un gabbiano di nome Jonathan - parrocchiadiarco.it · Figlio mio, sei ridotto a penne ... «Mamma, papà, è importante quello che ho scoperto. Sono diverso, ... «Ma da quanto tempo

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un gabbianodi nome Jonathan

Campeggio

Campeggio

Campeggio

Campeggio

Campeggio

San Giovanni al monte





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�� L’inno del campeggio:L’inno del campeggio:L’inno del campeggio:L’inno del campeggio:L’inno del campeggio:

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1. Gabbiani, non galline!

Era di primo mattino, e il sole appena sorto luccicava tremolando sullelatti-ne schiacciate e i brandelli dorati di carta da cioccolatini. Fiottipuzzolenti e nauseanti scaturivano dalla montagna di rifiuti delladiscarica K7 della Pubblica Nettezza Urbana.Sulla tangenziale torinese le auto correvano intruppate verso fabbrichee uffici, lasciando scie di fumo azzurrino. L’autocarro numero 201,carico di rifiuti appena raccolti, imboccò rumoro-samente la salita cheportava alla vetta delladiscarica. Era il segnale disve-glia dello Stormo.Al grido di: «Simmenthalsveglia l’appetito», lostormo di gabbiani si gettòa v i d a m e n t esull’immondizia che venivascaricata, in un mulinare dipiume e di becchi.Cominciava così una nuovapiacevole giornata diallegra pappatoria.Ma lontano di là, ai limitidella discarica, vicino alla recinzione metallica e ai cipressi chepudicamente la dividevano dai prati della cascina «Marche-sa», unvecchio gabbiano spennacchiato osservava il sorgere del sole incompagnia di un gabbiano giovanissimo e grassottello che, si può vera-mente dire, «pendeva dal suo becco”.II vecchio gabbiano si era da tempo ritirato dallo Stormo e viveva inun fu-stino di detersivo vuoto. Era il motivo per cui tutti lochiamavano Dixan. O più correttamente, «quel vecchio pazzo diDixan». Tutti, meno il giovane gabbiano Jonathan Junior. «Alza gliocchi, Gei Gei - stava dicendo Dixan - e guarda il cielo: quello è ilregno dei gabbiani; non siamo nati per razzolare nella terra come legalline a caccia di vermi o peggio...- la voce di Dixan era bassa e ra-schiante - nell’immondizia. Volare e pescare. Dove non ci sonoconfini...». Dixan chiuse gli occhi, in preda a uno dei suoi sogni.«Insegnami a volare, Dixie. Per piacere...». Jonathan pronunciò questepa-role tutte d’un fiato, arrossendo dalla punta del becco alle penne

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della co-da. Era davvero molto giovane e aveva paura a fare qualcosadi diverso dalle leggi dello Stormo.«I gabbiani non sanno più volare. Hanno scoperto il cibo facile. Per lamag-gior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. Questimucchi di rifiuti, vicino alle città, stanno cambiando il nostro popolo.Vengono qui a migliaia, dal mare e poi restano qui. Svolazzano qua elà. Non “volano” più». «Io voglio volare», ribatté caparbiamenteJonathan.

2. Controcorrente!

E senza aspettare il parere di Dixan, decollò decisamente. Si portò,anna-spando goffamente nell’aria, sulla cima del cipresso più alto. Siriposò un attimo, poi spiccò il volo verso l’alto. Dopo qualche decinadi metri gli man-carono le forze e stallò clamorosamente.

