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Alma Mater Studiorum · Universit ` a di Bologna SCUOLA DI SCIENZE Corso di Laurea in Matematica UN MODELLO DI ASSET ALLOCATION STRATEGICA Tesi di Laurea in Finanza Matematica Relatore: Chiar.mo Prof. Andrea Pascucci Presentata da: Marco Vita III Sessione Anno Accademico 2013/2014

UN MODELLO DI ASSET ALLOCATION STRATEGICA · UN MODELLO DI ASSET ALLOCATION ... proposta da John Von Neumann e Oskar Morgenstern, ... in ambito teorico e logico escludere queste possibilit

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Alma Mater Studiorum · Universita di Bologna

SCUOLA DI SCIENZECorso di Laurea in Matematica

UN MODELLO DI

ASSET ALLOCATION STRATEGICA

Tesi di Laurea in Finanza Matematica

Relatore:Chiar.mo Prof.Andrea Pascucci

Presentata da:Marco Vita

III SessioneAnno Accademico 2013/2014

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Introduzione

L’obiettivo di questa tesi e mettere a frutto alcune conoscenze classiche di piu settoridella Matematica per affrontare in maniera rigorosa lo studio di un problema relativa-mente moderno di Finanza Matematica: l’Asset Allocation Strategica.Letteralmente “allocazione del patrimonio”, per AAS intendiamo un processo di riparti-zione ottimale delle risorse tra diverse attivita finanziarie presenti sul mercato.Il primo vero teorico dell’ottimizzazione di un portafoglio e l’economista americano HarryMarkowitz (Chicago, 24 agosto 1927). Grazie ai suoi “contributi pionieristici nell’ambi-to dell’economia finanziaria” vinse il Nobel per l’economia nel 1990, ma gia negli annicinquanta aveva dimostrato capacita notevoli. Dopo essersi interessato all’economia del-l’incertezza - di cui si parlera - proposta da John Von Neumann e Oskar Morgenstern,Markowitz sviluppo la teoria del portafoglio efficiente, dimostrando cio che per gli eco-nomisti era una verita solamente empirica: l’importanza della diversificazione.Il modello di Asset Allocation che verra presentato consiste proprio nell’applicazione deirisultati di Markowitz, che saranno quindi ricostruiti fedelmente alla sua teoria.Quali strumenti matematici sono necessari? Nonostante appartengano a branche diversedella Matematica, verranno sfruttati risultati di Teoria della Probabilita, Analisi Mate-matica, Calcolo Differenziale nonche Algebra Lineare. Come spesso accade, piu concettimatematici apparentemente scorrelati si dimostrano colonne portanti di risultati di altrescienze, perfino di quelle non esatte come l’economia.

L’argomento di questa tesi sintetizza piacevolmente molti ambiti di interesse per-sonale, a partire dalla Finanza Matematica, uno dei rami piu fertili della MatematicaApplicata. Inoltre, il metodo di ottimizzazione di un portafoglio che verra presentato eun perfetto argomento di Teoria delle Decisioni (nota anche come Ricerca Operativa),che ho avuto modo di approfondire nel mio percorso di studi. La finalita di quest’al-tra branca della Matematica Applicata, che ha innumerevoli applicazioni negli ambitieconomico, informatico, logistico e nella progettazione di servizi e sistemi di trasporto,e fornire strumenti matematici di supporto alle attivita decisionali in cui e necessariocoordinare risorse al fine di massimizzare o minimizzare una funzione obiettivo, il tuttoformalizzando il problema in un modello matematico.

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Indice

1 Elementi di finanza matematica 31.1 Mercati discreti e portafogli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Classi di titoli: assets e opzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.3 Rischio di un portafoglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2 Asset Allocation Strategica 102.1 Diversificazione e correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.2 Caso di un portafoglio con due titoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.3 La teoria di Markowitz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.3.1 Passo I: Impostazione del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.3.2 Passo II: Calcolo della frontiera efficiente . . . . . . . . . . . . . . 202.3.3 Passo III: Scelta del portafoglio ottimale . . . . . . . . . . . . . . 24

3 Un esempio di applicazione 263.1 Caso di studio 1: dati storici a 5 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283.2 Caso di studio 2: dati storici a 10 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323.3 Caso di studio 3: analisi delle performance . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

A Requisiti matematici 39A.1 Elementi di teoria della probabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

A.1.1 Spazi di probabilita e distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 39A.1.2 Variabili aleatorie e processi stocastici . . . . . . . . . . . . . . . 41A.1.3 Misure di sintesi di fenomeni aleatori . . . . . . . . . . . . . . . . 42

A.2 Funzione di utilita e modelli media-varianza . . . . . . . . . . . . . . . . 44A.3 Problema di minimo vincolato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Bibliografia 52

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Capitolo 1

Elementi di finanza matematica

In questo capitolo vengono introdotti semplici concetti dal risvolto economico che, con ilsupporto di costruzioni matematiche opportune, costituiscono un modello funzionale allostudio dei principali problemi di Finanza Matematica. Definita la nozione di mercatodiscreto e possibile parlare di titoli, portafogli, rendimenti e rischi, concetti basilari persviluppare la teoria dell’AAS.I requisiti matematici di teoria della probabilita si trovano nell’appendice A.1.

1.1 Mercati discreti e portafogli

Un mercato finanziario e un luogo, ideale, in cui avviene la compravendita di strumentifinanziari di varia natura che chiamiamo titoli. Per formalizzare questo concetto ci li-mitiamo a considerare dei modelli di mercati discreti in cui, cioe, le contrattazioni deititoli possono avvenire in un numero finito di momenti tk (per semplicita equidistribuiti)all’interno di un intervallo temporale [0, T ].

Un insieme di titoli, omogenei o diversificati, all’interno del mercato costituisce unportafoglio. Quantita positive indicano attivita, cioe acquisto di titoli, mentre quantitanegativa indicano passivita, vendita di titoli. Formalizzando si ha:

Definizione 1.1. Dati d titoli a valori in Ω, un modello di mercato discreto e un pro-cesso stocastico multidimensionale S = (S0, ..., Sd) sullo spazio di probabilita (Ω,F , P ).Definito S, una strategia di investimento (o portafoglio) e un processo stocastico in Rd+1:

α = (α0n, ..., α

dn)n=0,...,N ,

dove αin rappresenta il numero di titoli i-esimi in portafoglio al tempo tn.

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1.1. Mercati discreti e portafogli

Definizione 1.2. Il valore del portafoglio α e il processo stocastico:

Vn(α) = αn · Sn :=d∑i=0

αinSin, n ∈ [0, N ]. (1.1)

Si osservi che, in generale, i valori degli αin possono anche essere negativi: cio accadein presenza di vendite allo scoperto. E’ tuttavia ragionevole richiedere che il portafoglioabbia un valore complessivo non negativo.

Come generalmente accade in finanza, ci limitiamo a considerare la particolare fami-glia A delle strategie autofinanzianti e predicibili, specificando che:

• α e autofinanziante se ad ogni contrattazione si reinveste solamente quanto finoraguadagnato dalla strategia stessa. Formalmente: Vn−1 = αnSn−1, ∀n ≥ 1.

• α e predicibile se viene costruita in base alle informazioni sul mercato disponibilial momento, senza conoscere il futuro.

Osservazione 1.3. Se α ∈ A allora, dalla condizione di autofinanziamento si deduceche il valore iniziale della strategia e V0(α) = α1S0 =

∑di=0 α

i1S

i0.

Sfruttando l’espressione del valore iniziale, il valore di una strategia autofinanziantee predicibile puo essere caratterizzata nel modo seguente:

Osservazione 1.4. Se α ∈ A, il valore del portafoglio e dato da Vn(α) = V0(α) +Rn(α)

dove Rn(α) :=n∑k=1

(αk(Sk − Sk−1)) =n∑k=1

(d∑i=1

αikSik−1µ

ik). (1.2)

Definizione 1.5. L’espressione Rn(α) nella (1.2) e il rendimento del portafoglio α.

Si e pertanto mostrato che il valore finale di una strategia autofinanziante e data dalsuo valore iniziale e dal suo rendimento.

Per concludere la costruzione del modello di mercato e importante porre delle condi-zioni che garantiscano la correttezza delle operazioni finanziarie che vi si compiono. Sivuole, in particolare, escludere la presenza di possibili arbitraggi, ovvero delle strategiea costo zero che producono un profitto privo di rischio. Se nella realta dei mercati fi-nanziari gli arbitraggi esistono, in ambito teorico e logico escludere queste possibilita percostruire un modello sensato. Formalmente si ha:

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1.2. Classi di titoli: assets e opzioni

Definizione 1.6. In un mercato discreto S su (Ω,F , P ), un arbitraggio e una strategiaα ∈ A tale che:

1. V0(α) = 0;

2. VN(α) ≥ 0 P − quasi sempre;

3. P (VN(α) > 0) > 0.

Il Principio di assenza di arbitraggi afferma che se si ha la certezza che due titoli avrannolo stesso valore in una data futura, allora anche attualmente i due titoli devono avere lostesso prezzo. Ovviamente, se cosı non fosse, basterebbe vendere il titolo piu costoso ecomprare quello meno costoso per avere certezza di guadagno. Formalizzando il principio:

Proposizione 1.7. In un mercato discreto che non ammette strategie di arbitraggio, seα, β ∈ A e vale VN(α) = VN(β) P − q.s. allora:

Vn(α) = Vn(β) P − q.s. ∀ n = 0, ..., N.

1.2 Classi di titoli: assets e opzioni

Nei mercati finanziari si posso effettuare investimenti su una vasta gamma di prodotti acui corrispondono, tipicamente, diversi profili di rischio-rendimento. Due grandi catego-rie principali di titoli (assets) sono Azioni e Obbligazioni.Le azioni sono un diritto di proprieta di quote di una societa e, pertanto, acquistandoparte del suo capitale si diventa partecipi del rischio economico della stessa societa. Neconsegue che, generalmente, le azioni non hanno una scadenza finita.Le obbligazioni invece sono titoli rappresentativi di un debito della societa emittente (unoStato o un ente privato) nei confronti del sottoscrittore. Chi acquista un’obbligazioneha il diritto di percepire, normalmente ad una scadenza contrattualmente stabilita, gliinteressi del debito e il rimborso del capitale prestato.Azioni e obbligazioni sono esempi di strumenti finanziari primari, il cui valore non di-pende da quello di altri titoli. Notoriamente il mercato azionario, a fronte di rendimentipotenzialmente maggiori, e in generale piu rischioso rispetto a quello obbligazionario. Ilvalore di un’azione e infatti legato all’andamento economico e alle prospettive di crescitadella societa emittente e, quindi, soggetto a maggiori oscillazioni; il rischio di mancatorimborso nel caso di un’obbligazione e tendenzialmente molto inferiore poiche vincolatoal fallimento dell’ente debitore.

Nei mercati si possono inoltre acquistare direttamente anche quote di fondi comuni diinvestimento, materie prime, titoli monetari e altri tipi di assets. Sono poi presenti stru-menti, detti titoli derivati, che non sono oggetti direttamente acquistabili sul mercato,

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1.2. Classi di titoli: assets e opzioni

ma sono contratti il cui valore dipende da uno o piu titoli primari detti beni sottostanti.L’esempio piu comune di titolo derivato e l’opzione: un contratto che conferisce al pos-sessore il diritto di acquistare (opzione Call) o vendere (opzione Put) il bene sottostantead una data futura (scadenza) e ad un prezzo (strike) prefissati. Il ricavo effettivo chene deriva e denominato payoff. La caratteristica peculiare delle opzioni e che acquistareo vendere il sottostante e un diritto ma non un obbligo, che quindi viene esercitato soloin presenza di un’effettiva convenienza economica.Si parla di opzione Europea se il diritto puo essere esercitato solo alla scadenza, mentreun’opzione Americana permette l’esercizio in qualunque momento entro la scadenza.

