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Il Cardinale Antonio Innocenti In Nomine Domini Amen “LUCEM SPERO FIDE” - 1 -

Testamento Sprirituale Cardinale Antonio Innocenti in lingia italiana

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Testamento Italiano

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Il Cardinale

Antonio Innocenti

In Nomine Domini Amen

“LUCEM SPERO FIDE”

Questo è il motto che scelsi, quando il Servo di Dio Paolo VI,

nel 1968, si degnò di chiamarmi alla pienezza del

Sacerdozio con la Consacrazione Episcopale e la tremenda

responsabilità di rappresentare la Sede Apostolica nel

mondo.

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Queste tre parole risuonano da sempre nel mio cuore, sin

da quando, giovinetto, accolsi il dono della Divina

Vocazione, che mi

raggiunse nella mia sempre amata terra di Toscana, dove

ora trovano accoglienza le mie spoglie mortali.

In quest’ora suprema, nella quale il mio animo tremante si

avvicina a quel «Iudex cum sedebit, quidquid latet

apparebit: Nihil inultum remanebit», cosa dirò,

considerando la mia lunga peregrinazione terrena, «Quid

sum miser tunc dicturus?».

La risposta è proprio la Fede, quella Fede che il Divino

Maestro ci assicura renderci beati, pur non avendo visto:

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«Beati qui non viderunt et crediderunt». Quella Fede che mi

ha sempre sostenuto, in questo momento, mi incoraggia a

varcare le soglie dell’Eternità: «Cor Iesu, desiderium collium

aeternorum, miserere mei!».

Ho sempre cercato di conformare la mia vita agli

insegnamenti ricevuti nel mio Seminario di Fiesole e in

special modo agli scritti del grande Don François Pollien,

che ammoniva: «Lascia che Gesù ti attraversi in tutti i sensi

e in tutte le profondità, perché il tuo essere sia unicamente

e totalmente Suo. Lascia che Egli consumi la tua vita nella

Sua unità! Che Egli operi nei tuoi sensi, nel tuo cuore, nel

tuo spirito, finché, a lavoro finito, tu possa dirGli: "Tutto è

compiuto", abbandonando il tuo spirito nelle Sue mani».

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Sì, mio Signore e mio Dio, proprio adesso, abbandonando il

mio spirito nelle Tue mani, desidero ringraziare Te e la Tua

Divina Provvidenza, per il grande dono della Fede Cattolica,

e quanti, insegnando, testimoniando, vivendo, servendo,

offrendo, hanno accresciuto in me quella preziosa gemma

che mi porta a Te.

Questa è la speranza che ho sempre avuto. La speranza di

vedere la luce attraverso la Fede.

La speranza che Tu, o Gesù, sei venuto a dare all’umanità

con la Tua Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione.

La speranza che ognuno di voi, diletti miei figli che leggete

queste parole e che temporaneamente mi vedete da voi

lontano, deve necessariamente avere: quella di trovarci

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insieme, nuovamente, a godere della visione beatifica nel

Santo Paradiso.

La Beata Vergine Maria accresca in voi questa speranza:

non tralasciate mai la Sua devozione, ricordate sempre

quello che diceva

il Santo Curato d’Ars, quando testimoniava che un semplice

atto di venerazione alla dolce Avvocata del genere umano

spalanca le porte del Cielo.

Questa grande verità di Fede, resa efficace, ha formato i

Santi, ha dato nelle prove della vita la forza ai deboli e ai

tribolati, ha offerto la perseveranza ai giusti e popola il

Paradiso di eletti.

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«Per volontà di Dio, infatti, la Beatissima Vergine Maria fu

indissolubilmente unita a Gesù nell’opera della Redenzione,

così che la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e

della sofferenza di Gesù Cristo, cui furono strettamente

congiunti l’amore e i dolori della Madre Sua».

Miei carissimi figli, è proprio la Carità che muove il mondo,

insieme con la Fede e la Speranza: la Carità, che è segno di

quell’amore oblativo che tutto dà e nulla chiede in cambio.

Di quell’amore oblativo di cui io ho tanto goduto durante la

mia vita.

Grazie, o Signore, per il dono che mi hai fatto della mia

Famiglia; grazie, o Signore, dei miei Maestri, dei miei

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Confratelli, dei miei Superiori; grazie, o Signore, per il dono

dei miei Allievi, ai quali ho cercato di trasmettere le Divine

Verità, grazie, o Signore, per il dono dei miei Collaboratori,

molti dei quali hai chiamato all’Episcopato; grazie, o

Signore, per avermi indegnamente aggregato al Sacro

Collegio Cardinalizio, sempre vivificato da luminose figure a

Te fedeli usque ad effusionem sanguinis; grazie, o Signore,

per la mia devota assistente, la Suora Giuseppina Jvankio

A.B.V.M.I., fedele

angelo custode della mia persona e della mia casa per

lunghissimi anni.

