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Università degli Studi di Trieste Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Fisioterapia Presidente: Chiar.mo Prof. Bruno Martinelli TESI DI LAUREA TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA. LAUREANDO RELATORE F.T. ROBERTO TOMMASINI PROF. BRUNO MARTINELLI CORRELATORE DOTT. ROBERTO VALENTINI Anno Accademico 2002-2003

TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA

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Università degli Studi di TriesteFacoltà di Medicina e ChirurgiaCorso di Laurea in Fisioterapia

Presidente: Chiar.mo Prof. Bruno Martinelli

TESI DI LAUREA

TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA

RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA

SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL

TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA

DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA.

LAUREANDO RELATORE

F.T. ROBERTO TOMMASINI PROF. BRUNO MARTINELLI

CORRELATORE

DOTT. ROBERTO VALENTINI

Anno Accademico 2002-2003

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INTRODUZIONE

Questo lavoro si prefigge di effettuare una ricerca sulle prove di efficacia

eventualmente esistenti in letteratura a favore dell’utilizzo del trattamento

riabilitativo non strumentale nella gestione della distorsione acuta di caviglia.

Per fare ciò innanzitutto si prenderanno in esame, dal punto di vista riabilitativo,

le basi della Medicina Basata sulle Evidenze

- utilizzo dei moderni strumenti di informazione biomedica per consultare la

letteratura esistente

- valutazione critica delle informazioni ottenute dalla ricerca bibliografica

- integrazione di queste informazioni nella pratica clinica.

Il fisioterapista, come gli altri professionisti sanitari, sente infatti sempre più la

necessità di utilizzare nella propria pratica clinica conoscenze e tecniche che siano

basate su solide basi scientifiche e che permettano di offrire al cittadino – utente

un servizio che risponda ai più elevati standard di efficacia e di efficienza

possibili.

Anche il Codice Deontologico del Fisioterapista1 sancisce con l’articolo 18 il fatto

che “Il Fisioterapista deve mantenere in ogni momento il più alto standard di

conoscenze e di competenze, impegnandosi nell’ambito di una formazione

permanente ad adeguare il proprio sapere al progresso della ricerca scientifica e

professionale.”

L’esercizio professionale deve perciò essere animato da rigore metodologico e

rispondere alle continue acquisizioni scientifiche inerenti il campo di competenza.

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CAPITOLO 1

1.1 LE FONTI DI INFORMAZIONE UTILIZZATE NEL PROCESSO DECISIONALE

Nell’operare le scelte terapeutiche che si mettono in atto nella pratica riabilitativa

ci si avvale di tre grandi categorie di informazioni:

i dati desumibili dal paziente

le esperienze e conoscenze memorizzate

le “evidenze esterne

Dati del paziente

Alla base del processo decisionale clinico ci sono sempre le informazioni

che si possono ottenere direttamente dal paziente: anamnesi, esame funzionale,

eventuali esami strumentali effettuati.

Esperienze e conoscenze memorizzate

Rappresentano spesso una delle più determinanti fonti d’informazione a

supporto delle decisioni cliniche.

Dati del paziente Anamnesi Esame funzionale Esami strumentali Altro

⇒Esperienze e conoscenze

memorizzate

⇓ Decisione clinica ⇑

“Evidenze esterne” Fonti tradizionali : colleghi, trattati, revisioni narrative Fonti primarie : studi randomizzati controllati, studi osservazionali Fonti secondarie : revisioni sistematiche, linee guida

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Evidenze esterne

Possono essere fonti tradizionali come colleghi, trattati, revisioni narrative;

studi primari come quelli randomizzati controllati, studi osservazionali; studi

secondari come revisioni sistematiche e linee guida.

1.2 LE EVIDENZE ESTERNE

Dal punto di vista epidemiologico e del rigore metodologico (disegno dello

studio, riproducibilità, controllo degli errori) gli studi presenti in letteratura

possono essere suddivisi in tre grandi categorie:

1. studi primari

Sono la cosiddetta letteratura “originale”, la fonte principale per una

clinica che si voglia basare sulla “evidenza”, possono essere studi sperimentali o

osservazionali.

Studio Obiettivo Disegno dello studioEziologia Individuare responsabilità di un agente ambien-

tale o farmacologico nel determinismo di una malattia

Studi di coorteStudi caso/controllo

Diagnosi Definire la performance dei test diagnostici Studi cross-sectionalPrognosi Definire la storia naturale delle malattie ed

individuare la potenza dei fattori prognosticiStudi longitudinali di coorte

Terapia Valutare l’efficacia dei trattamenti preventivi, terapeutici e riabilitativi

Studi clinici randomizzati

2. studi integrativi

Sono una letteratura non originale molto promettente dal punto di vista della

pratica clinica che ha come scopo quello di sintetizzare i risultati degli studi

primari

Tra gli studi integrativi di particolare interesse nel campo riabilitativo ricordiamo

- le revisioni sistematiche,

- le meta-analisi

- le linee guida.

1.2.1 TIPOLOGIA DEGLI STUDI PRESENTI IN LETTERATURA

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3. letteratura opinion –based

E’ la letteratura non originale tra cui ricordiamo : gli editoriali, le lettere

all’editore, i commenti, le revisioni tradizionali (non sistematiche). Un discorso a

parte meritano i trattati. Infatti, se da una lato questi strumenti possiedono un

indiscusso ruolo educativo, dall’altro si deve essere consapevoli del fatto che in

questi strumenti non vi è alcuna garanzia di completezza o di selezione esplicita e

sistematica delle evidenze. Spesso sono una commistione tra studi originali,

opinioni e l’esperienza degli autori e risultano datati già al momento della

pubblicazione.

1.2.1.1. STUDI PRIMARI

Gli studi primari si possono suddividere in studi sperimentali e studi

osservazionali

Studi sperimentali

Studi randomizzati controllati (SRC)

Sono considerati il “gold standard” degli esperimenti scientifici di natura

quantitativa per la loro capacità di diminuire gli errori (bias) nel disegno dello

studio e per acquisire evidenze sperimentali sull’efficacia di un intervento

terapeutico.

Sono caratterizzati da una suddivisione casuale dei partecipanti allo studio in due

gruppi uno di intervento ed uno di controllo. Questi gruppi vengono monitorati

nel tempo durante il trattamento e nel follow-up conseguente al fine di comparare

le valutazioni conclusive per poter poi fare delle inferenze su quanto trovato

sperimentalmente

L’importanza della randomizzazione nella suddivisione dei partecipanti allo

studio consiste nella capacità di questa metodica di limitare gli errori in quanto le

caratteristiche conosciute e sconosciute che potrebbero alterare i risultati vengono

mediamente ad essere distribuite in maniera similare tra le persone appartenenti al

gruppo di intervento ed a quelle appartenenti al gruppo di controllo

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Studi clinici controllati (SCC)

Sono studi che valutano uno o più gruppi di intervento con uno o più gruppi di

controllo. Mentre gli studi controllati possono non essere randomizzati, tutti gli

studi randomizzati sono controllati.

Studi osservazionali

Sono studi non sperimentali nei quali la naturale variabilità negli interventi o

nell’esposizione tra i partecipanti allo studio viene utilizzata per valutare sugli

outcome l’effetto dell’intervento o dell’esposizione al fattore di rischio. Tra loro

ricordiamo gli studi di coorte, studi caso –controllo (studio retrospettivo), studi

cross-sectional, studi prima e dopo, serie di casi (case series)

1.2.1.2 STUDI SECONDARI

Le revisioni sistematiche della letteratura

La revisione sistematica è qualcosa di più di un “riassunto” di

pubblicazioni primarie (fondamentalmente studi clinici randomizzati controllati,

ma non solo).E’ una vera ricerca scientifica (attività riconosciuta nel 1995 dal

Research Assesment Exercise) con un protocollo che definisce un preciso

obiettivo, descrive le fonti ed i metodi utilizzati per ricercare, selezionare e

sintetizzare quantitativamente gli studi primari.