Analizziamo, come esempio, il caso di un’opzione Call Europea che ha i seguenti dati:

• St e il prezzo del sottostante al tempo t ∈ [0, T ]

• T e la scadenza dell’opzione

• K e lo strike

Alla scadenza T se ST < K logicamente il diritto di acquistare il sottostante al prezzodello strike non viene esercitato, per cui il payoff e nullo. Se invece ST ≥ K possocomprare ST al prezzo piu conveniente K, per cui il payoff e ST − K. In definitiva ilguadagno di una Call Europea e pari a:

payoff = (ST −K)+ = maxST −K, 0.

Dal punto di vista finanziario i derivati rappresentano il principale strumento di ge-stione del rischio. Ad esempio possedere un’opzione Call sul prezzo di una materia primae una garanzia di acquisto del bene allo strike prefissato, risultando immuni dal rischio dicrescita eccessiva del prezzo di mercato. Analogamente una Call su un mutuo bancarioa tasso variabile e una assicurazione sul tetto massimo di interesse da pagare.Per affrontare lo studio dei derivati, oltre a sfruttare l’approccio modellistico-matematicoesposto nella sezione 2.1, si utilizzano gli strumenti di Teoria della Probabilita presentatinell’Appendice A.1. Dal ragionamento precedente si evince che una opzione e univoca-mente determinata dal suo payoff il quale, chiaramente, non e noto al momento dell’ac-quisto. Trattandosi di un fenomeno casuale appare naturale far ricorso al concetto divariabile aleatoria. Considerando un mercato discreto libero da arbitraggi sullo spaziodi probabilita (Ω,F , P ) si hanno le seguenti definizioni:

Definizione 1.8. Un derivato Europeo e una variabile aleatoria X sullo spazio (Ω,F , P ).X rappresenta il payoff dell’opzione con scadenza T.

Definizione 1.9. Un derivato Americano e un processo stocastico (Xn), n ∈ [0, T ] su(Ω,F , P ). Xn rappresenta il payoff dell’opzione se questa viene esercitata al tempo tn.

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1.3. Rischio di un portafoglio

La Finanza Matematica si e occupata della costruzione di un modello matematicosemplice ma allo stesso tempo realistico, capace di descrivere le proprieta dei titoli fi-nanziari e di affrontare con un approccio razionale lo studio dei derivati. In particolaresono stati presi in considerazione i seguenti problemi che si riportano per completezzadel discorso, pur tralasciando la costruzione dei risultati:

• Valutazione: come stabilire razionalmente un prezzo ragionevole per una opzione?Questo problema e risolubile: e sempre possibile determinare un prezzo, dettoneutrale al rischio che garantisce l’assenza di arbitraggi.

• Copertura: l’emittente di un titolo derivato come deve investire per assicurarsi dipoter coprire il payoff? In altre parole si tratta di costruire una strategia (dettareplicante) che assuma a scadenza lo stesso valore del payoff: questo problema erisolubile solo in determinate condizioni.

• Tempo d’esercizio ottimale nel caso di un’Opzione USA: come stabilire quando eser-citare un derivato americano? In base all’evoluzione delle informazioni si possonoimpostare delle condizioni che determinino quando arrestare il processo, dato chee possibile farlo ad ogni istante precedente la scadenza.

1.3 Rischio di un portafoglio

Dopo il rendimento, l’altra caratteristica finanziaria fondamentale di un portafoglio e ilrischio. L’accezione del termine e comunemente negativa e sembra far riferimento solo asituazioni che posso dar luogo ad una riduzione dei profitti o a delle perdite.Piu precisamente, invece, il rischio e una misura dell’incertezza delle previsioni sui ren-dimenti attesi; pertanto un maggior livello di rischio sta ad indicare una maggiore pro-babilita di aumento delle passivita ma, allo stesso, anche una maggiore probabilita diriportare guadagni piu elevati. Di conseguenza un investitore razionale, avverso al rischio(vedi A.13), e disposto ad investire su titoli piu rischiosi solo se tale maggiore assunzionedi rischio viene compensata da un maggiore rendimento atteso.Appare dunque necessario un metodo quantitativo per stimare le prospettive di reddi-tivita di un portafoglio: rendimento e rischio. I modelli finanziari, come approfonditoin Appendice A.2, fanno ricorso ai parametri caratteristici delle distribuzioni di pro-babilita: media e varianza. Ricordando le proprieta di queste misure di sintesi (vediA.1.3), se la media rappresenta il valore centrale delle possibili variazioni di prezzo, lavarianza indica la variabilita, cioe la possibilita di scostamento dalla media. Ai fini pra-tici e spesso preferibile usare la deviazione standard o volatilita (radice quadrata dellavarianza), essendo una misura di variabilita espressa nella stessa dimensione della media.

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1.3. Rischio di un portafoglio

Intuitivamente la volatilita sembra una valida misura del rischio: e bene pero tenere amente che, in questo contesto, il concetto di “rischio” non indica la maggiore probabi-lita di perdita ma la tendenza a discostarsi dal valore medio. Il caso seguente chiariscel’importanza di questa precisazione:

Esempio 1.10. Consideriamo due banali distribuzioni di probabilita asimmetriche, unaverso destra (la probabilita di valori sotto la media e maggiori di quella di valori soprala media) e una verso sinistra, dove avviene la situazione inversa.

Figura 1.1: distribuzione di probabi-lita asimmetrica verso destra

Figura 1.2: distribuzione di probabi-lita asimmetrica verso sinistra

Le due distribuzioni hanno valori medi esattamente opposti ( -9.4 e +9.4 rispettivamen-te) mentre la volatilita e la stessa per entrambi ed e pari a 13.8. Cio significa che, perla definizione che abbiamo dato, i due titoli hanno esattamente lo stesso rischio. Standoinvece al comune e poco rigoroso utilizzo del termine “rischio” dovremmo aspettarci cheil titolo relativo alla figura 1.2 risulti piu rischioso, poiche la probabilita di perdita edecisamente piu elevata.

Introduciamo ora con un esempio l’approccio media-varianza (di cui si faceva riferi-mento alla fine del capitolo 1.2) che sta alla base di partenza dell’AAS.

Esempio 1.11. Supponiamo di selezionare 5 mercati finanziari: obbligazioni a breve ter-mine, obbligazioni a medio-lungo termine, azioni europee, azioni americane e azioni giap-ponesi. Per ognuno di questi abbiamo due indici di riferimento validi per tutti i titoli delmercato stesso: il rendimento atteso µi = E(Ri) (calcolato per esempio attraverso unaserie storica) e la volatilita σi =

√E[(Ri − µi)2].

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1.3. Rischio di un portafoglio

Classi di attivita Rendimento VolatilitaObbligazioni a breve 4.79% 1.39%Obbligazioni a medio-lungo 5.77% 3.27%Azioni Europa 5.47% 17.18%Azioni USA 7.82% 19.39%Azioni Giappone 4.21% 21.08%

I valori di rendimento medio atteso e volatilita riportati nella tabella precedente so-no rappresentati nel grafico rischio-rendimento in figura 1.3. Sulla base di questi datil’investitore deve determinare il suo portafoglio ottimale cercando di massimizzare ilrendimento atteso e di minimizzare la volatilita. Il solo primo criterio porterebbe adinvestire il 100% del capitale in azioni americane (con il piu alto rendimento indipenden-temente dalla volatilita) mentre il solo secondo spingerebbe a preferire le obbligazioni abreve termine per il loro minimo rischio.

Figura 1.3: Grafico rischio-rendimento

La soluzione corretta e invece costruire razionalmente un portafoglio che contemperii due criteri. Ovvio e che a parita di rendimento viene scelta l’attivita finanziaria con ilrischio piu basso mentre a parita di rischio e preferito il titolo con il rendimento piu alto.Il punto cruciale e che cio che conta non sono rendimento e volatilita dei singoli titolima dell’intero mix di assets: il portafoglio migliore non e quello costituito dai titolisingolarmente meno rischiosi. Cio e dovuto al fatto che, se il rendimento di un portafoglioe dato dalla media ponderata dei rendimenti dei singoli titoli, il rischio totale non e affattoil rischio medio ponderato delle attivita. Matematicamente e l’effetto della correlazioneche rispecchia perfettamente il fenomeno finanziario della diversificazione.

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Capitolo 2

Asset Allocation Strategica

Per Asset Allocation, letteralmente “allocazione del patrimonio”, si intende il processodi suddivisione delle quote di ricchezza da investire tra i vari titoli finanziari presenti suuno o piu mercati. L’obiettivo e quello di raggiungere un prefissato rendimento atteso e,contemporaneamente, assicurarsi di rendere minima la differenza tra le attese e i risultatieffettivi. La teoria di Markowitz fornisce un metodo razionale per stabilire una riparti-zione ottimale di ciascuna attivita finanziaria all’interno di un portafoglio, puntando alraggiungimento del miglior rapporto rischio-rendimento.Come discusso in precedenza e approfondito nell’Appendice A.2, il problema puo essereaffrontato mediante l’approccio media-varianza che ci permette di fare riferimento so-lamente ai dati di media e variabilita; quest’ultima sara utile esprimerla in molteplicimisure: varianza, volatilita o correlazione.

Ancora prima di entrare nel vivo del procedimento di AAS sono necessarie dueoperazioni preliminari:

• la scelta dell’orizzonte temporale di investimento. Il periodo di allocation e crucia-le in relazione agli obiettivi dell’investitore: a breve termine (3, 6 o 12 mesi), adesempio, le azioni possono avere forte variabilita al contrario delle notoriamentetranquille obbligazioni. A lungo termine (ordine di anni), invece, anche le obbliga-zioni assumono rischi di controparte come l’inflazione. L’orizzonte di investimentoe strettamente legato alle caratteristiche del soggetto: eta, disponibilita economica,situazione lavorativa, prospettive future, situazione familiare, ect.

• l’insieme dei mercati su cui l’investitore ritiene di investire. Anche questa e un’o-perazione preliminare di fondamentale importanza: la performance finale di uninvestimento dipende molto di piu dalla tipologia di mercato o di asset class incui si e deciso di investire, piuttosto che dalla scelta dei singoli titoli da inserirein portafoglio. Ad esempio potrebbe essere funzionale limitarsi a mercati di certipaesi o piuttosto escludere quelli in cui sono presenti vincoli giuridici o situazioni

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2.1. Diversificazione e correlazione

correnti sfavorevoli. E’ interessante notare che, se si e in possesso di sufficientiinformazioni, allora puo essere utile inserire anche mercati meno abituali, deman-dando l’eventuale esclusione al processo di allocation che produrra dei pesi nulli incaso di sfavorevole rapporto rischio-rendimento.

Fissati orizzonte temporale e mercati di riferimento, il modello di Markowitz di sele-zione ottimale del portafoglio stabilisce il peso da assegnare a ciascun asset. Suddividia-mo il processo di AAS in tre passi:

• l’impostazione del modello attraverso la stima di media e variabilita dei mercati diriferimento.

• La costruzione della frontiera efficiente, una curva nel piano volatilita-media cherappresenta il luogo geometrico dei portafogli che risultano ottimali in termini diminino rischio per dato rendimento e di massimo rendimento per minimo rischio.

• La scelta del portafoglio ottimale tra tutti quelli della frontiera efficiente. Questaoperazione avviene in base alle preferenze soggettive dell’investitore in termini dipropensione al rischio.

Il processo di Asset Allocation Strategica, tipicamente adottato secondo un orizzontetemporale di medio/lungo periodo, potrebbe necessitare di alcuni adattamenti alla lucedi situazioni di mercato contingenti. Per sfruttare dei particolari trend di mercato nelbreve periodo, l’allocazione degli investimenti viene modificata attraverso il processo diAsset Allocation Tattica. Quest’operazione, seppur finalizzata a variazioni temporanee,deve comunque rispettare un sufficiente livello di coerenza con la strategia globale.

