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Trasformazioni del mercato del lavoro, disuguaglianze e vulnerabilità sociale Nicola Negri Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Politiche Dipartimento di Scienze Sociali Biella 21 Aprile 2008

Trasformazioni del mercato del lavoro, disuguaglianze e vulnerabilità sociale Nicola Negri Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Politiche

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Trasformazioni del mercato del lavoro, disuguaglianze e

vulnerabilità sociale

Nicola Negri

Università degli Studi di Torino

Facoltà di Scienze Politiche

Dipartimento di Scienze Sociali

Biella 21 Aprile 2008

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Sommario

1. Lotta alla esclusione sociale attraverso il lavoro: prospettiva workfare e politiche attive del lavoro work-first.

2. Cambiamenti del lavoro e del mercato del lavoro nella transizione dalla fase fordista a quella post-fordista: non c'è sempre welfare in work. Crisi della prospettiva workfarista e centralità della problematica della vulnerabilità.

3. La concezione welfare to work . Politiche di attivazione o life-first di contrasto della vulnerabilità.

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Esclusione, reddito, disponibilità a lavorare

Esclusione:

enfasi sulle disparità fra gli "in" e gli "out".

L'essere tagliato fuori dalle opportunità economiche, dai diritti e dalle relazioni sociali compromette uno o più aspetti della riproduzione delle persone (sopravvivenza, persistenza e replicazione biologica e culturale del proprio corpo e sé culturale, nonchè degli affini biologici – figli -) e culturali – cerchie di riconoscimento).

Obbiettivo delle politiche: l'inclusione sociale.

Cause economiche dell'esclusione sociale sono:

Un reddito non solo al di sotto del livello di sussistenza (povertà assoluta) ma sproporzionatamente lontano dalla media (povertà relativa).

Nota: il consumo come condizione di riconoscimento sociale (rituale naturale)

Per i poveri abili (adulti, uomini "e" donne, non disabili, non anziani, ) il fatto che il proprio reddito e la propria sicurezza contro i rischi della vita non siano direttamente o "indirettamente" – via legami di solidarietà familiare - connesso al lavoro remunerato). Ovvero la disoccupazione degli adulti abili

Nota: la disponibilità a lavorare, in caso di bisogno, come condizione di riconoscimento sociale.

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Workfare: l'esclusione si risolve il lavoroI sostegni di reddito (politiche di reddito minimo, politiche passive del lavoro ) disgiunti dalle politiche attive di inserimento lavorativo sono dannose per i singoli individui e per la collettività perché generano dipendenza;

lo strumento prioritario di inclusione sociale è il lavoro (work-first);

fulcro della lotta contro l'esclusione sono le politiche attive di inserimento lavorativo volte all'auto-sufficienza

Le politiche di sostegno del reddito sono sempre condizionate alla disponibilità di lavorare (recipients duties): implicano un contratto che comporta l'obbligo di essere a disposizione per il lavoro(Donolo, 14). Chi non rispetta il contratto deve essere "abbandonato" per il bene di tutti(Borghi, Rizza 2006, 65 e segg; Donolo – a cura di – 2006, 3- 30)

E' realistico il concetto di workfare?

2 domande:

Il lavoro copre i rischi di povertà e garantisce sicurezza? C'è welfare in work?

I sussidi generano dipendenza? Se si l'obbligo al lavoro è inevitabile

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Le piramidi del sacrificio

P.L. Berger 1974 (tr. it.1981)

Le teorie liberiste ma spesso anche marxiste della crescita sembrano spesso richiamare il mito aztechi di cui la piramide dei sacrifici umani di Cholula in Messico costituisce il simbolo.

Se gli dei non vengono nutriti con sacrifici l'universo va in frantumi

Lo sviluppo e la crescita economica richiedono prima di tutto "sudore e sangue" (ivi, 5)

Economia come "triste scienza"

Chi non accetta ciò è arretrato e irrazionale e va "rieducato" o lasciato al suo destino (ivi xiii)

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C'è ancora welfare in work? Dal fordismo al post-fordismo (i)

Il fordismo - una organizzazione del lavoro semplice:

Nei primi trent'anni del dopoguerra, in Italia, come nelle altre economie capitaliste di mercato occidentali, un certo livello di benessere si è diffuso nell'ambito del c.d, modello fordista di sviluppo. Ovvero di un modello centrato su:

sviluppo della domanda interna di beni di consumo durevole (automobili, elettrodomestici, televisori);

producibili da grandi imprese, in grado di standardizzare i cicli produttivi , organizzandoli "scientificamente" (organizzazione scientifica o taylorista del lavoro):

