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Supplemento a primapagina n. 5 del 28.03.2011 - In collaborazione con www.umbria2020.it - Da vendersi esclusivamente con primapagina LO SVILUPPO PASSA DALLA LOTTA ALLA RENDITA ThinkTank ORVIETO In questo numero EDITORIALE Non c’è dubbio che l’Italia stia at- traversando una delle crisi più nere degli ultimi 30 anni. Secondo molti economisti la seconda legge di Murphy " se pensi di aver toccato il fondo, prendi la pala e inizia a scavare" è il concetto che più si aggrada all'attuale situazione del Paese, ma siamo proprio sicuri che quello che stiamo vivendo sia solo una crisi e non un grande cambiamento? Da questa domanda, semplice e complessa al tempo stesso nasce questo nuovo nume- ro di Think Tank. Se come pensiamo quello che vivia- mo non è una semplice cri- si, ma un qualcosa di diver- so, più duraturo ovvero un cambiamento sociale epocale, allora cara Orvie- to, non basta che passi la nottata, bisogna che si co- mincino a rivedere dal tuo interno stili di vita e abitu- dini consolidate. Per far questo la parola d'ordine è “lotta alla rendita” e al tem- po stesso ricorso alla crea- tività, alla concretezza e al- l’impegno. Il nostro secon- do numero analizza nel suo complesso la situazione e per far questo si articola su vari piani. Si parte da una analisi della situazione at- tuale, che vede lo sviluppo delle attività produttive ce- dere il passo alla logica del- la rendita. Segue una disamina delle principali filiere proponendo per cia- scuna un intervista a im- prenditori locali che stanno eccellendo nel loro campo attraverso modelli economi- ci innovativi. Attraverso una serie di analisi e com- menti politici avremo una fotografia della situazione attuale nella quale cerche- remo però di cogliere gli elementi su cui puntare per un nuo- vo futuro. Chiudiamo poi con le nostre rubriche che come al solito scherzando approfondiscono il tema dicendo la verità. La controco-pertina è dedicata a Ziarul Romanesc, che racconta della nascita, grazie alla Provincia di Terni di una federazione tra tut- ti gli immigrati. C'è un quadro fosco, una nebbia attraverso la quale sembra non po- tersi scorgere il domani radioso: crisi del Comune, crisi eco- nomica, crisi della Chiesa (il Vescovo innovatore al- lontanato è l’allarmante se- gnale), crisi occupazionale (centinaia di posti di lavoro persi in questi ultimi 10 giorni), ma noi siamo con- vinti che qui esistono le for- ze per ripartire e per attira- re investimenti.....ma questo non dovrebbe essere il ruo- lo della Politica? Ripartire dalle nostre radici, innova- re attraverso l’identità e la tradizione. Soprattutto per- correre le strade dello svi- luppo della qualità della vita sostenuta dalle nuove tecno- logie (fotovoltaico, bio- masse, green economy). Noi proviamo a dare la no- stra proposta, “Orvieto a emissione zero”, attraverso una intervista a Gabriella Fa-vuzza, che ci illustra il bellissimo progetto fatto da Renault, che sta investendo nelle tecnologie innovative coinvolgendo comuni come Roma, Milano, Firenze e perchè non Orvieto? Per volare bisogna sempre avere il coraggio di spicca- re il volo.... Roberto Nativi Testata collegata al Social network www.umbria2020.it

Think Tank n.1

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Serbatoio di pensiero

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Supplemento a primapagina n. 5 del 28.03.2011 - In collaborazione con www.umbria2020.it - Da vendersi esclusivamente con primapagina

LO SVILUPPOPASSA

DALLA LOTTAALLA RENDITA

ThinkTank ORVIETO

In questo numero

EDITORIALE

Non c’è dubbio che l’Italia stia at-traversando una delle crisi più neredegli ultimi 30 anni. Secondo moltieconomisti la seconda legge diMurphy " se pensi di aver toccatoil fondo, prendi la pala e inizia ascavare" è il concetto che più siaggrada all'attuale situazione delPaese, ma siamo proprio sicuri chequello che stiamo vivendosia solo una crisi e non ungrande cambiamento? Daquesta domanda, semplice ecomplessa al tempo stessonasce questo nuovo nume-ro di Think Tank. Se comepensiamo quello che vivia-mo non è una semplice cri-si, ma un qualcosa di diver-so, più duraturo ovvero uncambiamento socialeepocale, allora cara Orvie-to, non basta che passi lanottata, bisogna che si co-mincino a rivedere dal tuointerno stili di vita e abitu-dini consolidate. Per farquesto la parola d'ordine è“lotta alla rendita” e al tem-po stesso ricorso alla crea-tività, alla concretezza e al-l’impegno. Il nostro secon-do numero analizza nel suocomplesso la situazione eper far questo si articola suvari piani. Si parte da unaanalisi della situazione at-tuale, che vede lo sviluppodelle attività produttive ce-dere il passo alla logica del-la rendita. Segue unadisamina delle principalifiliere proponendo per cia-scuna un intervista a im-prenditori locali che stannoeccellendo nel loro campoattraverso modelli economi-ci innovativi. Attraversouna serie di analisi e com-menti politici avremo unafotografia della situazioneattuale nella quale cerche-remo però di cogliere gli

elementi su cui puntare per un nuo-vo futuro. Chiudiamo poi con lenostre rubriche che come al solitoscherzando approfondiscono iltema dicendo la verità. Lacontroco-pertina è dedicata aZiarul Romanesc, che raccontadella nascita, grazie alla Provinciadi Terni di una federazione tra tut-ti gli immigrati.C'è un quadro fosco, una nebbiaattraverso la quale sembra non po-tersi scorgere il domani radioso:

crisi del Comune, crisi eco-nomica, crisi della Chiesa(il Vescovo innovatore al-lontanato è l’allarmante se-gnale), crisi occupazionale(centinaia di posti di lavoropersi in questi ultimi 10giorni), ma noi siamo con-vinti che qui esistono le for-ze per ripartire e per attira-re investimenti.....ma questonon dovrebbe essere il ruo-lo della Politica? Ripartiredalle nostre radici, innova-re attraverso l’identità e latradizione. Soprattutto per-correre le strade dello svi-luppo della qualità della vitasostenuta dalle nuove tecno-logie (fotovoltaico, bio-masse, green economy).Noi proviamo a dare la no-stra proposta, “Orvieto aemissione zero”, attraversouna intervista a GabriellaFa-vuzza, che ci illustra ilbellissimo progetto fatto daRenault, che sta investendonelle tecnologie innovativecoinvolgendo comuni comeRoma, Milano, Firenze eperchè non Orvieto?Per volare bisogna sempreavere il coraggio di spicca-re il volo....

Roberto Nativi

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Luci e ombre dell’economianell’orvietano

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Al di là della crisi che nell’ul-timo periodo ha interessatoalcune imprese del settore

estrattivo, di quello edile e deltessile, crisi che sembra solo in

parte determinata dallecaratteristiche del sistema

economico locale e, invece, inmisura maggiore, causata dallacrisi economica nazionale che,nonostante le rassicurazioni difonte governativa, continua aperdurare, si può comunque,

ancora una volta, sostenere chel’economia orvietana è

contraddistinta da luci edombre. Questo giudizio

estremamente sintetico non ènuovo ma mantiene la sua

validità. Iniziamo con le “luci”più importanti. Il tasso di

disoccupazione, se si conside-rano i sistemi locali del lavoro– sono aggregazioni di comuni

individuate dall’Istat e nelnostro comprensorio sono due,

quello di Orvieto e quello diFabro, quest’ultimo compren-

dente i comuni dell’AltoOrvietano – assume nei due

Sll dell’Orvietano valori tra ipiù bassi rispetto a quelli che

caratterizzano altri territoridell’Umbria. Per quanto

riguarda il reddito pro capitedichiarato dai contribuenti,

esaminando i valori di questavariabile nei dieci comuni

umbri con maggiore popola-zione, Orvieto si “piazza” in

classifica al terzo posto.Il valore dei depositi bancari

pro capite, poi, è maggiore nelcomune di Orvieto rispetto al

valore medio regionale.E le “ombre” di

maggiore rilievo? Il tasso dioccupazione – cioè il rapportotra il numero degli occupati ela popolazione con più di 15anni – nei Sll dell’Orvietanoassume valoripiuttosto bassi.Altrettanto bassi i valori del

Pil pro capite, del Pil peraddetto e del valore aggiuntoper abitante, a dimostrazione

del permanere di un tessutoproduttivo piuttosto debole,

con livelli di produttività pocoelevati, contraddistinto dalla

presenza di settori economicitradizionali – ciò avviene

anche nel terziario doveprevalgono il commercio e lepubbliche amministrazioni e

non le componenti piùinnovative -, di microimprese,

con pochissimi dipendenti,non tanto di piccole imprese.Infine un valore del rapportotra crediti e depositi bancaripiù basso del valore medio

regionale.Paolo Borrello

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L’economia, la politica e la... verità.