I gabbiani dello stormoche avevano assistito allapenosa esibizione scop-piarono a ridere.Jonathan si sentiva le alisbrindellate, ma piùancora gli pesava ilfallimen-to. Aveva unagran voglia di piangere.«Volerò», si disse, escosse il mar-ciume chegli si era incollato allepenne.Trascinando un’ala

malconcia ritornò da Dixan. II vecchio gabbiano aprì un occhio, unosolo, e bofonchiò: «Bah!». Poi aprì anche l’altro occhio e brontolò:«D’accordo, ti insegnerò a volare. Devi cominciare a capire che volarenon significa semplicemente sbatacchiare le ali come le galline o lezanzare. Domani cominceremo con il volo orizzontale...».Cominciarono dei giorni belli e faticosi per il gabbiano Jonathan Junior.Ap-pena il cielo si illuminava, lui era già al recinto che provava eriprovava. Dopo qualche giorno riusciva a librarsi in aria con sufficiente

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padronanza delle ali. Sbandava ancora nelle virate e spesso sispiaccicava ignominio-samente al suolo.Dixan lo osservava di sottecchi e gli parlava con voce grave: «Innanzitutto devi renderti conto che un gabbiano è fatto a immagine del GrandeGab-biano: è un’infinita idea di libertà, senza limite alcuno...».Intanto i muscoli di Jonathan si rinforzavano; il suo corpo si affilò:divenne più leggero e aerodinamico. Dopo un mese riusciva a picchiarecon per-fetta coordinazione e sfrecciava a 90 km all’ora davanti al suoistruttore.

Finalmente, un giorno, Jonathan Junior (portava con orgoglio ora quelJu-nior, anche se di cognome, in realtà, sichiamava Orizzonti alla fine di unvertiginoso mulinello verticale si buttòin picchiata, cabrò dopo aversfiora-to la vetta dellam o n t a g n a d’immondizia, ecapì di non aver più niente daimparare sul volo.Lo Stormo fu destato disoprassalto dalle sue grida. Gridava asquarciago-la, da un’altezza di più di centometri: ..So volare! Ehi, guardate! SO VOLARE».«Quello è completamente i m p a z z i t o » ,brontolò uno.«Bisogna far qualcosa... È irrecuperabile, ormai... Cacciamolo via, primache rovini altri giovani...», bofonchiavano altri.Poi tornarono a dormire.

«Mamma, papà, avete visto? Ce l’ho fatta!».Jonathan si posò accanto ai genitori e ai fratelli. Ma la sua famiglianon con-divideva affatto il suo entusiasmo. Mamma e papà avevanola faccia buia. «Ma perché, Gei Gei, perché? - gli domandò suamadre.- Perché non devi essere un gabbiano come gli altri, Gei Gei?Ci vuole tanto poco! La-scia volare le rondini e le mosche... E perchénon mangi più niente? Figlio mio, sei ridotto a penne e ossa!».«Assaggia queste caramelle, figliolo - disse suo padre -. Morosita:mor-bida è la vita. Prendi il tuo bel diplomino, sposi quella bellagabbianina, la Manuela Nonsocomesichiama, che ti piaceva tanto...

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Ti abbiamo con-servato quello zaino Invicta per farci un nido con ifiocchi, resistente nel tempo...».«Mamma, papà, è importante quello che ho scoperto. Sono diverso,adesso...».«Mangia una Fiesta e la vita ti sorride, Gei Gei. La vita è pappatoria.II resto sono stupidaggini», disse il padre preoccupato.La madre non riusciva a trattenere le lacrime: «Finirà male, lo sento.II Con-sigliodello Stormo èmolto irritatocon te. Ma, GeiGei caro,guardati intor-no. Qui haitutto quello chep u o id e s i d e r a r e :dolci saccottini,profumati de-tersivi, tonno inscatola... A cheserve volare?«Non è unaragione di vita,mamma. Noi siamo gabbiani! Dobbiamo vola-re, sfidare le onde delmare, pescare. Siamo chiamati a essere liberi!». «Poveri noi! Poverinoi!», gemette la mamma.

