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Un meraviglioso - CONSORZIO TERRA DI SAN MARINO · meraviglioso inno alla vita. Oggi partecipiamo curiosi alle rievocazioni storiche e alle sagre di paese dedicate alla trebbiatura

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editoriale

Nel mese di luglio è avvenutala mietitrebbiatura del granoe dell’orzo. Tutti ce ne siamoresi conto, in tanti modi, ancheindiretti.Può essere capitato di

incontrare una mietitrebbiatrice per strada,sempre anticipata da qualcuno che agitavabandiere segnaletiche, come si convieneper i veicoli di ingombro eccezionale checon il loro lento incedere rallentano iltraffico.Possiamo aver notato la mietitrebbiatriceche avanzava in mezzo a un campo, avvoltada una nuvola di polverone, fatta di pula,frammenti di spighe e pagliuzze che ilbattitore e lo scuotipaglia producono perliberare i semi dalle spighe, spintiall’esterno della grande macchina da unventilatore.Può essere capitato di avvertire inlontananza, anche di sera o addirittura nelbuio della notte, il rumore cupo e i battitifrenetici di una mietitrebbiatrice, prodottida quell’intricato sistema di assi ruotanti,cinghie e pulegge che trasferiscono ilmovimento del motore a tutti gli organilavoranti.Anche solo distrattamente possiamo esserciaccorti che il paesaggio circostante hacambiato aspetto, non più campi pieni dispighe dorate ma completamente falciati,solo con qualche balla di paglia sparsaqua e là.

Le spigolatrici erano donne checercavano e raccoglievano le spighe difrumento lasciate nel campo dopo lamietitura.Spigolare (nel nostro dialetto “spighé”)era un lavoro prevalentementefemminile ma non in manieraesclusiva; ai “casanti”, ai poveri, aibraccianti agricoli senza terra propria,agli operai, si permetteva di entrarenei campi e spigolare. Donne ebambini rastrellavano i campi appenamietuti e liberati dai covoni perraccogliere le spighe rimaste tra lostrame, così come dopo la vendemmiain settembre-ottobre si permetteva diandare a “sgaravlé” (raccogliere igrappoli non visti dai vendemmiatori)nelle vigne e lungo i filari.

Un meraviglioso inno alla vitaPossiamo aver fatto caso a un campo vicinoa casa, magari alla sera lo abbiamo trovatomolto diverso da come lo avevamo lasciatoal mattino, rendendoci conto che latrebbiatura era avvenuta, nel giro di pocheore, invisibile e veloce.Oggi è così, i magazzini e i silos siriempiono di grano e orzo, gli operatoriagricoli svolgono tutto il lavoro senza chenessun altro ne venga direttamentecoinvolto.Gli agricoltori seguono preoccupati l’esitodei propri raccolti, come è giusto che siaquando si lavora con tutto l’impegnopossibile e consapevoli del fatto chemettercela tutta potrebbe non bastare: unacattiva stagione, troppa pioggia o siccitàpossono distruggere tutto.Ma l’apprensione e la preoccupazione diun tempo, che accompagnavano tutta lacrescita del grano, dalla semina allaraccolta, oggi non esistono più edifficilmente siamo in grado diimmaginarle e comprenderle nella lorointerezza, nella loro profondità.Al grano si legava la vita, nell’economiadi sussistenza di una volta, quel raccoltogarantiva pane e farina, il nutrimento allefamiglie contadine, fino all’annosuccessivo. Se qualcosa andava storto, lamiseria – mai tanto lontana – sarebbesubito venuta a bussare alla porta.Le feste che si organizzavano sull’aia dellecase contadine alla fine della trebbiatura,

con la certezza di avere finalmente i granaipieni, allontanavano nei balli, nei canti,nel vino, nei giochi, l’orribile spettro dellamiseria.Non era solo divertimento, era la grandefelicità di essere riusciti, anche perquell’anno, a liberare la vita dalla paura.La festa della trebbiatura, con tutta laspontaneità del folklore contadino, era unmeraviglioso inno alla vita.Oggi partecipiamo curiosi alle rievocazionistoriche e alle sagre di paese dedicate allatrebbiatura. I bambini si divertono damorire a tuffarsi e a voltolarsi nella paglia.È divertente prendere una falce in mano,legare i covoni, costruire il barco sull’aia.È interessantissimo vedere in funzioneuna vecchia trebbiatrice a posta fissa evivere con la fantasia i tempi di una volta.Raccontare il nostro passato fa bene alcuore.Ma se vogliamo veramente capire, nonfermiamoci al divertimento, nonfermiamoci a soddisfare la nostra vogliadi festa. Proviamo a fare uno sforzo in più,perché sia il presente ad essere maestro distoria.Con la nostra comprensione del presentee dei cambiamenti avvenuti potremomeglio capire il passato. Allora sì che asua volta, il passato ci aiuterà davvero acapire il presente. Insomma, proviamo apensare alla vita come alla nostra maestradi storia.

Jean François Millet, Le spigolatrici, 1857

Raccontare il nostro passato fa bene al cuore

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il nostro ambiente

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Montecerreto,ambiente e paesaggioPer tutti i sammarinesi Montecerreto èsinonimo di Percorso Vita. ComeMontecchio è sinonimo di daini.La creazione del Percorso Vita, all’iniziodegli anni ’80, un sentiero ad anello chegira attorno al Montecerreto, con attrezziginnici disposti lungo il tragitto a formareuna serie di tappe, ha acceso la curiositàdi tutti, dai super-sportivi ai comunipasseggiatori. La bellezza dell’ambiente,la comodità di accesso, le aree di sosta, lavoglia di stare a contatto con la natura,hanno fatto il resto. Montecerreto èdiventato un luogo famigliare a tutti, ciandiamo per fare due passi, per allenarsi,per svagarsi in compagnia o per rifletterein pace, per fare un pic-nic, per portare ibambini a giocare, per stendersi su unprato, per leggere un libro, per vincere unmomento di malinconia, di nostalgia oper volerlo vivere fino in fondo, perraccogliere gli asparagi, gli strigoli, lecastagne, i pinoli, le fragoline di bosco,per cimentarsi nella ricerca dei tartufi.In ogni mese dell’anno e in ogni momentodel giorno, dalle prime ore del mattinofino a sera, c’è sempre qualcuno di noiche decide di passare un po’ del propriotempo a Montecerreto. È un punto diristoro, a volte per il corpo, a volte per lamente.L’incanto di Montecerreto è nell’ambientee nel paesaggio.L’ambiente naturale nel quale ci si immergeè ricco di meraviglie. Con un giro del

