitalistici di produrre merci come computer,cellulari, apparecchi audio e video, etc. a costi piùbassi e di massimizzare i profitti. In questa nuovadivisione internazionale del lavoro la Cina ha lafunzione di snodo di assemblaggio finale dei prodottidel network asiatico, in cui il capitale straniero giocaun ruolo preminente. Altro indicatore importante sono i flussicommerciali, che vanno cambiando direzione. Nelperiodo 1980-2007 la quota USA di export mondialeè scesa dall’11,1% all’8,4%; quella del Giappone dal6,4% al 5,13%; quella dell’UE dal 30,7% al 29,1%.Quella cinese è invece passata dallo 0,9% all’8,8%.

Trasformazioni nella produzioneIn accordo con la logica del network sopra accennata,che vede la Cina come produttore finale, unacrescente percentuale del commercio interno asiaticoconsiste nel flusso export/import di semilavorati ecomponenti, specie dai paesi asiatici verso la Cina. La stessa composizione del commercio asiatico ècambiata, essendo sempre più caratterizzata da merciad elevato contenuto tecnologico. Dopo decenni di

liberalizzazioni, incluso l’entrata nel 2001nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, laCina ha accresciuto la sua quota di esportatoremondiale di prodotti ICT (tecnologia informatica edelle comunicazioni), passando dal 3% del 1992 al24% del 2006.Anche se la Cina ha sofferto di una riduzione delleesportazioni durante la crisi, ha avuto però risultatimigliori della maggior parte degli altri paesi. Infatti,nel 2009 ha sorpassato la Germania come maggioreesportatore mondiale (il fatturato dell’export cinese èstato di 1.070 miliardi di dollari), portando acompimento la sua trasformazione in potenzacapitalistica manifatturiera indirizzata all’export, conuna dinamica fortemente dipendente dagliinvestimenti dai monopoli stranieri operanti nelsettore e dalla capacità di assorbimento dei mercatioccidentali. E’ decisamente finita l’epoca in cui le impresecapitalistiche situate in Cina e India occupavano la“fascia bassa” del mercato, con prodotti comegiocattoli, vestiti e scarpe. Oggi le multinazionali deipaesi asiatici - colossi che per fatturato occupano iprimi posti delle classifiche e che crescono a velocitàimpressionante - fanno la guerra alle multinazionalioccidentali non solo nei mercati interni e in quelli deipaesi “in via di sviluppo”, ma anche negli stessimercati europei e statunitensi. Nessuna sorpresa, dunque se il valore delleimportazioni cinesi negli USA è passato da 16miliardi di dollari del 1990 ai 340 miliardi del 2007.Fra i dati più significativi del trasferimento ad est delbaricentro mondiale – segnatamente dell’ascesacinese e del declino statunitense - è proprio ilraffronto fra il surplus commerciale cinese e ilpassivo delle bilance dei pagamenti e commercialeUSA. Allo stesso tempo la Cina è il più grandedetentore del debito USA. Questi fatti causanogrande allarme per gli equilibri del capitalismo,specie se il dollaro dovesse perdere il suo ruoloprivilegiato.

Si sposta il centro di gravità del capitalismoQuanto abbiamo detto da un lato ciò conferma che èil centro del sistema imperialista mondiale ad essereinvestito in maniera più forte dalla crisi, dall’altrodimostra che siamo di fronte ad un cambiamento neirapporti di forza tra le varie potenze imperialiste,preparato negli ultimi decenni e amplificatosidurante la crisi attuale. Un cambiamento che hadunque un ruolo particolare nella storia delcapitalismo, sia riguardo i rapporti contraddittori frai vari paesi imperialisti e capitalisti, sia nel conflitto

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lavoro-capitale. Gli USA, potenza in inesorabile declino storico (vediTeoria & Prassi n. 20, “Si approfondisce il declinostatunitense”), alle prese con un processo dideterioramento non solo economico, ma anchepolitico, morale, ecc., rimangono tuttora il principalepaese imperialista. Ma è il centro di gravità delmercato mondiale che si va spostando ad oriente. Esso si trovava in Italia nel medioevo, in Inghilterranell’era moderna, è poi passato in Nordamerica allafine dell’800. La prima guerra mondiale haaccelerato questo dislocamento, mentre la secondaguerra mondiale ha permesso agli Stati Uniti didiventare la potenza egemone e il cuore dell’interomondo capitalista (ad es. nel 1945 l’economiastatunitense americana incideva per il 50%sull’intero PIL mondiale).Dai primi anni settanta dello scorso secolo gli USAsono in declino e col tempo cesseranno di essere lasuperpotenza economica che siamo abituati a vedere.Avranno un ruolo economico, a livello mondiale,sempre meno rilevante. Di conseguenza si vaverificando un trasferimento del centro economicodel mondo dagli USA all’Asia orientale emeridionale: un’area in cui sono concentrati i dueterzi della popolazione mondiale, in cui il peso delleeconomie capitalistiche “emergenti” ad alto sviluppodemografico (Cina e India anzitutto, ma ancheIndonesia, Corea del Sud, Filippine, Pakistan,Thailandia, Taiwan, Malaysia) sta aumentandovelocemente. Si tratta di fenomeno tra i più significativi della storiadel capitalismo, dall’epoca della rivoluzioneindustriale, che implica una mutazione degli assettidel sistema imperialista, e una rimessa in discussionedegli equilibri internazionali.In particolare l’importanza e il peso della Cina sonodestinati a crescere. Secondo l'ultimo rapporto Ocseil gigante asiatico, grazie ai massicci stimoligovernativi, nel prossimo decennio si trasformerànella prima potenza economica del mondo,surclassando gli Stati Uniti. Secondo P. Golub, nel 2020 l’economia cinesepotrebbe rappresentare circa il 25% del PILmondiale, l’economia indiana potrebberappresentarne circa il 9%, mentre la quota delGiappone dovrebbe mantenersi attorno al 6%.Secondo altri economisti tra 30 anni la quota diProdotto Interno Lordo globale della Cina, cheraggiungerà il 40%, renderà al confronto minuscolaquella degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, in cuil’industria e il commercio dovranno fare sforziterribili per rimanere sul mercato.

Il Carnegie Endowment for International Peaceprevede invece che entro il 2050 l'economia cinesesarà superiore a quella degli Stati Uniti solo del 20%.In ogni caso la Cina apparirà come l'economiadominante, in lotta per l’egemonia mondiale.

La Cina, anello fondamentale del sistemaimperialistaGià oggi il capitalismo cinese, con il suo apparatoproduttivo che si sviluppa anche a livellotecnologico, il suo il suo attivo commerciale, i suoicrescenti livelli di consumo, le sue riservefinanziarie, la sua economia di capace di reggerenella crisi globale, è vista come una sfida alpredominio degli Stati Uniti. Non passa giorno senzache il raffronto con la Cina sia motivo di ansia efrustrazione per Washington. La Cina inoltre tienecostantemente in apprensione la superpotenza USA,perché se si dovesse convertire le sue valute in euroil dollaro perderebbe molto del suo valore. Dunquegli Stati Uniti considerano la Cina una seria minacciaper il futuro.La Cina attuale è un anello fondamentale della catenadel sistema capitalista-imperialista. Possiede ilsecondo settore manifatturiero del mondo ed è, comeabbiamo visto, il primo esportatore in assoluto: unasorta di “fabbrica mondiale” in cui si produce unaquantità impressionante di merci destinate ai mercatidi tutto il globo, principalmente quelli europei enordamericani. Diversi sono i fattori che devono essere presi inconsiderazione per comprendere la rapida scalata delneo-imperialismo cinese, che ha acquisito un ruolochiave nel mercato mondiale capitalistico a seguitodelle riforme avvenute durante e dopo il periodo di

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Mao Zedong (in cui non si realizzarono alcunetrasformazioni necessarie per la transizione alsocialismo) e soprattutto in quello di Deng Xiaoping(in cui si consolidarono e svilupparono i fenomenicapitalisti e la borghesia); dopo Deng i dirigenti della“terza generazione”, come Jang Zemin, hannolegittimato e portato a termine il processo ditransizione ad un’economia di mercato capitalistaregolata dal governo, incorporando la classe deicapitalisti nel partito e adottando i necessaricambiamenti sovrastrutturali.

Tra questi fattori ve ne sono alcuni che raramentevengono evidenziati, come il ruolo fondamentale delsettore agricolo, vale a dire lo sfruttamento intensivodei contadini cui è riconducibile circa un terzo dellacrescita economica cinese, o l'enorme investimentoche la Cina sta facendo nel settore dell'istruzione(operai più istruiti equivalgono ad operai piùproduttivi di plusvalore). Da non sottovalutare nellalotta per l’egemonia mondiale l’offensiva nel settoreculturale: il mandarino ha soppiantato lo spagnoloper la rapidità di diffusione come prima linguastraniera nelle scuole americane (altrettantosignificativa in questo campo la posizione dell’India:la quantità di produzione intellettuale indiana in tuttii campi – scienze, letteratura, cinema, scienzepolitiche, filosofia, metafisica, tecnologia,management, ecc. è strabiliante; oggi la stragrandemaggioranza di tutti gli scienziati e ingegneri titolaridi un dottorato vivono in Asia).Ma non c’è dubbio che il mutamento del rapporto diforza parte naturalmente dalla produzione, dallosfruttamento intensivo della forza lavoro, perpetratotanto dai monopoli stranieri impiantati nelle “zonefranche” (450 dei 500 monopoli più grandi del

mondo sono attivi in Cina), quanto dai monopolicinesi. L’intensa spremitura e il trasferimento aimonopoli di enormi quantità di plusvalore estratto dacentinaia di milioni di proletari cinesi, diritti socialiinesistenti o malsicuri, la creazione di una famelicaoligarchia finanziaria, l’instaurazione di un modernostato capitalista capace di competere con gli altripaesi imperialisti, sono alla base dell’ascesa dellaCina capitalista. Tale è il processo manifestatosi inmodo aperto da Deng in avanti. Altro che “comunitàeconomica socialista”, “socialismo di mercato”,“nuova NEP” o sciocchezze del genere.

La farsa del “socialismo di mercato”Sull’argomento siamo intervenuti in passato (cfr. “LaCina, paese socialista?” in T&P n. 11, “Gli sviluppidella lotta operaia in Cina” in T&P n.16), ma è benerinfrescare la memoria. Il “miracolo economico” cinese deve essere spiegatosulla base delle condizioni estremamente favorevoliche i monopoli capitalistici hanno trovato in quelpaese a seguito delle riforme, adottate in modoparticolare a partire dal 1976. Riforme che non hannofatto avanzare il socialismo né risolto alcun problemadella classe operaia e dei contadini cinesi, ma hannoaumentato lo sfruttamento e la disoccupazione,ridotto i salari, permesso la concentrazione dellaricchezza in poche mani, aumentato a dismisura ledisuguaglianze sociali (un’infima minoranza di”nuovi ricchi” possiede la maggioranza dellaricchezza nazionale), fatto dilagare la corruzione e laprostituzione, costretto al suicidio per troppo lavorogli operai e finalmente sviluppato l’antagonismo diclasse. I beneficiari di queste riforme, sono stati i capitalisti,che hanno beneficiato di una politica di privilegi, diincentivi fiscali, di garanzie infrastrutturali esoprattutto di un basso prezzo della forza-lavoro sucui hanno basato la loro strategia dell’export. Pertanto la retorica revisionista sulla crescita cinesenon è altra cosa dall’espansione di migliaia diimprese capitaliste, dallo sviluppo del capitalismo aspese dei lavoratori cinesi.D’altronde quale “socialismo” può esservi se ilpotere politico non sta nelle mani della classeoperaia, se i mezzi di produzione si trovano nellemani dei padroni, se lo sfruttamento non è abolito ela forza-lavoro resta una merce, se l’economia non èpianificata, se la circolazione mercantile si amplia adismisura, se i prezzi non sono controllati e laspeculazione è permessa, se il capitale finanziariopredomina, se la classe operaia e i contadini sonocostretti a produrre per la borghesia e i latifondisti?

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Questo è esattamente ciò che accade in Cina, paese incui il partito revisionista al potere ammette eincentiva il capitalismo interno e internazionale,attrae i borghesi nelle proprie fila, in cui la proprietàprivata è consacrata ufficialmente nella Costituzionee protetta in modo che i proletari non la mettano indiscussione, in cui lo stato agisce a favore deglisfruttatori e opprime la classe operaia e gli altrilavoratori. Non c’è dubbio, chi continua a sostenere che in Cinac’è il socialismo, sia pure “di mercato” è solo unipocrita e un servo della borghesia.

