Upload
dinhcong
View
214
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
Una proposta educativaper la promozione della salute della famiglia in tema di alcol e problemi alcolcorrelati
2
“Tutti hanno diritto,
fin dalla prima infanzia,
ad un’informazione e ad
un’educazione valide e imparziali
riguardo gli effetti che il consumo
di alcol esercita sulla salute,
la famiglia e la società”
Carta Europea sull’Alcol,Parigi 1995
Disegni e immagini del CDFrancesco La NoceGrafico pubblicitario
Informatizzazione dei testiAntonio UlloInformatico, analista programmatore
Coordinamento generaleAniello Baselice
Progetto Graficoe Coordinamento d’immagine
StampaArti Grafiche Sud, Salerno
Si ringrazia per la collaborazione:
Dott. Emanuele Scafato
Direttore Centro Organizzazione Mondiale della
Sanità - Promozione della Salute e Ricerca sull’Al-
col e Problematiche Alcol-correlate
Direttore Osservatorio Nazionale Alcol-CNESPS –
Istituto Superiore di Sanità
Direzione generale dell’ASL
della Provincia di Cremona
Dirigenti, docenti, allievi e famiglie del Circolo Di-
dattico “G. Modugno” di Bitritto (BA), del VII Circo-
lo “Calcedonia”- Salerno; della Direzione Didattica
Statale di Pellezzano (SA), del 4° Circolo Didattico
Scuola Elementare Matteo Mari (SA)
Operatori del Gruppo Logos:
Angela Fascì, Immacolata Lettieri, Genoveffa Man-
zo, Rosanna Scotellaro
Progetto “7 GOL”(Fondo Lotta alla Droga L. 45/99)Regione CampaniaAssessorato alla SanitàServizio per le Dipendenze
Indice Prefazione Emanuele Scafato
Introduzioneorigini e obiettivi del lavoro Aniello Baselice
Capitolo IAlcune premesse teoriche1. Perché partire dall’infanzia2. Quale modello di scuola?3. Genitori e scuola per l’educazione alla salute: quali ruoli?
Capitolo IILa favola di Orfeo1. La favola come strumento didattico2. La favola di orfeo, il testo3. La favola diventa progetto: l’itinerario didattico- educativo4. Alcune ipotesi di lavoro pratico
Capitolo IIILa drammatizzazione della favola1. Teatro come spazio naturale teatro come spazio dell’incontro2. La rivisitazione della Favola di Orfeo3. Glossario
Bibliografia
Contenuti del cd:a. Documenti dell’OMSb. Documenti dell’Istituto Superiore di Sanitàc. Progetto “Ben-Essere” per la Scuola dell’Infanziad. I consumi nella popolazione generale e nel mondo giovanilee. Sperimantazioni nelle scuolef. Le storie di Mr. Logosg. Giochi
4
Prefazione Emanuele Scafato
L’abitudine al consumo di alcol è un comportamento che in Italia le statistiche cor-
renti pongono attualmente nel periodo preadolescenziale/adolescenziale (12 anni
in media) raggiungendo un picco nelle fasce di età giovanili (18-29 anni). Nei fatti,
tuttavia, nelle realtà familiari quotidiane il primo contatto con l’alcol avviene molto
prima, sin dall’età della scuola primaria, abilitato e concesso in “degustazione” dai
genitori, spesso in coincidenza di occasioni “particolari” come festività, ricorrenze o
eventi conviviali in cui l’alcol, prevalentemente il vino o lo spumante, è un peculiare
elemento di contorno trasversale a qualunque livello di cultura, educazione, stato
sociale. Si tratta ovviamente di “contatti” attraverso cui il bambino apprezza (ma for-
tunatamente ancora non gusta, anche nel senso fisiologico) il sapore della bevanda
alcolica, prerogativa dei “grandi” e ineluttabile elemento connesso al divertimento,
alle celebrazioni, alla condivisione di momenti di socializzazione più o meno “ba-
gnati”.
La cultura del binge drinking, il bere per ubriacarsi, al contrario dell’uso moderato
a cui si sono per secoli ispirati generazioni di italiani (raramente di italiane) è storia
recente e purtroppo sempre meno è infrequente; i dati più recenti elaborati dall’Os-
servatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità dimostrano come l’abuso
alcolico è in via di rapida diffusione tra i giovanissimi e si lega a valori comportamen-
tali e a veri e propri valori d’uso che necessitano di essere intercettati e contrastati
prima del loro manifestarsi.
Nei confronti dei comportamenti a rischio, i giovani al di sopra dei 16 anni sottoli-
neano spesso il concetto di “limite”, come spartiacque tra ciò che si può e ciò che
non si può fare (bere non è alcolismo, purché non si superino i limiti; l’abuso non è
bere ecc.).
Si tratta di un concetto che può essere oggetto di elaborazione preadolescenziale
che “La Favola di Orfeo” esplicitamente propone. Se nell’universo giovanile esistono
comportamenti decisamente stigmatizzati e sanzionati negativamente dai singoli e
dal gruppo (è ad esempio il caso dell’ubriaco che non “regge” l’alcol e che “guasta
la festa”) è opportuno far riflettere i più giovani che l’alcol può generare problemi
anche e soprattutto in contesti in cui il divertimento e non la tensione dovrebbe ca-
5
ratterizzare lo stare insieme. Occorre rafforzare gli elementi su cui i giudizi dei ragazzi
sono concordi ed in particolare quelli per i quali i più giovani già spontaneamente
stigmatizzano “il bere troppo” che viene da loro percepito come un sintomo di debo-
lezza, di incapacità personale, di perdita del controllo e di valutazione o valenza del
ruolo personale nel gruppo (l’approvazione del gruppo).
In molti casi i giovani sottolineano o verbalizzano, attraverso modalità differenti per
le diverse età e fasi di sviluppo, alcuni concetti essenziali per l’azione preventiva
da intraprendere. E’ frequente rilevare che “la misura”, “il limite”, “la capacità di
essere responsabili”, “la capacità di gestirsi” siano i concetti chiave che definiscono
la correttezza dei comportamenti. Sulla base di tali evidenze, appare cruciale favo-
rire, oltre ad una adeguata conoscenza sui “limiti”, lo sviluppo del concetto della
responsabilità personale legata alla conclusione, maturata attraverso l’intervento di
sensibilizzazione proposto, che è il singolo individuo l’unico responsabile per i suoi
comportamenti ed è al soggetto che resta la scelta-dovere di ciò che è opportuno
quale contributo alla sicurezza e al benessere di sé stessi e degli altri.
La sfida del Progetto è di riuscire a modificare la cultura del bere e di convincere i
giovani sulla necessità di adozione di uno stile di vita che serve ad essere “sempli-
cemente” più sani, persino più simpatici e attraenti senza assoggettarsi ad un rischio
evitabile.
L’attività del progetto esalta in pratica e realizza l’empowerment dell’individuo, pro-
tagonista del suo personale processo di salutogenesi grazie ad una incrementata
consapevolezza e capacità critica riguardo a ciò che può giovare ad una vita libera
dal rischio di problemi o malattie alcol-correlate, evitabili a fronte di una corretta e
valida informazione.
Intervenire sull’individuo nel corso della sua naturale crescita da bambino ad ado-
lescente, promuoverne la salute è un’esigenza inderogabile al fine di cogliere per
tempo l’opportunità di fronteggiare e contrastare l’acquisizione di un comportamento
potenzialmente a maggior rischio per la salute e la sicurezza dei giovani e della col-
lettività (si pensi al fenomeno alcol e guida).
Promuovere la salute nel bambino, in particolare nell’ambito scolastico, significa per
l’insegnante raggiungere la consapevolezza e sviluppare adeguate capacità di:
6
• agiresui livellidi informazione, incrementando leconoscenzeeorientandosin
dall’inizio le abilità individuali;
• trasferire in maniera oggettiva i concetti legati al rischio del bere in funzione
dell’esigenza di mantenere elevati i livelli di benessere, salute, sicurezza;
• incrementarelaconsapevolezzaelacapacitàcriticaneiriguardidell’alcoledella
gestione del bere;
• sollecitarelacuriositàedunareazionepartecipataagevolantel’adozionediscelte
individuali che possano condurre all’adozione di stili di vita e di consumo alcolico
corretti.
Alcune considerazioni di base che appare utile tenere presente e richiamare nella
organizzazione e nello svolgimento di una qualunque iniziativa come quella propo-
sta da “La Favola di Orfeo” e che gli insegnati dovrebbero, comunque, tener ben
presente riguardano:
l’evidenza che le bevande alcoliche non sono adeguatamente percepite dai gio-•
vani come possibile fonte di problemi, ma, anzi al contrario, prevalentemente
vissute come beni ordinari di consumo il cui uso favorisce la sperimentazione di
sensazioni di benessere, di piacere, di disinibizione, di disinvoltura, di facilitazio-
ne delle relazioni, di maggiore sicurezza, di “forza”;
l’evidenza che l’alcol e le bevande alcoliche sono prodotti di ampia reperibilità e •
disponibilità e costantemente oggetto di promozione, anche sotto forma di ven-
dita sottoprezzo (happy hours), di sollecitazione al bere nei luoghi e nei contesti
di aggregazione giovanile (consumazioni alcoliche incluse nel prezzo del biglietto
in discoteca, bevande disponibili e promosse nei contesti giovanili quali concerti,
eventi sportivi ecc.), di associazione costante a valori connessi a situazione e
contesti di piacere, felicità, successo;
la constatazione che il consumo di bevande alcoliche è normalizzato dalla so-•
cietà, abilitato dalla famiglia, e non riceve, generalmente, una adeguata atten-
zione sociale, come invece accade attualmente per il fumo, se non nel caso di
un comportamento deviante che comporta disturbo (ubriachezza) o danno alla
collettività (incidenti, incendi ecc.);
l’evidenza che l’immaginario sull’alcol nell’universo giovanile è prevalentemente •
costruito su valori trasmessi dai media (pubblicità), spesso fuorvianti, e che non
trovano una corrispondente costanza di promozione di valori antagonizzanti le
7
sollecitazioni al bere che ci si aspetterebbe proposti da parte della famiglia e
della collettività a cui il giovane appartiene.
L’obiettivo finale è quello di sollecitare attraverso un attivo coinvolgimento di do-
centi e studenti una riflessione attiva basata su un incremento delle conoscenze
sull’alcol, lo sviluppo di una maggiore capacità critica riguardo alla gestione del
bere, lo sviluppo particolare delle abilità personali nel ridurre i rischi e nel prevenire
i danni derivanti dal consumo di bevande alcoliche fra i giovani. Relativamente agli
insegnanti il progetto fornisce le indicazioni ed i supporti necessari per sviluppare
un progetto formativo di cui gli stessi possano valutare l’efficacia a breve ed even-
tualmente medio termine (feedback) attraverso una opportuna autovalutazione pre
e post- intervento.
Attraverso un forte coinvolgimento di gruppi di giovani studenti in un percorso di
sensibilizzazione predisposto dai docenti, il progetto e le esperienze oggetto di
presentazione giungono a definire e proporre con efficacia una strategia idonea a
contribuire a evitare che l’alcol possa determinare conseguenze negative in termini
di salute e sicurezza tra i giovani.
Il processo di sensibilizzazione è quindi, in sintesi, mirato a:
•sollecitareuna“sana”curiosità;
•favorirelosviluppodiunacorrettapercezionedeilimiti;
•favorirel’acquisizionedelleconoscenzeutilia:
- incrementare le capacità critiche come risorsa personale;
- sviluppare le abilità (“skills”) nella gestione del bere;
•promuoverel’adozionedicomportamentiestilidiconsumo“sani”;
•favorirelosviluppodiunacorrettavalutazionedellaresponsabilitàpersonale.
Ridurre il rischio è il risultato finale di un percorso “virtuoso” che si avvale di ele-
menti che comprendono, tra gli altri, la qualità dell’informazione posta, le modalità
di comunicazione, la capacità di suscitare interesse e curiosità da parte dei giovani,
la capacità di coinvolgere i giovani in una scelta partecipata e non imposta.
La finalità principale de “La Favola di Orfeo” è quella di educare, informare e rendere
consapevoli i giovani sui rischi per la salute a cui si è sottoposti a seguito di consumi
spesso valutati erroneamente come moderati e che possono essere responsabili di
conseguenze spesso fatali per sé stessi e, a volte, per gli altri.
