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Analisi dei bisogni psichici di una popolazione africana in età infantile
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Università degli studi di Perugia
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di laurea in Infermieristica
Tesi di laurea
“ANALISI DEI BISOGNI PSICHICI DI UNA
POPOLAZIONE AFRICANA IN ETA’ INFANTILE”
RELATORE LAUREANDO
Dott. Alberto Antonini Mattia Rossini
Anno Accademico 2010-2011
1
INDICE
Introduzione ............................................................................................... 3
CAPITOLO 1 - CONTESTO DELLA RICERCA
1.1 Storia dell’Uganda ............................................................................ 7
1.2 La dittatura di Idi Amin Dada e i movimenti ugandesi ..................... 8
1.3 I bambini Soldato ........................................................................... 10
1.4 La Situazione Sanitaria ................................................................... 12
1.5 Il Villaggio di Oluko ...................................................................... 14
CAPITOLO 2 - ANALISI DEI BISOGNI
2.1 La piramide dei bisogni di Maslow ................................................. 20
2.2 Virginia Henderson: l’uomo, i suoi bisogni e i suoi problemi
di salute come primo riferimento .................................................... 24
2.3 Concetti fondamentali della disciplina infermieristica .................... 25
2.4 Uso di prove empiriche................................................................... 27
2.5 La relazione infermiere-paziente secondo la Henderson ................. 28
2.6 L’infermiere e l’equipe sanitaria secondo la Henderson ................. 29
2.7 La teoria dei bisogni nell’assistenza infermieristica ........................ 31
2.8 Il ruolo dell’infermiere nella salute mentale in età infantile ............ 33
2.9 Lo sviluppo psicosociale: Erikson .................................................. 35
2.10 Hildegarde Peplau: l’assistenza infermieristica come
processo interpersonale................................................................... 42
2
CAPITOLO 3 - LA CLOWNTERAPIA IN RAPPORTO AI BISOGNI
PSICHICI
3.1 Il potere del naso rosso ................................................................... 46
3.2 La Gelotologia................................................................................ 48
3.3 La PNEI (Psiconeuroendocrinoimmonulogia) ................................ 50
3.4 Il gioco e la cura ............................................................................. 53
3.5 Il potere del mio naso rosso: esperienza durante i tirocini............... 54
CAPITOLO 4 - LA RICERCA
4.1 Introduzione alla ricerca ................................................................. 57
4.2 Strumenti della ricerca: la griglia di osservazione .......................... 58
4.3 Risultati .......................................................................................... 68
4.4 Strumenti della ricerca: il disegno della famiglia ............................ 77
CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI ............................................................. 86
3
Introduzione
Nel 2006 partii per la prima volta per l’Uganda come volontario con l' Associazione
Solidarietà e Sviluppo As.So.S. 1
, da quel giorno sono passati ormai cinque anni e per
altre quattro volte ho rivissuto le stesse emozioni che solo quella terra sa darti.
L'impatto è strano ed emozionante allo stesso tempo, è come uno schiaffo che ti riempie
di coscienza.
1 http://www.assosterni.org
4
L'insegnamento è su vari aspetti della vita di tutti i giorni, ma il sorriso che questa gente
sa dare è unico.
Questo sorriso in un certo senso ha inciso sul mio modo di essere persona, sulle mie
scelte e questo stesso sorriso è quello che mi ha portato ad affrontare il mio cammino
universitario e il mio cammino in ambito ospedaliero.
In Africa la vita ha un passo diverso, sicuramente più lento, (sicuramente il loro
problema principale non è lo stress), ma essere due o tre chicchi di riso nel caffè,
sicuramente ti porta a dover ampliare il tuo bagaglio di esperienze, a capire cosa fare e
cosa non dover fare, a rapportarti con persone uguali a te, ma con una cultura
completamente diversa.
Con questo percorso universitario si chiude un ciclo che allo stesso modo dell'Africa mi
ha riempito di emozioni, che anch'esse insieme agli insegnamenti mi hanno formato, sia
come persona, sia come professionista.
E’ stato quindi naturale di fronte alla tesi di laurea cercare di far coincidere queste due
esperienze per me così importanti, mettendo a frutto la mia esperienza sul campo e le
conoscenze infermieristiche acquisite.
L’idea di ricerca nasce proprio da quei bambini, dalla ricerca d’un sorriso in una realtà
che spesso non ha da mangiare, da vestirsi o, peggio, è profondamente segnata da
malattie e dagli orrori d’una guerra troppo vicina.
In quella realtà il lavoro di tanti è, naturalmente, fortemente impegnato nella
soddisfazione dei bisogni fisiologici e di quelli primari e non può essere altrimenti. Ma
la domanda che ci siamo posti con il mio relatore è se questo approccio permette di
5
considerare anche i bisogni dell’area psichica, della socializzazione e realizzazione,
oppure rischiano in un contesto siffatto, di essere considerati superflui ed abbandonati.
La ricerca è quindi un tentativo di analisi di questa popolazione infantile al fine di
provare a sottolineare come anche in queste realtà, il soddisfacimento di quelli che
Maslow chiama i bisogni di stima e di autorealizzazione è elemento centrale di qualsiasi
intervento assistenziale che riconosca al bambino pieni diritti d’una crescita sana in
qualunque condizione.
I riferimenti teorici sono ovviamente, oltre al già citato Maslow, al lavoro di Virginia
Henderson sul soddisfacimento dei “quattordici bisogni fondamentali”.
Si è cercato di interpretare lo spirito della Henderson , adattando la sua teoria al nostro
contesto di osservazione, costruendo una griglia di osservazione infermieristica che si
muove su quei bisogni fondamentali, per valutarne il grado di soddisfacimento.
L’osservazione è stata applicata a circa 100 bambini della Primary School di Oluko
(villaggio Ugandese).
Per completezza d’indagine, a supporto dello strumento di osservazione, abbiamo inoltre
inteso utilizzare uno strumento che fosse insieme di gioco e di analisi. Si è quindi
utilizzato, con le opportune modifiche, il gioco del disegno della famiglia, al fine di
completare l’osservazione dei contesti vitali dei bambini; la loro rilevanza nei percorsi
di crescita; il proprio vissuto psichico nei confronti del gruppo di appartenenza in
funzione del soddisfacimento dei bisogni primari e secondari
Una volta raccolti, abbiamo proceduto ad una prima analisi dei dati e delle rilevanze
evidenziate necessarie all’eventuale costruzione di future ipotesi di lavoro e di
intervento.
6
Concludo dicendo che, per quanto una persona possa dare, non sarà mai abbastanza se
rapportato alla ricchezza che l’Africa può donare.
“Siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia
commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un
rivoluzionario.”
(Ernesto Guevara De la Serna da Scritti, discorsi e diari di guerriglia, 1959-1967)
7
CAPITOLO 1- Contesto della Ricerca: L'Uganda e il
Villaggio di Oluko
1.1 Storia dell'Uganda
L’Uganda è uno stato dell’Africa Orientale che confina a nord con il Sud Sudan, ad
ovest con la Repubblica Democratica del Congo, ad est con il Kenya e a sud con la
Tanzania e il Ruanda.
Il suo nome deriva dal regno di Buganda.
L’Uganda è una repubblica democratica con un sistema politico non partitico.
8
A partire dal XV secolo e prevalentemente nell'area meridionale, si formarono dei regni,
il più noto dei quali è quello di Buganda; gli altri regni erano quelli
di Ankole, Bunyoro e Toro. Le popolazioni nilotiche insediate a settentrione si
organizzarono invece in entità di dimensioni inferiori.
Durante l'epoca coloniale nel 1888 l'Uganda fu sottoposta al controllo della Campagna
Britannica dell'africa orientale e nel 1894 divenne protettorato inglese.
Nel 1962 la popolazione ugandese divenne indipendente e nel 1966 il primo ministro
Milton Obote con l'esercito prese d'assalto il palazzo presidenziale e divenne presidente.
1.2 La dittatura di Idi Amin Dada e i movimenti ugandesi
Idi Amin Dada allora capo maggiore dell'esercito assicurandosi una posizione forte
all'interno dell'esercito, nel 1971 riuscì a deporre Obote.
Il dittatore temeva il predominio degli acholi e dei langi nell'esercito e ne iniziò la
persecuzione, con uccisioni in massa. Espulse inoltre dal paese la numerosa popolazione
asiatica e nazionalizzò piantagioni e altre attività commerciali britanniche.
Obote nel frattempo si era rifugiato in Tanzania, insieme ad altri profughi ugandesi,
questo provocò delle tensioni che sfociarono con la guerra ugandese-tanzaniana.
I tanzaniani, sostenuti anche dai ribelli dell'UNLA (Uganda National Liberation Army,
"Esercito di liberazione nazionale dell'Uganda") presero nel 1979 la capitale Kampala e
deposero Amin. Nel 1980 tornò al potere Milton Obote, e si aprì una stagione di
ritorsioni contro i sostenitori di Amin.
9
All'inizio degli anni 1980 Yoweri Kaguta Museveni creò il NRA (National Resistance
Army o "Esercito di resistenza nazionale") la guerriglia iniziò nel nord di Kampala, a cui
Obote rispose con uccisioni di massa: durante l'"Operazione Bonanza" nel 1983 la Croce
Rossa denunciò l'uccisione di 300.000 persone.2
Dopo un breve periodo di negoziazioni di pace l'NRA prese Kampala e UNLA si rifugiò
in sud Sudan. Successivamente l'NRA sconfisse un'altro movimento l'HSM (Holy Spirit
Mobile Force o "Forza mobile dello Spirito Santo") di Alice Auma Lakwena, detta "la
strega del nord", che si diceva messaggera di Dio e affermava di avere poteri
sovrannaturali.
Successivamente nel 1987 Joseph Kony anche lui medium dichiarato e presunto cugino
di Alice Auma, fondò LRA o Lord's Resistance Army ("Esercito di Resistenza del
Signore"), con l'obiettivo di prendere il potere e governare secondo i dieci
comandamenti (introducendo anche alcuni elementi dell'islam).
Nonostante le dichiarazioni governative Kony continuò a compiere le proprie razzie
soprattutto sulle popolazioni del nord Uganda, e utilizzo i bambini soldato.
Si ritiene che Joseph Kony abbia rapito oltre 20.000 bambini, per tenerli come schiavi
sessuali o soldati dei capi ribelli.
2 “Il diritto Africano” Rodolfo Sacco – Editrice Torinese
10
1.3 I bambini Soldato
La storia dei bambini soldato Ugandesi è una delle parti più crude di storia moderna.
La guerra civile, durata per oltre 15 anni, ha sterminato all'incirca 300 000 persone tra
uomini, donne e bambini, rendendo inoltre impossibile l'invio di soccorsi sanitari e
umanitari per un lungo periodo. 3
La strategia adottata dalla LRA durante la guerra civile era quello di aumentare i propri
contingenti rapendo i bambini una volta sterminate le famiglie ed “iniziarli” sotto
minaccia di morte costante.
L'iniziazione si aveva subito dopo il rapimento, i bambini di età compresa solitamente
tra i 7 e 18 anni dovevano come prima cosa uccidere obbligatoriamente un famigliare o
un altro bambino che aveva tentato la fuga.
Questo trattamento per paura e senso di colpa legava psicologicamente i bambini al
gruppo armato.
Si calcola che dall'inizio della guerra civile siano stati rapiti oltre 25 000 bambini, di cui
il 50% scomparsi.