Per essere definita sistematica perciò una revisione della letteratura deve utilizzare

una metodologia molto chiara, precisa, sistematica appunto, al fine di ridurre gli

errori ed essere riproducibile.Vanno perciò stabiliti a priori :

- gli obiettivi della revisione : porre in maniera chiara un quesito clinico

- la strategia di ricerca utilizzata: quali database vengono utilizzati, eventuali

limiti nella data di pubblicazione, lingua in cui sono pubblicati gli articoli,le

parole chiave primarie e secondarie, la sintassi utilizzata nell’interrogare i

database

- i criteri di inclusione degli studi reperiti attraverso la sopra citata strategia di

ricerca: disegno di studio:normalmente vengono presi in considerazione solo

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studi clinici randomizzati controllati e,nel caso che questi non siano presenti

studi clinici controllati; interventi attuati, valutazioni di esito (outcome)

- i criteri di esclusione degli studi: disegno di studio, non vengono inclusi

nella revisione ad esempio studi che abbiano una valutazione scarsa dal punto

di vista del rigore metodologico oppure non vengono inclusi studi con un

approccio di tipo fenomenologico

Le meta-analisi

Una revisione sistematica viene definita meta-analisi o revisione sistematica

qualitativa quando vengono utilizzati metodi statistici al fine di integrare i

risultati dei singoli studi inclusi.

Linee guida cliniche

Le linee guida sono “documenti sviluppati con una metodologia

sistematica allo scopo di aiutare sanitari e pazienti nelle decisioni a riguardo di

una specifica condizione clinica” (Field MJ & Lohr KN, 1992).5

Lo scopo delle linee guida è quello di indurre il miglioramento della qualità e

dell’efficacia delle decisioni cliniche con conseguente miglioramento dei risultati

per il paziente, riduzione della variabilità assistenziale e ottimizzazione delle

risorse.

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CAPITOLO 2

2.1 LA RICERCA DELLE EVIDENZE ESTERNE

Come tutte le discipline biomediche anche la riabilitazione si presenta in

continua evoluzione sia dal punto di vista formativo che scientifico. Basti pensare

che il riabilitatore interessato ad approfondire le proprie competenze professionali

di base o specialistiche ha a disposizione una considerevole, e in costante

aumento, letteratura scientifica: più di 4500 studi clinici randomizzati controllati,

900 revisioni sistematiche e 80 linee guida.

La crescita esponenziale dell’informazione biomedica da un lato, e la

necessità di avere a disposizione informazioni scientificamente affidabili e

clinicamente rilevanti nella pratica quotidiana dall’altro, rende irrinunciabile per

ogni operatore sanitario il prendere familiarità con gli strumenti tipici della

medicina basata sull’evidenza, tra i quali un posto di rilievo ha l’utilizzo dei

moderni strumenti di informazioni biomedica per la ricerca della letteratura

scientifica di interesse. La rapida evoluzione degli strumenti informatici, con la

crescita esponenziale dell’accessibilità ad Internet in primis, ha permesso ad un

numero sempre maggiore di operatori di avere la possibilità di accedere e reperire

informazioni di qualità con una facilità nettamente superiore e ad un costo

inferiore al passato. Negli ultimi anni quindi la ricerca bibliografica, da concetto

limitato a pochi ricercatori di professione è entrata di prepotenza tra le “core

competence” di ogni fisioterapista.

La ricerca bibliografica in senso lato può essere intesa come “una profonda

e sistematica ricerca di tutti i tipi di letteratura pubblicata allo scopo di trovare il

maggior numero possibile di informazioni che siano rilevanti per un particolare

oggetto di ricerca” (Gash, 1998)

Nell’ambito biomedico le informazioni hanno alcune caratteristiche che le

rendono particolarmente difficili da gestire:

- la rapidità nella loro obsolescenza: il rapidissimo turn-over delle conoscenze

porta ad esempio alla limitazione dell’utilità dei trattati come visto in

precedenza;

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- l’enorme volume della letteratura a disposizione: oltre 2 milioni di nuovi

articoli annuali in oltre 20.000 riviste;

- la notevole frammentazione in una miriade di riviste specialistiche.

Una delle possibili risposte a queste problematiche risulta l’eseguire delle

ricerche impostandole sui concetti della Medicina Basata sulle Evidenze.

2.2 LA RICERCA BIBLIOGRAFICA BASATA SULL’EVIDENZA

Una ricerca della letteratura biomedica viene definita basata sull’evidenza

quando il suo obiettivo è di trovare dati che siano il meno equivoci possibile e

quando viene utilizzato un approccio preciso.

La modalità di utilizzazione della letteratura biomedica, con lo scopo finale di

integrare le evidenze così reperite nelle decisioni cliniche, ricalca il modello

proposto da Sackett , uno dei “fondatori” della EBM:

- formulazione del quesito clinico

- ricerca delle migliori evidenze possibili

identificare le banche dati da utilizzare

definire e perfezionare la strategia di ricerca

filtrare i risultati della ricerca (criteri di inclusione ed esclusione)

- valutazione critica delle evidenze

- validità interna

- applicabilità clinica

2.2.1 La formulazione del quesito clinico

Nell’ambito riabilitativo il metodo migliore per formulare il quesito clinico

sembra essere quello di correlare la condizione/problema con l’intervento da

eseguire e l’evento/outcome atteso. Ad esempio :

Condizione / Problema Intervento riabilitativo

da valutare

Evento / Outcome atteso

distorsione acuta di

caviglia

esercizio terapeutico e/o

terapia manuale

1.i tempi di ritorno al lavoro /attività

sportiva sono diminuiti?

2.la frequenza di recidive è diminuita?

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2.2.2 La ricerca delle migliori evidenze possibili

Le motivazioni che possono spingere alla consultazione delle fonti di

informazione possono essere

- la necessità di ricerca

- il bisogno di un aggiornamento continuo (Proactive Knowledge Management)

- la necessità di aiuto nella risoluzione di problemi clinici (Reactive

Knowledge Managemet)

Quali che siano queste motivazioni gli strumenti informatici a disposizione per

questa ricerca sono innumerevoli, e si possono suddividere in due grandi

categorie:

- strumenti per la ricerca libera

- strumenti per la ricerca strutturata

2.2.2.1 Strumenti per la ricerca libera di informazioni

La ricerca libera può essere condotta nella Rete tramite diversi strumenti :

- i comuni motori di ricerca per termini,

- gli indici sistematici (cataloghi di risorse),

- la navigazione libera attraverso pagine di segnalazioni di risorse specifiche

(i famosi “link”),

- i metamotori (Copernic, Northern Light,…),

- le newsgroup e discussion list dedicate

Pur essendo una immensa risorsa informativa, Internet in questo lavoro non viene

presa in considerazione in quanto l’informazione così recuperata presenta alcune

caratteristiche che la rendono di difficile gestione, tra le quali ricordiamo:

- non è strutturata

- non vi è certezza riguardo alla sua qualità scientifica

- è spesso difficile risalire al fornitore della stessa ed all’eventuale presenza

di conflitti di interesse

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2.2.2.2 Strumenti per la ricerca strutturata

I principali database biomedici

In generale le banche dati sono strumenti informatici, software, che

consentono l’archiviazione strutturata di dati e il loro recupero in forma

organizzata. Si basano generalmente su tabelle di archiviazione, maschere di

inserimento dati e schemi di recupero dei dati in forma strutturata (query).

La caratteristica fondamentale delle banche dati che prenderemo in

considerazione è quella di raccogliere e di rendere accessibile alla consultazione

una mole considerevole di informazioni strutturate, attraverso una interfaccia

standard con cui è possibile effettuare ricerche attraverso un linguaggio di

interrogazione.

