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TUTTE LE NOSTRE ESTASI Dalbuddismoalla“meditazione Aum”alle endorfinedaannullamentodelsé.Viaggio nell ’irrefrenabile desiderio (nonsoloferragostano) diperdere il controllo. Un libro-guida di StefaniaVitulli V ede, siamo tutti malati di mente ”, dice il monaco con il cappello di paglia al gior- nalista scientifico giunto ad Amaravati, mo- nastero buddhista nelle Chiltern Hills, In- ghilterra meridionale. Il monaco, Ajahn Amaro, “gentiluomo inglese cresciuto secon- do la tradizione thailandese della foresta ”, è l ’abate del luogo e parte da un principio sem- plice quanto fastidioso: nella filosofia bud- dhista, un essere umano non viene conside- rato del tutto sano di mente finché non rag- giunge l ’Illuminazione. Il resto, cioè quello che noi chiamiamo vita, è solo un misto d’in - soddisfazione e mugugno, che poi è un atti - mo magari diventano disturbo ossessivo- compulsivo o depressione. Il racconto del- l ’incontro tra abate e giornalista, che sta al - l ’inizio di “Il cervello di Siddharta” (Rizzoli) di James Kingsland è solo una delle ormai infinite narrazioni di dissonanza cognitiva seguita da fascinazione che ci provoca il pen- siero buddhista. Pensiero dal quale noi occi- dentali siamo attratti da almeno duecento anni come dimostra la data del volu - me”Sulla lingua e la sapienza degli india - ni ”di Friedrich Schlegel (1808) ma che oggi appare all ’intellettualismo occidentale co- me un miraggio di serenità e ricchezza inte- riore, al cui confronto le promesse del neoli- berismo e quelle del cristianesimo si nebu- lizzano. Dovessimo dare un ’etichetta al più grande movimento di ricerca censito dai me- dia dall ’estate scorsa ad oggi staremmo ben lontani dalla politica o dalle accademie e sil- laberemmo impavidi “mindfulness”. Mai come adesso sembriamo stanchi, ma di quella stanchezza fatta apposta per esse- re curata con l’ultimo grido della preghiera laica: la meditazione. Mai come adesso la mente vuole astrarsi, staccare, fermarsi, svuotarsi, contemplare, o così ci interpreta- no. E noi assentiamo: sì, è così, quello che mi manca è proprio sedermi e fissare il mu- ro mentre la prima mano di fresco si asciu- ga. Naturalmente, nel momento stesso in cui lo diciamo a noi stessi e agli amici, dia- mo l’ok alla subscription della quinta ne- wsletter della giornata e postiamo la foto di un piatto vegano e free from che sembra proprio coda alla vaccinara. E proprio per- ché siamo consapevoli di questa nostra in- congruenza, le parole del monaco con il cappello di paglia ci sembrano più belle e vere di quelle dei giornalisti scientifici: “Siamo tutti malati di mente”. Che cosa ci serve, davvero, per guarire? Secondo il li- bro più trascurato eppure più “illuminato” della passata stagione letteraria, serve “l’autorizzazione a lasciarci andare”. In “Estasi: istruzioni per l’uso. Ovvero l’arte di perdere il controllo” (Carbonio), Jules Evans se ne va per le città del mondo in cerca della strada per il “non Io” e rac- conta ogni tappa come fosse una trattoria più pensione tre stelle di una guida slo- wfood alla trascendenza. Filosofo per lungo tempo aderente allo stoicismo, Evans ha sentito il bisogno di lasciarsi andare e co- me molti di noi vorrebbero fare se non gli toccassero uffici, famiglie e agenzia delle entrate ha deciso di sperimentare ogni possibile offerta terrena di luna park spiri- tuale promossa dai più diversi orientamen- ti mistici. Senza disdegnare nemmeno di pe- scare nel torbido, come è accaduto per gli eredi del guru che fino a poco tempo fa sa- rebbe stato considerato quantomeno con- troverso e che invece è diventato in breve grazie alla serie bomba di Netflix “Wild wild country” il più rispolverato e trendy: Bhagwan Shee Rajneesh, detto Osho. Al fe- stival di “Sessualità consapevole” organiz- zato nel Dorset alla Osho Leela House, Evans ha provato la “meditazione Aum”, un trip di due ore e mezzo attraverso quattordi- ci fasi. “Prima ci siamo gridati contro l’un l’altro, con un tizio che sembrava Iggy Pop che mi urlava: ‘Sono meglio di te, bastardo coglione con la barba rossa’”, racconta più o meno a metà del volume, nel capitolo “Il Tempio dell’Amore Tantrico”.“Poi ci siamo abbracciati e ci siamo chiesti perdono. Ci siamo guardati intensamente negli occhi, dicendoci che ci volevamo bene. Poi abbia- mo dato di matto, abbiamo gridato di nuovo e abbiamo riso. Siamo stati guidati attraver- so emozioni forti, come se qualcuno pre- messe i tasti di un telecomando. E la cosa più strana è che le ho sentite una per una, Tutti i diritti riservati PAESE : Italia PAGINE : 8 SUPERFICIE : 78 % PERIODICITÀ : Quotidiano DIFFUSIONE : (25000) AUTORE : Di Stefania Vitulli 17 agosto 2018

