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INDICE INTRODUZIONE .................................................................................................. 3 CAPITOLO PRIMO ............................................................................................. 7 1.1 SICUREZZA ALIMENTARE ...................................................................... 8 1.2 DIMENSIONI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE .............................. 12 1.3 STATO DI NUTRIZIONE, NUTRIENTI E BILANCIO ENERGETICO .. 16 1.3.1 NUTRIENTI ........................................................................................ 16 1.3.2 BILANCIO ENERGETICO ................................................................. 17 1.3.3 STATO DI NUTRIZIONE ................................................................... 18 1.4 MALNUTRIZIONE ................................................................................... 20 1.5 MALNUTRIZIONE E POVERTA‟ ............................................................ 22 1.6 ASPETTI QUALI/QUANTITATIVI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE .............................................................................................................. 25 CAPITOLO SECONDO ..................................................................................... 31 2.1 LO SPRECO NEL SISTEMA AGROALIMENTARE ............................... 32 2.2 SPRECO, IMPATTO AMBIENTALE E SOSTENIBILITA‟ ..................... 35 2.3 LO SPRECO NELLA CATENA AGROALIMENTARE ........................... 42 2.4 CAUSE E QUANTIFICAZIONE DELLO SPRECO NEGLI ANELLI DELLA CATENA AGROALIMENTARE .................................................................... 42 2.4.1 SPRECO NELLA PRODUZIONE AGRICOLA .................................. 43 2.4.2 SPRECO NELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE .......................... 46 2.4.3 SPRECO NELLA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE .......................... 48 2.4.4 SPRECO NEL CONSUMO FINALE .................................................. 52 2.5 POSSIBILITA‟ DI RECUPERO DELLO SPRECO ................................... 52 2.5.1 LAST MINUTE MARKET ................................................................... 55 CAPITOLO TERZO ........................................................................................... 59 3.1 LO SPRECO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA: IL CASO STUDIO DI UN IPERMERCATO. ..................................................................... 60 3.2 MATERIALI E METODI ........................................................................... 60 3.3 RISULTATI ................................................................................................ 70 CONCLUSIONI ................................................................................................... 75 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .................................................................... 81 RINGRAZIAMENTI ........................................................................................... 85

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INDICE

INTRODUZIONE .................................................................................................. 3

CAPITOLO PRIMO ............................................................................................. 7

1.1 SICUREZZA ALIMENTARE ...................................................................... 8 1.2 DIMENSIONI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE .............................. 12 1.3 STATO DI NUTRIZIONE, NUTRIENTI E BILANCIO ENERGETICO .. 16

1.3.1 NUTRIENTI ........................................................................................ 16 1.3.2 BILANCIO ENERGETICO ................................................................. 17 1.3.3 STATO DI NUTRIZIONE ................................................................... 18

1.4 MALNUTRIZIONE ................................................................................... 20 1.5 MALNUTRIZIONE E POVERTA‟ ............................................................ 22 1.6 ASPETTI QUALI/QUANTITATIVI DELLA SICUREZZA

ALIMENTARE .............................................................................................................. 25

CAPITOLO SECONDO ..................................................................................... 31

2.1 LO SPRECO NEL SISTEMA AGROALIMENTARE ............................... 32 2.2 SPRECO, IMPATTO AMBIENTALE E SOSTENIBILITA‟ ..................... 35 2.3 LO SPRECO NELLA CATENA AGROALIMENTARE ........................... 42 2.4 CAUSE E QUANTIFICAZIONE DELLO SPRECO NEGLI ANELLI

DELLA CATENA AGROALIMENTARE .................................................................... 42 2.4.1 SPRECO NELLA PRODUZIONE AGRICOLA .................................. 43 2.4.2 SPRECO NELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE .......................... 46 2.4.3 SPRECO NELLA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE .......................... 48 2.4.4 SPRECO NEL CONSUMO FINALE .................................................. 52

2.5 POSSIBILITA‟ DI RECUPERO DELLO SPRECO ................................... 52 2.5.1 LAST MINUTE MARKET ................................................................... 55

CAPITOLO TERZO ........................................................................................... 59

3.1 LO SPRECO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA: IL

CASO STUDIO DI UN IPERMERCATO. ..................................................................... 60 3.2 MATERIALI E METODI ........................................................................... 60 3.3 RISULTATI ................................................................................................ 70

CONCLUSIONI ................................................................................................... 75

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .................................................................... 81

RINGRAZIAMENTI ........................................................................................... 85

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INTRODUZIONE

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Lo scenario mondiale sullo stato dell‟alimentazione umana

presenta ai nostri giorni un enorme paradosso che vede ai suoi estremi

la fame nel mondo, da un lato, e lo spreco alimentare, dall‟altro.

Attualmente, secondo le stime della FAO, in tutto il mondo le

persone che soffrono la fame sono circa un miliardo a fronte di una

disponibilità di cibo sufficiente a sfamare il doppio dell‟intera

popolazione mondiale. Il problema non consiste quindi nella

mancanza di cibo, bensì nell‟impossibilità di accedervi soprattutto, ma

non solo, nei Paesi in via di sviluppo.

All‟estremo opposto, invece, in molti Paesi si assiste al sempre

più dilagante fenomeno dello spreco, in particolare in campo

alimentare.

Il problema è stato per lungo tempo ignorato, come dimostra la

limitata disponibilità di dati e di letteratura specifica in materia. Solo

di recente il tema ha conquistato maggiore interesse da parte

dell‟opinione pubblica, vista la sua rilevanza in ambito di sostenibilità

ambientale, economica e sociale.

Nella società moderna il concetto di spreco fa riferimento ad un

utilizzo non corretto o non proficuo, se non addirittura ad un mancato

utilizzo di un determinato bene. Da punto di vista della sostenibilità

questo significa un consumo di risorse doppiamente inutile, prima per

produrre e poi per smaltire il bene stesso inutilizzato. L‟interesse su

questi aspetti è assai vivo e molto si sta facendo per quantificare

l‟impatto ambientale di ogni fase produttiva.

In ambito alimentare lo spreco tocca tutte gli step del sistema

agroalimentare: produzione, trasformazione, distribuzione e consumo

finale, con modalità e per cause specifiche diverse per ogni fase.

Il presente studio ha focalizzato l‟attenzione sullo spreco a

livello della grande distribuzione organizzata, tentando di darne una

valutazione nutrizionale, sia in termini quantitativi sia qualitativi.

I risultati ottenuti offrono spunti di riflessione, poiché l‟entità

dello spreco è notevole e la qualità del cibo sprecato mette in risalto

un aspetto importante in termini di sostenibilità: la presenza rilevante

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di alimenti a più alto impatto ambientale, quali ad esempio la carne,

tra quelli maggiormente sprecati.

Infine occorre sottolineare come la lotta allo spreco alimentare

si sviluppata su due fronti: la prevenzione, che mira ad impedire la

formazione dello spreco stesso, e il recupero, il cui obiettivo è far si

che, laddove lo spreco non possa essere evitato, sia possibile

destinarlo a scopi benefici.

Da lungo tempo operano in tal senso numerose realtà con

strutture e organizzazioni differenti. Nella fattispecie, i dati oggetto

del presente studio rappresentano un esempio di recupero al 100% a

favore di persone in condizioni di disagio sociale, grazie all‟attività di

Last Minute Market, spin–off dell‟Università di Bologna, che da anni

opera in questo settore.

Nel primo capitolo di questo studio sono stati trattati i temi

della sicurezza alimentare e dei fattori che la determinano, del

problema della fame nel mondo, delle cause di malnutrizione e della

loro correlazione con la povertà. Infine si sono analizzati alcuni aspetti

quali/quantitativi della sicurezza alimentare.

Nel secondo capitolo è stato definito lo spreco in ambito

agroalimentare ed il suo impatto sulla sostenibilità ambientale. Si è

analizzato lo spreco a livello del sistema agroalimentare italiano

indicando quantità e cause per ogni anello della catena: dalla

produzione al consumo finale. Si sono evidenziate, infine, le

possibilità di recupero, soffermandoci in particolare sull‟attività svolta

in questo ambito da Last Minute Market.

Il terzo capitolo costituisce il caso studio dello spreco nella

grande distribuzione organizzata. Sono stati descritti l‟ambito

dell‟indagine, i metodi utilizzati per l‟elaborazione dei dati raccolti e i

risultati ottenuti; infine sono state tratte alcune significative

conclusioni sulla entità dello spreco individuato.

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CAPITOLO PRIMO

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1.1 SICUREZZA ALIMENTARE

Secondo la definizione della FAO nel World Food Summit del

1996: “La sicurezza alimentare esiste quando ciascun individuo, in

ogni momento, ha accesso a una quantità di cibo sufficiente, sicuro e

nutriente in modo da soddisfare i bisogni dietetici e le preferenze

alimentari per garantire una vita sana ed attiva” (FAO, 1996)

Il cibo rappresenta uno dei bisogni primari dell‟uomo.

L‟importanza del cibo va ben oltre il suo valore materiale e la

necessità fisiologica di nutrirsi, in ogni cultura e per ogni popolazione

esso assume un valore simbolico. Sin dalla nascita, attraverso il cibo

passa il concetto di dare nutrimento e con esso si crea il primo

fondamentale rapporto sociale, quello tra madre e figlio. Molti aspetti

della cultura e delle tradizioni di un popolo sono trasmessi durante e

attraverso la condivisione del cibo. Il pasto stesso rappresenta un

momento importante di socializzazione attraverso cui implicitamente

si costruiscono relazioni e gerarchie, parti integranti dell‟educazione

di ciascuno.

Infine, le scelte alimentari stesse caratterizzano ogni cultura in

modo specifico: esprimono aspetti delle abitudini di un popolo in base

alla posizione geografica, alle materie prime che esso ha a

disposizione, in funzione del credo religioso e della storia di ogni

Paese (F.J. Fiz Perez, 2009).

Ciascuno di noi porta con sé tradizioni e abitudini acquisite da

bambino, alle quali si legano ricordi e quindi affetti. Il cibo in molti

casi, dove se ne dà per scontata la disponibilità, può rappresentare un

conforto o un ostacolo e in ogni caso è legato ad uno stato emotivo,

positivo o negativo che sia, basta ricordare quanta importanza

assumono ai nostri giorni i disturbi del comportamento alimentare

(Dalle Grave, 1999). In senso lato, siamo ciò che mangiamo.

La definizione stessa della FAO fa riferimento non solo alle

necessità fisiologiche di cibo, ma anche alle preferenze alimentari a

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sottolineare, appunto, tutti questi aspetti simbolici e culturali che il

concetto cibo racchiude in sé.

Purtroppo una visione d‟insieme dello stato dell‟alimentazione

nel mondo esprime chiaramente un divario nella popolazione

mondiale tra chi non ha cibo sufficiente per il proprio sostentamento e

situazioni di eccesso e conseguente spreco di cibo e di risorse.

Gli estremi di questo fenomeno sono rappresentati da un lato

dalla fame, dalla malnutrizione, dalla non diponibilità e dalla

mancanza di accesso al cibo, dall‟altro dall‟iperalimentazione -e

conseguente obesità- e dallo spreco in ogni gradino della catena

alimentare.

Per quanto riguarda la fame nel mondo, già da diverso tempo, a

partire dagli anni Novanta del secolo scorso, vi sono stati numerosi

tentativi di affrontare e risolvere il problema. Le due principali

iniziative, il “World Food Summit” della FAO nel 1996 e la

dichiarazione dei “Millenium Development Goals” delle Nazioni

Unite nel 2000, si sono prefisse come obiettivo comune quello di

dimezzare il numero di malnutriti nel mondo entro il 2015. A livello

mondiale circa un miliardo di persona soffre la fame (o di una qualche

forma di malnutrizione) (Fig. 1.1) e la percentuale di soggetti al di

sotto della soglia di povertà rimane a livelli elevati anche nei paesi

sviluppati (FAO, 2010).

Fig.1.1 Numero di persone denutrite nel mondo (milioni di persone)

Fonte: FAO, 2011

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Paradossalmente però, in base alle stime delle FAO, la

produzione agricola complessiva mondiale garantirebbe una quantità

di calorie per ogni abitante superiori alle necessità giornaliere e

sarebbe sufficiente a sfamare dodici miliardi di persone, pari al doppio

della popolazione mondiale attuale (FAO, 2010) e quindi

apparentemente più che sufficiente a garantire cibo per tutti. Per di più

per tutto il XX secolo e l‟inizio del XXI, la produzione alimentare

mondiale è cresciuta proporzionalmente più di quanto abbia fatto la

popolazione, determinando un aumento della produzione pro capite.

(Segrè, 2008).

Come vedremo successivamente, questo paradosso si può

spiegare considerando che, nonostante i passi avanti nella produzione

mondiale e una disponibilità di cibo superiore alle necessità, i benefici

non sono stati distribuiti equamente; infatti è la diversa possibilità di

accesso alle risorse alimentari a far sì che, anche all‟interno di uno

stesso paese, una notevole percentuale di popolazione non riesca a

permettersi un‟adeguata alimentazione mentre altri abbiano cibo in

abbondanza.

Tale abbondanza, che rappresenta l‟estremo opposto del divario

cui abbiamo accennato in relazione allo stato dell‟alimentazione nel

mondo, si manifesta principalmente attraverso due fenomeni. Da un

lato il sempre più dilagante problema dell‟obesità sia nei paesi

sviluppati che nei paesi in via di sviluppo (IASO), dall‟altro la

formazione di sprechi alimentari che si vanno sommando ad ogni

gradino della catena dalla produzione al consumo come conseguenza

del progressivo aumento della produzione alimentare (Segrè, 2002).

Volendo approfondire il concetto di sicurezza alimentare, esso

può essere considerato con due possibili accezioni, una in termini

quantitativi, intesa come la quantità di cibo disponibile sufficiente per

una popolazione, e una in termini qualitativi, relativi alla

composizione nutrizionale e ai livelli igienico-sanitari dei cibi. (A.

