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Past. Rosario Mascari
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24/05/2015
Una promessa è una promessa
Past. Rosario Mascari
Il giorno della Pentecoste, secondo la cultura ebraica, si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua.
Le primitive ragioni sottese alla celebrazione della festa della Pentecoste sono:
1. Commemorazione del dono della Parola di Dio data sul Sinai;
2. Ringraziamento per la grande raccolta (“ giorno del grano”);
3. Commemorazione delle benedizioni ricevute in seguito all’ingresso nella Terra Promessa.
“Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. E
all'improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi
sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si divisero, e andarono a posarsi su ciascuno di
loro. Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito
dava loro di esprimersi” (Atti 2:1-4).
Analizzando brevemente ciò che avvenne tra i centoventi (tra essi anche Maria, madre di Gesù, la quale
aveva già sperimentato la presenza dello Spirito Santo nella sua vita), è possibile notare alcuni aspetti, tra
cui:
a) “Erano riuniti con una sola mente”, l’unità è propedeutica alla manifestazione dello Spirito Santo;
b) “all’improvviso”, lo Spirito Santo si presentò improvvisamente, Egli si manifesta quando vuole;
c) “dove essi sedevano “, erano tutti seduti, condizione di riposo. È altresì importante essere seduti in
una chiesa locale, avere una senso di appartenenza;
d) “apparvero loro delle lingue come di fuoco “, oltre il vento, apparvero e si posarono su ciascuno di
essi delle lingue di fuoco. Non si trattò di un fenomeno collettivo, non possiamo vivere delle
esperienze altrui. Fu un’esperienza personale.
Il fuoco, mentre brucia le impurità ed annulla le imperfezioni, fonde gli elementi, facendoli
diventare tutt’uno. La vera unità è resa tale dal fuoco dello Spirito Santo. Egli fa ardere la passione
per Cristo. Appare immediato il parallelismo con il momento del sacrificio. Ricordiamo la necessità
del fuoco, senza il quale, lo stesso si sostanzia in una scarna carogna. Senza l’atto del sacerdote che
dava fuoco all’oggetto del sacrificio, esso non era, infatti, definibile come tale.
Quando il vento arriva, muove le acque stagnanti. Abbiamo bisogno del vento dello Spirito. La nostra anima
deve bramare il vento impetuoso dello Spirito Santo, “Ruach”, il quale, in modo non controllabile ed
imprevedibile, scuote e spazza via la staticità dalla nostra vita. Nell’Apocalisse è reso evidente l’abominio di
Dio per l’indifferenza: “Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia
bocca” (Apocalisse 3:16).
“Se mi amate, osservate i miei comandamenti. Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore,
che rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e
non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi” (Giovanni 14:15-17).
I comandamenti che Gesù ci chiama ad adempiere sono: amare Dio con tutto il nostro essere, ed il
prossimo come noi stessi. Amarsi ed amare.
“E questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni,
parleranno nuove lingue; prenderanno in mano dei serpenti; anche se berranno qualcosa di mortifero, non
farà loro alcun male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno” (Marco 16:17-18).
Il vento ed il fuoco portarono con loro manifestazioni straordinarie. Attraverso il parlare in lingue, molti
furono evangelizzati nella loro lingua. ”Or a Gerusalemme dimoravano dei Giudei, uomini pii, da ogni
nazione sotto il cielo. Quando si fece quel suono, la folla si radunò e fu confusa, perché ciascuno di loro li
udiva parlare nella sua propria lingua “ (Atti 2:5-6).
“Or essi, udite queste cose, furono compunti nel cuore e chiesero a Pietro e agli apostoli: «Fratelli, che
dobbiamo fare?». Allora Pietro disse loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù
Cristo per il perdono dei peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo” (Atti 2:37-38).
Pietro, primo predicatore pentecostale, basò la sua prima predicazione sul concetto del ravvedimento.
Nonostante si tratti di un termine obsoleto, scomodo e pertanto poco in voga, il nostro ruolo è ravvederci.
“In lui voi pure, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avendo creduto
in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso” (Efesini 1:13).
Lo Spirito Santo è anche chiamato il “sigillo”, “caparra”. Siamo stati comprati da Cristo a caro prezzo, siamo
incedibili.
“Allora io dissi: «Ahimè! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un
popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l'Eterno degli eserciti». Allora uno dei
serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall'altare. Con
esso mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità è rimossa e il tuo
peccato è espiato». Poi udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». Io risposi:
«Eccomi, manda me!»” (Isaia 6:5-8)
Prima lo Spirito incendiava roveti, si manifestava tramite serafini ed in altri svariati modi ma oggi lo Spirito
Santo abita nei nostri cuori e, se abbiamo il fuoco di Dio nella nostra vita, non abbiamo bisogno di cercare
“altri fuochi”. Il fuoco dello Spirito produce ardore, passione che porta ad un’attitudine di disponibilità.
Come il profeta Isaia, anche noi dovremmo dire a Dio, in modo ostinato e violento, “Eccomi, manda me”,
sapendo che lo Spirito ci conduce in ogni verità.
Dio ha promesso il Suo Spirito ed ha adempiuto la promessa.