Le informazioni sono raccolte sotto forma di record, ognuno costituito da

una citazione bibliografica. Il contenuto delle riviste biomediche (titolo

dell’articolo, autore, estremi della rivista in cui è pubblicato, data della

pubblicazione, varie tipologie di parole chiave…..) viene registrato sotto forma di

campi all’interno di questi record.

Due sono le categorie di banche dati a disposizione del fisioterapista per la ricerca

di informazioni clinicamente rilevanti:

banche dati primarie

- medline

- embase

banche dati di studi secondari o specifici

- cochrane databases

1.the cochrane database of systematic reviews (CDSR)

2.the database of abstract of reviews of effectiveness (DARE):

3. the cochrane controlled trial register (CCTR):

4. the cochrane review methodological database (CRMD),

- physiotherapy evidence database (PeDRO)

- cumulative index of nursing and allied health literature (CINAHL)

- trip

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I passi di una ricerca bibliografica fondata sulle evidenze possono essere

operativamente così impostati (vedi Allegato 1)

1. definire il quesito clinico a cui la ricerca deve rispondere : condizione –

intervento riabilitativo – evento atteso;

2. definire una strategia di ricerca molto sensibile con lo scopo di includere

gli studi clinici randomizzati controllati e gli studi clinici controllati e per

evitare di escludere citazioni rilevanti

3. perfezionare progressivamente l’insieme delle citazioni così trovate

attraverso l’utilizzo di una parte dei criteri di inclusione (ad esempio il tipo

di studio, la combinazione dei termini MeSH e di testo libero con operatori

booleani come AND, OR e NOT) per eliminare citazioni irrilevanti per lo

scopo della ricerca;

4. filtrare infine, sempre con i criteri di inclusione e di esclusione, i risultati

della ricerca attraverso la lettura della citazione e dell’abstract degli

articoli trovati.

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CAPITOLO 3

3.1 LA VALUTAZIONE CRITICA DELLE EVIDENZE

Una valutazione della qualità metodologica degli studi è un passaggio importante

nella preparazione di una ricerca della letteratura “evidence oriented”.

Uno studio si può definire di qualità quando fondamentalmente riesce a

minimizzare gli errori (biases) al suo interno.

La validità del risultato quindi può dipendere dal disegno e dalla conduzione dello

studio, dalla validità interna, dalla validità esterna e dai metodi statistici utilizzati.

Quindi le informazioni ottenute dalla valutazione della qualità

metodologica sono fondamentali nel determinare la “forza” delle inferenze (dalla

scelta degli studi che vengono inclusi nella ricerca – validità interna) e

nell’assegnare i livelli di raccomandazione per la pratica clinica (dalla scelta del

problema, degli interventi e degli esiti – applicabilità dei risultati).

L’approccio alla valutazione della qualità metodologica utilizzata in questo lavoro

è strutturata in due livelli:

Il primo livello di valutazione ha preso in considerazione questi punti:

- tipologia dello studio

SI = studio clinico randomizzato controllato / studio clinico controllato

NO = altre tipologie di studio

- criteri di inclusione e di esclusione previsti dalla ricerca siano presenti nello

studio in questione - applicabilità

SI tutti i criteri di inclusione sono presenti e tutti i criteri di esclusione

sono assenti

NO alcuni criteri di inclusione o di esclusione sono presenti

Gli studi per passare al secondo livello di valutazione dovevano superare

positivamente entrambi i punti.

A questo punto è sorto il problema se, e come, valutare ulteriormente gli studi su

specifici items qualititavi, secondo scale di valutazione quali quella utilizzata dal

3.1.1 La valutazione della qualità metodologica

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Philadelphia Panel (scala di Jadad a 3 item), scala Delphi a 9 item o scala PEDro a

11 item.

Si è optato per la scala PEDro (allegato 5), la scala utilizzata nel Physiotherapy

Evidence Database per classificare la qualità degli studi clinici che valutano gli

interventi riabilitativi, in quanto gli item in essa contenuti comprendevano quelli

delle due scale precedenti ed inoltre era una scala che aveva una sua validazione

scientifica per l’ambito fisioterapico 23.

1 eligibility criteria: valuta se i criteri di inclusione dello studio sono

chiaramente specificati

2 random allocation:valuta se i soggetti sono assegnati in maniera casuale al

gruppo di controllo o di trattamento

3 concealed allocation: valuta se la scelta iniziale dei pazienti viene fatta senza

sapere a quale gruppo (trattamento/controllo) saranno successivamente assegnati

4 baseline comparability: valuta se i gruppi sono comparabili all’inizio dello

studio per quanto riguarda i principali fattori prognostici in grado di influire sul

risultato finale.

5 blind subject: valuta se i pazienti non sanno a quale gruppo

(trattamento/controllo) appartengano

6 blind therapists: valuta se gli sperimentatori non sanno a quale gruppo

(trattamento/controllo) appartiene il paziente che trattano

7 blind assessors: evidenzia se i valutatori non sanno a quale gruppo

(trattamento/controllo) appartiene il paziente di cui misurano i dati

8 adeguate follow-up: valuta se vi è un adeguato follow –up cioè se meno del

15% dei pazienti interrompe la partecipazione allo studio

9 intention-to-treat analysis: evidenzia se entrano nella valutazione finale gli

outcome di tutte le persone arruolate nello studio all’inizio, anche quelle che lo

hanno abbandonato (drop-out)

10 between group comparisons: evidenzia se è riportato il confronto statistico

tra gruppi per almeno un outcome principale degli effetti del trattamento

(valutazione della significatività statistica -p-value; oppure una stima –

media,mediana o per variabili dicotomiche, ad esempio il rischio relativo )

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11 point-estimates and variability: evidenzia se sono riportate le misure del

grado dell’effetto del trattamento (ad esempio la differenza tra i gruppi o altre

misure di variabilità come la deviazione standard, l’errore standard, l’intervallo di

fiducia)

Gli item dal 2 al 9 di questa scala permettono di valutare rapidamente la

validità interna dello studio egli item 10 ed 11 l’utilizzo di adeguati metodi

statistici per interpretare i dati dello studio.

Gli Item 5 e 6 (paziente e terapista in cieco) spesso negli studi clinici in

riabilitazione non sono valutabili positivamente a causa delle tipologie di

trattamento applicate (possono essere applicati ad esempio nello studio

dell’efficacia della terapia fisica, non in quelli sulla terapia manuale)

Quando un item risulta essere chiaramente soddisfatto gli viene assegnato il

punteggio 1. Il risultato finale risulta essere la somma aritmetica degli item.

Visto che l’item 1 è correlato piuttosto alla validità esterna che non alla qualità

metodologica non viene calcolato per il risultato finale che viene perciò ad essere

espresso in decimi (punteggio massimo10/10; minimo 0/10)

Questa valutazione della qualità metodologica , è stata utilizzata con lo

scopo di facilitare la comparazione degli studi nella discussione finale sui dati

ottenuti dalla ricerca e nel dare una indicazione di massima su quanto lo studio

possa essere considerato applicabile nella pratica clinica.

Va detto infatti che attualmente nessuna scala di valutazione della qualità

metodologica è scevra da problematiche,:

- non esiste un “gold standard” in quanto risulta difficile anche nella valutazioni

più complesse riuscire a comprendere quanto questa sia una valutazione sulla

correttezza della metodologia della ricerca e quanto invece sia una valutazione

sulla qualità della stesura finale dello studio

- pochissime di queste scale hanno ricevuto una validazione dal punto di vista

scientifico

Tutto questo può avere un impatto molto forte ad esempio sulla possibilità che i

risultati delle revisioni sistematiche forniscano informazioni “oggettive” quando

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uno dei criteri di inclusione nella revisione stessa sia proprio la qualità

metodologica.