Segrè, 2008)

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Anche se gli aspetti quali/quantitativi si soprappongono spesso,

si può dire che per i paesi in via di sviluppo l‟interesse verta ancora

sulla disponibilità di cibo in termini quantitativi, mentre i paesi

industrializzati considerano la sicurezza alimentare dal secondo punto

di vista, essendo interessati principalmente agli aspetti qualitativi del

cibo.

In Europa, per esempio, dal secondo dopoguerra in poi

l‟attenzione si è progressivamente spostata dagli aspetti quantitativi

per la sicurezza alimentare di tutta la popolazione a quelli qualitativi

igienico-sanitari e nutritivi, una volta che tale disponibilità era stata

garantita.

In questo senso si sono stabilite regole più severe in materia di

tutele della salute, è aumentato il controllo degli alimenti in tutti i

livelli della produzione ed è inoltre aumentata l‟informazione dei

cittadini. Come conseguenza sono migliorate le etichettature degli

alimenti, si sono sviluppati i processi di rintracciabilità, sono nati i

marchi di qualità (DOP, IGP e PTG) e lo sviluppo dell‟agricoltura

biologica. Inoltre gli standard qualitativi per la commercializzazione

di un prodotto nelle CE, validi sia per i prodotti comunitari sia per

quelli importati, sono stabiliti e verificati da un ente preposto: l‟EFSA

(Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare).

Fig.1.2 Aspetti qualitativi di sicurezza alimentare a tutela del consumatore

Fonte: nostra elaborazione

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Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, dove ancora il

60-80% della spesa totale è destinato all‟alimentazione (Segrè, 2008),

i termini di sicurezza alimentare sono relativi alla disponibilità e

all‟accesso al cibo.

Purtroppo gli obiettivi stabiliti dal World Food Summit di

Roma del 1996, di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che

soffre la fame nel mondo sembrano ancora lontani. Infatti, se da un

lato il Sudest asiatico, Cina e India in particolare, stanno

progressivamente riducendo il numero di malnutriti, la situazione

dell‟Africa Subsahariana è in continuo peggioramento (Segrè, 2008)

(Fig.1.7).

In tutti casi si presenta la difficoltà di analizzare e spesso di

reperire i dati. Sin dagli anni Novanta si è cercato di stabilire dei

criteri e approfondire le metodologie per svolgere indagini corrette che

permettessero di ottenere delle informazioni in grado di dare una reale

interpretazione dei bisogni alimentari, tenendo conto anche del

contesto ambientale, economico e culturale in cui l‟indagine veniva

svolta. Si fondono così gli aspetti economici, le caratteristiche

geografiche e culturali di un territorio con le informazioni relative ai

fabbisogni nutrizionali individuali e alle abitudini alimentari.

1.2 DIMENSIONI DELLA SICUREZZA ALIMENTARE

Per definire, valutare e in qualche modo quantificare la

sicurezza alimentare devono essere considerati tre aspetti principali: le

cosiddette “dimensioni” della sicurezza alimentare (Segrè, 2008).

1) DISPONIBILITA‟ di alimenti in quantità sufficiente, di

qualità idonea a una corretta alimentazione per tutta la popolazione,

considerata come risultato tra prodotto interno, importazioni,

esportazioni e scorte di un determinato paese.

2) ACCESSO sufficiente e sicuro al cibo, attraverso le capacità

individuali di produrre, acquistare, scambiare o ricevere in dono.

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3) UTILIZZO di cibo in adeguate condizioni igieniche e

nutrizionali, correlato allo stato di salute degli individui e alle

condizioni ambientali in genere.

Vi è inoltre una quarta dimensione trasversale e complementare

alle prime tre: la STABILITA‟ nel tempo della disponibilità,

dell‟accesso e dell‟utilizzo di cibo, garanzia di una continuità della

sicurezza alimentare (Fig.1.3); viceversa si parlerà di:

- instabilità cronica, quando l‟insicurezza alimentare si protrae

per lunghi periodi,

- instabilità transitoria, quando la condizione di insicurezza

alimentare è conseguenza di eventi limitati nel tempo.

Disponibilità, accesso e utilizzo sono tra loro correlati. Infatti,

se la disponibilità di cibo è condizione necessaria per la sicurezza

alimentare, non è di per sé sufficiente a garantirla, poiché questa

dipende contemporaneamente dalla possibilità di accesso e di utilizzo

del cibo stesso. L‟accesso al cibo dipende, oltre che dalla sua

disponibilità, dal reddito e dal potere di acquisto, dalle risorse e dai

mezzi di produzione.

Fig.1.3 Dimensioni della sicurezza alimentare.

Fonte Segrè A. Politiche per lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare, Carocci, 2008, pag.104

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Vi possono essere forti discrepanze tra disponibilità e accesso

al cibo. Ricordiamo come i dati degli anni passati della FAO

stimassero che la produzione agricola mondiale potesse nutrire oltre

12 miliardi di persone (il doppio della popolazione attuale) a fronte di

circa un miliardo di persone che soffrono ad oggi la fame (925 milioni

di persone, secondo i dati FAO 2010). Sono numerosi i Paesi nei quali

ad una disponibilità calorica complessiva superiore alle necessità si

associano elevate percentuali di popolazione malnutrita. Inoltre questo

è un fenomeno che si presenta non solo nei paesi in via di sviluppo,

ma anche nei paesi industrializzati che hanno raggiunto i cosiddetti

livelli di sazietà, ma che presentano tuttavia elevate percentuali di

popolazione con un reddito inferiore al livello minimo di povertà.

Ciò dimostra come, benché la disponibilità teorica a livello

mondiale sia stata raggiunta, l‟accesso e l‟utilizzo di cibo sono ben

lontani dall‟essere garantiti per tutti.

Questo aspetto può trovare le sue motivazioni nel fatto che le

dimensioni della sicurezza alimentare sono caratterizzate da diversi

livelli istituzionali (internazionale/nazionale, locale, familiare e

individuale). I livelli istituzionali a loro volta interagiscono con

variabili di produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni

alimentari.

E‟ possibile specificare il grado di sicurezza alimentare

nell‟insieme delle relazioni tra le variabili, le dimensioni e i livelli

istituzionali che compongono diversi anelli della catena

agroalimentare (Fig. 1.4)

Come si vede, a ogni dimensione della sicurezza alimentare

corrisponde un determinato livello istituzionale al quale fanno

riferimento determinate variabili. Vi sono aspetti di tipo economico

che riguardano politiche locali, per quanto riguarda l‟accesso (reddito,

potere d‟acquisto, risorse e mezzi di produzione), e politiche nazionali

ed internazionali relativamente alla disponibilità (produzione

alimentare, scorte, importazioni, scambi e prezzi internazionali). Si

può notare come nella dimensione dell‟utilizzo, il livello istituzionale

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sia quello familiare se non addirittura individuale e le variabili ad esso

relativo siano quelle specifiche che definiscono lo stato nutrizionale di

ogni singolo soggetto: condizioni igienico sanitarie, bilancio

energetico, dieta, condizioni di salute.

Fig. 1.4 Relazioni tra variabili, dimensioni della sicurezza alimentare e livelli

isitituzionali.

Fonte Segrè A. Politiche per lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare, Carocci, 2008.

Variabili Dimensioni Livelli

Produzione alimentare, stock,

importazioni, aiuti alimentari,

scambi e prezzi internazionali

DisponibilitàInternazionale/

nazionale

Reddito, potere d'acquisto,

risorsse e mezzi di produzione

e fabbisogno

Accesso al cibo Comunitario/locale

Elasticità domanda,

disponibilità, distribusiììzione

delle risorse nel gruppo

familiare

Utilizzo e consumi

alimentariLivello familiare

Dieta alimentare, disponibilità

di acqua ed adeguate

condizioni igienico-sanitarie

Stato nutrizionale Livello individuale

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1.3 STATO DI NUTRIZIONE, NUTRIENTI E BILANCIO

ENERGETICO

Di seguito verrà analizzato più approfonditamente ciò che si

definisce stato di nutrizione di un individuo, facendo riferimento

anche alle definizioni di “bilancio energetico” e di “nutrienti”

necessarie a comprendere la stretta correlazione tra questi aspetti e le

condizioni di salute e di utilizzo del cibo da parte di ogni singolo

individuo.

1.3.1 NUTRIENTI

Per NUTRIENTI si intendono le sostanze specifiche, contenute

negli alimenti, che devono essere assunte in quantità sufficienti per

soddisfare i bisogni dell‟ organismo. Possiamo distinguere tra:

- Nutrienti essenziali, che non possono essere sintetizzati

dall‟organismo e devono necessariamente essere assunti con la dieta

- Nutrienti non essenziali, che possono essere sintetizzati

dall‟organismo a partire da altri nutrienti, assunti con la dieta o

accumulati come depositi del nostro organismo.

Distinguiamo inoltre tra:

- Macronutrienti calorici

- Micronutrienti o bioregolatori non calorici

I macronutrienti calorici sono:

GLUCIDI, con funzione essenzialemente energetica

PROTIDI, con funzione plastica, regolatrice ed energetica

LIPIDI, con funzione energetica, plasica, regolatrice

I micronutrienti non calorici sono:

VITAMINE con funzione regolatrice

SALI MINERALI con funzione plastica, regolatrice

ACQUA anche se essa non viene comunemente considerata un

nutriente, è evidente la sua importanza per lo stato di nutrizione e la

salute cellulare. L‟acqua è il maggior costituente della cellula e il

mezzo nel quale si realizzano tutte le reazioni metaboliche.

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Fig 1.5 Nutrienti

Fonte: nostra elaborazione.

1.3.2 BILANCIO ENERGETICO

Il bilancio energetico di un soggetto dipende da numerosi

fattori, non tutti ugualmente quantificabili, ma nel complesso tale

bilancio è definito come “ la differenza tra le calorie introdotte con

l’alimentazione e quelle consumate”, si parla infatti di bilancio tra

entrate ed uscite. Se la componente delle entrate è di fatto costituita

dall‟apporto energetico degli alimenti assunti durante la giornata, i

consumi dipendono da diversi fattori: metabolismo basale, attività

fisica, stato di salute, termogenesi adattativa (che comprende l‟energia

utilizzata per il mantenimento della temperatura corporea e il

metabolismo degli alimenti ingeriti) (SINU).

Il Metabolismo di Base (MB) rappresenta la somma

dell‟energia utilizzata per compiere i lavori interni necessari

all‟organismo. In un individuo adulto sano e sedentario il MB incide

per circa il 65-75% del dispendio energetico totale. Il MB di un adulto

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è determinato dal peso e dalla composizione corporea, oltre che

dall‟età e dal sesso.

Altri fattori quali stati di tensione nervosa, l‟innalzamento della

temperatura corporea, la temperatura ambientale, il tipo di dieta

possono concorrere a modificare il dispendio energetico di base.

Inoltre, crescita e condizioni fisiologiche particolari come allattamento

e gravidanza determinano un incremento del dispendio energetico

basale, a causa del costo energetico della sintesi e deposizione di

nuovi tessuti.

La Termogenesi Indotta dalla Dieta (TID) rappresenta

l'incremento del dispendio energetico in risposta all'assunzione di

alimenti. Mediamente può essere valutata in circa 7-15% del

dispendio energetico totale. La TID varia in funzione della quantità e

del tipo di alimenti ingeriti.

Il costo energetico dell‟attività fisica è ovviamente strettamente

dipendente dal tipo, frequenza ed intensità delle attività condotte

dall'individuo. Esso può variare da poco più del 15% del dispendio

energetico totale in stili di vita estremamente sedentari, a valori pari a

3-4 volte il MB, come si verifica in alcune classi di attività

occupazionale particolarmente pesanti.

1.3.3 STATO DI NUTRIZIONE

Lo stato di nutrizione è la “condizione risultante

dall’assunzione, assorbimento ed utilizzazione dei nutrienti, nonché

dall’influenza di particolari stati fisiologici e patologici” (Binetti et

al., 2006)

Lo stato di nutrizione definisce gli effetti dei nutrienti e degli

altri componenti degli alimenti sulle funzioni e sulla integrità

anatomica di cellule, tessuti, organi, apparati dell‟organismo umano.

In questo senso lo stato di nutrizione coincide e determina lo

stato di salute fisico di un individuo, caratterizzato dal mantenimento

dell‟equilibrio omeostatico fra attività metabolica, funzione tissutale e

composizione corporea.

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Lo stato nutrizionale e lo stato di salute sono in relazione

biunivoca: ciò significa che lo scadimento dello stato nutrizionale può

favorire l‟insorgenza di malattia così come una malattia può essere

primitivamente responsabile di uno scadimento dello stato

nutrizionale (G. Bedogni, 2010).

Sono state fornite numerose dimostrazioni dell‟importanza

dello stato nutrizionale nel determinare lo stato di salute e tale

importanza è stata più volte dall‟Organizzazione Mondiale della

Sanità (OMS) che sottolinea il concetto di stato di nutrizione

definendolo come: livello di energia e nutrienti introdotti per

bilanciare il dispendio energetico e permettere all'individuo di

mantenere la propria dimensione e composizione corporea, un

adeguato livello di attività fisica e lo stato di salute nel lungo termine;

inoltre, consentire la possibilità di svolgere le attività

economicamente necessarie e socialmente desiderabili. Tale

definizione allarga il concetto di benessere allo stile di vita e

globalmente alla sfera psicosociale di ogni individuo.

Lo stato nutrizionale dipende da una serie di fattori

concomitanti:

-fattori biologici quali sesso, razza, età, assorbimento dei

nutrienti, ecc.

-fattori psicologici come il desiderio di mangiare,

-fattori sociali, come la disponibilità e l‟accesso al cibo.

Fig.1.5 Fattori che determinano lo stato nutrizionale.

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Oltre all‟adeguato apporto calorico quotidiano devo essere presenti

tutti i nutrienti necessari al mantenimento di un adeguato stato di

salute fisico, devono cioè essere garantiti gli apporti in macro e

micronutrienti, secondo i LARN, stabiliti dalla SINU nel 1996 e

attualmente in fase di aggiornamento.

