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Testimoni 5/2017 1 5 Maggio 2017 TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA” VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA al vecchio continente; il terzo è il ti- tolo di un’opera del teologo R. Guardini a sostegno di un potere che non è l’imperio, ma l’autorevolezza di un progetto di civiltà su fonda- menti trascendenti. Il riferimento immediato sono i quattro discorsi che il papa ha tenu- to sul merito: al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa (25 novem- bre 2014), in occasione del premio Carlo Magno (6 maggio 2016) e quello per i 60 anni dei Trattati di Roma (24 marzo 2017). I primi tre sono contenuti nel volume «Sognare T re immagini possono intro- durre una riflessione sull’Eu- ropa nel magistero di papa Francesco: «totius Europae flaccen- tis» (Europa tutta in decadenza, san Colombano), lo «sguardo di Magel- lano» (A.Spadaro), l’«Europa: com- pito e destino» (R. Guardini). Il pri- mo, contenuto in una lettera a Gre- gorio Magno nel 600 evidenziava l’imperativo di una evangelizzazione largamente deficitaria; il secondo è l’immagine del direttore di Civiltà Cattolica per sottolineare uno sguar- do che nasce dalle periferie rispetto Per un recupero della visione dei Padri fondatori LA NONNA E L’IMMIGRATO L’EUROPA E FRANCESCO È un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Ma non è ancora morta. È un po’ nonnetta, ma può tornare ad essere madre … deve assumere il suo ruolo, recuperare la sua identità. Testi moni In questo numero ATTUALITÀ Viaggio del Papa in Egitto 6 VITA DELLA CHIESA A quattro anni dalla elezione di Papa Francesco 15 VITA CONSACRATA 64° Assemblea USMI: la formazione nella VC 10 PASTORALE Intervista a mons.Viganò 18 LA CHIESA NEL MONDO Centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima 21 PSICOLOGIA Traumi e crescita nella vita consacrata 25 LA CHIESA NEL MONDO Valori religiosi in Asia: un patrimonio di sapienza 28 PASTORALE Dire il Vangelo nel mondo della salute 31 QUESTIONI SOCIALI I migranti del Maghreb tra drammi e sogni 34 BREVI DAL MONDO 37 SPECIALE Il Papa e il sacerdozio: dieci temi fondamentali 39 MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

Testimoni 5 Maggio 2017 · 2017-05-22 · ATTUALITÀ 2 Testimoni 5/2017 l’Europa» (EDB, Bologna 2017), con saggi di L. Caracciolo e A. Riccardi.— Quattro importanti discorsi

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Testimoni 5/2017 1

5Maggio 2017TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA

al vecchio continente; il terzo è il ti-tolo di un’opera del teologo R.Guardini a sostegno di un potere chenon è l’imperio, ma l’autorevolezzadi un progetto di civiltà su fonda-menti trascendenti.Il riferimento immediato sono iquattro discorsi che il papa ha tenu-to sul merito: al Parlamento europeoe al Consiglio d’Europa (25 novem-bre 2014), in occasione del premioCarlo Magno (6 maggio 2016) equello per i 60 anni dei Trattati diRoma (24 marzo 2017). I primi tresono contenuti nel volume «Sognare

Tre immagini possono intro-durre una riflessione sull’Eu-ropa nel magistero di papa

Francesco: «totius Europae flaccen-tis» (Europa tutta in decadenza, sanColombano), lo «sguardo di Magel-lano» (A.Spadaro), l’«Europa: com-pito e destino» (R. Guardini). Il pri-mo, contenuto in una lettera a Gre-gorio Magno nel 600 evidenziaval’imperativo di una evangelizzazionelargamente deficitaria; il secondo èl’immagine del direttore di CiviltàCattolica per sottolineare uno sguar-do che nasce dalle periferie rispetto

Per un recupero della visione dei Padri fondatori

LA NONNA E L’IMMIGRATOL’EUROPA E FRANCESCOÈ un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua

capacità generatrice e creatrice. Ma non è ancora morta.È un po’ nonnetta, ma può tornare ad essere madre …deve assumere il suo ruolo, recuperare la sua identità.

TestimoniIn questo numero

ATTUALITÀ

Viaggio del Papa in Egitto6

VITA DELLA CHIESAA quattro anni dalla elezionedi Papa Francesco15

VITA CONSACRATA64° Assemblea USMI:la formazione nella VC10

PASTORALE

Intervista a mons. Viganò18LA CHIESA NEL MONDOCentenario delle apparizionidella Madonna a Fatima21PSICOLOGIATraumi e crescitanella vita consacrata 25LA CHIESA NEL MONDOValori religiosi in Asia:un patrimonio di sapienza28PASTORALEDire il Vangelonel mondo della salute31QUESTIONI SOCIALII migranti del Maghrebtra drammi e sogni34BREVI DAL MONDO37SPECIALE

Il Papa e il sacerdozio:dieci temi fondamentali

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MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

ATTUALITÀ

2 Testimoni 5/2017

l’Europa» (EDB, Bologna 2017), consaggi di L. Caracciolo e A. Riccardi.

—Quattro importantidiscorsi

«Mi sono permesso di parlare di Eu-ropa nonna. Dicevo agli eurodeputa-ti che da diverse parti cresceva l’im-pressione generale di un’Europastanca e invecchiata, non fertile e vi-tale, dove i grandi ideali che hannoispirato l’Europa sembrano averperso forza attrattiva, un’Europa de-caduta che sembra abbia perso lasua capacità generatrice e creatrice.Un’Europa tentata di voler assicura-re e dominare spazi più che genera-

re processi di inclusione e trasfor-mazione; un’Europa che si va“trincerando” invece di privilegia-re azioni che promuovano nuovidinamismi nella società; dinami-smi capaci di coinvolgere e mette-re in movimento tutti gli attori so-ciali (gruppi e persone) nella ricer-ca di nuove soluzioni ai problemiattuali, che portino frutti in impor-tanti avvenimenti storici; un’Euro-pa che lungi dal proteggere spazi sirenda madre generatrice di pro-cessi» (premio Carlo Magno). Ladrammatica crisi demografica(l’Unione Europea non salirà oltrei 370 milioni nei prossimi decenni,mentre la popolazione mondialepassa da 6 a 10 miliardi), si assommaalle spinte centrifughe (i movimentipopulistici anti-europei; il 29 marzoè formalmente partito il processo diuscita della Gran Bretagna) e all’in-sufficienza di un richiamo a valoriche una laicità ideologica non riescepiù ad alimentare.

—Religiosoe politico

Ma «l’Europa non è ancora morta. Èun po’ nonnetta, ma può tornare adessere madre … deve assumere ilsuo ruolo, deve cioè recuperare lasua identità. È vero che l’Europa hasbagliato. Non glielo rinfaccio, lo ri-cordo semplicemente. Quando havoluto parlare della sua identità, nonha voluto riconoscere forse la partepiù profonda della sua identità, ov-vero le sue radici cristiane» (intervi-sta a Radio Renascença, settembre2015). Pur citando il termine «radicicristiane», che non casualmente haevitato nel discorso al Parlamentoeuropeo, non allude a forme di neo-cristianità, quanto alla dialettica fraspazio sacro e spazio profano, tra po-tere religioso e potere politico cheha permesso all’Occidente la con-quista delle sue libertà, dallo stato didiritto alla stessa democrazia. È laprospettiva di un «nuovo umanesi-mo europeo» (60 anni dell’Unione),fatto di memoria, coraggio e utopia.Il cristianesimo intransigente e di-fensivo come la laicità astiosa e chiu-sa non creano futuro. Il termineumanesimo traghetta l’Unione Eu-ropea oltre le ragioni che l’hanno

fatta nascere e quelle che hanno ali-mentato i successivi consensi. LaChiesa e il cristianesimo non hannola chiave del futuro se non assiemealle istituzioni, alle forze sociali, cul-turali e religiose che attraversano ilcontinente. Non un progetto politi-co, ma un dinamismo per una rinno-vata narrazione del sogno di fonda-zione. «L’identità europea è, ed èsempre stata, un’identità dinamica emulticulturale» (premio Carlo Ma-gno).Il riferimento ai padri fondatori del-l’Unione è una spiegazione più cheun vincolo, un esempio più che unanorma. Se in occasione del premioCarlo Magno evoca R. Schuman, A.De Gasperi e K. Adenauer, in quel-lo per i 60 anni dell’Unione ricordaquanti erano presenti alla firma: P.H. Spaak, K. Adenauer, J. Luns, J.Bech, C. Pineau (per l’Italia firmò A.Segni). I pilastri di riferimento sono:«la centralità dell’uomo, una solida-rietà fattiva, l’apertura al mondo, ilperseguimento della pace e dello svi-luppo, l’apertura al futuro» (60 annidell’Unione).

—Il frutto migliore:la pace

In un contesto mondiale non più eu-rocentrico, sempre più interconnessoe globale, è importante andare alcentro di una visione politica, carat-terizzata dalla «fiducia nell’uomo,non tanto in quanto cittadino, né inquanto soggetto economico, ma nel-l’uomo in quanto persona dotato diuna dignità trascendente» (Parla-

Maggio 2017 – anno XL (71)DIRETTORE RESPONSABILE:p. Lorenzo Prezzi

CO-DIRETTORE:p. Antonio Dall’Osto

REDAZIONE:p. Enzo Brena, sr. Anna Maria Gellini,sr. Francesca Balocco, Mario Chiaro,p. Marcello Matté

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Stampa: - Ferrara

Reg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

associatoall’unione stampa periodica italiana

L’editore è a disposizione degli aventi diritto che nonè stato possibile contattare, nonché per eventuali einvolontarie inesattezze e/o omissioni nella citazionedelle fonti iconografiche riprodotte nella rivista.

Questo numero è stato consegnato alle poste il 8-5-2017

moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita consacrata

ATTUALITÀ

3Testimoni 5/2017

mento europeo). Se i diritti sono larisposta alla dignità, la dimensionetrascendente è il riconoscimento del-la sua «innata capacità di distingue-re il bene dal male … guardando al-l’uomo non come un assoluto, macome un essere relazionale» (Parla-mento europeo). Una coscienza sen-za l’imperativo della verità perde laresponsabilità, un diritto individuali-stico produce indifferenza e questala cultura dello scarto. «In tale logi-ca va compreso l’apporto che il cri-stianesimo può fornire oggi allo svi-luppo culturale e sociale europeonell’ambito di una corretta relazionefra religione e società. Nella visionecristiana ragione e fede, religione esocietà, sono chiamate a illuminarsireciprocamente, sostenendosi a vi-cenda e, se necessario, purificandosiscambievolmente dagli estremismiideologici in cui possono cadere.L’intera società europea non puòche trarre giovamento da un nessoravvivato fra i due ambiti, sia per farfronte a un fondamentalismo religio-so che è soprattutto nemico di Dio,sia per ovviare a una ragione “ridot-ta”, che non rende onore all’uomo»(Consiglio d’Europa). L’Unione ha garantito sessant’annidi pace, «il più lungo tempo di pacedegli ultimi secoli». Anche se per

molti può apparire un bene scontatoessa «è un bene prezioso ed essen-ziale, poiché senza di essa non si è ingrado di costruire un avvenire pernessuno e si finisce di “vivere allagiornata”» (60 anni dell’Unione). «Ipadri fondatori compresero che lapace era un bene da conquistarecontinuamente e che esigeva assolu-ta vigilanza. Erano consapevoli chele guerre si alimentano nell’intentodi prendere possesso degli spazi, cri-stallizzare i processi e cercare di fer-marli; viceversa cercavano la paceche si può realizzare soltanto nell’at-teggiamento costante di iniziare pro-

cessi e portarli avanti» (Con-siglio d’Europa). Si può ag-giungere: sessant’anni di de-mocrazia. Il frutto vistoso èstato la caduta del muro fraEst e Ovest. «Tanto si faticòper far cadere quel muro!Eppure oggi si è persa la me-moria della fatica. Si è persapure la consapevolezza deldramma di famiglie separate,della povertà e della miseriache quella divisione pro-vocò» (60 anni dell’Unione).Legare i popoli che si eranocombattuti per collegare legenerazioni e costruire unacasa comune. Un progettoallora embrionale, ma chiaro,definito e ponderato.

—Un patrimonioda rinnovare

«La pace sarà duratura nellamisura in cui armiamo i no-

stri figli con le armi del dialogo, inse-gniamo loro la buona battaglia del-l’incontro e della negoziazione. In talmodo potremo lasciare loro in ere-dità una cultura che sappia delinea-re strategie non di morte ma di vita,non di esclusione ma di integrazio-ne» (premio Carlo Magno).Dopo l’eurocentrismo e dentro laglobalizzazione il progetto europeoha da essere multipolare e trasversa-le. Multipolare «significa parlare dipopoli che nascono, crescono e siproiettano verso il futuro» (Consi-glio d’Europa), conservando la par-ticolarità di ciascuno. Trasversalevuol dire dialogo fra generazioni, traforme della società civile, fra culturee religioni. La globalizzazione non è un fattoineluttabile, è una costruzione. L’e-conomia non può prescindere dalvolere dei popoli (politica). «Ciò ri-chiede la ricerca di nuovi modellieconomici più inclusivi ed equi, nonorientati al servizio di pochi, ma albeneficio della gente e della società.E questo ci chiede il passaggio daun’economia liquida a una economiasociale. Penso ad esempio all’econo-mia sociale di mercato, incoraggiataanche dai miei predecessori» (pre-mio Carlo Magno).Non è venuto meno un compitomondiale per il vecchio continente.«L’Europa ha un patrimonio idealee spirituale unico al mondo che me-rita di essere riproposto con passio-ne e rinnovata freschezza e che è ilmiglior rimedio contro il vuoto divalori del nostro tempo, fertile terre-no per ogni forma di estremismo»EDB

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ATTUALITÀ

(60 anni dell’Unione). Essa «non hadavanti a sé un’inevitabile vecchiaia,ma la possibilità di una nuova giovi-nezza. Il suo successo dipenderà dal-la volontà di lavorare ancora unavolta insieme e dalla voglia di scom-mettere sul futuro» (60 anni dell’U-nione).

—Populistie xenofobia

Il papa non entra in un confronto diorizzonti che da sempre attraversal’Europa, fra unionisti (Stati Unitid’Europa), integrazionisti (conver-genze progressive) e sovranisti (col-laborazione strumentale e tempora-

nea). E, tanto meno, fra Nord prote-stante e Sud cattolico. Privilegiapiuttosto la tendenza unitiva e nonrisparmia la denuncia di alcune ten-denze pericolose. «I populismi fiori-scono proprio dall’egoismo, chechiude in un cerchio ristretto e soffo-cante e che non consente di supera-re la limitatezza dei propri pensieri e“guardare oltre”». Il card. Segretariodi Stato, P. Parolin, specifica: «I po-pulismi sono il segno di un malesse-re profondo percepito da molte per-sone in Europa e aggravato dai per-duranti effetti della crisi economicae dalla questione migratoria. Sonouna risposta parziale a problemicomplicati. Non si può perciò mini-

mamente sottovalutare il riemergeredei populismi, anche perché la storiarecente dell’Europa ci indica qualieffetti devastanti essi possono ave-re» (La Stampa, 22 marzo). Il rifiuto degli immigrati e dei profu-ghi viene censurato in tutti e quattroi discorsi del papa. «L’Europa sarà ingrado di far fronte alle problemati-che connesse all’immigrazione se sa-prà proporre con chiarezza la pro-pria identità culturale e mettere inatto legislazioni adeguate che sap-piano allo stesso tempo tutelare i di-ritti dei cittadini europei e garantirel’accoglienza dei migranti», aiutandoi paesi di origine (al Parlamento eu-ropeo).

Cosa pensano i

Che cosa pensano i giovani europei riguardo ai lo-ro desideri, alle speranze e paure? All’interrogati-

vo hanno cercato di rispondere un progetto multime-diale e uno studio europeo attraverso un questionarioin cui i giovani erano invitati a parlare di se stessi e adesprimere le loro opinioni. Si chiama GenerationWhat? e rappresenta un ulteriore sviluppo di Genera-tion Quoi promosso in Francia nel 2013, e ora esteso adaltri paesi dell’Unione Europea. Per giovani si intendo-no coloro che sono compresi nella fascia che va dai 18ai 34 anni. Gli argomenti a cui il questionario invitava a risponde-re riguardavano il lavoro e la formazione, la fiducia nel-le istituzioni, l’Europa, la famiglia, il sesso e il futuro.Il rapporto Generation What? ora reso pubblico è rap-presentativo di circa 80 milioni di giovani dell’Europa. Un primo dato che emerge, scorrendo le risposte, èquello di un certo ottimismo riguardo al futuro nellamaggioranza dei giovani europei: il 55 % si dichiara in-fatti ottimista e il 43% pessimista. Ma 9 su 10 esprimo-no però anche delle riserve per il fatto che la disugua-glianza sociale è in crescita e a causa del sistema finan-ziario mondiale.Ciò nonostante rimangono ottimisti e non si lascianoprendere dal panico. Del resto, rileva lo studio, i giova-ni europei sono abituati alle crisi dopo le esperienzedell’11 settembre 2001, lo scoppio della bolla internet, ilcrollo dei mercati finanziari, i problemi riguardanti il cli-ma e ora quello dei profughi. Risulta, sottolinea lo stu-dio, che «la giovane generazione ha imparato a compor-tarsi in maniera pragmatica di fronte alle incertezze».

Un altro dato è la poca fiducia dei giovani nelle Istitu-zioni sia statali che religiose. La maggioranza, infatti,nutre diffidenza verso la politica, i media e la giustizia.Questa fiducia, rileva lo studio, è più bassa nei paesi del-l’Europa del sud rispetto ai paesi dove la situazioneeconomica è più stabile, e ciò è dovuto alla corruzione.

Di conseguenza neipaesi del sud tra i gio-vani sono anche piùnumerosi i pessimistiriguardo al futuro.Ma ciò che impressio-na nell’indagine è ilfatto che, per i giova-ni, la Chiesa e la reli-gione non hanno pra-ticamente alcun ruo-lo. Solo il 3% affermadi avere piena fiduciain esse, mentre il 58%dicono infatti di nonavere nessuna fiducianelle Istituzioni religiose e un altro 28% di averne mol-to poca: sommando i due dati, sono l’86% coloro cheguardano alle istituzioni religiose con sfiducia: gli uomi-ni più delle donne e gli anziani più dei giovani. Questoatteggiamento, secondo gli autori della ricerca, dipendesoprattutto dagli scandali, ma anche dal fatto che lestrutture della Chiesa sono incrostate e prive di traspa-renza e infine dalla mancanza di volontà di moderniz-zare la Chiesa.Non solo la fiducia nelle istituzioni religiose è moltobassa, ma risulta anche che per molti la fede in Dio nonesercita alcun influsso sulla loro felicità personale. Cir-ca l’85% afferma infatti di poter vivere felici anche sen-za la fede in Dio. Un po’ diversa invece è la situazione tra coloro che sidicono credenti, nei quali la fiducia nella Chiesa è piùalta e più numerosi sono coloro che dicono che senzala fede in Dio non possono essere felici. Anche la fiducia nella giustizia non gode di migliorereputazione. Solo infatti il 6% di tutti i giovani europeidicono di nutrire piena fiducia e il 19% di non avernealcuna. Diverso però è l’atteggiamento a seconda del-

Pur censurando una laicità ottusa ca-pace di avventurarsi in «colonizza-zioni ideologiche» (premio CarloMagno), estranea alla salvaguardiadell’unità delle differenze e dell’u-nità nelle differenze e insensibile al-l’allargamento del fossato fra cittadi-ni e istituzioni comunitarie, il papa èpiù preoccupato della saldatura frapopulismi e xenofobia che potrebbedefinitivamente soffocare il progettodell’Unione. In questo distinguendo-si in forma netta anche dalla sensibi-lità di episcopati come quello polac-co, ungherese, ceco e slovacco, che sisono rivelati insufficienti nel prende-re distanza dall’opinione prevalentenel loro contesto. Se ne fa rappre-

sentante il Consiglio delle Conferen-ze episcopali d’Europa (CCEE),presieduto dal card. A. Bagnasco,mentre una maggiore consapevolez-za istituzionale e storica è espressadalla Commissione degli episcopatidella Comunità europea (Comece),presieduta dal card. R. Marx.

—Sognie speranze

I sette sogni che concludono il di-scorso per il premio Carlo Magno ei cinque inviti a ritrovare la speran-za nel discorso per i 60 anni dell’U-nione esprimono la progressione delpensiero europeo di papa Francesco,

caratterizzato da uno sguardo noneuropeo (fine dell’eurocentrismo),dal privilegio concesso alle periferie(non solo esterne ma anche interneal continente), dalla dismissione diogni residuo di cristianità (il privile-gio del tempo e dei processi sullospazio del potere), dal sostegno auna laicità aperta e non ideologica.Se l’Asia è il continente del futuro,l’Europa e la connessione fra tra-scendenza e personalismo costitui-scono la garanzia rispetto a un pote-re «confuciano» che saldi senza dia-lettica il religioso-simbolico con ilpolitico-amministrativo.

Lorenzo Prezzi

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giovani europei?

le categorie. Le persone con una cultura molta alta so-no meno pessimiste (14%); lo sono invece maggior-mente quelle di media cultura (18%) o di bassa forma-zione (27). Bassa è la fiducia dei giovani anche nella politica. Solol’1% dichiara di avere piena fiducia e il 16% di averneappena un po’. Ma l’82% afferma di non averne nessu-na. La differenza non passa tra i sessi, ma tra il diversogrado di formazione culturale: più bassa è la formazio-ne, maggiore è la sfiducia. Il 50% dei meno colti infattidichiara di non averne nessuna, mentre le classi più col-te si fermano al 41%.Evidentemente gli strati più bassi si sentono maggior-mente abbandonati dalla politica. Ma in questo un ruo-lo gioca anche l’età: tra i giovani di 17-19 anni solo il37% dice di non avere nessuna fiducia nella politica,mentre nella fascia tra i 30 e i 34 anni la mancanza di fi-ducia raggiunge il 50%.

E cosa pensano i giovani riguardo all’Europa? Solo unapiccola frazione, il 6%, risponde di avere “piena “fidu-cia, mentre il 21%, ossia quasi quattro volte tanto, af-ferma di non averne molta. Sono soprattutto gli uomi-ni più delle donne che tendono verso le posizioni estre-me, mentre la maggior parte degli interpellati esprimeuna opinione più moderata. Il 34% dice di avere più omeno fiducia nell’Europa, e il 38% propende invece super giù per il no.Dall’insieme delle risposte risulta che più alto è il gra-do culturale, più convinta è anche la fiducia: mentrecioè solo il 34% dei meno istruiti e il 39% del gruppodi cultura media dicono di avere fiducia, più alta è in-vece la percentuale tra i più istruiti, ossia il 46%, chehanno fiducia nell’Europa. Tuttavia, nonostante la man-canza di fiducia, due terzi (72%) si sentono europei, manon si può del tutto dire che accanto all’adesione geo-grafica e politica esista anche il senso dell’appartenen-za ideologica.

Inoltre, a prescindere dall’età e dal sesso, il 65% dellagiovane generazione si dice preoccupata per l’aumentoin Europa del nazionalismo. Per quanto riguarda la famiglia, i giovani europei inmaggioranza ritengono buono il loro rapporto con i ge-nitori. Circa la metà (47%) afferma che è sereno, e il22% lo ritiene addirittura ideale. Ciò si rincontra in par-ticolare in paesi come la Repubblica Ceca, la Svizzera,l’Austria e l’Olanda, mentre in Italia e in Spagna il rap-porto è giudicato così e così. Ciò può dipendere, osser-va l’inchiesta, dal fatto che i giovani rimangono più alungo con i loro genitori e si sentono per così dire sot-to tutela fino all’età adulta.Un’ultima domanda chiedeva ai giovani che cosa pen-sano del futuro. Dalle riposte, la tendenza della grandemaggioranza risulta ottimista: 54% di ottimisti contro il43% di pessimisti. Questi ultimi sono il doppio rispettoalla fascia più istruita (13% contro il 7%). Il pessimismoè invece più diffuso nei paesi sud europei, come Grecia,Spagna, Francia e Italia, rispetto ai paesi mitteleuropei.Ciò dipende in gran parte dall’alta quota di disoccupa-zione.Infine, se il 30% ritiene che il loro futuro sarà simile omigliore di quello dei loro genitori, un numero piutto-sto alto (40%) prevede invece un relativo peggiora-mento. Si tratta di un pessimismo che aumenta con ilcrescere dell’età. Infatti mentre il 28% dei giovani tra i18–19 anni parla di un peggioramento rispetto ai lorogenitori, tra coloro compresi tra i 30-34 anni la percen-tuale sale addirittura al 47%.Una domanda riguardava anche il futuro dei figli. Indi-pendentemente dall’età, sesso e istruzione, la maggiorparte dei giovani (39%) è del parere che per essi la si-tuazione sarà peggiore. Solo il 23% parla di condizionimigliori, ma tale cifra non va mai oltre un terzo in nes-sun paese.

Antonio Dall’Osto

ATTUALITÀ

Testimoni 5/20176

Subito dopo dalla tribuna di Al-Azhar, Papa Francesco ha espressola sua linea. «In quanto responsabilireligiosi, siamo chiamati a smasche-rare la violenza che si traveste dipresunta sacralità», così come «aportare alla luce i tentativi di giusti-ficare ogni forma di odio in nomedella religione e a condannarli comefalsificazione idolatrica di Dio». Èstato un appello forte ai leader di tut-te le fedi dalla tribuna di Al-Azhar,la massima università dell’Islam sun-nita, centro di formazione di migliaiadi imam e predicatori. «La violenzaè la negazione di ogni autentica reli-giosità», ha spiegato il Papa pensan-do al Monte Sinai – dove i cristianisono messi in fuga dagli attacchi del-l’Isis – da dove fu tramandato il co-mandamento “non uccidere”. Quin-di l’invito a ripetere «un no forte echiaro ad ogni forma di violenza,vendetta e odio commessi in nomedella religione o in nome di Dio» ead affermare «l’incompatibilità traviolenza e fede, tra credere e odia-re». Pensando più in generale ai con-flitti in corso o alle minacce di con-flitti, Papa Francesco stigmatizzal’insorgere di «populismi demagogi-ci che certo non aiutano a consolida-re la pace e la stabilità». Dunque«nessun incitamento violento garan-tirà la pace, ed ogni azione unilatera-le che non avvii processi costruttivi econdivisi è un regalo ai fautori deiradicalismi e della violenza».

—Il dialogo ecumenico,il mondo copto ortodosso

Parlando prima del Papa, il grandeimam Al-Tayyeb chiede un minutodi silenzio per le vittime degli atten-tati, che duramente hanno colpitoanche qui in Egitto – l’ultimo quelloduplice della Domenica delle Palmecon oltre 40 morti alle chiese coptedi Tanta e Alessandria » – e nel suodiscorso afferma che «l’Islam non èuna religione del terrorismo», comenon lo sono il cristianesimo e l’ebrai-smo.Nell’incontro col Patriarca copto or-todosso Tawadros II, che lo salutacome «uno dei simboli della pace inun mondo tormentato dai conflitti edalle guerre» che ricorda il prece-dente di 800 anni fa di san Francesco

Senza la civiltà dell’incontro siva verso lo scontro; l’unicoestremismo ammesso riguarda

la carità; riconoscimento del Battesi-mo impartito dalle Chiese copta ecattolica. Tra questi tre poli principa-li si è sviluppato il breve viaggio diPapa Francesco in Egitto. In pocopiù di 24 ore – un viaggio lampo – ilPapa ha riempito di contenuti densiil suo impegno apostolico per la pa-ce, il dialogo ecumenico ed interreli-gioso, in un’area da cui ha cercato dirivolgersi al mondo musulmano mo-derato entrando ad Al-Azhar, il “va-ticano” dell’ islam sunnita.

—La parte politico-religiosa:l’Islam

All’arrivo, venerdì 28 aprile, il presi-dente egiziano Abdel Fattah Al Sisi,in un discorso tenuto di fronte a Pa-pa Francesco al Cairo, ha affermato

che «per eliminare il terrorismo c’èbisogno di una strategia globale chenon faccia conto unicamente su unasoluzione militare e di sicurezza» epossa basarsi «anche su una strategiadi sviluppo e una riforma intellettua-le e politica per demolire l’infrastrut-tura del terrorismo stesso». Parlandodal podio dell’hotel “El Massa” (ildiamante), Sisi ha aggiunto che «pereliminare il terrorismo c’è bisognoanche di maggiori sforzi unificati, diprosciugare le sue risorse« di finan-ziamento, «il suo denaro, le sue armie i suoi combattenti». «Il mondo as-siste a sfide senza pari che l’umanitànon ha mai conosciuto, dove primeg-giano la violenza e l’odio», ha dettoancora parlando di un «terrorismoche colpisce ovunque e in ogni mo-mento senza discrimine: il problemaè che le forze del male pretendono difar parte del grande Islam mentre es-so non c’entra nulla».

ATTUALITÀ

Il viaggio di Papa Francesco in Egitto

PELLEGRINO DI PACEE DI FRATERNITÀ

I momenti centrali del viaggio: l’incontro con il presidenteegiziano Abdel Fattah Al Sisi, con il Grande imam Al-

Tayyeb, con il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, conla comunità copto–cattolica e l’incontro con il clero, isacerdoti e i consacrati. All’estremismo dell’odio ha

contrapposto quello della carità.

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dal sultano, ricorda l’ “ecumenismodel sangue”, l’unione sancita tra cri-stiani dal “sangue innocente di fede-li inermi”. Insieme i due capi religio-si concludono la giornata ricordandonella chiesa copta di san Pietro levittime dell’attentato kamikaze del-l’Isis che l’11 dicembre scorso vi fe-ce 29 morti e 31 feriti. Da rilevare laDichiarazione congiunta del Papa edel Patriarca copto ortodosso. So-prattutto nella parte, verso la fine, incui le due Chiese riconoscono reci-procamente valido il Battesimo som-ministrato ai fedeli. Un gesto sullavia di un ecumenismo che ha biso-gno di nutrirsi di gesti concreti, perdare ad un mondo diviso il segno chele Chiese, anche loro divise dalla sto-ria, cercano in tutti i modi la stradadell’unità. «Obbedienti all’azionedello Spirito Santo, che santifica laChiesa, lungo i secoli la sorregge econduce a quella piena unità per laquale Cristo ha pregato, oggi noi, Pa-pa Francesco e Papa Tawadros II, alfine di allietare il cuore del SignoreGesù, nonché i cuori dei nostri figli efiglie nella fede, dichiariamo recipro-camente che con un’anima sola e uncuore solo cercheremo, in tutta sin-cerità, di non ripetere il Battesimoamministrato in una delle nostreChiese ad alcuno che desideri ascri-versi all’altra. Tanto attestiamo inobbedienza alle Sacre Scritture e al-la fede espressa nei tre Concili ecu-menici celebrati a Nicea, a Costanti-nopoli e a Efeso». Uno sforzo comu-ne riecheggiato in un passaggio deldiscorso del Papa. «Copti ortodossi ecattolici – ha detto – possiamo sem-pre più parlare insieme la lingua co-mune della carità; prima di intra-prendere una iniziativa di bene, sa-rebbe bello chiederci se possiamofarla con i nostri fratelli e sorelle checondividono la fede in Gesù». «Cosìedificando la comunione nella con-cretezza quotidiana della testimo-nianza vissuta, lo Spirito non man-cherà di aprire vie provvidenziali eimpensate di unità».Nella giornata di sabato, con la mes-sa davanti a 30 mila fedeli e con l’in-contro con clero e vita consacrata, ilPapa si è rivolto al mondo cattolico,chiedendo una scelta coraggiosa afavore di un unico “estremismo”:quello della carità. E ribadendo ai

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sacerdoti che i seguaci di Gesù nonsentono la stanchezza, la demotiva-zione, il richiamo della mondanità.

