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UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO Sped. in A.P. Art. 2 Comma 20/c Legge 662/96 - Filiale di Torino - Fondato nel febbraio del 1988” Autunno 2016 Anno XXIX - N° 3 S.O.S. ‹èsse-ó-èsse›: segnale radiotelegrafico marittimo di soccorso, adottato internazionalmente dal 1908, in quanto i 3 segnali che corrispondono nell’alfabeto Morse (... − − − ..., cioè 3 punti, 3 linee, 3 punti), sono di facile trasmissione e di chiara ricezione; le 3 lettere sono state poi interpretate come iniziali delle parole inglesi Save Our Souls, «salvate le nostre anime». [dal Vocabolario Treccani] Piccola Rivista di Spiritualità Giovanile FEDERAZIONE ITALIANA ESERCIZI SPIRITUALI S.O.S. Monografia 93 Questa iniziativa editoriale è una collaborazione FIES e Nichelino Comunità

UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO

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UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO

Sped. in A.P. Art. 2 Comma 20/c Legge 662/96 - Filiale di Torino - “Fondato nel febbraio del 1988” Autunno 2016� Anno XXIX - N° 3

S.O.S. ‹èsse-ó-èsse›: segnale radiotelegrafico marittimo di soccorso, adottato internazionalmente dal 1908, in quanto i 3 segnali che corrispondono nell’alfabeto Morse (... − − − ..., cioè 3 punti, 3 linee, 3 punti), sono di facile trasmissione e di chiara ricezione; le 3 letteresono state poi interpretate come iniziali delle parole inglesi Save Our Souls, «salvate le nostre anime». [dal Vocabolario Treccani] �

Piccola Rivistadi Spiritualità Giovanile

FEDERAZIONE ITALIANA

ESERCIZI SPIRITUALI

S.O.S.Monografia 93

Questa iniziativa editoriale è una collaborazione

FIES e Nichelino Comunità

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Èpassato un anno intero per cono-scere e vivere la misericordia, “perandare incontro ad ogni persona, por-

tando la bontà e la tenerezza di Dio; perché atutti, credenti e lontani, possa giungere ilbalsamo della misericordia come segno delRegno di Dio già presente in mezzo a noi”(dalla bolla di indizione del Giubileo del-la Miscericordia, Misericordiae Vultus,M.V. 5). Era questo il desiderio forte diPapa Francesco. Siamo riusciti a realiz-zarlo? Abbiamo ancora il tempo utile performulare con decisione il nostro impe-gno.

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Abbiamo contemplato il mistero del-la misericordia attraverso la perso-

na di Gesù, nei suoi gesti e nelle sue pa-rabole, per afferrare la salvezza che ci haprocurato e che ora dobbiamo condivide-re. Quale salvezza? Anzitutto la purifica-zione del perdono. Gesù ci ha perdonato“con uno sguardo carico di misericordia”,per farci comprendere l’abbraccio del

Padre, che è anzitutto purificazione ditutta una vita disordinata: questo abbrac-cio e questa purificazione sono l’iniziodella salvezza. Il figlio che torna ha pre-parato una bella confessione ed è dispo-sto a rinunciare ai sui diritti di figlio purdi trovare un tetto e un po’ di cibo. Manon conosceva questo Padre, che lo ha at-teso da sempre e pensa solo a far festaper aver riavuto il figlio sano e salvo.Tronca subito il tentativo di confessionedel figlio, perché vuol sottolineare la suagioia esclusiva per il tuo ritorno. Tutto ilresto non conta più: una serie così lungadi errori e di delusioni non deve oscura-re la realtà più consolante; si può rico-minciare con l’inattesa scoperta di unamore così grande. E sarà proprio questoamore a qualificare il loro rapporto per ilfuturo.

L’esperienza della misericordia di Dio haproprio questo di bello: lo sguardo sisposta dall’esame degli errori alla sottoli-neatura di un amore sicuro che non vie-ne meno, ed è proprio questo amore cheintende sostituirsi ad ogni tipo di valuta-

zione. Il cuore del Vangelo è proprio que-sto: scoprire di essere amati da Dio conuna potenza d’amore che supera ogni al-tra considerazione. Con questo amorenon si vive nel passato, pensando soloagli sbagli fatti e all’incapacità di esserefiglio. Questo amore è la realtà più rassi-curante che ti rimette subito e continua-mente in corsa. Tant’è vero che nella veraconfessione cristiana l’accento non vamesso soprattutto sulle diverse sfumatu-re degli errori, che non cambiano larealtà della miseria, ma sulla sicurezza esolidità di un amore sempre identico, l’u-nico che può convertire e cambiare la vi-ta: questo amore è la misericordia, la ve-ra novità cristiana. L’adultera non cambiapensando semplicemente al male fatto osubito; cambia perché trova la misericor-dia, un amore nuovo che non giudicasemplicemente, ma offre una sicurezzadi comprensione e di aiuto che è più for-te di ogni debolezza e fragilità.

Se poi pensiamo al grande dono cheGesù ci h voluto fare, di metterci addirit-tura nel cuore questa sua misericordia,cioè il suo stesso Amore, quando nel bat-tesimo ci ha comunicato il suo Spirito, al-lora la salvezza diventa una vera pienez-za di vita: diventiamo capaci di perdo-narci come ci perdona Dio, e diventiamocapaci di amarci come ci ama Dio. IlVangelo di Gesù continua nella vita diciascuno di noi, proprio attraverso il suoSpirito che ci portiamo nel cuore.Potremmo anche imitare Gesù – ce lo hadetto chiaramente – nel guarire gli am-malati, ma è questione di crescere inquella fede che ci fa riconoscere la gran-dezza e la potenza del suo amore.

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Ma questa salvezza è un’esperienzavalida anche oggi per il nostro

mondo, per la nostra società?Certamente, se sappiamo accogliere lanovità sconvolgente di Gesù. Ci ha mo-strato un Padre che non conoscevamo,un Padre che ci aspetta sempre, che ponela sua caratteristica di Padre, “colmo di

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S.O.S. - “Salvate le nostre anime”!

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gioia, soprattutto quando perdona” (M.V. 9). Un Padre che rimane con noi attra-verso il suo Spirito proprio per abilitarciad una vita nuova, fatta a sua volta diperdono e di amore totale. Eppure conti-nuiamo a lasciarci condizionare dalla no-stra miseria e crediamo di non potercelafare. Io credo che il partito più numerososia quello dei cristiani che sono convintidi non potercela fare: “Non possiamo,non c’è niente da fare!”. Il grande conver-tito, S. Agostino, ci dice che ha scritto lesue Confessioni perché nessuno più dica:“Non posso”. Se c’era riuscito lui, dopotanti errori, tutti potevano arrivare all’e-sperienza della misericordia divina. Ilguaio è che ci sembra invece proprio pre-feribile rimanere nella nostra miseria,senza contare su quanto ha fatto Gesùper ridarci la vera libertà dei figli di Dio.Siamo irrimediabilmente lontani dallasemplicità dei piccoli, non riusciamo piùa stupirci di quanto sia grande e potentel’amore del Signore. Siamo un popolo didevoti convinti alla Madonna, ma vai avedere se le chiediamo più spesso di cre-dere come Lei nella potenza del medesi-mo Spirito che ci abita!

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Ma allora perché la porta rimanestretta? (“Un tale gli chiese: «Signore,

sono pochi quelli che si salvano?». Rispose:«Sforzatevi di entrare per la porta stretta,perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi,ma non ci riusciranno…»” Lc 13, 23-24). Laporta è stretta, perché siamo stretti noi,miopi, increduli e “operatori di iniquità”.Se ci apriamo alla misericordia e alla sal-vezza di Gesù, la porta si allargherebbeall’improvviso. Il piccolo tempio che sia-mo noi diventerebbe una cattedrale, co-me piazza S. Pietro, aperta a tutto il mon-do: il colonnato si allargherebbe al mon-do intero, si congiungerebbe conGerusalemme e si avvererebbe quell’u-nità di pace predetta dall’Apocalisse:“Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, per-ché il cielo e la terra di prima erano scompar-si e il mare non c’era più. Vidi anche la cittàsanta, la nuova Gerusalemme, scendere dalcielo, da Dio, pronta come una sposa adornaper il suo sposo…” 21, 1-2. Questa è operadi Dio, e lui vorrebbe crearla con lo stu-pore di tutti: stupore di perdono e di unamore più grande del nostro cuore. Quici vuole condurre il Vento dello Spirito.Coraggio, ragazzi!