Ad esempio Colle et al28 hanno mostrato come le conclusioni presentate dalla

revisione Cochrane29 sull’efficacia degli esercizi per la lombalgia rispetto al non

trattamento (“conflicting evidence”) possano cambiare sostanzialmente quando

scale diverse vengono utilizzate per valutare gli studi randomizzati controllati

(“strong evidence“ per l’efficacia degli esercizi)

Alla luce di quanto esposto risulta chiaro che non tutti i dati che troviamo

negli articoli pubblicati nelle riviste biomediche hanno lo stesso “spessore” ed

importanza dal punto di vista della valutazione matematico - statistica dei dati in

essi contenuti e da quello del loro possibile trasferimento nella pratica terapeutica

Negli studi che maggiormente interessano dal punto di vista della pratica

professionale, cioè quelli di natura clinica sembra però esserci un sostanziale

accordo nell’assegnare agli studi clinici randomizzati il livello più alto di

importanza pratica32, (anche perché tutte derivano dalla classificazione

originariamente proposta nel 1992 nella prima linea guida di pratica clinica

promossa dal Servizio Sanitario degli Stati Uniti d’America -AHCPR 1992-vedi

allegato 4).

Pertanto gli studi che verranno presi in considerazione per la ricerca

bibliografica successiva sono:

- tra gli studi primari quelli randomizzati controllati e quelli clinici

controllati

- tra quelli secondari le revisioni sistematiche della letteratura

- se esistenti le linee guida di società scientifiche

In questa ricerca della letteratura per dare indicazioni per la pratica clinica viene

utilizzata la classificazione degli studi utilizzata dall’ Institute of Clinical System

Improvment (Allegato 4).

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CAPITOLO 4

4.1 IL TRATTAMENTO RIABILITATIVO NELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA : UNA REVISIONE DELLA LETTERATURA BASATA SULLE EVIDENZE.

I traumi distorsivi di caviglia sono lesioni molto frequenti sia in ambito sportivo,

dove è probabilmente la lesione più comune14, sia in ambito lavorativo.

Dal punto di vista epidemiologico è stato stimato che, nelle società

occidentali, la frequenza delle distorsioni di caviglia è di una ogni 10.000 abitanti

al giorno, mentre il costo annuale per il loro trattamento risulta essere pari a oltre

40 milioni di euro per ogni milione di abitanti.9

Inoltre le distorsioni di caviglia possono essere associate a problematiche a lungo

termine come dolore persistente, disabilità funzionale e assenze dal lavoro.

Viste le importanti implicazioni sociali ed epidemiologiche, trovare una modalità

di trattamento riabilitativo che risulti essere efficace nel diminuire le frequenze di

distorsioni recidivanti e nel velocizzare i tempi di ritorno al lavoro,

compatibilmente ai tempi di recupero biologici della struttura lesionata, risulta

essere una necessità tutt’altro che secondaria .

Dal punto di vista anatomo-patologico l’85% di tutte le distorsioni della

caviglia riguarda il complesso legamentoso laterale formato dai legamenti

Peroneo Astragalico Anteriore (PAA), Peroneo Calcaneare (PC) e Peroneo

Astragalico Posteriore (PAP), il 5% il comparto interno ed il 10% la sindesmosi

tibio-peroneale.

Nelle lesioni del comparto esterno la struttura che più frequentemente

risulta coinvolta è il legamento peroneo astragalico anteriore (circa nel 75 % dei

casi), seguita poi da lesioni combinate del legamento Peroneo Astragalico

Anteriore e Peroneo calcaneare (20%). Più rare sono le lesioni del legamento

Peroneo Astragalico Posteriore la cui lesione compare di solito in presenza di una

franca dislocazione della caviglia.

4.1.1 INTRODUZIONE

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Nelle distorsioni del comparto esterno il meccanismo di lesione più

comune è una eccessiva supinazione ed adduzione del piede abbinata ad una

flessione plantare

Classificazione

La gravità della lesione di questo complesso è classicamente suddivisa in 3 gradi:

- lesione di 1° grado : stiramento legamentose senza lesioni macroscopiche e

senza instabilità meccanica della caviglia; il paziente è in grado di caricare sul

piede interessato dalla distorsione

- lesione di 2° grado : rottura parziale legamentosa (ad esempio rottura isolata del

legamento PAA) con modesto dolore ed edema e con minima instabilità

dell’articolazione

- lesione di 3° grado : rottura legamentosa completa associata a marcata instabilità

dell’articolazione,dolore,edema esteso e grossa difficoltà a deambulare.

Dal punto di vista clinico i test più comunemente utilizzati per valutare la

stabilità dell’articolazione sono l’anterior drawer test ed il talar tilt test. Se positivi

entrambi è probabile che ci si trovi davanti ad una lesione di terzo grado. In

presenza di spasmo muscolare di difesa questi test possono essere eseguiti di

solito dalla quinta giornata dopo la distorsione.

L’obiettivo di questa valutazione della letteratura è di reperire, analizzare e

valutare criticamente i risultati degli studi clinici randomizzati controllati sull’

efficacia di specifiche modalità di trattamento riabilitativo in un problema clinico

ben definito: la distorsione acuta di caviglia.

Gli interventi riabilitativi comunemente utilizzati in un programma terapeutico

che abbia come scopo quello di recuperare la naturale stabilità, dinamica ed il

controllo neuromuscolare della caviglia dopo una lesione distorsiva possono

essere diversi.

Questa ricerca della letteratura evidence-oriented si focalizzerà su due specifiche

modalità:

1. l’esercizio terapeutico

4.1.2

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2. la terapia manuale

Dal punto di vista delle definizioni, momento sempre difficile in un lavoro di

revisione della letteratura, in questo lavoro, per esercizio terapeutico si intenderà

“l’utilizzo di esercizi attivi ed assistiti allo scopo di migliorare il range di

movimento, la forza o il controllo neuromuscolare del movimento articolare”,

mentre per terapia manuale si intenderà “l’uso di tecniche che utilizzano il

movimento, applicate manualmente o meccanicamente, per migliorare il

movimento articolare”. Nell’ ambito dell’esercizio terapeutico verrà dato

particolare spazio alla valutazione della letteratura esistente sull’efficacia della

mobilizzazione precoce e della riabilitazione propriocettiva soprattutto nel ridurre

la frequenza di recidive.

Queste definizioni, prese dal sillabo della Federation of Orthopaedic

Manipulative Therapists, seppure non corrispondenti alla visione riabilitativa più

evoluta esistente al momento, soprattutto per quello che riguarda l’esercizio

terapeutico, risultano però le più adatte attualmente per mettere in atto una ricerca

bibliografica in cui la lingua inglese è presenza assoluta..

I quesiti clinici specifici a cui questa ricerca tenta di dare una risposta sono

i seguenti :

- nella distorsione acuta di caviglia la terapia manuale e il carico precoce sono

efficaci nel migliorare gli outcome funzionali e/o accelerare i tempi di

recupero?

- nella distorsione acuta di caviglia la riabilitazione propriocettiva è in grado di

ridurre la frequenza di distorsioni recidivanti ?

Selezione degli studi

Criteri di inclusione:

In questa valutazione della letteratura sono stati inclusi studi che rispondano

positivamente a queste condizioni:

- essere studi randomizzati controllati (SRC) o studi clinici controllati (SCC)

- essere correlati alla distorsione acuta di caviglia

4.1.3 METODO DI RICERCA

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- uno dei trattamenti inclusi nello studio comparativo sia l’esercizio terapeutico

(mobilizzazione precoce, rieducazione propriocettiva) o la terapia manuale

- interessare individui adulti

- le misure di outcome possono essere:

a. dolore

b. mobilità della caviglia (ROM)

c. forza muscolare

d. edema

e. recidive (frequenza)

f. instabilità soggettiva (per es. sensazione di cedimento della

caviglia “giving way”)

g. instabilità oggettiva (per es. radiografie sottostress)

h. ritorno al livello di lavoro/attività sportiva di prima dell’infortunio

i. complicazioni (per es. deficit sensitivi, artrosi, rigidità, atrofia

muscolare)

j. follow-up a breve termine: < 6 settimane

a medio termine: da sei mesi ad un anno

a lungo termine : da uno a due anni dal trattamento

Sono inoltre stati valutati, e se possibile ottenuti, articoli di revisione sistematica e

linee guida che prendessero in considerazione l’intervento riabilitativo in questa

specifica problematica clinica.