Una chiave di lettura della dinamica in attonella regioneLa progressiva ascesa cinese (in particolare quelladel suo export), quella indiana e degli altri paesiasiatici, può essere compresa solo nel contesto di unapiù ampia dinamica capitalista, diretta dai monopolifinanziari, consolidatasi nell’ambito della cosiddettaglobalizzazione. Questa dinamica che ha investito l’intera regioneasiatica, è il frutto di una ristrutturazione, di unariorganizzazione e di un riorientamentodell’economia mondiale, che prodotto una nuovadivisione internazionale del lavoro ed ha spostato ilbaricentro da Occidente a Oriente, nelle megalopoliasiatiche, nelle regioni costiere, dove si concentranogli investimenti diretti di capitale. I monopoli capitalisti in una prima fase si sonoconcentrati su settori a basso costo e ad alta intensitàdi lavoro, per la produzione di prodotti a scarsovalore aggiunto; in una seconda fase si sonoindirizzati verso la produzione per assemblaggio diprodotti a più forte intensità tecnologica, destinatinon solo al mercato internazionale, ma anche almercato locale, regionale e nazionale. Sono questi monopoli che hanno determinato lanuova divisione del lavoro e la nuova organizzazionedella produzione a livello mondiale, che hannostrutturato a scopi precisi le economie dei paesiasiatici.Non si tratta dunque solo degli sforzi compiuti daipaesi asiatici per elevarsi nella gerarchia mondiale diquesto o quel paese, ma del risultato di un ampioprocesso di trasformazione diretto dai monopolicapitalistici, sostenuto dai loro surplus di capitale,che ha influenzato e modificato in profondità lastruttura stessa del sistema imperialista mondiale. Tale processo di ricentramento, grazie al quale laCina e l’Asia nell’insieme stanno diventando il cuoredel mondo capitalista, costituisce un fenomenostorico di primaria importanza ed eccezionale

ampiezza, che tenderà ad accentuarsi nei prossimianni.

Proseguirà in modo pacifico l’ascesa dellaCina? Un’interessante cartina di tornasole per rispondere aquesta domanda è la crescente influenza della Cina inAfrica, uno degli obiettivi strategici dell’economiacinese.Nell’ultimo decennio la Cina ha aumentato il suocoinvolgimento economico in Africa. Il suocommercio con l'Africa è cresciuto da 18.5 miliardidi dollari del 2003 a 107 miliardi nel 2008. Ora è ilpiù grande partner commerciale dell’AfricaMeridionale. Gli interessi cinesi spaziano dal petrolio dell’Angola,della Nigeria, dell’Algeria, del Sudan, della Libia edel Kenia, alle dighe in Etiopia e Mozambico;dall’uranio del Niger al ferro della Liberia; dai portiin Kenya alle miniere di rame dello Zambia; dallepiantagioni nella Valle dello Zambesi aibiocombustibili in Uganda; dalla vendita delle armiin Corno d’Africa al cotone del Senegal; dalleferrovie del Marocco ai contratti pubblici per lacostruzione di strade e infrastrutture in numerosi altripaesi. L'indebolimento del dollaro sta incoraggiando Cina asviluppare strategie finanziarie globali(l’esportazione di capitale è uno dei trattifondamentali dell’imperialismo). Un consorzio dibanche cinesi ha recentemente iniettato un miliardodi dollari attraverso la Banca Standard dell'AfricaMeridionale per ottenere l'espansione degliinvestimenti finanziari. La Cina ha inoltre programmi di investimento innumerosi paesi africani, sullo stile del PianoMarshall. Ha già oliato i suoi interessi imperialistiimpegnando 10 miliardi di dollari in prestiti conbassi tassi di interesse e periodi di rimborso piùlunghi di quelli standard. Questa offerta è statachiaramente ben accettata da molti governi africani,fra cui la Repubblica Democratica del Congo, riccadi materiali strategici. Gli Stati Uniti hanno immediatamente rispostotramite il FMI che ha minacciato di tagliare le lineedi credito al Congo. Il conflitto sull’investimento cinese in Congo èun’anticipazione di quello che avverrà. La naturaimperialista dei piani cinesi in Africa, ulteriormentesospinta dalla recessione globale, condurràinevitabilmente a forti contrasti con gli Stati Uniti,con la Francia e con altri paesi imperialisti che hannointeressi vitali nel continente africano.

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La Cina è consapevole del bisogno di proteggere conla forza i suoi interessi in Africa. Ha già spedito unaflottiglia di cacciatorpedinieri nel Golfo di Aden conil pretesto di combattere la pirateria in un’idroviageo-politicamente sensibile. E’ il primo rilevanteimpegno della marina militare cinese, al di fuori diun mandato ONU.L’ascesa dell’imperialismo cinese non potrà avveniresenza intaccare lo status quo e gli equilibri strategiciesistenti. L’evoluzione dei rapporti di forze in Asiaha già costretto Washington a disegnare nuovestrategie di sicurezza, che vanno oltre la politica del“coinvolgimento + contenimento”, funzionale almantenimento dell’egemonia USA. Non a caso ilPentagono ha dovuto creare un nuovo comandomilitare: l’Afri-Com, non a caso gli strateghi militarida alcuni anni hanno iniziato a parlare di un“possibile conflitto” con la Cina. Se osserviamo gli sforzi USA per far rimanereagganciati al loro sistema di alleanze il Giappone el’India, il mantenimento delle truppe in Corea delSud, l’estensione della presenza yankee in Asiacentrale, gli aiuti militari a numerosi paesi del Sud-Est asiatico, l’occupazione dell’Afghanistan, leprovocazioni e le minacce rivolte alla RPD di Corea,l’incessante sforzo per mantenere un gap decisivo intermini tecnologici e di combattimento fra le forzearmate USA e quelle cinesi, possiamo bencomprendere bene che l’Asia è destinata a prendereil posto dell’Europa nella strategia militarestatunitense. Come già nel 2001 scriveva il Dipartimento di StatoUSA nel suo Quadriennal Defense Review Report:“l’Asia sta gradualmente emergendo come unaregione dove potrebbe svilupparsi una competizionemilitare su larga scala. Esiste la possibilità che uncompetitore militare con una formidabile base dirisorse emerga nella regione”. Due sono i punti chiave emersi in questi anni, sullabase della geo-strategia di Brzezinski secondo cui chidomina l’Asia domina il mondo: a) il mantenimentodella supremazia militare USA e la rimozione diqualsiasi limitazione della superiorità strategica o diminacce nucleari nel continente euroasiatico (v. Iran,RPD di Corea); b) l’impedimento di un sistema dialleanze regionali, o peggio ancora strategiche,facenti perno sulla Cina.D’altra parte la strategia cinese, imperniata sullamultipolarità del sistema imperialista, la sicurezzadegli approvvigionamenti energetici e la ricerca diuna “partnership” con gli USA, continua asvilupparsi cercando di evitare per il momento unconfronto diretto con la superpotenza americana,

dando dimostrazioni di affidabilità e di interesse amantenere la situazione attuale.

Gli Stati capitalisti hanno un solo mezzo permettere a prova la loro forzaPotrà la Cina sopportare all’infinito il predominioUSA? Da quanto abbiamo esposto ne deriva che uncontrasto, anche armato, fra la Cina e gli altri paesiimperialisti è praticamente certo. Non dobbiamoinfatti fermarci all’analisi dei fenomeni esteriori, madobbiamo vedere le forze profondedell’imperialismo, che determineranno il corso deglieventi.Già oggi notiamo che l’atteggiamento cinese è moltodifferente da quello degli anni passati, più assertivo edeterminato, anche nei confronti degli USA.Ricordiamo la dura posizione cinese a proposito delventilato riconoscimento nordamericano dellaindipendenza di Taiwan, gli ammonimenti a noninterferire negli affari interni cinesi (v. la visita delDalai Lama negli USA), le dispute in ambitocommerciale e monetario, il conflitto sull’Iran, gliattacchi informatici o, da ultimo, l’opposizione allemanovre militari di una portaerei yankee a 500 km.da Pechino. In realtà, dietro le dichiarazioni diplomatiche e gliinviti alla cooperazione, esiste una rivalità strategicafra Cina e USA, che ha per posta il predominiomondiale. Il dragone asiatico si sta rafforzando e staemergendo sempre più sulla scena economica epolitica, ha un’influenza crescente, penetra neiquadranti-chiave (come l’Asia del Sud Ovest),disputa spazio agli USA e agli altri imperialismi,svolge un ruolo finanziario sempre più pesante. Ciòavrà profonde ripercussioni sull’arenainternazionale. Nessun brigante imperialista può contentarsi a lungodello status quo. I paesi imperialisti in ascesa,smaniosi di accrescere la propria influenza,cercheranno di accaparrarsi nuovi mercati, di metterele mani sulle risorse energetiche, di sottrarsi dalpredominio altrui. Allo stesso tempo le vecchiepotenze dominanti faranno di tutto per imbrigliare iconcorrenti, per mantenere le proprie posizioni eproteggersi, preservare il potere e la ricchezza di cuidispongono. In particolare gli USA vogliono conservare a tutti icosti la posizione di unica superpotenza mondiale,impedendo che altre potenze del continenteeurasiatico emergano e si alleino per porre una sfidaall’egemonismo, al controllo delle risorse strategichee alla penetrazione economica statunitense. Da qui laloro politica aggressiva e guerrafondaia, accentuatasi

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dopo il rovinoso crollo del revisionismo sovietico.Come osservava il compagno Stalin, non esistealcuna garanzia di un confronto pacifico fra paesiimperialisti, al contrario “l'inevitabilità delle guerrefra i paesi capitalistici continua a sussistere…. pereliminare l'inevitabilità delle guerre, è necessariodistruggere l'imperialismo” (Problemi economici delsocialismo nell’URSS).

Maturano le premesse di grandisconvolgimenti sociali Siamo in un periodo di transizione, in cui l’Occidentedeclina e l’Oriente aumenta in potenza ma non èancora al punto di “dargli il cambio”. Nel prossimofuturo questo trend proseguirà, determinando tral’altro la formazione di una nuova superpotenzaimperialista, la Cina, in termini economici, politici emilitari. Si tratta di un periodo ricco di “sostanzeinfiammabili”, suscettibile di subitanee esplosioni.Chiaramente bisognerà vedere se il capitalismo nonandrà incontro a nuovi sconvolgimenti economici, segli imperialisti occidentali avranno la forza el’opportunità di frenare lo sviluppo asiatico, cosìcome bisognerà vedere se la borghesia dei nuovigiganti asiatici saprà controllare il proletariato erisolvere i suoi problemi interni.