"Un ragazzo cercò di scappare dai ribelli, ma lo presero... Le sue mani erano legate e
loro ci chiesero di ucciderlo. Mi sentii male. Lo conoscevo da prima. Venivamo dallo
stesso villaggio. Rifiutai di ucciderlo e mi dissero che mi avrebbero sparato. Mi
puntarono contro un fucile, così dovetti farlo. IL ragazzo mi chiese: "Perché lo fai?".
3 http://www.assosterni.org
11
Risposi che non avevo scelta. Dopo che lo uccidemmo, ci fecero bagnare le braccia nel
suo sangue. Dissero che dovevamo farlo, così non avremmo più tentato di scappare.
Ancora sogno quel ragazzo del mio villaggio che ho ucciso. Lo vedo nei miei sogni e lui
mi parla e dice che l’ho ucciso per niente. E io piango"
Susan, 16 anni, rapita dall’LRA, intervista dell’Human Right Watch, maggio 1997
“Adesso vorrei ritornare a scuola e continuare i miei studi perché da grande voglio
guidare gli aerei delle Nazioni Unite.
Quando sono fuggito dai ribelli un pilota mi ha trovato nel bush e mi ha salvato. Dal
cielo ho visto il mio villaggio. Ero felice”4
John, 13 anni, Nord Uganda
Disegno di un bambino soldato (http://www.mostrabambinisoldato.org)
4 http://www.mostrabambinisoldato.org
12
1.4 La Situazione Sanitaria
L'Uganda è considerato uno Stato con un raro caso di successo in campo preventivo
contro l'Aids.
Il successo della prevenzione sembra sia essere legato più alla monogamia e all'astinenza
che all'utilizzo del profilattico.
13
Tra le patologie che causano morte nei bambini al disotto dei 5 anni troviamo la malaria,
sepsi, diarrea, malnutrizione e prematurità.5
La malaria è uno dei problemi comuni di tutta l’africa che incide sicuramente sulla
salute e sulla sopravvivenza, delle fasce di età più delicate.
Le altre patologie endemiche sono le meningiti, la TBC, il colera, il tifo, le epatiti e
periodicamente si verificano epidemie di ebola. L’unico vaccino obbligatorio per
l’ingresso in Uganda è il vaccino contro la febbre gialla.6
Tra le altre problematiche sanitarie troviamo anche un’alta percentuale di morti
neonatali e di morte da parto per le madri.7
Questo dovuto sia alla condizione igienico-sanitaria, sia all’elevata percentuale di parto
nelle capanne e dalla lontananza spesso di strutture sanitarie e/o ospedali nella zona.
Tabella dell'OMS
5 http://www.who.int /countries/uga (Sito dell’OMS)
6 http://www.viaggiaresicuri.it
7 http://www.assosterni.org
14
1.5 Il villaggio di Oluko
Il villaggio di Oluko, che è stato il centro della nostra ricerca, è situato nel nord-ovest
dell'Uganda in particolare nel distretto di Arua.
Oluko è un piccolo e accogliente villaggio situato a circa 12 Km dalla città di Arua.
La ricerca è stata effettuata su un campione di bambini in età infantile della Primary
School di Oluko.
Gli abitanti del villaggio basano la propria vita sull'agricoltura e sulla vendita del
materiale coltivato.
15
La lingua parlata è l'inglese e il Lugbara (lingua locale), ma è conosciuta da molti anche
la lingua dello Swahili (lingua ufficiale della tanzania).
Il sistema scolastico è funzionante, ma costoso così da non permettere lo studio a tutti i
bambini.
La vita nel villaggio ha un ritmo molto lento e ripetitivo, il giorno è di 12 ore così come
la notte.
Nel villaggio l'attività lavorativa è svolta soprattutto dalle donne che nella maggior parte
delle volte sono sempre indaffarate nella coltivazione, nell'accudimento dei bambini e
nella gestione della famiglia, sostenute dall'aiuto dai figli più “grandi”.
I padri svolgono vari lavori, c’è chi lavora fuori dalle città, chi lavora come operaio,
carpentiere, falegname o chi lavora i campi.
Sicuramente all’interno della famiglia l’uomo ha il compito di gestione della famiglia,
mentre all’interno del villaggio ha un ruolo “politico”, con le varie figure che si
muovono nell’interesse della comunità.
L'agricoltura è basata sulla coltivazione principalmente di fagioli, patate, riso, cassava e
altri vegetali, condizioni climatiche permettendo. Infatti il ritardo delle piogge potrebbe
pregiudicare il raccolto, e conseguentemente la dieta giornaliera.
L'allevamento non è accessibile per la maggior parte della popolazione.
La famiglia è di stampo patriarcale e la sua numerosità determina l'onore del
capofamiglia stesso all'interno della comunità.
La religione più praticata è il cristianesimo e la chiesa ha un ruolo importante nella vita
di questa comunità.
16
La centralità della chiesa è giustificata dalla conoscenza della cultura , dall'aiuto e dalle
attività che coinvolgono le persone.
La maggior parte dei bambini trascorre la giornata tra la scuola e le relazioni sociali con
gli altri bambini.
Nel villaggio non è presente la corrente elettrica e nessun'altra forma di comodità.
Sono presenti oltre alla Primary School, la Secondary School e la Nursery School, un
dispensario medico e un reparto di maternità. L'attività commerciale è ridotta e la
maggior parte dei commercianti si reca in città con la speranza di avere un maggior
businnes.
Nel villaggio sono presenti anche numerosi bambini orfani, che in mancanza dei genitori
vivono con i parenti mentre chi non può è costretto a vivere in un orfanotrofio.
La maggior parte della gente è cordiale e accogliente, i rapporti sociali e l'educazione di
vita rende unica questa esperienza.
L’Associazione onlus A.So.S., si occupa da oltre dieci anni di cooperazione
internazionale in base alle esigenze delle comunità africane.
L’As.So.S. sviluppa e attua progetti in campo sanitario, scolastico, di costruzione di
pozzi, di sostentamento di orfanotrofi, dispensari e di attivato sistemi di microcredito.
Nel villaggio di Oluko l’associazione ha realizzato una Nursery School, attivato un
dispensario, reso funzionali pozzi ad energia solare e a realizzato durante il periodo di
questa ricerca un reparto di maternità.
17
18
CAPITOLO 2 - Analisi dei bisogni
L'analisi dei bisogni di una persona è una delle competenze basilari del ruolo
infermieristico.
Sia nel patto infermiere cittadino, sia nel codice deontologico (art.20) l'infermiere ha
l'obbligo di coinvolgere l'assistito nel soddisfacimento dei propri bisogni.
Il bisogno è la mancanza totale o parziale di quegli elementi che portano al benessere del
soggetto.
Il bisogno è il motore che spinge l’uomo a soddisfare e quindi ad eliminare uno stato di
insoddisfazione. Il soddisfacimento dei bisogni porta a mantenere un equilibrio
psicofisico.
L’ infermiere nella sua attività, si occupa principalmente di soddisfare i bisogni di
assistenza che sono legati soprattutto all’area fisiologica, tralasciando spesso le sfere più
alte.
Questo può comportare uno squilibrio del grado di soddisfacimento dei bisogni,
prevalentemente indirizzato verso quelli fisiologici a danno dell’area psichica.
Maslow costruisce una forma piramidale per definire una gerarchia dei bisogni stessi,
ipotizzando un graduale soddisfacimento degli stessi nella direzione gerarchicamente
definita. La nostra riflessione nasce appunto da un ipotetico rischio che può evidenziarsi
in una situazione di vita, come quella Africana in questione, dove sono naturalmente i
bisogni primari quelli maggiormente rappresentati.
19
In una tale situazione sentiamo il rischio di limitare gli interventi assistenziali solo ai
primi gradini della piramide e ciò riteniamo non sia funzionale ad un intervento
realmente valido per la salute e l’equilibrio dell’individuo.
Una maggiore attenzione al soddisfacimento dei bisogni più “alti”, porta naturalmente
ad una più corretta completezza del quadro assistenziale.
La clown terapia, la gelotologia hanno evidenziato come una maggiore attenzione ai
bisogni secondari, espressa attraverso la dimensione del gioco, influisce direttamente
anche sul grado di soddisfacimento dei bisogni primari e fisiologici.
E’ l’approccio olistico all’individuo che ci porta a considerare l’uomo nella sua totalità e
non come sommatoria funzionale dei suoi bisogni presi singolarmente.
Il soddisfacimento dei bisogni secondari assume inoltre un ruolo predominante se
facciamo riferimento alla rete di relazioni che circonda ogni individuo.
La relazione gioca un ruolo fondamentale nel processo infermieristico. L’empatia
assicura all’infermiere la costruzione di una valida relazione assistenziale e,
conseguentemente, la possibilità di soddisfare i bisogni dell’assistito e delle figure
importanti che ruotano intorno a lui.
Nel codice deontologico l’infermiere, nel rispetto delle indicazioni espresse
dall’assistito, ne favorisce i rapporti con la comunità e le persone per lui significative,
coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione interculturale e dei
bisogni assistenziali ad essa correlati.
Ascoltare il paziente con attenzione e disponibilità nel momento del bisogno, aiuta a
pianificare meglio un programma di assistenza e allo stesso tempo soddisfa il bisogno di
sicurezza e di considerazione, facilitando il lavoro dell’operatore.
20
La relazione terapeutica attiene alla dimensione dell’essere dell’infermiere e diventa
strumento ineludibile se vogliamo poter considerare l’assistito nella sua interezza: più
uomo e meno paziente.
2.1 La piramide dei bisogni di Maslow
Abrham Maslow psicologo statunitense nel suo libro “Motivation and Personality”
8pubblicato nel 1954 introdusse il concetto di “gerarchia dei bisogni e necessità” che
viene graficamente rappresentato con una forma piramidale, conosciuta come la
piramide di Maslow, che ha condizionato molte teorie successive.
La Piramide è rappresentata con una scala divisa in 5 livelli di bisogni; i livelli partono
dai più elementari ma fondamentali per la sopravvivenza dell'individuo fino ai livelli più
alti e complessi di carattere sociale.
Il soddisfacimento progressivo dei livelli, step by step, porta alla realizzazione
dell'individuo.
Gli step della scala sono:
1-Bisogni fisiologici
2-Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
3-Bisogni di appartenenza
4-Bisogni di stima, prestigio e di affetto
5-Bisogni di realizzazione di sé
8 “Motivazione e Personalità” di Abraham H. Maslow - Armando Editore - 2010
21
Con la forma gerarchica piramidale, Maslow vuole rappresentare come i bisogni
fisiologici e quelli primari sono i più forti e naturalmente sono anche la base della
piramide che senza di essi non potrebbe garantire il pieno soddisfacimento di tutti gli
altri bisogni fondamentali espressi dall’individuo..
Maslow sostiene che per esempio anche se non viene soddisfatto il bisogno della fame,
l'individuo sarà ossessionato da questo bisogno e non riuscirà di conseguenza a
preoccuparsi di soddisfare il bisogno di sicurezza o appartenenza.
22
Soddisfatti i bisogni fisiologici, anche solo parzialmente, si passerà al soddisfacimento
dei bisogni di sicurezza. Quindi chi soffre di disturbi di ansia perchè non si sente sicuro,
avrà come pensiero la necessità di sentirsi protetto.
Il terzo gradino della piramide è rappresentato dai bisogni di appartenenza, l'individuo
ha l'esigenza di sentirsi parte di una comunità e di ricevere da essa dei feedback, quindi
un ritorno d’interesse, di affetto, di amore che può essere rappresentato dalle relazioni
significative nelle quali è inserito..