1.4 MALNUTRIZIONE

Come si può dedurre dai dati precedenti, fondamentale per il

mantenimento dello stato nutrizionale di un soggetto -e quindi del suo

stato di salute- non è soltanto un adeguato apporto calorico, ma anche

l‟apporto di tutti i principi nutritivi necessari e nelle giuste

proporzioni.

Secondo la definizione del Council On Food and Nutrition dell‟

American Medical Association, il termine malnutrizione sta ad

indicare “uno stato di alterazione funzionale strutturale

dell’organismo, conseguente a discrepanza tra fabbisogni nutrizionali

specifici ed introito o utilizzazione dei nutrienti essenziali”. Le

alterazioni dello stato di nutrizione si sviluppano, quindi,

progressivamente conseguentemente a una disponibilità di energia e/o

nutrienti non adeguata.

Si definisce

-Primaria, la malnutrizione di derivazione alimentare, che si

manifesta in assenza di malattia (carenza di cibo)

-Secondaria la malnutrizione derivante da una condizione

patologica, cosiddetta “desease related malnutrition”, che influenza

una qualsiasi fase dall‟assunzione all‟utilizzo dei nutrienti.

La malnutrizione può essere suddivisa in situazioni nutrizionali

per difetto o per eccesso e all‟interno di ciascuna si può avere una

forma globale (da eccesso/difetto di apporto nutrizionale o da

aumento/diminuzione del dispendio energetico) o una forma selettiva

(sindromi carenziali o eccessiva assunzione in genere di vitamine o

Sali minerali) (Binetti et al., 2006)

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Fig.1.6 Forme di malnutrizione.

Fonte: Binetti et al.,Manuale di nutrizione clinica, Ed. Universo, 2006

La principale forma per difetto è rappresentata dalla

malnutrizione proteico-energetica (PEM), caratterizzata da una

progressiva riduzione della massa magra e del tessuto adiposo.

Si posso distinguere tre forme di PEM:

-Marasma o Cachessia: dovuta a deficit cronico di energia,

caratterizzata da arresto della crescita e calo ponderale. Sono presenti

deplezione della massa muscolare e del tessuto adiposo, ma il

comparto proteico viscerale viene solo in parte intaccato. Tipicamente

si manifesta nelle fase terminale di malattie severe (neoplasie, ecc.) o

in caso, per esempio, di anoressia nervosa.

-Kwashiorkor o Malnutrizione proteica: caratterizzata da una carenza

prevalentemente proteica, in presenza di introito calorico sufficiente.

Pur essendo aumentato il metabolismo basale con aumento del

catabolismo, le riserve adipose sono inizialmente conservate, mentre

si ha deplezione delle proteine viscerali, in particolare dell‟albumina

sierica, con conseguente manifestarsi di edema , inoltre si evidenzia

deplezione del tessuto muscolare, debolezza, e infezioni secondarie

per alterazione del sistema immunitario. E‟ classicamente il tipo di

malnutrizione presente nei paesi in cui l‟alimentazione è a base di

PER ECCESSO PER DIFETTO

Ridotto apporto nutrizionale

Aumento dispendio energetico

Perdite di nutrienti

Deficit vitamine

Deficit Sali minerali

Deficit altri nutrienti

MALNUTRIZIONE

GLOBALE Aumento apporto nutrizionale

SELETTIVAEccessiva assunzione di vitamine,

sali minerali, altri nutrienti

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cereali e si manifesta generalmente dopo lo svezzamento, quando

l‟apporto proteico garantito dal latte materno viene a mancare.

-Tipo misto Marasma-Kwashiorkor: è la forma più frequente di

malnutrizione, dove i due quadri precedentemente descritti coesistono

(deficit energetico e insufficinte apporto proteico).

Le cause della malnutrizione sono spesso multifattoriali ma

possono essere schematizzate in tre possibili situazioni:

-insufficiente apporto di nutrienti: povertà, isolamento,

dipendenza nell‟alimentarsi, digiuno, anoressia nervosa, depressione,

alcolismo, difficoltà di deglutizione ecc.

-alterato metabolismo di nutrienti; patologie croniche, quali,

diabete, uremia, epatopatie gravi, ecc.

-aumentato fabbisogno o aumentata perdita di nutrienti: febbre,

interventi chirurgici, dialisi, neoplasie, emorragie, ustioni, traumi,

diarrea, vomito, infezioni, ecc.

1.5 MALNUTRIZIONE E POVERTA’

Secondo il World Development Report 2000-2001 della Banca

Mondiale, 2,8 miliardi di persone vive con meno di 2 dollari al giorni

e di questi, 1,2 milardi vive con meno di 1 dollaro al giorno. Sempre

lo stesso documento fa notare come, benché a livello globale si sia

assistito a un miglioramento delle condizioni di vita esponenziale

nell‟ultimo secolo rispetto a tutta la storia passata, i benefici di tale

progresso sono distribuiti in modo assolutamente ineguale: si è

allargata enormemente la forbice tra ricchi e poveri, anche all‟interno

di uno stesso paese. L‟andamento e la sua distribuzione geografica del

fenomeno indicano un miglioramento nel sud est asiatico ed un

peggioramento nell‟Africa subsahariana, di pari passo con i livelli di

sicurezza alimentare, a conferma del fatto che la fame segue la povertà

(Fig.1.7).

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Fig.1.7 Prevalenza di denutrizione nei paesi in via di sviluppo.

Fonte: FAO, 2010.

Lo sviluppo economico non ha eliminato la povertà, né tanto

meno una sua diretta conseguenza: la fame e la malnutrizione. Il

problema è così sentito tanto che la stessa FAO ha sviluppato il

Sistema di Informazione e Cartografia sulla Sicurezza Alimentare

(FIVIMS) per stabilire quali siano le zone a maggiore rischio di

vulnerabilità alimentare e quali categorie di popolazione ne siano più

colpite.

L‟OMS ha stimato che nel 2000 circa 1,3 miliardi di persone

soffrivano la fame o di una qualche forma di malnutrizione, ma come

già ricordato, le cause di questo fenomeno non sono dovute a una

scarsità o mancata disponibilità di cibo, bensì sono in primo luogo

imputabili all‟inadeguatezza delle politiche locali ed internazionali in

ambito di programmi sociali che consentano l‟accesso al cibo in modo

equo per l‟intera popolazione.

Volendo definire meglio il concetto di povertà, si può

innanzitutto distinguere tra povertà assoluta e povertà relativa.

Nel primo caso si fa riferimento a una “situazione economica di

scarso benessere per la quale non si è in grado di procurarsi le risorse

necessarie a soddisfare i propri bisogni”. Si tratta di uno stato

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d‟indigenza assoluta che comprende aspetti materiali quali un basso

reddito tale da non permettere di soddisfare i bisogni primari

dell‟individuo e aspetti non materiali rappresentati dall‟inaccessibilità

a beni e servizi sociali, politici e culturali (Segrè, 2002).

Il concetto di povertà relativa tiene in considerazione le

continue trasformazioni nel tempo all‟interno di una società e si basa

su una scala di valori la cui unità di misura viene continuamente

ridefinita e ha significato solo in termini di paragone tra due

condizioni e mai rispetto ad un valore assoluto. Si definisce povero

colui il quale ha molto meno rispetto alla media della popolazione in

un determinato momento: “Si è poveri non tanto in relazione a ciò che

manca ma a ciò che, mediamente, hanno gli altri”(Sarpellon, 1994).

In Italia, secondo i dati Istat del 2001, il 13,4% della

popolazione viveva in una condizione di povertà relativa, cioè con una

capacità di spesa inferiore alla metà della capacità media nazionale

pro capite e con maggiore concentrazione nel Mezzogiorno, inoltre la

percentuale risultava in aumento rispetto agli anni precedenti,

passando dal 10,2% al 12% di famiglia povere.

Ancora più elevato risultava in divario tra Nord e Sud rispetto

ai termini di povertà assoluta, definita in base al valore monetario di

un paniere di beni e servizi considerati essenziali, tra cui la

componente alimentare.

Gli ultimi dati dell‟istituto nazionale di statistica francese

(INSEE) dimostrano il rapporto direttamente proporzionale tra

ricchezza e povertà in un determinato paese. Oltralpe, infatti, nel

2009, a fronte di un incremento dello 0,5% delle persone indigenti, si

è registrato un +0,4% del tenore di vita mediano rispetto all‟anno

precedente. Insomma, si è alzata l‟asticella del benessere e di

conseguenza è aumentato il numero dei poveri. A conferma di come la

povertà non sia un fenomeno a sé stante, bensì l‟espressione di una

società in movimento.

Da tali considerazioni e dai dati riportati nel paragrafo

precedente si evince che la povertà, assoluta o relativa che sia, è un

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fattore determinante l‟insicurezza alimentare. Anche nei paesi in cui i

livelli di sicurezza sono raggiunti, esiste una notevole percentuale di

popolazione che non è in grado di permettersi un‟alimentazione

corretta qualitativamente se non addirittura quantitativamente

parlando, Italia compresa.

A fronte di tali carenze, vedremo come nelle società sviluppate

e non solo, lo spreco alimentare si presenti come l‟altro lato della

medaglia, in continuo aumento e in ogni fase della catena che porta

dalla produzione al consumo.

La possibilità di trovare in qualche modo un anello di

congiunzione tra carenze e spreco o come diremo in seguito tra deficit

e surplus, rappresenta l‟obiettivo che in molti si stanno ponendo a

livello privato, pubblico, locale e internazionale: se ancora lo spreco

non può essere evitato, si tenta di trasformarlo in risorsa per i

bisognosi.

1.6 ASPETTI QUALI/QUANTITATIVI DELLA

SICUREZZA ALIMENTARE

Il concetto di sicurezza alimentare, come già detto in

precedenza, evidenzia due aspetti che devono essere garantiti: il primo

aspetto è quello quantitativo (calorie necessarie) il secondo quello

qualitativo (principi nutritivi che apportano tali calorie e

macro/micronutrienti essenziali).

Dal punto di vista quantitativo, all‟enorme entità del problema

della fame nel mondo, fa da contrappeso l‟aumento della percentuale

di soggetti obesi. L‟obesità rappresenta una forma di malnutrizione,

dove spesso ad un eccesso calorico introdotto si associa una scarsa

qualità e una non corretta composizione in nutrienti degli alimenti

stessi.

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Fig.1.8 Percentuale di soggetti obesi (BMI>=30) nel mondo.

Fonte: WHO, 2011

I dati dell‟Associazione Internazionale per lo Studio

dell‟Obesità (IASO) indicano che la percentuale di adulti obesi

nell‟America Settentrionale e Centrale, Australia e molti stati europei

ha superato il 24%; in particolare è allarmante l‟aumento di bambini

obesi in questi stessi paesi (Fig. 1.8).

L‟obesità rappresenta ormai uno dei principali problemi di

sanità pubblica al mondo a causa delle patologie ad essa correlate e

del costo sanitario che ne consegue. Le stime contano 1,5 miliardi di

adulti sovrappeso (BMI ≥25) al mondo, di cui 475 milioni obesi

(BMI≥30) (ISAO), tanto che si è giunti a considerare l‟obesità come

vera e propria pandemia con dinamiche di sviluppo e diffusione alla

stregua di una malattia infettiva. (Christakis, 2007)

I cambiamenti nelle abitudini alimentari avvenuti nella seconda

metà del ventesimo secolo hanno visto le diete tradizionali, a base

vegetale, sostituite da diete ad alto contenuto di grassi e di energia,

con un contenuto sostanziale di cibo animale. Questo ha giocato un

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ruolo chiave nell'aumento di malattie prevenibili legate

all'alimentazione, le cosiddette "malattie del benessere" (WHO/FAO

2002).

Mentre la denutrizione e la carenza di vitamine e minerali,

situazioni diffuse nei paesi poveri e in quelli in via di sviluppo,

arrecano i maggiori danni all'inizio del ciclo vitale, la

sovralimentazione determina un degrado progressivo e spesso

inizialmente subdolo, con malattie cardiache, cancro e altre malattie

croniche che colpiscono tipicamente durante la mezza età o la

vecchiaia. Un'indagine a livello mondiale sulle malattie, intrapresa

negli anni '90 dalla Banca Mondiale e dalla Harvard University è

riuscita a descrivere l'estensione dell'impatto della malnutrizione sulla

salute: una alimentazione scorretta causa più della metà del carico

totale di malattie nel mondo (Gardner, 2000).

Fig.1.9 Food Balance Sheets per I‟Italia per l‟anno 2007

Fonte: FAOSTAT, 2011

La FAO ha riportato nei “Food Balance Sheets” per ogni paese

la quantità di cibo disponibile pro capite, indicando le quantità in

Kcal/procapite/day protein/procapite/day fat/procapite/day

Grand Total + (Total) 3646 111,4 158,6

Vegetal Products + (Total) 2705 50,5 87,7

Animal Products + (Total) 941 61 70,9

Food supply

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grammi per ogni categoria di alimenti, e quantificabile

complessivamente in calorie disponibili pro capite. In Italia,

relativamente all‟anno 2007, ogni abitante avrebbe avuto a

disposizione circa 3656 kcal, pari a circa una volta e mezzo il

fabbisogno calorico giornaliero secondo i dati dell‟INRAN (Fig.1.9).

In generale occorre approfondire gli aspetti qualitativi delle

calorie fornite, valutando cioè da quale categoria di alimenti essi

provengano.

Un primo aspetto da valutare è il costo calorico iniziale per

ogni caloria di prodotto consumata, ricordando per esempio come per

ogni caloria di proteine animali, occorra ben più di una caloria di

cereali per produrla.

Le valutazioni fatte dalla FAO riguardo alle calorie

complessive disponibili a livello mondiale si riferiscono alla

produzione agricola mondiale e non tengono conto del costo in calorie

iniziali che ogni caloria fornita da proteine animali richiede per essere

prodotta. Bisogna ricordare che l‟utilizzo dei vegetali per la

produzioni di mangime animale negli allevamenti è uno dei motivi

della insufficiente capacità di soddisfare i bisogni alimentari delle

popolazioni in via di sviluppo insieme alla produzione dei

biocombustibili.