� P. Giovanni, vescovo

Editoriale

Ritorno del figliol prodigo (1668, olio su tela, 262x206 cm) di Rembrandt, conservato nelMuseo dell’Ermitage di San Pietroburgo.

Il quadro si ispira alla Parabola del Padre misericordioso (Vangelo di Luca, 15, 11-32).La scena raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei con-fronti del figlio pentito della propria condotta. Il giovane, vestito di stracci logori, è inginocchio dinnanzi al padre, di cui ha sperperato le sostanze. L’anziano lo accoglie conun gesto amorevole e quasi protettivo. Sulla destra, osserva la scena un personaggioidentificato col figlio maggiore. La luce scivola dai personaggi secondari per soffer-marsi sulla scena principale e catturare così l’attenzione dell’osservatore, che si trovacon gli occhi alla stessa altezza del figlio pentito, come se il pittore volesse suggerireun’identificazione tra finzione e realtà. Tuttavia, il particolare forse più importante di questo quadro, sono le mani del Padremisericordioso; se le si osservano attentamente possiamo notare che non sono uguali,ma sono una maschile ed una femminile. In questa rappresentazione non sono presen-ti donne poiché il “Padre misericordioso” che è il Dio che accoglie tutti, specialmente ipeccatori redenti, non è solo il “nostro” Padre ma è anche la “nostra” Madre, Lui è iltutto.Altro particolare notevole sono gli occhi del Padre, occhi di cieco; il Padre, Dio che amal’uomo, ha consumato gli occhi nel guardare l’orizzonte in attesa del ritorno del figlio.(Fonte: wikipedia.org)

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Attualità

Grani di Sale...

La locuzione latina “cum grano sa-lis”, tradotta letteralmente, signifi-ca “con un granello di sale”: fu

usata da Plinio il Vecchio nella“Naturalis historia”, per indicare un anti-doto che agiva soltanto se preso, appun-to, “con un grano di sale”. In senso figura-to ha poi assunto il più ampio significa-to di “con un pizzico di buon senso”,“usando la testa”. Ed è proprio con que-sto spirito che vogliamo proporre ai let-tori alcune riflessioni sui nostri tempi,intitolate “Grani di Sale” e pubblicate suil giornale inter-parrocchiale della peri-feria torinese (“Nichelino Comu nità”), afirma di P&N (“Pastor et Nauta”, Pastoree Aviatore). Per noi del Vento non è dif-ficile decriptare lo pseudonimo...

Galoppando verso la morte

Come l’Olanda che sta per costruire un“Centro per l’eutanasia dei bambini”non ci siamo ancora, ma poco ci man-ca…Qualche giorno fa don Iosif, il viceparro-co rumeno della parrocchia SS. Trinità diNichelino, è andato a far visita alla suaamata sorella che aveva appena partori-to Alessio, il terzo maschietto, ed era ri-coverata all’Ospedale ginecologico S.Anna di Torino. Nella stessa stanza c’e-rano quattro puerpere: due rumene,un’africana e la quarta era di Napoli.Don Iosif spiegava che la percentuale

più o meno era quella in tutte le stanzedell’ospedale…Me lo ha confermato la dottoressa Elena,ostetrica di lungo corso, aggiungendoche se si vuole invertire la percentualebisogna andare nelle sale dove si inter-rompono le gravidanze…: “Lì sì, sono inmaggioranza le italiane”. Ho fatto due conti. Di questo passo e ag-giungendo le immigrazioni, in meno di50 anni i vecchi italiani saranno sui 20milioni e quelli nuovi, di origine stranie-ra, almeno 40 milioni. Giustamente pre-tenderanno di essere governati secondole loro tradizioni.Se siamo giunti a questo punto è perchéda troppi anni le nascite sono scoraggia-te con tutti i mezzi e con tutti i terrorismiideologici. Altrove – vedasi la Francialaica – hanno cominciato a porsi seria-mente il problema e stanno cercando dicorrere ai ripari.Da noi solo la Chiesa, largamente ina-scoltata, ha cantato dal fuori dal coro enon si è mai allineata alla stoltezza im-perante. Come la piazzata che la CGIL emovimenti collaterali hanno inscenatocontro la giornata indetta dalla ministraLorenzin per sostenere la fertilità, ilFertility Day.Cosa dicono di noi i giornali stranieri?Alan Cowell sul New York Times: “Ilbasso tasso di fertilità è il mal di testadell’Italia, se ci riflette sopra. Nonostante lepreoccupazioni dell’immigrazione, del terro-rismo e della recessione l’Italia è coinvolta inuna sfida che la riplasmerà radicalmente en-tro la fine del secolo”.Liberation: “Le donne italiane fanno menofigli di quelle di ogni altra nazione. E’ graveche i bambini non siano più una priorità perl’Italia.”“Population e Société”, la rivista dei de-mografi francesi: “Che sta succedendo inItalia? L’Italia è diventato il paese più vec-chio del mondo”.Usa Today, a firma del politologo ameri-cano Ben Wattenberg, intitola un suolungo articolo sulla caduta demograficanella nostra nazione: “Un mondo senzaitaliani? Che orrore!”

Il suicidio dell’Europa

Un filosofo francese dal cognome tede-sco, Alain Finkielkraut, ha usato una pa-rola greca per definire l’attuale Europa:“oicofobia”, che vuol dire odio per la pro-pria casa natale. Si riferisce alla politica ealla filosofia dell’Unione Europea che sifondano su idee di laicità mutuate dallaFrancia. Dichiara testualmente Finkielkrau a pro-posito di Europa: “in nome della laïcitédecostruisce il repubblicanesimo dellaRivoluzione, abbraccia un assurdo multi-culturalismo che la porta all’odio di sestessa”. Questo fenomeno di distorta lai-cità è diventato un virulento laicismo che,invece di mantenere un giusto equilibriotra le fedi religiose, si è trasformato inuna “guerra senza quartiere” contro tuttociò che è cattolico, mentre ci si sottomette,per paura, alle istanze invasivedell’Islam. […] Sotto la presidenzaHollande – continua il filosofo francese –questo fenomeno ha avuto la sua massi-ma spinta! Questa tragicommedia europea mi fapensare ad un altro filosofo, AugusteComte, che propose a Napoleone II di di-struggere il cattolicesimo con una “reli-gione atea”…Pensate che due anni fa il Ministrodell’Educazione francese, VincentPeillon, ha proposto anche lui di manda-re in soffitta la Chiesa Cattolica sostituen-dola con una fantomatica “ReligioneRepubblicana”, ma poi si è limitato a pro-porre nelle scuole l’ideologia Gender percolpire al meglio gli odiati cattolici.

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Attualità

C’è pure da dire che già 10 anni fa unaMinistra francese tentò di far chiudere gliScouts d’Europa, perché troppo cattolici! Questo nichilismo è contro il cuore del-l’uomo e distruggerà l’Unione. Le ultimestatistiche denunciano la volontà di ab-bandonare l’attuale tirannia europea nel-la maggioranza delle persone dei variStati. Brexit insegna!Cari amici: siamo alla frutta! Rifacciamociad un pensiero del nostro Maestro:“Invano costruisce la casa chi lo fa senzadi me”.

Ateismo

Credere che non c’era nulla,e che nulla accadde al nullafino a che magicamenteil nulla esplose per nessuna ragione,creando il tuttoe poi una parte di questo magicamentesi è trasformataper nessuna ragionein qualche modo in cellule autoriprodu-centiche poi hanno dato origine all’uomo.Ha perfettamente senso.(MEMESCRISTIANI)