• in una successione di mansioni semplici e parcellizzate (i lavoro in frantumi)• trasparenti - la cui esecuzione era facilmente controllabile

• con possibilità di seguire modeste fluttuazioni del mercato con la intensificazione o il rallentamento dei ritmi di lavoro (cottimo)

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Dal fordismo al post-fordismo (ii)

Il fordismo: un regolazione economica statuale semplice

Fra i vari "fallimenti del mercato" possono darsi situazioni di non piena occupazione e risorse inutilizzate.

Nella fase fordista, dato il ruolo trainante dei consumi (la c.d. domanda finale), è possibile affrontare questo problema con il semplice intervento redistributivo delle stato centrale: lo stato attraverso la spesa pubblica aumenta la domanda finale di beni, creando nuove opportunità di investimento delle imprese e quindi crescita della occupazione (regolazione keynesiana dell'economia. Assetti fordisti- keynesiani)

Come è noto la "mano invisibile" del mercato talvolta non è in grado di risolvere tutti i problemi della crescita economica. Occorre allora l'intervento della mano visibile della politica .

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Dal fordismo al post-fordismo (iii)

Il fordismo - dalla miseria e dai bisogni di base alle aspirazioni semplici: lavoro. stab. – casa in proprietà – figli istruiti – consumo.

Il capitalismo nella fase fordista -keynesiana pone esigenze di: a) crescita dei consumi e della capacità di consumare (consumismo); b) crescita della produttività dei lavoratori; c) senso della disciplina dei lavoratori

Per soddisfare queste esigenze occorre generalizzare l'aspirazione per stili di vita di ceto medio caratterizzati da:

maggiori investimenti in istruzione –per a) e per b);

razionalità progettuale orientata al privato-familiare: allungamento degli orizzonti temporali, rilevanza delle attese di crescita nel medio periodo del tenore di vita e di mobilità intergenerazionale ( per a – es. bene casa; per b – investimenti in istruzione; per c – attese di crescita e mobilità - consenso ).

specializzazione del lavoro domestico e cura dei figli – per a) e per b);

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Dal fordismo al post-fordismo (iv)

Il fordismo: - una società semplice:

Definiamo "regime riproduttivo" l'insieme delle regole e norme formali e informali e delle connesse istituzioni che regolano i vari aspetti della riproduzione (sopravvivenza, persistenza, replicazione di se stessi e degli affini biologici e culturali)

La “rivoluzione della vita privata” (Mingione 1997, 246), connessa alla generalizzazione di aspirazioni a stili di vita di ceto medio, comporta (con rilevanti varianti – M. Naldini) la convergenza dei regimi riproduttivi fordisti (RRF) verso la famiglia:

costituita dalla convivenza della coppia dei coniugi con figli;

dipendente dal reddito dell'uomo capo-famiglia,

tipicamente residente in città (o nel cosiddetto continuum rural –urbano)

prevale quindi il modello della c.d. famiglia male bread-winner urbanizzata.

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Dal fordismo al post-fordismo (v)

I RRF si incardinano e rafforzano la tradizionale divisione dei ruoli secondo il genere. Discriminazione delle donne nell'accesso a impieghi retribuiti tempo pieno (Huinink e Mayer 1995; Blossfeld e Hakim 1997; Naldini, Saraceno 2001)

I RRF comportano una diffusione della regola di costituzione delle famiglie di tipo neo-locale (i coniugi vanno a vivere per conto loro) anche se le regole del passato (es. patri-localismo, famiglie multiple) influenzano le strategie abitative (figli vicino a genitori – scambi di aiuti fra genitori e figli ) (Barbagli 2003)

I RRF inoltre e fra l'altro, comportano:•età matrimoniale precoce;•esigenze di care familiare che richiedono tassi di fertilità elevati;•esigenze di stabilità familiare;(C. Crouch 1999, 255 e segg.)