Il dominio imperialista in Asia, specie nelle regionimeridionali, è vulnerabile. Le contraddizionigenerate dal capitalismo hanno generato condizionifavorevoli per la lotta di classe rivoluzionaria indiversi paesi, in cui vi è tradizione rivoluzionaria euna presenza di movimenti comunisti, rivoluzionari,progressisti. La lotta di classe degli sfruttati sicombina con le questioni nazionali irrisolte, che sipresentano strettamente legate alla questione sociale. Imperialismo e rivoluzione si confrontano ormaiapertamente in una serie di paesi, dall'India al Nepal,dal Bangladesh al Bhutan, dalle Filippine allo SriLanka. Questa regione del mondo sarà sicuramente una

fucina della rivoluzione proletaria nel corso di questosecolo e gli sviluppi della crisi economica, nonchél'accentuato contrasto fra potenze imperialiste,accelereranno il corso degli avvenimenti.Allo stesso tempo in Cina si sviluppa lacontraddizione fondamentale fra lavoro e capitale.Nei mesi scorsi gli operai cinesi hanno intensificatola lotta per un aumento dei salari, così come per unmiglioramento delle pessime condizioni di lavoro.Lo sciopero dilagato dalla Honda di Foshan è statoun fatto estremamente positivo, che deve essereappoggiato da tutti i proletari. Questa lotta, che haconfermato l’esistenza in Cina un movimentooperaio dinamico, militante e con caratteristicheindipendenti, ha anche dimostrato che il blocco diuna singola unità produttiva ha ripercussioniimmediate per le operazioni globali dei monopoli.Per un lungo periodo i capitalisti hanno concentrato iloro sforzi in Cina ed hanno ottenuto una serie difacilitazioni nello sfruttamento degli operai al fine diassicurarsi il massimo profitto. E’ veramente positivoche oggi gli operai cinesi riprendono a lottare permandare all’aria i piani dei capitalisti, sempre piùdeterminati ed organizzati, e ci auguriamo anchesempre più coscienti. La classe operaia cinese costituisce un gigantedecisivo della ripresa della lotta di classe a livellomondiale. Al suo interno si moltiplicano i segni diuna combattività che avrà conseguenze enormi (fraquesti segni c’è anche la ripresa del mito di Mao),soprattutto se la classe operaia degli altri paesi sicollegherà agli sforzi della classe operaia del giganteasiatico, contro tutte le obiezioni che muovono ipartiti borghesi, piccolo-borghesi e revisionisti. L’ascesa complessiva dell’area asiatica evidenzia alcontempo il declino statunitense ed europeo (fra cuispicca quello italiano); nei prossimi decenni latraiettoria discendente sarà più rapida di quantoemerge da molti documenti. La classe operaia e gli altri lavoratori dei paesioccidentali saranno chiamati dalle classi dominanti asacrifici senza sbocco, a rinunce e peggioramentieconomici e politici senza fine per salvaguardare iprivilegi e il parassitismo di un’esigua minoranza disfruttatori e parassiti. L'unica possibilità che hanno i paesi a capitalismoavanzato di non cadere nel declino e nelladipendenza industriale, commerciale e politica,l’unica possibilità che i lavoratori hanno per usciredalla infinita perdita di conquiste di civiltà, di salario,di diritti, è di iniziare una rivoluzione sociale cheriesca adeguare i rapporti di produzione al caratteredelle forze produttive.

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1. Nel marzo 1919 venne fondata a Mosca la TerzaInternazionale comunista. Fin dal 1° novembre 1914Lenin, dal suo esilio in Svizzera, aveva così delineatoil ruolo della futura nuova Internazionale:“Nell’ultimo terzo del secolo XIX e all’inizio del XXsecolo la Seconda Internazionale ha compiuto la suaparte di utile lavoro preparatorio, di organizzazionedelle masse proletarie nel lungo periodo “pacifico”della più crudele schiavitù capitalistica e del piùrapido progresso capitalistico. Alla TerzaInternazionale spetta il compito di organizzare leforze del proletariato per l’assalto rivoluzionariocontro i governi capitalistici, per la guerra civilecontro la borghesia di tutti i paesi, per il poterepolitico, per la vittoria del socialismo”.Le conferenze di Zimmerthal e di Kienthal contro laguerra imperialista, la formazione della “sinistra diZimmerthal” (di cui Lenin fu il principale animatorecon il lancio della parola d’ordine rivoluzionaria“trasformazione della guerra imperialista in guerracivile”), i possenti scioperi contro la guerra neiprincipali paesi capitalistici, le due rivoluzioni delfebbraio e dell’ottobre 1917 in Russia, la rivoluzionetedesca del 1918, furono le tappe principaliattraverso le quali si giunse infine, nel marzo 1919,al congresso di fondazione della III Internazionale.La Terza Internazionale si assunse esplicitamente ilcompito di preservare il patrimonio teorico e politicodel marxismo dalla degenerazione e dalla corruzionecui era andato soggetto nell’epoca della IIInternazionale.Il leninismo venne ricollegato esplicitamente almarxismo originario di Marx ed Engels per il fatto diessere, come quello, il prodotto di un’epoca di granditrasformazioni rivoluzionarie, la nuova epocadell’imperialismo. Perciò la lotta ideologica controtutte le tendenze che, in seno alla classe operaia,esprimevano un grado maggiore o minore disubordinazione ideologica del proletariato allaborghesia imperialista, fu concepita come unacomponente fondamentale della lotta di classe ecome parte integrante dell’azione rivoluzionaria delmovimento comunista.Compito politico fondamentale della nuovaInternazionale comunista: concatenare e saldareinsieme le rivoluzioni socialiste nei paesi capitalisticiavanzati, le lotte dei popoli oppressi dalla

dominazione coloniale, e la difesa del regimesovietico, come momenti indivisibili di un processounitario tendente a un fine ultimo: l’instaurazionedella Repubblica sovietica internazionale.

2. In questo articolo ci proponiamo di illustrare ilfondamentale contributo di orientamento e di guidache - attraverso le principali tesi e risoluzioniapprovate dai suoi primi Congressi (1919-1925) -l’Internazionale dette ai partiti comunisti negli annidella loro formazione. Faremo parlare direttamentequei documenti (riportandone larghi estratti), i quali,lungi dall’avere un significato puramente storico,sono ancora ricchissimi di insegnamenti per icomunisti del nostro tempo, soprattutto per la piùgiovane generazione di operai e di lavoratoririvoluzionari che si avvicinano al comunismo.

In quel primo periodo, l’attenzione della nuovaInternazionale si concentrò principalmente su tregrandi questioni:

- La rottura politica dei partiti della TerzaInternazionale con il riformismo e il centrismoopportunista della socialdemocrazia europea.- La tattica di fronte unico nei paesi capitalistici

avanzati.- La bolscevizzazione dei partiti comunisti.

3. Nei suoi due primi Congressi (1919, 1920)l'Internazionale fissò con estrema chiarezza lediscriminanti fondamentali che contrapponevanonettamente i nuovi partiti comunisti alla vecchiasocialdemocrazia e ad alcune tendenze anarco-sindacaliste ed estremiste su alcuni problemi diimportanza cruciale: il ruolo del partito nellarivoluzione proletaria; il suo rapporto con i Soviet econ i Consigli di fabbrica; la questione delparlamentarismo.«Il partito comunista è una parte della classe operaiae precisamente la parte più avanzata, più cosciente epiù rivoluzionaria. [ …] I concetti di partito e dimassa debbono essere tenuti rigorosamenteseparati…. In certe circostanze storiche è senz’altropossibile che la classe operaia sia formata danumerosi strati reazionari. Il compito del comunismonon consiste nell’adeguarsi a queste parti arretratedella classe operaia, ma nell’innalzare l’intera classeoperaia al livello della sua avanguardia comunista.

IL CONTRIBUTO DELLA TERZA INTERNAZIONALEALLA FORMAZIONE TEORICA E POLITICA DEI PARTITI

COMUNISTI NEI LORO PRIMI ANNI DI VITA

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La confusione di questi due concetti – partito e classe– può condurre ai più gravi errori».«La nascita dei Soviet come forma-base storica delladittatura del proletariato non indebolisce in alcunmodo il ruolo di guida del partito comunista nellarivoluzione proletaria. […] Chiunque propone alpartito comunista di “adeguarsi” ai Soviet, chiunquevede in tale adeguamento il rafforzamento del“carattere proletario” del partito rende un pessimoservizio tanto ai Soviet quanto al partito e noncomprende l’importanza né del partito né deiSoviet».[…] «Il partito comunista deve esserecostruito sulla base del centralismo democratico»(Tesi sul ruolo del partito nella rivoluzione proletaria,24 luglio 1920). La necessità di stabilire un legame stretto eindissolubile con la vita della classe operaia e,attraverso questa, alla grande massa degli sfruttati,per guidarli nella lotta decisiva contro il capitalismo,si riflette nelle indicazioni riguardanti il rapporto colmovimento operaio e sindacale.«Là dove nell’ambito dei sindacati o al di fuori diessi nelle fabbriche si costituiscono organizzazionicome gli Shop Stewards e i Consigli di fabbrica chesi pongono come scopo la lotta contro le tendenzecontrorivoluzionarie della burocrazia sindacale el’appoggio alle azioni spontanee e dirette delproletariato, è evidente che i comunisti debbonoappoggiare con tutta la loro energia taliorganizzazioni. […] La lotta dei Consigli di fabbricacontro il capitalismo ha dunque come obiettivoimmediato il controllo operaio sulla produzione. […]. Ma poiché al tentativo degli operai di controllareil rifornimento di materie prime alle fabbriche e leoperazioni finanziarie degli imprenditori industrialila borghesia e i governi capitalistici risponderannocon le più drastiche misure contro la classe operaia,la lotta per il controllo operaio sulla produzioneporterà alla lotta per la conquista del potere da partedella classe operaia».«I Consigli di fabbrica non possono sostituire isindacati. Soltanto nel corso della lotta essi possonounirsi al di là dei limiti di singole fabbriche e officinesecondo i vari rami di produzione e creare un appartocomune per dirigere l’intera lotta. I sindacati sono giàfin d’ora organi di lotta centralizzati, quantunque nonabbraccino masse come quelle raccolte dai Consiglidi fabbrica, i quali sono una libera organizzazioneaccessibile a tutti gli operai della fabbrica. Ladivisione dei compiti tra Consigli di fabbrica esindacati è un risultato dello sviluppo storico dellarivoluzione sociale» (Tesi sul lavoro sindacale e iConsigli di fabbrica, 3 agosto 1920).

Un punto fondamentale da affrontare nella lotta perla dittatura del proletariato nella forma del poteresovietico (cioè dei consigli operai) fu quello dellacritica del parlamento borghese e della possibilità ditrarre vantaggio, osservando tutta una serie dirigorose condizioni, dal suo utilizzo. «Il comunismo rifiuta il parlamentarismo in quanto

forma della società futura; lo rifiuta in quanto formadella dittatura di classe del proletariato. Rifiuta lapossibilità di conquistare durevolmente i parlamenti,giacché si pone come obiettivo la distruzione delparlamento».

«L’ “antiparlamentarismo” di principio, nel senso diun rifiuto assoluto e categorico di partecipare alleelezioni e all’attività parlamentare rivoluzionaria èuna teoria ingenua e infantile al di sotto di qualsiasicritica. […] Pertanto il partito comunista chericonosce la necessità di partecipare alle elezionitanto per i parlamenti centrali quanto per gli organiamministrativi locali, e del pari ammette come regolagenerale il lavoro entro queste istituzioni, deverisolvere in modo concreto il problema partendodalla valutazione delle specifiche particolarità delmomento. Il boicottaggio delle elezioni o deiparlamenti oppure l’uscita da questi ultimi sono dascegliere principalmente quando siano date lecondizioni preliminari per passare direttamente allalotta armata e alla presa del potere» (Tesi sui partiticomunisti e il parlamentarismo, 2 agosto 1920).Ma la questione decisiva per la nascita dei nuovipartiti comunisti fu quella della piena accettazionedella concezione marxista e leninista della dittaturaproletaria, contro la teoria e la pratica del riformismoe contro tutte le varianti dell'opportunismo centrista.Oltre alla Piattaforma approvata dal 1° Congresso difondazione, il documento fondamentale in propositofurono le Tesi sulla democrazia borghese e ladittatura del proletariato, elaborate direttamente daLenin e approvate dal 2° Congresso.

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«La conquista del potere politico da parte delproletariato significa annientamento del poterepolitico della borghesia. […] La vittoria delproletariato sta nella disorganizzazione del poterenemico e nell’organizzazione del potere proletario;nella distruzione dell’apparato statale borghese enella costruzione dell’apparato statale proletario»(Piattaforma, 4 marzo 1919).«La storia insegna che nessuna classe oppressa è maigiunta e ha potuto accedere al dominio senzaattraversare un periodo di dittatura, cioè di conquistadel potere politico e di repressione violenta dellaresistenza più furiosa, più disperata, che non arretradinanzi a nessun delitto, qual è quella che hannosempre opposto gli sfruttatori. […] Pertanto, quandooggi si difende la democrazia borghese con discorsisulla “democrazia in generale”, quando oggi si gridae si strepita contro la dittatura del proletariatofingendo di gridare contro la “dittatura in generale”,non si fa che tradire il socialismo, passare di fattodalla parte della borghesia, negare al proletariato ildiritto alla propria rivoluzione proletaria.[…] Tutti i socialisti, chiarendo il carattere di classedella civiltà borghese, della democrazia borghese,del parlamentarismo borghese, hanno espresso lastessa idea che già Marx ed Engels avevano espostocon il massimo rigore scientifico, dicendo che larepubblica borghese più democratica è soltanto unamacchina che permette alla borghesia di schiacciarela classe operaia, che permette a un pugno dicapitalisti di schiacciare le masse lavoratrici.