Percorso Vita si percorre il parco naturale incontrando tutta la sua biodiversità e la suacomplessità ambientale.La sommità è ricca di vegetazione erbacea di ambienti aperti e assolati. I versanti, aseconda dell’esposizione, delle pendenze, della disponibilità di acqua, della profonditàdel suolo, sono coperti da un mosaico di associazioni vegetali diverse, ognuna espressionedella grande capacità di adattamento delle piante spontanee, in risposta alle specifichecondizioni locali. Verso Nord, al fresco, boschi di castagni, cerri, aceri e carpini; versoSud, dove è più caldo e c’è più sole, macchie di roverelle e ornielli, radure, arbusteti,praterie. La pineta, anche se artificiale, con il sottobosco naturale di erica, ginepro eginestrone e il suo profumo balsamico di resine, non può certo dirsi priva di fascino.L’erica e il ginestrone sono specie indicatrici di un suolo acidofilo, e il suolo di Montecerreto,con la sua terra rossa, è ben diverso dai suoli tipici sammarinesi, più chiari e grigiastri,solitamente non acidi ma calcarei.Ogni stagione colpisce per le sue fioriture, i suoi colori e i suoi profumi. All’inizio dellaprimavera fioriscono gli anemoni e le viole del sottobosco, poi il prugnolo, il biancospino,il timo, il sambuco, la robinia, la rosa canina, il caprifoglio, il castagno, la ginestra, le

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Il colore rosso del tramonto è dovuto ad un ben precisofenomeno ottico.La luce solare attraversa l’atmosfera, dove viene in parteassorbita e riemessa in tutte le direzioni. L’ossigeno el’azoto, principali costituenti dell’atmosfera, diffondonomolto bene la radiazione solare corrispondente al blu eall’azzurro, ma non sono così efficaci nei confronti delrosso, che invece viene ben diffuso da particelle più grandicome l’aerosol atmosferico, le goccioline di acqua ed icristalli di ghiaccio.Al tramonto (e all’alba), il sole è basso sull’orizzonte, equindi i raggi di luce attraversano un maggiore spessoredi atmosfera e soprattutto un maggiore spessore dellabassa atmosfera, dove abbondano le particelle responsabilidella diffusione del rosso. Quando invece il sole è alto nelcielo, i suoi raggi effettuano un percorso più breve inatmosfera, quindi il cielo ci appare blu e azzurro. Vediamoil cielo azzurro anche perchè le nostre cellule visive, conl’evoluzione, si sono perfezionate nella visione di questocolore e sono più sensibili ad esso.Aerosol e particelle microscopiche sono una componenteatmosferica molto variabile, e quindi anche l’intensità delrosso del cielo all’alba e al tramonto può variare molto.Dopo grandi eruzioni vulcaniche come quella del Pinatubonel 1991, i tramonti e le albe sono molto più rossi delsolito, per la grande quantità di particelle emesse nell’altaatmosfera, dove vengono distribuite dalle correntistratosferiche su tutto il pianeta e dove possono rimanereper molto tempo.L’eruzione del Krakatoa del 1883, una delle più potentiavvenute in tempi storici, ha emesso milioni di tonnellatedi ceneri e particelle, favorendo per anni il verificarsi ditramonti spettacolari, inspirando, secondo alcuni studiosi,i colori dipinti nel cielo di molti quadri di fine Ottocento,tra i quali il celebre “Urlo” di Edvard Munch.Il 2 maggio scorso, il vulcano Chaiten, situato nel Cilemeridionale, ha iniziato una eruzione molto intensa,proiettando nell’alta atmosfera una grande quantità diparticelle. Nei prossimi mesi potremmo quindi assistere atramonti particolarmente colorati.

Il tramonto

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centauree, le genziane, i ciclamini…La bellezza della natura ci cattura in tantimodi, con un singolo piccolo fiore digarofanino, con un tappeto di timobrulicante di api, con il giallo oro deimazzetti di elicriso, con le fioriturespettacolari, per la loro vistosità, delcastagno o della ginestra.Il parco di Montecerreto è ricco di presenzefaunistiche, anche se sono solo occasionalie fortuiti gli incontri con gli animaliselvatici. Non è però così difficile scorgerele tracce che rivelano la presenza di animalio sorprendere uno scoiattolo. Con un po’di abilità e fortuna si possono osservaretane, nidi, impronte, penne, aculei,ascoltare canti di uccelli e versi.Il paesaggio è spettacolare, la lineadell’orizzonte si perde nel mare della CostaAdriatica, nel profilo degli Appennini. IlMonte Titano e la Città di San Marinosovrastano, alti, il parco di Montecerreto.Il Monte Pincio e il Monte Aquilone, conquella fisionomia particolare checomunemente indichiamo con “Danteche dorme”, San Leo, Verrucchio,Montebello, Torriana, il fiume Marecchiacompongono e modellano la ValMarecchia, in primo piano nello sfondodel paesaggio.Le nostre passeggiate, sul finir del giorno,sono spesso accompagnate dalla visionedi tramonti stupendi, mozzafiato.Rimaniamo meravigliati di fronte amanifestazioni della natura così stupende,così grandiose, che ci lasciano pervasi dallaloro forza vitale, che ci fanno sentire comeuna minima parte di un tutto immenso.