8
L’articolazione della pubblicazione si dimostra adeguata e in linea con la necessità di
informare e far riflettere i giovani sull’idea centrale che se da un lato bere è una libe-
ra scelta comportamentale, dall’altro deve essere sempre vissuta come una respon-
sabilità poiché dal comportamento adottato possono generarsi anche effetti negativi
che si estendono al prossimo; è il caso, ad esempio, dei decessi “passivi” relativi ad
individui coinvolti in incidenti in cui l’investitore era ubriaco, o a giovani donne che
a causa del bere in gravidanza generano bambini affetti da sindrome feto-alcolica.
Le esperienze specifiche di promozione della salute condotte tra i giovani hanno
dimostrato che l’approccio comunicativo da evitare è quello prescrittivo o di proibi-
zione; la pubblicazione è ben attenta a non adottare simili stili di comunicazione e
persegue finalità operative adeguate al livello cognitivo-comportamentale ed emo-
zionale dei più giovani.
Poiché la cultura e i vissuti giovanili differiscono da quelli del mondo degli adulti,
gran parte dello sforzo comunicativo appare essere stato orientato a utilizzare per
l’informazione esempi basati sulle realtà quotidiane, cercando di entrare nei contesti
giovanili e mirando al coinvolgimento dei giovani, cercando di migliorare le cono-
scenze, le attitudini, i comportamenti e di sviluppare ed incrementare una reale ca-
pacità critica nei confronti degli stereotipi che spesso rappresentano lo stimolo e la
pressione al bere a cui i giovani sono sottoposti (pressioni mediatiche, pubblicitarie,
familiari, dei pari, della società).
Il semplice o esclusivo approfondimento della conoscenza dell’alcol come sostanza e
degli effetti che produce in rapporto alla quantità e alle condizioni del soggetto che
la assume (alimentazione, sesso, peso corporeo) appare garbatamente accennato e
opportunamente evitato lo sterile esercizio didattico che resterebbe confinato nel
tempo e nello spazio progettuale; il valore aggiunto del programma, a parere di chi
scrive, risiede nell’utilizzo delle conoscenze scientifiche, poste con rigore ma con
stile moderno, non nozionistico, al fine di sollecitare la curiosità, il senso critico, la
identificazione del concetto di limite evitando toni paternalistici ma garantendo un
approccio tra pari attraverso la discussione di gruppo e l’eventuale approfondimento
individuale, ove richiesto.
9
“La Favola di Orfeo” non tralascia, anzi giustamente enfatizza il ruolo della famiglia
quale fattore privilegiato di prevenzione, nella consapevolezza che gli interventi della
promozione della salute risultano inefficaci se non riescono, attraverso il coinvolgi-
mento parentale, a ricevere un rafforzamento della “teoria” (proposta, ad esempio,
dall’intervento scolastico o istituzionale) attraverso il contributo della “pratica” fa-
miliare quotidiana (potere di abilitazione al bere da parte della famiglia, controllo
formale di consumo ai pasti, esempio di moderazione da parte dei genitori ecc.; si
veda in merito il Decalogo per i Genitori dell’Osservatorio Nazionale Alcol http://
www.epicentro.iss.it/temi/alcol/day/decalogo.pdf )
In buona sostanza, nella categoria dei determinanti di prevenzione, la famiglia e la
scuola si annoverano come gli attori centrali che possono contribuire ad attivare
comportamenti e stili di vita più sani e più sicuri. E il bambino, il vero protagonista
del progetto, avrà l’opportunità di formare e consolidare un attitudine che, in una
ipotesi di minima, saprà tenere in debito conto e valutare l’importanza di una scelta,
informata, consapevole e, nei limiti di una inevitabile successiva esuberanza ado-
lescenziale, l’opportunità di una maggiore responsabilità nei propri confronti e nei
riguardi di chi lo circonda.
10
Introduzione
Origini e obiettivi del lavoro
L’alcol, insieme al fumo, l’attività fisica e l’alimentazione, rappresenta un fattore di
rischio che finora è stato gravemente sottostimato sino al punto da trasformare la
relativa inesperienza dei consumatori, gli adolescenti e i giovani in particolare, in un
grave pericolo per la salute individuale e collettiva.
La crescente attenzione rivolta nell’ambito delle politiche socio-sanitarie nazionali ed
europee al miglioramento della salute dell’individuo e della società, è testimoniata
dai molteplici documenti che l’OMS ha prodotto sul tema dell’alcol, a partire dal
1992, e rappresenta una risposta alla inderogabile necessità di riconoscere, attivare,
rinforzare la capacità dell’individuo di riconoscere e gestire i principali fattori di ri-
schio e di malattia.
Come per tutti i comportamenti a rischio per la salute, anche per il consumo di
alcol, il processo di prevenzione postula la centralità delle capacità dell’individuo
come fattore indispensabile e cruciale per sollecitare l’adozione di stili di vita sani,
sostenuti da una corretta informazione e dalla consapevolezza dei potenziali rischi e
dei danni correlati ad esso.
La Carta Europea sull’Alcol del 1995, la Dichiarazione “Giovani e Alcol” di Stoccolma
del 2001 e il Piano di Azione Europeo sull’Alcol 2000-2005 individuano in ambito
preventivo alcuni obiettivi specifici quali:
promuovere l’educazione: attraverso l’incremento del livello di consapevolezza •
degli effetti dell’alcol, in particolare tra i giovani;
sviluppare programmi di promozione della salute che comprendano i temi dell’al-•
col in ambienti quali istituzioni educative, organizzazioni giovanili e comunità
locali.
Questi programmi dovrebbero consentire ai genitori, agli insegnanti, ai leader giova-
nili e ai loro coetanei di poter aiutare i giovani ad apprendere e mettere in pratica
le abilità (skills) utili nella vita per affrontare i problemi della pressione sociale e
della gestione del rischio. Inoltre, i giovani dovrebbero essere messi in condizione
di assumersi attivamente le proprie responsabilità in qualità di membri importanti
della società.
Aniello Baselice
11
Nel solco di tali raccomandazioni in Italia si sono sviluppate molteplici iniziative di
prevenzione alcologica che hanno avuto come target il mondo della scuola.
Nella galassia di interventi proposti e realizzati, molti dei quali esitati in risultati
alquanto discutibili e controversi, ci interessa segnalare l’approccio ad orientamento
sistemico che guarda alla scuola come “comunità” di vita, vista cioè come intreccio
complesso di relazioni umane ed educative tra attori diversi (docenti, discenti, geni-
tori, personale tecnico), tutti essenziali per un suo armonico funzionamento.
Tale approccio ha ispirato in Italia lo sviluppo di un lavoro decennale che, a partire
dal 1998, un network nazionale di servizi pubblici, enti educativi e associazioni del
terzo settore, attivi in campo alcologico, ha realizzato sul tema della promozione del-
la salute nella scuola, con particolare attenzione al consumo delle bevande alcoliche
tra i giovani.
Il risultato di tale lavoro concertato è stato la costruzione del programma “La scuola
come comunità per la salute”, che ha coinvolto attivamente docenti, ragazzi e genito-
ri soprattutto delle scuole superiori di varie regioni italiane al fine di sviluppare uno
specifico filone della prevenzione alcologica nel quadro di una strategia più generale
ed articolata di promozione della salute.
Come strumento di lavoro per la realizzazione del programma è stato redatto l’opu-
scolo “Alcol, scuola e salute”, che racchiude un pacchetto di proposte pedagogiche
operative, recepite ed applicate in molte scuole della penisola.
Si segnala in particolare il diffuso successo del Progetto “Opinion Leaders” che ha
costituito in ambito alcologico uno dei primi esempi di Peer Education e che ha per-
messo la concreta valorizzazione del protagonismo di preadolescenti e adolescenti,
soprattutto nelle scuole superiori della Campania e della Puglia.
Proprio la sperimentazione sul campo di “Opinion Leaders” ha permesso nel corso
degli anni di cogliere una significativa trasformazione delle abitudini alcoliche della
popolazione, confermate dagli studi dell’Istituto Superiore di Sanità: il primo rappor-
to dell’individuo con le bevande alcoliche avviene almeno in Italia all’età di 11 anni
e tra le mura domestiche.
Inoltre è abbastanza significativa la popolazione di neonati che hanno fatto esperien-
12
za di contatti con l‘alcol durante l’allattamento ma anche precedentemente durante
la gravidanza a causa del bere della madre.
Il lavoro di questi anni ha permesso di ottenere risultati non sempre positivi, anzi
spesso deludenti rispetto alle attese in quanto gli interventi apparivano tardivi e
quindi non sintonizzati sulla finalità preventiva.
L’iniziazione precoce al bere e la rapida diffusione della tendenza al Binge Drinking
tra i giovanissimi, con la comparsa di disturbi psico-fisici legati sia all’intossicazione
acuta da alcol sia allo sviluppo di comportamenti problematici o caratterizzati da
dipendenza, rendono anacronistico ogni intervento di prevenzione primaria realizzato
insieme ai ragazzi che appartengono alla fascia di età superiore agli 11 anni.
Diventano viceversa necessari gli interventi di riduzione del rischio o del danno per
incidenti stradali, aggressività, policonsumi, disturbi psico-comportamentali.
Questa osservazione ha reso più plausibile dal punto di vista strategico la scelta di
promuovere interventi preventivi e pedagogici già nel periodo dell’infanzia e della
preadolescenza.
In tali epoche della vita occorre responsabilizzare e coinvolgere attivamente la fa-
miglia e la scuola dell’infanzia e primaria sia nella proposizione di stili di vita sia
soprattutto nella trasmissione di messaggi che non trascurino o sottovalutino il peso
e l’incidenza del fattore alcol nell’insorgenza di disturbi psicofisici e di malattie alcol-
correlate in ogni età della vita. Recenti studi epidemiologici europei ed italiani hanno
evidenziato l’esistenza di una stretta correlazione tra il consumo elevato o proble-
matico di alcolici nei genitori, soprattutto di sesso maschile, e l’iniziazione precoce a
comportamenti alcolcorrelati ad alto rischio nei giovanissimi.
Dunque in famiglia si gioca una partita delicatissima nell’educare i figli a scelte e
comportamenti consapevoli e responsabili rispetto al bere, che è uno stile di vita lar-
gamente diffuso, promosso ed incentivato tra gli adulti quasi come parte essenziale
della nostra cultura sociale.
A partire da tale consapevolezza, il Gruppo LOGOS Onlus, ente impegnato da oltre
venti anni nel campo della prevenzione alcologica, ha dato vita ad un programma
specifico sperimentale nel campo della scuola primaria, il Progetto “Ben-Essere”, nel
cui contesto “La Favola di Orfeo” è al centro di un tentativo di attualizzazione in
chiave didattico-pedagogica di una precedente e significativa esperienza di lavoro di
13
promozione della salute svolto da alcuni anni nelle scuole dell’infanzia e prima-
ria della provincia di Cremona dall’èquipe alcologica del Ser.T. diretta da Emanuele
Sorini.
Il progetto punta a creare la contaminazione tra saperi e competenze differenti ma
non estranei tra di loro e intende offrire una cornice teorica e scientifica ad un pro-
gramma operativo, che utilizza lo strumento della favola. Uno strumento concreto ed
accessibile per una sperimentazione didattica centrata sull’animazione dei contenuti
e sul coinvolgimento attivo dei partecipanti.
“La Favola di Orfeo” nasce dall’impegno qualificato e sinergico di attori diversi ma
tutti sintonizzati sulla comune motivazione di realizzare un’esperienza di promozione
del benessere psico-fisico e sociale della persona negli anni più delicati e cruciali
della sua crescita.
E’ doveroso ricordare il gruppo di lavoro multiprofessionale, costituito da esperti in
alcologia, pedagogia della salute, drammatizzazione teatrale, educatori e animatori
di comunità, che ha lavorato per circa due anni alla costruzione ed alla realizzazione
del progetto. Un progetto la cui sperimentazione e validazione sul campo preventivo-
educativo non sarebbero state invero possibili senza il determinante ed entusiasti-
co coinvolgimento degli alunni, del corpo docente e dei genitori di alcune scuole
dell’infanzia nella città di Salerno e di Bitritto, nella provincia di Bari.
Nel rivolgere a tutti il più sincero ringraziamento per l’impegno profuso, esprimiamo
il sincero augurio che tale lavoro possa servire ad offrire a quanti hanno a cuore la
vita e la salute dei propri figli, idee e stimoli per rendere più luminoso il presente ed
il futuro della nostra grande famiglia umana.
15
Capitolo IAlcune premesse teoriche
1. Perché partire dall’infanzia2. Quale modello di scuola?3. Genitori e scuola per l’educazione alla salute: quali ruoli?
16
1 Perchè partire dall’infanzia
Il lavoro si propone di stimolare l’attenzione e l’impegno attivo della scuola,
delle famiglie e della comunità nella prevenzione dei problemi alcolcorrelati
legati ad una diffusione di rapporto con l’alcol sempre più precoce tra adolescenti e
pre-adolescenti.