[…] Il punto essenziale che i socialisti noncomprendono e in cui consiste la loro miopia teorica,la loro soggezione ai pregiudizi borghesi e il lorotradimento politico nei confronti del proletariato, èche nella società capitalistica, di fronte all’acuirsi piùo meno forte della lotta di classe che ne costituisce ilfondamento, non può darsi alcun termine medio tra la

dittatura della borghesia e la dittatura delproletariato. Ogni sogno d’una qualsiasi terza via èquerimonia reazionaria piccolo-borghese» (Tesi erisoluzione sulla democrazia borghese e la dittaturadel proletariato, 4 marzo 1919).Per la nascita dei nuovi partiti comunisti eranecessario che, nei vecchi partiti socialisti, la rotturaideologica e politica col riformismo e conl'opportunismo centrista (Turati, Modigliani,MacDonald, Longuet, Kautsky, Hilferding, Serrati,ecc.) si traducesse anche in alcune misure pratiche edorganizzative interne, che furono incluse nellecelebri 21 condizioni di ammissioneall'Internazionale comunista. La n. 15 e la n. 21furono tra le più significative: «I partiti che fino ad oggi conservano i loro vecchi

programmi socialdemocratici sono tenuti amodificare nel più breve tempo possibile taliprogrammi e, conformemente alla situazioneparticolare del loro paese, ad elaborare un nuovoprogramma comunista coerente con le risoluzionidell'Internazionale comunista».«Tutti i membri del partito che respingonofondamentalmente le condizioni e le normedell'Internazionale comunista debbono essere espulsidal partito stesso».

4. Uno dei compiti principali che l'Internazionalepose alle sue sezioni nazionali nel 3°, 4° e 5°Congresso (1921, 1922, 1924) fu quello dellaconquista delle masse. Essa prese attorealisticamente che anche dopo la nascita dei partiticomunisti la maggioranza della classe operaia sitrovava ancora sotto l'egemonia dellasocialdemocrazia. Era dunque, necessario elaborareuna tattica adeguata che, partendo dall'esperienzaconcreta di lotta delle masse proletarie, riuscisse asottrarre all'egemonia riformista la maggioranzadella classe operaia spingendola ad accettare, comegiusta e conforme ai suoi fondamentali interessi dilavoro e di vita, la direzione politica dei comunisti.Fu questa la tattica di fronte unico proletario, chel'Internazionale sviluppò ampiamente nel corso diquegli anni, combattendone, al tempo stesso, leinterpretazioni opportunistiche.

«Il problema oggi più importante perl’Internazionale comunista è quello di conquistareun’influenza determinante nella maggioranza dellaclasse operaia. […] L’Internazionale fin dal primogiorno della sua costituzione si è posta in modochiaro ed univoco come scopo non la creazione dipiccole sette comuniste, che cercano di affermare lapropria influenza sulle masse operaie soltanto

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attraverso la propaganda e l’agitazione, ma lapartecipazione alle lotte delle masse operaie, la guidadi queste lotte secondo una direttiva comunista e lacreazione, nel corso di questa lotta, di partiticomunisti di massa, efficienti, grandi e rivoluzionari.[…] «I partiti comunisti debbono avanzarerivendicazioni il cui soddisfacimento costituisce unbisogno immediato e improrogabile per la classeoperaia, debbono propugnare tali rivendicazioninella lotta delle masse, indipendentemente dalla loroconciliabilità o meno con l’economia di profitto dellaclasse capitalistica. […] Nella misura in cui questalotta contrapporrà le necessità di vita delle masse allenecessità di vita della società capitalistica, la classeoperaia acquisterà la consapevolezza che perché essapossa vivere il capitalismo deve perire; questaconsapevolezza costituirà il fondamento dellavolontà di combattere per la dittatura» (3°Congresso, Tesi sulla tattica, 12 luglio 1921).Le caratteristiche del fronte unico, il metodo daseguire per la sua realizzazione in modo ampio, nonristretto e formale, rivolgendosi alla grande massadei lavoratori che fanno riferimento ai partitiriformisti o sono influenzati da essi, fu sempre alcentro dell’attenzione della Terza Internazionale. «La tattica del fronte unico è l’offerta della lottacomune dei comunisti con tutti gli operaiappartenenti ad altri partiti o gruppi e con tutti glioperai senza partito per difendere – contro laborghesia - i più elementari interessi di vita dellaclasse operaia. […] Il vero successo del fronte unicoscaturisce “dal basso”, dalle profondità delle masseoperaie stesse. Tuttavia i comunisti non possonorinunciare a trattare, a certe condizioni, anche con ivertici dei partiti operai avversari. Sull’andamento diqueste trattative le masse devono però esserecontinuamente ed esaurientemente informate. Lalibertà di movimento del partito comunista non deveassolutamente essere limitata neppure durante inegoziati con i vertici. S’intende che la tattica delfronte unico è da applicarsi nei vari paesi in formadiversa, a seconda delle condizioni concrete» (4°Congresso, Tesi sulla tattica, 5 dicembre 1922).Di fronte ad alcune interpretazioni deboli o erroneedella tattica del fronte unico e del suo sbocco politicorivoluzionario, il Congresso dell’Internazionaleintervenne con la massima chiarezza per evitareconfusioni e fraintendimenti.«La tattica del fronte unico è soltanto un metodo diagitazione e di mobilitazione rivoluzionaria dellemasse per la durata di un intero periodo di tempo.Ogni tentativo di interpretare questa tattica comealleanza politica con la socialdemocrazia

controrivoluzionaria è una forma di opportunismoche viene rifiutata dall’Internazionale comunista.«La parola d’ordine del governo operaio e contadinoè stata ed è intesa dal Comintern come conclusionedella tattica del fronte unico. Gli elementiopportunisti del Comintern hanno cercato in passatodi alterare anche la parola d’ordine del governooperaio e contadino, interpretandolo come ungoverno “nel quadro della democrazia borghese” ecome un’alleanza politica con la socialdemocrazia. IlV Congresso mondiale del Comintern rifiuta nelmodo più deciso questa interpretazione. […] Laformula “governo operaio e contadino”, derivatadall’esperienza della rivoluzione russa, non fu e nonpuò essere altro che un metodo di agitazione emobilitazione delle masse nell’intento di provocare ilcrollo per via rivoluzionaria della borghesia e diedificare il potere sovietico» (5° Congresso, Tesisulla tattica, 8 luglio 1924).

5. Alcuni anni dopo la fondazione della TerzaInternazionale, si palesò in modo sempre piùstringente la necessità di trasformare i partiticomunisti in autentici partiti bolscevichi. La lorobolscevizzazione non doveva essere intesa nel sensodi un meccanico trasferimento dell’esperienza russain quella degli altri partiti comunisti (errore dal qualegià Lenin aveva messo in guardia), manell'assimilazione di quei tratti dell'esperienza russache - come lo stesso Lenin aveva affermato neL'estremismo malattia infantile del comunismo -avevano "un significato internazionale". Ciò avrebbeconsentito non solo di sviluppare e rafforzare lediverse sezioni nazionali dell'Internazionale, maanche di correggere un certo numero di errori e dideviazioni di destra e di «sinistra» - sul piano teorico,politico e organizzativo - che si erano manifestate neiprimi anni di vita dei partiti comunisti. Il documento più organico col quale l'Internazionaleesercitò, su quei problemi, la sua importantefunzione di orientamento e di guida furono le Tesi delV Plenum sulla bolscevizzazione dei partiticomunisti (aprile 1925), di cui riportiamo alcuneparti essenziali.

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Sulla teoria«Ogni deviazione dal leninismo equivale a unadeviazione dal marxismo. Non meno decisamentedebbono essere combattute tutte le deviazioni dalleninismo nel campo della cosiddetta “teoria pura”,della filosofia, della teoria dell’economia politica,ecc. L’insufficiente apprezzamento della teoria che siè potuto rilevare in parecchi partiti costituisce ilmaggior ostacolo a una bolscevizzazione dei partitidell’Internazionale comunista. Se permane unatteggiamento “tollerante” verso deviazioni teorichenon si può certo parlare di un'effettivabolscevizzazione. L’assimilazione del leninismo inquanto teoria è la premessa per una positivabolscevizzazione. Una deviazione particolarmentepericolosa è il trotskismo, una varietà delmenscevismo che fonde l’“opportunismo europeo”con la retorica della “sinistra radicale”, e in tal modomaschera di frequente la propria passività politica».

Sul lavoro nei sindacati«La deviazione nella questione del lavoro deicomunisti in seno ai sindacati cela gravissimi pericoliper la causa dell’effettiva bolscevizzazione dei nostripartiti. In tutto il mondo capitalistico i sindacati sonola più importante forma di organizzazione di massadel proletariato. Senza dubbio, grandissimo valorehanno anche altre forme di organizzazione di massa(Consigli di fabbrica e simili), e senza dubbioanch’esse hanno davanti a sé un grandissimo futurorivoluzionario, ma soltanto ora queste nuove formedi organizzazione di massa cominciano a guadagnareil riconoscimento generale di ampie masse operaie.D’altra parte, tali forme di organizzazione di massadel proletariato, come i consigli, sono possibilisoltanto all’inizio della rivoluzione.…Una delle più importanti componenti dellabolscevizzazione è il lavoro nei sindacati esistenti,socialdemocratici o di altro genere (gialli,nazionalsocialisti, confessionali e fascisti); ad esso

bisogna dedicare un’attenzione centuplicata rispettoal passato. … I comunisti accresceranno la loro influenza eacquisteranno autorità tra le masse operaie battendosiper tutte le rivendicazioni concrete: aumento deisalari, difesa della giornata lavorativa di otto ore,lotta contro la disoccupazione, ecc., e ponendosiseriamente e coraggiosamente alla testa di tutti iconflitti, accanto alla classe operaia».

Sulla politica di alleanze del proletariato «Il leninismo ha sempre considerato che uno dei suoidoveri fondamentali fosse quello di risolvere nelmodo più preciso e concreto il compito diindividuare quali strati intermedi siano in grado, inciascuna tappa dello sviluppo rivoluzionario, didiventare alleati del proletariato, di individuare qualisiano le rivendicazioni di fondo che in ogni datasituazione ne fanno degli alleati del proletariato. […]In linea generale, il leninismo suddivide la piccolaborghesia in tre gruppi: determinati strati di piccolaborghesia possono, e quindi devono, sia puretemporaneamente, essere conquistati come direttialleati del proletariato; altri strati devono, invece,essere neutralizzati; altri ancora infine (gli stratisuperiori della piccola borghesia urbana e rurale)devono essere combattuti direttamente, perimprorogabile necessità».

Sulla forma organizzativa del partito e sullaselezione dei quadri dirigenti«La forma principale e fondamentale diorganizzazione per qualsiasi partito bolscevico è lacellula nel luogo di lavoro. L’antico principioorganizzativo, assunto dalla socialdemocrazia,secondo cui il partito viene costruito in base allecircoscrizioni elettorali tenendo presenti le necessitàdelle elezioni per il parlamento, è inaccettabile per icomunisti. Un vero partito bolscevico non puòesistere se le basi della sua organizzazione nonpoggiano sulle cellule di fabbrica».

«Uno dei compiti importanti di ciascun partitocomunista deve consistere nel selezionare con lamassima cura i quadri dirigenti, traendoli dalla massadei lavoratori d’avanguardia che si siano distinti perla loro energia, le conoscenze, l’abilità e ladevozione al partito. […] L’organizzatore e il quadrooperaio comunista non devono avere nulla di comunecon i funzionari e impiegati “responsabili”socialdemocratici. L’organizzatore comunista devevivere in mezzo alle masse – nella fabbrica,nell’azienda, nella miniera – e lavorarvi. […] Unobiettivo da raggiungere immediatamente è quello

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che gli organi dirigenti del partito assumano semprepiù carattere operaio».

E’ necessario «coinvolgere tutti gli organisubordinati e tutte le cellule nella partecipazione allavita politica e organizzativa del partito, e parimentistimolare lo spirito di iniziativa degli operaiall’interno del partito». Al tempo stesso, «una ferreadisciplina proletaria è una delle più importantipremesse della bolscevizzazione. I partiti che hannoper insegna la “dittatura del proletariato” devonoavere ben chiaro che non si può parlare di dittaturaproletaria vittoriosa se manca nel partito unadisciplina ferrea, quella disciplina che si conquistanel corso di anni e di decenni».