Calendario, feste da aggiungere

Scrivo a voi cari amici laici!Qualcuno di Voi è una persona fredda nei

confronti della Chiesa; altri addiritturanon amano il cristianesimo e toglierebbe-ro volentieri il Natale e i Santi dal calen-dario.Io invece nell’Almanacco farei aggiunge-re quattro Feste, perché esse celebrano lanostra libertà, democrazia e civiltà cheproviene dalle grandi radici ellenico-giu-daiche e cristiane… nelle quali hanno tro-vato spazio gli stessi vostri Lumi dellaRivoluzione Francese.Ecco le date che aggiungerei.10 ottobre 732: battaglia di Poitiers in cuiCarlo Martello sconfisse l’esercito del ge-nerale arabo Abd al-Raham arginandol’avanzata islamica, determinata a con-quistare l’Europa intera. 2 gennaio 1492: i re cattolici Ferdinando eIsabella “reconquistarono” la Spagna li-berandola dall’Islam ed espellendo l’ulti-mo dei governanti moreschi.7 ottobre 1571 quando, su iniziativa diPapa Pio V, la flotta della “Lega Santa”sconfisse quella ottomana (turca) guidatada Müezzinzade Alì Pascià nel mare diLepanto, mentre in tutto l’occidente si re-citava il S. Rosario. 11 settembre (!) 1683: la battaglia diVienna in cui il re polacco Jan Sobieski,raccogliendo l’invocazione di PapaInnocenzo XI, rompeva l’assedio sconfig-gendo l’ottomano Gran Visir MerzifonluKara Mustafa Pasha.Cari laici, senza questi quattro eventi an-che voi oggi sareste degli “Abd” (= sotto-messi) in mano ai Califfi di turno.Lasciatemi concludere con un paradossoche non vuole provocare nessuno. Ecco:se le vituperate Crociate dell’anno Millesi fossero mosse tre o quattro secoli pri-ma, la Mesopotania e tutta l’Africa delNord, cioè le sedi della Chiesa delle origi-ni, non sarebbero state annientatedall’Islam, con immani massacri e distru-zioni.Tanti auguri per il Vostro futuro e beatome, ottuagenario, che vedrò l’invasioneveniente con gli occhi della Speranza cri-stiana.

Quella volta che vidi Bergoglioinginocchiato a pulire il bagno

Oggi Guillermo Ortiz è un brillante ge-suita. A 17 anni, cioè nel luglio del 1977,andò a trovare Padre Bergoglio al colle-gio Massimo di Cordoba per dirgli:“vorrei farmi sacerdote gesuita”.Bergoglio lo ascoltò con attenzione e gli

rispose: “va bene, ci rivediamo tra seimesi se avrai ancora questa idea”. Il ri-mando di Bergoglio, che all’epoca eraProvinciale dei Gesuiti, si ripeté fino al1981 quando lo accolse nel collegio. Qui gli studenti studiavano seriamente,ma anche lavoravano la campagna e ac-cudivano gli animali per procurarsi davivere. A Guillermo toccò la cura deimaiali che erano di pertinenza di cinquestudenti e di Padre Bergoglio che si eraspecializzato nel pulire il porcile…Mentre lavoravano, P. Bergoglio ripas-sava loro le lezioni di dogmatica e diSacra Scrittura.Ma la cosa più interessante, accadutaqualche anno dopo, Padre Guillermo lanarra in un’intervista di Vatican Insider.“Senza più alcuna carica, è venuto ad abita-re nel mio stesso collegio: non era più unformatore o un mio superiore. Abitavamosullo stesso piano, eravamo a qualche portadi distanza e c’era in mezzo il bagno comu-ne. Io andavo via presto la mattina per inse-gnare e tornavo tardi la sera. Una volta ave-vo dimenticato una cartella in stanza, e so-no ritornato per un’altra porta, dal retro. Aquell’ora non c’era nessuno. E ho vistoBergoglio pulire la tazza del water stando inginocchio. Mai avevo visto qualcuno fare lepulizie in quel modo. Penso che lui non miabbia visto. È uno attento a ciò di cui l’altroha bisogno, attento alle necessità di tutti.Ricordo ad esempio le attenzioni che riser-vava ai padri più anziani, come ascoltava...Lui è un uomo per gli altri, non fa riferi-mento a se stesso”.

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Un tale va dal farmacista e gli chie-de sei lattine di birra, un etto digorgonzola, un chilo di pane ed

altre cosette di questo genere. Con pa-zienza, il farmacista lo convince che hasbagliato negozio…Ogni sacerdote sa benissimo che moltiS.O.S. che le persone gli rivolgono an-drebbero fatte ad altre persone. Noi però non possiamo mandare gli altria mani vuote. Perché Gesù ha detto: «date voi stessi damangiare».

1. Cosa ci chiede la gente?

Ecco un elenco incompleto di ciò che lagente mi chiede:Mi aiuti a pagare bollette e/o affitto. Conosce il nome e l’indirizzo di un bravomedico? Può raccomandarmi per trovare un lavoro? Mi aiuti a trovare casa con l’affitto a bassoprezzo.Cosa devo fare con mio figlio che si droga?Sovente la gente mi chiede un consiglioper risolvere problemi familiari: litigi traconiugi, incomprensione con i figli, so-stegno quando una malattia rende peno-sa la vita del malato e faticosa quella deifamiliari.Altre richieste sono legate ai sacramenti:preparazione ad un sacramento, iscrizio-ne al catechismo, una sepoltura da cele-brare.

2. Raramente Gesù

Tante persone chiedono i mezzi per vi-vere in modo dignitoso.In una parola, ci chiedono ciò che puòrendere la vita più dignitosa.Noi sacerdoti abbiamo il mandato di of-frire altro, un Altro, ossia il Signore. La gente ci chiede cose materiali (che ri-guardano la SALUTE).Noi invece offriamo la SALVEZZA do-nata da Gesù.Raramente mi è stato chiesto in modoesplicito di parlare del Signore, di capi-re il Vangelo, di imparare a pregare, difare un cammino di fede.Raramente mi chiedono Gesù.Anche il catechismo è un compromesso:in cambio di alcuni incontri io ti do il sa-cramento che chiedi.Ricevuto il sacramento molti si allonta-nano.La Cresima dovrebbe essere ilSacramento dell’impegno nella comu-nità. Dobbiamo ammettere che è diven-tato il sacramento dell’addio.

3. La Chiesa è una Onlus?

Noi non possiamo fare come il farmaci-sta e mandarli altrove a mani vuote.Qualcosa dobbiamo fare, qualcosa dob-biamo dare. È un continuo correre pertrovare risorse che non abbiamo. Nonposso mandare a mani vuoto chi michiede il necessario.Le comunità cristiane, attraverso la

Caritas o la SanVincenzo, stanno facen-do un prezioso servizioai poveri.La Chiesa, da sempre, hacostruito case di acco-glienza per malati e co-munità per i tossicodi-pendenti.Da sempre la Chiesa assi-ste i carcerati, offre pasticaldi a migliaia di perso-ne, dona le borse piene diviveri a tante famiglie.Da sempre e per semprela Chiesa si impegna perle necessità materiali del-le persone.

Guai però se ci fermiamo alle opere dimisericordia corporali.Abbiamo il dovere di vivere anche leopere di misericordia spirituale (consi-gliare i dubbiosi; insegnare agli ignoran-ti; ammonire i peccatori; consolare gliafflitti; perdonare le offese; sopportarepazientemente le persone moleste; pre-gare Dio per i vivi e per i morti).Se non viviamo anche le opere di mise-ricordia spirituale, siamo traditori delvangelo.La Chiesa rischia di diventare una on-lus, un ente benefico.Gesù ha comandato agli apostoli: «A meè stato dato ogni potere in cielo e sullaterra. Andate dunque e fate discepolitutti i popoli, battezzandoli nel nomedel Padre e del Figlio e dello SpiritoSanto, insegnando loro a osservare tuttociò che vi ho comandato. Ed ecco, io so-no con voi tutti i giorni, fino alla fine delmondo» (Matteo 28, 19-20).

4. Sbandamento spirituale e culturale

Stiamo viviamo un’epoca di enormesbandamento spirituale e culturale, siaall’interno che all’esterno della Chiesa:non esiste più la differenza tra soggetti-vo ed oggettivo. All’interno della Chiesa c’è grande con-fusione sul Credo, sui Sacramenti, sullavita morale. Gesù ed i vangeli sono co-nosciuti poco e male.Aumenta il numero dei battezzati che,nell’aldiquà mette Dio in un angolo enon lo frequenta più. Dicono “io credo”,ma è una fede che non ha nulla di cri-stiano. Una religione “fai da te”, ovvero una fe-de senza preghiera, una morale senzacomandamenti, una vita senza Chiesa.Credo in Dio, diciamo. Ma è un Dio chenon scomoda nessuno. Prendo questo,ma non quello, con dosi e tempi stabilitida me: un pizzico di confessione, senzaconversione; una messa alla settimananon guasta; quattro preghiere con la te-sta altrove e sono a posto con Dio; qual-che opera di carità così mi sento piùbuono.All’esterno della Chiesa c’è una gara alegalizzare i desideri che vengono sban-dierati come diritti.