I RRF implicano la possibilità – garantita dal fordismo - di precoce inserimento degli uomini in condizioni occupazionali stabili in grado di fornire retribuzioni pari a un adeguato reddito familiare (Paci, 2005 2007, Negri 2007)

Impatto negativo di cambiamenti culturali e strategie di emancipazione

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Dal fordismo al post-fordismo (vi)

Il fordismo – una società di movimenti

I fatti sociali sono umani e non meccanici. Perciò:

•qualsiasi condizione materiale di vita è generata dalla interazione (anche conflittuale) di comportamenti individuali e collettivi di uomini e donne mossi da desideri, credenze e condizionati dalle opportunità che hanno a disposizione (paradig. DBO – P. Hedström 2005 ).

•Interagendo gli uomini cambiano il loro desideri, le loro credenze e le loro opportunità.

Gli assetti fordisti-keynesiani, pur radicandosi su concezioni normative tradizionali (per es. discriminazioni di genere) hanno costituito campi di interazioni (la fabbrica, la scuola, i movimenti collettivi, la famiglia con ambito di pratiche di ceto medio) favorevoli:

alla trasformazione e aggregazione collettiva dei desideri e delle credenze in direzione egualitaria (emerge il valore dell'eguaglianza fra uomini e donne)

alla diffusione delle aspirazioni alla mobilità sociale ascendente inter-generazionale come consolidamento di uno status di ceto medio coerente (problema della incongruenza di status - Pizzorno 2007)

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Dal fordismo al post-fordismo (vii)

Il fordismo – una società di contraddizioni

Le spinte alla emancipazione erodono le basi culturali e materiali della famiglia male bread-winner innervata nella rete di aiuti fra genitori e figli vicini.

Famiglia male bread winner

+

aiuti genitori figli vicini

Valore dell'eguaglianza fra uomini e donne

Egualitarismo

Coesione familiare consensuale instabilità

familiare

Stili di vita di ceto medio

Aspirazioni alla mobilità intergenerazionale

Contrazione della fertilità.

Concentrazione delle risorse familiari su pochi figli

Effetti negativi

Lavoro femminile

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Dal fordismo al post-fordismo (viii)

Il fordismo - rischi semplici

Semplicità della organizzazione del lavoro, delle condizioni materiali di vita, delle modalità di regolazione del mercato, concorrono a dare ai rischi della vita una struttura semplice.

I rischi nella fase fordista godono delle seguenti proprietà:

•Omogeneità (vs. eterogeneità);

•Circostanzialità (versus cronicità - l'esposizione al rischio dura poco: o passa o si muore)

•Aleatorietà vs. causa strutturale (le condizioni di vita sono mediamente sicure salvo incidenti imprevedibili)

Date queste caratteristiche la copertura dei rischi può essere garantita in modo appropriato dal modello assicurativo che opera: ex-post, quindi non sulle cause, compensando le conseguenze del verificarsi dell'evento negativo a cui il rischio espone

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Dal fordismo al post-fordismo (ix)

Il post-fordismo: una economia complessa (Piore e Sabel; Regini 1991, 2000; Trigilia, 1988; Cattero 2007)

•Di fronte alla globalizzazione e saturazione dei mercati le imprese non evolvono verso un unico nuovo modello ma seguono più strategie:

•(strategie IV) riduzione dei costi produttivi interni attraverso l'esternalizzazione (di tutto ciò che non è core) ;•(strategia V) de-localizzazione (trasferimento di fasi produttive dove il lavoro costa di meno) o investimenti all'estero.

Strategie orientate alla concorrenza di qualità vs saturazione mercati :

•Strategia I: modelli di produzione di massa flessibile (PMF) =concorrenza su prezzo via automazione (robot) e sulla diversificazione;•Strategie II: produzione diversificata di qualità (PDQ) = concorrenza sulla diversificazione e customizzazione;•Strategia III: specializzazione flessibile (o modello neo-artigianale) (SF) = impiego di elevate tecnologie per una forte de-standardizzazione dei prodotti.

