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INDICE
INTRODUZIONE .................................................................................................. 3
CAPITOLO PRIMO ............................................................................................. 7
1.1 SICUREZZA ALIMENTARE ...................................................................... 8 1.2 DIMENSIONI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE .............................. 12 1.3 STATO DI NUTRIZIONE, NUTRIENTI E BILANCIO ENERGETICO .. 16
1.3.1 NUTRIENTI ........................................................................................ 16 1.3.2 BILANCIO ENERGETICO ................................................................. 17 1.3.3 STATO DI NUTRIZIONE ................................................................... 18
1.4 MALNUTRIZIONE ................................................................................... 20 1.5 MALNUTRIZIONE E POVERTA‟ ............................................................ 22 1.6 ASPETTI QUALI/QUANTITATIVI DELLA SICUREZZA
ALIMENTARE .............................................................................................................. 25
CAPITOLO SECONDO ..................................................................................... 31
2.1 LO SPRECO NEL SISTEMA AGROALIMENTARE ............................... 32 2.2 SPRECO, IMPATTO AMBIENTALE E SOSTENIBILITA‟ ..................... 35 2.3 LO SPRECO NELLA CATENA AGROALIMENTARE ........................... 42 2.4 CAUSE E QUANTIFICAZIONE DELLO SPRECO NEGLI ANELLI
DELLA CATENA AGROALIMENTARE .................................................................... 42 2.4.1 SPRECO NELLA PRODUZIONE AGRICOLA .................................. 43 2.4.2 SPRECO NELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE .......................... 46 2.4.3 SPRECO NELLA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE .......................... 48 2.4.4 SPRECO NEL CONSUMO FINALE .................................................. 52
2.5 POSSIBILITA‟ DI RECUPERO DELLO SPRECO ................................... 52 2.5.1 LAST MINUTE MARKET ................................................................... 55
CAPITOLO TERZO ........................................................................................... 59
3.1 LO SPRECO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA: IL
CASO STUDIO DI UN IPERMERCATO. ..................................................................... 60 3.2 MATERIALI E METODI ........................................................................... 60 3.3 RISULTATI ................................................................................................ 70
CONCLUSIONI ................................................................................................... 75
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .................................................................... 81
RINGRAZIAMENTI ........................................................................................... 85
2
3
INTRODUZIONE
4
Lo scenario mondiale sullo stato dell‟alimentazione umana
presenta ai nostri giorni un enorme paradosso che vede ai suoi estremi
la fame nel mondo, da un lato, e lo spreco alimentare, dall‟altro.
Attualmente, secondo le stime della FAO, in tutto il mondo le
persone che soffrono la fame sono circa un miliardo a fronte di una
disponibilità di cibo sufficiente a sfamare il doppio dell‟intera
popolazione mondiale. Il problema non consiste quindi nella
mancanza di cibo, bensì nell‟impossibilità di accedervi soprattutto, ma
non solo, nei Paesi in via di sviluppo.
All‟estremo opposto, invece, in molti Paesi si assiste al sempre
più dilagante fenomeno dello spreco, in particolare in campo
alimentare.
Il problema è stato per lungo tempo ignorato, come dimostra la
limitata disponibilità di dati e di letteratura specifica in materia. Solo
di recente il tema ha conquistato maggiore interesse da parte
dell‟opinione pubblica, vista la sua rilevanza in ambito di sostenibilità
ambientale, economica e sociale.
Nella società moderna il concetto di spreco fa riferimento ad un
utilizzo non corretto o non proficuo, se non addirittura ad un mancato
utilizzo di un determinato bene. Da punto di vista della sostenibilità
questo significa un consumo di risorse doppiamente inutile, prima per
produrre e poi per smaltire il bene stesso inutilizzato. L‟interesse su
questi aspetti è assai vivo e molto si sta facendo per quantificare
l‟impatto ambientale di ogni fase produttiva.
In ambito alimentare lo spreco tocca tutte gli step del sistema
agroalimentare: produzione, trasformazione, distribuzione e consumo
finale, con modalità e per cause specifiche diverse per ogni fase.
Il presente studio ha focalizzato l‟attenzione sullo spreco a
livello della grande distribuzione organizzata, tentando di darne una
valutazione nutrizionale, sia in termini quantitativi sia qualitativi.
I risultati ottenuti offrono spunti di riflessione, poiché l‟entità
dello spreco è notevole e la qualità del cibo sprecato mette in risalto
un aspetto importante in termini di sostenibilità: la presenza rilevante
5
di alimenti a più alto impatto ambientale, quali ad esempio la carne,
tra quelli maggiormente sprecati.
Infine occorre sottolineare come la lotta allo spreco alimentare
si sviluppata su due fronti: la prevenzione, che mira ad impedire la
formazione dello spreco stesso, e il recupero, il cui obiettivo è far si
che, laddove lo spreco non possa essere evitato, sia possibile
destinarlo a scopi benefici.
Da lungo tempo operano in tal senso numerose realtà con
strutture e organizzazioni differenti. Nella fattispecie, i dati oggetto
del presente studio rappresentano un esempio di recupero al 100% a
favore di persone in condizioni di disagio sociale, grazie all‟attività di
Last Minute Market, spin–off dell‟Università di Bologna, che da anni
opera in questo settore.
Nel primo capitolo di questo studio sono stati trattati i temi
della sicurezza alimentare e dei fattori che la determinano, del
problema della fame nel mondo, delle cause di malnutrizione e della
loro correlazione con la povertà. Infine si sono analizzati alcuni aspetti
quali/quantitativi della sicurezza alimentare.
Nel secondo capitolo è stato definito lo spreco in ambito
agroalimentare ed il suo impatto sulla sostenibilità ambientale. Si è
analizzato lo spreco a livello del sistema agroalimentare italiano
indicando quantità e cause per ogni anello della catena: dalla
produzione al consumo finale. Si sono evidenziate, infine, le
possibilità di recupero, soffermandoci in particolare sull‟attività svolta
in questo ambito da Last Minute Market.
Il terzo capitolo costituisce il caso studio dello spreco nella
grande distribuzione organizzata. Sono stati descritti l‟ambito
dell‟indagine, i metodi utilizzati per l‟elaborazione dei dati raccolti e i
risultati ottenuti; infine sono state tratte alcune significative
conclusioni sulla entità dello spreco individuato.
6
7
CAPITOLO PRIMO
8
1.1 SICUREZZA ALIMENTARE
Secondo la definizione della FAO nel World Food Summit del
1996: “La sicurezza alimentare esiste quando ciascun individuo, in
ogni momento, ha accesso a una quantità di cibo sufficiente, sicuro e
nutriente in modo da soddisfare i bisogni dietetici e le preferenze
alimentari per garantire una vita sana ed attiva” (FAO, 1996)
Il cibo rappresenta uno dei bisogni primari dell‟uomo.
L‟importanza del cibo va ben oltre il suo valore materiale e la
necessità fisiologica di nutrirsi, in ogni cultura e per ogni popolazione
esso assume un valore simbolico. Sin dalla nascita, attraverso il cibo
passa il concetto di dare nutrimento e con esso si crea il primo
fondamentale rapporto sociale, quello tra madre e figlio. Molti aspetti
della cultura e delle tradizioni di un popolo sono trasmessi durante e
attraverso la condivisione del cibo. Il pasto stesso rappresenta un
momento importante di socializzazione attraverso cui implicitamente
si costruiscono relazioni e gerarchie, parti integranti dell‟educazione
di ciascuno.
Infine, le scelte alimentari stesse caratterizzano ogni cultura in
modo specifico: esprimono aspetti delle abitudini di un popolo in base
alla posizione geografica, alle materie prime che esso ha a
disposizione, in funzione del credo religioso e della storia di ogni
Paese (F.J. Fiz Perez, 2009).
Ciascuno di noi porta con sé tradizioni e abitudini acquisite da
bambino, alle quali si legano ricordi e quindi affetti. Il cibo in molti
casi, dove se ne dà per scontata la disponibilità, può rappresentare un
conforto o un ostacolo e in ogni caso è legato ad uno stato emotivo,
positivo o negativo che sia, basta ricordare quanta importanza
assumono ai nostri giorni i disturbi del comportamento alimentare
(Dalle Grave, 1999). In senso lato, siamo ciò che mangiamo.
La definizione stessa della FAO fa riferimento non solo alle
necessità fisiologiche di cibo, ma anche alle preferenze alimentari a
9
sottolineare, appunto, tutti questi aspetti simbolici e culturali che il
concetto cibo racchiude in sé.
Purtroppo una visione d‟insieme dello stato dell‟alimentazione
nel mondo esprime chiaramente un divario nella popolazione
mondiale tra chi non ha cibo sufficiente per il proprio sostentamento e
situazioni di eccesso e conseguente spreco di cibo e di risorse.
Gli estremi di questo fenomeno sono rappresentati da un lato
dalla fame, dalla malnutrizione, dalla non diponibilità e dalla
mancanza di accesso al cibo, dall‟altro dall‟iperalimentazione -e
conseguente obesità- e dallo spreco in ogni gradino della catena
alimentare.
Per quanto riguarda la fame nel mondo, già da diverso tempo, a
partire dagli anni Novanta del secolo scorso, vi sono stati numerosi
tentativi di affrontare e risolvere il problema. Le due principali
iniziative, il “World Food Summit” della FAO nel 1996 e la
dichiarazione dei “Millenium Development Goals” delle Nazioni
Unite nel 2000, si sono prefisse come obiettivo comune quello di
dimezzare il numero di malnutriti nel mondo entro il 2015. A livello
mondiale circa un miliardo di persona soffre la fame (o di una qualche
forma di malnutrizione) (Fig. 1.1) e la percentuale di soggetti al di
sotto della soglia di povertà rimane a livelli elevati anche nei paesi
sviluppati (FAO, 2010).
Fig.1.1 Numero di persone denutrite nel mondo (milioni di persone)
Fonte: FAO, 2011
10
Paradossalmente però, in base alle stime delle FAO, la
produzione agricola complessiva mondiale garantirebbe una quantità
di calorie per ogni abitante superiori alle necessità giornaliere e
sarebbe sufficiente a sfamare dodici miliardi di persone, pari al doppio
della popolazione mondiale attuale (FAO, 2010) e quindi
apparentemente più che sufficiente a garantire cibo per tutti. Per di più
per tutto il XX secolo e l‟inizio del XXI, la produzione alimentare
mondiale è cresciuta proporzionalmente più di quanto abbia fatto la
popolazione, determinando un aumento della produzione pro capite.
(Segrè, 2008).
Come vedremo successivamente, questo paradosso si può
spiegare considerando che, nonostante i passi avanti nella produzione
mondiale e una disponibilità di cibo superiore alle necessità, i benefici
non sono stati distribuiti equamente; infatti è la diversa possibilità di
accesso alle risorse alimentari a far sì che, anche all‟interno di uno
stesso paese, una notevole percentuale di popolazione non riesca a
permettersi un‟adeguata alimentazione mentre altri abbiano cibo in
abbondanza.
Tale abbondanza, che rappresenta l‟estremo opposto del divario
cui abbiamo accennato in relazione allo stato dell‟alimentazione nel
mondo, si manifesta principalmente attraverso due fenomeni. Da un
lato il sempre più dilagante problema dell‟obesità sia nei paesi
sviluppati che nei paesi in via di sviluppo (IASO), dall‟altro la
formazione di sprechi alimentari che si vanno sommando ad ogni
gradino della catena dalla produzione al consumo come conseguenza
del progressivo aumento della produzione alimentare (Segrè, 2002).
Volendo approfondire il concetto di sicurezza alimentare, esso
può essere considerato con due possibili accezioni, una in termini
quantitativi, intesa come la quantità di cibo disponibile sufficiente per
una popolazione, e una in termini qualitativi, relativi alla
composizione nutrizionale e ai livelli igienico-sanitari dei cibi. (A.
Segrè, 2008)
11
Anche se gli aspetti quali/quantitativi si soprappongono spesso,
si può dire che per i paesi in via di sviluppo l‟interesse verta ancora
sulla disponibilità di cibo in termini quantitativi, mentre i paesi
industrializzati considerano la sicurezza alimentare dal secondo punto
di vista, essendo interessati principalmente agli aspetti qualitativi del
cibo.
In Europa, per esempio, dal secondo dopoguerra in poi
l‟attenzione si è progressivamente spostata dagli aspetti quantitativi
per la sicurezza alimentare di tutta la popolazione a quelli qualitativi
igienico-sanitari e nutritivi, una volta che tale disponibilità era stata
garantita.
In questo senso si sono stabilite regole più severe in materia di
tutele della salute, è aumentato il controllo degli alimenti in tutti i
livelli della produzione ed è inoltre aumentata l‟informazione dei
cittadini. Come conseguenza sono migliorate le etichettature degli
alimenti, si sono sviluppati i processi di rintracciabilità, sono nati i
marchi di qualità (DOP, IGP e PTG) e lo sviluppo dell‟agricoltura
biologica. Inoltre gli standard qualitativi per la commercializzazione
di un prodotto nelle CE, validi sia per i prodotti comunitari sia per
quelli importati, sono stabiliti e verificati da un ente preposto: l‟EFSA
(Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare).
Fig.1.2 Aspetti qualitativi di sicurezza alimentare a tutela del consumatore
Fonte: nostra elaborazione
12
Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, dove ancora il
60-80% della spesa totale è destinato all‟alimentazione (Segrè, 2008),
i termini di sicurezza alimentare sono relativi alla disponibilità e
all‟accesso al cibo.
Purtroppo gli obiettivi stabiliti dal World Food Summit di
Roma del 1996, di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che
soffre la fame nel mondo sembrano ancora lontani. Infatti, se da un
lato il Sudest asiatico, Cina e India in particolare, stanno
progressivamente riducendo il numero di malnutriti, la situazione
dell‟Africa Subsahariana è in continuo peggioramento (Segrè, 2008)
(Fig.1.7).