Criteri di esclusione

Sono stati esclusi da questa valutazione studi che riguardino:

- studi non randomizzati controllati (case report, studi clinici senza gruppo

di controllo)

- distorsioni croniche alla caviglia

- distorsioni con fratture trattate chirurgicamente e non

- problematiche neurologiche

- problematiche reumatologiche

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- modalità di trattamento riabilitativo diverse da quelle viste in precedenza

ad esempio la terapia fisica (ultrasuoni, ionoforesi, elettroterapia,

termoterapia, laser, magnetoterapia,,….), l’utilizzo di ortesi (bracing e/o

taping),

- modalità di trattamento medico (ad esempio l’utilizzo di farmaci e/o di

pomate antinfiammatorie)

- studi effettuati su animali o in vitro

- studi sulla biomeccanica o sulla neurofisiologia applicata alla distorsione

di caviglia

Strategia di ricerca

Sono stati utilizzati per la ricerca i seguenti database bibliografici in questo

ordine:

1. Cochrane Database of Systematic Reviews (CDSR)

2. Cochrane Controlled Trial Register (CCTR)

3. Medline

4. PEDro

5. CINAHL

6. Database of Abstract of Reviews of Effectiveness (DARE)

7. TRIP

Si è seguita questa scaletta al fine di ricercare innanzitutto l’esistenza di revisioni

Cochrane sulla problematica in questione e sulle modalità di trattamento a

riguardo, per poi passare alla ricerca degli studi randomizzati controllati specifici

presenti nel CCTR e quindi negli altri database. Attraverso la banca dati TRIP si è

valutata anche l’esistenza di linee guida a riguardo.

Modalità di interrogazione

Tramite l’utilizzo della piattaforma di ricerca OVID™ sono stati analizzati i

database CCTR, DARE, CDSR,CINAHL e MEDLINE

Il database PEDro è stato analizzato tramite il suo motore di ricerca interno

gratuito

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Il database TRIP è stato analizzato tramite il suo motore interno di ricerca

utilizzato gratuitamente per 15 giorni dopo contatti con i responsabili dello stesso.

Sono stati inoltre valutate le bibliografie degli studi selezionati allo scopo di

trovare altri studi non ritrovati con la ricerca nei database

Per quanto riguarda l’orizzonte temporale della data di pubblicazione degli articoli

il limite a riguardo è stato posto al 31 dicembre 2003

Strategia di ricerca effettiva

La ricerca bibliografica ha utilizzato un metodo di ricerca per insiemi a tre passi

Primo passo- sensibilità (recall)

Per avere la massima sensibilità iniziale di ricerca al fine di reperire il maggior

numero di studi clinici randomizzati controllati si è utilizzato un metodo di

interrogazione mutuato da quello dei revisori della Cochrane Collaboration

Secondo passo specificità (precision)

L’ interrogazione precedente è stata progressivamente affinata mediante processi

di combinazione tra operatori booleani tra parole chiave, termini Mesh e testo

libero allo scopo di focalizzare l’attenzione sui quesiti clinici specifici e sui criteri

di inclusione (sprain, rehabilitation, manual therapy, proprioception), diminuendo

in questo modo il numero di articoli da sottoporre poi al terzo passo della ricerca.

Come esempio dell’effettiva strategia di ricerca utilizzata nell’Allegato 1 sono

presentate quelle effettuate su CCRT e su MEDLINE

Terzo passo selezione manuale degli articoli

Dal titolo e dagli abstract degli articoli trovati con i primi due passi della strategia

descritta precedentemente si è cercato di valutare l’adesione degli stessi ai criteri

di inclusione e di esclusione fissati in precedenza e la loro rilevanza ai fini della

successiva discussione dei risultati (Allegato 2)

Valutazione della qualità metodologica

La qualità metodologica degli studi scelti con questa strategia di ricerca sono stati

valutati utilizzando la scala di valutazione PEDro-Physiotherapy Evidence

Dabatase Quality Assesment Scale (Allegato 5)

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Risultati della ricerca

La ricerca della letteratura effettuata nei database e con le modalità

precedentemente viste ha portato all’identificazione di 32 studi. Tra questi dopo la

valutazione dei criteri di inclusione e di esclusione sono stati trovati 4 studi

randomizzati controllati, ed uno studio clinico controllato correlati ai quesiti

clinici di partenza (per la descrizione degli articoli vedi allegato 3)

Trattamento funzionale

Ardevol J, Bolibar I, Belda V, Argilaga S

Treatment of complete rupture of the lateral ligaments of the ankle: a

randomized clinical trial comparing cast immobilization with functional

treatment.

Knee Surgery, Sports Traumatology, Arthroscopy. 10(6):371-7, 2002 Nov

Terapia manuale

Green T, Refshauge K, Adams R, and Crosbie J

A randomized clinical trial of a passive accessory joint mobilization on acute

ankle inversion sprains

Physical Therapy 2001;81:984-994

Pellow JE, Brantingham JW

The efficacy of adjusting the ankle in the treatment of subacute and chronic

grade I and grade II ankle inversion sprains

Journal of Manipulative & Physiological Therapeutics. 24(1):17-24, 2001 Jan

Riabilitazione propriocettiva

Wester JU, Jespersen SM, Nielsen KD, Neumann L

Wobble board training after partial sprains of the lateral ligaments of the ankle:

a prospective randomized study.

Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy. 23(5):332-6, 1996 May

Holme E, Magnusson SP, Becher K, Bieler T, Aagaard P, Kjaer M

The effect of supervised rehabilitation on strength, postural sway, position

sense and re-injury risk after acute ankle ligament sprain.

Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports. 9(2):104-9, 1999 Apr

4.1.4

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Trattamento funzionale

Nella ricerca delle evidenze disponibili si è trovata una revisione Cochrane9

che mette in comparazione l’immobilizzazione (con gambaletto plastico o scarpe

speciali) a gestioni maggiormente funzionali della distorsione acuta quali

interventi come bendaggio rigido, bendaggio elastico,ortesi abbinati o meno alla

fisioterapia. Da questa revisione il trattamento funzionale risulta essere preferibile

all’immobilizzazione per quello che riguardava i seguenti item:

- la percentuale dei pazienti che riprendevano l’attività sportiva era maggiore,

- la ripresa lavorativa avveniva prima

- meno pazienti avevano edema persistente

- meno pazienti lamentavano sintomi di instabilità soggettiva

- il movimento era meno limitato nel follow-up a medio termine (2-12 mesi)

In generale i pazienti trattati funzionalmente erano maggiormente soddisfatti

I risultati dello studio di Ardevol et al sono in accordo con quanto appena detto.

Infatti in questo studio del 1996 viene confermata la superiorità di un trattamento

funzionale (bendaggio + riabilitazione propriocettiva) rispetto

all’immobilizzazione nel permettere soprattutto un miglioramento nel breve

periodo del livello del dolore percepito e di un miglior controllo dell’ edema.

Inoltre il fattore più significativo in questo studio era la percentuale delle persone

che, a tre mesi dall’infortunio, erano ritornate al livello di attività sportiva

precedente alla lesione. Infatti ben il 70% delle persone trattate nel gruppo

funzionale erano ritornate al livello agonistico precedente al trauma, contro il 37%

del gruppo di controllo.

