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1 TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo. Sia l'insieme degli angoli del piano euclideo. Si chiama misura angolare una funzione: : [ 0, ] che a ogni angolo Ôn associa un numero reale Ôn [ 0, ], detto ampiezza o misura dell'angolo Ôn, con le seguenti proprietà: È Ôn = 0 se e solo se = n (angolo nullo). È Ôn = se e solo se e n sono semirette opposte fra loro (angolo piatto). Se t è una semiretta di origine O interna all'angolo Ôn, allora: Ôn Ôt n. Per ogni [ 0, ] esiste almeno un angolo Ôn tale che Ôn . Le proprietà e si esprimono dicendo, rispettivamente, che la funzione è additiva e suriettiva. Valgono i seguente teoremi che ci limitiamo ad enunciare. La funzione esiste ed è unica. Due angoli hanno la stessa ampiezza se e solo se sono isometrici. La definizione precedente richiede qualche approfondimento sulla scelta di come ampiezza dell'angolo piatto. Sappiamo soltanto che rappresenta la "lunghezza" di una semicirconferenza di raggio 1. Da un punto di vista pratico, per rettificare un arco di circonferenza o, più in generale, un arco di curva, basta munirsi di un filo flessibile e inestensibile, adattare il filo all'arco, poi stenderlo e misurarne la lunghezza su un righello munito di una scala millimetrata. La lunghezza del filo coinciderà con la lunghezza dell'arco. Dal punto di vista teorico il problema è più complesso: nel piano metrico è definita soltanto la lunghezza di segmenti rettilinei e quindi va chiarito non solo come misurare ma anche come definire la lunghezza di un arco di curva. A tal fine, consideriamo un arco di estremi A e B (fig.1). Sull'arco AB prendiamo n+1 punti ordinati A = P 0 , P 1 , P 2 , … , P n = B e tracciamo i segmenti [P 0 P 1 ], [P 1 P 2 ], , [P n-1 P n ]. Otteniamo così una poligonale inscritta nell'arco AB il cui perimetro, dato dalla somma delle lun ghezze dei suoi lati, possiamo considerare un'approssimazione per difetto della lunghezza dell'arco. È imme diato osservare che alcune poligonali si adattano all'arco meglio di altre. Così, se iniziamo con una poligonale 1 e costruiamo una nuova poligonale 2 , aggiungendo ulteriori vertici a quelli di 1 , è chiaro che il perime tro di 2 sarà maggiore del perimetro di 1 , come suggerito dalla fig.2. In modo analogo, possiamo formare un numero sempre più grande di poligonali, con perimetri via via maggiori. Ora, il perimetro di ogni poligonale inscritta nell'arco AB non supera la lunghezza dell'arco stesso, perché la linea retta è il cammino più breve fra due punti. Pertanto, se vogliamo che la lunghezza dell'arco AB ricalchi la percezione intuitiva che ne abbiamo, dobbiamo ammettere che questa sia un maggiorante dell'insieme S A B P 1 P 2 P 3 P 4 P k P k+1 nuovo vertice A = B (fig.2) (fig.1) P 1 P 2 P 3 P 4 P 5 P 6 P 7 (fig.3) DEF

TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

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TRG TRIGONOMETRIA PIANA

1. La misura di un angolo.

Sia � l'insieme degli angoli del piano euclideo. Si chiama misura angolare una funzione:

� : � → [ 0, ��]

che a ogni angolo �Ôn ∈ � associa un numero reale � �Ôn��∈��[ 0, ��], detto ampiezza o misura

dell'angolo �Ôn, con le seguenti proprietà:

� È � �Ôn���= 0 se e solo se ���= n (angolo nullo).

È � �Ôn���= � se e solo se ���e n� sono semirette opposte fra loro (angolo piatto).

� Se t è una semiretta di origine O interna all'angolo �Ôn, allora:

� �Ôn��������� �Ôt����� tÔn.

� Per ogni ���∈ [ 0, ��] esiste almeno un angolo �Ôn��∈�� tale che � �Ôn��������.

Le proprietà � e � si esprimono dicendo, rispettivamente, che la funzione ��è additiva e suriettiva.

Valgono i seguente teoremi che ci limitiamo ad enunciare.

La funzione � esiste ed è unica. Due angoli hanno la stessa ampiezza se e solo se sono isometrici.

La definizione precedente richiede qualche approfondimento sulla scelta di � come ampiezza dell'angolo

piatto. Sappiamo soltanto che � rappresenta la "lunghezza" di una semicirconferenza di raggio 1.

Da un punto di vista pratico, per rettificare un arco di circonferenza o, più in generale, un arco di curva, basta

munirsi di un filo flessibile e inestensibile, adattare il filo all'arco, poi stenderlo e misurarne la lunghezza su

un righello munito di una scala millimetrata. La lunghezza del filo coinciderà con la lunghezza dell'arco.

Dal punto di vista teorico il problema è più complesso: nel piano metrico è definita soltanto la lunghezza di

segmenti rettilinei e quindi va chiarito non solo come misurare ma anche come definire la lunghezza di un

arco di curva. A tal fine, consideriamo un arco di estremi A e B (fig.1).

Sull'arco AB prendiamo n+1 punti ordinati A = P0, P1 , P2 , … , Pn = B e tracciamo i segmenti [P0P1], [P1P2],

… , [Pn−1Pn]. Otteniamo così una poligonale inscritta nell'arco AB il cui perimetro, dato dalla somma delle lun

ghezze dei suoi lati, possiamo considerare un'approssimazione per difetto della lunghezza dell'arco. È imme

diato osservare che alcune poligonali si adattano all'arco meglio di altre. Così, se iniziamo con una poligonale

℘1 e costruiamo una nuova poligonale ℘2, aggiungendo ulteriori vertici a quelli di ℘1, è chiaro che il perime

tro di ℘2 sarà maggiore del perimetro di ℘1, come suggerito dalla fig.2. In modo analogo, possiamo formare

un numero sempre più grande di poligonali, con perimetri via via maggiori.

Ora, il perimetro di ogni poligonale inscritta nell'arco AB non supera la lunghezza dell'arco stesso, perché la

linea retta è il cammino più breve fra due punti. Pertanto, se vogliamo che la lunghezza dell'arco AB ricalchi

la percezione intuitiva che ne abbiamo, dobbiamo ammettere che questa sia un maggiorante dell'insieme S

A

B P1

P2

P3 P4

Pk

Pk+1

nuovo vertice

A = B

(fig.2) (fig.1)

P1

P2

P3

P4

P5

P6

P7 (fig.3)

DEF

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dei perimetri di tutte le poligonali inscritte nell'arco AB. È allora naturale chiamare lunghezza dell'arco AB,

l'estremo superiore (cioè il minimo dei maggioranti) dell'insieme S.

Diciamo subito però che vi sono delle curve per le quali sup S = +∞ (l'insieme S non ha maggioranti). Questa

circostanza, non molto comune, conduce a classificare le curve del piano metrico in rettificabili o non rettifica

bili, a seconda che sup S sia finito o infinito. In particolare, è rettificabile ogni circonferenza. Allora: Si chiama lunghezza di una circonferenza ����, l'estremo superiore L dell'insieme dei perimetri di

tutti i poligoni inscritti in � (fig.3). Si dimostra che L = 2��, dove � è il raggio della circonferenza. Il prodotto 2� si chiama diametro. Pertanto,

la lunghezza della circonferenza è uguale al prodotto del suo diametro per �.

Ora, dato un angolo �Ôn, se tracciamo la circonferenza � di raggio 1 con il centro nel vertice O dell'angolo e

poniamo � ∩ � = {A}, � ∩ n = {B}, all'angolo AÔB ( = �Ôn) possiamo far corrispondere la lunghezza dell'ar

co AB, intersezione di � e della regione angolare AÔB. L'idea è quella di porre:

������������ �Ôn�def= �1 radiante, se l'arco AB ha lunghezza 1 (fig.4).