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Riflessioni

Il farmacista e la birra:salute e salvezza

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«Amo il Signore perché ascolta ilgrido della mia preghiera. Versodi me ha teso l’orecchio nel

giorno in cui lo invocavo». Così recita ilsalmo 116 e se mi domandassi quantevolte mi sono rivolta al Signore invocan-do aiuto, probabilmente non basterebbeuna vita per contare tutte le mie richie-ste.

Ricordo, però, con chiarezza, la primavolta in cui ho realizzato quanto il

dialogo con Lui fosse fondamentale perritrovare la luce in un momento di oscu-rità. Avevo dodici anni e avevo appena rice-vuto il sacramento della Confermazione;il regalo dei miei catechisti era un libric-cino per imparare a superare le propriepaure, una sorta di manuale per affron-tare gli ostacoli della vita in manieraadulta. La copertina riportava un verset-to del Vangelo, la frase che Gesù grida aisuoi apostoli quando, terrorizzati, lo ve-dono camminare sulle acque: «Coraggio,sono io, non abbiate paura!» e man manoche mi addentravo nella lettura, impara-vo piccoli “trucchetti” per affrontare leansie quotidiane nella fede. L’idea essen-ziale era semplice ma efficace: impararea parlare con Dio, raccontarsi e chiederedi non essere lasciati soli, con la consa-pevolezza che mai il Signore è sordo allenostre richieste.

Non nascondo di aver ripreso in ma-no più volte quel libriccino, com-

battendo tra me e me l’imbarazzo di sen-tirmi un po’ infantile ad avere ancora bi-sogno di strategie per affrontare i pro-blemi della quotidianità. L’ultima volta fu cinque anni fa, all’ini-zio del mio percorso universitario: misentivo completamente perduta, lontanadalla mia famiglia e dagli amici, in unanuova grande città e all’inizio di un nuo-vo grande capitolo della mia vita.Paralizzata dal mio orgoglio e dalla con-vinzione che ormai fossi grande e doves-si cavarmela da sola, ero incapace dichiedere aiuto e di includere Dio in que-st’avventura appena cominciata. Il risul-tato? Più che vivere, cercavo di soprav-vivere e mi barcamenavo tentando di fare del mio meglio, fino alpunto in cui mi resi conto chevivevo la maggior parte dellemie giornate da persona spa-ventata anziché felice. Mi ri-cordai allora di quel libretto,sepolto sotto altri libri nellamia libreria e lo recuperai,per re-imparare, da capo, achiedere aiuto, a gridare – co-me Pietro – quando si sta perannegare: «Signore, salvami!»e afferrare la mano di Gesù,sperimentando la misericor-dia del Suo amore senza fine.

Forse da lì in poi non c’è più stato bi-sogno di tirare fuori quel libretto,

non perché non abbia sperimentato mo-menti in cui mi sentivo sola, abbandona-ta, lontana, ma perché il Signore trovacontinuamente altri modi per spingermia cercare la Salvezza in Lui, riempiendola nostra storia di segni che ci aiutino acomprendere quanto siamo importanti eamati.La vera lezione, tuttavia, è sempre chenon vi è altra via per salvarsi dalle acquese non affidandosi e fidandosi di Lui.Non vi è altra via, se non afferrare la ma-no di Gesù Cristo ed essere tratti in salvosulla barca e una volta al sicuro, escla-mare, pieni di fede: «Davvero tu sei Figliodi Dio!».

Elisa

La lista si sta allungando ovunque.L’esempio più rumoroso è il gender.Papa Francesco ha detto:«Ci sono vere colonizzazioni ideologi-che. E una di queste - lo dico chiaramen-te con “nome e cognome” - è il gender!Oggi ai bambini (ai bambini!) a scuola siinsegna questo: che il sesso ognuno lopuò scegliere. E perché insegnano que-sto? Perché i libri sono quelli delle perso-ne e delle istituzioni che ti danno i soldi.Sono le colonizzazioni ideologiche, so-stenute anche da Paesi molto influenti. Equesto è terribile. Parlando con PapaBenedetto, che sta bene e ha un pensierochiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Crea -tore!”» (Cracovia, 27 luglio). «...Hai menzionato un grande nemico

del matrimonio, oggi: la teoria del gen-der. Oggi c’è una guerra mondiale perdistruggere il matrimonio. Oggi ci sonocolonizzazioni ideologiche che distrug-gono, ma non si distrugge con le armi, sidistrugge con le idee. Pertanto, bisognadifendersi dalle colonizzazioni ideologi-che» (Georgia, 1 ottobre).

5. L’opera di Dio: credere.

Gesù è stato scambiato per un farmaci-sta, per un medico, per un panettiere,per un pescivendolo. La gente lo cercava per la salute, nonper la salvezza.Dopo la moltiplicazione dei pani, la gen-te cerca ancora Gesù.Egli dice alla gente: «In verità, in verità

io vi dico: voi mi cercate non perché ave-te visto dei segni, ma perché avete man-giato di quei pani e vi sietesaziati. Datevi da fare non per il cibo chenon dura, ma per il cibo che rimane perla vita eterna e che il Figlio dell’uomo vidarà. Perché su di lui il Padre, Dio, hamesso il suo sigillo». Gli dissero allora:«Che cosa dobbiamo compiere per farele opere di Dio?». Gesù rispose loro:«Questa è l’opera di Dio: che crediate incolui che egli ha mandato» (Giovanni6,26-29).Con queste parole, Gesù ci dona un cri-terio: donare il cibo che rimane per la vi-ta eterna, non solo il cibo che non dura.È compito della Chiesa aiutare l’umanitàa “credere in colui che Dio ha mandato”.

don Carlo Chiomento

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Esperienze

Manuali di Salvezza

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98 Letteraa un amico

Carissimo o Carissima,

riprendo a scriverti sulle pagine della bel-la rivista Il Vento, che è dedicata ai giova-ni e ai loro educatori. Il titolo di Il Vento èsempre un bel titolo, perché richiama loSpirito di Dio e ricorda che la nostra vitaè come una «navigazione» in alto mare, incui abbiamo sempre bisogno di un «buonvento» per procedere con la nostra barcaa vela. Spero di poterti raggiungerti an-che altre volte attraverso questa rivistaper fare insieme un tratto di navigazione,un percorso che ti aiuti a vivere bene, inmodo sereno, felice, ma anche significati-vo e utile.

I tempi delle cose

Inizio con dirti che non abbiamo moltotempo a disposizione. Tu hai adesso

quindici, venti o venticinque anni e haiancora davanti a te sessanta o settanta an-ni, se tutto va bene. Forse ti sembrano tan-ti, però le cose richiedono del tempo peressere realizzate. Pensa, ad esempio, allatua formazione e all’università. Quantianni occorrono? Tre, cinque, otto. Forseanche di più. Poi, se ti guardi attorno, ve-di le case, le strade, gli autobus, la ferro-via, la metropolitana ecc. Sai quanto tem-po ci vuole per costruire una casa?Almeno sette o otto anni. Sai quanto tem-po ci vuole per costruire un’autostrada? Avolte dieci anni non bastano. E per co-struire la metropolitana della tua città, saiquanti anni ci sono voluti? Almeno venti.Ti ho indicato tutto questo per mostrarti ilvalore del tempo che tu hai a disposizio-ne e l’importanza di non sprecarlo, di nondisperderlo in cose inutili e improduttive.Certo, a volte ci sono delle cose belle checi danno un senso di benessere e di piace-re, ma quello non basta; dobbiamo chie-derci sempre se sono veramente utili e secostruiscono qualcosa. San Paolo in unasua lettera dice: «Tutto mi è lecito, ma nontutto mi giova» (1 Cor 6,12; 10,23). Puoifare tutto, sei libero, ma non tutto ti fa be-ne! Puoi fare tutto, ma non tutto costrui-sce e ti aiuta a crescere. La nostra vita pro-cede attraverso decisioni che richiedonotempo e che vanno prese bene. In qualsia-si navigazione, la persona che guida labarca deve decidere dove andare, conquali compagni navigare, che tipo di velesciogliere, quali risorse alimentari pren-dere ecc. Così anche noi nella nostra vita,che assomiglia a un viaggio in mare, co-me ci ricorda il poema di Ulisse, dobbia-mo dedicare del tempo alle nostre deci-sioni, è un tempo necessario, molto utile enon è mai tempo sprecato.