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TEMA

La cultura è un’industria e ci si può mangiare

E’ innegabile che la nostra città ab-bia beneficiato, nel corso dei se-coli, di interventi pubblici che nehanno segnato il tessuto urbanisti-co ma anche quello economico.Chiunque si affacci dalla sommitàdella Torre del Moro resta colpitodalla bellezza del paesaggio e dadue segni quali la Cattedrale ed ilPalazzo del Popolo, l’una emble-ma del potere religioso, l’altro delpotere civile ma, entrambi, testi-monianza di una comunità forteche esprime, forse anche commet-tendo un peccato di orgoglio, laconsapevolezza del proprio ruolodi libero comune.Dietro quei segni potenti c’era an-che un potere economico e centi-naia di scalpellini, artigiani, mu-ratori, falegnami, maestri d’ascia,

capi mastri ed architetti che han-no lavorato e hanno condizionatol’economia della città.Anche oggi i soldi della Rupe equelli pubblici ci hanno dato, inuna città rinnovata, la mobilità al-ternativa, la creazione del Palaz-zo dei Congressi, il restauro delTeatro Mancinelli, il restauro edil consolidamento del Duomo edella Rupe, il Museo della Fon-dazione, gli interventi migliora-tivi nei quartieri che ci hanno con-sentito di proporre la nostra cittàall’Italia ed al mondo.Ed anche oggi la classe dirigenteha commesso un peccato di orgo-glio nella convinzione di potercondizionare i processi politici edeconomici in modo autore-ferenziale e dirigistico.

La politica, in una certa misura, hacondizionato l’economia e il mo-dello di sviluppo anche se talecondizionamento è avvenuto conil consenso della maggioranza deicittadini e delle forze economiche.Purtroppo la festa è finita e le cas-se dello Stato, del Comune e dellealtre Istituzioni territoriali sonopressoché vuote.Liberare le risorse umane ed eco-nomiche, che sono sopite ma chepure esistono, non è solo una scel-ta ma una necessità, come è unanecessità il conseguente ripensa-mento del ruolo della mano pub-blica.Bisogna porre al centro di una verarivoluzione culturale il principio dilibertà: libertà politica, libertà daibisogni, libertà di pensiero e di

Tema: la cultura fa economia edunque dà da mangiare?Svolgimento: Te.Ma, èanche ilnome di una associazione,l’Associazioe Teatro Man-cinellidi Orvieto.- E’ un azienda che ha 10 dipen-denti (8 fissi e 2 a tempo determi-nato)- Produce lavoro saltuariamentema con continuità, durante l’an-no, ad oltre 30 persone tra hostess,tecnici, addetti alle pulizie.- Produce lavoro direttamente anumerose aziende (alberghi, risto-ranti, tipografie, organi di comu-nicazione, società di servizi, con-sulenti, ecc.)- Produce un indotto all’economialocale attraverso la presenza dicentinaia di artisti e tecnici chesono ospitati al Teatro e ad Um-bria Jazz e spesso risiedono adOrvieto per più di una settimanaper gli allestimenti degli spetta-coli- Le attività dell’AssociazioneTeMa sono principalmente la ge-stione del Teatro Mancinelli e lagestione di Umbria Jazz Winter- La gestione del TeatroMancinelli costa annualmente cir-

ca 1.500.000 € di cui 500.000 €sono coperti da contributi pubbli-ci- La gestione di Umbria JazzWinter costa annualmente circa900.000 € di cui 300.000 € sonocoperti da contributipubblici.Umbria Jazz e TeatroMancinelli insiemeproducono, al netto deicontributi pubblici, ri-sorse dirette per circa1.600.000 € che ven-gono riversati sull’eco-nomia della città:

QUANTE FAMIGLIECI MANGIANO ?Istituti economici e sta-tistici hanno calcolatoche l’indotto economi-co prodotto dagli even-ti culturali moltiplicadalle 3 alle 7 volte gliinvestimenti: TeatroMancinelli e UmbriaJazz attirano e movi-mentano più di 60.000spettatori di cui 27.000paganti.Possiamo affermare

che Teatro Mancinelli ed UmbriaJazz producono un indotto sul-l’economia locale del valore di al-meno 7.200.000 €: e allora, quan-te famiglie ci mangiano?

Lo stesso metodo potremmo uti-lizzarlo per misuarare l’indottocreato dal Centro Studi Città diOrvieto; ipotizzando la presenza di300 studenti per 200 giorni l’annoe attribuendo ad ognuno una spesa

di 40€ al giorno per vittoe alloggio si avrà una ci-fra che si aggira sui 2,4milioni annui.Ma il Teatro Man-cinelli,Umbria Jazz e il CSCOproducono soprattuttocrescita e “ricchezza”culturale e sociale: e que-sto valore è incalcola-bile.Senza gli interventi pub-blici Umbria Jazz e Tea-tro Mancinelli non sareb-bero possibili.Proviamo a pensare Or-vieto senza il Teatro esenza Umbria Jazz comeera negli anni tra il 1984ed 1993.

Enrico Paolini*

* Direttore ArtisticoTeatro Mancinelli

IL PUNTO DI VISTA

critica, libertà economica.Attraversiamo un momento diffi-cile e forte è il pericolo di disgre-gazione economica e sociale.Occorre ridefinire i ruoli di ognu-no e costruire insieme un nuovopatto di cittadinanza basato su unaprogettualità seria e praticabile.Ma un patto presuppone l’eserci-zio della verità: se gli oltre 55 mi-lioni spesi dal Comune sono con-siderati il frutto di debiti e malver-sazioni allora siamo in campagnaelettorale; se sono considerati ilfrutto di investimenti, forse inqualche caso eccessivi, ma comun-que utili alla città e che ne hannosostenuto l’economia, allora si puòiniziare un ragionamento.

Carlo Carpinelli

L’esperienza del Teatro Mancinelli e di Umbria Jazz Winter

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THINKTANK

Niciarelli,Coop ALTO:

bene comune eazione collettiva

VINO E NON SOLO:ORVIETO DEVEVENDERE LASUA UNICITA’

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Intervista a Giovanni Dubini, titolare dell’azianda agricolaPalazzone di OrvietoChe posto può ricoprire Orvieto in questa epoca di cambiamen-to sociali ed economici che stiamo attraversando?Orvieto ha peculiarità culturali e territoriali tali sulle quali occorrepuntare per sviluppare la sua ricchezza. Per far questo occorre sapervendere meglio il prodotto “Orvieto”, sono necessarie per questonuove capacità imprenditoriali e nuova mentalità, e tutto questo po-trebbe determinare cambiamenti sociali sia in termine di occupazio-ne che di lavoro. Orvieto ha una grande capacità produttiva in gene-rale. Soffermandoci però sul settore turistico ci rendiamo conto chetali capacità non vengono sfruttate a pieno. Non c’è un progetto, cheè la cosa più necessaria insieme alla sinergia dei settori. Laglobalizzazione di certo tende ad uniformare molto ma Orvieto è ingrado di ricavarsi una nicchia, e se valorizzata avrà un grande futu-ro. Il grosso sviluppo della Cina ci sarà perché loro verranno qui, enon perché staranno in Cina. Loro avranno i soldi da spendere edovranno trovare qualcosa di irripetibile che non si presti ad imita-zioni e Orvieto è unica e deve vendere la sua unicità.Ci spieghi il suo modello economico che si sta dimostrando vin-cente anche in un periodo di crisi come quello che stiamo viven-do.Non so se il mio modello siavincente, me lo auguro. Mariallacciandomi al concetto cheho prima espresso, all’idea diunicità e tipicità penso che lamia realtà imprenditoriale si in-serisca proprio in questo discor-so. La produzione vitivinicolaè una grande potenzialità di que-sta zona ma anche in questocaso Orvieto è rimasta su posi-zioni ferme da decenni quandoil mondo del vino è cambiato,non siamo stati capaci a sfrut-tare delle opportunità. Quandoalla fine degli anni novanta c’èstato il boom del vino, noi nonsiamo stati innovativi, e non ab-biamo cavalcato l’onda del pe-riodo. Oggi forse può essere sta-to un bene, ma allora di certo èstato un peccato mortale. Annifa un produttore di vino mi disse che suo padre gli aveva lasciatol’azienda e il mio obiettivo è quello, io voglio lasciare la mia azien-da ai miei figli, puntando sulla salvaguardia del territorio. Noi pro-duciamo tutta l’energia necessaria in casa, quindi puntiamo moltosul rispetto del territorio. In 35 anni di attività non ho mai cambiatole convinzioni, ho cambiato produzioni, le tecniche, ma non le mieidee. I vini classici sono quelli che si stanno dimostrando vincenti.Le modalità di produzione del vino si perdono nella notte dei tempisi sono sviluppate in migliaia di anni. Noi facciamo vino da 2500anni, in questo lungo periodo molto è cambiato, ma l’unica cosa chenon cambia ed eccelle è la terra, questa è l’unica componente nonvariabile e la sua salvaguardia è alla base del nostro sviluppo.