6. Questi preziosi insegnamenti della TerzaInternazionale comunista conservano la loro validitàanche dopo lo scioglimento di essa, perchécostituiscono i principi ispiratoridell'internazionalismo proletario del nostro tempo, ifondamenti teorici, politici e organizzativi cheguidano l’azione dei partiti comunisti che siraccolgono sotto le bandiere della "ConferenzaInternazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti”. La CIPOML rappresenta un insostituibilepunto di riferimento e di orientamento ideologico,politico e organizzativo per le nuove giovani leve dicomunisti che stanno sorgendo in tutto il mondonella prospettiva delle nuove rivoluzioni proletarieche nasceranno dalla crisi inarrestabile della societàcapitalistica.La storia dimostra la necessità inderogabile dellaformazione e del rafforzamento di un centro didirezione delle forze rivoluzionarie del proletariato,potente fattore di stimolo alla scissione conl’opportunismo e alla costituzione di partiticomunisti nei singoli paesi, al loro efficacefunzionamento nella lotta per il potere e al lorocoordinamento sul piano internazionale.Conformemente, possono considerarsi comunistisoltanto quei partiti e quelle organizzazioni checoncepiscono la propria attività in strettaconnessione con la lotta e con gli sforzi delmovimento marxista-leninista internazionale.Concludiamo questo articolo ricordando quantogiustamente diceva la Terza Internazionale: «Unbolscevico non è colui che aderisce al partito alculmine della marea rivoluzionaria, ma colui che sacostruire il partito per anni, per decenni se ènecessario, anche quando la marea è in riflusso e larivoluzione si sviluppa lentamente».

* * *

Primo punto dello statutoPrimo punto dello statutodella Terza Internazionaledella Terza Internazionalecomunista approvato dalcomunista approvato dal

II Congresso II Congresso (4 agosto 1920)(4 agosto 1920)

1. La nuova associazioneinternazionale deilavoratori è creata perorganizzare azioni comunidei proletari dei vari paesi,che perseguonoquest’unico obiettivo: lacaduta del capitalismo,l’istituzione della dittaturadel proletariato e di unarepubblica sovieticainternazionale per lacompleta eliminazionedelle classi e larealizzazione delsocialismo, primo gradinodella società comunista.

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PER UN 1° MAGGIO DI LOTTA EDI UNITA' IN TUTTI I PAESI!

Lavoratrici e lavoratori di tutto il mondo!Dopo tre anni di profonda crisi economica,fenomeno inevitabile del modo di produzionecapitalista, celebriamo il 1° Maggio in una situazionecaratterizzata dalla crescita della disoccupazione,dall’aumento dello sfruttamento, dalla diminuzionedei salari, dalla miseria dilagante e dalla fame. L’offensiva reazionaria del capitale va assumendoforme più acute. Allo scopo di proteggere gliinteressi dei monopoli capitalistici e riversare tutto ilpeso della crisi sulle spalle dei lavoratori, si apre lastrada ai licenziamenti di massa e alle “riforme”antisociali, sono attaccati i contratti di lavoro, siimpone l’autoritarismo antioperaio per ridurre ilvalore del lavoro al limite più basso e aumentare ilpotere dei padroni. La borghesia va all’assalto per demolire le conquisteeconomiche e politiche, i diritti ottenuti dalla classeoperaia con decenni di dure lotte. Dopo aversovvenzionato banche e grandi imprese con enormiquantità di denaro pubblico ora si risana il debitodegli stati tagliando le pensioni, smantellando iservizi sociali, aumentando l’oppressione fiscaledelle masse.

Di conseguenza le condizioni sociali dellamaggioranza dei lavoratori peggioranocostantemente, mentre gli strati più alti della societàcontinuano a vivere nel lusso e nello spreco. Se igiornali borghesi parlano di ripresa è solo per i grandiazionisti che si spartiscono lauti dividendi, non certoper gli operai.

Mentre si accentuano le contraddizioni e gli squilibripropri dell'economia capitalista, osserviamol’aggravarsi dei contrasti fra i monopoli e gli statiimperialisti per difendere i mercati di sbocco e lezone di influenza, per impadronirsi delle materieprime e sbaragliare i propri concorrenti. Va avanti l'escalation aggressiva della decadentesuperpotenza USA. Vediamo l'intensificazione dellaguerra di rapina in Afghanistan e in Pakistan, leminacce a Cuba, alla R. P. D. di Corea, al Venezuela,i golpe in Honduras e in Africa, il sostegno allacriminale politica sionista, l’occupazione militare diHaiti, la preparazione dell'aggressione all'Iran,l'installazione di basi militari in Colombia, leminacce contro le forze progressiste e rivoluzionariein ogni continente. Allo stesso tempo si accrescono i contrasti con lealtre potenze capitaliste, in particolare la Cina e laRussia, e si rafforzano le tendenze propriedell’imperialismo che porteranno a nuove guerre.Dietro i sorrisi e la maschera “pacifista” si sviluppauna nuova corsa agli armamenti, come lo “scudoantimissili” che gli USA vogliono installare inEuropa, il cui peso ricadrà come sempre suilavoratori e sui popoli. Tutti i tentativi della borghesia di superareartificialmente la crisi economica, di sanare le piaghesociali, ambientali, morali, dell’attuale modo diproduzione si sono rivelati inutili. In questasituazione si intensifica la lotta fra capitale e lavoro.Sottoposto a un feroce attacco il proletariato nonvuole tornare indietro e non può rimanere immobile.I suoi interessi di classe lo portano a lottare in modoorganizzato contro la classe dominante. In Europa, in Asia, nel continente americanoprosegue e si rafforza la lotta della classe operaia,che si rifiuta di pagare la crisi dei capitalisti ericomincia a fare affidamento sulla propria forza. Inmodo particolare si sviluppa la lotta dei giovanioperai, precari e super-sfruttati, dei lavoratoriimmigrati senza diritti, dei disoccupati senzaindennità, dei milioni di sfruttati che a stento

DOCUMENTAZIONE INTERNAZIONALE

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arrivano alla fine del mese. Al loro fianco simobilitano i contadini poveri e gli altri strati popolarioppressi dalle politiche dei monopoli.Anche i popoli e i paesi oppressi si schierano con leloro legittime rivendicazioni sempre più apertamentecontro il dominio imposto dal capitale finanziario.Essi si uniscono al movimento rivoluzionario controil comune nemico: l’imperialismo. Lo spirito di rivolta cresce e si accumulano glielementi che porteranno alle future esplosionirivoluzionarie negli anelli più deboli della catenaimperialista.

Di fronte alla crescita e all’avanzata del proletariatoe dei popoli la borghesia cerca una via di uscita conla reazione politica e la repressione più brutale. Icapitalisti e i loro governi indeboliscono eaggrediscono le organizzazioni di massa nei quali ilavoratori si uniscono e lottano, spargono a pienemani il veleno del razzismo e della xenofobia perincrementare la concorrenza fra lavoratori,mobilitano in senso reazionario le loro riservepiccolo-borghesi, utilizzano l'arma terrorista delfascismo contro il movimento operaio e sindacale,perseguitano i dirigenti delle lotte operaie e popolari.Dentro questo disegno reazionario si colloca iltentativo di mettere nell'illegalità le forze comunistee di proibire i simboli della liberazione dei lavoratori.

Questa situazione pone ai lavoratori di tutti i paesil’esigenza di organizzare un ampio fronte unico dilotta, contro l’offensiva del capitalismo, la reazionepolitica e i pericoli di guerra, per accelerare la fineineluttabile del sistema di sfruttamento capitalista. E' necessario che i lavoratori sviluppino in ognipaese una politica di unità contro il capitale perbloccare i licenziamenti, contro la flessibilità e ilprecariato; per impedire la soppressione dei diritti edelle conquiste sociali, per il rispetto e lo sviluppodella contrattazione collettiva; per dire no alpagamento del debito estero e le privatizzazioni; perrivendicare la riduzione della giornata lavorativa edue giorni di riposo settimanale senza diminuzione disalario; per un salario minimo dignitoso e indennitàche coprano le necessità basilari dei disoccupati;contro le spese militari, per servizi pubblici, sanità eistruzione gratuite e fruibili dalle larghe masse; per laregolarizzazione dei “sans papier”; per il ritiro delletruppe dai paesi occupati. Con la sua unità e la massiccia partecipazione allalotta la classe operaia è in grado di spezzare il frontedel capitale, di respingere gli attacchi della borghesiae di far pagare le conseguenze della crisi ai

capitalisti, ai ricchi, ai parassiti, aprendo la via allatrasformazione rivoluzionaria dell'intera società. L’ostacolo principale che si oppone alla costituzionedel fronte unico è la politica di collaborazione econciliazione di classe seguita dai partitisocialdemocratici e riformisti. In questa fase emerge in modo ancora più chiaro lapolitica di tradimento degli interessi degli sfruttatiattuata dai capi socialdemocratici e riformisti, daivertici sindacali collaborazionisti, che dietro lademagogia del “dialogo sociale” disarmano glioperai, li dividono e li spingono a capitolare. Ma queste forze che per decenni hanno bivaccatonelle istituzioni borghesi hanno ormai perso ognicredibilità agli occhi dei lavoratori, i quali criticanosempre più la loro incoerenza e debolezza, il lororuolo di freno delle lotte e di aiuto alle forzereazionarie.

Nella lotta contro l’imperialismo e le borghesienazionali si potrà avanzare solo sconfiggendol’opportunismo, infrangendo la passività e la politicascissionista propria della socialdemocrazia, degliopportunisti e delle altre forze scioviniste. In questo processo di sviluppo della lotta fra le classisociali masse sempre più ampie di lavoratori sfruttaticomprenderanno la realtà dell'imperialismo,abbandoneranno le illusioni riformiste e siconvinceranno che è necessaria la rivoluzione socialedel proletariato per passare ad un nuovo e superioresistema sociale.Il capitalismo monopolistico finanziario,l’imperialismo, è un sistema parassitario emoribondo, volto unicamente al massimo profitto diuna minoranza di sfruttatori, pertanto irriformabile.La borghesia sta dimostrando di essere incapace dirimanere a lungo la classe dominante, stadimostrando che la sua esistenza è sempre piùincompatibile con quella della società e della natura. Il solo modo per mettere fine alle devastanti crisi

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economiche, alle guerre ingiuste, alla distruzioneambientale, alla corruzione dilagante, ai maliendemici del capitalismo, è l'azione rivoluzionariaper la conquista del potere politico da parte dellaclasse operaia e dei suoi alleati, l'abolizione deirapporti borghesi di proprietà e la costruzione delsocialismo. Per questo chiamiamo i migliori elementi delproletariato, i giovani rivoluzionari, a partecipare inogni paese alla costruzione di autentici partiti dellaclasse operaia, a rafforzare le fila di quelli esistenti,perché il partito comunista basato sul marximo-leninismo è la garanzia sicura per dirigere le lotte delmovimento operaio e popolare fino alla vittoria.

Che il 1° Maggio del 2010 sia una giornata di lotta diclasse, che si esprima con manifestazioni di strada escioperi di massa, con un accresciuto significatorivoluzionario!Rafforziamo la lotta unitaria contro il capitalismo,creiamo e consolidiamo le organizzazioni operaie epopolari, in primo luogo i partiti e le organizzazionicomunisti!Facciamo pagare la crisi ai monopoli capitalisti, airicchi e ai parassiti borghesi che ne sono iresponsabili!Dimostriamo che milioni di lavoratori fanno dinuovo propria la causa della rivoluzione e delsocialismo! Sviluppiamo la solidarietà internazionale deilavoratori e dei popoli!

Conferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti

(CIPOML)

SOLIDARIETÀ CON I LAVORATORIED IL POPOLO DI GRECIA.NON PAGHEREMO LA CRISI E IDEBITI DEL CAPITALE!