L'ampiezza in radianti di un angolo qualsiasi è un numero ���∈ [ 0, ��]. In particolare, 0 è l'ampiezza di un an

golo nullo, che intercetta su � un arco di lunghezza zero (fig.5); � è l'ampiezza di un angolo piatto, che inter

cetta su �� una semicirconferenza (fig.6). Ne segue che l’ampiezza in radianti di un angolo retto è 2π .

Gli angoli che hanno ampiezza minore di 2π

sono acuti; quelli che hanno ampiezza maggiore di 2π

sono ottusi.

Se la somma delle ampiezze di due angoli è 2π , i due angoli si dicono complementari; se la somma è �, i

due angoli si dicono supplementari.

Aggiungiamo che l'unità di misura angolare più usata nelle applicazioni non è il radiante ma il grado sessage

simale (1°) o semplicemente grado, che corrisponde alla 180−esima parte dell'angolo piatto. Ogni grado si di

vide in 60 primi (1° = 60') e ogni primo in 60 secondi (1' = 60"). Le eventuali frazioni di secondo, importanti

nei calcoli ove sia richiesta grande precisione, si esprimono in decimi, centesimi, millesimi … di secondo.

Se indichiamo rispettivamente con �° e con � le ampiezze in gradi e radianti di uno stesso angolo AÔB, si

riconosce subito che:

πθ=°θ

��� (1)

Così, volendo determinare l'ampiezza in gradi, primi e secondi di un angolo di un radiante, ponendo nella (1)

� = 1, si ha: �° = 180 ⋅ π

1 ≈ 57° 17' 44, 8".

(�° è approssimativamente uguale a 57 gradi, 17 primi, 44 secondi e 8 decimi).

È, ovviamente, �°∈ [0; 180].

O

m

n

1

1

m = �n

� AÔB = 1 rad.

(fig.4)

O

� AÔB = 0 rad.

(fig.5)

m n

� AÔB = � rad.

(fig.6)

����

A

B

A B A

� �

O

DEF

DEF

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Un risultato notevole riguarda le ampiezze degli angoli interni di un triangolo.

Dato un triangolo qualsiasi ABC, conveniamo di disporre le lettere A, B e C,

rappresentanti i vertici, in modo che, percorrendo il perimetro nel verso anti

orario, i lati siano percorsi, rispettivamente, nei versi AB, BC, CA. Indichia mo inoltre con α, β e γ, rispettivamente, le ampiezze degli angoli BAC ,

CBA e ACB ; con a, b e c le lunghezze dei lati opposti ai vertici A, B, C.

Ciò premesso dimostriamo che: La somma delle ampiezze degli angoli interni di un triangolo è �:

π=γ+β+α (2)

Dim. Sia M il punto medio del lato [AC] ed N il punto medio del lato [BC].

Se B' = �M(B), allora BCA ′ = �M( BAC ). Quindi � BCA ′ = α.

Se A' = �N(A), allora ACB ′ = �N( CBA ). Quindi � ACB ′ = β (fig.8).

Ora, i punti A' e B' si trovano sulla parallela alla retta AB passante per C, che è unica.

Inoltre, i punti B' e A' si trovano su semirette fra loro opposte di origine C. Quindi l'angolo BCA ′′ è piatto e si conclude che α + β + γ = �. �

2. Relazioni fra i lati e gli angoli di un triangolo. Vale il seguente teorema.

� a > b � α > β, � a = b � α = β, � a < b � α < β.

Dim.� Sia r l'asse del lato [AB]. Il vertice C, avendo per ipotesi distanza minore da A che da B, sta nello

stesso semipiano di origine r che contiene A. Pertanto il lato [BC] incontra la retta r in un punto (fig.9). Se congiungiamo K con A, è BAK

�� KBA perché i due angoli si corrispondono in �r.

D'altra parte, la semiretta AK è interna all'angolo BAC . Da qui, per la proprietà additiva della mi

sura angolare, segue � BAC =� KAC + � BAK , ovvero � BAC =� KAC + � KBA .

Quindi risulta � BAC > � KBA , ossia α > β. �

Dim.� Se a = b, l'asse r del lato [AB] è asse di simmetria del triangolo (fig.10), per cui si ha α = β. �

Dim.� Del tutto analoga alla �. �

A B

C

a b

c

α β

γ

(fig.7)

A A B B

C C

K

r

(fig.9) Triangolo isoscele

(fig.10)

α β

b a

A B

C

Triangolo equilatero

(fig.11)

r

• •

A B

A' B'

M N

γ

C α β

(fig.8)

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Osserviamo che le ipotesi del T. precedente (a > b, a = b, a < b ) esauriscono tutti i casi possibili e le tesi (α > β,

α = β, α <β ) si escludono a vicenda. Allora, per la legge di Hauber, valgono le inverse delle implicazioni �, �

e �. Possiamo dunque esprimere le relazioni fra i lati e gli angoli di un triangolo qualsiasi ABC come segue:

a > b ⇔ α > β, a = b ⇔ α = β, a < b ⇔ α < β. Un triangolo con almeno un asse di simmetria, si dice isoscele (fig.9); se gli assi di simmetria sono tre, si par

la di triangolo equilatero (fig,11). La seconda delle precedenti doppie implicazioni, assicura che, se ABC è un

triangolo isoscele, allora: ���� due lati hanno uguale lunghezza;

���� gli angoli adiacenti al lato [AB], chiamato base del triangolo, hanno uguale ampiezza, e inversamente. Come subito si riconosce, un triangolo equilatero ABC è isoscele rispetto a ciascuna delle

basi [AB], [BC], [CA] e, di conseguenza, deve essere a = b = c e α = β = γ. Di più, è α = β = γ = 3π .

Se α = 2π , cioè se il triangolo ABC è rettangolo, allora β + γ = 2

π . Quindi gli angoli acuti di un triangolo rettan

golo sono complementari.

3. I criteri di isometria dei triangoli.

Ricordando la definizione di insiemi piani isometrici , possiamo chiamare isometrici due triangoli che si cor

rispondono in una isometria. È immediato che, se due triangoli sono isometrici, lo saranno in particolare i lati

corrispondenti e gli angoli individuati da coppie di lati fra loro corrispondenti.

Viceversa, vale il seguente teorema che ci limitiamo ad enunciare. Due triangoli sono isometrici, se hanno rispettivamente isometrici:

due lati e l'angolo fra essi compreso (I criterio di isometria);

un lato e due angoli (II criterio di isometria);

i tre lati (III criterio di isometria). Le lunghezze dei lati e le ampiezze degli angoli interni di un triangolo ABC si dicono elementi principali del tri

angolo. I criteri di isometria enunciati, assicurano che, assegnati tre elementi opportuni fra questi sei, il trian

golo risulta univocamente determinato − a meno di un'isometria, naturalmente − e quindi deve essere possi

bile ricavare le misure degli elementi incogniti. La ricerca delle misure incognite, si dice risoluzione del trian

golo e la teoria che si occupa di questo problema prende il nome di trigonometria piana.

In molti questioni intervengono altri "elementi" del triangolo ABC, come le altezze e le mediane.

Posto H = prBC

(A) e indicato con M il punto medio del lato [BC], si chiama:

���� altezza relativa al lato [BC], il segmento [AH];

���� mediana relativa al lato [BC], il semento [AM].

Ogni triangolo ha tre altezze e tre mediane.

4. Angoli orientati e loro ampiezza relativa. Orientare un angolo significa considerare i suoi lati in un certo ordine, cioè stabilire quale dei due lati deve

considerarsi come primo e quale come secondo. L'angolo orientato di vertice O avente primo lato m e secon

do lato n, viene comunemente indicato con ( m, n���) oppure con AÔB, dove A e B sono punti qualsiasi, diversi

da O, presi rispettivamente su m e n�. Pertanto, ( m, n���) e ( n, m�), ovvero AÔB e BÔA, sono due angoli orientati

diversamente.