In tutti casi si presenta la difficoltà di analizzare e spesso di
reperire i dati. Sin dagli anni Novanta si è cercato di stabilire dei
criteri e approfondire le metodologie per svolgere indagini corrette che
permettessero di ottenere delle informazioni in grado di dare una reale
interpretazione dei bisogni alimentari, tenendo conto anche del
contesto ambientale, economico e culturale in cui l‟indagine veniva
svolta. Si fondono così gli aspetti economici, le caratteristiche
geografiche e culturali di un territorio con le informazioni relative ai
fabbisogni nutrizionali individuali e alle abitudini alimentari.
1.2 DIMENSIONI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE
Per definire, valutare e in qualche modo quantificare la
sicurezza alimentare devono essere considerati tre aspetti principali: le
cosiddette “dimensioni” della sicurezza alimentare (Segrè, 2008).
1) DISPONIBILITA‟ di alimenti in quantità sufficiente, di
qualità idonea a una corretta alimentazione per tutta la popolazione,
considerata come risultato tra prodotto interno, importazioni,
esportazioni e scorte di un determinato paese.
2) ACCESSO sufficiente e sicuro al cibo, attraverso le capacità
individuali di produrre, acquistare, scambiare o ricevere in dono.
13
3) UTILIZZO di cibo in adeguate condizioni igieniche e
nutrizionali, correlato allo stato di salute degli individui e alle
condizioni ambientali in genere.
Vi è inoltre una quarta dimensione trasversale e complementare
alle prime tre: la STABILITA‟ nel tempo della disponibilità,
dell‟accesso e dell‟utilizzo di cibo, garanzia di una continuità della
sicurezza alimentare (Fig.1.3); viceversa si parlerà di:
- instabilità cronica, quando l‟insicurezza alimentare si protrae
per lunghi periodi,
- instabilità transitoria, quando la condizione di insicurezza
alimentare è conseguenza di eventi limitati nel tempo.
Disponibilità, accesso e utilizzo sono tra loro correlati. Infatti,
se la disponibilità di cibo è condizione necessaria per la sicurezza
alimentare, non è di per sé sufficiente a garantirla, poiché questa
dipende contemporaneamente dalla possibilità di accesso e di utilizzo
del cibo stesso. L‟accesso al cibo dipende, oltre che dalla sua
disponibilità, dal reddito e dal potere di acquisto, dalle risorse e dai
mezzi di produzione.
Fig.1.3 Dimensioni della sicurezza alimentare.
Fonte Segrè A. Politiche per lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare, Carocci, 2008, pag.104
14
Vi possono essere forti discrepanze tra disponibilità e accesso
al cibo. Ricordiamo come i dati degli anni passati della FAO
stimassero che la produzione agricola mondiale potesse nutrire oltre
12 miliardi di persone (il doppio della popolazione attuale) a fronte di
circa un miliardo di persone che soffrono ad oggi la fame (925 milioni
di persone, secondo i dati FAO 2010). Sono numerosi i Paesi nei quali
ad una disponibilità calorica complessiva superiore alle necessità si
associano elevate percentuali di popolazione malnutrita. Inoltre questo
è un fenomeno che si presenta non solo nei paesi in via di sviluppo,
ma anche nei paesi industrializzati che hanno raggiunto i cosiddetti
livelli di sazietà, ma che presentano tuttavia elevate percentuali di
popolazione con un reddito inferiore al livello minimo di povertà.
Ciò dimostra come, benché la disponibilità teorica a livello
mondiale sia stata raggiunta, l‟accesso e l‟utilizzo di cibo sono ben
lontani dall‟essere garantiti per tutti.
Questo aspetto può trovare le sue motivazioni nel fatto che le
dimensioni della sicurezza alimentare sono caratterizzate da diversi
livelli istituzionali (internazionale/nazionale, locale, familiare e
individuale). I livelli istituzionali a loro volta interagiscono con
variabili di produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni
alimentari.
E‟ possibile specificare il grado di sicurezza alimentare
nell‟insieme delle relazioni tra le variabili, le dimensioni e i livelli
istituzionali che compongono diversi anelli della catena
agroalimentare (Fig. 1.4)
Come si vede, a ogni dimensione della sicurezza alimentare
corrisponde un determinato livello istituzionale al quale fanno
riferimento determinate variabili. Vi sono aspetti di tipo economico
che riguardano politiche locali, per quanto riguarda l‟accesso (reddito,
potere d‟acquisto, risorse e mezzi di produzione), e politiche nazionali
ed internazionali relativamente alla disponibilità (produzione
alimentare, scorte, importazioni, scambi e prezzi internazionali). Si
può notare come nella dimensione dell‟utilizzo, il livello istituzionale
15
sia quello familiare se non addirittura individuale e le variabili ad esso
relativo siano quelle specifiche che definiscono lo stato nutrizionale di
ogni singolo soggetto: condizioni igienico sanitarie, bilancio
energetico, dieta, condizioni di salute.
Fig. 1.4 Relazioni tra variabili, dimensioni della sicurezza alimentare e livelli
isitituzionali.
Fonte Segrè A. Politiche per lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare, Carocci, 2008.
Variabili Dimensioni Livelli
Produzione alimentare, stock,
importazioni, aiuti alimentari,
scambi e prezzi internazionali
DisponibilitàInternazionale/
nazionale
Reddito, potere d'acquisto,
risorsse e mezzi di produzione
e fabbisogno
Accesso al cibo Comunitario/locale
Elasticità domanda,
disponibilità, distribusiììzione
delle risorse nel gruppo
familiare
Utilizzo e consumi
alimentariLivello familiare
Dieta alimentare, disponibilità
di acqua ed adeguate
condizioni igienico-sanitarie
Stato nutrizionale Livello individuale
16
1.3 STATO DI NUTRIZIONE, NUTRIENTI E BILANCIO
ENERGETICO
Di seguito verrà analizzato più approfonditamente ciò che si
definisce stato di nutrizione di un individuo, facendo riferimento
anche alle definizioni di “bilancio energetico” e di “nutrienti”
necessarie a comprendere la stretta correlazione tra questi aspetti e le
condizioni di salute e di utilizzo del cibo da parte di ogni singolo
individuo.
1.3.1 NUTRIENTI
Per NUTRIENTI si intendono le sostanze specifiche, contenute
negli alimenti, che devono essere assunte in quantità sufficienti per
soddisfare i bisogni dell‟ organismo. Possiamo distinguere tra:
- Nutrienti essenziali, che non possono essere sintetizzati
dall‟organismo e devono necessariamente essere assunti con la dieta
- Nutrienti non essenziali, che possono essere sintetizzati
dall‟organismo a partire da altri nutrienti, assunti con la dieta o
accumulati come depositi del nostro organismo.
Distinguiamo inoltre tra:
- Macronutrienti calorici
- Micronutrienti o bioregolatori non calorici
I macronutrienti calorici sono:
GLUCIDI, con funzione essenzialemente energetica
PROTIDI, con funzione plastica, regolatrice ed energetica
LIPIDI, con funzione energetica, plasica, regolatrice
I micronutrienti non calorici sono:
VITAMINE con funzione regolatrice
SALI MINERALI con funzione plastica, regolatrice
ACQUA anche se essa non viene comunemente considerata un
nutriente, è evidente la sua importanza per lo stato di nutrizione e la
salute cellulare. L‟acqua è il maggior costituente della cellula e il
mezzo nel quale si realizzano tutte le reazioni metaboliche.
17
Fig 1.5 Nutrienti
Fonte: nostra elaborazione.
1.3.2 BILANCIO ENERGETICO
Il bilancio energetico di un soggetto dipende da numerosi
fattori, non tutti ugualmente quantificabili, ma nel complesso tale
bilancio è definito come “ la differenza tra le calorie introdotte con
l’alimentazione e quelle consumate”, si parla infatti di bilancio tra
entrate ed uscite. Se la componente delle entrate è di fatto costituita
dall‟apporto energetico degli alimenti assunti durante la giornata, i
consumi dipendono da diversi fattori: metabolismo basale, attività
fisica, stato di salute, termogenesi adattativa (che comprende l‟energia
utilizzata per il mantenimento della temperatura corporea e il
metabolismo degli alimenti ingeriti) (SINU).
Il Metabolismo di Base (MB) rappresenta la somma
dell‟energia utilizzata per compiere i lavori interni necessari
all‟organismo. In un individuo adulto sano e sedentario il MB incide
per circa il 65-75% del dispendio energetico totale. Il MB di un adulto
18
è determinato dal peso e dalla composizione corporea, oltre che
dall‟età e dal sesso.
Altri fattori quali stati di tensione nervosa, l‟innalzamento della
temperatura corporea, la temperatura ambientale, il tipo di dieta
possono concorrere a modificare il dispendio energetico di base.
Inoltre, crescita e condizioni fisiologiche particolari come allattamento
e gravidanza determinano un incremento del dispendio energetico
basale, a causa del costo energetico della sintesi e deposizione di
nuovi tessuti.
La Termogenesi Indotta dalla Dieta (TID) rappresenta
l'incremento del dispendio energetico in risposta all'assunzione di
alimenti. Mediamente può essere valutata in circa 7-15% del
dispendio energetico totale. La TID varia in funzione della quantità e
del tipo di alimenti ingeriti.
Il costo energetico dell‟attività fisica è ovviamente strettamente
dipendente dal tipo, frequenza ed intensità delle attività condotte
dall'individuo. Esso può variare da poco più del 15% del dispendio
energetico totale in stili di vita estremamente sedentari, a valori pari a
3-4 volte il MB, come si verifica in alcune classi di attività
occupazionale particolarmente pesanti.
1.3.3 STATO DI NUTRIZIONE
Lo stato di nutrizione è la “condizione risultante
dall’assunzione, assorbimento ed utilizzazione dei nutrienti, nonché
dall’influenza di particolari stati fisiologici e patologici” (Binetti et
al., 2006)
Lo stato di nutrizione definisce gli effetti dei nutrienti e degli
altri componenti degli alimenti sulle funzioni e sulla integrità
anatomica di cellule, tessuti, organi, apparati dell‟organismo umano.
In questo senso lo stato di nutrizione coincide e determina lo
stato di salute fisico di un individuo, caratterizzato dal mantenimento
dell‟equilibrio omeostatico fra attività metabolica, funzione tissutale e
composizione corporea.
19
Lo stato nutrizionale e lo stato di salute sono in relazione
biunivoca: ciò significa che lo scadimento dello stato nutrizionale può
favorire l‟insorgenza di malattia così come una malattia può essere
primitivamente responsabile di uno scadimento dello stato
nutrizionale (G. Bedogni, 2010).
Sono state fornite numerose dimostrazioni dell‟importanza
dello stato nutrizionale nel determinare lo stato di salute e tale
importanza è stata più volte dall‟Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) che sottolinea il concetto di stato di nutrizione
definendolo come: livello di energia e nutrienti introdotti per
bilanciare il dispendio energetico e permettere all'individuo di
mantenere la propria dimensione e composizione corporea, un
adeguato livello di attività fisica e lo stato di salute nel lungo termine;
inoltre, consentire la possibilità di svolgere le attività
economicamente necessarie e socialmente desiderabili. Tale
definizione allarga il concetto di benessere allo stile di vita e
globalmente alla sfera psicosociale di ogni individuo.
Lo stato nutrizionale dipende da una serie di fattori
concomitanti:
-fattori biologici quali sesso, razza, età, assorbimento dei
nutrienti, ecc.
-fattori psicologici come il desiderio di mangiare,
-fattori sociali, come la disponibilità e l‟accesso al cibo.
Fig.1.5 Fattori che determinano lo stato nutrizionale.
20
Oltre all‟adeguato apporto calorico quotidiano devo essere presenti
tutti i nutrienti necessari al mantenimento di un adeguato stato di
salute fisico, devono cioè essere garantiti gli apporti in macro e
micronutrienti, secondo i LARN, stabiliti dalla SINU nel 1996 e
attualmente in fase di aggiornamento.
1.4 MALNUTRIZIONE
Come si può dedurre dai dati precedenti, fondamentale per il
mantenimento dello stato nutrizionale di un soggetto -e quindi del suo
stato di salute- non è soltanto un adeguato apporto calorico, ma anche
l‟apporto di tutti i principi nutritivi necessari e nelle giuste
proporzioni.
Secondo la definizione del Council On Food and Nutrition dell‟
American Medical Association, il termine malnutrizione sta ad
indicare “uno stato di alterazione funzionale strutturale
dell’organismo, conseguente a discrepanza tra fabbisogni nutrizionali
specifici ed introito o utilizzazione dei nutrienti essenziali”. Le
alterazioni dello stato di nutrizione si sviluppano, quindi,
progressivamente conseguentemente a una disponibilità di energia e/o
nutrienti non adeguata.
Si definisce
-Primaria, la malnutrizione di derivazione alimentare, che si
manifesta in assenza di malattia (carenza di cibo)
-Secondaria la malnutrizione derivante da una condizione
patologica, cosiddetta “desease related malnutrition”, che influenza
una qualsiasi fase dall‟assunzione all‟utilizzo dei nutrienti.
La malnutrizione può essere suddivisa in situazioni nutrizionali
per difetto o per eccesso e all‟interno di ciascuna si può avere una
forma globale (da eccesso/difetto di apporto nutrizionale o da
aumento/diminuzione del dispendio energetico) o una forma selettiva
(sindromi carenziali o eccessiva assunzione in genere di vitamine o
Sali minerali) (Binetti et al., 2006)
21
Fig.1.6 Forme di malnutrizione.