La classe operaia ed il popolo di Grecia sonol’obiettivo di un attacco congiunto delle banche,dell'U.E. e del F.M.I. che vogliono imporre unenorme arretramento sociale, per far pagare loro idebiti dei capitalisti. Diminuzione drastica dei salari e delle pensioni,aumento delle tasse, liquidazione del sistema diprotezione sociale, prosecuzione delleprivatizzazioni….è un'austerità al cubo quella che laborghesia internazionale vuole imporre al popologreco. Ed il governo socialdemocratico grecoubbidisce. I lavoratori, i giovani, i contadini, hanno ragione nelrifiutarsi di pagare la crisi del sistema. Non passagiorno senza scioperi e manifestazioni. Con il popologreco, noi diciamo: "Sono le banche, sono icapitalisti che devono pagare la loro crisi e i lorodebiti, non il popolo!".L'Unione Europea ha imposto le politicheneoliberiste che hanno amplificato la crisi finanziariaed economica e distrutto i meccanismi di protezionesociale. I governi, la Banca Centrale Europea, hannobruciato miliardi di fondi pubblici per il salvataggiodelle banche: le stesse banche che oggi traggonoimmensi benefici dai debiti degli Stati. Il tasso diinteresse dei prestiti che "concedono" al governogreco supera già il 10%, mentre finanziano lorostesse a tassi di gran lunga inferiori.I capi degli altri paesi dell'U.E., particolarmentequelli di Germania e di Francia, esigono dal governogreco ulteriori misure antipopolari. Questa è “lasolidarietà europea”: solidarietà tra capitalisti, tramonopoli, al fine di rimuovere gli ostacoli alsupersfruttamento dei lavoratori di tutti i paesi,solidarietà tra governi neoliberisti e social-liberistiper privatizzare, per organizzare la macelleriasociale. Tale solidarietà non è mai nei confronti dei popoli,vittime della loro politica e delle potenze imperialisteche dominano nell'U.E., approfittando della crisi edelle difficoltà dei loro concorrenti per rafforzarsi,guadagnare ed accaparrarsi i mercati. Altri paesi sono nel mirino delle banche e deglispeculatori: la Spagna, il Portogallo…. Affermiamo la nostra solidarietà con la classeoperaia, i lavoratori delle città e delle campagne, lagioventù di Grecia: sosteniamo la loro lotta per non

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visitate il sitodella

CIPOMLhttp://

www.cipoml.org

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pagare la crisi ed i debiti del capitale. Denunciamo le pressioni odiose dei governi dell'U.E.che esigono sempre più “sacrifici”. Denunciamo l'U.E. ed il F.M.I. che vogliono metterequel paese sotto il controllo delle grandi banche, deimonopoli e delle grandi potenze imperialiste. Affermiamo il diritto del popolo greco, come di tuttii popoli, ad uscire dell'U.E., strumento di dominio edi supersfruttamento dei lavoratori e dei popoli. Chiamiamo i lavoratori e i popoli ad esprimere laloro solidarietà con la battaglia della classe operaia edel popolo di Grecia, lottando dovunque contro lastessa politica dell'U.E., che è al servizio esclusivodei monopoli. 27/4/2010

Movimento per la Riorganizzazione del KKE1918-55 (Grecia)Partito Comunista di Spagna (marxista-leninista)PCE(ML)Gioventù Comunista di Spagna (marxista-leninista) JCE(ML)Partito Comunista degli Operai di Francia(PCOF)Partito Comunista degli Operai di Danimarca(APK)Piattaforma Comunista (d’Italia)Organizzazione per la costruzione di un PartitoComunista degli Operai di GermaniaOrganizzazione Marxista-Leninista Revolusjon diNorvegiaPartito Comunista Rivoluzionario di Turchia(TDKP)Conferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML)Hanno aderito: Organizzazione Comunista Marxista-Leninista diLinea Rossa – GenovaPartito Comunista Italiano Marxista-LeninistaSindacato Lavoratori in LottaSindacato di base RdB di PineroloGruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI)Mensile “La Voce”Movimento Terra e LiberazioneHa espresso piena solidarietà:Partito Comunista di Tutta l'Unione (Bolscevico) -RussiaSono giunte anche adesioni personali di numerosicompagni.

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“Il proletariato nella sua lotta per ilpotere ha soltanto un’arma:

l’organizzazione” (V. I. Lenin)

Organizzati e lotta con PIATTAFORMA COMUNISTA!

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CONTRO LA BARBARIE DELLOSTATO FASCISTA D’ISRAELE! SOLIDARIETÀ COL POPOLO

PALESTINESE!

La brutale aggressione compiuta dall’esercitonazisionista contro la cosiddetta "Freedom Flotilla”,merita la condanna più energica e senza appello, ladenuncia e il ripudio generale. Lo Stato d’Israele staportando avanti un genocidio sistematico dellapopolazione palestinese, davanti al silenzio complicedi quelle che sono erroneamente definite democrazie;sottopone alla fame più nera la popolazione di Gazae proibisce che arrivi a quella sofferente popolazione(più di un milione e mezzo di abitanti in una strisciadi terra lunga 40 chilometri e larga circa 6) qualsiasitipo di aiuto umanitario: alimenti, medicine,materiale per ricostruire le case distrutte daibombardamenti israeliani, materiale scolastico, etc. La "Freedom Flotilla” trasportava tonnellate di aiuti,ma lo Stato d’Israele ne ha impedito l’arrivo con laviolenza bestiale delle sue truppe. E’ uno Stato chenon rispetta nessuna risoluzione dell'ONU, nessunaccordo internazionale, che non ha altra ragione al difuori della sua forza brutale e dell'appoggioincondizionato dell'imperialismo statunitense e dialtri paesi. La nave "Mavi Marmara" di nazionalità e bandieraturca è stata attaccata da motoscafi militari, da truppespeciali trasportate da elicotteri che hanno aperto ilfuoco contro persone di differenti nazionalità checercavano di portare soccorso al popolo palestinese.Un'operazione militare contro civili disarmati,compiuta da soldati addestrati per ammazzare genteche lotta con la parola e la solidarietà, per la pace ela giustizia. Il governo di Tel Aviv ha dichiaratosenza vergogna che i suoi soldati “hanno agito perlegittima difesa" contro le armi degli attivisti civili.Ecco le armi confiscate: cacciaviti, alcuni coltellinimultiuso, attrezzi propri di una barca, martelli, unpaio di pneumatici... L'azione è stata compiuta inacque internazionali, si è trattato cioè di un atto dipirateria puro e semplice, in totale disprezzo delleleggi internazionali. Ma la NATO, alla qualeappartiene la Turchia, ha pronunciato a stento alcuneparole di "dispiacere per l’incidente", così comel'ONU, dove gli Stati Uniti hanno vietato unacondanna esplicita del Consiglio di Sicurezza controIsraele. Per l’ennesima volta, l'imperialismostatunitense ostacola la condanna di uno Statofascista, del quale Washington è il principalesostenitore e protettore.

L'indignazione dei popoli del mondo è esplosa innumerose manifestazioni che si sono tenute nelleprincipali città, particolarmente europee, come inFrancia, Italia, Spagna, Germania, Belgio, Portogalloe con particolare combattività in Turchia. Di fronte aquesta indignazione popolare, la tiepidezza ipocritadei governi che al più "deplorano e chiedonospiegazioni”, quando lo Stato sionista, per la suaattività criminale, dovrebbe essere espulso dagliorganismi internazionali e cancellati gli accordipreferenziali con l'Unione Europea. Ancora oggi, 2 giugno, non si sa esattamente quantimorti (assassinati), ci sono stati nell'operazione, né ilnumero esatto dei feriti. Con impressionantecinismo, l'ambasciatore israeliano in Spagna hadichiarato ai mezzi di comunicazione, dopo ilritornello sulla legittima difesa, che c’è stata solo unadecina di morti tra più di settecento persone cheerano a bordo, il che è “una percentuale moltobassa". Il presidente Obama, questo "democratico" che fasuonare tamburi di guerra contro l'Iran e la Corea delNord, che mantiene il criminale embargo controCuba, che continua l'aggressione control’Afghanistan e l’Iraq, si è limitato a esprimererincrescimento per ciò che successo, null’altro.

Lo Stato d'Israele ha goduto fino ad ora di totaleimpunità e di passività davanti alle sue continueaggressioni e ai crimini. È ora di farla finita conquesta situazione. Questo Stato fascista, reazionario,razzista, deve essere condannato e combattuto. Ilpopolo palestinese ha diritto a costruire il suo Stato,in frontiere sicure, a recuperare i territori occupati daisionisti, ad essere risarcito per le barbarie di ogni tipoche ha sofferto. Bisogna incrementare la solidarietà col popolopalestinese, e contemporaneamente, denunciare ecombattere il sionismo e tutti quelli che loproteggono. Israele conta sul quarto esercito più

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potente del mondo, ha un arsenale atomico e di armidi distruzione di massa che è una vera polveriera, nonsolo per il Medio Oriente. La Conferenza Internazionale di Partiti edOrganizzazioni Marxisti-Leninisti, esprime totalesolidarietà col popolo palestinese e la sua giusta lottache deve manifestarsi in azioni concrete. La nostrasolidarietà va altresì alle vittime della pirateriaisraeliana. Viva la lotta del popolo palestinese! Control'imperialismo e la reazione, lotta senza quartiere! 2 giugno 2010

Conferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML)

IN EUROPA E NEL MONDO ILAVORATORI, I GIOVANI, I POPOLISI RIFIUTANO DI PAGARE LACRISI DEL SISTEMA CAPITALISTA

La crisi del sistema capitalista mondiale si prolunga,gettando milioni di lavoratori in mezzo alla strada,nella miseria. Tutte le masse popolari, operai,lavoratori e lavoratrici delle città e della campagna,contadini piccoli e medi, artigiani, impiegati, attivi odisoccupati, giovani o pensionati… sono taglieggiateda un pugno di ricchi, sempre più ricchi,dall’oligarchia finanziaria, le sue banche ed i suoimonopoli. In tutti i paesi capitalisti, sviluppati oemergenti, nei paesi imperialisti e nei paesi dominatidall’imperialismo, l’oligarchia vuol fare pagare lasua crisi alla classe operaia, alle masse lavoratrici,agli strati popolari ed ai popoli: undici milioni dimiliardari nel mondo si arricchiscono sempre più allespalle di miliardi di uomini. Mai come oggi lericchiezze prodotte sono state così grandi; mai comeoggi tante donne ed uomini sono stati privati delminimo vitale, mai come oggi questa ricchezza èstata così concentrata nelle mani di una classeparassitaria, la classe borghese, la classe deipossessori del capitale.Dopo aver preteso degli Stati al suo servizioesclusivo, che mobilitano centinaia di miliardi didollari, di euro, di yen … per salvare le sue banche ele sue istituzioni finanziarie, l’oligarchia finanziariaesige ora il pagamento dei debiti pubblici e dei lorointeressi. La sua parola d’ordine è: dagli ai deficitpubblici, che essa stessa ha creato.

Le politiche di riduzione dei deficit pubblici:un pretesto per imporre i piani d’austeritàIn Europa, il popolo greco è stato il primo bersagliodi questa offensiva di enorme ampiezza, condottacongiuntamente dalla commissione europea e dalFMI, che si è tradotta in un abnorme pianod’austerità, con il pretesto di ridurre il debitopubblico. In alcune settimane, in tutta l’Unione europea, igoverni di destra ed i governi social-liberali si sonoimpegnati in una escalation della quantità dei «risparmi » che vogliono imporre ai bilanci degliStati; queste economie si valutano in centinaia dimiliardi e non risparmiano nessun paese. La scusa: rassicurare i mercati finanziari e le loro «agenzie di rating ».Lo scopo: operare un nuovo trasferimento di enormiricchezze, dal lavoro verso il capitale, per garantire i

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profitti delle banche e dei monopoli più potenti. Sono i bilanci sociali ad essere spremuti, sono tutti imeccanismi sociali conquistati ed imposti dallaclasse operaia e dai popoli, in particolar modo dopola seconda guerra mondiale, a costituire il bersagliodi questa offensiva concertata. Le prime vittime della liquidazione delle « retisociali », che sono state realizzate, sono gli strati piùpoveri della società, quelli che vivevano già nellamiseria, nella precarietà e nella paura del domani.Sono loro che subiscono più duramente i tagli neibilanci sociali. Nei paesi più ricchi, come laGermania, la Francia… sono milioni di uomini e didonne, di giovani alla ricerca di un lavoro, di giovaniabituati ai piccoli lavori, di lavoratori poveri, adessere minacciati di affondare nella miseria più nera.All’altro polo della società, i ricchi continuano astappare champagne per festeggiare i loro redditisempre più rigonfi.Gli attacchi erano cominciati ben prima di questacrisi; le politiche neolibiste e social-liberiste avevanogià causato pesanti danni, privatizzando grandisettori economici, incominciando la liquidazione deiservizi pubblici della salute, dell’istruzione, dellaprotezione sociale… Oggi, l’oligarchia vuoleapprofittare della crisi per rimuovere gli ostacoli allibero sfruttamento della forza lavoro, liquidando idiritti sociali ed economici conquistati dai lavoratori.Essa vuole poter supersfruttare chi rimane al lavoro,mentre licenzia in massa; per far lavorare di più e piùa lungo, fino allo sfinimento, per salari sempre piùbassi, per pensioni sempre più scarse. Vuoleapprofittare dell’esercito dei disoccupati perabbassare i salari e peggiorare le condizioni dilavoro.In questi piani di mega austerità, la rimessa indiscussione dei sistemi pensionistici basati sullasolidarietà e la ripartizione è un obiettivo comune deigoverni dell’UE. Far lavorare oltre i 65 anni è diventata la norma,mentre milioni di giovani non trovano lavoro. Lebanche e le assicurazioni si fregano le mani: essesperano di poter vendere i loro sistemi pensionistici acapitalizzazione agli strati sociali che possono ancorapagare qualcosa, speculando sulla paura delfallimento dei sistemi previdenziali basati sullasolidarietà fra generazioni e sui contributi sociali.

