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TRAME D’ORO APPLICAZIONI DELL’ARTE PER LA MODA DEBORA VIGLIA

Trame d' Oro

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tesi in design del gioiello e dell' accessorio di moda

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Page 1: Trame d' Oro

TRAME D’OROAPPLICAZIONI DELL’ARTE

PER LA MODA

DEBORA VIGLIA

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TRAME D’OROAPPLICAZIONI

DELL’ARTE PER LA MODA

STUDENTESSA

DEBORA VIGLIA

RELATOREPROF. SERGIO PAUSIG

A.A. 2012-2013

MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

AFAM

ACCADEMIA DI BELLE ARTIDI PALERMO

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE SCUOLA DI PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA

CORSO DI DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO

INPROGETTAZIONE DELLA MODA

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INDICE

Premessa 8Introduzione 9Il Progetto 13Pomander 17Studi 27Texture 44 Elaborati 50L’eccentricità 95 L’oro- le origini 99Klimt e l’oro 103I Pomander 109Fulco di Verdura 115Bibliografia 135Sitografia 137Ringraziamenti 139

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<<C’è chi guarda alle cose come sono

e si chiede “Perché”. Io penso a come

potrebbero essere e mi chiedo “Perché no?”>>Robert Kennedy- senatore degli Stati Uniti

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Premessa

Sono nata in Sicilia, dove quasi tutte le più importanti civiltà hanno lasciato un se-gno, la maggiore tra le isole del Mediterraneo e quella nella posizione più strategica. Tra fine Ottocento e i Primi del Novecento essa era, infatti, conosciuta a livello inter-nazionale come il luogo più lussureggiante della Nazione. L’aurea di opulenza e l’e-manazione di fervore estetico attrasse non solo i Reali, ma anche i migliori artisti ed interpreti dell’epoca. È in ricordo di questo universo privilegiato, in cui nacque Fulco di Verdura, che dedico la mia tesi, forse in modo indiretto, alla mia amata Palermo.

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Introduzione

Affrontando uno studio su Fulco di Verdura ( gioielliere palermitano dei primi del 1900 che fece la sua fortuna, prima in Francia accanto a Cocò Chanel e poi in America, realizzando dei gioielli che avevano un chiaro riferimento alla sua terra di origine), ho ampliato la mia ricerca all’uso dell’oro nella pittura klimtiana poi, estendendo il mio studio a diversi elementi della fauna e flora marina e unendo-vi la tradizione dell’intreccio tramite ferri ed uncini, tramandatami in famiglia e tipica in Sicilia, ho progettato una mini collezione di gioielli, accessori e capospal-la che racchiudesse la caratteristica dell’unicità e della preziosità in un continuo gioco tra “falso” e “vero” al tempo stesso. Così prendono forma elementi marini e nodi marinari indossabili in diverse occasioni a seconda del gusto di chi li indossa.

Esposizione Accademica “INVASIONI 2013”. Atelier VUEDU, via Sperlinga 34,Palermo. 7-21 luglio 2013.

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Il progetto nasce dalla considerazione che un gioiello può essere considerato tale anche se non costituito da metalli e pietre preziose. Il gioiello ideato vuole essere molto di più: es-sere concettuale, generare emozioni e ricordi possedere oltre al valore estetico anche una certa funzionalità. Il gioiello oggi deve essere prezioso non per la materia con cui viene realizzato, ma per il concetto di unicità inteso non solo come pezzo unico, ma come rappre-sentazione dell’unicità di chi lo possiede. Utilizzando la tecnica dell’intreccio di trame in filato dorato lavorato artigianalmente come vuole la tradizione siciliana , mi sono ispirata a elementi della Flora e della Fauna marina e, rendendo omaggi a Fulco di Verdura, gioiel-liere Palermitano, ho progettato e realizzato una piccola collezione di gioielli, accessori e capospalla.

Debora Viglia

The projet is based one the consideration that a jewel can be ragarded as such even if non manufacturated by precious metals and stones. The jewel designed wants to be much more: to be conceptual, to generate emotions and memories and in addition to its aesthe-tic value, to have a particular function. Today the jewel must be valuable not only for its material but also for its distinctive traits , interpreted not only as a single piece , but as a representation of the uniqueness of its owner. Using the technique of interlacing weaves textures golden handcrafted as required by the Sicilian tradition , I was inspired by ele-ments of marine Flora and Fauna and, paying homage to Fulco di Verdura jewellr from Palermo, I designed a small collection of jewels, accessories an outrwear.

Traduzione a cura di Daniela Culò

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El proyecto se basa en la consideración de que la joyería puede ser considerada tal aunque no se trate de metales y piedras preciosas. La joya creada pretende ser mucho más: concep-tual, generar emociones y recuerdos y poseer, además de su valor estético, también cierta función. Hoy en día la joya debe ser preciosa no por el material con el que esté hecha, sino por su unicidad , y no sólo como una pieza única, sino como representación de la unici-dad de quién la posee. Pues, utilizando la técnica del entrelazado con hilado dorado hecho artesanalmente así como es en la tradición siciliana, me he inspirado en elementos de la flora y fauna marina y he diseñado y realizado una pequeña colección de joyas, accesorios y chaquetas, tributando homenaje a Fulco di Verdura , joyero de Palermo.

Traduzione a cura di Lorella Schimmenti

Le projet est basé sur la considération qu un bijou peut être considéré comme tel même s’il n’est pas en métaux ou pierres précieuse Le bijou conçu veut être beaucoup plus : être conceptuel, générer des émotions et des souvenirs et part sa valeur esthétique il doit être fonctionnel. Aujourd’hui un joyau doit pas être précieux et non pas pour son matériel mais surtout parce qu,il doit être unique , et savoir represénter l’originalité de celui/celle qui le porte. En utilisant la technique d’entrelacement de fils d’or travaillés selon la tradi-tion sicilienne, je mie suis inspirée des éléments de la Flore et de la Faune marine, rendant hommage à Fulco di Verdura (Fulco Santostefano Cerda, Duc de Verdura 1898_1978) bi-joutier palermitain , j’ai projet é et crée une petite collection de bijoux,d’ accessoires et de vêtements de plein air

Traduzione a cura di Flora Arcuri

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Il Progetto

“Ciò che ha ridimensionato sostanzialmente il desiderio di possedere un gioiello è la serialità esasperata, voluta per meri fini speculativi, ma comunicata come un valore. I valori immateriali di un gioiello – quelli che ci portano a desiderarlo – non sono nelle materie preziose, ma in ciò che queste esprimono nella forma in cui vivono e significano.Il gioiello che oggi ci manca non è quello che ostenta una superba, raffinata e costo-sa manifattura che esalta gemme rare e stupende. Non è il gioiello minimalista e/o concettuale. Non è il gioiello che esibisce citazioni più o meno colte. Non è il gioiello per tutti e per tutte le stagioni. Il gioiello che ci manca è quello che rappresenta la nostra anima, il sentimento che ci accompagna nell’esperienza quotidiana, quella che ci costringe al confronto, alle scelte con noi stessi… a riconoscerci, ad accettarci, ad amarci, ad esprimerci. Tutto ciò non è più nei gioielli che ci offre il mercato, né quello delle griffes né quello dei cosiddetti “unbranded”. Questo lo possiamo trovare nel dialogo diretto e profondo con i pochi autori che conoscono il gioiello, che cono-scono la vita ed amano la vita e il gioiello. Ed hanno l’umiltà di mettersi in gioco, tra-sferendo ad altri innamorati della vita e del gioiello la propria sapienza e l’emozione della ricerca e dell’unicità dell’opera.L’industria orafa ha fatto il suo tempo. L’ubriacatura è finita. Il gioiello è un’altra cosa.”