Strategie orientate al contenimento dei costi vs concorrenza paesi a più basso costo del lavoro + esposizione alla fluttuazione dei tassi di cambio)

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Dal fordismo al post-fordismo (x)Il post-fordismo: imprese flessibili

Flessibilità

Strategie

Temporale(fordista: incentivi,

straordinari )

numerica funzionale retributiva geografica Interessi della domanda di

lavoro

PMF si si si si meno vincoli contrattuale alla durata/contratt. aziendale

PDQ si no si si Contr.. aziendale

Rischi di selezione avversa e moral hazard

SF si no si si Contr. aziendale/

Rischi di selezione avversa

Esternal. si si si nessun vincolo contrattuale

Delocal. si si si nessun vincolo contrattuale

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Dal fordismo al post-fordismo (xi)

Il post-fordismo: un mercato del lavoro flessibile

Flessibilità numerica

Flessibilità temporale

Flessibilità retributiva

Flessibilità funzionale

Contratti a tempo indeterminato

straordinariformazione interna

Contratti atipici

Differenze e instabilità nelle retribuzioni

Crescita del peso contrattazioni aziendali

Basse retribuzionide-regolazione

relaz. positive

relaz. negative

Controllo selezione avversa e moral hazard

de-localizzazione

Servizi, immigrazione

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Dal fordismo al post-fordismo (xii)Il post-fordismo: una società di servizi

Strategie centrate sulla automazione o di de-localizzazione, oppure di investimenti all'estero diminuiscono la domanda di lavoro operaio manuale con qualifica medio-bassa (a tempo indeterminato e non). Ma:

una domanda di lavoro manuale con qualifica medio-bassa è sostenuta dalla crescente domanda di servizi alla persone asili, scuole, assistenza domiciliare, etc,,).

Domanda di servizi alle persone

Invecchiamento delle popolazione

Modelli più esigenti di care dei figli

Lavoro delle donne

Istruzione/stili di vita di ceto medio>comportamenti salubri<sviluppo e accesso slla sanità

Salute

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Dal fordismo al post-fordismo (xiii)

Post- fordismo: una società dei servizi (bis)

Anche lo sviluppo di consumi di ceto medio alimenta la domanda di servizi alle persone. Per es:

ristorazione;

cura dell'estetica personale;

sport

turismo e tempo libero;

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Dal fordismo al post-fordismo (xiv)Il post –fordismo: una società esposta alla malattia dei costi di Baumol (Esping – Andersen 2000; Paci 2005)

Si definisce "malattia dei costi di Baumol", l'impossibilità dei servizi alle persone di incrementare più di tanto la produttività attraverso economie di scala e l'applicazione di tecnologie, e quindi la remunerazione degli addetti, perché condizionati da intrinseche esigenze di compresenza fra produttori del servizio e consumatori.

Questo problema riguarda sia i servizi pubblici e privati. Quattro i casi:

prezzi moderatamente elevati (strategie tipo PDQ): implica un numero elevato di clienti con redditi sufficientemente elevati (se no pochi consumi di lusso senza impatto occup.).

oppure non resta che contenere le retribuzioni dei dipendenti (bassi salari).

Conclusione: nel secondo caso la domanda di lavoro dei servizi alle persone può sostenere l'occupazione a fronte delle "volatilizzazione della classe operaia tradizionale" (Magatti, De Benedittis 2006, 13), ma non è in grado di offrire posti con una retribuzione pari ad un adeguato reddito familiare.

fornitura pubblica: problemi di vincoli di bilancio

strategie PDQ con sostegno dei clienti con cash di vario tipo, finanziati dalla spesa pubblica (mercati sociali): problemi di vincoli di bilancio e regolazione (Ranci, 2001)

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Dal fordismo al post-fordismo (xv)

Il post- fordismo: una società multi-etnica

L'immigrazione potrebbe essere una opportunità per praticare una strategia di crescita della offerta dei servizi basata sui bassi costi.

Il mercato delle c.d. "badanti" costituisce un esempio di questa possibilità.

Nota. Già negli Stati Uniti, dove l'offerta pubblica dei servizi è sempre stata sottotono anche dopo le riforme del New Deal di Roosvelt e durante la "guerra alla povertà" dell'amministrazione Johnson, l'offerta dei servizi si è sostenuta in parte sul basso costo del lavoro offerto da minoranze etniche non bianche e di immigrati, segregati nelle aree urbane.

Negli USA un'altra parte di servizi di qualità si è sviluppata secondo strategie PDQ, sostenute da alti redditi di un paese in forte posizione di vantaggio competitivo internazionale e da politiche di sostegno al credito per il consumo uniche al mondo per la loro capillarità (Mingione 1997, 247 –248).