L‟allevamento animale consuma molte più calorie di quelle che

si potrebbero ottenere dal consumo diretto dei vegetali, con un

rapporto tra produzione di mangimi e consumo diretto umano di 1:3 o

1:4 a seconda del tipo di animale allevato (NEIC,2010)

Il prezzo delle calorie di natura proteica di origine animale è

decisamente più elevato di quelle vegetali rendendo le prime

inaccessibili a molti con le conseguenti carenze nutrizionali.

Uno studio relativo alle correlazioni esistenti tra cibo,

allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute, ha valutato

l‟impatto che la produzione animale ha sull‟effetto serra, arrivando

alla conclusione della necessità di ridurre il consumo di prodotti

animali da parte dei paesi più ricchi, e fissare una soglia da non

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superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i paesi

convergano verso lo stesso livello di consumo: non più di 90 grammi

di carne al giorno pro-capite. Attualmente il consumo è di 101 grammi

di media globale, di cui 47 grammi nei paesi in via di sviluppo e ben

224 grammi nei paesi industrializzati (McMichael et al., 2007)

(Fig.1.10). Per arrivare a 90 grammi nei paesi industrializzati

occorrerebbe più che dimezzare il consumo di carne, per la precisione

arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all'attuale.

Fig.1.10 Media consumo giornaliero di carne in grammi.

Fonte: McMichael et al., 2007

Viceversa, al di là della diversa accessibilità al cibo, in molti

paesi in via di sviluppo anche laddove la disponibilità calorica pro

capite risulta sufficiente, questa non consente alla popolazione di

avere una alimentazione adeguata, poiché l‟origine di tali calorie è

prettamente cerealicola, e quindi l‟alimentazione risulta carente in

nutrienti essenziali, quali principalmente le proteine e le vitamine.

Ricordiamo che la più grave forma di malnutrizione da carenza

proteica, il Kwashiakor colpisce ancora interi paesi dell‟Africa

Subsahariana, con elevate percentuali di mortalità infantile. (Arienti

G., 2009). Nel 2003 il “Bellagio Study Group” ha raccolto e

analizzato i dati provenienti da organizzazioni sanitarie governative e

non da cui è emerso, in particolare, che il 25% dei bambini nel mondo

è malnutrito, e che la malnutrizione è la causa principale di

suscettibilità alle malattie, contribuendo quindi al 60% dei decessi.

Un altro aspetto da considerare è la densità calorica degli

alimenti consumati. In molti paesi in via di sviluppo, in particolare

Cina e India, si assiste ad un progressivo aumento di soggetti in

Media mondiale Media paesi industralizzati Media paesi in via di sviluppo

101 224 47

Consumo di carne (grammi/die)

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sovrappeso ed obesi, e soprattutto ad incremento delle patologie ad

esso correlate, in particolare le malattie cardiovascolari e il diabete.

Secondo alcuni studi è aumentato il consumo di zuccheri raffinati e di

grassi vegetali saturi. Il costo di questi alimenti è progressivamente

diminuito, contemporaneamente il costo di frutta e verdura, anche nei

paesi sviluppati è aumentato notevolmente. La conseguenza è nel

complesso un aumento dei prezzi degli alimenti a minore densità

calorica, ma nutrizionalmente più salutari, e viceversa un minor costo,

e quindi maggiore consumo, di alimenti con densità calorica elevata

(Drewnowski et al., 2004-2007).

Fig.1.11 Relazione tra densità energetica e costo energetico di alcuni cibi.

Fonte: Drewnowski et al., 2004-2007

Il paradosso è evidente, popolazioni povere consumano

alimenti che forniscono molte calorie ma di scarsa qualità nutrizionale

e le conseguenze si esprimono con l‟aumento della proporzione di

soggetti obesi e di patologie correlate. La scarsa disponibilità

economica, benché consenta loro di non patire la fame, non è

sufficiente a consentire l‟accesso agli alimenti necessari ad una

corretta alimentazione.

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CAPITOLO SECONDO

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2.1 LO SPRECO NEL SISTEMA AGROALIMENTARE

Il sistema agroalimentare è definito come l’insieme complesso

di attività coinvolte nel flusso di beni e servizi dal punto iniziale delle

aziende agricole ai consumatori finali (Fanfani, 2009). Lo spreco

all‟interno di tale sistema tocca tutti gli step della catena produttiva:

produzione, trasformazione, distribuzione e consumo.

Fig. 2.1 Anelli del sistema agroalimentare.

Fonte: nostra elaborazione

In base alla definizione, “sprecare” significa “usare in modo

tale che determinate qualità o quantità di una cosa vadano perdute o

non vengano utilizzate” e quindi utilizzare senza mettere a frutto o non

nel modo corretto. Spesso questo può significare un consumo in

eccesso di un determinato bene, ma anche il suo mancato utilizzo.

In ambito agroalimentare si definisce “spreco” un prodotto che

ha perso il proprio valore commerciale, e quindi cessa di essere

considerato “merce”, ma non le proprie qualità e la funzione di

alimento. Si tratta di un bene che può essere ancora utilizzato secondo

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la propria destinazione finale: l‟alimentazione umana, ma non può più

essere venduto. Diviene quindi “invenduto”, ma non “invendibile”.

Generalmente si definiscono “eccedenze” gli sprechi relativi al

primo step, la produzione agricola, e si riferiscono a quei beni che il

mercato non è in grado di allocare. Mentre si parlerà di “surplus” e

“invenduti” negli step successivi della trasformazione e distribuzione,

avendo la formazione di prodotti in eccesso carattere straordinario e

aleatorio, come nel caso di danneggiamenti, errori, scadenze

ravvicinate, ecc.

In realtà, a questa categoria di prodotti se ne associa un‟altra,

costituita da quei prodotti che non presentato le caratteristiche

organolettiche ed igieniche che ne garantiscono la consumabilità da

parte della popolazione. Si tratta di perdite necessarie a garantire la

sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti e la salute dei consumatori e

che devono essere eliminate e sono destinate a essere smaltite come

rifiuto, sono quindi definite come “inevitabili” (Fig.2.2).

Fig.2.2 Sprechi evitabili e inevitabili.

Fonte: elaborazione da: Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed

FrancoAngeli, 2002

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Viceversa alla prima categoria appartengono grandi quantità di

prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili che per le più

svariate ragioni non possono raggiungere o sono state tolte dal

mercato, e che di conseguenza sono definiti “sprechi alimentari

evitabili” (Segrè, Falasconi, 2011) (Fig.2.2).

Fig.2.3. Categorie di prodotti che formano lo spreco.

Fonte: “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo”, Segrè, Falasconi, 2011

In relazione a questi ultimi è possibile fare una ulteriore

distinzione tra i prodotti destinati allo smaltimento come rifiuto

(spreco assoluto), quelli che trovano una via di trasformazione

alternativa al consumo alimentare (spreco relativo) e quelli che

potrebbero a tutti gli effetti essere recuperati con la finalità per cui

erano stati inizialmente prodotti, pur avendo perso il proprio valore

commerciale (Fig.2.3).

Infine è utile ricordare che vi è una caratteristica specifica del

prodotto alimentare che per la sua natura stessa lo rende

maggiormente soggetto al fenomeno dello spreco rispetto a qualsiasi

altra categoria di prodotti: la sua deperibilità. Questo rappresenta un

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fattore critico per l‟intera catena produttiva, che in molti casi limita e

condiziona la gestione del prodotto: le condizioni di conservazione, le

norme igieniche, il trasporto, la trasformazione, il confezionamento ne

sono solo alcuni esempi.

2.2 SPRECO, IMPATTO AMBIENTALE E

SOSTENIBILITA’

Lo spreco alimentare è un fenomeno delle società economiche

“ricche” e rappresenta l‟estremo opposto, nonché il paradosso, del

problema della fame e della malnutrizione a livello mondiale. Il

fenomeno riguarda prevalentemente le aree urbane dei paesi

industrializzati, ma si verifica con sempre maggiore frequenza anche

nei paesi in via di sviluppo (Falasconi, Segrè, 2011).

Il problema dello spreco è stato per molto tempo ignorato e

solo recentemente si è cominciato a discutere e prendere

provvedimenti in tal senso. Le iniziative anche a livello internazionale

si sono sviluppate a partire da una nuova sensibilità scaturita a seguito

della crisi economica che ha portato alla luce problematiche da lungo

tempo latenti.

Così come FAO e OMS svolgono attività d‟informazione e

monitoraggio per quanto riguarda la povertà e la fame nel mondo,

anche sui temi dello spreco alimentare sono nate iniziative per

sensibilizzare l‟opinione pubblica.

In ambito europeo la prima iniziativa contro lo spreco si è

svolta a Bruxelles presso il Parlamento Europeo, il 28 ottobre 2010.

La conferenza “Trasforming food waste into a resource” ha visto la

partecipazione di deputati europei, di organizzazioni degli Stati

membri attive in tal senso e della “Commissione agricoltura e

sviluppo rurale” del Parlamento Europeo. Il fine è di stabilire delle

linee d‟azione comuni per ridurre lo spreco alimentare e promuovere

iniziative atte a sensibilizzare l‟opinione pubblica sull‟argomento. Nel

corso della conferenza è stata redatta la “Dichiarazione congiunta

contro lo spreco” i cui obiettivi comprendono la riduzione dello

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spreco alimentare del 50% entro il 2025 e una maggiore informazione

del consumatore che ne stimoli la sensibilità e consapevolezza

sull‟argomento.

A livello locale si cerca di mantenere vivo il contatto tra il

consumatore e chi produce il cibo: le iniziative della “spesa a

kilometro zero”, oltre ad avere un significato economico positivo

attraverso il sistema della “filiera corta”, stimolano l‟interesse della

popolazione ai modi e ai mezzi attraverso cui il cibo viene prodotto in

una società industrializzata che va progressivamente perdendo la

percezione dell‟origine del cibo e di conseguenza la capacità di

riconoscerne il valore sociale, culturale e le qualità nutrizionali.

E‟ bene in questa sede specificare che si definisce “filiera”

l’itinerario seguito da un singolo prodotto (o da un gruppo di

prodotti) lungo il sistema agroalimentare (Malassis, 1976); in

particolare si parla di “filiera corta” quando il prodotto bypassa alcune

o tutte le tappe intermedie del percorso dal produttore al consumatore

(vedi Fig.2.12).

Vi sono due aspetti che si evidenziano nella correlazione tra

spreco ed economie sviluppate:

il costo energetico dello spreco stesso,

l‟inquinamento che esso produce.

Fig. 2.4 Fattori che determinano l‟impatto ambientale dello spreco

Fonte: nostra elaborazione.

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Per il primo aspetto si deve considerare il costo della quantità

di cibo sprecato come tale, ma anche il costo delle risorse necessarie a

produrlo e quelle necessarie a smaltirlo. Analogamente lo smaltimento

del cibo sprecato così come l‟impiego di energia necessaria a

produrlo, trasformalo, distribuirlo e quindi trasportarlo, sarà fonte di

inquinamento. Fare una quantificazione complessiva di questi aspetti

significa in altri termini valutare “l’impatto ambientale” dello spreco

alimentare: infatti, l‟analisi dell‟impatto ambientale non si limita alla

fase produttiva, ma segue l‟intero corso di vita degli alimenti (Fig.

2.4).

Per rendere facilmente comprensibili i risultati di un‟indagine

generalmente si utilizzano tre indicatori di sintesi specifici:

l‟impronta di carbonio (Carbon Footprint), che

rappresenta e indentifica le emissioni di gas serra responsabili

dei cambiamenti climatici ed è misurata in massa di CO2

equivalente;

l‟impronta idrica (Water Footprint) o contenuto di

acqua virtuale, che quantifica i consumi e le modalità di

utilizzo delle risorse idriche ed è misurata in volume (litri) di

acqua;

l‟impronta ecologica (Ecological Footprint), che misura

la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva

necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni

associate a un sistema produttivo, si misura in m2 o ettari

globali (gha) (Fig.2.5).

In particolare l‟impronta ecologica permette di valutare

quanto “consuma” nel suo complesso ciascun individuo per

soddisfare i propri bisogni o meglio per mantenere il proprio

stile di vita.

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Fig.2.5 Indicatori dell‟impatto ambientale dello spreco

Fonte: nostra elaborazione.

La sostenibilità, nella sua accezione di “capacità per un

qualsiasi sistema di mantenersi intatto e vitale nel lungo periodo”, a

livello alimentare deve tenere conto non solo degli sprechi lungo tutto

il processo produttivo degli alimenti, ma anche delle scelte alimentari

fatte dal singolo soggetto.

Secondo i recenti dati pubblicati dal Barilla Center for Food

and Nutrition (BCFN) relativi alle statistiche del Global Footprint

Network (GFN), un cittadino di un Paese ad alto reddito consuma

circa 6.1 ettari globali (pari a circa 170m2 globali al giorno), ovvero

più del doppio della media mondiale di cui una buona parte sono

sfruttati per l‟alimentazione (Fig. 2.6).

In Italia in particolare il 31% del consumo globale è dedicato

all‟alimentazione (BFNC, 2011) (Fig.2.7). Inoltre secondo i dati

raccolti nel 2005, l‟Italia ha un‟impronta ecologia di 4,2 ettari globali

a fronte di una biocapacità di 1 ettaro, con un deficit pari quindi a 3,2

ettari globali.

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Fig.2.6 Stima dell‟impronta ecologica per produrre le risorse necessarie ad un

cittadino medio in diverse parti del mondo

Fonte:BFNC, 2011

Fig. 2.7 Impronta ecologica dell‟Italia disaggregata per categorie di

consumo.

Fonte: BCFN, 2011

E‟ stato infine stimato che ogni anno in Italia lo spreco di

ortofrutta a livello della distribuzione sia quantificabile in circa 400

milioni di m2

globali e quello di carne sia pari a oltre 83 milioni m2

globali (Falasconi, Segrè, 2011).