La cooperativa ALTO è un’im-presa generale di costruzione,nasce nel 1990 a seguito dellaunificazione per fusione tra laCooperativa Edile Orvietana,

costituita nel 1975 da alcunidisoccupati ed un piccolo

artigiano che non intendevacessare la propria attività,

vedendo nell’Impresa cooperati-va un possibile futuro

di sviluppo. E la cooperativaNuova Edile Fabro fu costituitanel 1976 grazie alla presenza diun gruppo di immigrati italianiche rientravano dopo quasi un

ventennio dalla Svizzera. Oggi lacooperativa conta oltre 60addetti, opera e si muove

nell’Italia centrale con alcunepresenze in Trentino e Veneto.

Ne parliamo con i presidenteNazareno Niciarelli.

Che ruolo ritiene possaricoprire Orvieto in questo

cambiamento sociale edeconomico che stiamo

attraversando?Orvieto ha svolto e dovrà

svolgere un ruolo fondamentaleper la ripresa ed il cambiamentoeconomico e sociale che stiamo

attraversando.La sua collocazione geografica,la sua storia a vocazione cultu-

rale , turistica ed agricola nelmondo, non può che essere

utilizzata per una crescitaeconomica, dell’intero sistema

produttivo, purché in terminiprogrammatici si riveda il

collegamento infrastrutturaleverso Perugia e Viterbo.

Noi Imprese dobbiamo fare lanostra parte, la politica sia di

Governo che di opposizione sialungimirante, coraggiosa e

decisa, unitaria al proprio internonell’interesse dell’intero sistema

economico e sociale delterritorio.

Ci spieghi il suo modelloeconomico che si sta dimo-

strando vincente anche in unperiodo di crisi come quello

che stiamo vivendo.L’affermazione del nostro

modello viene dalla storia dellaCooperazione Italiana, storia di

Questo numero di ThinkTank è dedicato all’eco-nomia e allo sviluppo delcomprensorio orvietano.Abbiamo rivolto 2 do-mande a 4 imprenditoridi settori diversi: edilizia,vino, turismo e commer-cio d prodotti tipici

L’economia orvietanavista dagli operatori

uomini e donne che hanno sceltola cooperativa come strumentocon cui definire il patto trapersone dal punto di vistaeconomico e sociale.I nostri valori come la coesionenazionale, l’equilibrio dei poteri,l’imparzialità della PubblicaAmministrazione, il funziona-mento della Giustizia, la paritàdei Cittadini, la libertà, sonoelementi cardine non solo perl’affermazione del nostromodello, ma anche le basi per unrilancio economico imprendito-riale del nostro sistema.Oggi, ritengo che l’ingiustadistribuzione della ricchezza, cheè stata una delle vere cause dellacrisi, va superata.Penso ad un futuro dove ci siapiù equilibrio tra individuo ecomunità, tra attività economi-che e non economiche, un futurodove la società non è la sommadi individui isolati, ma è fatta dipersone che costituiscono lacomunità.Ritengo realistica una crescitasostenibile che consolididemocrazia e libertà che apranuove prospettive per le nuovegenerazioni.E’ in questo contesto che sicolloca la nostra idea di unnuovo rapporto tra bene comuneed azione collettiva, dove lacooperazione può svolgere unruolo da protagonista.

Parla Giovanni Dubini, imprenditore agricolo

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THINK TANK

THINK TANK OrvietoSuppl. a primapagina

edizione n.5/2011Aut. Trib. Montepulciano

n. 236 del 22.11.90Roc n. 18473

Dir. resp.Marco Lorenzoni

[email protected]. 3298374999

Coordinatore di redazioneRoberto Nativi

Coordinamento di redazioneAndrea Scopetti,Carlo Carpinelli,Gianluca Foresi,Jamila Mansour,

Lorenzo Mencarelli,Rodolfo Ricci

Hanno collaboratoa questo numero

Paolo Borrello, Enrico PaoliniDaniele Di Loreto,Maurizio Conticelli

Mario Tiberi, Sergio Cabras,Daniela Cannas

Valentino Filippetti

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La sfida dell’exportIntervista a Daniele Zaganella,manager di Caffè Europa e idea-tore del progetto “Speciale Italia”nato con l’intento di promuoverei prodotti tipici, anche sotto formadi strenne natalizie e per altre fe-stività...

Che ruolo ritiene possa ricopri-re Orvieto in questo cambia-mento sociale ed economico chestiamo attraversando?Ritengo che questo sia un periodomolto difficile per l’economiamondiale e che Orvieto, pur aven-do tutte le qualità per essere unpaese in continua crescita socialeed economica, purtroppo subiscagli effetti di tali difficoltàmondiali.E’ ben visibile infatti lacrisi del settore terziario, in parti-colare del settore turistico, che hasubito una drastica diminuzionedei visitatori, dovuta ovviamentealla situazione economica interna-zionale, che si ripercuote anchesulle piccole realtà locali, mandan-do in crisi molte aziende turisti-che e di conseguenza, a causa delnaturale indotto economico, anchealle aziende artigiane, che ne ri-sentono forse in maniera ancor piùamplificata. E’ appurato infattiche il settore artigianale orvietanostia subendo un calo delle venditeche ha portato a drastici tagli alpersonale e in alcuni casi alla chiu-sura delle attività. Anche le grandi industrie, nonmolto presenti nel circondario or-vietano, hanno comunque risenti-to della crisi che ha investito il no-stro Paese, rendendo sempre piùdifficile il lavoro imprenditorialeche purtroppo non è sempre soste-nuto e aiutato dalle politiche sialocali, nazionali che europee, ol-tre al fatto che presumibilmente ilmercato nazionale e internaziona-le è affrontato forse senza le giu-ste conoscenze.. Credo comunqueche nonostante questi tempi di crisiche hanno seriamente intaccatol’economia mondiale e conseguen-temente quella orvietana, conl’aiuto dello stato, della comunitàeuropea e con l’impegno da partedi tutti gli orvietani sia possibileuscire da questa crisi perché Or-vieto ha tutte le caratteristiche perfarlo, forse manca ancora un po’di coscienza delle proprie capaci-tà e possibilità di offerta e un buoncoordinamento e supporto tra pub-blico e privato.

Ci spieghi il suo modello econo-

mico che si sta dimo-strando vincente anchein un periodo di crisicome quello che stiamovivendo.In un periodo di crisi glo-bale e generale comequello che stiamo viven-do, abbiamo cercato di fo-calizzare la nostra atten-zione su pochi ma basila-ri e importanti fattori:I fattori relativi alla pro-duzione dei nostri prodot-ti, puntando tutto sullaqualità e genuinità deglistessi, alla costante ricer-ca di innovazione tecnologica,mantenendo inalterata l'alta qualtàma soprattutto la tipicità degli stes-si che li rende unici e ci distinguedalla concorrenza.Puntando su una squadra vincentemolto affiatata che manteniamo

Che ruolo ritiene possa ricoprire Orvieto in questo cambia-mento sociale ed economico che stiamo attraversandoE’ necessario che Orvieto esca dall’immobilismo nel quale si tro-va ormai da troppi anni.In questo momento c’è assoluto bisogno di costruire e sostenereprogetti condivisi sia dalle istituzioni locali regionali e nazionaliche dalle categorie sociali, imprenditoriali e dal sistema creditizio.Le iniziative da intraprendere sono molteplici ed alcune non ri-chiedono grandissimi investimenti, piuttosto volontà, impegno edunità di intenti. è necessario quindi produrre un elenco e comincia-re a fare: il turismo, la cultura, il vino, l’area industriale, l’artigia-nato, la formazione, le infrastrutture, i servizi alle imprese ed allepersone.