2.1 Diversificazione e correlazione

Uno degli errori piu frequenti negli investimenti finanziari e l’eccessiva concentrazio-ne sulle singole opportunita di profitto sottovalutando il profilo di rischio/rendimentocomplessivo del portafoglio. Come gia detto infatti, massimizzare il rendimento o mini-mizzare il rischio in termini assoluti non rappresenta una intelligente asset allocation.L’accurata suddivisione degli investimenti deve tener conto non solo di media e volatilitadei mercati, ma anche della loro interdipendenza.A tal proposito risulta naturale fare ricorso agli indicatori statistici di covarianza e cor-relazione, definiti rigorosamente dalle A.15 e A.17. Nell’Appendice si chiarisce ancheche il coefficiente di correlazione σ, essendo il valore della covarianza standardizzata dalprodotto delle deviazioni standard, e un valore che appartiene all’intervallo [−1,+1]: icasi estremi si ottengono se e solo se esiste una perfetta relazione lineare tra le due va-riabili (decrescente o crescente); il valore σ = 0 rappresenta il caso di non correlazione.Esaminiamo nell’esempio seguente un caso di correlazione negativa tra due titoli azionari:

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2.1. Diversificazione e correlazione

Esempio 2.1. La figura 2.1 mostra l’andamento in borsa dal 2008 ad oggi dei titoli didue colossi mondiali della tecnologia: la Apple, Inc. e la Sony Corporation. Il graficorispecchia esattamente le nostre aspettative: il fatto che negli ultimi anni la Apple abbiadominato sulla concorrenza non rappresenta di certo una novita.

Figura 2.1: Andamento azioni Apple e Sony dal 2008 ad oggi

La figura 2.2 costituisce il grafico di dispersione dei due titoli: i punti indicano lecoppie dei rendimenti nel periodo considerato e mostrano una netta contro-tendenza,cioe al crescere del titolo Apple, la quotazione della Sony e gradualmente diminuita. Laretta di regressione disegnata nel grafico indica la migliore sintesi dei punti osservati: lasua inclinazione negativa corrisponde alla contro-tendenza dei rendimenti. Calcolandola correlazione dei due titoli si ottiene infatti il valore −0.635.

Figura 2.2: Correlazione negativa tra i due titoli

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2.2. Caso di un portafoglio con due titoli

2.2 Caso di un portafoglio con due titoli

Per comprendere il procedimento generale di AAS e utile partire dal caso semplificatodella costruzione di un portafoglio con solo due titoli, che ora analizziamo nel dettaglio.

In un mercato discreto siano dati due titoli 1, 2 con rendimenti R1, R2, medie m1, m2

e volatilita σ1, σ2, rispettivamente. Assumiamo inoltre che m1 < m2 e σ1 < σ2.Posto α ∈ [0, 1] costruiamo un portafoglio suddividendo il nostro capitale con una quotapercentuale 1− α del titolo 1 e una quota α del titolo 2, ottenendo cosı un rendimentocomplessivo:

RP = αR2 + (1− α)R1

Calcoliamo valore atteso mP e varianza σ2P del portafoglio P:

mP = E[RP ] = E[αR2 + (1− α)R1]

= αE[R2] + (1− α)E[R1]

= E[R1] + α(E[R2]− E[R1])

= m1 + α(m2 −m1) (2.1)

σ2P = V ar(RP ) = V ar(αR2 + (1− α)R1)

= α2V ar(R2) + (1− α)2V ar(R1) + 2α(1− α)Cov(R1, R2)

= α2σ22 + (1− α)2σ2

1 + 2α(1− α)σ12 (2.2)

Ricordando la (A.8), e utile sostituire la covarianza con la formula contenente il coeffi-ciente di correlazione tra i due titoli, che denotiamo con ρ:

σ12 = ρσ1σ2

per cui la varianza del portafoglio diventa:

σ2P = α2σ2

2 + (1− α)2σ21 + 2α(1− α)ρσ1σ2 (2.3)

La varianza del portafoglio dipende quindi sia da α, un parametro decisionale dell’inve-stitore, sia dal coefficiente di correlazione ρ, che e invece legato alle caratteristiche deidue titoli. Studiamo ora l’andamento della varianza in funzione di questi due parametri.

Caso ρ = 1.Nel caso in cui esista una perfetta correlazione lineare positiva tra le due variabilidi rendimento, dalla (2.3) il valore della varianza diventa:

σ2P = α2σ2

2 + (1− α)2σ21 + 2α(1− α)σ1σ2

= [ασ2 + (1− α)σ1]2

= [σ1 + α(σ2 − σ1)]2 (2.4)

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2.2. Caso di un portafoglio con due titoli

Essendo σ1 < σ2 possiamo togliere il quadrato da entrambi i membri e determinarela volatilita del portafoglio:

σP = σ1 + α(σ2 − σ1) (2.5)

Figura 2.3: volatilita del portafoglio con due titoli con ρ = 1

Il risultato stabilisce che la volatilita del portafoglio e funzione lineare del parametroα, come mostrato nella figura 2.3. In presenza, quindi, di correlazione pari a 1 lavolatilita del portafoglio cresce al crescere della ricchezza investita nel titolo 2,senza alcun effetto di diversificazione.

Caso ρ = −1.Se la correlazione tra i due titoli e perfettamente negativa, sostituendo ρ = −1nella (2.3) si ottiene:

σ2P = α2σ2

2 + (1− α)2σ21 − 2α(1− α)σ1σ2

= [ασ2 − (1− α)σ1]2

= [α(σ1 + σ2)− σ1]2 (2.6)

L’espressione dentro la parentesi quadra non e piu sempre positiva, pertanto perricavare il valore della volatilita abbiamo:

σP = |α(σ1 + σ2)− σ1| =

α(σ1 + σ2)− σ1, se α ≥ σ1

σ1 + σ2

σ1 − α(σ1 + σ2), se α <σ1

σ1 + σ2

(2.7)

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2.2. Caso di un portafoglio con due titoli

Abbiamo cosı ottenuto due relazioni lineari corrispondenti ai segmenti in figura 2.4

che si intersecano nel punto α∗ =σ1

σ1 + σ2

dove la volatilita del portafoglio e nulla.

Figura 2.4: volatilita del portafoglio con due titoli con ρ = −1

Si deduce quindi che, disponendo di due titoli rischiosi correlati tra loro in modoperfettamente negativo, e possibile annullare completamente la volatilita combi-nando i due titoli nel portafoglio individuato dall’investimento α∗.Tutte le possibili combinazioni dei due titoli, per qualsiasi valore di ρ tra -1 e +1,sono rappresentabili all’interno del triangolo mostrato in figura 2.4, tra cui quelladel caso di correlazione nulla che affrontiamo di seguito.

Caso ρ = 0.Se la correlazione tra i due titoli e nulla, sostituendo ρ = 0 nella (2.3), la varianzadel portafoglio diventa:

σ2P = α2σ2

2 + (1− α)2σ21 (2.8)

Si tratta di una funzione quadratica in α della quale possiamo determinare gliestremi attraverso il calcolo dei valori critici tramite la derivata prima:

∂σ2P

∂α= 2ασ2

2 − 2(1− α)σ21 = 0

da cui ricaviamo il punto α∗∗ =σ2

1

σ21 + σ2

2

. Attraverso il metodo delle derivate

successive, osservando che la derivata seconda∂2σ2

P

∂α2= 2σ2

2 +2σ21 e sempre positiva,

possiamo affermare che α∗∗ e un punto di minimo.

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2.2. Caso di un portafoglio con due titoli

Da notare che se il punto α∗∗ minimizza la varianza, allora minimizza anche lasua radice quadrata, cioe la volatilita. La figura 2.5 rappresenta graficamente larelazione tra volatilita σP e quota di investimento α.

Figura 2.5: volatilita del portafoglio con due titoli con ρ = 0

Si osserva pertanto che esiste una combinazione dei due titoli determinata dal va-lore α∗∗ per la quale la volatilita del portafoglio costruito e minore della piu bassavolatilita presente sul mercato, cioe σ1.Il risultato appena ottenuto e noto come principio della diversificazione di porta-foglio: se le correlazioni tra i titoli sono sufficientemente basse, allora la volatilitadel portafoglio e minore della volatilita dei singoli titoli.

Trasferiamo ora tutti i risultati appena descritti dal piano (α, σP ) al piano volatilita-rendimento medio (σP ,mP ). Dalla (2.1) sappiamo che il valore atteso del rendimento emP = m1 + α(m2 −m1), pertanto c’e una dipendenza lineare tra α e mP .Come nel ragionamento precedente, andiamo a considerare i casi limite della correlazione:

Caso ρ = 1.Nel caso di perfetta correlazione lineare positiva, dalla (2.5) ricaviamo:

α =σP − σ1

σ2 − σ1

Sostituendo questo valore nella (2.1) otteniamo la relazione lineare tra il rendimentomedio di portafoglio e la sua volatilita:

mP = m1 +σP − σ1

σ2 − σ1

(m2 −m1) (2.9)

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2.2. Caso di un portafoglio con due titoli

Al variare di α otteniamo quindi un segmento nel piano volatilita-rendimento me-dio, come mostrato in figura 2.6. Gli estremi di questo segmento sono (σ1,m1) e(σ2,m2) che si ottengono rispettivamente quando α vale 0 o 1, cioe investendo solosul titolo meno rischioso o sul titolo piu rischioso.

Caso ρ = −1.Nel caso di correlazione ρ = −1 abbiamo in precedenza mostrato che esiste unvalore di α che annulla la volatilita del portafoglio.

Sostituendo questo valore α∗ =σ1

σ1 + σ2

nella relazione (2.1) otteniamo:

m∗P = m1 + α∗(m2 −m1) (2.10)

Per gli altri valori di α, ripetendo lo studio del valore assoluto della (2.7) abbiamo:

mP =

m1 +

σP + σ1

σ1 + σ2

(m2 −m1), se α ≥ α∗

m1 −σP − σ1

σ1 + σ2

(m2 −m1), se α < α∗(2.11)

Anche nel piano media-volatilita, come in figura 2.6, abbiamo due segmenti che siintersecano nel punto di minima volatilita, che corrisponde al portafoglio α∗.

Figura 2.6: relazione tra media e volatilita al variare di α

Nello spazio (σP ,mP ) ritroviamo lo stesso triangolo del precedente risultato: tutte lecombinazioni possibili dei due titoli si trovano all’interno del triangolo. In particolare,per ogni valore della correlazione ρ ∈]−1, 1[ si viene a definire una curva, detta frontieraefficiente che esprime la relazione tra volatilita e rendimento di un portafoglio.

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2.3. La teoria di Markowitz

2.3 La teoria di Markowitz

2.3.1 Passo I: Impostazione del modello

In una fase preliminare sono stati definiti l’orizzonte temporale e l’insieme dei mercati diinvestimento. Entriamo ora nel vivo dell’Asset Allocation definendo i dati del problema,siano quindi:

• N titoli finanziari inseriti nel portafoglio P , indicizzati da i = 1, ..., N ,

• Ri i rendimenti di ciascun titolo,

• mi le medie, σ2i le varianze e σi le volatilita dei rendimenti di ogni titolo i = 1, ..., N ,

• σij la covarianza tra i titoli i e j,

• W0 la ricchezza iniziale dell’investitore.

L’obiettivo del problema e quello di determinare il vettore (w1, ..., wN) dei pesi da as-segnare ad ogni titolo, costruendo cosı un portafoglio in modo da massimizzare l’utilitaattesa della ricchezza a fine periodo. Siano quindi:

• W = W0

(1 +

∑Ni=1 wiRi

)≡ W0 (1 +RP ) la ricchezza futura,

• U : R⇒ R una funzione di utilita cardinale quadratica (si veda A.2).

Il problema di massimizzazione diventa pertanto:max

w1,...,wN

E[U(W )]

W = W0 (1 +RP )N∑i=1

wi = 1

che, dalla definizione di ricchezza futura, si puo riscrivere in maniera equivalente come:

maxw1,...,wN

E[U(RP )]

RP =N∑i=1

wiRi

N∑i=1

wi = 1

(2.12)

Sfruttiamo ora l’ipotesi di funzione quadratica: come illustrato nell’Appendice A.2,l’utilita attesa si semplifica in una funzione detta utilita indiretta media-varianza:

E[U(RP )] = Ψ(+mP ,− σ2

P )

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2.3. La teoria di Markowitz

dove mP e σ2P sono rispettivamente media e varianza del rendimento del portafoglio P .

