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La diversità Indice Introduzione: motivazione della scelta del tema della diversità e panoramica del lavoro ITALIANO Eugenio Montale: diversità come via di fuga dal processo della massificazione Primo Levi: diversità come elemento da sopprimere e da conservare LATINO Seneca: parità naturale degli uomini oltre le diversità sociali GRECO Menandro: diversità nei personaggi della Commedia Nuova APPROFONDIMENTO Jérôme Lejeune: ogni uomo è unico ed insostituibile, al di là delle diversità Introduzione La diversità è un concetto che torna frequentemente nella vita di tutti i giorni: essere “diverso” può, per alcuni, essere motivo di soddisfazione e di felicità, per altri essere motivo di discriminazione e sopraffazione: è innegabile, infatti, che l'essere “diverso” abbia avuto in passato una valenza fortemente negativa (basti pensare alle persecuzioni subite dai cristiani durante l'Impero romano, o a fenomeni come il razzismo o l'omofobia, fino a giungere alla loro estremizzazione, ai lager nazisti ed ai gulag sovietici), ma non sono mancati casi in cui, in condizione di omologazione degli uomini e perdita delle unicità, la diversità abbia acquisito valore positivo per il singolo uomo che non vuole identificarsi con una massa vuota. Ho deciso di analizzare questo tema in quanto ritengo che analizzando le varie sfaccettature che la diversità ha assunto nel corso dei secoli, anche attraverso alcuni testi efficaci per analizzare e comprendere l'esperienza della diversità, si possa arrivare ad una maggiore consapevolezza riguardo ad un tema al quale spesso non viene data l'importanza che merita. Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina 1

Tesina diversità 2

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  • La diversit

    Indice

    Introduzione: motivazione della scelta del tema della diversit e panoramica del lavoro

    ITALIANO

    Eugenio Montale: diversit come via di fuga dal processo della massificazione

    Primo Levi: diversit come elemento da sopprimere e da conservare

    LATINO

    Seneca: parit naturale degli uomini oltre le diversit sociali

    GRECO

    Menandro: diversit nei personaggi della Commedia Nuova

    APPROFONDIMENTO

    Jrme Lejeune: ogni uomo unico ed insostituibile, al di l delle diversit

    Introduzione

    La diversit un concetto che torna frequentemente nella vita di tutti i giorni: essere diverso pu,

    per alcuni, essere motivo di soddisfazione e di felicit, per altri essere motivo di discriminazione e

    sopraffazione: innegabile, infatti, che l'essere diverso abbia avuto in passato una valenza

    fortemente negativa (basti pensare alle persecuzioni subite dai cristiani durante l'Impero romano, o

    a fenomeni come il razzismo o l'omofobia, fino a giungere alla loro estremizzazione, ai lager nazisti

    ed ai gulag sovietici), ma non sono mancati casi in cui, in condizione di omologazione degli uomini

    e perdita delle unicit, la diversit abbia acquisito valore positivo per il singolo uomo che non vuole

    identificarsi con una massa vuota.

    Ho deciso di analizzare questo tema in quanto ritengo che analizzando le varie sfaccettature che la

    diversit ha assunto nel corso dei secoli, anche attraverso alcuni testi efficaci per analizzare e

    comprendere l'esperienza della diversit, si possa arrivare ad una maggiore consapevolezza

    riguardo ad un tema al quale spesso non viene data l'importanza che merita.

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina ! 1

  • ITALIANO

    Eugenio Montale: diversit come via di fuga dal processo di massificazione

    Addii, fischi nel buio, cenni, tosse

    Addii, fischi nel buio, cenni, tosse

    e sportelli abbassati. l'ora. Forse

    gli automi hanno ragione. Come appaiono

    dai corridoi, murati!

    ............................

    - Presti anche tu alla fioca

    litania del tuo rapido quest'orrida

    e fedele cadenza di carioca? -

    Addii, fischi nel buio, cenni, tosse fa parte de Le occasioni, il volume nel 1939. L'occasione la

    seguente: l'autore si trova con la donna amata in stazione perch lei deve prendere un treno, in cui si

    confonder con gli automi (gli uomini-massa) e le chiede se anche lei riconosca nel rumore del

    treno che si avvia lo stesso ritmo di persecuzione e di morte che gli attribuisce lui.

    In questo componimento il motivo della presenza/assenza della donna amata si lega al motivo della

    civilt moderna e del progresso, simboleggiati dal treno (analogia utilizzata per la prima volta da

    Giosu Carducci nell'ode barbara Alla stazione di una mattina d'autunno) che indica la minaccia

    della modernit, in cui si realizza il processo di alienazione e di massificazione degli uomini,

    trasformati in automi. La protagonista di questa poesia, sebbene non venga esplicitato, Clizia , 1

    personaggio comparabile alla Beatrice dantesca le cui apparizioni garantiscono momenti di

    Rivelazione del Valore (ovvero della ragione, dei valori umanistici) e nella cui assenza l'autore

    appare frustrato e sconfitto; il fragile (perch messo in discussione dalla sua partenza) legame

    d'amore che la unisce al poeta rappresenta l'unico segno di distinzione e di privilegio nella societ di

    massa, per questo il poeta nei versi 5-8 chiede presti anche tu alla fioca litania del tuo rapido