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Un angolo orientato si dice in posizione standard rispetto a un riferimento cartesiano ortogonale

OXY, se ha il vertice nell'origine O e il primo lato m coincidente con il semiasse positivo di X (figure

12 e 13). Si chiama ampiezza relativa dell'angolo orientato (m, n��), in posizione standard rispetto a un riferi

mento OXY, la sua ampiezza in radianti presa con il segno + o con il segno − a seconda che il lato

n (secondo lato) sia incluso nel semipiano delle ordinate non negative (fig.12) o in quello delle ordi

nate negative (fig.13). Associando a ogni angolo orientato in posizione standard la sua ampiezza relativa, si ottiene un'applicazione

bijettiva dell'insieme di questi angoli nell'intervallo ] −�, ��]. Conveniamo di indicare con � un numero reale

qualsiasi appartenente all'intervallo ] −�, ��]. 5. Le funzioni coseno e seno.

Nel piano cartesiano, si chiama circonferenza unitaria la circonferenza � di centro l'origine e raggio 1.

Fissato su � il punto A di coordinate (1, 0), in cui la circonferenza in

terseca il semiasse positivo di X, per ogni P ∈ �, risulta definito l'an

golo orientato AÔP, che intercetta, su �, l'arco AP (fig.14).

La lunghezza dell'arco AP è il valore assoluto dell'ampiezza relativa

� dell'angolo AÔP.

Consideriamo ora l'applicazione di dominio ] −�, ���] e codominio �

definita da � � P. Si tratta, come subito si riconosce, di un'applica

zione bijettiva, quindi invertibile. Possiamo allora far corrispondere a P, in modo univoco, il numero reale �,

ampiezza relativa dell'angolo orientato AÔP, che chiameremo coordinata angolare di P.� Per ogni �, si chiamano cos ���� (coseno di �) e sin ���� (seno di �), rispettivamente, l'ascissa e

l'ordinata del punto P ∈ � di coordinata angolare �.

Si riconosce subito che −1 ≤ cos � ≤ 1 e −1 ≤ sin � ≤ 1. Le funzioni�� � cos �, � � sin �, di dominio ] −�, �]

e codominio [−1,1], prendono il nome, rispettivamente, di funzione coseno e funzione seno.

La relazione fondamentale che lega queste due funzioni è una conseguenza immediata del T. di Pitagora.

1. Relazione pitagorica

cos2� + sin2

� = 1, ∀� (1) Dim. Il primo membro rappresenta il quadrato della distanza del punto P(cos �, sin �)

dall'origine O. Ma P ∈ �. Allora �� = 1. Quindi �

�� = 1. � Le isometrie studiate consentono di dimostrare alcune importanti proprietà delle funzioni coseno e seno.

m = X+ m = X+

n

n

Y Y

O

O

(fig.12) (fig.13)

X

Y

O A

P

(fig.14)

� �

DEF

DEF

DEF

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2. La funzione coseno è pari e la funzione seno dispari:

���

θ−=θ−θ=θ−

�����

� �� �� (2)

Dim. Consideriamo la simmetria assiale di asse X:

�X : ���

−=′=′

��

��.

Se un punto P ha coordinate (x, y), allora il punto P' = �X (P) ha coordinate (x, −y). Inoltre, preso

un punto qualsiasi A sul semiasse positivo di X, �X trasforma l'angolo orientato AÔP, di ampiez

za �, nell'angolo orientato AÔP', di ampiezza −�. Se P ∈ � e P ha coordinata angolare �, allora

il punto P(cos �, sin �), viene trasformato nel punto P'(cos �, −sin �) (fig. 15).

Ma P' ha coordinata angola re −�.

Di conseguenza, si può anche scrivere P'(cos(−�), sin(−�)).

Da (cos(−�), sin(−�)) = (cos �, −sin �), si deduce cos(−�) = cos � e sin(−�) = −sin �. �

3. Le ampiezze di due angoli supplementari hanno coseni fra loro opposti e seni uguali:

���

θ=θ−πθ−=θ−π������

� �� �� (3)

Dim. Consideriamo la simmetria assiale di asse Y:

�Y : ���

=′−=′��

��.

Se un punto P ha coordinate (x, y), allora il punto P' = �Y (P) ha coordinate (−x, y). Inoltre, preso

un punto qualsiasi A sul semiasse positivo di X, se A' = �Y (A), allora �Y trasforma l'angolo AÔP,

di ampiezza �, nell'angolo A'ÔP', a sua volta di ampiezza �. Se P ∈��� e P ha coordinata angola

re �, allora il punto P(cos �, sin �), viene trasformato nel punto P'(−cos �, sin �).

Nell'ipotesi che sia 0 ≤ � ≤ �, è immediato verificare che P' ha coordinata angola re �−� (fig.16).

Di conseguenza, si può anche scrivere P'(cos(�−�), sin(�−�)).

Da (cos(�−�), sin(�−�)) = (−cos �, sin �), si deduce cos(�−�) = −cos � e sin(�−�) = sin �. �

4. Se due angoli sono complementari, il coseno dell'ampiezza dell'uno è uguale al seno

dell'ampiezza dell'altro:

��

���

θ=θ−

θ=θ−π

π

� ����

���� ��

� (4)

Dim. La simmetria assiale che ha come asse la retta r : y = x scambia fra loro le semirette X+

(semiasse positivo di X) e Y+ (semiasse positivo di Y). Le equazioni di �r sono:

�r : ���

=′=′

xyyx

.

∀�

(fig.15) (fig.16) (fig.17)

� �

O O O

Y Y Y

X X X A

P

P'

−�

P P'

A A

� ��−��� P

P'

∀ � ∈ [ 0, � ]

∀ � ∈ [ 0, 2π

]

A'

A'

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Se un punto P ha coordinate (x, y), allora il punto P' = �r (P) ha coordinate (y, x). Nell'ipotesi che

il punto P ∈��� sia nel primo quadrante, cioè che la sua coordinata angolare � ∈ [0, 2π ], detto A

il punto di coordinate (1,0) e A' = �r(A), �r trasforma l'angolo AÔP, di ampiezza �, nell'angolo

A'ÔP', a sua volta di ampiezza � (fig. 17).�

Il punto P(cos �, sin �) viene trasformato nel punto P'(sin �, cos �).

Ma P', come subito si riconosce, ha coordinata angolare 2π

�− �.

Di conseguenza, si può anche scrivere P'(cos( 2π − �), sin( 2

π − �)).

Da ( cos( 2π − �), sin( 2

π − �) ) = (sin �, cos �), si deduce cos( 2π − �) = sin � e sin( 2

π − �) = cos �. � 6. Grafici delle funzioni coseno e seno. Vogliamo rappresentare nel piano cartesiano gli insiemi:

Gr(cos) = { P(�, cos �) / −� < � ≤ � }, Gr(sin) = { P(�, sin �) / −� < � ≤ � }, chiamati, rispettivamente, cosinusoide e sinusoide.

Per questo, ci avvarremo delle indicazioni della seguente tabella, che fornisce alcuni valori di cos � e sin �, e

della proprietà 2 del paragrafo 5.

Dim. Sia P(x, y) un punto qualsiasi della circonferenza � e siano A(1,0), B(0,1), A'(−1,0).

���� Se P ha coordinata angolare 0, allora P = A. ∴ cos 0 = 1, sin 0 = 0.

���� Se P ha coordinata angolare 6π e P' = �X (P), il triangolo POP' è equilatero (fig.18). Allora

sin

�π =

�� . Ma cos2

�π

+ (�� )2 = 1. Ne segue cos2

�π

=

�� . ∴ cos

�π

=

�� , sin

�π

=

�� .

���� Se P ha coordinata angolare 4π , P appartiene alla bisettrice del 1° quadrante (fig.19).

Allora x = y, ovvero cos 4π

= sin 4π . Ma cos2

+ sin24π = 1. Ne segue 2⋅cos2

4π = 1, da

cui cos2 4π

= 21 . ∴ cos 4

π =

21

= 22 , sin 4

π = 22 .