Soddisfatti questi bisogni si passa poi ai bisogni di stima che in ordine prevedono
l'autostima come tassello principale per poi procedere alla stima che hanno le persone
nei nostri confronti. Per autostima intendiamo anche i bisogni di indipendenza e libertà.
Quest'ultimo in particolare ha un carattere molto soggettivo in quanto, ovviamente, un
individuo che ha sperimentato o ha conquistato ampi margini di libertà, difficilmente ne
rinuncia.
Passato questo livello abbiamo i bisogni di autorealizzazione che vengono considerati
come bisogni particolarmente legati alle singole individualità.
Infine si considerano altri bisogni considerati più elevati come il bisogno di conoscere e
capire e il bisogno estetico, che non vengono inclusi nella piramide proprio perchè non
considerati fondamentali ma anch’essi importanti nella realizzazione personale.
Maslow riferisce anche del rapporto tra i bisogni e il patrimonio instintuale residuo
dell'uomo. Egli ritiene che l'uomo abbia perso gli istinti naturali per adattarsi in maniera
flessibile ai mutamenti dell'ambiente. Tuttavia, rimangono nell'uomo alcune pulsioni e
tali pulsioni sono la base istintuale dei bisogni.
23
Nel suo testo “Motivazioni e personalità” egli considera le motivazioni per indicare i
bisogni, le ragioni i desideri legati al comportamento.
L'individuo è un sistema dinamico di diversi elementi la cui motivazione risulta essere il
fattore dinamico determinante, l'elemento centrale.
La motivazione dipende da due elementi fondamentali della personalità, le competenze e
i valori personali.9
Le competenze sono tutto quello che l'individuo è in grado di fare e quindi le risorse,
mentre i valori personali sono quello che l'individuo vuol fare ossia il significato della
sua esistenza. Queste due traducono la spinta motivazionale nel processo d'azione.
9 http://www.psicopedagogie.it
24
La spinta motivazionale viene innescata ogni qual volta l'individuo avverte che il suo
equilibrio interno è stato modificato, avverte cioè un bisogno. I bisogni sono di vario
tipo come descritti appunto nella piramide.
Se questo bisogno e quindi la pulsione non sarà soddisfatta, si genera una tensione che
diventa un elemento negativo a livello di dinamica intrapersonale ed interpersonale.
2.2 Virginia Henderson: l'uomo, i suoi bisogni e i suo problemi
di salute come primo riferimento
Virigina Henderson nasce a Kansas City nel1897 e nel 1918 si iscrive alla scuola
militare di nursing i Washington.
Una volta diplomata impronta la propria carriera sull'insegnamento, pubblicando
numerosi testi e occupandosi di ricerca presso la Yale University. Le sue due opere
principali sono The Principles and Practice of Nursing (1955) e Basic Principles of
Nursing Care (1960).
Il contesto socio-storico-culturale influirà molto sul pensiero filosofico della Henderson,
trovandosi nel mezzo di due correnti come il pragmatismo americano e il positivismo di
fine secolo.
Dal punto di vista del corpus teorico dunque si sposta l'interesse sulla tecnologia che
diventa il fulcro della medicina.
Questo spostamento di interesse crea nell'elite infermieristica una vera e propria crisi
d'identità, contrapponendo al tecnicismo puro una differente individuazione dei diversi
bisogni di assistenza infermieristica.
25
Sulla base di questo contesto Viriginia Henderson formula un quadro teorico e una
sistematizzazione dell'assistenza infermieristica, come una attività autonoma e non
subordinata ad altre attività professionali ed avente come primo riferimento l'uomo, i
suoi bisogni e i suo problemi di salute.
Il nucleo su cui si fonda la teoria di Virginia Henderson sta nella proposizione che
esprime nel modo seguente: <<la funzione specifica dell'infermiere è quella di assistere
l'individuo, sano o malato, per aiutarlo a compiere tutti quegli atti tendenti al
mantenimento della salute o alla guarigione ( o a portarlo ad una morte serena); atti che
compierebbe da solo se disponesse di forza, della volontà o delle cognizioni necessarie,
e di favorire la sua partecipazione attiva in modo da aiutarlo a riconquistare il più
rapidamente possibile la propria indipendenza>>.10
L'obiettivo dell'assistenza infermieristica è mantenere e/o ripristinare l'indipendenza
dell'assistito, soddisfacendone i bisogni fondamentali.
2.3 Concetti fondamentali della disciplina infermieristica
L'uomo è definito come un individuo (sano o malato) dotato di una componente
biologica, psicologica, sociale e spirituale che necessita di assistenza per poter giungere
ad uno stato di salute e di indipendenza oppure ad una morte serena.
L'indipendenza viene considerata dalla Henderson equiparata alla salute. Lo stato di
salute viene valutato in relazione alla sua capacità di soddisfare autonomamente i
quattordici elementi di base dell'assistenza infermieristica.
10
“Storia e Filosofia dell’assistenza infermieristica” – E. Manzoni – Masson - 2005
26
L'infermiere ha quindi il dovere di rispondere ai bisogni dell'uomo, considerati bisogni
fondamentali per la sopravvivenza.
Virginia Henderson non definisce in modo specifico l'ambiente, tuttavia afferma che
l'ambiente può essere controllato dagli individui sani, mentre la malattia può ostacolare
o influenzare negativamente questa capacità.
L'infermiere è la figura che è in grado di modificare l'ambiente, tramite la conoscenza,
valuta le risorse ambientali e le modalità più consone per aiutare il malato a superare i
disagi derivanti dall'ambiente stesso.
Oltre i fattori ambientali anche i fattori esterni, possono influire sullo stato di salute
come l'età, bagaglio culturale, grado intellettuale.
L'uomo è dotato di una componente biologica, sociologica, psicologica, spirituale; se
interviene un'alterazione in una delle componenti si rompe l'equilibrio omeostatico e
sopraggiunge lo stato di malattia e quindi di dipendenza.
Viriginia Henderson nel testo “The nature of nursing” per assistenza infermieristica di
base definisce l'aiuto da darsi al paziente nell’eseguire le quattordici attività o per
metterlo in condizioni di eseguirle da solo:
1. aiutare l'ammalato a respirare;
2. aiutare l'ammalato a mangiare e a bere;
3. aiutare l'ammalato nelle sue funzioni eliminatorie;
4. aiutare l'ammalato a mantenere una corretta posizione, sia camminando, sia
seduto o sdraiato, e a cambiare posizione;
5. aiutare l'ammalato a riposare e a dormire
6. aiutare l'ammalato a scegliere i suoi indumenti, a vestirsi e a spogliarsi;
27
7. aiutare l'ammalato a mantenere la temperatura del corpo a livello normale;
8. aiutare l'ammalato a tenersi pulito, ordinato, e a proteggere la pelle;
9. aiutare l'ammalato a proteggersi dai pericoli dell'ambiente, ad evitare di
essere fonte di pericolo per gli altri: infezione, violenza;
10. aiutare l'ammalato a comunicare con gli altri, ad esprimere le proprie
necessità, a manifestare i suoi sentimenti;
11. aiutare l'ammalato nella pratica della propria religione o ad agire secondo la
sua concezione di bene e di male;
12. aiutare l'ammalato ad occuparsi in un'attività che gli dia l'impressione di fare
qualcosa di utile;
13. aiutare l'ammalato nella ricreazione;
14. aiutare l'ammalato ad informarsi.
La Henderson afferma che questo elenco può servire per valutare l'assistenza
infermieristica e l'efficacia è data dal soddisfacimento della richiesta d'aiuto.
I quattordici bisogni fondamentali corrispondono alla gerarchia dei bisogni umani,
ampiamente descritta da Maslow.
2.4 Uso di prove empiriche
La Henderson nel suo concetto di Nursing ha incorporato principi fisiologici e
psicologici, sotto l'influsso di Stackpole e Thornidike durante gli studi al Teacher's
College.
28
Stackpole aveva basato il suo corso di fisiologia sul concetto di salute dipendente dal
mantenimento costante della linfa attorno alla cellula (affermazione di Claude Bernard).
Dalla stessa teoria di Bernard invece la Henderson ricavò le idee sulla medicina
psicosomatica. L'insieme di questi due concetti portarono alla chiarezza che l'equilibrio
emotivo fosse inseparabile da quello fisiologico.
La Henderson non identifica le teorie precise sostenute da Thorndike, ma afferma che
quelle teorie coinvolgevano i bisogni fondamentali dell'uomo.
Si riconferma infine una ulteriore correlazione con la gerarchia dei bisogni di Maslow
nei quattordici componenti della cura infermieristica, che iniziano dai bisogni fisici fino
alla componente psicosociale.
2.5 La relazione infermiere-paziente secondo la Henderson
Si possono identificare tre livelli di relazione paziente-infermiere11
:
1. l’infermiere è un sostituto del paziente
2. l’infermiere aiuta il paziente
3. l’infermiere è un partner del paziente
Nel primo caso l’infermiere è la coscienza della persona inconscia quindi “si sostituisce”
al paziente.
Durante la convalescenza l’infermiere aiuta il paziente ad acquisire o a ri-ottenere la
propria indipendenza.
11
“I teorici dell’infermieristica e le loro teorie” – A. Marriner – Ambrosiana - 1989
29
Nel terzo caso il rapporto deve essere di partnership, dove paziente e infermiere
formulano assieme il progetto di cura.
I bisogni fondamentali esistono indipendentemente dalla diagnosi, ma sono modificati
dalla patologia o da altre condizioni, l’età, il temperamento, lo stato emotivo, lo stato
sociale e culturale, e le capacità fisiche e intellettuale.
L’infermiere e il paziente lavorano sempre con lo stesso obiettivo. Un obiettivo
dell’infermiere deve essere quello di garantire al paziente una giornata più “normale”
possibile.
La Henderson afferma inoltre che l’attività infermieristica nell’educazione sanitaria è
prioritaria essendo tale campo fondamentale nell’intero percorso assistenziale.
2.6 L’infermiere e l’èquipe sanitaria secondo la Henderson
La Henderson sostiene che l’infermiere ha un funzione distinta da quella del medico.
L’infermiere non deve eseguire ordini dai medici, ma deve aiutare il paziente nella
gestione della salute quando quest’ultimi non sono presenti.
L’infermiere lavora in stretto contatto con altre figure professionali sanitarie,
integrandosi per l’attuazione di un programma complessivo di cura, integrazione che
non è sovrapposizione di ruolo ma condivisione di obiettivi.
La Henderson include tra le varie figure che fanno parte del processo di cura anche la
famiglia, ognuno con la propria importanza nelle diverse fasi dell’assistenza.
30
Schema del ruolo dell'infermiere nella riabilitazione di un paziente giovani con gamba amputata
(V.Henderson)
31
2.7 La teoria dei bisogni nell'assistenza infermieristica
Il processo di nursing è una serie di fasi pianificate che si avvale del problem solving per
fornire un'assistenza personalizzata e centrata sulla persona.
Nell'assistenza infermieristica il soddisfacimento dei bisogni è punto focale dei servizi di
assistenza.
Attraverso il metodo deduttivo sono stati identificati 35 bisogni per l'individuo, la
famiglia e la comunità12
.