    : nome tratto dalla mitologia greca, Clizia era una ninfa amata dal Sole-Apollo e quindi associata alla cultura1

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina ! 2

  • quest'orrida e fedele cadenza di carioca? ovvero vuole sapere se anche lei riconosce nel ritmo del

    treno il ritmo di un'orribile danza: in caso affermativo resiste l'intesa tra i due, resistono cio 2

    all'esperienza della massificazione, non si confondono tra gli automi della societ, ma si

    distinguono e mantengono un legame solido che di loro due soltanto e li rende perci unici. Nei

    versi 2-4 individuiamo un'allitterazione tra diverse parole (spORtelli, ORa, fORse, cORridoi,

    ORrida): come spiega lo stesso Montale, essa allude agli gli uomini nei loro comportamenti, gli

    uomini intesi come massa ed ignoranza, ne evidenzia un atteggiamento omologato, la distruzione

    dell'identit personale e della libera scelta. Al v.3 l'autore dichiara che gli automi hanno ragione,

    esprimendo la consapevolezza da parte dell'autore che la loro la scelta pi semplice, la scelta

    della rassegnazione e della rinuncia a ricercare l'autenticit che tanto fa soffrire il poeta.

    In questa poesia Montale si schiera contro i processi in atto nel '900 e che avviano alla

    massificazione, vista da lui come nemica dell'arte e dell'uomo, e propone come difesa la letteratura

    (infatti Clizia rappresenta sia l'amore che la letteratura).

    L'opera in cui collocato questo componimento, Le occasioni, stata pubblicata nel 1939, in un

    periodo storico (il ventennio fascista) particolarmente doloroso che vide molti scrittori rifugiarsi

    nella cultura, intesa come l'unico risarcimento possibile. In quegli anni Firenze, la citt in cui

    Montale vive dal 1927, diventa una sorta di culla delle lettere da difendere dal regime fascista e dai

    suoi automi, opponendo alla massificazione i valori elitari di un'aristocrazia dello spirito,

    derivanti dalla tradizione umanistica e dalla lontana influenza di Foscolo . La concezione di poesia

    montaliana cambia in questo periodo, utilizzando uno stile pi elevato di quello prescelto per

    l'elaborazione degli Ossi di seppia, un uso frequente di allegorie (dovuto anche all'influenza di

    Thomas S. Eliot e di Irma Brandeis, che lo avvicinano allo stile dantesco) ed in generale un tipo di

    poesia pi difficile, ma non oscura, respingendo l'ideale di poesia pura inseguito dagli Ermetici e

    preferendo una poesia di pensiero.

    La poesia composta da due strofe, la prima prevede tre endecasillabi ed un settenario, l'altra,

    separata da una linea di puntini che indica la cancellazione di una strofa, da un settenario e due

    endecasillabi; non c' uno schema metrico. Lo stile caratterizzato da plurilinguismo attraverso

    accostamenti di termini di matrice letteraria (fioca/litania, orrida/..cadenza in cui l'enjambement

    accresce la nobilitazione dei termini) ad altri bassi e comuni (fischi, tosse, sportelli, corridoi, rapido,

    carioca che addirittura un termine straniero e di uso popolare).

    : litania indica normalmente un'invocazione a Dio ed ai santi, qui indica un suono ripetuto2

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  • Primo Levi: diversit come negativit e come pregio.

    Se questo un uomo

    Voi che vivete sicuri

    Nelle vostre tiepide case,

    Voi che trovate tornando a sera

    Il cibo caldo e visi amici:

    Considerate se questo un uomo

    Che lavora nel fango

    Che non conosce pace

    Che lotta per mezzo pane

    Che muore per un s o per un no

    Considerate se questa una donna,

    Senza capelli e senza nome

    Senza pi forza di ricordare

    Vuoti gli occhi e freddo il grembo

    Come una rana d'inverno.

    Meditate che questo stato:

    Vi comando queste parole.

    Scolpitele nel vostro cuore

    Stando in casa andando per via,

    Coricandovi alzandovi;

    Ripetetele ai vostri figli.

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina ! 4

  • O vi si sfaccia la casa,

    La malattia vi impedisca,

    I vostri nati torcano il viso da voi.

    La poesia Se questo un uomo posta ad epigrafe dell'omonimo romanzo di Primo Levi, scritto tra

    il dicembre 1945 ed il gennaio 1947 e che intende essere la testimonianza di quanto vissuto in prima

    persona dall'autore nel campo di concentramento di Monowitz, vicino ad Auschwitz, dove era stato

    deportato nel 1944 dai nazisti dopo essere stato catturato l'anno precedente e dopo essere rimasto

    diversi mesi nel campo di transito a Fossoli: l'autore dichiara di scrivere per bisogno di

    raccontare nato da un impulso immediato e violento a fornire testimonianza. La sua opera si

    colloca nella corrente del Neorealismo, corrente involontaria originata, come afferma Calvino

    nella Prefazione al Sentiero dei nidi di ragno, dalla smania di raccontare e di testimoniare.

