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UNITÀ La scuola inclusiva 1 1907 1912 1895 1898 1899 1923 1962 1968 1975 1977 1992 1959 1900 1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 LA LINEA DEL TEMPO Uno dei temi principali del confronto educativo contemporaneo è quello relativo al concetto di inclusività scolastica che si realizza quando la scuola diviene un ambiente di apprendimento che assicura il successo formativo di tutti gli studenti, nessuno escluso. Per raggiungere tale finalità, la scuola deve necessariamente coinvolgere tutti coloro che svolgono un ruolo determinante nei processi di apprendimento (docenti, dirigenti scolastici, studenti e famiglie, personale ATA, enti territoriali...) e sfruttare tutte le risorse e le opportunità educative utili a realizzare interventi che mirino non a separare, distinguere e “segnalare” le diversità di ciascuno studente, ma a includere, valorizzare e armonizzare le differenze. Il concetto di inclusività, così come lo intendiamo oggi, non è altro che il frutto di una lenta e graduale evoluzione del concetto originario di “scuola su misura”, fondata sulla centralità del bambino, già tipica di Rousseau, Pestalozzi, Fröbel e Aporti, e che si concretizza in proposte didattiche innovative e teorizzazioni pedagogiche di pedagogisti particolarmente significativi della fine dell’Ottocento e del Novecento attenti agli ambienti di apprendimento e allo sviluppo psico-cognitivo e sociale, alla disabilità e all’emotività del bambino. 1975 Dichiarazione dei diritti delle persone disabili delle Nazioni Unite IL NOVECENTO NUCLEI TEMATICI 1. LA SCUOLA SU MISURA La Casa dei bambini 2. LA PEDAGOGIA SPECIALE Édouard Claparède 3. LE SCUOLE PROGRESSIVE NEGLI STATI UNITI Il metodo dei progetti 4. DIDATTICA INCLUSIVA E INTEGRAZIONE Integrazione dei disabili e didattica inclusiva COMPITO DI REALTÀ SCUOLA INCLUSIVA: un progetto contro la dispersione scolastica ÉCOLE ACTIVE Secondo Ferrière la scuola attiva stimola l’esplorazione dell’ambiente, l’apprendimento collaborativo, le interazioni sociali che favoriscono la cooperazione e la creazione collettiva che permettono la piena realizzazione dell’individuo. METODO DEI PROGETTI Il Metodo dei progetti di Kilpatrick è il risultato di riflessioni pedagogiche che considerano l’educatore come colui che deve indirizzare i suoi studenti verso lo sviluppo di una socializzazione collaborante. INTEGRAZIONE La scuola istruisce, educa e forma soltanto se è scuola di tutti e per tutti, dove si rispettano le differenze, dove si accolgono le persone e si valorizzano le caratteristiche e le capacità dei bambini e si insegna loro a dialogare, rispettare, accogliere e valorizzare. 1895 Prima Scuola materna delle sorelle Agazzi 1898 Primo Congresso pedagogico nazionale a Torino 1899 Fondato a Ginevra l’Ufficio internazionale delle scuole nuove 1907 Maria Montessori inaugura la Casa dei bambini 1912 Claparède istituisce a Ginevra l’Istituto superiore J.J. Rousseau per le scienze dell’educazione 1923 Jean Piaget pubblica Il linguaggio e il pensiero del fanciullo Prima estensione della Riforma Gentile in Italia (Testo Unico nel 1928) 1959 Dichiarazione dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite 1962 Istituita in Italia la scuola media unica 1968 Istituita in Italia la scuola materna statale 1992 Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate 1977 Sono abolite le classi differenziali in Italia LA CASA DEI BAMBINI Per Maria Montessori è necessario che nelle nuove istituzioni a misura di bambina e bambino tutto sia pensato per loro: tavoli, sedie, armadi, scaffali devono essere utilizzabili autonomamente.

UNITÀ 1inclusiva La scuola 1_vol3.pdf · 2019-08-26 · 1. LA SCUOLA SU MISURA La Casa dei bambini 2.AGOGIA SPECIALE LA PED Édouard Claparède 3. LE SCUOLE PROGRESSIVE NEGLI STATI

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unità La scuola inclusiva1

1907

1912

1895

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1992

1959

1900 1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990

la linea del tempo

Uno dei temi principali del confronto educativo contemporaneo è quello relativo al concetto di inclusività scolastica che si realizza quando la scuola diviene un ambiente di apprendimento che assicura il successo formativo di tutti gli studenti, nessuno escluso. Per raggiungere tale finalità, la scuola deve necessariamente coinvolgere tutti coloro che svolgono un ruolo determinante nei processi di apprendimento (docenti, dirigenti scolastici, studenti e famiglie, personale ATA, enti territoriali...) e sfruttare tutte le risorse e le opportunità educative utili a realizzare interventi che mirino non a separare, distinguere e “segnalare” le diversità

di ciascuno studente, ma a includere, valorizzare e armonizzare le differenze.Il concetto di inclusività, così come lo intendiamo oggi, non è altro che il frutto di una lenta e graduale evoluzione del concetto originario di “scuola su misura”, fondata sulla centralità del bambino, già tipica di Rousseau, Pestalozzi, Fröbel e Aporti, e che si concretizza in proposte didattiche innovative e teorizzazioni pedagogiche di pedagogisti particolarmente significativi della fine dell’Ottocento e del Novecento attenti agli ambienti di apprendimento e allo sviluppo psico-cognitivo e sociale, alla disabilità e all’emotività del bambino.

1975Dichiarazione dei diritti delle persone disabili delle Nazioni Unite

IL NOVECENTOnuclei tematici

1. LA SCUOLA SU MISURALa Casa dei bambini

2. LA PEDAGOGIA SPECIALEÉdouard Claparède

3. LE SCUOLE PROGRESSIVE NEGLI STATI UNITIIl metodo dei progetti

4. DIDATTICA INCLUSIVA E INTEGRAZIONEIntegrazione dei disabili e didattica inclusiva

compito di realtà

SCUOLA INCLUSIVA:un progetto contro la dispersione scolastica

ÉCOLE ACTIVESecondo Ferrière la scuola attiva stimola l’esplorazione dell’ambiente, l’apprendimento collaborativo, le interazioni sociali che favoriscono la cooperazione e la creazione collettiva che permettono la piena realizzazione dell’individuo.

METODO DEI PROGETTIIl Metodo dei progetti di Kilpatrick è il risultato di riflessioni pedagogiche che considerano l’educatore come colui che deve indirizzare i suoi studenti verso lo sviluppo di una socializzazione collaborante.