TUTTE LE NOSTRE ESTASI - carbonioeditore.it · rebbe Warren Buffet. Anche i colleghi uni-versitari di Evans si chiedono se non si sia un po’ “fatto trascinare” dal nuovo ambien-te

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TUTTE LE NOSTRE ESTASIDalbuddismoalla“meditazioneAum”alleendorfinedaannullamentodelsé.Viaggio

nell’irrefrenabiledesiderio(nonsoloferragostano)diperdereil controllo.Unlibro-guida

di StefaniaVitulli

V ede, siamo tutti malati di mente ”, dice ilmonaco con il cappello di paglia al gior-

nalista scientifico giunto ad Amaravati, mo-nastero buddhista nelle Chiltern Hills, In-ghilterra meridionale. Il monaco, AjahnAmaro, “gentiluomo inglese cresciuto secon-do la tradizione thailandese della foresta ”, èl ’abate del luogo e parte da un principio sem-plice quanto fastidioso: nella filosofia bud-dhista, un essere umano non viene conside-rato del tutto sano di mente finché non rag-giunge l ’Illuminazione. Il resto, cioè quelloche noi chiamiamo vita, è solo un misto d ’in -soddisfazione e mugugno, che poi – è un atti -mo – magari diventano disturbo ossessivo-compulsivo o depressione. Il racconto del-l ’incontro tra abate e giornalista, che sta al -l ’inizio di “Il cervello di Siddharta” (Rizzoli)di James Kingsland è solo una delle ormaiinfinite narrazioni di dissonanza cognitivaseguita da fascinazione checi provoca il pen-siero buddhista. Pensiero dal quale noi occi-dentali siamo attratti da almeno duecentoanni – come dimostra la data del volu -me”Sulla lingua e la sapienza degli india -

ni”di Friedrich Schlegel (1808)– ma che oggiappare all ’intellettualismo occidentale co-me un miraggio di serenità e ricchezza inte-riore, al cui confronto le promesse del neoli-berismo e quelle del cristianesimo si nebu-lizzano. Dovessimo dare un ’etichetta al piùgrande movimento di ricerca censito dai me-dia dall ’estate scorsa ad oggi staremmo benlontani dalla politica o dalle accademie e sil-laberemmo impavidi “mindfulness”.

Mai come adesso sembriamo stanchi, madi quella stanchezza fatta apposta per esse-re curata con l’ultimo grido della preghieralaica: la meditazione. Mai come adesso lamente vuole astrarsi, staccare, fermarsi,svuotarsi, contemplare, o così ci interpreta-no. E noi assentiamo: sì, è così, quello chemi manca è proprio sedermi e fissare il mu-ro mentre la prima mano di fresco si asciu-ga. Naturalmente, nel momento stesso incui lo diciamo a noi stessi e agli amici, dia-mo l’ok alla subscription della quinta ne-wsletter della giornata e postiamo la foto di

un piatto vegano e free from che sembraproprio coda alla vaccinara. E proprio per-ché siamo consapevoli di questa nostra in-congruenza, le parole del monaco con ilcappello di paglia ci sembrano più belle evere di quelle dei giornalisti scientifici:“Siamo tutti malati di mente”. Che cosa ciserve, davvero, per guarire? Secondo il li-bro più trascurato eppure più “illuminato”della passata stagione letteraria, serve“l’autorizzazione a lasciarci andare”.