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Oggi, c'è meno wellfare in work perché…(i) più lavori meno stabili; (ii) più lavori meno retribuiti; (iii) spesso entrambi i casi, in (iv) presenza di regimi riproduttivi e di protezione sociale, che si sono strutturati nella fase fordista e, perciò, presuppongono come condizione di vita normale quella incardinata sul male bread-winner con un lavoro a tempo indeterminato e una retribuzione in grado di garantire un adeguato reddito famigliare

Ne deriva un doppio problema:

Per gli esclusi (gli out):

un qualsiasi inserimento lavorativo può non rimuovere le cause economiche della esclusione:

la disoccupazione è un rischio ricorrente;

ci può essere povertà in presenza di lavoro: lavoratori poveri.

Per gli inclusi (gli in):

Vaste aree di lavoratori non poveri, che vivono in condizioni di vita c.d. normali, sono esposti al rischio di esclusione (povertà e/o disoccupazione). Gli "in" sono vulnerabili.

La vulnerabilità non è un rischio semplice:

non è omogeneo (individualizzazione), non è circostanziale (caratterizza il corso di vita), non è aleatorio (ha cause strutturali).

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La teoria della vulnerabilità

Vulnerabilità (R. Castel, 1995, 1997, 2003; Ranci 2002):

enfasi sulle disuguaglianze fra gli "in":

La diffusione dei contratti atipici, nelle società post-fordiste esposte alla concorrenza internazionale, intacca le posizioni socio-occupazionali intermedie dei salariati (crisi del ceto medio). Si verifica una polarizzazione delle condizioni di vita fra vincenti e perdenti.

Fra i perdenti si diffondono i rischi oggettivi di esclusione sociale e la paura soggettiva di cadere.

Obbiettivo delle politiche: reagire alla "degradazione dello status del lavoratore salariato".

Riforma dei modelli di cittadinanza fordisti.

Quali evidenze empiriche?

Che fare contro la vulnerabilità?

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Tracce della vulnerabilità (i)

una società più disuguale e costosa

In presenza di un mercato del lavoro più flessibile e meno regolato:

la disoccupazione non peggiora (anzi diminuisce);

la povertà relativa non subisce notevoli variazioni dal 2000 al 2007 (oscilla intorno al 11% delle famiglie dopo avere raggiunto un picco del 12.3 nel 2000).

Tuttavia:

si registra un rallentamento nella crescita dei redditi più medi, e aumento delle disuguaglianze fra le classi sociali a svantaggio del lavoro dipendente soprattutto medio basso ( diseguaglianze fra gli "in").

Per contro si registra un aumento dei prezzi che rende sempre più costosi gli stili di vita di ceto medio

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Tracce della vulnerabilità (ii)

Dall’indagine ISTAT relativa ai redditi 2005 e condizioni di vita 2006 il primo e più povero 20% della popolazione riceve solo il 7.8% del reddito familiare totale equivalente (che tiene cioè conto della numerosità delle famiglie). Invece l’ultimo e più ricco 20% riceve il 38.4%. Il 47,6% delle famiglie con figli si colloca nei primi due quintili più bassi della distribuzione. Secondo stime Eurostat del 2004 l'Italia risulta al 7imo posto nella scala dei paesi secondo la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi – Francia e Germania al 16 e al 17esimo posto (Ricolfi 2008, 94 – Gini: Ricolfi 2008, 94)

Nei quintili più ricchi sono sovrarappresentate le famiglie con reddito primario derivante da lavoro autonomo (il 31.7% dei lavoratori autonomi appartiene al quintile più ricco - contro il 22.2 dipendenti e il 12.9 di pensionati).

Le variazioni nel periodo 1997-2007, vedono quasi fermi i redditi delle fasce più basse, schizzare verso l’alto quelli dei contribuenti più ricchi, e colpite da perdite significative tutte le fasce intermedie (Il sole 24 Ore, 24.12.2007).

I redditi dei lavoratori dipendenti medio – bassi sono diminuiti fra il 2000 e il 2004 di quasi il 4 per cento (Atella 2006).

I redditi dei lavoratori autonomi sono cresciuti di circa il 15 per cento (Atella 2006) - forti disuguaglianze fra gli autonomi che includono i contratti a progetto.

polarizzazione del reddito fra lavoratori

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Tracce della vulnerabilità (iii)difficoltà di perseguire stili di vita di ceto medio

Un'idea sull'inflazione reale: secondo l'ISTAT nel biennio 2003 –2005 il pane è aumentato del 12.6%, la pasta del 8.6%, il latte del 7.7% e il pollame del 7.2%. Secondo la Coldiretti 3 italiani su 4 hanno cambiato costumi alimentari.