(Stefano Ricci, Magazine Preziosa - Ciclica caccia alla definizione: che cos’è un gioiello di design?, 8 no-

vembre 2011)

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Il progetto nasce dall’esperienza maturata nel Laboratorio del Corso di Design del Gioiello e in una azienda orafa di Palermo in questi ultimi quattro anni. L’iter pro-gettuale e’ motivato dal profondo attaccamento, in me radicato, all’eccentricità, dal-la convinzione che il gioiello sia qualcosa di più che un semplice “oggetto-bijoux” in oro e gemme preziose da indossare in svariate occasioni e, dal mio profondo amore per il mondo della natura.Inizialmente, il progetto era basato sulla ideazione di una collezione di gioielli tra-sformabili in un unico corpus, senza l’utilizzo di elementi intercambiabili, che aves-sero in comune un richiamo morfologico presente in natura (insetto) che, in una seconda fase progettuale, avrebbe contenuto, al suo interno, una goccia di profumo, caratteristica questa del gioiello pomander ( gioiello usato intorno al 1600 circa du-rante il periodo delle pestilenze periodo in cui la gente non lavava il proprio corpo per la credenza che lavarsi aprisse le porte alle malattie), che aveva la funzione una volta aperto, di profumare quella parte del corpo di colui/colei che lo indossava.

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Da questa prima ideazione, tramite l’introduzione della tecnica dell’intreccio e la creazione così di trame, punti e nodi, sono arrivata gradualmente alla seconda fase progettuale che vedeva l’alba di un nuovo progetto. Mantenendo l’idea degli elementi naturali, ho intrapreso uno studio sugli animali marini quali meduse, ricci di mare, conchiglie e ho ampliato la progettazione, che prima era rivolta solo al gioiello, all’ac-cessorio di moda e ai capospalla, e abbandonando così l’idea dell’oggetto trasformabile.In una primissima fase ho iniziato a studiare gli elementi marini stilizzandoli, successivamente dopo avere realizzato numerosi schizzi schizzi ho focalizzato , in particolare, la mia attenzione su due elementi che rappresentavano una medusa.Tramite la tecnica dell’acidatura usata nell’arte dell’incisione, su una la-stra di ottone sottilissima, che è stata ricoperta di cera, ho riportato il dise-gno con un punteruolo che man mano andava togliendo la cera lungo tutto il suo perimetro. La lastra successivamente è stata immersa nell’acido che è intervenuto nei punti in cui il punteruolo ha eliminato la cera, tagliando così la lastra. In questa maniera ho creato due prototipi di orecchini pendenti.

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Nello stesso modo ho riportato gli stessi disegni su un foglio di acetato creando delle mascherine che ho utilizzato per il riporto del disegno su stoffa su cui sono interve-nuta con la tecnica stencil, batik e a pennello. Contemporaneamente, al computer, ho creato delle texture per stoffa tramite i programmi di grafica Adobe Photoshop Elements e Micrograf Picture Publisher . Mantenendo elementi di origine marina e allargando il mio studio alle opere di Fulco di Verdura, ho spostato la mia attenzione sui lavori di quest’artista, concentrandomi sui gioielli e i portacipria a conchiglia che contribuirono a creare la sua fama mondiale. Su questi ho iniziato lo studio e la creazione di una mini collezione, di gioielli accessori e capospalla, in trame d’oro in cui ho inserito il gioiello pomannder, grazie al lavoro dell’artigiano francese Roger Mercier che mi ha realizzato delle piccole boccettine in vetro soffiato che ho avvolto in coppette di filo dorato.

Conchiglia in trama d’oro

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Pomander

La simbologia che klimt utilizza nelle sue opere ha un riferimento erotico. La don-na e la sua sessualità viene rappresentata attraverso elementi ovali mentre l’uomo tramite elementi rettangolari. I due, fondendosi insieme, danno origine alla vita.Il profumo, sin dalla sua origine, ha sempre avuto una connotazione non solo con le varie fasi della vita, quali nascita, unione e morte, ma in particolare con il divino.Unendo le due cose, ho tentato di realizzare un gioielli che rappresentasse in qual-che modo Klimt e il pomander: la coppetta ovale, in trame d’oro, rappresenta una sorta di ovulo, la coppa della vita che racchiude al suo interno quell’elemento ma-schile quale il seme (profumo), tramite il quale ci riconciliamo- ideologicamente- al divino.

Pomander, illustrazione 1500 circa

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PomelieGirocollo in trama d’oro e resina,

250x 300 mm spessore 3 mm.

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Pomelie- bGirocollo in trame d’oro con coppette contenenti

sfere di corallo, 250x 300 mm spessore 3 mm.

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PomeCollana in trama d’oro il filato di cotonee resina, 200x 200 mm spessore 3 mm.

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Pome- b Girocollo in trama d’oro con coppetta coperrta,

200x 200 mm spessore 3 mm.

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PomerGirocollo Ameba in trame d’oro e resina con

coppetta vuota, 300 x 250 mm spessore 3 mm.

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PomanellAnello in trame d’oto con coppetta coperta.

dimensioni 15 mm.

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Ho studiato e progettato graficamente, con l’uso di softwer, collane, bracciali, borse e texture per stampa su tessuto, ispirati ai goielli di Fulco di Verdura utilizzò, ma an-che a meduse, ricci di mare, stelle marine ed elementi dei fondali marini rielaborati ed assemblati tra loro , tra loro utilizzando come elemento base delle trame in filato di cotone dorato realizzate con tecniche diverse come l’uncinetto, la forcella, i ferri ed anche il ricamo ad ago.

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Studi preparatori con l’uso di software per una collezione di prototipi di gioielli

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C1Studio per una collana in trama d’oro di due gradazioni,

250x 700 mm spessore 3 mm.

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C2Studion per una collana in trama d’oro e resina,

250x 620 mm spessore 3 mm.

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O1Studio per un paio di orecchini medusa in trama d’oro,

70x 35 mm spessore 3 mm.

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C3Studio per una collana in trama d’oro e resina,

250x 650 mm spessore 7 mm.

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C4Studio per una collana in trama d’oro e resina,

250x 600 mm spessore 7 mm.

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B1Studio per un bracciale in trama d’oro e resina,

170x 35 mm spessore 7mm.

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O2Studio per un paio di orecchini in trama d’oro e resina,

65x 60 mm spessore 7mm.

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C5Studio per una collana in trama d’oro e resina

280x 280 mm spessore 7 mm.

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C6Studio per una collana in trama d’oro,

250x 300 mm spessore 7mm.

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O3Studio per un paio di orecchini in trama d’oro e resina,

70x 40 mm spessore 7 mm.

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C7Studio per una collana in trama d’oro con filatoin cotone e resina, 300x 300 mm spessore 7mm.

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O4Studio per un paio di orecchini in trama d’oro con filato

in cotone, 70 x 30 mm spessore 7 mm.

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O5Studio orecchini in trama d’oro in filato

di cotone e resina, 90x 30 mm spessore 7 mm.

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B2Studio bracciale in trama d’oro in filato

di cotone e resina, 170x 30 mm spessore 7 mm.

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C8Studio collana in trama d’oro in filato

di cotone e resina, 250x 700 mm spessore 7 mm.

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Texture per la progettazione di tessuti

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Elaborazioni di una collezione di gioielli, accessori e capospalla

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Studio borsa in cotone con interventi di pittura a pennello (stilizzazione medusa)280 mm per 150 mm

Sac médusesInterno della borsa . Fodera in cotone colorato. 280x 150 mm spessore 10 mm.

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Miroir shellCiondolo conchiglia in trama d’oro e resina.

80 x 85 mm spessore 7 mm.

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Miroir shellSpecchio posto all’interno della conchiclia omaggio a

Fulco di Verdura.