In “Estasi: istruzioni per l’uso. Ovverol’arte di perdere il controllo” (Carbonio),Jules Evans se ne va per le città del mondoin cerca della strada per il “non Io” e rac-conta ogni tappa come fosse una trattoriapiù pensione tre stelle di una guida slo-wfood alla trascendenza. Filosofo per lungotempo aderente allo stoicismo, Evans hasentito il bisogno di lasciarsi andare e – co-me molti di noi vorrebbero fare se non glitoccassero uffici, famiglie e agenzia delleentrate – ha deciso di sperimentare ognipossibile offerta terrena di luna park spiri-tuale promossa dai più diversi orientamen-ti mistici. Senza disdegnare nemmeno di pe-scare nel torbido, come è accaduto per glieredi del guru che fino a poco tempo fa sa-rebbe stato considerato quantomeno con-troverso e che invece è diventato in breve –grazie alla serie bomba di Netflix “Wildwild country” – il più rispolverato e trendy:Bhagwan Shee Rajneesh, detto Osho. Al fe-stival di “Sessualità consapevole” organiz-zato nel Dorset alla Osho Leela House,Evans ha provato la “meditazione Aum”, untrip di due ore e mezzo attraverso quattordi-ci fasi. “Prima ci siamo gridati contro l’unl’altro, con un tizio che sembrava Iggy Popche mi urlava: ‘Sono meglio di te, bastardocoglione con la barba rossa’”, racconta più omeno a metà del volume, nel capitolo “IlTempio dell’Amore Tantrico”.“Poi ci siamoabbracciati e ci siamo chiesti perdono. Cisiamo guardati intensamente negli occhi,dicendoci che ci volevamo bene. Poi abbia-

mo dato di matto, abbiamo gridato di nuovoe abbiamo riso. Siamo stati guidati attraver-so emozioni forti, come se qualcuno pre-messe i tasti di un telecomando. E la cosapiù strana è che le ho sentite una per una,

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PAESE : Italia PAGINE : 8SUPERFICIE : 78 %PERIODICITÀ : Quotidiano

DIFFUSIONE : (25000)AUTORE : Di Stefania Vitulli

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quelle emozioni. Siamo davvero così facilida manipolare?”.

Questa è solo una delle domande a cuiEvans cerca risposta con il suo tour delleorganizzazioni patentate a portarci fuoricontrollo. Ovvero in estasi: l’incanto prossi-mo alla beatitudine in cui coscienza e libe-ro arbitrio vengono sostituiti da un primor-diale stupore catartico così simile all’inef -fabile postorgasmico. Uno stato che AldousHuxley chiamava “bisogno di autotrascen-denza”, lo psicologo Abraham Maslow

“esperienza picco”, un altro psicologo,Mihàly Csikszentmihalyi, “il flusso” in cuiperdiamo la cognizione del tempo e ci di-mentichiamo di noi stessi e lo studioso disostanze psichedeliche Gordon Wasson ap-punto “estasi”, pur stigmatizzandone ogniattributo di spensieratezza: “L’estasi non èspassosa affatto. La tua anima viene cattu-rata e sbatacchiata fino a vibrare. Chi sce-glierebbe di provare uno stupore puro, nondiluito?”. Evans, giustappunto. Per rispon-dere alle proprie domande e pure a quelledi Wasson, Evans testa tutti i tipi di stupore,puri e impuri, certo mai diluiti: premorien-za, poesia come porta verso l’oscurità (d’al -tra parte, Vonnegut chiamava i racconti “pi -

solini buddisti”), performance artistica co-me creazione di spazio carismatico e ener-gia comunitaria, rockstar come sciamani edeejay come dèi, centri clinici psichedelici,Vipassana e naturalmente sesso sesso ses-so, dalle pratiche BDSM – in cui il doloreestremo travolge il sistema nervoso para-simpatico e le endorfine e oppioidi rilascia-ti come conseguenza annullano il Sé – alla“Danza dei 5 ritmi”, per risvegliare kundali-ni. Fino alle note conclusive, le più antiteti-che tra loro: l’estasi della battaglia, indottadalla potente scarica di adrenalina dellaviolenza e dell’avventura; quella dell’ecolo -gia profonda, di cui sono adepti gli studentidello Schumacher College, nel Devon, chestudiano “saggezza indigena” e praticanorituali neopagani in un tentativo di ritornoal modello magico del cosmo incantato po-polato di forze ed energie spirituali e infinel’estasi di quella che Evans chiama “Futu -reland”, incarnata dai “transumanisti” co-me Jason Silva, il filosofo performer con-duttore, su un canale Youtube che sfiora ilmezzo milione di iscritti, di una serie viraledal titolo “Shots of Awe”.

Evans definisce il Transumanesimo “unafilosofia secondo la quale la tecnologia pre-sto renderà gli individui in grado di trascen-dere la loro condizione umana e di assurge-

re allo stato immortale di semidei” e ogniscetticismo in proposito va quantomeno raf-freddato. Non tanto perché Barbara Carfa-gna ci abbia fatto la prima puntata di “Codi -ce” su Raiuno, ma perché persino Harari –quello che con “Homo Sapiens”ha superatoil milione e 200mila copie – in “Homo Deus”ha affermato che proprio questa diventeràla religione del futuro. Sono profeti da nonsottovalutare.