Ci spieghi il suo modello economico che si sta dimostrando vin-cente anche in un periodo di crisi come quello che stiamo vi-vendoStiamo resistendo a questa crisi, che ormai viviamo da tre anni,attraverso il monitoraggio costante delle nostre attività con un ade-guato controllo di gestione, il costante contenimento dei costi, uncontinuo lavoro di squadra con i collaboratori, la massima atten-zione ai clienti, il miglioramento della professionalità ed ulterioriinvestimenti in iniziative promozionali mirate (fiere, workshop,internet ed eventi).E poi: diversificazione delle offerte (capacità di produrre pasti da4/6 € per aziende e scuole, fino a 120 € per i banchetti). Poniamo,inoltre, sempre maggiore attenzione agli eventi pubblici e privati,spesso anche molto lontani dai nostri locali.

ha dato una importantespinta commerciale oltreche di visibilità, e ci hapermesso di lanciare la no-stra immagine nel mondo. Nonostante la crisi, la no-stra azienda punta tutto sulcostante sacrificio, la ri-cerca della genuinità e del-la qualità dei prodotti,mantenendo inalterate letradizioni locali e regiona-li. Rimane comunque certoche questo periodo di in-certezze sia politiche, vedila situazione del Maghreb,

sia economiche, dettate dal famo-so 11 settembre, lasceranno un se-gno indelebile e di difficilerimarginamento nell'ambito delmercato globale.

L’economia orvietanavista dagli operatori

costantemente aggiornata grazie acorsi e master organizzati daagenti del settore alimentare ecommerciale ai quali partecipano.Ed infine affrontando con grandeaudacia e sacrificio l’approcciocon il mercato nazionale nonchél’apertura ai mercati esteri, che ci

Alviero Bernardini, presidente Cramst

“Uscire dall’immobilismo,ma serve unità d’intenti”

Intervista a Daniele Zaganella, manager di Caffè Europa e Speciale Italia

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THINKTANK

IBAF, un’eccellenza importante a Porano

ORVIETO, MOBILITA’ AD EMISSIONI ZEROUna nostra proposta e la risposta di Gabriella Favuzza di Renault Italia

Nascosta nel paese di Porano sicela una vera e propria eccellen-za umbra la IBAF l’Istituto diBiologia Agroambientale eForestale il cui scopo è svilup-pare le ricerche sulla rispostaeco-fisiologica e genetica dipiante e sistemi agro-forestali aifattori dell’ambiente, con parti-colare riferimento ai cambiamen-ti climatici e ai fattori di inqui-namento e degrado ambientale.L’approccio di fondo secondocui si è sviluppata l’attività di ri-cerca dell’istituto consiste nelconsiderare le piante e i sistemiagro-forestali come importantibiorisorse non solo alimentarima, potenzialmente, molto utiliper la risoluzione di fondamen-

tali problemi di natura ambien-tale, dalla mitigazione dei cam-biamenti ambientali, aldisinquinamento dell’aria e delterreno, dal recupero ambientaledi ecosistemi degradati al rifor-nimento di biomasse per l’ener-gia e l’industria.“Lo sviluppo di queste linee diricerca passa necessariamenteattraverso intense e proficue col-laborazioni scientifiche - ci spie-ga Enrico Brugnoli Direttoredell’IBAF - con altre istituzionidi ricerca e con Università italia-ne e straniere, ma anche median-te rapporti e scambi con le strut-ture territoriali come servizi sta-tali e regionali di governo del ter-ritorio, parchi e riserve affinché

la ricerca d’istituto possa util-mente collegarsi a importanti“utilizzatori finali” e, alcontempo, avere nella realtà pra-tica di campo e in bosco la indi-spensabile verifica dell’impattocon l’ambiente naturale.D’altra parte, la varietà di climie ambienti presenti in Italia,esemplare per altre aree della re-gione mediterranea consentonolo studio degli ecosistemi natu-rali, forestali in particolare, checaratterizzano questo istituto.Altre collaborazioni che l’istitu-to sta rafforzando riguardano i

rapporti con organismi scientificie tecnici internazionali quali laFao (agenzia dell’Onu per l’agri-coltura, le foreste e l’alimenta-zione) e l’Ipgri (istituto interna-zionale per le risorse genetichevegetali e la biodiversità), en-trambi con sede a Roma, attra-verso i quali si stanno affrontan-do tematiche scientifiche e pro-blemi tecnici di enorme portataper il benessere alimentare e am-bientale di intere popolazioni edi vasti territori del globo, so-prattutto nei paesi in via di svi-luppo”. (r.n.)

Inquinamento, elevati costi del petrolio, scarsezza delle risorseenergetiche. Quali sono le politiche industriali di Renault e cosasignifica per Renault “emissioni zero”?Lo abbiamo chiesto a Gabriella FAVUZZACorporate Commu-nication Manager Renault Italia S.p.A. Ecco le sue risposte.La scelta di Renault per la mobilità del prossimo futuro è lo sviluppodei veicoli elettrici, la soluzione più efficace, in virtù delle loro zeroemissioni, per il rispetto dell’ambiente e per offrire a tutti una mobilitàsostenibile. L’obiettivo di Renault è di commercializzare, su ampia sca-la, veicoli caratterizzati da zero emissioni di CO2 e zero inquinanti,come ad esempio il particolato o gli NOx.La scelta di una soluzionetecnologica 100% elettrica è motivata da una ragione essenziale: oltre aridurre la dipendenza dal petrolio, i veicoli elettrici sono caratterizzatida zero emissioni, contrariamente a tutte le altre tecnologie (termicheed ibride). A partire dall’autunno 2011, Renault introdurrà sul mercatouna gamma completa di veicoli elettrici dotati di una tecnologia di bat-terie agli ioni di litio all’avanguardia e destinati ad una diffusione dimassa. La gamma sarà costituita da 4 modelli: il piccolo veicolo urbanoTwizy, la berlina compatta Zoe, la berlina familiare Fluence Z.E. e lafurgonetta Kangoo Z.E.

I costi delle nuove tecnologie saranno sostenibili per tutte le tasche?L’offerta Renault Z.E. sarà supportata da un modello economico inno-vativo, grazie al quale il costo di un veicolo elettrico sarà paragonabilea quello di un veicolo a motore termico diesel.In tale schema, la batteria sarà proposta in noleggio e l'utilizzo quotidia-no di un veicolo elettrico Renault costituirà una soluzione di mobilitàconveniente ed accessibile. Tenuto conto che il costo dell’elettricità èpiù basso di quello dei carburanti fossili, il costo per alimentare il vei-colo sarà sensibilmente inferiore rispetto a quello di un veicolo a moto-re a scoppio. A questi benefici occorre aggiungere, inoltre, la sensibileriduzione dei costi di manutenzione legati all’assenza, nel motore elet-trico, di componenti soggetti a periodica revisione e sostituzione (olio,filtri, candele, bobine, ecc…).

Cosa possono fare le istituzioni per incentivare l’utilizzo delle nuo-ve tecnologie ?La soluzione di mobilità elettrica è supportata da una presa di coscienza

mondiale degli effetti legati all’inquinamento atmosferico e alsurriscaldamento climatico, e dalle politiche già definite o in corso didefinizione nei paesi a favore di incentivi fiscali correlati alle emissionidi CO2 e dello sviluppo delle infrastrutture necessarie a tale mobilitàelettrica. Renault basa il proprio obiettivo di sviluppo di massa dellamobilità elettrica a zero emissioni sulla collaborazione con governi,amministrazioni locali e società energetiche, che hanno tutti un ruolodeterminante nel creare le condizioni strutturali, economiche ed opera-tive di sviluppo dei veicoli elettrici. A tutt’oggi, l’Alleanza Renault-Nissan ha sottoscritto oltre 80 accordi, destinati a preparare i mercati ele infrastrutture per una commercializzazione di massa dei veicoli elet-trici a partire dal 2011. Anche in Italia, Renault è impegnata nella defi-nizione di partnership con le principali amministrazioni comunali e com-pagnie elettriche, nella prospettiva di realizzare progetti congiunti perla mobilità a zero emissioni, promuovere i veicoli elettrici e svilupparele idonee infrastrutture. Un protocollo d’intesa è stato siglato tra Renaulted Enel, per lo sviluppo congiunto di soluzioni integrate per la mobilitàelettrica e sviluppo di progetti pilota in Italia in aree in corso di identifi-cazione. E abbiamo sottoscritto un accordo anche con A2A, multiutilityleader in Lombardia per un progetto pilota, E-MOVING, in corso nellecittà di Milano e Brescia.

Lei ritiene che una città come Orvieto, che da sempre mira a faredella qualità della vita una sua caratteristica principale, possa di-ventare un esempio di città a “emissioni zero” e in che modo?Una città come Orvieto per cultura e per caratteristiche urbanistichepotrebbe essere un contesto favorevole per lo sviluppo di una mobilità azero emissioni, sempre più opportuna per preservare il patrimonio arti-stico ed ambientale dai danni prodotti dall’inquinamento atmosferico.Lo sviluppo di una mobilità elettrica in ambito urbano, che vada al di làdi un mercato di nicchia, è il risultato di un approccio sistemico, chepassa attraverso diversi elementi concomitanti: la predisposizione diun’infrastruttura di ricarica, la sensibilizzazione degli automobilisti pri-vati e delle imprese, politiche di mobilità locale che privilegino l’utiliz-zo dei veicoli elettrici, l’adozione di veicoli a zero emissioni nelle flottepubbliche. Un approccio integrato (seppur progressivo) con il quale lacittà può diventare un vero esempio di emissioni zero nella mobilità.

