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Trame del testi e dell'immaginario

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Antologia, progetto editoriale, anno 2008

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S t r u m e n t iS t o r i a

Pe r s o n ag g i

Spazio e tempo

Tipi di n a r r a t o r e

O b i e t t i v i

individua, attraverso un

questionario, i significati

del testo, dal lessico agli

snodi tematici essenziali

suddivide il testo in

blocchi e distingue

n a rrazione e morale

c o s t ruisce un primo

semplice schema della

n a rr a z i o n e

riconosce la diversa

funzione dei tempi nella

n a rr a z i o n e

individua protagonista,

personaggi principali e

secondari del racconto

attribuisce ai personaggi

qualità e caratteri

riconosce alcuni aspetti

dello spazio narr a t i v o

riconosce alcune semplici

figure (similitudine,

m e t a f o r a )

individua in testi letterari

diversi analogie o

differenze tematiche o

s t rutturali

confronta linguaggi

diversi, iconico e verbale

Page 4: Trame del testi e dell'immaginario

Sono convinto che

scrivere prosa non dovrebbe

essere diverso dallo scrivere

poesia; in entrambi i casi è

ricerca d’un’espressione

necessaria, unica, densa,

concisa, memorabile.

E’ difficile mantenere questo

tipo di tensione

in opere molto lunghe:

e d’altronde il mio

temperamento mi porta a

realizzarmi meglio in testi

brevi: la mia opera

è fatta in gran parte di

‘short stories’. […]

La concisione è solo

un aspetto del tema

che volevo trattare, e mi

limiterò a dirvi che sogno

immense cosmologie, saghe

ed epopee racchiuse

nelle dimensioni

d’un epigramma.

Una unità di apprendimento uno

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s toriadei pe r s o n ag g i

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S E Q U E N Z Euna serie diinquadrature legatesenza interruzione di unità, di tempo, di luogo e di azione

1. LA DIVISIONE IN SEQUENZECome si sviluppa una narrazione? A una prima osservazione di untesto, anche semplice, possiamo accorgerci che esso è costituitodi una serie di unità minime, in sé concluse e autosufficienti,che, con un termine preso in prestito dal linguaggio cinematogra-fico, chiameremo sequenze. La storia prende corpo attraverso lacombinazione di queste sequenze, perciò esercitiamoci a ricono-scerle e a individuarle. L’operazione non è semplice perché:

1 le sequenze non hanno una lunghezza prefissata (da una singolafrase a una serie di periodi);

2 c’è un margine di soggettività nella loro suddivisione.

Qualche indicazione può comunque essere fornita. L’ a u t o n o m i a di queste “frazioni” narrative minime è sia di tipoc o n t e n u t i s t i c o, sia di tipo sintattico.Quindi esse devono avere un senso compiuto, con un inizio euna fine ben individuabili (segnati dalla conclusione di un periodoe talvolta da artifici grafici, come il capoverso, la spaziatura…) delsegmento di “storia”, incentrata su un’unica azione, e presentareun’unità interna relativa ai personaggi, al tempo, ai luoghi.

Quando dunque:

cambiano i personaggi,

cambiano il tempo e il luogo,

si passa dall’azione alla riflessione, o da una descrizione aun dialogo e così via,

si avverte una rottura dell’unità interna del “pezzo” chestiamo leggendo,

possiamo stabilire che una sequenza è terminata e ne ècominciata un’altra.

s toriaLa

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Facciamo un esempio, partendo da un testo molto semplice ebreve, una delle più famose fiabe del narratore danese dell’Ot-tocento Hans Christian Andersen (1805-1875), La principes-sa sul pisello.

La principessa sul pisello

Come vedrai, abbiamo suddiviso il breve testo in sei sequenze di lunghezza variabile - dameno di 00 righi come l’ultima a 00 righi comprendenti periodi diversi come la prima e laseconda -, a ciascuna delle quali abbiamo dato un numero. Tutte iniziano con un nuovocapoverso, ma non si ha una sequenza diversa solo perché si va a capo, bensì q u a n d ocambia l’azione: così nella quinta sequenza il capoverso dopo la parola “piuma” nonintroduce nessuna mutazione, mentre quello dopo la parola “principessa” è seguito da unfatto nuovo: il matrimonio. In ogni sequenza appare una sostanziale unità delle azioni edei personaggi.

Biografia a pag 00

C'era una volta un principe che voleva sposare una principessa, ma dovevaessere una vera principessa. Girò cosí tutto il mondo in lungo e in largo pertrovarne una, ma dovunque c'era sempre un non so che di poco convincente; leprincipesse non mancavano davvero, ma se poi fossero principesse vere nonriusciva mai a saperlo con sicurezza; c'era sempre qualcosa che lo lasciavasospeso nel dubbio. Cosí tornò a casa sua, ma era molto triste, dato che glisarebbe tanto piaciuto trovare una principessa vera.

Una notte c'era un tempo orribile: fulmini, tuoni, acqua a dirotto; chespavento! In quel mentre bussarono alla porta della città, e il vecchio re andòad aprire.Fuori dalle mura stava una principessa: Dio mio, come l'avevano ridotta lapioggia e il brutto tempo! L'acqua le colava giú dai capelli e dai vestiti, entravanelle scarpe dalla punta e ne usciva dai tacchi; eppure lei dichiarò di essereuna vera principessa.

"Questo lo vedremo noi!" pensò la vecchia regina, ma non disse nulla; andò incamera, tolse tutto dal letto e mise sul fondo un pisello; prese poi ventimaterassi, li posò sul pisello, e sopra i materassi accumulò ancora venticuscinoni di piuma morbida.Quella notte la principessa doveva dormire lí sopra.

La mattina dopo le chiesero come aveva dormito.- Orribilmente! - si lagnò la fanciulla - non ho quasi chiuso occhio in tutta lanotte! Dio solo sa cosa c'era nel letto! Ero coricata su qualcosa di duro e sonotutta un livido blu e marrone. E’ stata una cosa terribile!

Capirono cosí che era una principessa vera, dato che aveva sentito il piselloattraverso venti materassi e venti cuscinoni di piuma.Chi altro avrebbe potuto avere la pelle cosí sensibile, se non una veraprincipessa?

Il principe la prese allora in sposa, finalmente persuaso che era una veraprincipessa, e il pisello andò a finire al museo, dove si può vederlo ancora oggi,se nessuno lo ha portato via.

Da H.C. ANDERSEN, Fiabe, Einaudi, Torino 2005

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2. LA TITOLAZIONE DELLE SEQUENZEProviamo ora a fornire per ciascuna delle sequenze un breve titolo. Questa operazioneci servirà nell’immediato per verificare se abbiamo compiuto una sensata suddivisione insequenze: in linea di massima, ciò si verifica quando il “blocco” individuato può agevol-mente essere riassunto in una breve frase con un v e r b o, un s o g g e t t o (talvolta collettivo)e pochi complementi; se compaiono numerosi soggetti, se dobbiamo aggiungere nuovicomplementi o cambia il verbo, vuol dire probabilmente che è cambiata l’azione, che si èverificato un mutamento di luoghi o di tempi e così via; sarà allora opportuno introdurr euna diversa sequenza.La titolazione può essere fatta in due modi:

1. con una proposizione esplicita comprendente un soggetto, un predicato verbale edei complementi,

2 . o in stile nominale, ovvero esprimendo l’azione o l’evento con un sostantivo accom-pagnato dai necessari complementi.