Evans è un coraggioso stile Frazer nel“Ramo d’oro”, anche se tende a farsi pren-

dere un po’ troppo dall’entusiasmo. Cinqueanni fa, ad esempio, ha intitolato la sua TedTalk “Come la filosofia può salvarti la vita”(aseguito del suo libro “Filosofia per la vitae altri momenti difficili”, tradotto in Italiada Mondadori). Lì spiega che da adolescen-te soffriva di attacchi di panico e altri di-sturbi emotivi e ha trovato aiuto nella tera-pia cognitivo-comportamentale. Invece diaccontentarsi e ricominciare sereno a fre-quentare i pub, però, scavò a fondo e scoprìche la terapia suddetta ha le sue radici nel-la filosofia greca antica per poi intervistarealtri come lui – compresi gangster, astro-nauti, militari e politici –che avevano trova-to conforto nei pensatori ellenici. Di qui l’i-dea di estrarli da polverosi scaffali e rici-clarli come terapeuti. Con immutata tigna,Evans applica le regole del reportage allaconfusa congerie di devozioni contempora-nee: per dimostrare quanto atei, devoti sem-plici e politeisti siano assetati di epifania,mette il dito nella piaga metafisica in unmomento in cui sarebbe più comodo scrive-re l’ennesimo saggio sull’iperconnessione.

Ma soprattutto non si sottrae all’espe -rienza del lasciarsi andare, al punto da sfio-rare prima il ridicolo e poi la perdita di po-polarità. Tanto per restare ancora un pochi-no all’ombra di Osho e del Dorset, possiamocitare ad esempio la “cerimonia del cacao”,cui durante il ritiro Evans non esita a sotto-porsi: “Ci siamo seduti in un cerchio e ab-biamo invocato solennemente la dea MamaCacao, chiedendole di intercedere per lanostra guarigione. Infine ci hanno offertouna tazza di cioccolata densa e fredda, e cihanno detto di distenderci e di lasciarci an-dare. Gradualmente le persone hanno ini-ziato a gemere, agitarsi e singhiozzare, fin-ché tutta la stanza non era un groviglio digrida, risate e lacrime. Immagino che ser-

visse loro solo l’autorizzazione a lasciarsiandare – il rituale avrebbe potuto prevede-re un sacchetto di patatine al posto del ca-cao… Però mi domandavo, questo processo

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di “rimozione delle inibizioni” ha mai fine?O è piuttosto un esorcismo senza termine,come sbucciare una cipolla strato dopostrato?”.

Grazie a questa prospettiva critica, Evansnon perde mai il senso del ridicolo, eppurearriva un momento in cui pare che una dellecomunità religiose di cui fa esperienza loconquisti pienamente: “Ho annunciato sulmio blog che mi ero convertito al cristiane-simo”, scrive dopo aver frequentato il pro-gramma del Corso Alpha dell’Holy TrinityBrompton (HTB) a Londra, nel 2012. “Ero

uno scrittore freelance stoico, vivevo da so-lo, ero single – in teoria, quanto di più indi-vidualista ci possa essere sul mercato”, rac-conta. “In quel periodo uscivo con una ra-gazzacristiana ed ero rimasto colpito da co-me lei e i suoi amici praticanti siprendessero cura gli uni degli altri. Sem-bravano più aperti alle esperienze estati-che di quanto non fossero i filosofi”. In quelmomento della sua vita, Evans è un inglesemedio che ha rifiutato il Cristianesimo a se-dici anni, non ha mai letto la Bibbia e pensache i cristiani siano gente un po’ stramba,ma, come si sarà capito, ama provare cosenuove e detesta arrendersi alla noia, per cuisi dice “Perché no?”. “Inglese medio” per -

ché, secondo le statistiche, oggi un inglesemedio, appunto, si imbarazza più facilmen-te se deve raccontare che frequenta unachiesa che non se rivela di aver partecipatoa un corso yoga o a un ritiro Vipassana. In-somma, essere fedeli e praticanti in UK nonè cool.

