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Indice

1. Flatland ‘a romance of many dimensions’

2. La quarta dimensione nell'artePicasso: Les demoiselles d’AvignonSalvador Dalì: La persistenza della memoria

3. Rappresentazione di un oggetto quadridimensionale

4. Teoria della RelativitàL'orologio a luceIl decadimento dei muoniIl Paradosso dei Gemelli

5. La Quarta Dimensione nella Relatività

6. La dimensione del Virtuale

7. Appendice

8. Bibliografia & Sitografia

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1. Flatland ‘a romance of many dimensions’

Flatland is an 1884 satirical novel wrote by the English schoolmaster Edwin A. Abbot (1838 – 1926).

It's about a two dimensions world named Flatland populated by strange characters, in fact they are regular geometric figures.The novel is split into two different parts:The first is the description made by the main character, a Square, of the two dimension society named Flatland created and organized using the two dimensional property, so the difficulties about recognizing the shapes of the objects by “feeling” them and the division in the different social classes.The last part is about the discovery of the third dimension due to the encounter with a sphere.

The Flatland society is deeply separated in many social classes due to the different number of the sides of every figure.At the lowest level there are the isosceles triangles with the side at the base lower then the other two.They are set to serve in army because of their intelligence quotient, in fact it is inversely proportional to the aggressiveness and is associated with the amplitude of the summit angle.Then there are the equilateral triangles that represents isosceles triangles that, with particular military merits, had increased their social position.Then there are squares and the other regular polygon that are middle class.The higher is number of sides, the higher the class which it belong. The last class is stuffed by circles that represents the Priests (the upper classes), shapes that take every decisions in the society.

The women play a particular role in this two dimension society, in fact they are straight lines.They are similar to an isosceles triangle that has the summit angle equal to 0 and then women didn’t have any kind of faculty of reason, but, instead of that, the emotional part is very developed

The shape of the woman is a public menace because it can break the sides of the other geometric shapes, so the government promulgate a particular law that requires women to swing the rear part of their bodies in order to become visible. In fact when you look at women behind them you'll see only a dot.This is very strange, even if this is a sex discrimination, women try to imitate the way of swinging of the upper class women.

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The second part of the book is about the encounter between the main character, a Square, and a Sphere from the three dimensional space and the voyage of discovery the new dimension.

Trying thinking as the Square and about his difficulty with the understanding of the third dimension, it is possible for us to think about the intricacy of dealing with a fourth dimension.

At the beginning of the story the Square live in quiet with his family .Suddenly he hear a voice from an unknown place calling him and a circumference appears out of thin air.It was the Sphere that comes to teach to the Square the third dimension.

"I am not a plane Figure, but a Solid. You call me a Circle; but in reality I am not a Circle, but an infinite number of Circles, of size varying from a Point to a Circle of thirteen inches in diameter, one placed on the top of the other. When I cut through your plane as I am now doing, I make in your plane a section which you, very rightly, call a Circle. For even a Sphere (which is my proper name in my own country) if he manifest himself at all to an inhabitants of Flatland, must need manifest himself as a Circle." 1

Abbot wrote Flatland to suggest that the existence of other dimension cannot be discarded, at least at theoretical layer.It's interesting to understand that flatland cannot only be seen as a plain field.The Square and his wife live in a bidimensional space that, in a three dimensional world, can be seen as a curve.Nobody can notice that because either their bodies would be like a curve.

Einstein in 1915’s theory of General Relativity linked the concept of gravity to the one of quadridimensional Ghaussian Curvature, by assuming that presence of matter was the cause of a modification in time-space curvature, and the variation of the dynamicity of objects occurred due to that modification in the Curvature.

Recently, modern cosmological models suggested an idea of universe characterized by a certain global curvature in relation to the matter density.

Edwin A. Abbott. Flatland: A romance in Many dimensions, (1992) Dover thrift Edition (unabridged), New York.

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2. La quarta dimensione nell'arte

“La natura è una cosa, la pittura un’altra”2

Con questa frase Picasso pone in rilievo il fatto che la pittura non deve essere piegata dal realismo della natura, ma deve essere in grado di trascendere da essa e svilupparsi su un piano parallelo. La rappresentazione del vero è così rifiutata mentre viene elogiata un tipo di pittura che tende a distorcere le componenti spazio-temporali del mondo. È importante sottolineare che il sorgere delle avanguardie pittoriche del novecento coincida con lo sviluppo scientifico- matematico di nuove teorie fondanti il nostro universo. L’idea della ricerca di una quarta dimensione è quindi ripresa da tali artisti dalla ideologia intellettuale che viene sviluppandosi proprio in quel periodo. La corrente più rappresentativa di tale ricerca è senza dubbio il cubismo. I maggior rappresentanti di tale movimento (Picasso e Braque) non cercano di compiacere l’occhio umano imitando la realtà ma tentano di costruirne una nuova e diversa tipologia. La principale caratteristica del cubismo è la scomposizione degli oggetti in piani e forme geometriche elementari a cui segue una sinterizzazione di punti di vista diversi, i quali nella realtà non possono essere adottati simultaneamente. L’adozione di differenti prospettive contemporaneamente presuppone la capacità da parte dell’artista di muoversi nel tempo attorno all’oggetto della pittura. In questo modo egli sarà in grado di dipingere introducendo nell’opera anche la variabile temporale. La quarta dimensione infatti è in questo caso intesa non tanto come dimensione spaziale quanto strettamente temporale.