Bisogni di sopravvivenza Bisogni di Vicinanza Bisogni di Libertà
Adattamento, per
gestire lo stress
Alimentazione
Aria
Attività
Eliminazione
Fluidi e elettroliti
Integrità sensoriale
Integrità dei tessuti
Leggi, limiti e
strutture
Percezione corretta
della realtà
Protezione dalle
paure eccessive,
dall'ansia dal
disordine
Riposo e svago
Scambi gassosi
Sicurezza
Sonno
Accettazione di sé
e degli altri
Amare ed essere
amati
Appartenenza
Attenzione,
apprezzamento
Fiducia
Immagine corporea
integra
Integrità sessuale
Riconoscimento
personale, stima,
rispetto
Tenerezza
Umorismo
Autocontrollo,
autodeterminazione
, responsabilità
Autonomia, scelta
Autorealizzazione,
essere, diventare
Bellezza ed
esperienze estetiche
Concettualizzazion
e, razionalità,
risoluzione di
problemi
integrità spirituale
Libertà dal dolore
Territorialità
Sfida
Sistema di valori
Tabella di Johan Galtung
12
“Il processo di Nursing” – H. Yura, M.B. Walsh- Sorbona Milano - 1992
32
L'obiettivo dell'assistenza infermieristica è di considerare l'uomo nella sua integrità,
quindi nella sua globalità.
L'uomo quindi visto da un punto di vista olistico considerato sempre come un'unità-
totalità non esprimibile con l'insieme delle parti che lo costituiscono.
Attraverso il processo di nursing, l'infermiere agevola la soddisfazione dei bisogni per il
raggiungimento di uno stato ottimale di salute.
Il processo di nursing è composto dalle fasi che si susseguono durante la relazione
infermiere utente, che sono:
1. Raccolta dati
2. Pianificazione
3. Attuazione
4. Valutazione
33
2.8 Il ruolo dell’infermiere nella salute mentale in età infantile
Il ruolo dell’infermiere nel considerare la persona in tutta la sua totalità sicuramente
rende l’assistenza naturalmente completa; ciò soprattutto nel campo dell’assistenza alla
salute mentale in età infantile in quanto ottica fondamentale nel processo di aiuto della
crescita e nello sviluppo dell’assistito.
Alcune considerazioni utili per l’infermiere che lavora con i bambini e le loro famiglie:
1. la terapia dovrebbe essere finalizzata allo sviluppo nel senso della maturità in
relazione alla fase specifica in cui si trova il bambino
2. l’infermiere dovrebbe essere a conoscenza della teoria dello sviluppo e sulla
crescita, e possedere le capacità e abilità per attuarle
3. Classificare i bambini in gruppi di età dai 4 ai 7 anni e dai 8 ai 12 anni
4. il terapista dovrebbe valutare l’intera famiglia ed accertare il ruolo dei diversi
membri all’interno della famiglia in relazione l’assistito
5. l’infermiere dovrebbe incoraggiare e sostenere la terapia di famiglia
6. l’infermiere dovrebbe essere attento alle indicazioni e controindicazioni della
terapia di famiglia
7. L’infermiere dovrebbe considerare il bambino come identità separata dalla
famiglia
8. Si deve considerare il bisogno o i motivi che inducono al trattamento sulla base
delle preoccupazioni della famiglia
9. Si deve considerare il bisogno o le motivazioni del trattamento sulla base delle
ansie del bambino manifestate alla famiglia
34
10. Ci deve essere un rapporto empatico tra bambino e infermiere
11. L’infermiere deve accertarsi della disponibilità dei genitori al trattamento
12. La famiglia è in grado di sopportare l’immagine di un figlio con problemi
psichici?
13. Il sistema famigliare possiede gli elementi minimi e indispensabili per attivare il
trattamento?
14. l’èquipe è in grado di trattare il tipo di bambino?
15. Chiarire le linee di intervento prioritarie e il processo standard terapeutico
16. Stabilire e rivalutare gli obiettivi in modo sistematico
17. Accertarsi degli eventuali condizionamenti culturali, religiosi e sociopolitici e
l’impatto di questi sul sistema bambino-famiglia
18. Le variazioni del programma terapeutico possono dipendere da questi
condizionamenti
19. L’infermiere dovrebbe “essere in pace” con se stesso
20. L’infermiere dovrebbe rielaborare attraverso un’analisi critica delle sue
esperienze infantili, le influenze dei fattori famigliari e sociali
21. L’infermiere dovrebbe possedere delle capacità di “entrare nel mondo del
bambino”, parteciparne metaforicamente e le abilità e sicurezza per uscirne
22. L’infermiere dovrebbe essere razionale nel valutare il significato del gioco del
bambino, i suoi sogni e/o fantasie
23. L’infermiere dovrebbe affrontare con sicurezza le ambiguità, le cose non chiare e
non conosciute
35
24. L’infermiere dovrebbe avere le capacità per contribuire alla ricerca e conoscenza
tramite i dati clinici rilevati13
2.9 Lo sviluppo psicosociale: Erikson
Erik Erikson (1902-1994) allievo di Freud modificò la concezione dello sviluppo
dell’identità personale durante il corso della vita, proponendo una progressione
attraverso otto stadi psicosociali. Mentre Freud riteneva che la personalità si formasse
principalmente e in maniera irreversibile nei primi 6 anni dello sviluppo Erikson
sosteneva invece che il processo di formazione della personalità fosse più malleabile e
che potesse continuare per tutta la vita sotto l’influenza della famiglia e della società. In
tal modo viene riconosciuta durante lo sviluppo una importanza maggiore ai fattori
sociali e culturali. Studiò a lungo le pratiche educative adottate da tribù di cacciatori
Sioux e da tribù di pescatori Yurok notando una forte interconnessione tra struttura
sociale e pratiche di allevamento nello sviluppo dell’Io e dell’identità personale.
Gli stadi di sviluppo proposti da Erikson sono organizzati in sequenza e corrispondono a
delle crisi psico-sociali che se superate con successo portano ad un passo oltre verso la
maturità psicologica.
Le funzioni dell’Io per Erikson oltre ad integrare gli aspetti istintuali con quelli sociali,
hanno lo scopo di mantenere l’unitarietà della persona e di garantirne la flessibilità nel
rapporto con l’ambiente.
13
“Nursing: Assistenza infermieristica centrata sulla persona” – Uses edizioni Scientifiche Firenze
36
Il periodo dell’adolescenza è governato dal conflitto tra identità e confusione ed è
caratterizzato principalmente dalla messa in discussione delle conquiste precedenti. In
questa fase il soggetto ha una spinta alla costruzione dell’identità nel senso di una nuova
definizione globale in base alle spinte e alle aspettative che provengono dall’ambiente
sociale.
Il soggetto abbandona così alcuni modelli di identificazione che hanno caratterizzato la
sua infanzia alla ricerca di suoi valori ed opportunità. Il pericolo per l’autore consiste
proprio nella possibilità di non riuscire ad integrare in una sintesi personale ed originale
le proprie identificazioni, le diverse espressioni di sé, i ruoli svolti in diverse situazioni.
Si crea in questo caso una Identità Diffusa ossia una personalità segmentaria che non si
fonda su un solido nucleo aggregante.
E’ possibile anche trovarsi di fronte ad una Identità Negativa ossia una personalità
basata su identificazioni e ruoli socialmente indesiderabili e pericolosi che vengono
privilegiati e fatti propri dall’adolescente che ha trovato una conferma di se stesso
nell’identificarsi con valori ed atteggiamenti negativi.
Lo sviluppo della personalità Nell’ambito Psicoanalitico o della Psicologia Dinamica
(cioè quella disciplina che dimostra particolare interesse per la soggettività, per il mondo
emozionale, per i legami affettivi, per le modalità dei rapporti interpersonali, dei
conflitti, delle reazioni difensive che contrassegnano la vita psichica dei singoli e dei
gruppi) lo studio della personalità e dello sviluppo del bambino oltre che da
caratteristiche fisiologiche è sostenuto dal alcuni presupposti teorici:
a) Il sistema topografico di descrizione della psiche.
b) Il modello strutturale di descrizione della mente.
37
Il sistema topografico di descrizione della psiche
L’apparato psichico è costituito da apparati diversi:
Inconscio: la parte più arcaica dell’apparato psichico, la più vicina alla sorgente delle
pulsioni, è l’aggregato di tutti quei contenuti e processi mentali che non sono
consapevoli. I contenuti mentali inconsci sono costituiti da desideri, pulsioni che sono
inaccettabili e ripugnanti dal punto di vista morale.
Preconscio: è il serbatoio di pensieri e ricordi accessibili che però si attivano a livello
non consapevole (ad esempio le intenzioni i meccanismi di problem solving, le fantasie)
Conscio. È lo stato di consapevolezza. Opera attraverso il pensiero logico ed il
linguaggio verbale. La coscienza è influenzata dalla storia dell’individuo e dal suo
contesto di vita.
Il modello strutturale di descrizione della mente.
La personalità che nasce è un insieme di tendenze, impulsi e bisogni allo stato puro che
richiedono un soddisfacimento immediato. L’insieme di questo complesso di forze
istintive che l’individuo riceve in dotazione si chiama ES ed è caratterizzato dall’essere
irrazionale e scarsamente organizzato. Nel corso dello sviluppo si viene a formare l’IO,
ossia l’insieme di tutte le capacità (motorie, percettive, sensitive, cognitive) che
permettono ad un individuo di codificare e operare sulla realtà. L’IO è governato dal
principio di realtà ed è una componente cosciente e razionale. Il Super IO, costituisce la
componente normativa e sociale, è l’istanza morale introiettata e conduce
all’adeguamento sociale.
38
Alla personalità infantile iniziale, che si identifica con l’Es, si contrappone la realtà
esterna, fisica che mette freni e ostacoli al soddisfacimento immediato dei bisogni. Da
questa pressione della realtà esterna viene a strutturarsi l’Io che diviene l’appello di
mediazione tra il mondo esterno e l’Es. Ad esempio il bambino piccolo che ha fame
desidera il soddisfacimento immediato del suo bisogno e se non mangia subito comincia
a piangere, ad agitarsi, a divenire inconsolabile.
Crescendo e sotto la pressione della realtà esterna (in questo caso la madre) che non può
soddisfare immediatamente il bisogno ma ha bisogno di un po’ di tempo per prepararsi a
soddisfarlo, il bambino sviluppa la capacità di tollerare e attendere il soddisfacimento,
ad esempio se vede la madre che prende il biberon comincia a sapere che tra poco
arriverà il cibo.
Nel corso dello sviluppo, inoltre, gradualmente si sviluppa il SUPER IO, attraverso il far
proprio (o Interiorizzare) valori e norme morali dei genitori prima e dell’ambiente
sociale. Il Super IO controlla e modifica gli istinti e le pulsioni dell’Es per adeguarle alle
richieste dell’ambiente fasi dello sviluppo psicosessuale.
Lo sviluppo della sessualità segue in ogni essere umano una successione nel tempo che
va dall’infanzia all’adolescenza.
Lo sviluppo si sussegue lungo determinate fasi in cui alcune zone denominate da Freud
zone eterogene acquistano successivamente dominanza. Le zone erogene sono centri di
sensazioni piacevoli e sensuali che sono prevalenti durante i diversi periodi dello
sviluppo psicosessuale. Gli stadi precoci sono seguiti da quelli più avanzati senza però
che i primi perdano completamente il loro significato.
39
Dalla nascita fino ai 18 mesi circa domina la zona della bocca, labbra e lingua (fase
Orale). La soddisfazione in senso libidico è inizialmente associata al soddisfacimento
del bisogno di nutrizione attraverso il succhiare, ma via via la bocca acquista una
connotazione di piacevolezza anche in assenza del cibo, la stimolazione della bocca e
dell’area circum-orale soddisfa i bisogni sessuali e allevia la tensione.
Questa fase viene seguita dai 18 mesi ai tre anni dalla fase Anale in cui l’investimento
pulsionale è legato alla zona erogena dell’ano, il significato erogeno di questa area è
legato alla funzione di eliminazione delle feci.