Per imporre questo arretramento sociale di grandeampiezza, l’oligarchia rinforza gli organi direpressione, indurisce le leggi anti-operaie edantipopolari e cerca di dividere i lavoratori ed ipopoli.

Al culmine della crisi in Grecia, nel momento in cuicentinaia di migliaia di manifestanti gridavano nellestrade di Atene e di tutte le città della Grecia il lororifiuto di pagare la crisi del capitale, abbiamo sentitodalla bocca di responsabili politici discorsi di odio,largamente ripresi ed amplificati dai media, contro ilavoratori ed i popoli del sud dell’Europa, accusati divoler « profittare » di altri paesi, e che dunquebisognava « punire »... Come sono lontani i discorsi sull’armonia europea,sulla pace e l’intesa che l’UE doveva far regnare el’Euro doveva facilitare!

I popoli hanno il diritto di uscire dall’Euro edall’UEDopo diversi anni di esistenza dell’Euro, i popolihanno fatto i loro conti. Questa moneta « unica » èessenzialmente servita alle grandi potenzeimperialiste dominanti nell’UE, per rinforzare il loropeso economico ed il loro potere politico.L’euro ha accelerato il livellamento verso il basso deisalari all’interno dell’UE. I « criteri di convergenza» del trattato di Maastricht sono uno strumento diquesto dumping sociale permanente. I governidell'UE cercano di imporli anche a paesi non membridell’Eurozona, come la Daimarca, dove il popolo si èpronunciato contro attraverso il referendum.L’Euro ha significato un rialzo generale dei prezzidei beni di largo consumo, i cui beneficiari sono statiparticolarmente i grandi monopoli della distribuzionee dell’agro business, e di cui i grandi perdenti sonostati i consumatori dei ceti popolari, i piccoli e mediproduttori agricoli, i piccoli commercianti...

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L’Euro è un meccanismo essenziale della costruzionedi una Europa che aspira a diventare una grandepotenza imperialista, un'Europa neoliberista chesfrutta a morte la classe operaia, che partecipa alsaccheggio delle ricchezze dell’Africa, dell’AmericaLatina, etc., e che partecipa alle guerre ed ai conflittiper il controllo delle materie prime strategiche, dellefonti energetiche e dei loro mezzi di trasporto versoi grandi centri di produzione dei paesi imperialisti.Il carattere reazionario di questa costruzione europeanon cessa di affermarsi: l’Europa-fortezza si «protegge » dai migranti cacciati dai loro paesi dallafame e dalle guerre fomentate dall’imperialismo.L’Europa delle polizie dispiega i suoi mezzi messi incomune per sorvegliare e reprimere le grandimobilitazioni popolari, come al vertice della NATO aStrasburgo o al summit « sul clima » a Copenaghen. Oltre all’enorme dispiegamento poliziesco che hadeterminato, con migliaia di arresti, il summit diCopenaghen ha anche dimostrato fino a che punto legrandi potenze non si preoccupano che dei lorointeressi e concepiscono le problematiche disalvaguardia dell’ambiente soltanto come un mercatoper i loro monopoli.

Noi siamo al fianco del popolo greco e di altri paesiquando reclamano il diritto ad uscire dall’Euro edall’UE. Siamo per lo sviluppo della solidarietà con tutti ipopoli del mondo, senza eccezione. Abbiamo dellebattaglie comuni da condurre con i lavoratori ed ipopoli d’Europa, contro i meccanismi disfruttamento, di messa in concorrenza dei lavoratori,di sottomissione dei « piccoli » paesi alle potenzeimperialiste, di dominazione politica, contro imeccanismi che organizzano il saccheggio delle

ricchezze dei paesi dominati. La costruzioneeuropea, l’UE e la « sua » moneta sono deglistrumenti di queste politiche che denunciamo ecombattiamo.

Far crescere le resistenze ai pianid’austerità, dovunque in EuropaLa resistenza della classe operaia e dei popoliall’aggressione del capitale è stata immediata e si èsviluppata dappertutto. Parecchie giornate disciopero, molti scioperi generali, si sono svolti indiversi paesi. La collera e la volontà di battersi perrifiutarsi di pagare la crisi del sistema, i debitidell’oligarchia ed i suoi piani d’austerità, sonograndi. Questa collera preoccupa al massimo grado laborghesia ed i partiti riformisti che hanno dato la loroadesione alle politiche d’austerità e che accettano direalizzarle. Parlano di « ripartire i sacrifici », ma liimpongono solo ai lavoratori ed ai popoli.Questa resistenza deve svilupparsi ed amplificarsi, altempo stesso in ciascun paese e sul pianointernazionale. Alcuni appuntamenti,particolarmente per il movimento sindacale, sono giàlanciati in autunno: lavoreremo per dar loro ilmassimo di ampiezza e di successo, per farne unaespressione forte dell’internazionalismo e dell’unitàdella classe operaia.Lavorare per l’unità della classe operaia è unanecessità vitale. E’ essa che produce il plus-valore edè essa che può esercitare una pressione considerevolesul Capitale. Essa è la colonna vertebrale dellebattaglie contro il capitale, per la trasformazionesociale. In tutti i paesi dell’UE, è la classe operaiache ha resistito per prima e massicciamente agliattacchi dei padroni, dei governi, della Commissionedi Bruxelles, del FMI, etc.Il primo strumento di resistenza della classe operaiae delle masse lavoratrici delle città e dellecampagne, è il sindacato. Il movimento sindacale èstato diviso ed indebolito dalle politiche dicollaborazione di classe che sono state sviluppate nelsuo seno. Ma oggi delle correnti, dei sindacalisti, deisindacati, sviluppano il sindacalismo della lotta diclasse, alla base, dentro le lotte concrete. Noi difendiamo il sindacalismo della lotta di classe echiamiamo i lavoratori ad organizzarsi nei sindacati,a lavorare per l’unità del movimento sindacale suposizioni di lotta di classe. Denunciamo ecombattiamo i tentativi di esclusione dai sindacatidei militanti combattivi. Lavoriamo per sviluppare lasolidarietà internazionale, per delle iniziativesindacali che rinforzano la lotta dei lavoratori in

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ciascun paese e sul piano internazionale.I lavoratori immigrati, con o senza permesso disoggiorno, « legali » o « illegali » fanno parte dellaclasse operaia in ogni paese. Si tratta di una manod’opera di cui i monopoli hanno bisogno, poichèessendo privata di diritti, è sfruttabile senza pietà.Nella concorrenza inasprita in cui operano imonopoli e nei settori ove essi non possonodelocalizzare la produzione, questa forza-lavoro èessenziale. In questo contesto, lo sciopero vittoriosocondotto in Francia dai lavoratori e dalle lavoratricisans papier per la loro regolamentazione, riveste unagrande importanza ed è un incoraggiamento per tutticoloro che si battono su questo fronte. Questosciopero di più di otto mesi è stato sostenuto daisindacati, dalle associazioni delle donne, dalleorganizzazioni democratiche e dall’insieme deipartiti della sinistra. Esso è stata la dimostrazioneconcreta che gli immigrati sono innanzi tutto dellelavoratrici e dei lavoratori, facenti parte della classeoperaia. Esso ha suscitato un grande movimento disolidarietà nell’opinione pubblica, vero antidoto aitentativi di divisione che l’oligarchia e la reazionenon cessano di incrementare. Queste lavoratrici equesti lavoratori vanno a prendere interamente il loroposto nelle battaglie comuni per rifiutarsi di pagare lacrisi del sistema.I lavoratori della funzione pubblica, gli impiegatistatali e delle amministrazioni locali (municipalità,dipartimenti, regioni…), sono particolarmente colpitidai piani di riduzione dei bilanci statali e di tutte leistituzioni pubbliche e semi-pubbliche. Lesoppressioni dei servizi postali si contano a decine dimigliaia in tutti i paesi, i salari sono tagliati, come inGrecia, dove il governo « socialista » vuolsopprimere due mesi di salario. Battendosi contro leprivatizzazioni, per i loro salari, per delle assunzioni,i lavoratori dei servizi pubblici si battono anche pergli utenti dei ceti popolari. E insieme devono lottareper opporsi alle politiche di smantellamento deiservizi pubblici.

Rifiutiamo i piani d’austerità, la militarizzazionee le guerre imperialisteLa crisi del sistema capitalista ed imperialistamondiale acutizza tutte le contraddizioni, cheassumono un carattere sempre più violento. Perimporre i piani di massima austerità, l’oligarchiarinforza la repressione ed il suo arsenale dicriminalizzazione delle lotte operaie e popolari. La concorrenza inasprita per il controllo dei mercatie delle fonti di materie prime si traduce già inconflitti e guerre. La sporca guerra che le potenze

imperialiste ed il loro braccio armato, la NATO,conducono contro il popolo dell’Afghanistan, hacome sfondo anche il controllo dei futuri gasdotti edei minerali contenuti nel suo sottosuolo.Per questo, diciamo « non pagheremo la vostra crisi,non pagheremo le vostre guerre ». Noi affermiamo che il denaro non deve andare allaguerra ed alla militarizzazione, ma alsoddisfacimento dei bisogni sociali, all’educazione,alla salute, alla protezione sociale, per il più grannumero di persone. Diciamo « fuori dall’Afghanistan le truppe dellaNATO» e « fuori dall’Irak le truppe imperialiste». Vogliamo inoltre esprimere la nostra solidarietà conil popolo palestinese e con la popolazione di Gaza,sottomessa da mesi ad un blocco disumano,organizzato dal governo reazionario israliano. Con leforze progressiste nel mondo intero, condanniamo lacriminale politica sionista ed esigiamol’eliminazione immediata di questo blocco.Denunciamo la complicità dell’UE e sosteniamo labattaglia del popolo palestinese per ilriconosciemento effettivo dei suoi diritti nazionali.