Per risolvere il problema e utile introdurre i vettori ausiliari

R =

R1

...RN

; m =

m1

...mN

; w =

w1

...wN

; 1 =

1...1

(i cui trasposti saranno indicati usando l’apice ′ ) e la matrice di covarianza

Γ =

σ11 σ12 ... σ1N

σ21 σ22 ... σ2N

... ... ... ...σN1 σN2 ... σNN

= [σij]i,j=1,...,N .

Come dimostrato dalla (A.16), la matrice Γ e simmetrica e semidefinita positiva. Persemplicita introduciamo l’ipotesi aggiuntiva che Γ sia definita positiva.

Esprimiamo ora in forma vettoriale rendimento, media e varianza del portafoglio:

RP =N∑i=1

wiRi = R′w, (2.13)

mP =N∑i=1

wimi = m′w, (2.14)

σ2P = V ar(RP ) = Cov(

N∑i=1

wiRi,N∑j=1

wjRj)

=N∑

i,j=1

Cov(Ri, Rj)wiwj

=N∑

i,j=1

σijwiwj = w′Γw. (2.15)

In definitiva possiamo riscrivere il sistema 2.12 di massimizzazione dell’utilita attesa nelmodo seguente:

maxw1,...,wN

Ψ(+mP ,− σ2

P )

mP = m′wσ2P = w′Γw

1′w = 1

(2.16)

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2.3. La teoria di Markowitz

2.3.2 Passo II: Calcolo della frontiera efficiente

Per risolvere il sistema 2.16 e necessario sfruttare la proprieta dell’utilita indiretta media-varianza per la quale la media ha un effetto positivo sull’utilita mentre a varianza mag-giore corrisponde un minore livello di benessere. Cio si traduce nel fatto pratico che, aparita di media, l’investitore sceglie logicamente il portafoglio di minima varianza.

Sia quindi m∗ il valore fissato della media del portafoglio P : risolvere il problema dimassimizzazione 2.16 equivale pertanto a risolvere il sotto-problema di minimizzazionevincolato seguente:

minw

1

2w′Γw

m′w = m∗

1′w = 1

(2.17)

dove il coefficiente 1/2 e aggiunto per comodita di calcolo.Esiste cioe, ed e la soluzione del problema, un vettore dei pesi w(m∗) che minimizza lavarianza del portafoglio e dipende dal valore noto m∗.Tale soluzione del problema di minimo vincolato si determina utilizzando il teorema deimoltiplicatori di Lagrange (presentato nell’Appendice A.3) mediante la lagrangiana:

L(w, λ1, λ2) =1

2w′Γw − λ1(1′w − 1)− λ2(m′w −m∗) (2.18)

Un vettore che minimizza la funzione w′Γw va ricercato tra i punti critici della lagran-giana L, pertanto impostiamo il seguente sistema di condizioni del primo ordine:

∂L∂w

=1

22Γw − λ11− λ2m = 0 (2.19)

∂L∂λ1

= 1′w − 1 = 0 (2.20)

∂L∂λ2

= m′w −m∗ = 0 (2.21)

Osserviamo che le condizioni (2.20) e (2.21) impongano esattamente i vincoli del sistema(2.17) e che la derivata parziale di L rispetto a w ci permette di determinare il valoreottimale dei pesi del portafoglio in funzione dei parametri lagrangiani λ1 e λ2, attraversoil seguente procedimento:

Γw = λ11 + λ2m

w = λ1Γ−11 + λ2Γ

−1m (2.22)

Da notare che Γ−1 esiste poiche abbiamo supposto Γ definita positiva, quindi invertibile.

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2.3. La teoria di Markowitz

Moltiplicando a sinistra entrambi i membri della (2.22) rispettivamente per i vettori1′ e m′, sfruttando le condizioni (2.20) e (2.21) si ottiene il sistema in due equazioni edue incognite λ1 e λ2:

1′w = 1 = λ11′Γ−11 + λ21

′Γ−1m

m′w = m∗ = λ1m′Γ−11 + λ2m

′Γ−1m(2.23)

Definiamo, per comodita di calcolo, le seguenti quantita (scalari) che dipendono soltantodai parametri noti m e Γ:

A = 1′Γ−11; B = 1′Γ−1m; C = m′Γ−1m; ∆ = AC −B2.

Osservazione 2.2. Risulta utile osservare le seguenti proprieta:

• Avendo supposto che la matrice di covarianza Γ sia definita positiva, Γ e invertibilee la sua inversa e anch’essa definita positiva. Pertanto A > 0 e C > 0.

• Per la simmetria di Γ−1 si ha che m′Γ−11 = 1′Γ−1m = B.

• La quantita ∆ risulta strettamente positiva, infatti:

0 < (Am−B1)′Γ−1(Am−B1) = A2C − 2AB2 +B2A = A(AC −B2)

da cui, essendo A > 0, viene che AC −B2 > 0.

Possiamo quindi riscrivere il sistema (2.23) nella semplice forma:Aλ1 +Bλ2 = 1

Bλ1 + Cλ2 = m∗=

A B

B C

λ1

λ2

=

1

m∗

(2.24)

da cui si ricavano le soluzioni:

(λ1

λ2

)=(A BB C

)−1( 1m∗

)=

1∆

(C −B−B A

)(1m∗

)=

C −m∗B

m∗A−B∆

(2.25)

Sostituendo i valori di λ1 e λ2 nella (2.22) si ottiene il vettore ottimale dei pesi:

w =C −m∗B

∆Γ−11 +

−B +m∗A

∆Γ−1m (2.26)

Occorre precisare che, alla luce delle condizioni imposte nel problema di minimizzazione,l’unico vincolo sul vettore dei pesi e che la sommatoria delle sue componenti sia 1, ovvero

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2.3. La teoria di Markowitz

che tutta la ricchezza a disposizione venga investita. Non essendoci alcuna condizionesul segno dei pesi significa che questi possono anche essere negativi cioe, in altri termini,sono ammesse vendite allo scoperto, anche se nella realta dei mercati finanziari questapossibilita e molto spesso esclusa.

Fissata la media m∗, la minima varianza del portafoglio P e dunque:

σ2P = w′Γw

=1

∆2

((C −m∗B)Γ−11 + (m∗A−B)Γ−1m

)′ ((C −m∗B)1 + (m∗A−B)m)

=1

∆2

((C −m∗B)2A+ 2(C −m∗B)(m∗A−B)B + (m∗A−B)2C

)=

1∆2

((A2C −AB2)m∗

2+ (2B3 − 2ABC)m∗ +AC2 +B2C

)=

1∆

(Am∗

2 − 2Bm∗ + C)

(2.27)

Si tratta di una funzione del parametro m∗ e dei dati m e Γ.Nello spazio media-varianza la (2.27) descrive chiaramente una parabola, mentre nellospazio media-volatilita (σP ,m

∗) la stessa equazione descrive un’iperbole, infatti:

Aσ2P =

1∆

(A2m∗2 − 2ABm∗ +AC +B2 −B2) =

1∆((Am∗ −B)2 −∆

)=

(Am∗ −B)2

∆+ 1

da cui: Aσ2P −

(Am∗ −B)2

∆= 1.

Il punto di minima volatilita (che corrisponde al punto di minima varianza) si calcolafacilmente annullando la derivata rispetto a m∗ dell’espressione (2.27), ottenendo:

∂σ2P

∂m∗=

2∆

(Am∗ −B), da cui m∗min =B

A; (2.28)

σ2min =

B2/A− 2B2/A+ C

∆=

1A, da cui σmin =

√1A. (2.29)

Si tratta effettivamente di un punto di minimo, poiche∂2σ2

P

∂m∗2=

2

∆A > 0.

Sostituendo i valori ottenuti nelle equazioni (2.25), si ricavano i pesi del portafogliocorrispondente al punto di minima volatilita:

λ1min =C −B2/A

∆=

1A

λ2min =B −B

∆= 0

(2.30)

che determinano il vettore wmin = 1A

Γ−11.

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2.3. La teoria di Markowitz

Dell’iperbole ottenuta ci interessa solamente la parte di grafico in cui la volatilita epositiva, rappresentata in figura 2.7: tutti i punti della curva determinano i portafogli diminima varianza per data media m∗. Notiamo che per ogni valore di m∗ 6= B/A esistonodue di questi portafogli: come gia detto, pero, un soggetto razionale scegliera, a parita divolatilita, la media piu elevata. Pertanto la frontiera efficiente, data dal ramo superioredell’iperbole, costituisce il luogo geometrico dei punti (portafogli) che hanno massimamedia per data volatilita e minima volatilita per data media.

Figura 2.7: frontiera efficiente nello spazio media-volatilita

Un investitore razionale con preferenza per la media e avversione per la volatilitascegliera un portafoglio appartenente alla frontiera efficiente: i punti che stanno sopratale curva rappresentano portafogli impossibili poiche, per costruzione, per data medianon esistono portafogli con volatilita inferiore a quella espressa sulla frontiera. I puntisotto l’iperbole, invece, sono portafogli possibili ma non ottimali, poiche esiste sempreun portafoglio sulla frontiera con minor rischio o con maggior rendimento medio.

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2.3. La teoria di Markowitz

2.3.3 Passo III: Scelta del portafoglio ottimale

Nei passaggi precedenti abbiamo costruito la frontiera efficiente, luogo geometrico deiportafogli con minima volatilita per data media. Su tale curva sono pero presenti infinitipunti: il nostro obiettivo e determinare un unico portafoglio ottimale che rappresenti lascelta migliore per un investitore, in base alle sue caratteristiche.A tale scopo ricordiamo l’originario problema di massimizzazione dell’utilita attesa cheavevamo formalizzato nella (2.16):

maxw1,...,wN

Ψ(+mP ,− σ2

P )

mP = m′wσ2P = w′Γw

1′w = 1

dove Ψ(+mP ,− σ2

P ) e la funzione di utilita indiretta media-varianza.

Nello spazio (σP ,m∗) andiamo a costruire le curve di isoutilita, ovvero i luoghi geo-

metrici dei punti (portafogli) le cui combinazioni di media e volatilita determinano lostesso valore di utilita Ψ per l’investitore.

Per il calcolo delle curve di isoutilita, affinche Ψ(+mP ,− σ2

P ) = k ∈ R, e necessarioimporre che il differenziale della funzione di utilita sia nullo:

dΨ =∂Ψ

∂mP

dmP +∂Ψ

∂σPdσP = 0

Sfruttando il fatto che rendimento medio e volatilita hanno rispettivamente un effettopositivo e negativo sull’utilita (cioe ∂Ψ/∂mP > 0 e ∂Ψ/∂σP < 0), si deduce che il valoredell’inclinazione della curva in ogni punto e positiva:

∂mP

∂σP=−∂Ψ/∂σP∂Ψ/∂mP

> 0 (2.31)

Il valore ricavato nella (2.31) e detto saggio marginale di sostituzione: tale quantita indi-ca di quanto deve aumentare il rendimento, a fronte di un aumento unitario di volatilita,affinche il soggetto mantenga inalterato il proprio livello di benessere.Il carattere crescente delle curve di isoutilita (rappresentate in figura 2.8) indica che amaggiore volatilita deve corrispondere una sorta di premio soggettivo al rischio, ovveroun maggior rendimento atteso.

Ogni investitore ha le proprie soggettive preferenze in termini di rischio e rendimento e, diconseguenza, le proprie curve di isoutilita. Vi sono vari metodi per esplicitare, piu o meno

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2.3. La teoria di Markowitz

analiticamente, l’avversione al rischio di un soggetto economico: spesso si utilizzano deiquestionari diretti sul comportamento dell’investitore di fronte a rischi finanziari, oppuresi utilizzano modelli che sfruttano le condizioni socio-demografiche quali eta, reddito,condizione familiare, impiego, ect.

Figura 2.8: curve di isoutilita e frontiera efficiente nello spazio media-volatilita

In definiva, le informazioni provenienti dai mercanti ci permettono di costruire lafrontiera dei portafogli efficienti, mentre le informazioni sulle preferenze dell’investito-re consentono la determinazione delle curve di isoutilita. L’unione di tali informazioniindividuano, finalmente, il risultato del problema di Markowitz: il portafoglio ottimo eindividuato dal punto di intersezione della frontiera efficiente con la piu alta curva diisoutilita. Tale portafoglio e la soluzione del problema di Asset Allocation Strategica.