Il tempo delle scelte

Ora vorrei presentarti un paragrafo de-gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio

che aiuta a vivere bene i momenti deci-sionali. Penso che tu abbia già preso delledecisioni nella tua vita e che debba anco-ra affrontare altre. Penso ad esempio allascelta della scuola superiore, dell’univer-sità o del lavoro. Avrai seguito dei corsi diorientamento, scolastico o professionale.Insegnanti, psicologi e professionisti tiavranno presentato i diversi tipi di scuo-la, le materie che implicano, gli sbocchioccupazionali che offrono. Avrai avutodegli amici che hanno scelto un corso distudi diverso dal tuo, che si sono iscrittiad altri istituti o hanno seguito altri corsidi laurea. Non possiamo certo fare tutti lastessa scelta! Ciascuno deve sceglierequello che corrisponde alle sue capacità enecessità. Molte volte si fanno corsi diorientamento, si ascoltano testimoni, sifanno test per conoscere le proprie attitu-dini. Sono tutte cose buone, utili e neces-sarie. Vorrei dirti però una cosa che riten-go importante. Hai mai sentito qualcunointorno a te che abbia fatto riferimento aDio? Nella scuola, nella famiglia e a volteanche nel gruppo della parrocchia, c’è sta-to qualcuno che ti ha suggerito di riflette-re sulla creazione e su come Dio ti hacreato? Qualcuno che ti ha invitato adascoltarti in profondità e ad accogliereun’ispirazione di Dio? Molte volte si fan-no test e si ascoltano esperti, ma si di-mentica di ascoltare la voce di Dio.Eppure Dio parla sempre ed è facile udi-re la sua voce. Certamente, Dio ha un suolinguaggio, un suo stile comunicativo,usa metafore e paragoni, ma ci raggiungee ci guida in modo comprensibile e tran-quillo. Non pensare che Dio parli oscura-mente, che guidi nelle tenebre e ci lascinel buio, come dicono alcuni. Al contra-rio! La mia esperienza è che Dio comuni-ca in modo comprensibile. Parla attraver-so i nostri desideri, i nostri sentimenti, inostri interessi, gli eventi della vita, i bi-sogni della gente, le parole della Chiesa.Molti sono i segni della sua presenza edella sua guida. Se seguiamo le sue indi-cazioni percorreremo una navigazione si-cura, felice e costruttiva. Negli Esercizi spi-

su cui riflettere, «la persona que da a otro».E’ una nota per chi presenta gli esercizi,ma è utile anche per chi li riceve. Alla per-sona che dà gli esercizi si consiglia di nonparlare troppo, di non cercare di convin-cere l’esercitante e di non spingerlo versouna parte o l’altra. Infatti, quando unapersona si trova in un momento decisio-nale non bisogna esporle lunghe spiega-zione esegetiche né ampie esortazionipratiche. Si deve presentare un testo bi-blico in modo semplice ed essenziale; inspagnolo si dice: «Discurriendo solamentepor los puntos, con breve o sumaria declara-ción». Dopo aver presentato così la mate-ria, sant’Ignazio consiglia di lasciare lapersona da sola, alla sua riflessione e altesto biblico. E’ in questo contatto diretto,nella lettura e nella preghiera, che la per-sona riceve da Dio qualche luce sulla di-rezione da prendere. Nel testo originale sidice: «En cuanto el entendimiento es elucida-do por la virtud divina», cioè l’intelletto è il-luminato dallo Spirito di Dio. Vorrei fartinotare due parole significative. Qui siparla di ciò che «sazia» e «soddisfa» lapersona, in spagnolo «Lo que harta e sati-sface al ánima». Si afferma che non è il sa-pere molte cose che soddisfa la persona,ma il sentire e gustare le cose con il cuore.Il testo originale dice: «El sentir y gustar delas cosas internamente». Sono aspetti sem-plici, ma credo siano importanti per chista prendendo una decisione e anche perte. In qualunque scelta è necessario averele informazioni, sapere come stanno le co-se, ascoltare le testimonianze, ma poi bi-sogna ricavarsi uno spazio di valutazionepersonale, di silenzio e solitudine, perascoltare se stessi e capire ciò che si desi-dera veramente. Molte volte la gente evi-ta il silenzio e la solitudine perché ne hapaura, ma così fa un errore, perché sonole condizioni necessarie per arrivare auna buona scelta.

La valutazione interiore

Per finire e tranquillizzarti, ti invito aprestare attenzione a un verbo presen-

te in questo paragrafo: «gustare», in spa-gnolo «gustar». Qui c’è un uso analogicodel termine e lo possiamo comprenderefacendo un paragone, perché gustare un

cibo è un’attività ludica e piacevole, ma èanche un’attività valutativa. Quando gu-stiamo un cibo, ad esempio un gelato, uncioccolato, un hamburger, delle patatineecc., noi diamo sempre una valutazione.Mentre mastichiamo, valutiamo il saporedel cibo. Dio ci ha creati con le papille gu-stative e possiamo valutare se un cibo èdolce o salato, fruttato o amaro, piacevoleo disgustoso. Come valutiamo un cibo,così possiamo valutare tutte le cose e lepossibilità che abbiamo a disposizione. E’solo un paragone, certo, ma ci dice unaverità: noi possiamo e dobbiamo valutare!Non sono gli altri che devono farlo, per-ché ci sono dei momenti nella vita in cuila scelta dipende da noi. Dio ci ha creaticon la capacità valutativa e non la dobbia-mo trascurare. Dopo la raccolta delleinformazioni e il primo orientamento, civuole sempre un momento di raccogli-mento, isolamento e silenzio, in cui cia-scuno valuta, con le proprie capacità econ l’aiuto di Dio, ciò che è meglio, piùconveniente e gradevole. Ogni buonascelta, infatti, è sempre qualcosa di piace-vole ed è sempre accompagnata da unaconsolazione. La consolazione è il segnodella presenza di Dio, che ci guida con lesue consolazioni. Adesso devo conclude-re, per rimanere nello spazio che abbiamoa disposizione. Se sarà possibile, ti scri-verò ancora, magari per spiegarti come sidistinguono le consolazioni di Dio dalleconsolazioni del mondo. Per ora, tu provaa esercitarti nella valutazione e nel rico-noscere le consolazioni che guidano al be-ne e mostrano la strada da percorrere.Buon cammino.

Padre Lorenzo Gilardi S.I.

La solitudinenei momenti delle scelte

rituali ci sono molte annotazioni sulla co-municazione di Dio. Non posso presen-tarti adesso tutto quello che si dice sul-l’argomento, ma posso mostrarti unaspetto che è alla base di ogni buon per-corso decisionale. Ti allego un brano de-gli esercizi e ti invito a leggerlo con cal-ma, poi te lo spiegherò nei dettagli.

Chi dà a un altro modo e ordine per medi-tare o contemplare, deve narrare fedelmen-te la storia della contemplazione o medita-zione, scorrendone soltanto i punti con bre-ve o sommaria spiegazione; perché la persona che contempla, cogliendoil vero fondamento della storia, riflettendo eragionando da sola e trovando qualcosa che

gliela faccia un po' più chiarire o sentire, ocon il proprio ragionamento o perché l'in-telligenza è illuminata dalla divina poten-za, ricava maggior gusto e frutto spiritualedi quanto non ne troverebbe se chi dà gliesercizi avesse molto spiegato e sviluppatoil senso della storia; infatti, non il molto sa-pere sazia e soddisfa l'anima, ma il sentiree gustare le cose internamente. [ES 2]

La solitudine necessaria

Questo paragrafo è stato scritto nonper la persona che fa gli esercizi, det-

ta nel testo originale «la persona que con-templa», ma per chi le propone la materia

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Perdono

Proponiamo ai lettori una sintesi del-l’articolo di Padre Armando Cecca -relli, vice-presidente FIES, recente-

mente pubblicato sulla rivista Tempi del-lo Spirito (n. 207, Apr-Set 2016).Viene affrontato il tema del perdono: al difuori della Bibbia è difficile immaginarecome dalla triste esperienza del peccato sipossa approdare alla gioia di gridare “fe-lice colpa” e alla gioia del perdono.Nel l’annuncio ebraico-cristiano, il perdo-no è un’esperienza salutare, salvifica, cioètale da conferire una nota di salvezza e diliberazione (SOS!), sia a chi lo offre sia achi lo riceve.