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ParcellesPochette in trama d’oro, in filato di cotone. No fodera.

170 x170 mm

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Pochette.170 x 90 mm spessore 10 mm

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Pochette

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Particolare bracciale

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Bracciale ispirato ai nodi marinari. Tecnica forcella. Trama d’oro.180 x55 mm spessore 3 mm.

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IntrecciBracciale ispirato ai nodi marinari in trama d’oro. Filato di cotone.

180 x 45 mm spessore 5 mm.

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E’toileOrecchini stella marina. Trama d’oro in filato di cotone.

80 x 80 mm spessore 3mm.

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CoralloParticolare. Collana corallo in trama ocra. Circ. 500 mm.

Lunghezza 400 mm.

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CassiopeaSandalo in cuoio e vera pelle con particolari in trama d’oro.

tacco 20 mm. misura 35.

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Particolare

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Collana Marea, Trama d’oro e ocra. 2710 mm.

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Plat

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Maglia marea, cotone avorio.

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Particolare

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Particolare

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Plat

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L’Eccentricità

Strano, stravagante, dandy, sicuramente fuori dalle righe e con uno stile del tut-to personale, in una sola parola l’Eccentrico. Egli non va confuso con colui che soffre del disturbo Istrionico della personalità e cioè colui che, essendo estre-mamente emotivo, è alla continua ricerca di attenzione e approvazione e pre-senta dei comportamenti drammatici e pericolosi come tentativi di suicidio o atteggiamenti auto lesivi. L’eccentrico è colui che ha uno stile interpersonale caratterizzato da seduttività e teatralità, è colui che possiede atteggiamenti bizzarri che si allontanano dai modi comuni. Facilmente lo si può riconoscere dal suo modo di vestire, ricercato e stravagante, elegante con elementi esage-rati, certe volte straordinariamente fuori luogo, ma sicuramente mai volgare. Una tipologia di personalità eccentrica, è ad esempio, la figura del Dandy, il cui termine venne utilizzato per la prima volta in una canzone inglese le cui stro-fe tendevano a mettere in ridicolo l’abbigliamento vistoso dei soldati ameri-cani. Più in generale il termine indicava un individuo che si pavoneggia della sua eleganza stravagante e ridicola. La terminologia inizialmente utilizzata in maniera negativa, venne usata poco tempo dopo in Inghilterra, per esprimere gli aspetti della vanità, della stravaganza e dell’eccesso di ricercatezza che de-scriveva la vita di Bau Brummell (1778-1840) che divenne dominatore incon-trastato dei salotti londinesi, “imponendovi” il suo modo di vivere e di vestire. E’ con lui che nacque il dandismo come stile di vita e movimento di costume. Questa definizione rimase invariata anche se la moda, il costume e varie influen-ze culturali gli assegnavano stili e comportamenti sempre diversi. Alfred G. G. D’Orsay, discepolo di Brummell, sosteneva, ad esempio, che il compito del Dan-dy fosse quello di farsi notare per la grande accuratezza nel non farsi notare. Nel 1830, in Francia, i dandy non erano più semplicemente eleganti, ma gli esponen-ti di una cultura dell’apparenza e della diversità che rivelava connessione con i movimenti artistici e letterari dell’epoca, quali simbolismo ed estetismo, ed è proprio in Francia che nacquero le prime forme diversificate di dandysmo in-tellettuale: quello di Baudelaire e di Rimbaud, fondato sull’Eccentricità come spregio e provocazione, e il dandismo estenuato e negativo di Huysmans.

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e provocazione, e il dandismo estenuato e negativo di Huysmans. Verso la fine del secolo, il dandismo ricompare in Inghilterra con Wilde, il più grande esponente di questo movimento nell’età vittoriana. Il Dandy da lui rappresentato ostentava una sorta di paradossale e sistematico rovesciamento di valori: riteneva disprezzabile tutto ciò che alla società borghese o “il senso comune” riteneva utile o importante.

Anna Piaggi

Gioralista e scrittrice italiana

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Lady Gaga, NY. Cantante. Conte M. Mocchia di Coggiola

Morgan. Cantautore. Tim Burton. Regista.

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L’Oro Le origini

L’uomo inziò ad estrarre l’oro circa 6000 anni fa nell’Africa settentrionale, in Mesopotamia, nella valle dell’Indo e nel Mediterraneo Orientale. Il periodo in cui s’Iniziò questa pratica è talmente remoto che le sue tracce, conserva-te nei racconti mitologici, sono quanto mai oscure. Non mi riferisco alla favola del Re Mida, e nemmeno a quella del famoso Vello d’Oro che non era altro che pelle di montone, che una volta immersa nelle acque dei torrenti monta-ni, era in grado di filtrare l’acqua trattenendo le piccolissime particelle d’oro.Molto probabilmente è stato il primo metallo mai usato dall’uomo (prima del rame) per la manifattura di ornamenti, gioielli e rituali. Citato dalla dinastia egizia a partire dal 3000 a. C., in particolare nel periodo di formazione dello Stato Egizio, ebbe sia un ruolo politico che economico: fu uno degli elementi all’origine della divinizzazione del faraone e della nascita delle città. E’ presso il popolo egizio che nacque il mestiere del battiloro e cioè colui che riduceva l’o-ro in sottilissime foglie (con cui venivano ricoperte statue e dipinti) tramite un lunghissimo procedimento di battitura manuale, procedimento che oggi, tra-mite l’utilizzo di macchinari che effettuano battitura continua, dura dieci ore. Ancora oggi considerato uno dei metalli più preziosi, secondo il vangelo “secondo Mat-teo” l’oro fu uno dei metalli donati al bambino Gesù. Per i Cristiani l’oro simboleggia la re-galità di Cristo e nel Buddhismo esso è uno dei sette tesori venendo equiparato alla fede.Anche se i più antichi oggetti in oro, a noi pervenuti, appartengono alla civiltà egizia, a raggiungere la maestria nella lavorazione e produzione di oggetti realizzati con questo metallo furono gli Etruschi e i Romani.C’è da dire che con il dissolversi della civiltà minoico-micenea nel X secolo a.C. inizia la prima fase dell’arte ellenica durata circa tre secoli. In tutte le arti, compresa l’ore-ficeria, ebbe caratteri analoghi. Tutto si rappresenta con l’uso della geometria e con figure molto stilizzate. Viene attribuita ai Fenici la diffusione del gusto orientale al resto del Mediterraneo. Questo indirizzo fu accolto in Grecia con moderazione ed equilibrio; in Etruria trovò un particolare terreno favorevole e si sviluppò con caratteri distintivi propri. Questo ci autorizza a parlare d’arte etrusca.