II giorno dopo, Jonathan Junior fu convocato dal Grande Consigliodello Stormo. Le zampe gli tremavano un po’, quando si trovò al centrodell’As-semblea Generale e si sentì tutti quegli occhi puntati addosso.«Gabbiano Jonathan Orizzonti, detto Junior, la tua temeraria eirresponsabile condotta, nonché la stupidità di certe tue espressioni,fanno di te un individuo pericolosamente antisociale - esordì consolennità l’Anziano Presidente del Branco. - Perciò sei condannatoall’esilio al di là dell’autostra-da. Così potrai meditare sulle tuesciocchezze e imparare che tutto ci è ignoto, e tutto della vita èimperscrutabile, tranne che siamo al mondo per man-giare, e campareil più a lungo possibile».

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Jonathan non riuscì a tenersi dentro quello che sentiva, anche se nessungabbiano mai aveva osato interrompere l’Anziano mentre parlava, escop-piò d’indignazione.«Fratelli gabbiani - gridò, - non siamo fatti per razzolare nellaspazzatura! Siamo un’idea infinita, siamo specchio del GrandeGabbiano, abbiamo ali grandi e il cielo è nostro...».Dal gruppo dei giovani gabbiani partì un coro beffardo: «Scemo,scemo...».L’Assemblea si sciolse nella confusione. Mortificato ma fiero, Jonathansalutò i genitori e i fratelli. La mamma, in lacrime, lo riempì diraccomandazioni. «Non mi fermerò di là dell’autostrada, mamma - leripeté lui per l’ennesi-ma volta.-Vado al mare... Non mi fermerò al dilà dell’autostrada».Poi spiccò il volo. Un volo deciso, prepotente. Descrisse un ampiocerchio sulla Pubblica Discarica K7, su cui i gabbiani dello StormoS i m m e n t h a ls v o l a z z a v a n ocome moscheper laq u o t i d i a n asbafata, poi in unattimo fu solo più unpuntolino appena visibilecontro il Sole che sorgeva.Fece ancora in tempo asentire le ultime parole delpadre.«Ricordati, figliolo: Dove c’èBarilla c’è casa!».

3. Lo stormo Bonaventura

Dixan glielo aveva detto: «Il mare è a Oriente. Di là siamo venuti. Seguiil primo fiume che incontri; si getterà nel grande fiume; segui il grandefiume e arriverai al mare. Non ti puoi sbagliare».Perciò Jonathan Junior puntò deciso verso il Sole Nascente. Trovò benpre-sto il primo fiume e poi il secondo, molto più grande. Quandovide l’acqua che, con la sua calma inarrestabile, fluiva verso il mare,un sentimento di incontenibile esultanza lo inondò dal becco alla coda.

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Cominciò a fare acro-bazie per aria, gridando a squarciagola: «Al mare!Al mare!».Dopo un paio d’ore gli venne fame.«Perché mi preoccupo?-si disse.-I gabbiani pescano per mangiare...».Non lo aveva mai fatto prima, ma doveva pur incominciare.«Mi aiuterà l’istinto», pensò.Sfiorò l’acqua alcune volte aguzzandolo sguardo. L’acqua era opaca, gri-giastra. Intuì il guizzare di qualchepesce sotto la superficie.Decise di buttarsi. Salì a quota cento esi buttò in picchiata, becco diritto ingiù. Ma non riuscì a ripiegare le ali intempo. Spanciò ignobilmente, mentrel’acqua gli sembrava dura comegranito.Quando tornò in sé, il sole era alto nelcielo. Jonathan galleggiava, portatodalla corrente del fiume. Si sentiva apezzi, disarticolato, avvilito. Sotto dilui i pesci nuotavano beffardi. Ma nonaveva neanche la forza di arrabbiarsi.Si diresse verso riva e frugò nel fango con il becco per trovare insetti ever-mi. «Come le anatre...”, pensava mortificato.