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Già nel 2010 la BCFN ha proposto un‟interessante correlazione

tra la piramide alimentare della dieta mediterranea e una nuova

piramide riguardante il diverso impatto ambientale degli alimenti in

termini d‟impronta ecologica. Si è notata una correlazione inversa tra

impatto ambientale delle varie categorie di alimenti e la frequenza di

consumo suggerita per una corretta alimentazione.

Quest‟osservazione ha portato allo sviluppo del concetto di

“Doppia Piramide Alimentare” (Fig. 2.8) che ben esprime, con le due

piramidi affiancate ed invertite una rispetto all‟altra, l‟importanza

delle scelte alimentari da parte del consumatore finali mostrando come

l‟adozione di un modello alimentare corretto abbia effetti positivi in

termini non solo nutrizionali ma anche ambientali.

Fig. 2.8 Doppia piramide alimentare/ambientale

Fonte: BCFN, 2011

In particolare è stato evidenziato come, a parità di apporto

calorico e di macronutrienti (protidi, lipidi, carboidrati), l‟impronta

ecologica possa aumentare di ben tre volte passando dalla scelta di

alimenti di origine vegetale ad alimenti di origine animale (da legumi,

olio d‟oliva a uova, carne e grassi animali) e dall‟utilizzo di prodotti

integrali a quello di prodotti raffinati e più elaborati (da cereali

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integrali e pasta a pane, pizza, zucchero e dolci) (Fig. 2.9 e Fig.2.10).

Questo permette di rilevare come lo spreco di risorse utilizzate possa

essere evitato grazie ad una maggiore consapevolezza del singolo

individuo nel compiere le proprie scelte alimentari.

Fig. 2.10 Composizione di un menù vegetariano e relativo impatto ambientale

Fonte:BCFN, 2011

Fi.g 2.11 Composizione di un menù a base di carne e relativo impatto ambientale

Fonte:BCFN, 2011

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2.3 LO SPRECO NELLA CATENA AGROALIMENTARE

Un primo aspetto che si manifesta nel tentativo di valutare e

misurare lo spreco lungo i vari anelli della catena alimentare è la

mancanza di dati cui fare riferimento per dare una giusta

quantificazione del fenomeno. Chi di questi argomenti si occupa

lamenta l‟assenza di letteratura specializzata e di rilevazioni statistiche

sull‟argomento (Segrè, 2011); inoltre risulta scarso l‟interesse anche

da parte degli stessi operatori del settore. Le cause possono essere

ricondotte ad alcuni elementi principali:

• Elevata frammentazione del fenomeno tra gli step della

produzione e all‟interno di ciascuna di esse e conseguente difficoltà di

quantificazione.

• Valutazione dello spreco come evento eccezionale, evitabile e

quindi da non considerare “strutturale”.

• Carattere aleatorio del fenomeno di difficile previsione.

• Refrattarietà da parte delle aziende coinvolte nei processi della

catena alimentare a rendere noti dati relativi allo spreco che

conferirebbero una valenza negativa al prodotto e all‟immagine

dell‟azienda stessa.

• Scarsa sensibilità e interesse all‟argomento da parte del

consumatore finale.

Per quanto riguarda la quantificazione dello spreco in Italia,

dagli studi condotti, benché manchi a tutt‟oggi un protocollo

metodologico e una mappa dettagliata del fenomeno, i risultati ottenuti

evidenziano l‟estrema rilevanza del problema in termini economici,

ambientali e nutrizionali (Segrè, 2011).

2.4 CAUSE E QUANTIFICAZIONE DELLO SPRECO

NEGLI ANELLI DELLA CATENA AGROALIMENTARE

Come già accennato all‟inizio del capitolo, lo spreco all‟interno

del sistema agroalimentare tocca ogni passaggio produttivo, di

conseguenza tanto più numerosi sono i passaggi che definiscono il

percorso di un prodotto dalla produzione agricola al consumo finale,

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tanto maggiore sarà l‟accumulo di spreco che si andrà a formare lungo

il ciclo di vita del prodotto stesso (Fig.2.12).

Fig. 2.12 Ciclo di vita di un prodotto alimentare.

Fonte: Elab. da: Falasconi L., Il divulgatore, N.2-3, 2008

Inoltre le cause che danno origine allo spreco sono in genere

specifiche per ciascuno degli step della catena di produzione

alimentare e verranno di seguito analizzate singolarmente.

2.4.1 SPRECO NELLA PRODUZIONE AGRICOLA

Il problema dello spreco in agricoltura è conseguenza delle

cosiddette “eccedenze di produzione”, fenomeno che in parte si può

considerare fisiologico a causa della variabilità del volume di

produzione tra un anno e l‟altro in base ad eventi non prevedibili quali

quelli atmosferici (pioggia, siccità, ecc.)

In particolare si distinguono:

eccedenze congiunturali, dovute a fattori occasionali

particolarmente propizi durante un‟annata di produzione che

generalmente si alternano, in una sorta di equilibrio, ad annate

meno favorevoli;

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eccedenze strutturali, determinate da un eccesso reiterato nel

tempo della capacità produttiva rispetto ai consumi e quindi

alla domanda del prodotto, o ad una riduzione della domanda

rispetto alle quantità normalmente prodotte (Fig. 2.13).

Fig. 2.13 Tipi di eccedenze di produzione in agricoltura

Fonte: elaborazione da Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed

FrancoAngeli, 2002.

Benché i prodotti agricoli rappresentino un bisogno primario

come base dell‟alimentazione umana e quindi se ne presuma

auspicabile l‟abbondante disponibilità sui mercati, il fenomeno delle

eccedenze strutturali era dovuto ad un fattore principale: la gestione

dei mercati agricoli mediante prezzi garantiti, secondo le direttive

della Politica agricola comunitaria (Pac). In Italia, tale compito era

svolto da un ente pubblico, Agea, che si occupava dell‟acquisto

obbligatorio dei prodotti che il mercato non riusciva ad assorbire,

garantendo ai produttori la realizzazione di un prezzo minimo

prefissato indipendentemente dalla domanda.

A livello comunitario erano stabilite per ogni Stato membro delle

quote massime di produzione per alcuni prodotti quali latte, olio,

carne, frumento, ecc. Stabilite tali quote, l‟Agea, tramite la UE,

riceveva quindi dei finanziamenti per utilizzare e trasformare le

eccedenze a sostegno dell‟alimentazione di persone in stato di

bisogno.

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In termini di spreco bisogna evidenziare due aspetti:

i prodotti che vengono ritirati quali eccedenze agricole non

presentano alcun difetto, risultando in tutto e per tutto identici

ai prodotti immessi sul mercato;

solo una piccola parte di tali prodotti raggiunge le fasce deboli

dalla popolazione, poiché la maggior parte è destinata al

compostaggio, alla produzione di alcool etilico o

all‟alimentazione animale, perdendo quindi la propria

destinazione d‟uso iniziale (Segrè, Falasconi, 2011).

Secondo le indagini svolte ne “Il libro nero dello spreco in

Italia: il cibo” su dati Istat, nel solo anno 2009 il 3,3% della

produzione agricola in Italia e rimasta in campo, non venendo neppure

raccolta; si tratta di una quantità pari a circa 17.700.586 tonnellate di

prodotto agricolo e corrispondente in peso a circa il doppio del

consumo di ortofrutta nel nostro Paese nello stesso anno.

Fig. 2.13 Produzione agricola in Italia totale e rimasta in campo, anno 2009.

Produzione agricola in Italia anno 2009 Tonnellate

Produzione totale 545.153.976

Produzione raccolta 527.453.390

Produzione rimasta in campo 17.700.586

(3,3%)

Fonte: Segrè, Falasconi, “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” Ed. Ambiente, 2011.

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Dalla stessa indagine risulta inoltre che nell‟annata 2005-2006 solo il

4,43% dei ritiri operati dall‟Agea sono stati destinati all‟alimentazione

umana, mentre il 90% è stato destinato alla distruzione, a fronte di un

finanziamento per tale scopo di 6.816.115 euro dalla UE.

2.4.2 SPRECO NELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE

L‟industria alimentare costituisce un comparto molto

disomogeneo, includendo al suo interno un‟estrema varietà di attività

che hanno come sole caratteristiche comuni l‟origine agricola delle

materie prime e l‟alimentazione umana come destinazione finale dei

prodotti. Il settore include imprese multinazionali così come aziende a

gestione familiare e artigianale; si spazia dalla trasformazione delle

materie prime in prodotti destinati ad ulteriori lavorazioni, come la

produzione di zucchero e farina, a preparazione di prodotti finiti

caratterizzati da un notevole valore aggiunto in servizi, basti pensare

ai prodotti di IV e V gamma, ai prodotti precotti o alle insalate in

busta.

Tale varietà rende difficile la quantificazione del surplus

prodotto, in funzione anche del carattere straordinario ed aleatorio

degli eventi che portano alla produzione in eccesso.

Un elenco significativo, ma non esaustivo delle motivazioni che

portano alla formazione di surplus dimostra l‟eterogeneità dei difetti

che di volta in volta portano a scartare un determinato prodotto:

confezionamento: difetti nelle confezioni, errori di grammatura

o di stampa dell‟etichetta

attività promozionale, una volta che la campagna si è conclusa

il prodotto non è più vendibile,

campionatura, presenza di un campione omaggio non vendibile

separatamente

stagionalità, basti pensare ai panettoni o ai prodotti venduti

essenzialmente d‟estate.

standard fisici, secondo le norme qualitative definite da

ciascuna azienda o per legge.

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cambio d‟immagine, nuove confezioni a sostituzione di quelle

più vecchie.

data di scadenza ravvicinata

lancio di un nuovo prodotto, che spesso prevede una

produzione superiore alla domanda effettiva nella fase di lancio

del prodotto, ed scarto del vecchio prodotto che di conseguenza

non viene più venduto.

evento meteorologico s/favorevole: estati fresche e quindi

minor consumo di bevande.

errori di programmazione nella produzione o disdette da ordini

fatti da mercati esteri, dove la diversa etichettatura impedisce la

vendita sul mercato italiano.

Fig.2.14 Spreco nell‟industria alimentare.

Produzione dell’industria alimentare in Italia anno

2009

Tonnellate

Produzione totale 83.848.042

Produzione sprecata 2.344.343

Percentuale di spreco sul totale

2,6%

Fonte: Segrè, Falasconi, “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” Ed. Ambiente, 2011.

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Anche in questo caso si tratta di prodotti ancora perfettamente

utilizzabili per il consumo umano ma che non risultano più vendibili e

anche in questo caso non esistono statistiche ufficiali che rilevino il

fenomeno. Tuttavia, l‟indagine svolta ne “Il libro nero dello spreco in

Italia: il cibo” mostra un valore del 2,6% come valore medio di spreco

in tale settore (Fig. 2.14). Risulta inoltre che la maggior parte di tali

prodotti viene destinato alla distruzione come rifiuto e solo in minima

percentuale raggiunga le fasce deboli della popolazione attraverso il

recupero a parti di enti benefici.

2.4.3 SPRECO NELLA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE

I canali distributivi costituiscono l‟anello di congiunzione tra il

livello della produzione e il consumo finale, rappresentando

“l’insieme di attività necessaria a mettere a disposizione dell’utente

finale, il consumatore, i beni che questi desidera nei tempi e nei

luoghi e nelle modalità desiderate” (Falasconi, Segrè, 2002). La

capacità di fare da tramite, ma anche da interlocutore e da fonte

d‟informazione per il consumatore finale ha incrementato nel tempo il

peso del ruolo svolto dalla distribuzione anche a livello economico e

ha portato ad una sua differenziazione per tipologia di struttura, per

dimensioni e per la forma organizzativa (Fig. 2.15).

Si distinguono tre fasi:

alla produzione, passaggio dall‟azienda agraria ai primi stati

del sistema produttivo,

all’ingrosso, in posizione intermedia, per es. i mercati

ortofrutticoli

al dettaglio, tratto finale diretto al consumatore.

Come per l‟industria alimentare, lo step di distribuzione al

dettaglio presenta una notevole dispersione e può essere classificata in

base alla dimensione del punto vendita (piccolo dettaglio,

supermercato, ipermercato) o in base alla forma organizzativa delle

imprese presenti con più punti vendita sul territorio globalmente

definite Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

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Fig. 2.15 Fasi della distribuzione alimentare.

Fonte: nostra elaborazione.

Le eccedenze di prodotti si vengono a creare soprattutto a

livello dei mercati ortofrutticoli e delle GDO, nello specifico negli

ipermercati.

Per quanto i mercati ortofrutticoli, le motivazioni che portano

ingenti quantità di prodotti invenduti sono:

di natura economica, poiché rimanendo sul mercato

determinerebbero un ribasso dei prezzi del prodotto

nuovo fino a raggiungere valori inferiori alle spese da

coprire,

conseguenza della variabilità dei gusti dei consumatori,

dipendenti da fattori imprevedibili, quali il giusto grado

di maturazione al momento della vendita,

la rapida deperibilità del prodotto fresco.

E‟ stato stimato che in Italia presso i centri agroalimentari una

percentuale del 1-1,2 % di ortofrutta viene gestita come rifiuto, del

quale circa un terzo potrebbe essere ancora perfettamente utilizzabile.

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La stima prevede che nel 2009 siano state sprecate circa 109.617

tonnellate di prodotti ortofrutticoli (Segrè, Falasconi, 2011).

Le cause che portano alla formazione di invenduti nella GDO

sono indicativamente le stesse dell‟industria alimentare (Fig. 2.16). In

particolare si deve rilevare che in questo caso risulta ancora più

difficoltosa una quantificazione di ciò che viene scartato. Tale

difficoltà dipende anche dall‟estrema varietà di prodotti presenti in un

ipermercato, fino a 15.000 referenze, e dalla presenza di marchi propri

che rendono la GDO di fatto non solo distributore ma anche

produttore, con tutte le problematiche annesse già viste nell‟industria

alimentare.