    Levi alterna la testimonianza del vissuto a sezioni in cui egli assume la prospettiva dello scienziato

    (Primo Levi era un chimico e lavor in quest'ambito anche nel campo di concentramento) ed

    analizza la societ dei deportati e le regole complesse che la governano. Particolare importanza

    attribuisce anche alla descrizione dei rapporti sociali interno al campo: Levi si concentra sulla

    psicologia e sulle dinamiche di gruppo, indicando come diverse regole della civilizzazione umana

    vengano messe a tacere da una bestialit che non solo degli oppressori nazisti, ma finisce col

    contagiare anche i prigionieri. Sebbene immerso in un ambiente violento che mira a privare l'uomo

    della sua umanit, Levi cerca di conservare la propria dignit con piccoli gesti che rendono un

    uomo umano: l'essere umano tale in quanto insieme di memorie, di emozioni e di pensieri, fattori

    che nel lager venivano annullati per lasciar posto all'istinto di sopravvivenza fino a giungere

    all'annullamento totale del corpo e dell'anima, una condizione in cui gli affetti familiari e le

    memorie passano in secondo piano rispetto al bisogno urgente, alla fame, al bisogno di difendersi

    dal freddo e dalle percosse.Importante perch Levi arrivi alla consapevolezza della volont di

    annullare l'umanit il monito del sergente Steinlauf quando questi, nel lavatoio, lo ammonisce

    perch non si lava. Levi trascura infatti questa pratica, in quanto l'acqua sporca, non c' sapone e

    la considera uno spreco di energia e di calore, una faccenda frivola: il Lager, dice il sergente

    Steinlauf, una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare []

    dobbiamo quindi lavarci la faccia senza sapone, nell'acqua sporca, e asciugarci nella giacca.

    Dobbiamo dare il nero alle scarpe, non perch cos prescrive il regolamento, ma per dignit e per

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  • propriet. Dobbiamo camminare diritti, senza strascicare gli zoccoli, non gi in omaggio alla

    disciplina prussiana, ma per restare vivi, per non cominciare a morire.

    Il processo con cui i detenuti vengono privati della loro umanit inizia appena arrivati, quando

    vengono privati dei beni materiali esterni (vestiti, orologi, cappelli, ecc.), dei capelli e della barba

    (pezzo dell'identit di una persona), della libert di parola (vengono chiusi in una stanza con delle

    docce, dove il generale li invita tramite l'interprete a tacere perch non siamo in una scuola

    rabbinica, anche dopo devono sottostare a precise regole per quanto riguarda la comunicazione),

    finch si rendono conto che sono tutti uguali nella sofferenza, uguali ai lavoratori visti la sera

    prima, arrivando fino ad essere privati del loro stesso nome, sostituito con un numero che li

    identifica univocamente.

    non c' ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi.[...] Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera.

    Noi sappiamo che difficilmente saremo compresi, ed bene che cos sia. Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato racchiuso anche nelle pi piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il pi umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; n pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, ch subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre.Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sar un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignit e discernimento [] tale quindi, che si potr a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinit umana; nel caso pi fortunato, in base ad un puro giudizio di utilit. Si comprender allora il duplice significato del termine , e sar chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo.

    Ho imparato che io sono uno Hftling. Il mio nome 174517; siamo stati battezzati, porteremo finch vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro, quando parla di un suo compagno, che insieme a lui scarica delle merci da un treno, Levi dice:Lui Null Achtzehn. Non si chiama altrimenti che cosi, Zero Diciotto, le ultime tre cifre del suo numero di matricola: come se ognuno si fosse reso conto che solo un uomo degno di avere un nome, e che Null Achtzehn non pi un uomo. Credo che lui stesso abbia dimenticato il suo nome, certo si comporta come se cos fosse. Quando parla, quando guarda, d l'impressione di essere vuoto interiormente, nulla pi che un involucro, come certe spoglie di insetti che si trovano in riva agli stagni, attaccate con un filo ai sassi, e il vento le scuote. [] Tutto gli a tal segno indifferente che non si cura pi di evitare la fatica e le percosse e di cercare il cibo. Eseguisce tutti gli ordini che riceve, ed prevedibile che, quando lo manderanno alla morte, ci andr con questa stessa totale indifferenza.

    Primo Levi prova a trovare una spiegazione al razzismo, all'intolleranza verso i diversi, che sono

    alla base dei campi di concentramento:

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  • A molti, individui o popoli, pu accadere di ritenere che ''ogni straniero nemico''. Per lo pi questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza.

    Secondo lui, quindi, il germe che porta a diffidare dello straniero o del diverso sempre esistito

    nell'uomo, perci il rischio di razzismo sempre incombente ma diventa realt quando quel germe

    assume l'aspetto di un sistema di pensiero organico o, come nel caso nel Nazismo, viene associato

    ad un progetto in un'ideologia politica. Come rimedio, Primo Levi indica il ricorso sistematico alla

    ragione: l'intolleranza ed i totalitarismi che ne favoriscono l'affermazione hanno bisogno di

    mitologie di massa che seducono l'immaginario e l'unico modo per preservare l'umanit da un

    nuovo avvento del Nazismo o, pi in generale, di nuovi regimi totalitari, lo studio, il confronto

    razionale tra culture ed idee diverse.