Fonte: Binetti et al.,Manuale di nutrizione clinica, Ed. Universo, 2006
La principale forma per difetto è rappresentata dalla
malnutrizione proteico-energetica (PEM), caratterizzata da una
progressiva riduzione della massa magra e del tessuto adiposo.
Si posso distinguere tre forme di PEM:
-Marasma o Cachessia: dovuta a deficit cronico di energia,
caratterizzata da arresto della crescita e calo ponderale. Sono presenti
deplezione della massa muscolare e del tessuto adiposo, ma il
comparto proteico viscerale viene solo in parte intaccato. Tipicamente
si manifesta nelle fase terminale di malattie severe (neoplasie, ecc.) o
in caso, per esempio, di anoressia nervosa.
-Kwashiorkor o Malnutrizione proteica: caratterizzata da una carenza
prevalentemente proteica, in presenza di introito calorico sufficiente.
Pur essendo aumentato il metabolismo basale con aumento del
catabolismo, le riserve adipose sono inizialmente conservate, mentre
si ha deplezione delle proteine viscerali, in particolare dell‟albumina
sierica, con conseguente manifestarsi di edema , inoltre si evidenzia
deplezione del tessuto muscolare, debolezza, e infezioni secondarie
per alterazione del sistema immunitario. E‟ classicamente il tipo di
malnutrizione presente nei paesi in cui l‟alimentazione è a base di
PER ECCESSO PER DIFETTO
Ridotto apporto nutrizionale
Aumento dispendio energetico
Perdite di nutrienti
Deficit vitamine
Deficit Sali minerali
Deficit altri nutrienti
MALNUTRIZIONE
GLOBALE Aumento apporto nutrizionale
SELETTIVAEccessiva assunzione di vitamine,
sali minerali, altri nutrienti
22
cereali e si manifesta generalmente dopo lo svezzamento, quando
l‟apporto proteico garantito dal latte materno viene a mancare.
-Tipo misto Marasma-Kwashiorkor: è la forma più frequente di
malnutrizione, dove i due quadri precedentemente descritti coesistono
(deficit energetico e insufficinte apporto proteico).
Le cause della malnutrizione sono spesso multifattoriali ma
possono essere schematizzate in tre possibili situazioni:
-insufficiente apporto di nutrienti: povertà, isolamento,
dipendenza nell‟alimentarsi, digiuno, anoressia nervosa, depressione,
alcolismo, difficoltà di deglutizione ecc.
-alterato metabolismo di nutrienti; patologie croniche, quali,
diabete, uremia, epatopatie gravi, ecc.
-aumentato fabbisogno o aumentata perdita di nutrienti: febbre,
interventi chirurgici, dialisi, neoplasie, emorragie, ustioni, traumi,
diarrea, vomito, infezioni, ecc.
1.5 MALNUTRIZIONE E POVERTA’
Secondo il World Development Report 2000-2001 della Banca
Mondiale, 2,8 miliardi di persone vive con meno di 2 dollari al giorni
e di questi, 1,2 milardi vive con meno di 1 dollaro al giorno. Sempre
lo stesso documento fa notare come, benché a livello globale si sia
assistito a un miglioramento delle condizioni di vita esponenziale
nell‟ultimo secolo rispetto a tutta la storia passata, i benefici di tale
progresso sono distribuiti in modo assolutamente ineguale: si è
allargata enormemente la forbice tra ricchi e poveri, anche all‟interno
di uno stesso paese. L‟andamento e la sua distribuzione geografica del
fenomeno indicano un miglioramento nel sud est asiatico ed un
peggioramento nell‟Africa subsahariana, di pari passo con i livelli di
sicurezza alimentare, a conferma del fatto che la fame segue la povertà
(Fig.1.7).
23
Fig.1.7 Prevalenza di denutrizione nei paesi in via di sviluppo.
Fonte: FAO, 2010.
Lo sviluppo economico non ha eliminato la povertà, né tanto
meno una sua diretta conseguenza: la fame e la malnutrizione. Il
problema è così sentito tanto che la stessa FAO ha sviluppato il
Sistema di Informazione e Cartografia sulla Sicurezza Alimentare
(FIVIMS) per stabilire quali siano le zone a maggiore rischio di
vulnerabilità alimentare e quali categorie di popolazione ne siano più
colpite.
L‟OMS ha stimato che nel 2000 circa 1,3 miliardi di persone
soffrivano la fame o di una qualche forma di malnutrizione, ma come
già ricordato, le cause di questo fenomeno non sono dovute a una
scarsità o mancata disponibilità di cibo, bensì sono in primo luogo
imputabili all‟inadeguatezza delle politiche locali ed internazionali in
ambito di programmi sociali che consentano l‟accesso al cibo in modo
equo per l‟intera popolazione.
Volendo definire meglio il concetto di povertà, si può
innanzitutto distinguere tra povertà assoluta e povertà relativa.
Nel primo caso si fa riferimento a una “situazione economica di
scarso benessere per la quale non si è in grado di procurarsi le risorse
necessarie a soddisfare i propri bisogni”. Si tratta di uno stato
24
d‟indigenza assoluta che comprende aspetti materiali quali un basso
reddito tale da non permettere di soddisfare i bisogni primari
dell‟individuo e aspetti non materiali rappresentati dall‟inaccessibilità
a beni e servizi sociali, politici e culturali (Segrè, 2002).
Il concetto di povertà relativa tiene in considerazione le
continue trasformazioni nel tempo all‟interno di una società e si basa
su una scala di valori la cui unità di misura viene continuamente
ridefinita e ha significato solo in termini di paragone tra due
condizioni e mai rispetto ad un valore assoluto. Si definisce povero
colui il quale ha molto meno rispetto alla media della popolazione in
un determinato momento: “Si è poveri non tanto in relazione a ciò che
manca ma a ciò che, mediamente, hanno gli altri”(Sarpellon, 1994).
In Italia, secondo i dati Istat del 2001, il 13,4% della
popolazione viveva in una condizione di povertà relativa, cioè con una
capacità di spesa inferiore alla metà della capacità media nazionale
pro capite e con maggiore concentrazione nel Mezzogiorno, inoltre la
percentuale risultava in aumento rispetto agli anni precedenti,
passando dal 10,2% al 12% di famiglia povere.
Ancora più elevato risultava in divario tra Nord e Sud rispetto
ai termini di povertà assoluta, definita in base al valore monetario di
un paniere di beni e servizi considerati essenziali, tra cui la
componente alimentare.
Gli ultimi dati dell‟istituto nazionale di statistica francese
(INSEE) dimostrano il rapporto direttamente proporzionale tra
ricchezza e povertà in un determinato paese. Oltralpe, infatti, nel
2009, a fronte di un incremento dello 0,5% delle persone indigenti, si
è registrato un +0,4% del tenore di vita mediano rispetto all‟anno
precedente. Insomma, si è alzata l‟asticella del benessere e di
conseguenza è aumentato il numero dei poveri. A conferma di come la
povertà non sia un fenomeno a sé stante, bensì l‟espressione di una
società in movimento.
Da tali considerazioni e dai dati riportati nel paragrafo
precedente si evince che la povertà, assoluta o relativa che sia, è un
25
fattore determinante l‟insicurezza alimentare. Anche nei paesi in cui i
livelli di sicurezza sono raggiunti, esiste una notevole percentuale di
popolazione che non è in grado di permettersi un‟alimentazione
corretta qualitativamente se non addirittura quantitativamente
parlando, Italia compresa.
A fronte di tali carenze, vedremo come nelle società sviluppate
e non solo, lo spreco alimentare si presenti come l‟altro lato della
medaglia, in continuo aumento e in ogni fase della catena che porta
dalla produzione al consumo.
La possibilità di trovare in qualche modo un anello di
congiunzione tra carenze e spreco o come diremo in seguito tra deficit
e surplus, rappresenta l‟obiettivo che in molti si stanno ponendo a
livello privato, pubblico, locale e internazionale: se ancora lo spreco
non può essere evitato, si tenta di trasformarlo in risorsa per i
bisognosi.
1.6 ASPETTI QUALI/QUANTITATIVI DELLA
SICUREZZA ALIMENTARE
Il concetto di sicurezza alimentare, come già detto in
precedenza, evidenzia due aspetti che devono essere garantiti: il primo
aspetto è quello quantitativo (calorie necessarie) il secondo quello
qualitativo (principi nutritivi che apportano tali calorie e
macro/micronutrienti essenziali).
Dal punto di vista quantitativo, all‟enorme entità del problema
della fame nel mondo, fa da contrappeso l‟aumento della percentuale
di soggetti obesi. L‟obesità rappresenta una forma di malnutrizione,
dove spesso ad un eccesso calorico introdotto si associa una scarsa
qualità e una non corretta composizione in nutrienti degli alimenti
stessi.
26
Fig.1.8 Percentuale di soggetti obesi (BMI>=30) nel mondo.
Fonte: WHO, 2011
I dati dell‟Associazione Internazionale per lo Studio
dell‟Obesità (IASO) indicano che la percentuale di adulti obesi
nell‟America Settentrionale e Centrale, Australia e molti stati europei
ha superato il 24%; in particolare è allarmante l‟aumento di bambini
obesi in questi stessi paesi (Fig. 1.8).
L‟obesità rappresenta ormai uno dei principali problemi di
sanità pubblica al mondo a causa delle patologie ad essa correlate e
del costo sanitario che ne consegue. Le stime contano 1,5 miliardi di
adulti sovrappeso (BMI ≥25) al mondo, di cui 475 milioni obesi
(BMI≥30) (ISAO), tanto che si è giunti a considerare l‟obesità come
vera e propria pandemia con dinamiche di sviluppo e diffusione alla
stregua di una malattia infettiva. (Christakis, 2007)
I cambiamenti nelle abitudini alimentari avvenuti nella seconda
metà del ventesimo secolo hanno visto le diete tradizionali, a base
vegetale, sostituite da diete ad alto contenuto di grassi e di energia,
con un contenuto sostanziale di cibo animale. Questo ha giocato un
27
ruolo chiave nell'aumento di malattie prevenibili legate
all'alimentazione, le cosiddette "malattie del benessere" (WHO/FAO
2002).
Mentre la denutrizione e la carenza di vitamine e minerali,
situazioni diffuse nei paesi poveri e in quelli in via di sviluppo,
arrecano i maggiori danni all'inizio del ciclo vitale, la
sovralimentazione determina un degrado progressivo e spesso
inizialmente subdolo, con malattie cardiache, cancro e altre malattie
croniche che colpiscono tipicamente durante la mezza età o la
vecchiaia. Un'indagine a livello mondiale sulle malattie, intrapresa
negli anni '90 dalla Banca Mondiale e dalla Harvard University è
riuscita a descrivere l'estensione dell'impatto della malnutrizione sulla
salute: una alimentazione scorretta causa più della metà del carico
totale di malattie nel mondo (Gardner, 2000).
Fig.1.9 Food Balance Sheets per I‟Italia per l‟anno 2007
Fonte: FAOSTAT, 2011
La FAO ha riportato nei “Food Balance Sheets” per ogni paese
la quantità di cibo disponibile pro capite, indicando le quantità in
Kcal/procapite/day protein/procapite/day fat/procapite/day
Grand Total + (Total) 3646 111,4 158,6
Vegetal Products + (Total) 2705 50,5 87,7
Animal Products + (Total) 941 61 70,9
Food supply
28
grammi per ogni categoria di alimenti, e quantificabile
complessivamente in calorie disponibili pro capite. In Italia,
relativamente all‟anno 2007, ogni abitante avrebbe avuto a
disposizione circa 3656 kcal, pari a circa una volta e mezzo il
fabbisogno calorico giornaliero secondo i dati dell‟INRAN (Fig.1.9).
In generale occorre approfondire gli aspetti qualitativi delle
calorie fornite, valutando cioè da quale categoria di alimenti essi
provengano.
Un primo aspetto da valutare è il costo calorico iniziale per
ogni caloria di prodotto consumata, ricordando per esempio come per
ogni caloria di proteine animali, occorra ben più di una caloria di
cereali per produrla.
Le valutazioni fatte dalla FAO riguardo alle calorie
complessive disponibili a livello mondiale si riferiscono alla
produzione agricola mondiale e non tengono conto del costo in calorie
iniziali che ogni caloria fornita da proteine animali richiede per essere
prodotta. Bisogna ricordare che l‟utilizzo dei vegetali per la
produzioni di mangime animale negli allevamenti è uno dei motivi
della insufficiente capacità di soddisfare i bisogni alimentari delle
popolazioni in via di sviluppo insieme alla produzione dei
biocombustibili.
L‟allevamento animale consuma molte più calorie di quelle che
si potrebbero ottenere dal consumo diretto dei vegetali, con un
rapporto tra produzione di mangimi e consumo diretto umano di 1:3 o
1:4 a seconda del tipo di animale allevato (NEIC,2010)
Il prezzo delle calorie di natura proteica di origine animale è
decisamente più elevato di quelle vegetali rendendo le prime
inaccessibili a molti con le conseguenti carenze nutrizionali.
Uno studio relativo alle correlazioni esistenti tra cibo,
allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute, ha valutato
l‟impatto che la produzione animale ha sull‟effetto serra, arrivando
alla conclusione della necessità di ridurre il consumo di prodotti
animali da parte dei paesi più ricchi, e fissare una soglia da non
29
superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i paesi
convergano verso lo stesso livello di consumo: non più di 90 grammi
di carne al giorno pro-capite. Attualmente il consumo è di 101 grammi
di media globale, di cui 47 grammi nei paesi in via di sviluppo e ben
224 grammi nei paesi industrializzati (McMichael et al., 2007)
(Fig.1.10). Per arrivare a 90 grammi nei paesi industrializzati
occorrerebbe più che dimezzare il consumo di carne, per la precisione
arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all'attuale.