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Il Monte Pincio e il Monte Aquilone, l’insieme del loro profilo viene denominato “Dante che dorme”

Il rilievo di Montecerreto si estende percirca un chilometro quadrato nella parteNord occidentale del terr i toriosammarinese, raggiungendo una altitudinemassima di 458 metri sul livello del mare.I versanti orientali e settentrionali hannopendenze accentuate che spesso diventanopiccole rupi o pareti rocciose, specialmentenella parte più vicina al nucleo storico diAcquaviva.Il versante che scende verso Ovest presenta

forme più dolci, così come sul lato Sud,dove Montecerreto si raccorda con ilmassiccio del Monte Titano.La forma di Montecerreto è dovuta al suoa s s e t t o g eo log i co che , mo l tosemplicemente, è costituito da strati dirocce molto diverse tra loro cheimmergono verso Ovest.Passando da Est a Ovest si incontrano inserie alcune delle formazioni geologichetipiche del territorio sammarinese. I calcari,

le calcareniti e le arenarie della Formazionedi San Marino e della Formazione diMonte Fumaiolo, che affiorano sui versantiest e nord sono seguiti dalla Formazionedi Acquaviva, che occupa la maggior partedell’area interna di Montecerreto. Poiprocedendo verso il Torrente San Marinosi possono osservare le Argille di Casa iGessi ed un piccolo affioramento di gessomacrocristallino.La Formazione di Acquaviva presenta unanotevole variabilità litologica e stratigrafica,ed è costituita da conglomerati con ciottolicalcarei ben arrotondati in matricearenacea, che passano ad arenarie giallastree brune con frequenti intercalazioniconglomeratiche ed argillose. L’età dellaFormazione di Acquaviva va dalTortoniano al Messiniano inferiore, da 8a 6 milioni e mezzo di anni fa.I conglomerati si sono originati in unambiente di del ta f luvia le cheprogressivamente è diventato un marepoco profondo con intensi apporti disedimenti sabbiosi, attraversando momenticon ambienti salmastri e paludosi. I ciottolidei conglomerati non sono altro che i“sassi” arrotondati che si trovanopasseggiando per i sentieri di Montecerreto.Nella Formazione di Acquaviva siosservano anche orizzonti ricchi di fossiliLignite

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Montecerreto non è solo ambientenaturalistico e paesaggio, è anchestoria.È un antico Castello, i cui restimurari, sulla sommità del monte,furono riportati alla luce negli anni’70 da una campagna di scaviarcheologici condotta in modo nonsistematico, nel corso della qualevenne recuperato un tesoretto dimonete ravennati del XIII secolonascoste in una brocchetta.La storia ci ha lasciato unatestimonianza scritta dell’esistenzadel Castello di Montecerreto nel1243, quando Guidone Lambertiziovendette i diritti di passo allacomunità di San Marino.Guardando la morfologia e l’assettodei terreni, si può leggere peròanche una storia più recente, legataalla vita rurale. I muretti a seccocostituiscono oggi quello che restadi vecchi terrazzamenti realizzatiper la s i s temazione e ladelimitazione degli appezzamenticoltivati.

che indicano ambienti marini o salmastri, e livellidi lignite caratterizzati da abbondantissimi restivegetali, che si sono formati in ambienti palustri,nei quali venivano accumulate grandi quantità dimateriale organico.Negli anni 60’ dell’800, nella zona di SantaMustiola, vennero impiantate delle piccolecoltivazioni per l’estrazione della lignite, che è insostanza un tipo di carbone di qualità modesta,con alte percentuali di impurità e modesto poterecalorico.La lignite si presenta come un materiale nerastroe si rinviene in orizzonti spessi fino a qualchecentimetro, a volte emana un forte odore, ed ècostituito per la quasi totalità da resti vegetalisuccessivamente sepolti e sottoposti a processichimici che determinano un arricchimento delcontenuto di carbonio.Il 23 giugno e il 7 dicembre 1863 venneropresentate al Consiglio Grande e Generale dueistanze per “apertura di una miniera di CarbonFossile o Legnite”, alle quali, il 1ϒ marzo 1864 ilConsiglio rispose positivamente e “ritenendo chela Legnite non possa qualificarsi per minerale, èdi parere che i petenti possano liberamente farneescavazione nei proprj terreni senza bisogno dispeciale autorisazione” (Atti del Consiglio Grandee Generale, Archivio di Stato della Repubblica diSan Marino).L’estrazione del materiale, analogamente a quantoavveniva in altre piccole miniere di cui vi sononotizie nel territorio del comune di San Leo e diSant’Agata Feltria, procedeva con l’esecuzione dipiccole gallerie che seguivano il “filone” di lignite.Un esempio di galleria è ancora osservabile inlocalità Ca’ Berardo.L’attività di estrazione si esaurì rapidamente, siaper la modesta quantità e scarsa qualità delmateriale estraibile, sia per le difficoltà tecnicheche si presentavano durante l’avanzamento.