Il Perdono e la salvezzadei rapporti interpersonali

Mentre nella storia della spiritualità ilperdono è sempre stato tenuto in

grande considerazione, gli studi psicolo-gici solo recentemente lo hanno scopertocome una funzione terapeutica nell’equi-librio della personalità.Tutto parte dalle relazioni interpersonali,le quali, mentre da un lato sono il conte-sto fondamentale della crescita e dellamaturazione della persona, dall’altro so-no spesso anche fonte di eventi spiacevo-li, di ferite e di rancori.Ogni forma di convivenza, che sia tra col-leghi d’ufficio o soci d’impresa, che sia traamici o confidenti, se non addirittura al-l’interno della coppia, conosce la neces-sità di equilibri non scontati e a volte mol-to compromessi.Si deve ammettere la condizione stretta-mente legata alla nostra dimensione so-ciale che è la fallibilità, la capacità chetutti abbiamo di compiere prima o poiazioni meschine.Di conseguenza si creano risentimenti,rancori e voglia di vendetta, come purespesso pentimento e richiesta di perdono.S. Tommaso d’Aquino dice che “l’uomo èper natura incline all’armonia ed all’unità tragli uomini, il perdono ristabilisce il legameperduto, la comunione turbata, esiste un’in-clinazione naturale al perdono inscritta nelcuore di ogni uomo”.

Tutti valgono più delle proprie azioni

La capacità di perdono si definisce co-me un percorso, che va oltre la mate-

rialità dell’atto compiuto per accedere a li-vello della persona, che mai si identificacon ciò che ha compiuto. Il binomio col-pa/perdono va al di là dell’automatismo edella semplificazione colpa/punizione. E’un processo più complesso, ma apre ver-so la libertà. Si vedono così nuove pro-spettive e nuove potenzialità del bene,che rimane possibile anche dopo l’errorecompiuto. Cosa significa sentire la coscienza di ave-re sbagliato? Essenzialmente significaavere la coscienza che si poteva fare me-glio, o per lo meno che si sarebbe potutoagire diversamente.Cosa significa pentirsi? Significa avere lacoscienza che, sbagliando, ci si ritrova conla propria dignità diminuita, e che, pen-tendosi e chiedendo il perdono, si deside-ra che tale dignità venga restituita. Lostesso avviene quando si è richiesti di per-donare chi si è pentito: gli si può restitui-re la sua dignità. Non siamo più a livello di scambio di co-se, ma di riabilitazione e di riqualificazio-ne della persona.La persona non è mai identificabile con lesue azioni: ha una componente spirituale;è capace, cioè, di rielaborare la memoriadel proprio passato. Il perdono non elimi-na la colpa o l’offesa provata, ma permet-te di percepirle con una nuova visione,aprendo un vissuto personale che conti-nua nel tempo.In genere parliamo di perdono come re-cupero di relazioni interpersonali.Abbiamo risultati statistici secondo i qua-li la capacità perdono è più frequente trapersone che, prima dell’offesa avevanouna certa intimità di relazioni affettive.Anzi non è raro il caso di rapporti di mag-giore amicizia rinsaldati dopo l’esperien-za del perdono e della riconciliazione.

Un modello di percorso del perdono

Il perdono, più che un gesto, è un per-corso che, a partire dal presente, lavora

sul passato per aprirsi un futuro. Si trattadi riabilitare la persona che vale sempredi più del male che ha fatto o che ha subì-to. Per quanto reale sia stato il male com-messo, esso deve poter essere affrontatoin modo da poter redimere e rivalutarechi l’ha fatto. Il risultato ottimale, ma maiscontato, del processo è preparare le per-sone interessate nella prospettiva e nellasperanza della riconciliazione.

a) Il primo passo del processo del perdo-no consiste nel gestire il rancore o il ri-sentimento senza negarli, al fine di guari-re la memoria di quanto è successo.Rivedere il sentimento di rabbia attenuala sua distruttività, cosicché questa, danemica che avvelena l’anima, può diven-tare alleato prezioso capace di aiutare avivere meglio certe situazioni di conflitto.Prende forma l’empatia, che è la capacitàdi immedesimarsi nei pensieri dell’altro,nelle sue ferite e nelle sue difficoltà, e cheè il fattore determinante per aprire la viaal perdono. Se l’offeso prova a porsi neipanni dell’offensore, prendendo ulterioriinformazioni sulle cause di quanto hacompiuto, cercando di rivivere e reinter-pretarne le motivazioni profonde, riesce amitigare il proprio rancore e cambia lasua considerazione affettiva.

b) Il secondo passo consiste nell’ ammet-tere che la fallibilità è condizione comu-ne a tutti e apre alla possibilità di sentirsiin qualche modo “debitori” comunque esempre. Accettare di sbagliare o di aversbagliato è la forma più alta dellaSapienza. Così il pentimento si sveste del-l’orgoglio ferito e si pone sulla via del do-no mancato: nasce una forma di solida-rietà tra vittima e offensore e la decisionedi dare il perdono si collega al bisogno dichiedersi il perdono reciprocamente.

c) Nel terzo passo ci si scopre in un rap-porto di reciprocità. La realtà del perdo-no è un fattore di reciprocità. Io che sonola “vittima”, con molta verità, sono similea chi mi ha fatto del male e posso dare alui quello che io desidero che lui dia a me.Si può condonare il debito se ci si sente a

Dammi la gioia

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Perdono

propria volta debitori verso qualcun al-tro. Si è più portati a perdonare se già si èstati, a propria volta, perdonati da qual-cuno.

d) Il quarto passo è prendere coscienzache accordare il perdono è un impegno equindi un atto libero, da cui traggono be-neficio sia chi lo riceve sia chi lo dona.Pertanto è un dono gratuito che non pre-tende di essere ricambiato, non può esse-re in alcun modo condizionato, né guardase il destinatario del dono sia meritevoleo meno.

e) Il quinto passo è il tempo che seguel’impegno: il perdono va confermato - Ilperdono non è dato una volta per tutte.L’offesa, anche se già perdonata, ritornaancora nella mente con ripensamenti e re-gressioni sofferte. La parola del Vangelo“settanta volte sette” non si riferisce solo alnumero di cadute da perdonare, ma an-che alla tenuta psicologica del perdonoda confermare nel tempo.

Gesù di Nazareth proprio nel perdono ha

sigillato la vittoria sul male, preso su disé. Se l’empatia segna il primo passo ver-so il perdono, l’umiltà e la gratuità ne se-gnano i momenti più decisivi.

La gioia del perdono cristiano

La prospettiva cristiana prende lemosse dall’esempio di Gesù Cristo,

garante assoluto del perdono, e dà uncolpo d’ala a quanto le scienze umanehanno potuto trovare. Se il perdonoumano si presenta come un atto libero,pertanto come una possibilità, non sem-pre sicura, che, però, quando si realizzarende pienamente felici, il perdono diDio è il luogo dove si mostra la sua on-nipotenza; è un fatto garantito e sicuro,perché non c’è forza al mondo che lopossa contrastare.Se la colpa è una forza che disgrega lacreazione, il perdono di Dio, espressionedella sua onnipotenza, rifà la creazione ela rende ancora più bella. In altre parolese la colpa tende a mortificare, il perdo-no riaccende la vita con un supplementodi gioia e di festa (Lc 15). In cielo si fa più

festa per un peccatore che si converte, gliangeli fanno grande festa, e “bisognavafar festa, perché questo tuo fratello perme era come morto e ora l’ho ritrovatovivo” (Lc 15, 7. 10. 32)Non dobbiamo temere a dichiarare da-vanti a Dio la nostra incapacità perdona-re e chiedere il suo perdono per questo,perché significa permettere alla sua gra-zia di rendere possibile l’impossibile, dimutare in gioia ogni rancore.Il perdono di Dio è il dono più impensa-to ed è sempre nel segno della gioia.Trasforma il conflitto che è fonte di tri-stezza in gioia. E’ gioia di chi dona, cioèDio; è gioia il dono stesso; è gioia per ildestinatario del dono. Quale ne è la misura? La misura con cuiDio ci ama e ci perdona è senza misura,cioè non è mai riconducibile a nessunparametro umano.Se l’empatia, la gratuità e l’umiltà eranole condizioni umane per il perdono, Dioha un’empatia folle per l’uomo, e lo facon una gratuità che noi difficilmenteimmagineremmo, e nello stile della piùgrande umiltà.

di essere salvato!

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Studenti

Andare all’università

Tempi duri per l’università italiana:da Raffaele Cantone che ne denun-cia i dissesti strutturali in termini di

corruzione – le ben note baronie – e con-seguente fuga di cervelli, alle polemichesul non essere più quell’ascensore socialeche cambiava i destini di una famiglia.L’elenco potrebbe allungarsi con polemi-che vecchie e nuove, che però non fannobene né all’università né, soprattutto, ainostri giovani. Ma un cattolico in univer-sità può salvarsi l’anima? Ovviamente sì,ma ad alcune condizioni che vale la penariprendere e rilanciare insieme.