Fig.1.10 Media consumo giornaliero di carne in grammi.
Fonte: McMichael et al., 2007
Viceversa, al di là della diversa accessibilità al cibo, in molti
paesi in via di sviluppo anche laddove la disponibilità calorica pro
capite risulta sufficiente, questa non consente alla popolazione di
avere una alimentazione adeguata, poiché l‟origine di tali calorie è
prettamente cerealicola, e quindi l‟alimentazione risulta carente in
nutrienti essenziali, quali principalmente le proteine e le vitamine.
Ricordiamo che la più grave forma di malnutrizione da carenza
proteica, il Kwashiakor colpisce ancora interi paesi dell‟Africa
Subsahariana, con elevate percentuali di mortalità infantile. (Arienti
G., 2009). Nel 2003 il “Bellagio Study Group” ha raccolto e
analizzato i dati provenienti da organizzazioni sanitarie governative e
non da cui è emerso, in particolare, che il 25% dei bambini nel mondo
è malnutrito, e che la malnutrizione è la causa principale di
suscettibilità alle malattie, contribuendo quindi al 60% dei decessi.
Un altro aspetto da considerare è la densità calorica degli
alimenti consumati. In molti paesi in via di sviluppo, in particolare
Cina e India, si assiste ad un progressivo aumento di soggetti in
Media mondiale Media paesi industralizzati Media paesi in via di sviluppo
101 224 47
Consumo di carne (grammi/die)
30
sovrappeso ed obesi, e soprattutto ad incremento delle patologie ad
esso correlate, in particolare le malattie cardiovascolari e il diabete.
Secondo alcuni studi è aumentato il consumo di zuccheri raffinati e di
grassi vegetali saturi. Il costo di questi alimenti è progressivamente
diminuito, contemporaneamente il costo di frutta e verdura, anche nei
paesi sviluppati è aumentato notevolmente. La conseguenza è nel
complesso un aumento dei prezzi degli alimenti a minore densità
calorica, ma nutrizionalmente più salutari, e viceversa un minor costo,
e quindi maggiore consumo, di alimenti con densità calorica elevata
(Drewnowski et al., 2004-2007).
Fig.1.11 Relazione tra densità energetica e costo energetico di alcuni cibi.
Fonte: Drewnowski et al., 2004-2007
Il paradosso è evidente, popolazioni povere consumano
alimenti che forniscono molte calorie ma di scarsa qualità nutrizionale
e le conseguenze si esprimono con l‟aumento della proporzione di
soggetti obesi e di patologie correlate. La scarsa disponibilità
economica, benché consenta loro di non patire la fame, non è
sufficiente a consentire l‟accesso agli alimenti necessari ad una
corretta alimentazione.
31
CAPITOLO SECONDO
32
2.1 LO SPRECO NEL SISTEMA AGROALIMENTARE
Il sistema agroalimentare è definito come l’insieme complesso
di attività coinvolte nel flusso di beni e servizi dal punto iniziale delle
aziende agricole ai consumatori finali (Fanfani, 2009). Lo spreco
all‟interno di tale sistema tocca tutti gli step della catena produttiva:
produzione, trasformazione, distribuzione e consumo.
Fig. 2.1 Anelli del sistema agroalimentare.
Fonte: nostra elaborazione
In base alla definizione, “sprecare” significa “usare in modo
tale che determinate qualità o quantità di una cosa vadano perdute o
non vengano utilizzate” e quindi utilizzare senza mettere a frutto o non
nel modo corretto. Spesso questo può significare un consumo in
eccesso di un determinato bene, ma anche il suo mancato utilizzo.
In ambito agroalimentare si definisce “spreco” un prodotto che
ha perso il proprio valore commerciale, e quindi cessa di essere
considerato “merce”, ma non le proprie qualità e la funzione di
alimento. Si tratta di un bene che può essere ancora utilizzato secondo
33
la propria destinazione finale: l‟alimentazione umana, ma non può più
essere venduto. Diviene quindi “invenduto”, ma non “invendibile”.
Generalmente si definiscono “eccedenze” gli sprechi relativi al
primo step, la produzione agricola, e si riferiscono a quei beni che il
mercato non è in grado di allocare. Mentre si parlerà di “surplus” e
“invenduti” negli step successivi della trasformazione e distribuzione,
avendo la formazione di prodotti in eccesso carattere straordinario e
aleatorio, come nel caso di danneggiamenti, errori, scadenze
ravvicinate, ecc.
In realtà, a questa categoria di prodotti se ne associa un‟altra,
costituita da quei prodotti che non presentato le caratteristiche
organolettiche ed igieniche che ne garantiscono la consumabilità da
parte della popolazione. Si tratta di perdite necessarie a garantire la
sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti e la salute dei consumatori e
che devono essere eliminate e sono destinate a essere smaltite come
rifiuto, sono quindi definite come “inevitabili” (Fig.2.2).
Fig.2.2 Sprechi evitabili e inevitabili.
Fonte: elaborazione da: Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed
FrancoAngeli, 2002
34
Viceversa alla prima categoria appartengono grandi quantità di
prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili che per le più
svariate ragioni non possono raggiungere o sono state tolte dal
mercato, e che di conseguenza sono definiti “sprechi alimentari
evitabili” (Segrè, Falasconi, 2011) (Fig.2.2).
Fig.2.3. Categorie di prodotti che formano lo spreco.
Fonte: “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo”, Segrè, Falasconi, 2011
In relazione a questi ultimi è possibile fare una ulteriore
distinzione tra i prodotti destinati allo smaltimento come rifiuto
(spreco assoluto), quelli che trovano una via di trasformazione
alternativa al consumo alimentare (spreco relativo) e quelli che
potrebbero a tutti gli effetti essere recuperati con la finalità per cui
erano stati inizialmente prodotti, pur avendo perso il proprio valore
commerciale (Fig.2.3).
Infine è utile ricordare che vi è una caratteristica specifica del
prodotto alimentare che per la sua natura stessa lo rende
maggiormente soggetto al fenomeno dello spreco rispetto a qualsiasi
altra categoria di prodotti: la sua deperibilità. Questo rappresenta un
35
fattore critico per l‟intera catena produttiva, che in molti casi limita e
condiziona la gestione del prodotto: le condizioni di conservazione, le
norme igieniche, il trasporto, la trasformazione, il confezionamento ne
sono solo alcuni esempi.
2.2 SPRECO, IMPATTO AMBIENTALE E
SOSTENIBILITA’
Lo spreco alimentare è un fenomeno delle società economiche
“ricche” e rappresenta l‟estremo opposto, nonché il paradosso, del
problema della fame e della malnutrizione a livello mondiale. Il
fenomeno riguarda prevalentemente le aree urbane dei paesi
industrializzati, ma si verifica con sempre maggiore frequenza anche
nei paesi in via di sviluppo (Falasconi, Segrè, 2011).
Il problema dello spreco è stato per molto tempo ignorato e
solo recentemente si è cominciato a discutere e prendere
provvedimenti in tal senso. Le iniziative anche a livello internazionale
si sono sviluppate a partire da una nuova sensibilità scaturita a seguito
della crisi economica che ha portato alla luce problematiche da lungo
tempo latenti.
Così come FAO e OMS svolgono attività d‟informazione e
monitoraggio per quanto riguarda la povertà e la fame nel mondo,
anche sui temi dello spreco alimentare sono nate iniziative per
sensibilizzare l‟opinione pubblica.
In ambito europeo la prima iniziativa contro lo spreco si è
svolta a Bruxelles presso il Parlamento Europeo, il 28 ottobre 2010.
La conferenza “Trasforming food waste into a resource” ha visto la
partecipazione di deputati europei, di organizzazioni degli Stati
membri attive in tal senso e della “Commissione agricoltura e
sviluppo rurale” del Parlamento Europeo. Il fine è di stabilire delle
linee d‟azione comuni per ridurre lo spreco alimentare e promuovere
iniziative atte a sensibilizzare l‟opinione pubblica sull‟argomento. Nel
corso della conferenza è stata redatta la “Dichiarazione congiunta
contro lo spreco” i cui obiettivi comprendono la riduzione dello
36
spreco alimentare del 50% entro il 2025 e una maggiore informazione
del consumatore che ne stimoli la sensibilità e consapevolezza
sull‟argomento.
A livello locale si cerca di mantenere vivo il contatto tra il
consumatore e chi produce il cibo: le iniziative della “spesa a
kilometro zero”, oltre ad avere un significato economico positivo
attraverso il sistema della “filiera corta”, stimolano l‟interesse della
popolazione ai modi e ai mezzi attraverso cui il cibo viene prodotto in
una società industrializzata che va progressivamente perdendo la
percezione dell‟origine del cibo e di conseguenza la capacità di
riconoscerne il valore sociale, culturale e le qualità nutrizionali.
E‟ bene in questa sede specificare che si definisce “filiera”
l’itinerario seguito da un singolo prodotto (o da un gruppo di
prodotti) lungo il sistema agroalimentare (Malassis, 1976); in
particolare si parla di “filiera corta” quando il prodotto bypassa alcune
o tutte le tappe intermedie del percorso dal produttore al consumatore
(vedi Fig.2.12).
Vi sono due aspetti che si evidenziano nella correlazione tra
spreco ed economie sviluppate:
il costo energetico dello spreco stesso,
l‟inquinamento che esso produce.
Fig. 2.4 Fattori che determinano l‟impatto ambientale dello spreco
Fonte: nostra elaborazione.
37
Per il primo aspetto si deve considerare il costo della quantità
di cibo sprecato come tale, ma anche il costo delle risorse necessarie a
produrlo e quelle necessarie a smaltirlo. Analogamente lo smaltimento
del cibo sprecato così come l‟impiego di energia necessaria a
produrlo, trasformalo, distribuirlo e quindi trasportarlo, sarà fonte di
inquinamento. Fare una quantificazione complessiva di questi aspetti
significa in altri termini valutare “l’impatto ambientale” dello spreco
alimentare: infatti, l‟analisi dell‟impatto ambientale non si limita alla
fase produttiva, ma segue l‟intero corso di vita degli alimenti (Fig.
2.4).
Per rendere facilmente comprensibili i risultati di un‟indagine
generalmente si utilizzano tre indicatori di sintesi specifici:
l‟impronta di carbonio (Carbon Footprint), che
rappresenta e indentifica le emissioni di gas serra responsabili
dei cambiamenti climatici ed è misurata in massa di CO2
equivalente;
l‟impronta idrica (Water Footprint) o contenuto di
acqua virtuale, che quantifica i consumi e le modalità di
utilizzo delle risorse idriche ed è misurata in volume (litri) di
acqua;
l‟impronta ecologica (Ecological Footprint), che misura
la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva
necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni
associate a un sistema produttivo, si misura in m2 o ettari
globali (gha) (Fig.2.5).
In particolare l‟impronta ecologica permette di valutare
quanto “consuma” nel suo complesso ciascun individuo per
soddisfare i propri bisogni o meglio per mantenere il proprio
stile di vita.
38
Fig.2.5 Indicatori dell‟impatto ambientale dello spreco
Fonte: nostra elaborazione.
La sostenibilità, nella sua accezione di “capacità per un
qualsiasi sistema di mantenersi intatto e vitale nel lungo periodo”, a
livello alimentare deve tenere conto non solo degli sprechi lungo tutto
il processo produttivo degli alimenti, ma anche delle scelte alimentari
fatte dal singolo soggetto.
Secondo i recenti dati pubblicati dal Barilla Center for Food
and Nutrition (BCFN) relativi alle statistiche del Global Footprint
Network (GFN), un cittadino di un Paese ad alto reddito consuma
circa 6.1 ettari globali (pari a circa 170m2 globali al giorno), ovvero
più del doppio della media mondiale di cui una buona parte sono
sfruttati per l‟alimentazione (Fig. 2.6).
In Italia in particolare il 31% del consumo globale è dedicato
all‟alimentazione (BFNC, 2011) (Fig.2.7). Inoltre secondo i dati
raccolti nel 2005, l‟Italia ha un‟impronta ecologia di 4,2 ettari globali
a fronte di una biocapacità di 1 ettaro, con un deficit pari quindi a 3,2
ettari globali.
39
Fig.2.6 Stima dell‟impronta ecologica per produrre le risorse necessarie ad un
cittadino medio in diverse parti del mondo
Fonte:BFNC, 2011
Fig. 2.7 Impronta ecologica dell‟Italia disaggregata per categorie di
consumo.
Fonte: BCFN, 2011
E‟ stato infine stimato che ogni anno in Italia lo spreco di
ortofrutta a livello della distribuzione sia quantificabile in circa 400
milioni di m2
globali e quello di carne sia pari a oltre 83 milioni m2
globali (Falasconi, Segrè, 2011).
40
Già nel 2010 la BCFN ha proposto un‟interessante correlazione
tra la piramide alimentare della dieta mediterranea e una nuova
piramide riguardante il diverso impatto ambientale degli alimenti in
termini d‟impronta ecologica. Si è notata una correlazione inversa tra
impatto ambientale delle varie categorie di alimenti e la frequenza di
consumo suggerita per una corretta alimentazione.
Quest‟osservazione ha portato allo sviluppo del concetto di
“Doppia Piramide Alimentare” (Fig. 2.8) che ben esprime, con le due
piramidi affiancate ed invertite una rispetto all‟altra, l‟importanza
delle scelte alimentari da parte del consumatore finali mostrando come
l‟adozione di un modello alimentare corretto abbia effetti positivi in
termini non solo nutrizionali ma anche ambientali.