Una gratificazione pulsionale deriva dal trattenere ed espellere le feci.
Il terzo stadio è quello fallico-edipico (3-5 anni)il punto focale dell’autostimolazione è
determinato dai genitali. L’interesse in questo periodo sia per i maschi che per le
femmine è diretto verso il fallo e all’organizzazione genitale. Si ha in questa fase
l’identificazione di genere ed il manifestarsi del Complesso d’edipo.
Segue la fase di latenza (6-10 anni) intesa come un periodo di manifestazioni sessuali
latenti in cui le pulsioni e gli impulsi sono sottoposti a repressione e a formazioni
reattive della moralità.
Il relativo equilibrio di questa fase viene interrotto nella fase genitale dai cambiamenti
biologici della pubertà, fino all’intensificarsi degli impulsi sessuali genitali che
condurranno alla sessualità adulta.
Le seguenti idee che esporremo, tratte dalle teorie di Erikson possono essere utili
all’infermiere per attuare in pratica i concetti della teoria dello sviluppo psicosociale.
I livelli di sviluppo non sono ottenuti ma risolti.
40
Sentimenti o sensazioni negative che si trovano ad ogni stadio, sono la
controparte dinamica di quelli positivi..
Ad ogni stadio di sviluppo si instaura tra sentimenti positivi e negativi, un
rapporto, il quale superamento forma abilità per far fronte durante la vita allo
stress.
La stress ha un impatto sulla nostra vita, sviluppando nuovi conflitti interiori.
Il superamento è strettamente legato all’esperienza delle situazioni
precedenti.
A tutti i livelli, le capacità di sviluppo sono presenti in noi in tutte l’eta, dalla
nascita in qualche forma, prima che arrivi il momento critico.
I teorici ritengono che le prime due capacità (fiducia versus sfiducia,
autonomia versus timidezza e dubbio) sono le fondamenta per lo sviluppo.
E’ provato che le persone possono ammalarsi sia fisicamente che
psicologicamente attraverso un impatto forte con lo stress.
La realizzazione e la dimostrazione della risoluzione dei vari stadi può
riflettersi nelle abitudine stili particolari di diversi gruppi etnici, culturali e
nazionali.
La prova di acquisizione di una capacità, in qualsiasi fase, è data dalla
necessità di oltrepassare alla fase successiva, sfruttando l’elemento
importante della fase precedente.
41
Erikson descrive inoltre i potenziali risultati favorevoli di ogni sviluppo, elencando le
potenzialità fondamentali.
Potenzialità fondamentali Risultati favorevoli
Fiducia di base versus sfiducia Impulso e speranza
Autonomia versus vergogna e dubbio Autocontrollo e forza di volontà
Iniziativa versus senso di colpa Indirizzo e scopo
Operosità versus inferiorità Metodo e competenza
Identità versus confusione dei ruoli Dedizione e fedeltà
Intimità versus isolamento Affiliazione e amore
Produttività versus inattività Produzione e impegno
Integrità dell’ego versus perdità della speranza Rinuncia e saggezza
Le terorie di Maslow si fondano con le teorie di Erikson. Si può notare come la capacità
di una persona di soddisfare i propri bisogni fondamentali può essere riflessa dal grado
in cui ha risolto le sue capacità di sviluppo relative alla fiducia e all’autonomia.
La capacità di soddisfare i nostri bisogni fondamentali su base giornaliera può essere
messa direttamente in rapporto con le capacità sviluppate, attraverso la risoluzione delle
modalità di sviluppo di ogni individuo.
Maslow mette in evidenza che i bisogni fondamentali sono soddisfatti attraverso il dare e
il ricevere. Così Erikson rileva la necessità di dare fiducia, come di riceverla.
42
Se l’infermiere valuta consapevolmente il proprio sviluppo e le proprie capacità di
soddisfare i suoi bisogni fondamentali, può essere più efficace nell’aiutare gli altri ad
avvicinarsi alle capacità fondamentali e all’autorealizzazione.
2.10 Hildegarde Peplau: L’assistenza infermieristica come
processo interpersonale
Hildegarde Peplau descriveva l’assistenza infermieristica come un processo
interpersonale terapeutico significativo che ha il compito di contribuire alla salute dei
singoli e della collettività.
Tale processo tramite l’esperienza della malattia può contribuire alla maturazione della
personalità del paziente.
L’infermiere durante l’esercizio della propria professione può capire la varietà e
l’intensità dei problemi dell’assisto contribuendo con esso alla risoluzione del problema
stesso.
La Peplau individua quattro fasi nella relazione infermiere-paziente:
1. Fase dell’orientamento: il paziente o un suo famigliare avverte un bisogno e
cerca un aiuto professionale per risolverlo. In questa fase c’è l’incontro tra
infermiere e paziente. Il primo intervento del professionista è quello di partecipare
in modo attivo insieme al paziente all’identificazione precisa del problema. Questo
porta ad una diminuzione della tensione, dell’ansia e della paura da parte del
paziente.
43
2. Fase dell’identificazione: L’infermiere ed il paziente chiariscono le rispettive
percezioni ed aspettative, in questa fase gioca un ruolo importante il loro
atteggiamento iniziale e le loro esperienze precedenti. Il paziente in questo modo
inizia a prendere coscienza della propria importanza nel processo di assistenza
sentendosi meno isolato e non privo di speranza.
3. Fase del trarre profitto: Il paziente usufruisce di tutti i servizi che ha a
disposizione, secondo i suoi bisogni ed interessi. Egli si sente parte integrante
dell’ambiente, avendo la coscienza di poter acquisire un certo controllo della
situazione ottenendo il massimo beneficio dai servii di assistenza. L’infermiere ha
il compito di mantenere con il paziente una relazione di accettazione, interesse e
fiducia. Questo porta a creare una relazione ed un ambiente dove il paziente possa
riconoscere la propria debolezza, le proprie potenzialità ed accettare l’aiuto dagli
altri.
4. Fase di risoluzione: Dopo aver soddisfatto i bisogni di assistenza, la relazione
terapeutica deve cessare e si devono sciogliere i legami tra le due figure
dell’assistenza.
Alla fine del processo, se tutte le fasi sono state vissute in modo corretto, sia il paziente
che l’infermiere acquisiscono un certa maturità.
Nel processo interpersonale con il paziente, l’infermiere ricopre una serie di ruoli:
Ruolo di persona estranea:
Questo implica che ci sia da parte dell’infermiere:
a) Accettazione del paziente così come è
44
b) Trattare il paziente come persona sana sul piano emozionale
c) Entrare in rapporto con il paziente
Ruolo della persona risorsa:
l’infermiere fornisce risposte specifiche a determinate richieste del paziente.
Ruolo di educatore:
L’infermiere aiuta il paziente a trarre giovamento dall’esperienza a determinate
richieste del paziente.
Ruolo di capo:
Ruolo che svolge il paziente democraticamente nel gruppo di lavoro, o in varie
situazioni in rapporto al paziente.
Ruolo di sostituto:
L’infermiere viene spinto inconsciamente dal paziente a svolgere attività che
potrebbe eseguire da solo.
Ruolo di consigliere:
L’infermiere promuove esperienze capaci di favorire il benessere fisico e morale di
coloro che assiste.
La Peplau dichiara che l’infermiere può aiutare, in alcune situazioni, il paziente a
completare alcuni aspetti del proprio sviluppo psicologico avvenuto nell’infanzia.
Se assistito in modo corretto il paziente può imparare a:
Saper contare sugli altri
Saper aspettare il momento giusto per soddisfare i propri bisogni
45
Acquisire un’identità ed accettarsi
Sviluppare la capacità di partecipazione
La teoria prevede che l’assistenza non sia di routine, ma fondata sulle esigenze
psicologiche di ciascun paziente.
La relazione è basata sulla professionalità e competenza del professionista.
La concezione della Peplau presuppone che ci sia una relazione duratura nel tempo,
quindi di difficile applicazione alle degenze ospedaliere di breve durata.
46
CAPITOLO 3 - La Clownterapia in rapporto ai bisogni psichici
3.1 Il potere del naso rosso
La clownterapia è considerata un tipo di assistenza in ambito sanitario che mescola le
tecniche derivate dal circo e dal teatro.14
La clownterapia nasce dal dottore americano Hunter Patch Adams, che sviluppò la sua
teoria della felicità dopo aver avuto un esperienza negativa da adolescente.
14
http://www.clownterapia.it
47
Dopo essersi iscritto alla facoltà di Medicina, Patch Adams continuò i suoi studi sulla
terapia del sorriso, avendo dei risultati incredibili. Successivamente istituì il
Gensundheit Istitute, una struttura dove cure ospedaliere vengono somministrate
gratuitamente con la tecnica del sorriso.
La clownterapia è svolta da dottori e operatori sanitari con conoscenze di gelotologia e
psiconeuroendocrinoimmunologia o da volontari.
Il trattamento medico viene liberato nel contesto negativo dell'ospedale con l'arte del
clown (improvvisazione, micromagia, giochi di prestigio).
La “sorriso-terapia” può essere passiva, cioè si cerca di far ridere il soggetto, o attiva
ossia stimolare la produzione comica del interlocutore.
I clown dottori si presentano in camera in un modo stravagante e divertente,
personalizzato da paziente a paziente in modo di trovare delle metafore terapeutiche che
portano al cambiamento delle percezioni negative, cercando di trasformarle in percezioni
positive.
Diversamente da ciò che si pensa, questo tipo di terapia non è esclusiva dei reparti
pediatrici, ma può essere utilmente applicata anche in altri contesti.
Gli obiettivi della clown terapia dunque sono quello di arricchire la degenza in ospedale
aiutando la persona ad accettare meglio il percorso di cura, facilitando al contempo la
ripresa dello stato di salute.
48
Il Clown di corsia aiuta a sdrammatizzare le pratiche sanitarie e a mutare le emozioni
negative in emozioni positive attraverso il sorriso.
La terapia coinvolge le figure di riferimento per l’assistito, la famiglia e le figure
sanitarie che tutti i giorni si prendono cura dell’assistito, questo aiuta a far calare i livelli
di ansia e di stress sia dell’individuo, sia del contesto circostante, oltre a costruire un
ambiente assistenziale più “normale”.
Con i bambini, nel caso di procedure invasive, la clown terapia assume un ruolo
importante, sia per un rilassamento delle tensioni, sia come possibilità di catturare
l’attenzione del bambino, sviando la sua percezione del dolore.
La figura di clown come professionista sanitario, porta soprattutto nel bambino ad una
dimensione di finzione e quindi di gioco. Il gioco è il ponte che collega l’illusione alla
realtà. Il gioco è la “chiave” che permette di aprire la relazione con il bambino.
3.2 La Gelotologia
La gelotologia è la disciplina che studia il fenomeno del ridere, in particolare in ambito
terapeutico. Essa concorre nel processo di cura, mettendo l'individuo al centro
dell'attenzione e non subordinato alla patologia. Il suo precursore è considerato il dott.
Norma Cousins che curò la propria spondilite anchilosante con una cura a base di
“risate”, vitamina C d alimentazione naturale.15
15
Wikipedia – Enciclopedia Libera
49
I risultati delle esperienze ospedaliere di comicoterapia sono stati sin dall’inizio molto
incoraggianti. Una ricerca condotta all’interno del New York Presbiterian Hospital ha
comprovato una diminuzione della degenza ospedaliera di circa la metà e un calo
dell’uso di anestetici del 20%.