Nel primo caso avremo qualcosa che si avvicinerà molto a un “r i a s s u n t o” del testo (inte-grando i singoli titoli con gli opportuni legami logico-sintattici); nel secondo si otterr àuna sorta di “riepilogo per punti” .

Riprendiamo l’esempio precedente, provando a sintetizzare con una f r a s e il contenutodi ogni sequenza. Avremo quanto segue:

Un principe cercò vanamente in tutto il mondo una moglie che fosse senza ombra didubbio una vera principessa.

Una notte di tempesta si presentò alla porta della città una fanciulla bagnata fradiciadalla pioggia che si dichiarava una principessa.

La regina le preparò il letto con un pisellosotto numerosi materassi e cuscini per

verificare se fosse una vera principessa.

Il mattino seguente la principessa silamentò di aver dormito male per qual-

cosa di duro nel letto.

Il principe e la regina ebbero così laprova che era una vera principessa.

Il principe sposò la principessa.

Proviamo ora a riscrivere il tutto in stile nomina-l e.

Vana ricerca da parte di un principe di unaprincipessa da sposare.

Comparsa di una principessa alla port adella città in una notte di tempesta.

Preparazione del letto per la principes-s a .

Lamentele della principessa.

Convincimento del principe edella regina.

Nozze tra il principe ela principessa.

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3. I TIPI DI SEQUENZEI blocchi in cui possiamo dividere una storia non sono tutti della stessa natura e a secon-da delle loro caratteristiche assumono differenti denominazioni:

sono dette dinamiche quando, grazie ad esse, si verifica un movimento nella storia,cioè il racconto subisce degli sviluppi. Esse possono essere:

- n a rr a t i v e quando forniscono informazioni su eventi o azioni dei personaggi;

- d i a l o g i c h e se la narrazione procede mediante le battute scambiate dai personaggi.

sono dette statiche quando l’azione resta ferma. Esse possono essere:

- d e s c r i t t i v e se descrivono un luogo, un oggetto, un personaggio;

- r i f l e s s i v e se contengono giudizi, commenti, riflessioni.

Queste ultime possono costituire una sequenza a parte o, spesso, se brevi, essere inseri-te in una sequenza più ampia di natura diversa, ad esempio narrativa. Nel nostro esem-pio, che per la sua semplicità si affida prevalentemente alla narrazione di azioni (sequen-ze nn. 1, 2, 3, 5, 6) e talora al dialogo (la n. 4), qualche elemento descrittivo compare nellasequenza n. 2, e qualche elemento riflessivo nella n. 5.Come vedremo, il dosaggio dei diversi tipi di sequenze dipende dal genere di narr a z i o n e

che si vuole produrre: p r e v a rranno quelle narrative e dialogiche nei racconti di azio-ne, soprattutto in quelli incentrati sulla avventura o sullasuspense;

se invece si mira all’analisi psicologica o alla delineazione diambienti, di epoche storiche e così via, si userà un maggiornumero di sequenze descrittive e riflessive, o anche, ponendoin bocca ai personaggi opportuni commenti e riflessioni, dialo-g i c h e ;

la narrazione assumerà poi un colorito poetico introducendosquarci di natura lirica.

Naturalmente, mentre nel primo caso il testo assumerà un ritmovivace e talora incalzante, operando diversamente il raccontorisulterà più profondo, dettagliato o emotivamente coinvolgente,ma meno movimentato e di lettura più impegnativa.

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Facciamo un e s e m p i o, constatando l’intrecciarsi degli elementidescrittivi e riflessivi con le narrazioni e le parti dialogate in unbrano tratto dalla parte iniziale del romanzo Il deserto dei tarta-r i di Dino Buzzati (1906-1972), dove il protagonista, il sottote-nente Giovanni Drogo, si approssima alla Fo rtezza astioni allaquale è stato destinato.

La fortezza

Biografia a pag 00

Tutto il vallone era già zeppo di tenebre violette, solo le nude cresteerbose, a incredibile altezza, erano illuminate dal sole quando Drogo sitrovò improvvisamente davanti, nera e gigantesca contro il purissimocielo della sera, una costruzione militaresca che sembrava antica edeserta. Giovanni si sentì battere il cuore poiché quella doveva esserela Fortezza, ma tutto, dalle mura al paesaggio, traspariva un’ariainospitale e sinistra.

Girò attorno senza trovare l’ingresso. Benché fosse già scuro nessunafinestra era accesa, né si scorgevano lumi di scolte sul ciglio deimuraglioni. Solo un pipistrello c’era, che oscillava contro una nubebianca. Finalmente Drogo provò a chiamare: - Ohilà! – gridò – c’ènessuno?

Dall’ombra accumulata ai piedi delle mura sorse allora un uomo, untipo di vagabondo e di povero, con una barba grigia e un piccolo saccoin mano. Nella penombra però non si distingueva bene, solo il biancodei suoi occhi dava riflessi. Drogo lo guardò con riconoscenza.

- Di chi cerchi, signore? – domandò.- La Fortezza cerco. E’ questa?- Non c’è più fortezza qui – fece lo sconosciuto con voce bonaria. – E’tutto chiuso, saranno dieci anni che non c’è nessuno.- E dov’è la Fortezza allora? – chiese Drogo, improvvisamente irritatocontro quell’uomo.- Che Fortezza? Forse quella? – e così dicendo lo sconosciuto tendevaun braccio, ad indicare qualcosa.

In uno spiraglio delle vicine rupi, già ricoperte di buio, dietro unacaotica scalinata di creste, a una lontananza incalcolabile, immersoancora nel rosso sole del tramonto, come uscito da un incantesimo,Giovanni Drogo vide al-lora un nudo colle e sul ciglio di esso unastriscia regolare e geometrica, di uno speciale colore giallastro: ilprofilo della Fortezza.

La prima sequenza, che comprende ilprimo capoverso, è di carattere descritti-vo. Infatti è costituita prevalentemente didescrizioni e solo in minima parte diinserti di altra natura (come “Giovannisentì battere il cuore” di carattere narra-tivo);

nel capoverso successivo parti narrative sia l t e rnano con elementi descrittivi e dialo-gici. Questa sequenza si può consideraretuttavia prevalentemente narrativa, inquanto l’effetto complessivo è quello difar progredire dinamicamente la storia;

il terzo capoverso è prevalentemente dicarattere descrittivo; segue una sequenza dialogica, che faprogredire l’azione;

questa sequenza, corrispondente alpenultimo capoverso, è di nuovo descrit-tiva e arresta l’azione;

l’ultima sequenza (e ultimo capoverso)èdi tipo prevalentemente riflessivo con unpiccolo inserto finale di carattere descrit-tivo.