—Il messaggioal mondo cattolico

Nell’omelia – partendo dal Vangelodella domenica, la vicenda dei duediscepoli in cammino verso Emmauslasciando Gerusalemme dopo lamorte di Gesù – Papa Francesco haribadito che la pagina evangelica «sipuò riassumere in tre parole: morte,risurrezione e vita». Papa Francescoha spiegato che «l’esperienza dei di-scepoli di Emmaus ci insegna chenon serve riempire i luoghi di cultose i nostri cuori sono svuotati del ti-more di Dio e della sua presenza;non serve pregare se la nostra pre-ghiera rivolta a Dio non si trasformain amore rivolto al fratello; non ser-ve tanta religiosità se non è animatada tanta fede e da tanta carità; nonserve curare l’apparenza, perché Dioguarda l’anima e il cuore. Per Dio, èmeglio non credere che essere unfalso credente, un ipocrita!». «La fe-de vera è quella che ci rende più ca-ritatevoli, più misericordiosi, piùonesti e più umani; è quella che ani-ma i cuori per portarli ad amare tut-ti gratuitamente, senza distinzione esenza preferenze; è quella che ci por-ta a vedere nell’altro non un nemicoda sconfiggere, ma un fratello daamare, da servire e da aiutare; èquella che ci porta a diffondere, a di-fendere e a vivere la cultura dell’in-contro, del dialogo, del rispetto e del-la fratellanza; ci porta al coraggio diperdonare chi ci offende, di dare unamano a chi è caduto; a vestire chi ènudo, a sfamare l’affamato, a visita-re il carcerato, ad aiutare l’orfano, adar da bere all’assetato, a soccorrerel’anziano e il bisognoso (cfr Mt25,31-45). La vera fede è quella checi porta a proteggere i diritti degli al-tri, con la stessa forza e con lo stessoentusiasmo con cui difendiamo i no-stri. In realtà, più si cresce nella fedee nella conoscenza, più si cresce nel-l’umiltà e nella consapevolezza di es-sere piccoli». Il Papa sottolinea che«Dio gradisce solo la fede professa-ta con la vita, perché l’unico estremi-smo ammesso per i credenti è quel-lo della carità! Qualsiasi altro estre-

mismo non viene da Dio e non pia-ce a Lui!». Quindi conclude così l’o-melia: «Ora, come i discepoli di Em-maus, tornate alla vostra Gerusalem-me, cioè alla vostra vita quotidiana,alle vostre famiglie, al vostro lavoroe alla vostra cara patria pieni digioia, di coraggio e di fede. Non ab-biate paura di aprire il vostro cuorealla luce del Risorto e lasciate cheLui trasformi la vostra incertezza inforza positiva per voi e per gli al-tri. Non abbiate paura di amare tut-ti, amici e nemici, perché nell’amorevissuto sta la forza e il tesoro del cre-dente! La Vergine Maria e la SacraFamiglia, che vissero su questa terrabenedetta, illuminino i nostri cuori ebenedicano voi e il caro Egitto che,all’alba del cristianesimo, accolse l’e-vangelizzazione di san Marco e die-de lungo la storia numerosi martiri euna grande schiera di santi e di san-te! Al Massih Kam / Bilhakika kam!– Cristo è Risorto / È veramente Ri-sorto!».Ai sacerdoti, in un paese dove è dif-ficile predicare il Vangelo, è difficiledialogare, dove la minaccia del terro-rismo è fortemente presente, il Papaha esortato il clero a superare scorag-giamento, negatività e disperazione.«Siate una forza positiva, siate luce esale di questa società; siate il locomo-tore che traina il treno in avanti, di-ritto verso la meta; siate seminatoridi speranza, costruttori di ponti eoperatori di dialogo e di concordia».Poi ha elencato alcune tentazioni al-le quali i consacrati devono resistere;prima di tutto, quella di lasciarsi tra-scinare e non guidare. «Il Buon Pa-store ha il dovere di guidare il greg-ge, di condurlo all’erba fresca e allafonte di acqua. Non può farsi trasci-nare dalla delusione e dal pessimi-

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smo». Poi bisogna superare la tenta-zione di lamentarsi continuamente,per le mancanze altrui, le condizionidifficili e le scarse possibilità. «Il con-sacrato è colui che, con l’unzione del-lo Spirito, trasforma ogni ostacolo inopportunità, e non ogni difficoltà inscusa! Chi si lamenta sempre è inrealtà uno che non vuole lavorare».Così anche è da evitare la tentazionedel pettegolezzo e dell’invidia o delparagonarsi con gli altri. E ancora bi-sogna guardarsi da un’altra pericolo-sa tentazione: «La tentazione del “fa-raonismo”, cioè dell’indurire il cuoree del chiuderlo al Signore e ai fratel-li. È la tentazione di sentirsi al di so-pra degli altri e quindi di sottomet-terli a sé per vanagloria; di avere lapresunzione di farsi servire invece diservire» (cf. fuoritesto p. 9).

—Il punto di vistadel Papa

Infine sull’aereo, nel viaggio di ritor-no, incontrando i giornalisti e rispon-dendo alle loro domande Papa Fran-

cesco ha presentato il suo punto divista sul viaggio. Sul piano politico-sociale, di fronte al fondamentalismoe al conflitto, ha ribadito di aversempre parlato di “valori”. “Difen-dere la pace, difendere l’armonia deipopoli, difendere l’uguaglianza deicittadini, qualsiasi sia la religione cheprofessino: sono valori. Io ho parla-to dei valori. Se un governante difen-de uno o difende l’altro, è un altroproblema. Ho fatto 18 visite in pa-recchi Paesi; di quelli ho sentito: ma,il Papa là, andando là, fa l’appoggioa quel governo, perché sempre ungoverno ha le sue debolezze o i suoiavversari politici, gli uni dicono unacosa o l’altra … io non mi immischio.Io parlo dei valori e ognuno veda egiudichi se questo governo o questoStato, o quello di là o quello di là,porta avanti quei valori». Rispondendo poi ad una domandasul pericolo del “populismo”, puretornato in questo viaggio, ha ribadi-to che quando si applica al tema deimigranti si dimentica che l’Europa èstata terra di migranti e di migrazio-

ni (e forse quasi tutti i paesi lo sono,pensando ognuno alla storia dell’al-tro, ndr). Ed ha poi offerto uno spac-cato interessante sul suo pensiero difondo. Ha rivelato che in una con-versazione in Egitto gli è stato dettoche la grande politica si fa con unpartito cattolico. «Ma, questo signo-re è buono ma vive nel secolo scor-so. Per questo … i populismi hannoun rapporto con i migranti, ma que-sto non è del viaggio. Se c’è tempoposso tornare su questo. Se c’è tem-po, tornerò». Rispondendo ad altre domande harivelato che la Santa Sede sta agen-do per la pace su molti scenari: inEgitto, tra l’altro, è intervenuta perla verità sul caso Regeni; sta lavoran-do per il dialogo per scongiurareconflitti in Asia (leggi Corea delNord) ed in diverse aree. Dunque cisono molteplici scenari aperti, alcu-ni palesi, altri molto discreti. Motivoin più per seguire con attenzione Pa-pa Francesco e la Santa Sede.

Fabrizio Mastrofini

Mi sembra d’essere diventato un “Bastian contrario”. Sein Quaresima mi piaceva cantare (privatamente) almenoqualche volta l’Alleluia, ora nel tempo pasquale hoqualche difficoltà a cantarla tranquillamente tutti i giorni.La cosa è nata così: nel recitare il salmo 137, giunto alpunto dove si dice “Come cantare i canti del Signore interra straniera?”, mi sono sentito come gli esuli di Sionsui fiumi di Babilonia: “Come cantare l’Alleluia, il cantodel Signore vittorioso, in questa terra che alimentatranquillamente costumi detestabili, che considera unprogresso di civiltà l’abbandonare più o menosilenziosamente la pratica cristiana, quando addiritturanon si vanta di essere un’era postcristiana?Come cantare il canto di vittoria in una terra ove ti fan

sentire straniero o tollerato?“Ma come - protesta il mio angioletto - non sai chel’Alleluia è il canto di vittoria di uno sconfitto? Di unoche è venuto in casa sua e i suoi non l’hanno accolto?Non sai che tu devi cantare l’Alleluia proprio quando tisenti in terra straniera, là dove il Signore e i suoi seguacisono messi più o meno elegantemente in disparte, oquando vengono rifiutati?

E poi: da quando un cristiano non è straniero, pellegrinoe ospite su questa terra? Hai dimenticato di esserecittadino del cielo? Quando anni fa, ti sentivi a tuo agio acasa tua, era facile per te cantare i canti del Signore.Umano, un po’ troppo umano!Eppure proprio ora che ti fanno sentire straniero, il tuoAlleluia dirà, con più evidenza, che la tua gioia non èlegata solo alla terra e alle sue condizioni favorevoli. E a quegli esseri umani che, a tuo avviso, sistanno allontanando dalle vie del Signore, dirà cheovunque essi vadano troveranno sempre il loro Creatoremisericordioso ad attenderli, per cantare assiemel’insuperabile e perenne Alleluia.Perché se essi l’abbandonano, Lui non li abbandona, seessi lo scarteranno come pietra d’inciampo, Lui saràpietra solida di ogni ricostruzione, anche per loro. E tu non essere lamentoso. Tu canta Alleluia e il Signorecompleterà per te l’opera sua (cf Sal 137)”. Grazie, angioletto mio! Meno male ci sei tu!

Piergiordano Cabra

Alleluia in terra straniera

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Nell’incontro di preghiera con il clero, i religiosi, le re-ligiose e i seminaristi presso il Seminario Patriarcale

di Maadi, al Cairo, sabato 29 aprile, il Papa ha detto loro:«Non abbiate paura del peso del quotidiano, del peso del-le circostanze difficili che alcuni di voi devono attraversa-re. Noi veneriamo la Santa Croce, strumento e segno del-la nostra salvezza. Chi scappa dalla Croce scappa dalla Ri-surrezione!». Ha quindi proseguito: «Siate luce e sale diquesta società; siate il locomotore che traina il treno inavanti, diritto verso la mèta; siate seminatori di speranza,costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia.Questo è possibile se la persona consacrata non cede alletentazioni che incontra ogni giorno sulla sua strada... Nevorrei evidenziare alcune, tra le più significative. Voi le co-noscete, perché queste tentazioni sono state ben descrittedai primi monaci dell’Egitto».1. La tentazione di lasciarsi trascinare e non guidare. IlBuon Pastore ha il dovere di guidare il gregge (cfr Gv10,3-4), di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua(cfr Sal 23). Non può farsi trascinare dalla delusione e dalpessimismo: “Cosa posso fare?”. È sempre pieno di inizia-tive e di creatività, come una fonte che zampilla anchequando è prosciugata; ha sempre la carezza di consolazio-ne anche quando il suo cuore è affranto; è un padre quan-do i figli lo trattano con gratitudine ma soprattutto quan-do non gli sono riconoscenti (cfr Lc 15,11-32). La nostrafedeltà al Signore non deve mai dipendere dalla gratitudi-ne umana: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompen-serà» (Mt 6,4.6.18).2. La tentazione di lamentarsi continuamente. È facile ac-cusare sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, perle condizioni ecclesiastiche o sociali, per le scarse possibi-lità... Ma il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spi-rito Santo, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e nonogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtàuno che non vuole lavorare. Per questo il Signore rivol-gendosi ai Pastori disse: «Rinfrancate le mani inerti e le gi-nocchia fiacche» (Eb 12,12; cfr Is 35,3).3. La tentazione del pettegolezzo e dell’invidia. E questa èbrutta! Il pericolo è serio quando il consacrato, invece diaiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fra-telli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia e diven-ta uno che ferisce gli altri col pettegolezzo. Quando, inve-ce di sforzarsi per crescere, inizia a distruggere coloro chestanno crescendo; invece di seguire gli esempi buoni, ligiudica e sminuisce il loro valore. L’invidia è un cancro cherovina qualsiasi corpo in poco tempo: «Se un regno è di-viso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; seuna casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà resta-re in piedi» (Mc 3,24-25). Infatti – non dimenticatevi! –,«per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo»(Sap 2,24). E il pettegolezzo ne è il mezzo e l’arma.4. La tentazione del paragonarsi con gli altri. La ricchez-za sta nella diversità e nell’unicità di ognuno di noi. Para-gonarci con coloro che stanno meglio ci porta spesso a ca-dere nel rancore; paragonarci con coloro che stanno peg-gio ci porta spesso a cadere nella superbia e nella pigrizia.Chi tende a paragonarsi sempre con gli altri finisce per pa-ralizzarsi. Impariamo dai Santi Pietro e Paolo a vivere ladiversità dei caratteri, dei carismi e delle opinioni nell’a-scolto e nella docilità allo Spirito Santo.5. La tentazione del “faraonismo” – siamo in Egitto! –,

cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e aifratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri equindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la pre-sunzione di farsi servire invece di servire. È una tentazio-ne comune fin dall’inizio tra i discepoli, i quali – dice ilVangelo – «per la strada infatti avevano discusso tra lorochi fosse più grande» (Mc 9,34). L’antidoto di questo ve-leno è: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti eil servitore di tutti» (Mc 9,35).6. La tentazione dell’individualismo. Come dice il notodetto egiziano: “Io, e dopo di me il diluvio”. È la tentazio-ne degli egoisti che, strada facendo, perdono la mèta e in-vece di pensare agli altri pensano a se stessi, non provan-done alcuna vergogna, anzi, giustificandosi. La Chiesa è lacomunità dei fedeli, il corpo di Cristo, dove la salvezza diun membro è legata alla santità di tutti (cfr 1 Cor 12,12-27; Lumen gentium, 7). L’individualista invece è motivo discandalo e di conflittualità.7. La tentazione del camminare senza bussola e senza mè-ta. Il consacrato perde la sua identità e inizia a non esse-re “né carne né pesce”. Vive con cuore diviso tra Dio e lamondanità. Dimentica il suo primo amore (cfr Ap 2,4). Inrealtà, senza avere un’identità chiara e solida il consacra-to cammina senza orientamento e invece di guidare gli al-tri li disperde. La vostra identità come figli della Chiesa èquella di essere copti – cioè radicati nelle vostre nobili eantiche radici – e di essere cattolici – cioè parte della Chie-sa una e universale: come un albero che più è radicato nel-la terra e più è alto nel cielo! Cari sacerdoti, cari consacrati, resistere a queste tentazio-ni non è facile, ma è possibile se siamo innestati in Gesù:«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può por-tare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così nean-che voi se non rimanete in me» (Gv 15,4). Più siamo radi-cati in Cristo, più siamo vivi e fecondi! Solo così la perso-na consacrata può conservare la meraviglia, la passionedel primo incontro, l’attrazione e la gratitudine nella suavita con Dio e nella sua missione. Dalla qualità della no-stra vita spirituale dipende quella della nostra consacra-zione.L’Egitto ha contribuito ad arricchire la Chiesa con il teso-ro inestimabile della vita monastica. Vi esorto, pertanto, adattingere dall’esempio di San Paolo l’eremita, di Sant’An-tonio, dei Santi Padri del deserto, dei numerosi monaci,che con la loro vita e il loro esempio hanno aperto le por-te del cielo a tanti fratelli e sorelle; e così anche voi pote-te essere luce e sale, motivo cioè di salvezza per voi stessie per tutti gli altri, credenti e non, e specialmente per gliultimi, i bisognosi, gli abbandonati e gli scartati.La Santa Famiglia vi protegga e benedica tutti voi, il vo-stro Paese e tutti i suoi abitanti. Dal profondo del mio cuo-re auguro a ognuno di voi ogni bene, e tramite voi salutoi fedeli che Dio ha affidato alla vostra cura. Il Signore viconceda i frutti del suo Santo Spirito: «amore, pace, gioia,magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, domi-nio di sé» (Gal 5,22). Sarete sempre presenti nel mio cuore e nella mia preghie-ra. Coraggio, e avanti con lo Spirito Santo! “Questo è ilgiorno fatto dal Signore, rallegriamoci in Lui!”. E per fa-vore non vi scordate di pregare per me!

Papa Francesco

Incontro del Papa con il clero e i religiosi

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“L’arte del passaggio: laformazione nella vitareligiosa”: questo il

tema della 64a Assemblea nazionaledell’USMI, svoltasi dal 19 al 21 apri-le a Roma, presso il SGM Conferen-ce Center con una partecipazione dioltre 300 superiore maggiori, madrigenerali e provinciali. Dopo l’introduzione della Presiden-te USMI, madre Regina Cesaratoche invita ad accogliere l’augurio dipace del Risorto, e della moderatricePatrizia Morgante della UISG Com-munication Office, fratel LucianoManicardi, priore della comunitàmonastica di Bose, offre all’assem-blea la prima relazione delle tre gior-nate, arricchite e confermate anchedalle parole dell’omelia del card.Braz de Aviz, prefetto della Congre-gazione per gli Istituti di vita consa-crata e le Società di vita apostolica, edi p. Aldegani, superiore generale deiGiuseppini del Murialdo (cf. p. 12).

—Dall’individuoalla persona

«Il fine della formazione è aiutarel’individuo a giungere a quel livellodi libertà e di amore che lo rendepersona» integrata e unificata: cosìLuciano Manicardi avvia la sua ri-flessione, puntando sul fatto che“formazione” è trasformazione dellapersona verso la piena maturità diCristo. Attingendo ad esempi dellaletteratura monastica, era la vitastessa che formava il monaco, era lavita quotidiana dei fratelli della co-munità che plasmava gradualmentela vita di chi chiedeva di farne parte.È fondamentale parlare di “comu-nità formativa” e interrogarci su«quale promessa di vita le nostre co-munità esprimono e possono mante-nere». Parlare di formazione alla vi-ta religiosa pone prima di tutto a noidomande a cui non possiamo sfuggi-re. «Le nostre comunità formano o

VITA CONSACRATA

64° Assemblea dell’USMI

VERSO LA PIENAMATURITÀ DI CRISTOFormare per la vita e perché la vita prenda forma

secondo la misura della piena maturità di Cristo, chiede diripensare percorsi a carattere trasformativo che durinotutta la vita e coinvolgano la totalità della persona, nel

concreto dell’esistenza quotidiana e relazionale.

deformano, guariscono o produconosofferenza?» Guardiamo alla capa-cità relazionale delle nostre comu-nità. «Siamo un corpo capace di ac-cogliersi nelle proprie povertà e dilasciare lo spazio perché ogni perso-na sia riconosciuta per quella che è?E la giovane che entra riuscirà a fa-re il passaggio dall’io al noi? Dall’es-sere al centro della comunità all’es-sere “accanto” alle altre?» Verifi-chiamo anche la qualità della comu-nicazione: «le nostre parole sanano ofanno ammalare?» In armonia con la “comunità forma-tiva”, c’è poi la persona della forma-trice che Manicardi qualifica come«madre sufficientemente buona, nonperfetta, ma che sa ascoltare, dare fi-ducia e responsabilità, sa equilibrarei “sì” e i “no”, apre gli orizzonti, faemergere gli interessi, parla confranchezza della sessualità e dell’af-fettività», aiuta a nominare le pro-prie fragilità, a riconoscerle e ad ac-coglierle. Poiché alla radice di ognivocazione c’è il desiderio di vivere lavita in pienezza, è importante faremergere il desiderio della persona eaiutarla a camminare nel senso deldesiderio, perchè maturi la consape-volezza dei propri sentimenti edemozioni: solo arrivando a conosce-re se stessi si può giungere ad accet-tarsi e a «pagare il prezzo della vita»e delle scelte. In sintesi, gli obiettiviper un itinerario formativo sono de-finiti su tre piste complementari: au-toformazione, riflessività, incontrodella persona con se stessa. Vale a di-re che ogni persona è chiamata a«fare della pratica di vita il luogopermanente della propria crescita,indipendentemente dai modelli pre-confezionati». Riflessività vuole direessere capaci di leggere, interpreta-re, narrare la propria storia, leggerecriticamente ciò che si vive per esse-re formatori di se stessi, per misurar-si con la realtà, per trovare nella Pa-rola di Dio uno specchio che «mi ri-flette, mi fa vedere i limiti e me li rio-rienta e mi trasmette l’immaginetrasformante di Cristo».

—Verso la piena maturitàdi Cristo

Marinella Perroni, docente di NT alPontificio Ateneo S.Anselmo, af-

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fronta il tema della for-mazione partendo dallapresentazione delle li-nee teologiche, cristolo-giche ed ecclesiologi-che della lettera ai cri-stiani di Efeso. «Il vive-re cristiano comportaadesione a uno stile divita che ha nel Cristo,l’uomo nuovo, il suomodello». A questo de-ve tendere la formazio-ne per giungere allapienezza della maturitàdi Cristo (Ef 4,13) non come fattomorale del singolo credente ma co-me rigenerazione della comunitànella diaconia e nella santità. Connuove domande, l’assemblea è sti-molata al confronto: «Quanto le no-stre comunità hanno la consapevo-lezza di essere corpo di Cristo equanto ci si spende per raggiungerecomunitariamente la pienezza diCristo?» Quanto il ruolo di guideaiuta a essere santi? Consapevoliche «santi significa responsabili del-la Chiesa nel quotidiano» e che lasantità è anche inculturazione e co-me tale comporta la «rielaborazionedella propria fede in relazione alleesigenze del tempo». Essere “cristia-ni-santi” vuol dire «saper esercitarela diaconia in modo responsabile,cioè in funzione dell’edificazione delcorpo di Cristo e a questo devonomirare gli sforzi di coloro che edifi-cano la comunità con la Parola». Suquesto sfondo dobbiamo individua-re il significato che ha l’esortazionepaolina di arrivare tutti “all’unitàdella fede e della conoscenza del Fi-glio di Dio fino all’uomo perfetto, fi-no a raggiungere la misura della pie-nezza di Cristo”.

—Formazioneo probazione?

La seconda giornata incomincia conla relazione di Maria Campatelli, di-rettrice della Editrice Lipa e dell’A-telier di teologia Cardinal Špidlík.Partendo dalla domanda: «qual è iltipo di vita a cui bisogna formare?»e dall’affermazione che «non è tem-po di ricette ma di ispirazioni», laCampatelli fa notare come la parola“formazione” abbia una storia re-

cente. «La parola “forma” indicavaoriginariamente l’immagine integra-le completa di un essere giunto allasua perfezione e alla sua maturità“secondo la propria specie”. Ma la“forma del cristiano” è una coscien-za dell’io comunionale». La nostra“forma” è un modo di esistere, di es-sere in relazione che deriva da unapartecipazione, da una circolazionedi vita. La “forma” del cristiano èCristo, è essere figlio. Nella teologiadi questi ultimi secoli il concetto diformazione era diventato sinonimodi una sorta di educazione all’umano“perfetto” in vista di una società“perfetta”. La formazione quindi«ha cercato di esplicitarsi in un insie-me di dati oggettivi e coerenti in sédimenticando la precedenza alla re-lazione, e senza domandarsi se gli es-seri umani vivevano sul registro del-la persona o dell’individuo», secon-do «un cristianesimo costruito sul-l’uomo naturale, non sull’uomo re-dento». La differenza è se io realiz-zo un ideale, una verità esterna, inbase alla quale lavorare su di me percorrispondervi, oppure se «sono ani-mato da una vita che mi pervade, dicui ho esperienza e a cui semplice-mente acconsento e che lascio scor-rere dentro di me. L’inizio della vitacristiana è qui, in questo lasciar scor-rere in me la vita nuova assunta nelbattesimo». Possiamo dire che la for-mazione comincia dalla domanda:“di quale vita vivo?” «Sono consape-vole che la mia possibilità di vita nondipende dalla mia bravura, ma dal-l’amore di Dio che è capace di risu-scitare i morti, che mi chiede solo disvegliarmi dal torpore di una vitacentrata su di me e di accorgermi diquesto suo amore?». Le nostre dina-

miche relazionali sonoancora troppo incen-trate su di noi. Per que-sto motivo possiamoparlare in modo più ap-propriato di “probazio-ne” e non di “formazio-ne”. Infatti, si tratta diprovare per vedere diche vita vivono le per-sone che ci sono affida-te. La formazione è unaprobazione, è un di-scernimento, ma nonbisogna inventare delle

prove artificiali. È assai pericolosomettere le persone «in luoghi artifi-ciali, dove si consegna la persona al-l’istituzione e non a un processo ditrasfigurazione». È il Padre che potae pota nel concreto della vita quoti-diana. «Si tratta allora di mettere lepersone nelle reali situazioni di vitaperché lì viene fuori la verità; è la vi-ta che prova, la vita normale». Nelmonachesimo antico si diventavamonaci accanto ad una persona pro-vata, che ti faceva entrare nella suarelazione con Cristo e diventava ga-rante per i suoi figli. Proprio perquesto la formazione «diventa gene-ratrice di libertà. Dà la possibilità al-l’altro di tornare a casa in libertà, ditrovarla, la casa, di sentirla, di far sìche diventi sua». Una volta provatodi che vita si vive, c’è poi il tempodella custodia e dell’allargamento diquesta vita a tutto ciò che siamo, checi costituisce. È il cammino versol’integrità: perché tale cammino sicompia «è necessario assumersi laresponsabilità di essere adulti e di vi-vere in un processo di conversione

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continuo», consapevoli che il percor-so dall’immagine alla somiglianza èlungo, ma è la gioia di saperci incam-minati verso “la piena maturità diCristo”.

—Itinerario liturgicocome cammino formativo

Anche la liturgia contribuisce a que-

VITA CONSACRATA

sto cammino così come conferma sr.Cristina Cruciani, liturgista delle PieDiscepole del Divin Maestro: davve-ro «la liturgia forma!». Il Concilio haridato in mano ai fedeli la Scritturae ha rinnovato la Liturgia. La vita nuova ci viene dal battesimo,ma è necessario che comprendiamola Scrittura, che continuamente lameditiamo. E i sacramenti sono

realtà concreta e trasformante. Lacresima conferma che siamo figli, maci dà un supplemento di Spirito San-to per agire come figli.L’eucaristia ci abilita a fare della no-stra vita un dono, come ha fatto Ge-sù. Il sacramento della penitenza ciaiuta a diventare vere perché Gesù èla verità. Evangelizzare è un atto di culto e co-

Omelia nel giovedì dopo

Il Risorto che entra, a porte chiuse, nella casa doveerano gli apostoli mi pare l’icona di quanto ci è più

necessario nel cammino di rinnovamento delle nostrecomunità e delle nostre vite.Questo rinnovamento, infatti, ci chiede un impegno al-la comunione tra noi e con altri fratelli e sorelle.È il Signore Gesù Risorto e Vivo la forza che ci permet-te di credere possibile la nostra crescita in questo impe-gno alla comunione. È Lui che apre e ci permette di aprire le nostre porte perincontrare altri fratelli e sorelle con cui camminare. È Lui che è presente ed operante anche là ove i nostricontesti comunitari e relazionali sembrano rimanerechiusi. È Lui che ci apre alla speranza di una nuova vita e di unmondo nuovo, dove la giustizia e la pace dominano lospirito di vendetta la violenza insensata; dove il sensoumanità e il rispetto dell’altro – nella sua identità e nel-la sua differenza – prevalgono sull’intolleranza egoista,immemore e prepotente, dove il piccolo e il povero riac-quistano la loro dignità di fratelli e di figli dello stessoPadre.Senza di Lui, vorrei dire senza la sua forza dirompentetroppe porte restano penosamente chiuse, troppi murieretti dalla fragile nostra umanità ci dividono in noi stes-si e dagli altri. Le nostre porte chiuse sono le resistenze, le barriere, leautoreferenzialità, che ci impediscono di aprirci al con-testo nuovo, alla Grazia che lo Spirito ha preparato peri nostri giorni. La forza del Risorto anzitutto ci libera dalla PAURA.La paura è il più forte ostacolo tante volte all’amore eal dono. Qualcuno ha detto che il contrario dell’amore non è l’o-dio, ma la paura.Paura di noi stessi: non ce la faccio, non sono capace…Paura del nostro passato: ho già provato tante volte, soche sbaglio, non mi fido…Paura degli altri: cosa diranno, come giudicherannoquello che dico, quello che faccio…Paura del futuro: saprò resistere, saprò essere fedele,sarò all’altezza? Sapremo preparare un futuro di spe-ranza alle nostre giovani generazioni di consacrati econsacrate, a dispetto delle nostre fragilità? “Chi daràforza alle nostre braccia deboli e alle nostre ginocchiavacillanti?” …

L’incontro con Cristo libera la nostra povera umanitàanzitutto dalla paura ed infonde coraggio, un coraggionuovo, che si appoggia su di lui.Il coraggio che sostiene Pietro nel camminare sulle ac-que agitate del lago quando guarda in faccia Gesù e drit-to va verso di lui e che diventa paura e lo fa affondaree gridare “Aiuto” quando egli guarda se stesso e le on-de che lo circondano e forse pensa che sta a galla per suaforza o suo merito!Incontrare Cristo significa essere liberati dalla paura:quante volte nel Vangelo sentiamo questo invito: non te-mere, non avere paura.Lo dice Gabriele alla Vergine di Nazareth: “Non temereMaria: tu hai trovato grazia presso Dio”.Lo dice l’angelo anche a Giuseppe: “Non temere di pren-dere Maria come tua sposa: quel che nasce in Lei è ope-ra dello Spirito Santo”.Lo dicono gli angeli ai pastori: “Andate e non temete…”Molte volte lo dice Gesù ai suoi discepoli, quando loscambiano per un fantasma: Non temete…L’abbiamo sentito anche nel vangelo di oggi: “Perchésiete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? ”(Lc 24,38).Lo dice rivolto ai discepoli di tutti i tempi, a noi: “Nontemere piccolo gregge…”Cristo dunque ci libera dalla paura e ci fa capaci di co-se che da soli e contando sulle nostre forze mai ci senti-remmo in grado di fare.