    Al fine di confrontare l'idea di Primo Levi con quella di un famoso filosofo e sociologo

    contemporaneo, Emanuele Severino, riporto un brano particolarmente significativo tratto da una

    conversazione col collega Marco Aime, trasposta poi nel libro Il diverso come icona del male:

    Addossare le colpe a qualcuno che esterno rende i noi automaticamente buoni e i loro, per usare una dicotomia oggi in voga, automaticamente cattivi, maligni e minacciosi. Da un lato, ci pu avere anche la funzione di creare una maggiore coesione allinterno della societ, dallaltro genera una produzione continua di alterit. Viene alla mente la poesia di Konstantinos Kavafis Aspettando i barbari (1908), che definisce i barbari come una necessit: quando poi non arrivano non si sa pi come fare. E adesso, senza barbari, cosa sar di noi? Erano una soluzione, quella gente, scrive Kavafis. Serviva laltro..

    Secondo Severino luomo tende a interpretare tutto quanto non rientra nella propria esperienza

    diretta come un pericolo, una minaccia: attraverso la creazione di un diverso, dell'altro, dunque,

    gli uomini creano una maggiore coesione all'interno della propria comunit, che per finisce col

    causare l'esclusione dei membri della comunit che non sono percepiti come conformi alla norma.

    Ci non giustifica la discriminazione del diverso in quanto originata da una necessit di fortificare

    un'unione all'interno di una comunit, ma prova a fornirne una spiegazione plausibile, che si rivela

    simile a quella di Levi: la paura del diverso parte dell'animo umano, sebbene vada combattuta, e

    l'unico modo per riuscire a vincerla lo stesso proposto da Levi, ovvero il confronto con il diverso

    in chiave razionale, senza che venga influenzato da pregiudizi e convinzioni irrazionali.

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina ! 7

  • LATINO

    Seneca: parit naturale degli uomini oltre le diversit sociali

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !8

  • [1] Libenter ex iis qui a te veniunt cognovi familiariter te cum servis tuis vivere: hoc prudentiam tuam, hoc eruditionem decet. "Servi sunt." Immo homines. 'Servi sunt ' Immo contubernales. 'Servi sunt.' Immo humiles amici. 'Servi sunt.' Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae. [2] Itaque rideo istos qui turpe existimant cum servo suo cenare: quare, nisi quia superbissima consuetudo cenanti domino stantium servorum turbam circumdedit? Est ille plus quam capit, et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac desuetum iam ventris officio, ut maiore opera omnia egerat quam ingessit. [3]At infelicibus servis movere labra ne in hoc quidem, ut loquantur, licet; virga murmur omne compescitur et ne fortuita quidem verberibus excepta sunt: tussis, sternumenta, singultus; magno malo ulla voce interpellatum silentium luitur; nocte tota ieiuni mutique perstant. [4] Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum imminens in caput suum avertere; in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant.

    [5] Deinde eiusdem arrogantiae proverbium iactatur, totidem hostes esse quot servos: non habemus illos hostes sed facimus. Alia interim crudelia, inhumana praetereo, quod ne tamquam hominibus quidem sed tamquam iumentis abutimur. [quod] Cum ad cenandum discubuimus, alius sputa deterget, alius reliquias temulentorum (toro)subditus colligit.

    [6] Alius pretiosas aves scindit; per pectus et clunes certis ductibus circumferens eruditam manum frusta excutit, infelix, qui huic uni rei vivit, ut altilia decenter secet, nisi quod miserior est qui hoc voluptatis causa docet quam qui necessitatis discit.

    [7] Alius vini minister in muliebrem modum ornatus cum aetate luctatur: non potest effugere pueritiam, retrahitur, iamque militari habitu glaber retritis pilis aut penitus evulsis tota nocte pervigilat, quam inter ebrietatem domini ac libidinem dividit et in cubiculo vir, in convivio puer est.

    [8] Alius, cui convivarum censura permissa est, perstat infelix et exspectat quos adulatio et intemperantia aut gulae aut linguae revocet in crastinum. Adice obsonatores quibus dominici palati notitia subtilis est, qui sciunt cuius illum rei sapor excitet, cuius delectet aspectus, cuius novitate nauseabundus erigi possit, quid iam ipsa satietate fastidiat, quid illo die esuriat. Cum his cenare non sustinet et maiestatis suae deminutionem putat ad eandem mensam cum servo suo accedere. Di melius! quot ex istis dominos habet!