Riabilitazione propriocettiva

Le distorsioni di caviglia lasciano spesso come problematica a lungo

termine una instabilità funzionale34. Questa sembra essere correlata a vari fattori:

-neurofisiologici (deafferentazione dei propriocettori articolari, tendinei muscolari

e fasciali, tempo di reazione dei muscoli peronieri aumentato)

4.1.5 DISCUSSIONE

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-muscolari (perdita di forza, potenza e resistenza negli eversori, così come negli

inversori)

-meccanici (lassità legamentosa).

Per ovviare a questo problema estremamente frequente (dal 17 al 58% a seconda

degli studi) per primo Freeman 33 ha introdotto un nuovo concetto nel trattamento

conservativo delle rotture del complesso legamentoso: quello del training

propriocettivo con esercizi di coordinazione su pedane instabili.

Per decenni si è utilizzata la riabilitazione propriocettiva nell’ instabilità

funzionale di caviglia nonostante il suo razionale non si basasse sui risultati di

studi clinici randomizzati quanto piuttosto su dati empirici derivanti dalla pratica.

In questi ultimi dieci anni finalmente vari studi hanno permesso di vedere come il

training propriocettivo con pedane instabili produca significativi miglioramenti

rispetto all’assenza di trattamento nella gestione dell’instabilità funzionale

cronica24, oltre che agire come potente mezzo di prevenzione.

Pochi studi invece hanno preso in considerazione l’importanza di questa

metodica riabilitativa nella fase acuta della distorsione di caviglia per valutare la

sua efficacia nel ridurre, ad esempio, la frequenza di distorsioni recidivanti e

prevenire l’insorgenza di instabilità funzionale

Proprio questo è stato l’obiettivo specifico dello studio di Wester et al 12.

Lo studio ha dimostrato l’utilità di un training propriocettivo di dodici settimane

con pedane oscillanti nel diminuire la frequenza di distorsioni recidivanti in

pazienti con distorsione acuta di II° grado. Su un periodo di follow-up di circa

otto mesi (230 giorni di media) le persone che avevano seguito il training

propriocettivo risultavano avere esiti migliori in due specifici outcome: un numero

significativamente minore di nuove distorsioni e minor sensazione di instabilità

soggettiva rispetto a quelle appartenenti al gruppo di controllo.

Anche nello studio di Holme et al 13 si trova un riscontro nell’affermazione che

una rieducazione propriocettiva abbia effetti, in questo caso con un periodo di

follow-up ancora più lungo (1 anno), sulla frequenza delle recidive e quindi sulla

instabilità funzionale Questo studio che ha interessato ben 92 persone ha valutato

le differenza in outcome come la forza isometrica della muscolatura della caviglia,

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l’instabilità posturale ed ovviamente la frequenza di recidive tra un gruppo

sottoposto ad un training propriocettivo di 12 settimane ed un altro gruppo, di

controllo, a cui sono state fornite soltanto informazioni generali sulla gestione

della distorsione. Il confronto, oltre la diversa frequenza di recidive, dal 29% del

gruppo di controllo al 7% del gruppo in trattamento, evidenzia nel gruppo di

trattamento un recupero più rapido nella forza della caviglia, recupero che avviene

nelle prime sei settimane dalla distorsione rispetto al gruppo di controllo in cui il

recupero della forza avviene in 4 mesi.

Terapia manuale

La terapia manuale è una pratica terapeutica comunemente utilizzata dai

fisioterapisti nel trattamento delle problematiche muscolo-scheletriche ed ha tra i

suoi obiettivi quelli di diminuire la sintomatologia dolorosa e di aumentare la

mobilità articolare. Il meccanismo di azione di questa modalità di trattamento non

è stato ancora chiarito con precisione, anche se sembra entrino in gioco sia

meccanismi neurofisiologici di modulazione del dolore che modificazioni tissutali

di origine meccanica 35,36 .

Dopo diversi studi su casi singoli, quello di Green e colleghi è il primo

randomizzato e controllato che ha valutato gli effetti di una specifica

mobilizzazione passiva della caviglia nel migliorare diversi parametri come:

l’articolarità ed il dolore nella flessione dorsale della caviglia, la velocità, la

lunghezza del passo ed il tempo di carico monopodalico nel cammino.

Per ottenere questi obiettivi gli sperimentatori hanno scelto di utilizzare come

tecnica manuale la mobilizzazione antero-posteriore tibio-astragalica, consistente

in un movimento cauto ed oscillatorio di ampiezza ed intensità tale da non

provocare dolore né spasmo muscolare. Questa tecnica si suppone che abbia tra le

sue peculiarità quella di agire sul recupero della dorsiflessione della caviglia, la

cui limitazione è una delle conseguenze più comuni, assieme alla instabilità

cronica di caviglia ed all’edema persistente della distorsione acuta. Infatti è stato

visto che la limitazione di questo movimento è in grado di influenzare

negativamente i parametri sia temporali che spaziali del cammino 38, oltre che

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predisporre ad infortuni agli arti inferiori, in special modo le distorsioni

recidivanti39. I risultati di questo studio hanno confermato quanto

precedentemente riportato da studi su casi singoli: questa semplice tecnica di

mobilizzazione manuale, se messa in atto correttamente, rispettando i fisiologici

limiti del movimento ed evitando sempre l’esacerbazione della sintomatologia

dolorosa, è una importante aggiunta al trattamento precoce nelle distorsioni acute

di caviglia al fine di ridurre il dolore, migliorare l’articolarità e la velocità del

cammino.

Proprio la qualità metodologica (punteggio 6 alla scala PEDro, il più alto tra gli

studi valutati) e la scelta di outcome rilevanti per il paziente, come il movimento

in dorsiflessione ed il cammino, rendono particolarmente interessante ed utile

questo studio per il fisioterapista interessato alle problematiche muscolo-

scheletriche.

Anche l’articolo di Yellow e Brantigham focalizza la sua attenzione sul

determinare l’efficacia di una specifica tecnica manuale nel trattamento della

distorsione acuta di caviglia di primo e secondo grado.Il titolo però “The efficacy

of adjusting the ankle in the treatment of subacute and chronic grade I and grade

II ankle inversion sprains” potrebbe trarre in inganno. Infatti dalla lettura

dell’articolo risulta come gli Autori abbiano utilizzato per stadiare la distorsione

una classificazione, quella di Reid, che considera la distorsione in fase “subacuta”

dal secondo al quinto giorno dal trauma, ed in fase “cronica” una volta trascorse le

prime cinque giornate. Ai fini di questo lavoro, in cui una distorsione si considera

in fase acuta per le prime sei settimane dal trauma, in accordo con la

classificazione data dalla Reale Associazione Olandese di Fisioterapia, questo

studio, nonostante le apparenze, rientra nei criteri di inclusione presi in

considerazione. Quello che cambia rispetto allo studio di Green et al. è la tecnica

manuale utilizzata. In questo caso la tecnica utilizzata, ”mortise separation

adjustment”, non è oscillatoria e cauta bensì consiste in un movimento di alta

velocità e piccola ampiezza (thrust) alla fine del range articolare libero dal dolore.

Questa tecnica viene comunemente utilizzata nel trattamento delle limitazioni

della mobilità legate alla presenza di aderenze intraarticolari conseguenti di solito

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o ad una prolungata immobilizzazione oppure ad un trattamento riabilitativo non

tempestivo39. Il supporre però che queste aderenze si possano formare in pochi

giorni non ha alcun fondamento teorico.

Perciò l’utilizzo di questa tecnica in fase acuta non solo non ha un razionale

logico ma può rallentare il processo di guarigione oppure nella peggiore delle

ipotesi lesionare ulteriormente il complesso legamentoso esterno, con tutte le

possibili conseguenze a livello personale, civile ed anche penale.

Per queste motivazioni aggiungere questa tecnica in un programma riabilitativo

per il trattamento della distorsione acuta di caviglia è un rischio che, secondo il

mio parere, non vale la pena di correre.