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4. FABULA E INTRECCIO L’operazione che abbiamo appreso a fare con la titolazione delle sequenze si rivela moltoutile per procedere a un’altra operazione essenziale alla comprensione dei meccanismin a rrativi: la ricostruzione dell’intreccio.

L’i n t r e c c i o è la successione degli eventi di un racconto nell’ordine in cui civengono presentati nel testoCome si può ottenere? Semplicemente collegando i titoli delle sequenze cheavremo individuato senza alterarne l’ordine.

La f a b u l a è invece la storia ricostruita secondo una stretta connessione logico-t e m p o r a l e .

Si ottiene riordinando le sequenze secondo un criterio cronologico e dei rapporti dicausa-effetto. Come si capisce, la fabula è un’astrazione, perché leggendo un racconto citroviamo sempre di fronte a degli intrecci.

O s s e rvando il modo in cui l’autore interviene sulla fabula, ovvero la sfasatura tra questa el’intreccio, possiamo cominciare a percepire il grado di elaborazione di un testo e la ricer-ca di “effetti” che l’autore vi ha messo in atto.

I testi più semplici, come fiabe, favole, leggende, norm a l m e n t epresentano una coincidenza tra fabula e intreccio, mentre operepiù elaborate, o che comunque facciano affidamento su effetti disuspense, di sorpresa, di “spiazzamento” del lettore (ad esempiola letteratura gialla o fantascientifica), interv e rranno più o menoprofondamente a modificare la fabula, con la rievocazione di fattidel passato e l’anticipazione di eventi futuri.L’intreccio può ribaltare totalmente l’ordine degli avvenimenti,p a rtendo dalla fine per ricostruire gradualmente le vicende ante-riori (è il caso tipico dei racconti polizieschi), o solo parzialmente,iniziando in medias res, rievocando quindi eventi passati e prose-guendo poi fino alla fine senza modificare sostanzialmente lasuccessione dei fatti (abbiamo già visto che in questo modo èc o s t ruita l’Eneide di Virgilio). L’ordine appare poi del tutto casuale in alcuni romanzi, soprattut-to del primo Novecento, in cui la narrazione segue il filo dellamemoria del protagonista (ciò avviene, ad esempio, nell’opera diMarcel Proust Alla ricerca del tempo perduto) .

INTRECCIOtermine metaforicoche, come la parola“trama”, allude almodo in cui siannodano ecombinano i fili checostituiscono untessuto

FABULAtermine latino chesignifica “racconto”,da cui derivano leparole italiane“favola” e “fiaba”

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Facciamo un esempio: una sintesi delle macrosequenze di un’o-pera che è alle origini della letteratura occidentale, l’O d i s s e a d iOmero, ti aiuterà a capire meglio quanto abbiamo detto. L’intreccio si può dividere come proponiamo:

I n t r e c c i oIl figlio Telemaco cerca Ulisse che si trova da anni presso Calipso ad Ogigia (I-IV).

Per volontà degli dei Ulisse lascia Calipso (V).

L’eroe fa naufragio nell'isola dei Feaci (VI).

Accolto dal re Alcinoo, partecipa ad un banchetto e comincia a narrare (VII).

Dopo la guerra di Troia, peregrinazioni di Ulisse (VIII-XI) (inizio flash-back).

Ulisse si ferma presso Calipso (XII) (fine flash-back)

L’eroe termina il racconto e con l’aiuto dei Feaci torna a Itaca (XIII-X I V ) .

Ulisse incontra Eumeo che non lo riconosce e il figlio Telemaco con cui concerta lavendetta sui Proci (XV-X V I ) .

To rnato in incognito alla reggia, stermina i Proci e si rivela alla moglie Penelope (XVII-X X I I I ) .

Lasciata la città, si reca presso il padreL a e rte e lo riconduce alla reggia;quindi pacifica Itaca (XXIV).

Come si vede, le macrosequenze 5 e 6costituiscono un lungo “salto all’indietro”.Proviamo allora a ricostruire la fabula:

Fabula Dopo la guerra di Troia, peregrinazio-ni di Ulisse (VIII-X I ) .

Ulisse si ferma presso Calipso (XII).

Il figlio Telemaco cerca Ulisse che sitrova da anni presso Calipso adOgigia (I-IV).

Per volontà degli dei Ulisse lasciaCalipso (V).

L’eroe fa naufragio nell'isola dei Fe a c i( V I ) .

Accolto dal re Alcinoo, partecipa adun banchetto e comincia a narr a r e( V I I ) .

L’eroe termina il racconto e con l’aiu-to dei Feaci torna a Itaca (XIII-X I V ) .

Ulisse incontra Eumeo che non loriconosce e il figlio Telemaco con cuic o n c e rta la vendetta sui Proci (XV-X V I ) .

To rnato in incognito alla reggia, eglis t e rmina i Proci e si rivela alla mogliePenelope (XVII-X X I I I ) .

Lasciata la città, si reca presso il padreL a e rte e lo riconduce alla reggia;quindi pacifica Itaca (XXIV).

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Personaggio presentato da un altro personaggio: facciamo une s e m p i o, tratto dal romanzo di U m berto Eco (1932), Il nomedella rosa in cui la descrizione del protagonista, Guglielmo diB a s ke rville è fatta da un altro personaggio, Adso da Melk (che èanche il narratore della storia).

Frate Guglielmo

Era dunque l'apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l'at-tenzione dell'osserv a-tore più distratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tanto magroche sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po' aduncoconferiva al suo volto l'espressione di uno che vigili, salvo nei momenti di torpore di cuidirò.

Anche il mento denunciava in lui una salda volontà, pur se il viso allungato e coperto diefelidi - come sovente vidi di coloro nati tra Hibernia e Northumbria 1 - poteva taloraesprimere incertezza e per-plessità. Mi accorsi col tempo che quella che pareva insicurez-za era invece e solo curiosità, ma al l'inizio poco sapevo di questa virtù, che credevo piut-tosto una passione dell'animo concupiscibile,2 ritenendo che l'animo razionale non se nedovesse nutrire, pascendosi solo del vero, di cui (pensavo) si sa già sin dall'inizio.

Era dunque l'apparenza fisica di frateGuglielmo tale da attirare l'at-tenzioned e l l ' o s s e rvatore più distratto. La suastatura superava quella di un uomon o rmale ed era tanto magro che sembra-va più alto. Aveva gli occhi acuti e pene-tranti; il naso affilato e un po' aduncoconferiva al suo volto l'espressione diuno che vigili, salvo nei momenti ditorpore di cui dirò.

Era dunque l'apparenza fisica di frateGuglielmo tale da attirare l'at-tenzioned e l l ' o s s e rvatore più distratto. La suastatura superava quella di un uomon o rmale ed era tanto magro che sembra-va più alto. Aveva gli occhi acuti e pene-tranti; il naso affilato e un po' aduncoconferiva al suo volto l'espressione diuno che vigili, salvo nei momenti ditorpore di cui dirò.