_ . _ . _

L’università è un luogo abitato da per-sone le più diverse, è una piazza at-

traversata da voci e lingue varie e maiomogenee, l’università è uno spaccato delmondo interessante e promettente chechiede di essere abitato in modo significa-tivo dai credenti. Scrivo per i giovani stu-denti, ma anche per i docenti universitario per chi in ateneo ha un ruolo tecnico:l’università ha bisogno di salvezza, non

come qualunque altro ambiente, ma permolti aspetti più di molti altri ambienti.L’università è un soggetto fortemente a ri-schio dannazione: vaga perennemente neldeserto delle tentazioni, è appollaiata sulpinnacolo del tempio da cui pensa di po-ter dominare con scienza e tecnica il mon-do, alla ricerca del sistema per trasforma-re le pietre in pane è spesso in ginocchiodi fronte all’economia ed alla finanza chela illudono decidendone i destini.L’università di massa vive di tante solitu-dini giustapposte, talora compresse, nelleaule sempre troppo piccole o negli studidei professori simili ad alveari più cheluoghi in cui il pensiero possa liberamen-te prendere il suo spazio. Il credente nondeve difendersi da tutto questo, non devefuggire quei deserti o nascondersi alla ba-se di quei pinnacoli, il credente deve la-sciarsi ferire da quel che vede e donare ilproprio sangue al corpo esangue del suoateneo. Il credente si salverà solo nellamisura in cui accetta e si impegna affin-ché tutto il corpo di cui egli fa parte, la co-munità accademica, si possa salvare. Il

tempo dell’università per un giovane ol’università come luogo del proprio lavo-ro per un adulto, non sono una parentesinella vita vera o peggio nella propriaesperienza di fede, sono il luogo deputa-to ove la fede diventa carne e sangue, do-ve il credo diventa opera, dove l’amoreper Dio diventa concretamente il fratelloche Dio non lo ha incontrato o lo ha rifiu-tato, forse proprio a motivo della stessavita universitaria.

_ . _ . _

Il grande scrittore Maurice Zundel ci haricordato che Dio lo si riconosce per tra-

sfigurazione e che per trasfigurazioni noiannunciamo il Cristo risorto: ebbene l’u-niversità è quel corpo da trasfigurare,quell’ostia da transustanziare nella vitadivina. Un cattolico non può pensare diattraversare il tempo dell’università o l’u-niversità come luogo come se nulla fosse:essa è la Galilea della genti, essa è laGerusalemme che attende l’annuncio del-la redenzione, anche e soprattutto perchéè la stessa Gerusalemme che uccide i pro-

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Studenti

… e salvarsi l’anima!

feti. Uno studente universitario deve var-care la soglia del suo ateneo alla ricercadel fratello e della sorella da conoscere,da abbracciare ed a cui testimoniare ilproprio credo nella ferialità delle lezioni enel kairòs del quarto d’ora accademico.Non è più tollerabile restar sdraiati sui di-vani che sono i nostri oratori, le nostre sa-crestie, i nostri fazzolettoni da scout o leliturgie cariche di emozioni dei nostrimovimenti. È il tempo della parola, delconfronto, della sfida anche intellettuale eculturale, del martirio del giudizio e deldovere della conoscenza capace di confu-tazione, di convinzione, di testimonianzae, soprattutto, di quella carità intellettua-le che ama sino alla fine chi la pensa di-versamente, non rinunciando, in nome diquell’amore, a dichiarare la verità ed ac-collarsi il peso del rifiuto quando si devegiudicare la menzogna.

_ . _ . _

Il giovane credente deve avere le manisporche del servizio al povero con cui

accompagnare il collega di studi a speri-mentare se stesso nella propria umanitàautentica, il credente universitario devescegliere il suo indirizzo di studi non soloper se stesso, ma anche per il bene comu-ne, per il bene che un giorno potrà mette-re in comune a partire dai talenti che conpaziente discernimento avrà scoperto nelsuo intimo. Come potrà un adulto che la-vora e vive in università dirsi credentesopportando che si insegnino mezze ve-rità, che si tratteggi la storia ad uso e con-sumo dell’ideologia, che si ricerchi solo infunzione dell’impresa? Come potrà arri-vare in ritardo al ricevimento studenti oaccettare che si trucchino i concorsi?Come potrà pensare di essere in comu-nione con il suo Creatore se non si sforzadi rivelarne la presenza nelle pieghe dellarealtà che è chiamato a misurare ed inse-gnare? Qualcuno oppone a questo discor-so il tratto del facile idealismo, la durezzadel mondo accademico, la potenza delMoloch ideologico. Mi si permetta di dire,perché in università ci vivo da prete inca-ricato di starci e di portarci il Vangelo, chequelli che chiamiamo ostacoli sono il car-

burante della nostra vita di fede in uni-versità, perché sono le spine della nostracorona, sono i chiodi che ci tengono incol-lati alla nostra croce impedendoci discappare, sono la lancia che fanno sgor-gare del nostro cuore quel battesimo cheabbiamo ricevuto, quell’Eucarestia di cuici nutriamo ogni domenica!

_ . _ . _

L’università, proprio perché è spessoluogo di dannazione è il luogo della

nostra salvezza perché ci dona la possibi-lità di restituire il molto che ci è stato da-to, di rendere ragione della nostra ammi-nistrazione con grande liberalità, di accu-mulare cento volte tanto ogni giorno,ogni appello, ogni lezione. Se la carrierarallenta, se il clima in ufficio è di tempe-sta per un credente questo non è garanziadi eternità? Per un credente la persecuzio-ne non è l’occasione per fare festa? Non èmasochismo, è cristianesimo, lo ricordia-mo ogni volta che usiamo un patibolo, lacroce, per dire la nostra appartenenza re-ligiosa. L’università è una delle grandi oc-casioni del nostro tempo: là incontriamogran parte dei nostri giovani, dei tuoi coe-tanei, là si costruisce la cultura, il sapere,la tecnica, la conoscenza che ha bisognodi diventare sapienza impastandola divangelo. Là si gioca da una parte la vana-gloria del mondo e dall’altra la gloria au-tentica del mondo, l’uomo vivente. E chiin università ci studia e ci lavora tuttoquesto se lo può giocare ogni singologiorno. Pochi altri luoghi del nostro vive-re sociale permettono un continuo con-fronto del pensiero, pochi altri luoghi so-no deputati a mettere in gioco posizionied orizzonti di senso. Come è più facileparlare di Cristo in università che non infabbrica, proporre orizzonti di carità tra icorridoi dove chiunque ha bisogno di unaiuto, di essere riconosciuto, di essere ac-colto, di essere sorretto, rispetto agli am-bienti usuali di lavoro, di svago, di vita.Riconosco di essere di parte, ma nellostesso tempo vi invito, siete così tanti apoterlo fare, a ripensare se davvero la sal-vezza che ciascuno di noi desidera per sée per le persone che ama, non sia a porta-

ta di mano proprio là dove meno pensia-mo essa si possa celare.

_ . _ . _

L’università nasce storicamente perpoter avere in un unico luogo la pos-

sibilità di incontrare il sapere, per avereconcentrati in un unico spazio coloro chesanno e coloro che vogliono imparare.L’università nasce per tendere dalla mol-teplicità all’uno, per unificare nella perso-na le conoscenze sparse nei molti.L’università oggi non è diversa da ierinella misura in cui, portando la trascen-denza, aiutiamo quel luogo e le personeche lo abitano a ritrovare nell’oltre e nel-l’altro il senso di tutto il resto, l’unifica-zione che salva dalla frammentazione cheferisce, l’orizzonte più ampio che vinca lamiopia di chi guarda solo al molto vicino,molto per sé, molto di sé. Che cosa è lasalvezza dell’anima se non la salvezza diciò che è chiamato ad essere immortale ead unificare, alla fine dei tempi, anchequello che abbiamo avuto di transitorio efugace come il nostro corpo? Che cosa è lasalvezza se non l’accoglienza di un donosproporzionato rispetto a qualunque me-rito ma anche, secondo giustizia e verità,rispettoso delle nostre scelte di fondo edelle nostre azioni concrete? Se questo èsalvezza, se salvezza in ultima analisi èCristo stesso, allora l’università diventanel cuore del credente un luogo eletto disalvezza perché in essa, trasfigurata dallapresenza viva e vivificante dei credenti, sicerca ciò che non passa e si può dunquetrasmettere, la verità, si dà il giusto pesoalla realtà e con essa si costruisce la cittàdell’uomo in cui l’uomo possa aspirarealla città celeste, si dà forma e concretez-za alla parola comunità rendendo comu-nione la semplice giustapposizione dellepersone.Andiamo in università per salvarci l’ani-ma, anzi a scoprire che Cristo ha già sal-vato coloro che in università ci attendonoe che a nostra volta attenderemo.

don Luca PeyronResponsabile Pastorale Universitaria

Piemonte e Valle d’Aosta

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Eventi

Lo scorso 16 luglio ha avuto luogo,come ogni anno, il convegno allacroce di S. Ignazio dedicata ai ra-

gazzi in cielo (“Croix des garçon en ciel”)sui monti della Valle Stretta (nel diparti-mento francese delle Hautes-Alpes, a po-chi chilometri da Bardonecchia, Torino).Questa è stata la sessantesima estate dei“Campi della Gioventù” presso il rifugio“Maison des Chamoix”, e l’anniversario èstato festeggiato con la celebrazione dellaS. Messa da parte del nuovo vescovo diAlba, Marco Brunetti. Vescovo che per noiha un significato emblematico!!!