Secondo alcuni studiosi, esperti in terapia della risata, ridere provoca:
l’aumento dell’ossigenazione del sangue;
il ricambio della riserva d’aria presente nei polmoni;
la stimolazione della produzione di serotonina;
la stimolazione della produzione di endorfine;
la stimolazione della produzione di anticorpi;
l’aumento dell’irrorazione sanguigna degli organi interni (grazie al
massaggio prodotto dai movimenti diaframmatici);
l’aumento dell’irrorazione sanguigna dell’epidermide e dei muscoli facciali;
il miglioramento del tono muscolare addominale;
il miglioramento dell’autostima;
l’aumento delle “energie psichiche”;
50
la neutralizzazione degli effetti dello stress;
la neutralizzazione degli effetti dell’ansia;
lo sviluppo di una maggiore predisposizione ai rapporti sociali.
Come nella clowterapia anche nella gelotologia l'operatore è un clown sanitario. Ci sono
diverse metodologie di applicazione della getologia:
metodo comicità e salute
metodo dello yoga della risata
metodo dello yoga demenziale
Ridere attiva molte parti del corpo: aumenta il ritmo del cuore e della respirazione,
facilita la diminuzione della pressione arteriosa ed il rilassamento muscolare.
Anche a livello chimico la risata stimola la produzione delle beta-endorfine, da parte
delle ghiandole del surrene con produzione di cortisolo (ormone che regola la risposta
allo stress).
3.3 La PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia)
Le origini della psiconeuroendcrinoimmonulogia (PNEI) sono nelle ricerche avviate
negli anni 30 dal neuroendocrinologo Hans Selye.
51
Selye diede la prima definizione di stress:
“lo stress è la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza,
sia fisiologica che psicologica, a cui venga sottoposto. In altre parole, è la risposta
aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso”
La risposta allo stress fu definita dal Dr. Selye “General Adaptation Syndrom” (G.A.S.),
ovvero “sindrome generale d’adattamento”.
Fu anche il primo ad identificare due diverse tipologie di stress che definì:
distress o stress negativo
eustress o stress positivo
L’eustress o stress positivo, è indispensabile alla vita e si manifesta sotto forma di
stimolazioni ambientali positive.
Lo stress porta ad una rottura dello stato di equilibrio preesistente e innesca una reazione
fisiologica di crescita per adattarsi al cambiamento dell’ambiente.
Il distress o stress negativo, invece, origina da tutte quelle condizioni che generano un
conflitto ma non consentono di giungere ad una risoluzione. Se lo stress è intenso e
protratto nel tempo influenza lo stato di equilibro del corpo e, quindi, l’omeostasi.
La psiconeuroendocrinoimmunologia è una disciplina che ha sperimentato la diretta
correlazione tra emozione e sistema immunitario, nella constatazione che il corpo altro
52
non è che una rete interconnessa.
Ader fu il primo a dimostrare che il sistema immunitario è suscettibile di
condizionamento mediante la procedura associativa classica. Con il suo esperimento dei
primi anni settanta nel quale somministrava ai topi saccarina insieme ad un farmaco
(ciclofosfamide) in grado di indurre nausea e che portava i topi, per associazione, ad
evitare la saccarina. Un effetto collaterale di quel farmaco era l’immunosoppressione.
Quando, dopo tempo, iniettò negli animali solo saccarina, molti di essi morirono per
immunosoppressione. Per spiegare queste relazioni Ader ipotizzò che durante il
condizionamento dell'animale ad evitare la saccarina egli era stato anche condizionato a
deprimere il sistema immunitario.
Ogni volta che gli animali venivano sottoposti alla soluzione di saccarina il loro sistema
immunitario si deprimeva.
Successivamente Ader ripetè l'esperimento su animali affetti da Lupus sistemico
(malattia autoimmunitaria) . Qui gli animali quando, dopo l'estinzione dell'avversione
per la bevanda, tornavano a bere mostravano un miglioramento della malattia e vissero
più a lungo degli individui non sottoposti all'esperimento.
Con questa scoperta si dimostrò non solo che un apprendimento poteva modificare
direttamente l'attività di un apparato dell'organismo, ma si dimostrava il collegamento
diretto tra sistema nervoso e immunitario. Inoltre si dimostrò che uno stimolo ambientale
53
poteva modificare la risposta immunitaria.16
3.4 Il gioco e la cura
Il gioco è un termine che descrive ogni attività che esprime creatività, non solo procura
piacere immediato e una riduzione delle tensione interne, ma attiva una elaborazione
degli accadimenti interni ed esterni, fornendo ad essi un processo di continuità,
elaborazione, comprensione.
Nel bambino il gioco assume una funzione di rinforzo della propria identità, attraverso il
confronto con i pari e la costruzione di relazioni valide.
L’Organizzazione mondiale per l’infanzia afferma che ogni bambino sfrutta la propria
attività creativa non solo per apprendere ciò che gli è utile nella quotidianità, ma la
utilizza anche come mezzo per realizzare i propri obiettivi.
Il gioco è un momento imprescindibile per lo sviluppo emotivo, sociale, psichico e
motorio.
Attraverso il gioco il bambino non rappresenta solo la realtà ma anche il modo in cui
egli la percepisce, costituendo quindi un passo importante per lo sviluppo del suo senso
critico.
Il bambino ospedalizzato o comunque affetto da una patologia di lungo decorso, spesso
interrompe in modo traumatico la sua quotidianità e quindi anche l’attività ludica. Tutto
questo può essere motivo di irascibilità e frustrazione, che possono anche portare il
“piccolo paziente” alla depressione.
16
“Mente e Salute” – D. Lazzari – Editore Franco Angeli
54
Lasciare spazio al gioco anche in ambiente ospedaliero è importante affinchè il bambino
prosegua nel suo normale sviluppo psico-fisico e perché possa percepire come meno
ostile un ambiente come l’ospedale.
Tutto ciò giova alla cura del bambino e allo stesso tempo gli permette di rinforzare una
coscienza dell’Io. Tramite l’attività ludica il paziente pediatrico, riproduce la realtà
lasciando spazio però all’”illusione creativa”17
che viene sfruttata come mezzo di
evasione.
Fondamentale è che l’attività creativa sia condivisa dal bambino con un adulto perché
questo rapporto potenzia il meccanismo di autostima.
Il gioco in se per se, permette anche al bambino di controllare le proprie ansie.
Tra le varie forme di gioco, il disegno rappresenta uno strumento molto utile al bambino.
Egli infatti traducendo in figure l’esperienza della sua malattia, in un certo senso
esorcizza l’ansia e la paura e prende familiarità con la malattia stessa.
3.5 Il potere del MIO naso rosso: esperienza durante i tirocini
Sono passati tanti anni da quando vedendo il film “Patch Adams” mi innamorai della
clownterapy. Allora ero solo un adolescente con tante passioni per la testa. Non riuscii
però inizialmente a fare nessun corso e ad avere nessun contatto nella mia regione; ho
dovuto aspettare molti anno dopo, quando iscritto al primo anno del corso di laurea
infermieristica, tramite Caterina mi presentai ad un corso di formazione per Clown di
corsia.
17
Presentazione “Gioco e Cura” – D. Scarponi
55
Fui entusiasta e così continuai a fare questa attività di volontariato nello spoletino. Il mio
nome da Clown è Freccia.
Nei tirocini trascorsi in chirurgia epatobiliare, geriatria, ortopedia, neurologia, day
hospital oncologico ho portato con me questo modo di lavorare ed ho potuto
sperimentare questa tecnica.
I risultati sono stati plurimi: in alcuni casi il paziente accettava il sorriso e collaborava al
sorriso, favorendo un ambiente più normale e meno ospedaliero. In altri invece la
distrazione provocata dal naso rosso ha permesso di eseguire delle tecniche medico-
infermieristiche invasive senza nessun problema con pazienti non collaboranti.
Un episodio assai significativo che mi è capitato in neurologia durante la clown terapia
ha riguardato una donna, operata di aneurisma cerebrale, che solitamente rispondeva
solo a stimoli dolorosi, guardando quel grosso naso rosso, ha risposto con un grande
sorriso, scatenando lacrime di gioia del marito.
Questo ci fa capire come l’importanza della relazione poi sia a 360 gradi e non solo
focalizzata sul paziente; lavorando a stretto contatto con i familiari si percepisce
l’importanza di essere vicino alle persone di riferimento, perché nonostante l’assenza di
patologia, il familiare vive con difficoltà ed angoscia la patologia del suo caro.
La mia esperienza passata attraverso un grosso naso rosso mi ha portato a focalizzare
l’attenzione non solo sulla tecnica infermieristica (di primaria importanza), ma anche
sulla relazione e sui risultati che questa produce.
56
Credo fermamente che stabilire un rapporto empatico con il paziente, un rapporto che sia
bilaterale, un rapporto che sia più lineare possibile, più umano e non gerarchico (tenendo
presente comunque il rispetto dei ruoli), sia una propria convinzione, un modo di
pensare e di essere e non un imposizione metodologica di lavoro.
Per quanto riguarda l’esperienza avuta in Africa in ambiente extra ospedaliero, il gioco
rappresenta un mezzo di relazione che non ha lingua, ma che riesce a parlare a tutti.
Permette di stabilire un contatto, che imprime nel bambino un moto di considerazione e
fiducia nei confronti di una persona simile a te ma con un altro colore di pelle. ( per i
bambini africani non esiste l’uomo nero che ti tiene un anno intero, ma l’uomo bianco)
Il sorriso dei bambini africani è una fotografia che ci aiuta bene a capire come sia
importante sorridere in uno situazione non piacevole. Forse, dopo questa esperienza, mi
viene da pensare che l’aspetto terapeutico del sorriso è stato appreso meglio dalle
popolazioni africane, che dalla nostra realtà.
57
CAPITOLO 4 - LA RICERCA
4.1 Introduzione alla ricerca
La ricerca è stata effettuata nel periodo di aprile 2011 in una popolazione di età infantile
del nord Uganda.
Come detto l’assunto sul quale ci siamo mossi è l’idea che, in quel determinato contesto,
caratterizzato da condizioni di vita difficili, l’attenzione venisse naturalmente posta
prioritariamente sul soddisfacimento dei bisogni fisiologici e primari. Ma avviene anche
58
la considerazione dei bisogni psichici o questi rimangono per lo più insoddisfatti?
Esistono categorie in cui ciò avviene in maniera diversificata?
Come si può osservare questo ed è possibile influenzare i percorsi di soddisfacimento
tanto da riproporre quel circuito virtuoso di reciproco positivo condizionamento tra
bisogni primari e secondari?
La popolazione sottoposta all’osservazione è di età compresa dai 6 ai 12 anni, quasi tutti
provenienti dallo stesso villaggio, Oluko, che si trova a nord-ovest dell’Uganda, zona
povera del paese.
La ricerca è stata svolta specificatamente nella scuola “St. Augustine – Binze Primary
School” di Oluko.
Gli strumenti della ricerca sono rappresentati da una griglia di osservazione e dal
disegno della famiglia.
Obiettivo finale della ricerca dovrebbe essere l’individuazione di modalità relazionali
infermieristiche che permettano la completa soddisfazione dei bisogni espressi dai
bambini in quel particolare contesto di vita.
4.2 Strumenti della ricerca: La griglia di osservazione
La griglia di osservazione è stata creata seguendo come modello Hendersoniano delle 14
attività.