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Capitolo 3

Un esempio di applicazione

Presentiamo ora un esempio pratico di applicazione del modello di ottimizzazione di unportafoglio costruito nelle sezioni precedenti. Per ricavare dati storici, manipolarli e risol-vere il problema di Asset Allocation e stato utilizzato il software Wolfram Mathematica,un notevole ambiente di calcolo simbolico nonche potente linguaggio di programmazione.

Ricordiamo di aver definito due operazioni preliminari:

• la scelta dell’insieme dei mercati su cui investire: per semplificare il problema cilimitiamo a considerare 10 titoli azionari di alcune delle principali aziende quotatenella borsa americana, riportati nella tabella di seguito. Ognuno di essi appartienead un settore diverso, anche se alcuni possono essere raggruppati in macroaree diinvestimento, come l’informatica per i primi 5 titoli o l’alimentare per gli ultimi 2.

Titolo Codice Nome Settore1 MSFT Microsoft Corporation Application Software2 AAPL Apple, Inc. Personal Computers3 IBM International Business Machines Diversified Computer System4 SNE Sony Corporation Electronic Equipment5 YHOO Yahoo, Inc. Internet Information Providers6 DIS Walt Disney Company Entertainment Diversified7 AXP American Express Company Credit Service8 AMZN Amazon.com, Inc. Catalog and Mail Order House9 KO Coca-Cola Company Beverages Soft Drinks10 MCD McDonald’s Corporation Restaurants

• la scelta dell’orizzonte temporale di investimento: trattandosi di titoli azionarie ragionevole evitare la forte variabilita a breve termine e collocarci quindi nel

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CAPITOLO 3. UN ESEMPIO DI APPLICAZIONE

medio-lungo periodo. Per evidenziare il forte impatto di questa scelta, affrontiamolo stesso problema di allocazione considerando dati storici relativi a due periodidifferenti: in primo luogo calcoliamo rendimenti medi e variabilita attraverso lequotazioni di 5 anni, precisamente nel periodo dal 1 gennaio 2005 al 1 gennaio2010. Successivamente ripetiamo lo stesso algoritmo per determinare un portafoglioefficiente dopo 10 anni di analisi storica (dal 2005 al 2015).

Tramite gli strumenti di Mathematica, di cui si riportano i codici per completezza,tracciamo i grafici dell’andamento dei titoli che abbiamo preso in considerazione, diretta-mente nel periodo 2005 - 2015. Per confrontare dati e risultati del primo caso di studio,sara quindi sufficiente far riferimento visivamente alla prima meta di ciascun grafico.

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3.1. Caso di studio 1: dati storici a 5 anni

3.1 Caso di studio 1: dati storici a 5 anni

Analizziamo nel dettaglio il procedimento nel primo caso di studio, cioe sfruttando i datistorici del periodo 2005-2010.Per ciascuno dei 10 titoli calcoliamo i rendimenti con cadenza mensile (in questo modosi assorbono variazioni giornaliere fuori dallo standard) attraverso la funzione Financial-Data di Mathematica. Dopodiche, seguendo i passi della teoria di Markowitz, ricaviamoil vettore dei rendimenti attesi, il vettore delle volatilita e la matrice di covarianza.

L’output del codice precedente ci fornisce medie, volatilita e covarianze del rendi-menti dei titoli. Da precisare che medie e volatilita appaiono come vettori riga ma, nellinguaggio Mathematica, sono in realta vettori colonna come previsto dalla nostra teoria.

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3.1. Caso di studio 1: dati storici a 5 anni

Come visto nel capitolo 2.3.2, il calcolo della frontiera efficiente consiste, di fatto, nellarisoluzione di un problema di minimizzazione (2.17). Applicando il teorema di Lagrangee introducendo per comodita di calcolo le quantita A = 1′Γ−11, B = 1′Γ−1m, C =m′Γ−1m,∆ = AC − B2, abbiamo determinato l’equazione della frontiera efficiente nelpiano volatilita-media. Riproducendo fedelmente i risultati ottenuti con il software si ha:

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3.1. Caso di studio 1: dati storici a 5 anni

Figura 3.1: frontiera efficiente nel caso di studio 1

Oltre a rappresentare la frontiera efficiente, fissando un valore m∗ per il rendimentoatteso, siamo in grado di determinare il vettore ottimale dei pesi w, ricavato teoricamentenella (2.26). Come detto, abbiamo ammesso la possibilita di vendite allo scoperto, ovveropesi negativi nell’allocazione della ricchezza tra i vari titoli.E’ interessante notare che e possibile ottenere lo stesso risultato applicando l’algoritmodi minimizzazione di Mathematica all’originario problema: min

ww′Γw.

Si riportano di seguito i due procedimenti e un loro esempio, fissando m∗ = 1.5%

Il vettore ottenuto stabilisce quindi che, volendo ottenere un portafoglio con un ren-dimento atteso pari a 1.5%, occorre vendere allo scoperto, come era prevedibile, i titoli4 (−0.06%), 5 (−0.10%) e 7 (−0.12%) poiche hanno media negativa. Anche il titolo 1va venduto (−0.02%) poiche ha una volatilita troppo elevata in relazione al suo scarso

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3.1. Caso di studio 1: dati storici a 5 anni

rendimento. Il resto dei titoli vanno invece acquistati con i pesi indicati: ad esempio,i titoli da inserire in percentuale maggiore sono Coca-Cola e McDonald’s per via dellaloro bassa rischiosita. Le loro medie non solo tra le piu alte, ma sono comunque i titolipiu vantaggiosi poiche il rendimento m∗ da raggiungere non e molto elevato.

Nella tabella 3.1 sono riportati i vettori ottimali dei pesi in funzione di alcuni valoridi rendimento atteso m∗, partendo dal minimo valore previsto dalla frontiera efficiente.Si noti come, aumentando il valore di m∗, e necessario allocare sempre piu ricchezza sultitolo Apple, cioe il piu redditizio (ma anche tra i piu rischiosi). Per ottenere il minimorendimento il titolo va addirittura venduto, mentre se si vuole costruire un portafoglioche renda almeno il 2.5% e necessario investirci quasi il 30% del capitale.

Titolo Codice m∗min = 0.62 m∗ = 1 m∗ = 1.5 m∗ = 2 m∗ = 2.51 MSFT 10.84% 5.32% -2.02% -9.36% -16.70%2 AAPL -7.14% 0.27% 10.13% 19.98% 29.83%3 IBM 28.68% 24.94% 19.95% 14.97% 9.99%4 SNE 5.23% 0.32% -6.21% -12.75% -19.28%5 YHOO 1.68% -3.45% -10.28% -17.11% -23.94%6 DIS -0.05% 7.26% 16.99% 26.71% 36.43%7 AXP -3.14% -6.79% -11.65% -16.50% -21.36%8 AMZN -6.21% -3.48% 0.16% 3.80% 7.44%9 KO 34.50% 39.64% 46.47% 53.30% 60.14%10 MCD 35.61% 35.98% 36.47% 36.96% 37.45%

Tabella 3.1: pesi percentuali dei titoli con vendite allo scoperto

Nonostante il modello di AAS presentato contempli la possibilita di vendite alloscoperto, e interessante studiare la soluzione del problema di minimizzazione (sfruttandoil software) imponendo il vincolo aggiuntivo di non negativita dei pesi dei vari titoli.Di seguito il calcolo del nuovo vettore dei pesi, fissando ancora m∗ = 1.5%. Trattandosi diun metodo numerico, il valore 0 non sara mai raggiunto; ogni valore espresso in notazionescientifica con esponente negativo e da intendersi nullo.

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3.2. Caso di studio 2: dati storici a 10 anni

La tabella seguente e l’analogo della 3.1 nel caso in cui non ci sia possibilita di shortselling. Imponendo che i pesi di ciascun titolo siano non negativi otteniamo altri vettoriottimali di allocazione: essi sono riportati in funzione degli stessi valori di rendimentoatteso m∗ al fine di compararli con quelli precedentemente ottenuti.

Titolo Codice m∗min = 0.62 m∗ = 1 m∗ = 1.5 m∗ = 2 m∗ = 2.51 MSFT 3.58% 0.12% 0% 0% 0%2 AAPL 0% 0.23% 17.01% 40.82% 72.32%3 IBM 20.61% 19.62% 0.14% 0% 0%4 SNE 1.03% 0.02% 0% 0% 0%5 YHOO 1.08% 0% 0% 0% 0%6 DIS 2.10% 0.05% 0% 0% 0%7 AXP 0% 0% 0% 0% 0%8 AMZN 0% 0% 2.88% 5.24% 7.49%9 KO 42.02% 38.23% 20.94% 0% 0%10 MCD 29.58% 41.73% 59.03% 53.94% 20.19%

Tabella 3.2: pesi percentuali dei titoli in assenza di vendite allo scoperto

3.2 Caso di studio 2: dati storici a 10 anni

Tutto il procedimento visto nel primo caso di studio viene ripetuto con l’aggiunta di altri5 anni di dati storici, cioe basandosi sulle quotazioni degli stessi titoli nel periodo 2005-2015. Essendo la costruzione analoga a quella precedente, si riportano direttamente irisultati ottenuti. Diversi titoli del nostro paniere presentano una migliore configurazionedi media-volatilita, come si puo osservare dai punti in figura 3.2: solo un titolo ha ancorarendimento medio negativo e piu di uno ha ridotto notevolmente la propria volatilita.

Questo miglioramento era sicuramente nelle nostre aspettative: piu ci si sposta dalmedio al lungo termine, notoriamente, piu la stabilita dell’andamento di un titolo azio-nario aumenta; per di piu, l’intervallo temporale del caso di studi 1 comprende al suo

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3.2. Caso di studio 2: dati storici a 10 anni

interno l’inizio della crisi economica del 2008 che ha avuto impatto fortemente negativosull’andamento di quasi tutte le nostre azioni (si vedano i grafici ad inizio capitolo 4).

Figura 3.2: frontiera efficiente nel caso di studio 2

Come in precedenza, fissiamo alcuni valori di rendimento medio che si intendonoraggiungere e, per ognuno di questi, determiniamo il vettore dei pesi del portafoglioefficiente secondo la teoria di Markowitz. Facciamo questa operazione sia ammettendola possibilita di vendite allo scoperto, sia imponendo che i pesi di ciascun titolo sianonon negativi.

Titolo Codice m∗min = 0.77 m∗ = 1 m∗ = 1.5 m∗ = 2 m∗ = 2.51 MSFT 10.36% 7.17% 0.17% -6.83% -13.82%2 AAPL -3.40% 2.16% 14.38% 26.59% 38.80%3 IBM 27.94% 22.40% 10.20% -1.98% -14.16%4 SNE -1.09% -4.66% -12.52% -20.37% -28.22%5 YHOO 2.77% 0.56% -4.30% -9.15% -14.01%6 DIS 2.43% 10.76% 29.08% 47.39% 65.70%7 AXP -2.20% -4.87% -10.72% -16.58% -22.44%8 AMZN -5.99% -3.67% 1.42% 6.52% 11.61%9 KO 29.67% 28.45% 25.76% 23.07% 20.37%10 MCD 39.51% 41.70% 46.53% 51.34% 56.17%

Tabella 3.3: pesi percentuali dei titoli con vendite allo scoperto

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3.2. Caso di studio 2: dati storici a 10 anni

Titolo Codice m∗min = 0.77 m∗ = 1 m∗ = 1.5 m∗ = 2 m∗ = 2.51 MSFT 5.64% 1.06% 0% 0% 0%2 AAPL 0% 3.00% 26.24% 58.61% 93.11%3 IBM 22.44% 16.53% 0% 0% 0%4 SNE 0.01% 0% 0% 0% 0%5 YHOO 1.75% 0.03% 0% 0% 0%6 DIS 1.67% 6.81% 10.28% 0.07% 0%7 AXP 0% 0% 0% 0% 0%8 AMZN 0% 0% 2.46% 4.62% 5.99%9 KO 30.99% 28.65% 8.45% 0% 0%10 MCD 37.50% 43.92% 52.57% 36.70% 0.90%

Tabella 3.4: pesi percentuali dei titoli in assenza di vendite allo scoperto

Anche nella composizione dei portafogli efficienti ritroviamo il fatto che alcuni titolihanno migliorato il loro rapporto media-volatilita, acquisendo cosı maggior peso nellaallocation rispetto al caso di studio 1.Per bassi valori di rendimento atteso, ad esempio, il titolo da acquistare in maggiorquantita e ora McDonald’s poiche, nonostante un calo di media (da 1.33% a 1.13%),e divenuto il titolo meno rischioso (volatilita da 5.27% a 4.38%), superando anche iltitolo Coca-Cola. Ad alti valori di rendimento atteso, invece, il titolo Apple e semprepiu predominante in quanto, rimanendo il titolo piu redditizio, ha anche ridotto la suavolatilita, scesa di 2 punti percentuali.E’ interessante notare quanto incida il vincolo di non negativita dei pesi: ammettendo lapossibilita di short selling, ad esempio, il titolo Walt Disney Company e sempre inseri-to, positivamente, all’interno del portafoglio, avendo addirittura il peso predominante sem∗ = 2.5. D’altra parte, la necessita di raggiungere un piu alto rendimento senza potervendere allo scoperto alcuni assets, fa sı che lo stesso titolo non venga nemmeno inseritoin portafoglio.