Il quadro, realizzato da Picasso nel 1907, non rappresenta un risultato definitivo: dopo aver effettuato diversi schizzi e aggiunte l'artista decise di smettere di lavorarci. Lo abbandona nel suo studio, e quasi per caso suscita la curiosità e l’interesse dei suoi amici uno dei quali, Andrè Salmon, attribuisce all’opera il titolo con cui oggi è conosciuta.

Il soggetto del quadro è la visione di una casa in cui figurano cinque donne. In origine doveva contenere anche due uomini, poi scomparsi nelle successive modifiche apportate al quadro da Picasso.Le due figure centrali hanno un aspetto molto diverso dalle figure ai lati. In queste ultime, specie le due di destra, la modellazione dei volti ricorda le maschere africane che in quel periodo conoscevano un momento di grande popolarità tra gli artisti europei.Ciò che costituisce la grande novità dell’opera è l’annullamento dello spazio inteso come contenitori di oggetti. In questo dipinto infatti non sono solo gli oggetti a risultare deformati ma è lo stesso spazio che interseca le sue componenti con gli oggetti e con se stesso. L’immagine si compone infatti di una serie di piani solidi che si intersecano secondo angolazioni diverse.

Les demoiselles d’Avignon

Potere surrealista

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Ogni angolazione è il frutto di una visione parziale per cui lo spazio si satura di materia annullando la separazione tra un corpo ed un altro.Le singole figure, costruite secondo il criterio della visione simultanea da più lati, si presentano con un aspetto decisamente inconsueto che sembra ignorare qualsiasi legge anatomica. Vediamo così apparire su un volto frontale un naso di profilo, oppure, come nella figura in basso a destra, la testa appare ruotata sulle spalle di un angolo innaturale. I volti ed i corpi presentano più punti di vista, ritratti contemporaneamente, come se l'artista girasse intorno alle figure e legasse i diversi profili che di volta in volta incontra.Spazio e tempo si legano tra di loro, le figure ed i visi si contorcono a rappresentare la percezione che cambia, non solo in relazione allo spazio, ma anche al tempo.

Bisogna ora però ricordare che la quarta dimensione ha affascinato anche artisti di altre correnti d’avanguardia. Tra questi vanno ricordati Umberto Boccioni, appartenente al movimento futurista, e Salvador Dalì più legato al surrealismo.

Salvador Dalì, risulta anch’egli legato in qualche modo alla tematica della quarta dimensione in quanto uno dei suoi capolavori mostra infatti lo sviluppo di un ipercubo all’interno di un mondo tridimensionale, nel quale un essere superiore quale cristo viene crocifisso. L’opera ha come titolo "Corpus Hypercubus" realizzata nel 1954.

Il titolo della tela fa riferimento al fatto che la figura di Cristo non è inchiodata all'usuale croce, ma è magicamente sospesa nell'aria, accostata ad una struttura fatta da otto cubi che simulano la forma della croce, ma che in realtà esprimono la rappresentazione dello sviluppo, nello spazio tridimensionale, di un solido che si studia nella geometria della "quarta dimensione": l'ipercubo.

Si tratta di un solido (avente come "facce" otto cubi) che non è possibile vedere, essendoci preclusa la quarta dimensione, ma solo intuire. L'analogia con lo sviluppo delle facce di cubo su di un piano, può aiutare però a comprendere la raffigurazione.

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La persistenza della memoria è uno dei quadri più famosi di Salvador Dalì, nel quale l’invenzione degli «orologi molli» diventa una chiave della sua pittura.Il tempo meccanico, misurabile con gli orologi, è messo in crisi dalla memoria umana, che del tempo ha una percezione ben diversa.Il tempo scorre secondo metri assolutamente personali, veloce quando si è felici, lento e pesante nella tristezza.

L’orologio che si scioglie, non può misurare il corso del nostro tempo, perché esso varia secondo la psiche e gli attimi della vita di ciascuno di noi. Il rapido o lento passare dei minuti, delle ore e dei giorni, è determinato dallo stato d’animo col quale affrontiamo le situazioni che viviamo.Il tempo scorre lento, provocando sensazioni di noia, quando la realtà è malvagia o non cattura la nostra attenzione, passa invece fulmineo se siamo impegnati in attività così piacevoli da farci desiderare che non finiscano mai.

La persistenza della memoria, Salvador Dalì 1931

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3. Rappresentazione di un oggetto quadridimensionale

Per poter rappresentare un oggetto in quattro dimensioni dobbiamo provare ad immaginarlo mediante la ricostruzione e la sovrapposizione nel tempo di sezioni 3D dell’oggetto stesso. A tale risultato si può arrivare facilmente per analogia. Ora immaginiamo un quadrato che si muove nello spazio 3D. Esso rimarrà sempre 2D ma si sposterà nello spazio 3D.Ora se sommiamo ogni spostamento del quadrato nello spazio 3D(ovvero se sommiamo ogni sua sezione che si crea dal movimento del quadrato 2D nell’universo 3D) otteniamo un solido, in questo caso per semplicità un cubo. Per il quadrato la costruzione del cubo sarà data dalla somma di “se stesso” nel tempo.