E’ significativo che tra cinque principi etici stabiliti dalla “Carta Europea sull’Alcol”
adottata dagli Stati Membri nel 1995 e riaffermati dalla “Dichiarazione su Giovani e
Alcol” (Stoccolma, 21 febbraio 2001), due di essi riguardino specificatamente bambini
e ragazzi.
Il Consiglio dell’Unione Europea inoltre, nel documento del 5 giugno 2001, “Rac-
comandazione del Consiglio sul consumo di bevande alcoliche da parte di giovani,
in particolare bambini e adolescenti (2001/458/CE)”, mette in evidenza quanto sia
necessario allargare gli interventi di promozione e prevenzione anche all’età pre-
adolescenziale.
Questo documento evidenzia come le bevande alcoliche siano oggi spesso esibite
come un richiamo anche per bambini e adolescenti e mette in luce i rischi dell’uso di
alcol. Sostiene inoltre misure di sensibilizzazione sugli effetti del consumo di alcol e
sulle conseguenze che ne derivano per gli individui e per la società.
Le discussioni su cosa fare per i problemi alcolcorrelati nel mondo scolastico si sono
moltiplicate un po’ in tutto il territorio nazionale.
L’interrogativo più frequente è: quale età è quella più giusta per parlare di alcol?
Una domanda che nasce da una chiara presa di coscienza: fino ad oggi parziali e
controversi sono stati i risultati degli interventi realizzati esclusivamente nelle scuole
superiori.
Da qui l’esigenza di modelli di intervento innovativi, capaci di superare i tabù che
spesso caratterizzano il confronto bambino-adulto e di garantire un lavoro di conti-
nuità partendo proprio dalle scuole materne e elementari, per poi continuare in ogni
fase dei cicli scolastici pre-universitari.
La progettazione di curricula formativi per la promozione della salute e la prevenzio-
ne alcologica, rivolte alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria di primo grado,
deve però tenere conto di alcuni fattori fondamentali:
• la famiglia, in seno alla quale il bambino vive la maggior parte del suo tempo.
Luogo privilegiato degli approfondimenti di base, essa è testimone di atteggiamenti
e comportamenti da cui la scuola non può prescindere. Di qui la necessità di una
17
condivisione di responsabilità e di una continua collaborazione con la scuola;
• la stretta connessione tra le varie istituzioni (formali e non formali), che devono
sostenere costantemente la scuola promotrice di salute;
• i mass-media e le nuove tecnologie della comunicazione, che danno una notevole
quantità di informazioni, non sempre valide dal punto di vista qualitativo.
L’uso di alcol nei messaggi pubblicitari viene visto come sinonimo di promozione so-
ciale del singolo individuo. La necessità, pertanto, è che la scuola insegni a leggere
la pubblicità con spirito critico e che educhi a riconoscere le semplificazioni, le stan-
dardizzazioni, i modelli comunicativi. Per fare ciò è necessario puntare su strategie e
metodologie atte a sviluppare il potenziale cognitivo ed emozionale di ogni alunno.
Il percorso di lavoro, da svolgere secondo una modalità interdisciplinare, costituisce
strumento e processo di riflessione e crescita comune e si concretizza attraverso la
metodologia della ricerca e della continua sperimentazione.
Quale modello di scuola?
Nell’ambito di un progetto pedagogico-didattico, volto a promuovere il benes-
sere degli alunni iniziando dall’infanzia, un peso notevole è dato dal modello
cui deve ispirarsi una scuola impegnata nella promozione della salute, in generale, e
nella prevenzione dell’uso di alcol, in particolare.
Preziose indicazioni, in tal senso, si ritrovano nella “Risoluzione della conferenza del-
la rete di Scuole che promuovono la Salute” (Thessaloniki – Halkidiki, 1997) e all’in-
terno della quale si afferma che: “La scuola orientata alla promozione della salute
migliora le capacità dei giovani di agire e di generare il cambiamento; essa fornisce,
infatti, un contesto all’interno del quale i giovani, collaborando con i loro insegnanti
e altre persone, riescono a sentirsi realizzati.
A tutto ciò si arriva grazie a politiche educative di qualità, che forniscono delle op-
portunità di partecipare in modo critico al processo decisionale”.
2
18
Perché la scuola possa offrire un servizio di qualità per una efficace educazione e
promozione alla salute e per la prevenzione dei problemi alcolcorrelati, è necessario
che essa garantisca:
un ambiente di lavoro sicuro e sano;•
la formazione continua del personale docente e non docente;•
la messa in atto di iniziative mirate a creare relazioni positive tra i componenti •
dell’organizzazione scolastica;
la qualità delle relazioni tra alunni e docenti, tra alunni e pari, tra scuola e ter-•
ritorio;
il coinvolgimento delle famiglie nelle attività di educazione alla salute;•
la corresponsabilità tra scuola, famiglia e comunità (“Lavorando in collaborazio-•
ne, le scuole, i genitori, le comunità locali costituiscono una forza potente per
un cambiamento in senso positivo”. Dalla conferenza della Rete Europea delle
Scuole Sane – Grecia 1997);
l’utilizzo delle risorse della comunità a supporto dell’azione di promozione della •
salute;
interventi educativi che si collochino in una continuità, omogeneità ed integra-•
zione di progetti.
In definitiva una scuola pronta a rispondere alle nuove sfide educative; che sappia
mettersi in discussione sulla necessità di un aggiornamento costante e sulla qualità
delle proprie relazioni. Una scuola che sappia concretamente farsi portavoce di nuovi
stili di vita.
Genitori e scuola per l’educazione alla salute: quali ruoli?
Quando il bambino entra nella scuola ha un bagaglio di conoscenze, di modelli,
di comportamenti, di stili di vita già acquisiti. E’ necessario dunque che la scuola
conosca, attraverso i genitori, il “vissuto” di ogni bambino, per poter elaborare una
mirata programmazione di educazione, in generale, e nel nostro caso specifico, di
promozione alla salute.
Una volta stabilita l’esigenza di instaurare costanti ed efficaci rapporti tra i genitori e
3
19
la scuola, è importante esaminare i ruoli e le responsabilità che ognuno di essi deve
ricoprire nella promozione della salute dei bambini.
Il ruolo della scuola è prima di tutto quello di aiutare a superare ed eliminare riserve,
pre-giudizi, opinioni distorte o aspettative non corrette da parte di alcuni genitori.
Per realizzare ciò è indispensabile mettere in atto particolari strategie, finalizzate a
far prendere coscienza ai genitori delle responsabilità che essi hanno sulla salute dei
loro figli in particolare e sull’educazione in generale.
La scuola deve però dal canto suo porsi in ascolto della famiglia, stabilendo un clima
sereno e aperto al confronto e accettando eventuali proposte o suggerimenti, perché
tutti si possano sentire co-partecipi nella realizzazione di un progetto comune.
21
Capitolo IILa Favola di Orfeo
1. La favola come strumento didattico2. La favola di orfeo, il testo3. La favola diventa progetto: l’itinerario didattico- educativo4. Alcune ipotesi di lavoro pratico
22
Il fatto che l’alcol non sia annoverato tra le sostanze “illegali” non lo esclude
certo dalla categoria delle droghe. Nel nostro continente esiste un’abitudine mil-
lenaria di produzione e consumo di alcol e l’età di iniziazione al bere è ormai sempre
più precoce.
Dalla constatazione di tutto ciò nasce un modello di intervento rivolto alla scuola
dell’infanzia e all’intera comunità. Strumento didattico privilegiato è “La Favola di
Orfeo”. La favola è da sempre il mezzo più appropriato per comunicare con i bambi-
ni, grazie al suo linguaggio semplice e affascinante, capace di attirare l’attenzione,
consentendo al bambino di elaborare e fare propri contenuti fondamentali.
“La Favola di Orfeo” è la storia di uno gnomo che, attraverso diverse avventure,
conosce e tocca con mano la realtà del bere. Si tratta di una storia simbolica; i suoi
personaggi sono infatti direttamente correlati alla realtà epistemologica delle nostre
popolazioni: il duca alcoldipendente, i sudditi bevitori “moderati” e gli gnomi astemi
o astinenti. Ognuno di questi personaggi riveste all’interno della favola un ruolo di
testimonianza comportamentale inequivocabile per i bambini.
“La Favola di Orfeo” come strumento didattico1
23
“La Favola di Orfeo”, il testo
iveva una volta nella foresta di Nordwood una felice brigata di
piccoli gnomi.
Come gia saprete, gli gnomi sono degli esseri piccoli piccoli, che costruiscono
le loro casine dentro i funghi immersi tra la vegetazione dei boschi. Essi sono
così minuscoli che noi uomini non riusciamo nemmeno a vederli in mezzo agli
altri animaletti della foresta.
La tribù di Nordwood era davvero particolare: infatti, contrariamente agli altri
gnomi sempre tristi e lamentosi, essi erano spiritosi e allegri, furbi e spensie-
rati. Lavoravano di gran lena alzandosi al sorgere del sole, ma appena il sole
calava all’orizzonte si divertivano danzando e raccontandosi storie. Le loro
feste erano tanto belle, che talvolta si protraevano per tutta la notte.
Gedeone era il loro capo: uno gnomo leggermente più alto degli altri, piutto-
sto grassoccio e rubicondo, che sapeva guidare con autorità quella divertente
brigata.
Gedeone aveva diversi figli, tutti allegri e laboriosi, ed una moglie, Fiordaliso,
una signora vivace e intraprendente, tutto il giorno dedita ai lavori domestici.
L’aria che si respirava nella tribù di Nordwood era di grande serenità. Ma tut-
to cambiò un bel giorno, quando Orfeo, il figlio mezzano di Gedeone, volle
V2
24
dirigersi imprudentemente verso la strada maestra, quella che conduceva al
castello di Sir John di Noordwood famoso in quelle contrade perché spesso
organizzava meravigliose feste in cui tutti si divertivano all’inverosimile.
Orfeo, dopo aver lasciato un messaggio ai suoi genitori, da solo, con un pic-
colo fardello sulle spalle si diresse verso Nordwood, perché voleva sperimen-
tare la vita del castello con i giochi cavallereschi e le serate di danze a lume
di candela.
Dovete sapere che agli occhi di un piccolo gnomo la strada che noi normal-
mente percorriamo appare enorme, grande come la pista di un aeroporto e,
soprattutto, molto pericolosa. Orfeo prima di attraversarla avrebbe dovuto
guardare a destra e a sinistra per diverse volte, ma il nostro gnometto era così
desideroso di conoscere quel mondo mai visto, che non si sarebbe fermato
davanti a nessuna difficoltà. Fin da piccolo aveva sempre provato grande in-
teresse per le storie della città di Nordwood. Si raccontava, infatti, che il duca
vivesse felice nel suo castello cacciando e facendo giochi cavallereschi e tutti
in quel luogo erano felici e contenti.
Per Orfeo era dunque venuto il momento di vivere una meravigliosa espe-
rienza. Si guardò ben bene intorno e poi… via! Si mise a correre con le sue
minuscole gambe attraversando a gran velocità la strada. Ma ad un tratto vide
davanti a sé un animale alto e possente che lo stava schiacciando. Si fermò
pieno di paura e oplà... con un piccolo balzo in avanti riuscì a scansare un
enorme zoccolo scongiurando il pericolo.
Grondando di sudore, Orfeo vide con la coda dell’occhio ormai lontano un
cavaliere nero che cavalcava un bellissimo cavallo bianco: soltanto allora si
rese conto che per la prima volta aveva visto con i suoi occhi, sia pure per un
istante, il famoso Sir John, l’eroe di tante storie fantastiche…
Il sole stava scomparendo all’orizzonte e si era alzata una foschia leggera e
fredda, Orfeo si raggomitolò sotto la radice di un albero per scaldarsi e subito
dormì profondamente.
Quella notte ebbe sogni fantastici, colori sfavillanti percorsero la sua mente,
immaginò città e castelli, cavalieri e destrieri.
All’alba del nuovo giorno rumori lontani svegliarono il nostro coraggioso ami-
co. La città si stava riempiendo di persone dedite ai loro affari e quei suoni
e quelle voci a lui sconosciute improvvisamente lo impaurirono, tanto che,
25
per un momento, pensò di ritornare indietro. Ma poi subito si riprese e in-
dossando un vestitino della festa disse a sé stesso: “Forza, Orfeo, diamoci da
fare! Ritornerò al villaggio e racconterò le mie belle avventure, così tutti mi
invidieranno”.