Per concludere questo caso di studio, diamo un esempio dell’utilizzo delle curve diisoutilita per determina in maniera univoca un portafoglio ottimale sulla frontiera effi-ciente, come si e visto nel passo III della teoria di Markowitz.Assumiamo che un metodo qualitativo basato sulle condizioni socio-demografiche di ungruppo di agenti economici abbia determinato una funzione di utilita indiretta media-varianza Ψ(+mP ,

− σ2P ) e che le relative curve di isoutilita (imponendo che Ψ = k con k

parametro reale) siano quelle rappresentate graficamente in figura 3.3.

Dalla teoria sappiamo che il portafoglio ottimale P e individuato dal punto di interse-zione tra la frontiera efficiente e la piu alta curva di isoutilita, cioe dal punto di tangenzatra la frontiera e il fascio di curve.

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3.2. Caso di studio 2: dati storici a 10 anni

Figura 3.3: determinazione del portafoglio ottimale tramite curve di isoutilita

Numericamente calcoliamo le coordinate del punto, che nel nostro caso sono:

σ = 4.01; m = 1.36.

Il risultato ottenuto stabilisce che il portafoglio ottimale va calcolato in corrispondenzadi un rendimento atteso pari a 1.36%.Fissato m calcoliamo i vettori dei pesi, sia con vendite allo scoperto sia con il vincolo dinon negativita. Applicando l’algoritmo si ottiene:

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3.3. Caso di studio 3: analisi delle performance

In definitiva, potendo vendere allo scoperto alcuni titoli, il miglior portafoglio previstodalla teoria di Markowitz si costruisce investendo il capitale nel modo seguente:

MSFT AAPL IBM SNE YHOO DIS AXP AMZN KO MCD2.13% 10.95% 13.62% -10.32% -2.94% 23.95% -9.08% 0% 26.51% 45.18%

Se escludiamo la possibilita di pesi negativi, la soluzione ottima e invece:

MSFT AAPL IBM SNE YHOO DIS AXP AMZN KO MCD0% 18.65% 0.02% 0% 0% 11.13% 0% 1.59% 17.36% 51.24%

3.3 Caso di studio 3: analisi delle performance

Nelle due sezioni precedenti si e affrontato, con esempi concreti, il problema di otti-mizzazione di un portafoglio tramite la frontiera efficiente. Per cogliere completamentel’utilita di questo processo e infine necessario mostrare che costruire un portafoglio sullabase dei risultati della teoria si riveli davvero conveniente. In altri termini, l’intento equello di verificare che la performance di un portafoglio determinato dal nostro algoritmorispecchi, con buona probabilita, le aspettative di rendimento.A tal scopo, consideriamo lo stesso paniere di titoli dei casi di studio 1 e 2 e i relatividati storici nel periodo 2005 - 2015. Dopodiche eseguiamo i seguenti passaggi, semprecon l’ausilio del software Mathematica.

Sfruttando le quotazioni storiche settimanali dei primi due anni (2005 e 2006) ap-plichiamo l’algoritmo di ottimizzazione fissando un rendimento atteso settimanale dello0.5%, ammettendo le vendite allo scoperto (il ragionamento e del tutto analogo impeden-do lo short selling). Otteniamo cosı un portafoglio efficiente, univocamente determinatodai pesi percentuali dei singoli titoli.

Al fine di valutare la performance del portafoglio ottenuto, calcoliamo il suo rendimentoa cadenza settimanale in tutto l’anno successivo, cioe il 2007. Si tratta di un’operazionemolto semplice, avendo a disposizione le quotazioni di ogni titolo e ricordando che ilrendimento del portafoglio non e altro che la media ponderata dei singoli rendimenti.

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3.3. Caso di studio 3: analisi delle performance

Analizziamo graficamente i risultati ottenuti: in figura 3.4 sono rappresentati, per ognisettimana del 2007, i rendimenti del portafoglio costruito in precedenza. L’istogrammain figura 3.5 mostra come la loro distribuzione abbia un andamento approssimativamentegaussiano proprio intorno a 0.5, valore del rendimento atteso per il portafoglio.

Figura 3.4: Plot dei rendimenti nel 2007 Figura 3.5: Distribuzione dei rendimenti

Come gia visto nel caso di studi 2, aumentare l’orizzonte temporale porta general-mente con se un aumento di stabilita del titolo; per questo motivo vogliamo estendereprogressivamente la durata delle serie storiche e costruire, almeno teoricamente, porta-fogli piu affidabili. Per fare cio, aggiungiamo anche l’anno 2007 nei nostri dati, in mododa aver un totale di 3 anni di quotazioni settimanali dei rendimenti dei nostri titoli.In base a questo nuovo set di dati possiamo aggiornare la composizione del nostro por-tafoglio, bilanciando nuovamente i pesi da assegnare a ciascun titolo per raggiungere ilmiglior rapporto rischio-rendimento, avendo sempre fissato il valore atteso dello 0.5%.A questo punto, calcolando i rendimenti settimanali del portafoglio nell’anno 2008 eaggiungendoli ai valori precedenti, possiamo di nuovo rappresentarli graficamente: ci siattende di apprezzare una performance ancora migliore della nostra asset allocation.

Ripetendo lo stesso ragionamento di anno in anno, possiamo man mano valutare l’effi-cacia del nostro portafoglio nel corso del tempo. L’idea di aspettarsi una performancesempre piu corrispondente alle aspettative iniziali non deriva solo dall’utilizzo di una se-rie storica progressivamente di maggiore ampiezza, ma soprattutto dal fatto che ad ogniinserimento di un nuovo anno di quotazioni all’interno del set di dati storici, il processodi ottimizzazione viene aggiornato, quindi i pesi dei singoli titoli vengono ridistribuiti inrelazione ai nuovi trend di mercato. Di fatto, si sta compiendo un’operazione di AssetAllocation Tattica.

Riportiamo quindi i risultati grafici di quanto illustrato, selezionando alcuni step delprocedimento. Ad esempio, dopo aver aggiunto nella serie storica le quotazioni di 2007 e

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3.3. Caso di studio 3: analisi delle performance

2008 e modificato tatticamente l’allocazione della ricchezza alla fine di entrambi gli anni,valutiamo la performance del portafoglio nel periodo 2007 - 2009, ottenendo la seguentedistribuzione (nel plot dei rendimenti e rappresentato il valore fissato di 0.5%):

Figura 3.6: Plot dei rendimenti 2007-2009 Figura 3.7: Distribuzione dei rendimenti

Eseguendo la stessa operazione per ogni anni successivo, alla fine del 2014 aggior-niamo per l’ultima volta la composizione del nostro portafoglio e, finalmente, possiamovalutare la performance globale del nostro portafoglio aggiungendo la quotazione deirendimenti settimanali nell’anno 2015. Come si vede dal plot complessivo in figura 3.8e ancora meglio dall’istogramma in figura 3.9, il valore del rendimento del portafoglio,al susseguirsi delle quotazioni settimanali, si distribuisce effettivamente con un piccoattorno allo 0.5%, presentando un andamento assimilabile ad una distribuzione normale.

Figura 3.8: Plot dei rendimenti 2007-2015 Figura 3.9: Distribuzione dei rendimenti

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Appendice A

Requisiti matematici

In questa appendice vengono presentati i principali concetti matematici utilizzati comestrumenti nella costruzione della teoria del portafoglio. Il primo requisito e costituitodagli elementi basilari di Probabilita, colonna portante della Finanza Matematica.Per definire l’Asset Allocation Strategica e poi necessario formalizzare i concetti empi-rici di “scelta” e “preferenza”: a tale scopo facciamo riferimento ai concetti teorici difunzione di utilita e di utilita indiretta media-varianza.Infine, per la costruzione di una frontiera di portafogli che soddisfino un criterio razio-nale di efficienza, si utilizza l’approccio lagrangiano: dopo aver fissato un valore attesosi intende minimizzare il rischio, risolvendo un problema di minimo vincolato attraversoil metodo dei moltiplicatore di Lagrange, importante risultato di Analisi Matematica.

A.1 Elementi di teoria della probabilita

A.1.1 Spazi di probabilita e distribuzioni

Definizione A.1. Uno spazio di probabilita e una terna (Ω,F , P ) dove:

• Ω e un insieme non vuoto detto spazio campione che contiene i possibili stati delfenomeno aleatorio. I suoi elementi ω ∈ Ω sono detti eventi elementari.

• F e una σ-algebra: un sottoinsieme delle insieme delle parti P(Ω) tale che:

i. Ø ∈ F ;

ii. A ∈ F ⇒ AC := (Ω \ A) ∈ F ;

iii. per ogni successione (An)n∈N di elementi di F ,∞⋃n=1

An ∈ F .

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A.1. Elementi di teoria della probabilita

• P e una misura di probabilita, ossia una funzione P : F → [0, 1] tale che:

i. P (Ø) = 0, P (Ω) = 1;

ii. ∀ (An)n∈N di elementi di F , a due a due disgiunti, vale : P (⋃n≥1

An) =∑n≥1

P (An).

Esempio A.2. La σ-algebra dei Borelliani B(RN) e la σ-algebra generata dalla topologiaEuclidea di RN . Se Ω = R, B(R) e la piu piccola σ-algebra che contiene gli intervalliaperti ]a, b[, ossia B = B(R) = σ(I) con I = ]a, b[ |a, b ∈ R, a < b.

Definizione A.3. Una misura di probabilita sui Borelliani (RN ,B) e detta distribuzione.

Dalla teoria dell’integrazione di Lebesgue segue direttamente il risultato seguente:

Proposizione A.4. Sia f : R → [0,+∞[ una funzione B-misurabile (ossia f−1(H) ∈B per ogni H ∈ B), tale che

∫Rf(x)dx = 1. Allora si definisce in modo naturale una

distribuzione P definita da:

P (H) =

∫H

f(x)dx, H ∈ B. (A.1)

Definizione A.5. Nelle condizioni di (A.1) la f e detta densita di P rispetto alla misuradi Lebesgue.

Esempio A.6 (Distribuzione uniforme). Dati a, b ∈ R con a < b, denotata con 1[a,b] la fun-zione indicatrice (vale 1 su [a, b], 0 fuori da [a, b]), la distribuzione uniforme sull’intervallo[a, b] e determinata dalla densita:

f(x) =1

b− a1[a,b](x) (A.2)

Indicando con L la misura di Lebesgue sui Borelliani, si ha che:

P (H) =

∫H∩[a,b]

1

b− adx =

1

b− aL (H ∩ [a, b]), perH ∈ B.

Intuitivamente, P attribuisce la stessa probabilita a tutti i punti dell’intervallo [a, b].