Cristo è capace di oltrepassare le nostre barriere e i no-stri limiti. Egli entra nelle nostre comunità, anche se noi restiamoa volte chiusi in noi stessi; apre tutte le porte e la sua pa-ce, che si fa presente in mezzo alla comunità, rinnova lavita di noi discepoli e ci fa rinascere una nuova frater-nità.Bellissime, al riguardo, le parole che il Papa ha pronun-ciato nella notte di Pasqua del 2008: “Tra l’io e il tu c’èil muro dell’alterità. Certo, nell’amore possiamo in qual-che modo entrare nell’esistenza dell’altro. Rimane tutta-via la barriera invalicabile dell’essere diversi. Gesù, invece, è in grado di passare non solo attraverso leporte esteriori chiuse, come ci raccontano i Vangeli. Puòpassare attraverso la porta interiore tra l’io e il tu, la por-ta chiusa tra l’ieri e l’oggi, tra il passato e il domani. […]

me madri, partecipiamo alla mater-nità della Chiesa. L’anno liturgico inse stesso è formativo. I tempi forti eil tempo ordinario ci insegnano adandare dietro al Maestro e da Luiimpariamo a vivere ogni evento co-me evento di salvezza. Possiamoconsiderare il lezionario come il “va-so di manna” di ogni giorno, ma nondimentichiamo che è necessario an-

che fare la lettura continuata dellaBibbia. «Il Signore ci ha scritto unalettera e non possiamo presentarci alui nell’ultimo giorno senza averlaletta!»

—Longevità di massae formazione

Avventurandosi nel complesso cam-

po della suddivisione delle fasced’età con la ridefinizione socio-cro-nologica delle categorie di ‘giovane’,‘adulto’, ‘anziano’, don ArmandoMatteo, docente di Teologia fonda-mentale alla Pontificia UniversitàUrbaniana, apre la terza giornatadell’assemblea. È in atto una vera«rivoluzione della longevità di mas-sa» che influisce in modo determi-

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VITA CONSACRATA

Pasqua – Assemblea USMI

Possono separarci continenti, culture, strutture sociali oanche distanze storiche. Ma quando ci incontriamo, ci co-nosciamo in base allo stesso Signore, alla stessa fede, al-la stessa speranza, allo stesso amore che ci formano. Allora sperimentiamo che il fondamento delle nostre vi-te è lo stesso. Sperimentiamo che nel più profondo del no-stro intimo siamo ancorati alla stessa identità, a partiredalla quale tutte le diversità esteriori, per quanto grandipossano essere, risultano secondarie. […]Siamo in comunione a causa della nostra identità piùprofonda: Cristo in noi”.

Ma il Signore Risorto, quando si fa presente in mezzo aisuoi, non solo apre le porte del luogo nel quale eranorinchiusi…“Apre la loro mente perché possano comprendere leScritture”: così abbiamo sentito nel Vangelo di oggi.Così la testimonianza dei due di Emmaus che erano tor-nati con gli altri fratelli della comunità perché il Risor-to, aveva loro aperto gli occhi e il cuore, viene confer-mata dalla parola stessa del Maestro…Il Cristo dunque non solo apre le porte, ma apre gli oc-chi, la mente, il cuore.Sono gesti pieni di fascino e di attualità, per il camminonostro di persone e di istituzioni in questo tempo santoe benedetto in cui il Signore ci ha chiamato a vivere.Aprire porte, occhi, mente e cuore è necessario per noiperché ci sia “vino nuovo in otri nuovi”, “per assumeretutta una serie di necessarie diaconie innovative, che so-no vissute fuori dagli schemi già collaudati del passato edevono necessariamente trovare accoglienza anche instrutture istituzionali nuove” (da “Vino nuovo in otrinuovi”, pag. 15).Forse dobbiamo trovare anche il coraggio e l’illumina-zione per “aprire” anche parole e antiche e nostre, chehanno bisogno di rigenerarsi e trovare nuova freschez-za e nuovo senso. La parola “carisma”, per esempio, chiede di rigenerarsiin una comprensione più ecclesiale, più comunionale,più oblativa che ci impegni tanto alla testimonianzaquanto alla condivisione con altre vocazioni di questodono che abbiamo ricevuto, e che non è solo per noi.“Siamo chiamati a vivere di orizzonti più che di emergen-ze, ad avere visioni prima che programmi, ad immagina-re percorsi e a non farci infettare dalla sindrome della“croce rossa”, cioè farci assorbire completamente nella

rincorsa alla soluzione dei problemi” (Vino nuovo… pag26-27).

Se noi ci guardiamo, con lucidità, dentro e intorno…. po-tremmo dirci: “Chi fortificherà le nostre ginocchia vacil-lanti?” (Is 35,3).In questo laetissimum spatium che è il tempo di Pasquarisuona per noi la parola consolante del Risorto: “Pacea voi”.Questa parola, realmente creduta, custodita, vissuta econdivisa, cancella la paura, la tristezza o la rassegnazio-ne, invitandoci alla conversione più difficile e più bella,al necessario passaggio: aprire un varco nuovo nei no-stri giorni, oltre la nube dell’incertezza, aprici alla gioiadella vita risorta, che ci appartiene già in Cristo.

E così accogliere i nostri giorni come una benedizione,e, grazie alla parola del Cristo, farci capaci di benedirli. In questi giorni santi di Pasqua non c’è responsabilitàpiù grande per noi che quella di assimilare il misterodella Risurrezione per poterne diventare gioiosi e gene-rosi annunciatori, come Pietro come gli apostoli.Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero.Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, legge-re… E’ di più, molto di più!Entrare nel mistero significa capacità di stupore, di con-templazione, capacità di ascoltare il silenzio e sentire ilsussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla.Entrare nel mistero ci chiede di non avere paura dellarealtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciòche non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti aiproblemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi…Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie co-mode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che cifrenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezzae dell’amore.Si tratta di divenire persone sempre più capaci di acco-gliere la pace che il Signore Risorto ci dona, cioè perso-ne di benedizione, pronte a riconoscere come dono ogniattimo, ogni incontro, ogni vicenda; a lasciarci benedirein un abbraccio di fiducia e di speranza che ci mette inrelazione positiva fra noi e con Dio, datore di ogni be-nedizione.Amen.

p. Mario Aldegani, FdM

nante sulle «esigenze della formazio-ne». La longevità non è solo un ele-mento di tipo quantitativo. L’allun-gamento della vita produce un muta-mento qualitativo sul senso della vi-ta umana; «si ritiene infatti di averea disposizione più vite, più esistenze,più possibilità, più occasioni, in cuiricominciare sempre daccapo e gra-zie alle quali potersi sentire sempregiovani e disponibili a nuovi cambia-menti e progetti». Giovani si è fino a35 anni, poi si dovrebbe diventare“adulti” ma – qui in effetti è il pro-blema, sostiene don Matteo – chi hapiù di 35 anni non vuol saperne di di-ventare adulto perché si tratta di es-sere capaci di dimenticarsi di sé perdonarsi agli altri! Chi non è adultonon è in condizione di far diventarealtri adulti. E la crisi dell’adultità èanche crisi della cultura vocazionale.Il mito del giovanilismo ridefinisce ilrapporto con gli adulti, con l’espe-rienza della vecchiaia, della malattia,della morte e con le nuove generazio-ni. Gli adulti di oggi non fanno cre-scere i figli e la mancata crescita diquesti ultimi li protegge dalla presa dicoscienza del loro diventare vecchi.Venendo al discorso delle esigenzedella formazione con i giovani di og-gi, don Matteo mette l’accento sullanecessità che i formatori devono es-sere “adulti” per aiutare i formandi acrescere nel vero senso della parolae perché la «vocazione sia testimo-nianza ultima di adultità».«Essere sorelle di questa umanitàvuol dire essere sorelle di adulti chenon vogliono crescere e di figli chefaticano a crescere» e di conseguen-za «predisporre al lavoro pastorale

significa tener conto dei dinamismiinceppati nel processo dell’adultità».

—Media digitalie aspetti formativi

Mons. Dario Viganò, prefetto dellaSegreteria per la Comunicazionedella Santa Sede, conclude l’assem-blea con una lettura delle dinamichee degli strumenti della comunicazio-ne nel mondo di oggi. «Dobbiamoassumere prospettive nuove perchémedia e società sono ormai un uni-cum, e capire come la società multi-mediale possa ancora esprimersi inpiena umanità». Le strade della reteservono anche per evangelizzare, marichiedono inedite tecniche narrati-ve. «Sta alla persona scegliere l’usodei media, accostandosi al comples-so mondo digitale con consapevo-lezza e prudenza, sganciando lecompetenze dalla tecnologia, percontinuare ad alimentare l’arte deldono, il gusto della libertà e l’intelli-genza della saggezza». Formare vuoldire «porsi domande serie sulla pro-pria vita». Quindi «perché uso la re-te, perché c’è voglia compulsiva diconnessione…?» La logica dell’in-carnazione ci chiede «attenzione alcontesto storico-culturale e quindianche al tessuto mediale» ma anchecapacità di discernimento per rico-noscere e governare i rischi che lacultura digitale può creare: isola-mento, diminuzione di umanità, su-perficialità, «orfanezza spirituale,per cui nessuno ci appartiene e noinon apparteniamo a nessuno». Nel-la formazione dei giovani di oggi oc-corre prima di tutto sapere a chi cirivolgiamo: i nativi digitali hanno unaltro modo di ragionare, dialogare,pensare, ma ciò che è comune a noie a loro è la vita spirituale e «le re-lazioni vanno educate secondo iltessuto nuovo» attingendo pur sem-pre alla novità dello Spirito. È neces-sario custodire e curare le relazioni,perché «non nella rete ma nell’in-contro personale troviamo la forzatestimoniale» e siamo chiamati a fartrasparire che siamo abitati da Dio,per un processo dinamico e creativo«fino a raggiungere la misura dellapienezza di Cristo».

Anna Maria Gellini

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VITA CONSACRATA

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Dizionariodell’ebraismoSOTTO LA DIREZIONE DI JACQUES POTIN E VALENTINE ZUBER CON LA COLLABORAZIONE DI JOSÉ COSTA

pp. 208 € 19,00

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER RELIGIOSE E CONSACRATE

� 16-23 giu: p. Lorenzo Gilardi,sj “Seguire Gesù nella vitaquotidiana. La pedagogiaignaziana della preghiera”SEDE: Centro di Spiritualità“Barbara Micarelli”, Via Patronod’Italia, 5/E – 06081 Assisi –Santa Maria degli Angeli (PG); tel.075.8043976 – fax 075.8040750;e-mail: [email protected]

� 18-24 giu: don Pascual Chavez,sdb “Profezia della vitaconsacrata oggi: risvegliare ilmondo” SEDE: Santa Maria del Covolo, ViaMadonna del Covolo, 152 – 31017Crespano del Grappa (TV); tel. efax 0423.53044; e-mail: [email protected]

� 18-25 giu: don Antonio Zani“Il libro di Rut: una squisitastoria d’amore”SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S.Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 25-30 giu: p. AdamWojcikowski, osj “Testimoni dellafede nel vangelo di Giovanni”SEDE: Getsemani di Paestum Oblatidi S. Giuseppe, Via Getsemani, 6 –84047 Capaccio (SA); tel. 0828.725019- fax 0828.723546; e-mail:[email protected] –www.getsemanidipaestum.org

� 25 giu-1 lug: p. FrancescoCrivellari, SSS “Dell’Eucarestiala Chiesa vive e cresce” (EM, 7) SEDE: Eremo di Lecceto Casa diSpiritualità “Card. Elia DallaCosta”, Via S. Salvadore, 54 –50055 Malmantile (FI); tel.055.878053 – fax 055.8729930;e-mail: [email protected]

� 1-31 lug: Sr. Nicla Spezzati, Sr.Rosi Capitanio, p. SandroBarlone, Marco Guzzi, Sr. GraziaParis “MESE DI FORMAZIONEPERMANENTE” per religiose chevivono momenti forti nellapersonale vita di consacrazione,particolarmente per Juniores chesi preparano ai Voti perpetui.SEDE: Comunità di Preghiera“Mater Ecclesiae”, Via della PinetaSacchetti, 502, – 00168 ROMA; tele fax 06.3017936; e-mail:[email protected] –www.centromaterecclesiae.it

Testimoni 5/2017 15

«Questa non è l’opinionedi un papa né un’op-zione pastorale tra al-

tre possibili; sono indicazioni dellaparola di Dio così chiare, dirette edevidenti che non hanno bisogno diinterpretazioni che toglierebbero adesse forza interpellante. Viviamole“sine glossa”, senza commenti. In talmodo sperimenteremo la gioia mis-sionaria di condividere la vita con ilpopolo fedele a Dio cercando di ac-cendere il fuoco nel cuore del mon-do». Così papa Francesco nellaEvangelii gaudium (n. 271), il suomessaggio programmatico.

—Sintonizzaremente e cuore

A quattro anni dalla sua elezione – èd’obbligo rimarcarlo – ancora non cisi è rimessi del tutto dalla sorpresache hanno suscitato e continuano asuscitare le sue parole, il suo stile, i

suoi gesti. Si fatica, in molti, a capa-citarsi di quanto sta accadendo. E, diconseguenza, a prendere posizione.Reinterpretandosi là dov’è necessa-rio. Con coerenza e pertinenza, cer-to, ma soprattutto – diciamolo pure,perché è la cosa essenziale per un di-scepolo di Gesù – con schietto eaperto senso ecclesiale: con quel de-siderio e quell’istinto cioè, suscitati enutriti dalla fede, per cui ci si sinto-nizza col cuore e con la mente su ciòche «lo Spirito dice oggi alla Chie-sa», per partecipare responsabilmen-te e con slancio alla sua missione nelservire lo sviluppo integrale dellapersona e della società.Perché questo, in definitiva, è il pun-to. Al di là dei gusti, delle esperienzee dei desideri personali, che pure soncose di cui tener conto: ma che nondebbono smorzare o addirittura zit-tire la voce di Dio. La quale se, dauna parte, si fa sentire nell’intimodella coscienza (che, beninteso, sem-

VITA DELLA CHIESA

I quattro anni di servizio come vescovo di Roma

UN PAPAPER QUESTO TEMPO

A quattro anni dalla sua elezione ancora non ci si èrimessi del tutto dalla sorpresa che hanno suscitato econtinuano a suscitare le sue parole, il suo stile, i suoi

gesti. Si fatica, in molti, a capacitarsi di quanto staaccadendo. E, di conseguenza, a comprendere ciò che lo

Spirito sta dicendo oggi alla Chiesa.

pre di nuovo va sottoposta al lavoriodi purificazione che in ciascuno ope-ra lo Spirito Santo), dall’altra, c’in-terpella comunitariamente in quantoekklesía: l’assemblea del popolo con-vocato da Dio tra le genti, che pelle-grina nella storia in un itinerario dicompagnia universale puntando allameta che supera ogni attesa. Comeappunto si verifica, oggi, attraversol’appello a intraprendere una tappanuova di questo cammino che ci vie-ne additata con singolare energia,nel solco tracciato dal Vaticano II, dapapa Francesco.Egli infatti – lo attesta la citazione dacui ho preso le mosse – mostra d’i-spirare con radicale nitidezza il suoministero a un criterio che, in verità,vale sempre e in tutti i casi per ognidiscepolo di Gesù nell’esercizio diciò che è chiamato ad essere e a fa-re: vivere il Vangelo “sine glossa” –senza commenti e senza compro-messi.La formula, lo sappiamo, è di Fran-cesco d’Assisi, di cui non per nullaJorge Maria Bergoglio ha interior-mente sentito da Dio – lo ha condi-viso lui stesso – di dover assumere ilnome in quest’ora della storia delmondo: per dichiarare lo spirito dicui vuole animato il suo servizio co-me vescovo di Roma. È una formu-la che dice l’istanza prioritaria, anzil’imperativo, a non misurare il Van-gelo sulla misura nostra ma ad apri-re cuore e mente alla misura a cuisenza posa li dilata il Vangelo.Il che diventa realistico – ecco l’invi-to di papa Francesco – solo metten-do in atto quella conversione e quel-la riforma della vita e della missione,dei metodi e delle strutture, nell’e-sperienza d’essere oggi la Chiesa diCristo, che sono frutto dell’ascoltodello Spirito e della nostra fedele ecreativa risposta. Nell’apertura di-sarmata alla grazia di Dio.

—Dentrola storia

Ma non è questo – si dirà – ciò cui laChiesa d’ogni tempo è chiamata?Certo, è proprio così. Che c’è dun-que di nuovo?Sorprende – ma solo fino a un certopunto, perché il copione è quello disempre, anche se ancora una volta

Per questo, Paolo VI con spirito pro-fetico ardiva paragonare il peso sto-rico del concilio Vaticano II, in pro-spettiva, con quello del concilio diNicea: quando si definì per i secoli ilcuore della fede cristiana professan-do la divinità filiale dell’uomo Gesùdi Nazareth, in lui riconoscendo ilcentro e la chiave di volta della sto-ria: fede che ora, col Vaticano II, hada farsi storia in tutte le espressionidell’umano.Altri, come Luigi Sartori, si son spin-ti ancora più in là per sottolineare lasvolta rappresentata dall’ultimo con-cilio, mettendola in parallelo conquella sancita dal cosiddetto conciliodegli apostoli o di Gerusalemme.Senza del quale la Chiesa, così comeoggi la conosciamo, non sarebbe mainata.

—Cambiamentod’epoca

Penso che entrambi abbiamo fattocentro. Ciò che lo Spirito di Dio havoluto dire alla Chiesa e al mondocol Vaticano II ha una portata diquesto calibro. Lo scopriamo pocoalla volta, ma sempre più chiaramen-te. Papa Francesco lo ha richiamatonel suo intervento magistrale (maquanto davvero recepito?) al Con-vengo della Chiesa in Italia a Firen-ze, nel novembre del 2015: non citroviamo semplicemente in un’epo-ca di cambiamento, ma in un cam-biamento d’epoca.Mi son restate impresse nel cuore, insintonia con questi pensieri, le paro-le che Romana Guarneri, con l’acu-to senso della storia che la contrad-distingueva, mi diceva con un filo divoce poco prima di morire: «Il cri-stianesimo ha ancora da fiorire».Penso si possa intendere quest’affer-mazione almeno nel senso che è ve-nuto il tempo in cui, dalla radice del-la fede in Cristo, può e deve sboccia-re un fiore inedito, capace di stupir-ci tutti ancora una volta con la suarara bellezza. E di darci nuova vita.Non si stanca forse Francesco di sot-tolineare, a parole e coi fatti, che i se-gni distintivi della sequela di Cristosono lo stupore, lo scandalo, la rivo-luzione?E in fondo, che cosa sono poi 2000anni di storia? Non s’è finora espres-

16 Testimoni 5/2017

addolora il prenderne atto – che ta-luni, in definitiva con ben poca con-tezza della bimillenaria storia dellaChiesa, vedano nelle linee pastoraliproposte da questo papa una devia-zione dalla retta via sinora percorsa.Perché, in verità, la conversione e lariforma assumono in ogni tempo untono e intraprendono una via che,essendo quelli di sempre, sono peròquelli e solo quelli che rispondonoalle domande e alle ferite del tempoche si è chiamati a vivere. E non diun altro che più non c’è.Così che il Vangelo di Gesù, passodopo passo, visita e trasforma nelsoffio dello Spirito la coscienza del-l’umanità lievitandone la storia.Sempre più profondamente. Benchél’esito del cammino resti tutto, allafine, nelle mani di Dio. Il quale nonsi stanca di agire secondo la strategiache è la sua più propria: non far mainulla senza la libera corrispondenzanostra.Perciò, se la conversione chiesta ieriè, per un verso, quella stessa che èchiesta oggi – perché investe il cuo-re –, è però oggi anche un’altra ri-spetto a quella di ieri sotto il profilodel suo esprimersi e concretarsi sto-rico: perché è chiamata a risponderealla voce di Dio che ci richiama giu-sto giusto a quelle parole di Gesùche lo Spirito vuol mettere in luce efarci incarnare ora qui per tutti. In ri-sposta alle sfide e alle piaghe delpresente. Non ha promesso Gesù,

nel vangelo di Giovanni: «Molte co-se ho ancora da dirvi, ma per il mo-mento non siete capaci di portarne ilpeso. Quando verrà lui, lo Spiritodella verità, vi guiderà a tutta la ve-rità, perché non parlerà da se stesso,ma dirà tutto ciò che avrà udito e viannuncerà le cose future. Egli miglorificherà, perché prenderà daquel che è mio e ve lo annuncerà.Tutto quello che il Padre possiede èmio; per questo ho detto che pren-derà da quel che è mio e ve lo an-nuncerà» (16,12-15)?È quello che sperimentiamo oggi: loSpirito Santo che “prende” da ciòche Gesù ha ricevuto dal Padre per“annunciarlo” ora qui: per noi e pertutti. Con le specifiche implicazionidel caso. Che non sono né poche népiccole. Del resto, col Vaticano II si èprodotta una situazione del tutto pe-culiare nella storia della Chiesa. Cheè poi tutt’una – se un tantino ap-profondiamo e allarghiamo lo sguar-do, com’è sempre necessario fare –con la storia dell’avvento semprenuovo e drammatico e liberante delregno di Dio per l’intero della fami-glia umana e della creazione. Si trat-ta della presa di coscienza, progres-siva e combattuta, secondo cui lo sti-le (e cioè il contenuto e la forma in-sieme) della presenza della Chiesa almondo e della sua missione ha ap-punto da essere da cima a fondo mi-surato sullo stile di Gesù.Non si possono fare né sconti nécompromessi. Lo esige il Vangelo. Eoggi lo esige la maturità della co-scienza umana. Che pure – e forseproprio per questo – è contraddettada fenomeni che francamente crede-vamo archiviati. Ma le cose vannosempre così: quanto più le esigenzedella verità e della giustizia vengonoa galla, tanto più cresce la resistenzaa confrontarsi con esse, dicendo pa-ne al pane e vino al vino. E tirando-ne le conseguenze. Lo scriveva papa-le papale, anni fa, Olivier Clément:come, nel nostro tempo, con l’affer-marsi dello spirito critico e della li-bertà, ci si può affidare a un Dio cheappare talvolta ai nostri contempo-ranei – da come viene presentato –peggiore di loro stessi, o almeno in-feriore alle più elevate esigenze del-la loro coscienza, segretamente fe-condata dal Vangelo?

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17Testimoni 5/2017

so, il cristianesimo, in fin dei conti so-lo nelle categorie d’esistenza e dipensiero dell’Europa e dell’Occi-dente? Provvidenziali e preziose,senz’altro, ma tutt’altro che definiti-ve e assolute. Tanto che si potrebbeparagonare la parabola dello svilup-po storico del cristianesimo a quelladi un bambino che ha definito la suaidentità nell’infanzia e ha comincia-to a sperimentarla attraversando lacrisi dall’adolescenza, per affacciarsi– ora – sul mondo inesplorato che sipromette alla sua giovinezza in vistadella maturità che deve conquistare.Certi modi d’interpretare la formad’esistenza della Chiesa e nellaChiesa, di presentare la morale per-sonale e sociale, di esprimere la por-tata liberatrice e umanizzante dellafede a livello sociale e politico, noncorrispondono a stadi di sviluppodella coscienza cristiana che siamochiamati a lasciarci alle spalle in ciòche hanno di culturalmente determi-nato e caduco, senza dimettere l’es-senziale che hanno incarnato?È per questo che la posta in gioco at-torno a ciò che papa Francesco hamesso in moto nella Chiesa è grossa.Forse persino decisiva per la Chiesa,nella stagione del tutto inedita chel’attende. Il Vaticano II non è statosolo un punto d’arrivo, ma più unpunto di nuova partenza. Niente èperso dello straordinario lascito del-la Tradizione, ma tutto – tutto – va ri-giocato nell’ascolto disarmato delsoffio dello Spirito oggi e nella curatenera e ricca di misericordia dellacarne di coloro dei quali oggi ci èchiesto di farci prossimi. In loro –c’insegna Francesco – è la carne di

VITA DELLA CHIESA

lunque modo è scartato.È uno stile di Chiesa, quello sinoda-le, che se ha da plasmare i cuori e lementi, deve anche necessariamenteindividuare i luoghi, gli strumenti, leforme della sua espressione. A tutti ilivelli nella missione della Chiesa.Poiché quello sinodale non è tanto osolo un metodo: è l’essere stesso chedefinisce la Chiesa come popolo diDio pellegrino nella storia in quantotraduce in atto e rende sperimenta-bile e incisiva la “mistica del noi” cheè il suo stile più proprio di vita, quel-lo che corrisponde al Dio che Gesùha fatto presente al mondo – il Dioin essenza “sinodale”: il Dio-con-noi,la Trinità.La “mistica del noi” è il profumo, laverità e la misura di giustizia di unaChiesa in uscita. E il lievito, in defi-nitiva, di quel nuovo paradigma cul-turale che il cambiamento d’epoca,di cui siamo chiamati a essere nonspettatori ma protagonisti, con ur-genza postula e invoca. Pena il col-lasso o la disintegrazione dell’avven-tura umana.L’eco, in ampi strati della popolazio-ne mondiale e a tutte le latitudini,che il magistero delle parole e deigesti di papa Francesco suscita – epersino le reazioni di rigetto cheprovoca, in una stagione di rigurgitiidentitari e nazionalistici e di capita-lismo rampante e sfacciato comequella che attraversiamo, sintomoevidente della vera posta in gioco –lo attesta a chiare lettere. La profe-zia della pace e del dialogo, dell’in-clusione sociale e della lotta contro ilmoloch del potere e del denaro, del-l’armonizzazione delle diversità edella custodia del creato dichiara l’o-ra segnata sul quadrante della storia.A quattro anni dalla sua elezione lodiciamo con semplicità, convinzionee gratitudine: è un dono – e di quel-li grossi – per tutti noi, non solo peri cattolici, papa Francesco. Perché ciscuote a diventare uomini e donneche come popolo di Dio eleggono astella polare del cammino e a codiceesigente e liberante di vita nient’al-tro che la bella, buona e gioiosa no-tizia del Vangelo. Per accenderne ilfuoco – oggi come 2000 anni fa – nelcuore del mondo.

Piero Coda

Cristo quellache tocchiamo eci trasforma.Mai come oggiil cuore dellaChiesa di Cristotorna collettiva-mente a vibrare,ricco della mise-ricordia riversa-tavi dall’Abbà,nella cura di chisoffre, di chi èscartato, di chicerca, di chi in-voca, di chi mi-gra in cerca di

libertà, di giustizia, di luce, di ospita-lità, di pace… l’esodo delle folle deimigranti è «il vero nodo politico glo-bale dei nostri giorni», sottolinea pa-pa Francesco. Quando, nel cuoredella Chiesa, pulsa il cuore di Cristo,in esso trova casa il cuore dell’uma-nità.

—Camminareinsieme

È impossibile – ed è evangelicamen-te improprio – decidere a priori ledirezioni di marcia di questo esododella Chiesa verso Cristo “fuori del-l’accampamento”. Papa Francescostesso ha dichiarato d’aver accoltoda Dio la chiamata al ministero chegli è confidato senza prefiggersi unprogramma prestabilito. L’istanzadella riforma – con le sue concretevie di attuazione – non è sua, è esigi-ta dal corpo della Chiesa che è il cor-po vivo di Cristo. Ed è pilotata dalloSpirito Santo.L’essenziale è non spegnere il soffiopotente che c’investe e ci chiede con-versione. Mettendosi risolutamentein cammino per «fare insieme – comeha detto Francesco nell’intervista aEl País – ciò che chiede il Vangelo».Ciò che Dio si aspetta dalla Chiesaoggi – ha detto non a caso nel 50° an-niversario dell’istituzione del Sinododei vescovi – è racchiuso in una paro-la: sinodo. Camminare insieme. Don-ne e uomini. Giovani, adulti, anziani.Le diverse vocazioni e i diversi cari-smi nella Chiesa. Le diverse Chiese.Le diverse culture e religioni e visio-ni del mondo. Tutti tutti, nessunoescluso. A cominciare da chi in qua-

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margini, per quanto ci può servire, ese non serve lo escludiamo. Da que-sto atteggiamento nasce la “culturadello scarto” di cui tanto parla PapaFrancesco, da uno stile autoreferen-ziale, in forza del quale è importan-te quello che pensiamo e quello chediciamo, il resto vale in quanto serveper confermarci nelle nostre posizio-ni, altrimenti viene ignorato. Ritornal’interrogativo biblico “Dov’è tuofratello?” (cf Gn 4,9). Dio dopo averchiesto “Adamo dove sei?” (cf Gn3,9), come seconda domanda fa ri-suonare nel cuore la nostra respon-sabilità in ordine alla presenza o al-la assenza dell’altro, del fratello, dal-la nostra vita. Per ascoltare, per co-municare è necessario, come primopasso, che io faccia spazio agli altrinell’orizzonte della mia esistenza, al-trimenti risuonerà una sola voce, lamia, una sola parola, la mia, sarà nonun dia-logo, ma un mono-logo, con lapresunzione che la mia parola coin-cida con la verità.

Internet, social, cyber attacchi … Le“false notizie” condizionano la poli-tica, i mercati, i consumi. Esistono“false notizie” nella Chiesa e nel dia-logo interreligioso? Come ricono-scerle?

L’esperienza ci insegna che i luoghisono abitati da persone, le quali im-primono una fisionomia agli spazidel loro convivere. Infatti, ancora l’e-sperienza ci racconta di luoghi di la-voro accoglienti e altri che sono agi-tati da tensioni e che rendono l’ariairrespirabile; come pure ci sono co-munità cristiane vivaci, feconde, im-prontate alla carità, e altre rese tristidalle contese e sterili dai pettegolez-zi e dalle lotte intestine. Non è que-stione di luoghi, politica, economia,rete, Chiesa, dialogo interreligioso,ma di persone. Ogni persona porta lapropria identità, il suo essere del Si-gnore o il suo appartenere alle logi-che mondane, schiava delle gratifica-zioni personali, del desiderio di ap-pagamento e di prevalere anche acosto di calpestare i diritti e la di-gnità altrui. Il fine giustifica i mezzi,non importa anche se questi stru-menti si chiamano falsità, logica dia-bolica e manipolatrice (cf Gn 3,1-5).Dove convivono persone c’è anche il

Il primo gesto della comunicazio-ne è l’ascolto. Lo ha ricordato nelseminario del Centro Evangelii

Gaudium a Loppiano (Firenze) il 6aprile scorso. Che cosa significa?