Camminando lungo il sentiero che portava al castello, incontrò specie di ani-
mali per lui sconosciute e, curioso come era, si fermò molte volte ad osser-
varle e a studiarle.
Raccolse una tale quantità di fiorellini che a fatica riusciva a tenerli tutti tra
le mani. Ancora tre o quattro giorni e sarebbe giunto al castello tanto desi-
derato.
Dovete pensare che per Orfeo, piccolino come era, costituiva una vera impre-
sa attraversare un fosso, scavalcare una montagnola o superare uno steccato.
Dopo tre giorni di fatica comunque il nostro gnomo si trovò nei pressi del
castello e dalla sua postazione, ai piedi di una grandiosa fontana, lo vide in
tutta la sua magnificenza.
Era altissimo e maestoso, circondato da grandi mura e torrioni possenti
di un colore rosato, punteggiati qua e là da ciuffi di muschi e licheni.
Soldati vestiti di nero armati con lunghe lance erano sulla sommità
e controllavano ogni cosa. Ma Orfeo non si spaventò.
Gia immaginava l’incontro con Sir John, l’inchino che avrebbe fatto
al suo cospetto e il banchetto delizioso che sarebbe seguito. Era
felicissimo, con il ditino toccava il settimo cielo: avrebbe final-
mente conosciuto il duca, tanto famoso al suo villaggio da diven-
tare quasi una leggenda.
Ma la realtà, ahimè, è diversa dai sogni ed il povero Orfeo se ne rese
conto ben presto, quando si trovò di fronte Lucifero, il terribile cane da guar-
dia del duca, che abbaiava così forte da rompergli i timpani e ringhiava mo-
strandogli minaccioso i suoi denti aguzzi.
Lo gnometto si ritirò in una piccola fessura della fontana e si rannicchiò il
più possibile, mentre Lucifero cercava di entrare con il muso nel suo rifugio,
annaspando come un forsennato.
Orfeo, terrorizzato era sudato fradicio e batteva i denti dalla paura quando
alle sue spalle sentì “Ehilà!”. Il suo cuoricino palpitò fortemente: “Non aver
paura! Sono tuo amico!”.
26
Da un punto oscuro del suo rifugio vide arrivare uno gnometto che aveva un
aspetto, scusate la rima, abbastanza sospetto. Fra il nemico fuori e quello
dentro il rifugio, Orfeo non sapeva proprio quale scegliere; ma poi gli sembrò
che fra i due, lo gnometto suo simile, fosse il meno pericoloso e con voce
tentennante gli chiese: “Chi sei?”. Lo gnomo dal brutto ghigno rispose: “Io
mi chiamo Bracco e vorrei sapere da dove vieni perché non ho mai visto uno
gnometto più insignificante di te! Sai che sei ben buffo e parli con una canti-
lena che è veramente divertente?”.
Orfeo, timido timido, con voce flebile si mise a raccontare la sua storia e
quando ebbe terminato Bracco scoppiò in una fragorosa risata che rimbombò
nell’antro e l’eco eccitò maggiormente il cane rabbioso che stava di fuori.
Allora Orfeo, con tono risentito, gli disse: “Non c’è proprio nulla da ridere!
Non capisco, io sono venuto dal mio villaggio per conoscere gente interessan-
te e mi trovo un tipo maleducato come te che ride alle mie spalle! Ma allora le
storie che si raccontano al villaggio forse non sono vere? Allora non è vero che
al castello del buon duca di Noordwood sono tutti buoni e felici?”. Il povero
Orfeo era così demoralizzato che scoppiò a piangere.
Il dispettoso gnometto, forse pentito per quanto aveva fatto, gli fece cenno
di seguirlo. Così si addentrarono in un labirinto di lunghi e bassi cunicoli e,
dopo qualche ora di cammino, giunsero all’interno del castello, proprio nella
27
sala del duca. Orfeo, stanco e preoccupato con la lingua a penzoloni per la
fatica, accennò a chiedere delle spiegazioni, ma Bracco, con tono deciso, gli
fece cenno di zittire.
Dalla posizione in cui si trovavano, potevano osservare tutta la sala: il soffitto
altissimo, era sostenuto da colonne dorate con fregi di splendida fattura. In
fondo alla sala si trovava una scalinata di marmo bianco, in cima alla quale si
scorgeva un trono tutto nero, sormontato da un’aquila dorata che aveva sul
capo una corona di rubini.
Quello era il trono di Sir John. Quel momento rimase impresso per sempre
nella memoria del piccolo Orfeo: era la prima volta infatti che udiva voci uma-
ne e musiche soavi. Regnava, tuttavia, in quel luogo sfarzoso e sfavillante
un’atmosfera minacciosa, ben diversa da quella che il nostro piccolo amico si
sarebbe aspettata.
Bracco notando lo sgomento sul suo volto gli bisbigliò all’orecchio: “Sir John
un tempo era un duca molto buono, aveva rapporti di amicizia con tutti i suoi
parenti e con il vicinato. Era capace di suonare l’arpa, uno strumento melodio-
so. Amava teneramente la moglie e spesso i cortigiani li vedevano passeggia-
re mano nella mano per le vie della città. Insomma tutto era bellissimo”.
Improvvisamente Bracco, mentre continuava il racconto divenne scuro in volto
e … “Ma un bel giorno venne un uomo da lontano che insegnò al duca come
28
produrre bevande che contengono alcol. Tra le varie ricette il duca preferì un
elisir piacevole e gustoso, che si rivelò il responsabile dei nostri guai. Ben pre-
sto un bicchiere al pasto non bastò più e la bevanda non era mai abbastanza.
Fu così che, ahimè, bevi oggi e bevi domani…”.
Il volto di Bracco era sempre più addolorato, tanto che Orfeo, per consolarlo,
gli mise una mano sulla spalla e gli disse: “Continua, dai, spiegati meglio…”.
E Bracco: “Credimi Orfeo ormai in questo palazzo tutti bevono molto e la no-
stra vita è un seguito di guai, non solo per noi piccoli gnomi ma anche per
gli abitanti della città e per quelli dei regni vicini. Il duca litiga con tutti: oggi
dichiara guerra a quella contea, il giorno all’altra, e tutti i suoi vicini sono
ormai arrivati all’esasperazione.
Noi, che un tempo vivevamo nei boschi qui intorno, a causa delle guerre con-
tinue siamo costretti a rintanarci dentro queste spelonche vivendo come dei
lombrichi in questi cunicoli”.
Bracco allora fece cenno a Orfeo di guardare nella sala. Il duca traballante
aveva in mano un calice pieno della famigerata bevanda che ad ogni suo
movimento si rovesciava per terra. Tutto sudato e pallido urlava come un os-
sesso contro il povero servo che lo supplicava in ginocchio davanti a lui.
Quella scena colpì profondamente il nostro gnometto e la notte, mentre era
ospite in casa di Bracco, ripensandoci non riusciva a prendere sonno.
Pensa che ti ripensa, non riuscendo a dormire, fu preso dal desiderio di
assaggiare, almeno per una volta nella vita, quella strana bevanda alcolica,
tanto disprezzata dal suo nuovo amico Bracco. Si stropicciò gli occhi; tutto
era tranquillo. Si alzò e si allontanò quatto quatto dalla casa di Bracco diretto
nella sala delle feste nel cuore del castello.
Si rendeva conto del rischio a cui andava incontro, ma voleva assolutamente
provare quel nettare, che tanto aveva trasformato il cervello del povero duca.
Con il cuore in gola per la paura attraversò di nuovo tutti i bui cunicoli, e giun-
to nella sala, mise fuori la testolina e si guardò intorno: un silenzio minaccio-
so incombeva nella stanza, rotto soltanto dal profondo russare di qualcuno.
Orfeo vide il duca, disteso per terra come un sacco vuoto, completamente
incosciente; accanto a lui notò un bicchiere del misterioso elisir rovesciato sul
pavimento.
Si mosse dal suo nascondiglio e con circospezione si diresse verso il boccale
29
riverso. Man mano che si avvicinava al liquido ne sentiva l’odore acre che lo
disgustò profondamente; ma nonostante il ribrezzo che provava, con le due
mani a conca, come fossero un cucchiaio, ne raccolse un po’ e lo portò alla
bocca sorseggiando con gusto.
Proprio in quel momento il duca, ancora addormentato, rotolò su se stesso e
colpì con la mano il calice, rovesciandolo in un sol colpo addosso al povero
Orfeo che era ancora inginocchiato a bere.
Così il nostro piccolo amico si ritrovò improvvisamente dentro la coppa, con il
liquido che gli arrivava alle ginocchia. Si sentiva perduto! All’interno del calice
l’odore acido dell’elisir lo inebriava, sentiva le ginocchia cedere mentre uno
stato di leggerezza e di torpore lo assaliva. Al di fuori udiva i cani, i quali sve-
gliatisi, annusavano il calice e con il loro muso lo spostavano continuamente.
Tremante di paura e sudato per la fatica, Orfeo si spostava velocemente se-
guendo la coppa in movimento.
Il guaito dei cani era sempre più forte e i loro movimenti più eccitati. Orfeo si
sentì davvero perduto… La sua curiosità, questa volta, lo aveva tradito…
Ma, ad un tratto, accadde qualcosa di imprevisto. Svegliatosi per il gran tram-
busto il duca sgridò i cani che, guaendo, tornarono ad accucciarsi ai piedi del
camino. Poi raccolse la coppa per riempirla nuovamente. Orfeo allora riunì
tutte le forze rimastegli e si mise a correre disperatamente finché con un gran
salto balzò sano e salvo dentro il suo rifugio sicuro. Ancora tremante per lo
scampato pericolo, ormai libero dai fiumi della bevanda alcolica, ringraziò il
destino per averlo salvato.
Felice e contento ritornò nel suo lettuccio a casa di Bracco e il mattino se-
guente dormì qualche ora in più. Quando si svegliò raccolse la sua roba;
ringraziò mille volte Bracco e i suoi amici, che mai avrebbero saputo della
disavventura della notte precedente, e prese la strada di casa.
Camminando verso il villaggio Orfeo pensava: “Ripeterò in futuro questa stra-
na esperienza? Diventerò forse anch’io un giorno come quel duca triste e
schiavo dell’alcol? Se questa bevanda fosse conosciuta dalla tribù di Nordwo-
od potrebbe creare problemi anche alle famiglie del mio allegro villaggio?”.
Adesso continua tu…
30
La favola diventa progetto:l’itinerario didattico-educativo
Le interessanti prospettive dischiuse dalla sperimentazione della favola sia a Cre-
mona che in altre città italiane hanno rappresentato un forte stimolo perché essa
diventasse il cuore di un progetto didattico-educativo più compiuto ed articolato,
che rappresenta l’obiettivo prioritario del presente lavoro.
L’avvio del progetto presuppone la creazione a monte di un team di lavoro, formato
da esperti in prevenzione alcologica, pedagogia della salute e scienze dell’educazio-
ne, che ha il compito di coordinare la realizzazione delle seguenti fasi operative:
a) la prima fase: sensibilizzazione di insegnanti e genitori
Questa fase richiede la realizzazione di tre incontri condotti da un unico operatore,
che abbia ricevuto una formazione specifica in prevenzione alcologica alla luce delle
più recenti indicazioni dell’OMS.
Nei primi due incontri infatti viene rivolta particolare attenzione alla discussione di
temi relativi al consumo di alcolici, ai luoghi comuni della nostra cultura, al “bere
moderato”, al concetto di problema alcolcorrelato presente nell’ambito familiare,
presentazione dei documenti dell’OMS, etc…
Nel terzo incontro è presentato lo strumento de “La Favola di Orfeo”, di cui vengono
evidenziati i significati e i contenuti più importanti. Inoltre nel corso di questo incon-
tro viene programmato insieme agli insegnanti il percorso didattico con i bambini e
con i genitori.
La prima fase prevede un percorso di valutazione attraverso un questionario sommi-
nistrato prima e dopo gli incontri e una valutazione della customer satisfaction.
b) la seconda fase: lavoro in classe
Dopo una prima lettura del testo si passa alla fase sperimentale. La favola si presta
bene a molteplici sviluppi pratici (disegni, manifesti, cartelloni, lavori di animazione
al PC, drammatizzazione, giochi, etc…): i docenti scelgono liberamente la tipologia di
laboratorio didattico più adeguata al proprio gruppo/classe.
La favola ha un finale aperto: gli alunni sono dunque stimolati a completarla con
la loro creatività. Ciò consentirà agli insegnanti di verificare la comprensione della
tematica.