Nella pratica è possibile però operare in un ulteriore modo.

La costruzione è analoga a quella che si compie per ricostruire un solido a partire da una proiezione ortogonale.In questa infatti riportiamo su un piano 2D un oggetto 3D ma scomposto secondo le sue facce. Per immaginarlo solido e reale immaginiamo di chiudere le facce proiettate in modo perpendicolare al piano e quindi chiuderle nella terza dimensione.

Le facce del solido saranno quindi le facce della proiezione. Analogamente le facce di un oggetto quadrimensionale saranno date dalle facce di questo oggetto proiettate nello spazio 3D, pertanto esse non saranno piane ma solide. Da questo possiamo dedurre che possiamo immaginare un oggetto 4D studiando le sue diverse proiezioni 3D. Più proiezioni osserviamo (da vari punti di vista) più informazioni abbiamo sull’oggetto che si estende all’esterno del nostro spazio. Sommando nel tempo le proiezioni e ricombinandole possiamo avere un idea dell’oggetto. Se immaginiamo un cubo che varia la sua forma nel tempo (secondo regole precise) in realtà stiamo osservando le varie componenti tridimensionali di un oggetto (ipercubo) chiuso nello spazio superiore (4D).

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Alla fine del XIX secolo si pensava che le leggi di Newton sul moto e sulla gravitazione potessero fornire una descrizione accurata e completa di ogni tipo di moto conosciuto, e che, analogamente, l’insieme delle equazioni di Maxwell descrivessero in maniera altrettanto completa i fenomeni elettromagnetici.Equazioni di Maxwell:

Nella primavera del 1905 Einstein era su un autobus e, mentre guardava alle sue spalle la famosa torre dell'orologio che domina Berna, si chiese che cosa sarebbe successo se quest'autobus avesse potuto viaggiare alla velocità della luce.Nella sua immaginazione pensò che raggiungendo tale velocità e osservando l'orologio le lancette sarebbero rimaste immobili nel tempo.Einstein sapeva che alla torre dell'orologio il tempo trascorreva normalmente, ma immaginando che l’autobus raggiunga la velocità della luce, la luce dell'orologio non potrebbe più raggiungerlo.Più velocemente l'autobus si sposta nello spazio, più lentamente si muove nel tempo.Questa intuizione segna l'inizio della nascita della teoria della relatività ristretta (o speciale)

4. Teoria della Relatività

Tuttavia, un attenta analisi della teoria maxweliana fece sorgere alcuni interrogativi paradossali, cui la fisica classica non era in grado di rispondere.Maxwell nelle sue equazioni aveva infatti ipotizzato che la luce fosse costituita da onde elettromagnetiche e, come tale, si propagasse ad una velocità di 3.0 •108 m/s.Considerando come sistema di riferimento il sistema della meccanica classica in certe situazioni nulla sembrava impedire alla luce di aumentare la propria velocità

Per quanto riguarda le onde elettromagnetiche, si ipotizzava che esse si trasmettessero attraverso un mezzo particolare, chiamato etere e si cercava di ricavarne le proprietà supponendo che valessero le regole della relatività galileiana. Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali k e k′ con coordinate rispettivamente x = (x1, x2, x3) e x′ = (x′1, x′2, x′3) la legge di trasformazione delle coordinate associata a tali sistemi, nota come principio di relatività classica o principio di relatività di Galileo, è:

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Consideriamo infatti il seguente esempio: una persona solidale con un sistema di riferimento in moto a una velocità costante v’ rispetto ad un altro sistema di riferimento (considerato “in quiete”) imprime ad una palla una velocità vp nello stesso verso e nella stessa direzione di v’In tal caso agli occhi dell’osservatore in “quiete” la palla si muove ad una velocità v=v’+vp rispetto a tale sistema.Se ora invece ipotizzassimo che la persona in moto proietti un fascio luminoso nella stessa direzione e nello stesso verso di v’ ed indicando con c la velocità della luce risulterebbe v=v’+c la velocità della luce misurata dall’osservatore in quiete.Se ne concludeva che il particolare valore della velocità della luce trovato da Maxwell, 3.0 •108 m/s. doveva necessariamente riferirsi a qualche sistema di riferimento, esattamente come la velocità del suono a temperatura ambiente (circa 345m/s) è riferita all’aria in quiete.

A seguito dell’esperimento attuato da Michelson e Morley che non riuscì a provare l’esistenza dell’etere la comunità scientifica rimase in grande incertezza.Rimanevano inoltre inspiegabili le discordanze tra meccanica newtoniana e la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell.Tutto ciò venne risolto nel 1905 con l’intuizione fondamentale di Einstein, infatti ipotizzò che le leggi della meccanica non fossero le sole a dovere obbedire al principio di relatività e che tutte le inconsistenze stavano emergendo dalla ricerca di un sistema di riferimento assoluto.Senza il supporto di alcuna evidenza sperimentale Einstein formulò i seguenti postulati:

Postulati della relatività speciale 1 (Principio di relatività) Tutte le leggi siche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.Postulati della relatività speciale 2 (Invarianza della luce) La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore o dalla velocità della sorgente di luce.