INTEGRAZIONELa scuola istruisce, educa e forma soltanto se è scuola di tutti e per tutti, dove si rispettano le differenze, dove si accolgono le persone e si valorizzano le caratteristiche e le capacità dei bambini e si insegna loro a dialogare, rispettare, accogliere e valorizzare.

1895Prima Scuola materna delle sorelle Agazzi

1898Primo Congresso pedagogico nazionale a Torino

1899Fondato a Ginevra l’Ufficio internazionale delle scuole nuove

1907Maria Montessori inaugura la Casa dei bambini

1912Claparède istituisce a Ginevra l’Istituto superiore J.J. Rousseau per le scienze dell’educazione

1923Jean Piaget pubblica Il linguaggio e il pensiero del fanciullo

Prima estensione della Riforma Gentile in Italia (Testo Unico nel 1928)

1959Dichiarazione dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite

1962Istituita in Italia la scuola media unica

1968Istituita in Italia la scuola materna statale

1992Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate

1977Sono abolite le classi differenziali in Italia

LA CASA DEI BAMBINIPer Maria Montessori è necessario che nelle nuove istituzioni a misura di bambina e bambino tutto sia pensato per loro: tavoli, sedie, armadi, scaffali devono essere utilizzabili autonomamente.

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5INTRODUZIONE INTRODUZIONE

La scuola inclusiva ha come fine la formazione culturale e personale completa di ogni alunno

Realizza tale obiettivo con l’aiuto delle famiglie e mettendo a sistema tutti gli attori coinvolti nei processi di apprendimento

Offre risposte differenti per i bisogni educativi di ciascun alunno e studente, usando un approccio olistico

Rinuncia alla standardizzazione dell’insegnamento

Si contrappone alla scuola partitiva

La scuola inclusiva

Un bimbo alle prese con un gioco didattico. (Ses Creative)

La didattica inclusivaIl concetto di inclusività nella scuola contemporanea va oltre la disabilità, i di-sturbi di apprendimento, le esplicite difficoltà d’inserimento e di comportamen-to e riguarda tutte le bambine e i bambini, le studentesse e gli studenti, ai quali è necessario dare risposte differenti per i loro bisogni educativi. L’obiettivo del-la didattica inclusiva è, infatti, far raggiungere a tutti gli alunni il massimo grado possibile di apprendimento e partecipazione sociale, valorizzando le differenze presenti nella classe. Nelle Linee Guida per le Politiche di Integrazione nell’Istruzio-ne (2009) dell’Unesco si dice: «La scuola inclusiva è un processo di fortificazione delle capacità del sistema di istruzione di raggiungere tutti gli studenti. [...] Un sistema scolastico “incluso” può essere creato solamente se le scuole comuni diventano più inclusive. In altre parole, se diventano migliori nell’“educazione di tutti i bambini della loro comunità”».

Per gli alunni con disabilità certificata, invece, il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 66 detta specifiche norme per la promozione della loro piena integrazione scolastica. In particolare esso fa riferimento al cosiddetto Piano per l’inclusione che ciascuna scuola deve predisporre per il su-peramento di tutti quei fattori che possano ostacolarne la realizzazione, per l’utilizzo coordinato delle risorse e per progettare interventi migliorativi specifici.

Il Piano per l’inclusione deve prevedere l’analisi dei punti di forza e di criticità, gli obiettivi di incremento dell’inclu-sività per l’anno scolastico successivo, le risorse (insegnanti di sostegno, assistenti, referenti, psicopedagogisti), le me-todologie, le modalità di coinvolgimento delle famiglie, i rapporti con i servizi sociosanitari territoriali che si inten-

dono attivare, le azioni di acquisizione e distribuzione di risorse aggiuntive per la realizzazione dei progetti di inclusione, la predisposizione di interventi per l’ingresso nel sistema scolastico, la continuità tra i diversi ordini di scuola e il futuro inserimento nel mondo del lavoro.

Approccio olisticoLa scuola inclusiva, dunque, si attrezza in modo sinergico per proporre strate-gie educative e didattiche molteplici, secondo un approccio olistico, che con-sidera lo studente come persona complessa e multidimensionale con proprie caratteristiche socio-culturali e biologiche, e finalizza azioni allo sviluppo com-plessivo delle potenzialità e competenze di ciascuno per il raggiungimento del massimo livello possibile di apprendimento e di socializzazione.

La scuola per realizzare ciò deve, però, avere il coraggio di rinunciare alla standardizzazione dell’insegnamento: essa deve permettere a tutti i suoi com-ponenti di sentirsi parte di una comunità in cui si condividono gli stessi ideali formativi, si rispettano le individualità di tutti i suoi componenti, ognuno con i propri interessi, bisogni e talenti, si offrono possibilità e opportunità forma-tive molteplici, affinché ciascuno possa realizzare le proprie aspirazioni. Fon-damentale, in questa visione nuova della scuola, è il rispetto del diritto all’au-

Approccio olistico Ap-proccio che si ispira all’o-lismo, teoria secondo la quale è essenziale nello studio di un organismo biologico considerare i molteplici rapporti fun-zionali tra le sue parti, in quanto esso è visto nel suo insieme come qual-cosa di più della somma delle sue parti; viene ap-plicata anche alle scienze umane, in particolare alla psicologia.

todeterminazione e alla costruzione di progetti di vita futuri adeguati alle potenzialità di ciascuno, alle aspirazioni delle famiglie e alle nuove richieste della società e della cultura.

La scuola intende realizzare tali importanti obiettivi formativi con la collaborazione delle famiglie con le quali è necessario condividere, nel rispetto dei ruoli e delle specifiche responsabilità, obiettivi, finalità e stra-tegie per una sana crescita dei giovani.

Una visione sistemica inclusiva, inoltre, deve considerare i contributi che possono venire dalla collaborazione con altri soggetti, pubblici e pri-vati, e dalle associazioni che operano sul territorio e che sono in grado di concorrere ad assicurare il successo formativo delle studentesse e degli studenti.

Assistiamo, così, a un radicale cambiamento degli ideali pedagogici e delle finalità e scelte metodologiche delle scuole del XX secolo che possono essere così riassunte e schematizzate nella seguente tabella.