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L’esibizione della ricchezza attraverso gli oggetti d’oro da parte degli aristocra-tici etruschi raggiunse le sue punte più alte nel VII secolo, come è attestato dai ritrovamenti delle favolose tombe di Cerveteri e Vetulonia in Etruria, Palestrina (Preneste) nel Lazio e Pontecagnano presso Salerno. La decorazione è lancia-ta anch’essa a svilupparsi nello spazio, voluminosa. Si usa lo sbalzo o lo stampo di figura umana, animali e vegetali del repertorio egizio e della Mesopotamia. Dall’unione di parti stampate si costruiscono sagome a tutto tondo che si dispon-gono in file ripetute: oche, leoni alati rampanti, cervi, papere, chimere, lupi... La decorazione geometrica consiste di linee, di spezzate ripetute, in modo da dise-gnare meandri, angoli multipli, denti di lupo e rispetta la simmetria. Talvolta manca un qualsiasi racconto e tutto si esaurisce in decorazione. L’oreficeria etru-sca geometrica orientalizzante è monocromatica: ha il solo colore giallo dell’oro. In questo periodo la tecnica di lavorazione arriva alla sua massima raffinatez-za e gli artigiani Etruschi mostrano di aver acquisito dal mondo orientale la tecnica della granulazione (peraltro già conosciuta anche nel mondo egizio e miceneo), che consiste nella saldatura di minuscole sfere (grani) su un fondo di lamina secondo un disegno prestabilito. Si ipotizza che il metodo di preparazio-ne dei grani in antico fosse il seguente: si ritagliava una sottile lamina in tanti piccoli quadratini di uguale superficie e si mettono in un crogiuolo, provvisto di coperchio, mescolati a polvere di carbone in modo che non si tocchino tra loro. Il crogiuolo veniva riscaldato fino al punto di fusione delle particelle d’oro, che si scioglievano formando delle sferette isolate nella polvere di carbone. Per la suc-cessiva saldatura dei granuli alla lamina si usava sale di rame e collante organico. Le tecniche introdotte dai Romani sono quelle di raffinazione dell’oro. L’oro nativo contiene generalmente una percentuale di altri metalli, come l’argento e il rame. Se la percentuale d’argento era alta, il metallo era considerato elettro, a sé stante e con proprie caratteristiche. I procedimenti di raffinazione dell’oro furono adopera-ti tardi ed erano analoghi a quelli dell’argento. Il più utilizzato fu la coppellazione, originaria dell’Asia Minore. Al materiale da raffinare veniva aggiunto del piombo: il tutto era sottoposto a fusione su di un fuoco a carbone in un crogiuolo d’argilla (coppella). Il piombo e le altre impurità erano eliminati mediante ossidazione, pro-vocata da una corrente d’aria; sul fondo del crogiuolo rimaneva l’oro raffinato o, se era presente argento, un composto di oro e argento.La separazione dei due metalli poteva avvenire mediante due procedimento, a sale o

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a zolfo. Nel primo caso sale e materiali organici si aggiungevano alla lega oro-argento: con il calore, il sale si combinava con l’argento, trasformandosi in cloruro d’argento, che veniva assorbito dalle pareti del crogiuolo. Nel secondo caso, alla lega si aggiun-gevano un composto dello zolfo e carbone; con il calore l’argento si trasformava in solfato d’argento che, galleggiando in superficie, si potevano rimuovere facilmente.I Romani introdussero anche due ulteriori procedimenti: la liquazione, usata come preliminare della coppellazione, dove i metalli in lega, sottoposti a fusione, veni-vano separati mediante un raffreddamento rallentato e l’amalgamazione, dove il mercurio entrava nella lega con gli elementi metallici dei minerali d’oro e tutte le sostanze vi galleggiavano sopra tranne l’oro. Una volta raffinato, l’oro, il cui grado di purezza poteva essere saggiato attraverso l’uso della pietra di paragone, veniva fuso in lingotti di peso variabile. La coniazione della famosa moneta chiamata “aureo” inizia solo con Cesare, nel 49 a.C.: prima di allora lo si usava esclusivamente come ornamento, sia femminile che maschile (in quest’ultimo caso veniva utilizzato per le armi e gli equipaggiamenti militari, i cavalli, i copricapi, per vesti trionfali, corone, statue celebrative). Con l’oro i romani tramavano anche tessuti e tappeti, decorava-no mobili, pareti interne, soffitti, vasellame.

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Klimt e l’Oro

Gustav Klimt nacque il 14 luglio 1862 a Baumgarten, un sobborgo di Vienna. Figlio di Ernst Klimt, un orafo incisore, e di Anna Fiuster, amante della musica lirica. Nel 1876 si iscrisse alla scuola di arti e mestieri del museo austriaco per l’arte e l’industria.Klimt iniziò la sua carriera come artista ufficiale, realizzando decorazioni pittori-che di diversi edifici pubblici e nel 1888, dopo varie esperienze artistiche dal 1880, ricevette un riconoscimento ufficiale dall’Imperatore Francesco Giuseppe e le uni-versità di Monaco e Vienna lo nominarono membro onorario. Nel 1897, Klimt fu tra i fondatori e primo presidente della Wiener Secession (Secessione Viennese), dive-nendo, così, il rappresentante simbolico dello Jugendstil austriaco. Klimt, utilizzan-do le innovazioni decorative dell’Art Nouveau, movimento legato soprattutto alle arti applicate, di cui divenne il più grande rappresentante nel campo della pittura, sviluppò uno stile ricco e complesso ispirandosi, spesso, alla composizione dei mo-saici bizantini, da egli studiati a Ravenna. Nelle sue opere, si oppose alle idee conservatrici, superando barriere e divieti e realiz-zando dipinti erotici e simbolici che rappresentarono i sogni, le speranze, le paure e le passioni dell’uomo; in lui prevalgono il simbolo, l’evocazione della realtà, piuttosto che la sua rappresentazione; la linea elegante, morbida e sinuosa, la bidimensionali-tà delle forme, l’accostamento sapiente dei colori, il preziosismo, in una fusione e in un assorbimento delle più svariate componenti, che vanno dalla conoscenza dei mo-saici di Ravenna (fulgore e divisionismo cromatico, superamento della realtà, assen-za di volumetria) fino alle più recenti acquisizioni artistiche (simbolismo, decaden-tismo) e psicoanalitiche (l’espressione dell’inconscio attraverso il segno pittorico).Nelle opere di Gustav Klimt (1862 – 1918) è facile scorgere da un lato l’accostamento di piccoli ornamenti (quasi tessere di un mosaico), e dall’altro la ricchezza e l’opulenza resa attraverso l’uso decorativo dell’oro. Nel Maggio del 1903 per l’esattezza, in occa-sione di un viaggio in Italia, visitò Ravenna e qui ebbe modo di ammirare l’arte svilup-pata dai maestri ravennati nell’accostare le minute tessere dei mosaici bizantini. Da quel momento, e fino alla fine della sua vita, l’oro, incorruttibile, eterno ed inalterabi-le, che già aveva fatto la sua comparsa nelle opere di Klimt (non per niente suo padre,

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Ernst Klimt, era un orafo), acquista una forte valenza espressiva e fornisce la trama cromatica principale dei suoi quadri:e da qui che inizia il cosiddetto “Periodo d’Oro”. Il periodo aureo di Klimt si concluse nel 1909 con il quadro «Giuditta (II)». Seguì un periodo di crisi esistenziale ed artistica dal quale Klimt uscì dopo qualche anno.

Nuda Veritas Giuditta

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Il Bacio

Pesci

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“Il profumo è un odore adoperato per nascondere un odore peggiore.”

Elbert Hubbard, The Notebook, 1927 (postumo)

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Pomander

Il profumo è legato indissolubilmente alla civiltà egizia. Serve da intermediario fra l’uo-mo e gli dei. E’ nato nei templi, è presente in tutti i rituali: purifica, partecipa ad ogni tappa della vita umana, del contatto con le divinità, dei riti dell’imbalsamazione dei defunti.Gli Egizi, grazie alla loro arte dei profumi e degli aromi, precorrono degna-mente le scoperte scientifiche future. La loro influenza si estende fino in Asia, dove Palmira e Babilonia sono i due grandi centri di attività per i profumi.Olii profumati, unguenti e belletti partecipano ugualmente al rito: ogni mattina i sa-cerdoti procedono alla pulizia delle statue divine poi ungono ed imbellettano il loro viso.Attraverso queste offerte, gli Egizi si assicurano la protezione degli dei per il loro passaggio nell’aldilà che necessita del mantenimento dell’integrità del corpo. Que-sta credenza è alla base della pratica dell’imbalsamazione che conserva intatto il corpo grazie a sostanze imputrescibili e profumate. Il profumo originale utilizzato dai faraoni è il “Kyphi”, composto da più di 60 essenze.