3
31
La durata temporale di questa fase è variabile e dipende da vari fattori organizzativi
interni ed esterni.
c) la terza fase: presentazione dei lavori realizzati
A fine anno il progetto viene presentato alla scuola e all’intera comunità, con l’illu-
strazione di tutto il suo iter e con il coinvolgimento di tutte le componenti presenti
nel progetto stesso (con l’allestimento di una mostra e/o di una rappresentazione
teatrale).
E’ una fase fondamentale perché rende i bambini protagonisti attivi, in quanto rico-
nosciuti e apprezzati dalla comunità, del lavoro svolto durante l’anno.
E soprattutto fa di loro degli autentici testimoni di nuovi stili comportamentali, non-
ché sprone per nuove sperimentazioni.
32
Pensare a piste operative specifiche per la prevenzione della problematica
alcolcorrelata nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria (soprattutto nei
primi anni), non è impresa facile. Con loro, con i più piccoli, non si può e non si deve
affrontare il problema alcol in modo diretto, anche se – non ci stancheremo mai di
affermarlo – la prevenzione deve iniziare sin dalla più tenera età.
Come operare, dunque? Sicuramente con curricoli e percorsi specifici e mirati, ma
anche con interventi informali, laddove gli eventi, le notizie, gli episodi quotidiani ci
forniscono gli spunti per affrontare il problema alcol.
Le piste operative, suggerite nel presente opuscolo, costituiscono solo semplici
esemplificazioni di percorsi didattici che i docenti di certo già seguono nelle loro
classi e che, quindi, potranno modificare, integrare o rigettare; con un’avvertenza:
quello che viene schematicamente presentato, dai contenuti agli obiettivi didattici,
dalle strategie metodologiche ai giochi, agli esercizi, alle domande ecc… deve essere
adeguato all’età dei bambini e delle bambine.
Le ipotesi di lavoro potrebbero essere le seguenti (i diversi momenti operativi non
sono tra loro propedeutici, ma possono essere realizzati anche indipendentemente
l’uno dall’altro):
1° momento
LA FAVOLA DI ORFEO (adattata all’età degli alunni)
1. Lettura della fiaba e discussione
2. Suddivisione in sequenze e analisi dei diversi momenti narrativi
3. Drammatizzazione
4. Illustrazione grafica dei punti salienti
5. Invenzione di altri finali
6. Illustrazione della fiaba con la tecnica del fumetto
7. Descrizione del cambiamento di Sir John (com’era prima e com’è ora)
Il momento fondamentale dell’attività relativa a “La Favola di Orfeo” è il “perché”
del cambiamento del singolo e di tutta la comunità circostante. Emerge, dunque, il
problema “alcol”.
Alcune ipotesi di lavoro pratico4
332° momento
RISCHI DELLE BEVANDE ALCOLICHE
(breve e semplice spiegazione della tematica da parte dei docenti)
1. Questionario preparato dai docenti (rispondi vero o falso)
2. Discussione collettiva su fatti, episodi personali o sentiti
3. Cerchiamo e spieghiamo le parole difficili
4. Visione di un filmato, cartoni animati, documentari, ecc…
5. Realizzazione di una locandina che evidenzi i rischi dell’alcol
Particolare attenzione, deve essere dedicata alla conduzione e all’uso del laboratorio
didattico interdisciplinare, che deve tener conto di:
• contenuti adeguati e congruenti ai diversi ordini di scuola;
• interessi e motivazioni degli alunni;
• territorio e contesto socio-culturale della scuola.
Con l’utilizzo del laboratorio il docente ha la possibilità di avviare o rafforzare il me-
todo scientifico (osservazione, raccolta dati, rielaborazione…) e il lavoro di gruppo.
343° momento
BEVANDE CHE CONTENGONO ALCOL
(breve descrizione, spiegazione e lettura delle etichette)
1. Gioco-esercizio: ecco un elenco di bevande. Segna con una crocetta quelle che
contengono alcol.
2. Indagine conoscitiva sul consumo di bevande in famiglia (vino, birra, liquori. Se
sì, quando? A pranzo, a cena, fuori dei pasti). Dove sono riposte le bevande alcoliche
consumate a casa?
3. Gioco-esercizio: quale bevanda ti piace di più fra quelle elencate? Fai la stessa
domanda ai tuoi compagni di classe.
4. Illustrazione con grafici dei risultati delle indagini e verbalizzazione, orale e scritta,
delle considerazioni emerse.
5. Lettura e comprensione delle etichette di bevande, alcoliche e non. Significato
della % della gradazione alcolica.
Questa fase impegnerà molto gli alunni, che dovranno cercare e ricercare, scoprire e
riscoprire bevande e sostanze che hanno attinenza con l’alcol.
Dovranno cimentarsi con la lettura delle etichette e della composizione degli alimenti
e delle bevande, comprendendone il significato e incominciando ad imparare a sele-
zionare ciò che è utile o dannoso per il nostro organismo.
35
I mille “perché” che sicura-
mente emergeranno dalle va-
rie indagini fatte dagli alunni
potranno trovare, in parte,
una risposta con l’approfon-
dimento scientifico (vedi 4°
momento).
4° momento
APPROFONDIMENTO SCIENTIFICO
(da realizzare nelle 4° - 5° classi della scuola primaria)
Approfondimento teorico:
1. Gli esperti in alcologia rispondono alle nostre domande: quali sono gli effetti
dell’alcol? L’alcol provoca dipendenza? Esiste una dose giornaliera “innocua” per il
nostro organismo?
2. Conoscenza, attraverso diapositive, videocassette, ecc, delle più evidenti alterazio-
ni del cervello, del fegato, del comportamento di chi fa largo uso di alcol.
3. Analisi di schede di approfondimento.
Approfondimento pratico:
4. Ricerca e spiegazione di parole difficili
5. Giochi linguistici: acrostici, limerik, cruciverba, ecc.
6. Traduzione del racconto in vignette dialogate e commentate
La suddetta fase prevede due momenti, il primo teorico, in cui gli alunni acquisisco-
no informazioni, conoscenze di tipo scientifico; il secondo momento è operativo e
prevede attività varie, come esercizi-gioco, schede, test, lettura, analisi del testo e
rielaborazione di racconti.
36
5° momento
STILI DI VITA: FATTORI POSITIVI E NEGATIVI
Stili di vita più sani è l’obiettivo 11 previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sani-
tà (OMS) nell’ambito del programma “21 obiettivi di salute per il XXI secolo”. Tra le
cinque priorità, indicate dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, per la promozione,
la tutela ed il recupero della salute, la prima indicazione si riferisce alla promozione
di comportamenti e stili di vita salutari nel campo dell’alimentazione, dell’abitudine
al fumo, del consumo di alcol e dell’attività fisica.
Riflessione personale e collettiva sugli stili di vita propri, della famiglia, dei compagni
di classe. Spiegazione e discussione sulla definizione di un corretto “stile di vita”.
1. Elaborazione e somministrazione di questionari sulle abitudini alimentari degli
alunni, della loro famiglia, dei compagni.
2. Racconti, filastrocche sugli alimenti.
3. Gli alimenti che contribuiscono allo sviluppo e alla crescita dei bambini (esercita-
zioni varie).
4. Rielaborazione dei dati acquisiti dalle indagini (grafici, conversazioni, disegni,
relazioni, ecc.).
5. Sostanze che danneggiano l’organismo soprattutto dei bambini.
37Rispetto a questa tematica, innumerevoli sono le attività che bambini e bambine,
nelle varie fasce di età, possono affrontare con facilità, con interesse, con impegno,
ma anche divertendosi.
6° momento
MASS – MEDIA E ALCOL
(da realizzare nelle 4°-5° classi della scuola primaria)
La tematica “media”, soprattutto se relativa a “pubblicità e alcol”, deve essere affron-
tata nella scuola in maniera sistematica, continua e incisiva.
L’alcol, oggi più che in passato, proprio dai media viene presentato come un “faci-
litatore sociale”. Non è raro – tutt’altro! – che in televisione (nella pubblicità, nelle
soap-opera, negli sceneggiati, nei film ecc.) l’uomo o la donna di successo abbiano
un bicchiere di bevanda alcolica tra le mani.
Il percorso didattico, da realizzare nelle ultime classi della scuola primaria, si artico-
lerà essenzialmente:
• nel reperimento, attraverso diversi media - stampa, televisione e radio - di messag-
gi pubblicitari e di notizie ritenute particolarmente significative per la problematica
alcolcorrelata;
• nell’analisi critica del linguaggio e dei messaggi mass-mediali, per scoprire che
38dietro di essi ci sono delle “logiche” (politiche, ideologiche, culturali, economiche,
commerciali, ecc.) che concorrono talvolta alla verità/non verità, alla trasparenza/non
trasparenza di alcuni problemi sociali;
• nelle attività diverse di contestualizzazione e ricontestualizzazione dei contenuti
proposti.
Attività:
1. Ricerca e preparazione del materiale da visionare (docenti, genitori, alunni)
2. Visione guidata del materiale selezionato (alunni con docenti)
3. Analisi di alcuni pezzi significativi del materiale visionato
4. Discussione, confronti e problematizzazione di bevande alcoliche
5. Somministrazione agli alunni di questionari a scelta multipla intesi a rilevare la
comprensione dei messaggi mass-mediali
6. Attività di smontaggio e rimontaggio di testi mass-mediali
7. Produzione, individuale e di gruppo, di spot pubblicitari, che evidenzino i rischi
dell’alcol
La tematica “mass-media” richiede, per la sua vastità e complessità, percorsi didattici
interdisciplinari molto mirati e di ampio respiro.
39
7° momento
VERIFICA
È superfluo sottolineare che la verifica va fatta all’inizio di un percorso di lavoro at-
traverso questionari, illustrazioni, semplici test, ecc., va fatta in itinere e soprattutto
nella fase conclusiva, con:
• discussione di gruppo
• questionari
• test
• elaborazione di cartelloni
• pannelli illustrativi
• disegni
• manifesti
• racconti, filastrocche, ecc.
• relazioni, orali e scritte
• drammatizzazione
• ………………….
8° momento
VALUTAZIONE
Le attività di valutazione si riferiscono ad aspetti differenti che possono ricondursi a:
• conoscenze acquisite
• abilità-capacità operative
• modifica di atteggiamenti e comportamenti (naturalmente rapportati all’età degli
alunni), riferiti agli obiettivi prefissi, quali l’autostima, l’autonomia, la criticità, la ca-
pacità di relazioni interpersonali
Questo può costituire la base, perché bambini e bambine coadiuvati dalla famiglia e
dalla scuola, possano iniziare a prendere coscienza di assunzione di stili di vita sani,
e nello stesso tempo, di rifiuto, sempre più consapevole e forte, di consumo di alcol
e di altre sostanze tossiche.
41
Capitolo IIILa drammatizzazione della favola a cura di Lino di Turi
1. Teatro come spazio naturale teatro come spazio dell’incontro2. La rivisitazione della Favola di Orfeo3. Glossario
42
Teatro come spazio naturale Teatro come spazio dell’incontro
“C’è una via per giungere al cuore degli uomini di tutte le razze, di tutte le età e di ogni parte del mondo, ed è quella di toccare il loro sentimento”.1
Se tale assunto è vero in tantissimi ambiti e situazioni, lo è ancora di più quando si
vuole trattare tematiche complesse come quelle relative ai problemi alcolcorrelati. Se
poi il target dei destinatari del nostro intervento è quello della scuola dell’infanzia e
della scuola primaria di I grado, la sfera del sentimento è la via da privilegiare. E, per
intraprendere tale via, quale mezzo è più efficace se non il teatro?
L’obiettivo e il messaggio, propri di un teatro didattico, hanno bisogno di essere
veicolati anche dal senso dello spettacolo nella sua accezione comune: meraviglia,
attraverso la suggestione emotiva. E se l’effimero spettacolo ha la sua breve durata
e può anche passare nel dimenticatoio, è proprio quella emozione, prodotta dall’arte
teatrale, che riporta ai contenuti. Perché il pubblico recepisca i messaggi e stratifichi
nel proprio subconscio i “segnali” della performance, ha bisogno di essere assog-
gettato, coinvolto e quindi “intrappolato” nel meccanismo scenico della storia a cui
assiste. E questo, evidentemente, ha la sua particolare validità per il pubblico impa-
rentato con i piccoli protagonisti dell’evento.
La sperimentazione, realizzata nel Circolo Didattico di Salerno, attraverso il mezzo
teatrale, è partita da LA FAVOLA DI ORFEO e ha tenuto in considerazione i seguenti
punti:2
1) Individuazione all’interno del gruppo-classe di interessi motivazionali comuni, ser-
vendosi di una varietà di stimoli che utilizzino i poteri intuitivi e inconsci. Successi-
vamente, tali potenzialità vanno disciplinate e (possibilmente) sistematizzate, perché
producano qualcosa di significativo e si trasformino in strutture conoscitive.