Fig. 2.8 Doppia piramide alimentare/ambientale
Fonte: BCFN, 2011
In particolare è stato evidenziato come, a parità di apporto
calorico e di macronutrienti (protidi, lipidi, carboidrati), l‟impronta
ecologica possa aumentare di ben tre volte passando dalla scelta di
alimenti di origine vegetale ad alimenti di origine animale (da legumi,
olio d‟oliva a uova, carne e grassi animali) e dall‟utilizzo di prodotti
integrali a quello di prodotti raffinati e più elaborati (da cereali
41
integrali e pasta a pane, pizza, zucchero e dolci) (Fig. 2.9 e Fig.2.10).
Questo permette di rilevare come lo spreco di risorse utilizzate possa
essere evitato grazie ad una maggiore consapevolezza del singolo
individuo nel compiere le proprie scelte alimentari.
Fig. 2.10 Composizione di un menù vegetariano e relativo impatto ambientale
Fonte:BCFN, 2011
Fi.g 2.11 Composizione di un menù a base di carne e relativo impatto ambientale
Fonte:BCFN, 2011
42
2.3 LO SPRECO NELLA CATENA AGROALIMENTARE
Un primo aspetto che si manifesta nel tentativo di valutare e
misurare lo spreco lungo i vari anelli della catena alimentare è la
mancanza di dati cui fare riferimento per dare una giusta
quantificazione del fenomeno. Chi di questi argomenti si occupa
lamenta l‟assenza di letteratura specializzata e di rilevazioni statistiche
sull‟argomento (Segrè, 2011); inoltre risulta scarso l‟interesse anche
da parte degli stessi operatori del settore. Le cause possono essere
ricondotte ad alcuni elementi principali:
• Elevata frammentazione del fenomeno tra gli step della
produzione e all‟interno di ciascuna di esse e conseguente difficoltà di
quantificazione.
• Valutazione dello spreco come evento eccezionale, evitabile e
quindi da non considerare “strutturale”.
• Carattere aleatorio del fenomeno di difficile previsione.
• Refrattarietà da parte delle aziende coinvolte nei processi della
catena alimentare a rendere noti dati relativi allo spreco che
conferirebbero una valenza negativa al prodotto e all‟immagine
dell‟azienda stessa.
• Scarsa sensibilità e interesse all‟argomento da parte del
consumatore finale.
Per quanto riguarda la quantificazione dello spreco in Italia,
dagli studi condotti, benché manchi a tutt‟oggi un protocollo
metodologico e una mappa dettagliata del fenomeno, i risultati ottenuti
evidenziano l‟estrema rilevanza del problema in termini economici,
ambientali e nutrizionali (Segrè, 2011).
2.4 CAUSE E QUANTIFICAZIONE DELLO SPRECO
NEGLI ANELLI DELLA CATENA AGROALIMENTARE
Come già accennato all‟inizio del capitolo, lo spreco all‟interno
del sistema agroalimentare tocca ogni passaggio produttivo, di
conseguenza tanto più numerosi sono i passaggi che definiscono il
percorso di un prodotto dalla produzione agricola al consumo finale,
43
tanto maggiore sarà l‟accumulo di spreco che si andrà a formare lungo
il ciclo di vita del prodotto stesso (Fig.2.12).
Fig. 2.12 Ciclo di vita di un prodotto alimentare.
Fonte: Elab. da: Falasconi L., Il divulgatore, N.2-3, 2008
Inoltre le cause che danno origine allo spreco sono in genere
specifiche per ciascuno degli step della catena di produzione
alimentare e verranno di seguito analizzate singolarmente.
2.4.1 SPRECO NELLA PRODUZIONE AGRICOLA
Il problema dello spreco in agricoltura è conseguenza delle
cosiddette “eccedenze di produzione”, fenomeno che in parte si può
considerare fisiologico a causa della variabilità del volume di
produzione tra un anno e l‟altro in base ad eventi non prevedibili quali
quelli atmosferici (pioggia, siccità, ecc.)
In particolare si distinguono:
eccedenze congiunturali, dovute a fattori occasionali
particolarmente propizi durante un‟annata di produzione che
generalmente si alternano, in una sorta di equilibrio, ad annate
meno favorevoli;
44
eccedenze strutturali, determinate da un eccesso reiterato nel
tempo della capacità produttiva rispetto ai consumi e quindi
alla domanda del prodotto, o ad una riduzione della domanda
rispetto alle quantità normalmente prodotte (Fig. 2.13).
Fig. 2.13 Tipi di eccedenze di produzione in agricoltura
Fonte: elaborazione da Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed
FrancoAngeli, 2002.
Benché i prodotti agricoli rappresentino un bisogno primario
come base dell‟alimentazione umana e quindi se ne presuma
auspicabile l‟abbondante disponibilità sui mercati, il fenomeno delle
eccedenze strutturali era dovuto ad un fattore principale: la gestione
dei mercati agricoli mediante prezzi garantiti, secondo le direttive
della Politica agricola comunitaria (Pac). In Italia, tale compito era
svolto da un ente pubblico, Agea, che si occupava dell‟acquisto
obbligatorio dei prodotti che il mercato non riusciva ad assorbire,
garantendo ai produttori la realizzazione di un prezzo minimo
prefissato indipendentemente dalla domanda.
A livello comunitario erano stabilite per ogni Stato membro delle
quote massime di produzione per alcuni prodotti quali latte, olio,
carne, frumento, ecc. Stabilite tali quote, l‟Agea, tramite la UE,
riceveva quindi dei finanziamenti per utilizzare e trasformare le
eccedenze a sostegno dell‟alimentazione di persone in stato di
bisogno.
45
In termini di spreco bisogna evidenziare due aspetti:
i prodotti che vengono ritirati quali eccedenze agricole non
presentano alcun difetto, risultando in tutto e per tutto identici
ai prodotti immessi sul mercato;
solo una piccola parte di tali prodotti raggiunge le fasce deboli
dalla popolazione, poiché la maggior parte è destinata al
compostaggio, alla produzione di alcool etilico o
all‟alimentazione animale, perdendo quindi la propria
destinazione d‟uso iniziale (Segrè, Falasconi, 2011).
Secondo le indagini svolte ne “Il libro nero dello spreco in
Italia: il cibo” su dati Istat, nel solo anno 2009 il 3,3% della
produzione agricola in Italia e rimasta in campo, non venendo neppure
raccolta; si tratta di una quantità pari a circa 17.700.586 tonnellate di
prodotto agricolo e corrispondente in peso a circa il doppio del
consumo di ortofrutta nel nostro Paese nello stesso anno.
Fig. 2.13 Produzione agricola in Italia totale e rimasta in campo, anno 2009.
Produzione agricola in Italia anno 2009 Tonnellate
Produzione totale 545.153.976
Produzione raccolta 527.453.390
Produzione rimasta in campo 17.700.586
(3,3%)
Fonte: Segrè, Falasconi, “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” Ed. Ambiente, 2011.
46
Dalla stessa indagine risulta inoltre che nell‟annata 2005-2006 solo il
4,43% dei ritiri operati dall‟Agea sono stati destinati all‟alimentazione
umana, mentre il 90% è stato destinato alla distruzione, a fronte di un
finanziamento per tale scopo di 6.816.115 euro dalla UE.
2.4.2 SPRECO NELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE
L‟industria alimentare costituisce un comparto molto
disomogeneo, includendo al suo interno un‟estrema varietà di attività
che hanno come sole caratteristiche comuni l‟origine agricola delle
materie prime e l‟alimentazione umana come destinazione finale dei
prodotti. Il settore include imprese multinazionali così come aziende a
gestione familiare e artigianale; si spazia dalla trasformazione delle
materie prime in prodotti destinati ad ulteriori lavorazioni, come la
produzione di zucchero e farina, a preparazione di prodotti finiti
caratterizzati da un notevole valore aggiunto in servizi, basti pensare
ai prodotti di IV e V gamma, ai prodotti precotti o alle insalate in
busta.
Tale varietà rende difficile la quantificazione del surplus
prodotto, in funzione anche del carattere straordinario ed aleatorio
degli eventi che portano alla produzione in eccesso.
Un elenco significativo, ma non esaustivo delle motivazioni che
portano alla formazione di surplus dimostra l‟eterogeneità dei difetti
che di volta in volta portano a scartare un determinato prodotto:
confezionamento: difetti nelle confezioni, errori di grammatura
o di stampa dell‟etichetta
attività promozionale, una volta che la campagna si è conclusa
il prodotto non è più vendibile,
campionatura, presenza di un campione omaggio non vendibile
separatamente
stagionalità, basti pensare ai panettoni o ai prodotti venduti
essenzialmente d‟estate.
standard fisici, secondo le norme qualitative definite da
ciascuna azienda o per legge.
47
cambio d‟immagine, nuove confezioni a sostituzione di quelle
più vecchie.
data di scadenza ravvicinata
lancio di un nuovo prodotto, che spesso prevede una
produzione superiore alla domanda effettiva nella fase di lancio
del prodotto, ed scarto del vecchio prodotto che di conseguenza
non viene più venduto.
evento meteorologico s/favorevole: estati fresche e quindi
minor consumo di bevande.
errori di programmazione nella produzione o disdette da ordini
fatti da mercati esteri, dove la diversa etichettatura impedisce la
vendita sul mercato italiano.
Fig.2.14 Spreco nell‟industria alimentare.
Produzione dell’industria alimentare in Italia anno
2009
Tonnellate
Produzione totale 83.848.042
Produzione sprecata 2.344.343
Percentuale di spreco sul totale
2,6%
Fonte: Segrè, Falasconi, “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” Ed. Ambiente, 2011.
48
Anche in questo caso si tratta di prodotti ancora perfettamente
utilizzabili per il consumo umano ma che non risultano più vendibili e
anche in questo caso non esistono statistiche ufficiali che rilevino il
fenomeno. Tuttavia, l‟indagine svolta ne “Il libro nero dello spreco in
Italia: il cibo” mostra un valore del 2,6% come valore medio di spreco
in tale settore (Fig. 2.14). Risulta inoltre che la maggior parte di tali
prodotti viene destinato alla distruzione come rifiuto e solo in minima
percentuale raggiunga le fasce deboli della popolazione attraverso il
recupero a parti di enti benefici.
2.4.3 SPRECO NELLA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE
I canali distributivi costituiscono l‟anello di congiunzione tra il
livello della produzione e il consumo finale, rappresentando
“l’insieme di attività necessaria a mettere a disposizione dell’utente
finale, il consumatore, i beni che questi desidera nei tempi e nei
luoghi e nelle modalità desiderate” (Falasconi, Segrè, 2002). La
capacità di fare da tramite, ma anche da interlocutore e da fonte
d‟informazione per il consumatore finale ha incrementato nel tempo il
peso del ruolo svolto dalla distribuzione anche a livello economico e
ha portato ad una sua differenziazione per tipologia di struttura, per
dimensioni e per la forma organizzativa (Fig. 2.15).
Si distinguono tre fasi:
alla produzione, passaggio dall‟azienda agraria ai primi stati
del sistema produttivo,
all’ingrosso, in posizione intermedia, per es. i mercati
ortofrutticoli
al dettaglio, tratto finale diretto al consumatore.
Come per l‟industria alimentare, lo step di distribuzione al
dettaglio presenta una notevole dispersione e può essere classificata in
base alla dimensione del punto vendita (piccolo dettaglio,
supermercato, ipermercato) o in base alla forma organizzativa delle
imprese presenti con più punti vendita sul territorio globalmente
definite Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
49
Fig. 2.15 Fasi della distribuzione alimentare.
Fonte: nostra elaborazione.
Le eccedenze di prodotti si vengono a creare soprattutto a
livello dei mercati ortofrutticoli e delle GDO, nello specifico negli
ipermercati.
Per quanto i mercati ortofrutticoli, le motivazioni che portano
ingenti quantità di prodotti invenduti sono:
di natura economica, poiché rimanendo sul mercato
determinerebbero un ribasso dei prezzi del prodotto
nuovo fino a raggiungere valori inferiori alle spese da
coprire,
conseguenza della variabilità dei gusti dei consumatori,
dipendenti da fattori imprevedibili, quali il giusto grado
di maturazione al momento della vendita,
la rapida deperibilità del prodotto fresco.
E‟ stato stimato che in Italia presso i centri agroalimentari una
percentuale del 1-1,2 % di ortofrutta viene gestita come rifiuto, del
quale circa un terzo potrebbe essere ancora perfettamente utilizzabile.
50
La stima prevede che nel 2009 siano state sprecate circa 109.617
tonnellate di prodotti ortofrutticoli (Segrè, Falasconi, 2011).
Le cause che portano alla formazione di invenduti nella GDO
sono indicativamente le stesse dell‟industria alimentare (Fig. 2.16). In
particolare si deve rilevare che in questo caso risulta ancora più
difficoltosa una quantificazione di ciò che viene scartato. Tale
difficoltà dipende anche dall‟estrema varietà di prodotti presenti in un
ipermercato, fino a 15.000 referenze, e dalla presenza di marchi propri
che rendono la GDO di fatto non solo distributore ma anche
produttore, con tutte le problematiche annesse già viste nell‟industria
alimentare.
Fig. 2.16 Cause dello spreco nella GDO.
Cause spreco nella GDO
confezionamento: difetti nelle confezioni, errori di
grammatura o di stampa dell‟etichetta
attività promozionale, una volta che la campagna si è
conclusa il prodotto non è più vendibile,
campionatura, presenza di un campione omaggio non
vendibile separatamente
stagionalità, basti pensare ai panettoni o ai prodotti venduti
essenzialmente d‟estate.
standard fisici, secondo le norme qualitative definite da
ciascuna azienda o per legge.
cambio d‟immagine, nuove confezioni a sostituzione di
quelle più vecchie.
data di scadenza ravvicinata
lancio di un nuovo prodotto, che spesso prevede una
produzione superiore alla domanda effettiva nella fase di
lancio del prodotto, ed scarto del vecchio prodotto che di
conseguenza non viene più venduto..
evento meteorologico s/favorevole: estati fresche e quindi
minor consumo di bevande.
errori di programmazione nella produzione o disdette da
ordini fatti da mercati esteri, dove la diversa etichettatura
impedisce la vendita sul mercato italiano.