Questi due postulati costituiscono i fondamenti della teoria della relatività ristretta ( o speciale).Viene definita ristretta perché si riferisce unicamente al caso particolare dei sistemi di riferimento inerziali.Circa dieci anni più tardi pubblicò la teoria della relatività generale che si riferisce anche ai sistemi di riferimento non inerziali, cioè soggetti all'accelerazione.

Il secondo postulato è difficile da accettare perché quotidianamente non si hanno esperienze con velocità prossime a quelle della luce. Esso implica che non solo non esiste uno spazio assoluto, ma anche un tempo assoluto in quanto la durata di un fenomeno dipende dalla velocità dell’osservatore.Einstein fu il primo ad applicare queste teorie servendosi di quelli che chiamò “Gedankenexperiment”3 che esulano da ciò che ci si aspetterebbe in base alla fisica classica.

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L'orologio a luce

È importante notare che quest'effetto è assolutamente trascurabile alle velocità con cui abbiamo a che fare tutti i giorni e può essere normalmente ignorato. Solo quando un oggetto si avvicina a velocità nell'ordine della velocità della luce, la dilatazione comincia a diventare importante. Quando poi la velocità si avvicina di molto a quella della luce l'effetto diventa dominante, come possiamo ricavare dalla formula:

Il decadimento dei muoni

s

s = v0t = (0.998c) (2.20 •10-6) = 659m

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Il Paradosso dei Gemelli

Il cosiddetto paradosso dei gemelli è forse una delle conseguenze più popolari (spesse volte anche eccessivamente semplificata) della teoria della relatività di Einstein. In realtà non si tratta di un vero e proprio paradosso, bensì di un esperimento ideale volto ad illustrare come alcuni aspetti della teoria di Einstein siano contrari al senso comune. L'esperimento ideale è il seguente: sulla terra vi sono due gemelli, uno parte per un viaggio interstellare di andata e ritorno per una stella lontana, mentre l'altro rimane ad aspettarlo sulla terra.Assumendo che il viaggio interstellare possa essere compiuto a velocità prossime a quelle della luce, la teoria prevede che, al ritorno sulla terra, il gemello "viaggiatore” sia invecchiato molto meno di quello "terrestre”. Va innanzitutto specificato che, sebbene contrario al senso comune, non vi è nulla di paradossale nel fatto che il tempo scorra in modo diverso per i due gemelli. Questa è proprio una delle previsioni fondamentali della relatività: non esiste un tempo assoluto, ma lo scorre del tempo dipende dal sistema di riferimento in cui lo si misura. E non si tratta solo di una previsione teorica: quasi quotidianamente gli scienziati verificano che i tempi di decadimento delle particelle subatomiche, misurati in laboratorio, diminuiscono quando le particelle viaggiano nel laboratorio a velocità prossime a quelle della luce.L'aspetto che forse può sembrare paradossale nella storia dei due gemelli è l'apparente simmetria del sistema: scegliendo l'astronave come sistema di riferimento è la terra che si allontana o si avvicina a velocità prossime a quelle della luce. Dunque perché alla fine del viaggio c'è una differenza tra i tempi misurati dai due gemelli? La soluzione è molto semplice: i due sistemi di riferimento, la terra e l'astronave, non sono equivalenti. L'astronave deve infatti subire forti accelerazioni e decelerazioni rispetto alla terra, che in prima approssimazione possiamo assumere come un sistema di riferimento inerziale.

Il paradosso fu dimostrato nell'ottobre del 1971 da J. C. Hafele e Richard E. Keating con un esperimento.

Vennero utilizzati due orologi atomici collocati rispettivamente a bordo di due aerei che volavano in direzioni opposte rispetto al pianeta. l'aereo che viaggia in direzione est somma la sua velocità a quella di rotazione della terra, dunque viaggia più velocemente di quello che viaggia in direzione ovest, e quindi deve segnare un tempo inferiore di alcune frazioni di secondo. E così in effetti è stato.

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5. La Quarta Dimensione nella Relatività

Notevole influsso inoltre ebbe l’idea della quarta dimensione nella teoria einsteiniana della relatività (specialmente riguardo la relatività generale del 1915). Il fisico tedesco riprendendo anche l’operato del maestro Minkowski e seguendo anche i modelli matematici di Riemann aveva ipotizzati l’esistenza di uno spazio-tempo quadridimensionale. Ipotesi che sarà poi verificata a seguito di esperimenti successivi.Lo spazio-tempo quadridimensionale nella relatività generale può essere rappresentato dal cosiddetto "tessuto di Eddington", una sorta di lenzuolo di gomma, dove la presenza di un corpo dotato di massa (es. il Sole) ne determina la deformazione geometrica in quella regione. Nel caso di un buco-nero, la distorsione dello spazio-tempo diventa estrema e allora si forma una specie di pozzo gravitazionale, circoscritto da una linea di non ritorno, al di la della quale la gravità è talmente intensa che niente può sfuggire, nemmeno la luce.