2) (In base al punto precedente) raccolta e catalogazione del materiale, da analizzare
in funzione del contesto socio-culturale in cui si opera.
3) Visualizzazione libera mediante tecniche pittoriche, manipolazione di oggetti e
materiale non strutturato, servizi fotografici, espressioni corporee (fisico-motorie,
mimico-gestuali) e ritmico-sonore (produzione di suoni e rumori non stereotipati),
ecc. È particolarmente importante in questa fase che, indipendentemente dai risulta-
1
43
ti, il bambino sia libero di proiettare nel lavoro le sue strutture emotive di fondo e
che l’animatore sia in grado, anche con l’aiuto di uno psicologo, di comprenderne il
loro significato simbolico.
4) Tentativo di unificare in una scrittura collettiva il materiale illustrato al punto 3)
con la realizzazione di drammatizzazioni, cantastorie, audiovisivi, mostre fotografi-
che, ecc.
5) Confronto al di fuori del gruppo delle fasi del processo e dei risultati ottenuti,
utilizzando le acquisizioni conoscitive, tecniche e creative emerse durante la realiz-
zazione del progetto.
6) Rielaborazione critica all’interno del gruppo del lavoro compiuto, per verificare
gli obiettivi raggiunti, e più specificamente, i bisogni già liberati, espressi sincretica-
mente dal prodotto finale, considerato con carattere di provvisorietà, come semplice
controllo dell’attività svolta.
7) Su questa base si determinano ulteriori compiti ed obiettivi da perseguire, proiet-
tando la ricerca nel tempo, in una ipotesi di continuità e sistematicità.
Il tutto in una costante situazione di co-partecipazione, in cui, il fare insieme delle
cose, mira a facilitare la comprensione degli aspetti più nascosti del proprio sé e dei
fenomeni sociali in cui si agisce, nonché, grazie a ciò che si riesce a produrre, ad
elevare il livello di aspirazione e di stima di sé, e infine, a recuperare quegli elementi
intuitivi e creativi che rapportati dinamicamente a fattori intellettuali e socio-emotivi,
contribuiscono notevolmente al rafforzamento dell’io del bambino.
I risultati?
Questi non potranno portare a raggiungere obiettivi concreti e soddisfacenti se le
attività legate al teatro continuano a essere episodiche, non accompagnate da una
progettualità innovativa all’interno di una scuola che persegua una politica scola-
stica, legata sì al territorio, ma che non perda di vista la politica socio-culturale
nazionale.
La nostra sperimentazione, che si è basata essenzialmente sull’affabulazione (ca-
pacità di affascinare con la favola gli ascoltatori), ha coinvolto in toto gli alunni,
creando un motivato interesse per il testo sceneggiato realizzato e presentato dal
sottoscritto.
La strategia del finale da costruire con gli alunni ha dato la possibilità alle insegnanti
44
di utilizzare il mezzo-Teatro per far vivere “dentro” personaggi e situazioni. La cono-
scenza attraverso le emozioni si è rivelata il miglior modo per far prendere coscienza
della problematica alcolcorrelata derivante dall’assunzione di alcol.
Cosa è utile rafforzare? La maggiore presenza dell’esperto teatrale sia nelle fasi che
precedono la formazione degli animatori (previa verifica dei pre-requisiti) che, duran-
te la preparazione dell’allestimento della rappresentazione teatrale.
Cosa si può tentare ancora? Oltre al coinvolgimento di ex-alcolisti, sarebbe consiglia-
bile coinvolgere nella preparazione dello spettacolo anche i genitori degli alunni con
vari compiti, avendo ben chiaro l’obiettivo da raggiungere.
1 Vittorio Podrecca, fondatore de “Il Teatro dei Piccoli” (poi “di Pontedera”)
2 Momenti operativi di un progetto di animazione (da “L’animazione come risorsa metodologica), Estratto
da “Quaderni dell’Istituto di Pedagogia dell’Università di Bari”, 1979.
46
Una scena spoglia. Da una quinta si affaccia, per spiare, una testa (Bicchiere). Bicchiere si guarda intorno per accertarsi dell’assenza di persone.Dopo…
BicchiereTentatore
BicchiereTentatore
Narratore Orfeo Bracco
(In punta di piedi raggiunge il centro-scena e, senza esagerare l’ubriacatura)Hi chic hicIo son forte come un crick superato ho il ritmo rock.Sono solo un gran bicchiere e non posso, del mio bere,solo il profumo mi fa staresempre sempre a baloccare.Ma, amico ascoltatore,se non bevo, son fornitoree a sentire quell’odoreho piacere del tepore.Ma se vuoto mi ritrovo,trovo liquido sempre nuovo.Quando alcuno mi assaggia,il mio impegno si scoraggia.E acquistare ad ogni costo
FAVOLA DI ORFEOLa rivisitazione della favola2
Dopo l’incontro del 3 marzo 2006 con le scolaresche e le insegnanti di Salerno si è pensato di far intervenire più bambini suddividendo il
personaggio di Bracco in sei parti; così come il personaggio del narratore.
(Disposizione scenica)
Bicchieri
47
FAVOLA DI ORFEO
BicchiereTentatore
sir John Genitori di OrfeoLucifero
qualcun devo anche in agosto.(Con tono confidenziale)M’hanno detto… ho saputoche a un popolo sperdutoè stato sempre taciutoil gusto del mio contenuto.Ora devo far missioneper indurre in tentazioneun soggetto di quel luogoe con lui, sì, trovare sfogo.Ora taccio urgentemente,vedo arrivare gentee mi fingo senza vitaper leccarmi poi le dita.(Si inginocchia, lasciando intravedere solo il bicchiere con un manico/braccio, e resta fisso come una statua)
Dopo l’incontro del 3 marzo 2006 con le scolaresche e le insegnanti di Salerno si è pensato di far intervenire più bambini suddividendo il
personaggio di Bracco in sei parti; così come il personaggio del narratore.
(Disposizione scenica)
Narratori
48
Narratore
Narratore
BicchiereTentatore
BicchiereTentatore
(Arriva in scena con un salto: è molto allegro) Buongiorno, anche se è sera. Ogni nuovo giorno diventa primavera. (Facendo finta di ricordare) Perché? Perché sono qui? (Ricorda) Ah sì! Sono qui per raccontarvi una storia… la storia dello gnomo Orfeo ch’è fedele al galateo. Quante storie si raccontano, quanti desideri riusciamo a realizzare con le storie fantastiche, quante lezioni si imparano viaggiando nel mondo della fantasia.E come ci piacerebbe entrare in una storia e diventare PROTAGONISTA, l’attore principale.Proprio come capitò in questa storia che vi passo a raccontare… (continua a parlare, iniziando la storia di Orfeo, ma del suo racconto si sente ben poco perché…)
(Sciogliendosi dalla sua posizione di statua, si sovrappone al narratore richiamando l’attenzione del pubblico)Attenti, attenti adessoPerché il narratore io fo’ fessoE lo porto, fritto e lesso,ad uscire dall’ingressocon la materia che professoe gli tolgo ogni complesso.(Gli viene lanciato un mantello con cappuccio e, camuffandosi, si presenta al Narratore esagerando una finta stanchezza)(gridando) Oh, ooooh come son stancomi fa male il destro fianco.Una sedia voglio o un bancoSol così io mi rinfranco.
(Impietosito si avvicina)Povero… povero viandante. Qui non vi sono sedie o banchi. Qui non abbiamo possibilità…
(Interrompendolo)Oh povero me lasso!Io moro… io trapassoSe il peso non abbasso…Io mi scasso… mi fracasso…
49
Narratore
Narratore
Narratore
BicchiereTentatore
BicchiereTentatore
BicchiereTentatore
(Disperandosi) Oh se avessi un materasso! (poi…)Se potessi… Dimmi cosa posso fare?
Bevi… alleggerisci il mio peso:ne uscirò illesoed è chiaro e sottintesonon sarai da me vilipeso.Vieni sotto il mio mantelloe, attaccato al succhiello,apri all’alcol il cancelloe ti chiamerò mio fratello.
Solo questo devo fare? (e, infilatosi sotto il mantello…) Bevo bevo per sanarti. (si sente il gorgoglio della bevuta)
Bevi, bevi senza risparmioEd in cambio avrai l’oblioCon il dolce risciacquioChe contengo solo IO.
(Uscendo dal mantello) Oh che bello il tuo spinello. Il delicato suo profumo mi aiuta ad aiutarti e speriamo che ora tu stia bene. (Cominciano a evidenziarsi i fumi dell’alcol. È alticcio.) Sono proprio assai contento d’aver sollevato il tuo portamento e con questo buon umore vado a far pubblicità di questa mia felicità.(Esce barcollando e canticchiando)
Come dice il proverbioCol suo antico saggio fruscio?“Chi ben comincia è a metà dell’opera!”e proprio come una matura peraè caduto il benpensante,col mio liquido catturante.Or la storia io vi raccontoPer trovar il mio tornaconto. A Nordwood nella forestaC’è una famiglia sempre in festaChe conosce a menadito
50
Solo il comportamento compito.Io, con il mio fare ardito,renderò questo popolo inebetito. E…
(Chi è Bracco? È uno gnomo che ha avuto una brutta esperienza e che, per il bene del suo popolo, farà conoscere la vera storia di Orfeo)
(Entra e, inviperito, si rivolge a Bicchiere)Tu, vecchio dissipatore di vite; tu, specchio deformante; tu, vile contenitore di liquidi falsi. Sparisci! (Bicchiere è intimorito) Ci siamo conosciuti! Io so chi sei e tu sai chi sono io. Ora sparisci perché la storia di Orfeo sarò io a raccontarla e, come in passato, accompagnerò io la persona da aiutare. Io che so ed ho vissuto nel mondo che tu hai corrotto. Io che mai più vorrò permettere che tu infetti la purezza, la semplicità del vivere sano. Via! (Bicchiere, anche se indispettito, abbandona la scena).Viveva una volta nella foresta di Nordwood una felice brigata di piccoli gnomi.Come già saprete, gli gnomi sono degli esseri piccoli piccoli, che costruiscono le loro casine dentro i funghi immersi tra la vegetazione dei boschi. Essi sono così minuscoli che gli uomini non riescono nemmeno a vederli in mezzo agli altri animaletti della foresta. Ma noi li vedremo perché, per magia, io li renderò visibili.La tribù di Nordwood era davvero particolare: infatti, contrariamente agli altri gnomi sempre tristi e lamentosi, essi erano spiritosi e allegri, furbi e spensierati. Lavoravano di gran lena alzandosi al sorgere del sole, ma appena il sole calava all’orizzonte si divertivano danzando e raccontandosi storie. Le loro feste erano tanto belle, che talvolta si protraevano per tutta la notte.Gedeone era il loro capo: uno gnomo leggermente più alto degli altri, piuttosto grassoccio e rubicondo, che sapeva guidare con autorità quella divertente brigata. Gedeone aveva diversi figli, tutti allegri e laboriosi, ed una moglie, Fiordaliso, una signora vivace e intraprendente, tutto il giorno dedita ai lavori domestici.Orfeo, figlio mezzano di Gedeone, era affascinato dalle
Bracco
Gedeone e Fiordaliso
51
storie. Tante storie e, protagonista di tutte quelle storie era sempre e comunque Sir John.(Chiama da fuori scena Orfeo) Orfeo!(al pubblico) Vi presento Orfeo. Seguite attentamenteil suo cammino e potrete...
(Arriva in scena. Gnomo molto allegro ed educato, si presenta) Per servirla maestro gnomo: Orfeo! Di Gedeone e Fiordaliso. Mezzano figlio della famiglia eda tutti benvoluto e molto coccolato.
(Strofinando il suo naso al naso di Orfeo: così si salutano gli gnomi di questo paese) Io sono Bracco e vengo da Nordwood, dal castello di Sir John il famoso cavaliere. Piacere.
Sir John? Il cavaliere senza paura? Il Re giusto e onesto? (è felice) Non credo alle mie orecchie! Dici il vero? O forse…?
Forse cosa? Se è vero quel che dico o è vero che Sir John, cavaliere senza macchia e senza paura, è quello delle tue storie?
Non ho capito!
Capirai! (Dalla sua tasca estrae una boccetta e la porgea Orfeo) Tieni. Bevi e un sogno tu farai che la vista ti darà della pura verità. Bevi!