Fig. 2.16 Cause dello spreco nella GDO.

Cause spreco nella GDO

confezionamento: difetti nelle confezioni, errori di

grammatura o di stampa dell‟etichetta

attività promozionale, una volta che la campagna si è

conclusa il prodotto non è più vendibile,

campionatura, presenza di un campione omaggio non

vendibile separatamente

stagionalità, basti pensare ai panettoni o ai prodotti venduti

essenzialmente d‟estate.

standard fisici, secondo le norme qualitative definite da

ciascuna azienda o per legge.

cambio d‟immagine, nuove confezioni a sostituzione di

quelle più vecchie.

data di scadenza ravvicinata

lancio di un nuovo prodotto, che spesso prevede una

produzione superiore alla domanda effettiva nella fase di

lancio del prodotto, ed scarto del vecchio prodotto che di

conseguenza non viene più venduto..

evento meteorologico s/favorevole: estati fresche e quindi

minor consumo di bevande.

errori di programmazione nella produzione o disdette da

ordini fatti da mercati esteri, dove la diversa etichettatura

impedisce la vendita sul mercato italiano.

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Da alcune stime svolte all‟interno di un ipermercato tra il 2000

e il 2001 risulta che lo spreco rappresenta circa l‟1,5% del fatturato e

di questo circa il 95% potrebbe essere ancora utilizzato (Segrè,

Falasconi, 2002). Ulteriori stime mostrano che in Italia vengono

sprecate 263.645 tonnellate di prodotti alimentari, di cui il 40%

ortofrutta. Risulta inoltre che per la maggior parte i prodotti vengono

scartati per un‟eccessiva manipolazione da parte dei clienti e solo

piccola parte degli sprechi deriva da errori di programmazione delle

forniture (Segrè, Falasconi, 2011).

Fig. 2.17 Tonnellate sprecate nella GDO e relative percentuali

Quantità sprecate nella GDO

Tonnellate %

Cash and Carry 4.825 2

Ipermercati 51.300 19

Supermercati 134.289 51

Piccolo dettaglio 73.230 28

Totale 263.645

Fonte: Segrè, Falasconi, Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo. Ed Ambiente, 2011

Cash and

Carry

2% Ipermercati

19%

Supermercati

51%

Piccolo

dettaglio

28%

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2.4.4 SPRECO NEL CONSUMO FINALE

Nelle società sviluppate il consumo di cibo può essere distinto, in base

al luogo in cui avviene, in due grandi categorie:

consumo domestico

consumo extradomestico presso la ristorazione organizzata

(mense, ristoranti, bar, ecc.).

Le scelte del consumatore sono caratterizzate da alcuni fattori, quali:

l‟interesse crescente per gli aspetti salutistici e una maggiore

attenzione alla composizione e all‟igiene dei prodotti,

le esigenze di praticità e rapidità di preparazione,

la necessità o il desiderio di consumare il pasto fuori casa.

Secondo i dati Istat, in Italia la spesa media familiare per pasti

extradomestici è in progressivo aumento (Istat, 2002).

In entrambi i casi, consumo domestico e non, le quantità di cibo

sprecato sono rilevanti ma le motivazioni che generano il fenomeno

sono differenti.

In base ai dati Adoc, le famiglie italiane sprecano circa il 17%

del prodotto ortofrutticolo acquistato e il 35 % di latte, uova e carne,

conseguenza generalmente di disattenzione da parte del consumatore

che tende ad acquistare più del necessario, o ad una errata

conservazione del prodotto.

Per quanto riguarda la ristorazione collettiva, ad esempio, i dati

forniti da Last Minute Market evidenziano come le mense scolastiche

italiane sprechino ogni anno il 13-16% di ciò che viene acquistato. In

generale il problema principale causa di sprechi sono le norme

igieniche da rispettare e i tempi brevissimi in cui il cibo preparato può

essere consumato.

2.5 POSSIBILITA’ DI RECUPERO DELLO SPRECO

A fronte dell‟entità ingente di cibo sprecato in tutti gli step

produttivi ed in contemporanea alle iniziative promosse per

combattere lo spreco a monte, prevenendone cioè la formazione, si

sono sviluppate diverse modalità di recupero dello spreco prodotto.

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Occorre innanzitutto porre una distinzione tra riutilizzo e

riciclo. Nel primo caso di tratta di tutte le possibili alternative tramite

le quali viene mantenuta la destinazione originaria dei prodotti, nel

secondo caso la destinazione originaria non viene mantenuta,

costituendo quindi uno spreco relativo.

Fig. 2.18 Possibili destinazioni dello spreco.

Fonte: Elaborazione da: Segrè, Falasconi, Il libro nero dello spreco in Italia: il Cibo. Ed ambiente, 2011

Lo spreco si forma in ognuno degli anelli della produzione

alimentare e ciò che viene scartato può essere destinato al riciclo

mantenendo un valore economico con la trasformazione in compost,

in alcool etilico o in mangimi destinati alla zootecnia.

L‟alternativa, che prevede il mantenimento della destinazione

d’uso finale, comporta la perdita del proprio valore economico e la

trasformazione in “dono”, consentendo un vero e proprio recupero del

prodotto destinato ad associazioni ed enti benefici (Fig. 2.18).

La possibilità di trasformare gli scarti dei vari step di

produzione alimentare in un‟opportunità di aiuto ad indigenti e

bisognosi attraverso l‟opera di associazioni no profit impegnate nel

settore, ha visto nascere nel tempo diverse iniziative che svolgono il

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compito di mediazione tra imprese ed associazioni rendendo possibile

il trasferimento delle eccedenze dagli uni agli altri.

In Italia vi sono diverse esperienze che operano in questa

direzione, sebbene con metodi e organizzazioni differenti. Ne

presentiamo un esempio per ciascuno.step del processo produttivo

(Fig. 2.19).

Fig. 2.19 Esempi di associazioni impegnate nel recupero di alimenti.

Fonte : nostra elaborazione.

Il Banco Alimentare, nato in Italia nel 1989, ma presente negli

USA sin dal 1967, si occupa di raccogliere le eccedenze sia dall‟Agea

che da imprese di trasformazione e di distribuire ad una fitta rete di

enti selezionati il frutto di tale raccolta. Dal 1997 annualmente si

svolge la giornata della “Colletta alimentare” che vede coinvolta la

GDO, in un‟iniziativa di sensibilizzazione della popolazione che in

quella giornata può recarsi al supermercato ed acquistare prodotti

destinati al Banco alimentare.

Analogamente Azione Solidale, nata a Parma nel 1999, si

occupa di raccogliere gratuitamente prodotti scartati dalle industrie

alimentari, e distribuirli ad associazioni assistenziali selezionate.

Il Gruppo Cattolico del Mercato Ortofrutticolo svolge la

propria attività a Bologna con lo scopo di distribuire l‟eccedenza di

ortofrutta del mercato stesso ad enti di beneficenza. Le eccedenze

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vengono raccolte durante l‟arco della settimana e adeguatamente

stoccate, per poi essere distribuite con scadenze settimanale agli enti

autorizzati che ritirano il prodotto al mercato stesso.

2.5.1 LAST MINUTE MARKET

Last Minute Market è una società spin-off dell'Università di

Bologna che nasce nel 1998 come attività di ricerca. Dal 2003 è

divenuta una realtà imprenditoriale che opera su tutto il territorio

nazionale sviluppando progetti territoriali volti al recupero dei beni

invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi.

Last Minute Market (LMM) si occupa, tra le varie attività

svolte non solo in ambito alimentare, di recuperare prodotti invenduti

o non commerciabili dalla GDO e renderli disponibili ad enti benefici

presenti sul territorio in zone limitrofe alle sedi della GDO da cui

vengono recuperati i prodotti.

Fig. 2.20 Logo e iniziative svolte da LMM nel recupero di beni invenduti.

Fonte: www.lastminutemarket.it

La caratteristica principale di LMM è di svolgere la funzione di

intermediario tra le imprese, in particolare ma non solo la GDO, e gli

enti benefici, fornendo ad entrambi tutti gli strumenti necessari

affinché il passaggio dei beni ceduti e ricevuti avvenga direttamente

da donatore e beneficiario. Si tratta cioè di un sistema professionale i

cui modelli logistico-organizzativi permettono di recuperare in

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sicurezza ogni tipologia di prodotto comprese le categorie dei prodotti

cosiddetti “freschi” e “freschissimi”, nel rispetto delle norme igieniche

a tutela della salute dell‟utente finale, grazie a questo passaggio

diretto.

In generale, caratteristica rilevante di tali iniziative è l‟insieme

di vantaggi che si vengono a creare. Gli enti benefici si garantiscono

un approvvigionamento costante di cibo, che consente loro una

migliore pianificazione e un migliore utilizzo delle risorse a

disposizione. A loro volta, le imprese traggono vantaggio

dall‟iniziativa grazie a riduzione dei costi di smaltimento, vantaggi

fiscali e ottimizzazione della logistica.

Il recupero dei beni alimentari invenduti risulta essere un

servizio con ricadute positive non solo per chi li produce e chi li

utilizza , ma anche per l‟amministrazione pubblica e per la società.

Infatti, per la pubblica amministrazione i vantaggi si esprimono

con un minor quantitativo di materiale in discarica, il relativo

vantaggio economico e una maggiore disponibilità di risorse da

impiegare per altri scopi, mentre a livello sociale viene dato risalto

alla possibilità di educare al “non spreco” e vengono sviluppati la

relazionalità e reciprocità. Nel territorio si attiva una rete locale di

solidarietà che mette in contatto il mondo del profit con quello del non

profit attraverso il valore del “dono” e delle relazioni che ne

conseguono.

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Fig. 2.21 aspetti positivi del recupero dei beni alimentari

IMPRESE Vantaggi fiscali

Ottimizzazione logistica

Riduzione costi di smaltimento

Aumento visibilità

ENTI ASSOCIAZIONI Approvvigionamento costante di cibo

Reinvestimento risparmi

Migliore assistenza

PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE

Diminuzione prodotti in discarica

Migliore qualità assistenziale

Migliore gestione fondi

SOCIETA‟ Educazione al non spreco

Reciprocità e relazionalità

Fonte: Segrè, Falasconi; Abbondanza e scarsità nelle economie sviluppate, Ed FrancoAngeli, 2002

Le imprese traggono inoltre vantaggio da queste iniziative

anche a livello di immagine, acquisendo un valore etico positivo agli

occhi del consumatore, ed infine viene posto l‟accento sulla

ottimizzazione delle risorse e in molti casi la sola consapevolezza del

problema è in grado di ridurre gli sprechi. Per fare un esempio, nel

corso dell‟indagine svolta da LMM in un ipermercato della provincia

di Bologna, l‟attenzione rivolta al tentativo di stimare i prodotti

scartati ha portato ad una riduzione degli stessi per tutto il periodo

dell‟indagine (Cap 7,Falasconi, Segrè, 2002).

La divulgazione delle iniziative mirate al recupero dello spreco

alimentare stimola infine il consumatore finale ad una maggiore

attenzione a ciò che consuma e lo spinge a fare delle scelte

relativamente alla qualità e alla quantità del cibo, poiché una maggiore

consapevolezza dei propri acquisti è in effetti il primo passo

necessario verso la sostenibilità alimentare.

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CAPITOLO TERZO

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60

3.1 LO SPRECO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

ORGANIZZATA: IL CASO STUDIO DI UN

IPERMERCATO.

Il caso studio di seguito presentato rappresenta un tentativo di

fornire un esempio di quantificazione dello spreco a livello della

grande distribuzione organizzata (GDO). Al fine di rendere la

quantificazione facilmente comprensibile si è deciso di valutarla da un

punto di vista nutrizionale in termini di razioni giornaliere di alimenti

necessariamente presenti in una dieta sana e corretta.

Sono stati analizzati i dati forniti da un ipermercato del

Comune di Bologna nell‟arco di tempo di otto mesi (da gennaio ad

agosto compresi). Tali dati sono relativi a tutti i prodotti alimentari

che sono stati scartati dall‟ipermercato perché non più vendibili per

svariati motivi, ma ancora perfettamente utilizzabili come alimenti e

quindi destinabili al consumo umano.

E‟ necessario puntualizzare che il 100% dei prodotti scartati

dall‟Ipermercato sono stati recuperati direttamente da associazioni che

prestano assistenza a persone in condizioni di disagio, attraverso il

sistema messo a punto da Last Minute Market, società spin-off

dell‟Università di Bologna, di cui si è trattato nel capitolo precedente.

3.2 MATERIALI E METODI

I dati e grafici relativi presenti nel paragrafo successivo sono

stati elaborati con il programma Windows Excel 2010.

I dati raccolti sono costituiti, per ciascuno degli otto mesi

d‟indagine, dall‟elenco delle singole referenze di prodotti alimentari

scartati dall‟Ipermercato provenienti dai seguenti 5 reparti:

- GENERI VARI (provenienti dalle scansie dell‟ipermercato e

quindi costituiti da prodotti confezionati)

- MACELLERIA

- LATTICINI E SALUMI

- PANE E PASTICCERIA

- ORTOFRUTTA

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61

Per ogni mese ci è stato fornito il peso netto complessivo di

ciascuna referenza.

L‟elaborazione dei dati è avvenuta utilizzando la tabella

riportata in Fig.3.1, facendo riferimento alle “tabelle delle porzioni

standard dell’alimentazione italiana” indicate dalla Società Italiana

di Nutrizione Umana (SINU).