«L’ascolto ci consente di assumerel’atteggiamento giusto, uscendo dal-la tranquilla condizione di spettato-ri, di utenti, di consumatori. Ascolta-re significa anche essere capaci dicondividere domande e dubbi, dipercorrere un cammino fianco afianco, di affrancarsi da qualsiasipresunzione di onnipotenza e mette-re umilmente le proprie capacità e ipropri doni al servizio del bene co-mune» (Messaggio L Giornata Mon-diale delle Comunicazioni Sociali).Questo particolare della dinamicacomunicativa ce lo ha richiamato piùvolte Papa Francesco. Infatti, non è

possibile mettersi in relazione senon ci mettiamo in ascolto di quelloche l’altro ha da dirci. Diversamen-te, diventa una imposizione verbaleunidirezionale, autoreferenziale, chenon tiene assolutamente conto di co-lui che mi sta di fronte. Del resto,quando non si è in atteggiamento diascolto si rischia di parlarsi addosso,manifestando i sintomi di una pato-logia spirituale che rivela i tratti del-l’uomo vecchio, concentrato su unego ipertrofico, su una eccessiva at-tenzione per se stessi. Mi riferisco aun individuo narcisista che non haaccolto nella propria esistenza le di-mensioni della paternità e della fi-gliolanza, tipiche della persona adul-ta capace di relazioni feconde conl’alterità. Così, non riconosciamo al-tro, non lo includiamo nella nostravita, lo lasciamo semplicemente ai

PASTORALE

Intervista a mons. Dario Viganò

COMUNICAZIONEE ASCOLTO

Non è possibile mettersi in relazione se non ci mettiamoin ascolto di quello che l’altro ha da dirci. Diversamente,

diventa una imposizione verbale unidirezionale,autoreferenziale, che non tiene assolutamente conto di

colui che mi sta di fronte.

Testimoni 5/2017 19

rischio della menzogna, dell’altera-zione della realtà, della falsificazionedelle relazioni per interessi persona-li o del gruppo di appartenenza. Sitratta di una realtà che non possia-mo ingenuamente ignorare. Questaeventualità, non deve indurci alloscoraggiamento, al sospetto, alla ras-segnazione, deve richiamarci a un dipiù di responsabilità riguardo all’e-ducazione e alla formazione al dialo-go sincero, all’ascolto reciproco, allaconoscenza tra persone diverse e traculture e appartenenze religiose dif-ferenti. Oserei dire, più che suggeri-re o escogitare una strategia persmascherare le false notizie, conver-rebbe educare preventivamente ainstaurare rapporti sinceri, impron-tati alla condivisione e alla acco-glienza. Questo non significa preten-dere di annullare le differenze, co-stringere l’altro, in un gioco di forze,a ripiegare sulle mie posizioni, maimparare il rispetto delle diversità,scoprire la ricchezza delle differen-ze, avere uno sguardo positivo, di fi-ducia nei confronti di chi mi sta ac-canto. L’inganno è sempre in aggua-to, dal momento che “i figli delle te-nebre sono più scaltri dei figli dellaluce” (cf Lc 16, 1-8), ma questo nondeve essere la ragione per chiudercinell’autosufficienza e nella paura.Non dimentichiamo quanto suggeri-va Tagore (a proposito di saggezzache proviene da altre esperienze re-ligiose): “Non affannarti a chiuderele porte in faccia a tutti gli errori,perché rischieresti di lasciar fuorianche la verità”.

L’informazione è il nostro ambiente.Vi è una sorta di naturalizzazione deimedia nella nostra società. Comeutenti social viviamo in una bolla au-toreferenziale, con emozioni noncontrollate, una violenza verbale sor-prendente e una non percepita dipen-denza da gestioni tecnologiche inac-cessibili. Quali antivirus sono conte-nuti nella comunicazione della fede enel discepolato cristiano?

Che i media digitali, oggi, non sianopiù oggetti altri rispetto alla societàè un dato di fatto. Infatti, si dice chesono stati naturalizzati, introiettati equesto presenta certo notevoli van-taggi, non senza la necessità di alcu-

PASTORALE

ne rinnovate assunzioni di responsa-bilità (pensiamo, ad esempio, a comeoggi si sia facilmente disponibili acedere parte della propria privacy incambio di connessione). Così, «sem-pre iperconnessi, immaginiamo diessere persone più efficienti, ma sitratta di un inganno. Il multitasking,in realtà, deteriora il nostro rendi-mento in tutto ciò che facciamo, dan-doci però tutto il tempo la sensazio-ne di operare in ogni nostra attivitàcon il massimo dell’efficienza. Perquanto ci faccia sentire bene, riescein realtà a renderci meno produttivi.Senza dimenticare quanto la tecno-logia sia carente dal punto di vistadell’“educazione ai sentimenti”: sereiterato, il multitasking si associa adepressione, ansia sociale e diffi-coltà nell’interpretare le emozioniumane» (S. Turkle, La conversazionenecessaria, p. 57).Oltre alle situazioni citate, che se-gnano il fronte più oscuro della co-municazione digitale, esiste, e nonpossiamo negarlo, anche un versan-te più luminoso, che consente possi-bilità comunicative impensabili finoa poco tempo fa, con cambiamentiepocali positivi e qualche incognitaannessa. Del resto se dovessimo con-sentire all’umanità solo i passi esen-ti da rischi, ne conteremmo davveropochi. L’incognita, l’inedito, il nuovoportano con sé anche una compo-nente di azzardo. Per esempio, esisteanche il rischio edu-cativo, dal momentoche nella relazioneformativa tra perso-ne non esiste la ga-ranzia che l’educato-re indovini tutte lescelte e chi è affidatorisponda da manualedella pedagogia.Quando entra in gio-co la libertà dellepersone, subentranogli interrogativi. Ma,secondo me, vale lapena correre qual-che rischio per for-mare persone liberee responsabili, capa-ci e coraggiose difronte a un futuroche riserva semprequalche sorpresa.

Quindi, più che di virus e anti-virus,“preferisco non essere anti qualcosao qualcuno”, creare degli antagonisti(il prefisso è lo stesso), guardo allacomunicazione della fede e alla scel-ta di seguire il Signore come a unaresponsabilità che mi viene chiestodi assumere nei confronti delle per-sone con le quali incrocio il miocammino. Se io vivo la fede e la co-munico come un itinerario che vadalla mia testa (da convertire) finoai piedi degli altri (da lavare), credodi rendere l’idea dei criteri scelti co-me guida della sequela del Signore.L’altro può farmi del male, può rifiu-tare la mia proposta, questo non si-gnifica che la scelta sia sbagliata.Non siamo così ingenui da non spe-rimentare che la vita riserva “notti egiorni del cuore”, ma non per questoperdiamo la speranza dell’alba nuo-va che sorge all’orizzonte. La fedepassa attraverso il Venerdì di passio-ne ma per giungere all’incontro conil Risorto. “Ho visto il Signore” (cfGv 20,18), questo è l’annuncio cheriempie di senso la nostra vita e, cre-do, anche quella delle persone cheincontriamo. Quanto meno si inter-rogheranno sulle ragioni che anima-no la nostra esistenza. Un interro-garsi serio sul senso della vita credosia già un ottimo …. “antivirus”.

Si parla di post-verità; un fiducia chenon ha né verifica, né riscontri, né

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La parrocchia alla prova della grande città.INTRODUZIONEDEL VESCOVODOMENICO SIGALINI

CHIESA TRA LE CASE

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vergogna. Come può combinarsi conla tradizione cristiana e cattolica rela-tiva alla verità della Scrittura? E allaverità del magistero e del «sensus fi-dei» del popolo di Dio?

Accenno solamente al grande dibat-tito in corso oggi su tali questioni. «Imedia, infatti, mediano comunque lanostra rappresentazione della realtà(Thompson, 1995). Basta pensare aquanto di quello che conosciamonon è conosciuto per esperienza di-retta, ma attraverso di essi. Ora, inquesto lavoro di mediazione, i mediacostruiscono la realtà, non si limita-no a rappresentarla: la notizia è sem-pre diversa dal fatto, come attestanooggi il proliferare delle “bufale” – lenotizie false – e il dibattito sulla po-st-verità. Con questo termine di de-rivazione inglese si fa riferimento al-la verità dei media, condizionata dal-le manipolazioni e segnata più dalsuo impatto emotivo che non dal suorapporto con la verità. La mediazio-ne educativa serve anche a questo li-vello: insegna il sospetto, fornisce glistrumenti per l’analisi critica, è fatto-re di libertà» (cf P.C. Rivoltella, Ladifficoltà di educare ai tempi del digi-tale, in Consacrazione e Servizio2/2017, p. 68).Fatta questa necessaria premessa sulmondo digitale, ricordo che usarel’espressione “post-verità” non si-gnifica che la verità sia superata nel-la sua necessità. Piuttosto vuol direche siamo in uno scorcio storico incui la “società liquida” ha reso piùdifficile avere dei punti di riferimen-to certi e sicuri. In questo senso, tal-volta, diventa complicato risalire al-le fonti, ottenere certezze, vedere ri-conosciuti errori e oggettività. Puòsuccedere (o succede?), ad esempio,che anche nelle relazioni la veritànon sia più considerata sostanziale enecessaria. Anzi, essa viene relegatanel novero di un elemento tra i tan-ti e trattata come tale. Così, vienesvuotata di quella connotazione eti-mologica che la rende realtà che nonpuò passare inosservata, o esseresottaciuta con disinvoltura. La situa-zione diviene ancor più problemati-ca, se pensiamo che può far balena-re il principio “Auctoritas, non veri-tas facit legem” (L’autorità, non laverità fa la legge) di Thomas Hobbes

(Leviatano, parte II, cap. 26). Che sa-rebbe come dire, semplificando, chicomanda in quel momento ha il po-tere di dichiarare ciò che è giusto eingiusto, ciò che è vero o falso. Unaspetto sul quale siamo chiamati, co-me educatori, a una seria riflessione.Ci muoviamo su livelli altri quandoparliamo di verità della Scrittura, delMagistero e, poi, del “sensus fidei”. Iltema della Scrittura come quello delMagistero ci porterebbero a un lun-go trattato e lontano dalle esigenzedi un’intervista. Pertanto, mi limito adire che la verità della Scrittura e delMagistero, pur essendo su livelli di-versi, rientrano in un orizzonte cre-dente. Tuttavia, suggerisco sempre dinon rinunciare e di non rifiutare apriori gli interrogativi che, su questitemi, ci vengono seriamente rivoltida persone che non si pongono nel-la vita in termini di fede, di adesioneesplicita a una appartenenza religio-sa. Noi sappiamo che il dato umanoè il punto di partenza per una seriariflessione sulla fede e sul credere(cf. Incontro di Gesù con la samari-tana, Gv 4, 1-26). Il “sensus fidei” delpopolo di Dio va coltivato e ascolta-to, senza enfasi né superficialità, macon la dovuta serietà che provienedalla radice battesimale che fa diogni cristiano una persona che par-tecipa del sacerdozio, della regalità edella profezia del Signore. Nessunopossiede la Verità, ma tutti insiemeabbiamo il compito di cercarla, nelrispetto di ciascuno.

Qualche decennio fa si parlava di ve-rità e veracità (come atteggiamento).Ci sono patologie nel riferimento al-la verità? Quale cura per il linguag-gio della comunicazione della fede eper l’ascolto?

PASTORALE

In parte ho già risposto aquesta domanda. Possoaggiungere che i rischi dieccesso anche nel riferir-si alla verità esistono. Co-me rischi, che non signifi-ca che esistano e che ab-biano raggiunto il livellopatologico. Più che di cu-re, perché significherebbeche siamo in presenza diqualche malattia, parlereidi necessità di un maggio-re coinvolgimento e di re-

sponsabilizzazione: famiglia, comu-nità cristiana, scuola, istituzioni edu-cative di vario genere. Se non si creauna sinergia tra questi soggetti edu-cativi, riesce più difficile formare legiovani generazioni all’ascolto, allacondivisione, all’accoglienza, al ri-spetto, all’inclusione. È una questio-ne di umanità. Se manca la dimensio-ne dell’umano si complica anche l’e-ducazione alla fede, perché le due di-mensioni né sono giustapposte néprocedono parallele, anzi si interse-cano e si intrecciano continuamentenell’esperienza personale, nella vitacomunitaria e sociale. Non viene pri-ma la persona e poi la fede. L’espe-rienza di fede fa parte integrante del-la persona dall’inizio. Poi, le vicendepersonali possono racchiudere storiediverse, che vanno ascoltate, rispetta-te e accolte. Raccontare la vita e sa-pere che qualcuno ci ascolta credosia un’esperienza da incoraggiare, dapromuovere, perché la narrazione facrescere la fiducia in chi parla e inchi ascolta. Allora, la comunicazionedella fede potrebbe diventare la nar-razione di un incontro, con una per-sona che ci ha cambiato la vita, inse-gnandoci uno sguardo, parole, gestidi vita anche in situazioni di violen-za e di morte. Sto parlando del rac-contare la propria vita di fede comeesperienza pasquale. Forse, sonoqueste le catechesi più efficaci, oggi.Papa Francesco ce lo ripete: il cristia-nesimo non è un insieme di regole edi dottrine, è l’incontro con una Per-sona viva, Gesù, attraverso la media-zione di persone vive, …. e vere.

La parola vera “in Ecclesia” comealimenta la parola vera nella città?

Ecclesia e città convivono sullo stes-

21Testimoni 5/2017

so territorio, non sono separate, dalmomento in cui il Verbo è venuto adabitare in mezzo a noi (cf Gv 1,14).La casa di Dio è tra quelle degli uo-mini, e condivide con loro gioie e do-lori, fatiche e speranze. Le strade cheDio percorre sono le medesime cherisuonano dei passi delle donne e de-gli uomini di ogni tempo, che cerca-no, che si interrogano, che Lo incon-trano, Lo riconoscono (cf i due diEmmaus, Lc 24, 13-35), oppure nonLo riconoscono e magari Gli chiede-rebbero la carta d’identità. Non Lorifiutano, essenzialmente non Lo co-noscono. Questa è la città in cui vi-viamo, con le luci e le ombre dellastoria e del quotidiano. Se i cristianitestimoniano la Verità, dall’Ecclesia,come una iridescenza, si rifletteràanche nel tessuto della città. A que-sto proposito vorrei concludere ri-chiamando un testo della Chiesadella seconda metà del secondo se-colo dell’era cristiana, che chiarisceil “come” posto nella domanda: «Icristiani non si distinguono dagli al-tri uomini né per territorio, né perlingua, né per costumi. Non abitanocittà proprie, né usano un gergo par-ticolare, né conducono uno specialegenere di vita. […] danno l’esempiodi una vita sociale mirabile, o meglio– come dicono tutti – paradossale.[…] Vivono nella carne ma non se-condo la carne. Dimorano sulla ter-ra, ma sono cittadini del cielo. Obbe-discono alle leggi vigenti, ma con laloro vita superano le leggi». La testi-monianza in Ecclesia credo avrebbequalcosa da dire anche alle nostrecittà, oggi. In questo orizzonte, miriaffiora alla mente una frase dai di-scorsi del Cardinal Martini, che misembra profetica, oltre che emble-matica: «Compito culturale urgenteallora – che accomuna la città con lesue decisioni politiche e la Chiesacon la sua funzione formativa – èquello di innescare un movimento direstituzione di stima sociale e di pre-stigio al comportamento onesto e al-truistico, anche se austero e povero:“quanto è fortunata quella cittadi-nanza che ha moltissimi giusti” (Am-brogio, Caino e Abele, II,12)» (Di-scorso al Comune di Milano, 28 giu-gno 2002).

Lorenzo Prezzi

PASTORALE

Stiamo celebrando il centenariodelle apparizioni di Nostra Si-gnore di Fatima. Nella lettera

pastorale pubblicata dai vescovi por-toghesi, intitolata “Fatima, segno disperanza per il nostro tempo” sonodescritti molto chiaramente l’eventostorico, il contenuto del messaggio el’importanza che riveste per noi og-gi. Tra le numerose pubblicazioni suFatima, penso che questo documen-to possa servire come riferimentoprincipale, per la sintesi che presen-ta e la sua pertinenza pastorale.

—L’evento centenariodi Fatima

Sull’avvenimento storico delle appa-rizioni, trascrivo tutto il primo nu-mero della lettera pastorale: «Le ap-parizioni sono avvenute nella Covada Iria, nel 1917, e hanno avuto co-me protagonisti tre bambini tra i set-te e i dieci anni, Lucia, Francesco eGiacinta. Il contesto nazionale e in-

ternazionale era drammatico: il Por-togallo attraversava una profondacrisi politica, religiosa e sociale el’Europa era immersa, come mai pri-ma nella sua storia, in una guerramondiale nella quale anche il nostropaese era coinvolto.Nel 1916, gli stessi bambini erano giàstati testimoni di tre manifestazionidi un angelo che si era presentatocome Angelo della Pace e Angelodel Portogallo. Il 13 maggio 1917 fu-rono testimoni dell’apparizione del-la Signora “più splendente del sole”,sopra un leccio. Li invitò a tornare inquello stesso luogo il giorno 13 deimesi successivi, fino ad ottobre. Du-rante questi incontri comunicò loroun messaggio di misericordia e di pa-ce, poi trasmesso attraverso gli inter-rogatori ai quali i bambini fin dall’i-nizio furono sottoposti e le “Memo-rie” scritte da Lucia alcuni anni piùtardi.Non appena la notizia fu divulgata,le reazioni si moltiplicarono. Molti

LA CHIESA NEL MONDO

Centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima

UN SEGNO DI SPERANZAPER IL NOSTRO TEMPO

A cento anni dalle apparizioni, cosa dice il messaggio diFatima alla Chiesa e al mondo d’oggi? Quali i contenuti e

gli inviti che contiene? Un’analisi dell’evento e del suosignificato sulla falsariga della lettera scritta per la

circostanza dai vescovi portoghesi.

22 Testimoni 5/2017

accorrevano sul posto dando creditoalla testimonianza dei bambini; masorsero anche dubbi, incomprensionie anche persecuzioni che causaronotanta sofferenza ai pastorelli. Tutta-via erano sempre più numerosi colo-ro che accorrevano nel giorno di cia-scuna apparizione, sempre il 13 diogni mese, ad eccezione di agostoquando l’apparizione avvenne alcu-ni giorni dopo a causa dell’arrestodei veggenti. L’ultima fu il 13 otto-bre, alla presenza di circa settanta-

mila persone, alcune credenti, altrescettiche, venute per vedere il segnopromesso dalla Vergine, il cosiddetto“miracolo del sole”, divulgato dallastampa del tempo.Pochi anni più tardi, i tre veggenti la-sciano la loro terra: i due più giova-ni, i fratellini Francesco e Giacintamuoiono in seguito a una epidemiadi influenza, rispettivamente nel1919 e nel 1920; la loro cugina Lucia,su consiglio del Vescovo di Leiria, siallontanò nel 1921 per iniziare la for-

mazione, in vista di abbracciare la vi-ta religiosa. Morì nel 2005 nel Car-melo di Santa Teresa a Coimbra».Dopo aver descritto l’evento storico,che ha significato solo se accolto nel-la fede, è necessario sottolinearel’accoglienza che ha avuto nel popo-lo di Dio che si riuniva in preghieranel luogo delle apparizioni, coope-rando ad ampliare la divulgazionedel messaggio di Fatima. Solamentenel 1930 il vescovo di Leiria dichiaracome degne di fede le visioni dei tre

LA CHIESA NEL MONDO

Intervista a mons. Hanke di Eichstätt:

Èstato chiesto al vescovo Gregor Maria Hanke del-la diocesi tedesca di Eichstätt che posto occupa la

devozione a Maria e quale il suo significato nella sua vi-ta quotidiana di vescovo. Maria è per lui non solo la gui-da che lo porta a Cristo, ma anche l’icona della Chiesacarismatica.1

Lei porta come secondo nome quello di Maria. Che ruo-lo ha Maria nella sua vita?

Maria, fin dalla mia nascita, ha per me un ruolo impor-tante, tanto più che sono nato nell’Anno mariano 1954.Per questa ragione i miei genitori hanno unito il mio no-me di battesimo, Franz, con il secondo nome di Maria.Nella mia famiglia si viveva una forte spiritualità maria-na, soprattutto da parte di mia madre. Lei mi prendevasempre con sé nei pellegrinaggi fin da quando ero bam-bino. Anche se evidentemente io allora non ne capivo ilsenso profondo, ne ero però sempre affascinato. Il piùdelle volte c’era sempre per me anche un piccolo rega-lo: per esempio, ricordo che mia madre durante un pel-legrinaggio alla fine degli anni ‘50 mi ha regalato unastatuetta della Madonna dentro una boccia con la neve,comprata in una bancherella di oggetti devozionali. Maal di là di questi ricordi piuttosto umoristici della mia in-fanzia, il Rosario e le feste mariane costituivano unacomponente importate nella nostra vita famigliare.

E oggi come va? Che cosa le conferisce la Madonna nel-la sua vita quotidiana di vescovo?

Maria per me oggi è un simbolo della Chiesa. Quandoio parlo con Maria, quando la prego, si tratta sempre diun dialogo con la Chiesa e con il presente. Maria è perme l’espressione profonda che la Chiesa deve essere ra-dicata per terra e vivere nel presente. Maria è la donnache viene dal popolo, come dice un canto, colei che haimparato a conoscere la dura vita della gente facendo-ne l’esperienza. Per questo Maria deve far riferimentoalla Chiesa e la Chiesa a Maria.

Se si guarda alla Germania e alla Chiesa di qui – diver-

samente da come lei la presenta – si ha a volte l’impres-sione che una pietà mariana vissuta sia piuttosto derisae perfino guardata con disprezzo. Qual è la sua impres-sione?

Nella nostra diocesi, non ho questa impressione. Io tro-vo che proprio nei nostri santuari mariani viene colti-vata una seria devozione alla Madonna, e una devozio-ne che rimanda a Cristo. A me è stato insegnato fin dabambino: dove c’è Maria, c’è Cristo. Maria è la via uma-na che conduce a Cristo. Non è la via della riflessioneteologica, nemmeno la via della mistica, ma quella del-la semplice fiducia umana. Mi rimetto nelle mani di unadonna che è in grado di condividere molte cose della vi-ta che io vivo. E so che Maria mi guida a Cristo. Que-sta è – per venire semplicemente al punto – la spiritua-lità mariana che io ho imparato fin da quando ero bam-bino.

Guardando ancora alla Germania, le chiedo un’altra co-sa: crede che di fronte alla situazione della Chiesa di quisia necessario rimettere più decisamente al centro la Ma-dre di Dio?

Sì, posta così la domanda, ritengo che sia molto impor-tante soprattutto in vista della dimensione carismaticadella Chiesa. Oggi noi parliamo spesso di strutture e diprogrammi. Questi sono tuttavia dibattiti che ci riman-dano alla costituzione ufficiale della Chiesa. La Madredi Dio, al contrario, ci richiama la sua dimensione cari-smatica - profetica. Maria ci ha portato Cristo, e questoportare Cristo è precisamente il dono della varietà deicarismi, della vitalità che abbiamo nella Chiesa e di cuiabbiamo bisogno. Per questa ragione credo che una sa-na spiritualità mariana sia importante per una Chiesaviva e aperta. Soltanto in una Chiesa realmente apertapuò trovare spazio l’elemento carismatico. Ciò tuttavianon può essere decretato dall’alto; questo elemento de-ve piuttosto derivare da un atteggiamento spirituale.

Non si ha forse l’impressione che questo atteggiamentoqui da noi manchi? Del resto anche lei ha lamentato una

fanciulli, permettendo ufficialmenteil culto a Nostra Signora del Rosariodi Fatima. Da sottolineare che la fa-ma di santità di Francesco e di Gia-cinta li condusse alla loro beatifica-zione nel 2000. La loro canonizzazio-ne avrà luogo il 13 maggio prossimodurante il viaggio del papa a Fatima.Per Lucia invece, morta quasi 98en-ne nel 2005, è stato chiuso il 13 feb-braio scorso il processo diocesano dibeatificazione e presto sarà procla-mata beata.

LA CHIESA NEL MONDO

—Un messaggioper la Chiesa e il mondo

Il messaggio di Fatima, profonda-mente evangelico, è una benedizionee un interrogativo per la Chiesa e ilmondo. È un energico invito ad ac-cogliere la grazia e la misericordia diDio, con forti inviti alla preghiera eall’adorazione, alla conversione e al-la penitenza, all’amore e alla riconci-liazione, alla speranza e alla pace.Il Santuario di Fatima, diventato il

cuore spirituale del Portogallo, comeebbe a dire Benedetto XVI, è unospazio di preghiera e di raccoglimen-to, di accoglienza e di pellegrinaggio,di dinamizzazione culturale della fe-de e centro di riflessione teologica,di speranza e di solidarietà.«Durante tutti questi cento anni, ilpellegrinaggio a Fatima ha ravvivatola fede di molti credenti stanchi, hafavorito la conversione di molti cuo-ri induriti, ha riaffermato l’apparte-nenza alla Chiesa di molti battezzati

Testimoni 5/2017 23

“MARIA MI GUIDA A CRISTO”

mancanza di vita di preghiera e di gioia della fede inGermania....

La mia impressione è piuttosto che un vivo rapportocon Cristo sia pregiudicato dal fatto che sentiamo la fe-de come un carico pesante. Per fare un esempio: moltagente non concepisce più la fede come un motore, macome un rimorchio da trascinare nella loro vita. Proprioper questo la fede per molta gente è gravosa e prima opoi sganciano il rimorchio, pensando di poter muover-si più agevolmente. Questa immagine negativa si puòinfrangere soltanto quando si crede che la fede è real-mente un motore che imprime slancio alla vita e lamuove in senso vero.

In che modo la Madre di Dio può far sì che la fede siaintesa come il motore della propria vita?

A me personalmente ha sempre aiutato considerare ilcammino biblico percorso da Maria. Anche lei dovetteimparare per prima cosa che significato aveva il bambi-no da lei concepito. Il messaggio ascoltato nel momen-to della concezione, lo ha accolto ma ha dovuto farlocrescere. In Maria – fin dalle nozze di Cana e quindi aipiedi della croce – possiamo costatare un processo dicrescita nella fede. Questo mi infonde personalmentecoraggio nel senso che anche il mio cammino avvieneattraverso la crescita della fede. Non si tratta di porta-re un peso – Cristo vuole piuttosto che io cresca. Mi dàdei doni, crede in me, a volte si aspetta anche qualcosada me. Tutto ciò in definitiva deve contribuire a svilup-pare il vero essere umano. E da qui deriva anche que-sta gioia, il sapere: io sono portato, sono al sicuro.

Lei riesce sempre nella vita quotidiana a conservare lagioia?

No. Anch’io ho delle fasi in cui mi faccio trascinare inbasso dalle mie fatiche quotidiane. A volte perdo anchela pazienza, così accumulo materia per la confessione.Poi tuttavia, – soprattutto quando vedo un’icona di Ma-ria o nel nostro duomo di Eichstätt sto davanti alla me-

ravigliosa Madonna sorridente penso di nuovo, “o uo-mo, tu sei portato! Sei in cammino con Cristo, comeMaria era in cammino con Cristo”. Devo avere fiducia:egli è qui, mi sostiene e mi fa crescere.

Si sente sostenuto anche dal grande tesoro delle preghie-re mariane. Qual è la sua preghiera preferita?

Siccome porto l’impronta della tradizione della chiesaorientale, mi piace molto l’inno Akatistos. Questa lodea Maria assomiglia alle nostre litanie lauretane e mi toc-ca sempre il cuore. Naturalmente anche le antifone ma-riane del Breviario. Quando prego la Liturgia delle orenel mio episcopio, alla fine canto anche l’antifona ma-riana, alla compieta e a volte anche ai vespri.

Quest’anno si celebrano i 100 anni delle apparizioni del-la Madonna a Fatima. Che significato ha per lei perso-nalmente questo luogo?

Ciò che è per me avvincente, riguardo a Fatima, è cheDio si è manifestato in questo luogo. I tre fanciulli han-no incontrato Maria e di conseguenza anche Cristo, enon in una grande città o in una celebre università, malontano da ogni civiltà. Ciò che mi affascina è che Dio at-traverso Maria a Fatima si è reso così tangibile. Non c’èin definitiva nessun luogo lontano da Dio, nessun ango-lo lontano da lui sulla nostra terra. Dio può essere tan-gibile ovunque, può manifestarsi dappertutto in una mol-teplicità di segni. Anche nella nostra vita quotidiana cisono continuamente degli incontri che ci portano a Cri-sto o che possono approfondire la nostra relazione conlui. In questi momenti facciamo delle esperienze simili aquelle dei fanciulli di Fatima. Per questo dono nella vitadi tutti i giorni possiamo solo essere riconoscenti.

Steffen Zimmermann

1. Gregor Maria Hanke è dal 2006 vescovo di Eichstätt. Dal 1993 al2006 era stato abate dell’abbazia benedettina di Plankstetten. L’in-tervista è stata raccolta da Steffen Zimmermann e pubblicata inkatholisch.de il 20 marzo scorso.

24 Testimoni 5/2017

disorientati, ha reso possibile permolti che erano indifferenti la risco-perta del Vangelo, ha promosso unareligiosità che ha plasmato la vita digran parte del nostro popolo. I pelle-grinaggi a livello individuale e comu-nitario sono stati esperienze di Dio eoccasioni di lode, un incoraggiamen-to ad aprirci alla sua volontà e per larealizzazione della nostra conversio-ne permanente» (n. 4).Nel messaggio di Fatima è presenteil senso della comunione con tutte lechiese del mondo e con il papa comefondamento di unità della Chiesa.Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI,Giovanni Paolo II, Benedetto XVI eFrancesco hanno riconosciuto le ap-parizioni e quasi tutti si sono recati aFatima e hanno consacrato il mondoal Cuore immacolato di Maria.Ma Fatima si è diffusa in molte altreforme: attraverso migliaia di chiesededicate a Nostra Signora del Rosa-rio di Fatima; la celebrazione in nu-merose diocesi del mondo del 13maggio, l’intensificazione della reci-ta del Rosario; si sono moltiplicatepubblicazioni per diffonderne ilmessaggio e la spiritualità; sono sor-te confraternite, associazioni e varimovimenti dedicati a Nostra Signo-ra del Rosario di Fatima; la sua im-magine è venerata un po’ ovunque;ci sono correnti di spiritualità cheprendono ispirazione dal messaggiodi Fatima, e sono numerosi gli istitu-ti di vita consacrata il cui carisma sifonda su questo messaggio (cf. n. 5).