il nostro ambiente

Stor

iaFormazione di Acquaviva

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Il rospo, il reprobo che tutti aborriscono, la bruttezza vivente, labestia che incarna tutti gli orrori.Che cosa avrà fatto mai, il misero rospo, per attirarsi questariprovazione? È schifoso, il suo corpo floscio è un ammasso informe,di colore sporco e pustoloso, zampe corte che non riescono asollevarlo dal fango. La testa larga si fende in una gola deforme,le palpebre gonfie circondano occhi fissi e sporgenti.Che il rospo sia brutto è difficile da smentire. Il rospo non potrebbeavere altra bellezza, senza cessare di essere quello che è. L’immondoperò non è solo brutto, è pure sospettato di essere velenoso. Sicrede che quando si irrita, dalla pelle trasudi un liquido lattiginosoe corrosivo, si crede che la sua urina acida possa accecare.Il rospo non ha armi così potenti per difendersi. Il suo veleno nondà problemi alla nostra pelle, per avere effetti nocivi dovrebbeentrare a contatto del sangue, e il rospo non è in grado di procurarciferite. L’urina non viene lanciata lontano, bisognerebbe mettersicon gli occhi quasi attaccati all’animale per ricevere il getto negliocchi, e per ricavarne al massimo un rossore passeggero. Ma chiporterebbe il viso così vicino ad un essere tanto ripugnante?Il rospo in realtà non è solo inoffensivo, è soprattutto utile perdifendere le nostre coltivazioni. È ghiotto di lumache, vermi,scarabei, grillotalpe, maggiolini, larve di insetti dannosi per lepiante.Che cosa dire allora dei pipistrelli? La gola tagliata da un’orecchiaall’altra, quei canini lunghi e aguzzi l’hanno fatto diventare vampiro.Eppure il pipistrello non si nutre che di insetti, scarabei, zanzare,farfalle notturne, tignole, piralidi, tutti insetti devastatori dellenostre coltivazioni, e insetti dannosi o fastidiosi per l’uomo.Mentre noi dormiamo, i pipistrelli ci rendono un servizio cheneppure immaginiamo, in silenzio compiono una vera e propriaguerra di sterminio ai nemici dei nostri raccolti e distruggono amigliaia ogni sera maggiolini, falene, tortricidi, tignole, piralidi,mosche e zanzare.Siamo così pieni di idee false nei loro confronti da non riusciread apprezzare la loro enorme utilità. Crediamo infatti che con iloro denti appuntiti feriscano le capre alle mammelle per succhiarelatte e sangue, crediamo che rodano le salsicce o i viveri appesi incantina o in soffitta, crediamo che la loro entrata improvvisa inuna casa sia presagio di sventura, crediamo che se ci si attacca aicapelli non potremmo più liberarcene. Tutti pregiudizidell’immaginazione popolare. Li eliminiamo perché ci fanno paura,nonostante siano totalmente inoffensivi, nonostante la loro irruzionecasuale in un appartamento non sia da temere più di quella di unafarfalla. Ha il difetto di essere brutto, ma, come il rospo, il pipistrelloè utilissimo per proteggere i raccolti della nostra campagna.I pipistrelli, anche se non hanno nulla in comune con gli uccelli,sono le nostre rondini della notte.I pipistrelli, al pari delle rondini, hanno come unico nutrimentogli insetti che volteggiano nell’aria. E come le rondini, nidificanoin estate approfittando delle nostre case, in piccoli anfratti, inpiccoli buchi nei muri, negli spazi vuoti del sottotetto. È difficilenotarli, perché i loro nidi sono nascosti e quell’andirivieni di voliche le rondini producono di giorno attorno ai nidi, i pipistrelli loproducono di notte. Durante il giorno sentiamo il pigolio deipiccoli rondinini affamati, ma è di notte che possiamo sentire lostridio dei cuccioli di pipistrello.Può capitare invece di trovare sui davanzali o sui pavimenti deiterrazzi, ammassi di piccoli cilindretti scuri, sottili, lunghi circaun centimetro. E sarà capitato di domandarsi che cosa fossero.

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Ragazzi, siate buoni!

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Riferimenti bibliografici: Gli ausiliari, J. Henri Fabre,Rizzoli, 1985.

Altro non sono che gli escrementi dipipistrello, caduti da un nido posto al disopra del balcone.

Quanto a bellezza e agilità di volo,riteniamo le rondini di gran lunga superioriai loro collaboratori notturni, i tristipipistrelli, ma quanto dovrebbe cambiareil nostro giudizio se pensiamo alla quantitàdi escrementi che producono. Molti dinoi infatti non sono disposti a tollerare losporco che le rondini producono al disotto dei loro nidi, neppure per un paiodi mesi all’anno, il tempo necessario perchéi piccoli rondinini si involino. Sappiamoche sono uti l i a l l ’ecosistema eall’agricoltura, ma tanto è il disagio checi procurano che preferiamo distruggerei loro nidi non appena iniziano a costruirli.Gli escrementi di pipistrello non sonocerto così vistosi, e tollerarli attorno allenostre abitazioni è decisamente menoproblematico.Con l’arrivo della brutta stagione e congli insetti che iniziano a scarseggiare, lerondini, per sopravvivere, adottano unasoluzione molto ardita. Alla fine dell’estateabbandonano il paese natale, di lì a pocospopolato di insetti, per migrare versopaesi più caldi, al sud, in Africa. Senzaaltra bussola che l’istinto, attraverserannoun mare per loro immenso, arrivandoestenuate di fatica dove il sole è più caldoe gli insetti abbondano. Le vedremotornare ai loro nidi solo nella primaverasuccessiva.Il pipistrello invece non migra, ed è capacedi rallentare fino all’estremo il propriometabolismo. Appeso a testa in giù, infondo a qualche grotta, cessa quasi direspirare, attendendo così l’arrivo dei primicaldi e la riapparizione degli insetti nell’aria.Anche le nostre vecchie gallerie del trenopiacciono ai pipistrelli quanto le grottenaturali. Una colonia di pipistrelli infattiha occupato la galleria di Montalbo.E grazie all’impegno del CentroNaturalistico Sammarinese, questa coloniapuò ora contare sulla nostra protezione.

La riduzione degli habitat naturali, unitaad un’agricoltura intensiva che fa uso ditroppa chimica, sta portando lentamente,silenziosamente alla scomparsa di animalipreziosi come rondini, pipistrelli e rospi,talmente utili per proteggerci da insettidannosi e per difendere le colture agrarieche nel linguaggio tecnico dell’agronomiavengono definiti ausiliari.Oggi dobbiamo confrontarci con altrelezioni morali, quelle che sollevano dubbisu quell’antropocentrismo che ci porta anon rispettare il regno animale e l’ambientenaturale.Il genere umano sta già riflettendosull’asimmetria dell’etica, l’uomo ha giàmesso a valore il rispetto dei diritti deisoggetti più deboli, bambini, handicappati,anziani.Cosa dovranno scrivere allora i novelliVictor Hugo per convincerci oggi che laforma più alta di condotta etica è quellaasimmetrica, proprio là dove interviene ilnostro impegno, il nostro rispetto, la nostracura, senza prevedere reciprocità? Ed è poicosì vero che non ci sarebbe reciprocità?

Chi non è più giovanissimo ricorderà cheun tempo, a scuola, si leggeva Il Rospo diVictor Hugo, nella mirabile traduzione initaliano di Giovanni Pascoli. Per lebambine dal cuore tenero erano piantiscroscianti. Era la storia di un rospo feritoe massacrato a furia di sevizie dal giocareinnocente di alcuni ragazzi. Volevanochiudere in bellezza quel divertimento conil gusto di vederlo finire sotto le ruote diun carro. Ma l’asino che tirava il carro,già allo stremo, raccolse la propria forzaspenta e “sviò la ruota inesorabile, lasciandovivere dietro di sé quel misero”. Solo allorauno di quei fanciulli, intese una voce chegli diceva: “Sii buono!”.Era una lezione morale, quella del grandepoeta. Ragazzi siate buoni per divenireuomini di cuore nobile e generoso; siatebuoni se volete che Dio vi ami, siate buonigli uni verso gli altri, prestatevi appoggioreciprocamente, siate buoni verso glianimali che ci danno la loro vita pernutrirci e per vestirci, che difendono ibeni della terra.Oggi lezioni morali simili sembrerebberofuori luogo. I nostri bambini nonprendono più a sassate i rospi,semplicemente perché sempre menobambini giocano con i rospi, e perchésempre meno bambini vivono la campagnacome avveniva in passato.Le città e le aree residenziali si sonoallargate con nuove zone residenziali, centricommerciali, strade e svincoli: la campagnaha dovuto arretrare parecchio i suoiconfini.