    [9] Stare ante limen Callisti domi num suum vidi et eum qui illi impegerat titulum, qui inter reicula manicipia produxerat, aliis intrantibus excludi. Rettulit illi gratiam servus ille in primam decuriam coniectus, in qua vocem praeco experitur: et ipse illum invicem apologavit, et ipse

    [1] Ho sentito con piacere da persone provenienti da Siracusa che tratti familiarmente i tuoi servi: questo comportamento si conf alla tua saggezza e alla tua istruzione. "Sono schiavi." No, sono uomini. "Sono schiavi". No,vivono nella tua stessa casa. "Sono schiavi". No, umili amici. "Sono schiavi." No, compagni di schiavit, se pensi che la sorte ha uguale potere su noi e su loro. [2] Perci rido di chi giudica disonorevole cenare in compagnia del proprio schiavo; e per quale motivo, poi, se non perch una consuetudine dettata dalla pi grande superbia che intorno al padrone, mentre mangia, ci sia una turba di servi in piedi? Egli mangia oltre la capacit del suo stomaco e con grande avidit riempie il ventre rigonfio ormai disavvezzo alle sue funzioni: pi affaticato a vomitare il cibo che a ingerirlo. [3] Ma a quegli schiavi infelici non permesso neppure muovere le labbra per parlare: ogni bisbiglio represso col bastone e non sfuggono alle percosse neppure i rumori casuali, la tosse, gli starnuti, il singhiozzo: interrompere il silenzio con una parola si sconta a caro prezzo; devono stare tutta la notte in piedi digiuni e zitti. [4] Cos accade che costoro, che non possono parlare in presenza del padrone, ne parlino male. Invece quei servi che potevano parlare non solo in presenza del padrone, ma anche col padrone stesso, quelli che non avevano la bocca cucita, erano pronti a offrire la testa per lui e a stornare su di s un pericolo che lo minacciasse; parlavano durante i banchetti, ma tacevano sotto tortura. [5] Inoltre, viene spesso ripetuto quel proverbio frutto della medesima arroganza: "Tanti nemici, quanti schiavi": loro non ci sono nemici, ce li rendiamo tali noi. Tralascio per ora maltrattamenti crudeli e disumani: abusiamo di loro quasi non fossero uomini, ma bestie. Quando ci mettiamo a tavola, uno deterge gli sputi, un altro, stando sotto il divano, raccoglie gli avanzi dei convitati ubriachi. [6] Uno scalca volatili costosi; muovendo la mano esperta con tratti sicuri attraverso il petto e le cosce, ne stacca piccoli pezzi; poveraccio: vive solo per trinciare il pollame come si conviene; ma pi sventurato chi insegna tutto questo per suo piacere di chi impara per necessit. [7] Un altro, addetto al vino, vestito da donna, lotta con l'et: non pu uscire dalla fanciullezza, vi trattenuto e, pur essendo ormai abile al servizio militare, glabro, con i peli rasati o estirpati alla radice, veglia tutta la notte, dividendola tra l'ubriachezza e la libidine del padrone, e fa da uomo in camera da letto e da servo durante il pranzo. [8] Un altro che ha il compito di giudicare i convitati, se ne sta in piedi, sventurato, e guarda quali persone dovranno essere chiamate il giorno dopo perch hanno saputo adulare e sono stati intemperanti nel mangiare o nei discorsi. Ci sono poi quelli che si occupano delle provviste: conoscono esattamente i gusti del padrone e sanno di quale vivanda lo stuzzichi il sapore, di quale gli piaccia l'aspetto, quale piatto insolito possa sollevarlo dalla nausea, quale gli ripugni quando sazio, cosa desideri mangiare quel giorno. Il padrone, per non sopporta di mangiare con costoro e ritiene una diminuzione della sua dignit sedersi alla stessa tavola con un suo servo. Ma buon dio! quanti padroni ha tra costoro. [9] Ho visto stare davanti alla porta di Callisto il suo ex padrone e mentre gli altri entravano, veniva

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !9

  • Va premesso che i Romani non erano razzisti: a differenza dei Greci, che ritenevano di essere

    geneticamente superiori a tutti i popoli barbari, ovvero non greci, i Romani non si ritenevano

    superiori agli altri popoli se non sul piano morale, esaltando la virtus romana ma non

    precludendone l'adozione ad altri popoli, come poi effettivamente fecero con i popoli conquistati.

    Cera per a Roma una categoria di persone che non godeva degli stessi diritti degli altri, gli

    schiavi, giuridicamente e umanamente considerati res, merci, privi di libert personale, il loro

    padrone poteva decidere della loro vita e della loro morte: dallo storico Diodoro Siculo veniamo a

    sapere che una certa Megallide, moglie di Damofilo, un ricco possidente romano del III sec. a.C. ,

    faceva a gara con il marito nelle punizioni degli schiavi. Una storia esemplare narrata da Seneca:

    una sera lImperatore Augusto si trovava in casa di Vedio Pollione ed uno schiavo,

    inavvertitamente, aveva rotto un vaso di cristallo ed era stato per questo condannato ad essere

    gettato in pasto alle murene, pesci voracissimi che il padrone allevava in casa. Lo schiavo, dopo

    essersi liberato dalle guardie, si rifugi ai piedi dellImperatore, per chiedere una morte diversa:

    Augusto, scosso dallinaudita crudelt, lasci andare lo schiavo e ordin che tutti gli oggetti di

    cristallo fossero spezzati al suo cospetto, tanto da riempire la piscina intera.