Curvare il tempo significa che la velocità del flusso del tempo è determinato dalla curvatura del campo gravitazionale in cui è misurato. Il tempo passa più lentamente quando la curvatura è più accentuata. Einstein dedusse inoltre che curvatura e gravità sono collegate, e che la curvatura ha le stesse caratteristiche della gravità.

Una conseguenza della curvatura dello spazio è la deflessione gravitazionale della luce. La luce subisce una deflessione in presenza di un campo gravitazionale e quindi in presenza della curvatura dello spazio-tempo. Una conseguenza che si può osservare, ad esempio è che alcune stelle osservabili vengono viste in una posizione diversa rispetto a quella che realmente occupano. Ciò dimostra la variazione della traiettoria percorsa dalla luce.La curvatura dell’universo ha trovato nel corso del secolo notevoli conferme. La prima, poi rivelatasi impropria, si ebbe nel 1919, quando osservazioni di Arthur Eddington durante un'eclisse di Sole confermarono la visibilità di alcune stelle vicine al bordo solare, che in realtà avrebbero dovuto essere invisibili: i fotoni luminosi venivano deviati dal Sole della quantità prevista dalle equazioni. In

realtà, le osservazioni avevano un errore medio dello stesso ordine di grandezza dell'effetto considerato.

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6. La dimensione del Virtuale

Il concetto di realtà virtuale si è diffuso negli ambienti informatici d’oltreoceano a partire dagli anni Ottanta e allude alla realtà percettiva costruita dalle apparecchiature elettroniche, che riesce a produrre e stimolare i sensi creando l’apparenza di un esperienza reale. Questa realtà è detta “virtuale” perché non riguarda oggetti reali, ma immagini computerizzate di oggetti.Il senso comune ha interiorizzato quest’uso e il termine “virtuale”, in quanto riferito a simulazioni elettroniche, è inteso come illusorio, ingannevole. Per questo di solito ha una connotazione negativa: se qualcosa è virtuale allora bisogna stare attenti, perché è qualcosa di negativo e pericoloso. Al contrario, la realtà del mondo sensibile è valorizzata positivamente, in quanto foriera di verità.

Già nel 1995 Pierre Lévy bocciava questa interpretazione negativa del virtuale:“Generalmente la parola ‘virtuale’ viene utilizzata per significare l’assenza di esistenza pura e semplice, dal momento che la ‘realtà’ implicherebbe una effettività materiale, una presenza tangibile. Ciò che è reale rientrerebbe nell’ordine della presenza concreta (’l'uovo di oggi’), ciò che è virtuale in quello della presenza differita (’la gallina di domani’), o dell’illusione”.4

Niente da fare. Tutti continuano a pensare al virtuale come una cosa negativa: un’esperienza fasulla o, peggio, una non esperienza. Alla faccia di tutto il virtuale che ogni giorno viviamo: mail, chat, sms, videogiochi, blog… Tutto nocivo, ingannevole?

Per fortuna esiste un senso più interessante di “virtuale”, collegato alla sua etimologia. La parola proviene dal latino medievale virtualis, derivato a sua volta da virtus, che significava forza, potenza. Nella filosofia scolastica “virtuale” era ciò che esiste in potenza e non in atto (come li intendeva Aristotele): l’albero è virtualmente presente nel seme, nel senso che è già nel seme, ma lo è solo in potenza, non ancora attualizzato. Secondo questa interpretazione, il virtuale non si contrappone al reale, ma all’attuale: virtualità e attualità sono due modi diversi del reale.

Qu’est-ce que le virtuel? Il virtuale

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Per spiegare questo concetto serviamoci di uno degli strumenti simbolo della società digitale: il telefonino ed immaginiamo una classica conversazione telefonica tra due persone molto distanti tra di loro.Nel momento in cui rispondiamo al telefono dovrebbe sorgere spontaneamente la domanda:Dove avviene la comunicazione?Tecnicamente possiamo immaginare la nostra voce che, emessa dalle corde vocali in le onde sonore, attraversa il microfono del cellulare diventando digitale e, rimbalzando tra la centrale e le celle, giunge a destinazione riprodotta da un altoparlante.Ma questo non risponde alla nostra domanda.La comunicazione avviene ad un capo oppure all’altro capo del telefono? Nell’etere?Avviene nella dimensione del virtuale!Il cellulare opera come un dispositivo molto particolare in quanto non si limita a trasmettere solamente una rappresentazione della voce, ma vincola la voce stessa.Il nostro dispositivo separa la voce dal corpo fisico e, questa voce, potrebbe arrivare teoricamente in ogni luogo contemporaneamente, attualizzando una forma di ubiquità, seppur ovviamente parziale.

Nella dimensione del virtuale nuovamente secondo Pierre Lévy troviamo il concetto di intelligenza collettiva.Grazie ad i nuovi mezzi di informazione la comunicazione è in un continuo pulsare, non si arresta mai, senza distinzione né di luogo, né di tempo.Dove c’è l’uomo, c’è intelligenza. Queste nuove tecniche di comunicazione digitale consentono la messa in comune delle intelligenze.Questa intelligenza collettiva, formata da gruppi umani, è ipotizzato possa sviluppare livelli di manifestazioni intellettive superiori rispetto all’intelligenza delle singole persone appartenenti.