SCUOLA TRADIZIONALE VS SCUOLA INCLUSIVA

CATEGORIE SCUOLA TRADIZIONALE SCUOLA INCLUSIVA

Finalità Trasmissione di cultura Sviluppo della persona

Valori oggettivi Valori soggettivi e adattamento emotivo

Obiettivi di programma Bisogni ed esigenze dello studente

Selezione ed esclusione Accoglienza, inclusione, scuola pubblica

Indicazione di modelli Costruzione di identità

Metodi Insegnamento dogmatico Apprendimento scientifico, critico e creativo

Lezione cattedratica Partecipazione e cooperazione

Premi e punizioni Interesse e motivazione

Didattica imitativa e impositiva Didattica attiva e spontanea

Compiti artificiali Compiti di realtà

Una bambina disabile gioca con i colori. La didattica inclusiva valorizza le differenze presenti nella classe. (Denis Kuvaev/Shutterstock)

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PERCORSO 1La scuola su misura 7

percorso

1La scuola su misura

Scarica GUARDA! e inquadrami per guardare i video

Scrittura Braille.Buncha Lim/Shutterstock)

VideomappaLa scuola su misura

Le trasformazioni storico-sociali e politiche tra fine Ottocento e primo Novecento richiedo-no, in contrapposizione alla pedagogia tradizionale, la nascita di una nuova paidéia, che possa proporre adeguati interventi educativi per risolvere le problematiche a esse con-nesse. L’industria e la tecnologia, con l’intensificazione dei fenomeni migratori e di urba-nizzazione, la società di massa, gli estremismi nazionalisti, e poi la Prima guerra mondia-le, i totalitarismi di destra e di sinistra che rompono gli equilibri europei fino alla Seconda guerra mondiale, i massacri, la follia collettiva hanno cambiato le esigenze educative e le prospettive formative e hanno soprattutto posto al centro dell’attenzione l’infanzia come futuro dell’umanità.

La scuola su misura nasce dalla necessità di considerarla una comunità educante, co-stituita da veri e propri spazi educativi specifici a misura di bambina e bambino, acco-glienti e inclusivi, non discriminanti, ma essenzialmente individualizzati. In essi le proposte didattiche sono calibrate sulle reali capacità ed esigenze delle bambine e dei bambini, e sono finalizzate alla rimozione e risoluzione di tutte quelle eventuali situazioni problemati-che, che possono costi-tuire ostacoli alla loro sa-na ed equilibrata crescita personale, libera da con-dizionamenti di qualun-que tipo.

Le parole chiave di questo percorso sono: ambiente su misura, scuola materna, Casa dei bambini, Rinnovata e omnicrazia.

Ambiente su misura

Ellen KeySiamo nel XX secolo, che, secondo la definizione di Ellen Key (1849-1926), in-tellettuale e scrittrice svedese, è il «secolo dei fanciulli». Key, al Primo Congresso di Attività Pratica Femminile, organizzato a Milano nel maggio del 1908, affer-mò che fosse importante rivedere i concetti di “maternità” e “paternità” con-siderando prioritaria la collaborazione tra madre e padre nella gestione della crescita e formazione dei figli all’interno di un ambiente su misura del bam-bino: il nucleo familiare.

Si avviò così un dibattito pedagogico in Italia, agli inizi del secolo scorso, che coinvolse anche esponenti del femminismo. Ciò soprattutto in relazione alla difficoltà, fonte di stress e di ansia per la donna moderna, di gestire costante-mente, al di là delle sue forze, l’attività lavorativa e la sfera privata, la propria autonomia e soprattutto la maternità, considerata necessaria per lo sviluppo sociale. L’infanzia, dunque, non doveva essere sottovalutata, e gli interventi in

Parola 1

suo favore dovevano essere considerati un’emergenza sociale in stretta corre-lazione con la maternità sociale che richiedeva necessariamente un costan-te sostegno pubblico. Key, infatti, criticava aspramente l’organizzazione della società del tempo, per nulla disposta a intervenire in favore delle madri, spes-so costrette a scegliere tra il loro lavoro e i loro figli. Secondo lei la maternità doveva essere socialmente protetta, perché permetteva l’evoluzione positiva della società attraverso la nascita, la cura e l’educazione in famiglia della prole, futuro dell’umanità. Espresse tali idee nel suo libro del 1906, Il secolo dei fanciulli, dove sostenne, inoltre, che le madri avevano nell’educazione dei figli un ruolo fondamentale, non delegabile alle istituzioni scolastiche, e che richiedeva un’at-tenzione massima, affinché la prole potesse svilupparsi in modo adeguato all’in-terno delle mura domestiche. Le madri dovevano, pertanto, avere la possibilità di applicarsi allo svolgimento di questo loro compito con assoluta devozione e precisione, senza alcuna distrazione, come se stessero realizzando un’opera d’arte. Per tale motivo Key mostrava perplessità sull’impiego lavorativo del-le donne e sul conseguente necessario affidamento precoce dei loro figli alle scuole, in quanto negative per la loro formazione perché ambienti non pensati a misura di bambino.

Il secolo dei fanciulli ebbe il grande merito di stimolare ricerche, sperimen-tazioni didattiche e teorizzazioni psicopedagogiche sull’infanzia e approfon-dimenti sulla necessità di fare crescere i bambini in ambienti adeguati, scuo-le, istituti appositamente progettati. Questi dovevano essere considerati veri e propri spazi educativi specifici a misura di bambina e bambino, accoglienti e inclusivi, non discriminanti, ma essenzialmente individualizzati. Essi, cioè, dovevano essere calibrati sulle reali capacità ed esigenze delle bambine e dei bambini, e finalizzati alla rimozione e risoluzione di tutte quelle eventuali si-tuazioni problematiche, possibili ostacoli alla loro sana ed equilibrata crescita personale libera da condizionamenti.

Ellen Key fu sempre molto attiva nell’evidenziare il pericolo di omologa-zione costantemente presente negli interventi educativi: si deve educare alla libertà e all’autonomia di pensiero e di giudizio per evitare di far crescere bam-bine e bambini come componenti anonimi di un “gregge” guidato dal potere dominante.

A sinistra, Max Liebermann, Una scuola materna ad Amsterdam, 1880. (Berlino, Alte Nationalgallerie)

A destra, un asilo nido francese nel 1904.

VUMARK 001

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8 PERCORSO 1La scuola su misura

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 9

Pietro Pasquali (1847-1921), direttore didattico a Brescia, avviò in questa direzione una sperimentazione per la riforma degli asili, cioè delle istituzioni educativo-assistenziali per le bambine e i bambini in età prescolare. Egli sosten-ne la necessità di offrire ai fanciulli opportunità di gioco e di lavoro in attività libere e spontanee intendendo superare lo scolasticismo, valorizzando, invece, l’esperienza e la concretezza.