—Interrogativi attualidel messaggio di Fatima

Il messaggio che la Vergine del Ro-sario ci ha trasmesso or sono centoanni a Fatima continua ad essereprofondamente attuale per la mis-sione della Chiesa. Non potrebbe es-sere diversamente, dato il suo so-stanziale carattere evangelico. La Si-gnora apparsa a Fatima è la stessache, come prima discepola missiona-ria ed evangelizzatrice, accolse e an-nunciò suo Figlio Gesù dal grembomaterno. Espongo qui di seguito solo alcuniannunci del messaggio evangelico edevangelizzatore di Fatima.

Il messaggio è annuncio di atteggia-

menti di vita cristiana incentrata nel-la preghiera, nell’adorazione e nel-l’Eucaristia.«Mio Dio, io credo, adoro, spero e tiamo» sono i primi inviti di sr. Luciaa sintonizzarci con il messaggio diFatima. Maria ci insegna a crescerenella fede, ad essere adoratori dell’u-nico Dio della nostra vita, ad alimen-tare la speranza, in particolare quan-do tutto e tutti parlano di disperazio-ne e di vite senza significato, ad ama-re Dio perché Egli ci ama per primo.Mentre crediamo, adoriamo, speria-mo e amiamo siamo già evangelizza-tori e annunciatori della Buona No-vella, senza pause né rotture. Nell’in-contro adorante con Dio serviamo ifratelli, in particolare coloro che sitrovano nelle radicali periferie uma-ne; negli incontri evangelizzatori sia-mo in profonda adorazione contem-plativa con il Dio di Amore. A tuttoquesto ci provoca la Vergine messag-gera di Fatima, tanto concretizzatanel costante invito all’annuncio con-templativo della recita quotidianadel Rosario.

È annuncio di conversione di perdo-no, di riconciliazione e di pace.La conversione della nostra vita,sempre a partire dal nostro cuore incui rimane vivamente il Cuore diGesù e il Cuore di Maria, richiede diperdonare ed essere perdonati, im-plica sacrifici quotidiani quali segna-li di amore e oblazione, include ilcontinuo rifiuto delle offese di Dio edei mali del nostro mondo, compor-ta la ricerca costante del bene, com-prende la piena consacrazione a Diodelle famiglie, dei sacerdoti e deiconsacrati. Fra i numerosi testi, ri-prendo qui il breve commento di sr.Lucia nel tredicesimo appello delmessaggio di Fatima: «L’apostolato èla continuazione della missione diCristo sulla terra; dobbiamo essere

collaboratori di Cristo nella sua ope-ra di redenzione, nella salvezza delleanime. Esiste l’apostolato della pre-ghiera sul quale deve poggiare tuttoil rimanente apostolato, per essereefficace e fecondo: c’è l’apostolatodel sacrificio, di coloro che si immo-lano, rinunciando a se stessi, per ilbene dei loro fratelli; e abbiamo l’a-postolato della carità che è la vita diCristo riprodotta nella nostra dona-zione a Dio a servizio del prossimo».

È annuncio di vite pellegrine in usci-ta per incontrare il prossimo di que-sta terra.Il pellegrinaggio è sempre un incon-tro con noi stessi, con Dio, con gli al-tri, con il creato. Fatima è un puntodi incontro dove si arriva e si parte,con la vita nel suo insieme, piena digioie e di tristezze, di speranze e an-gustie, desideri e illusioni, sofferenzee significati di vita, di deserti e oasiesistenziali. Per qualsiasi discepolopellegrino che vive in ascolto dellafede e annuncia questo genere di vi-ta con la testimonianza, Fatima è illuogo che interpella spiritualmente,è luogo di trasformazione interiore edi conversione pastorale

È annuncio di luce, bellezza e dellagioia del Vangelo.La Pasqua di Cristo, liturgicamentecelebrata e quotidianamente vissutadai suoi discepoli, è piena di luce,bellezza e gioia; doni che i tre pasto-relli ricevettero fecondamente daNostra Signora e che ci hanno tra-smesso.Nella fedeltà al messaggio da centoanni, il Santuario di Fatima prenden-dosi cura dell’estetica e degli spazicelebrativi con tutto ciò che questoimplica, costituisce già un’autenticaazione evangelizzatrice per tutti co-loro che vi accorrono e vanno a irra-diare con entusiasmo evangelico laluce, la bellezza e la gioia del mes-saggio evangelizzatore di Fatima intutti gli angoli della terra.

È annuncio di amore misericordiosodi Dio rivelato in Gesù Cristo, in cuiMaria occupa un posto del tutto spe-ciale.In sintonia con quanto disse il papaFrancesco nella Bolla di indizionedell’Anno Santo della misericordia,

LA CHIESA NEL MONDO

«la Madre del Crocifisso Risorto èentrata nel santuario della miseri-cordia divina perché ha partecipatointimamente al mistero del suo amo-re.... Maria attesta che la misericor-dia del Figlio di Dio non conosceconfini e raggiunge tutti senza esclu-dere nessuno» (MV 24).Il posto così speciale che Maria hanella Chiesa la porta a trovare e adapprofondire il suo volto marianocon fecondi tratti di misericordia. IlDio con viscere di misericordia siplasma nell’essere di Maria e in tut-ti noi. La misericordia appartiene al-l’essenza del messaggio di Fatima,che continua a parlarci molto, affin-ché abbiamo ad essere annunciatorie profeti dell’amore misericordiosodi Dio.

Annuncio profetico di speranza.Il messaggio di Fatima è un inno disperanza; come ha detto BenedettoXVI, è «come una finestra di speran-za che Dio apre quando l’uomo glichiude la porta». La lettera pastora-le dei vescovi portoghesi, che nel ti-tolo presenta il messaggio di Fatimacome segno di speranza per il nostrotempo, termina con un invito al rin-novamento della speranza fondatanell’amore di Dio diffuso nel cuoredi Maria: «Il suo messaggio ci inter-pella e ci spinge a seguire il cammi-no di rinnovamento interiore, soste-nuti dall’affermazione di Gesù, il fi-glio di Maria: «“Abbiate coraggio: ioho vinto il mondo” (Gv 16,33). Nel-la misura in cui si lascia abitare dalei, la comunità dei credenti può of-frire al mondo la luce di Dio che per-vade il Cuore pieno di grazia e di mi-sericordia della Vergine Madre, cu-stode dell’incrollabile speranza neltrionfo dell’amore sui drammi dellastoria» (n. 15).Papa Francesco viene a Fatima comepellegrino in preghiera. Il logo scel-to per la celebrazione centenaria“Con Maria, pellegrino nella speran-za e nella pace” ci impegna tutti”.Consacrati e consacrate, laici e dia-coni, sacerdoti, vescovi, papa... tutticon la gioiosa intercessione di No-stra Signora del rosario di Fatimapellegriniamo e siamo pellegrini nel-la speranza e nella pace.

Manuel Barbosa, scj

Testimoni 5/2017 25

LA CHIESA NEL MONDO

Anche tra le mura tranquilledi un convento si possonovivere eventi traumatici che

sconvolgono il clima di pace e di se-renità abituale di una comunità reli-giosa. Soprattutto se si tratta dieventi che mettono a repentaglio lacapacità di adattamento psicofisicadelle persone. Che fare? Come riscoprire, anche di-nanzi a eventi traumatici, la conti-nuità delle proprie motivazioni vo-cazionali? La moderna neuro-psico-logia ci può aiutare a capire come lasalute psichica si coniuga bene con leaspirazioni di benessere vocazionaledella persona.

—Un’evangelizzazionea misura di trauma

Le condizioni di difficoltà e di disa-gio sono parte dell’esistenza di ogniindividuo. I religiosi e le religiose

non fanno eccezione a ciò, perchéanche loro devono fare i conti con ipiccoli o grandi traumi che vengonoa scombinare la tranquillità del loroideale di consacrazione. A volte basta un conflitto comunita-rio, o la tensione con un superiore, oun esaurimento nervoso, o il luttoper la perdita dei propri cari. Mapossono essere anche fatti traumati-ci che riguardano più direttamente ilcarisma apostolico della propria vo-cazione, come le persecuzioni deicristiani, gli episodi di ostilità nell’e-vangelizzazione delle periferie esi-stenziali, tutti episodi che testimo-niano come le difficoltà della vitapossono interrompere senza preav-viso l’aspettativa idealizzata di unavita consacrata senza problemi, «chemal si comporrebbe con le esigenzedella carità».1

Certo, se da una parte è vero che leavversità hanno accompagnato da

PSICOLOGIA

L’aiuto della moderna neuro-psicologia

TRAUMI E CRESCITANELLA VC

L’opportunità di influire sul proprio mondo emotivo è unaspetto molto importante dal punto di vista della propria

sopravvivenza psichica. I traumi sono un’occasionepreziosa per regolare le emozioni senza doverlenecessariamente subire e per reagire a ciò che è

accaduto, dando continuità alla propria storia evolutiva.

Testimoni 5/201726

sempre la storia della Chiesa, dall’al-tra si può ben dire che ai traumi, pic-coli o grandi che siano, non ci si abi-tua mai!I recenti eventi del terremoto in cen-tro Italia, che hanno colpito anchechiese e conventi, hanno molto scos-so l’opinione pubblica, soprattuttoquando certe immagini sono entratecon forza nelle case e nelle abitudinidella gente. Dovremmo cominciare proprio dal-la concretezza di queste condizioniestreme per riconoscere che la vo-glia di tornare a vivere – così come ildesiderio di rispondere autentica-mente alla propria vocazione – pas-sa attraverso i vissuti emotivi chemettono a dura prova la propria esi-stenza, e che diventano una sfida perriscoprire le motivazioni che dannocontinuità alla propria vita.

—Dalla concretezzaalla fragilità emotiva

La concretezza di tale precarietà simaterializza nelle tante vicende chemettono a nudo l’umanità fragile evulnerabile dell’individuo, e che loportano a fare i conti con la suarealtà emotiva fatta di luci e di om-bre. Lo sanno bene quanti si trovano avivere improvvisamente condizionidi grave insicurezza sociale, come èsuccesso alle suore del monastero diNorcia, quando si sono viste crollare

PSICOLOGIA

addosso le mura del loro conventonell’ottobre 2016. «È crollato tuttomentre stavamo pregando le lodidella mattina». Così raccontavano laloro esperienza traumatica le suoredel Convento di Sant’Antonio Aba-te a Norcia, sopravvissute al crollodel terremoto. «È caduto il campani-le, la chiesa – raccontano – Poi sonovenuti i vigili e ci hanno portato insalvo».2

Anche nelle circostanze più estremel’individuo si pone non tanto comecolui che interpella la vita ma piutto-sto come colui che risponde ai tantiinterrogativi dell’esistenza, con coe-renza e fedeltà, sapendo «di esseresempre interrogati, come gente allaquale la vita pone continuamentedelle domande, ogni giorno e ogniora, domande alle quali ci tocca ri-spondere, ogni giorno e ogni ora».3

Anche nelle condizioni traumatichela persona è chiamata a dare rispostedi senso alle emozioni che vive, stan-do a contatto con le situazioni di dif-ficoltà che mettono a repentaglio lasua sensibilità emotiva.

—Traumi e capacitàdi regolazione costruttiva

Le emozioni sono il linguaggio che ilcorpo adopera per fronteggiare talicondizioni di difficoltà, e per daredelle risposte comportamentali chesiano coerenti con le motivazionisottostanti. Non dimentichiamo chele emozioni “suggeriscono” come af-frontare la realtà, ridando al sogget-to la responsabilità delle proprieazioni attraverso la regolazione deivissuti emozionali. Questa opportunità di influire sulproprio mondo emotivo è un aspet-to molto importante dal punto di vi-sta della propria sopravvivenza psi-chica, perché la persona avverte chequello che sta vivendo ha un sensoper la propria identità, ed è un’occa-sione preziosa per reagire a ciò cheè accaduto, dando continuità allapropria storia evolutiva. Tale consa-pevolezza alimenta la possibilità difare delle scelte, regolando le emo-zioni senza doverle necessariamentesubire.Per esempio, quando accade qualco-sa di inaspettato, la persona può rea-gire con sorpresa se l’evento è di se-

gno positivo, oppure con stupore omeraviglia se l’intensità è forte. Rea-gisce invece con spavento se si trovadi fronte a qualcosa che è percepitocome pericoloso. In ognuno di que-sti casi l’emozione è una risposta pri-maria che scuote la capacità di adat-tamento dell’individuo, e può indur-lo ad esplorare nuovi comportamen-ti che siano più congruenti con ilproprio benessere vocazionale.4

Anche la paura che si vive in unacondizione estrema come quella delterremoto, è una sorta di “rispostaprimitiva” con cui il cervello attivatutto il sistema di allarme che servea proteggere la sopravvivenza delsingolo. Una tale paura «è spesso ac-compagnata da una reazione organi-ca di cui è responsabile il sistemanervoso autonomo, che prepara l’or-ganismo alla situazione d’emergenzadisponendolo, anche se in modo nonspecifico, all’apprestamento delle di-fese che si traducono solitamente inatteggiamenti di lotta e fuga».5

Ma non ci sono solo le emozioni pri-marie, per un buon adattamento nel-l’ambiente. Non basta solo scapparequando si è terrorizzati o attaccarequando si è arrabbiati. La capacità di adattamento dellapersona permette di vagliare un’am-pia varietà di reazioni psico-fisichepiù funzionali alla sua sopravviven-za. Tali alternative migliorative sonodisponibili nella mente umana, poi-ché già in altre circostanze l’indivi-duo ha regolato le proprie azionidando risposte adattive che si sonorivelate utili per star meglio nel pro-prio ambiente.

—Le conseguenzedi un evento traumatico

Il trauma psicologico può essere de-finito «come qualcosa che rompe ilconsueto modo di vivere e vedere ilmondo e che ha un impatto negativosulla persona che lo vive».6 Gli epi-sodi che possono rivelarsi comeesperienze traumatiche sono diversie possono essere eventi che minac-ciano la propria integrità fisica o psi-chica, come nel caso di un terremo-to, o di un attacco terroristico, o delsaccheggio di una missione. Oppurepuò trattarsi di “piccoli traumi”,esperienze soggettivamente distur-

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Testimoni 5/2017 27

banti che sono caratterizzate dauna percezione di pericolo nonparticolarmente intensa, comenel caso dei conflitti comunita-ri, o dinanzi ad un’obbedienzaincomprensibile, oppure quan-do si deve affrontare una malat-tia improvvisa o un lutto fami-liare. Inoltre non tutte le personereagiscono allo stesso modo atali eventi traumatici. Le rispo-ste possono variare dal comple-to recupero di una vita norma-le, fino alle reazioni più gravi,che impediscono alla persona dicontinuare a vivere la propria vitacome prima dell’evento traumatico.Le conseguenze di tali situazioni so-no riscontrabili non solo a livelloemotivo, ma anche a livello fisico,per la stretta connessione che esistetra mente e corpo. Per cui l’elabora-zione di questi eventi ha un effettoanche sulla neurobiologia del cervel-lo, e quindi sulla capacità di adatta-mento fisiologico, oltre che sulla re-golazione emotiva del soggetto.Questo avviene perché l’innato mec-canismo di elaborazione delle infor-mazioni presente nel cervello è ingrado di integrare le informazionirelative a quell’evento, ricollocando-lo in modo costruttivo nel quadro diadattamento positivo che l’essereumano tende a ripristinare dopol’accaduto. Se ciò non avviene, o se gli eventi so-no troppo forti o persistenti, la per-sona può tornare a subire gli effettidell’evento traumatico anche a di-stanza di tempo, a volte con le stessesensazioni angosciose di allora, sen-tendosi incapace di condurre una vi-ta soddisfacente. In tali circostanze ilrischio è che l’evento traumatico sifissi nella memoria psichica dell’in-dividuo come ricordo isolato e nonintegrato.

—Riconoscereuna prospettiva di crescita

Quando le condizioni traumaticheeccedono la capacità di adattamentodell’individuo, è come se il passatoritornasse nel presente: il soggetto“rivive” l’evento traumatico, conti-nuando a provare le emozioni, lesensazioni e i pensieri negativi speri-

PSICOLOGIA

mentati in quel momento. Quandociò succede, è necessario chiedereaiuto, ed è importante che tale aiutosia fornito il più presto possibile. L’importanza di intervenire tempe-stivamente non è legata solo allapossibilità di prevenire l’insorgenzadi eventuali disturbi acuti o cronici,ma anche all’opportunità di osserva-re in modo naturale le reazioni deisopravvissuti a un disastro naturale,raccogliendo dati sull’andamentodei disturbi, dati preziosi per com-prendere la gravità delle conseguen-ze dell’evento traumatico sulla psi-che delle persone. L’esperienza clinica insegna che, se sielabora l’esperienza traumatica intempi relativamente brevi, si per-mette alle persone di mobilitare leloro energie ormonali e motivazio-nali – di per sé già attive per far fron-te alle condizioni di pericolo – per ri-spondere in modo nuovo alle circo-stanze di precarietà in cui si trovano.Come testimoniano, nella loro new-sletter, gli psicologi che hanno opera-to con le suore terremotate delleMarche. «Cari colleghi, vorrei condividerecon voi la bella esperienza che ab-biamo vissuto recentemente, pressoil Convento di Suore nella città di[…].7 L’intervento era stato richiestoa seguito dei noti eventi sismici chehanno interessato anche l’entroterramarchigiano. Il clima che si è creatocon le suore è stato positivo, in par-ticolar modo per la collaborazioneche sin dall’inizio è stata prestatadalle suore, pur nella naturale riser-vatezza che contraddistingue il lororuolo. Al termine del lavoro, le suo-re ci hanno fatto subito partecipi dei

benefici ricevuti e, nel follow-up hanno riferito di aver sapu-to gestire in maniera positiva leemozioni derivanti dalle ulte-riori scosse di terremoto nelfrattempo verificatesi». Questo esempio conferma l’u-tilità di intervenire con urgenzadinanzi alle difficoltà: prima siaffrontano, meglio la personarecupera energie psicofisiche emotivazionali che la orientanoverso atteggiamenti più coe-renti con le proprie scelte voca-zionali. Ciò vale per i granditraumi, ma vale anche per i tan-

ti disagi traumatici che a volte afflig-gono la vita dei consacrati, e che po-trebbero essere oggetto di elabora-zione di un processo di formazionepermanente, non sporadica e occa-sionale ma continuativa e duratura. La capacità di regolare gli aspetti di-sfunzionali dei propri comportamen-ti aiuta la persona a identificare imomenti critici delle sue risposteemotive eccessive, per interrompereo modificare il flusso negativo in vi-sta di emozioni più adeguate alla si-tuazione e più coerenti con le pro-prie scelte di vita. Se impara ad equilibrare le proprieemozioni essa riesce a dare un sensoall’esperienza traumatica che vive,volgendo la propria attenzione aquei significati che aprono il cuore ela mente ad un nuovo modo di starenelle difficoltà, trasformandole in unanello di collegamento con una vi-sione migliorativa e costruttiva delproprio pro cesso di crescita, dov’èpossibile riconciliare la fragilitàemotiva con la dimensione prospet-tica della propria esistenza umana.

Giuseppe Crea, mccjpsicologo, psicoterapeuta

1. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennioineunte (6 gennaio 2001), n. 304.

2. http://video.repubblica.it/dossier/terremoto-30-ottobre/terremoto[...]paura/257421/257687.

3. V. Frankl, Uno psicologo nei lager, Ares, Mi-lano, 2012, p. 130.

4. G. Crea, Psicologia spiritualità e benesserevocazionale, Edizioni Messaggero, Padova2014, p. 124.

5. U. Galimberti, Dizionario di Psicologia,UTET, Torino, p. 661.

6. http://emdr.it/index.php/trauma.7. Per motivi di privacy si è preferito omettere

le indicazioni del sito dove l’intervento psi-cologico è stato effettuato.

Testimoni 5/201728

concentrazione assorta. Anche i noncredenti si servono di queste prati-che per migliorare se stessi. Questiesercizi stanno penetrando anche inoccidente.

—Profondità, silenziocontemplazione

La profondità di cui stiamo parlandoconsiste nel guardare alla vita in tut-ta serietà, nella sua oggettiva realtà:sofferenze e loro cause, profitti e lo-ro limiti, problemi e possibilità. Sitratta, anziché perdersi nei problemiimmediati, di avere una visione oli-stica delle cose, per es. cause remote,conseguenze a lungo termine, diver-se prospettive, attenzione ai proble-mi degli altri. In una persona religio-sa ciò sviluppa solide convinzioni eun impegno irremovibile. Forniscestaminali interiori nel turbamento,assicura un equilibrio intelligentenel successo e conferisce consistenzae coerenza al proprio essere. Forni-sce grande capacità di resistenza eforza di sostegno per uno sforzo alungo termine.La ricerca di profondità negli asiati-ci induce a valorizzare il silenzio. Es-si sono convinti che la comprensionedelle verità più profonde si può otte-nere solo nel silenzio e attraversouna diligente autodisciplina. Il silen-zio rafforza la propria profonditàspirituale, rendendola una risorsapiù rigogliosa che non un semplicevuoto. Infatti il silenzio conduce aun’intensa attività nel mondo inte-riore. Attrezza le persone per scava-re nelle insondabili profondità dellaVerità, da comprendere e da vivere.La vita religiosa ha le sue prime lon-tane origini in Asia e continua a pro-sperare, con vocazioni, attività e ser-vizi di ogni genere. Le persone chevivono nell’isolamento contemplati-vo non sono rare nel continente, siasulle cime dei monti, sia ai bordi del-la strada. Anche le persone secola-rizzate in Asia mostrano deferenzaverso le comunità contemplativeperché sentono che offrono un cor-rettivo alla società secolare. Chi ri-nuncia al mondo non è consideratoun essere strano o un peso per la so-cietà, ma una persona che stimolauna società ripiegata su se stessa a ri-pensare i propri valori.

Il pellegrinaggio interiore costi-tuisce un elemento centrale nel-la comprensione asiatica della

religione.1 La spiritualità è la rimo-zione di tutti gli ostacoli in questoviaggio per giungere al proprio verosé, la purificazione dell’essere inte-riore in questo processo, e vederlo inrelazione con il Sé Universale Secon-do le Upanishad, la liberazione inte-riore viene dal ritiro e dalla riflessio-ne sulla natura più profonda dellecose. “Sedersi in dimenticanza” èconsiderata la cosa più utile per rag-giungere il più alto stato di perfezio-ne, il Nirvana. Anche il pensierotaoista nella tradizione cinese identi-fica la ricerca religiosa con la libera-zione dell’elemento spirituale dell’e-go dai suoi limiti fisici allo scopo diraggiungere l’immortalità. Il perico-lo di questa forma di spiritualità èche tende a ignorare la dimensionesociale, anche se nei tempi moderni

sono state proposte delle correzioni.Non c’è da meravigliarsi se gli asia-tici stimano la profondità e rispetta-no le persone che sono profonde.Forse Mahatma Gandhi era una diqueste, come pure Madre Teresa, sanGiovanni Paolo II e altre persone diprofonde convinzioni e profondoimpegno. Non meraviglia se unevangelizzatore senza profonditàpersonale non ha alcun impatto sul-la società asiatica.Per Buddha, la spiritualità era unviaggio interiore e la rimozione del-l’egoismo, degli attaccamenti, dell’a-vidità, dell’odio e delle illusioni alloscopo di essere “illuminati” e di libe-rarsi dalle sofferenze. Diverse tradi-zioni asiatiche suggeriscono varietecniche pratiche per progredire inquesto lungo e faticoso pellegrinag-gio: moderazione, diligenza, posizio-ne corretta controllo del respiro,controllo dei sensi, meditazione e

LA CHIESA NEL MONDO

Valori religiosi in Asia

UN RICCO PATRIMONIODI SAPIENZA

Nelle esperienze delle religioni asiatiche c’è un’ampiaconvergenza di valori spirituali che hanno plasmato l’anima

del continente. Alcuni di essi trovano la lorocorrispondenza anche nel cristianesimo e favoriscono

l’armonia e l’incontro reciproco. Sono, per così dire, unaporta che apre a Cristo.

Testimoni 5/2017 29

—Distaccoe rinuncia

Per gli asiatici, la serietà spirituale siesprime soprattutto nel distacco. An-che i non cristiani capiscono subito ilmodello monastico della povertà,del celibato e dell’obbedienza qualiespressioni di religioso distacco.Questa è la ragione per cui i missio-nari cristiani, che vivono autentica-mente questi valori, sono altamenterispettati nella società asiatica. Latradizione della rinuncia al mondorisale a diversi millenni nella storiareligiosa del sud dell’Asia. Se questaqualità manca in una persona reli-giosa, le manca qualcosa di essenzia-le nella concezione asiatica, anche sepossiede delle competenze in altriaspetti.L’umile stile di vita di Gandhi e ilsuo modo di vestire alla contadinagli conferirono un’enorme autoritàmorale e un potere di persuasionetra la sua gente. Egli consapevol-mente aggiunse una dimensione so-ciale alla sua spiritualità di distacco,di silenzio e profondità. La sua ri-nuncia e gli sforzi di miglioramentopersonale erano a beneficio dellasua società; più concretamente, perla libertà nazionale. Affermava che illibro sacro indù Bhagavadgita gli in-segnava come dedicarsi in manieraassoluta alla sua attività con perfet-to distacco dai suoi frutti. Un mododi vedere del genere gli conferì ener-gie per sostenere una lotta pacificaper decenni nonostante il successolimitato, di resistere a difficoltà diogni genere, e di infondere gioia intutta la sua fatica. Il suo incontro conil cristianesimo in Inghilterra deveavergli suggerito di aggiungere que-sta dimensione sociale a un anticovalore indiano.

—Non violenza,Ahimsa

Senza dubbio la nonviolenza rimaneal cuore della tradizione spiritualeasiatica. Non che gli asiatici sianomeno violenti degli altri, ma il desi-derio della pace ha pervaso i lorocuori anche nei tempi più violenti.Buddha sviluppò un messaggio dipace quando le tribù di invasioneariane premevano duramente sulle

LA CHIESA NEL MONDO

comunità indigene, eliminando igruppi più deboli ed esercitando vio-lenza sulla natura. Ahimsa, nonvio-lenza rimase un tema di ispirazionein Asia, sia tra i seguaci di Gesù, siatra i connazionali di Buddha e i di-scepoli di Lao Tse. Di qui la grandetragedia quando questo messaggio èdimenticato nel continente.Fu il genio di Mahatma Gandhi aportare il concetto della nonviolenzanel campo politico quando decise dicombattere il potentissimo potereimperiale del giorno con il suo stilepacifico. La nonviolenza non era perlui pura passività o debolezza, ma unindice della forza dello spirito. Con-siste nel mostrare rispetto per l’av-versario e tutti i suoi legittimi inte-ressi, rifiutando di piegarsi a un trat-tamento ingiusto.Egli sviluppò il concetto di “fortepersuasione” facendo appello allacoscienza dell’avversario in rispetto-sa protesta ed esprimendo la non ac-cettazione in una maniera gentile ecortese.Ahimsa esclude anche l’uso dellaviolenza nel linguaggio, nelle affer-mazioni provocatorie, nella criticasleale e nei rilievi privi di sensibilità;ed esclude persino le forme violen-te di protesta contro l’ingiustizia, el’indifferenza verso la sofferenza.Più ancora dovrebbe escludere l’a-borto, l’eutanasia, l’irresponsabilitàsessuale, l’indulgenza debilitanteverso se stessi, e ogni forma di spe-rimentazione sul corpo umano chedanneggi la dignità della persona.Oggi dovrebbe essere estesa allosfruttamento eccessivo delle risorsenaturali, che danneggia l’ambiente,e la competizione che mira ai profit-ti senza freni. Ahimsa sarebbe inpieno accordo con i concetti espres-si in Laudato si’, soprattutto riguar-do all’ecologia.

—Veridicità,onestà

La veridicità è considerata la più al-ta virtù tra gli asiatici. C’è un anticodetto sanscrito che afferma: “la ve-rità trionferà”. Tuttavia, l’onestà èprobabilmente il valore spiritualepiù dimenticato nella vita pubblica.La tragedia dei nostri tempi sta nelfatto che la corruzione ha raggiunto

un livello mondiale. Nessuno può di-re di essere del tutto innocente. Que-sta è la ragione per cui dobbiamounire le nostre energie per eliminarequesta piaga dalla nostra società.

—La spiritualitàdella responsabilità

La spiritualità della responsabilità ciricorda che i nostri destini sono col-legati tra loro e che tutti noi dobbia-mo preoccuparci gli uni degli altri efar crescere una sensibilità recipro-ca: “conoscere la sofferenza degli al-tri, vuol dire sentirla come nostra”.La correttezza confuciana (li) e larettitudine (yi) ci insegnano a contri-buire all’armonia e alla relazione.L’umanità confuciana (ren) proponela regola d’oro dell’amore. In questomodo, il messaggio confuciano del-l’armonia sociale e la dottrina taoi-sta dell’armonia con la natura sicompletano a vicenda. Si tratta di uninvito a diventare pienamente uma-ni, calmi, fiduciosi, affidabili, aperti.Lo scritto buddista Dhammapadainsegna a “evitare ogni male, a colti-vare il bene e a purificare il propriospirito”.

—Impararegli uni dagli altri

Il leader buddista tibetano Dalai La-ma ricorda un dibattito avuto conThomas Merton su come le grandi

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Teologia pastorale

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Testimoni 5/201730

munità, dellacomune appar-tenenza, dellafamiglia, del ri-spetto per glianziani e ledonne, e dellamodestia. Ètempo che ci ri-cordiamo a vi-cenda le nostrepreziose tradi-zioni.Se leggessimo i“segni dei tem-pi”, potremmo

sviluppare una lungimirante strate-gia per entrare in una felice relazio-ne con l’islam globale e le altre tra-dizioni religiose in maniera intelli-gente e rispettosa. Ciò aprirebbe leporte a miliardi di persone.Nostro dovere primario è di impara-re a vivere insieme in pace e armo-nia e di collaborare nelle comuni im-prese per la crescita e lo sviluppo disocietà delle quali insieme siamoparte, di lavorare in gioiose relazio-ni, rispettando le differenze; e nonindulgendo in atteggiamenti come ilreciproco disprezzo, la violenza, leesagerazioni e le frettolose genera-lizzazioni.

—Rispostaalla secolarizzazione

L’assenza di Dio negli spazi pubbliciin molte parti del mondo ha indottola gente a credere che l’epoca dellafede sia finita. In un’era scettica, l’a-teismo militante gode di grande con-siderazione intellettuale. Tuttavia lapassione per l’eterno permane neicuori poiché c’è in essi un vivo desi-derio di guardare oltre a ciò che sivede e si sente. La stessa scienza ènata da questo desiderio di trascen-dere le apparenze immediate e com-prendere la realtà nascosta (Il futu-ro di Dio di Deepak Chopra). Ein-stein scrisse nel 1930: «Ciò che iocredo è: sentire che, dietro ad ognicosa che può essere sperimentata,c’è qualcosa che le nostre menti nonpossono afferrare, la cui bellezza esublimità ci raggiungono solo indi-rettamente, questa è la religiosità».Non c’è nessun esempio nella storiaumana di società senza religione. Ma

ci sono stati periodi in cui degli indi-vidui si sono interrogati nel loro in-timo e periodi in cui ci si è interroga-ti collettivamente nelle società. Qoe-let si domandava: “Chi sa quel che èbene per l’uomo durante la sua vita,nei pochi giorni della sua vana esi-stenza, che passa via come un’om-bra?” (Qo 6,12). Questi erano mo-menti di seria ricerca religiosa. Chi èsuperficiale può imparare dallaprofondità asiatica.