Consumi: i tipici consumi delle classi medie hanno infatti sperimentato la crescita maggiore dei prezzi. (v.Atella e Rossi, 2004). Le famiglie di operai e impiegati con redditi bloccati se hanno cercato di seguire, nel periodo 1993-2004, l’evoluzione dei modelli di consumo medi, hanno dovuto sopportare spese che il loro reddito da lavoro era sempre meno in grado di coprire (Tronti, 2005).

Casa: la forbice fra i prezzi delle abitazione e il reddito medio familiare si è allargata dal 1998 -2000 (dati Nomisma 2007 – Ministero delle infrastrutture). L’accesso alla proprietà della casa, volano della acquisizione di uno status di ceto medio è quindi diventato più difficile. Il tasso medio di interesse applicato per i mutui bancari nel 2007 raggiunge il valore più alto degli ultimi cinque anni, pari al 5.71 (scarsa attuazione del decreto Bersani 2007 che sancisce la portabilità del mutuo). Il livello delle rate pagate resta al tasso fisiologico del 1%, ma nel 2007 si registra un rallentamento della stipula di nuovi mutui (Ricolfi 2008, 65).

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Tracce della vulnerabilità (iv)

Crisi dei RRF e …………………diffusa sensazione di difficoltà

Fra gli strati meno privilegiati della popolazione (es. indagine sugli utenti ATC di Torino) la condizione di vita normale costituita dalla formazione di un nucleo familiare male bread-winner si trasforma in forte esposizione la rischio di povertà relativa (Bosco N.,

Negri N., 2003)

Secondo le dichiarazioni soggettive rilevate in numerose ricerche (ACRI-IPSOS, ISTAT, ISAE; Ricolfi 2008, 69, 105 e segg.)

Nei primi sei anni del 2000 le famiglie con bilancio in rosso sarebbero cresciute dal 17 al

23% ;

Dal 2001 al 2007 le famiglie che si sentono povero sono salite dal 55% circa al 74%;

Dal 1999 al 2007 le famiglie che si dichiarano in difficoltà (contrarre debiti o prelevare dalle riserve cresciuta dal 10 al 15,7%);

Dal 2006 al 2007 è ancora cresciuta la percentuale delle famiglie che dichiarano di non potere più risparmiare

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Che fare contro la vulnerabilità?

SVILUPPO: strategie PDQ e SF Occupazioni pregiate

Aumento delle capacità di consumi di servizi alle

persone:

strategie PDQ nei servizi

Maggiore reddito delle famiglie dei lavoratori

meno qualificati nei servizi

(integrazione immigrati)

formazione delle famiglie dual-earner

Sostegno ai giovani nella ricerca di occupazioni appropriate

Sostegni del reddito

Fornitura di servizi pubblici

"sensibili"

Infrastrutture, ambiente, qualità urbana

Attività del volontariato

Sostegni al care

Integrazione di un vasto complesso di policies

Pari opportunità

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Condizione delle politiche contro la vulnerabilità

Le politiche contro la vulnerabilità sono collocano in un intreccio complesso di:

azioni private profit oriented sul mercato: strategie PDQ e SF, sviluppo di servizi di qualità;

politiche pubbliche per lo sviluppo locale: investimenti in infrastrutture; politiche per lo sviluppo e il risanamento urbano

politiche sociali: offerta dei servizi; sostegni alle economie e al reddito di individui e famiglie (asset building, microcredito, "reddito minimo", voucher, etc..)

Attivare sinergie fra capacità di crescita economica e capacità di crescita pubblica

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Sinergie fra capacità di crescita economica e capacità di crescita pubblica

Nel rispetto dei vincoli di bilancioUE consensus

Profitto imprese Spesa pubblica

Gettito fiscale

Eliminazione degli sprechi

Reddito delle famiglie

Sviluppo locale

No deficit spending

Sostegno alla ricerca di lavoro

Relazioni keynesiane

Political economy (approcci classici allo sviluppo)

Finanza eticaConsumi di

qualità; istruzione/pro

duttivitàmicrocredito

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Politiche di reddito minimo (RM)L'insieme integrato delle politiche contro la vulnerabilità contemplano la possibilità di una politica di reddito minimo volta al sostegno della ricerca del lavoro.

E il problema della dipendenza?