Bevo? (è timoroso. Ma poi dopo essersi rassicurato guardando Bracco che, bonariamente, lo invita con un continuo movimento della testa) Bevo, sì! (Beve)
Bracco
Bracco
Orfeo
Orfeo
Orfeo
Orfeo
BUIO
Bracco
Subito si ode un allegro canto di vocine: gli gnometti.La luce ritorna mentre appaiono in scena, a braccetto, gli gnometti canterini. Tra loro si scorge anche Orfeo che appare per ultimo e da questi poi si staccherà quando tutti saranno usciti dall’altra quinta.
52
CANZONE “STRETTI IN VITA”Cantando tutti stretti stretti in vita / Andiamo per la strada assai sicura / Che mai nessuna gnoma andrà smarrita / Siam sempre lieti e mai la vita è dura / E la foresta per noi è fresca e forte / Felici siamo e non abbiam paura. / Sappiamo qual è la nostra bella sorte / Con canti e balli, continuo è il via vai / procediamo sempre con fornite scorte / e
per la fame non gridiamo ahi.
Dopo aver eseguito una ritmata coreografia in scena, sempre cantando, imboccano l’uscita.
(che, ultimo della fila, si è staccato dal gruppo per rimanere solo in scena) Mi sembra di sognare. Canto, ballo e faccio tutto come se qualcuno mi dice di farlo; come… in un sogno organizzato. Ora per esempio devo scrivere un biglietto… sì! Devo! (prende un taccuino e una penna e scrive una serie di bigliettini che attaccherà un po’ dappertutto. Scrive) Io Orfeo (Attacca il biglietto) devo andare al castello. (Attacca il biglietto) Papà Gno’, Mamma Gna’ (Attacca) devo andare. (Attacca) Di me non ci è da preoccupare. (Attacca) Tornerò dopo aver conosciuto Sir John. (Attacca) Un bacio a tutti i miei fratelli. (Attacca) Vi voglio bene. Vostro Orfeo. (Attacca)
Com’è grande questa strada. Com’è buia questa strada. (Una piccola luce una lanterna? - gli segna la strada) Ora appare questa luce e… io seguo questa luce. (un’altra luce in senso contrario si accende) Quant’è lunga la strada che porta a Nordwood. Quanta fatica per raggiungere Sir John. (altra luce) Ma la fatica sarà ricompensata. Conoscerò Sir John. Conoscerò la corte del castello. Che festa sarà quando lì arriverò.(Altra luce)
Orfeo
Orfeo
Spartito contenuto nel cd (Progetto Ben-Essere)
BUIO
Si sente la voce di Orfeo al buio.
Io, Orfeo
Un bacio.Tornerò
VostroOrfeo
53
(intermediario del sogno, lo invita - con cenni - a proseguire) Questa non è la solita strada. Guarda a sinistra e a destra e cammina, Vieni! (Orfeo esegue)Ti ricordi la storia di Sir John quando ti veniva raccontata? (Orfeo risponde sempre con un sì.) Com’era felice nel suo castello facendo giochi cavallereschi? E tutti erano felici e contenti? Bene, continua il tuo cammino. Vieni e tra poco vivrai la tua esperienza meravigliosa. (Si sente l’avvicinarsi di un cavallo e Bracco, con voce concitata...) Attento adesso, scansati… un grosso animale sta arrivando potrebbe schiacciarti! (Orfeo si butta a terra, lasciando intendere il pericolo)
(con l’affanno, dopo che il trotto del cavallo è scomparso) Per fortuna sono ancora vivo. Riuscirò in quest’impresa: conoscerò Sir John.
(Ancora incitandolo) Il grande mondo, amico mio, è pieno di imprevisti e tu conoscerai il mondo oltre la foresta e molte cose capirai. Su ora, riprendiamo il cammino che Sir John è più vicino di quanto immagini. (Orfeo esegue)Ora che il pericolo è passato, ti posso dire che il cavallo di poc’anzi era guidato proprio da Sir John. E se il tuo occhio vuole lo può ancora vedere che scompare.
Sì, lo vedo. Sir John, ti ho visto! Sei il mio eroe. Vengo! (Si sentono degli effetti che ripropongono un battito d’ali)
Attento Orfeo… A terra! Subito! Un grosso volatile vola su di noi e potrebbe agganciarci con i suoi artigli! Giù! (I due si buttano a terra) Non ti muovere! Aspettiamoche passi. (Il battito d’ali si allontana)
Che paura! È dura la vita oltre la foresta. Ma ne vale la pena: la conoscenza di Sir John…
(Invitandolo ad alzarsi) Su ora e di corsa procediamo. Ci siamo quasi. Vedi quella luce? È il castello. Tra poco conoscerai di persona il tuo Sir… (viene interrotto da un feroce abbaiare) Attento adesso… Lo senti? È il cane a tre teste… guardiano del castello di Sir John. Vieni con
Bracco
Bracco
Bracco
Bracco
Orfeo
Orfeo
Orfeo
54
me. (L’abbaiare svanisce e si sentono delle voci concitate e alterate) Corri… nascondiamoci qui e, preparati, perché questa è la voce di Sir John… e il tuo sogno si avvererà e – sicuramente – qualcosa cambierà. Io lo so. (Ride) Vieni! (Si nascondono dietro la quinta a destra mentre da sinistra sta arrivando la corte con – in testa – Sir John).
(Mentre si allontanano) Non c’è proprio nulla da ridere! Non capisco, io sono venuto dal mio villaggio per conoscere gente interessante e mi trovo un tipo maleducato come te che ride alle mie spalle! Ma allora le storie che si raccontano al villaggio forse non sono vere? Allora non è vero che al castello del buon duca di Nordwood sono tutti buoni e felici? (Scoppia a piangere)
(Tirandolo dalla quinta) Non piangere! Questo tuo viaggio ti porterà a conoscere cose che non puoi immaginare. Vieni e smettila di piangere altrimenti ci scopriranno.
(resistendo) Ma io voglio stringere la mano a Sir John. Io…
(avendo ragione di Orfeo, lo trascina dietro la quinta) Deciderai poi per la stretta di mano. Ora vieni! Sono già qui!
(Tutta la corte procede traballante a ritmo di musica. Poi…) Li vedi? Hanno affogato il cervello dentro il bicchiere. Ma non è sempre stato così. (Tutto quello che verrà descritto qui di seguito da Bracco, come un flash back e con adeguato commento musicale, si visualizzerà
Lucifero
Orfeo
Orfeo
Bracco
Bracco
Bracco
LUCE COMPLETA
Infatti le voci si fanno presenze e vediamo Sir John con tre o quattro cortigiani che brandendo, ognuno, un bicchiere procedono fino al trono che viene collocato da due servi a centro scena mentre diversi baldacchini con panni molto colorati vengono collocati da altri servi. La scena diventa, adesso, sala del trono.
Musica dell’ubriaco.
55
sulla scena. Si ode solo la voce: forse registrata per tenere i livelli musicali?) Prima Sir Johnera buono e gentile: con tutta la corte passeggiava, mano nella mano, con la dolce moglie. Poi, con la sua arpa deliziava tutta la corte. Ma un bel giorno venneun uomo da lontano che insegnò al duca comeprodurre bevande che contengono alcol. Tra le varie ricette il duca preferì un elisir piacevole e gustoso,che si rivelò il responsabile dei nostri guai. Ben presto un bicchiere al pasto non bastò più e la bevanda non era mai abbastanza. Fu così che, ahimè, bevi oggi e bevi domani...Credimi Orfeo ormai in questo palazzo tutti bevono molto e la nostra vita è un seguito di guai, non solo per noi piccoli gnomi ma anche per gli abitanti della città e per quelli dei regni vicini. Il duca litiga con tutti: oggi dichiara guerra a quella contea, il giorno dopo all’altra, e tutti i suoi vicini sono ormai arrivati all’esasperazione. Noi, che un tempo vivevamo nei boschi qui intorno, a causa delle guerre continue siamo costretti a rintanarci dentro queste spelonche vivendo come dei lombrichi in questi cunicoli.
Non voglio sapere altro. Me ne torno a casa e… (mentre la musica di “Stretti in vita” – ripetuta – sale, tutti i bambini si dispongono dalle parti del trono e Orfeo viene avanti sul proscenio: rivolgendosi al pubblico)… e metto (indicando poi tutti gli altri alle sue spalle), mettiamoun punto fermo a questo nostro impegno, che sicuramente rappresenta un incubo… ma se gli incubi hanno come proponimento quello di dare segnali perché le nostre esperienze si arricchiscano e ci permettano di riconoscere, nella foresta della vita,qual è il sentiero da percorrere, ben vengano.Buona vita a tutti!
(Venendo avanti in proscenio) Buona vista a tutti
(Correggendo) Ho detto: Buona vita a tutti! (Litigano sui termini “vita” e “vista” mentre la musica sale e qualcuno con un cartello viene avanti mostrando la scritta “Buona vita vista… a tutti” - Musica)
Orfeo
Orfeo
tutti
56
AFFABULAZIONEneologismo che rafforza il termine fabula (parola) = affascinare con la parola (favella = favola/fiaba). Un viaggio dentro se stessi, alla scoperta della capacità di affabulare, di immaginare, di inventare mondi di fantasia.
CIC (Centri di Informazio-ne e Consulenza)Nati per studenti del-le scuole secondarie di 2° grado, si vanno estendendo, con debiti aggiustamenti e diversi-ficazioni, nelle scuole di ogni ordine e grado. Il CIC è luogo di aggregazione informale e istituzionale di diversi soggetti che si propongono di promuove-re e realizzare attività di ricerca, di informazione, di ascolto, di proposta di protagonismo, di presen-za in ambito scolastico ed extrascolastico. I CIC nella scuola primaria possono costituire luoghi e tempi di ascolto e di confronto tra docenti e docenti, genitori e genitori, docen-ti/genitori e operatori dei servizi socio/sanitari del territorio, per sostenere i processi comunicativi, per individuare fattori pro-
duttivi e fattori di rischio nella realtà scolastica, familiare e sociale.
DRAMMATIZZAZIONEE’ il gioco dei ruoli dove il bambino impara a distin-guere diverse ottiche di lettura della realtà. Attra-verso le diverse tecniche della drammatizzazione, da quelle più libere a quelle più strutturate, i bambini creano situazioni fantastiche e/o rielabora-no esperienze personali. E’ una modalità significa-tiva e coinvolgente che fa interagire alunni di classi e di età diverse.E’ un’attività che, per la sua forma ludica, è ben accetta ai bambini e sviluppa la motricità e la comunicazione corporea, arricchisce il pensiero ed il linguaggio verbale, favorisce la spontaneità e la socializzazione.Vengono drammatizzati racconti, fiabe, storie o testi e drammi più impe-gnativi. Per drammatizzazione si intende, nel linguag-gio della psicoanalisi, il processo secondo il quale un’idea o un concetto vengono trasformati in immagini (eventualmente
accompagnate da suoni).
FAVOLALa favola è un componi-mento scritto con inten-dimenti morali e am-maestrativi ed ha come protagonisti quasi sempre animali, intesi come sim-boli dei vizi e delle virtù degli uomini.
FIABAFavola e fiaba sono usati spesso come sinonimi perché derivano dalla stessa radice latina (il verbo fari che significa "parlare", "raccontare") e distinguono un tipo di racconto risolto con ele-menti irreali o addirittura soprannaturali.
LABORATORIOE’ lo strumento per eccel-lenza di un’interpretazio-ne della scuola che punta prioritariamente alla stimolazione, nell’allievo, della capacità di costru-ire/scoprire direttamente la cultura, che intende fondare l’apprendimento sull’esperienza autonoma degli allievi.(cfr. B.O. Borghi, L. Guer-ra, “Manuale di didattica per l’asilo nido”, Laterza, Roma 1992.
Glossario3
57
MONITORAGGIOE’ l’attività fondamentale per crescere nella cultura della valutazione di ogni progetto formativo da sottoporre ad una valuta-zione.Questa può essere fatta:•Ex-ante,insedediap-provazione;•Initinere,nellevariefasi di realizzazione del progetto;•Ex-post,relativamenteai risultati e alla ricaduta degli interventi attraverso metodologie e strumenti tesi ad accertare, ad ogni fase, il grado di consegui-mento degli obiettivi pre-visti e dei risultati attesi.