—Reciprocacondivisione

Gli studiosi religiosi indiani hannotrovato estremamente interessantile esperienze dei mistici cristiani.Hanno scorto in essi un fondo comu-ne. I sud asiatici intendono la religio-ne come una continua ricerca dellaRealtà Ultima. Si può ricordare il li-bro di Gandhi, Experiments in Truth.Espressioni buddiste, come “vuotapienezza”, trovano un’eco nei pen-sieri cristiani come: gli ultimi saran-no i primi, i poveri saranno ricchi, laforza si esprime nella debolezza,possedere tutto e non avere niente.Le esperienze religiose, quando van-no in profondità, sono piene di para-dossi. Invitano spontaneamente al-l’umiltà.La comprensione olistica della spiri-tualità asiatica chiede alle personereligiose di non essere super-asserti-ve e costringe gli scienziati a non di-sprezzare ciò che non conoscono. Gliasiatici sentono che la spiritualitàdeve essere estesa a tutti i campi.Quando è applicata alla politica, unocapisce che la democrazia non consi-ste solo nell’occupare il potere maanche nel servire le cause della giu-stizia e del diritto. Nel mondo seco-lare la spiritualità favorisce il dialo-go, la ricerca, la fiducia, la reciprocaaccettazione, la tolleranza e la curio-sità rispettosa.Tutto questo lascia una porta apertaanche a Gesù.

mons. Thomas Menamparampil, sdbarcivescovo emerito di Jowa, India

1. L’articolo è stato pubblicato dalla rivista deipadri comboniani delle Filippine World Mis-sion, con il titolo A quest for Depth, Feb-braio 2017.

LA CHIESA NEL MODNO

religioni del mondo possono impara-re dalle reciproche tradizioni spiri-tuali. In questo tempo di rapida se-colarizzazione è diventato più chemai necessario. È spesso nell’incon-tro con gli altri che scopriamo noistessi. Mahatma Gandhi ammettequanto egli dovesse a Tolstoi e adEmerson, i quali gli ricordavano cheil concetto di nonviolenza era unatradizione dell’India. Mentre perso-ne come Martin Luther King e Man-dela guardavano all’India per studia-re il modello di Gandhi, gli indianispesso guardano all’America e alSud Africa per imparare dalle loroesperienze in quanto promotori delmodello di pace. Abbiamo bisognodi imparare continuamente gli unidagli altri in un’epoca in cui stiamorapidamente abbandonando moltivalori ereditati, come il senso di co-

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Il Segretariato per il Ministerodella Provincia italiana dei reli-giosi Camilliani offre alla Chiesa

e in particolare a sacerdoti, religio-se/i e laici impegnati nella pastoralesanitaria, gli Orientamenti per dire ilVangelo oggi nel mondo della salute,per dare uno specifico contributoperché le trasformazioni in atto nelmondo della sanità2 promuovano unvero progresso, nel rispetto della di-gnità dell’uomo e di una visione au-tenticamente umana e cristiana del-la vita.Nel mondo della sanità, caratterizza-to oggi da luci e ombre, da slanci so-lidali e da contraddizioni, da interes-si politici ed economici, da processidi disumanizzazione, è necessario in-tegrare in armonia la bellezza e lafragilità di ogni vita umana. Per que-sto la Chiesa e in particolare coloroche hanno una missione nel camposanitario, sono chiamati a cogliere

«l’opportunità di comunicare con fe-deltà creativa il messaggio dell’amo-re redentivo di Cristo non solo aisofferenti nel corpo e nello spirito,ma anche a quanti sono impegnatinella promozione della salute».3

—Confronto e dialogocon la realtà

Nell’attuale contesto sanitario si staallargando la «frattura tra vangelo ecultura»4 con processi spesso contra-ri alle forme messe in atto dallaChiesa fin dai primi secoli della suamissione. Il concetto di vita, di salute e di ma-lattia, la presenza e il senso del dolo-re nella vita umana, il significato del-la morte, il valore e la qualità del ser-vizio verso chi soffre, sono spesso dis-sociati, se non divergenti, dai valorispirituali e morali fondanti la visionecristiana del vivere e del morire.

PASTORALE

Orientamenti per il mondo della salute

TRA SFIDEE OPPORTUNITÀ

Progressi rilevanti della scienza medica e della tecnologia,cambiamenti socio-culturali, religiosi ed etici, visionicontraddittorie del vivere e del morire, eccessiva

burocratizzazione del sistema sanitario, hanno trasformato“il mondo della salute in uno dei crocevia più importanti

e complessi della società”1 contemporanea.

Il notevole sviluppo della scienza ne-gli ultimi decenni ha prodotto rile-vanti trasformazioni culturali e so-ciali, modificando qualitativamentemolti aspetti dell’esistenza, suscitan-do nuova speranza di concreti mi-glioramenti per la vita umana. Tutta-via, diversi settori della ricerca scien-tifica, della medicina, dei servizi so-ciali non sono esenti da problemi edisarmonie di natura antropologica,etica e religiosa.«Scienza e tecnologia possono esse-re usate sia per uccidere che per sal-vare vite umane, sia per manipolareche per promuovere, sia per distrug-gere che per costruire».5 Queste con-trapposte potenzialità segnano ilmondo della salute in cui già sonopresenti «le ambivalenze che carat-terizzano la nostra cultura. All’aper-tura universalista e a un’accresciutasensibilità per i diritti di tutti i citta-dini, fa da contrasto un indebolimen-to della coscienza etica dell’esisten-za, con conseguente perdita di sensodel lavoro, della fedeltà, del sacrifi-cio, della condivisione; l’affermazio-ne del valore della vita, della dignitàdella persona, della salute, dell’ac-compagnamento dei pazienti, è spes-so contraddetta dalla banalizzazionedella nascita, dalla rimozione dellamorte, dalla riduzione della salute asola vitalità fisica, dall’emarginazio-ne di determinate categorie di mala-ti. A slanci di grande generosità fan-no da contrappeso comportamentiradicati in una mentalità soggettivi-stica e relativistica».6

Con queste realtà gli operatori sani-tari sono chiamati a entrare in dialo-go e ad assumerne le sfide più signi-ficative. Come “ministri della vita”hanno il compito di «armonizzare laconoscenza delle nuove scienze, del-le nuove dottrine e delle più recentiscoperte con la morale e il pensierocristiano»7 perché ancora possa ri-suonare la parola di Gesù: “Sono ve-nuto perché abbiano la vita e l’ab-biano in abbondanza” (Gv10,10).

—Accompagnamentoe annuncio

La pastorale sanitaria ha il suo fon-damento nella missione di Gesù enel suo mandato alla Chiesa di con-tinuare la sua stessa missione. «Il

Testimoni 5/201732

Vangelo della carità ha saputo scri-vere, in ogni epoca, pagine luminosedi santità e di civiltà in mezzo allanostra gente… È un’eredità che ser-ve custodire, approfondire e rinno-vare».8

Eredità che oggi si concretizza nel-l’aiutare le persone a salvaguardare epromuovere il benessere fisico e psi-chico, a difendere la dignità dellapersona anche quando è resa fragiledalla malattia e dalla disabilità. Scuo-tere l’illusione di essere onnipotentie invulnerabili, valorizzare gli spazidi cura per una migliore qualità di vi-ta, ridare armonia all’unità psicofisi-ca, alle relazioni interpersonali,ascoltare e accompagnare le doman-de che la malattia e la sofferenza pro-vocano, sono tutti aspetti di un’unicamissione chiamata a umanizzare ipassaggi più difficili e a illuminarlicon la parola del vangelo. Missionenel mondo della salute è sostenere lafiducia e la speranza del malato edella sua famiglia, di chi vive la sof-ferenza e la precarietà nella solitudi-ne e nell’emarginazione; missione èunire intelligenza e amore per aiuta-re e incoraggiare a prendere decisio-ni responsabili, nel rispetto della«gradualità del cammino spirituale diognuno e del difficile cammino dapercorrere per fare delle esperienzenegative della vita un’occasione dicrescita umana e cristiana».9

Al cuore della missione nel mondo

della salute sta il malato, segnato dasofferenze fisiche e psichiche, colpi-to dalle più diverse infermità, vittimadelle nuove malattie sociali, chiama-to a vari livelli a modificare posizio-ni professionali, relazioni familiari eprima di tutto ad affrontare cambia-menti inevitabili – anche quando sia-no temporanei – di ritmi e modalitàdi vita, con conseguenti difficoltà fi-siche, emotive, spirituali. Animato da quella fede che ricono-sce in ogni situazione lo specificocontributo dell’evento di Cristo al-l’umanizzazione dell’uomo e alla di-fesa della sua dignità dalla nascita al-la morte, ogni “ministro della vita”

che svolga la sua mis-sione nel mondo del-la salute, è capace diascolto ed empatia, disilenzio e di parola, li-bero da «frasi fatte eluoghi comuni», testi-mone della cura diDio, della sua presen-za, della sua forza diguarigione e reden-zione. E annuncia conla sua personale sol-lecitudine e cura checon la passione diCristo, «la sofferenzaumana è stata legataall’amore, a quell’a-more che crea il benericavandolo anchedal male, ricavandoloper mezzo della sof-ferenza».10

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—Liturgiae sacramenti

Il servizio al malato ha uno dei suoicardini nella liturgia e soprattuttonella celebrazione dei sacramenti:eucaristia, riconciliazione, unzionedegli infermi. La comunione conCristo nell’Eucaristia può diventareper il malato «fortezza nel dolore enella debolezza, speranza nella di-sperazione, luogo di incontro e di fe-sta».11

Il sacramento della riconciliazionelibera il malato dai peccati, lo aiutaad unire le sue sofferenze alla pas-sione di Cristo e fa memoria dellasua costante misericordia e amore-vole cura.L’Unzione degli infermi «permettedi toccare con mano la compassionedi Dio per l’uomo. In passato venivachiamato “Estrema unzione”, per-ché era inteso come conforto spiri-tuale nell’imminenza della morte.Parlare invece di “Unzione degli in-fermi” ci aiuta ad allargare lo sguar-do all’esperienza della malattia edella sofferenza, nell’orizzonte dellamisericordia di Dio. A rendersi pre-sente nel Sacramento è lo stesso Si-gnore Gesù, che ci prende per mano,ci accarezza come faceva con gli am-malati e ci ricorda che ormai gli ap-parteniamo e che nulla - neppure ilmale e la morte - potrà mai separar-ci da Lui».12

Ogni volta che è possibile, è bene at-tuare la celebrazione del sacramentocoinvolgendo le persone vicine al

Testimoni 5/2017 33

malato e la comunità; l’azione dellagrazia può apportare a tutti i presen-ti il conforto, la pace e il coraggio persuperare le difficoltà e le sofferenze,aprendo a una consapevolezza nuo-va che la malattia e la morte non tol-gono senso alla vita ma che il suo si-gnificato va cercato a un’altraprofondità. Solo nell’incontro sacra-mentale con Colui che è il Vivente sidiventa veramente vivi, come con fe-de cantava s. Agostino: «O Vita percui vivono tutte le cose; Vita viventeche mi doni la vita, Vita che sei la miavita… Vita per la quale sono risusci-tato, senza la quale sono perduto; Vi-ta per la quale godo, senza la qualesono tormentato. Vita vitale, dolce eamabile… O Vita vivente!».13

—Formazioneal servizio pastorale

La velocità dei processi di trasfor-mazione, l’articolazione diversificatadei bisogni e il continuo mutamentodelle esigenze, richiede un serviziopastorale in permanente camminoformativo e di aggiornamento, orien-tato alla dimensione etico-antropo-logica e alla specificità del servizioofferto, vissuto come professione evocazione.«La formazione al servizio pastoralenel mondo della salute è un proces-so che dovrebbe cominciare nel pe-riodo di iniziazione alla vita consa-crata e al sacerdozio e continuare

PASTORALE

durante tutto il percorso esistenzia-le, interessando tutte le dimensionidella persona, da quella corporea aquella intellettuale, da quella emoti-va e sociale a quella spirituale».14

Il servizio pastorale di sacerdoti, re-ligiosi/e, laici impegnati nel mondodella salute non riguarda solo l’ac-compagnamento dei malati e dei lo-ro familiari ma anche l’animazionecristiana e la formazione etica diquanti lavorano nei luoghi di assi-stenza e di cura. È pure importantestabilire rapporti di collaborazionee offrire adeguati percorsi formativia chi opera nel settore del volonta-riato. Nel rispetto della dimensione eticadel servizio alla vita e alla salute,professionalità e competenza, dialo-go e corresponsabilità, equità e giu-stizia, sono oggi più che mai impor-tanti per rinnovare la missione, pergenerare alleanze positive in favoredi una migliore qualità di vita pertutti, in un’autentica prospettivaevangelica che diventi parola di ve-rità: anche «gli eventi negativi dellavita – non esclusi la malattia e lamorte – sono realtà redenta da Cri-sto e da lui assunta come mezzo diredenzione».15

Nell’infondere elementi evangelicinel tessuto del mondo sanitario, aiu-tiamo a vivere in modo più umano lamalattia e la salute, il dolore e lamorte, aprendo alla speranza chenon delude le aspirazioni piùprofonde del cuore umano.

Anna Maria Gellini

1. PROVINCIA ITALIANA DEI RELIGIOSI CAMILLIA-NI Dire il Vangelo oggi nel mondo della sa-lute. Orientamenti Gabrielli Editori, VR2015, 2

2. Nuova Carta degli operatori sanitari cf. Te-stimoni 4/2017, p.25

3. Orientamenti, n.1 4. Evangelii Nuntiandi, n.205. Pontificia Accademia per la Vita, 2003 Eti-

ca della ricerca biomedica per una visionecristiana.

6. Orientamenti, n.117. Gaudium et spes, n. 628. CEI, Evangelizzazione e testimonianza del-

la carità, n.119. Orientamenti, n.10710. Salvifici doloris, n.1811. Christifideles laici, n.5412. Papa Francesco, Udienza generale 26 feb-

braio 201413. S.Agostino, Confessioni, X,2814. Orientamenti, n.20515. ibidem, n.172

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� 2-7 lug: don Tonino Lasconi“Un Gesù non solo da pregare epredicare, ma da imitare” (1 Cor11,1) SEDE: Oasi Divin Maestro, ViaMontanino, 11- 52010 Camaldoli(AR); tel. 0575.556016 – fax0575.556156; e-mail:[email protected]

� 2-7 lug: mons. AntonioMarangon “L’itinerario dellaformazione dei discepoli daparte di Gesù” SEDE: Casa Sacro Cuore PadriCavanis, Via Col Draga, 1 – 31054Possagno (TV); tel. 0423.544022 –fax 0423.922441; e-mail:[email protected][email protected] –www.casasacrocuoretv.altervista.org

� 3-7 lug: mons. Michele Elli “UnGesù non solo da pregare epredicare, ma da imitare” (1 Cor11,1) SEDE: Centro di spiritualità SS.Vittore e Corona, Viale SantiVittore e Corona, 19 – 32032 Feltre(BL); tel. 0439.2115; e-mail:[email protected][email protected] –www.santivittoreecorona.it

� 3-7 lug: mons. Armando Dini“Esercizi spirituali” SEDE: Casa di spiritualità “ArmidaBarelli”, Via Alberi, 62- 80062Alberi Meta di Sorrento (NA); tel.081.5342369;www.armidabarelli.it

� 3-8 lug: don Pietro Cunegatti“La radicalità evangelica per lasalvezza del mondo” SEDE: Casa di spiritualità Abbaziadi Maguzzano, Via Maguzzano, 6 –25017 Maguzzano di Lonato (BS);tel. 0309.130182 – fax. 0309.913871;e-mail:[email protected] –www.abbaziadimaguzzano.it

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ti di quelle stesse popolazioni di mi-nacciare il nostro benessere, di inva-dere i nostri spazi vitali, suona alloracome un anacronismo. Per di più po-litici con forti visioni populistichestanno sbandierando il pericolo diinvasioni barbariche a opera dei mi-granti, senza tenere in minimo contoquanto questa stessa paventata “in-vasione” (circoscritta in terminiquantitativi) porti di positivo allacrescita sociale, economica e cultura-le alla nostra vecchia Europa.Il cambiamento è naturale e inelut-tabile; per capirlo e conoscerlo piùda vicino, sono state coinvolte nellastesura del dossier le Caritas del Ma-ghreb, in particolare della Tunisia edell’Algeria, “paesi di transito” dellagran parte dei migranti che raggiun-gono le coste meridionali italiane. Ladefinizione di “Purgatorio dimenti-cato” «vuole essere così un modoper dare voce ai nostri vicini, troppospesso “demonizzati” perché diversiculturalmente e religiosamente, ep-pure riscoperti come possibili alleatinel tentativo europeo di limitare,contenere o addirittura fermare latanto temuta invasione dei migrantiafricani».

—Il problemaa livello internazionale

Il dossier precisa subito che i dati re-lativi al fronte delle migrazioni for-zate sono allarmanti: una persona su113 è costretta alla fuga nel mondo,secondo quanto riportato dall’AltoCommissariato ONU per i rifugiati(UNHCR). Il rapporto annuale Glo-bal Trends 2015 indica che sono cir-ca 65,3 milioni le persone costrettealla fuga nel 2015, rispetto ai 59,5 mi-lioni dell’anno prima. Il totale di 65,3milioni comprende: 3,2 milioni dipersone che erano in attesa di deci-sione sulla loro richiesta d’asilo inpaesi industrializzati a fine 2015 (ilpiù alto totale mai registrato dal-l’UNHCR); 21,3 milioni di rifugiatinel mondo (1,8 milioni in più rispet-to al 2014, il dato più alto dall’iniziodegli anni novanta); 40,8 milioni dipersone costrette a fuggire dalla pro-pria casa ma che si trovavano anco-ra all’interno dei confini del loropaese (in aumento di 2,6 milioni ri-spetto al 2014).

«Il 1° gennaio 2017 vede laluce il nuovo Dicastero peril Servizio dello Sviluppo

Umano Integrale, che aiuterà laChiesa a promuovere in modo sem-pre più efficace i beni incommensu-rabili della giustizia, della pace e del-la salvaguardia del creato e della sol-lecitudine verso i migranti, i bisogno-si, gli ammalati e gli esclusi, gli emar-ginati e le vittime dei conflitti arma-ti e delle catastrofi naturali, i carce-rati, i disoccupati e le vittime di qua-lunque forma di schiavitù e di tortu-ra» (Messaggio di papa Francescoper la 50° Giornata mondiale per laPace,1 gennaio 2017).Con questa citazione iniziale è statopubblicato di recente da Caritas Ita-liana un Dossier intitolato “AlgeriaPurgatorio dimenticato. Fra i drammie i sogni dei migranti che fuggono”.Nell’anno in cui il nuovo Dicasterovaticano entra in funzione, questa ri-

cerca vuole essere una risposta allasollecitudine che papa Francescomostra nei confronti dei migranti, inprima fila nel lungo elenco di perso-ne svantaggiate e vulnerabili perchévittime di una violenza politica eumana. La lettura della vicenda mi-gratoria attuale ha le sue radici nelledinamiche di politica internazionaleche hanno dominato la scena mon-diale all’indomani delle guerre mon-diali: «sono state e sono tuttora dina-miche di rapina e di affermazionedegli interessi particolari a scapitodel bene comune. La globalizzazioneimperante continua a privilegiare ipiù ricchi e le singole lobby, in pos-sesso dei mezzi e delle informazioninecessarie per sfruttare le debolezzelocali e accrescere l’influenza e il po-tere personale». Dopo secoli di im-perialismo, schiavismo e sfruttamen-to delle popolazioni più povere, ladenuncia di noi europei nei confron-

QUESTIONI SOCIALI

Dossier Caritas: Algeria Purgatorio dimenticato

I MIGRANTITRA DRAMMI E SOGNILa presente ricerca vuole essere una risposta alla

sollecitudine che papa Francesco mostra nei confronti deimigranti, in prima fila nel lungo elenco di persone

svantaggiate e vulnerabili perché vittime di una violenzapolitica e umana che ha le sue radici nelle dinamiche della

politica internazionale.

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La necessità di fuggire, di partire, dilasciarsi alle spalle guerre, persecu-zioni e carestie insieme a politiche dicontenimento dei flussi sempre piùrestrittive e militarizzate, ha ancheportato ad accrescere il numero deimorti lungo le rotte migratorie: nel2016, per quanto riguarda il Medi-terraneo, il numero di coloro chehanno perso la vita nelle acque delmare è stato di oltre 5 mila, un terzoin più dell’anno precedente.Nel contesto mediterraneo si regi-stra un nuovo record raggiunto dal-l’Italia nel 2016 per quanto riguardagli sbarchi di migranti: sono oltre 181mila gli arrivi via mare registrati, ci-fra superiore quindi a quella del2014 con 170 mila arrivi, e a quelladel 2015 con 154 mila. Complessiva-mente rispetto all’anno precedentegli sbarchi nel nostro paese sono au-mentati del 18%. Con punte di arri-vi giornalieri molto consistenti: ilmese di ottobre scorso ha registratoil numero più elevato di sbarchi dal-l’inizio dell’anno (oltre 27 mila arri-vi). I dati annuali evidenziano così ilprimato dell’Italia per numero di ar-rivi nel Mediterraneo: degli oltre360 mila migranti giunti via mare inEuropa la metà è approdata sulle co-ste italiane, il 48% degli sbarchi è av-venuto in Grecia (174 mila arrivi),mentre sono stati 8.826 i migrantisbarcati in Spagna. In Italia al 31 di-cembre 2016 risultavano presenti ol-tre 176 mila migranti: il 77,7% deimigranti è ospitato in strutture di ac-coglienza temporanee, il 13,5% neicentri del sistema SPRAR (Sistemadi Protezione per Richiedenti Asiloe Rifugiati, rete di centri di “secondaaccoglienza”) con il restante 8,8%nei centri già esistenti e attrezzatiper identificare i migranti (i cosid-detti hotspot) e nei centri di primaaccoglienza nelle regioni di sbarco.

—Dall’Africa neraal Mediterraneo

Il dossier evidenzia a questo puntocome il viaggio dei migranti, la tra-versata di paesi, deserti e mari, siacontrassegnato da percorsi prestabi-liti, in continua evoluzione secondole circostanze; queste rotte sono an-che costituite da vicoli ciechi (re-pressioni, fasi transitorie che si pro-

QUESTIONI SOCIALI

lungano indefinitamente) e croceviache si diramano in molteplici dire-zioni possibili. Chi lascia la Repub-blica Democratica del Congo, adesempio, può passare dalla Repub-blica Centrafricana o dal Congo-Brazzaville, per poi raggiungere ipercorsi tradizionali che portano alMaghreb dal Camerun: cioè attra-verso la Nigeria e il Niger arrivandoinfine in Algeria. I migranti che si la-sciano alle spalle l’Africa occidenta-le, come i guineani, gli ivoriani o i se-negalesi, di solito attraversano il Ma-li per entrare nelle città dell’Algeria.In molti casi l’esperienza della mi-grazione verso il Maghreb è statapreceduta da un transito in Africaoccidentale e centrale: l’arrivo nelMaghreb si concretizza così, dopouno o più anni di mobilità senza li-nearità di percorso. Nelle zone delSahel magrebino i migranti percor-rono centinaia di chilometri muo-vendosi da est a ovest: dalla Libia inAlgeria e dall’Algeria in Marocco.Le città magrebine del Sahel sonoquindi veri e propri “crocevia” di mi-granti sub-sahariani. Sono spazi ur-bani che permettono lo scambio diinformazioni sulle diverse possibilitàdi percorso e l’integrazione con lecomunità migranti già presenti sulposto. Si tratta quindi di punti noda-li fondamentali nell’organizzazionereticolare del flusso migratorio checollega l’area sub-sahariana delSahel, il nord Africa e l’Europa. Nelloro percorso i migranti si imbattonospesso in vicoli ciechi, in strade sen-za uscita che interrompono il cam-mino di salvezza. Ed è questo il mo-tivo per cui le grandi città svolgonosempre più un ruolo indispensabiledi sosta intermedia, offrendo mag-giori opportunità di lavoro, piccolicommerci e servizi occasionali.

—Algeria,crocevia dei migranti

In questo contesto, sottolinea il dos-sier, l’Algeria, che ha già 2 milioni dicittadini all’estero, si configura cometerritorio di transito, grazie alla suanaturale prossimità geografica conl’Europa e alla secolare mobilità delpopolo tuareg tra Mali, Niger e il sudalgerino. D’altra parte, il forte biso-gno di manodopera fa sì che la na-zione algerina rappresenti anche unimportante paese di destinazione:grazie ai prezzi calmierati di energiae di prodotti alimentari, è possibileviverci senza spendere troppo. In so-stanza, chi ha bisogno di rimettere insesto le proprie finanze si stabiliscequi. Si tratta per lo più di una forzalavoro a basso costo, in situazione ir-regolare, costretta a impieghi fatico-si e mal pagati in edilizia, agricoltu-ra, ristorazione, servizi alberghieri,sfere domestiche. In questo contestocomunque l’Algeria, secondo il dos-sier Caritas, si rivela come un “Pur-gatorio dimenticato”: infatti anchequi i migranti sono vittime di conti-nue umiliazioni e soprusi, spesso re-spinti con violenza dalle forze del-l’ordine alle frontiere con il Mali o ilNiger, in pieno deserto. In particola-re, dal primo dicembre 2016 è in cor-so una retata contro gli immigratiafricani nei quartieri di Algeri, chevengono deportati via camion a2.000 chilometri di distanza nella lo-calità di Tamanrasset, città di confi-ne con il Niger, per essere in seguitoespulsi. Al momento si tratta di ben1.400 immigrati sub-sahariani prove-nienti in maggioranza da Nigeria,Niger, Liberia, Camerun, Mali e Gui-nea. Il blitz non ha risparmiato lepersone malate, gli anziani, le donneincinte e i bambini, senza distinzionetra richiedenti asilo e profughi, comehanno reso noto diverse ONG inter-nazionali.Insomma per centinaia di migliaia dimigranti che hanno nel cuore il so-gno dell’Europa, anche attraversarel’Algeria non è poi così semplice; imolteplici pericoli cui incorrono de-rivano principalmente da un am-biente naturale inospitale, caratteriz-zato da immense zone desertiche, datemperature estreme e da fortiescursioni termiche. «Ai fattori natu-

rali si aggiungono pericoli dal voltoumano: la rete dei passeurs, contrab-bandieri di vite, che si sono moltipli-cati con l’aumento dei controlli allefrontiere europee, cui il migrante af-fida se stesso e la sua incolumità sen-za la minima assicurazione; le misu-re repressive di controllo, fermo erespingimento messe in atto dalleistituzioni locali per “regolare” i flus-si migratori. Impossibile calcolare ilnumero esatto delle vittime che ognianno perdono la vita nel percorso aostacoli verso la salvezza».

—Il Maghrebe l’Europa

Il Maghreb, zona di transito dei mi-granti africani verso l’Europa, assu-me sempre più i contorni di un “cor-ridoio umanitario”. Il dossier denun-cia che «molti interventi sul temadelle migrazioni non tengono contodell’esistenza di paesi e popolazioniautoctone, situate tra gli sterminatiterritori del Sahara e del Mediterra-neo: dall’Africa nera, le moltitudinidi migranti appaiono piuttosto comefrotte di numeri senza volto che si ri-versano nel Mare nostrum, prove-nienti da immaginari litorali delSahel». Molte voci scandalizzate silevano sulla morte in mare di mi-gliaia di uomini, donne e bambini;ma in pochi sembrano accorgersidell’allarmante numero di decessinell’immenso mare di sabbia (quat-

tro volte più esteso del Mediterra-neo) che i migranti devono attraver-sare per raggiungere le coste che liseparano dall’Europa.In realtà l’aumento dei controlli allefrontiere dell’Unione Europea e laloro progressiva esternalizzazioneverso sud, hanno fatto dei paesi diquest’area gli alleati naturali del vec-chio continente nel contenimentodella paventata invasione dei nuovibarbari. Se dunque il viaggio attra-verso il Mediterraneo diviene sem-pre più difficile, costoso e pericoloso,l’Africa del nord si sta progressiva-mente trasformando in un’area disosta, non solo di transito, per i mi-granti. «In Algeria e Marocco, il mi-grante ha la possibilità di sostare iltempo necessario a recuperare leforze e i fondi utili per compiere l’ul-timo passo, quello decisivo. Moltimigranti sono in grado di organizza-re un piccolo business, grazie ancheagli aiuti del proprio gruppo etnico,delle organizzazioni caritative, diamici occasionali. Pochi, invece, sonoquelli che decidono di tornare indie-tro». Negli anni 2000 certamente è emer-sa una nuova migrazione dall’Africasub-sahariana. «L’esternalizzazionedelle frontiere dell’Unione Euro-pea, avente l’obiettivo di delegareuna questione puramente europeaai paesi del Maghreb, non ha saputotener conto e valorizzare le migra-zioni transfrontaliere tra paesi vici-ni. Concentrando aiuti e finanzia-menti nei paesi dell’Africa mediter-ranea, non ha fatto altro che attira-re verso di sé le attenzioni e gli inte-ressi dei nuovi cercatori di fortuna edel mercato di chi specula sui biso-gni dei migranti. Più gli stati dell’U-nione Europea restringono o chiu-dono le vie “normali” d’accesso neipropri paesi, più aumenta e si gonfiail volume del traffico degli esseriumani, dei servizi umanitari, delleoperazioni di concentrazione e ri-torno forzato ai paesi di origine, per-sino del rimpatrio volontario. Il fal-limento dell’attuale politica europeadi esternalizzazione risulta ormaipalese, ma i governi del vecchio con-tinente sembrano non volersene ac-corgere».