I nuclei fondanti del loro metodo furono presentati da Rosa nella Relazione sul tema Ordinamento pedagogico dei giardini d’infanzia secondo il sistema di Fröbel al Congresso di Torino del 1898. Qui Rosa pose come prioritaria la necessità di far emergere gli aspetti più efficaci della proposta fröbeliana, proponendone il suo rinnovamento esprimibile nei seguenti sei punti cardine posti alla base del metodo Agazzi:1. primato della sperimentazione per evitare rigidi schematismi che non si

adeguano all’evoluzione spontanea del bambino;2. l’educatrice osserva e fa leva sulle forze naturali del bambino;3. l’educatrice ha una formazione spirituale e culturale, considera il suo com-

pito una vocazione e si applica con entusiasmo, impegno ed equilibrio, par-tendo dalla conoscenza del bambino per adattare gli interventi educativi allesue esigenze in un ambiente inclusivo e accogliente come la sua famiglia;

4. l’attività del bambino deve essere spontanea e giocosa: attraverso il gioco eglisviluppa spontaneamente la sua razionalità, si abitua al rispetto delle regolee all’ordine; anche il canto serve a tale scopo richiedendo concentrazione,memoria, esercizio, ritmo ed esecuzione corale;

5. i sussidi utili all’apprendimento del fanciullo sono le “cianfrusaglie”, queipiccoli oggetti di uso quotidiano che i bambini portano nelle loro tasche dacasa a scuola: verso di essi i bambini hanno un forte legame affettivo, per-tanto vengono conservate nel cosiddetto “museo didattico”, deposito delleumili cose al quale attingere giornalmente per le attività didattiche e i giochi;

6. attenzione all’ambiente e agli oggetti di corredo che contribuiscono allosviluppo del bambino sul piano motorio, cognitivo e spirituale: disposizionedegli arredi, creazione di spazi funzionali e ordinati in cui il bambino esprimela sua volontà di iniziativa, conservazione degli oggetti e loro ordinamento inapposite sezioni indicate dall’immagine (contrassegno) dell’oggetto.

Il filo del discorso

AMBIENTE SU MISURA

necessario secondo

ha per scopo

La sana ed equilibrata crescita personale delle bambine e dei bambini

Ellen Key

Scuola materna

Le sorelle AgazziGià nel 1895 a Mompiano, vicino a Brescia, era sorta la prima scuola materna delle sorelle Agazzi, Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945), secondo prin-cipi e ideali pedagogici nuovi rispetto agli asili di Ferrante Aporti, che avevano finalità assistenziali ed educative, e ai Giardini d’infanzia di Friedrich Fröbel, dove bambine e bambini potevano esprimere spontaneamente se stessi, attra-verso esperienze di gioco e di lavoro. Nell’ideare il loro metodo, le Agazzi si ispirarono alle idee di Pasquali e all’esperienza della “scuola serena” di Maria Boschetti Alberti (1884-1951), pedagogista svizzera, sostenitrice della “scuola attiva”, fondatrice della scuola di Muzzano e della scuola serena di Agno nel Canton Ticino. Boschetti Alberti sosteneva la necessità della realizzazione di una scuola nuova che avesse come finalità principale il bambino, al quale la “maestra-mamma” doveva lasciare la possibilità di esprimersi liberamente e di svolgere con spontaneità, secondo i suoi ritmi, i suoi interessi e la sua curiosità, le attività didattiche in un ambiente a misura di bambino, tranquillo, intenso di stimoli affettivi e conoscitivi e, soprattutto, gratificante.

Rosa e Carolina Agazzi sostenevano l’idea che la bambina e il bambino, nel momento in cui giungevano alla scuola materna, non dovevano percepire alcu-na differenza tra il calore, l’affetto, la tranquillità, la cura e il senso di sicurezza sperimentati in famiglia e l’ambiente educativo esterno. Qui era necessario che trovassero ad accoglierli una maestra che, oltre ad avere un’adeguata formazio-ne, doveva assumere l’atteggiamento tipico della figura materna.

Parola 2

Il filo del discorso

basata su

fondata da

Sperimentazione

Gioco e canto

Forze naturali del bambino

Vocazione e preparazione dell’educatrice

Oggetti di uso quotidiano

Ambiente inclusivo e accogliente

Rosa e Carolina Agazzi

SCUOLA MATERNA

Bambini e bambine giocano insieme in una scuola materna. L’ambiente didattico è studiato su misura per loro. (Monkey Business Images/Shutterstock)

Giambattista Gigola, I figli di Gian Giacomo Trivulzio, 1807. (Milano, Museo Poldi Pezzoli)

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UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 11

La Casa dei bambini

Maria MontessoriDi parere opposto a Ellen Key fu Maria Montessori (1870-1952), la quale so-stenne, invece, la necessità del lavoro femminile extrafamiliare, idea di deriva-zione femminista egualitaria. Il lavoro, infatti, permetteva alla donna di potersi riappropriare della sua libertà e autonomia, grazie a quella indipendenza eco-nomica che, inoltre, le offriva la possibilità di vivere la sua relazione matrimo-niale fondandola esclusivamente sul sentimento d’amore e non su uno scopo utilitaristico e di dipendenza dal marito.

La donna, per vivere serenamente la sua condizione di madre e lavoratrice, doveva però avere la certezza di contare su uno spazio educativo istituzio-nale che avesse le stesse caratteristiche della casa materna: una scuola con gli

stessi aspetti tipici della casa familiare, non una casa per i bambini ma la Ca-sa dei bambini. Una casa, dunque, che, secondo il principio di “ambien-

te su misura”, rispettasse l’intima natura delle bambine e dei bambini, che rispondesse ai loro bisogni di crescita e alle loro reali necessità sia fisiche che intellettuali e socio-psichiche. Si afferma, quindi, la neces-sità di pensare a luoghi educativi specializzati dove l’organizzazione degli spazi e dei tempi deve essere attentamente e intenzionalmen-te esplicitata e progettata e costantemente verificata: l’ambiente di apprendimento assume una qualità pedagogica fondamentale non

trascurabile.Maria Montessori fondò la prima “Casa dei bambini” nel 1907 a San

Lorenzo in Roma, quando era già nota per essere stata una delle prime donne laureate in medicina in Italia, per le sue lotte femministe e per il suo

impegno sociale e scientifico a favore delle bambine e dei bambini disabili.

I bambini disabiliMaria Montessori nel 1897, divenuta assistente nella Clinica neuropsichiatrica dell’Università di Roma, si occupò di bambini frenastenici attraverso studi ed esperienze sui sistemi e metodi per l’assistenza e il loro possibile recupero alla vita normale.

La sua particolare attenzione in ambito pedagogico alle reali esigenze psi-co-socio-affettive dei bambini e alle loro emozioni ed effettive capacità cogniti-ve le derivò certamente dalle sue iniziali osservazioni e dalla sperimentazione didattica speciale condotta con bambine e bambini problematici. Essa, infatti, pur seguendo le proposte di riforma educativa di Dewey, volle approfondirle mettendo a punto un metodo pedagogico scientifico e sperimentale. Così, par-tendo dagli studi di biologia, medicina, psicologia, psichiatria e antropologia, sui quali fondò le sue osservazioni sperimentali e le sue proposte didattiche con bambini disabili, giunse a soluzioni originali applicabili a tutti i bambini. Le sue iniziali intuizioni e i risultati delle sue osservazioni e sperimentazioni la portarono a ideare un’istituzione educativa fondata sulla conoscenza globale psicofisica e cognitiva delle bambine e dei bambini e soprattutto sul rispetto della loro intima natura.