Fig. 3.1 Tabella delle porzioni standard

Fonte: Elaborazione da “Tabelle porzioni standard dell‟alimentazione italiana”, www.sinu.it

La tabella in Fig. 3.1 indica:

i gruppi di alimenti che devono essere presenti ogni

giorno nella dieta per una sana e corretta alimentazione;

le categorie di alimenti che compongono ciascun

gruppo in porzioni (si definisce “porzione" la quantità

standard di alimento espressa in g, che si assume come

unità di misura da utilizzare per un’alimentazione

equilibrata, SINU).

il peso di ciascuna porzione per categoria di alimenti

(“le quantità di grammi proposte per ciascuna porzione

GRUPPO DI ALIMENTI CATEGORIA DI ALIMENTI PESO PORZIONE (kg) NUMEROPORZIONI/DIE RAZIONE/DIE

LATTE 0,125

YOGURT 0,125

FORMAGGI FRESCHI 0,100

FORMAGGI STAGIONATI 0,050

CARNE 0,100

PESCE 0,150

SALUMI 0,050

LEGUMI 0,100

PRODOTTI FORNO 0,050

PATATE 0,200

PANE 0,050

PASTA 0,080

PASTA RIPIENA 0,180

FRUTTA FRUTTA 0,150 3 1

VERDURA VERDURA 0,250 2 1

CONDIMENTI CONDIMENTI 0,010 4 1

LATTE/YOGURT

CARNE E SOSTITUTI

PANE E SOSTITUTI

PASTA

2

2

5

1

1

1

1

1

cir

ca

20

00

kca

l/d

ie

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62

assumono il significato di unità pratica di misura della

quantità di alimento consumata”, SINU);

il numero di porzioni giornaliere per GRUPPO (da noi

definita RAZIONE giornaliera) che compongono uno

schema dietetico di circa 2000kcal (apporto calorico

necessario per un soggetto maschio adulto sano secondo

INRAN). Lo schema dietetico giornaliero da noi

elaborato per un totale di circa 2000 kcal prevede

quindi:

1 razione di latte/yogurt

1 razione di. carne e sostituti

1 razione di pane e sostituti

1 razione di pasta

1 razione di frutta

1 razione di verdura

1 razione di condimenti.

Per ogni mese l‟elaborazione dei dati è avvenuta come segue:

1- Si è calcolato l‟apporto calorico per ciascuna referenza,

moltiplicandone il peso per l‟apporto in kcal/kg facendo riferimento

alle “Tabelle di composizione degli alimenti” dell‟INRAN.

Relativamente alla sola categoria dell‟ortofrutta si è provveduto a

calcolare anche il peso netto e relativo apporto calorico, moltiplicando

il peso iniziale per la percentuale di parte edibile delle singole

referenze.

2- Ciascuna referenza è stata catalogata secondo le seguenti

categorie di alimenti (Fig. 3.2):

LATTE

YOGURT

FORMAGGI FRESCHI

FORMAGGI STAGIONATI

CARNE

PESCE

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63

SALUMI (carni conservate)

LEGUMI

PRODOTTI DA FORNO

PATATE

PANE

PASTA

PASTA RIPIENA

FRUTTA

VERDURA

CONDIMENTI

Sono state escluse le referenze appartenenti ad altre categorie

non contemplate dell‟elenco delle porzioni standard della SINU, quali

per esempio: dolciumi, alcool, bibite, snack, ecc.

Fig. 3.2 Esempio di suddivisione delle referenze nelle rispettive categorie.

Fonte: nostra elaborazione.

Crescenza 2.810 5,04 14.162,40 F FRESCHI

Formaggini 3.450 0,13 431,25 F FRESCHI

Mozzarella 2.530 13,45 34.028,50 F FRESCHI

Sottilette 3.650 2,00 7.300,00 F FRESCHI

Parmigiano 3.870 13,20 51.084,00 F STAGIONATI

Latte 640 7,50 4.800,00 LATTE

Burro 7.580 3,25 24.635,00 OLIO

Pizza fresca 3.400 - - PANE

Tramezzini 3.700 2,25 8.325,00 PANE

Fusilli al pesto 4.250 6,00 25.500,00 PASTA

Tortellini 3.760 7,25 27.260,00 PASTA RIPIENA

Gnocchi 900 81,00 72.900,00 PATATE

Alici 2.060 0,20 412,00 PESCE

Pesce affumicato 1.940 2,50 4.850,00 PESCE

Salmone 1.470 47,10 69.237,00 PESCE

Lonza 4.500 16,00 72.000,00 SALUMI

Mortadella 3.680 9,40 34.592,00 SALUMI

Pancetta affumicata 3.370 - - SALUMI

Prosciutto cotto 2.150 12,04 25.886,00 SALUMI

Prosciutto crudo 2.680 1,75 4.690,00 SALUMI

Rollè cotto 2.800 2,20 6.160,00 SALUMI

Salame 3.480 2,50 8.700,00 SALUMI

Spek 3.330 5,50 18.315,00 SALUMI

Melanzane surgelate 330 0,90 297,00 VERDURE

Minestrone 2.490 12,50 31.125,00 VERDURE

Yogurt 660 19,95 13.167,00 YOGURT

REPARTO LATTICINI SALUMERIA GENNAIO

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64

3- Per ogni categoria di alimenti sono stati calcolati

rispettivamente i pesi e gli apporti calorici complessivi (Fig.3.3).

Fig. 3.3 Esempio di calcolo dei pesi complessivi per categoria

Fonte: nostra elaborazione

4- Si è calcolato il numero di porzioni per categoria di

alimenti, dividendone il peso complessivo per il peso della singola

porzione, es.:

Gennaio, categoria prodotti da forno

kg 343 (peso complessivo)/ kg 0.050 (peso porzione) =

= 6.860 NUMERO PORZIONI.

5- Si è calcolato il numero di porzioni per gruppo di alimenti,

sommando le porzioni di ogni categoria appartenente allo stesso

gruppo, es.:

Gennaio, gruppo PANE E SOSTITUTI

370 (legumi)+6.860 (prodotti da forno)+965 (patate)+3.222 (pane)=

=11.416 NUMERO PORZIONI DI PANE E SOSTITUTI.

Le somme sono state eseguite facendo riferimento al gruppo di

appartenenza di ogni categoria di alimenti secondo lo schema in Fig.

3.4.

REFERENZA Kcal per Kg PESO (kg) Kcal Totali CATEGORIA

Crescenza 2.810 5,04 14.162,40 F FRESCHI

Formaggini 3.450 0,13 431,25 F FRESCHI

Mozzarella 2.530 13,45 34.028,50 F FRESCHI

Sottilette 3.650 2,00 7.300,00 F FRESCHI

TOTALE 20,62 55.922,15

Parmigiano 3.870 13,20 51.084,00 F STAGIONATI

TOTALE 13,20 51.084,00

Latte 630 18,00 11.340,00 LATTE

Latte soia 320 0,50 160,00 LATTE

Latte 640 7,50 4.800,00 LATTE

TOTALE 26,00 16.300,00

Yogurt 660 19,95 13.167,00 YOGURT

TOTALE 19,95 13.167,00

GENNAIO

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65

Fig. 3.4 Gruppi di alimenti e relative categorie

CATEGORIA DI ALIMENTI GRUPPO DI ALIMENTI

LATTE LATTE/YOGURT

YOGURT

FORMAGGI FRESCHI

CARNE E SOSTITUTI

FORMAGGI STAGIONATI

CARNE

PESCE

SALUMI

LEGUMI

PANE E SOSTITUTI PRODOTTI FORNO

PATATE

PANE

PASTA PASTA

PASTA RIPIENA

FRUTTA FRUTTA

VERDURA VERDURA

CONDIMENTI CONDIMENTI

Fonte: Nostra elaborazione delle Tabelle delle porzioni standard (SINU)

6-Si è calcolato infine il numero di razioni giornaliere per

gruppo di alimenti, dividendo le porzioni complessive per il numero

di porzioni che costituisce una razione per ogni gruppo, es:

Gennaio, gruppo PANE E SOSTITUTI

11.416 (porzioni di pane e sostituti)/5 (numero porzioni per razione)=

=2.283 NUMERO RAZIONI GIORNALIERE DI PANE E SOSTITUTI.

7- Lo stesso procedimento è stato seguito per ognuno degli otto

mesi di indagine, i dati complessivi sono riassunti nella Fig.3.5

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Fig. 3.5 Dati riassuntivi del calcolo delle razioni giornaliere per gruppo di alimenti

Fonte: Nostra elaborazione. Prima parte

MES

ELA

TTE

YOGU

RTFO

RMAG

GI FR

ESCH

IFO

RMAG

GI

STAG

IONA

TICA

RNE

PESC

ESA

LUM

ILE

GUM

I P F

ORNO

PATA

TEPA

NEPA

STA

PAST

A RI

PIEN

AFR

UTTA

VERD

URA

COND

IMEN

TI

GEN

NAIO

26,00

19

,95

20,62

13,20

1.3

56,10

56,20

49,39

37,01

342,9

8

19

3,05

161,0

8

35

1,75

7,25

1.839

,48

1.4

77,15

6,4

5

FEBB

RAIO

14,70

18

1,18

15

,88

-

3.434

,68

40

,04

16

,88

43

,81

27

7,09

69,13

70,56

94

6,11

4,75

2.157

,79

1.5

84,03

13

,45

MAR

ZO6,2

0

19

,80

9,50

-

1.617

,37

6,3

3

4,2

5

14,81

338,5

8

10

6,94

312,2

1

70

8,04

23,00

2.3

03,57

1.425

,77

21,05

APRI

LE11

,50

18,10

21

,60

3,8

0

1.8

04,45

15,82

59,68

16,10

424,5

1

27

,20

15

5,80

587,9

0

8,7

0

96

5,62

2.257

,80

14,90

MAG

GIO

15,75

47

,40

67,05

1,12

1.656

,74

54

,78

16

,89

33

,30

26

6,33

32,30

146,6

0

38

0,20

0,80

1.664

,06

1.7

82,90

11

,35

GIUG

NO5,5

0

15

6,65

43

,20

21

,60

2.121

,24

19

,60

73

,15

5,9

0

155,1

7

-

16

1,95

269,8

5

47

,70

2.244

,61

1.7

72,84

14

,45

LUGL

IO40

2,93

38

2,60

24

4,75

22

,65

1.094

,56

40

,59

12

4,11

30,90

190,0

2

48

2,22

169,9

3

64

3,45

10,75

3.3

55,00

3.387

,86

67,60

AGOS

TO5,5

0

16

8,10

24

1,65

5,8

6

1.5

32,58

65,21

129,0

4

18

,12

19

0,19

190,7

3

47

7,02

12,52

3.1

90,44

2.635

,50

29,75

LATT

EYO

GURT

FORM

AGGI

FRES

CHI

FORM

AGGI

STAG

IONA

TICA

RNE

PESC

ESA

LUM

ILE

GUM

I P F

ORNO

PATA

TEPA

NEPA

STA

PAST

A RI

PIEN

AFR

UTTA

VERD

URA

COND

IMEN

TI

0,125

0,125

0,1

000,0

500,1

000,1

500,0

500,1

000,0

500,2

000,0

500,0

800,1

800,1

500,2

500,0

10

FRUT

TAVE

RDUR

ACO

NDIM

ENTI

MES

ELA

TTE

YOGU

RTFO

RMAG

GI FR

ESCH

IFO

RMAG

GI

STAG

IONA

TICA

RNE

PESC

ESA

LUM

ILE

GUM

IP F

ORNO

PATA

TEPA

NEPA

STA

PAST

A RI

PIEN

AFR

UTTA

VERD

URA

COND

IMEN

TI

GENN

AIO

208

160

206

26

4

13

.561

37

5

988

37

0

6.860

96

5

3.222

4.3

97

40

12.26

3

5.9

09

64

5

FEBB

RAIO

118

1.449

15

9

-

34

.347

26

7

338

43

8

5.542

34

6

1.411

11

.826

26

14.38

5

6.3

36

1.3

45

MAR

ZO50

15

8

95

-

16

.174

42

85

148

6.7

72

535

6.2

44

8.851

12

8

15

.357

5.703

2.105

APRI

LE92

14

5

21

6

76

18.04

5

105

1.1

94

16

1

8.490

13

6

3.116

7.3

49

48

6.437

9.0

31

1.4

90

MAG

GIO

126

379

671

22

16

.567

36

5

338

33

3

5.327

16

2

2.932

4.7

53

4

11.09

4

7.1

32

1.1

35

GIUG

NO44

1.2

53

432

43

2

21

.212

13

1

1.463

59

3.1

03

-

3.239

3.3

73

265

14.96

4

7.0

91

1.4

45

LUGL

IO3.2

23

3.061

2.4

47

45

3

10

.946

27

1

2.482

309

3.8

00

2.411

3.399

8.0

43

60

22.36

7

13

.551

6.760

AGOS

TO44

1.3

45

2.417

117

15.32

6

435

2.5

81

18

1

3.804

-

3.8

15

5.963

70

21

.270

10.54

2

2.9

75

NUM

ERO

PORZ

IONI

LATT

E/ YO

GURT

CARN

E E SO

STITU

TIPA

NE E

SOST

ITUTI

PAST

A

KILO

GRAM

MI

PESO

PORZ

IONE

(kg)

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67

Fig.3.5 Dati riassuntivi del calcolo delle razioni giornaliere per gruppo di alimenti

Fonte: Nostra elaborazione. Seconda parte

FRUTTA

VERDU

RA CO

NDIM

ENTI

GENN

AIO12.

263

5.909

645

FEBBRA

IO14.

385

6.336

1.345

MARZO

15.357

5.7

03

2.1

05

APRIL

E6.4

37

9.0

31

1.4

90

MAGG

IO11.

094

7.132

1.135

GIUGN

O14.

964

7.091

1.445

LUGLIO

22.367

13.

551

6.7

60

AGOS

TO21.

270

10.542

2.975

FRUTTA

VERDU

RA CO

NDIM

ENTI

32

4

FRUTTA

VERDU

RACO

NDIM

ENTI

GENNA

IO408

8295

4161

FEBBRA

IO479

5316

8336

MARZO

5119

2852

526

APRIL

E214

6451

6373

MAGG

IO369

8356

6284

GIUGN

O498

8354

6361

LUGLIO

7456

6776

1690

AGOS

TO709

0527

1744

LATTE/

YOUG

URT

CARN

E E SO

STITU

TIPA

NE E S

OSTIT

UTI

8198

9818

8982

11835

8299

10437

1547

2740

NUME

RO RA

ZIONI

GIORN

ALIERE

PER G

RUPPO

DI ALI

MENT

I

6.032

1

4.437

11.