La scienza dei cosmetici è altrettanto sviluppata presso gli Ebrei che presso gli Egizi.In tutti i paesi biblici il profumo è utilizzato sotto forma di preparati unguentarii (detti puk), di oli profumati, di polveri a base di henna, ma anche di sacchetti di erbe aroma-tiche portati addosso o messi fra i vestiti. Il ruolo sacro dei profumi è definito nel Libro dell’Esodo. Dio, nella legge aveva ordinato di costruire un altare dei profumi e di offrir-gli su di esso del profumo, dicendo pure con che cosa doveva essere fatto il profumo.Infatti il Signore dice a Mosè: “Prenditi degli aromi, della resina, della conchiglia odorosa, del galbano, degli aromi, con incenso puro, in dosi uguali; e ne farai un pro-fumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro, santo; ne ridurrai una parte in minutissima polvere, e ne porrai davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io m’incontrerò con te; esso vi sarà cosa santissima” (Es. 30,34-36);

Dall’epoca cretomicenea (1500 a.C.), i Greci credevano nell’esistenza di esseri divini rivelati dagli aromi e dai profumi.Ma non solo, dopo secoli di esclusivo appannaggio divino, gli uomini vanno a poco a poco appropriandosi del piacere del profumo.

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Ritenuti di origine divina o favolosa, i profumi sono essenziali nella celebrazione del culto: dopo le offerte di animali si bruciano sostanze profumate rare, come la mirra e l’incensso. Allo stesso modo, la nascita, il matrimonio, la morte vengo-no accompagnate da fumigazioni e unzioni profumate dalle virtù purificatrici.I profumi rivestono un ruolo maggiore nei funerali, perché favoriscono il passaggio nell’aldilà. I defunti avvolti in lenzuola profumate, sono arsi o sepolti con preziosi recipienti e piante odorose come la rosa, il giglio, la violetta, senza dubbio simboli di vita eterna. I Greci consacrano un vero culto dell’igiene del corpo e della bellezza plastica. La pro-fumazione del corpo entra a far parte della vita quotidiana ed è il completamento della bellezza femminile. L’offerta è ormai profana: è fatta per l’uomo ed ha una forte connotazione sessuale. In medicina Ippocrate esalta dei rimedi a base di salvia, di malva, di cumino somministrati sottoforma di suffumigi, frizioni e bagni. Dopo le abluzioni ai bagni pubblici, luoghi di socializzazione, uomini e donne profumano i loro corpi di olii all’iris, alla maggiorana. Nella Roma imperiale, nelle terme tutti, donne e poveri compresi, possono lavarsi. E’ ugualmente grazie ai Romani che si diffonde l’uso del sapo, una pasta ammor-bidente a base di grasso di capra e di cenere di saponaria, antenato del sapone.I trattati sugli odori, spesso scritti dai medici che attribuiscono ad essi virtù cu-rative, citano dei vegetali come il giglio bianco, il narciso, il cardamomo, la rosa, l’iris, il sandalo ..., sostanze animali come il musc, il castoro oltre a diverse resine.A partire da queste materie prime, i Romani preparano unguenti, acque aromati-che, profumi, pastiglie e polveri odorose. Il trattato di chimica di Zosine (fine del III secolo) attesta che i Romani conoscono la distillazione. Come in Oriente, essi utiliz-zano ugualmente belletti molto densi e colorati.Secondo un detto cinese, le ragazze più belle della Cina hanno un corpo molto profumato. Per questo motivo si usava dare alle figlie, sin dall’età di due o tre anni, delle bevande aromatiche nella speranza che crescessero belle e profumate. La formula della “pozione di bellezza” profumata viene descritta nell’antico libro “Mille Rimedi d’Oro”: è fatta di olio essenziale estratto dalle foglie essiccate di patchouli. Da questa breve introduzione possiamo, quindi , notare come il profumo nell’arco della storia precedente al medioevo, abbia avuto sempre una grandissima importanza. Mistico e potente, esso è sempre stato un sacrificio, una forza di attrazione e una protezione. Da questi elemnti citati prende forma il Pomander. Dal francese Pomme d’Ambre (mela d’ambra o mela d’ambra gri-

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gia a seconda delle diverse interpretazioni) il termine nasce nel medioevo e indica una palla piena di profumo che tramite un metodo di emissione di vapori veniva in-dossata a scopi terapeutici e come forma di protezione contro le malattie e la morte, ad esempio veniva utilizzata come protezione durante la peste .Sostanzialmente era un contenitore per profumo fatto di metallo traforato allo scopo di lasciare uscire la fragranza scelta. Alcuni Pomanders erano estremamente raffinati e preziosi, ornati con gemme mentre in Francia venivano realizzati anche in onice e cristallo. Tutti potevano indossarne uno in quanto non solo , secondo le credenze del tempo, aveva una funzione protettiva, ma serviva per mascherare i cattivi odori provocati dalla scarsissima igiene che vi era in quel tempo.A partire dal XIV al XVII secolo erano dei ciondoli che venivano appesi o al collo o alla cintura e avevano la forma tipica di mela o di pera. Tutte le miscele avevano una base di resina. Certi modelli erano a più sezione, come un arancia che si apre a spicchi , in maniera tale da mettere in ogni “spicchio” un profumo diverso; altri invece potevano essere formati da una semplicissima noce moscata con montatu-ra in argento, sicuramente nei ceti più poveri, veniva svuotata della frutta e farcita all’interno, erbe aromi e spezie.Ancora oggi, questa usanza del pomander, non più chiamato così, viene utilizzata, per profumare ambienti d’ufficio , abitazioni e anche abiti, inserendo dentro gli ar-madi dei sacchettini in stoffa profumati.

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Pomander realizzato in Germania, 1620 circa.

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Pomander con apertura a spicchi. Germania. 1620 circa.

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Fulco di Verdura

Il luogo di origine e la discendenza nobiliare che caratterizzò la vita di Fulco ebbero un’ importanza fondamentale per il suo percorso creativo.Se è vero che esiste un fenomeno chiamato predestinazione geografica, allora, si-curamente, Fulco di Verdura ne è un esempio illustre dato che, il gioielliere italiano famoso per i suoi preziosi a forma di conchiglia, nacque ai margini della Conca d’oro, ancora oggi la prima cosa che saluta i viaggiatori che arrivano a Palermo dal mare. Fino a non molto tempo fa la città, dal colore simile a quello di una perla, sembrava adagiarsi su di una conchiglia bordata dall’oro degli agrumeti e circondata da colli-ne calcaree e rosate disposte a mezzaluna.Fulco Santostefano della Cerda nacque, in un universo privilegiato destinato a sparire, il 20 marzo del 1899. Crebbe nel mondo crepuscolare e colto della Palermo aristocratica immortalata dal cugino, il principe Giuseppe di Lampedusa ne “il Gat-topardo”, e sin dalla giovanissima età sviluppò la passione per il disegno, l’arte ed il teatro, ma la sua vita “protetta” e spensierata, fatta di teatri, feste e balli, finì con la morte della nonna, Maria Favara detta “Granmamà”, avvenuta nel 1912. Le circostan-ze costringevano il giovane a fargli intraprendere una carriera militare. Congedato per una grave ferita alla spalla fece ritorno a Palermo.Adesso che aveva assunto lo status di veterano di guerra che lo emancipava dal ruo-lo di figlio minore, era libero di scegliersi gli amici, comprare libri e dischi e perfino di viaggiare da solo. Così, da questo momento in poi, Fulco si creò una fitta rete di amicizie illustre e famose in tutto il mondo, tanto da poter contare sull’ospitalità di amici e parenti che si ritrovavano nei luoghi “giusti”. Trovando “un po’ stretta” la sua città natia e avendo le tasche vuote, decise di partire prima per Venezia e poi per Parigi, con l’idea di dedicarsi alla pittura. Da questo momento in avanti ha inizio la svolta per la carriera di Fulco grazie all’aiuto datogli dagli amici Linda e Cole Porter conosciuti a Palermo durante la loro luna di miele, e grazie ai quali riuscì ad otte-nere un lavoro presso la casa di moda di Chanel, prima come disegnatore di tessuti e poi come gioielliere.Se nel campo della sartoria la stilista abbelliva i suoi capi con piume, lustrini, plastica, osso e tessuto, tuttavia Chanel voleva che le proprie crea-