Parola 3

Frenastenico Che ha relazione con la frena-stenia, termine che indi-ca ogni insufficienza ori-ginaria di sviluppo men-tale.

AutoeducazioneMaria Montessori aveva massima fiducia nell’interesse spontaneo del bambino, che agisce e conosce per impulso naturale, se inserito in un ambiente d’appren-dimento adatto, organizzato e preparato in modo scientifico e senza alcuna improvvisazione. Soltanto in un ambiente a misura di bambino, che stimola interessi all’apprendimento e curiosità e che spinge spontaneamente al lavoro, egli potrà seguire il proprio disegno di sviluppo personale e portare a termine le attività avviate, secondo uno scopo ben preciso, sperimentando se stesso e le proprie capacità di scoperta, azione e di autocontrollo.

È necessario che nelle nuove istituzioni a misura di bambina e bambino tutto sia pensato per loro: tavoli, sedie, armadi, scaffali devono essere utilizzabili au-tonomamente e l’educatrice dovrà soltanto essere presente come “direttrice” delle attività individuali e di gruppo, dispensatrice di consigli e di stimoli, orga-nizzatrice dei giochi con i materiali didattici, detti anche materiali di “sviluppo”. Essi, infatti, essendo scientificamente adeguati ai processi naturali propri della fase evolutiva dei bambini, agiscono direttamente sulla loro attività sensoriale, stimolando lo sviluppo spontaneo dell’intelligenza. Quindi, il materiale didat-tico non è più considerato supporto per l’insegnante, ma strumento autoe-ducante che consente al bambino di giungere direttamente e liberamente a un apprendimento gratificante perché vissuto come una conquista personale. In tale situazione egli trova completa gratificazione nel suo muoversi autono-mamente verso uno scopo intelligente, e motivazione per ulteriori scoperte. Un’attività eterodiretta appare invece, generalmente, priva di uno scopo, to-gliendo la possibilità a chi vi prende parte di vederne la realizzazione futura, annullando di conseguenza la sua motivazione perché si ritrova ad agire senza senso, seguendo semplicemente le richieste, le indicazioni, le direttive esterne e procedure automatizzate.

A tal fine, Montessori affermò che i compiti dell’educatore sono essenzial-mente due:1. costruire un ambiente costantemente stimolante, ricco di spunti che pos-

sano suscitare gli interessi delle bambine e dei bambini; 2. lasciare che il bambino si esprima liberamente e agisca spontaneamente

evitando interventi invasivi e di disturbo allo svolgimento delle sue attività,in un ambiente strutturato in modo da permettereagli alunni di agire liberamente, senza costrizionidi alcun tipo.

Da ciò deriva il suo concetto di autoeducazione, le-gato alla certezza delle potenzialità delle bambine e dei bambini, risorse interne che è necessario far emer-gere sostenendole in un ambiente adeguatamente sti-molante che li porterà a un completo, equilibrato, armonico e libero sviluppo. Infatti, se esiste una for-za spirituale che agisce nei bambini, bisogna consi-derare come prioritario obiettivo pedagogico il per-mettere che questa si realizzi in libertà senza alcuna costrizione. Gli oggetti esterni, così come l’ambiente

Eterodiretto Che non prende decisioni autono-me ma si lascia dirigere da altri nel proprio com-portamento.

Felice Casorati, Le bambine, 1909. (Verona, Galleria d’Arte Moderna)

Un bambino apprende in autonomia la matematica con gli strumenti didattici predisposti da Maria Montessori. (Elvira Koneva/Shutterstock)

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12 PERCORSO 1La scuola su misura

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 13

educativo, devono corrispondere ai bisogni interiori e l’insegnante non deve fare altro che rispettare nel modo più perfetto possibile la libertà di sviluppo.

La Casa dei bambini diviene così il luogo nel quale si sperimenta la libertà della conoscenza e dell’apprendimento, l’autonomia e l’indipendenza, la cooperazione dei bambini fondata sul rispetto di sé e degli altri, dove le azioni repressive e omologanti, come aveva profetizzato Ellen Key, tendenti a formare l’uomo anonimo della massa-gregge, vengono categoricamente bandite.

La mente assorbenteLa funzione dell’insegnante deve essere prevalentemente negativa, cioè non deve prevedere interventi coercitivi o direttivi. Essa deve garantire il libero svi-luppo delle bambine e dei bambini che scelgono le loro esperienze in relazione ai propri interessi e alle proprie modalità di ragionamento e di apprendimento. L’adulto non deve, dunque, imporre il proprio punto di vista, la propria espe-rienza, perché il bambino rivendica il proprio diritto di essere bambino e vivere da bambino senza dover assumere atteggiamenti non conformi alla sua reale natura. Qualunque imposizione esterna non adeguata rischia di ostacolare il naturale sviluppo del bambino compromettendolo gravemente fino al disadat-tamento e alla nevrosi. Il bambino, infatti, deve poter utilizzare le sue naturali risorse in modo spontaneo lasciandosi guidare dalla straordinaria capacità della sua mente assorbente capace di apprendere tutto ciò che l’attività sensitiva gli propone, soprattutto nei primi anni di vita, e ciò per rispondere alla sua fonda-mentale esigenza di adattamento all’ambiente.

La mente assorbente è uno stato mentale inconscio presente nel bambino piccolo (che da 0 a 3 anni circa gli permette di assimilare inconsciamente i dati dell’ambiente nel quale interagisce), che Maria Montessori considera un «mera-viglioso dono dell’umanità»: una forma fantastica della mente che solo il bam-bino piccolo possiede e che purtroppo non permane nell’adulto. Infatti, le bam-bine e i bambini, senza che operino con particolare sforzo, ma semplicemente agendo nella loro realtà quotidiana, assorbono dall’ambiente tutto ciò che ser-ve al loro sviluppo: i dati sensibili, le conoscenze, i comportamenti, le azioni, le regole, il linguaggio. Da ciò risulta logico che i fanciulli non devono essere sottratti all’ambiente e alle più varie e molteplici esperienze perché altrimenti regredirebbero e crescerebbero incapaci di adattamento, senza carattere, poveri nella competenza linguistica e incapaci di operare positivamente nella società.