“Siamo in molti saliti quassù questa mat-tina!” – ha sottolineato mons.

Brunetti nell’inziare l’omelia. Si è poi sof-fermato sul testo della trasfigurazione: “IlVangelo ci parla di Gesù che chiama tre apo-stoli: Pietro, Giacomo e Giovanni per condur-li su un alto monte con lui, che la tradizionechiama il Tabor. Vorrei che ciascuno di noi og-gi si senta chiamato dal Signore, come gli apo-stoli: nessuno di noi è qui per caso. Vogliamovivere insieme l’esperienza del Tabor, cioè l’esperienza della Grazia e dell’amore di Dio.

La chiamata di oggi però ci deve rimandare adun’altra chiamata, quella che molti di noi chesono qui hanno avuto molti anni fa, da adole-scenti...Vorrei allora con voi coniugare tre verbi: ri-cordare, celebrare e ringraziare.

Ricordare: sono passati 60 anni da quan-do questa casa ha iniziato ad accogliere

dei giovani invitati quassù da un prete, un po’matto e innamorato di Dio, don Paolo.Potremmo passare la giornata e la notte a ri-cordare, a raccontare le tante imprese vissute

Messa alla Croce FIES

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Eventi

qui alla Maison des Chamoix! Ma credo ci siauna cosa che ricordiamo tutti: le parole deldon “Qui il Signore parla!”. Il cruccio, la sa-lita notturna al monte Tabor, le quattro chiac-chiere del don, la confessione e la gioia del per-dono, che ci faceva riprendere quota. Questolo ricordiamo tutti!

Celebrare: celebriamo oggi 60 anni di gra-zia, celebriamo la vita ritrovata di tanti

giovani saliti quassù, celebriamo la vita inCristo Gesù risorto di sacerdoti e giovani chequesta croce ricorda con i nomi incisi nelbronzo, ma che sappiamo scritti in cielo. Gliapostoli sul Tabor hanno incontrato Gesù tra-sfigurato: anticipando la resurrezione, questiamici vivono la stessa esperienza e godonodella presenza di Dio nella comunione eterna.Noi tutti sappiamo di essere pellegrini versola meta del Paradiso, dove anche noi incontre-remo il Signore risorto e tutti coloro che cihanno preceduti.

Ringraziare: questa Eucarestia è il rendi-mento di grazie più grande che potevamo

fare insieme per il dono di questa “stagione diDio” che dura da 60 anni! Grazie al Signore,ricco di misericordia, che ci ha ricolmati inquesto luogo con la sua Grazia. Grazie ai sacerdoti: don Joe e don Joshua, ai ra-gazzi in cielo che ci proteggono e pregano pernoi. Grazie a te, caro don Paolo, strumento del-la Grazia di Dio, vero pilota di tante anime vo-gliose di incontrare il Signore, molti di noi pre-ti, guardando alla tua passione sacerdotale, ab-biamo scoperto o rafforzato la nostra vocazione.Io stesso, indegno Vescovo e successore degliApostoli, ti dico un grazie riconoscente peravermi confermato nella mia vocazione neglianni della mia giovinezza!

Grazie ai tantissimi collaboratori di don Paoloe ai preti che si sono succeduti, i cui nomi so-no conosciuti oltre che a noi a Dio stesso.Ora vogliamo sfociare in un magnificat, sa-pendo che Maria è colei che può aiutarci con leparole giuste per dire grazie: “L’anima miamagnifica il Signore, grandi cose ha compiutol’onnipotente...”.

Il Vescovo Marco ha poi concluso: “Cariamici di Valle stretta, esultiamo insieme con

Maria e proclamiamo con fede, speranza e ca-rità, il vangelo della gioia e della vita, affinchéancora molti giovani possano stringere quellamano che Gesù ci tende e che è raffigurata inun bel quadro che tutti noi conosciamo e chericorda l’esperienza dei campi.”

E’ davvero una“storia mirabile”quella raccontatanel libro che verràinviato ai lettori de“Il Vento” più affe-zionati come stren-na d’inizio d’Anno.La “Maison desChamoix” è la “ca-setta sul monte”nella quale, da ses-sant’anni, si svol-gono i Campi dellaGioventù: un’espe-rienza “forte”, cheha segnato positi-vamente la vita dimigliaia e migliaiadi giovani. Vi saràspedito nel cuoredell’inverno. Ma -ga ri, inviate la vo-stra piccolissimaofferta (basta già!)sul conto correntepostale n. 27318104- scrivete la causa-le: “per Il Vento”...

Page 15: UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO

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Nuntii

Sessant’anni di Ministero sacerdotale, coronati da tante gioie pastorali, sono importanti.Come questa gioia: Papa Francesco invita alla celebrazione in Santa Marta tre compagni distudi del seminario Santa Caterina di Pisa: don Silvio Baldisseri, fratello del card. LorenzoBaldisseri, don Antonio Simoni – che è corrispondente de Il Vento per la Toscana – e il no-stro don Paolo Gariglio – che studiò a Pisa negli anni cinquanta con i compagni di corso.Colloquio, dopo la S. Messa, veramente bello, cordiale e stimolante ad essere più che felicidi aver impiegato la vita per il Signore e la carità. Era mercoledì 14 settembre scorso.

Questo giornale dei giovani è una iniziativa

FIES-NICHELINO COMUNITÀ

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sce e alla simpatia delle Case di Esercizi Spirituali.

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inviare una quota di collaborazione sul

c.c. postale n. 27318104intestato a Parrocchia SS. Trinità Nichelino

Direttore: ing. Gianmarco Boretto

Responsabile: dr. Mario Costantino

Hanno collaborato a questo numero:Mons. Giovanni Scanavino, don Paolo Gariglio,

don Carlo Chiomento, Padre Lorenzo Gilardi,

don Antonio Simoni, don Luca Peyron.

“IL VENTO” su Internet:

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Spiritualità «Oasi Nazareth», via Castel del Monte

km 3, 70033 Corato (BA), tel. 320.0109545

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SARDEGNA: Raffaele Palomba

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Con Papa Francesco!

Una preghiera per ogni dito della mano1. Il pollice è il dito a te più vicino. Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono piùvicini. Sono le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri cari è “undolce obbligo”.

2. Il dito successivo è l’indice. Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questacategoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti. Hanno bisogno di sostegno esaggezza per indicare agli altri la giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere.

3. Il dito successivo è il più alto, il medio. Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presi-dente, i parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che gestiscono il de-stino della nostra patria e guidano l’opinione pubblica... Hanno bisogno della guida diDio.

4. Il quarto dito è l’anulare. Lascerà molti sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole,come può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. È lì per ricordarci di pregare peri più deboli, per chi ha sfide da affrontare, per i malati. Hanno bisogno delle tue preghie-re di giorno e di notte. Le preghiere per loro non saranno mai troppe. Ed è lì per invitarcia pregare anche per le coppie sposate.

5. E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti, come piccoli dobbiamosentirci noi di fronte a Dio e al prossimo. Come dice la Bibbia, “gli ultimi saranno i primi”.Il dito mignolo ti ricorda di pregare per te stesso... Dopo che avrai pregato per tutti gli al-tri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue necessità guardandole dalla giu-sta prospettiva.

Papa Francesco