    Seneca rappresenta in questo periodo storico un nuovo punto di vista: nella LXVII epistola a

    Lucilio loda il rispetto che l'amico ha della dignit personale degli schiavi. La lettera inizia con uno

    speculum: Seneca, cio, mette di fronte all'amico il comportamento lodevole che Lucilio ha

    mostrato nei confronti dei suoi schiavi e lo pone al centro di una riflessione, in quanto un gesto

    come questo deve essere compreso in quanto giusto. Lucilio si discosta da quelle che sono le

    consuetudini romane, che pongono come modello la superiorit del padrone rispetto allo schiavo e

    un modo di comportarsi che metta in risalto la differenza di rango, tenendo cio a distanza gli

    schiavi e senza concedere loro alcuna confidenza, ma Seneca illustra subito le conseguenze di

    questa mentalit nella scena del pasto padronale (importante perch nel mondo antico la

    condivisione o separazione del pasto simboleggiava l'identificazione o la distinzione tra individui),

    mostrando un padrone oltremodo rigonfio di cibo in una condizione che non si addice ad un vir

    romano, mentre gli schiavi, sebbene siano costretti a tacere ed ad assistere immobili a questa scena,

    hanno molto pi di umano di lui. Seneca poi riprende il proverbio totidem hostes esse quos

    servos, quanti schiavi, tanti nemici e ne sottolinea l'arroganza: gli schiavi non sono infatti

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !10

  • nemici per natura, ma sono resi tali dal comportamento superbo dei padroni che li trattano con

    crudelt. Dopo questa osservazione torna ad insistere sull'opposizione tra la degradazione forzata

    dello schiavo, costretto dal padrone a mansioni disumane, e quella volontaria del padrone, ridotto

    dalle sue abitudini di vita in uno stato indegno per un uomo, dedito a vizi degradanti mentre gli

    schiavi, seppure dediti a mansioni degradanti, conservano la propria dignit in quanto non le

    compiono volontariamente ma per ordine del padrone.

    Seneca introduce a questo punto l'idea di parit naturale di tutti gli uomini e l'osservazione che la

    condizione giuridica degli uomini non immutabile, quindi il rapporto che lega schiavo e padrone

    non destinato ad essere eterno, ma potrebbe invertirsi per un capriccio della sorte: l'autore ricorda

    il liberto Callisto, schiavo e poi padrone della stessa persona, ed i nobili caduti in schiavit con la

    disfatta di Teutoburgo.

    Per Seneca, dunque, il disprezzo per gli schiavi non solo non ha alcuna utilit, rendendo anzi nemici

    coloro che sarebbero potuti altrimenti essere fedeli amici, ma anche totalmente ingiustificato, in

    quanto chi disprezza uno schiavo si dimostra miope nel considerare immutabili le condizioni di vita

    sociale imposte in modo fortuito da una sorte capricciosa ed imprevedibile, che potrebbe invertirle:

    il criterio per la valutazione di un uomo non va ricercato, perci, nella condizione giuridica, ma

    nella statura morale, intesa come idea stoica dei veri beni, quelli della virtus, i soli che l'uomo ha in

    suo potere e della cui gestione responsabile.

    giusto, quindi, che il padrone coltivi buoni rapporti con i suoi schiavi senza che questi provino

    timore nei suoi confronti, infatti del loro timore lui non ha bisogno, poich la differenza sociale tra

    la sua posizione e quella dei suoi schiavi sufficiente per tenerlo a riparo da eventuali problemi.

    Con questa lettera Seneca non si propone di innovare la realt sociale della schiavit in alcun modo,

    come evidenziato nell'ultima parte della lettera, in cui il rapporto padrone-schiavo viene

    analizzato ed il primo viene assimilato ad una divinit, mentre il diritto di offendere di cui gode nei

    confronti dello schiavo assimilato a quello di un re orientale: anche la benevolenza del dominus

    nei confronti del servus si configura a livello sociale come un atto da superiore ad inferiore,

    paragonabile alla clementia del pensiero politico di Seneca, che non preclude tuttavia

    un'equiparazione di schiavo e padrone sul livello esistenziale e naturale. Si pu ritrovare inoltre in

    questa lettera un'evidente analogia con i precetti della morale cristiana in via di diffusione: Sic cum

    inferiore vivas, quemadmodum tecum superiorem velis vivere, ovvero comportati con il tuo

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !11

  • inferiore come vorresti che il tuo superiore agisse con te, espressione che ricorda quanto scritto nel

    Vangelo secondo Matteo, in cui Ges dice: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !12

  • GRECO Menandro: Un nuovo ideale di humanitas.