Educazione e paceGarantire alle bambine e ai bambini un’educazione finalizzata al loro sponta-neo, armonico e, soprattutto, libero sviluppo significa per Maria Montessori prevedere interventi nel pieno rispetto delle loro personalità originali. I discenti così formati, una volta adulti, costituiranno una società umana migliore in cui solidarietà, comprensione e cooperazione saranno considerate prioritarie e in-centivo all’esercizio della pace, della democrazia e della tolleranza. Questa sua concezione, pienamente attivistica, nasce dalla necessità di considerare la peda-gogia una disciplina strettamente legata alle altre scienze umane: la psicologia genetica, la sociologia con le sue riflessioni di natura politica e a orientamento democratico, l’antropologia.

IMPARIAMO A DISCUTERE

Utilità del sovrapprendimentoAlcuni psicologi comportamentisti, a partire dagli anni Cin-quanta, hanno condotto studi sull’efficacia dell’insegnamen-to in relazione a specifici obiettivi da conseguire, giungendo a conclusioni opposte a quelle sullo spontaneismo e sulla libertà e autonomia dell’apprendimento della Montessori.

Il problema è quello di capire quale metodologia d’inse-gnamento sia più funzionale ed efficace nel caso in cui sia necessario raggiungere obiettivi di precisione nell’affrontare e risolvere problemi complessi, ottenere una piena padro-nanza e accuratezza nell’esecuzione, con un margine di tempo limitato, di batterie di test.

Gli psicologi Eric Haughton (1972) e Beatrice Barrett (1979) hanno dimostrato che, in questi casi specifici, meto-di di studio spontanei e poco strutturati che lasciano liber-tà di organizzazione dell’apprendimento agli studenti non sono efficaci. Le procedure rigide e automatizzate sono, invece, quelle più funzionali quando si devono affrontare problemi complessi, perché permettono di raggiungere con certezza e in breve tempo i risultati aspettati. Infatti, un insegnamento che stimola l’acquisizione della cosiddetta “fluenza” (mastery), cioè la padronanza assoluta nell’ese-cuzione precisa di un compito, permette allo studente di ottenere risultati eccellenti, con assenza o irrilevanti mar-gini di errore e nel minor tempo possibile. Fondamentale è che si seguano le indicazioni date e le procedure previste e che, soprattutto, si applichino metodi di studio over lear-ning, cioè di sovrapprendimento: esercitazione continua,

ripetizione costante e automatizzata, memorizzazione sen-za ricerca del perché.

L’applicazione di procedure automatizzate, inoltre, po-tenzierebbe anche le capacità di ritenzione e di attenzione, permettendo la generalizzazione dei contenuti appresi a contesti applicativi nuovi mai sperimentati prima. La teoria del transfer di Robert M. Gagné (1916-2002), riferita alla possibilità per un soggetto che ha sviluppato una determi-nata abilità di impiegarla anche in altri contesti dello stesso livello di complessità (transfer laterale) o di livello superiore (transfer verticale), fa riferimento all’utilità del sovrappren-dimento che aumenta la probabilità della buona riuscita nell’affrontare un problema complesso. Sarebbe, quindi, utile continuare l’esercitazione seguendo procedure spe-cifiche automatizzate per aumentare sempre più la fluenza e la padronanza (mastery learning = “apprendimento per la padronanza”) nell’esecuzione del compito: quanto mag-giore è la quantità di sovrapprendimento, tanto maggiore sarà la probabilità di successo.

A queste teorie psicopedagogiche comportamenti-ste concentrate sul risultato si contrappongono i principi di ricerca dell’origine delle conoscenze del costruttivismo, maggiormente attento al percorso di apprendimento. In questo caso gli obiettivi dell’apprendimento sono: la com-prensione approfondita dei concetti, la loro interconnessio-ne con le conoscenze pregresse e lo sviluppo di un atteg-giamento critico con il sapere.

Pro o contro? Con chi sei d’accordo? Con le teorie comportamentiste che si basano sul risultato o con quelle costrut-tiviste che pongono più attenzione al percorso di apprendimento?

Discutine con un tuo compagno in due minuti, argomentando la tua tesi a favore o contro.

A destra, l’apprendimento autonomo dei bambini con il metodo psico-pedagogico sviluppato da Maria Montessori. (Joaquin Corbalan/Shutterstock)

A sinistra, l’apprendimento autonomo dei bambini con il metodo psico-pedagogico sviluppato da Maria Montessori. (Oksana Kuzmina/Shutterstock)

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14 PERCORSO 1La scuola su misura

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 15

L’educazione tradizionale ha sempre commesso un errore gravissimo: ha utilizzato termini quali istruzione, educazione, formazione, cultura come astrazioni non calate nella vita reale, non validate dall’esperienza e riferite a ideali pedagogici distanti dalla storia e dalla contemporaneità. Pertanto, ha sol-tanto realizzato prassi didattiche false e non adeguate alla crescita e al natu-rale e spontaneo sviluppo dei discenti, opprimendone, sostanzialmente, fin dalla nascita, la libertà, unica vera strada verso la pace. Soltanto un’educazione libera, consapevole delle situazioni reali e delle esigenze personali dei bambini, e fondata sul loro profondo rispetto, sulle spinte motivazionali, sull’affettività e sulla creatività, può sollecitare le loro potenzialità interiori, permettendo loro di rivelare spontaneamente se stessi e non vivere l’educazione come oppressio-ne e imposizione di modelli esperienziali estranei all’infanzia e di dogmi cono-scitivi che atrofizzano la mente. Le reazioni dei bambini, infatti, nella scuola tradizionale sono state spesso di insofferenza o apatia, demotivazione, rifiuto e aggressività. L’educazione fondata sulla libertà, invece, non può che garan-tire l’esercizio della pace, fondamentale per interazioni serene, equilibrate e sempre positive. Montessori è fermamente convinta che bambine e bambini educati alla libertà e nella libertà saranno i futuri cittadini solidali e artefici di un mondo migliore.

Maria Montessori Il 31 agosto 1870 nasce a Chiaravalle, in provincia di An-cona, Maria Montessori. Ragazza brillante e appassionata di materie scientifiche, la Montessori, nel 1892, viene am-messa, presso l’Università di Roma, al corso di Medicina che riesce a completare, con alcune difficoltà dovute al fatto che era una delle primissime donne in Italia a intra-prendere questi studi, nel 1896.

Questo è soltanto uno degli aspetti della sua vita che di-mostrano il coraggio e la singolarità di una donna, che ha saputo sempre reagire con intelligenza e determinazione a pregiudizi e ben radicate tradizioni familiari, alle quali la maggior parte delle sue coetanee erano sottomesse.

A Berlino, partecipa, nel 1896, al primo Congresso sui diritti delle donne organizzato dall’International Council of Women. Nel 1898 nasce suo figlio Mario da una relazione segreta con lo psicologo e psichiatra Giuseppe Ferruccio Montesano, che entrambi decidono di far crescere, per evitare scandali che avrebbero potuto rovinare le loro car-riere, presso un’altra famiglia e poi in collegio.