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vite e vino

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Archi diViniCi sono gesti che scattano quasi inconsapevolmente ogniqualvoltasi versi del vino nel nostro bicchiere.La roteazione del liquido nella coppa è uno dei gesti più eclatanti.A tutti sarà capitato di far roteare il vino nel bicchiere, forse senzaconoscerne la ragione tecnica, magari solo per imitare le mosse disommelier e di “intenditori” ai banchi d’assaggio.O magari, se siamo in allegra compagnia, per provare anche noia interpretare una delle gag più popolari di Antonio Albanese,quando con un grembiule nero e il tastevin al collo, con piglio dagrande esperto e contegno da fine estimatore, si mette ad osservare,a far roteare e annusare un calice di vino, quando, dopo quellunghissimo scrutare, pronuncia ironicamente le frasi più ovvie,come “è vino”, “è rosso”.Parodie a parte, la degustazione è una tecnica molto precisa erigorosa che ci permette, utilizzando i nostri sensi, la vista, l’olfattoe il gusto, di capire e conoscere la qualità di un vino attraversouna corretta analisi organolettica.La prima fase della valutazione di un vino, è l’esame visivo.Dopo aver esaminato la limpidezza e il colore, il semplice gestodella roteazione ci dà preziose informazioni sulla consistenza delvino e ci consente di apprezzare al meglio le sue qualità olfattive,dal momento che, con la roteazione, si liberano le particelle odorose.Ma concentriamoci sulla consistenza, la qualità cioè che riguardala maggiore o minore presenza delle sostanze che costituiscono ilvino.Il vino è essenzialmente una soluzione idroalcolica formataprincipalmente da acqua (80-85%), da alcool (5-15%), da zuccherie da numerosissime altre sostanze che vanno a formare il gusto delvino.La presenza di lacrime e archetti che residuano sulla superficiedel bicchiere dopo la sua rotazione è stata oggetto in passato di

Dopo la roteazione il vino torneràfermo sul fondo del bicchiere, ma lepareti del bicchiere resterannobagnate e ricoperte da un velo sottiledi vino, che come una pellicolatrasparente è rimasto aderente al vetroper effetto della viscosità (attrito conla superficie del bicchiere).Il vino, come tutti i fluidi, possiedeperò anche una tensione interna euna tensione superficiale, forze dicoesione, che tengono unite lemolecole tra loro e tendono a farleriavvicinare, rompendo la continuitàdella sottile membrana per formaregocce isolate.La forza di gravità supera sia laviscosità che le forze di tensione,provocando anche più volte laricaduta del liquido lungo le paretidel bicchiere.Il maggior contenuto alcolico fadiminuire tensione e viscosità delfluido.L’effetto visivo della combinazione diqueste tre forze, viscosità, tensione egravità, è la formazione di lacrime earchetti che inizieranno lentamente acomparire quando il bicchiere è fermo.

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latte e formaggio

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numerose dissertazioni a volte anchediscordanti tra loro.Una delle interpretazioni più radicate inpassato, ad esempio, era quella che gliarchetti indicassero la presenza di glicerina(un alcool polivalente che si producedurante la fermentazione).Tesi attualmente (almeno in parte)confutata, poiché anche un calice pienodi alcool puro lascia cadere una fitta seriedi lacrime e archetti.Sembra invece più plausibile che ilfenomeno sia dovuto alla maggiore ominore presenza di alcool all’interno delvino: l’alcol etilico, volatile, ricadendotende ad evaporare. Il liquido rimanenteaumenta quindi di densità e scendendoverso il basso forma sottili rivoli.Tanto più alcolico è il vino tanto più fittisono gli archetti che si formano.Un vino con queste caratteristiche saràmorbido ed avrà una lunga persistenzagustativa.Da notare che la qualità ha poco a chefare con gli archetti: questo fenomeno ciserve soprattutto per osservare larispondenza di tipologia.Nei tre tipi di vino rosso prodotti dalConsorzio Vini Tipici con il Marchio diIdentificazione di Origine San Marino,gli archetti si presentano infatti in questidiversi modi:- nel Sangiovese è possibile osservare laformazione di archetti lunghi e regolariche ricadono mollemente lungo le paretidel calice;- nel Brugneto, che ha la stessa gradazione

del Sangiovese ma ha un maggiorcorpo, osserviamo un maggior numerodi orlature e ricade, rispetto alSangiovese, più pesantemente lungo ibordi del bicchiere;- nel Tessano archetti e lacrime si fannosensibilmente più fitti e numerosi, inperfetto accordo con un vinocomplesso e strutturato qual è,appunto, il Tessano.Infine, con l’Oro dei Goti, un vinodi elevata gradazione, assistiamo alladiscesa lenta e pesante del liquido sullaparete, in modo quasi sciropposo. Talefenomeno, perfettamente in accordocon la tipologia, è tipico di molti vinida dessert, dei passiti e dei muffati.Ben difficilmente osserveremo archettifitti e fluenti in vini naturalmente pocostrutturati. Nell’analisi visiva dei vinia bassa alcolicità le caratteristiche dellelacrime e degli archetti, infatti, nonvengono valutate. E questo nulla togliealla qualità di vini come il nostroMoscato di San Marino, che,nonostante l’inconsistenza di lacrimee archetti, è un vino dal gran caratteree dalla grande personalità.