«Amico, se vuoi mettere nel becco qualcosa di meglio, fai un salto daque-sta parte».La voce, proveniente dai cespugli della riva, lo fece sobbalzare. Ungab-biano! C’era un altro gabbiano da quelle parti!«Chi è là?», chiese con cautela e un po’ di batticuore.«Mi chiamo Christian Aldivento. E sono un esiliato, come te. O misbaglio?». «Non ti sbagli. Io sono Jonathan Junior».«Un gran nome...».«C’è del cibo abbondante, vicino alle case degli uomini. Siamo incinque. Tutti reietti».Cosi Jonathan fece conoscenza con Ricki Quattroventi, JudiRossodisera, Franz Beccodiferro e Dolce Chiarodiluna.«Io vado al mare», annunciò Jonathan.«Anche noi vogliamo andarci», disse Dolce. Franz, un gabbiano fortee mu-scoloso, assentì convinto, poi con un colpo deciso del becco aprì

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uno squar-cio in una scatola di würstel e cominciò a inghiottirli unodopo l’altro.«Quando ripartite?», chiese Jonathan.I cinque si guardarono imbarazzati. Judi si concentrò sul budino chestava succhiando con professionale coscienziosità.«Ma da quanto tempo siete qui?», chiese ancora Jonathan. «Da tanto...»,mormorò Christian.«Non andiamo di fretta», bofonchiò Franz, tra un wurstel e l’altro.«È cosi-spiegò Dolce con la sua voce caramellata.-Volevamo andare almare. Per questo ci hanno cacciati dai nostri stormi. Ma volare stancatroppo...».«E qui abbiamo trovato questa fabbrica di alimentari in scatola-la inter-ruppe Ricki.-Non hai idea di quante scatole di roba buona buttino via!».«Un sacco di cose buonissime», fece Franz ingoiando würstel con rin-novato entusiasmo.Ma i gabbiani volano e pescano!», esclamò Jonathan.«Nessuno di noi sa pescare-disse Judi, piano piano.-Nessuno ce lo hainsegnato...».«Neanche a me riesce molto bene...-ammise Jonathan.-Ma non è unmotivo per perdere tempo qui. Andiamo al mare. Là qualcuno ci inse-gnerà a pescare».

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«Giuriamo di non lasciarci finché non saremo arrivati al mare. E diaiutarci l’un l’altro, sempre. Formeremo un nuovo stormo. Lo StormoBonaventu-ra», disse solennemente Jonathan.Si toccarono con la punta delle ali. Formarono un cerchio.«Per lo stormo Bonaventura, Hip Hip!», gridò Franz.«Urrà!», risposero in coro.«Siamo gabbiani, non galline», strillò Judi.«Brava Judi! Questo sarà il nostro motto», proclamò Jonathan. «Urrà!»,fecero gli altri.Partirono un paio di ore dopo. Jonathan si accorse che erano tutti uccellimolto svegli e sapevano volare con discreta tecnica. Solo Franz si voltòindietro a guardare la fabbrica di prodotti alimentari in scatola.«Peccato... però!».Battevano le ali quasi all’unisono. In formazione perfetta, Jonathandavan-ti, Dolce e Judi in seconda fila e i tre maschi allineati a chiudereil triangolo, filavano come una freccia scoccata da un poderoso arco.Mentre il nastro d’argento del fiume segnava la rotta. Verso il mare.

4. L’imprevedibile

Billy, il falco pellegrino, era stufo di mangiare topi. Erano mesi chemangia-va topi. Oltretutto gli davano un fastidioso bruciore di stomaco.Quel matti-no era più che mai deciso ad andare a caccia. Una bellacaccia grossa, come ai vecchi tempi. Si diresse verso il fiume.«Magari qualche anatra stanca del lungo viaggio... Un grasso piccione...Chissà...», borbottava tra sé, mentre i suoi occhi acutissimiscandagliava-no il cielo, come un radar.

Li vide e virò esultante.Erano bianchi,s u f f i c i e n t e m e n t eappetitosi ai suoi occhi.Indubbiamente stan-chi.Non tanto il primo, chetagliava l’aria ancoracon vigore, ma gli altridietro remigavanomalamente.Billy si portò in alto eaumentò la velocità.