Esempio A.7 (Delta di Dirac). Dato x0 ∈ R la distribuzione Delta di Dirac concentratain x0 e definita da:

δx0(H) =

1, x0 ∈ H,0, x0 /∈ H,

perH ∈ B.

Osservando che δx0(x0) = 1 ma L (x0) = 0 si deduce che δx0 non ammette densita.

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A.1. Elementi di teoria della probabilita

Esempio A.8 (Distribuzione normale reale). Dati i parametri reali µ e σ > 0, la distri-buzione normale o di Gauss in R, denotata con Nµ,σ2 , e determinata dalla densita:

f(x) =1√

2πσ2exp

(−(x− u)2

2σ2

)(A.3)

Figura A.1: Grafico della densita Gaussiana

A.1.2 Variabili aleatorie e processi stocastici

Definizione A.9. Una variabile aleatoria sullo spazio di probabilita (Ω,F , P ) e unafunzione misurabile

X : Ω→ RN t.c. X−1(H) ∈ F ∀ H ∈ B.

La condizione richiesta e che la controimmagine di un Borelliano sia un evento.

Definizione A.10. Data la v.a. X ha senso scrivere P (X−1(H)) =: P (X ∈ H), H ∈B. Si definisce quindi l’applicazione

PX : B → [0, 1], PX(H) = P (X ∈ H)

che risulta essere una misura di probabilita sui Borelliani, cioe una distribuzione, dettadistribuzione (o legge) della v.a. X.

Dalla costruzione di questa distribuzione si deduce, intuitivamente, che e sempre pos-sibile “trasferire” ogni spazio di probabilita sui Borelliani.

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A.1. Elementi di teoria della probabilita

Definizione A.11. Un processo stocastico discreto e una famiglia X = (Xn)n∈N0 di va-riabili aleatorie definite su uno spazio di probabilita (Ω,F , P ).

E’ lecito interpretare un processo stocastico come una funzione a due variabili:

X : (N ∪ 0)× Ω −→ RN , X(n,w) = Xn(w)

Si puo affermare che un processo stocastico e la versione “dinamica” di una variabilealeatoria. Questi due concetti sono basilari nel campo della finanza matematica: dalpunto di vista finanziario, infatti, Xn rappresenta il prezzo di un titolo al tempo nmentre il processo stocastico X costituisce l’evoluzione temporale del titolo sul mercato.Poiche l’indice temporale n ∈ N0 si parla di processo stocastico a tempo discreto.

A.1.3 Misure di sintesi di fenomeni aleatori

Si introducono ora alcune fondamentali nozioni relative alle variabili aleatorie.

Il valore atteso (chiamato anche media o speranza matematica) formalizza l’idea in-tuitiva di “valore medio” di un fenomeno aleatorio e, in generale, non ha nulla a chevedere con il valore piu probabile della variabile casuale. Per la definizione rigorosa sideve far riferimento al concetto di integrale di una variabile aleatoria nello spazio diprobabilita: esso rispecchia fedelmente la costruzione dell’integrale di Lebesgue in RN .

Definizione A.12. Sia X una v.a. sullo spazio di probabilita (Ω,F , P ). Il valore attesodi X e definito come l’integrale di X rispetto alla misura di probabilita P su Ω:

E[X] :=

∫Ω

XdP.

Distinguiamo quindi due casi particolari in cui possiamo esplicitare il valore atteso:

i. Se X e una v.a discreta: X(Ω) = x1, ..., xN quindi, posto Ak = X−1(xk), si hache X =

∑Nk=1 xk1Ak

. In questo caso:

E[X] =

∫Ω

XdP =N∑k=1

xkP (Ak). (A.4)

ii. Se X e una v.a. continua che ammette densita f , la definizione diventa:

E[X] =

∫Ω

XdP =

∫RN

xf(x)dx. (A.5)

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A.1. Elementi di teoria della probabilita

La varianza fornisce una misura dell’instabilita dei valori di una variabile casuale, inparticolare di quanto essi si discostano quadraticamente dal valore atteso. La sua radicequadrata fornisce la deviazione standard o volatilita.

Definizione A.13. La varianza di una v.a. X e definita da:

var(X) := E[(X − E[X])2]. (A.6)

Definizione A.14. La deviazione standard di X e definita da σX :=√var(X).

La covarianza di due variabili aleatorie e una stima della loro dipendenza, cioe fornisceuna misura di quanto le due varino assieme. Due variabili aleatorie indipendenti hannopertanto covarianza nulla.

Definizione A.15. La covarianza di due v.a. reali X, Y e definita da:

cov(X, Y ) := E[(X − E[Y ])(X − E[Y ])]. (A.7)

Nel caso in cui X = (X1, ..., XN) sia una v.a. a valori in RN la covarianza si esprime informa matriciale: Cov(X) = E[(X − E[X])(X − E[X])∗].Quindi la matrice di covarianza di X e:

Cov(X) = (cij) con cij = cov(Xi, Xj), i, j = 1, ..., N.

Osservazione A.16. Nelle notazioni precedenti Cov(X) e simmetrica e presenta lungola diagonale principale i valori delle varianze. Inoltre e una matrice semidefinita positiva.

Dimostrazione. La simmetria di Cov(X) viene dalla simmetria dell’operatore covarianza:

cij = cov(Xi, Xj) = cov(Xj, Xi) = cji i, j = 1, ..., N

e, banalmente:cii = cov(Xi, Xi) = var(Xi) ∀i = 1, ..., N.

Verifichiamo poi la condizione di non negativita di una matrice: sia v = (v1, ...vN) ∈ RN :

vTCov(X)v =N∑

1,j=1

Cov(Xi, Xj)vivj =N∑

1,j=1

Cov(viXi, vjXj)

= Cov

(N∑i=1

viXi,N∑j=1

vjXj

)= var

(N∑i=1

viXi

)≥ 0

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A.2. Funzione di utilita e modelli media-varianza

La correlazione e una covarianza standardizzata che esprime l’eventuale dipendenzalineare tra le due variabili aleatorie. Essa e definita come il rapporto tra la covarianzae il prodotto delle deviazioni standard: si ottiene pertanto un valore normalizzato dellacorrelazione, cioe sempre compreso tra -1 e +1.

Definizione A.17. La correlazione di due v.a. reali X, Y e:

corr(X, Y ) =cov(X, Y )

σXσY. (A.8)

In particolare si ha che: corr(X,X) = 1, corr(X,−X) = −1 e se X, Y sono due v.a.indipendenti allora cov(X, Y ) = 0.

In caso di piu variabili aleatorie reali X1, ..., XN , come nel caso della covarianza, siottiene la matrice di correlazione:

Corr(X) =

(cij

σXiσYj

)con cij = cov(Xi, Xj), i, j = 1, ..., N.

Si tratta di una matrice simmetrica che presenta tutti 1 sulla diagonale principale.

A.2 Funzione di utilita e modelli media-varianza

Per comprendere il funzionamento dei mercati finanziari e necessario introdurre una teo-ria che possa descrivere le decisioni finanziare quali acquisto, vendita, preferenza di untitolo piuttosto che un altro, ecc. Trattandosi di scelte che si basano su una conoscenzapiu o meno accurata del passato e solo su una ipotetica previsione del futuro, questateoria deve saper gestire adeguatamente incertezza e rischio, fattori sempre presenti nel-l’azione di un agente economico.

Indichiamo con a una decisione che l’investitore puo prendere (vendere, acquistare,...)appartenente a tutte le possibili decisioni D. Assumiamo inoltre che il mondo circostan-te abbia uno stato ω (evento elementare) ∈ Ω (insieme dei possibili stati), nell’ipotesiimportante che la scelta di a non influenzi in alcun modo la scelta di ω.Il risultato combinato di queste scelte determina la coppia (a, ω) ∈ D × Ω alla quale eassociato un numero reale c che rappresenta la conseguenza per l’investitore della sceltaa quando il mondo e nello stato ω.

Denotiamo con X la funzione dall’insieme D×Ω a valori in R con legge X : (a, ω) 7→ c.Fissato lo stato ω, e pertanto lecito scrivere Xa(ω) = c.

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A.2. Funzione di utilita e modelli media-varianza

Xa risulta quindi una funzione da Ω in R, ovvero una variabile aleatoria.All’insieme delle possibili scelte dell’investitore a possiamo quindi sostituire l’insieme del-le corrispondenti variabili aleatorie Xa oppure, in modo equivalente, le loro distribuzionidi probabilita Fa o le densita di probabilita fa, ammesso che esistano.

Introduciamo quindi il concetto primitivo di preferenza dell’investitore tra distribu-zioni, indicato con il simbolo: (“preferito a”) e assumiamo validi i seguenti assiomi:

1. Completezza: per ogni coppia di distribuzioni Fa, Fb appartenente all’insieme delledistribuzioni F , si verifica che Fa Fb oppure Fb Fa. Se valgono entrambe alloraFa e Fb si dicono equipreferite e si scrive: Fa ∼ Fb.

2. Transitivita: se Fa Fb e Fb Fc =⇒ Fa Fc.

3. Continuita: se Fa Fb Fc =⇒ ∃λ ∈ [0, 1] : λFa + (1 − λ)Fc ∼ Fb, cioe tra trealternative ordinate e sempre possibile effettuare una combinazione tra la pessimae la ottima per ottenere un valore equipreferito alla intermedia.

Teorema A.18. (Utilita ordinale).Esiste una funzione V : F → R tale che, se valgono gli assiomi 1, 2 e 3, allora si ha:

Fa Fb ⇐⇒ V (Fa) ≥ V (Fb). (A.9)

Definizione A.19. Se vale (A.9) la funzione V e detta funzione di utilita ordinale che,si dice, rappresenta le preferenze . La qualifica di “ordinale” deriva dal fatto che lafunzione di utilita V e unica a meno di trasformate monotone crescenti.

Si noti che la funzione V e definita sullo spazio delle distribuzioni di probabilita,pertanto non e un oggetto di facile manipolazione. Si introduce quindi un 4 assiomache semplifica notevolmente il problema:

4. Indipendenza:se Fa Fb allora ∀λ ∈ [0, 1] e ∀ Fc ∈ F =⇒ λFa + (1− λ)Fc λFb + (1− λ)Fccioe l’investitore non altera la propria preferenza tra due distribuzioni a cui vengo-no aggiunte le stesse componenti aleatorie.

Diretta conseguenza di questo assioma e il teorema di Von Neumann e Morgenstern:

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A.2. Funzione di utilita e modelli media-varianza

Teorema A.20. (Utilita attesa).Data una distribuzione di probabilita Fa, se valgono i 4 assiomi sopra definiti, alloraesiste una funzione U : R→ R tale che

V (Fa) = E[U(Xa)]. (A.10)

• Nel caso discreto, se Xa =

x1 pa,1... ...xn pa,n

, la funzione di utilita U e tale che:

V (Fa) = E[U(Xa)] =n∑i=1

U(xi)pa,i.

• Nel caso continuo, se fa e la densita di probabilita, allora:

V (Fa) = E[U(Xa)] =

∫ +∞

−∞U(x)dFa(x) =

∫ +∞

−∞U(x)fa(x)dx.

Definizione A.21. Se vale (A.10) la funzione U e detta funzione di utilita cardinale odi Von Neumann e Morgenstern (VNM) che rappresenta sotto l’assunto dei 4 assiomi.

Il vantaggio rispetto all’utilita ordinale e di avere una funzione reale a valori reali per laquale valgono tutti i risultati del calcolo differenziale ordinario, che vengono sfruttati neipassaggi della teoria di Markowitz.

La modellistica finanziaria si base, quasi sempre, sulla massimizzazione dell’utilita attesa:

maxa∈D

V (Fa) = maxa∈D

E[U(Xa)] (A.11)

L’argomento della funzione U e, tipicamente, una grandezza monetaria W che rappre-senta il reddito o la ricchezza dell’investitore.