vite e vino

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latte e formaggio

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C’è una via,in alto, che si

vede quando ilcielo è sereno:

si chiamavia lattea

Il latteSimbolo di nascita,vita e abbondanzaC’è una via, in alto, che si vede quando ilcielo è sereno: si chiama via lattea scriveOvidio nel primo libro delle Metamorfosi.La Via Lattea era, per gli antichi, comeuna grande autostrada percorsa dalledivinità che volevano raggiungere il redegli dei; ed era nata dalla forza di Eracleche, ancora bambino e poppante al senodi Era, nutrice di poca voglia e alquantostizzita, quel seno l’aveva strizzato troppoforte e lo schizzo, bianco e candido e tantomaterno, si era fissato nelle tenebre celesti.Si era creata in quel modo la nostraGalassia, che in greco significa proprio“lattiginosa”.Guardiamo il cielo. Alzare gli occhi, dinotte, e vedere la Via Lattea oggi non èpiù semplice: le miriadi di stelle esistentiscompaiono, quasi vergognose, alle luciscintillanti e inquinanti delle cittàmoderne. Ma è uno spettacolo

impressionante, la sua vista, cosìilluminante (e non solo dal punto di vistafisico) da far tremare i polsi per tutto ilchiarore che quella “via” riesce ad emanare.È una luce bianca, densa, compatta.L’uomo e il latte. Un legame che cela,atavicamente, la storia della vita e forse lastoria del mondo.Molto più di una comunissima operazionealimentare, quella di assumere il biancoalimento.C’è un rapporto diverso, molto piùprofondo e materno, che non rispondeagli elementari bisogni. Non è un semplicesfamarsi. Il latte è il nostro stesso essereviventi. È per il suo colore - il candidobianco senza macchia – ed anche per ilsapore delicato che il latte, alimentoprimigenio dei mammiferi, e dunqueanche dell’uomo, ha acquisito da tempiimmemorabili una valenza altamente

simbolica, magica e terapeutica alcontempo, mitologica e catartica.Gli antichi Greci, il latte, lo hanno messoanche in cielo quale emanazione divina.È il simbolo della nascita e della maternità,è il cibo per eccellenza, che prende formediverse, si coagula in formaggio, fermentain yogurt e, per molte popolazioni nomadidelle steppe (ma anche del nord Europa)diventa bevanda alcolica nutriente edispensatrice di gioie e allegrie immense,al pari del nostro vino e dei nostri distillatiliquorosi. Da millenni, da quando esistel’uomo. Il latte ci ha accompagnatonell’impervio e lungo cammino evolutivo.Unisce il passato con il presente, la societàpiù arcaica, la tribù più nascosta con lasocietà moderna e frenetica. Verrebbeproprio da dire che lui è il nostro destino,è il filo bianco che ci mette di fronte allanostra umanità.

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Il latte è abbondanza e ricchezza; lo è permolte popolazioni e per le loro religioni.Nella terra promessa di Canaan, così laBibbia nel libro del Deuteronomio,scorrono copiosamente fiumi di latte e dimiele.Parimenti nei Giardini dove entreranno itimorati di Allah: qui, per chi ha fatto delbene e ha osservato i precetti islamici cisaranno ruscelli di un’acqua che mai saràmalsana e ruscelli di latte dal gustoinalterabile e ruscelli di un vino delizioso abersi, e ruscelli di miele purificato.Abbondanza e ricchezza che possonopersino generare l’universo intero e tuttele divinità dell’induismo; poiché il Tutto,per il credo induista, è stato creato da unimmenso oceano di latte zangolato daVisnù con un serpente o, secondo le diversetradizioni, con il fallo di Siva o con l’alberocosmico.Un mare bianco diventato poi burroplasmabile e potente.Abbondanza e ricchezza capace anche ditraslare nel concetto di fertilità, secondola mitologia aria degli antichi Germani:che altro erano le nuvole se non vaccherigonfie di latte? E che altro era la rugiadache stillava dal cielo e che donava la vitaalla terra, rinnovandola nei cicli vitali, senon il liquido delle loro mammelle?Al latte, da sempre, sono stati attribuitipoteri taumaturgici e medicamentosi.Anche in grado di prolungare la vita.Fin dall’antichità è stato visto comerimedio e cura a patologie particolari,soprattutto contro la consunzione e laetisia, la tisi.Certo, c’è latte e latte, e non tutti glianimali lo producono con le stesse qualità.Alcuni sono migliori di altri nel combatterequesta o quella idiosincrasia e afflizione,ma come scrive il secentesco tedescomedico Friedrich Hoffmann ogni tipo dilatte è saluberrima e optima medicina.

latte e formaggio

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Nelle fonti e nelle descrizioni di età moderna si parla spesso dipopoli di pastori sparsi nel globo terracqueo che riescono a vivereanche cento anni perché la loro dieta si basa sulla mungitura dellebestie al pascolo. Leone Africano nella sua diligentissima Descrizionedell’Africa scritta tra il 1523 e il 1526 parla di una certa popolazioneche vive, in maniera isolata, tra le impervie montagne del Marocco.Ecco, dice in breve, queste genti si nutrono solo di latte, formaggioe butirro. Ed hanno una vita assai lunga perciochè sogliono viverottanta, novanta e cento anni, e la loro vecchiezza è forte e votanaturalmente degli incommodi che apportano seco quegli anni, evanno dietro le bestie per infino alla morte. E tutto questo quando,nella nostra Europa, si viveva mediamente molto molto meno.Galeno, il grande medico ellenista che tanto ha influenzato tuttala scienza guaritrice successiva, ebbe l’intuizione di introdurre trai suoi medicamenti l’oxygala, il latte acido, forse dopo aver conosciutopersonalmente un contadino ultracentenario che in vita si eranutrito solo con zuppe e scodelle di latte.Latte acido o, per utilizzare una parola più comune, yogurtsomministrato per curare le affezioni dello stomaco.Viene in mente la storia di Francesco I re di Francia - balziamoora nel XVI secolo - che afflitto da dolorosi disturbi gastroentericisi affidò alle cure di un medico di Costantinopoli che arrivò belbello con un gregge di capre e di pecore e curò il sovrano con loyogurt. Si trova scritto, talvolta, che proprio da questa guarigionederivi il nome datogli dai Francesi: il latte della vita eterna.