51
Da alcune stime svolte all‟interno di un ipermercato tra il 2000
e il 2001 risulta che lo spreco rappresenta circa l‟1,5% del fatturato e
di questo circa il 95% potrebbe essere ancora utilizzato (Segrè,
Falasconi, 2002). Ulteriori stime mostrano che in Italia vengono
sprecate 263.645 tonnellate di prodotti alimentari, di cui il 40%
ortofrutta. Risulta inoltre che per la maggior parte i prodotti vengono
scartati per un‟eccessiva manipolazione da parte dei clienti e solo
piccola parte degli sprechi deriva da errori di programmazione delle
forniture (Segrè, Falasconi, 2011).
Fig. 2.17 Tonnellate sprecate nella GDO e relative percentuali
Quantità sprecate nella GDO
Tonnellate %
Cash and Carry 4.825 2
Ipermercati 51.300 19
Supermercati 134.289 51
Piccolo dettaglio 73.230 28
Totale 263.645
Fonte: Segrè, Falasconi, Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo. Ed Ambiente, 2011
Cash and
Carry
2% Ipermercati
19%
Supermercati
51%
Piccolo
dettaglio
28%
52
2.4.4 SPRECO NEL CONSUMO FINALE
Nelle società sviluppate il consumo di cibo può essere distinto, in base
al luogo in cui avviene, in due grandi categorie:
consumo domestico
consumo extradomestico presso la ristorazione organizzata
(mense, ristoranti, bar, ecc.).
Le scelte del consumatore sono caratterizzate da alcuni fattori, quali:
l‟interesse crescente per gli aspetti salutistici e una maggiore
attenzione alla composizione e all‟igiene dei prodotti,
le esigenze di praticità e rapidità di preparazione,
la necessità o il desiderio di consumare il pasto fuori casa.
Secondo i dati Istat, in Italia la spesa media familiare per pasti
extradomestici è in progressivo aumento (Istat, 2002).
In entrambi i casi, consumo domestico e non, le quantità di cibo
sprecato sono rilevanti ma le motivazioni che generano il fenomeno
sono differenti.
In base ai dati Adoc, le famiglie italiane sprecano circa il 17%
del prodotto ortofrutticolo acquistato e il 35 % di latte, uova e carne,
conseguenza generalmente di disattenzione da parte del consumatore
che tende ad acquistare più del necessario, o ad una errata
conservazione del prodotto.
Per quanto riguarda la ristorazione collettiva, ad esempio, i dati
forniti da Last Minute Market evidenziano come le mense scolastiche
italiane sprechino ogni anno il 13-16% di ciò che viene acquistato. In
generale il problema principale causa di sprechi sono le norme
igieniche da rispettare e i tempi brevissimi in cui il cibo preparato può
essere consumato.
2.5 POSSIBILITA’ DI RECUPERO DELLO SPRECO
A fronte dell‟entità ingente di cibo sprecato in tutti gli step
produttivi ed in contemporanea alle iniziative promosse per
combattere lo spreco a monte, prevenendone cioè la formazione, si
sono sviluppate diverse modalità di recupero dello spreco prodotto.
53
Occorre innanzitutto porre una distinzione tra riutilizzo e
riciclo. Nel primo caso di tratta di tutte le possibili alternative tramite
le quali viene mantenuta la destinazione originaria dei prodotti, nel
secondo caso la destinazione originaria non viene mantenuta,
costituendo quindi uno spreco relativo.
Fig. 2.18 Possibili destinazioni dello spreco.
Fonte: Elaborazione da: Segrè, Falasconi, Il libro nero dello spreco in Italia: il Cibo. Ed ambiente, 2011
Lo spreco si forma in ognuno degli anelli della produzione
alimentare e ciò che viene scartato può essere destinato al riciclo
mantenendo un valore economico con la trasformazione in compost,
in alcool etilico o in mangimi destinati alla zootecnia.
L‟alternativa, che prevede il mantenimento della destinazione
d’uso finale, comporta la perdita del proprio valore economico e la
trasformazione in “dono”, consentendo un vero e proprio recupero del
prodotto destinato ad associazioni ed enti benefici (Fig. 2.18).
La possibilità di trasformare gli scarti dei vari step di
produzione alimentare in un‟opportunità di aiuto ad indigenti e
bisognosi attraverso l‟opera di associazioni no profit impegnate nel
settore, ha visto nascere nel tempo diverse iniziative che svolgono il
54
compito di mediazione tra imprese ed associazioni rendendo possibile
il trasferimento delle eccedenze dagli uni agli altri.
In Italia vi sono diverse esperienze che operano in questa
direzione, sebbene con metodi e organizzazioni differenti. Ne
presentiamo un esempio per ciascuno.step del processo produttivo
(Fig. 2.19).
Fig. 2.19 Esempi di associazioni impegnate nel recupero di alimenti.
Fonte : nostra elaborazione.
Il Banco Alimentare, nato in Italia nel 1989, ma presente negli
USA sin dal 1967, si occupa di raccogliere le eccedenze sia dall‟Agea
che da imprese di trasformazione e di distribuire ad una fitta rete di
enti selezionati il frutto di tale raccolta. Dal 1997 annualmente si
svolge la giornata della “Colletta alimentare” che vede coinvolta la
GDO, in un‟iniziativa di sensibilizzazione della popolazione che in
quella giornata può recarsi al supermercato ed acquistare prodotti
destinati al Banco alimentare.
Analogamente Azione Solidale, nata a Parma nel 1999, si
occupa di raccogliere gratuitamente prodotti scartati dalle industrie
alimentari, e distribuirli ad associazioni assistenziali selezionate.
Il Gruppo Cattolico del Mercato Ortofrutticolo svolge la
propria attività a Bologna con lo scopo di distribuire l‟eccedenza di
ortofrutta del mercato stesso ad enti di beneficenza. Le eccedenze
55
vengono raccolte durante l‟arco della settimana e adeguatamente
stoccate, per poi essere distribuite con scadenze settimanale agli enti
autorizzati che ritirano il prodotto al mercato stesso.
2.5.1 LAST MINUTE MARKET
Last Minute Market è una società spin-off dell'Università di
Bologna che nasce nel 1998 come attività di ricerca. Dal 2003 è
divenuta una realtà imprenditoriale che opera su tutto il territorio
nazionale sviluppando progetti territoriali volti al recupero dei beni
invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi.
Last Minute Market (LMM) si occupa, tra le varie attività
svolte non solo in ambito alimentare, di recuperare prodotti invenduti
o non commerciabili dalla GDO e renderli disponibili ad enti benefici
presenti sul territorio in zone limitrofe alle sedi della GDO da cui
vengono recuperati i prodotti.
Fig. 2.20 Logo e iniziative svolte da LMM nel recupero di beni invenduti.
Fonte: www.lastminutemarket.it
La caratteristica principale di LMM è di svolgere la funzione di
intermediario tra le imprese, in particolare ma non solo la GDO, e gli
enti benefici, fornendo ad entrambi tutti gli strumenti necessari
affinché il passaggio dei beni ceduti e ricevuti avvenga direttamente
da donatore e beneficiario. Si tratta cioè di un sistema professionale i
cui modelli logistico-organizzativi permettono di recuperare in
56
sicurezza ogni tipologia di prodotto comprese le categorie dei prodotti
cosiddetti “freschi” e “freschissimi”, nel rispetto delle norme igieniche
a tutela della salute dell‟utente finale, grazie a questo passaggio
diretto.
In generale, caratteristica rilevante di tali iniziative è l‟insieme
di vantaggi che si vengono a creare. Gli enti benefici si garantiscono
un approvvigionamento costante di cibo, che consente loro una
migliore pianificazione e un migliore utilizzo delle risorse a
disposizione. A loro volta, le imprese traggono vantaggio
dall‟iniziativa grazie a riduzione dei costi di smaltimento, vantaggi
fiscali e ottimizzazione della logistica.
Il recupero dei beni alimentari invenduti risulta essere un
servizio con ricadute positive non solo per chi li produce e chi li
utilizza , ma anche per l‟amministrazione pubblica e per la società.
Infatti, per la pubblica amministrazione i vantaggi si esprimono
con un minor quantitativo di materiale in discarica, il relativo
vantaggio economico e una maggiore disponibilità di risorse da
impiegare per altri scopi, mentre a livello sociale viene dato risalto
alla possibilità di educare al “non spreco” e vengono sviluppati la
relazionalità e reciprocità. Nel territorio si attiva una rete locale di
solidarietà che mette in contatto il mondo del profit con quello del non
profit attraverso il valore del “dono” e delle relazioni che ne
conseguono.
57
Fig. 2.21 aspetti positivi del recupero dei beni alimentari
IMPRESE Vantaggi fiscali
Ottimizzazione logistica
Riduzione costi di smaltimento
Aumento visibilità
ENTI ASSOCIAZIONI Approvvigionamento costante di cibo
Reinvestimento risparmi
Migliore assistenza
PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
Diminuzione prodotti in discarica
Migliore qualità assistenziale
Migliore gestione fondi
SOCIETA‟ Educazione al non spreco
Reciprocità e relazionalità
Fonte: Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed FrancoAngeli, 2002
Le imprese traggono inoltre vantaggio da queste iniziative
anche a livello di immagine, acquisendo un valore etico positivo agli
occhi del consumatore, ed infine viene posto l‟accento sulla
ottimizzazione delle risorse e in molti casi la sola consapevolezza del
problema è in grado di ridurre gli sprechi. Per fare un esempio, nel
corso dell‟indagine svolta da LMM in un ipermercato della provincia
di Bologna, l‟attenzione rivolta al tentativo di stimare i prodotti
scartati ha portato ad una riduzione degli stessi per tutto il periodo
dell‟indagine (Cap 7,Falasconi, Segrè, 2002).
La divulgazione delle iniziative mirate al recupero dello spreco
alimentare stimola infine il consumatore finale ad una maggiore
attenzione a ciò che consuma e lo spinge a fare delle scelte
relativamente alla qualità e alla quantità del cibo, poiché una maggiore
consapevolezza dei propri acquisti è in effetti il primo passo
necessario verso la sostenibilità alimentare.
58
59
CAPITOLO TERZO
60
3.1 LO SPRECO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE
ORGANIZZATA: IL CASO STUDIO DI UN
IPERMERCATO.
Il caso studio di seguito presentato rappresenta un tentativo di
fornire un esempio di quantificazione dello spreco a livello della
grande distribuzione organizzata (GDO). Al fine di rendere la
quantificazione facilmente comprensibile si è deciso di valutarla da un
punto di vista nutrizionale in termini di razioni giornaliere di alimenti
necessariamente presenti in una dieta sana e corretta.
Sono stati analizzati i dati forniti da un ipermercato del
Comune di Bologna nell‟arco di tempo di otto mesi (da gennaio ad
agosto compresi). Tali dati sono relativi a tutti i prodotti alimentari
che sono stati scartati dall‟ipermercato perché non più vendibili per
svariati motivi, ma ancora perfettamente utilizzabili come alimenti e
quindi destinabili al consumo umano.
E‟ necessario puntualizzare che il 100% dei prodotti scartati
dall‟Ipermercato sono stati recuperati direttamente da associazioni che
prestano assistenza a persone in condizioni di disagio, attraverso il
sistema messo a punto da Last Minute Market, società spin-off
dell‟Università di Bologna, di cui si è trattato nel capitolo precedente.
3.2 MATERIALI E METODI
I dati e grafici relativi presenti nel paragrafo successivo sono
stati elaborati con il programma Windows Excel 2010.
I dati raccolti sono costituiti, per ciascuno degli otto mesi
d‟indagine, dall‟elenco delle singole referenze di prodotti alimentari
scartati dall‟Ipermercato provenienti dai seguenti 5 reparti:
- GENERI VARI (provenienti dalle scansie dell‟ipermercato e
quindi costituiti da prodotti confezionati)
- MACELLERIA
- LATTICINI E SALUMI
- PANE E PASTICCERIA
- ORTOFRUTTA
61
Per ogni mese ci è stato fornito il peso netto complessivo di
ciascuna referenza.
L‟elaborazione dei dati è avvenuta utilizzando la tabella
riportata in Fig.3.1, facendo riferimento alle “tabelle delle porzioni
standard dell’alimentazione italiana” indicate dalla Società Italiana
di Nutrizione Umana (SINU).
Fig. 3.1 Tabella delle porzioni standard
Fonte: Elaborazione da “Tabelle porzioni standard dell‟alimentazione italiana”, www.sinu.it
La tabella in Fig. 3.1 indica:
i gruppi di alimenti che devono essere presenti ogni
giorno nella dieta per una sana e corretta alimentazione;
le categorie di alimenti che compongono ciascun
gruppo in porzioni (si definisce “porzione" la quantità
standard di alimento espressa in g, che si assume come
unità di misura da utilizzare per un’alimentazione
equilibrata, SINU).
il peso di ciascuna porzione per categoria di alimenti
(“le quantità di grammi proposte per ciascuna porzione
GRUPPO DI ALIMENTI CATEGORIA DI ALIMENTI PESO PORZIONE (kg) NUMEROPORZIONI/DIE RAZIONE/DIE
LATTE 0,125
YOGURT 0,125
FORMAGGI FRESCHI 0,100
FORMAGGI STAGIONATI 0,050
CARNE 0,100
PESCE 0,150
SALUMI 0,050
LEGUMI 0,100
PRODOTTI FORNO 0,050
PATATE 0,200
PANE 0,050
PASTA 0,080
PASTA RIPIENA 0,180
FRUTTA FRUTTA 0,150 3 1
VERDURA VERDURA 0,250 2 1
CONDIMENTI CONDIMENTI 0,010 4 1
LATTE/YOGURT
CARNE E SOSTITUTI
PANE E SOSTITUTI
PASTA
2
2
5
1
1
1
1
1
cir
ca
20
00
kca
l/d
ie
62
assumono il significato di unità pratica di misura della
quantità di alimento consumata”, SINU);
il numero di porzioni giornaliere per GRUPPO (da noi
definita RAZIONE giornaliera) che compongono uno
schema dietetico di circa 2000kcal (apporto calorico
necessario per un soggetto maschio adulto sano secondo
INRAN). Lo schema dietetico giornaliero da noi
elaborato per un totale di circa 2000 kcal prevede
quindi:
1 razione di latte/yogurt
1 razione di. carne e sostituti
1 razione di pane e sostituti
1 razione di pasta
1 razione di frutta
1 razione di verdura
1 razione di condimenti.