���� Se P ha coordinata angolare 3π , tenendo presenti le (4) del paragrafo 5, si ha:

cos 3π = cos ( 2

π − 6π ) = sin 6

π ; sin 3π = sin ( 2

π − 6π ) = cos 6

π . ∴ cos 3π = 2

1 , sin 3π = 2

3 .

��

cos����

s i n �

0 �ππππ

�ππππ

�ππππ

�ππππ

��ππππ

��ππππ

��ππππ �

1 23 2

2 21 0 2

1− 22− 2

3− −1

0 21 2

2 23 1 2

3 22 2

1 0

P

P' O

� � P

O H

(fig.18) (fig.19)

H = prX(P)

HP OH =

∴∴∴∴cos 4π

= sin 4π

Page 8: TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

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���� Se P ha coordinata angolare 2π , allora P = B. ∴ cos 2

π = 0, sin 2π = 1.

���� Se P ha coordinata angolare 3

2π , tenendo presenti le (3) del paragrafo 5, si ha:

cos

32π = cos (� − 3

π ) = −cos 3π ; sin

32π

= sin(� − 3π ) = sin 3

π . ∴ cos

32π

= 21− , sin

32π

= 23 .

���� Se P ha coordinata angolare 43π , tenendo presenti le (3) del paragrafo 5, si ha:

cos 43π

= cos (� − 4π ) = −cos 4

π ; sin 43π

= sin(� − 4π ) = sin 4

π . ∴ cos 43π

= 22− , sin 4

3π = 2

2 .

���� Se P ha coordinata angolare 6

5π , tenendo presenti le (3) del paragrafo 5, si ha:

cos

65π

= cos (� − 6π ) = −cos 6

π ; sin

65π

= sin (� − 6π ) = sin 6

π . ∴ cos

65π

= 23− , sin

65π

= 21 .

���� Infine, se P ha coordinata angolare �, allora P = A'. ∴ cos � = −1, sin � = 0. � Procedendo "per punti", riportando sull'asse X i valori di � e sull'asse Y i valori di cos � e sin � rispettiva

mente, si ottengono i grafici delle due funzioni relativi all'intervallo [0,�]. Ricordando poi che la funzione cose

no è pari e la funzione seno dispari, è facile prolungare detti grafici a tutto l'intervallo ] −�, �] (figg. 20, 21).

7. La funzione tangente. Si chiama funzione tangente la funzione reale definita da:

tan � =

cos sin .

Il dominio della funzione tangente è l'intervallo ]−�, �] con l'esclusione delle soluzioni dell'equazione cos � = 0,

cioè dei numeri ± 2π . Vediamo alcune proprietà.

1. La funzione tangente è dispari: tan (−�) = −tan �, ∀�.������������������(1)

Dim. Dalle (2) del paragrafo 5, segue subito:

tan (−�) = )( cos)( sin

θ−θ− = θ

θ− cos sin = −tan �. �

1.848

1.848

cos x( )

ππ x

1

−1

π −π X

Y

1.848

1.848

sin x( )

ππ x

Y

X π −π

1

−1

(fig.20, cosinusoide)

(fig.21, sinusoide)

Come si vede, entrambe le funzioni sono mono

tòne a tratti. La funzione coseno è strettamente

crescente nell'intervallo ] −�, �] e strettamente

decrescente nell'intervallo [�, �]. La funzione se

no è str. decrescente nell'intervallo ] −�, 2π− ],

str. crescente nell'intervallo [ 2π− , 2

π ] e, di nuo

vo, str. decrescente nell'intervallo [ 2π , ��].

Entrambe le funzioni sono suriettive poiché tutti

i valori compresi tra −1 e 1 vengono effettiva

mente assunti da cos � e sin �. Questo fatto si

deduce dalla proprietà di continuità delle funzio

ni coseno e seno che studieremo in seguito.

O

DEF

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9

2. Le ampiezze di due angoli supplementari hanno tangenti fra loro opposte:

tan (� − �) = −tan �, ∀ � ∈ [ 0, 2π [ ∪ ] 2

π , � ]. (2)

Dim. Dalle (3) del paragrafo 5, segue subito:

tan (� − �) = ) ( cos) ( sin

θ−πθ−π = θ−

θ cos

sin = −tan �. �

Il reciproco di tan � si dice cotangente di �, indicata con cot ����. Allora:

cot �

def= θ tan

1 = θθ

sin cos .

3. Se due angoli sono complementari, la tangente dell'ampiezza di uno di essi è uguale alla

cotangente dell'ampiezza dell'altro:

tan )( 2 θ−π = cot �, ∀ � ∈ ] 0, 2π

[. (3) Dim. Dalle (4) del paragrafo 5, segue subito:

tan )( 2 θ−π =

) ( cos

) ( sin

2

2θ−πθ−π

= θθ

sin cos = cot �. �

Per rappresentare nel piano cartesiano l'insieme:

Gr(tan) = { P(�, tan �) / −� < � < 2π ∨ 2

π� � ≤ � }

chiamato tangentoide, ci serviremo delle indicazioni della seguente tabella, che fornisce alcuni valori di tan �,

per � ∈ [0,�]. Ricordando poi che la funzione tangente è dispari, prolungheremo il grafico a tutto l'intervallo

] −�, �] (fig. 22).

0 �ππππ

�ππππ

�ππππ

�ππππ

��ππππ

��ππππ

��ππππ �

tan����

0 33 1 3 � � 3− −1 3

3− 0

6

6

tan x( )

ππ x

X

Y

π −π 2π

Il grafico evidenzia che la funzione tangente è strettamen

te crescente in ciascuno degli intervalli:

]−�, − 2π [ , ] − 2

π , 2π [ , ] 2

π , �].

Osserviamone l'andamento nelle vicinanze di 2π .

Quando � varia con continuità da 0 a 2π ( mantenendosi

però minore di 2π ), tan � descrive l'intervallo [0,+∞ [, assu

mendone, in ordine crescente, tutti i valori. In altre parole:

a mano a mano che � si avvicina a 2π da sinistra, tan �

diventa grande quanto si vuole. Quando � varia da � a 2π

( mantenendosi però maggiore di 2π ), tan � descrive l'inter

vallo ] −∞, 0] assumendone, in ordine decrescente, tutti i

valori. L'insieme immagine della funzione tangente è allo

ra l'intera retta reale. Le rette di equazione x = 2π− e x = 2

π

si dicono asintoti della tangentoide.

(fig.22, tangentoide)

2π−

��

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8. Le funzioni ciclometriche. Alle funzioni coseno, seno e tangente si dà il nome di funzioni goniometriche. Come subito si riconosce,

nessuna di queste funzioni è iniettiva e quindi la loro inversione è impossibile. Esse risultano però stretta

mente monotòne in intervalli, scelti opportunamente, inclusi nei rispettivi domini e quindi sono invertibili le re

strizioni a tali intervalli.

Per la funzione coseno, è utile considerare la restrizione all'intervallo [ 0, ��], in cui essa è str. decrescente.

Indicata con Cos la restrizione della funzione coseno all'intervallo [ 0, ��], si chiama arcocoseno

la funzione: arc cos

def= Cos−1 : [−1,1] → [ 0, ��].

Il grafico della funzione arc cos è simmetrico, rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante, del grafico

della funzione Cos (fig. 23).

Per la funzione seno, si considera la restrizione all'intervallo [ 2π− , 2

π ], in cui essa è str. crescente.

Indicata con Sin la restrizione della funzione seno all'intervallo [ 2π− , 2

π ], si chiama arcoseno

la funzione: arc sin

def= Sin−1 : [−1,1] → [ 2

π− , 2π ].

Il grafico della funzione arc sin è simmetrico, rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante, del grafico

della funzione Sin (fig. 24).

Per la funzione tangente, si considera la restrizione all'intervallo ] 2π− , 2

π [, in cui essa è str. crescente.

Indicata con Tan la restrizione della funzione tangente all'intervallo ] 2π− , 2

π [, si chiama

arcotangente la funzione:

arc tan def= Tan−1 : IR → ] 2

π− , 2π [.