Daniela Cannas

Leggi primapagina e www.primapaginachiusi.it

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Una città straordinariadalle enormi potenzialità

Come mettere a frutto tutte le risorse e le eccellenze presenti sulla Rupe

Espressione sublime di integra-zione tra natura e opera dell’uo-mo, la Città di Orvieto è unesempio di perfetta simbiosi conil luogo in cui è costruita.Un asset non da poco che unitoai numerosi altri ne fa un unicumin Italia e potrebbe farne un mo-dello di sviluppo dalle enormipotenzialità, se al pessimismodella ragione fosse abbinato l’ot-timismo della volontà.Orvieto è come una vincita mi-lionaria non riscossa.Ubicata al centro dell’Italia, sitrova sulle linee di comunicazio-ne più importanti del Paese.È una delle 84 città d’Italia adavere una fondazione di originebancaria. Con pari natura di fon-dazione c’è una fabbriceria,l’Opera del Duomo, una delle 6

in Italia tra quelle di maggiorerango.La cattedrale è considerata ilmonumento policromo più bel-lo del mondo e il miracoloeucaristico in essa conservato ètestimonianza della più grandefesta del mondo cristiano.Le altre opere dell’ingegno uma-no poi sono uniche nel loro ge-nere: il pozzo di San Patrizio ela funicolare (quella ad acqua na-turalmente, certo nonriproponibile nella realtà moder-na ma della quale conservare al-meno la memoria).Il Mancinelli, uno dei teatri piùbelli dell’Umbria, e poi il teatrodel Carmine, l’eccellente biblio-teca comunale, il Palazzo deiCongressi; i quattro musei sullaPiazza del Duomo; le numerose

e di tensioni sociali, la diffusacultura dell’accoglienza.Sono tutti asset che non si pos-sono iscrivere a bilancio ma chesono suscettibili di valutazioneeconomica.Chi non ha compreso il tesoro sulquale si è seduto ha perso e hafatto perdere a tutti una grandeoccasione; piangersi addosso inquesto contesto, invocare la scu-sa della mancanza di denaro eparalizzare per ciò ogni prospet-tiva di sviluppo economico inmancanza di un progetto è delit-tuoso. Se non si avviano gli investi-menti, sia pure a redditività dif-ferita, si è destinati comunque alfallimento.

Daniele Di Loreto

associazioni, risultato di una ca-pacità di aggregazione non co-mune. Il Centro Studi, il Palaz-zo del Gusto e la Scuola di Mu-sica. La fortezza dell’Albornoze la ex Caserma Piave.La mobilità alternativa, con i dueparcheggi del Campo della Fie-ra e di Via Roma.I numerosi alberghi in città e iresort di campagna. La ristora-zione, eccellente e per tutte letasche.La vivacità culturale che si espri-me nelle forme più diverse: coni numerosi giornali a stampa eon-line, le manifestazioni cultu-rali, le rassegne, i festival, tra iquali quello del jazz consideratoda Eurispes una delle poche ec-cellenze in Italia.La mancanza di microcriminalità

Lo Statuto dell’Associazione Comuni Virtuosi“I Comuni che aderiscono al-l’Associazione ritengono che in-tervenire a difesa dell’ambientee migliorare la qualitàdella vita, e tutelarei Beni Comuni,intesi come beninaturali er e l a z i o n a l iindisponibili cheappartengono al-l’umanità, sia possi-bile e tale opportu-nità la vogliono vi-vere concretamentenon più come unoslogan, consapevoli che lasfida di oggi è rappresentata dalpassaggio dalla enunciazione diprincipi alla prassi quotidiana.Le finalità statutarie riguardanoin particolare l’impegno a:· aspirare ad una ottimale gestio-ne del territorio, all’insegna delprincipio ispiratore del “no con-sumo di suolo” (Opzione cemen-tificazione zero, recupero eriqualificazione aree dismesse,

progettazione e programmazio-ne del territorio partecipata,bioedilizia, etc.);

· ridurre

l’improntaecologica della macchinacomunale attraverso misure edinterventi concreti ed efficienti(efficienza energetica, acquistiverdi, mense biologiche, etc.);· ridurre l’inquinamento atmo-sferico promuovendo politiche eprogetti concreti di mobilità so-stenibile (car-sharing, bike-

sharing, car-pooling, trasportopubblico integrato, piedibus,scelta di carburanti alternativi alpetrolio e meno inquinanti, nel

rispetto delle produ-zioni agri-

cole lo-cali, vol-

ta al sod-disfaci-men-

to deif a b b i s o g n ia l i m e n t a r idelle propriecomunità edella biodi-versità, etc.);· promuove-re una cor-

retta gestionedei rifiuti, visti non

più come un problema ma comerisorsa, attraverso la raccolta dif-ferenziata “porta a porta” e l’at-tivazione di progetti concreti tesialla riduzione della produzionedei rifiuti (progetti per la ridu-zione dei rifiuti e riuso, etc), in

una politica che aspira al traguar-do “rifiuti zero”;· incentivare nuovi stili di vitanegli Enti locali e nelle loro co-munità, attraverso politiche eprogettazioni atte a stimolare nel-la cittadinanza scelte quotidianesobrie e sostenibili(autoproduzione, filiera corta,cibo biologico e di stagione, so-stegno alla costituzione di grup-pi di acquisto, turismo ed ospi-talità sostenibili, promozionedella cultura della pace, coope-razione e solidarietà,“disimballo” dei territori, diffu-sione commercio equo e solida-le, banche del tempo, auto-pro-duzione, finanza etica, etc), fa-vorendo il più possibile l’auto-produzione di beni e lo scambiodi “servizi”, sottraendoli al mer-cato per una società della sobrie-tà ispirata ai temi delladecrescita.”

www.comunivirtuosi.org

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Revoluciòn!di MARIO TIBERIIL GIAN BURRASCA

nella foto: la governatricedell’Umbria Catiuscia Marini

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Da qualche tempo a questa parte, al solopronunciamento di determinati vocaboli, scatta all’in-

terno del mio plesso retrosternale una molla tra larepulsione e l’infastidimento.

Parole come trasparenza, condivisione, rinnovamento,soprattutto se in bocca a ben individuati personaggi del

mesto scenario politico nazionale e locale, mi scatenanoi predetti stati d’animo perché so perfettamente essereparole condite da un ricettario impastato di ambiguità,fariseismo, mendacità e financo intenzionale falsità in

quanto pretendenti a dire tutto senza mai arrivare adalcunché di nulla.

Lo stesso può affermarsi, “ictu oculi”, del terminesviluppo: se usato da un economista per indicare una

via volta al benessere dovizioso, oppure da unnutrizionista per stilare una tabella dello stare bene

corporeo, lo si può accettare favorevolmente; non certose pronunciato, il più delle volte a sproposito, da un

mestierante della politica.Quando tento una raffigurazione plastica di que-

st’ultimo, me lo visiono in tal maniera: un cialtrone dalginocchio valgo, dall’epa flacca e dal cervello sghemboil quale, più che esserci, appare come un collaudatore disupposte ad “effetto placebo” piuttosto che un informa-

tore scientifico di farmaci benefici.Mi è giunto all’orecchio che, prossimamente, degneran-no della loro presenza nella nostra città il Presidente del

Consiglio Regionale dell’Umbria con, al seguito,l’Assessore alle attività produttive e allo sviluppo

economico. Immagino che indosseranno le consuetevesti dei procaccianti, prodighi promettitori alle folle di

magnificenze e strabilianti realizzazioni.Non vi crederemo perché solo chi non conosce ladifficoltà del mantenere, largamente promette neltentativo, ormai smascherato, di procacciare a sé

l’immeritato suffragio del popolo ingenuo.Il nostro bistrattato comprensorio orvietano è, per

vostra colposa responsabilità, sempre più marginale,irrilevante, emarginato, abbandonato al suo langue

destino.Il popolo sarà pure ingenuo, ma se affamato non potrà

che insorgere con ideali forconi appuntiti da conficcarenelle vostre rotonde terga.

Vale, infatti, molto di più la legittimazione culturale diquella politica e, per ciò che mi riguarda, preferisco che

si dica di me che sono un uomo colto piuttosto che unpolitico procacciante, seppur in buona fede.