    Il teatro di Menandro si colloca nel periodo della Commedia nuova, verso la fine del IV secolo

    a.C. : i suoi protagonisti non sono legati ad un preciso contesto sociale ed al ruolo che ricoprono

    nella societ, quindi vengono meno anche alcuni preconcetti e pregiudizi di tipo sociale, per quanto

    spesso i personaggi di Menandro siano tipizzati, sono comunque esseri umani e la loro natura non

    coincide necessariamente con il loro status sociale. Il mondo della ricerca di Menandro luomo, in

    senso universale, gli uomini e gli intellettuali della polis sono proiettati allesterno, invece oggetto

    della ricerca del teatro nuovo, in genere dellellenismo, linteriorit, l'analisi dei sentimenti umani

    e delle pulsioni che governano l'uomo: in questo periodo infatti l'uomo greco, abituato alla

    dimensione ristretta della polis, viene proiettato in un mondo vastissimo in cui si confronta con

    culture spesso diverse dalla sua, con conseguente perdita della distinzione barbari-Greci che era

    stata un punto fermo della cultura ellenica e quindi con conseguente sgomento nell'uomo, che tende

    a chiudersi in se stesso sostituendo i valori della polis con valori individuali.

    La commedia pi rinomata di Menandro il Misantropo (in greco ), rappresentata nel 316

    a.C. e pervenuta quasi integra: il misantropo in questione il vecchio Cnemne, che ha

    abbandonato la moglie ed il figliastro Gorgia e vive con la figlia devota al culto del dio Pan e la

    vecchia ancella Simche, evita il pi possibile di entrare in contatto con gli estranei. Mentre a

    caccia, il ricco e giovane Sstrato si innamora della figlia di Cnemne per azione del dio Pan, il

    quale vuole premiarla della devozione che lei gli rivolge. Sstrato vuole chiedere in sposa la

    fanciulla e conquista l'amicizia di Gorgia per farsi aiutare. La madre di Sstrato ha preparato un

    sacrificio in onore di Pan nella grotta accanto alla casa di Cnemne: mentre Cnemne, vedendo la

    folla, decide di restare in casa, Sstrato si unisce ai commensali. Ad un certo punto viene a

    conoscenza del fatto che Cnemne caduto in un pozzo nel tentativo di recuperare alcuni attrezzi

    caduti alla sua serva: Sstrato e Gorgia corrono a salvarlo e Cnemne, resosi conto del pericolo che

    ha corso e dell'inumanit del proprio stile di vita, decide di adottare Gorgia come figlio e lo incarica

    di trovare marito alla propria figlia. Sstrato ottiene la mano della figlia di Cnemne e convince il

    padre, Calippide, a dare in sposa a Gorgia la figlia, sua sorella, nonostante la disparit economica

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !13

  • tra le due famiglie. La commedia si conclude con il doppio banchetto nuziale, a cui un servo ed il

    cuoco trascinano a forza il riluttante Cnemne, il quale nel frattempo tornato quello di prima.

    Nella commedia, non vi un ordine razionale delle cose, perch tutto dettato dal caso. Il concetto

    di non negativo, perch ogni commedia ha un lieto fine, n tende a screditare la ragione

    umana. Menandro vuole solo far intendere che nella realt non c' nulla di certo, che anche nelle

    vicende pi comuni pu accadere di tutto: perci, pi che indagare il trascendente o esercitare

    l'ingegno in eventi pi grandi di lui, si dovrebbe tendere ad esaminare l'uomo e la sua natura (e ci

    coincide non solo con il pensiero ellenistico, ma anche con quello sofistico, che proliferava in

    quegli anni).

    Menandro rappresenta nelle commedie un uomo autentico e comune, con i suoi pregi e difetti. Il

    commediografo sperimenta la reazione di questi caratteri e di questi uomini a diverse situazioni,

    mostrandoci come un individuo di quel genere avrebbe provato e vissuto quell'evento.

    La scelta di Menandro come autore greco per il tema della diversit ha due ragioni: in primis, il

    protagonista della sua opera pi rinomata, il misantropo Cnemne, odia gli estranei, quindi nutre un

    sentimento di diffidenza verso il diverso (in questo caso, colui che non rientra nel suo cerchio

    stretto di conoscenze) che non giustificato o razionale, e capisce quanto il suo stile di vita sia

    sbagliato, seppur per un breve arco di tempo, attraverso il confronto con l'altro, con i due giovani

    che lo salvano dal pozzo in cui rischiava di morire; la seconda che Menandro, attraverso la sua

    attenta analisi dei sentimenti e delle pulsioni che dominano l'interiorit umana, presenta un mondo

    in cui la personalit di ogni personaggio non legata al ruolo che interpreta nella commedia n al

    suo status sociale, ma dotata di sfaccettature particolari per ogni personaggio, visto nella sua

    umanit. Menandro quindi particolarmente moderno sotto questo punto di vista, perch non

    attribuisce etichette ai propri personaggi, ma fornisce loro un carattere unico che li rende parte del

    mosaico dei caratteri umani.