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Adocchiò il gabbiano più stanco, che si stava lentamente staccandodagli altri.«Gnek!».II falco passò come un proiettile. Dolce emise uno stridio sorpreso edispe-rato. Una striscia di sangue le macchiava la bianca livrea.«Prendila, Franz!», urlò Jonathan, che aveva capito quello che erasucces-so. Franz afferrò Dolce con il becco poderoso, impedendole dicadere, e continuò a volare.«Andate avanti come se niente fosse!», disse Jonathan, poi si lasciòcadere a corpo morto.Billy dopo il primo attaccovirò e si preparava a unsecondo attacco quandovide il gabbiano checadeva.«Perbacco! L’ho fattosecco al primo colpo...»,fece sorpreso. Poi si buttòin picchiata per ghermirela sua preda al volo, primache finisse al suolo. Erauna delle cose che gliriuscivano meglio.«Gnek!».A neanche un metro da terra, i suoi artigli erano a qualche centimetrodal gabbiano, quando questo spalancò di colpo le ali e,improvvisamente, schiz-zò via riprendendo quota, rapido come uncolpo di vento.I falchi non hanno un sistema di frenaggio molto efficiente, per di piùBilly non si aspettava la manovra di Jonathan. Si spiaccicò al suolo inmodo di-sastroso, in un turbinio di penne svirgolate.«Accidenti a chi insegna certe manovre ai gabbiani!-pensò.- D’ora inpoi mangerò solo topi».

5. Al mare insieme... con Qualcuno

Jonathan Junior raggiunse i compagni che ora apparivano stremati.Franz continuava a portare Dolce, ma il peso della compagna gliimpediva di volare normalmente.

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«Fermiamoci su quell’isolotto-disse Jonathan.-E riprendiamo fiato».Atterrarono con un po’ di circospezione. L’attacco del falco li avevaresi più attenti. Attorniarono Dolce che si lamentava debolmente.Aveva perso molto sangue.«Lasciatemi qui - disse Dolce. - Non ce la farò a volare... Mi aggiusteròin qualche modo».«Neanche per sogno! - La voce di Jonathan era quanto mai risoluta.-Non si abbandona mai un compagno in difficoltà! È la prima leggedello Stormo. Arriveremo al mare tutti insieme».«Proprio così! - dissero tutti. - È la legge dello stormo».Dopo alcuneore di riposo,ripartirono.Dolce avevasmesso dis a n g u i n a r e ,ma era moltodebole ed eracostretta av o l a r elentamente. Aturno la sor-reggevano e laaiutavano.II fiumed’argento sottodi loro era ognigiorno più largo.E l’aria aveva atratti unprofumo diverso.Un profumo salato che destava in loro una stra-na inquietudine, unaspecie d’impazienza.Una notte si fermarono in una zona paludosa. Non riuscivano neanchepiù a trovare qualcosa da mangiare, tanto erano stanchi. Appena ilcielo, a orien-te, cominciò a illuminarsi, Jonathan si levò inperlustrazione. Era il suo com-pito tutte le mattine.Dixan gli aveva detto un giorno: «Più alto vola il gabbiano, e più vedelontano». Perciò Jonathan ogni mattino si levava altissimo econtemplava la nascita del Sole. E nel suo cuore cantava:

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«Guidami, Astro di fuoco, sulle azzurre rotte dell’infinito cielo.Guidami, Grande Gabbiano, non lasciar cadere questo mucchietto dipiume».Così quel mattino lo vide. II mare. Un’argentea distesa, un lembo dicielo sulla terra. II mare!Eccitati e felici, ripresero il volo. Divorarono gli ultimi chilometri.Finché non li accolse l’infinito abbraccio del mare.Quel giorno i gabbiani della spiaggia e delle scogliere furono svegliatidal gran chiasso e con gli occhi ancora carichi di sonno osservaronostupiti sei gabbiani che si tuffavano nelle onde, ridevano, piangevanoe si spruzzavano con l’ac-qua marina.«Siamo lo stormo Bonaventura e siamo arrivati al mare!»..