853

8.978

7.3

97

4.757

17555

1751

1280

1984

1560

LATTE/

YOGU

RTCA

RNE E

SOSTI

TUTI

PASTA

2 184 784 104 118 253 649 3142

2

694

3.638

8.1

03

7.397

4.7

57

15.394

7697

16.396

19.636

2283

17.963

23.670

16.599

6.401

9.919

7.800

PANE

E SOS

TITUT

I

20.875

PASTA

2381

LATTE/

YOUG

URT

PASTA

CARN

E E SO

STITU

TI

3.638

8.1

03

6.032

4.4

37

11.853

8.9

78

1.567

208

8.753

368

SOMM

A POR

ZIONI

PER GR

UPPO

DI ALI

MENT

I

NUME

RO PO

RZION

I GIOR

NALIE

RE PER

GRUP

PO DI

ALIME

NTI 5

PANE

E SOS

TITUT

I

11.416

7.737

13.699

11.903

237

505

1.2

97

6.2

84

1.3

89

35.110

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8- Sono stati calcolati i risultati complessivi per l‟intero periodo

dell‟indagine, sommando i valori di ciascun mese relativi a:

Calorie totali per categoria

Peso totale in kilogrammi per categoria

Numero totale porzioni per categoria

Numero totale porzioni per gruppo

Numero totale razioni giornaliere per gruppo

I risultati sono riassunti nella successive tabelle (Fig 3.6):

Fig. 3.6 Valori complessivi relativi all‟intero periodo di indagine

Fonte: nostra elaborazione

CATEGORIA CALORIE TOTALI KILOGRAMMI TOTALI PORZIONI TOTALI

LATTE 309.744,10 488,08 3905

YOGURT 655.891,50 993,78 7950

F FRESCHI 1.948.400,75 664,24 6642

F STAGIONATI 264.050,10 68,23 1365

CARNE 25.059.542,80 14.617,71 146177

PESCE 529.756,50 298,57 1990

SALUMI 1.545.882,52 473,39 9468

LEGUMI 167.987,50 199,95 1999

P FORNO 9.155.184,50 2.184,85 43697

PATATE 881.086,50 910,84 4554

PANE 4.864.923,75 1.368,86 27377

PASTA 14.938.580,00 4.364,32 54554

PASTA RIPIENA 434.167,20 115,47 642

FRUTTA 9.113.547,96 17.720,56 118137

VERDURA 4.001.371,85 16.323,86 65295

CONDIMENTI 1.461.573,50 179,00 17900

GRUPPI PORZIONI TOTALI RAZIONI TOTALI

LATTE/ YOUGURT 11855 5927

CARNE E SOSTITUTI 165642 82821

PANE E SOSTITUTI 77628 15526

PASTA 55196 55196

FRUTTA 118137 39379

VERDURA 65295 32648

CONDIMENTI 17900 4475

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9- E‟ stato calcolato il numero giornaliero di razioni disponibili

per ciascun gruppo di alimenti, dividendo le razioni complessive per il

numero di giorni che compongono il periodo di indagine, ovvero 243

giorni. Es:

Gruppo Pane e sostituti

15596 (razioni complessive)/ 243(giorni) =64 razioni al giorno.

I rispettivi valori per gruppo di alimenti sono riassunti nella Fig. 3.7.

Fig. 3.7 Numero di razioni giornaliere per gruppo di alimenti per ciascuno dei 243

giorni di indagine.

Fonte: nostra elaborazione.

10- Si è calcolato il numero di persone alle quali è possibile

fornire quotidianamente (per tutto il periodo indicato) uno schema

dietetico completo sulla base delle razioni di alimenti considerati,

facendo riferimento allo schema in Fig 3.8.

Fig. 3.8 Calcolo del numero di persone a cui si fornire una dieta completa al giorno

GRUPPO PERSONE

CONDIMENTI 18 0 LATTE/

YOGURT 24 6 0 PANE E

SOSTITUTI 64 45 39 0 VERDURA 134 116 110 70 0

FRUTTA 162 144 138 98 28 0 PASTA 227 209 203 163 93 65 0

CARNE E SOSTITUTI 341 322 316 277 206 179 114

Fonte: nostra elaborazione

GRUPPI RAZIONI GIORNALIERE

LATTE/ YOUGURT 24

CARNE E SOSTITUTI 341

PANE E SOSTITUTI 64

PASTA 227

FRUTTA 162

VERDURA 134

CONDIMENTI 18

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3.3 RISULTATI

Da quanto rilevato dalla nostra indagine, lo spreco complessivo

ammonta ad una quantità totale di cibo pari a 60.972 kg.

La distribuzione delle quantità in kg di ciascuna categoria di

alimenti per ogni mese dell‟indagine mostra come la maggior parte

dello spreco in termini di peso sia costituita da frutta e verdura seguita

dalla carne (Fig. 3.9).

Fig.3.9. Distribuzione delle quantità in Kg per categoria per mese e complessiva.

Fonte: nostra elaborazione.

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Si evidenzia inoltre che, in termini di quantità sprecate, vi sono

variazioni anche notevoli tra un mese e l‟altro all‟interno di una stessa

categoria.

Per quanto riguarda invece l‟apporto calorico, il valore

complessivo dello spreco è di 75.331.691 kcal. La categoria più

rilevante è costituta dalla carne (con un apporto di oltre 25 milioni di

calorie), mentre in questo caso frutta e verdura hanno una rilevanza

minore, dovuta al fatto che le calorie fornite da queste categorie per

unità di peso è decisamente inferiore (Fig. 3.10).

Fig. 3.10 Distribuzione dell‟apporto calorico (kcal) per mese e complessiva.

Fonte: nostra elaborazione.

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Una volta unite le categorie nei rispettivi gruppi di alimenti e

calcolate le razioni complessive per ciascun gruppo (Fig. 3.4), si è

evidenziato che la voce principale è costituita dal gruppo della carne e

sostituti (32%). Il gruppo con il numero di razioni inferiore è quello

dei condimenti (Fig.3.11)

Fig. 3.11 Distribuzione razioni per mese, complessive e in percentuale

Fonte: nostra elaborazione.

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Si è infine voluto valutare il numero di persone alle quali è

possibile fornire una dieta giornaliera completa secondo lo schema

dietetico composto da una razione di ciascuno dei gruppi di alimenti,

pari a circa 2000 kcal/die. I risultati ottenuti dimostrano che la

quantità di cibo sprecato è tale da nutrire completamente 18 persone al

giorno, per tutto il periodo di indagine (243gg.). A queste si

aggiungono altre 323 persone alle quali si potrebbe fornire una dieta

parziale, con la necessità di una integrazione di alcuni gruppi di

alimenti secondo lo schema della Fig. 3.12.

Fig. 3.12. Persone alle quali si potrebbe fornire una dieta completa o parziale.

Fonte: nostra elaborazione.

Come si vede dai risultati dell‟indagine, pur rappresentando lo

spreco prodotto da un solo ipermercato, il numero di persone che

potrebbero essere nutrite in modo corretto è significativo. Inoltre,

questo tipo di valutazione potrebbe rappresentare uno strumento utile

per le associazioni che prestano assistenza a persone in condizioni di

disagio alle quali è destinato il cibo scartato dall‟ipermercato,

permettendo loro di pianificare le eventuali integrazioni alimentari a

completamento di ciò che l‟ipermercato fornisce. Tuttavia, bisogna

tenere in considerazione che queste valutazioni hanno un valore

meramente indicativo, data la notevole variabilità tra un mese e l‟altro

della quantità equalità di alimenti forniti (vedi Fig. 3.9).

carne e sotituti 114 persone

carne e sotituti pasta 65 persone

carne e sotituti pasta frutta 28 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura 70 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti 39 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt 6 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt condimenti 18 persone

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CONCLUSIONI

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Fame nel mondo, da una parte, e spreco di cibo, dall‟altra, sono

le due realtà opposte che contraddistinguono lo scenario mondiale

odierno riguardo lo stato dell‟alimentazione.

Mentre da molti anni ci si è occupati a livello internazionale di

risolvere il problema della fame nel mondo, indagandone ed

analizzandone le cause e prefiggendosi obiettivi precisi per

combatterla, il tema dello spreco è stato per lungo tempo ignorato.

Solo di recente il tema ha conquistato maggiore interesse, data

la sua importanza in ambito di sostenibilità ambientale, economica e

sociale, considerando il consumo di risorse necessarie non solo a

produrre, ma anche a smaltire ciò che viene sprecato.

All‟interno del sistema agroalimentare, lo spreco tocca tutte gli

anelli della catena: produzione, trasformazione, distribuzione e

consumo finale, con modalità particolari e per cause specifiche ad

ogni step. Ad esempio in Italia nel 2009 sono rimaste in campo

17.700.586 tonnellate di prodotto agricolo corrispondente in peso a

circa il doppio del consumo di ortofrutta nel nostro Paese nello stesso

anno; per l‟industria alimentare la produzione sprecata per lo stesso

anno ammonta a 2.344.343 tonnellate. Per la distribuzione si stima

uno spreco pari al 1.5% del fatturato tra il 2000 e 2001. Infine per il

consumo finale è stato stimato che si butti il 17% dell‟ortofrutta e il

35% del latte, uova e carne acquistati.

Nel presente studio si è voluto focalizzare l‟interesse sullo

spreco a livello della grande distribuzione organizzata. Si è deciso di

analizzare da un punto di vista nutrizionale quali/quantitativo l‟entità

dello spreco di un ipermercato sito nel Comune di Bologna per un

periodo di tempo di otto mesi.

L‟obiettivo dello studio è stato valutare la possibilità di ricavare

dal cibo sprecato uno schema dietetico corretto e completo, secondo le

indicazioni di sana e corretta alimentazione della SINU e valutare il

numero di persone che potevano essere nutrite ogni giorno nel periodo

di indagine secondo questo schema nutrizionale.

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Lo schema di circa 2000 kcal è costituito da una razione di

ciascuno dei gruppi di alimenti che necessariamente costituiscono una

alimentazione sane e corretta: latte/yogurt, carne e sostituti, pasta,

pane e sostituti, frutta, verdura e condimenti.

Dall‟indagine è emerso che lo spreco complessivo ammonta ad

una quantità totale di cibo pari a 60.972 kg, per un totale di

75.331.691 kcal. Sono presenti differenze quantitative per lo spreco in

ogni gruppo e variazioni anche importanti tra un mese e l‟altro

all‟interno di ciascun gruppo, come si può vedere dal seguente schema

riassuntivo:

Fonte: nostra elaborazione

Complessivamente, l„entità dello spreco è tale da poter fornire

una dieta sana e corretta di circa 2000kcal/die -e costituita da una

quantità sufficiente al fabbisogno giornaliero per ciascuno dei 7

gruppi di alimenti sopra indicati- a 18 persone ogni giorno, per tutto il

periodo di indagine (243 giorni). A queste si aggiungono altre 323

persone alle quali si potrebbe fornire una dieta parziale, con la

necessità di un‟integrazione di alcuni gruppi di alimenti, secondo lo

schema seguente:

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Persone alle quali si potrebbe fornire una dieta completa o parziale.

Fonte: nostra elaborazione.

Questi risultati forniscono alcuni spunti di riflessione.

Innanzitutto, pur rappresentando lo scarto di un solo ipermercato, lo

spreco di cibo, come si vede, è notevole. Da precedenti indagini risulta

che tale spreco è generalmente quantificabile intorno all‟1-1,5% delle

vendite in termini di fatturato (A. Segrè, 2011).

Per quanto riguarda la sostenibilità, il Barilla Center for Food

and Nutrition negli ultimi anni ha messo a confronto le categorie di

alimenti che costituiscono la base di una sana e corretta alimentazione

con l‟impatto ambientale degli stessi, rilevandone una correlazione

inversa tra frequenza di assunzione suggerita e costo ambientale. E‟

interessante notare come dal nostro studio risulti che la prima voce di

spreco, in termini di quantità, sia rappresentata proprio da quegli

alimenti dei quali è stato dimostrato un più elevato impatto ambientale

e dei quali è suggerito un consumo non eccessivo, come la carne.

Il cibo scartato dall‟ipermercato è stato recuperato al 100% da

associazioni che prestano assistenza a persone in condizioni di

disagio, grazie all‟opera di Last Minute Market, società spin-off

dell‟Università di Bologna che da anni si occupa di recupero

alimentare. A questo proposito, il nostro studio potrebbe risultare utile

per le associazioni stesse, fornendo loro uno strumento indicativo di

carne e sotituti 114 persone

carne e sotituti pasta 65 persone

carne e sotituti pasta frutta 28 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura 70 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti 39 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt 6 persone

carne e sotituti pasta frutta verdura pane e sostituti latte/yogurt condimenti 18 persone

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pianificazione delle eventuali integrazioni alimentari a completamento

di ciò che l‟ipermercato fornisce. Inoltre, riteniamo che in generale la

quantificazione dello spreco ad ogni livello della catena

agroalimentare e la divulgazione dei risultati siano strumenti utili per

sensibilizzare l‟opinione pubblica sull‟importanza e l‟attualità di

questi temi.

Infine la consapevolezza in termini di sostenibilità ambientale

riguardo al cibo consumato fa parte del bagaglio di informazioni che il

dietista deve saper divulgare nel suo ruolo professionale di educatore

alimentare.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il Prof. Andrea Segrè e il Dott. Luca Falasconi per

avermi dato la possibilità di approfondire questo interessante

argomento.

Ringrazio la Dott. Francesca Pasqui per il supporto e la

disponibilità in questi tre anni, ben oltre il suo ruolo di docente e

coordinatrice del Corso.

Un sincero e profondo ringraziamento a mio marito Marco e a

tutta la mia famiglia per l‟aiuto concreto, il sostegno morale e

l‟affetto, senza i quali non avrei materialmente potuto arrivare sin qui.

Dedico questo lavoro a mio figlio Michele.