59
Compilazione griglia di osservazione
La griglia di osservazione è composta da:
Dati Anagrafici
Dati di Osservazione di eventuali traumi visibili (fisici/psichici)
Note
Elencazione dei bisogni. Ciascun bisogno è stato disarticolato in vari segnali, per
ciascuno dei quali è stata costruita una scala a gradiente (da 4 ad 1) relativamente
al grado di soddisfazione: dalla totale soddisfazione (4), all’assenza di
soddisfazione (1). La sommatoria di questi valori ci ha permesso di costruire un
“grado di soddisfazione” dei diversi gruppi di bisogni.
60
A) RESPIRARE
1° 2° 3° 4°
Normale
Dolore alla respirazione
Alterazione delle vie respiratorie
Ansia
Altro
B) BERE E MANGIARE
1° 2° 3° 4°
Normale
Insufficente
Eccessiva
Difficile (per condizioni esterne)
Difficile (per patologie connesse)
Rifiuto
C) ELIMINAZIONE
1° 2° 3° 4°
Incontinenza
Dolore (per patologia correlata)
Comportamento inadeguato di natura psichica
61
D) MUOVERSI E MANTENERE UNA POSIZIONE ERETTA
1° 2° 3° 4°
Normale
Inadeguata per………
Impossibile per………
Iperattività
Rallentamento/Immobilismo
E) DORMIRE E RIPOSARSI
1° 2° 3° 4°
Normale
Difficile/impossibile per dolore organico
Difficile/impossibile per cause esterne
Difficile/impossibile per ansia/paura
F) VESTIRSI E SPOGLIARSI
1° 2° 3° 4°
Normale
Difficile/impossibile per………
62
H) ESSERE PULITI, CURATI
1° 2° 3° 4°
Normale
Mancanza delle normali regole d’igiene
Mancanza di strumenti
Indifferenza
Altro
I) EVITARE I PERICOLI
1° 2° 3° 4°
Normale
Non conoscenza dei pericoli
Rifiuto ambiente sanitario
Ambiente esterno pericoloso
Altro
J) COMUNICARE
1° 2° 3° 4°
Normale
Isolamento
Ansia
Irrequietezza, incongruità
Turba affettiva
Ricerca della comunicazione
Rifiuto della comunicazione
Solo tra pari
Solo con figure significative
Altro
63
K) APPARTENENZA
1° 2° 3° 4°
Inserimento e partecipazione nel gruppo sociale
Inserimento e partecipazione nel gruppo tra pari
Inserimento e partecipazione religiosa
Esclusione
Autoesclusione
Altro
L) OCCUPARSI ALLO SCOPO DI REALIZZARE SE STESSI
1° 2° 3° 4°
Difficoltà nel proprio ruolo (assente, non
riconosciuto…)
Mettersi in mostra
Ricerca della gratificazione
Autonomia
Dipendenza dalle figure di riferimento
Dipendenza dalla figure istituzionali
Violenza
Leadership
Sottomissione
Aggressività
Altro*
*A questo parametro è stato inserito il parametro: “cosa vorresti fare da grande”
64
M) DIVERTIRSI
1° 2° 3° 4°
Partecipazione alle attività ludiche
Interesse e ricerca delle attività ludiche
Rifiuto
Isolamento
Difficoltà a divertirsi per………
Ricerca del gioco di gruppo
Ricerca del gioco individuale
Ricerca del gioco con l’adulto
Scarsa importanza del gioco
N) APPRENDERE
1° 2° 3° 4°
Interesse
Disinteresse
Apatia
Facile distraibilità
Difficoltà per………
Apprendimento pratico
Apprendimento teorico/scolastico
Deficit intellettivo
Rifiuto
Apprendimento attivo
Nella griglia manca volutamente la sezione “G” riferita al “mantenere la temperatura del
corpo nei limiti fisiologici” in quanto nel contesto della ricerca il mantenimento della
65
temperatura corporea, ad esclusione dei rari casi di piogge intense in cui la temperatura
scende di qualche grado, non è rilevante ai fini della ricerca stessa.
La griglia di osservazione è stata compilata osservando i bambini singolarmente con
l’aiuto di volontari italiani e degli insegnanti.
L’aiuto di quest’ultimi è stato determinante ai fini della lingua e quindi ai fini della
comprensione.
I bambini di Oluko compresi tra la fascia di età esaminata non comprendono e non
parlano ancora completamente la lingua inglese, ma solo esclusivamente la lingua locale,
che cambia da etnia ad etnia.
Il campione scelto è stato casuale scegliendo un numero uguale di bambini proveniente
dalle classi P1, P2, P3. (P= Primary). Nessun bambino presentava evidenti
problematiche psichiatriche, né in atto, né anamnesticamente.
Inoltre va anche sottolineato che per la difficoltà dello spiegare alcuni concetti per via
dell’età e della cultura qualche “items” è stato semplicemente adattato come ad esempio
l’aggiunta dell’ ”item” “cosa vorresti fare da grande” nella sezione dedicata allo
realizzazione di se stessi.
Questa modifica è stata apportata in perfetto stile Hendersoniano, sostenendo l’esigenza
sia di migliorare il suo punto di vista, ma soprattutto di modellarlo rendendolo
applicabile in ogni situazione.
Per quanto riguarda il bere e mangiare si è considerata la media dei pasti del contesto per
poter dare una gradazione congrua.
Nel campo dedicato al vestirsi e spogliarsi è stata considerato anche l’indice di povertà
della famiglia di provenienza per poter capire se il bambino avesse il possesso
66
semplicemente il possesso di qualche indumento ed eventualmente quanti.
67
Per analizzare al meglio i dati raccolti, si è deciso di accorpare i bisogni Hendersoniani
in quattro fasce.
Gruppo A: Bisogni fisiologici (includiamo il respirare, il bere e mangiare,
l’evacuazione)
Gruppo B: Bisogni primari (includiamo il muoversi e mantenere una
posizione corretta, il dormire e riposarsi, il vestirsi e spogliarsi, il mantenere
la temperatura del corpo)
Gruppo C: Bisogni di sicurezza/ di relazione (includiamo l’essere puliti e
curati, l’evitare i pericoli, il comunicare)
Gruppo D: Bisogni di appartenenza, di relazione/ bisogni psichici
(includiamo l’azione secondo le proprie convinzioni, la realizzazione di se
stessi, il divertirsi, l’apprendere)
68
4.3 Risultati
La popolazione esaminata varia dai 6-12, la fascia dei 10-11 anni è la più numerosa.
(Grafico 1)
Grafico1
Totale Bambini 89 53 36
Fascia di Età Totale Maschi Femmine
6 anni 6 3 3
7 anni 9 6 3
8 anni 9 6 3
9 anni 14 4 10
10 anni 23 16 7
11 anni 18 10 8
12 anni 10 8 2
Fasce di età della popolazione esaminata
6 anni
7 anni
8 anni
9 anni
10 anni
11 anni
12 anni
69
Dall’analisi completa del grado di soddisfacimento dei bisogni complessivamente
considerati, possiamo notare come il trend segua un andamento “a discesa”, man mano
che si procede dai bisogni primari a quelli secondari. (Grafico2). Il grado di
soddisfazione dei bisogni psichici (identificato soprattutto nel gruppo D) rimane
comunque sufficientemente valido , seppur sensibilmente inferiore agli altri bisogni.
Grafico 2
Vanno segnalate, per una migliore comprensione dei dati raccolti, alcune evidenze:
nel gruppo A si riscontra a volte una significativa criticità nell’alimentazione
caratterizzata dalla possibilità di avere un solo pasto al giorno; la maggioranza
comunque si attesta sui due, tre pasti/die
323
288270
240
0
89
178
267
356
Bisogni fisiologici Bisogni primari Bisogni di
sicurezza/
relazione
Bisogni di
appartenenza /
autorealizzazione
Grado di soddisfazione dei bisogni
70
Significativa è la categoria “povertà” che incide sul soddisfacimento totale dei
bisogni. In questo caso “povertà” va intesa nel suo significato più vero di grave
carenza di alimentazione o vestiario.
Estrapolando le schede in cui tale categoria veniva esplicitamente identificata, ne
emerge un andamento di soddisfazione diverso dal precedente, con un sostanziale
livellamento dei valori, anche e soprattutto in considerazione della scarsa soddisfazione
dei bisogni primari. Ciò è particolarmente significativo per i bisogni del gruppo B,
specificatamente collegato alla assoluta scarsezza nel bisogno del vestirsi (per lo più i
bambini possedevano un solo vestito). (Grafico 3)
Grafico 3
Una ulteriore osservazione riguarda l’ambito della sicurezza, particolarmente
significativa in un contesto caratterizzato dalla presenza di guerre civili, bambini
60
42
51 50
0
10
20
30
40
50
60
Gruppo A Gruppo B Gruppo C Gruppo D
Povertà
71
soldato e pericolosi residuati bellici. Molti bambini risultano avere una scarsa
conoscenza e consapevolezza dei pericoli che li circondano con negative ricadute
sul bisogno di sicurezza
La categoria “povertà” ritorna anche nell’analisi del gruppo C, connessa ai bisogni
d’igiene e pulizia. Non assume però in questo caso la significatività già manifestata
nei bisogni precedenti di alimentazione e abbigliamento.
Assai significativo il numero di bambini nella cui scheda vengono annotate
categorie afferenti al disagio psichico (paura, timidezza, autoesclusione) (Grafico 4)
Essi rappresentano il 52,6% della popolazione osservata. Per molti di loro la paura è
anche collegata alla scarsità di soddisfacimento dei bisogni di sicurezza.
Grafico 4
Il grafico esprime un andamento sostanzialmente sovrapponibile a quello rilevato
complessivamente, con il caratteristico andamento “a discesa”. Semmai è da considerare
119109
7469
0
20
40
60
80
100
120
gruppo A gruppo B gruppo C gruppo D
Bambini con disagio psichico
72
una più accentuata forbice di differenza nei valori di soddisfacimento tra i primi due
gruppi di bisogni (primari) e gli altri due (secondari).
Sono anche molto frequenti le patologie organiche concomitanti che vanno da
quelle endemiche come la malaria o il tifo a patologie frequenti in quel contesto
come l’elmintiasi e le difficoltà respiratorie (patologie polmonari) o deambulatorie
(patologie degli arti inferiori).
Anche in questo caso abbiamo estrapolato i casi con patologie organiche per valutarne
la soddisfazione dei bisogni. (Grafico 5)
Grafico 5
Il grafico che ne è risultato presenta un andamento significativamente diverso dagli altri
già esaminati: la curva di soddisfazione dei bisogni “a discesa” è in questo caso
90 86 90 82
0
50
100
150
200
250
gruppo A gruppo B gruppo C gruppo D
Bambini con patologia organica
73
sostituita da un andamento sostanzialmente paritario di soddisfazione dei vari gradi di
bisogno. In particolare il gruppo dei bisogni psichici è in questo caso in linea con gli
altri, segno, a nostro avviso, di una maggiore attenzione ai bisogni psichici del gruppo
con patologie organiche. Si potrebbe ipotizzare che la maggiore attenzione ed
accudimento evidentemente connessi alla presenza di patologie organiche porta con sé
anche un miglioramento dell’attenzione ai bisogni psichici, che in questa categoria
vedono il loro soddisfacimento massimo. Ciò, come abbiamo visto nel grafico 4, non
avviene per i bambini con disagio psichico che, pur presentando segnali chiari di
disagio, non vedono soddisfatti i loro bisogni psichici in maniera diversa dagli altri e
non attivano particolari forme di accudimento ed attenzione.
Il confronto tra queste due categorie rende più immediata questa lettura.(Grafico 6)
Mettere a confronto queste due categorie ci rende più semplice questo risultato.