L’esiguo numero di studi che rispondono alle caratteristiche di inclusione

di questa ricerca non permettono di eseguire studi di significatività statistica o

meta-analisi sull’efficacia dell’utilizzo di queste metodiche riabilitative.

Certamente però gli studi inclusi in questa valutazione e le loro conclusioni vista

sia la loro rispondenza a criteri di qualità metodologica sia la loro applicabilità nel

campo specifico non possono passare inosservati .

Presentano infatti ricerche particolarmente interessanti ed utili nella pratica per

quanto riguarda ad esempio la terapia manuale.

Vista l’elevata prevalenza delle distorsioni di caviglia e le frequenti complicanze

che possono derivare da una non adeguata gestione riabilitativa del problema, le

potenzialità provate da questi studi delle tecniche di terapia manuale e del training

propriocettivo di diminuire il dolore, aumentare la mobilità, migliorare i parametri

del cammino, diminuire il numero e la frequenza delle recidive vanno considerate

con attenzione nel momento dell’impostazione di un adeguato trattamento

riabilitativo.

I risultati di questa ricerca della letteratura evidence- oriented sull’efficacia

dell’utilizzo di metodiche riabilitative specifiche nella gestione della distorsione

acuta di caviglia confermano quanto sancito ad esempio dalle linee-guida cliniche

dell’ICSI26 (Institute for Clinical System Improvement) e della KNGF27 (Reale

4.1.6 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Page 29: TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA

Associazione Olandese di Fisioterapia) e dai risultati di varie revisioni narrative o

semi-sistematiche sulle modalità di trattamento nelle lesioni legamentose della

caviglia come Kannus e Renstrom (1991), Ogilvie-Harris e Gilbart (1995),

Renstrom e Konradsen (1997), Safran et al (1999)

In particolare il training propriocettivo secondo gli studi di Ardevol Holme e

Webber sembra avere un effetto sul recupero precoce della forza dei muscoli che

agiscono sulla caviglia, oltre che preventivo sulla comparsa di distorsioni

recidivanti e quindi sull’insorgenza dell’instabilità funzionale nella caviglia se

iniziato in fase precoce – outcome molto più importante per il paziente della

semplice forza muscolare -. Mentre la terapia manuale, grazie agli articoli di

Green ed in minima parte Yellow, per le motivazioni viste precedentemente,

inizia ad avere una conferma scientifica alla sua utilità finora provata soltanto

empiricamente nel trattamento delle problematiche meccaniche (articolarità) e

sintomatiche (dolore) legate alla distorsione acuta .

Dal punto di vista metodologico nasce un’altra questione. In una recente revisione

(Zoch et al 2003)21 della letteratura sulla riabilitazione delle lesioni legamentose

della caviglia che ha come obiettivo quello di presentare gli ultimi articoli

riguardanti l’utilità della riabilitazione propriocettiva, sia l’articolo di Wester et al

(1996) che quello di Holme et al (1999), specifici sulla propriocezione, non

vengono citati né nella discussione dei dati , né nella bibliografia. Inoltre gli studi

presi in considerazione non si possono dire omogenei visto che il training

propriocettivo viene valutato soprattutto nel trattamento delle distorsioni

recidivanti e per la prevenzione, mentre una fase importante della distorsione di

caviglia come quella acuta non viene quasi presa in considerazione. Non ultimo,

essendo gli studi in questione soprattutto di tipo osservazionale, scarsa è la loro

applicabilità nella pratica clinica. Questo non per sottovalutare i risultati della

ricerca pubblicata sul prestigioso British Journal of Sport Medicine quanto per

evidenziare come una ricerca approfondita della letteratura sia tutt’altro che

banale ed abbia come necessario fondamento una preparazione adeguata ai

moderni strumenti di ricerca oggi a disposizione ed una corretta impostazione

metodologica della strategia di ricerca.

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In conclusione, visto il livello qualitativo delle pubblicazioni (studi di classe A o

classe C nella classificazione ICSI ) il significato per la pratica degli articoli in

questione è importante perché vengono portate ulteriori prove dell’utilità di una

riabilitazione funzionale che, avendo ben presenti le risposte del tessuto al

recupero naturale, preveda al suo interno i tre concetti chiave di:

- carico precoce compatibilmente con il dolore

- terapia manuale specifica

- riabilitazione propriocettiva precoce e prolungata

al fine di ottenere un recupero più rapido sia dal punto di vista dei sintomi

soggettivi (dolore, sensazione di instabilità), dell’ articolarità e dei tempi di

recupero ma anche come si è visto nel ridurre la frequenza delle recidive.

Implicazioni per la ricerca

Le conoscenze fisiologiche sui tessuti di sostegno e studi neurofisiologici sul

movimento umano evidenziano come sia limitata una visione esclusivamente

biomeccanica degli stessi, di come a descrivere il movimento non siano sufficienti

il range di movimento e la forza muscolare, e di come nell’esercizio terapeutico

debbano obbligatoriamente entrare concetti cognitivi come l’attenzione e la

percezione

C’è la necessità sempre più sentita di avere la possibilità di valutare le

articolazioni (in questo caso la caviglia) non come un qualcosa di “isolato” dal

resto, ma come parte di un sistema funzionale complesso e raffinato come l’arto

inferiore. In questa direzione strumenti di valutazione del cammino più raffinati

come la “gait analysis” possono essere il punto di incontro tra la necessità di una

quantificazione che sia la più oggettiva possibile ed una valutazione

maggiormente dinamica e qualitativa di un outcome particolarmente importante

per il paziente come il cammino.

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In base alle linee guida già esistenti ed alle nuove evidenze portate dagli

studi oggetto della discussione è possibile stilare un programma terapeutico nella

gestione riabilitativa delle distorsioni acute di caviglia non complicate

Lo scopo di questo programma è quello di ottimizzare le strutture, le funzioni, le

abilità ed il livello di partecipazione del paziente, cercando al contempo di evitare

qualsiasi esacerbazione della sintomatologia dolorosa

Molti sono i fattori che possono influenzare il raggiungimento di questi obiettivi.

Tra questi uno dei più importanti è il naturale processo di riparazione dei tessuti

lesi .In questo ambito possono essere distinte quattro fasi principali a cui sono

strettamente correlate le fasi di trattamento riabilitativo conseguenti:

Fase Risposta del tessuto Fase del trattamento1 Fase infiammatoria : 0-3 giorni

dall’infortunioFase terapeutica 1

2 Fase proliferativa : 4-10 giorni dall’infortunio Fase terapeutica 23 Fase di rimodellamento precoce: 11-21 giorni

dall’infortunioFase terapeutica 3 (fase dell’ integrazione

4 Fase di rimodellamento tardivo: 3 – 6 settimane

Fase terapeutica 4 (fase di transizione 1)

Fase di transizione 1 : carico completo nelle normali attività della vita quotidiana e lavoro

Modificato da KNGF27

FASE TERAPEUTICA 1 (0-3 GIORNI DALL’INFORTUNIO)

Obiettivi terapeutici

Riduzione del dolore e dell’edema, stimolazione della circolazione, impostazione

del carico sfiorante.

Interventi riabilitativi

- Fornire informazioni e consigli sulla natura della lesione,sulla prognosi e sulle

modalità di trattamento domiciliare, in particolar modo del protocollo PRICE.

4.2 IPOTESI DI PROGRAMMA RIABILITATIVO NELLA

DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA

Page 32: TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA

Protection : se necessario utilizzare ausili se il cammino risulta particolarmente

doloroso

Rest: evitare comunque le attività che esacerbano il dolore

Ice: applicare del ghiaccio sopra la parte antero-laterale della caviglia per 20

minuti – minimo due volte al giorno

Compression: calza elastica compressiva o bendaggio con nastro in estensibile per

proteggere la caviglia da ulteriori traumi in inversione e facilitare la risoluzione

dell’edema

Elevation: stando distesi tenere sollevata con dei cuscini per 20 minuti la gamba

colpita ad un livello superiore a quello del cuore (per i primi giorni sarebbe

auspicabile rimanere in questa posizione per almeno 6 ore)

- Esercizio terapeutico

In questa fase infiammatoria cercare di non stimolare il dolore con esercizi di

carico.