Un esempio di ciò è qualcosa che siamo ormai abituati a consultare tutti i giorni: Wikipedia.La filosofia di fondo è la cooperazione l’ intelligenza collettiva, l’open source community e una buona struttura organizzativa, infatti Wikipedia è basata sul confronto:

Qu’est-ce que le virtuel? Il virtuale

• tutte le decisioni vengono prese tra i partecipanti attivi al momento (non esiste una redazione o un capo che decidano)• la validazione degli stessi contenuti avviene tramite un processo esclusivamente interno, tra gli stessi partecipanti (con un meccanismo diametralmente opposto alla peer review5)• su Wikipedia è possibile discutere tutto (dal contenuto di un articolo al colore di sfondo della homepage)

Risultato?2,920,474 pagine create e 314,494,372 modifiche alle pagine soltanto nella lingua inglese e costantemente in espansione in piu di 250 lingue differenti.

"Benvenuti nella nuova dimora del genere umano. Benvenuti sulle strade del virtuale!"6

Il valore di Wikipedia sta nella comunità intesa come un tutt’uno e non nell’insieme dei singoli partecipanti.

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7. Appendice

1. Albert Einstein: cenni biografici.

2. Edwin Abbot Abbot: cenni biografici.

3. Pablo Picasso: cenni biografici.

4. Salvador Dalì: cenni biografici.

5. Pierre Lévy: cenni biografici

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Albert Einstein, nato nel 1875 ad Ulm, piccola ma famosa cittadina tedesca, è morto nel 1955 a Princeton nel New Jersey. Trascorse la sua prima giovinezza a Monaco educato nel rigido sistema scolastico bavarese; dopo un breve soggiorno a Milano si trasferì a Zurigo dove continuò gli studi fino al dottorato di matematica e fisica presso il Politecnico. Dopo la laurea continuò a dedicarsi intensamente ad alcuni problemi di fisica teorica anche quando, per risolvere i più gravi ed immediati problemi economici, prese la cittadinanza svizzera per assumere un modesto impiego presso l'Ufficio Brevetti di Berna. Nel 1905 pubblicò tre articoli sugli Annalen der Phisik, il primo sui quanti di luce, il secondo sul moto browniano, destinato a confermare l'atomicità della materia, il terzo sui fondamenti della relatività ristretta. Questi ormai storici lavori furono l'avvio di una lunga e brillante carriera accademica, iniziata a Zurigo e proseguita in terra tedesca fino al 1932 quando, a causa delle persecuzioni antisemitiche naziste, fu costretto ad abbandonare la Germania per essere accolto a braccia aperte negli U.S.A.. Einstein, naturalizzato cittadino americano, si stabilì a Princeton, dove insegnò presso l'Institute for Advanced Studies fino al 1945, anno del suo ritiro dall'attività accademica.Nella storia del potere creativo del pensiero umano, Einstein rappresenta un simbolo, un personaggio che ha colpito la fantasia della gente, uno scienziato che ha dato un alto e qualificato contributo allo sviluppo della fisica moderna. Quest'uomo considerato da molti artista e quasi profeta che disprezzava la violenza e la guerra fu, suo malgrado, doppiamente coinvolto nella realizzazione della bomba atomica di cui è considerato padre putativo: in primo luogo perché uno dei risultati della teoria della relatività, riguardante la cosiddetta equivalenza massa - energia (E=mc2), doveva rappresentare il punto di partenza del successivo sviluppo dell'energia nucleare; in secondo luogo perché si deve al suo intervento (voluto da altri) se il governo degli U.S.A. mise a disposizione i capitali che portarono alla costruzione della bomba di Hiroshima. Tornando alle ricerche teoriche di Einstein, dobbiamo ricordare "I fondamenti della teoria della relatività generale" (1916) frutto di oltre dieci anni di studio. Fino agli ultimi anni della sua vita egli tentò più volto di elaborare una teoria capace di unificare su una comune base geometrica i fondamentali campi allora meglio conosciuti: il capo gravitazionale e il campo elettromagnetico. Nonostante lo sforzo di elaborazione tecnica, i risultati non furono quelli sperati. "La natura non si lasciò convincere a fare ciò che forse non è nella sua stessa natura". Dopo la seconda guerra mondiale, Einstein cercò in tutti i modi di favorire la pace nel mondo, promuovendo una vasta campagna popolare contro la guerra e le persecuzioni razziste. Proprio una settimana prima di morire, insieme ad altri sette Nobel, compilò una dichiarazione pacifista contro le armi nucleari. Questo messaggio all'umanità, che rappresenta una specie di testamento spirituale dello scienziato, termina con queste parole:

"Noi rivolgiamo un appello come esseri umani a esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è

davanti a voi il rischio della morte universale".