(Grafico 6)
74
Grafico 6
Bambini valutati
globalmente
Bambini con
disagio psichici
Bambini con patologia
organica
Gruppo A 323 119 90
Gruppo B 288 109 86
Gruppo C 270 74 90
Gruppo D 240 69 82
Una ulteriore considerazione riguarda il bisogno legato al gioco. L’osservazione lo
rileva per lo più sotto forma di “desiderio”, “aspirazione”, piuttosto che come
elemento legato alla realtà quotidiana del villaggio. E’ comunque significativo che
si rappresenti un bisogno costantemente considerato e, nella quasi totalità si
riferisce alla dimensione di gioco di gruppo che è libero quando si svolge tra fasce
di età simili, mentre assume forme gerarchicamente più definite quando avviene
insieme a ragazzi più grandi. Nel coinvolgimento dei più piccoli con i grandi il
Confronto patologia organica vs. disagio psichico
0
50
100
150
200
250
300
350
gruppo A gruppo B gruppo C gruppo D
Bambini valutati globalmente
Bambini con disagio psichico
Bambini con patologia organica
75
gioco diventa sostanzialmente “imposto” da questi ultimi, con un grado di
soddisfacimento senz’altro più basso rispetto al gioco libero.
Relativamente all’area dell’apprendimento, la categoria più rappresentata è quella
dell’”interesse manifestato”, mentre i casi in cui l’apprendimento viene rilevato
come attivo sono veramente pochi. Solo l’apprendimento attivo è stato considerato,
in tal senso, un segnale di piena soddisfazione del bisogno.
Infine il risultato del “che farò da grande” che, anche relativamente ai bambini più
grandi rimanda ad un universo di riferimento molto ridotto e significativamente
dipendente dalla realtà contestuale in cui i bambini si muovono. Infatti la presenza
di scuole, dispensari, missionari (attività di aiuto, per lo più di cooperazione
internazionale) influenza nettamente le indicazioni rilevate. (Grafico 7)
(Grafico 7)
26
17
14
10
8 86
0
5
10
15
20
25
30
Insegnante Medico Infermiere Pilota/autista Militare/poliziotto Religioso altro
Cosa farò da grande
76
Lavoro Tot. Lavoro %
Insegnante 26 29,2%
Medico 17 19,1%
Infermiere 14 15,7%
Pilota/Autista 10 11,2%
Militare/Poliziotto 8 8,9%
Religioso 8 8,9%
Altro 6 6,7%
Modelli Appresi Insegnante, Medico, Infermiere/a, Religioso 73%
Modelli Culturali Pilota, Autista, Altro 27%
77
4.4 Strumenti della ricerca: Il disegno della famiglia
Il disegno è uno strumento molto efficace per l’analisi della sfera psichica di un
individuo in età infantile. Innanzitutto è di facile somministrazione, perché per il
bambino il disegno fa parte della sfera del gioco, quindi viene generalmente ben
accettato. Inoltre, tramite il disegno il bambino esprime, racconta e dà forma visibile alla
sua storia, alle figure di riferimento, alle sue paure o ai suoi desideri, attraverso il
meccanismo psicologico della proiezione.
Ad esempio, nel bambino ospedalizzato il disegno esprime la malattia: la rappresenta, la
trasforma, la diluisce. Questo tende ad alleviare la tensione del bambino fornendo un
78
ambiente più famigliare e permette di condividere il momento con altri bambini,
eliminando il fattore isolamento, tipico dell’ospedale. Quindi, fra le varie forme di
gioco, il disegno rappresenta anche un importante strumento di cambiamento.
Nella nostra ricerca il disegno è stato utilizzato come supporto conoscitivo. Nello
specifico, è stato somministrato il test del disegno della famiglia reale, presentato ai
bambini nella sua dimensione di gioco.
Il test è stato somministrato alla “St. Augustine – Binze Primary School” di Oluko,
villaggio del nord-Uganda.
Il campione a cui è stata sottoposta le ricerca è una popolazione di 100 bambini di età
compresa tra i 5 e 12 anni, con qualche eccezione dovuta alla presenza nelle classi di
studenti ripetenti.
Nella spiegazione della consegna dello strumento e nella raccolta dei dati sono stato
aiutato dagli insegnanti, Tiperu Anyayo Regina e da Yossah Aloke Benjamin molto
disponibili e interessati alla ricerca.
I bambini di questa età ancora non parlano la lingua di stato (Inglese), ma solamente la
lingua locale (Lugbara) che varia da zone ed etnie, per questo l’aiuto degli insegnanti è
stato fondamentale.
Il disegno in questo caso lo possiamo considerare come un “gioco imposto”, ma che ha
prodotto comunque divertimento nella maggior parte dei bambini. Successivamente ad
ogni disegno è stato allegato alla griglia di osservazione.
L’analisi dei disegni prodotti è stata curata dalla Dott.ssa Carla Fioravanti, psicologa. La
siglatura del test non è stata condotta specificatamente caso per caso, non essendo questo
79
l’obiettivo della ricerca, ma tracciando un’analisi generale degli indici maggiormente
significativi.
Innanzitutto appare evidente una marcata gerarchizzazione dei rapporti familiari e
sociali. Infatti, il modo con cui i bambini rappresentano la famiglia è molto rigido,
gerarchicamente strutturato, ben visibile nella differenziazione delle figure in base al
ruolo e all’età.
I genitori sono rappresentati per primi, più grandi di tutti e con molti particolari (tratti
somatici, abbigliamento, oggetti tenuti in mano), poi in ordine in base all’età i fratelli o
le sorelle maggiori ed infine i più piccoli, con un significativo distacco dei genitori
rispetto ai figli.
Il mondo degli adulti e quello dei bambini sono separati in modo netto: questi ultimi
sono quasi sempre disegnati in modo poco differenziato e separati dai primi.
Questo distacco dei gruppi dei fratelli con pochi dettagli, in quasi tutti i disegni
rappresentati in modo simile, fa ipotizzare che ci sia un bisogno di riconoscimento
inespresso dei bambini.
L’assenza dei tratti somatici nella grande maggioranza dei disegni potrebbe indicare una
difficoltà di contatto e di comunicazione, spesso unidirezionale, imposta dalla
gerarchizzazione.
L’identificazione dei bambini rispetto alle figure di riferimento è marcata, infatti i figli
sono spesso la copia dei padri e le figlie la copia delle madri.
Lo sviluppo dell’affettività e della creatività sembra essere carente per la rigidità che
caratterizza la quasi totalità dei disegni, in cui le figure si ripetono schematiche e in
assenza di movimento. Solo un bambino su 100 ha realizzato un disegno in movimento
80
con la presenza del gioco. Un ulteriore segnale di aderenza al compito e di scarsa
creatività è dato anche dal fatto che tutti i bambini hanno eseguito il disegno sul foglio
posto in verticale così come gli era stato dato. Questo fa pensare che la maggior parte di
loro abbia una scarsa capacità di manipolare l’ambiente secondo i propri bisogni, forse
perché più abituati ad eseguire in modo riproduttivo che a dare spazio alla proprie
potenzialità.
I bisogni di crescita psicologica sicuramente risentono di un contesto come quello del
villaggio di Oluko, dove i bisogni primari faticano ad essere soddisfatti.
Infatti la maggioranza delle famiglie del villaggio hanno pochi mezzi di sostentamento
che impediscono anche la corretta cura di eventuali patologie organiche, strettamente
legata alla possibilità di comperare le medicine.
L’analisi del disegno è stato uno strumento fondamentale in questa ricerca per la sua
facile distribuzione e per i risultati avuti.
Infatti essa in parte ricalca la società africana del posto e i modelli culturali, allo stesso
tempo riesce a “scavare” e ad analizzare i bisogni psichici non facilmente analizzabili
con il mero esame obiettivo.
L’importanza dell’analisi dei bisogni psichici in tutte le età, ma in particolar modo
nell’età infantile è evidente in questa ricerca.
Il ruolo dell’infermiere quindi che si trova a dover prestare assistenza a pazienti di
questa età e soprattutto in questo contesto socio-culturale è duplice.
La cura e l’assistenza dei bisogni primari sicuramente è di importanza immediata, ma il
focalizzarsi contemporaneamente all’analisi e al soddisfacimento dei bisogni psichici
81
porta ad una assistenza più completa ed importante per lo sviluppo psicofisico del
bambino.
In un ambiente ostile come l’Africa dove spesso o quasi sempre devi contare su te stesso
e sulla relazione con la popolazione del villaggio, dove i bisogni primari non sempre
sono assicurati, i bisogni psichici rappresentano, se soddisfatti, un’influenza molto
importante sulla la crescita e lo sviluppo.
82
Unico disegno con rappresentazione del gioco (Afema Biezi, 10 anni)
83
Disegno con identificazione dei bambini con i genitori e di importanza dei genitori (Asiku Rajasi, 13 anni)
84
Disegno con bisogno di rilevanza (Matata Francis, 10 anni)
85
Disegno che evidenza la gerarchizzazione (Andama Timoti, 6 anni)
86
CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI
L’analisi dei risultati descritti negli strumenti della ricerca anticipano le conclusioni.
Possiamo aggiungere come ampiamente descritto nel corso della tesi, che il ruolo
dell’infermiere è quello di soddisfare sia i bisogni di cura, i bisogni fisiologici, sia i
bisogni psichici che spesso non vengono considerati.
Questo sottolinea il fatto che l’individuo va considerato nella sua totalità, in particolar
modo nel caso di individui in età infantile.
Nel contesto della ricerca la soddisfazione dei bisogni psichici ha un ruolo ancora più
predominante, in quanto non è la presenza della patologia e quindi del bambino
ospedalizzato, ma quanto la vita ostile dell’ambiente africano che non garantisce la
soddisfazione dei bisogni “principali”.
Lavorare sulla sicurezza, sull’amicizia, sull’affetto, sul rispetto e sull’autostima forma il
bambino nello sviluppo e nella crescita e lo aiuta ad affrontare il percorso difficile di
vita.
Quindi il ruolo dell’infermiere è quello di sapere, saper fare e di sapere essere, ma
soprattutto di saper dare un importanza all’essere dell’assistito. Lavorare con un sorriso e
non sottovalutare i bisogni non primariamente legati alla cura, il cui soddisfacimento può
rendere la persona più serena, più vicina all’essere uomo libero, meno costretta ad essere
paziente.
Ringraziamenti
Con questa pagina vorrei ringraziare innanzitutto la mia famiglia che mi ha supportato
e sopportato durante il corso di Laurea.
Vorrei ringraziare la mia ragazza che mi ha sempre incitato allo studio, soprattutto
quando non avevo voglia.
Ringrazio mio nonno Elio che se sarebbe stato fiero di essere presente alla discussione
della mia tesi, da lui ho preso il credo nel volontariato.
Ringrazio zio Enrico che crede in me e nelle mie capacità di infermiere.
Ringrazio il dottor Antonini Alberto per la sua disponibilità, professionalità ma anche
per la sua estrema semplicità che ha dimostrato durante la preparazione della tesi.
Un ringraziamento va alla dottoressa Carla Fioravanti che si è resa disponibile
nell’analisi dei disegni dei bambini di Oluko.
Un ultimo ringraziamento va all’Africa, alla popolazione di Oluko per quello che mi
hanno trasmesso fin ora e per quello che mi trasmetteranno in futuro, per avermi donato
una nome (Fetaa=dono). Questo non sarebbe stato possibile se non avessi conosciuto
l’As.So.S., Supercrocio, Mario e tutti gli altri componenti.
Ringrazio i miei ideali perché mi hanno fatto credere in qualcosa di bello.