Il grafico della funzione arc tan è simmetrico, rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante, del grafico

della funzione Tan (fig. 25).

Le funzioni arcocoseno, arcoseno e arcotangente prendono il nome di funzioni ciclometriche.

π

0

acos x( )

11 x

π2

π2

asin x( )

11 x

π2

π2

atan x( )

88 x1 −1

1 −1

2π−

2π−

O O

fig.23, arc cos

fig.24, arc sin

fig.25, arc tan

O

DEF

DEF

DEF

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9. Inclinazione e pendenza di una retta. Sia r una retta non parallela all'asse Y e sia y = mx + q la sua equazione esplicita. Conduciamo per l'origine

O la retta s // r e per il punto A(1,0) la retta t // Y. Sia s ∩ t = {T} (figg. 26, 27).

Si chiama inclinazione di r, l'ampiezza relativa � dell'angolo orientato AÔT.

Chiaramente, è � ∈ ] 2π− , 2

π [. Tracciamo poi la circonferenza � e sia � ∩ s = {P}. Allora l'inclinazione di s

coincide con la coordinata angolare di P.

Dall'equazione di s, y = mx, segue subito xy = m, ovvero il rapporto fra l'ordinata e l'ascissa di ogni punto di s,

diverso dall'origine O, è uguale alla pendenza di s. In particolare, per P(cos �, sin �) si ha ϕϕ cos

sin = m, ossia:

m = tan ��������������������������������������(1)

∴ La pendenza di una retta è uguale alla tangente dell'inclinazione della retta stessa.

Se l'inclinazione � della retta è incognita e la pendenza m è nota, dalla (1) si deduce � = arc tan(m). 10. Risoluzione di un triangolo rettangolo. Consideriamo un triangolo ABC, rettangolo in A. Sia a la lunghezza dell'ipotenusa [BC]; siano b e c rispettiva

mente le lunghezze dei cateti [CA] e [AB]. Inoltre, sia α = � BAC , β = � CBA , γ = � ACB (fig.28).

Fissiamo un riferimento cartesiano OXY in modo che sia O = C, il vertice A si trovi sul semiasse positivo di X

e B appartenga al primo quadrante. Indicato con P il punto in cui la circonferenza � incontra la semiretta di

origine C passante per B, sia H = prX(P) (fig.29). In questo modo, γ coincide con la coordinata angolare di P.

Quindi le coordinate cartesiane di P sono (cos γ, sin γ).

r s

A A

T

fig.26, inclinazione positiva

fig.27, inclinazione negativa

r

T

s

t

t

P

P

O O

A C

B

α γ

β a

c

b

B(b, c)

c

A(b, 0) O = C

P

H b

a

α

β

γ

(fig.28) (fig.29)

aBC = bCA = cAB =

γ= cosCH

γ= sinHP

2π=α

2π=γ+β

DEF

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Si ha subito

CPCH

CBCA = , ovvero a

b = cos γ (1). Questa, essendo β + γ = 2

π ( β e γ sono le ampiezze di angoli

complementari), si può anche scrivere ab = sin β (2). Dalle (1) e (2) seguono ordinatamente le uguaglianze:

Nel paragrafo precedente abbiamo osservato che il rapporto fra l'ordinata e l'ascissa di ogni punto di una

retta per l'origine O è costante. Dunque bc

= γγ

cos sin (3). Ora, moltiplicando per a ambo i termini della frazione

al secondo membro della (3), si ottiene bc

= γ⋅γ⋅

cos a sin a (4). Da questa, tenuto conto della (1), e successiva

mente dell'identità sin γ = cos β, si deducono le uguaglianze:

Dalla (3) segue pure bc

= tan γ (5), da cui bc = cot β, cioè b

c = β tan

1 ovvero, prendendo il reciproco di

ambo i membri, cb = tan β (6). Dalle (5) e (6) rispettivamente, si ricavano le uguaglianze:

Le formule (1), … , (6) possono essere compendiate nel seguente enunciato (*).

In un triangolo rettangolo, un cateto è uguale:

all'ipotenusa moltiplicata per il coseno dell'angolo acuto adiacente ad esso, oppure per il

seno dell'angolo opposto ad esso;

all'altro cateto moltiplicato per la tangente dell'angolo opposto al primo.

11. Risoluzione di un triangolo qualsiasi. Ci proponiamo di risolvere un triangolo ABC nei seguenti casi, a seconda che del triangolo siano assegnate:

���� le lunghezze di due lati e l'ampiezza dell'angolo fra essi compreso;

���� la lunghezza di un lato e le ampiezze di due angoli;

���� le lunghezze dei tre lati.

Nei casi � e �, il triangolo si risolve ricorrendo al teorema del coseno; nel caso �, ricorrendo al teorema

dei seni. Teorema del coseno −−−− In qualsiasi triangolo il quadrato di un lato è uguale alla somma dei

quadrati degli altri due, diminuita del loro doppio prodotto per il coseno dell'angolo fra essi

compreso:

(*) Per semplificare gli enunciati dei teoremi che seguono, e per uniformarci ad una tradizione consolidata, diremo lato

[cateto, ipotenusa] in luogo di lunghezza del lato [cateto, ipotenusa], diremo coseno [seno, tangente] di un angolo in

luogo di coseno [seno, tangente] dell'ampiezza di un angolo.

(3) (4)

(5) (6)

(1) (2)

(1)

(2)

(3)

b = a ⋅ cos γ

b = a ⋅ sin β

c = a ⋅ sin γ

c = a ⋅ cos β

c = b ⋅ tan γ

b = c ⋅ tan β

a2 = b2+ c2 − 2bc ⋅ cos α

b2 = a2+ c2

− 2ac ⋅ cos β

c2 = a2+ b2 − 2ab ⋅ cos γ

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Dim. (1) − Consideriamo tre casi, a seconda che si abbia:

� 0 < α <

�ππππ �

�ππππ < α < π � α =

�ππππ .

Caso � − Condotta nel triangolo ABC l'altezza [CH] relativa al lato [AB], sia �� = h e �� = p.

Applichiamo il T. di Pitagora ai triangoli HBC e HCA, rettangoli in H (fig.30). Si ha, nell'ordine:

a2 = h2 + (c – p)2

b2 = h2 + p2

da cui, sottraendo membro a membro, si ricava:

a2 = b2 + c2 − 2pc. (°)

Ora, dal triangolo HCA, segue subito p = b ⋅ cos α.

Da questa, sostituendo nella (°), si ottiene la (1). � Caso � − In questo caso, il punto H = prAB(C) cade esternamente al lato [AB] (fig. 31).

Sia �� = h e �� = p.

Applichiamo il T. di Pitagora ai triangoli HBC e HAC, rettangoli in H. Si ha, nell'ordine:

a2 = h2 + (c + p)2

b2 = h2 + p2

da cui, sottraendo membro a membro, si ricava:

a2 = b2 + c2 + 2pc. (1)

Ora, dal triangolo HAC segue p = b ⋅ cos (π − α) = −b ⋅ cos α.

Da questa, sostituendo nella (1), si ottiene ancora la (1). �

Caso � − Se α = 2π , allora, essendo cos 2

π = 0, la (1) diventa a2 = b2 + c2, formula che espri

me il T. di Pitagora. � Con riferimento al caso � della dimostrazione precedente, possiamo affermare che il teorema del coseno è

la generalizzazione del teorema di Pitagora a un triangolo qualsiasi. Dim. (2) − È sufficiente applicare alla Dim. (1) le sostituzioni:

��

�ACBCBA , �

�acbcba , �

�αγβγβα . �

Dim. (3) − È sufficiente applicare alla Dim. (1) le sostituzioni:

��

�BACCBA , �

�baccba , �

�βαγγβα . �

Teorema dei seni −−−− In qualsiasi triangolo il rapporto fra un lato e il seno dell'angolo opposto

è costante:

Dim. − Consideriamo tre casi, a seconda che si abbia:

� 0 < α < 2π � 2

π < α < π � α = 2π .