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venissero accompagnate a dei raffinati preziosi mischiando gioielli veri con imita-zioni, dato che, secondo lei, la funzioni dei gioielli non è quella di dimostrare che una donna è ricca, ma quello di valorizzarla “i gioielli non devono suscitare invidia, ma stupore”.L’estetica dei preziosi di Fulco richiamava le tendenze dell’avanguardia parigina degli anni Trenta quando gli artisti iniziarono ad esplorare le forme spontanee e irregolari della natura, in particolare del mare un po’ perché le profondità oceaniche rappresentavano una metafora dell’inconscio insondabile, un po’ perché nella fauna marina si ritrovano quegli organismi dall’aspetto orrido che ben rappresentavano le origini primordiali della vita. I primi disegni che verdura creò per Chanel erano larghi, colorati e pieni di curve, ma non possedevano quella piena proprietà scul-torea presente nelle opere più tarde, mentre la disposizione a casaccio delle pietre e l’apparente profondità data grazie all’ombreggiatura sarebbero rimaste costanti nel lavoro dell’artista. Molti dei gioielli che realizzò per Chanel furono riprodotti per la boutique di quest’ultima utilizzando materiali semi o non preziosi. I pezzi di Ful-co che avevano i colori dell’arcobaleno ebbero un successo straordinario, divenendo simbolo della voluttuosa aria di sfarzo che circondava il nome di Chanel e le spille onorifiche furono tra le sue prime creazioni-firma. Dopo la guerra, nel 1919, bjou-tiers creavano spille che richiamavano l’Ordine dello Spirito Santo, ciondoli d’oro e d’argento dall’aspetto retrò il cui risultato era molto piacevole. Nel 1929, durante l’esposizione alla Bibliothéque National di cimeli provenienti dal Sovereing and Mi-litary Order of the Knights Hospitaller of St John di Gerusalemme, Verdura rimase piacevolmente colpito dalla croce maltese a cui si ispirò per dei gioielli Chanel: ac-centuandone i contorni e ornando le sue estremità larghe e appuntite di cabochon trasformandola in un motivo enfatico, accattivante che ben presto cominciò a bril-lare su cinture, baveri, jabot e sui cappelli di Chanel e con il trascorrere dei decenni divenne il marchio di fabbrica di Fulco. Intorno al 1931 cominciarono a comparire nei disegni del gioielliere le montature intagliate ispirate dalle opere traforate bizanti-ne. Le lunghe spille sottili vengono abbellite da motivi elaborati in cabochon ovali e pietre dal taglio a cuscino o a smeraldo, mentre i disegni irregolari diventarono più frequenti. Improvvisamente, Chanel nel 1932 cambia rotta, creando una collezione di gioielli con diamanti come risposta al conservatorismo della depressione, dichia-rando che i diamanti possedevano “il più grande valore nel minor spazio possibile” e ambiguamente notava che “niente assomiglia di più a un finto gioiello di uno vero”;

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così a risplendere tra i capelli, e non solo, delle signore erano fiocchetti, piume e stelle, che grazie alla loro flessibilità sembravano “nastri tra le dita di una donna”. La maggior parte di essi potevano essere smontati e rimontati così che una collana di perle potesse diventare un bracciale e gli orecchini delle spille.

Spilla conchiglia, ricoperta di zaffiri e diamanti, 1950.

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1933 era in corso una vera febbre dell’oro accompagnata da una nuova rivalutazione di gemme semi-preziose: acquamarina, tormaline, topazi, giade e ametiste. I gioielli sontuosamente vistosi dall’opulenza bizantina erano tornati di moda e l’opinione comune divenne quella che un gioiello doveva essere considerato un’opera d’arte. In questo periodo, i disegni dell’artista mostrano una maggiore quantità di lavori a rilievo, con motivi più complicati grazie a castoni da bordi rialzati che facevano da richiamo ai lavori di intarsio policromi dei primi gioielli germanici.Vogue riassume “la concezione dei gioielli moderni” come segue:“Siamo testimoni di un revival di gioielli ‘veri’ che si oppone alla moda delle pietre sintetiche imperante qualche anno fa. La massiccia solidità di molti dei nuovi gio-ielli ricorda quella degli ornamenti delle nostre nonne, ed è anche riapparsa gran parte delle pietre semi-preziose così in voga durante il periodo tardo-vittoriano. Ma il design è decisamente dei nostri giorni e riflette il gusto contemporaneo per le forme semplici e austere vivacizzate solo dai contrasti di colore e dalla giustap-posizione di grane insolite. La moda di montare gemme splendenti di grande valore, per esempio diamanti, zaffiri e acquamarina, su un giaciglio di pietre semi-preziose quali calcedonio, lapislazzuli e cristallo, ha portato a risultati fuori dal comune e a un gran numero di combinazioni di colore fino ad oggi sconosciute nel mondo dei gioielli. Molte delle fantasie di oggi derivano direttamente dai quadri di Pierre Roy, stelle che cadono dal fondale di un balletto, piccole ali dorate di un Mercurio im-maginario, che si ritrovano riprodotte in perle, diamanti e dozzine di altre gemme e trasformate il clip, orecchini ( anch’essi a clip e c’è quindi bisogno di buchi al lobo) e monili. La spilla viene sfidata, ma non scalzata, da clip di ogni tipo, il braccialet-to dalla stesura solida va diventando un sempre più agguerrito rivale della fascia flessuosa formata da pietre singole che per anni è stata la sola cosa da portare al braccio, e le collane, a lungo trascurate, sono tornate ancora una volta alla ribalta.”Fulco veniva adesso riconosciuto come il designer di punta della collezione di gioiel-li Chanel, e i tempi erano diventati maturi per permettere a Verdura di venir fuori dall’ombra della stilista. Abbandonò quell’ambiente tanto eccitante nel 1934, quando partì per l’America allontanandosi così da Chanel.Arrivato nel Nuovo Mondo nell’autunno del 1934, dove Diana Vreeland, una delle più eleganti clienti di Chanel, lo presentò a Paul Flato, texano più giovane di un anno ri-spetto Fulco, era entrato nel mondo dei gioielli nel 1928 ed era già diventato famoso per i grossissimi solitari e per i gioielli a forma di lettere.