Mario Chiaro

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QUESTIONI SOCIALI

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER TUTTI

� 18-25 giu: don Antonio Zani“Il libro di Rut: una squisitastoria d’amore”SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S. Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 19-26 giu: don Paolo Morocutti“Ha dato se stesso per me” (Gal2,20)SEDE: Comunità di Preghiera“Mater Ecclesiae”, Via della PinetaSacchetti, 502 – 00168 ROMA; tel efax 06.3017936; e-mail:[email protected] –www.centromaterecclesiae.it

� 20-26 giu: don FrancoCastellana “Chi rimane in me eio in lui fa molto frutto” (Gv15,5)SEDE: Casa di spiritualità “SanguisChristi”, Via Arno, 2 – 76125 Trani(BT); tel. e fax 0883.489742; e-mail:[email protected]

� 21-29 giu: don Carlo Cibien,ssp “In Gesù-Via sulle orme delBuon Pastore”SEDE: Casa Betania Pie DiscepoleDivin Maestro, Via Portuense, 741– 00148 Roma; tel. 06.6568678; fax06.65686619; e-mail:[email protected]

� 21-29 giu: p. SalvatoreNipitella, sj “Padre nostro. Lapreghiera del cristiano” SEDE: Centro La Vite e i TralciOperaie della Grazia, LocalitàAlbareto,18 – 29010 ZianoPiacentino (PC) tel. 0523.860047 –fax 0523.860177; e-mail:[email protected] –www.laviteeitralci.it

� 25 giu-1 lug: Rosanna Virgili“Voglio cercare colui che il miocuore ama: (Ct 3) la nostrarelazione d’amore con ilSignore” SEDE: Eremo della Trinità, SuoreFrancescane Missionarie di Assisi,Via Padre Pio, 2 – 06081 Assisi(PG); tel. e fax 075.813283;339.4589196 / 329.0845806; e-mail:[email protected]

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PentateucoClaudio Arletti

FONDAMENTA

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India*

Sr. Rosa e la rivoluzione della gommaPuò sembrare stranoche a una suora siastata assegnata unascorta. Ma è quantoè avvenuto in India asr. RosaKayathinkara, per leminacce checontinuamentericeve da chi non hagradito né gradiscel’opera dipromozionecompiuta e checompie tra lepopolazioni povere che vivono nella zona delle collineorientali del Garo, nel distretto di Meghalaya,nell’estremo nord est dell’India, e la sua difesa anchedagli usurai e dagli sfruttatori.Sr. Rosa è nativa dello stato meridionale del Kerala eappartiene alla congregazione delle Suore medicomissionarie, fondate a Washington dal medico austriacoAnna Dengel (1892-1980), con l’aiuto del sacerdoteMichael Mathis, per l’assistenza sanitaria ai poveri neipaesi sottosviluppati.Al suo arrivo nel Garo, nel 1972, la gente viveva in unagrande povertà. C’erano più di 500 famiglie alloggiate incapanne di bambù, che faticavano per riuscire aprocurarsi anche un solo pasto al giorno.Sr. Rosa era giunta dopo aver ottenuto un diploma inattività sociali. Viveva in una piccola capanna appollaiatasu una pianta. Impressionata dalla estrema povertà dellagente, aveva cercato inizialmente di aiutarla conl’allevamento del bestiame e la coltivazione degliortaggi. Ma siccome la gente non aveva alcun senso delrisparmio, ebbe allora l’idea di proporre la coltivazionedell’albero della gomma, di cui aveva avuto l’esperienzanel Kerala. Ma ci volle del tempo per convincere gliabitanti, che inizialmente accolsero la proposta conmolto scetticismo. Un testimone del luogo, JengsangMarak, ricorda ancora la prima visita che sr. Rosa compìal suo villaggio: «Ci parlò di questa possibilità diguadagno e dei suoi vantaggi. Ma all’inizio non abbiamocreduto alle sue parole». Allora tornò accompagnata daalcuni dirigenti della Rubber Board del Kerala, regionedove da oltre cento anni la gente aveva fatto dellacoltivazione della gomma un affare molto lucrativo. Aquesto punto, racconta Jengsang «dopo che se ne fuandata, ci incontrammo con il nostro capo-villaggio edecidemmo di provare». E Jengsang diede l’esempiopiantando il primo alberello nel suo villaggio.Da allora sono trascorsi 29 anni e oggi sulle colline sivedono dappertutto alberi della gomma con le coppeappese per la raccolta del lattice.Sr. Rosa dopo 12 anni di permanenza aveva avviato

anche una cooperativa per la vendita di provviste per lavita quotidiana, a un prezzo minimo. Oggi raccoglieanche la gomma e altri prodotti agricoli degli abitantidei villaggi e li vende direttamente sul mercato, facendoinfuriare i mediatori. Attualmente migliaia di residenti in altri 20 villaggi,sparsi su una superficie di 2950 miglia quadrate nellecolline Garo di Meghalaya hanno raggiunto un certobenessere e vivono non più in capanne ma in case inmuratura. Ma questo sviluppo le suscitò le ire sia degli affaristi siadei secessionisti, di coloro cioè che combattono perl’indipendenza del territorio. Gli affaristi praticavano unapesante usura e i secessionisti imponevano delle tasseper la loro lotta armata. Si giunse presto alle minacce ealle intimidazioni, ma sr. Rosa, attualmentesettantatreenne, è una donna molto coraggiosa e nonha paura di niente. Ne dà testimonianza il vescovo Andrew Marak delladiocesi di Tura il quale ha dichiarato che le minaccericevute l’hanno resa ancora più forte: «Il suo cuore ela sua anima sono tutti per la gente». E ha testimoniatodi aver visto «i radicali cambiamenti avvenuti tra legente» dopo che lei li ha spinti a prendere la vita piùsul serio. E ciò è avvenuto soprattutto attraverso la suarivoluzione della gomma».Il governo locale ha insignito sr. Rosa di vari premi. Maciò che maggiormente impressiona, dice un sacerdotedel Garo, è il fatto che le gente è stata rafforzata nellasua fede. Mentre «prima viveva una fede superficiale,ora partecipano alle celebrazioni, amano i sacerdoti e lesuore e contribuiscono anche generosamente ai bisognidella chiesa».

Afghanistan*

Partite le due ultime Piccole Sorelle di GesùLo scorso mesedi febbraio leultime due PiccoleSorelle di Gesù,Marianne eCatherine, dopo40 anni dipermanenza,hanno lasciatol’Afghanistan, perl’età ormaiavanzata e la mancanza di nuove vocazioni.L’Istituto, fondato da Magdeleine Hutin e ispirato almessaggio di Charles de Foucauld, era presente nelPaese da 60 anni. Le prime sorelle erano arrivate infattinel 1956. Padre Giuseppe Moretti, cappellano all’ambasciataitaliana e responsabile della missio sui iurisdell’Afghanistan fino al 2015, come riferisce l’agenziaAsiaNews, racconta: «Per tutti questi anni, le suore non

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hanno mai lasciato Kabul: non durante l’occupazionesovietica, non sotto i talebani e neanche durante ibombardamenti... Parlavano la lingua farsi, vivevanocome afghane, dormendo su un tappeto per terra eindossando gli abiti tradizionali.». Per questo, eranoamate e stimate dalla comunità, tanto che negli ultimianni avevano ottenuto la cittadinanza afghana:«Scherzavano dicendo che non è vero che nel Paesenon esiste più un afghano cristiano».Erano rispettate anche dai talebani. «Nel 1993 –riferisce ancora p. Moretti – andavano tutti i venerdìnella cappella dell’ambasciata a pregare, nonostantefosse chiusa a causa della guerra civile. I talebanisapevano chi erano, e le hanno sempre lasciate entrare.Sulla facciata della cappella c’è una croce ben visibile. Lasede centrale della polizia religiosa era proprio lì vicino.Avrebbero potuto distruggere la cappella, ma nonl’hanno fatto».«Nei primi anni del 2000, la polizia era andata acercarle a casa. A quel tempo, abitavano in uncasermone costruito dai sovietici. Il responsabiledell’edificio, un mullah, fermò la polizia dicendo: «Lesuore non si toccano. Queste donne vanno rispettate».I talebani si limitarono allora ad entrarenell’appartamento per poi andare via, lasciandole inpace».Secondo p. Moretti, ciò che colpiva era il loro modo distare vicine ai bisognosi, “nel silenzio”: «Anche conl’arrivo della Nato nel 2002, hanno sempre rifiutato congentilezza tutte le interviste. Non solo per non essereprese di mira o considerate spie, ma proprio per viadella loro dedizione e del loro riserbo. Tante donne sisono rivolte a loro, in cerca di appoggio, consolazione eforza, e hanno sempre tenuto riservate le loro storie».«Le Piccole sorelle di Gesù erano afghane fra gliafghani» – conclude p. Moretti. «Chi le vedeva nonpoteva che ammirarle. La loro è una storia a cuidobbiamo guardare».Adesso in Afghanistan rimangono le suore di MadreTeresa di Calcutta e un gruppo formato da piùcongregazioni che si occupa, insieme a delle maestreafghane, di bambini con disabilità. Secondo p. Moretti, lastoria delle Piccole sorelle ha facilitato queste nuoveesperienze.

Laos*

Beatificazione di 17 martiriL’11 dicembre 2016 nella capitale del Laos, Vientiane,sono stati beatificati 17 martiri, uccisi in odium fidei daiguerriglieri comunisti del Pathet Lao tra il 1954 e il1970. Fra questi anche il religioso italiano, p. MarioBorzaga (nella foto). Ha presieduto la cerimonia ilcardinale, arc. di Cotabato (Filippine), Orlando Quevedo,in qualità di inviato speciale del papa Francesco. LaMessa è stata celebrata nella cattedrale del SacroCuore. Per la circostanza erano venuti cardinali, vescovi,

sacerdoti, suore elaici dai paesi vicini,specialmente dalVietnam, ma anchedall’Europa (Franciae Italia). Inoltreanche vescovi cheavevano sofferto inprigione e nei campidi rieducazione, oltrea missionarisopravvissuti allapersecuzione e allaespulsione del 1975,e un migliaio difedeli – un numeroelevato se si pensache la comunità cattolica nel paese conta solo l’1% suuna popolazione di circa 7 milioni di abitanti. Sonointervenuti anche alcuni parenti dei martiri e abitantidelle zone dove operavano i missionari dell’OMI primadi essere cacciati dal governo nel 1975. In prima filafiguravano anche le autorità che avevano autorizzato lacelebrazione, a condizione che non uscisse dalperimetro della chiesa. Dei 17 martiri, 6 sono di nazionalità laotiana, 10 fannoparte dell’Istituto Missioni Estere di Parigi e dellaCongregazione dei Missionari Oblati dell’Immacolata(OMI). Tra questi anche p. Mario Borzaga, OMI,originario di Trento. Era giunto in Laos lo stesso annodella sua ordinazione sacerdotale, nel 1957. Era moltogiovane ma già preparato a questa difficile missione.«Ho bisogno di fede e di amore – aveva scritto –altrimenti non posso diventare martire». Si occupavadella formazione dei catechisti, della visita alle famiglie,della cura dei malati. Il 25 aprile 1960 era partito perun viaggio di due settimane assieme al catechista PaulThoj per visitare alcuni villaggi dell’etnia Hmong nellaforesta. Fu un viaggio senza ritorno. Alcuni testimonihanno confermato che la morte dei due missionariavvenne ad opera dei comunisti del Pathet Lao e hannoriportato anche le ultime parole del catechista Paul ilquale disse: «Io rimango qui. Se uccidete lui, uccideteanche me». P. Borzaga aveva 28 anni e il suo catechistaPaul 19.Nell’omelia di beatificazione, il card. Quevedo haesortato i presenti: «Siate forti, siate fermi! ... Questo èun giorno di amore dei 17 martiri, un giorno di gioiaper tutti gli abitanti del Laos, un giorno di benedizioneper una pacifica e armoniosa relazione fra tutti icittadini laotiani».Il cardinale ha quindi invitato il “piccolo gregge” aessere fedele a Cristo e al Vangelo e ad essere “luce esale” in seno alla società del Laos. La Chiesa del Laos celebrerà ogni anno la festa diquesti martiri il 16 dicembre.

a cura di Antonio Dall’Osto

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DIECI TEMI FONDAMENTALI

Il papae il sacerdozio

James H. Kroeger, teologo e missiologo filippino, ha raccolto in dieci temifondamentali la visione dinamica che papa Francesco ha del sacerdozio.

Ha attinto dalle sue omelie tenute in varie circostanze e da interventi inaltri numerosi incontri ricavandone una sintesi stimolante che ogni

sacerdote potrà leggere con grande interesse.

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SPECIALE Testimoni

Papa Francesco, vero “papa del popolo”, comunicae interagisce con la gente di ogni fascia di età, ap-partenenza culturale, strati e ceti sociali. È noto

per il suo gran numero di “primati”: primo papa gesuita;primo a prendere il nome di Francesco; primo papa noneuropeo da oltre mille anni, primo papa ad essere indi-cato nel 2013 dalla rivista Time “Personaggio dell’anno”,titolo prestigioso attribuito a uno che ha “maggiormen-te influenzato gli eventi dell’anno”.1

Papa Francesco ha oltre dieci milioni di persone che loseguono su Twitter. È spesso ricordato per il suo senso diumorismo e i suoi memorabili detti. Quando fu elettopapa, nel 2013, disse agli altri cardinali: «Dio vi perdoniper ciò che avete fatto».Un giorno un bambino gli chiese se aveva desiderato didiventare papa ed egli gli rispose: «Bisogna essere deltutto pazzi per desiderarlo». Le sue massime contengo-

no una profonda sapienza, espressa in maniera sinteticae memorabile: «Un poco di misericordia rende il mondomeno freddo e più giusto». «Per essere sapienti, bisognausare tre linguaggi: pensare bene, sentire bene e agirebene. Essere sapienti permette di essere sorpresi dall’a-more di Dio».Oltre alle sue vedute su un’ampia gamma di problemi at-tuali, papa Francesco ha parlato in varie occasioni in ma-niera profonda e perspicace dei sacerdoti e del sacerdo-zio (messe crismali, messe di ordinazione, giubilei sacer-dotali, ecc.). Questa semplice presentazione cerca diestrarre i ricchi tesori delle sue vedute sul sacerdozio, ci-tando per esteso le sue stesse parole; si muovono attor-no a dieci temi fondamentali. Ma questo è solo uno deitentativi di “tematizzare” il suo pensiero sul sacerdozio.Vengono citati 24 suoi importanti documenti che conten-gono del “materiale sul sacerdozio”.

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SPECIALE Testimoni

1. Ancorate il vostro sacerdozio nellavostra relazione con Cristo

Nella sua prima esortazione apostolica, Evangelii gau-dium (3) il papa ha invitato direttamente ognuno (i sa-cerdoti in particolare) a vivere un impegno quotidianocon Gesù. «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e si-tuazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontropersonale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la de-cisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ognigiorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno pos-sa pensare che questo invito non è per lui... il Signorenon lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passoverso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo abraccia aperte» (24 novembre 2013: Esortazione aposto-lica Evangelii gaudium). «Ciascuno di noi è molto caroa Dio, amato e scelto da lui, ed è chiamato a servire... Cifarà bene pregare con fiducia ogni giorno per questo,chiedere di essere guariti da Gesù, di assomigliare a Lui,che “non ci chiama più servi, ma amici”» (cfr Gv 15,15)(29 maggio 2016: omelia al Giubileo dei diaconi). Si trat-ta di una chiara provocazione ai sacerdoti: vivere inconformità a Cristo nel mondo d’oggi. Detto con parolesemplici: tutto deve essere radicato nella propria amici-zia con Gesù.Papa Francesco ha parlato della “stanchezza” del sacer-dote nella sua omelia alla messa crismale del 2015, sot-tolineando come essa può portarci più vicini a Cristo.«La stanchezza dei sacerdoti! Sapete quante volte pen-so a questo: alla stanchezza di tutti voi? Ci penso moltoe prego di frequente, specialmente quando ad esserestanco sono io... Succede anche che, quando sentiamo ilpeso del lavoro pastorale, ci può venire la tentazione diriposare in un modo qualunque, come se il riposo nonfosse una cosa di Dio... La nostra fatica è preziosa agliocchi di Gesù, che ci accoglie e ci fa alzare... Teniamo benpresente che una chiave della fecondità sacerdotale stanel come riposiamo e nel come sentiamo che il Signoretratta la nostra stanchezza. Com’è difficile imparare a ri-posare! In questo si gioca la nostra fiducia e il nostro ri-cordare che anche noi siamo pecore e abbiamo bisognodel pastore, che ci aiuti» (2 aprile 2015: omelia alla mes-sa crismale in San Pietro). Dobbiamo imparare a riposa-re nella braccia del Buon Pastore.Durante il giubileo dei sacerdoti nel 2016, celebrandol’eucaristia nella Festa del Sacro Cuore, disse: «Oggi vol-giamo lo sguardo a due cuori: il Cuore del Buon Pastoree il nostro cuore di pastori. Il Cuore del Buon Pastorenon è soltanto il Cuore che ha misericordia di noi, ma èla misericordia stessa.... Lì mi sento sicuro di essere ac-colto e compreso come sono; lì, con tutti i miei limiti e imiei peccati, gusto la certezza di essere scelto e amato.Guardando a quel Cuore rinnovo il primo amore: la me-moria di quando il Signore mi ha toccato nell’animo e miha chiamato a seguirlo, la gioia di aver gettato le reti del-la vita sulla sua Parola» (cfr Lc 5,5) (3 giugno 2016: ome-lia alla messa per la Festa del Sacro Cuore di Gesù). «Nonbisogna «mai dimenticare il primo amore, mai!» (6 giu-gno 2014: omelia nella Casa di Santa Marta).Senza dubbio per i sacerdoti, la relazione con Cristo è in-

timamente collegata con l’Eucaristia. «Mediante il vo-stro ministero, il sacrificio spirituale dei fedeli viene re-so perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo, cheper le vostre mani, in nome di tutta la Chiesa, viene of-ferto in modo incruento sull’altare nella celebrazione deiSanti Misteri. Quando voi celebrate la Messa, riconosce-te dunque ciò che fate. Non farlo di fretta! Imitate ciòche celebrate – non è un rito artificiale, un rituale artifi-ciale – perché così, partecipando al mistero della mortee risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristonelle vostre membra e camminiate con Lui in novità divita» (26 aprile 2015: omelia per l’ordinazione di 19 sa-cerdoti in San Pietro).Come sacerdoti «non possiamo vivere senza avere unrapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo.[Chi] non si alimenta quotidianamente con quel Cibo di-venterà un burocrate... La preghiera quotidiana, la par-tecipazione assidua ai Sacramenti, in modo particolareall’Eucaristia e alla Riconciliazione, il contatto quotidia-no con la Parola di Dio e la spiritualità tradotta in caritàvissuta sono l’alimento vitale per ciascuno di noi. Che siachiaro a tutti noi che senza di Lui non possiamo fare nul-la (cfr Gv 15,5) (22 dicembre 2014: discorso alla CuriaRomana).

2. Come un Pastore misericordioso,siate vicini alla vostra gente

Papa Francesco ha affermato con chiarezza: «La genteama, desidera e ha bisogno dei suoi pastori! Il popolo fe-dele non ci lascia senza impegno diretto, salvo che unosi nasconda in un ufficio o vada per la città con i vetrioscurati. E questa stanchezza è buona, è una stanchezzasana. È la stanchezza del sacerdote con l’odore delle pe-core… ma con il sorriso di un papà che contempla i suoifigli o i suoi nipotini... Se Gesù sta pascendo il gregge inmezzo a noi non possiamo essere pastori con la facciaacida, lamentosi, né, ciò che è peggio, pastori annoiati.Odore di pecore e sorriso di padri…» (2 aprile 2015:Messa crismale nella Basilica di San Pietro).«La gioia di Gesù Buon Pastore non è una gioia per sé,ma è una gioia per gli altri e con gli altri, la gioia vera del-l’amore. Questa è anche la gioia del sacerdote. Egli vie-ne trasformato dalla misericordia che gratuitamente do-na... Cari sacerdoti, nella celebrazione eucaristica ritro-viamo ogni giorno questa nostra identità di pastori. Ognivolta possiamo fare veramente nostre le sue parole:«Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». È ilsenso della nostra vita; sono le parole con cui, in un cer-to modo, possiamo rinnovare quotidianamente le pro-messe della nostra Ordinazione. Vi ringrazio per il vostro“sì”» (3 giugno 2016: omelia per la Festa del Sacro Cuo-re di Gesù). Parlando del sacerdote-pastore nella sua parrocchia enella missione che gli è stata affidata, papa Francesco haaffermato che questa missione «gli dà gioia quando le èfedele, quando fa tutto ciò che deve fare e lascia tutto ciòche deve lasciare pur di rimanere in mezzo alle pecoreche il Signore gli ha affidato: “Pasci le mie pecore” (Gv21,16.17)... Colui che è chiamato sappia che esiste in que-

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SPECIALE Testimoni

sto mondo una gioia genuina e piena: quella di esserepreso dal popolo che uno ama per essere inviato ad es-so come dispensatore dei doni e delle consolazioni diGesù, l’unico Buon Pastore che, pieno di profonda com-passione per tutti i piccoli e gli esclusi di questa terra, af-faticati e oppressi come pecore senza pastore, ha volutoassociare molti al suo ministero per rimanere e operareLui stesso, nella persona dei suoi sacerdoti, per il benedel suo popolo» (17 aprile 2014, omelia crismale in SanPietro). «Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempiodel Buon Pastore, che non è venuto per essere servito,ma per servire; per cercare e salvare ciò che era perdu-to» (17 aprile 2016: omelia ai sacerdoti nella Giornatamondiale delle vocazioni).I sacerdoti devono partecipare alle sofferenze della lorogente. «Pregando chiediamo la grazia di “sentire e gusta-re” il Vangelo in modo tale che ci renda sensibili per lavita… possiamo chiedere la grazia di gustare con Lui sul-la croce il sapore amaro del fiele di tutti i crocifissi, persentire così l’odore forte della miseria – in ospedali dacampo, [espressione preferita di papa Francesco] in tre-ni e barconi pieni di gente –; quell’odore che l’olio dellamisericordia non copre, ma che ungendolo fa sì che si ri-svegli una speranza» (2 giugno 2016: terza meditazioneal giubileo dei sacerdoti).Per papa Francesco, l’attività dei sacerdoti non consiste«nei soli compiti esteriori, come ad esempio le attivitàmanuali – costruire un nuovo salone parrocchiale, o trac-ciare le linee di un campo di calcio per i giovani dell’o-ratorio…; gli impegni menzionati da Gesù implicano lanostra capacità di compassione, sono impegni in cui ilnostro cuore è “mosso” e commosso. Ci rallegriamo coni fidanzati che si sposano, ridiamo con il bimbo che por-tano a battezzare; accompagniamo i giovani che si pre-parano al matrimonio e alla famiglia; ci addoloriamo conchi riceve l’unzione nel letto di ospedale; piangiamo conquelli che seppelliscono una persona cara… Per noi sa-cerdoti le storie della nostra gente non sono un notizia-rio: noi conosciamo la nostra gente, possiamo indovina-re ciò che sta passando nel loro cuore; e il nostro, nel pa-tire con loro, ci si va sfilacciando, ci si divide in mille pez-zetti, ed è commosso e sembra perfino mangiato dallagente» (2 aprile 2015: Messa crismale in San Pietro).Il messaggio ai sacerdoti che papa Francesco spesso ripe-te è espresso nelle parole pronunciate all’ordinazione di10 sacerdoti la domenica del Buon Pastore del 2013: «Og-gi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore,non vi stancate di essere misericordiosi» (21 aprile 2013:omelia all’ordinazione di 10 sacerdoti in San Pietro).E quando ordinò 13 sacerdoti l’11 maggio 2014, disse: « Equi voglio fermarmi e chiedervi, per l’amore di Gesù Cri-sto: non stancatevi mai di essere misericordiosi! Per favo-re!» (11 maggio 2014: omelia per l’ordinazione di 13 sacer-doti in San Pietro). E alla messa crismale del 2016: «Co-me sacerdoti, siamo testimoni e ministri della Misericor-dia sempre più grande del nostro Padre; abbiamo il dolcee confortante compito di incarnarla, come fece Gesù» (24marzo 2016, omelia alla messa crismale in San Pietro). La bolla di indizione del Giubileo straordinario della mi-sericordia, Misericordiae vultus sovrabbonda di numero-

se preziose affermazioni sulla misericordia di Dio. E nel-la Evangelii gaudium, Francesco cita Tommaso d’Aqui-no il quale afferma che «la misericordia è la più grandedi tutte le virtù» e che «è proprio di Dio usare misericor-dia» (EG 37).

3. Cercate di vivere uno stile di vitasemplice. Siate disponibili

Anche se i sacerdoti diocesani non professano il voto dipovertà come i religiosi sacerdoti, tutti i sacerdoti s’im-pegnano a vivere e a praticare uno stile di vita semplice.È noto che durante i suoi anni a Buenos Aires, il card.Bergoglio viveva in un piccolo appartamento anzichénella residenza episcopale; si serviva del trasporto pub-blico anziché di un’auto con l’autista, cucinava da sé. Ap-pena eletto papa viaggiava con gli altri cardinali in auto-bus, pagava il suo conto all’hotel e anche adesso si servedi un auto molto semplice e vive nella Casa Santa Mar-ta. Il papa Francesco conosce i bisogni materiali neces-sari per l’apostolato; tuttavia egli invita i suoi fratelli sa-cerdoti ad esaminare la loro sincerità e autenticità nel vi-vere la loro povertà spirituale.Francesco ammette: «Nella Chiesa abbiamo avuto e ab-biamo molte cose non tanto buone, e molti peccati... Ilnostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quel-lo di essere attaccati al denaro. Il popolo non lo perdo-na. E non è tanto per la ricchezza in sé, ma perché il de-naro ci fa perdere la ricchezza della misericordia. Il no-stro popolo riconosce “a fiuto” quali peccati sono gravi

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per il pastore, quali uccidono il suo ministero... Esseremisericordiosi con gli altri in tutto il nostro agire. Esse-re misericordioso non è solo un modo di essere, ma ilmodo di essere. Non c’è altra possibilità di essere sacer-dote» (2 giugno 2016: terza meditazione per il giubileodei sacerdoti).Come possono i sacerdoti diventare “servi buoni e fede-li” (cf. Mt 25,21)? Per Francesco «siamo invitati a viverela disponibilità... Il servitore ogni giorno impara a distac-carsi dal disporre tutto per sé e dal disporre di sé comevuole. Si allena ogni mattina a donare la vita, a pensareche ogni giorno non sarà suo, ma sarà da vivere come unaconsegna di sé... Il servitore è aperto alla sorpresa, allesorprese quotidiane di Dio... Chi serve non è schiavo del-l’agenda che stabilisce. A me fa male al cuore quando ve-do un orario, nelle parrocchie: “Dalla tale ora alla taleora”. E poi? Non c’è porta aperta, non c’è prete, non c’èdiacono, non c’è laico che riceva la gente… Questo fa ma-le... vivendo nella disponibilità, il vostro servizio sarà pri-vo di ogni tornaconto ed evangelicamente fecondo» (29maggio 2016: omelia al giubileo dei diaconi).Francesco ha parlato spesso della virtù della disponibi-lità nei sacerdoti. Nella messa crismale del 2014 ebbe adire: « La disponibilità del sacerdote fa della Chiesa laCasa dalle porte aperte, rifugio per i peccatori, focolareper quanti vivono per strada, casa di cura per i malati,campeggio per i giovani, aula di catechesi per i piccolidella prima Comunione… Dove il popolo di Dio ha undesiderio o una necessità, là c’è il sacerdote che sa ascol-tare (ob-audire) e sente un mandato amoroso di Cristoche lo manda a soccorrere con misericordia quella ne-cessità o a sostenere quei buoni desideri con carità crea-tiva» (17 aprile 2014: omelia alla messa crismale in sanPietro).L’impegno di papa Francesco a vivere in maniera sem-plice è rispecchiato nella scelta del nome Francesco. So-no comunemente noti molti particolari della scelta delnome narrati da lui stesso. Quando fu evidente di esse-re stato scelto, il suo amico, il card. Claudio Hummes, se-duto vicino a lui, l’abbracciò, gli diede un bacio e disse:“Non dimenticare i poveri”, Francesco affermò: «questeparole mi colpirono: i poveri, i poveri. Subito, pensandoai poveri, mi è venuto in mente Francesco d’Assisi. Perme è l’uomo della povertà». Francesco aggiunse: «comevorrei una Chiesa che è povera e per i poveri». NellaEvangelii gaudium dedica una notevole sezione ai pove-ri nella Chiesa e nella società (EG 186-216). Egli ripetecon forza il suo desiderio: «Desidero una Chiesa poveraper i poveri» (EG 198).