Caso � − Condotta nel triangolo ABC l'altezza [CH] relativa al lato [AB], sia CH = h.

Consideriamo i triangoli HBC e HCA, rettangoli in H (fig.32).

Dal primo segue h = a ⋅ sin β; dal secondo, h = b ⋅ sin α.

α

A B

C

H

a b

c p

h

H A B

C

h

c p

a b

α

(fig.30)

(fig.31)

(4) γγγγββββαααα ========��

��

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È allora a ⋅ sin β = b ⋅ sin α da cui, dividendo ambo i membri per sin α ⋅ sin β, si ottiene:

β=α sinb sin

a . (°)

Tracciamo ora, sullo stesso triangolo ABC, l'altezza [AL] relativa al lato [BC] e sia �=AL .

Consideriamo i triangoli LCA e LAB, rettangoli in L (fig. 33).

Dal primo segue � = b ⋅ sin γ; dal secondo, � = c ⋅ sin β.

È allora b ⋅ sin γ = b ⋅ sin β da cui, dividendo ambo i membri per sin γ ⋅ sin β, si ottiene:

γ=β sinc sin

b . (1)

Dalle (°) e (1) congiuntamente segue la (4). �

La dimostrazione del teorema dei seni nei casi � e � è lasciata come esercizio. �

DATI: a, b, γγγγ.

Dal T. del coseno si deduce c = γ⋅−+ cosab2ba 22 .

È poi cos α = bc2a c b 222 −+ e quindi α = arc cos( bc2

a c b 222 −+ ).

Infine, essendo α + β + γ = π, si ricava β = π − α − β. �

DATI: a, ββββ, γγγγ. Si ha subito α = π − β − γ.

Dal T. dei seni si deduce b = αβ⋅

sin sin a e c = α

γ⋅ sin

sin a .

DATI: a, b, c.

Dal T. del coseno si deduce α = arc cos( bc2a c b 222 −+ ) e β = arc cos( ac2

b c a 222 −+ ).

Infine γ = π − α − β.

12. Funzioni periodiche.

Una f ∈ BA con A ⊆

IR, si dice una funzione periodica, se esiste un numero reale T > 0 tale che,

per ogni x ∈ A, (x ± T) ∈ A e f(x + T) = f(x). Il numero reale T si dice un periodo per f. Osserviamo che, essendo f(x + 2T) = f((x + T) + T) = f(x + T) = f(x), se T è un periodo per f, anche 2T è un perio

do. In modo analogo si riconosce che 3T, 4T, … sono periodi. Di più, f(x − T) = f((x − T)+T) = f(x). Ne segue che

anche −T è un periodo. Analogamente, sono periodi i numeri −2T, −3T, ... Allora tutti i multipli interi non nulli

di T, cioè tutti gli elementi dell'insieme { kT / k ∈ � − {0} }, sono periodi per la funzione f.

Una conseguenza interessante della periodicità è che il dominio di f non può essere un insieme limitato.

(fig.32)

(fig.33)

C C

A B A B H

L

β β α

γ a a

c c

b b h

ESEMPI � RISOLVIAMO IL TRIANGOLO ABC

DEF

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Il più piccolo T > 0 per cui f(x + T) = f(x), se esiste, si chiama minimo periodo o, semplicemente,

periodo di f e la funzione stessa si dice periodica di periodo T. È chiaro che una funzione periodica f di periodo T è completamente determinata quando si conoscano le

immagini in f di tutti i punti di qualsiasi intervallo ]a, a + T] di lunghezza T, chiamato intervallo di periodicità.

Allora basterà disegnare il grafico di f su un qualsiasi intervallo di periodicità per conoscere il grafico di f su

tutto il suo dominio.

Consideriamo la funzione f definita da f(x) = x – [x], chiamata mantissa di x ( ricordiamo che [x]

rappresenta il massimo intero ≤ x). Per capire la natura della funzione f, calcoliamone alcune im

magini (vedi tabella).

Dai dati della tabella s'intuisce che mantissa di x è una funzione periodica di periodo 1.

Il suo grafico è la curva, detta "a denti di sega", rappresentata in fig.34.

L'esame della fig. 34 suggerisce la seguente proposizione:

Se f è una funzione periodica di periodo T, il suo grafico viene trasformato in sé dalla

traslazione di vettore �

���

�=0Tu

�.

Dim. Se f(x) = y, sappiamo che il punto P(x, y) appartiene al grafico di f. D'altra parte, per ipotesi,

si ha f(x + T) = y, ossia anche il punto P'(x + T, y) appartiene al grafico. Quindi la traslazione:

u�τ :

���

=′+=′

yyTxx

trasforma un punto qualsiasi del grafico di f in un altro punto del grafico di f. �

La precedente proposizione si può invertire: se il grafico di f è trasformato in sé dalla traslazione u�τ , f è perio

dica di periodo T. È ora molto semplice risolvere il seguente problema:

Data una funzione f definita in un intervallo ]a, b] di ampiezza b – a = T, costruire una funzione f

di dominio IR che coincida con f nell'intervallo ]a, b] e sia periodica di periodo T.

La funzione f

∼ , chiamata prolungamento periodico di f fuori dell'intervallo ]a, b], è definita da:

∀ x ∈ ]a, b], ∀ k ∈ � f

∼(x + kT) = f(x). (1)

Per ottenere il grafico di f

∼, basta applicare al grafico di f, in successione, cioè una di seguito all'altra, le tra

ESEMPIO

1 1 0 1,25 1 0,25 1,5 1 0,5 1,75 1 0,75 2 2 0 2,25 2 0,25 2,5 2 0,5 2,75 2 0,75 3 3 0

x [x] x – [x]

−2 −1 0 1 2 3 4

1

(fig.34)

DEF

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slazioni di vettori �

���

�0T , �

���

�−0T , �

���

�0T2 , �

���

�−0

T2 , �

���

�0T3 , �

���

�−0

T3 , …

Gli infiniti intervalli che si ottengono dall'intervallo ]a, b] con queste traslazioni, riempiono, senza sovrapposi

zioni, tutta la retta reale.

Consideriamo la funzione valore assoluto di x, definita da f(x) = x, nell'intervallo ]−1,1].

Il prolungamento periodico di f fuori dell'intervallo ]−1, 1] è definito da:

∀ x ∈ ]−1,1], ∀ k ∈ � f

∼(x + k2) = f(x).

Il grafico di f∼ è la curva, detta "a denti di squalo", rappresentata in fig.35.

f

∼ è una funzione periodica di periodo 2.

Consideriamo la funzione segno di x, definita da sgn(x) =��

���

, 0

, x

x nell'intervallo ]−π, π].

Il prolungamento periodico di sgn fuori dell'intervallo ]−π, π] è definito da:

∀ x ∈ ]−π, π], ∀ k ∈ � sgn

∼(x + k2π) = sgn(x).

Il grafico di sgn∼ è la curva, chiamata "onda quadra", rappresentata in fig.36.

sgn

∼ è una funzione periodica di periodo 2π.

Ritorniamo alle funzioni coseno e seno. I numeri cos � e sin � rappresentano, rispettivamente, l'ascissa e

l'ordinata del punto P ∈��� di coordinata angolare �.

Prolunghiamo ora queste funzioni a tutta la retta reale ponendo:

∀ � ∈ ]−π, π], ∀ k ∈ � cos∼(� + k2π) = cos �, sin

∼(� + k2π) = sin �.

Risultano così definite le funzioni cos∼: IR → [−1,1] e sin

∼: IR → [−1,1], periodiche di periodo 2π, chiamate

funzioni circolari.

Da ora in avanti, il simbolo " ∼

" verrà però omesso: le annotazioni "cos" e "sin" indicheranno sempre le fun

zioni circolari coseno e seno.

A questo punto è naturale chiedersi se le funzioni coseno e seno, così prolungate, conservino le proprietà

che abbiamo incontrato nel paragrafo 5. La risposta è affermativa ma non ci soffermiamo sulle dimostrazioni.