Gli aspetti fondamentali della pedagogia montessoria-na, condensati nel Manuale di pedagogia scientifica del 1921, avviarono in Italia riflessioni e ricerche pedagogiche spe-rimentali innovative in opposizione ai principi della pe-dagogia idealista (che affermava la superiorità degli studi umanistici rispetto a quelli scientifici e tecnico-professio-nali), i cui maggiori esponenti erano Giovanni Gentile (1875-1944) e Giuseppe Lombardo-Radice (1879-1938). Ciò causò la sua emarginazione dalla scena culturale, sco-lastica e politica italiana durante il regime fascista, che

aveva imposto l’egemonia della pedagogia idealista. Inol-tre, gli ideali umanitari e pacifisti che lei espose nell’opera La pace e l’educazione, del 1933, ovviamente, non potevano essere condivisi da coloro che invece esaltavano l’educa-zione nazionalista e paramilitare imposta da Mussolini.

Pertanto, la Montessori preferì un volontario esilio dall’Italia, che le servì per svolgere esperienze in Spagna, in Inghilterra e in India, che integrarono la sua visione pedagogica con ideali etici, umanitari e di solidarietà che ebbe modo di diffondere non appena rientrata in Italia nel 1947. Maria Montessori, infatti, fece risentire la sua voce con le opere Educazione e pace, e Formazione dell’uo-mo del 1949.

Intanto, il pensiero pedagogico della Montessori si diffondeva in tutto il mondo grazie all’Opera Nazionale Montessori e ai numerosi corsi di formazione per inse-gnanti organizzati dall’Associazione Internazionale Mon-tessori, con sede ad Amsterdam.

Nell’introduzione all’ultima edizione del suo libro La scoperta del bambino del 1948, pochi anni prima della sua morte (avvenuta a Noordwijck, L’Aia nel 1952), Maria Montessori ci lascia, enucleato in poche righe, il suo più importante pensiero pedagogico: «l’umanità può sperare in una soluzione dei suoi problemi, fra cui i più urgenti sono quelli di pace e unità, soltanto volgendo la propria attenzione e le proprie energie alla scoperta del bambino e allo sviluppo della grande potenzialità della personalità umana in corso di formazione.»

M. Montessori, La scoperta del bambino, 1948.

L’AUTORE

Il filo del discorso

CASA DEI BAMBINI

fondata da

è un ambiente

si basa sul concetto di

Costantemente stimolante Privo di ogni

costrizione

Permette il libero sviluppo della mente assorbente

Autoeducazione

Maria Montessori

Garantisce l’esercizio della pace

Paul Klee, Senecio, 1922. (Basilea, Kunstmuseum)

Maria Montessori al tavolo con i suoi allievi. (AP Photo)

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16 PERCORSO 1La scuola su misura

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 17

Rinnovata

Giuseppina PizzigoniL’insegnante milanese Giuseppina Pizzigoni (1870-1947) propose una didatti-ca molto innovativa per l’epoca che prevedeva attività di istruzione e formazio-ne per bambine e bambini a stretto contatto con la natura, considerata la vera maestra di vita. Essa definì il suo metodo d’insegnamento «Rinnovata», dove la finalità principale era quella di puntare essenzialmente sui fatti, sull’attività motoria, sulla scoperta dell’ambiente circostante, sull’esperienza, sull’osserva-zione scientifica. Ancora oggi si è accolti nelle scuole che seguono il metodo della Rinnovata dal motto di Pizzigoni: «Scopo il vero. Tempio la natura. Me-todo l’esperienza».

Giuseppina Pizzigoni si oppose alle attività d’insegnamento in ambienti chiu-si, dove gli alunni erano costretti e immobilizzati nei banchi, alla scarsa atten-zione data all’educazione fisica, alla ristrettezza del tempo in cui si dovevano svolgere programmi pieni di nozioni astratte, distanti dalla vita reale e imposte da un’autorità esterna poco attenta ai reali bisogni dei bambini e al raggiungi-mento della finalità principale dell’educazione: formare il pensiero del bambi-no in una scuola a misura di bambino dove si rispetta la sua libertà di sviluppo.

In tal modo, condividendo l’idea pedagogica montessoriana dell’educazione alla libertà, le bambine e i bambini, una volta usciti dalle scuole primarie, avreb-bero avuto la possibilità di scegliere liberamente i loro comportamenti e le loro azioni utili a una equilibrata gestione del loro vivere quotidiano, divenendo la forza attiva della Nazione.

Per questi motivi sentì il bisogno di conoscere anche altre realtà educati-ve e nel 1909 cominciò i suoi viaggi in Svizzera e in Alsazia dove osservò le “scuole del bosco”; studiò i programmi e i piani scolastici inglesi della scuola di Abbotsholme di Cecil Reddie (1858-1932), delle Landerziehungsheime (“Case di educazione in campagna”) di Hermann Lietz (1868-1919). Da questi studi e osservazioni prese i riferimenti teorici e i suggerimenti didattici concreti per l’e-laborazione del suo metodo sperimentale della Rinnovata, supportata da edu-

Parola 4 catori, scienziati, neuropsichiatri, da un gruppo di industriali e dall’ex ministro dell’agricoltura Angelo Mauri (1873-1936). Questi divennero suoi collaboratori e costituirono il primo comitato per l’istituzione della scuola Rinnovata secon-do il metodo sperimentale, inaugurata nel 1911 a Milano con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione.

Gli elementi fortemente innovativi del metodo sperimentale sono: il riferi-mento costante all’esperienza, l’abbandono dello mnemonismo, un’attenzione alle reali esigenze dei bambini e al loro benessere psicofisico; inoltre l’apertura della scuola a esperti esterni, le visite guidate e le attività interdisciplinari a con-tatto con la natura, la preparazione dell’orto e la cura del giardino con raccolta e vendita degli ortaggi.

Omnicrazia

Aldo CapitiniPerfettamente aderente allo spirito democratico e pacifista montessoriano è la concezione pedagogica di Aldo Capitini (1899-1968), che dà un contributo essenziale allo sviluppo dell’educazione democratica e non violenta con la sua visione etico-religiosa e il suo impegno sociopolitico. Egli, infatti, rivendica l’importanza e l’autonomia dell’esperienza religiosa, lontana dal dogmatismo astratto, critica nei confronti di una tradizione concentrata eccessivamente sulla trascendenza, sull’individualismo e sul potere. Per Capitini la religiosità deve essere sostanzialmente rivolta all’uomo e alla sua immanente spiritualità che richiede rispetto della sacralità della vita umana e amore per essa, apertura e dialogo e rifiuto degli egoismi, delle lotte per il potere e delle esclusioni.