La funzione di utilita U deve soddisfare ulteriori due assiomi di natura economicache si traducono in semplici disuguaglianze:

5. Non saziabilita: l’investitore preferisce sempre una quantita maggiore rispetto aduna quantita minore per cui la funzione U e monotona strettamente crescente:

W1 < W2 ⇒ U(W1) < U(W2) (A.12)

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A.2. Funzione di utilita e modelli media-varianza

6. Avversione al rischio: l’investitore preferisce sempre ottenere con certezza il valoreatteso di una data quantita aleatoria rispetto alla quantita aleatoria stessa. Cio sitraduce nella seguente definizione matematica di avversione al rischio:

U(E[W ]) > E[U(W )] (A.13)

Per costruire funzioni di utilita che verifichino le condizioni di non saziabilita eavversione al rischio, ricordiamo un importante risultato:

Teorema A.22. (Disuguaglianza di Jensen).Siano (Ω,F , P ) uno spazio di probabilita, W una variabile aleatoria a valori reali e Uuna funzione convessa. Allora:

U(E[W ]) ≤ E[U(W )] (A.14)

La (A.14) riporta la disuguaglianza nell’espressione classica basata sulla convessita.E’ immediato verificare che nel caso di una funzione concava U vale la disuguaglianzainversa (poiche se U e concava allora −U e convessa e E[−U(W )] = −E[U(W )]).Deduciamo quindi che, se consideriamo una funzione monotona crescente e strettamenteconcava, allora gli assiomi 5 e 6 sono verificati. Per rappresentare invece un soggettoneutrale al rischio (indifferente alla scelta tra quantita aleatoria e suo valore atteso)o propenso al rischio (preferisce la quantita aleatoria rispetto al suo valore atteso) uti-lizziamo rispettivamente una funzione di utilita lineare o una funzione di utilita convessa.

Figura A.2: utilita di unsoggetto avverso al rischio

Figura A.3: utilita di unsoggetto neutrale al rischio

Figura A.4: utilita di unsoggetto propenso al rischio

Nella teoria AAS consideriamo sempre un agente economico avverso al rischio, per-tanto approfondiamo il caso di funzioni di utilita monotone crescenti e concave.Ci limitiamo a considerare la classe delle funzioni polinomiali e, in particolare, quella diutilita quadratica:

U(W ) = a+ bW − cW 2.

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A.2. Funzione di utilita e modelli media-varianza

Si tratta di una funzione polinomiale di secondo grado. Affinche sia rappresentativadei soggetti non saziabili ed avversi al rischio la derivata prima deve essere positiva(monotonia crescente) e la derivata seconda deve essere negativa (concavita), quindi:

U ′ = b− 2cW > 0U ′′ = −2c < 0

=⇒W ∈ ]0, b

2c[ , b > 0

c > 0

La funzione quadratica e molto utile sia perche puo essere vista, tramite uno sviluppo diTaylor, come l’approssimazione al secondo ordine di una qualsiasi funzione di utilita, siaperche un soggetto con funzione di utilita quadratica prende le proprie decisioni in baseai parametri di valore atteso e varianza. Si hanno infatti questi due importanti risultati:

Proposizione A.23. Si consideri un soggetto con funzione di utilita quadratica U .

• Egli basa le sue decisioni solo in funzione dei parametri di media E[X] e varianzavar(X) secondo la relazione:

E[U(X)] = Ψ(+E[X], −var(X)) (A.15)

I segni + e - stanno ad indicare che la media ha un effetto positivo, cioe al crescedella media cresce il livello di benessere, mentre la varianza ha un effetto negativo,cioe al crescere della varianza diminuisce il livello di benessere.

• Se i valori attesi di due variabili aleatorie sono uguali (E[X] = E[Y ]) allora ilcriterio decisionale si basa solo sulla varianza e il soggetto avverso al rischio pre-ferisce la soluzione a minor varianza: X Y ⇐⇒ var(X) < var(Y ).

Definizione A.24. Nella relazione (A.15) la funzione Ψ e detta funzione di utilitaindiretta media-varianza.

In particolare, come tipicamente accade, se consideriamo distribuzioni di probabilitanormali X ∼ NµX ,σ

2X

che dipendono per definizione solo da media µX = E[X] e varianza

σ2X = var(X), si ha necessariamente che per qualunque funzione di utilita U:

E[U(X)] = Ψ(+µX ,− σ2

X) (A.16)

Ad esempio, la forma piu semplice di utilita indiretta media-varianza e:

Ψ(+µX ,− σ2

X) = µX − θσ2X , θ ∈ R, θ > 0.

I modelli finanziari classici si basano proprio su utilita indirette di questo tipo, perciovengono chiamati modelli media-varianza. Il primo a sviluppare tale teoria sfruttandole proprieta della funzione di utilita quadratica fu Harry Markowitz negli anni ’50 delsecolo scorso. Da questi risultati lo stesso economista statunitense sviluppo la teoriadella frontiera dei portafogli efficienti, cuore dell’Asset Allocation Strategica.

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A.3. Problema di minimo vincolato

A.3 Problema di minimo vincolato

All’interno della teoria AAS ci si trova ad affrontare un tipico problema di analisi ma-tematica, cioe determinare un punto estremante (un minimo, in particolare) di unafunzione a valori reali rispetto ad uno o piu vincoli. Per presentare rigorosamente questoimportante risultato dobbiamo utilizzare la teoria delle varieta di RN , di cui riportiamosolo alcuni concetti essenziali.

Definizione A.25. M ⊆ RN , M 6= Ø e una p-varieta di classe Ck, 1 ≤ p < N, k ≥ 1,se per ogni punto a ∈ M esistono un aperto Ω ⊆ RN contenente a e una funzionef : Ω→ RN−p di classe Ck tali che:

1. M ∩ Ω = x ∈ Ω : f(x) = 0,

2. la matrice jacobiana Jf ha rango N − p.

In tal caso diciamo che f = 0 e una equazione locale di M in a.Intuitivamente un punto di RN vincolato su una p−varieta ha p gradi di liberta, perchee soggetto a N − p vincoli.

Utilizzando un altro profondo risultato, noto in letteratura come Teorema di Dini, epossibile dimostrare che ogni varieta e localmente il grafico di una funzione.

Definizione A.26. Sia M una p−varieta di classe Ck, a ∈ M . Un vettore h ∈ RN sidice tangente a M nel punto a se e tangente ad una curva passante per a, cioe se esisteψ :]− δ, δ[→M derivabile in 0 tale che ψ(0) = a, ψ′(0) = h.

Teorema A.27. Sia f = 0 un’equazione locale di una p−varieta M in a. Allora:

Ma = ker df(a).

Indichiamo con Ma l’insieme dei vettori tangenti a M nel punto a. Per il teoremaprecedente Ma e uno spazio vettoriale di dimensione p, detto spazio tangente a M in a.Anche l’insieme M⊥

a = k ∈ RN t.c. k ⊥ h, ∀h ∈Ma risulta essere uno spazio vettoriale(di dimensione N − p), detto spazio normale a M in a.

Osservazione A.28. Nelle notazioni precedenti, se f = (f1, ..., fN−p) = 0 e un’equazionelocale di M in a allora ∇f1(a), ...,∇fN−p(a) e una base di M⊥

a .

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A.3. Problema di minimo vincolato

Dimostrazione. Sia h ∈Ma ⇒ df(a)(h) = 0⇔ Jf (a)h = 0⇔

∇f1(a)...

∇fN−p(a)

h = 0

da cui deduciamo che〈∇fj(a), h〉 = 0 ∀j = 1, ..., N − p.Quindi i vettori ∇f1(a), ...,∇fN−p(a) ∈ M⊥

a ; inoltre sono linearmente indipendenti per-che il rango di Jf (a) e N − p, pertanto costituiscono una base di M⊥

a .

Definizione A.29. Sia F : Ω → R e sia M ⊆ Ω una p−varieta. a ∈ M si dice puntoestremante relativo vincolato di F su M se a e un punto di max (min) relativo per F |Mcioe se esiste un disco D di raggio r > 0 : F (x) ≤ (≥)F (a) ∀x ∈M ∩D(a, r).

Definizione A.30. Siano F ∈ C1(Ω,R) e M ⊆ Ω una p−varieta. a ∈ M e un puntocritico vincolato di F su M se: dF (a)|Ma = 0.

Osserviamo che, dalla definizione precedente si ha:

dF (a)|Ma = 0⇐⇒ 〈∇F (a), h〉 = 0 ∀h ∈Ma ⇐⇒ ∇F (a) ∈M⊥a

quindi, se f = (f1, ..., fN−p) = 0 e un’equazione locale di M in a, allora per l’osservazioneA.28 a e un punto critico di F |M se e solo se esistono λ1, ..., λN−p ∈ R tali che

∇F (a) =

N−p∑j=1

λj∇fj(a) ⇐⇒ ∇(F −N−p∑j=1

λjfj)(a) = 0.

La funzione L = F −N−p∑j=1

λjfj e detta lagrangiana.

Teorema A.31. (Fermat).Siano F ∈ C1(Ω,R),Ω aperto di RN , M ⊆ Ω p−varieta e infine a ∈M . Allora:

a punto estremante relativo di F |M =⇒ a punto critico di F |M .

Dimostrazione. Supponiamo che a sia un punto di massimo relativo per F |M , alloraesiste un disco D di raggio r > 0 tale che:

F (x) ≤ F (a) ∀x ∈M ∩D(a, r).

Sia ora h ∈Ma fissato ad arbitrio: per la definizione A.26 di vettore tangente, esiste unafunzione ψ :]− δ, δ[→M ∩D(a, r) tale che ψ(0) = a, ψ′(0) = h. Allora:

F (ψ(t)) ≤ F (a) = F (ψ(0)) ∀t ∈]− δ, δ[.

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A.3. Problema di minimo vincolato

Pertanto la funzione F ψ :]− δ, δ[ −→ R ha un punto di massimo in t = 0. Applicandoil Teorema di Fermat per le funzioni reali a valori reali si ha che:

d

dtF (ψ(t))

∣∣∣∣t=0

= 0 =⇒ 〈∇F (ψ(0), ψ′(0)〉 = 0 =⇒ 〈∇F (a), h〉 = 0.

In definitiva: dF (a)(h) = 0 ∀h ∈Ma ⇒ dF (a)|Ma= 0, cioe a e punto critico di F |M .

Analogo ragionamento nel caso in cui a sia un punto di minimo relativo.

Teorema A.32. (Moltiplicatori di Lagrange).Sia F ∈ C1(Ω,R), Ω aperto di RN . Sia f = (f1, ..., fN−p) = 0 un’equazione locale dellap−varieta M nel punto a ∈ M . Se a e un punto estremante relativo di F |M , alloraesistono λ1, ..., λN−p ∈ R tali che:

∇L(a) = 0 dove L e la lagrangiana F −N−p∑j=1

λjfj. (A.17)

Dimostrazione. Per ipotesi a e un punto estremante quindi, per il teorema A.31 diFermat, a e un punto critico di F |M . Come osservato in precedenza cio equivale a:

∇F (a) ∈M⊥a ⇐⇒ ∃λ1, ..., λN−p ∈ R t.c. ∇F (a) =

N−p∑j=1

λjfj(a)

⇐⇒ ∇(F −N−p∑j=1

λjfj)(a) = 0

⇐⇒ ∇L(a) = 0.

Il Teorema dei moltiplicatori di Lagrange fornisce una condizione necessaria (ma nonsufficiente) affinche un punto della p−varieta M sia un massimo o un minimo relativovincolato per F su M . Pertanto solo i punti che verificano la condizione A.17 possonoessere punti estremanti relativi di F |M , ma il teorema non assicura che lo siano.

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Bibliografia

[1] Riccardo Cesari, Introduzione alla Finanza Matematica. Mercati Azionari, rischi eportafogli, McGraw-Hill, 2012.

[2] Andrea Pascucci, Calcolo stocastico per la finanza, Springer, 2007.

[3] Ermanno Lanconelli, Lezioni di Analisi Matematica 2, Pitagora Editrice, 2000.

[4] Riccardo Cesari, Introduzione alla Finanza Matematica. Concetti di base, tassi eobbligazioni, McGraw-Hill, 2012.

[5] Magazine di Analisi Tecnica, Asset Allocation Strategica e Tattica, Mrprofit.it, 2010

[6] Wikipedia, Frontiera dei portafogli, it.wikipedia.org, 2014

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