1. Albert Einstein: cenni biografici

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Edwin Abbott Abbott was born on December 20th, 1838 in Marylebone, being the eldest son of Edwin Abbott (1808–1882), headmaster of the Philological School, and his wife, Jane Abbott (1806–1882). His parents were first cousins, which explains how could Edwin have “Abbott” as both a surname and a middle name. He was educated at the City School of London and in 1857 Abbott entered St. John’s College in Cambridge, always taking excellent notes in mathematics as well as in classics and theology. He became an Anglican priest in 1863 and in the same

year he got married to Mary Elizabeth Rangeley, who gave him one son and one daughter. In 1865, at the early age of twenty-six, he was appointed headmaster of the City of London School, where he made many innovations to the curriculum taught to the pupils; although graduated in theology, he had a reverence for physical science not often found among the classical scholars of that time. Therefore he made an elementary knowledge of chemistry compulsory throughout the upper school. Edwin’s interest in philology made him write the “Shakespearian Grammar” (1870) and “How To Write Clearly” (1872), even if most of his works had a religious topic: “Philocristus” (1878) and “Onesimus” (1882) are the most renowned among his more than forty books. In 1884 Abbott published “Flatland”, a key document in the life of this remarkable man. He retired in 1889, before being fifty, in order to devote more time to his literary efforts.

2. Edwin Abbott Abbott: cenni biografici

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Pablo Ruiz Picasso7, pittore e scultore di fama mondiale, nacque a Malaga (Spagna) il 25 ottobre 1881.

Figlio di un professore alla Scuola delle Arti e dei Mestieri, conservatore del museo della città, già in tenera età rivela una precoce inclinazione per il disegno e la pittura.Il padre, mediocre pittore, favorisce le sue attitudini, gli permette di mettere mano alle sue tele affidandogli la realizzazione dei particolari.Nel 1891 la famiglia si trasferisce a La Coruna, dove il padre ha accettato un posto di Insegnante di Disegno nel locale Istituto d'Arte, dove Pablo frequenta i corsi di disegno.La pittura e l'edizione di riviste prodotte in un unico esemplare sono i passatempi del giovane Pablo Picasso quando nel 1895 entra all'Accademia di Belle Arti di Barcellona.

Dopo aver vinto un concorso dell'Accademia Reale di Madrid, Pablo Picasso si trasferisce nella capitale, abita in un tugurio mal riscaldato conducendo una vita da bohemien, lavora senza sosta.La scarlattina, lo riporta in famiglia a Barcellona dove frequenta gli ambienti dove si ritrovano artisti, politicanti, poeti e vagabondi.In questo periodo Pablo Picasso dipinge sopratutto figure tristi e tragiche firmando le sue opere P. Ruiz, poi, per distinguersi dal padre, aggiunge il nome della madre "Picasso", decidendo verso i vent'anni di firmarsi semplicemente Picasso.Nel febbraio del 1900, interpretando il ruolo dell'artista maledetto, Pablo Picasso organizza a Barcellona una mostra che, salvo le riserve dei conservatori, ha successo vendendo molte opere e trasformando il giovane pittore in un personaggio, odiato ed amato, ma del quale tutti parlano.

Nel 1921 nasce il suo primo figlio Paulo. Poco più tardi il suo matrimonio entra in crisi a causa dell'innamoramento di Pablo Picasso per Marie Thérèse Walter (una diciassettenne: lui aveva quarantacinque anni), dalla quale ha una figlia, Maya.Pablo Picasso cerca di ottenere il divorzio più volte, ma per questioni burocratiche non ci riesce mai.Sempre sentimentalmente in crisi, Picasso lascia la pittura per dedicarsi alla poesia.Nel 1944 Pablo Picasso, in crisi con la sua ultima compagna Dora Maar, si occupa di politica, iscrive al Partito Comunista e partecipa a conferenze internazionali per la pace.Nella vita di Pablo Picasso c'è stata tutta una lunga processione di donne: Fernande e Eva, Olga e Marie-Therese, Dora e Françoise, Alice e molte altre ancora, che lo hanno influenzato nelle sue scelte.Ma gli ultimi anni della sua vita preferì passarli come un recluso nella sua casa di Cannes con la sua giovane moglie Jacqueline Roque, sposata nel 1961, continuando il suo lavoro d'artista.Pablo morì l'8 aprile 1973, all'età di 91 anni.

3. Pablo Picasso: cenni biografici

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Salvador Dalí y Domènech, nasce a Figueres in Catalogna l'11 maggio 1904; figlio di un notaio trascorre l'infanzia tra Figueres e Cadaqués ed il paesaggio dell'Ampurdán si imprime nella memoria del futuro pittore diventando di fondamentale importanza per la sua evoluzione artistica e personale.

Dopo la scuola elementare, frequenta le superiori presso il collegio degli Hermanos Maristas e nell'Istituto di Figueres dove segue anche le lezioni del professore Juan Nuñez alla Scuola Comunale di Disegno.

Nel 1919 Dalì partecipa, per la prima volta, ad una mostra collettiva allestita presso la Sociedad de Conciertos di Figueres e fonda, con un gruppo di compagni di scuola, la rivista "Studium", su cui pubblica alcuni articoli su pittori classici, su Goya, El Greco ed altri grandi.

Dopo la morte della madre si trasferisce a Madrid alla Residencia de Estudiantes e frequenta la Scuola Speciale di Pittura, Scultura e Incisione (Accademia di San Fernando).

Dopo le prime esperienze artistiche percorse nell'area del Novecentismo, dell'impressionismo e del futurismo, comincia a dipingere tele cubiste.