Per ogni mese l‟elaborazione dei dati è avvenuta come segue:
1- Si è calcolato l‟apporto calorico per ciascuna referenza,
moltiplicandone il peso per l‟apporto in kcal/kg facendo riferimento
alle “Tabelle di composizione degli alimenti” dell‟INRAN.
Relativamente alla sola categoria dell‟ortofrutta si è provveduto a
calcolare anche il peso netto e relativo apporto calorico, moltiplicando
il peso iniziale per la percentuale di parte edibile delle singole
referenze.
2- Ciascuna referenza è stata catalogata secondo le seguenti
categorie di alimenti (Fig. 3.2):
LATTE
YOGURT
FORMAGGI FRESCHI
FORMAGGI STAGIONATI
CARNE
PESCE
63
SALUMI (carni conservate)
LEGUMI
PRODOTTI DA FORNO
PATATE
PANE
PASTA
PASTA RIPIENA
FRUTTA
VERDURA
CONDIMENTI
Sono state escluse le referenze appartenenti ad altre categorie
non contemplate dell‟elenco delle porzioni standard della SINU, quali
per esempio: dolciumi, alcool, bibite, snack, ecc.
Fig. 3.2 Esempio di suddivisione delle referenze nelle rispettive categorie.
Fonte: nostra elaborazione.
Crescenza 2.810 5,04 14.162,40 F FRESCHI
Formaggini 3.450 0,13 431,25 F FRESCHI
Mozzarella 2.530 13,45 34.028,50 F FRESCHI
Sottilette 3.650 2,00 7.300,00 F FRESCHI
Parmigiano 3.870 13,20 51.084,00 F STAGIONATI
Latte 640 7,50 4.800,00 LATTE
Burro 7.580 3,25 24.635,00 OLIO
Pizza fresca 3.400 - - PANE
Tramezzini 3.700 2,25 8.325,00 PANE
Fusilli al pesto 4.250 6,00 25.500,00 PASTA
Tortellini 3.760 7,25 27.260,00 PASTA RIPIENA
Gnocchi 900 81,00 72.900,00 PATATE
Alici 2.060 0,20 412,00 PESCE
Pesce affumicato 1.940 2,50 4.850,00 PESCE
Salmone 1.470 47,10 69.237,00 PESCE
Lonza 4.500 16,00 72.000,00 SALUMI
Mortadella 3.680 9,40 34.592,00 SALUMI
Pancetta affumicata 3.370 - - SALUMI
Prosciutto cotto 2.150 12,04 25.886,00 SALUMI
Prosciutto crudo 2.680 1,75 4.690,00 SALUMI
Rollè cotto 2.800 2,20 6.160,00 SALUMI
Salame 3.480 2,50 8.700,00 SALUMI
Spek 3.330 5,50 18.315,00 SALUMI
Melanzane surgelate 330 0,90 297,00 VERDURE
Minestrone 2.490 12,50 31.125,00 VERDURE
Yogurt 660 19,95 13.167,00 YOGURT
REPARTO LATTICINI SALUMERIA GENNAIO
64
3- Per ogni categoria di alimenti sono stati calcolati
rispettivamente i pesi e gli apporti calorici complessivi (Fig.3.3).
Fig. 3.3 Esempio di calcolo dei pesi complessivi per categoria
Fonte: nostra elaborazione
4- Si è calcolato il numero di porzioni per categoria di
alimenti, dividendone il peso complessivo per il peso della singola
porzione, es.:
Gennaio, categoria prodotti da forno
kg 343 (peso complessivo)/ kg 0.050 (peso porzione) =
= 6.860 NUMERO PORZIONI.
5- Si è calcolato il numero di porzioni per gruppo di alimenti,
sommando le porzioni di ogni categoria appartenente allo stesso
gruppo, es.:
Gennaio, gruppo PANE E SOSTITUTI
370 (legumi)+6.860 (prodotti da forno)+965 (patate)+3.222 (pane)=
=11.416 NUMERO PORZIONI DI PANE E SOSTITUTI.
Le somme sono state eseguite facendo riferimento al gruppo di
appartenenza di ogni categoria di alimenti secondo lo schema in Fig.
3.4.
REFERENZA Kcal per Kg PESO (kg) Kcal Totali CATEGORIA
Crescenza 2.810 5,04 14.162,40 F FRESCHI
Formaggini 3.450 0,13 431,25 F FRESCHI
Mozzarella 2.530 13,45 34.028,50 F FRESCHI
Sottilette 3.650 2,00 7.300,00 F FRESCHI
TOTALE 20,62 55.922,15
Parmigiano 3.870 13,20 51.084,00 F STAGIONATI
TOTALE 13,20 51.084,00
Latte 630 18,00 11.340,00 LATTE
Latte soia 320 0,50 160,00 LATTE
Latte 640 7,50 4.800,00 LATTE
TOTALE 26,00 16.300,00
Yogurt 660 19,95 13.167,00 YOGURT
TOTALE 19,95 13.167,00
GENNAIO
65
Fig. 3.4 Gruppi di alimenti e relative categorie
CATEGORIA DI ALIMENTI GRUPPO DI ALIMENTI
LATTE LATTE/YOGURT
YOGURT
FORMAGGI FRESCHI
CARNE E SOSTITUTI
FORMAGGI STAGIONATI
CARNE
PESCE
SALUMI
LEGUMI
PANE E SOSTITUTI PRODOTTI FORNO
PATATE
PANE
PASTA PASTA
PASTA RIPIENA
FRUTTA FRUTTA
VERDURA VERDURA
CONDIMENTI CONDIMENTI
Fonte: Nostra elaborazione delle Tabelle delle porzioni standard (SINU)
6-Si è calcolato infine il numero di razioni giornaliere per
gruppo di alimenti, dividendo le porzioni complessive per il numero
di porzioni che costituisce una razione per ogni gruppo, es:
Gennaio, gruppo PANE E SOSTITUTI
11.416 (porzioni di pane e sostituti)/5 (numero porzioni per razione)=
=2.283 NUMERO RAZIONI GIORNALIERE DI PANE E SOSTITUTI.
7- Lo stesso procedimento è stato seguito per ognuno degli otto
mesi di indagine, i dati complessivi sono riassunti nella Fig.3.5
66
Fig. 3.5 Dati riassuntivi del calcolo delle razioni giornaliere per gruppo di alimenti
Fonte: Nostra elaborazione. Prima parte
MES
ELA
TTE
YOGU
RTFO
RMAG
GI FR
ESCH
IFO
RMAG
GI
STAG
IONA
TICA
RNE
PESC
ESA
LUM
ILE
GUM
I P F
ORNO
PATA
TEPA
NEPA
STA
PAST
A RI
PIEN
AFR
UTTA
VERD
URA
COND
IMEN
TI
GEN
NAIO
26,00
19
,95
20,62
13,20
1.3
56,10
56,20
49,39
37,01
342,9
8
19
3,05
161,0
8
35
1,75
7,25
1.839
,48
1.4
77,15
6,4
5
FEBB
RAIO
14,70
18
1,18
15
,88
-
3.434
,68
40
,04
16
,88
43
,81
27
7,09
69,13
70,56
94
6,11
4,75
2.157
,79
1.5
84,03
13
,45
MAR
ZO6,2
0
19
,80
9,50
-
1.617
,37
6,3
3
4,2
5
14,81
338,5
8
10
6,94
312,2
1
70
8,04
23,00
2.3
03,57
1.425
,77
21,05
APRI
LE11
,50
18,10
21
,60
3,8
0
1.8
04,45
15,82
59,68
16,10
424,5
1
27
,20
15
5,80
587,9
0
8,7
0
96
5,62
2.257
,80
14,90
MAG
GIO
15,75
47
,40
67,05
1,12
1.656
,74
54
,78
16
,89
33
,30
26
6,33
32,30
146,6
0
38
0,20
0,80
1.664
,06
1.7
82,90
11
,35
GIUG
NO5,5
0
15
6,65
43
,20
21
,60
2.121
,24
19
,60
73
,15
5,9
0
155,1
7
-
16
1,95
269,8
5
47
,70
2.244
,61
1.7
72,84
14
,45
LUGL
IO40
2,93
38
2,60
24
4,75
22
,65
1.094
,56
40
,59
12
4,11
30,90
190,0
2
48
2,22
169,9
3
64
3,45
10,75
3.3
55,00
3.387
,86
67,60
AGOS
TO5,5
0
16
8,10
24
1,65
5,8
6
1.5
32,58
65,21
129,0
4
18
,12
19
0,19
190,7
3
47
7,02
12,52
3.1
90,44
2.635
,50
29,75
LATT
EYO
GURT
FORM
AGGI
FRES
CHI
FORM
AGGI
STAG
IONA
TICA
RNE
PESC
ESA
LUM
ILE
GUM
I P F
ORNO
PATA
TEPA
NEPA
STA
PAST
A RI
PIEN
AFR
UTTA
VERD
URA
COND
IMEN
TI
0,125
0,125
0,1
000,0
500,1
000,1
500,0
500,1
000,0
500,2
000,0
500,0
800,1
800,1
500,2
500,0
10
FRUT
TAVE
RDUR
ACO
NDIM
ENTI
MES
ELA
TTE
YOGU
RTFO
RMAG
GI FR
ESCH
IFO
RMAG
GI
STAG
IONA
TICA
RNE
PESC
ESA
LUM
ILE
GUM
IP F
ORNO
PATA
TEPA
NEPA
STA
PAST
A RI
PIEN
AFR
UTTA
VERD
URA
COND
IMEN
TI
GENN
AIO
208
160
206
26
4
13
.561
37
5
988
37
0
6.860
96
5
3.222
4.3
97
40
12.26
3
5.9
09
64
5
FEBB
RAIO
118
1.449
15
9
-
34
.347
26
7
338
43
8
5.542
34
6
1.411
11
.826
26
14.38
5
6.3
36
1.3
45
MAR
ZO50
15
8
95
-
16
.174
42
85
148
6.7
72
535
6.2
44
8.851
12
8
15
.357
5.703
2.105
APRI
LE92
14
5
21
6
76
18.04
5
105
1.1
94
16
1
8.490
13
6
3.116
7.3
49
48
6.437
9.0
31
1.4
90
MAG
GIO
126
379
671
22
16
.567
36
5
338
33
3
5.327
16
2
2.932
4.7
53
4
11.09
4
7.1
32
1.1
35
GIUG
NO44
1.2
53
432
43
2
21
.212
13
1
1.463
59
3.1
03
-
3.239
3.3
73
265
14.96
4
7.0
91
1.4
45
LUGL
IO3.2
23
3.061
2.4
47
45
3
10
.946
27
1
2.482
309
3.8
00
2.411
3.399
8.0
43
60
22.36
7
13
.551
6.760
AGOS
TO44
1.3
45
2.417
117
15.32
6
435
2.5
81
18
1
3.804
-
3.8
15
5.963
70
21
.270
10.54
2
2.9
75
NUM
ERO
PORZ
IONI
LATT
E/ YO
GURT
CARN
E E SO
STITU
TIPA
NE E
SOST
ITUTI
PAST
A
KILO
GRAM
MI
PESO
PORZ
IONE
(kg)
67
Fig.3.5 Dati riassuntivi del calcolo delle razioni giornaliere per gruppo di alimenti
Fonte: Nostra elaborazione. Seconda parte
FRUTTA
VERDU
RA CO
NDIM
ENTI
GENN
AIO12.
263
5.909
645
FEBBRA
IO14.
385
6.336
1.345
MARZO
15.357
5.7
03
2.1
05
APRIL
E6.4
37
9.0
31
1.4
90
MAGG
IO11.
094
7.132
1.135
GIUGN
O14.
964
7.091
1.445
LUGLIO
22.367
13.
551
6.7
60
AGOS
TO21.
270
10.542
2.975
FRUTTA
VERDU
RA CO
NDIM
ENTI
32
4
FRUTTA
VERDU
RACO
NDIM
ENTI
GENNA
IO408
8295
4161
FEBBRA
IO479
5316
8336
MARZO
5119
2852
526
APRIL
E214
6451
6373
MAGG
IO369
8356
6284
GIUGN
O498
8354
6361
LUGLIO
7456
6776
1690
AGOS
TO709
0527
1744
LATTE/
YOUG
URT
CARN
E E SO
STITU
TIPA
NE E S
OSTIT
UTI
8198
9818
8982
11835
8299
10437
1547
2740
NUME
RO RA
ZIONI
GIORN
ALIERE
PER G
RUPPO
DI ALI
MENT
I
6.032
1
4.437
11.