E infatti è con questa confessione cheEvans mette a rischio il suo quasi mezzo mi-lione di seguaci digitali: molti degli iscrittialla newsletter del blog cliccano all’istantesu “Unsubscribe”, dando per scontato chela scelta cristiana significhi per Evans es-sersi trasformato in un omofobo fondamen-talista. “Vent’anni per costruirsi una repu-tazione e cinque minuti per perderla”, di-rebbe Warren Buffet. Anche i colleghi uni-versitari di Evans si chiedono se non si siaun po’ “fatto trascinare” dal nuovo ambien-te che frequenta, mentre quando comunicaagli editori che la conversione al cristiane-simo potrebbe essere il tema del suo prossi-mo libro, reagiscono con orrore. Simmetri-camente, la fulminea reazione della comu-nità HTB è dare il grande annuncio: “Filo -sofo ateo di colpo trova il Signore”. I nuoviamici cristiani lo classificano come “in mis-sione per conto di Dio” e non esitano a lan-

ciarlo su un palco per testimoniare la pro-pria esperienza di convertito. E’ così che laneonata e fragile fede di Evans torna a va-cillare. Non prima però di aver provato lasensazione, nel ritiro Alpha di Ffald y Bre-nin, nel Pembroke, di essere stato “toccato”dallo Spirito Santo: “All’improvviso il miopetto si è riempito di un’energia intensa, co-sì intensa da gettarmi la testa all’indietro;spingeva sempre di più fino a quando nonho sentito i muscoli del collo pulsare di do-lore. …Era come se un piacere bruciante miinfiammasse il torace, così potente da moz-zarmi letteralmente il fiato”. Pupille dilata-te e stomaco sottosopra, Evans si ritrova abere a sorsate nel bagno in uno stato cheparagona all’essere “fatto di ecstasy”, pen-sando che in fondo i suoi antenati sonoquaccheri e “questa roba” ce l’aveva da se-coli nel sangue.

Evans sta ancora “imparando a perdere ilcontrollo”, dichiara alla fine del libro, main questo fosco periodo di rigidità mentalevirtuale, il merito di un’indagine sul flipperdelle fedi non è tanto quello di svelare che -nel farsi pop culture della nostra distoniaspirituale – davvero confondiamo followercon seguace e crediamo di poter scegliere ilnostro dio a scaffale come all’iper o, peggio,come una gonnellina su Zalando, senzanemmeno provare se la taglia dichiarata cicalzi a pennello. E’ ormai chiaro che, daiSilver alla generazione Z, ci azzardiamo amescolare tantra e bacche di goji come in-gredienti di un venerabile milkshake, tantoche lo scicchissimo Rampini un paio di me-si fa su D di Repubblica celebrava l’ultimovezzoso picco di politicamente corretto: lecene a Manhattan precedute da email in cuile padrone di casa, nel chiedere lumi sulmenu da preparare, accomunano intolle-ranze, movimenti e diete alle restrizioni re-ligiose, per cui celiaci, vegani ed ebrei os-servanti si ritrovano a girare sulla stessagiostra del credo generico. Esplorare l’of -ferta di “soulhunter” ha quindi un altro me-rito: aprire gli occhi sul jukebox della tra-scendenza può renderci più vigili e menosuperficiali, più resistenti a quell’ansia diappartenenza che confonde la connessionecon il contatto e spessoporta verso una “so -cietà magica” o chiusa (come la chiamavaPopper) troppo promettente per essere pu-ra. Sperimentare l’estasi è fichissimo, an-che se per farlo dobbiamo alzarci alle quat-tro del mattino e provare a comprendereche tutto è “anicca”, impermanenza. Ma avolte il rapimento dionisiaco per cui ci met-tiamo in fila è solo una grandiosa dimostra-zione di retorica cui non si può mettere al-

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cuna stabile etichetta, tanto meno quella difede. Il risultato tuttavia è che l’ansia di ap-partenenza viene placata, perché quel checredevamo fosse fede invece era tribù. E aquel punto ogni esperienza comunitaria,dalla condivisione di Facebook alla fratel-lanza del jihad, può far somigliare la peg-gior quotidianità a un’imperdibile avventu-ra tra inseparabili.

Il resto,quellochechiamiamovi t a, è solo un mist od’insoddisfazioneemugugno,chepoimagaridiventanodisturbo

Huxleylochiamava“bisognodiautotrascendenza”, AbrahamMaslow“esperienzapicco”,MihályCsìkszentmihályi,“il flusso”

JulesEvansha decisodisperimentareognipossibilelunaparkspiritualepromossodaipiùdiversiorientamentimistici

“Primacisiamogridaticontrol’unl’altro,untiziochesembravaIggyPopmiurlava:‘Sonomegliodite,bastardocoglionebarbarossa’”

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“Il festival dell’estasi”, nella “mappa” inserita nel libro di JulesEvans“Estasi: istruzioni per l’uso. Ovvero l’arte di perdere il controllo” (per gentile concessione dell’editore Carbonio)

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