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Cereali e farine

L’avena (Avena sativa), al sesto posto tra i cereali più coltivati nelmondo, è definito un cereale “minore” solo perché è minore la suasuperficie coltivata rispetto a quelle di grano, riso, orzo, mais esorgo. Il nome generico Avena sembra derivi dal sanscrito avasa,con riferimento al suo utilizzo foraggero per le pecore (in latinoovis). Viene coltivata soprattutto nel Nord Europa e nell’AmericaSettentrionale. In Scozia l’avena è la coltura dominante, vieneutilizzata nella produzione del whisky e copre più del 50% dell’areacoltivata. Le cariossidi (i semi) sono affusolate, con un profondosolco longitudinale ventrale e ricoperte da una fine peluria specienella zona apicale, a maturità le cariossidi rimangono “vestite”avvolte nelle glumette.La granella di avena è la biada per eccellenza, costituisce uno deimigliori alimenti concentrati per gli equini. Cavalli e muli infattipreferiscono la granella di avena a quella di altri cereali.Nell’alimentazione umana il seme può essere impiegato in granulio farina in maniera del tutto analoga agli altri cereali. La farinaviene anche utilizzata come ingrediente negli alimenti disidratatiper bambini e come stabilizzatore ed antiossidante nellafabbricazione di gelati o in alcuni prodotti caseari.L’avena possiede la proprietà di ritardare lo sviluppo di ranciditànei prodotti grassi. Mescolata ad altri cereali, nella panificazione,oltre a migliorare il valore biologico del prodotto aumental’attitudine alla conservazione senza l’aggiunta di additivi chimici.La granella di avena ha un contenuto proteico di elevato valorebiologico, carboidrati di elevata digeribilità e grassi con rapportofavorevole tra polinsaturi e saturi. È uno dei cereali più ricchi ditiamina (vitamina B1). È ricca di ferro e fosfati.Il seme di avena è fonte di fibre con effetto positivo sul metabolismodei glucidi e dei lipidi, contenute soprattutto nella crusca.La crusca è formata dagli strati protettivi esterni del seme, è riccadi vitamine, di sali minerali e di fibre. La crusca di avena provenienteda agricoltura biologica entra negli ingredienti della Fibrella, unapiada prodotta con farina di grano tenero ed olio extravergined’oliva Terra di San Marino, ricca di fibre e senza colesterolo.Secondo gli esperti nutrizionisti, una sana alimentazione dovrebbeincludere i l consumo costante di cereali integrali .Le fibre vegetali non forniscono apporto calorico, infatti nonvengono né digerite né assorbite dal nostro intestino, ma graziealle loro proprietà sono essenziali per il buon funzionamento delnostro organismo. Se si utilizzano farine integrali è importanteassicurarsi che provengano da coltivazioni ottenute senza l’impiegodi fitofarmaci. Questi infatti, distribuiti in campo, tendono arimanere maggiormente presenti nelle parti esterne dei semi, neitegumenti esterni, quindi nella crusca.Nelle farine raffinate (tipo 0, 00) il rischio della presenza di residuichimici si riduce poiché con il processo di raffinazione dei cerealila crusca viene eliminata.Le caratteristiche positive dell’avena potrebberofavorire una sua più frequenteutilizzazione nell’alimentazioneumana.

Un cereale “minore”

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api e miele

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Cantava Fabrizio De André, nella suaBocca di Rosa, che … una notizia un po’originale non ha bisogno di alcun giornale,come una freccia dall’arco scocca, vola velocedi bocca in bocca.Così sembrerebbe essere successo in questiultimi tempi ad una sorta di profezia,attribuita senza assoluta certezza, al grandegenio della matematica e della fisica, AlbertEinstein. Al punto che persino i bambini,impressionati dall’immediatezza dellarivelazione, chiedono agli adulti: “Ma èvero che se le api scompaiono, arriverebbela fine del mondo?”, mutuando in questomodo il senso della catastrofe che si“limita” a predire che se un giorno le apidovessero scomparire, all’uomo resterebberosolamente quattro anni di vita.In effetti è difficile dire con precisione checosa ne sarà del mondo intero senza le api,difficile dire se all’uomo resterebberodavvero i giorni contati.Senza le api, però, qualche grandecambiamento avverrebbe, di sicuro. Senon altro perché la fecondazione dei fiori,dai quali si origina la maggior parte disemi, frutti e verdure che mangiamo tuttii giorni, almeno il 70%, può avvenire solograzie all’impollinazione delle api.Se consideriamo anche i foraggi e legranelle per l’allevamento degli animalidomestici, questa percentuale aumentaulteriormente.

���������������Pere, mele, pesche, mandorle, arance,mandarini e tanti ortaggi non ci sarebberose non ci fossero le api. Nella sola Europasi stima che siano circa 4000 le essenzebotaniche, tra le quali molte di importanzaagricola, che necessitano degli Apoidei perla loro impollinazione.Ma la sindrome da spopolamento deglialveari, ha provocato nello scorso anno inItalia la scomparsa di circa 200.000 alvearie ha dimezzato la produzione di miele.Le infaticabili bottinatrici vagano intontite,stordite, il loro sistema di orientamentonon funziona più, non trovano più lastrada di casa e gli alveari si svuotano insilenzio, perché l’ape è un animale socialee un’ape senza alveare è destinata a morire.Alcuni ricercatori le chiamano “api fumate”e sospettano quale causa principale dellascomparsa delle api gli insetticidineonicotinoidi a base di molecoleneurotossiche usati per la concia dei semi.I semi di alcune piante coltivate (mais,girasole) vengono irrorati con questifarmaci sistemici prima di essere piantati.Ma l’insetticida in polvere, durante leoperazioni di semina, si deposita sull’erba,sulle foglie degli alberi e la rugiada sicontamina, se ne imbeve e le api siintossicano dissetandosi con le gocce di

rugiada. Ne assorbono quantità non letali,ma sufficienti a disorientarle, a far perderela cognizione del tempo e dello spazio, lamaggior parte delle laboriose dorate operaienon torna all’alveare e muore. Anche lemalattie apistiche, le stagioni siccitose,l’inquinamento dell’aria, il degradoambientale con riduzione della biodiversitàmettono a durissima prova le api. Ilproblema è di portata mondiale, inAmerica la moria delle api – con puntedel 60-70% ha allarmato gli apicoltori egli agricoltori. Nella sola California laproduzione di mandorle necessita di una“manodopera” di circa un milione dialveari!L’entomologo Giorgio Celli nellaprefazione al “Piccolo apicoltore” dice:“…Ritrovare e amare gli animali è l’iniziodi una nuova mentalità e moralità ecologica,auspicabile, e forse ancor più, indispensabile.Attraverso la comunione con questo insettoprodigioso, che percorre, felice, la mappadell’estate, che si inebria di doni floreali, chedà esempio di solidarietà e di abnegazionefin dall’alba dei tempi, che c’era prima dinoi, e che, forse, ci sarà dopo di noi, il piccoloapicoltore può frequentare una “scuola divita” che non prevede diplomi, ma ilconseguimento di una ben più profonda“maturità”. A scuola dell’ape si impara aessere uomini”.