Pubblicati gli Atti del Convegno «Rifiuti:Amo!». Oggi l’Umbria, ex cuore verde d’Ita-lia (non perché non sia più verde, semmaiperché non c’è più l’Italia), è leader nella sal-vaguardia delle cose sue. Da quando il granconsiglio dei capitribù decretò l’Orvietano(vecchio pezzo di territorio depresso edepauperato, ormai improduttivo e sterile)come immon-dezzaio prima-

rio regionale. Per Orvieto, una vocazione natu-rale; l’immondizia nel dna: la civiltà dellamonnezza.

Grazie alla sapiente gestione è statadefinitivamente superata la rogna della questio-ne cultura. Chiuso il teatro. Dissolto il labora-

torio e abortiti ululanti venti ascensionali,vinte anche le ultime sacche di resistenzaOrvieto si allinea al trend nazionale.La nuova via dell’avatarismo ha definiti-vamente soppiantato gli acarofili zombiesd’archivi e fantomatiche biblioteche.Alacre l’Opera di Fondazione della nuovavia culturale, ad uso e consumo persona-listico che se la canta e se la sona, dadietroparaocchi fumé polarizzati.

In tutte le librerie: «Sò doma»; la vera storia di Orvieto, quando, libera vesti-va, slowfood, grembiale e presine. Dalla fellatio politica agli alberghi perso-nali in Palestina, ai camalli del porto stile libico di Brega. «Sò doma», storiadi un’adolescenza inquieta. Erano millenni che Orvieto rompeva con questastoria delle vestigia, rivendicando un proprio ruolo culturale. Ma che si cre-deva? Che ci aveva forse i ceri? San Valentino? O un poverello dalle uovad’oro? …

In atto il piano di revisione turistico e anche di fanivoltunni non se ne sentepiù parlare. Il polo perugino ha fagocitato anche l’ultimo pezzettino dibucchero orvietano. Nell’Orvietano, oltre alla monnezza, graziose prateriedi pannelli fotovoltaici e sputtanati paesaggi con cave di basalto e di ghiaie,che diverranno carucci laghetti. Spremitura d’impre-se campate smazzettando sulla pelle di sprovvedutamano d’opera, indottrinata con sapiente demagogiapopulista.

S’è sgarrupato completamente il duomo. Non se nepoteva più..Tutto ebbe principio, decenni fa, allorché il vescovodi allora, coinvolto suo malgrado in quel popò di casi-no, fu rimosso dai capibastone vaticani, grazie alla

fronda deigasparepi-sciotta curiali. Pezzo dopo pez-zo la cattedrale, con tutta la diocesi, èvenuta giù. Il panno miracolato se lo sonoripresi i bolsenesi (qui tanto che ci si fa-ceva?) e non si sente più berciare dicorpisdomini e santuari. Insomma tuttobene madama la marchesa sulla pelle diquel presule cacciato per un fuoco di Pa-glia.

Pancho Villa

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Lo sviluppo al bivioLa forza di una città, di un popo-lo e di un territorio si misuranoanche sulla capacità di contrasta-re i periodi di crisi e di sapersireinventare un nuovo futuro.Orvieto, oggi, è chiamata a rea-gire ad un profondo stallo e ri-cercare nuove fondamenta su cuiedificare il proprio sviluppo.Finita “l’età dell’oro” con lachiusura del ciclo delle grandiopere pubbliche degli anni ses-santa e settanta, esauritosi l’ef-fetto propulsivo della “LeggeSpeciale” per il consolidamentodel masso tufaceo e rupestre, ve-nuta meno la massiccia presen-za in città del personale militaredell’Esercito e dell’Aeronautica,la nostra economia è andata viavia indebolendosi marcando unasofferenza che, ad oggi, nonsembra intravedere valide vied’uscita almeno nell’immediato.Di motivi ve ne sono e possonoprincipalmente individuarsi nel-la persistente e robusta contra-zione della domanda di beni eservizi, dovuta alla crisi econo-mica generale, che si ripercuote,a livello locale, soprattutto pereffetto di una più specifica crisidi natura politica e partitica, so-ciale e culturale fino a toccare an-che la sfera della religiosità,come dimostrano gli avvenimen-ti degli ultimi giorni, comportan-do lo sfilacciamento e la perditadi identità dell’intero tessuto ter-ritoriale.All’unità d’intenti dell’impren-ditoria agricola, artigiana, dellapiccola e media industria, del ter-ziario tradizionale e avanzato eanche della politica sulle grandiscelte strategiche compiute inpassato, si contrappongono, nel-l’attualità odierna, profonde di-visioni non solo di settore, maanche all’interno di singole ca-tegorie omogenee che generano,inevitabilmente, aspreconflittualità e persino episodi diconcorrenza al ribasso che nullaportano allo sviluppo e al benes-sere.Pare di assistere ad una lotta sen-za quartiere e spesso all’ultimosangue di tutti contro tutti, nellaillusoria convinzione che l’ab-battimento del concorrente pos-sa salvaguardare le ragioni dellapropria sopravvivenza.Niente di più sbagliato: “Un Pa-ese che non è in grado di inve-stire sul proprio futuro è un Pae-se condannato al declino”, mol-

te soluzioni ai proble-mi odierni potrebberoessere trovate attraver-so la ricerca di idee ori-ginali e inno-vative, ca-paci di contrastare ef-ficacemente ledeleterie rendite di po-sizione corpo-rativa econservativa, in gradodi affrontare il rischiodi riconversioni azien-dali in funzione dellenuove domande prove-nienti dal mercato in-terno ed estero.È arrivato il momentodi riflettere sul fattoche la stagione dellasola edilizia o delle soleattività estrat-ive stavolgendo inesorabil-mente al tramonto eche il nostro futuro e ilnostro sviluppo potran-no essere costruiti sol-tanto sull’uso intelli-gente e sostenibile del-le risorse ambientali,senza erodere lo straor-dinario patrimonio fat-to di paesaggio, cultu-ra e natura, dovremofare nostro l’obiettivoche “non un solo me-tro quadrato in più do-vrà essere destinato al

pubblicitàpomi

cemento armato”.Bisogna allora guardare altrovee, dopo un’attenta analisi dellevarie criticità, predisporre un lun-gimirante quadro di proposte,basate su obiettivi programmati-ci dai quali emergano progetti disviluppo futuro idealmente am-biziosi e concretamenterealizzabili.Secondo il rapporto UNEP, ilProgramma per l’Ambiente del-le Nazioni Unite, redatto aNairobi nel mese di febbraio2011, “…molti settori verdi of-frono straordinarie opportunitàper investimenti, crescita econo-mica e lavoro…”, anche da quipotrebbe passare una delle chia-vi di volta per la nostra econo-mia.Si parla molto di Turismo, Am-biente e Cultura: è tempo ora chedagli slogan si passi ai…progetti.Come disse Giuseppe Verdi“Tornate all’antico e sarà un pro-gresso”.

Andrea Scopetti

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Il Pil misura tutto,tranne che...

Dalla dittatura del Pil al FIL (Felicità Interna Lorda)

Disquisire sulla qualità della vita,potrebbe comportare approfondi-menti di carattere filosofico diaristotelica memoria, dei concettidi crescita e progresso con un ine-vitabile richiamo al celebre di-scorso di Kennedy sullo sviluppodel paese (…Il PIL misura tutto…eccetto ciò che rende la vitaveramente degna di essere vissu-ta ...), degli stili di vita ovverosiadella “diaita” latina o della“dìaita” greca, da cui la parola ita-liana “dieta”, che significano ap-punto “modo di vivere”.Numerosi studiosi si sono cimen-tati nell’analisi di tale fenomeno,correlandolo ai temi dello svilup-po sostenibile sia dal punto di vi-sta ambientale, che economico e

sociale ed individuando standarde parametri per consentire con-fronti e valutazioni.Secondo le agenzie internazionalipiù quotate, le città più vivibili sitrovano in Canada, in Australia, inAustria, in Finlandia e in Svizze-ra, grazie ad una vasta disponibi-lità di beni e servizi posseduti, edalla presenza di bassi rischi perso-nali e di infrastrutture efficienti.Si tratta di Paesi fortemente pro-grediti, caratterizzati da politiche

di sviluppo improntate allasostenibilità socio-ambientale edalla innovazione, incontrapposizione a mere politichedi crescita che sono causa/effettodi consumo di territorio, di inqui-namento ambientale, diincontrollati boom demografici, dicaos urbanistico, di inefficienza incampo energetico e trasportistico,di disagio sociale.L’Italia, nonostante la criminali-tà, la corruzione e l’inefficienza