Ci limitiamo soltanto ad enunciare il prolungamento a IR di alcune delle proprietà studiate. ∀ t ∈ IR ���� cos2t + sin2t = 1 (1)

���� ���

−=−=−

�������

�� ��� ��� (2)

���� ��

���

=−π=−π

�� ���

���

�����

� ��� (3)

Vediamo ora altre formule fondamentali che hanno per oggetto le funzioni circolari.

ESEMPI

per x ≠ 0

per x = 0

−3 −2 −1 0 1 2 3

1

−π π 2π 3π −2π −3π 0

1

−1

(fig.35) (fig.36)

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17

Formule di addizione per il coseno e il seno

������������

++++====++++−−−−====++++

������

������

�����������������

�����������������

���

���

∀ t1, t2 ∈ IR. Dim. (4) Omessa.

Dim. (5) Si ha:

����� �� + = �� ����

� � �� +−π per la prima delle (3)

= �� ���������

��−−−−++++−−−−ππππ per def. di sottrazione

= �������

����������

�������

−−−−−−−−ππππ−−−−−−−−−−−−ππππ per la (4)

= �������������� ++++ per le (3) e le (2). �

Formule di sottrazione per il coseno e il seno

������������

−−−−====−−−−++++====−−−−

������

������

�����������������

�����������������

���

���

∀ t1, t2 ∈ IR. Dim. (6) Si ha:

������ �� −−−− = �� ��������

−−−−++++ per def. di sottrazione

= ������������������

−−−−−−−−−−−− per la (4)

= �������������� ++++ per le (2). �

Dim. (7) Proposta come esercizio.

Formule di duplicazione per il coseno e il seno

������������

====−−−−====�����������

�������������

� ���

���

∀ t ∈ IR. Dim. (8) Ponendo nelle (4) e (5) t1 = t2 = t , si ha subito:

��� �� = �������� ��� � − = ����� ��� − . �

����� = ����� ��� ���� + = �� ����� . � Dalle (4) e (5) si deduce inoltre la seguente proposizione.

La funzione tan∼ t = �� ���� è periodica di periodo π.

Dim. L'uguaglianza:

tan� (� + T) = )T cos()T ( sin

++

θθ = T sin sin T cos cos

T sin cos T cos sin⋅−⋅⋅+⋅

θθθθ

= tan �

è verificata se���

==

0T sin1Tcos

a

∨ ���

=−=0T sin1Tcos

b

. I sistemi a e b hanno insiemi−soluzione

Sa = {2k���/��k ∈ �} e Sb = { (2k+1)� /��k ∈ �}. Allora T = +��� {Sa ∪ Sb} = �.

Quindi per ogni � ∈ ] −�, �] − {± 2π }, è tan�(���+ k�) = tan �. �

Risulta così definita la funzione tan� : �IR { 2

π + k� / k ∈ �} → IR , periodica di periodo �, chiamata funzione

(circolare) tangente. Da ora in avanti il simbolo " �

� " verrà omesso.

Page 18: TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

18

13. Il gruppo delle rotazioni

Dato un punto P del piano euclideo, si chiama rotazione di centro T un'isometria che o lascia

fissi tutti i punti o lascia fisso il solo punto T Fra le rotazioni è allora inclusa anche l'identità PP :i �Π . Naturalmente, per l'identità ogni punto del piano può essere considerato come centro di rotazione.

Vale il seguente teorema che enunciamo soltanto.

Date due semirette r e r' di origine T, esiste una e una sola rotazione che trasforma r in r'.

(fig.37)

Fissato in Π un riferimento cartesiano ortogonale OXY, determiniamo le equazioni della rotazione nel caso in

cui il centro coincida con l'origine degli assi (T = O). Preso un punto P(x, y), P ≠ O, sia O la rotazione di centro

O che trasforma P in P'(x', y'). Siano inoltre ϕ e ϕ+θ le misure relative degli angoli orientati che il semiasse po

sitivo di X forma con le semirette OP e OP' rispettivamente (fig.38). È subito chiaro che risulta POOP ′= , perché O è un'isometria. Allora, posto aPOOP =′= , si ha:

���

yx

= �

���

ϕ⋅ϕ⋅

sinacosa

, �

���

′′

yx

= �

���

θ+ϕ⋅θ+ϕ⋅

)( sina)(cosa

da cui, tenendo presenti le formule di addizione per il coseno e il seno, si deduce:

O : ���

θ⋅+θ⋅=θϕ+θϕ⋅=θ+ϕ⋅=′θ⋅−θ⋅=θϕ−θϕ⋅=θ+ϕ⋅=′ cosy sinx )sin coscos sin(a )(sina y

sinycosx )sin sincos (cosa )cos(a x

�����������������������������∴�O : �

���

′′

yx

= �

���

θθθ−θ

cos sin sincos

⋅ �

���

yx

. (1)

La misura angolare � ∈ ]−π, π ] si dice ampiezza della rotazione.

La matrice �

���

� − �cos � sin� sin�cos

, chiamata matrice di rotazione, è:

� ortogonale, perché:

���

θθθ−θ

cos sin sincos

⋅ �

���

θθ−θθ

cos sin sincos

= �

���

1001

;

� speciale, perché:

cos sin

sincos

θθθ−θ

= θ+θ 22 sincos = 1.

�����������������������������∴� �

���

θθθ−θ

cos sin sincos

∈ SO(2).

DEF

r

r'

T

(fig.37) O X

Y

• P

P'

ϕ θ

(fig.38)

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Per indicare la rotazione di centro O e ampiezza θ scriveremo O,θ, mentre per l'insieme delle rotazioni di

centro O adotteremo il simbolo RO .

(RO, � ) è un gruppo abeliano.

Dim. Consideriamo le rotazioni:

��������������O,θ : �

���

′′

yx

= �

���

θθθ−θ

cos sin sincos

⋅ �

���

yx

, O,ϕ : �

���

′′

yx

= �

���

ϕϕϕ−ϕ

cos sin sincos

⋅ �

���

yx

.

È sufficiente verificare che (RO, �) è un sottogruppo abeliano del gruppo (�,� ).

•••• RO����è una parte stabile di ���� per l'operazione ����.

Anzitutto, le rotazioni sono isometrie. Allora RO ⊆

�. Si ha poi: �

O,ϕ � O,θ : �

���

′′

yx

= �

���

ϕϕϕ−ϕ

cos sin sincos

⋅ �

���

�⋅�

���

θθθ−θ

yx

cos sin

sincos

= �

���

�⋅�

���

θ+ϕθ+ϕθ+ϕ−θ+ϕ

yx

)cos()( sin)( sin)cos(

.

∴ O,ϕ � O,θ = O,ϕ +θ � (1)

•••• L'operazione ���� su RO è commutativa.

Infatti, si riconosce subito che O,ϕ + θ = O, θ + ϕ .

∴ O,ϕ � O,θ = O, θ � O, , ϕ . �

•••• L'inversa di una rotazione di centro O è una rotazione di centro O.

Risulta:

1,O

−θ : �

���

yx

= �

���

θθ−θθ

cos sin sin cos

⋅ �

���

′′

yx = �

���

θ−θ−θ−−θ−

)cos()( sin)( sin)cos(

⋅ �

���

′′

yx

.

∴ 1,O

−θ = O,−θ � (2)

Osserviamo le (1) e (2). La prima ci dice che la composta delle rotazioni di centro O e ampiezze θ e ϕ, rispetti

vamente, è la rotazione di centro O e ampiezza ϕ + θ; la seconda, che l'inversa della rotazione di centro O e

ampiezza θ è la rotazione di centro O e ampiezza −θ. 14. Trasformazioni alias Ad ogni trasformazione geometrica f del piano cartesiano possono essere associate due distinte interpreta

zioni, chiamate rispettivamente alibi ( latino: "altrove" ) e alias ( latino: "con altro nome" ).