A scuola dell’apesi impara a

essere uomini.

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allevamento e carni

La carne non è solo una bistecca! Sechiedete in una macelleria una noce, o unarosa o un kg di pesce nessun macellaio sistupirà perché questi nomi corrispondonoad altrettanti tagli di carne.Conoscere i tagli di carne bovina, avernealmeno una idea generica, è moltoimportante per la riuscita dei piatti.Ogni tipo di cottura richiede il propriotaglio e ciò per mantenere ed esaltare leproprie qualità.Ci si può ovviamente affidare ad un buonmacellaio, che sicuramente sapràconsigliarci nella maniera più appropriata.Ma conoscere almeno le basi eviterà alcunierrori molto ricorrenti.Solitamente la carne bovina arriva nelle

Un taglioper ogni piatto

carne bovina vengono indicati come quartoposteriore e quarto anteriore.Per alcune valide ragioni, ma anche peruna certa moda che imperversa in cucinae, non ultimo, per un vago snobismoalimentare, il quarto posteriore èconsiderato quello che dà i tagli migliori,ossia quelli di prima categoria; dal quartoanteriore provengono invece quelli diseconda categoria, meno nobili e pregiati.La vera differenza, in realtà, spesso la fasolamente il prezzo: perché anche dalquarto anteriore provengono pezzistupendi e carichi di sapore e di gusto, mamagari meno ‘belli’ alla vista e meno facilida trattare, e dunque meno richiesti.E il mercato, ovviamente, si adegua.

macellerie già suddivisa in quarti o, almassimo, in mezzene, cioè in metà tagliatelongitudinalmente.È poi il macellaio a isolare i singoli tagli,secondo caratteristiche qualitative che sibasano su osservazioni organolettiche edusi locali.Ovviamente i diversi tagli hanno un valorecommerciale diverso: alcuni sono moltocostosi e richiesti, altri si possono portarevia con pochi euro.Una regola base da ricordare sempre èquella che anche il taglio meno pregiatoe meno costoso, se trattato in cucina nellamaniera opportuna, non avrà nulla dainvidiare ad uno di prima categoria.Entrando più nello specifico i quarti della

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Il quarto posterioreIniziamo con la trattazione di questo quarto essendo, come abbiamodetto, quello maggiormente utilizzato nella cucina di tutti i giornie dunque quello meglio conosciuto. Teniamo presente che i nomiindicati sono quelli più in uso e che possono variare da zona azona.

Lombata – o carrè è il taglio più pregiato e comprende il muscolodorsale. Da noi, quando il muscolo è provvisto di osso, vienechiamata costata, mentre quando ne è privo, controfiletto. Incucina si usa per cotture al sangue, arrosti e bistecche. La costatadi taglio alla fiorentina, come ben si sa, comprende anche ilcontrofiletto e il filetto.

Filetto – è considerato uno dei tagli più nobili, e questa considerazionederiva più dalla sua tenerezza che dal sapore, in realtà, non cosìdeterminante. Ottimo per preparazioni a crudo (come la tartare,ad esempio) e cotture veloci alla griglia.

Scamone – si trova vicino all’anca dell’animale ed è povero digrassi. Si utilizza soprattutto per stracotti, stufati. In alcuni ricettariviene indicato come il miglior pezzo per bollito e brodo.

Girello – detto anche magatello, è un muscolo della coscia. Hauna forma stretta e allungata e, in particolari condizioni di frollatura,può raggiungere la tenerezza del filetto. È però una carne moltomagra ed asciutta e dunque da preferire per piatti che prevedonosalse e intingoli.

allevamento e carni

Fesa esterna – altro taglio molto pregiato, con forma rettangolareleggermente appiattita. Adattissimo per arrosti, roast beef e stracotti,ma anche per la classica fettina. Si ricorda che il taglio deve esserefatto nel giusto verso cioè dalla parte della larghezza.

Noce – di forma ovoidale, si trova all’inizio dell’anca. Anche lanoce è tra i tagli di prima categoria. Ha una carne molto morbidae pregevole, indicata sia per le cotture in tegame, come brasati estracotti, sia per fettine e bistecche.

Fesa interna – sempre tra i tagli migliori, è detta anche rosa opunta d’anca e si trova nella parte alta della coscia. Ha carne magra,coperta di un sottile filo di grasso che esalta il suo sapore. Ottimaper bistecche, fettine e cotolette, spezzatini soprattutto con la parteesterna.

Pesce – o campanello. È un piccolo taglio che si trova nella gambaed è molto versatile in cucina, in quanto adatto a molti usi. Dallebistecche di minor pregio, soprattutto dalla parte esterna, agliutilizzi in cotture più lunghe, per spezzatini, stracotti, brasati estufati. Ha un buon utilizzo anche bollito.

Geretto posteriore – o muscolo. E’ la parte superiore della gamba,taglio non pregiato e di scarso valore economico, ma di grandequalità in cucina. Ottimo per gli ossibuchi. Particolarmente indicatoper i bolliti e il brodo, grazie ad uno strato di connettivo che sitrova tra i vari muscoli di cui è composto, che lo rende moltoappetitoso.

QUARTO POSTERIORE

1) Lombata2) Filetto3) Scamone4) Girello5) Fesa esterna6) Noce7) Fesa interna8) Pesce9) Geretto posteriore

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