Nel 1925 fa la sua prima mostra personale a Barcellona raccogliendo un grande successo di critica, ma viene espulso dalla Scuola Speciale per aver dichiarato incompetente la commissione esaminatrice.

Nei cinque anni successivi frequenta intensamente artisti e musei, passando attraverso tutte le forme pittoriche e assimilando da ognuna qualcosa.

4. Salvator Dalì: cenni biografici

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Pierre Lévy è un filosofo di cultura virtuale contemporanea. E’ nato a Tunisi, nel 1956. È uno dei più grandi studiosi della cultura virtuale mondiale. Lo è diventato grazie agli studi sulle differenze fra testo e ipertesto (cioè la scrittura elettronica). Ma se si è conquistato questa fama può dire anche grazie a Michel Serres. Fu infatti proprio seguendo le sue lezioni alla Sorbonne di Parigi che Pierre Lévy scoprì la sua vocazione di ricercatore. Si laurea a La Sorbonne di Parigi in storia delle scienze nel 1980. Come ricercatore si è formato con Michel Serres e Cornelius Castoriadis. Lavora come ricercatore al CREA (École polytechnique, Paris) dove si dedica alla storia della cibernetica e dell' intelligenza artificiale. Appena laureatosi, sostenendo una tesi di Sociologia sull'idea di libertà nell'antichità, cominciò a occuparsi di cibernetica e intelligenza artificiale lavorando al Crea dell'Ecole Polytechnique. Una volta però portato a termine questo progetto e collaborato alla redazione del testo "Eléments d'histoire des sciences", con un capitolo sull'invenzione del computer, iniziò a riflettere sulle implicazioni culturali dell'informatizzazione pubblicando, tra il 1987 e il 1992, testi che rivoluzionarono il modo di concepire la scrittura e il testo: "La Machine univers", "Le tecnologiedell'intelligenza", "L'idéographie dynamique" e "De la programmation considérée comme un des beaux-arts". Dal 1987 al 1989 Lévy è visiting professor presso il Dipartimento di Comunicazione dell' Università di Montréal, dove insegna informatica applicata alla comunicazione. E' a Montreal che Lévy entra in contatto con il mondo nascente dell'ipertesto e del multimedia interattivo e lì si specializza. A Ginevra, con l'amico Richard Collin, contribuisce alla creazione di Neurope Lab, centro che si occupa di ricerche riguardanti la messa in rete del sapere e dell'economia della conoscenza. A partire dal 1990 decise di intraprendere, insieme all'amico Michel Authier, una serie di ricerche riguardanti le nuove forme di accesso al sapere fornite dagli strumenti informatici. Da qui l'introduzione del concetto di "cosmopedia" e di sistema degli "alberi delle conoscenze". In seguito decise di fondare, sempre con l'amico Authier, una società, la Trivium, per sviluppare e commercializzare il programma e il metodo degli "alberi della conoscenza". Nel 1992 conduce, con il filosofo e storico delle scienze Michel Authier, una serie di ricerche sulle forme di accesso alla conoscenza mediante le tecnologie informatiche. Da queste ricerche emerge il concetto di cosmopedia, una sorta di enciclopedia virtuale che si riorganizza a seconda delle esplorazioni di chi vi accede. Nel frattempo diventa membro del progetto sull'insegnamento a distanza voluto dal Primo Ministro francese Cresson. Insieme ad Autier pubblica Les arbre de connaissances (Alberi della conoscenza), un sistema aperto di comunicazione che permette di individuare e valorizzare le diverse conoscenze delle persone, mediante una cartografia dinamica. Dal 1993 Lévy vive a Parigi e insegna presso il dipartimento di Hypermedia all'Università di Paris VIII, a Saint Denis, dedicandosi prevalentemente allo studio dell'uso estetico delle risorse e dei dispositivi numerici. Con la pubblicazione, nel 1997, del libro "Cyberculture", considerato il manifesto umanista della nuova cultura emergente, si è guadagnato il titolo di "media philosopher". E' considerato uno dei più brillanti media philosopher del momento ed è seguito in Italia nel mondo cyber e multimediale fin dalla pubblicazione del suo libro Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del pensiero nell'era informatica (1992). E'famoso il suo testo L'intelligenza collettiva Vive a Parigi e insegna al Dipartimento di Hypermedia all'Università di Paris VIII, a Saint Denis.

5. Pierre Lévy: cenni biografici

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8. Bibliografia & Sitografia

-Flatlandia, Edwin A. Abbot, Gli Adelphi, Milano, 2003 -Qu’est-ce que le virtuel?, Pierre Lévy, La Découverte, Paris, 1995; trad. it. Il virtuale, Cortina, Milano, 1997 -Potere surrealista, Lanfranco Binni, Meltemi Editore, Roma, 2001 -FISICA percorsi e metodo 2, J. D Wilson, A. J. BUFFA, 2006 -La scienza e la vita di Albert Einstein, Bollati-Boringhieri, Torino 1986;

http://www.francescomorante.it/http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/biografi/l/levy.htmhttp://alem3d.obidos.org/pt/cuberot/http://it.wikipedia.orghttp://scienzapertutti.lnf.infn.it/http://www.konte.it/tesi/indice.html

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