NARRAZIONELa narrazione, come forma di conoscenza della realtà, (quando gli altri ci raccontano la realtà e le interpretazioni che ne danno) e costruzione di significati (quando insie-me ad altri si costruisco-no nuovi modi per inter-pretare la realtà) trova la propria origine negli studi di psicologia sociale clas-sica (K. Lewin), recente (Gergen), e nella psicolo-gia cognitiva (Bruner). Se-condo tale autore le strut-ture narrative sono forme universali attraverso cui le persone comprendono la realtà e comunicano su di
essa. Il racconto permette di costruire significati che consentono agli uomini di interagire con il sistema di convenzioni culturali all’interno del quale essi vivono, consente cioè di appropriarsi di inter-pretazioni già esistenti dei fenomeni sociali, di attribuzioni generalmente condivise. Nel raccontare vi è una forma di cono-scenza sociale, cognitiva, affettiva che correla il nuovo con l’esistente attribuendo ad esso un senso. Si impara ad affrontare l’incerto, il non conosciuto attraverso un modo già sperimentato, veicolato da altri che han-no già vissuto e costruito queste conoscenze.O, più semplicemente: NARRAZIONEEsposizione per lo più ordinata in funzione di determinate istanze di ordine stilistico e storico.
PENSIERO PLURALE E DIALOGICOPensiero plurale e dialogi-co è un pensiero antidog-matico, flessibile, aperto al confronto e al dialogo, in grado di contrastare e mettere fuori gioco uniformità e conformismo. E’ un pensiero all’interno del quale convivono “più logiche”, “più linguaggi”,
“più culture”. (F. Pinto)
PROBLEM SOLVING E’ un processo di soluzio-ne dei problemi (scola-stici, relazionali, esisten-ziali).
PROMOZIONE DELLA SALUTELa promozione della salute è il processo che consente alla popolazione di esercitare il controllo della propria salute e migliorarla. Nella carta di Ottawa si legge “la promozione della salute appoggia lo sviluppo indi-viduale e sociale, offrendo informazioni, assicurando l’educazione sanitaria e perfezionando le attitu-dini indispensabili alla vita. In tal modo, essa permette alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla loro salute e di far scelte favorevoli ad una vita sana”. Un denominatore comune delle attività scolastiche è dato dall’attenzione e dalla consapevolezza da parte del docente che gli apprendimenti possono essere acquisiti, in modo durevole, se sono colle-gati, messi in relazione diretta o indiretta – possi-bilmente in modo critico – con il vissuto del bambi-no, con le sue esperienze,
58
aspettative, curiosità.
PSICOANALISITermine coniato nel XX secolo unendo le parole psico e analisi (sul mo-dello tedesco di psycho-analyse), definisce una particolare teoria psico-logica che propone un modello di funzionamento della mente e dei proces-si psichici dell'uomo da un punto di vista dinami-co, con particolare enfasi sull'inconscio, i sogni e la sessualità infantile; è usato anche per indicare il metodo terapeutico che in quella teoria ha le sue basi, appunto il metodo psicoanalitico. Fondato-re di questa disciplina è stato Sigmund Freud.
RACCONTOEsporre a voce o per iscritto, per lo più con intonazione familiare, uno o più fatti veri o inventati.
SALUTELo Statuto dell’OMS, adottato nel 1948, defini-sce la salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” e non “semplice assenza di malattia o invalidità”. Gli ultimi anni hanno visto l’affermarsi del con-cetto di salute in termini eco-sistemici, concetto
rafforzato e consolida-to dalla carta di Ottawa (1986), all’interno della quale si parla della salute in termini di processo di-namico e permanente, di condizione di benessere che l’individuo deve con-tinuamente cercare e che è frutto della relazione tra uomo e ambiente fisico e sociale.
SCENEGGIATURAÈ la messa in opera del racconto in termini di dialogo. La sceneggiatura comprende la didascalia (descrizione dei movimen-ti e/o degli stati d’ani-mo dei personaggi). La sceneggiatura comprende anche l’ambientazione e i dettagli scenografici.
SITUAZIONI DI RISCHIOQuelle che risultano caratterizzate da fattori che ostacolano l’equilibrio psicofisico e sociale e in-ducono a comportamenti e abitudini sbagliate.Anche la scuola, la fami-glia, il territorio possono configurarsi come situa-zioni di rischio quan-do di fatto ostacolano l’autonomia e la crescita delle persone presentan-do modelli e stili di vita sbagliati.STILI DI VITAComportamenti, dettati da
modelli e abitudini sane, orientati a scelte con-sapevoli e responsabili che permettono la piena realizzazione di sé e la integrazione nel contesto sociale e culturale di vita.
60
E. Morin, 1. “Il metodo”, Feltrinelli, Milano 1992.B. Q. Borghi, L. Guerra, 2. “Manuale di didattica per l’asilo nido”, Laterza, Bari 1992.M. De Nicolò (a cura di), 3. “Educazione e salute”, Carra Editrice, Casarano (Le) 2004.F. Frabboni, F. Pinto Minerva, 4. “Manuale di pedagogia generale”, Laterza, Bari 2002.F. Pinto Minerva, G. Palasciano, M. De Nicolò (a cura di) 5. “Il profilo di salute della scuola”, Pensa Multimedia, Lecce 2002.L. Dozza,6. “Il lavoro di gruppo tra relazione e conoscenza”, Tecnodid, Napoli 1999.D.W. Johnson, R.T. Johnson, E. J. Holubec, 7. “Apprendimento cooperativo in classe”, Erikson, Trento 1996.G. Malizia, V. Pieroni, 8. “L’educazione alla salute nella scuola dell’autonomia”, Fran-co Angeli, Milano 1999.A. Carli (a cura di), 9. “Stili comunicativi in classe”, Franco Angeli, Milano 1996.Conferenza internazionale sulla promozione della salute. Adelaide, 5-9 aprile 10. 1988.Organizzazione Mondiale della Sanità, 11. “La carta di Ottawa per la Promozione del-la salute” Prima Conferenza internazionale di promozione della salute, Ottawa 1986.Organizzazione Mondiale della Sanità: 12. “Carta europea sull’Alcol” Parigi 1995. Organizzazione Mondiale della Sanità: 13. “Glossario di promozione della salute”, Ginevra 1998.Organizzazione Mondiale della Sanità: 14. “Dichiarazione Giovani e alcol”, Stoccolma 2001.Dichiarazione sulla promozione della salute nel 21° secolo. Jakarta, 18-21 luglio. 15. Dichiarazione sull’assistenza sanitaria primaria. Alma Ata, 6-12 settembre 1978.16. Organizzazione Mondiale della sanità: 17. “Framework for alcohol policy in the Who European Region” Copenaghen, 2005.G. Bateson, 18. “Verso un’ecologia della mente”, Adelphi, Milano 1976.J. Elliott, A. Giordan, 19. “La ricerca-azione”, Bollati Boringhieri, Torino 1993.Organizzazione Mondiale della Sanità, Ufficio Regionale per l’Europa. Salute per 20. tutti nel 21° secolo, Copenhagen 1998.L. Lumbelli, 21. “Pedagogia della comunicazione verbale”, Franco Angeli, Milano, 1994.A. Brusa, M. Cecalupo, 22. “La terra abitata dagli uomini”, Progedit, Bari 2000.“Alcol, scuola, salute” 23. AA.VV (a cura di), Centro Studi e Documentazione sui Pro-blemi Alcolcorrelati (CSDPA), Trento 1999.Bettelheim B. 24. “Un genitore quasi perfetto”, Feltrinelli, Roma, 1987.Buscema M. 25. “Prevenzione e dissuasione”, Ed. Gruppo Abele, Torino, 1986.Dassori I. (a cura di),26. “Educate alla Salute. Un Itinerario sperimentale verso l’inte-grazione dei servizi”, Reg. Lombardia-Ares, Milano, 1985.De Stefani R. 27. “Alcol e scuola” Ed. Centro studi e documentazione sui problemi alcolcorrelati, Trento 1993.
BIB
LIO
GR
AFI
A
61
Francescato D., 28. “La psicologia di comunità e l’intervento preventivo nella scuola” in Psicologia italiana, A. XIII, n. 2 (1993), pp. 52-57.Francescano D., Putton A., Cudini S., 29. “Star bene insieme a scuola. Strategie per un’educazione socio-affettiva dalla materna alla media inferiore”, Nuova Italia Scientifica, Roma, 1986.Folgheraiter (a cura di) 30. “Problemi di comportamento e relazioni di aiuto nella scuo-la”, Ed. Erickson, Trento, 1997.Hudolin V., 31. “Manuale di Alcologia” Ed. Erickson, Trento, 1991.Kelley M. L. (a cura di), 32. “Comunicazioni scuola - famiglia” Ed. Erickson, 1997.Lukas E., 33. “Dare un senso alla famiglia” Ed. Paoline, Milano, 1987.Macario L., 34. “Genitori: i rischi dell’educazione” SEI, Torino, 1988.Macconi C., 35. “Prevenzione primaria: valutazione dei programmi”, in Nuova Secon-daria. A. X, n. 1 (15 mar. 1992), pp. 20-21.Martini Castellani P., 36. “L’emozione di vivere: il silenzio e le voci dei rapporti im-possibili. Un’ipotesi di intervento preventivo”, Firenze, Centro di Solidarietà di Firenze, 1992.MC Ginnis E., Goldstein A. 37. “Manuale di insegnamento delle abilità sociali”, Ed. Erickson, 1997.Milani P. 38. “Progetto genitori”, Ed. Erickson, 1997.Monarca S., Modolo M.A., (a cura di), 39. “La prevenzione delle farmacodipendenze”, Reg. Umbria e CSES, Perugina, 1986.Muraro P., 40. “SPS strategia preventiva per la scuola”, Padova, Emme&Erre libri, 1991.Plant M., 41. “Comportamenti a rischio negli adolescenti”, Ed. Erickson, 1997.Pourtois J. P., 42. “Educare e genitori. Come partecipare all’educazione dei propri fi-gli”, Armando, Roma, 1988.Reder P., Lucey C., 43. “Cure genitoriali e rischio di abuso”, Ed. Erickson, 1997.Topping K., 44. “Tutoring: l’insegnamento reciproco tra compagni”, Ed. Erickson, 1997.Torri B., Rognoni G. (a cura di) 45. “Bambini ed educazione sanitaria”, Il pensiero Scientifico, Roma, 1983.USL Friuli Venezia Giulia 6 e San Daniele dei Friuli, 46. “La Salute a scuola”, San Da-niele Dei Friuli, 1990.Vuyisteek K. 47. “Tabagismo, alcolismo e droghe. Analisi di programmi di educazione sanitaria nella scuola e nella comunità”, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1981.Winn M. 48. “La droga televisiva”, Armando, Roma, 1983.E. Scafato, S. Ghirini, R. Russo, 49. “L’influenza dei comportamenti familiari sul con-sumo di alcol”. Istituto Superiore di Sanità, Centro Collaboratore WHO per la ricerca e la Promozione della Salute su Alcol e Problematiche Alcolcorrelate.E. Scafato e R. Russo 50. “I giovani e l’alcol: istruzioni per l’uso. Dieci suggerimenti ai genitori per favorire una scelta responsabile dei figli”, Osservatorio su fumo, Alcol e Droga. Istituto Superiore di Sanità.
62
Aniello Baselice Medico, esperto in alcologia, direttore scientifico Gruppo LOGOS Onlus, coordinatore attività alcologiche Ser.T. ASL SA/3, membro Gruppo Alcol CCM Ministero della Salute.
Vito Antonio Campanile Medico, criminologo clinico, tossicologo forense, consiglie-re nazionale Società Italiana Alcologia (SIA).
Gabriella Cavaliere Sociologa, formatrice nei programmi di promozione della salute nelle scuole e operatrice del Gruppo Logos Onlus.
Lino Di Turi Animatore di teatro di Bari.
Angela Galdi Esperta di animazione in gruppi di bambini e adolescenti.
Francesca Massimeo Docente di Scuola Media di primo grado, laureata in Scienze dell’Educazione, ricercatrice già IRRE Puglia.
Stefania Pirazzo Formatrice nei programmi di promozione della salute nelle scuole e operatrice del Gruppo Logos Onlus.
Doda Renzetti Medico Internista – Responsabile del raggruppamento di Medicina - Casa di Cura La Madonnina Bari, Presidente della Sez. Apula-Lucana SIA.
Maria Teresa Salerno Medico, esperto in alcologia, direttore Unità di Alcologia c/o Clinica Medica - Università degli Studi di Bari.
Porzia Selvaggi Laureata in Pedagogia, ricercatrice già IRRE Puglia.
Emanuele Sorini Medico, Responsabile NOA-SERD ASL della Provincia di Cremona.
Gli
Au
tori
64
“Tutti i bambini e gli adolescenti
hanno il diritto di crescere in
un ambiente protetto dalle
conoscenze negative del
consumo di alcol, per quanto
possibile, dalla pubblicità
di bevande alcoliche”
Carta Europea sull’Alcol,Parigi 1995
finito di stampare nel mese di novembre 2007
da arti grafiche sud, salerno