Biografia a pag 00

Il comportamento

L’aspetto fisico

Il comportamento

L’aspetto fisico

L’uso dell’uno o dell’altro espediente narrativo produce delle variazioni sul ritmodella narrazione, vediamole nello specifico:1. la scena, con la coincidenza di TS e TR, produce nella narrazione un ritmo pres-

soché corrispondente a quello naturale;

2. con l ’ e l l i s s i abbiamo invece un’accelerazione del ritmo della narrazione, in quan-to il tempo utilizzato per raccontare è inferiore al tempo che i fatti narrati occupe-rebbero nella realtà;

3 . con l ’ a n a l i s i invece accade l’opposto, si produce un rallentamento del ritmo,infatti il tempo richiesto all’atto del narrare supera quello che gli eventi narr a t ioccuperebbero nella realtà.

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PERSONAGGITermine che deriva dal latino “persona”,cioè la mascheraindossata dagli attoriteatrali

1. PRESENTAZIONE E CARATT E R I Z Z A Z I O N EDEL PERSONAGGIODopo aver visto come possiamo analizzare la “storia” narrataci da un testo, viene natura-le soffermarci sugli attori che in questa storia agiscono, cioè i personaggi. Non è possi-bile infatti una storia senza personaggi, di norma umani, ma anche animali, come nellefavole, e talvolta perfino cose, come in alcuni racconti di fantascienza.

Non bisogna però dimenticare che ilpersonaggio, a cui spesso nelle nostreletture tendiamo ad attribuire una sorta diesistenza reale e autonoma, è un costru t t otestuale, di cui ci è dato sapere solo quelloche l’autore ha voluto che conoscessimo;è quindi su questi dati (la sua presentazio-ne, caratterizzazione e tipologia, nonché ilr a p p o rto con gli altri personaggi e con glieventi) che si fonderà l’analisi che si puòc o m p i e rne e che ora illustreremo

O s s e rviamo innanzitutto in che modo ilpersonaggio si presenta al lettore. Lap r e s e n t a z i o n e può esser fatta:

in modo diretto, cioè fornendo subitoi n f o rmazioni sul suo aspetto, il suoc o m p o rtamento, il suo carattere e così via,

in modo indiretto, lasciando cioè chesia il lettore a ricostruire questi dati osser-vandone le azioni, le parole e i pensieri, ir a p p o rti con gli altri personaggi.

La prima modalità, molto frequente in testi semplici come le fiabe,le favole, la narrativa popolare, è propria anche di grandi romanzidel secolo XIX, mentre la seconda è adottata talvolta in opere che,non rendendo subito esplicite le chiavi interpretative del testo,tengono così desta l’attenzione del lettore, ne stimolano la curio-sità, ne sollecitano la cooperazione.

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P R E S E N TAZIONE DIRETTALa presentazione diretta può essere fattada vari soggetti:1 . può presentare il personaggio il narr a-

t o r e ;

2 . può presentarlo un altro personaggio;

3 . il personaggio può presentarsi da sé.

Talora queste tre modalità si combinano,dando luogo a una presentazione mista.

Personaggio presentato dal narr a t o r e:come e s e m p i o leggiamo un’ampia edettagliata descrizione del padre dellaprotagonista, che compare in uno deimaggiori romanzi del francese Honoré deBalzac (1799-1850), Eugenia Grandet.

Il Signore Grandet

Egli non andava mai da nessuno, non voleva né ricevere né offrir pranzi; non facevamai rumore, e sembrava economizzare tutto, perfino il moto. Non disturbava mai gli altri,per un costante rispetto della proprietà. Comunque, nonostante la dolcezza della sua voce,nonostante il suo contegno circospetto, il linguaggio e le abitudini del bottaio1 t r a s p a r i-v a n o, specie quand'era in casa. dove si dominava meno che in qualsiasi altro luogo.

Fi s i c a m e n t e, Grandet era un uomo alto cinque piedi, tarchiato, quadrato, con polpacci didodici pollici di circonferenza, rotule nodose e spalle larghe; il viso era rotondo, cotto dalsole, butterato dal vaiolo; il mento diritto, le sue labbra non offrivano nessuna sinuosità,2 ei suoi denti erano bianchi; gli occhi avevano l'espressione calma e ardente che il popoloattribuisce al basilisco; 3la fronte, piena di rughe trasversali, non mancava di protuberanzesignificative; i capelli, giallastri e brizzolati, erano bianco e oro, diceva qualche giovane, chenon conosceva la gravità di una facezia detta sul signor Grandet. Il naso, grosso in punta,sosteneva una verruca venata che il popolo, non senza ragione, diceva piena di malizia.

Quel viso annunziava una scaltrezza pericolosa, una probità4 senza calore, l'egoismo d iun uomo abituato a concentrare i propri sentimenti nel godimento dell'a v a r i z i a e sullasola creatura che fosse realmente qualcosa per lui, sua figlia Eugénie, sua unica crede.Atteggiamento, modo di fare, andatura, tutto in lui, del resto, attestava quella fiducia in ses t e s s o data dall'abitudine d'esser sempre riuscito nelle proprie imprese. Per cui, sebbene dicostumi facili e deboli in apparenza, il signor Grandet aveva un'indole di bronzo.

Sempre vestito allo stesso modo, chi lo vedeva oggi, lo vedeva tale e quale era sempre statodal 1791 in poi. Le scarpe robuste erano allacciate con stringhe dì cuoio; in ogni stagionep o rtava calze di lana felpate, un paio di c a l z o n i c o rti di grosso panno marrone con fibbied'argento, un p a n c i o t t o di velluto a righe alternate giallo e pulce,5 abbottonato ad angoloretto, una larga m a r s i n a6 a lunghe falde, una cravatta nera e un cappello da quacquero.7 Ig u a n t i, resistenti quanto quelli dei gendarmi, gli duravano venti mesi e, per serbarli puliti,li poneva sulla tesa8 del cappello sempre allo stesso posto, con gesto metodico.

Da Eugenia Grandet, Rizzoli, Milano, 2003

Il comportamento

L’aspetto fisico

Lacaratterizzazione

psicologica emorale

L’abbigliamento

1. bottaio: colui che fabbrica le botti2. sinuosità: oihoih oihoihhoi hhoihoh oihoihho ihhlkjkjbl jblkojihhoioioihoihoih oihoihoihoihoihoihoih oihoihoihoih oihoihoihoh oihoih ohi 3. basilisco: oihoih oihoihoihoh oihoih ohi oihoihòpoihoihh4. probità: oihoih oihoihoihoh oihoih

5. pulce: oihoihho ihhlkjkjbl jblkojihhoioi oihoihoih oihoih6. marsina: oi hhoihoh oihoihho ihhlkjkjbl jblkojihhoioi oihoihoihoihoihoihoihoihoihoih oihoihoihoih oihoihoihoh oihoih ohi oihoihòpoih7.quacquero: oihoihoihoh oihoih ohi oihoihòpoihoihoihho ihhlkjkjbljblkojihhoioi oihoihoih oihoihoihoihoihoi

Page 16: Trame del testi e dell'immaginario

Personaggio presentato da un altro personaggio: facciamo une s e m p i o, tratto dal romanzo di U m berto Eco (1932), Il nomedella rosa in cui la descrizione del protagonista, Guglielmo diB a s ke rville è fatta da un altro personaggio, Adso da Melk (che èanche il narratore della storia).