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !14

  • Jrme Lejeune, ogni uomo unico ed insostituibile, al di l delle diversit

    Sicuramente la medicina la branca della scienza in cui capita pi spesso di far fronte alla diversit:

    essere un medico vuol dire essere pronto ad affrontare le pi tremende malattie con sangue freddo e

    razionalit, senza mai perdere la propria umanit e la sensibilit verso il paziente, per non finire col

    diventare semplici accumulatori di nozioni. Non sempre i medici si dimostrano capaci di conciliare

    questi due valori etici con gli interessi economici del lavoro, tuttavia si evidenziano nella storia casi

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !15

  • di medici di immenso valore scientifico in grado di mantenere intatti i propri valori etici e morali

    davanti alle ingiustizie, fino a venire isolati dalla comunit scientifica.

    il caso di Jrme Lejeune, medico per passione e ricercatore per necessit, scopritore del legame

    tra la trisomia 21 e i sintomi della Sindrome di Down, che ha dimostrato come i viventi, e quindi

    gli uomini, siano interamente determinati dai geni che li compongono. Nel condurre i suoi studi,

    diversamente da molti suoi colleghi dell'epoca, ha mantenuto un metodo umano, sostenendo l'idea

    che ogni uomo sia unico ed insostituibile, e che come tale vada guardato e trattato. La sindrome di

    Down, che Lejeune studi fino alla morte, una malattia congenita nota da secoli che deve il suo

    nome al medico inglese John Langdon Down, che la defin mongolismo per la somiglianza dei

    caratteri facciali dei pazienti con i mongoli ; le cause erano associate alla tubercolosi o a malattie 3

    veneree, come la sifilide, quindi i malati erano doppiamente emarginati, in quanto ritenuti meno

    evoluti e frutto di una condizione sociale distorta al punto che era usanza per alcuni, se si

    incontrava un malato di Sindrome di Down per strada, cambiare lato della strada per non

    incrociarne il cammino. Le scoperte di Lejeune furono possibili anche grazie ai progressi della

    tecnologia: solo negli anni '40 si scopr il numero esatto dei cromosomi (filamenti di DNA ricoperto

    da proteine che contengono il patrimonio genetico dei viventi), ovvero 46, e solo nel giugno 1958

    Lejeune scopr che gli affetti da sindrome di Down hanno un cromosoma in pi nella coppia 21 (da

    qui deriva il nome scientifico della malattia, Trisomia 21).

    Troveremo una cura, meno difficile di mandare un uomo sulla Luna. I miei pazienti mi stanno aspettando.

    Un aspetto che colpisce fortemente di Lejeune la sua profonda umanit, legata anche alla sua fede

    cattolica, che lo port anche ad inimicarsi la comunit scientifica. Nell'agosto 1969, in occasione

    dell'apertura dell'Annual Meeting of the American Society of Human Genetics a San Francisco, che

    confer a Lejeune il premio William Allan per le sue scoperte, tenne un discorso contro la

    legalizzazione dell'aborto nel caso di diagnosi di sindrome di Down prima della nascita del

    bambino:

    To kill or not to kill, that is the question. La medicina per millenni ha combattuto in favore della vita e della salute e contro la malattia e la morte. Se cambiamo questi obiettivi, cambiamo la medicina: il nostro compito non quello di infliggere una sentenza, ma di alleviare il dolore. Considerando il peso imposto alla societ dalle malattie genetiche e considerati i limiti delle soluzioni disponibili, propongo che sia creato il National Institute of Death al posto del National Institute of Health. Non pu essere negato che il prezzo delle malattie genetiche sia alto, in termini di

    definizione con caratteri razzisti: si riteneva la razza bianca superiore, perci una vicinanza alla razza asiatica 3

    era vista con disprezzo, come un passo indietro nellevoluzione

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !16

  • sofferenza per l'individuo e di oneri per la societ. Ma noi possiamo assegnare un valore a quel prezzo: esattamente quello che una societ deve pagare per restare pienamente umana.

    Lejeune non accettava che le sue scoperte, che avevano come fine di alleviare le sofferenze dei

    pazienti e trovare una cura alla sindrome di Down, venissero usate per l'aborto terapeutico di

    nome ma eugenetico di fatto, perch, di fatto, elimina gli individui malati artificialmente per

    arrivare ad una societ pi pura. Difese le sue posizioni al punto da rinunciare alla partecipazione

    alla vita scientifica francese ed a riconoscimenti del calibro del premio Nobel. l'esempio che ogni

    medico dovrebbe avere, capace di conciliare etica e umanit con la scienza, nel nome del quale

    spesso si commettono crimini efferati.

    Dite piuttosto che questo bambino vi disturba e che perci preferite ucciderlo, ma dite la verit. un uomo la cosa in questione, non un ammasso di cellule! Se si volesse eliminare il paziente per sradicare il male, si avrebbe la negazione della medicina, ma difendere ogni paziente, prendersi cura d'ogni uomo, implica che ciascuno di noi debba essere considerato unico ed insostituibile.

    Bibliografia:

    Italiano: La scrittura e l'interpretazione, Palumbo editore http://it.wikipedia.org/wiki/Clizia_(ninfa) Se questo un uomo; La tregua, Einaudi

    Latino: Limina 4, La nuova Italia

    Greco: Storia e testi della letteratura greca 3, Palumbo Editore

    Approfondimento: Incontro Che cos' l'uomo perch te ne ricordi? http://www.euresis.org/2012/04/jerome-lejeune-il-genetista-innamorato-della-vita/

    Francesco Andrea Causio 3H 2012/2013 Pagina !17