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Ben presto i vaporosi disegni di Fulco a la français acquisirono dei confini più netti. Flato trovava che le idee di Fulco fossero “molto moderne” e ammirava soprattutto i porta-sigarette e i portacipria; entrambi condividevano la passione per le forme altamente stilizzate, scultoree oltre il desiderio di cercare ispirazione anche dalle cose più insolite.Alla fine del 1935, tornato per un breve periodo a rue Cambon, sotto richiesta di Chanel, Fulco disegna uno dei gioielli la cui popolarità era destinata a rima-nere nel tempo: una coppia di brecciali bombati e smaltati con al centro una la Croce di Malta dorata e decorata con luccicanti cabochon. Appena un anno dopo i bracciali erano in vendita nelle boutique europee e americane e costi-tuivano un accessorio da poter indossare con qualsiasi tipo di abbigliamento. I bracciali presentavano una laccatura traslucida bianca rivestite da una calda base dorata. Nelle varianti successive le croci erano decorate de delle pietre co-loratissime disposte in maniera verticale o floreale o ancora a stelle su sfondo scuro, mentre le versioni commerciali erano realizzate utilizzando bachelite colorata ad imitazione dei rubini, smeraldi e diamanti su metalli dorati o grigi.Negli Stati Uniti, dove le prospettive erano più rosee, Fulco poteva avere l’opportuni-tà di avviare una propria attività, anche perché il nome e il talento di Verdura aveva-no cominciato ad essere noti in tutto il mondo della moda. La prima delle sue commissioni importanti in America fu la realizzazione per l’ami-co Cole Porter di un portasigarette quadrato di platino, con al centro un elemento rotondo staccabile che rappresentava una esplosine di stelle fatte di diamanti che poteva essere indossato come spilla; il fondo era ricoperto di rubini e zaffiri e di pic-colissimi diamanti a forma di stelle, mentre piccole stelle ad intarsio adornano i lati e la parte inferiore.Nel 1937 flora e fauna vengono immortalate: cavallucci marini, chiodi, cardi, funghi, rose e crisantemi, nodi marinari erano disegnati da Verdura per Flato, la cui cliente-la appartenente al mondo del cinema era così numerosa che nel 1938 dovette aprire un altro negozio a Los Angeles situato a Sunset Boulevard. Fulco, presente, accoglieva la clientela europea: tra questi anche l’acerrima nemica di Chanel, Elsa Schiaparelli che acquistò una spilla a forma di cactus. I temi siciliani di questo periodo abbon-dano tra i lavori dell’artista come una spilla di diamanti gialli e peridoti a forma di melograno presenta un’esplosione di semi di rubino; un altro modello consisteva in una singola e scintillante ametista a forma di melanzana. Dopo un viaggio a Paler-mo Fulco ebbe l’idea di creare una serie di tre spille in diamanti e rubini che venne

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richiamavano i frammenti di una cornice rococò che acquistò Joan Crawford che venne spesso fotografata con queste intorno la scollatura.Ben presto Cole, insieme ad altri investitori, propose a Fulco di avviare una pro-pria attività di gioielliere. Fulco trovò come socio Joseph Byrd Mann il quale scoprì una posizione senza pari per il negozio di Fulco: i locali che Cartier aveva occupato trent’anni prima al 712 di Fifth Avenue. Lo stesso Mann si occupò di assumere gli ar-tigiani che realizzavano i progetti di Fulco: all’atelier Valiant e Dauvergne fu affidata l’esecuzioni di gioielli in oro e gemme colorate; gli orecchini a clip e gli anelli veniva-no prodotti da Hugo Hube, mentre i modelli floreali e fronzuti erano la specialità del laboratorio Schuler. A Fulco si unì Joseph Alfano, di origine siciliana: è a lui che dobbiamo il recupero dei disegni dell’artista-dato che egli era solito recuperarli dall’album di Verdura, dal pavimento o dal cestino della carta straccia.Lo showroom venne inaugurato il primo settembre del 1939.Fulco decise di lavorare sulle potenzialità dell’oro, inventando montature e finiture che fossero adatte sia al giorno che alla sera combinando diamanti e oro con il ta-glio tradizionale a rosa.I fiocchetti di verdura erano rifiniti di pietre preziose non solo sulla superficie visibile, ma anche in quei punti nascosti invisibili anche a chi li indossa. Fulco montava pie-tre semi-preziose con la stessa cura ed eleganza che metteva per le gemme preziose.L’elenco dei clienti hollywoodiani del gioielliere comprendeva Vivian Leight, Norma Shearer, Irene Selznick, Marlene Dietrich, Samuel Goldwin, Orson Wel-les, Katharina Hepburn. E non solo: Diana Vreeland indossava i bracciali con la croce maltese, Averell Harriman regalò alla fidanzata un anello di smeraldo montato su smalto nero Clare Booth Luce, l’attrice teatrale indossava una spil-la ornata di perle che rappresentava le due facce della commedia e della trage-dia, mentre Linda Porter commissionò a Fulco cinque portasigarette uno dopo l’altro,tra cui ricordiamo quello in oro rettangolare che veniva chiamato a scatola di conchiglia, dal momento che la parte in rilievo a forma di onda richiamava le striature tipiche dei gusci dei molluschi. Uno dei suoi gioielli più stravaganti, ma nello stesso tempo sapienti, è la tiara creata per Betsy Whitney, dopo che il di lei marito fu nominato ambasciatore alla corte inglese: invece del solito diadema Fulco preferì un ornamento simile a quello dei capi indiani con diamanti e oro. Per Babe Paley ideò un cigno ornato di perle barocche con zampe in smalto nero cia-

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scuna delle quali presenta una bracciale in brillanti.Le donne che pranzavano all’elegante Colony Reastaurant indossavano gli abiti Hattie Carnegie ravvivati dalle meravigliose spille di Verdura, la più popolare era quella che riproduceva un gran mazzo di violette in ametista cabochon con foglie di smeraldi, le cui varianti più tarde erano illuminate da cuori di diamanti gialli o da rugiada di diamanti bianchi. Nel momento di rifarsi il trucco, ogni donna tirava fuori dalla propria borsa di coccodrillo i portacipria, che si adagiavano sul palmo della mano in maniera sensuale, a forma di conchiglie vere, raccolte in spiaggia e bordate d’oro e gemme. Le donne capirono che i gioielli dell’artista erano ugualmen-te attraenti sia sulla pelle che sulla stoffa e incominciarono a sfoggiarli sui cappel-li, sulle borse, sulle cinture, sui guanti, sulle pellicce e anche sui costumi da bagno.Deciso a combattere l’ostentazione, inserì nei suoi disegni oggetti affascinanti ma poco costosi come ad esempio campioni di roccia che somigliavano ai sassi belli e lisci ripescati dal fondo del mare o conchiglie di capasanta viola, che Fulco trasfor-mò tempestandoli di pietre preziose e avvolgendoli nell’oro: in un fermacravatta il corpo dorato di una lumaca scivola all’interno di un vero guscio sormontato da uno zaffiro, in al altro i diamanti montati a zigzag danno l’impressioni di alghe attaccate al mollusco. Egli trasformò anche un cumulo di bottoni cinesi in lucida acquamarina verde mare, tormalina rosa e altre pietre colorate, in spille gemelli e orecchini a clip avvolti in un filo d’oro a grappoli o singoli. Nel 1941, dall’incontro con Dalì e Verdura, nacque una collaborazione per il progetto e la realizzazione di gioielli che fondesse i due stili degli artisti. Fondamentalmente i due, dal punto di vista artistico erano più vicini che mai: dopo dei recenti viaggi in Italia il pittore era quasi in procinto di convertirsi al surrealismo, mentre Fulco aveva assunto dei tratti decisamente surrealisti. E nei gioielli di Verdura di questo periodo compaiono gli anelli con i caratteristici castoni semiaperti, enormi pietre vengono intrappo-late in montature sinuose e tentacolari che ricordano le anemoni di mare, oppure emanano fiamme stilizzate. Una creazione molto particolare di questo periodo che mostra l’influsso di Dalì è certamente la spilla Ameba: a forma di ventaglio sormontata al centro da un grande rubino cabochon e tempestato di diamanti, a tre sezioni mobili sovrapposte che ricordano le dita strombate di una donna.La collezione Verdura-Dalì venne quasi realizzata in una notte e messa in mostra dal 22 aprile al 15 maggio alla Julien Levy Gallery, nel centro di Manhattan. Descritti dal New York Timers come “gioielli freudiani”, i pezzi riflettono alcuni dei temi più cari

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a Dalì. Ricordiamo tra tutti la scatola in oro martellata con perla e scarabeo in opale intrappolato da un ragno a intarsio in miniatura con testa di gorgone. Grazie a que-sta esperienza, Fulco iniziò a misurarsi con la pittura di miniature, utilizzando le tecniche meticolose del mondo dei gioielli per riprodurre paesaggi, e nature morte su sottili placche di avorio. Un altro lavoro particolare di Fulco furono le spille create con gli scacchi in stile indiano. Egli non si limitò ad inserire degli spilloni ma decise di trasformarli tutti ornandoli di ventagli e turbanti impreziositi, orecchini a penden-ti e collane con medaglioni, cinture di cabochon bottoni e guarnizioni. Tra questi le due statuette più elaborate rappresentano un elefante con al dorso una portantina e un re e una regina seduti su di un trono fianco a fianco. Ci sono altri pezzi dove le figure sono accompagnate da animali al guinzaglio come leopardi, lemure, gazzelle.