Frate Guglielmo

Era dunque l'apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l'at-tenzione dell'osserv a-tore più distratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tanto magroche sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po' aduncoconferiva al suo volto l'espressione di uno che vigili, salvo nei momenti di torpore di cuidirò.

Anche il mento denunciava in lui una salda volontà, pur se il viso allungato e coperto diefelidi - come sovente vidi di coloro nati tra Hibernia e Northumbria 1 - poteva taloraesprimere incertezza e per-plessità. Mi accorsi col tempo che quella che pareva insicurez-za era invece e solo curiosità, ma al l'inizio poco sapevo di questa virtù, che credevo piut-tosto una passione dell'animo concupiscibile,2 ritenendo che l'animo razionale non se nedovesse nutrire, pascendosi solo del vero, di cui (pensavo) si sa già sin dall'inizio.

Personaggio presentato da un altro personaggio: facciamo une s e m p i o, tratto dal romanzo di U m berto Eco (1932), Il nomedella rosa in cui la descrizione del protagonista, Guglielmo diB a s ke rville è fatta da un altro personaggio, Adso da Melk (che èanche il narratore della storia).

Frate Guglielmo

Era dunque l'apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l'at-tenzione dell'osser-vatore più distratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tantomagro che sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po'adunco conferiva al suo volto l'espressione di uno che vigili, salvo nei momenti ditorpore di cui dirò.

Anche il mento denunciava in lui una salda volontà, pur se il viso allungato e coperto diefelidi - come sovente vidi di coloro nati tra Hibernia e Northumbria 1 - poteva taloraesprimere incertezza e per-plessità. Mi accorsi col tempo che quella che pareva insicurez-za era invece e solo curiosità, ma al l'inizio poco sapevo di questa virtù, che credevo piut-tosto una passione dell'animo concupiscibile,2 ritenendo che l'animo razionale non se nedovesse nutrire, pascendosi solo del vero, di cui (pensavo) si sa già sin dall'inizio.

Era dunque l'apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l'at-tenzione dell'osser-vatore più distratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tantomagro che sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po'adunco conferiva al suo volto l'espressione di uno che vigili, salvo nei momenti ditorpore di cui dirò.

Era dunque l'apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l'at-tenzione dell'osser-vatore più distratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tantomagro che sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po'adunco conferiva al suo volto l'espressione di uno che vigili, salvo nei momenti ditorpore di cui dirò.

1. bottaio: 1. Hibernia e Northumbria:oihoih ohi oihoihòpoihoihh

Biografia a pag 00

Il comportamento

L’aspetto fisico

Biografia a pag 00

Il comportamento

L’aspetto fisico

Il comportamento

L’aspetto fisico

Page 17: Trame del testi e dell'immaginario

Alcuni narratologi (cioè studiosi di narratologia, la scienza della narrazione) hannocompiuto un’analisi più articolata. Lo studioso Greimas (1917) ha costruito un modellopiù ampio dei ruoli dei personaggi, che egli chiama attanti (una parola che ha la stessaradice di azione, atto, quindi nude funzioni legate alla sfera dell’agire) aggiungendonealtri due: il destinatore (un personaggio, ma anche un’entità astratta, che propone qual-cosa come oggetto del desiderio, subordinando il suo raggiungimento al superamento dialcune prove) e il destinatario (colui a cui è indirizzata l’azione del destinatore, che coin-cide di solito, ma non necessariamente, con il protagonista). Nelle fiabe, ad esempio, ildestinatore in genere è un re che propone a uno o più personaggi di compiere delleimprese per ottenere la mano di una principessa, mentre il destinatario è l’eroe che allafine sposa la principessa). Resta da precisare che lo schema è puramente orientativo enon va applicato in modo rigido, che non sempre tutti gli elementi si trovano in unracconto, che uno stesso personaggio può svolgere più ruoli e che questi non sono fissi,ma possono cambiare nel corso della narr a z i o n e .

Lo schema proposto da Greimas è il seguente:

L’uso dell’uno o dell’altro espediente narrativo produce delle variazioni sulritmo della narrazione, vediamole nello specifico:1. la scena, con la coincidenza di TS e TR, produce nella narrazione un ritmo

pressoché corrispondente a quello naturale;

2. con l ’ e l l i s s i abbiamo invece un’accelerazione del ritmo della narrazione, inquanto il tempo utilizzato per raccontare è inferiore al tempo che i fatti narr a-ti occuperebbero nella realtà;

3 . con l ’ a n a l i s i invece accade l’opposto, si produce un rallentamento del ritmo,infatti il tempo richiesto all’atto del narrare supera quello che gli eventi narr a-ti occuperebbero nella realtà.

Il modello di Greimas

destinatore ------------------------- oggetto ------------------------> destinatario

aiutante ------------------------> soggetto <------------------------ oppositore

Page 18: Trame del testi e dell'immaginario

Sono convinto che

scrivere prosa non dovrebbe

essere diverso dallo scrivere

poesia; in entrambi i casi è

ricerca d’un’espressione

necessaria, unica, densa,

concisa, memorabile.

E’ difficile mantenere questo

tipo di tensione

in opere molto lunghe:

e d’altronde il mio

temperamento mi porta a

realizzarmi meglio in testi

brevi: la mia opera

è fatta in gran parte di

‘short stories’. […]

La concisione è solo

un aspetto del tema

che volevo trattare, e mi

limiterò a dirvi che sogno

immense cosmologie, saghe

ed epopee racchiuse

nelle dimensioni

d’un epigramma.

unità di apprendimento uno

La

Page 19: Trame del testi e dell'immaginario

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n ov e l l a

Page 20: Trame del testi e dell'immaginario

L’ O P E RAIl racconto venne pubblicato per la prima volta all’interno del Genio delCristianesimo come un episodio della storia dei Natchez, la tribù della Louisiananella quale è accolto Renato nel primo romanzo, Atala. L’opera apparve inseguito separatamente, con Atala, nel 1805.Un giovane francese, Renato, per cercare la solitudine si rifugia presso la tribùdei Natchez nella Louisiana, dove incontra un vecchio indiano, Chactas, chediventa suo padre adottivo, e un missionario, il reverendo Souël. Quando gligiunge la notizia della morte della sorella, Renato racconta a Chactas la sua sto-ria. Dopo un’infanzia segnata da un’eccitata sensibilità in compagnia dellasorella Amelia, il giovane si allontana da casa e vaga di terra in terra, senza tro-vare rimedio alla sua insoddisfazione. Tornato a casa, ritrova la sorella che,anch’ella tormentata da un oscuro malessere, decide di ritirarsi in convento.Durante la monacazione, Renato scopre l’inconfessabile passione di Amelia perlui e si trasferisce in America per trovare pace nella natura incontaminata.Consolato da Chactas e incitato dal reverendo Souël ad abbandonare l’ego-centrismo ed essere utile ai propri simili, il giovane troverà la morte nel mas-sacro dei Natchez.