4. Ammettete i vostri limiti: diventateun modello di integrità

La lettera agli ebrei (5,1) scrive: “Ogni sommo sacerdo-te è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costitui-to nelle cose che riguardano Dio”. Prebyterorum Ordi-nis, il documento del Vaticano II sul ministero e la vitadei presbiteri afferma: «I presbiteri sono stati presi fra gliuomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle co-se che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in

remissione dei peccati vivono quindi in mezzo agli altriuomini come fratelli in mezzo ai fratelli» (PO 3). I sacer-doti sono veramente “in questo mondo, ma non di que-sto mondo”; devono essere coscienti della loronullità/umanità e anche della loro “grandezza”/“di-gnità”. Anche nella loro debolezza devono manifestarel’irresistibile potere e presenza del divino. Le moltepliciopere della grazia di Dio entro i limiti umani sono infat-ti un profondo mistero; noi sacerdoti dobbiamo lasciar-ci sovrastare dalla misericordia amorevole di Dio – eversare lacrime di gratitudine. Francesco afferma: «Dobbiamo situarci qui, nello spazioin cui convivono la nostra miseria più vergognosa e lanostra dignità più alta. Lo stesso spazio. Sporchi, impu-ri, meschini, vanitosi – è peccato di preti, la vanità – egoi-sti e, nello stesso tempo, con i piedi lavati, chiamati edeletti, intenti a distribuire i pani moltiplicati, benedettidalla nostra gente, amati e curati. Solo la misericordiarende sopportabile quella posizione. Senza di essa o cicrediamo giusti come i farisei o ci allontaniamo comequelli che non si sentono degni... L’importante è che cia-scuno si ponga nella tensione feconda in cui la misericor-dia del Signore ci colloca: non solamente di peccatoriperdonati, ma di peccatori a cui è conferita dignità» (2giugno 2016: prima meditazione al giubileo dei sacerdo-ti. «La misericordia di Dio è sempre “più grande dellanostra coscienza” di peccato» (2 giugno 2016, secondameditazione al giubileo dei sacerdoti)Papa Francesco afferma: «Un buon prete, dunque, è pri-ma di tutto un uomo con la sua propria umanità, che co-nosce la propria storia, con le sue ricchezze e le sue feri-te, e che ha imparato a fare pace con essa, raggiungendola serenità di fondo, propria di un discepolo del Signo-re... La nostra umanità è il “vaso di creta” in cui custo-diamo il tesoro di Dio, un vaso di cui dobbiamo avere cu-ra, per trasmettere bene il suo prezioso contenuto... Egliè il “Sommo Sacerdote”, allo stesso modo vicino a Dioe vicino agli uomini; è il “Servo”, che lava i piedi e si faprossimo ai più deboli; è il “Buon Pastore”, che sempreha come fine la cura del gregge» (20 novembre 2015: di-scorso in occasione del 50° anniversario dei decreti con-ciliari”Optatam totius” e “Presbyterorum ordinis”) .Si possono individuare parole molto dure di papa Fran-cesco su varie colpe ed errori nei sacerdoti: dal peccatodel carrierismo/autoritarismo [e] “del clericalismo che èuna distorsione della religione” (2013, Libro di JorgeBergoglio e Abraham Skorka “Il cielo e la terra”. «C’è lamalattia della schizofrenia esistenziale. È la malattia dicoloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia ti-pica del mediocre» (22 dicembre 2014: discorso alla Cu-ria romana). In diverse occasioni papa Francesco ha rac-comandato ai sacerdoti di essere molto più misericordio-si verso i cattolici divorziati e di accogliere le coppie ri-sposate e i loro bambini nella Chiesa (6 agosto 2015:omelia nella Festa della Trasfigurazione del Signore). «LaChiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta delPadre. Uno dei segni concreti di questa apertura è ave-re dappertutto chiese con le porte aperte... Tutti posso-no partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tuttipossono far parte della comunità, e nemmeno le porte

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dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragionequalsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta diquel sacramento che è “la porta”, il Battesimo, l’Eucari-stia» (EG 47).I sacerdoti devono perciò esaminare costantemente laloro coscienza e il loro stile di vita. Papa Francesco pro-pone un breve esame di coscienza per i sacerdoti: «Il miocuore dov’è? In mezzo alla gente, pregando con e per lagente, coinvolto con le loro gioie e sofferenze, o piutto-sto in mezzo alle cose del mondo, agli affari terreni, aimiei “spazi” privati?» (20 novembre 2015: discorso in oc-casione del 50° anniversario dei decreti conciliari “Opta-tam totius” e “Presbyterorum ordinis”).Quale altro approccio guida per l’esame di coscienzaFrancesco suggerisce l’ “inno alla carità” della prima let-tera ai Corinzi (14 febbraio 2015: omelia al clero nellaCattedrale di Manila). Inoltre, noi sacerdoti ci rendiamoconto di essere “servi inutili” (Lc 17,10) che il Signorebenedice con la fecondità della sua grazia, e che Lui stes-so in persona fa sedere alla sua mensa e ai quali offrel’Eucaristia?» (2 giugno 2016: terza meditazione al giubi-leo dei sacerdoti). «Sacerdoti, la Chiesa non deve mai es-sere “autoreferenziale”» (ib).

5. Nel ministero emanate gioiaricevete e donate affetto

Il tema che ha dominato la riflessione della secondamessa crismale di Papa Francesco (2014) è stato la “gioiasacerdotale”. «Facciamo memoria del giorno felice del-l’Istituzione del sacerdozio e di quello della nostra Or-dinazione sacerdotale. Il Signore ci ha unto in Cristo conolio di gioia e questa unzione ci invita a ricevere e a far-ci carico di questo grande dono: la gioia, la letizia sacer-dotale. La gioia del sacerdote è un bene prezioso non so-lo per lui ma anche per tutto il popolo fedele di Dio: quelpopolo fedele in mezzo al quale è chiamato il sacerdoteper essere unto e al quale è inviato per ungere» (17 apri-le 2014: omelia alla messa crismale in San Pietro). «Lagioia sacerdotale ha la sua fonte nell’Amore del Padre,e il Signore desidera che la gioia di questo Amore «siain noi» e «sia piena» (Gv 15,11)... Trovo tre caratteristi-che significative nella nostra gioia sacerdotale: è unagioia che ci unge (non che ci rende untuosi, sontuosi epresuntuosi), è una gioia incorruttibile ed è una gioiamissionaria che si irradia a tutti e attira tutti. Una gioia che ci unge. Vale a dire: è penetrata nell’inti-mo del nostro cuore, lo ha configurato e fortificato sacra-mentalmente... Unti fino alle ossa… e la nostra gioia, chesgorga da dentro, è l’eco di questa unzione. Una gioia in-corruttibile. L’integrità del Dono, alla quale nessuno puòtogliere né aggiungere nulla, è fonte incessante di gioia:una gioia incorruttibile, che il Signore ha promesso chenessuno potrà toglierci (cfr Gv 16,22). Una gioia missio-naria. La gioia del sacerdote è posta in intima relazionecon il santo popolo fedele di Dio ... L’unzione è in ordi-ne a ungere il santo popolo fedele di Dio: per battezza-re e confermare, per curare e consacrare, per benedire,per consolare ed evangelizzare» (17 aprile 2014: omeliaalla messa crismale in San Pietro). Ricordate che il pri-

mo grande documento emanato da papa Francesco èstata l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. PerFrancesco «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vi-ta intera di coloro che si incontrano con Gesù... Con Ge-sù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia... Desidero in-dirizzarmi ai fedeli cristiani per invitarli a una nuova tap-pa evangelizzatrice marcata da questa gioia» (EG 1).Nascoste in questa prima esortazione apostolica diFrancesco si trovano molte espressioni creative che ci ri-cordano la centralità della gioia nel nostro apostolato.«Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Qua-resima senza Pasqua» (EG 6). «Un evangelizzatore nondovrebbe avere costantemente una faccia da funerale»(EG 10). «Si sviluppa la psicologia della tomba, che a po-co a poco trasforma i cristiani in mummie da museo»(EG 83). Francesco ha citato san Giovanni XXIII il qua-le disse: «A noi sembra di dover risolutamente dissenti-re da codesti profeti di sventura che annunciano sempreil peggio, quasi incombesse la fine del mondo» (EG 84),I cristiani devono evitare qualsiasi cosa che «ci trasfor-ma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scu-ra» (EG 85). «Non lasciamoci rubare la gioia dell’evan-gelizzazione» (EG 83).Per Francesco un sacerdote deve essere un vero aposto-lo, «una persona cortese, serena, entusiasta e allegra chetrasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dioè un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutticoloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! Non per-diamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humor, epersino autoironico, che ci rende persone amabili, anchenelle situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona do-se di sano umorismo! Ci farà molto bene recitare spes-so la preghiera di san Thomas More: io la prego tutti igiorni, mi fa bene. “Dammi, Signore, il senso del buonumore. Concedimi la grazia di comprendere uno scher-zo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte an-che agli altri”» (22 dicembre 2014: discorso alla CuriaRomana). Papa Francesco ha ardentemente implorato il Signoreper il dono della gioia ai sacerdoti. « In questo GiovedìSanto chiedo al Signore Gesù che conservi il brillaregioioso negli occhi dei nuovi ordinati.... Conserva Signo-re nei tuoi giovani sacerdoti la gioia della partenza, di fa-re ogni cosa come nuova, la gioia di consumare la vitaper te... chiedo al Signore Gesù di confermare la gioia sa-cerdotale di quelli che hanno parecchi anni di ministe-ro... Chiedo al Signore Gesù che risplenda la gioia dei sa-cerdoti anziani, sani o malati. È la gioia della Croce...Sentano, Signore, la gioia di passare la fiaccola, la gioiadi veder crescere i figli dei figli e di salutare, sorridendoe con mitezza, le promesse, in quella speranza che nondelude» (17 aprile 2014: omelia alla messa crismale)

6. Impegnatevi per una predicazionedi qualità

Molti cattolici sono rimasti sorpresi che papa Francesconella Evangelii gaudium abbia dedicato 25 paragrafi al-l’omelia e alla predicazione (EG 135-159). Egli ha fattodiverse affermazioni dirette – perfino brusche – sui sa-

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cerdoti e la predicazione: «L’omelia è la pietra di para-gone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro diun pastore con il suo popolo» (135). «L’omelia non puòessere uno spettacolo di intrattenimento... Deve esserebreve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezio-ne... Se l’omelia si prolunga troppo danneggia due carat-teristiche della celebrazione liturgica, l’armonia tra lesue parti e il suo ritmo» (138)... «Lapreparazione della predicazione èun compito così importante che con-viene dedicarle un tempo prolunga-to di studio, preghiera, riflessione ecreatività pastorale... Un predicato-re che non si prepara non è “spiri-tuale”, è disonesto e irresponsabileverso i doni che ha ricevuto» (145).«L’omelia non dovrebbe essere uti-lizzata per correggere errori... per insegnare... per spie-gare diverse idee teologiche... per informare circa le ul-time notizie» (147). «La cosa indispensabile è che il pre-dicatore abbia la certezza che Dio lo ama, che Gesù Cri-sto lo ha salvato e che il suo amore ha sempre l’ultimaparola» (151). «La preparazione della predicazione sitrasforma così in un esercizio di discernimento evange-lico [unendo una fede profonda alla vita contempora-nea] (154)». «Altra caratteristica è il linguaggio positi-vo... Una predicazione positiva offre speranza, orientaverso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività»(159).Parlando ai neo ordinati sacerdoti, Francesco disse: «Levostre omelie non siano noiose, che le vostre omelie ar-rivino proprio al cuore della gente perché escono dal vo-stro cuore, perché quello che voi dite a loro è quello chevoi avete nel cuore. Così si dà la Parola di Dio e così lavostra dottrina sarà gioia e sostegno ai fedeli di Cristo,il profumo della vostra vita sarà la testimonianza» (26aprile 2015: omelia per l’ordinazione di 19 neo-sacerdotiin San Pietro). Viene subito a mente il motto episcopaledel card. John Henry Newman: “Cor ad cor loquitur” (ilcuore parla al cuore).«Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suopopolo; questa è una prova chiara. Quando la nostragente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esem-pio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha rice-vuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Van-gelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vange-lo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana,...quando illumina le situazioni limite... La gente ci ringra-zia perché sente che abbiamo pregato con le realtà del-la sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sueangustie e le sue speranze» (28 marzo 2013: Omelia allamessa crismale in San Pietro).

7. Verificate con cura “la vostraposizione o il potere clericale chepossedete”

Forse uno dei discorsi più citati di papa Francesco permettere in guardia sacerdoti e vescovi da alcune possi-bili insidie nel loro ministero e nella loro vita si trova nel

messaggio natalizio alla Curia romana (22 dicembre2014). Il messaggio è concepito come una specie di “esa-me di coscienza, secondo la pratica dei Padri del deser-to, che preparavano gli “elenchi” in vista del sacramen-to della riconciliazione. Francesco ha affermato che laguarigione si attua attraverso la consapevolezza dellapropria malattia e la decisione personale e comunitaria

di applicare con pazienza e perseve-ranza i rimedi opportuni.Francesco ha ricordato alcune possi-bili “malattie e tentazioni che inde-boliscono la nostra relazione vitalepersonale, autentica e solidale conCristo”. Indicando diverse voci spe-cifiche chiarisce e favorisce «una vi-va relazione con Dio che nutre erafforza la nostra comunione con gli

altri». L’elenco delle malattie di papa Francesco com-prende quindici voci (22 dicembre 2014: discorso alla Cu-ria Romana).Anzitutto 1) «la malattia di essere immortali, immuni eindispensabili! È la malattia di coloro che si trasforma-no in padroni e si sentono superiori a tutti e non al ser-vizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del po-tere, dal “complesso degli Eletti”». 2) Un’altra malattia èquella del «“martalismo” (che viene da Marta), dell’ec-cessiva operosità... Per questo Gesù ha chiamato i suoidiscepoli a “riposarsi un po’». 3) «C’è anche la malattiadell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di colo-ro che posseggono un cuore di pietra... È la malattia dicoloro che perdono “i sentimenti di Gesù”...». 4) «Lamalattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionali-smo». 5) «La malattia del cattivo coordinamento: quan-do le membra perdono la comunione tra di loro».Papa Francesco nomina altre possibili malattie quali 6)«la malattia dell’ Alzheimer spirituale : ossia la dimenti-canza della propria storia di salvezza, della storia perso-nale con il Signore, del “primo amore”... Lo vediamo incoloro che hanno perso la memoria del loro incontro conil Signore». 7) «La malattia della rivalità e della vanaglo-ria [che implica] i nostri titoli onorifici». 8) «La malattiadella schizofrenia esistenziale. È la malattia di coloro chevivono una doppia vita». 9) «La malattia delle chiacchie-re, delle mormorazioni e dei pettegolezzi... Fratelli, guar-diamoci dal terrorismo delle chiacchiere». 10) «La ma-lattia di divinizzare i capi. È la malattia di coloro che cor-teggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro bene-volenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportuni-smo... Sono persone che vivono il servizio pensando uni-camente a ciò che devono ottenere e non a quello chedevono dare».Le ultime cinque malattie elencate dal papa Francescocominciano con 11) «l’indifferenza verso gli altri. Quan-do ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità e ilcalore dei rapporti umani». 12) «La malattia della facciafunerea, ossia delle persone burbere e arcigne, le qualiritengono che per essere seri occorra dipingere il voltodi malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattut-to quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arro-ganza». 13) «La malattia dell’accumulare: quando l’apo-

Un sacerdote deve essereuna persona cortese,serena, entusiasta e

allegra che trasmettegioia ovunque si trova.

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“mistica popolare”. Si tratta di una vera “spiritualità in-carnata nella cultura dei semplici”. È “un modo legitti-mo di vivere la fede”, “un modo di sentirsi parte dellaChiesa, e di essere missionari”; porta con sé la grazia del-la missionarietà, dell’uscire da se stessi e dell’essere pel-legrini» (EG 124).«Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo incul-turato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice

che non possiamo sottovalutare: sa-rebbe come disconoscere l’operadello Spirito Santo. Piuttosto, siamochiamati ad incoraggiarla e a raffor-zarla per approfondire il processodi inculturazione che è una realtàmai terminata. Le espressioni dellapietà popolare hanno molto da in-

segnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogoteologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolar-mente nel momento in cui pensiamo alla nuova evange-lizzazione» (EG 126).

Prima di essere eletto papa, l’allora card. Jorge Bergo-glio in una conferenza del 2012 parlò di “teologia del po-polo” che egli tiene in grande stima, sottolineando chela pietà popolare è l’antitesi della diffusa secolarizzazio-ne. Questa teologia è fondata sulla comune cultura e de-vozione del popolo, inclusi la spiritualità e il senso di giu-stizia; essa manifesta “la fede del nostro umile popolo”.Per il card. Bergoglio, l’America Latina, è ampiamentecaratterizzata dalla povertà e dal cristianesimo; il secon-do aspetto è espresso in diverse e variopinte forme co-me processioni, veglie e preghiere pubbliche. Egli disse:«Se avviciniamo il nostro popolo con lo sguardo delbuon pastore, se non lo giudichiamo ma lo amiamo, ci ac-corgiamo che questo modo di esprimere la fede cristia-na è ancora presente tra noi, specialmente nei nostri po-veri». Affermò che «la spiritualità popolare è il modooriginale attraverso cui lo Spirito Santo ha guidato econtinua a guidare milioni di nostri fratelli».Lo stesso card. Bergoglio promosse varie forme di pietàpopolare a Buenos Aires. Per esempio rese popolare ladevozione alla “Madonna che scioglie i nodi” – un tito-lo che ha origine in Ausgburg, Germania, (Maria Kno-tenlöser) ed egli ne diffuse la suggestiva immagine. Inoltre diffuse l’immagine di “San Giuseppe dormien-te”. Il card. Tagle di Manila affermò che papa Francescosi trova molto a suo agio con la religiosità popolare per-ché “rafforza la fede”; nella pietà popolare “lo SpiritoSanto e la cultura dei poveri s’incontrano” Senza dubbio,la pietà popolare costituisce un ricco fondamento su cuii sacerdoti possono costruire il loro ministero pastorale.

9. Siate sensibili verso coloro chesono in “periferia” e ai “margini”

Fin dall’inizio del suo ministero come vescovo di Roma,papa Francesco ha affermato che l’autorità del sacerdo-te è sempre legata al suo servizio, specialmente alla cu-ra e protezione dei più poveri, deboli, a coloro che me-no contano e ai più bisognosi, a coloro che sono facil-

stolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuo-re accumulando beni materiali, non per necessità, ma so-lo per sentirsi al sicuro». 14) «La malattia dei circolichiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più for-te di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stes-so». Infine 15) «La malattia del profitto mondano, degliesibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizioin potere, e il suo potere in merce per ottenere profittimondani o più poteri». «Fratelli, talimalattie e tali tentazioni sono natu-ralmente un pericolo... Occorre chia-rire che è solo lo Spirito Santo a gua-rire ogni infermità... Chiediamo allaVergine Maria di farci amare laChiesa come l’ha amata Cristo, suoFiglio e nostro Signore, e di avere ilcoraggio di riconoscerci peccatori e bisognosi della suaMisericordia... E, per favore, non dimenticate di pregareper me! Grazie di cuore» (22 dicembre 2014: discorso al-la Curia Romana). C’è da sottolineare che nel Natale 2014 Francesco ha in-dicato quindici “malattie curiali” (che possono contagia-re anche i sacerdoti) e nel suo discorso natalizio del 2015ha parlato di “antibiotici curiali”. Si è servito di un’ana-lisi acrostica delle dodici lettere della parola misericor-dia per comunicare il contenuto del suo messaggio posi-tivo, imitando ciò che fece Matteo Ricci nella sue inizia-tive di evangelizzazione in Cina. Francesco concluse lasua riflessione con la preghiera attribuita al beato OscarArnulfo Romero, osservando che i sacerdoti devono es-sere dei “servitori, non dei messia” (21 dicembre 2015: di-scorso alla Curia Romana).

8. Valorizzate la pietà popolare deifedeli

Nella sua ampia esortazione “La gioia del Vangelo”(Evangelii gaudium) papa Francesco ha dedicato diver-si paragrafi alla “forza evangelizzatrice della pietà popo-lare” (122-126).«Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cuila fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continuaa trasmettersi. In alcuni momenti guardata con sfiducia,è stata oggetto di rivalutazione nei decenni posteriori alConcilio. È stato Paolo VI nella sua Esortazione aposto-lica Evangelii nuntiandi a imprimere ad essa un impulsodecisivo. Egli spiega che la pietà popolare “manifestauna sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono co-noscere” e “rende capaci di generosità e di sacrificio fi-no all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede”.Più vicino ai nostri giorni, Benedetto XVI, in AmericaLatina, ha segnalato che si tratta di un “prezioso tesorodella Chiesa cattolica” e che in essa “appare l’anima deipopoli latinoamericani”». (EG 123).«Nel Documento di Aparecida [a cui Francesco ha datoun grande contributo] si descrivono le ricchezze che loSpirito Santo dispiega nella pietà popolare con la sua ini-ziativa gratuita. In quell’amato continente, dove tanti cri-stiani esprimono la loro fede attraverso la pietà popola-re, i Vescovi la chiamano anche “spiritualità popolare” o

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I sacerdoti devono esseredei “servitori,

non dei messia”.

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Certamente il clero è centrale in questo rinnovamento.Afferma che abbiamo bisogno di una «Chiesa evangeliz-zatrice che esce da se stessa», non di una «Chiesa “auto-referenziale” che vive in se stessa, di se stessa e per sestessa». «Sogno una scelta missionaria capace di trasfor-mare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari,il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un ca-nale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale,più che per l’autopreservazione... Ogni rinnovamentonella Chiesa deve avere la missione come suo scopo pernon cadere preda di una specie d’introversione ecclesia-le» (EG 27).«L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera del-la Chiesa... È necessario passare “da una pastorale disemplice conservazione a una pastorale decisamentemissionaria”». (EG 15). «Sottolineo che ciò che intendoqui esprimere ha un significato programmatico e dalleconseguenze importanti. ...Costituiamoci in tutte le re-gioni della terra in un «stato permanente di missione»(EG 25).Un’idea centrale di papa Francesco è che «in tutti i bat-tezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatricedello Spirito che spinge ad evangelizzare» (EG 119); «Invirtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo diDio è diventato discepolo missionario» (EG 120). Tutti icristiani sono “agenti di evangelizzazione”. «La nuovaevangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismodi ciascuno dei battezzati... Ogni cristiano è missionarionella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio inCristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e“missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missiona-ri”» (EG 120). «Possa il mondo del nostro tempo – checerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere laBuona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggia-ti, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cuivita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in lo-ro la gioia del Cristo» (EG 10; cf. EN 75).Francesco afferma: «All’inizio dell’essere cristiano nonc’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incon-tro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vi-ta un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva»(EG 7; cf Benedetto XVI). Per papa Francesco «il sacer-dote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza delsuo permanente bisogno di essere evangelizzato» (EG164). Nel capitolo secondo, parlando di alcune sfide ri-guardanti la proclamazione del Vangelo nel mondo at-tuale afferma: «Le sfide esistono per essere superate.Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e ladedizione piena di speranza! Non lasciamoci rubare laforza missionaria» (EG 109). E di nuovo: «non lasciamo-ci rubare la gioia dell’evangelizzazione» (EG 83).

James H. Kroeger

1. James H. Kroeger, autore di questo testo, è professore di teologia si-stematica, missiologia e islamismo presso la Loyola School di teolo-gia di Manila. È presidente della Associazione cattolica filippina deimissiologi e consulente della Federazione dei vescovi dell’Asia perl’evangelizzazione. È molto conosciuto anche per le sue numerosepubblicazioni. La presente sintesi è stata pubblicata nel n. 11/12, 2016del Bollettino Sedos, in originale inglese.

mente dimenticati, agli emarginati e nella periferia del-la società. In Argentina era conosciuto come il “vescovodelle favelas” per il suo contatto regolare con i poveri;era convinto che questo servizio costituisse il modo piùconcreto di servire Gesù. Come papa andò a visitare ilcarcere giovanile di Roma; si recò nell’isola meridiona-le italiana di Lampedusa per portare la sua solidarietà ainumerosi migranti, molti dei quali erano morti nel ten-tativo di raggiungere l’Europa.«Come sacerdoti, noi ci identifichiamo con quel popoloscartato, che il Signore salva, e ci ricordiamo che ci sonomoltitudini innumerevoli di persone povere, ignoranti,prigioniere, che si trovano in quella situazione perché al-tri li opprimono. Ma ricordiamo anche che ognuno di noisa in quale misura tante volte siamo ciechi... E Gesù vie-ne a riscattarci, a farci uscire, per trasformarci da poverie ciechi, da prigionieri e oppressi in ministri di misericor-dia e consolazione» (24 marzo 2016: omelia alla messacrismale in San Pietro).«Come sacerdoti, siamo testimoni e ministri della mise-ricordia sempre più grande del nostro Padre; abbiamo ildolce e confortante compito di incarnarla, come fece Ge-sù, che “passò beneficando e risanando” (At 10,38), inmille modi, perché giunga a tutti. Noi possiamo contri-buire ad inculturarla, affinché ogni persona la riceva nel-la propria personale esperienza di vita» (ib).Francesco afferma che i sacerdoti hanno bisogno di uno“sguardo sacerdotale”, che consenta loro di «vedere lepersone nell’ottica della misericordia. È quello che si de-ve insegnare a coltivare a partire dal seminario e che de-ve alimentare tutti i piani pastorali... bisogna lasciarsicommuovere dinanzi alla situazione della gente, che avolte è un miscuglio di cose, di malattia, di peccato, dicondizionamenti impossibili da superare, come Gesù chesi commuoveva vedendo la gente, e i loro problemi...guariva, perdonava, dava sollievo, riposo, faceva respira-re alla gente un alito dello Spirito consolatore» (2 giu-gno 2016: terza meditazione al giubileo dei sacerdoti). Rivolgendosi ai vescovi, sacerdoti e religiosi nella catte-drale di Manila nel 2015, Francesco parlò della sfida diservire i poveri e i bisognosi «coloro che vivono in unasocietà oppressa dalla povertà e corruzione, tentati di ar-rendersi». Il clero affronta «la sfida di annunciare la ra-dicalità del Vangelo in una società abituata all’esclusio-ne, alla polarizzazione e alla scandalosa disuguaglianza»;essi devono ricordarsi che «i poveri sono al centro delVangelo, sono al cuore del Vangelo; se togliamo i poveridal Vangelo non possiamo capire pienamente il messag-gio di Gesù Cristo» (16 gennaio 2015: omelia al clero nel-la cattedrale di Manila).In breve: «Tutti siamo invitati ad accettare questa chia-mata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggiodi raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno del-la luce del Vangelo» (EG 20)

10. In ogni cosa ciascuno sia un“vero discepolo missionario”

In Evangelii gaudium papa Francesco propone unprofondo rinnovamento missionario dell’intera Chiesa.

Testimoni 5/2017 47

NOVITÀ LIBRARIE

L’Autrice, delle Serve di Maria Ripara-trici, docente al Mericianum, membrodell’Associazione mariologica italiana edel Consiglio direttivo della PontificiaAccademia Mariana Internazionale, at-tinge per la sua trattazione ad alcuni do-cumenti del Magistero: l’enciclica Re-demptoris Mater (25 marzo 1987), l’E-sortazione apostolica post-sinodale Vitaconsecrata (25 marzo 1996) e la Letteraapostolica Rosarium Virginis Mariae (16ottobre 2002) di Giovanni Paolo II; l’I-struzione Ripartire da Cristo (19 maggio2002) della CIVCSVA; il Rito per la pro-fessione religiosa (2 febbraio 1975) del-la Congregazione del culto divino e la di-sciplina dei sacramenti. Dalla loro anali-si emergono le luci che orientano a com-porre il profilo spirituale della Verginecome «donna consacrata per eccellen-

za». Completa il testo una abbondantebibliografia e la lettura iconografica del-l’immagine di copertina. Il rapporto filia-le con Maria costituisce la via privilegia-ta per la fedeltà alla vocazione ricevutae un aiuto efficace per progredire in es-sa e viverla in pienezza, consacrati al Pa-dre, uniti al Figlio, docili allo Spirito.

Maria Marcellina Pedico

Maria la donna consacrataÀncora Editrice, Milano 2016, pp. 96, € 10,60

Il testo di Conti, sacerdote della diocesi diMilano, intende offrire piste di riflessioneper chi vuole ricominciare il camminodella fede. Le tracce, indipendenti l’unadall’altra, suggeriscono approfondimentipartendo dalla situazione in cui il lettoresi trova e potrebbero pure essere oggettodi confronto con una guida spirituale.Ogni traccia propone una “perlustrazio-ne culturale” del tema messo poi a con-tatto con un brano biblico e infine aper-to a una verifica concreta sulla propria vi-ta, guidata da domande. Nel percorso non

Solo una formazione integrale, che pro-muova tutte le dimensioni della persona-lità senza riduzionismi superficiali e sen-za ossessioni particolaristiche, può ga-rantire la maturazione autentica dellapersona nelle diverse vocazioni della vi-ta. Per questo la Facoltà di Scienze del-l’Educazione dell’Università PontificiaSalesiana, raccogliendo la sfida cheemerge all’interno della Chiesa rispettoalla formazione affettivo-sessuale dei sa-cerdoti e dei religiosi/e, ha coinvolto al-cuni dei suoi docenti, allo scopo di elabo-rare questo manuale che potrà essereopportunamente utilizzato nei seminarie nelle comunità religiose formative. Sitratta di uno strumento promozionale e

preventivo, progettato per orientare l’in-tervento dei formatori ma, allo stessotempo, utile ai singoli seminaristi, sacer-doti, religiosi o religiose (con voti tem-poranei o perpetui) che vogliano utiliz-zarlo per orientare la propria crescitaumana e religiosa.

AA.VV.

Formazione affettivo-sessuale. Itinerari perseminaristi e giovani consacrati e consacrate

EDB, Bologna 2017, pp. 488, € 38,00

Ermenegildo Conti

Credere e ricredersiEDB, Bologna 2017, pp. 120, € 9,00

Vittorio Luigi Castellazzi

Il desiderio. Respiro della psicheEd Magi, pp. 228, € 18,00

L’autore di que-sto volume è psi-cologo clinico,psicoterapeuta epsicoanalista. Do-cente in vari ate-nei, ha pubblicatodiversi volumipresso le case edi-trici Las e Magi.Con questo lavo-ro, che si snoda in26 capitoli, eglimette a tema ildesiderio come impulso interiore che in-veste l’intera nostra esistenza. Nell’In-troduzione afferma che con lo scorreredegli anni possono cambiare i contenuti,ma non l’impulso a desiderare. Deside-rare è uno scommettere sull’andare ol-tre, sull’autotrascendersi: il desiderio in-fatti poggia sulla memoria del passato,ma è soprattutto tensione verso il futuro.Nel desiderio vi è racchiuso un progetto,una speranza che mira a rinnovare la vi-ta. Si snoda da ciò che già si è conosciu-to, ma è anche apertura al nuovo. Il de-siderio presenta quindi un volto variega-to, ambiguo e talvolta tragico: esso èsempre conflitto e rischio. Espone all’e-sperienza della presenza e dell’assenza,della vicinanza e della distanza, della fu-sionalità e della separatezza. Può essereespressione di arricchimento o di espro-priazione, di dominio o di sottomissione,di dono o di ricerca di qualcosa che man-ca, di autonomia o di dipendenza, di in-timità o di isolamento, di riconoscimen-to o di alienazione, di narcisismo o di re-ciprocità. Il desiderio narra la nostra sto-ria: ci informa sulle rappresentazioni dinoi stessi e di coloro con i quali entria-mo in relazione. Percorrendo gli itinera-ri inconsci del desiderio si manifestanodunque le ragioni profonde del nostrovivere e del vivere degli altri; mediantela relazione intersoggettiva viene trac-ciato il profilo del «chi sono io» e, con-temporaneamente, del «chi è l’altro».Per il nostro benessere non è tuttaviasufficiente essere oggetto di desideriodell’altro, occorre anche essere causa didesiderio dell’altro. Nell’essere deside-ranti e desiderati vi è racchiusa sia la no-stra grandezza sia la nostra miseria. Insintesi, se si voltano le spalle al propriodesiderio, se lo si soffoca, non si giungealla realizzazione di sé. Ma nella nostrasocietà postmoderna, segnata dal nuovodisagio della civiltà, qual è il volto deldesiderio?

importa la completezza, ma l’approfondi-mento, la riflessione personale, la letturadella propria situazione con sguardo ret-to e illuminato, umano ed evangelico.

PAPA FRANCESCO

Interventi, discorsi, omelie

PRESENTAZIONE DI ERNESTO DIACO

pp. 80 - € 7,50

Scritti, discorsi e omeliepp. 168 - € 13,00

SAGGI DI LUCIO CARACCIOLO

E ANDREA RICCARDI

pp. 128 - € 10,00

A CURA DI BRUNETTO SALVARANI

pp. 240 - € 18,00

Comunità cristiana e persone disabiliA CURA DI VERONICA DONATELLO

pp. 104 - € 9,50

EDB