E’ a lei che debbo maggior gratitudine per avermi

amorevolmente curato, secondo le indicazioni cliniche,

consentendomi di giungere alla mia veneranda età. Ella è

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un’anima buona, piena di carità, di zelo e di abnegazione; il

Signore saprà riconoscere i suoi meriti.

Ella è una vera sposa di Cristo.

Grazie, o Signore, per i medici e per quanti hanno avuto

attenzioni e cure per me, allietando la mia vecchiaia e

sostenendomi nell’infermità.

Benedico di cuore le care genti ovunque esse mi abbiano

accolto, nelle tante Nazioni, dall’Africa alle Americhe,

dall’Europa alle Sacre Congregazioni Romane, ove ho

prestato il mio Servizio, i cari Sacerdoti e Fedeli della mia

Chiesa titolare di Santa Maria in Aquiro, del paese di Lama

Mocogno, nella Diocesi di Modena, dove riassaporai le gioie

dell’apostolato parrocchiale, della cara Arcidiocesi

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dell’Aquila, ove ho ricevuto le amorevoli cure del diletto

figlio Luigi Lombardo, della sua cara famiglia e di tanti

Sacerdoti e Fedeli incontrati nelle innumerevoli solenni

celebrazioni liturgiche e nei lieti soggiorni.

Sento proprio ora vibrare con forza le parole del Santo

Vescovo d’Ippona: «La vita che viviamo è voce tra due

silenzi: il passato che non è più e l’avvenire che ancora non

è».

Con questo sentimento guardo al passato, la memoria va

agli Augusti Pontefici che hanno costellato le tappe della

mia vita.

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Come disse il mio compianto Confratello, l’Eminentissimo

Cardinale Alfredo Ottaviani: «Buia è la notte del mondo.

Non è mai senza una stella: c’è il Papa!».

E veramente sono stati come la stella polare, nella mia vita,

i Sommi Pontefici Benedetto XV, Pio XI, del quale ho un vivo

personale ricordo, legato alla Santa Pasqua del 1934, nella

quale, solennemente, si chiudeva l’Anno Santo Giubilare

della Redenzione e si canonizzava San Giovanni Bosco.

E, ancora, Pio XII, Pastor Angelicus, che mi chiamò al

servizio della Sede Apostolica, il Beato Giovanni XXIII, il

Servo di Dio Paolo VI, il Servo di Dio Giovanni Paolo I e il

Servo di Dio Giovanni Paolo II, che mi elevò alla Sacra

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Romana Porpora, conferendomi immense responsabilità

nella Curia Romana, alle quali umilmente ho cercato di

adempiere con la mia povera scienza e con tutta la mia

volontà.

Mi piace ricordare, inoltre, il Regnante Pontefice Benedetto

XVI con un Suo pensiero verso quella dolcissima Madre di

Dio e dell’umanità che io ho tanto amato e invocato durante

tutta la mia vita et nunc in hora mortis meae: «Maria

Santissima è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a

darci forza nel sentiero che porta incontro al Creatore del

Cielo e della Terra... Ispiratevi ai Suoi insegnamenti, cercate

di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei vi

invia dall’alto».

Questo luminoso pensiero sia il vostro abaco, come

sicuramente lo è stato per il nostro Sommo Pontefice, che

ho avuto l’onore di avere Confratello nel Sacro Collegio e

assieme al quale, negli anni del mio servizio, ho lavorato

per l’approfondimento e la propagazione della Fede: La

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Fede di quella Santa Madre Chiesa che nel corso degli anni

mi ha conferito tre anelli, come tre sono le verità delle quali

oggi vi parlo.

Il primo anello fu quello dottorale, il secondo quello

episcopale, il terzo quello cardinalizio: i tre anelli, messi

insieme, formano quasi una catena, la catena che mi lega a

quel: «Dio che sarà la fine dei miei desideri: che

contemplerò senza fine, che amerò senza saziarmi, che

loderò senza stancarmi».

Infine, chiedo perdono a quanti posso aver offeso o

umiliato, perdono di tutto cuore quanti mi hanno offeso e

fatto soffrire.

Cari figli, benedicendovi per l’ultima volta, per intercessione

della Beata Vergine nostra Signora di Lourdes, dei Santi

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Pietro e Paolo, e di Sant’Antonio da Padova, vi saluto con le

parole di Don Bosco: «Uno solo è il mio desiderio: vedervi

felici nel tempo e nell’eternità».

“In Te Domine speravi, non confundar in aeternum!”

Sia lodato Gesù Cristo!

Antonio Card. Innocenti

Città del Vaticano, 29 Giugno 2007.Solennità dei SS. Pietro e Paolo

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