IL BRA N ORenato cerca un rimedio alla propria inquietudine nel contatto con la società oconfondendosi nella folla, ma si sente straniero tra gli uomini e si ritira in cam-pagna, cercando la pace nella solitudine della natura. Ogni tentativo risulta inu-tile: la sua insoddisfazione si alimenta di se stessa e ogni oggetto risveglia il suomalessere e alimenta la sua fantasia e la sua ansia di infinito.

i trovai ben presto più solo nella mia patria di quel che fossi stato in una

t e rra straniera. Per qualche tempo volli gettarmi in un mondo che non mi

diceva niente e da cui non ero compreso. L’anima mia, che nessuna passio-

ne non aveva ancora logorata, cercava un oggetto a cui attaccarsi ma mi

accorsi che davo più di quel che ricevevo. Non mi si chiedeva un linguaggio elevato, né

un sentimento profondo.

5 Non facevo altro che rimpicciolire la mia vita per metterla alla pari con la società.

Trattato da per tutto come uno spirito romantico, vergognoso della parte che recitavo,

sempre più disgustato delle cose e degli uomini, presi il part i t o1 di ritirarmi in un

sobborgo, per vivervi totalmente ignorato.

Trovai da principio abbastanza piacere in quella vita oscura e indipendente. Scono-

sciuto, mi confondevo tra la folla, vasto deserto di uomini!

1 0 Sovente, seduto in una chiesa poco frequentata, passavo intiere ore in meditazione.

Vedevo povere donne venir a prostrarsi davanti l’Altissimo, o peccatori inginocchiarsi al

Tribunale della penitenza2. Nessuno usciva da quei luoghi senza un viso più sereno, e i

sordi clamori che giungevano da fuori sembravano i flutti delle passioni e le tempeste

del mondo che venivano a morire ai piedi del tempio del Signore. Gran Dio, che vede-

sti in segreto colar le mie lagrime in quei sacri ritiri, tu sai quante volte

1 5 mi gettai a’ tuoi piedi per supplicarti di scaricarmi del peso dell'esistenza, o di cambia-

re in me il vecchio uomo! Ah! chi non ha sentito qualche volta il bisogno di rigenerarsi,

François-René de Chateaubriand

Il “male oscuro”del protag o n i s t a

tratto da

Renato

anno 1805(postumo)

luogo Francia

genere romanzolirico

M

Page 21: Trame del testi e dell'immaginario

1. partito: decisione.2. Tribunale dellapenitenza: sacramentodella confessione.3. poscia: poi.4. cattedrale gotica: lacattedrale è la chiesaprincipale di una diocesi,in cui ha sede la cattedradel vescovo; il gotico è unostile artistico fiorito inEuropa dal secolo XII.5. chimera: sognoirrealizzabile.6. sovrabbondanza di vita:una incontenibile forzavitale.7. rivi: ruscelli.8. l’ideale…futura:qualcosa diadeguatamente alto su cuiriversare in futuro il suoardente desiderio diamare: è il benesconosciuto di cui parla alrigo 37.9. indigenza: povertà.10. una rama di salcio: unramo di salice.11. fuggitive: di brevedurata.

di ringiovanire alle acque del torr e n t e ,

di ritemprare la sua anima alla fontana

della vita! Chi non si sente qualche

volta spossato dal peso della sua

propria corruzione, e incapace di fare

alcunché di grande, di nobile, di

g i u s t o !

Quando la sera era venuta, ripren-

dendo la strada del mio ritiro, mi

f e rmavo sui

2 0 ponti per veder tra montare il sole.

L’astro infiammando i vapori della città,

sembrava oscillare lentamente in un flui-

do d’oro, come il pendolo dell’orologio

dei secoli. Po s c i a3 mi ritiravo con la

notte, a traverso un labirinto di strade

solitarie. Guardando i lumi accesi nelle

case degli uomini, mi trasportavo col

pensiero in mezzo alle scene di dolore e di

gioia che essi rischiaravano, e pensavo che,

sotto tanti tetti abitati, io non avevo un amico.

In mezzo alle mie riflessioni, l’ora batteva a colpi

misurati sulla To rre della cat-

2 5 tedrale gotica4, e andava ripetendosi su tutti i toni, sempre più lontano, di chiesa in

chiesa. Ahimè! ogni ora, nel mondo, apre una tomba e fa versare lacrime!

Quella vita, che m’aveva sulle prime sedotto, non tardò a diventarmi insopport a b i-

le. Quel ripetersi delle medesime idee mi stancava. Mi misi a scandagliare il mio cuore,

a domandarmi che cosa desideravo. Non lo sapevo; ma a un tratto credetti che i boschi

sarebbero la mia delizia. Eccomi in un subito

3 0 risoluto di terminare in un esilio campestre un corso di vita appena cominciato e nel

quale avevo già divorato dei secoli.

Abbracciai questo progetto con l'ardore che metto in tutti i miei disegni; partii preci-

pitosamente per seppellirmi in una capanna, come altra volta ero partito per fare il giro

del mondo.

Mi si accusa d'aver gusti incostanti, di non poter godere a lungo della medesima

3 5 c h i m e r a5, d’essere preda di una immaginazione che si affretta a giungere al fondo dei

miei piaceri, come se si stancasse della loro durata; mi si accusa di sorpassar sempre la

meta che posso toccare: ahimè! io cerco soltanto un bene sconosciuto il cui istinto

m’insegue. E’ colpa mia se dappertutto trovo limiti, se ciò che è finito non ha alcun

valore per me? Pure io sento che amo la monotonia dei sentimenti della vita, e se aves-

si ancora la follia di credere nella felicità, la cercherei nell'abitudine.

4 0 La solitudine assoluta, lo spettacolo della natura presto m’immersero in uno stato

che quasi non è possibile descrivere. Senza parenti, senza amici, solo, per così dire,

sulla terra, senz’aver ancora amato, ero oppresso da una sovrabbondanza di vita6. Cert e

volte arrossivo subitamente e sentivo scorrere nel mio cuore come rivi7 di lava ardente:

c e rte altre gettavo gridi involontari e le mie notti, sia che sognassi, sia che vegliassi,

erano ugualmente agitate. Mi mancava qualche cosa, per riempire l'abisso

4 5 della mia esistenza: discendevo nella valle, mi spingevo su per la montagna, invocando

con tutta la forza dei miei desideri l’ideale oggetto d’una fiamma futura8; l’abbracciavo

nei venti, credevo udirlo nei gemiti del fiume: tutto era quell'immaginario fantasma, e

gli astri nei cieli, e lo stesso principio della vita nell'universo.