���� Interpretazione alibi − Consiste nel pensare la trasformazione f come una legge che ad ogni punto P,

riferito a un sistema di assi cartesiani OXY, fa corrispondere un punto P' riferito allo stesso sistema

(fig.39)

O X

Y

x x'

y

y'

P

P'

O

Y

X

P

x

y X

Y

O

x y

(fig.40) (fig.39)

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���� Interpretazione alias − Si ha quando un punto P è riferito a due diversi sistemi OXY e YXO (fig.40).

Ora f può essere pensata come una legge che permette di determinare le coordinate di P nel nuovo

sistema YXO , note che siano le coordinate di P nel vecchio sistema OXY.

Le trasformazioni alias di cui ci occuperemo sono la traslazione degli assi e la rotazione degli assi.

Traslazione degli assi

Consideriamo il punto )k,h(O riferito al sistema OXY e le due rette X , Y passanti per O parallele ed equiverse

agli assi (fig.41). Supponiamo che queste due rette costituiscano un nuovo sistema di riferimento YXO . Il pun

to P abbia coordinate (x, y) nel vecchio riferimento OXY e coordinate )y,x( nel nuovo.

Dalla figura si ricava x = x − h e y = y − k. Pertanto, le equazioni della traslazione degli assi sono:

���

−=−=

k yyh xx

ovvero ���

���

1yx

= ���

���

⋅���

���

−−

1yx

100k10h01

. (1)

Rotazione degli assi

Consideriamo un punto P riferito a due diversi sistemi di assi OXY, YXO e supponiamo che il nuovo sistema

YXO si ottenga dal vecchio con una rotazione di centro O e ampiezza θ (fig.42).

Il punto P abbia coordinate (x, y) nel vecchio riferimento OXY, e coordinate )y,x( nel nuovo. Posto d(O,P) = a,

sia ϕ la misura relativa dell'angolo orientato che il semiasse positivo di X forma con la semiretta OP. Dalla fi

gura segue subito:

���

yx

= �

���

ϕ+θ⋅ϕ+θ⋅

)( sina)cos(a

, �

���

yx

= �

���

ϕ⋅ϕ⋅

sina cosa

(rispetto al vecchio sistema) (rispetto al nuovo sistema)

da cui si ricava:

���

yx

= �

���

θθ−θθ

cos sin sincos

⋅ �

���

yx

. (2)

15. La rotazione in generale Fissato in Π un riferimento cartesiano ortogonale OXY e preso un punto T(h, k), componiamo nell'ordine:

� la traslazione degli assi di vettore �

���

�kh , che definisce il nuovo sistema YXO , con O = T;

� la rotazione di centro O e ampiezza θ;

� la traslazione degli assi inversa della �.

O O X X

Y Y Y

X O

P

x

y

h

k

(fig.41)

x

y P

X

Y

(fig.42)

ϕ

θ

y

x x y

Page 21: TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

21

Con riferimento alla fig.43, si ha:

� ���

���

1yx

= ���

���

⋅���

���

−−

1yx

100k10h01

, � ���

���

′′

1yx =

���

���

θθθ−θ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

1yx

, � ���

���

′′

1yx

= ���

���

000k10h01

⋅���

���

′′

1yx .

Allora:

���

���

′′

1yx =

���

���

���

θθθ−θ

⋅���

���

1000cos sin0sincos

000k10h01

⋅���

���

���

⋅���

���

−−

1yx

100k10h01

da cui si ricava:

���

���

′′

1yx =

���

���

θθθ−θ

100kcos sinh sincos

⋅���

���

−−

1

kyhx

. (1)

La (1) è l'equazione matriciale della rotazione di centro T e ampiezza θθθθ.

� Ponendo nella (1) θ = π, si ricavano facilmente le note equazioni della simmetria centrale di centro T:

���

+−=′+−=′

k2 y yh2 x x

Nell'interpretazione alias parleremo di rototraslazione degli assi di vettore �

���

�kh e ampiezza θθθθ.

Per determinare le sue equazioni, riferiamo il piano euclideo a un sistema di assi cartesiani ortogonali OXY, prendiamo un punto T(h, k) e componiamo ordinatamente:

� la traslazione degli assi di vettore �

���

�kh , che definisce il nuovo sistema di riferimento YXO ��� , con O� = T;

� la rotazione degli assi di centro O� e ampiezza θ, che definisce il nuovo riferimento YXO , con O = O� .

Con riferimento alla fig.44, si ha:

� ���

���

1yx

��

= ���

���

⋅���

���

−−

1yx

100k10h01

, � ���

���

1yx

= ���

���

θθ−θθ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

1yx

��

.

X

Y

O

T P(x, y)

P'(x', y')

h

k θ

(x, y) )y ,x(

)y ,x( ′′ ( )y ,x ′′

(fig.43)

Y

O

k

h

X�

X

Y .Y

P

x

y

x y

(fig.44)

(x, y)

)y ,x(

)y ,x( �� �

X

Y

Page 22: TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

22

Allora:

���

���

1yx

= ���

���

θθ−θθ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

���

⋅���

���

−−

1yx

100k10h01

da cui si ricava:

���

���

1yx

= ���

���

θθ−θθ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

−−

1

kyhx

(2)

16. La simmetria assiale in generale

Fissato in Π un riferimento cartesiano ortogonale OXY e assegnata una retta r : y = m⋅x + q, componiamo:

� la rototraslazione degli assi di vettore �

���

�q0

e ampiezza θ = arc tan(m), che definisce il nuovo sistema

YXO , con X = r;

� la simmetria di asse X ;

� la rototraslazione degli assi inversa della �.

Con riferimento alla fig.45, si ha:

� ���

���

1yx

= ���

���

θθ−θθ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

⋅���

���

− 1yx

100q10001

, � ���

���

′′

1yx =

���

���

⋅���

���

− 1yx

100010001

,

� ���

���

′′

1yx =

���

���

100q10001

⋅���

���

θθθ−θ

1000cos sin0 sincos

⋅���

���

′′

1yx

.

Allora:

���

���

′′

1yx

= ���

���

���

θθθ−θ

⋅���

���

1000cos sin0 sincos

100q10001

⋅���

���

���

θθ−θθ

⋅���

���

− 1000cos sin0 sincos

100010001

⋅���

���

���

⋅���

���

− 1yx

100q10001

da cui, eseguendo i prodotti e tenendo presenti le formule di duplicazione per il coseno e il seno, si deduce:

���

���

′′

1yx

= ���

���

−⋅���

���

θ−θθθ

1qy

x

100q2cos2 sin02 sin2cos

. (1)

L'equazione (1) non comprende le simmetrie assiali con assi paralleli all'asse Y. Queste, tuttavia, sono state

ricavate direttamente nell'U.D. Geometria euclidea (pag.6, formula (4)). Riportiamo, per comodità, le equazio

X = r

Y

P(x, y)

P'(x', y')

X

Y

O

θ

(x, y) )y ,x(

)y ,x( ′′ ( )y ,x ′′

(fig.45)

Page 23: TRG TRIGONOMETRIA PIANA 1. La misura di un angolo.golo n ullo, che i ntercetta su un arco di lunghezza zero ( fig.5); è l 'ampiezza d i un angolo p iatto, che i nter cetta su una

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ni della simmetria di asse r : x = h:

���

=′+−=′

yyh2xx

� (2)

Due casi particolari della (1) s'incontrano spesso nelle applicazioni.

� Per θ = 4π e q = 0, si ottiene:

���

���

′′

1yx =

���

���

⋅���

���

1yx

100001010

ovvero ���

=′=′

x yy x

(3)

che sono le equazioni della simmetria di asse la bisettrice del 1° e 3° quadrante (fig.46).

� Per θ = 4π− e q = 0, si deduce:

���

���

′′

1yx

= ���

���

⋅���

���

−−

1yx

100001010

ovvero ���

−=′−=′

x yy x

(4)

che sono le equazioni della simmetria di asse la bisettrice del 2° e 4° quadrante (fig.47).

4π− X X

Y Y

(fig.46) (fig.47)

r : y = x r : y = −−−−x

P

P' P

P'