853
8.978
7.3
97
4.757
17555
1751
1280
1984
1560
LATTE/
YOGU
RTCA
RNE E
SOSTI
TUTI
PASTA
2 184 784 104 118 253 649 3142
2
694
3.638
8.1
03
7.397
4.7
57
15.394
7697
16.396
19.636
2283
17.963
23.670
16.599
6.401
9.919
7.800
PANE
E SOS
TITUT
I
20.875
PASTA
2381
LATTE/
YOUG
URT
PASTA
CARN
E E SO
STITU
TI
3.638
8.1
03
6.032
4.4
37
11.853
8.9
78
1.567
208
8.753
368
SOMM
A POR
ZIONI
PER GR
UPPO
DI ALI
MENT
I
NUME
RO PO
RZION
I GIOR
NALIE
RE PER
GRUP
PO DI
ALIME
NTI 5
PANE
E SOS
TITUT
I
11.416
7.737
13.699
11.903
237
505
1.2
97
6.2
84
1.3
89
35.110
68
8- Sono stati calcolati i risultati complessivi per l‟intero periodo
dell‟indagine, sommando i valori di ciascun mese relativi a:
Calorie totali per categoria
Peso totale in kilogrammi per categoria
Numero totale porzioni per categoria
Numero totale porzioni per gruppo
Numero totale razioni giornaliere per gruppo
I risultati sono riassunti nella successive tabelle (Fig 3.6):
Fig. 3.6 Valori complessivi relativi all‟intero periodo di indagine
Fonte: nostra elaborazione
CATEGORIA CALORIE TOTALI KILOGRAMMI TOTALI PORZIONI TOTALI
LATTE 309.744,10 488,08 3905
YOGURT 655.891,50 993,78 7950
F FRESCHI 1.948.400,75 664,24 6642
F STAGIONATI 264.050,10 68,23 1365
CARNE 25.059.542,80 14.617,71 146177
PESCE 529.756,50 298,57 1990
SALUMI 1.545.882,52 473,39 9468
LEGUMI 167.987,50 199,95 1999
P FORNO 9.155.184,50 2.184,85 43697
PATATE 881.086,50 910,84 4554
PANE 4.864.923,75 1.368,86 27377
PASTA 14.938.580,00 4.364,32 54554
PASTA RIPIENA 434.167,20 115,47 642
FRUTTA 9.113.547,96 17.720,56 118137
VERDURA 4.001.371,85 16.323,86 65295
CONDIMENTI 1.461.573,50 179,00 17900
GRUPPI PORZIONI TOTALI RAZIONI TOTALI
LATTE/ YOUGURT 11855 5927
CARNE E SOSTITUTI 165642 82821
PANE E SOSTITUTI 77628 15526
PASTA 55196 55196
FRUTTA 118137 39379
VERDURA 65295 32648
CONDIMENTI 17900 4475
69
9- E‟ stato calcolato il numero giornaliero di razioni disponibili
per ciascun gruppo di alimenti, dividendo le razioni complessive per il
numero di giorni che compongono il periodo di indagine, ovvero 243
giorni. Es:
Gruppo Pane e sostituti
15596 (razioni complessive)/ 243(giorni) =64 razioni al giorno.
I rispettivi valori per gruppo di alimenti sono riassunti nella Fig. 3.7.
Fig. 3.7 Numero di razioni giornaliere per gruppo di alimenti per ciascuno dei 243
giorni di indagine.
Fonte: nostra elaborazione.
10- Si è calcolato il numero di persone alle quali è possibile
fornire quotidianamente (per tutto il periodo indicato) uno schema
dietetico completo sulla base delle razioni di alimenti considerati,
facendo riferimento allo schema in Fig 3.8.
Fig. 3.8 Calcolo del numero di persone a cui si fornire una dieta completa al giorno
GRUPPO PERSONE
CONDIMENTI 18 0 LATTE/
YOGURT 24 6 0 PANE E
SOSTITUTI 64 45 39 0 VERDURA 134 116 110 70 0
FRUTTA 162 144 138 98 28 0 PASTA 227 209 203 163 93 65 0
CARNE E SOSTITUTI 341 322 316 277 206 179 114
Fonte: nostra elaborazione
GRUPPI RAZIONI GIORNALIERE
LATTE/ YOUGURT 24
CARNE E SOSTITUTI 341
PANE E SOSTITUTI 64
PASTA 227
FRUTTA 162
VERDURA 134
CONDIMENTI 18
70
3.3 RISULTATI
Da quanto rilevato dalla nostra indagine, lo spreco complessivo
ammonta ad una quantità totale di cibo pari a 60.972 kg.
La distribuzione delle quantità in kg di ciascuna categoria di
alimenti per ogni mese dell‟indagine mostra come la maggior parte
dello spreco in termini di peso sia costituita da frutta e verdura seguita
dalla carne (Fig. 3.9).
Fig.3.9. Distribuzione delle quantità in Kg per categoria per mese e complessiva.
Fonte: nostra elaborazione.
71
Si evidenzia inoltre che, in termini di quantità sprecate, vi sono
variazioni anche notevoli tra un mese e l‟altro all‟interno di una stessa
categoria.
Per quanto riguarda invece l‟apporto calorico, il valore
complessivo dello spreco è di 75.331.691 kcal. La categoria più
rilevante è costituta dalla carne (con un apporto di oltre 25 milioni di
calorie), mentre in questo caso frutta e verdura hanno una rilevanza
minore, dovuta al fatto che le calorie fornite da queste categorie per
unità di peso è decisamente inferiore (Fig. 3.10).
Fig. 3.10 Distribuzione dell‟apporto calorico (kcal) per mese e complessiva.
Fonte: nostra elaborazione.
72
Una volta unite le categorie nei rispettivi gruppi di alimenti e
calcolate le razioni complessive per ciascun gruppo (Fig. 3.4), si è
evidenziato che la voce principale è costituita dal gruppo della carne e
sostituti (32%). Il gruppo con il numero di razioni inferiore è quello
dei condimenti (Fig.3.11)
Fig. 3.11 Distribuzione razioni per mese, complessive e in percentuale
Fonte: nostra elaborazione.
73
Si è infine voluto valutare il numero di persone alle quali è
possibile fornire una dieta giornaliera completa secondo lo schema
dietetico composto da una razione di ciascuno dei gruppi di alimenti,
pari a circa 2000 kcal/die. I risultati ottenuti dimostrano che la
quantità di cibo sprecato è tale da nutrire completamente 18 persone al
giorno, per tutto il periodo di indagine (243gg.). A queste si
aggiungono altre 323 persone alle quali si potrebbe fornire una dieta
parziale, con la necessità di una integrazione di alcuni gruppi di
alimenti secondo lo schema della Fig. 3.12.
Fig. 3.12. Persone alle quali si potrebbe fornire una dieta completa o parziale.
Fonte: nostra elaborazione.
Come si vede dai risultati dell‟indagine, pur rappresentando lo
spreco prodotto da un solo ipermercato, il numero di persone che
potrebbero essere nutrite in modo corretto è significativo. Inoltre,
questo tipo di valutazione potrebbe rappresentare uno strumento utile
per le associazioni che prestano assistenza a persone in condizioni di
disagio alle quali è destinato il cibo scartato dall‟ipermercato,
permettendo loro di pianificare le eventuali integrazioni alimentari a
completamento di ciò che l‟ipermercato fornisce. Tuttavia, bisogna
tenere in considerazione che queste valutazioni hanno un valore
meramente indicativo, data la notevole variabilità tra un mese e l‟altro
della quantità equalità di alimenti forniti (vedi Fig. 3.9).
carne e sotituti 114 persone
carne e sotituti pasta 65 persone
carne e sotituti pasta frutta 28 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura 70 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti 39 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt 6 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt condimenti 18 persone
74
75
CONCLUSIONI
76
Fame nel mondo, da una parte, e spreco di cibo, dall‟altra, sono
le due realtà opposte che contraddistinguono lo scenario mondiale
odierno riguardo lo stato dell‟alimentazione.
Mentre da molti anni ci si è occupati a livello internazionale di
risolvere il problema della fame nel mondo, indagandone ed
analizzandone le cause e prefiggendosi obiettivi precisi per
combatterla, il tema dello spreco è stato per lungo tempo ignorato.
Solo di recente il tema ha conquistato maggiore interesse, data
la sua importanza in ambito di sostenibilità ambientale, economica e
sociale, considerando il consumo di risorse necessarie non solo a
produrre, ma anche a smaltire ciò che viene sprecato.
All‟interno del sistema agroalimentare, lo spreco tocca tutte gli
anelli della catena: produzione, trasformazione, distribuzione e
consumo finale, con modalità particolari e per cause specifiche ad
ogni step. Ad esempio in Italia nel 2009 sono rimaste in campo
17.700.586 tonnellate di prodotto agricolo corrispondente in peso a
circa il doppio del consumo di ortofrutta nel nostro Paese nello stesso
anno; per l‟industria alimentare la produzione sprecata per lo stesso
anno ammonta a 2.344.343 tonnellate. Per la distribuzione si stima
uno spreco pari al 1.5% del fatturato tra il 2000 e 2001. Infine per il
consumo finale è stato stimato che si butti il 17% dell‟ortofrutta e il
35% del latte, uova e carne acquistati.
Nel presente studio si è voluto focalizzare l‟interesse sullo
spreco a livello della grande distribuzione organizzata. Si è deciso di
analizzare da un punto di vista nutrizionale quali/quantitativo l‟entità
dello spreco di un ipermercato sito nel Comune di Bologna per un
periodo di tempo di otto mesi.
L‟obiettivo dello studio è stato valutare la possibilità di ricavare
dal cibo sprecato uno schema dietetico corretto e completo, secondo le
indicazioni di sana e corretta alimentazione della SINU e valutare il
numero di persone che potevano essere nutrite ogni giorno nel periodo
di indagine secondo questo schema nutrizionale.
77
Lo schema di circa 2000 kcal è costituito da una razione di
ciascuno dei gruppi di alimenti che necessariamente costituiscono una
alimentazione sane e corretta: latte/yogurt, carne e sostituti, pasta,
pane e sostituti, frutta, verdura e condimenti.
Dall‟indagine è emerso che lo spreco complessivo ammonta ad
una quantità totale di cibo pari a 60.972 kg, per un totale di
75.331.691 kcal. Sono presenti differenze quantitative per lo spreco in
ogni gruppo e variazioni anche importanti tra un mese e l‟altro
all‟interno di ciascun gruppo, come si può vedere dal seguente schema
riassuntivo:
Fonte: nostra elaborazione
Complessivamente, l„entità dello spreco è tale da poter fornire
una dieta sana e corretta di circa 2000kcal/die -e costituita da una
quantità sufficiente al fabbisogno giornaliero per ciascuno dei 7
gruppi di alimenti sopra indicati- a 18 persone ogni giorno, per tutto il
periodo di indagine (243 giorni). A queste si aggiungono altre 323
persone alle quali si potrebbe fornire una dieta parziale, con la
necessità di un‟integrazione di alcuni gruppi di alimenti, secondo lo
schema seguente:
78
Persone alle quali si potrebbe fornire una dieta completa o parziale.
Fonte: nostra elaborazione.
Questi risultati forniscono alcuni spunti di riflessione.
Innanzitutto, pur rappresentando lo scarto di un solo ipermercato, lo
spreco di cibo, come si vede, è notevole. Da precedenti indagini risulta
che tale spreco è generalmente quantificabile intorno all‟1-1,5% delle
vendite in termini di fatturato (A. Segrè, 2011).
Per quanto riguarda la sostenibilità, il Barilla Center for Food
and Nutrition negli ultimi anni ha messo a confronto le categorie di
alimenti che costituiscono la base di una sana e corretta alimentazione
con l‟impatto ambientale degli stessi, rilevandone una correlazione
inversa tra frequenza di assunzione suggerita e costo ambientale. E‟
interessante notare come dal nostro studio risulti che la prima voce di
spreco, in termini di quantità, sia rappresentata proprio da quegli
alimenti dei quali è stato dimostrato un più elevato impatto ambientale
e dei quali è suggerito un consumo non eccessivo, come la carne.
Il cibo scartato dall‟ipermercato è stato recuperato al 100% da
associazioni che prestano assistenza a persone in condizioni di
disagio, grazie all‟opera di Last Minute Market, società spin-off
dell‟Università di Bologna che da anni si occupa di recupero
alimentare. A questo proposito, il nostro studio potrebbe risultare utile
per le associazioni stesse, fornendo loro uno strumento indicativo di
carne e sotituti 114 persone
carne e sotituti pasta 65 persone
carne e sotituti pasta frutta 28 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura 70 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti 39 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt 6 persone
carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt condimenti 18 persone
79
pianificazione delle eventuali integrazioni alimentari a completamento
di ciò che l‟ipermercato fornisce. Inoltre, riteniamo che in generale la
quantificazione dello spreco ad ogni livello della catena
agroalimentare e la divulgazione dei risultati siano strumenti utili per
sensibilizzare l‟opinione pubblica sull‟importanza e l‟attualità di
questi temi.
Infine la consapevolezza in termini di sostenibilità ambientale
riguardo al cibo consumato fa parte del bagaglio di informazioni che il
dietista deve saper divulgare nel suo ruolo professionale di educatore
alimentare.
80
81
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
82
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fiber”. J. Am. Diet. Assoc. 93:1446-1447;1993
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RINGRAZIAMENTI
Ringrazio il Prof. Andrea Segrè e il Dott. Luca Falasconi per
avermi dato la possibilità di approfondire questo interessante
argomento.
Ringrazio la Dott. Francesca Pasqui per il supporto e la
disponibilità in questi tre anni, ben oltre il suo ruolo di docente e
coordinatrice del Corso.
Un sincero e profondo ringraziamento a mio marito Marco e a
tutta la mia famiglia per l‟aiuto concreto, il sostegno morale e
l‟affetto, senza i quali non avrei materialmente potuto arrivare sin qui.
Dedico questo lavoro a mio figlio Michele.