Pure quello stato di calma e d’inquietudine, d’indigenza9 e di ricchezza, non era

senza attrattive: un

50 giorno m’ero divertito a sfogliare una rama di salcio1 0 su d’un ruscello, e ad unire una

idea a ogni foglia che la corrente portava via. Un re che tema di perdere la corona per

François-René de Chateaubriand nacque nel1768 a Saint-Malo, in Bretagna, da una riccafamiglia aristocratica; trascorse un’infanziasolitaria, educato all’orgoglio di casta dal viscontesuo padre, che lo avviò alla carriera militare. Nel1791 compì un lungo viaggio in America “allaricerca di nuovi orizzonti”, come dirà egli stesso, erestò affascinato dai paesaggi selvaggi di quelleterre. Al ritorno in patria, di fronte agli eventi dellarivoluzione francese si unì alle forze borboniche e,dopo l’arresto del re Luigi XVI, emigrò con gli altri

nobili oltre il Reno (luglio 1792), quindi riparò a Londra (1793-1800), dovepubblicò il Saggio storico sulle rivoluzioni (1797).Alla morte della madre in un carcere rivoluzionario (1798) e quindi dellasorella, subì una profonda crisi che lo riavvicinò alla religione tradizionale.Scrisse così nel 1799 il Genio del cristianesimo, pubblicato nel 1802,apologia della fede cristiana, esaltata nei suoi riti e nelle sue manifestazioniartistiche, di cui fanno parte due brevi romanzi, René e Atala, che sono tra leprime manifestazioni del romanticismo francese. Rientrato in Francia nel1802, fu nominato da Napoleone segretario di ambasciata a Roma. Nel

1806 si recò in Palestina, viaggio di cui poi scrisse il resoconto (Itinerarioda Parigi a Gerusalemme,1811); nel 1809 compose l’epopea in prosa I

martiri e nel 1811 iniziò un’autobiografia, Le Memoried’oltretomba.

Page 22: Trame del testi e dell'immaginario

un’improvvisa rivoluzione non prova angoscie più vive delle mie a ogni accidente che

minacciava i frammenti del mio ramoscello. O debolezza dei mortali! o infanzia del

cuore umano che non invecchia mai! Ecco dunque a qual grado di puerilità può

discendere la nostra superba ragione! E tuttavia molti uomini legano il loro destino a

5 5 cose tanto da nulla quanto le mie foglie di salcio.

Ma come esprimere quella folla di sensazioni fuggitive1 1 che provavo nelle mie

passeggiate? I suoni che rendono le passioni nel vuoto d’un cuore solitario somigliano

al mormorio dei venti e delle acque nel silenzio d’un deserto: lo si gode, ma non lo si

può ritrarr e .

L'autunno mi colse in mezzo a quelle incertezze: entrai con un impeto di gioia nel

6 0 mese delle tempeste. Delle volte avrei voluto essere uno di quei guerrieri erranti in

mezzo ai venti, alle nuvole e ai fantasmi; certe altre invidiavo fin la sorte del pastore che

vedevo scaldarsi le mani all’umile fuoco di stipe1 2 che aveva acceso in un angolo d’un

bosco. Ascoltavo i suoi canti malinconici, che mi ricordavano che in ogni paese il canto

naturale dell’uomo è triste, anche quando esprime la felicità. Il nostro cuore è uno

s t rumento incompleto, una lira alla quale mancan delle corde, e su cui noi siam

65 costretti a render1 3 gli accenti della gioia nel tono consacrato ai sospiri.

Di giorno, erravo per le grandi lande14 circondate da foreste. Come avevo bisogno

di poco per fantasticare! una foglia secca che il vento cacciava davanti a me, una capan-

na il cui fumo si alzava tra le cime spoglie degli alberi, il musco che tremava al soffio

della tramontana sul tronco d'una quercia, una roccia isolata, uno stagno deserto dove

il giunco avvizzito mormorava! Il campanile del piccolo villaggio,

7 0 alto laggiù lontano nella valle, attirò sovente i miei sguardi; sovente seguii cogli occhi

gli uccelli di passo1 5 che volavano sopra il mio capo. Mi figuravo le rive ignorate, climi

lontani verso cui essi vanno; avrei voluto essere sulle loro ali. Un segreto istinto mi

t o rmentava, sentivo di essere anch’io non altro che un viaggiatore; ma una voce del

cielo sembrava dirmi: “Uomo, la stagione della tua migrazione non è ancora venuta;

aspetta che il vento della morte si levi: allora spiegherai il volo verso quelle regioni

7 5 sconosciute che il tuo cuore invoca”.

“Su via, levatevi presto, o desiderate tempeste, che dovete portar Renato negli spazi

d’un’altra vita!”.

Così dicendo, camminavo a grandi passi, le fiamme al viso, i capelli al vento sibilan-

te, non sentendo né pioggia né brina, invasato, tormentato, e come posseduto dal

demone del mio cuore.

La notte, quando l’aquilone1 6 squassava la mia capanna e le pioggie cadevano a

t o rrenti sul tetto,

8 0 quando a traverso la mia finestra vedevo la luna solcare le nuvole accumulate, come un

pallido vascello che va arando le onde, mi sembrava che la vita si raddoppiasse nel

fondo del mio cuore, che avrei avuto la potenza di creare dei mondi. Ah! se avessi potu-

to dividere con un’altra i moti dell'anima mia! Oh Dio! se tu m’avessi data una donna

secondo i miei desideri; se, come al nostro primo padre, tu m’avessi condotta per

mano un’Eva tratta da me stesso!... Celeste bellezza, io mi sarei prosternato davanti a

te;

8 5 poi, prendendoti tra le mie braccia, avrei pregato l’Eterno di darti il resto della mia vita.

Ahimè! ero solo, solo sulla terra! un segreto languore si impadroniva del mio corpo.

Quel tedio della vita, che avevo sentito fin dalla fanciullezza, ritornava con una forza

nuova. Ben presto il mio cuore non dié più alimento al mio pensiero, e io non m’ac-

corgevo di vivere che per un profondo senso di noia.

Lottai qualche tempo contro il mio male ma con indifferenza e senza il ferm o

proposito di vincerlo.

9 0 Finalmente, non potendo trovare il rimedio a quella strana ferita del mio cuore, che

non era in nessuna parte ed era dappertutto, mi risolsi d’abbandonare la vita.

da Renato, in Racconti, a cura di C. Bernardi, Torino, UTET, 1967

12. stipe: ramoscellisecchi.13. render: esprimere.14. lande: terreni incolti.15. uccelli di passo: uccellimigratori.16. aquilone: vento ditramontana.17. languore: spossatezza,debolezza.18. tedio: noia, disgusto.