FASE TERAPEUTICA 2 (4-10 GIORNI DALL’INFORTUNIO)

Obiettivi terapeutici

Contrastare le limitazioni all’attività e l’inabilità funzionale ed incrementare la

capacità di carico

Interventi riabilitativi

- Informazione e consigli

Stimolare al cammino se non provoca dolore eccessivo attraverso l’adozione di

ausili come i canadesi per ottenere un carico simmetrico e permettere un corretto

svolgersi della dinamica del passo

- Bendaggio funzionale

Se edema inizia a rientrare, da rinnovare settimanalmente

- Esercizio terapeutico

- Terapia manuale mobilizzazione anteroposteriore tibiotarsica da Green et al

2001: evidenza di classe A

- Rieducazione progressiva al carico statico ed inizio utilizzo esercizi di

Trasferimento Controllato del Carico

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FASE TERAPEUTICA 3 (11 –21 GIORNI)

Obiettivi terapeutici

Migliorare la forza muscolare, stabilità attiva, articolarità e simmetria nel

cammino.

Interventi riabilitativi

- Informazioni e consigli

Su mezzi preventivi (tape, ortesi) nel caso necessità di ritorno all’attività sportiva

o lavorativa ed impostazione di esercizi domiciliari

- Bendaggio funzionale Vedi fase 2

- Esercizio terapeutico

- Terapia Manuale mobilizzazione anteroposteriore tibiotarsica da Green et al

2001: evidenza di classe A

- Rieducazione progressiva al carico ed ad una corretta impostazione del passo

attraverso esercizi di Trasferimento Controllato del Carico

- Rieducazione propriocettiva con graduale progressione da carico parziale

a carico completo e da carico statico a dinamico da Wester et al 1996 e Holme et

al 1999: evidenze di classe A

FASE TERAPEUTICA 4 (3 – 6 SETTIMANE DOPO IL TRAUMA)

Obiettivi terapeutici

Ritorno alla partecipazione completa alle attività della vita quotidiana ed allo

sport.

Interventi riabilitativi

- Informazioni e consigli (Vedi fase 3)

- Esercizio terapeutico

- Rieducazione al carico (se necessario) attraverso gli esercizi di trasferimento

controllato carico

- Rieducazione propriocettiva a carico completo e con graduale aumento dei

fattori destabilizzanti.

Page 34: TRASFERIRE I DATI SCIENTIFICI NELLA PRATICA RIABILITATIVA : UNA REVISIONE BASATA SULL’EVIDENZA DELLA LETTERATURA NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA DISTORSIONE ACUTA DI CAVIGLIA

CONCLUSIONI Per il fisioterapista avere le competenze necessarie per reperire, nella

amplissima letteratura biomedica esistente, informazioni che siano

scientificamente attendibili, ed al contempo clinicamente rilevanti, è una necessità

sempre più sentita Per questo motivo i concetti fondamentali della Evidence

Based Medicine, ovvero le competenze informatiche, di ricerca bibliografica, di

statistica medica ed epidemiologia, devono sempre di più far parte delle

conoscenze di base da fornire agli studenti in fisioterapia. In questo modo essi

possono riuscire a convertire il bisogno di informazioni in quesiti ben definiti,

ricercare le migliori evidenze disponibili in letteratura, utilizzando i moderni

strumenti di informazione biomedica, saperne valutare criticamente la validità e

l’applicabilità clinica per giungere infine all’integrazione di queste evidenze nelle

proprie decisioni cliniche.

Questo non vale solo per gli studenti: con il Decreto 229/99, il Ministero

della Salute, oltre a ribadire il ruolo delle evidenze scientifiche nella

programmazione e nel finanziamento delle prestazioni sanitarie, ha introdotto in

Italia il concetto della formazione permanente obbligatoria di tutti gli operatori

sanitari (Educazione Continua in Medicina). Diventa perciò sempre più

importante, per il fisioterapista e per l’utente, che gli interventi terapeutici messi

in atto abbiano dei reali fondamenti scientifici e di cui sia provata l’efficacia, e

non siano semplicemente delle ripetizioni pedisseque di manovre apprese durante

il periodo di formazione di base.

Dal punto di vista pratico utilizzare i moderni strumenti d’informazione ha

valore solamente se l’approccio agli stessi avviene in maniera critica ed integrata

con le caratteristiche del paziente individuale. Riprendendo Sackett “… la pratica

clinica nasce con il paziente e finisce con il paziente.”

La clinica infatti come sostenuto da numerosi clinici e filosofi della scienza è una

disciplina diversa dalle altre, una scienza idiografica, una scienza cioè

dell’individuale che si occupa non di leggi generali, ma di eventi singolari; più

un’arte che una scienza (Kenny NP 1997).5

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Dal punto di vista riabilitativo infatti non si devono dimenticare le

problematiche connesse con la ricerca di tipo quantitativo tra cui ricordiamo la

difficoltà nel generalizzare i risultati ottenuti negli studi clinici randomizzati, visto

che vengono condotti quasi sempre su popolazioni selezionate ed omogenee, con

criteri di inclusione spesso molto limitanti, escludendo i pazienti maggiormente

“complessi”, valutando end-point spesso clinicamente poco significativi, “disease

oriented” e non “patient oriented”.

Inoltre va ricordata nell’ambito riabilitativo l’oggettiva difficoltà nel proporre

studi clinici randomizzati in doppio cieco, nell’avere casistiche omogenee dal

punto di vista valutativo, nell’impostare studi multicentrici, nello “standardizzare”

un trattamento come quello riabilitativo in cui il controllo di tutte le variabili

sperimentali non è spesso possibile, nel “pesare” la natura dell’interazione tra il

fisioterapista ed il paziente.

Vanno perciò da un lato cercati nuovi e più efficaci disegni sperimentali per

l’ambito riabilitativo, dall’altro va migliorato l’utilizzo dei disegni sperimentali

attualmente esistenti, con particolare attenzione al rispetto delle linee guida per

una corretta stesura degli articoli scientifici (The CONSORT Statement). Tutto

ciò con lo scopo di presentare in maniera più chiara le analisi dei dati e di

prevenire le difficoltà che i revisori incontrano nella valutazione della qualità

metodologica degli studi.

Per quanto riguarda la valutazione dei risultati delle revisioni sistematiche

è importante sottolineare quanto sostenuto dalla Cochrane Collaboration nel suo

Handbook of Systematic Reviews: non si deve confondere la conclusione “no

evidence of effect” con “evidence of no effect”, non bisogna cioè né dare troppa

enfasi ai risultati eventualmente positivi per l’effetto di un particolare trattamento,

né d’altra parte escludere l’effetto positivo di una terapia nel caso che non ci siano

al momento evidenze forti di efficacia della stessa.

Portare l’evidenza nella pratica ha come scopo principale quello di cercare

di migliorare la qualità ed i risultati delle prestazioni erogate.

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E’ un processo difficile, tuttora non completamente chiarito nelle sue parti, se non

altro per la semplice constatazione di come il trasferimento della conoscenza

teorica in comportamento concreto raramente sia lineare (problemi di

motivazione, tempo e budget in primis).

D’altra parte percepire questo processo come una necessità - in

associazione alla consapevolezza dell’esistenza di strumenti, perfettibili ma

concreti, che possono essere di supporto - è fondamentale in un sistema sanitario a

limitate risorse come il nostro.

Da questo lavoro mi auguro risalti come la Fisioterapia Basata sulle

Evidenze, cioè una fisioterapia che sia fondata sulle migliori evidenze scientifiche

possibili, possa divenire uno dei fondamenti del nostro agire professionale

quotidiano.

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