“[...] Il PIL include l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigaret-te e le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine.Include le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per chi cercadi forzarle. Include la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostremeraviglie naturali. Include il napalm, le testate nucleari e i mezzi blin-dati usati dalla polizia per reprimere le rivolte nelle nostre città. Includei programmi della tv che esaltano la violenza per vendere più giocattoliai nostri bambini. Il Prodotto Interno Lordo, però, non include la salutedei nostri bambini, la qualità della loro istruzione o il pia-cere dei loro giochi. Non include la bellezza della nostrapoesia o la forza dei nostri matrimoni, l’intelligenza delnostro dibattito politico o l’integrità dei nostri dipendentipubblici. Non misura la nostra vivacità né il nostro corag-gio, la nostra saggezza o il nostro sapere, la nostra com-passione o la devozione al nostro paese. Misura tutto, inbreve, tranne quello per cui vale la pena vivere. E può dircitutto sull’America, tranne perché siamo orgogliosi di esse-re americani”.La tentazione di non scrivere altro rispetto a quanto dettoin poco più di un minuto da Robert Kennedy all’Universi-tà del Kansas il 18 marzo del 1968 è enorme: ci sono mi-gliaia di pagine sul Pil ma nessuna di queste pagine è piùchiara e profonda delle parole di un uomo che parlò più diquaranta anni fa.Un tentativo valido di fare chiarezza sulconcetto di Pil, smascherando le false verità che esso sottintende è quel-lo del “Rapporto della Commissione sulla misura della performancedell’economia e del progresso sociale”, ad opera dei Professori JosephE. Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi.[...] Come statistici ed economisti sanno molto bene, il PIL misura prin-cipalmente la produzione di mercato – espressa in unità di denaro – ecome tale è utile. Tuttavia, è stato spesso trattato come se fosse unamisura di benessere economico. Assimilare i due significati può portaread indicazioni fuorvianti sul benessere delle persone e comportare deci-sioni politiche sbagliate. [...] Nel rapporto, viene evidenziato in manierachiara e sintetica come una fuorviante interpretazione dell’indicatoreeconomico del Prodotto Interno Lordo sia all’origine di molte sceltepolitiche scellerate e di molta confusione delle classi dirigenti del mon-do occidentale. Alcuni importanti capi di stato europei stanno capendola portata nefasta di questa fossilizzazione culturale attorno al concettodi PIL. David Cameron è convinto che la solidità di un Paese non possaessere misurata soltanto da quel numero e che servano nuovi indicatori,in particolare quello chiamato FIL (Felicità Interna Lorda), intesa comesinonimo di benessere sociale, culturale, personale, come sinonimo digioia di vivere e di godere delle cose belle, come sinonimo di qualità deltempo libero, del volontariato, della serenità. Anche il presidente fran-cese Sarkozy è intenzionato a superare le tradizionali catalogazioni eco-

nomiche della ricchezza per allargare lo sguardo all’idea di felicità comenuovo indicatore della condizione della società. E’ stato infatti proprioSarkozy ad insediare la commissione di cui abbiamo parlato poc’anzi.Cameron e Sarkozy, due conservatori – progressisti!Oggi ci troviamo di fronte ad un bivio fondamentale per il nostro futu-ro: siamo di fronte alla scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile, traquella strada lastricata di certezze che sappiamo anche dove ci porteràed il sentiero impervio della scoperta, della sperimentazione, dell’inno-

vazione. Serve uno slancio di creatività nell’economia, ser-vono nuovi metodi di analisi e nuove categorie, sia a livel-lo globale che locale. Servono soprattutto uomini corag-giosi ed intelligenti che sappiano guidare questo processodi rinnovamento dei paradigmi che bloccano il progressosocio-economico a vantaggio dei pochi colossi imprendi-toriali ed a spese dell’immensa moltitudine di esseri uma-ni, a spese del nostro ambiente, della nostra salute, dellanostra felicità.. Il diritto alla ricerca della felicità, sancitonella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'Ame-rica, non deve essere incluso nel diritto alla proprietà pri-vata o nel diritto ad accumulare beni e denaro: è un concet-to che travalica il materialismo e non può essere imprigio-nato dentro un indicatore limitato come quello del Pil. Se-condo una ricerca dell’Università di Leicester, il Bhutan,un minuscolo paese abbarbicato sull’Himalaya, che da anni

misura la felicità dei suoi abitanti, è fra le dieci nazioni più contentedella Terra, pur essendo poverissimo ed isolato.Un buon punto di partenza potrebbe essere l’abolizione del modelloMMPRDC (Make More Profit, the Rest we Don’t Care about) che ca-ratterizza la moderna concezione di business, la riforma delle grandiscuole economiche e commerciali e il chiarimento definitivo che l’eco-nomia non può e non deve avere più l’ultima parola, in quanto nonrappresenta un fine, ma è semplicemente uno dei mezzi per ilperseguimento della felicità. Non stiamo parlando in terminifantascientifici, ma semplicemente politici: la vita, già adesso, non èsostenibile, domani potrà diventare insopportabile se non agiamo inmodo deciso e convinto. La rivoluzione non arriverà dai capi di stato,dai petrolieri o dalle lobbies del potere economico e finanziario; la ri-voluzione, come è sempre successo ovunque, partirà dalla gente, dalpopolo. Il problema, almeno in Italia, è che la maggioranza è pigra,“lobotomizzata”, e si accontenta del sesso, della partita e di lavare lamacchina il sabato pomeriggio.“Dalla conchiglia si può capire il mollusco, dalla casa l’inquilino” sug-gerisce con una certa brutalità Victor Hugo. Aggiungerei che “dallecittà si possono dedurre le comunità che le vivono”. E la deduzioneoggi, purtroppo, non è incoraggiante. Non ci resta che sperare nellaminoranza, che essere minoranza. (Lorenzo Mencarelli)

burocratica, riesce ancora a richia-mare i temi della qualità della vita,grazie ai suoi paesaggi, al suo cli-ma, alla sua ricchezza di beni cul-turali, alla sua cucina ed alle suetipicità.L’Orvietano è un pezzo d’Italia,dell’Italia operosa e ricca di eccel-lenze, la cui tutela e valorizzazio-ne dovrebbe innalzare la qualitàdella vita di chi vi risiede e la vivi-fica, così da renderla disponibileanche per coloro che la volesserovisitare e vivere autenticamente.La ricerca di un’elevata qualitàdella vita si trasformerebbe così inuno strumento da volano per l’eco-nomia di vasti territori.

Maurizio Conticelli

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Devianze lungimirantie miope realismodelle istituzioni:

l’occasione persadel Monte Peglia

Dall’occupazione dei poderi abbandonatial federalismo demaniale

Quando, una trentina d’anni fa,mi trasferii da Roma qui nell’Or-vietano, il portiere del palazzodove abitavo, originario dellecampagne umbre ed emigratonella capitale negli anni sessan-ta, mi guardava come fossi paz-zo. Non ero venuto per il Duo-mo o per la rupe, ma per unirmia quel gruppo di persone che oc-cupavano una ventina di poderidemaniali abbandonati sul MontePeglia.Allora non si parlava ancora didecrescita, slow food o “svilup-po sostenibile” cose da pazzisognatori, così come l’andare avivere in case abbandonate sen-za acqua né luce e voler tenerlein piedi, allevare animali su col-line ormai destinate ai rovi o cer-care una vita neo-contadina men-tre il mondo correva dalla parteopposta.Man mano che il modello eco-nomico e culturale della crescitainfinita mostra la sua distruttivaimpossibilità con crisi economi-che ed ambientali preoccupantisi palesa agli occhi di tutti l’ur-genza di un’alternativa. La ne-cessità della decrescita: recupe-rare e mettere attentamente afrutto ciò che già abbiamo e cheoggi va sprecato piuttosto cheprodurre e consumare di più; diuna cura per la qualità della vita,del cibo, delle relazioni, deglispazi naturali, il riconoscere que-sti come elementi di vera ricchez-za; di una diversa idea del lavo-ro, integrato con la nostra vita(magari recuperando una compo-nente di autoproduzione) piutto-sto che visto solo come tempovenduto in cambio di denaro.Forse non abbiamo saputo comu-nicare bene i contenuti delle no-stre scelte,ma varrebbe la pena,anche da parte di chi ha poteri diindirizzo per il futuro di questazona, avere uno sguardo ampioe più di lungo periodo. Di strate-gie “di sviluppo” e cordate im-

prenditoriali spesso discutibili nesono apparse e scomparse sulPeglia nei 38 anni trascorsi dalleprime occupazioni mentre più dicento casolari rimasti abbando-nati sono crollati o pericolanti.Di sviluppo non se ne è vistatraccia in qualsiasi modo lo sivoglia intendere ed a chi è venu-to e rimasto spontaneamente afar rivivere questi territori, oltrea dieci anni di legalità su quasiquaranta di permanenza, non èstato dato uno straccio di pro-spettiva per costruire qualcosa.Nel frattempo Orvieto e il circon-dario hanno attratto amanti del“buon vivere”, delle eccellenzegastronomiche, della natura e delpaesaggio, chi per passarci qual-