Page 23: Trame del testi e dell'immaginario

il personaggioRenato, malinconico e inquieto,

condensa in sé le caratteristiche dell’e r oer o m a n t i c o: vive in funzione delle ragionidel c u o r e e, continuamente insoddisfattodella realtà che gli sta intorno (in cui sentela propria vita costretta e limitata), fuggealla ricerca di qualcosa che non riesce adefinire, in un costante sforzo di tensioneverso l’i n f i n i t o, destinato a non trovaremai soddisfazione.Questa ricerca induce Renato ad abbando-nare progressivamente la civiltà per adden-trarsi sempre più nella n a t u r a, sperimen-tando con essa un rapporto esclusivo:p e rtanto la natura diventa partecipe deisuoi stati d’animo, proponendogli conti-nuamente nuovi stimoli per accendere lasua immaginazione.Nel suo rapportarsi alla realtà che lo circon-da, egli oscilla tra atteggiamenti di titani-smo (che lo induce a sentirsi superiore aglialtri uomini) e di vittimismo (che lo fasentire escluso dalla società), vivendo inuno stato d’animo di continua eccitazione.Buona parte dell’opera consiste proprionella registrazione, da parte del protagoni-sta, dei moti agitati del proprio io.Nonostante nel testo sia presente anche unn a rratore esterno, la scelta di affidare aRenato il racconto delle proprie vicendecontribuisce a dare al brano una fort econnotazione soggettiva. In questomodo l’autore sottolinea, anche dal puntodi vista espressivo, il carattere fort e m e n t eegocentrico del protagonista: egli vive,agisce e riflette concentrato unicamente suse stesso, senza tenere in alcuna considera-zione ciò che sta al di fuori di sé.

lingua e stileRenato si serve di un l i n g u ag-

gio fortemente connotativo, finalizzatoa ottenere effetti lirici, tanto che l’opera sipresenta, nel suo complesso, come unaf o rma esemplare di romanzo lirico (in cuiuna componente essenziale è costituitadall’espressione dei sentimenti più intimidei protagonisti in modo analogo a quantoavviene nella poesia). Ciò significa che, piùche raccontare una storia, descrivendoluoghi e personaggi, il testo si pone l’obiet-tivo di suscitare emozioni, di evocare statid’animo, caricando il linguaggio di fort ivalenze affettive.Quest’obiettivo risalta chiaramente dallascelta dei termini operata dal narratore: leparole sono scelte molto spesso per il lorovalore connotativo, più che per il loro valo-re denotativo (cioè per la componentei n f o rm a t i v a ) .Il valore denotativo ci indica il significatoprimo di un termine: ad esempio la parolaabisso (rigo 54) significa ”luogo cui laprofondità smisurata conferisce un aspettomisterioso e pauroso”. Il valore connotati-vo individua invece dei significati derivatiche la parola può assumere se inserita inaltri contesti: nel caso specifico la parolaabisso può passare a definire qualunquecosa non si riesce a misurare e che per ciòstesso provoca turbamento. Troviamo infat-ti l’uso connotativo di questa parola inespressioni quali “l’abisso del peccato”, “tranoi c’era un abisso” o, come nel brano alrigo 54, “l’abisso della mia esistenza”: quil’espressione suggerisce l’immagine diun’esistenza in cui il vuoto di una profondi-tà smisurata non riesce a essere colmato.

STRUMENTI DI LETT U RA

Page 24: Trame del testi e dell'immaginario

All’inizio del brano Renato si trova a Parigi. Quale tipo di vita sperimenta qui?

Quali reazioni provoca in lui il contatto col mondo? Spiega l’espressione: “Non facevoaltro che rimpicciolire la mia vita per metterla alla pari con la società”.

Dove si trasferisce la prima volta? Perché?

Quali sono i luoghi che visita? Cosa cerca in essi?

Perché alla fine non è soddisfatto neppure del suo nuovo soggiorno? Dove decide direcarsi allora?

Quali sono le accuse che gli vengono mosse e come risponde?

Cosa prova inizialmente nel contatto con la natura?

In che consistono le sue fantasticherie?

Come si esprime riguardo all’amore?

Alla fine, riesce a vincere il male che lo tormenta?

Qual è la sua decisione finale?

Come definiresti il narratore di questo testo?

La soggettività della narrazione non emerge solo dalla persona in cui si trovano leforme verbali, ma anche dall’enfasi con cui si ripetono pronomi, particelle pronomi-nali, aggettivi possessivi di prima persona. Per verificare questa affermazione, prova acontrollarne la frequenza in un capoverso di 10 righi, quello che va dal rigo 79 al rigo88: quante volte questi elementi compaiono?

Cerca nel brano i riferimenti al paesaggio e rispondi alle seguenti domande, argomentan-do le tue risposte con riferimenti precisi al testo (righi e parole o espressioni).

Nel brano proposto trovi luoghi aperti o chiusi, interni o esterni?

E’ uno spazio verosimile o fantastico?

C’è una relazione tra le notazioni spaziali e gli stati d’animo di Renato? Se sì, scegliquale tra le due alternative seguenti: a il paesaggio è in contrasto con il suo statod’animo; b il paesaggio è una proiezione del suo stato d’animo

Sottolinea nel testo tutte le parole usate in senso connotativo.17

16

15

14

13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

unità di apprendimento unoTITOLO DEL VOLUME242

Comprensione

Analisi

LABORATORIO

Il narratore e la soggettività

della narrazione

Le funzioninarrative dello

spazio: il paesag-gio romantico

Lingua e stile:l’uso connotativo

del linguaggio

Page 25: Trame del testi e dell'immaginario

la novellaANTOLOGIA 243

Nel Romanticismo il cuore si sostituisce alla ragione come organo di percezione di sée della realtà. Verifica quante volte nel brano è usato il termine cuore, specificando aquale proposito.

La caratteristica dell’eroe romantico consiste nell’assumere atteggiamenti a volte tita-nici a volte vittimistici. Distingui nel testo, sottolineandoli in modo differente, i duetipi di atteggiamento esibiti dal protagonista.

Sostituisci un narratore esterno al narratore interno dell’attuale stesura, riscrivendo iltesto dal rigo 32 al rigo 58.

René sintetizza in alcuni passaggi chiave del testo il proprio difficile rapporto con lavita, evidenziando le caratteristiche di “un male oscuro “ che lo accompagna lungotutto il corso della sua esistenza.

Non facevo altro che rimpicciolire la mia vita per metterla alla pari con la società

Sempre più disgustato delle cose e degli uomini

Quella vita non tardò a diventarmi insopportabile

Cerco un bene sconosciuto

Dappertutto trovo limiti

Ciò che è finito non ha alcun valore per me

Quel tedio della vita ritornava con una forza nuova

Decisi di abbandonare la vita

Dopo aver brevemente delineato la vicenda narrata dal protagonista, fornisci la tua spie-gazione della decisione finale, facendo riferimento ai passaggi evidenziati.

21

20

19

18

Socie

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onale

Produzione

Ripercorriamo i testo

Testo e contesto:la sensibilità

romantica

Narratoree focalizzazione