Quando questi oggetti non venivano indossati poggiavano su una base ornata di cactus e cespugli di gemme. Inizialmente i pezzi erano 27 e vennero venduti tutti e per anni la gente continuava ad andare da verdura a cercarli, tanto è vero che i pezzi degli scacchi diventarono una ferrea regola della ditta.I gioielli in conchiglia appartenenti al periodo bellico emanano un fascino del tutto nuovo. Realizzate con vere conchiglie divennero subito oggetti da collezio-ne. Anche lo stemma di Fulco di Verdura è formato da tre conchiglie dorate su di un campo azzurro. Egli capì che quelle naturali montate con materiali prezio-si avrebbero rappresentato un pezzo forte nel campo della gioielleria creando come risultato pezzi unici impossibili da classificare come formali o informali.

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Spilla ameba in oro coralli e rubini, Fulco- Dalì. 1940.

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Queste spille avevano dei colori molto intesi e soprattutto vivaci che passavano dalla ruggine alla lavanda e davano l’impressione di essere state appena ripescate dal mare. Tra questi vari gioielli con le conchiglie ritroviamo una spilla con conchiglia in madre-perla bianca che presenta un’onda d’oro sul punto di infrangersi sulla spiaggia; orec-chini a clip dove la conchiglia era avvolta in filo d’oro a forma di spirale punteggiata da turchesi e coralli dal taglio cabochon; le conchiglie da albero provenienti dal Brasile venivano tempestate di diamanti e di tormaline per diventare bottoni o gemelli, men-tre quelle maculate marroni diventavano spille montate in oro cesellato a tartaruga.Tyrone Power, Gene Tierney, la moglie di Mervyn LeRoy e tanti altri acquistarono i cuori realizzati da Fulco, il quale si ispirò alle immagini barocche del Sacro Cuore. Essi erano spille di rubini e cabochon legati a nastri dorati, sormontati da putti, tor-maline rosa ombreggiate da rubini e diamanti scintillanti sormontati da festoni intrappolati in delle lance, o piccoli cuori fiammeggianti da indossare giornalmente a gruppi di due o più coppie. Dell’artista erano molto famosi anche i nodi marinari che ne diventarono uno dei temi più distintivi. Basandosi più su modelli funzionali che decorativi usava i nodi per arricchire i suoi disegni standard come le croci maltesi in zaffiri e rubini legate da nodi araldici, i tentacoli di lucido oro giallo delle spille erano tenuti insieme con nodi da trombet-tiere ricoperti in diamanti, le conchiglie di color rosa salmone erano catturate in reti d’oro, i portacipria sembravano sei cesti da lavoro con coperchi o rustici conte-nitori in vimini abbelliti da diamanti e gemme, altri oggetti interamente riprodotti in catene a corda dorata rifiniti spesso in diamanti, gli orologi spesso a coppia pote-vano essere uniti formando una collana.

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Cuore in diamanti e tormaline montati su oro

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Spille a forma di rinoceronte e cane. Diamanti, agata e rubini in montatura d’orocon perla barocca. 1948.

Disegno di un bracciale a cordoncino. 1940.

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Bracciale in smalto nero con Croce di Malta rielaborata da Fulco con pietrepreziose. Modello realizzato per Chanel.

Spilla Bizantina in oro e pietre colorate firmate a stampatello da Chanel.1930.

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Conchiglia portacipria in oro, diamanti e zaffiri.

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“L’artista è un’eccezione: il suo ozio è un lavoro, e il suo lavoro un ri-poso: è sia elegante che trascurato; indossa, per scelta, la blusa da contadino e impone il frac indossato dall’uomo alla moda; non su-

bisce le leggi: le detta.”

Honoré de Balzac, Trattato della vita elegante, 1830

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Bibliografia

LA GRANDE STORIA DELL’ARTE, L’OTTOCENTO, SECONDA PARTE, “Gustav Klimt”, David Bianco e Anna Mazanti, edizione speciale IL SOLE 24 ORE E-DUCATION.IT S.p.A, Firenze 2005, 771826608008.

Patricia Corbett, FULCO DI VERDURA, La vita e le opere di un maestro gioielliere, ed. NOVECENTO, Palermo 2005.

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Sitografie

Accademia del Profumo, Il Medievo: i profumi e le loro virtù, www.accade-miadelprofumo.it/pagine.cfm?LANG=it&SEZ_ID=2&TS_ID=0&PAG_ID=12&PD_ID=6, consultato a giugno 2013.

Enrico Galavotti, Homolaicus: Storia dell’ oro, www.homolaicus.com/storia/oro/, consultato a giugno 2013.

Francesco Morante, Gustav Klimt, corso di storia dell’arte, www.francescomorante.it/pag_3/306a.htm, consultato a luglio 2013.

Gianni Roggini, Magazine Preziosa, Ciclica caccia alla definizione: che cos’è un gioiello di design?, http://preziosamagazine.com/ciclica-caccia-alla-defini-zione-che-cos%E2%80%99e-un-gioiello-di-design/, consultato a marzo 2013.

Olfatto Matto, Natale, un pomander per decorare e profumare, www.olfattomatto.it/category/ambiente/, Consultato a Giungo 2013

Wartski, faberge dealers, london uk. falize antique, www.wartski.com/Poman-der%20segmented%20Jul09.html

Wikipedia, Gustav Klimt, it.wikipedia.org/wiki/Gustav_Klimt, consultato a giugno 2013

Wikipedia, Oro, it.wikipedia.org/wiki/oro, consultato a luglio 2013

Wikipedia, Pomo d’ambra, it.wikipedia.org/wiki/Pomo_d’ambra, consultato a luglio 2013

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Ringraziamenti

Ringrazio il Professore Sergio Pausig per la sua sapiente guida artistica, per avermi seguita con grande impegno e serietà in tutti questi anni, compreso quest’ultimo percorso progettuale . Ringrazio tutti coloro hanno contribuito ad ampliare il mio bagaglio culturale fino ad oggi e in particolare i miei genitori per avermi sempre sostenuta lungo tutto il mio cammino artistico. Un ringraziamento particolare va a Valentina Viglia, mia sorella, che è la fotografa che mi ha aiutata e consigliata giorno per giorno; alla modella Sefora Badalamenti per la sua disponibilità e per ultima ma mai ultima ringrazio mia madre, il mio braccio destro.

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Colophon:

Pagina da 16 a 93 fotografie di

Valentina Viglia.

Pagine 106 e 107foto tratte dal libro

Arte nel Tempo di De Vecchi Cerchiari.

Pagina da 116 a 133 foto tratte dal libro di Patricia Corbett,

FULCO DI VERDURA La vita e le opere di

un maestro gioielliere.