Non ci sono molte evidenze empiriche. Nel 2002 nella prima più ampia ricerca longitudinale comparata sulla assistenza economica in Europa (Gothenburg, Helsingborg, Brema, Milano, Torino, Barcellona, Vitoria, Lisbona) Gustafsson, Müller, Negri e Voges dimostrano che non c'è una correlazione fra durata dei sussidi economici e difficoltà di uscire dall'assistenza, salvo per il caso di Gothenburg in Svezia. Nella quasi totalità dei casi esaminati non è confermata dunque la tesi che più a lungo di ricevono i sussidi più si diventa dipendenti fra essi (Saraceno C. - a cura di - Social Assistance in Europe, The Policy Press, Bristol, 2002 (tr. it. il Mulino 2004)

Il caso di Gothenburg era poi il sistema locale di welfare dove l'erogazione dei sussidi economici è più abbinata alle politiche attive del lavoro. Come si spiega? Perché chi restava più a lungo in assistenza non era diventato dipendente, ma era più debole fin dall'inizio: problema della eterogeneità inosservata. Anche la povertà genera dipendenza: rischi di confusione (Contini, D. e Negri, N., 2006: Would declining exit

rates from welfare provide evidence of welfare dependence in homogeneous environments , “European sociological review”, 1..

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primo spostamento di ottica: gestire l'incertezza

L'introduzione delle politiche di RM, nell'ottica delle lotta contro la vulnerabilità richiedono un

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Carattere strutturale della precarietà Una differenza fondamentale con i percorsi di inclusione economica propri del fordismo è che la precarietà riguarda anche percorsi robusti di perseguimento di carriere pregiate in contesti di crescita trainati da strategie di impresa di tipo PDQ o SF con problemi do controllo della selezione avversa e moral hazard

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bc

d

E* età

retribuzione

Fino a E* periodo rischioso. Se non si è sostenuti nella scelta dei lavori atipici si rischia di imboccare il percorso cattivo: trappola della precarietà (Reyneri 2008;,

Schizzerotto 2002; Barbieri 2000): "strategie di ceto medio" di mobilità intergenerazionale (Meraviglia, 2007) .

a:carriera pregiata fordista

b: carriera "bassa" fordista

c: carriera cattiva post-fordista

d: carriera pregiata post- fordista

periodi precari

perdite

compensazioni

modello della cauzione

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Riproduzione delle disuguaglianze di classe

Schizzerotto, A., 2002, (a cura di), Vite ineguali. Disuguaglianze e corsi di vita nell’Italia contemporanea, il Mulino, Bologna.

Le strategie di ceto medio si basano sul sostegno dei giovani con il reddito delle famiglie di origine e le reti di conoscenze (capitale sociale):

nella ricerca del lavoro

nella formazione di famiglie dual earner forti: famiglie dual career.

Le risorse di reddito e di capitale sociale (catnet, status del contatto) che consentono queste strategie sono distribuite in modo diseguale lungo la stratificazione sociale

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Secondo spostamento: dal workfare al welfare to work

Ma per comprendere il ruolo delle politiche di reddito minimo nelle politiche anti vulnerabilità occorre anche capovolgere la prospettiva workfarista.

Mentre nella prospettiva del workfare normalmente il reddito deriva dal lavoro, nella prospettiva della lotta contro la vulnerabilità una dotazione minimale e in condizionata di reddito, tale da rendere il soggetto libero dal bisogno e capace di perseguire progetti di vita autonomi, è una condizione per trovare occupazioni valide e evitare i cattivi lavori. Il lavoro presuppone opportunità, un minimo garantito di welfare e di connessa libertà. Occorre vita per lavorare. E il lavoro è espressione di una vita piena. Approccio life-first vs. l'approccio work-first.

Le politiche di reddito minimo sono quindi politiche di attivazione del soggetto in una condizione di autonomia e libertà o politiche di capacitazione (Nussbaum M.C. 1988, Sen A, 1992; Donolo - a cura di - 2006, p. 14; Borghi e Rizza 2006 p.77)

Contribuendo ad eliminare l'offerta di cattivi lavori, la disponibilità di un reddito minimo contribuisce a creare un contesto economico favorevole allo sviluppo, è perciò un ingrediente di un bene collettivo (come l'aria pulita). In questo senso le politiche contro la vulnerabilità implicano la consapevolezza che:

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Lo sviluppo è libertà (A. Sen 1999)

Grazie per l'attenzione