che giorno chi per rimanerci. Maancora non sembra essersi com-preso quanto la vocazione agri-colo-ambientale-turistica sia larisorsa di questi territori.Immaginiamo un centro storicointeramente chiuso al traffico,popolato da botteghe artigiane,artistiche, ma anche officine direcupero, riciclo e riparazionitecnologiche anche avanzate, damercati contadini a chilometrozero e filiera immediata produt-tore-consumatore, circondato daappezzamenti di terreno dati ingestione come orti urbani, vigneed oliveti per l’autoproduzionefamiliare.Immaginiamo un’amministra-zione comunale lungimirante che

favorisca l’insediamento di que-ste attività con i mezzi, se nonfinanziari, fiscali e legali che haa disposizione (per es., per leproduzioni alimentari locali, cen’è la possibilità anche sul pia-no sanitario – Reg CE 2074/05art.7).Immaginiamo un governo regio-nale che interpreti il neonato“federalismo demaniale” comeuna gestione localmente centra-ta del demanio e non – comesembra stia avvenendo – una ces-sione dei beni pubblici infranchising alle succursali loca-li dello Stato perché li vendanoper miopi esigenze di cassa. Im-maginiamo le migliaia di ettariincolti e il centinaio di casolariabbandonati che stanno per pas-sar di mano dalla ComunitàMontana come un potenziale“parco” per la sperimentazionedi “positive devianze” dalmainstream per stili di vita edeconomie sostenibili dove inco-raggiare il ripopolamento grazieall’affido di strutture e terreni ab-bandonati dietro presentazionedi progetti credibili.E semmai anche attraverso lavendita, sì, ma della cubatura deimolti ruderi da ricostruire e nondei casali abitati in cui, non di-mentichiamolo, ci sono anchefamiglie che coltivano il loro po-dere (leggi anche paesaggio) findagli anni Quaranta.Pochi giorni fa la societàSviluppumbria S.p.A. incarica-ta della vendita del demanio perconto della Regione ha iniziato isopralluoghi nei casolari occupa-ti per stabilirne il prezzo di ven-dita... al miglior offerente dob-biamo credere, che difficilmen-te potranno essere coloro che lihanno mantenuti in vita finora, iquali anche stavolta non avran-no il tempo di far capire le pro-prie ragioni, probabilmente trop-po impegnati a fare i bagagli epartire.

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di Sergio Cabras

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ZIARUL ROMANESC è un’iniziativa italo/romena nata adOrvieto con l’obbiettivo di promuovere la conoscenza dellacultura romena e di quella italiana, di sviluppare i rapporti e gliscambi tra le due comunità e fornire a tutti informazioni edassistenza.

ZIARUL ROMANESC este o iniziativa italo/romana nascutain Orvieto cu obictivul de a promova cunoasterea culturiiromanesti si italiana , de dezvoltarea raporturilor de schimbintre cele doua comunitati si sa furnizeze informatii si asistenta.

Ziarul Romanesc THINK TANK Orvieto

L’iniziativa è patrocinata dal Comune di Orvieto

Cu sprijinul Primariei din Orvieto

O SCOALÃ CU LIMBI

SI CULORI DIVERSE

Sâmbata 26 Februarie la Terni s-a format Federatia AsociatiiEmigranti, presedinte Federatiei este Cheick Ngaye.Necesitatea la care trebuie sa se faca fata era aceea de a creaun interlocutor unic si autoritar, care trebuie sa favorizezedialogul cu Institutiile, un Organ Multicultural. De aici idea uneiFederatii, în care se pot include toate experientele si capacitateafiecarei Asociatii, toate reprezentate democratic. La prezentareaFederatiei a intervenit Marcello Bigerna Consilier pentru Politi-ci Sociale si Voluntariat din Provincia Terni:“Astazi este o ziimportanta pentru provincia Terni, pentru ca migrantii care auales teritoriul nostru ca noua lor casa, oameni cu povesti -identitate - culturi diferite, se unesc pentru un obiectiv comunde acum vor vorbi cu o singura voce si facând asa au ales dea construi viitorul noilor generatii împreuna cu noi. Si când seîntâmpla asa înseamna ca politica este atenta la schimbareaprodusa în ultimul deceniu în societatea noastra prin imigrare.Doar o viziune populista îsi propune sa abordeze problemaimigratiei ca doar o problema de interactiune - integrare, atuncicând realitatea este ca fara un sprijin pentru activitatileproductive ca, fara forta de munca straina azi ar fi în dificultateserioasa. Pentru o formulare corecta ale politicilor socialetrebuie sa înceapa de la integrarea sociala si de larecunoasterea unei demnitatii sociale. Trebuie sa întelegemca strainul nu este o persoana marginala, dar apartine societatiinoastre. În acest sens Provincia Terni va fi o fereastra deschisacatre lume si un loc de dialog între toate culturile si toatereligiile”. Asociatia urmareste exclusiv finalitati caritabile si aredrept scop:a) sa promoveze initiative de promovare a incluziunii si inte-grare a persoanelor din tari straine, apatrizilor si refugiatilor, înprovincia TERNI TRENTO, în viata sociala si sa lucreze înconditii egale cu cetatenii italieni;b) dezvoltare de relatii sindicale, sociale, productive,economice, diplomatice din Provincia Terni cu tarilereprezentate în Asociatie.c) realizarea ghiseelor pentru a îmbunatatii conditiile decoexistenta si de solidaritate în cadrul comunitatilor locale,intercomunale si provinciale. Promovare de cooperative înparticular pentru tineri.d) favorarea mentinerii identitatii culturale a imigrantilor siîntâlnirea cu diverse culturi;e) stabilirea conditiilor si mijloacelor pentru a promovacaracterele culturii societatii care îi ospita;f)potentarea capacitatii de a primi în Provincia Terni.g) sprijin pentru integrarea copiilor de imigranti în sistemul sco-lar; promovarea de cursuri de limba italiana si de cultura gene-

rala, pentru adulti cu referire spe-cifica la dreptul italian la locul demunca, drepturile si obligatiilelucratorilor;h) cursuri profesionale: pentruincluderea în piata muncii noastre,pentru recalificare si valorizareacompetentelor profesionale sipentru o eventuala întoarcerevoluntara în tara sa.Asociatia poate sa promoveze, caatare, sau în colaborare cuinstitutiile guvernamentale publicesi private initiative, actiuni siproiecte pentru îmbunatatireaconditiilor sociale si culturale aimigrantilor straini.

j.m.

ÎMPREUNA PENTRUUN OBIECTIV COMUN

O scoala cu limbi si culori diverse, cea care de câtiva ani aînceput sa caracterizeze teritoriul nostru si mai ales Comunadin Orvieto. În total sunt 320 de elevi proveniti din alte tari,care frecventeaza scolile din Orvieto, 53 sunt cei carefrecventeaza gradinitele, 93 scoala primara, 41 scolile mediisi 133 liceele. O treime din elevi aleg studiile stiintifice (48), 31aleg institutul profesional, 12 institutul geometric, 10 eleviurmeaza Liceul Clasic si 8 au ales Institutul Comercial.O realitate, acea a strainilor, care trebuie luata în consideratie,care necesita o obligatie din partea institutiilor, scolilor sistructurilor educative, în favoarea unei integrari majore si oeficienta si activa includere în stratul social cetatenesc.Multe raspunsuri se încearca sa se dea prin proiectul de “Pia-no Territoriale di intervento nel Campo dell’Immigrazione”(Planul teritorial de intervenire în Câmpul Emigratiei), care vedeangajate institutiile din teritoriu: Comuni dell’Ambito e Provve-ditorato agli studi di Terni, Caritas di Orvieto, Ufficio di Cittadi-nanza e Pro Loco dell’Ambito territoriale nr. 12.O retea de energie, competenta si resurse angajata saurmareasca obiectivele precise ca: asistenta legala,administrativa si sanitara, cursuri de limba italiana, integrareasocial cultural a minorilor si a familiilor, promovarea, integrareasi interactiunea între locuitorii autohtoni si straini, si garantareadrepturilor pentru detinutii extra comunitari.Participare care intentioneaza sa abata toate barierelelingvistice si culturale care se interpun la buna recunoasteresi valorizare a unui fenomen deja consolidat în teritoriul nostru.Colaborarea care ThinkTank a legat cu ZiarulRomânesc vrea sacontribuie la atingereaacestor obiectiveambitioase, încercând înputinele rânduri la dispozitiesa dea informatii utile, si saaduca la cunostintacomunitatii Romane,problemele si pozitivitateaacestui teritoriu, în sperantaca într-o zi si Italia sau Or-vieto pot sa gaseasca un“Barack Obama”.

Jamila Mansour