Per una alternativa di rottura con il sistemacapitalista imperialistaI piani di mega austerità toccano tutte le classi e glistrati della popolazione. La necessità di lavorare perl’unione di tutti i settori vittime di questa politica diregressione sociale è più attuale che mai. Noilavoriamo per costruire questa unità, attraverso dellepolitiche ambiziose di fronte, che concretizzano ilrifiuto di pagare la crisi del sistema capitalista, ilrifiuto delle politiche d’austerità. Sosteniamo chesono le banche, gli azionisti, l’oligarchia a doverpagare la loro crisi e vogliamo lavorare con tutte leforze, politiche e sociali, che condividono questoobiettivo, per imporlo concretamente, attraversomobilitazioni sempre più forti.La profondità di questa crisi pone con acutezza lanecessità di lavorare all’elaborazione ed allarealizzazione di politiche di rottura con il sistema.Esse devono basarsi su misure sociali e politicheconcrete, da imporre fin da ora, attraverso e nellelotte e mobilitazioni delle masse. Queste esigenzedevono essere la base di programmi di rotturasviluppati attraverso delle coalizioni di partitipolitici, forze sociali, organizzazioni di massa…Utilizziamo tutti gli spazi politici e democratici, tracui il terreno elettorale, per farci sentire dalle grandimasse e portarle sulle nostre posizioni.In quanto partiti ed organizzazioni che rappresentanola classe operaia, affermiamo la nostra convinzione

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che l’unica vera, duratura ed effettiva uscita dallacrisi del sistema capitalista imperialista, passa per ilsuo rovesciamento e l’istaurazione del socialismo.Tutta la nostra battaglia si inserisce dentro questaprospettiva.Viva la lotta della classe operaia, della gioventù edei popoli per rifiutarsi di pagare la crisi!E’ l’oligarchia a dover pagare la sua crisi!Viva la solidarietà internazionale!Parigi, giugno 2010

Partito Comunista degli Operai di Danimarca –APKPartito Comunista degli Operai di Francia –PCOFPartito Comunista di Spagna (marxista-leninista)– PCE(ML)Partito Comunista Rivoluzionario di Turchia –TDKPOrganizzazione per la ricostruzione del PartitoComunista di Grecia (1918-1955)Organizzazione Marxista-Leninista Revolusjon diNorvegiaPiattaforma Comunista (d'Italia)membri della Conferenza Internazionale diPartiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti(CIPOML)Organizzazione per la costruzione di un PartitoComunista degli Operai di Germania(osservatore)

DICHIARAZIONE FINALE DEL XIVSEMINARIO INTERNAZIONALE

PROBLEMI DELLA RIVOLUZIONEIN AMERICA LATINA

Nonostante i disperati sforzi della borghesiainternazionale per mettere fine alla crisi del sistemacapitalista e a dispetto delle "ottimiste" analisi deglieconomisti borghesi che da mesi immaginavano lafine della stessa e l'inizio di una ripresa economica,siamo oggi testimoni di un ulteriore momento diapprofondimento della crisi del sistema,continuazione di quella iniziata alla fine del 2008negli Stati Uniti, che ben presto si estese alle piùgrandi economie del pianeta ed i cui effetti si sonosentiti in tutto il mondo. Il corso dello sviluppo diquesto fenomeno ha dato l'impressione che essoabbia avuto origine nel settore finanziario, ma sitratta di una crisi di sovrapproduzione relativa di benidi consumo e, come abbiamo segnalato nelprecedente seminario, la sua causa è radicata nellacontraddizione esistente tra il carattere sociale dellaproduzione e l'appropriazione privata dei beni e dellericchezze prodotte, che si presenta come lacontraddizione fondamentale del sistema capitalista-imperialista dominante.

In paesi come i nostri, per effetto della crisiinternazionale, si è accelerato un processo didistruzione delle forze produttive, dei capitaliautoctoni, delle industrie nazionali e delle fonti dilavoro. Migliaia di conterranei si vedono obbligati adabbandonare le case per vendere la propria forzalavoro nei paesi capitalisti più sviluppati, dove sonovittime del super sfruttamento e di politichexenofobe e razziste.

Come nel passato, la borghesia internazionale cercadi scaricare sulle spalle dei lavoratori e dei popoli imeccanismi per ottenere la ripresa economica delsistema e delle sue imprese. Un esempio attuale diciò sono le misure di aggiustamento elaborate dalFondo Monetario Internazionale, dalla BancaCentrale dell'Unione Europea e dai governi di Greciae Spagna che colpiscono duramente i lavoratori diquei paesi.

Ma i popoli non si conciliano con quelle misure: lecombattono. In questi giorni, in maniera particolarein Europa, la classe operaia svolge un ruolofondamentale nella resistenza e si mobilita con loslogan "Che la crisi la paghino i capitalisti che ne

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sono i responsabili, non i lavoratori". Anchel’America, l’Asia e l’Africa sono lo scenario di lottepopolari contro la crisi e i suoi beneficiari.

Per la sua rilevanza ed intensità questa è la crisi piùgrave nella storia del capitalismo, tuttavia non perquesto il sistema crollerà da solo. L'esperienzastorica ci mostra che ha capacità di recupero, tuttaviaè evidente che gli effetti negativi della crisi fannocrescere la sfiducia dei popoli nel capitalismo edeterminano migliori condizioni per il lavororivoluzionario, per far sì che le masse comprendanoche non c'è via uscita nel quadro di questo sistemadecadente e che il socialismo è l'alternativa per losviluppo e il progresso dell'umanità. Senza dubbio,questa crisi è un'opportunità per l’avanzata delleforze rivoluzionarie.

In conformità a questi avvenimenti, in AmericaLatina c'è un importante processo di sviluppo dellacoscienza politica dei popoli che, a diversi livelli,hanno saputo identificare ed isolare gli esponenti edifensori dal rapace neoliberismo. Al calore dellelotte si è delineata una tendenza democratica,progressista e di sinistra che ha provocato uncambiamento nei rapporti di forze sociali e politicinella regione. I governi democratici e progressistiesistenti sono risultato ed espressione di questonuovo scenario; tuttavia i loro limiti sono evidenti,poiché, al di là dei loro enunciati, delle loro

realizzazioni, salvo alcune eccezioni, non fanno altroche puntellare il sistema imperante. Le condizioni politiche in America Latina sonofavorevoli per la rivoluzione, perciò non è casualeche la borghesia cerchi diversi meccanismi perfrenare la lotta delle masse o per deviarla nei suoiobiettivi. Vecchie teorie vengono aggiornate a talescopo e all'interno del movimento popolare, comeall’esterno di esso (inclusi i governi considerati comeprogressisti), si strombazza l’urgente necessità diraggiungere i cambiamenti sociali che devono essererealizzati per la via delle riforme e nel quadro delleistituzioni, rispettando i meccanismi e i canalidemocratici. Ovviamente, si tratta di istituzioni e diuna democrazia concepite e dirette da banchieri,grandi industriali, proprietari terrieri, cioè, dalleclassi sfruttatrici.

Il discorso costituzionalista, pacifista, che parla dellaconciliazione sociale e nazionale, cerca di fare inmodo che la coscienza delle masse non avanzi alivello rivoluzionario, che queste faccianoaffidamento nelle riforme nel quadro del capitalismocome via per risolvere i loro mali. Noi rivoluzionaricomprendiamo che senza il potere nelle mani deilavoratori le riforme non svolgono un ruolorivoluzionario e che non è possibile farla finita con losfruttamento dell'uomo sull’uomo, e pertanto non èpossibile la liberazione sociale. Lottiamo per leriforme come rivendicazioni materiali e politichedelle masse, necessarie nelle circostanze permigliorare le condizioni di vita dei popoli, ma che innessun modo sono la soluzione definitiva dei loroproblemi. Limitarsi alla lotta per le riforme equivalea fidarsi del capitalismo, è fare il gioco degliusurpatori del potere, è cadere nel riformismo e nellapolitica socialdemocratica, strumenti delle classidominanti. Dal punto di vista politico lottiamo per leriforme come un meccanismo per accumulare forzeper la rivoluzione. I lavoratori ed i popoli devono lasciarsi alle spalle icanti di sirena che parlano di rivoluzioni pacifiche, dirivoluzioni cittadine o di socialismo del XXI secolo,che costituiscono progetti politici funzionali alcapitalismo, poiché non prendono misure per colpirela pietra angolare sulla quale si erige questo sistema:la proprietà privata dei mezzi di produzione.Dobbiamo mettere fine, in maniera rivoluzionaria, alpotere della borghesia e questo implica la conquistadel potere. Perciò ricorriamo a tutte le forme di lottae lavoriamo per includere tutte quelli classi, strati esettori sociali colpiti dal capitalismo ed interessatialla rivoluzione sociale.

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Lo sviluppo della lotta delle masse è un'importantetendenza presente nella vita politica dei paesidell'America Latina. I lavoratori, la gioventù ed ipopoli in generale lottano per il cambiamentosociale, fanno pressione sui governi progressistiaffinché portino avanti e radicalizzino i loroprogrammi, combattono la politica interventistadell'imperialismo - principalmente statunitense -respingono la presenza di basi militari yankee edinglesi, si oppongono al saccheggio delle risorsenaturali da parte dei monopoli stranieri, chiedono ilriconoscimento dei diritti nazionali dei popolioriginari, ecc. tutte azioni represse con la violenzadai diversi governi. Osserviamo che, come partedell'offensiva anticomunista, è in corso lacriminalizzazione della protesta popolare e deidirigenti politici e sociali per intimidire le masse efrenare la loro lotta: Argentina, Cile, Ecuador e Perùvivono tale processo. In altri casi, le classi dominantiricorrono all'azione di gruppi ed apparati paramilitariche colpiscono e fanno sparire dirigenti ecombattenti popolari, come succede in Colombia,Honduras, Messico, Brasile nel nostro continente, oin Filippine e in Russia ad altre latitudini.

La borghesia, socialdemocratica o neoliberista,criminalizza le lotte popolari sotto la denominazionedi azioni terroristiche, destabilizzatrici o disabotaggio; etichetta come terrorista chi si sollevacontro lo status quo; in nome della pace nega ildiritto dei popoli alla ribellione, con il pretesto direspingere la violenza, quando in realtà l'esercita inogni momento contro i popoli.

Le classi dominanti creole e l'imperialismo sono leresponsabili della fame, della disoccupazione,dell’arretratezza dei popoli, della dipendenzastraniera, perciò sono nostri nemici e bersagli diattacco della rivoluzione. Per affrontarli esconfiggerli abbiamo bisogno della più ampia unitàdei lavoratori e popoli, dei democratici e di coloroche sono di sinistra, dei rivoluzionari e di tutte leforze sociali e politiche interessate allatrasformazione sociale, alla fine della dipendenza. Lalotta di liberazione sociale e nazionale che portiamoavanti richiede anche l'unità antimperialista in ungrande fronte dei popoli che, soprattutto, si devemanifestare nella lotta contro ogni forma didominazione straniera e nella difesa dei principi ediritti sovrani dei nostri paesi.

Noi partecipanti in questo XIV SeminarioInternazionale ribadiamo la nostra vocazione

internazionalista, ci impegniamo a lavorare per lafraternità e la solidarietà dei popoli, a lavorare perportare alla vittoria la rivoluzione nei nostri paesiquale migliore contributo alla rivoluzione mondiale. Siamo confluiti in questo evento come differentiforze politiche che hanno avuto la possibilità diesporre e dibattere in maniera aperta e franca i propripunti di vista, pratica di grande valore che deveriprodursi nei rispettivi paesi. Abbiamo moltiargomenti da dibattere nel futuro, perciòconvochiamo il XV Seminario InternazionaleProblemi della Rivoluzione in America Latina chesarà effettuato nel 2011 in questo stesso territorio. Quito, 16 luglio 2010

Partito Comunista Rivoluzionario di ArgentinaPartito Rivoluzionario (marxista-leninista)(Repubblica Argentina)Partito Comunista Rivoluzionario (Brasile)Partito Comunista di Colombia (marxista-leninista)Umbrales TV Popolare (Cile)Partito Comunista Marxista-Leninistadell'EcuadorMovimento Popolare Democratico (Ecuador)Gioventù Rivoluzionaria dell'EcuadorUnione Generale dei Lavoratori dell'EcuadorConfederazione Ecuadoregna di Donne per ilCambio (Ecuador)Fronte Popolare (Ecuador)

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Fronte Democrático Rivoluzionario Nazionaledelle FilippineComitato Continentale di Solidarietà con ilPopolo HaitianoFronte Popolare per la Liberazione di HaitiPartito Comunista del Messico (marxista-leninista)Partito Popolare Socialista del Messico Fronte Popolare Rivoluzionario (Messico)Partito Marxista Leninista del PerúPartito Proletario del PerúUnione delle Donne Solidarias (Perú)Partito Comunista del Lavoro della RepubblicaDominicanaMovimento Independenza Unità e Cambio(Repubblica Dominicana)Giustizia Globale (Repubblica Dominicana)Coordinamento Patriottico (RepubblicaDominicana)Partito Comunista (Bolscevico) di tutta l'UnioneMovimento Manuelita Sáenz (Sucre - Venezuela)Movimento Gayones (Venezuela)Assemblea dei Socialisti (Venezuela)Organizzazione di Donne Ana Soto (Venezuela)Movimento di Educazione per l'Emancipazione(Venezuela)Gioventù del Consiglio Político Operaio(Venezuela)Centro di Formación e Investigazione Prof.Franklin Giménez (Venezuela)Partito Comunista Marxista-Leninista delVenezuela

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Teoria & Prassi, organo di Piattaforma Comunista

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Senza propaganda rivoluzionarianon c’è movimento rivoluzionario.

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