Erano passate due settimane dal loro arrivo al mare. Erano stati accolticon simpatia da tutti e aveva-no avuto un territorio per il loro stormo.L’esperto Gian Saldocuore insegnò a pescare ai nuovi venuti. «Pescarenon è questione di muscoli. Bisogna saper guardare e saper giudicareil momento opportuno, poi avere un perfetto controllo del propriovolo…».Dopo qualche mese avevano imparato a planare silenziosamentesull’acqua, vigili e pronti a scattare. I grandi orizzonti marini stavanotrasformando il loro cuore e la loro mente. «È questa l’esperienza»,pensava Jonathan. «Ma… sto imparando un’altra cosa: si può sempreandare un po’più in là. Se lo vuoi».«Siamo gabbiani, non abbiamo orizzonti quaggiù», disse Christian

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Man mano che i giorni passavano, sempre più di frequente capitava aJo-nathan di ripensare alla montagna di spazzatura dalla quale eravenuto.Chissà, si domandava riposando sul lido, chissà se laggiù adesso cisarà qualche gabbiano dello Stormo Simmenthal che lotta e s’arrovellaper im-parare a volare, per scoprire che la vita non è fatta per frugarenell’immon-dizia, che non serve solo a procurarsi roba da mangiare eche c’è un mondo senza orizzonti, oltre l’autostrada.Più pensava al suo vecchio stormo, più cresceva in lui la nostalgia. Siconfidò con Gian Saldocuore.

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«Non è questione di nostalgia - gli disse il saggio gabbiano. - Tu haiavuto molte lezioni di bontà e ora conosci la cosa più importante:l’amore. E per te, mettere in pratica l’amore significa rendere partecipidella verità e delle tue scoperte altri gabbiani. Tu vorresti tornare persalvare i tuoi vecchi amici. Salvare! Era esattamente quello che Jonathanpensava. «Proprio così! - si disse. - Tornerò laggiù e li salverò».I suoi compagni si dimostrarono un po’ meno entusiasti, ma Jonathanfu irremovibile. Un mattino, mentre il sole cominciava a dipinge-re digiallo e rosa il mare a oriente, si levò in alto. Diede una lunga occhiataagli infiniti orizzonti che amava tanto, poi virò decisamente versooccidente e riprese, all’incontrario, la strada del grande fiume.II gabbiano Peppino Piumone era un mucchio di penne e rabbia prontaad esplodere. Ne aveva abbastanza dello Stormo Simmenthal e diquelle giornate sempre uguali a scorticarsi ali e becco alla ricerca divettovaglie nell’immondizia.«Diventerò anch’io un fuorilegge, se è questo che vogliono. Ma nonvoglio passare tutta la vita come uno stupido pollo!», sbottò a granvoce.«Via, Peppino, non te la prendere con loro!». La voce di Jonathan eradolce e pacata. «Un giorno i loro occhi si apriranno. E allora la vedrannocome te. Perdo-nali, e aiutali a capire». Vuoi imparare a volare vero,gabbiano Peppino Piumone?».«Sì, desidero volare!». «Allora,domattina, cominceremo con il volo orizzontale...».II mattino dopo, due gabbiani volavano alti sulla discarica. Uno eraagile e incantevole, e tagliava l’aria tersa del mattino come una lamaben affila-ta, l’altro cercava di tenergli indietro con un volo un po’impacciato, ma che prometteva bene. Ottomila pupille di gabbianoguardarono, sbarrate.«È Jonathan, il reietto! E ha osato tornare! Ma questo è inaudito... Inam-missibile! E Peppino Piumone è con lui... Deve essere esiliato anchelui!”. «Vedi, Peppino - diceva Jonathan con affetto - ogni gabbiano èfatto a immagine del Grande Gabbiano, una scheggia d’infinito. E nonbadare a quello che dicono. Ora che hanno guardato in alto, il cieloincomincerà a entrare anche in loro... E non saranno mai più comeprima».

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Saluto cristianoSaluto cristianoSaluto cristianoSaluto cristianoSaluto cristiano

Sia lodato Gesù Cristo.Sempre sia lodato.

Segno della CroceSegno della CroceSegno della CroceSegno della CroceSegno della Croce

Nel nome del Padree del Figlio

e dello Spirito Santo.Amen

GloriaGloriaGloriaGloriaGloria

Gloria al Padree al Figlio

e allo Spirito Santo.Come era nel principio,

ora e sempre,nei secoli dei secoli. Amen.

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Padre NostroPadre NostroPadre NostroPadre NostroPadre Nostro

Padre nostro,che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà,come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,e rimetti a noi i nostri debiti

come noi li rimettiamo ai nostri debitori,e non ci indurre in tentazione,

ma liberaci dal male. Amen.

AvAvAvAvAve Mariae Mariae Mariae Mariae Maria

Ave, o Maria,piena di grazia,

il Signore è con te.Tu sei benedetta fra le donne

e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.Santa Maria, Madre di Dio,

prega per noi peccatori,adesso e nellora della nostra morte. Amen.

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Angelo di DioAngelo di DioAngelo di DioAngelo di DioAngelo di Dio

Angelo di Dio,che sei il mio custode

illumina, custodisci, reggi e governa meche ti fui affidato

dalla pietà celeste. Amen.

L’Eterno riposoL’Eterno riposoL’Eterno riposoL’Eterno riposoL’Eterno riposo

L’eterno riposo dona loro, o Signore,e splenda ad essi la luce perpetua.

Riposino in pace. Amen.

SalvSalvSalvSalvSalve Reginae Reginae Reginae Reginae Regina

Salve, Regina, madre di misericordia,vita, dolcezza e speranza nostra, salve.

A te ricorriamo, esuli figli di Eva; a te sospiriamo,gementi e piangenti in questa valle di lacrime.

Orsù dunque, avvocata nostra,rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi.

E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il fruttobenedetto del tuo Seno.

O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!

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tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

costruisci e colora l’orologio:“la mia giornata tipo”

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tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

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autoriflessione:

“davanti allo specchio”

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- 27 -- 27 -- 27 -- 27 -- 27 -

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

CRUCIPUZZLE

APE

BUS

OSEA

BILE

SPIA

OSSO

OTTO

PACE

GUFO

PULA

PENA

PAOLO

CARTE

LAURO

SPOLA

TIARNO

GEDEONE

STUPORE

BEZZECCA

POLPETTA

SPAZZINO

ORIZZONTE

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- 28 -- 28 -- 28 -- 28 -- 28 -

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

identichit di BILLY

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tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

identikit di DOLCE

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Strategia per smascherare e affr ontare l’avversario-falco

Forse è giunta l’occasione favorevole per prendere una decisione im-portante: scegli le persone o le esperienze che ti possono aiutare adaffrontare con l’avvemtura della vita:

- un animatore amico con cui parlare- un sacerdote con cui confidarsi e confessarsi- un gruppo di amici che cerca di vivere i valori cristiani- la partecipare alle attività in parrocchia- un po’ di tempo per la preghiera- ...

La S. Confessione: Dio che ti ama sempre e comunquePer chi desidera, c’è anche la possibilità di chiedere perdono a Dio nelsacramento della Confessione. Riscopriamo l’attualità di questo gran-de dono che Dio ci fa.

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tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

tocca a te...

Caccia al “Tesoro”� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �� 1. bandierina

2. gioco Padre Nostro

3. gimkanina4. quiz di cultura generale e religiosa

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- 33 -- 33 -- 33 -- 33 -- 33 -

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Qualche mia riflessione:

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I miei amici...

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PPPPParrocchia Arcipretale di Arco - 2007arrocchia Arcipretale di Arco - 2007arrocchia Arcipretale di Arco - 2007arrocchia Arcipretale di Arco - 2007arrocchia Arcipretale di Arco - 2007

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