Da questa concezione religioso-umanistica derivano le sue due idee pedago-giche che egli considera fondamentali e necessarie per l’educazione di tutti, da

Parola 5

Il filo del discorso

è il elaborato da

fondata su

Metodo d’insegnamento

Esperienza Abbandono dello mnemonismo

Reali esigenze dei bambini

Ambiente circostante

Giuseppina Pizzigoni

RINNOVATA

A sinistra, una bambina gioca all’aria aperta nel cortile di una scuola. (Tono Balaguer/Shutterstock)

A destra, Peter Hansen, Bambine giocano nel cortile della scuola, 1908. (Copenaghen, Statens Museum)

Un bambino gioca all’aria aperta con un coniglietto nel cortile di una scuola per l’infanzia. (Photobac/Shutterstock)

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SINTESI 1918 UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

realizzare in una scuola a misura di ciascuno dove nessuno può essere escluso in quanto componente attivo della comunità nella quale pienamente si realizza umanamente e socialmente:• l’educazione alla democrazia, intesa come omnicrazia, cioè partecipazio-

ne “corale”, attiva e consapevole di tutti alla comunità, una sorta di “com-presenza” nella quale ogni “io” dialoga con un “tu”, aprendosi all’esperienzainclusiva del “tutti” non omologante, perché in essa ciascuno è, appunto,compresente con la sua singolarità;

• la prassi della nonviolenza, intesa come impegno etico-politico personale esolidale, esercizio di fattivo interesse per gli altri e di apertura dialogica, perla costruzione di un nuovo modello di società, nella quale la coercizione, larepressione della libertà e l’oppressione siano annullate.

L’«omnicrazia» e la «nonviolenza» devono, dunque, essere sostenute da un co-stante dialogo reale fondato su valori morali, spirituali e di solidarietà comu-ni che escludono ogni forma di sopraffazione, prevaricazione o imposizione: bisogna con convinzione condividere idee e pensieri, persuadendo attraverso il supporto di argomentazioni valide e soprattutto con l’esempio della lealtà e della coerenza etica personale.

Ellen Key avviò in Italia, all’inizio del secolo scorso, il dibattito psicopedagogico sull’importanza dell’infanzia che stimolò ricerche, teorizzazioni e sperimentazioni didattiche varie e mise in evidenza la necessità di predisporre ambienti adeguati, scuole e istituti appositamente progettati per l’educazione e formazione di essa.

Dedicò particolare attenzione allo spazio educativo istituzionale Maria Montes-sori, che fondò la Casa dei bambini: una scuola con le stesse caratteristiche della ca-sa familiare e strutturata secondo il principio di “ambiente su misura”, nel rispetto dell’intima natura dei bambini, rispondente ai loro bisogni di crescita e alle loro reali necessità sia fisiche che intellettuali e sociopsichiche. Secondo Montessori, l’edu-cazione deve permettere al bambino di crescere spontaneamente, senza oppressioni e modelli che atrofizzano la sua mente, deve perciò essere un’educazione libera, fondata sul profondo rispetto dei bambini, sulle loro spinte motivazionali, sull’affet-tività e la loro creatività.

Giuseppina Pizzigoni propose la sua innovativa scuola «Rinnovata» le cui caratte-ristiche erano: esperienza, rifiuto dello mnemonismo, attenzione alle esigenze e al benessere psicofisico dei bambini, presenza di esperti esterni; possibilità di fare visite guidate e attività interdisciplinari a contatto con la natura; orto e cura del giardino; raccolta e vendita dei prodotti.

Aldo Capitini elaborò idee pedagogiche secondo lui necessarie per l’educazione di tutti, dalle bambine e bambini agli adulti: l’educazione alla democrazia, intesa come «omnicrazia», cioè partecipazione “corale”, attiva e consapevole di tutti alla comu-nità; e la prassi della «nonviolenza», intesa come impegno etico-politico personale e solidale, esercizio di fattivo interesse per gli altri e di apertura dialogica.

Il filo del discorso

è l’

promossa da attraverso

Educazione alla democrazia

Prassi della nonviolenzaAldo Capitini

OMNICRAZIA

Percorso 1 La scuola su misura

Le parole e i concetti

Ellen Key sostiene che la formazione dei figli deve svolgersi all’interno del nucleo familiare, in un AMBIENTE SU MISURA del bambino

Le sorelle Agazzi propongono una SCUOLA MATERNA in cui il bambino ritrova il senso di sicurezza della famiglia

Maria Montessori realizza la CASA DEI BAMBINI, ambiente stimolante dove il bambino può esprimersi liberamente e apprendere in modo autonomo

Giuseppina Pizzogoni basa il suo metodo sperimentale della RINNOVATA sull’esperienza e sull’attenzione alle reali esigenze e al benessere psicofisico dei bambini

OMNICRAZIA è per Aldo Capitini l’educazione alla democrazia, la partecipazione di tutti alla comunità fondata su un costante dialogo

Bambini e bambine giocano insieme in una scuola materna. (Sun Kids/Shutterstock)

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20 VERSO LE COMPETENZEVERSO LE COMPETENZE 21

PERCORSO 1 PERCORSO 1

Mettiti alla prova con gli esercizi interattivi

CHE COSA SO?

1. Risposta multipla Completa le affermazioni sce-gliendo quella che reputi corretta.

1. Ellen Key considera la maternità:a. necessaria per lo sviluppo socialeb. non necessaria per lo sviluppo socialec. necessaria per lo sviluppo economico di un

Paesed. limitante per le donne operaie

2. Ellen Key era contraria:a. all’impiego lavorativo delle donne perché erano

sottopagate e non adeguatamente valorizzateb. all’impiego lavorativo delle donne che erano co-

strette ad affidare precocemente i loro figli ascuole inadeguate

c. all’affidamento precoce alle scuole dei bambiniche invece dovevano essere istruiti in famiglia

d. all’educazione alla libertà e all’autonomia dipensiero e di giudizio

3. Per le sorelle Agazzi i bambini dovevano ritrova-re alla scuola materna:a. lo stesso calore e accoglienza garantito dalla

figura paternab. l’ambiente di apprendimento ideale per impa-

rare a leggere e a scriverec. un ambiente chiuso e strutturato per gli appren-

dimenti disciplinarid. lo stesso calore materno che lasciavano a casa

2. Vero/Falso Indica se le affermazioni sono vereo false.a. L’educazione fondata sulla libertà non

può che garantire l’esercizio della pace. V F

b. Maria Montessori appoggiò il regimefascista. V F

c. Giuseppina Pizzigoni propose unadidattica molto innovativa per l’epocache prevedeva attività di istruzione eformazione per bambine e bambini astretto contatto con la natura. V F

d. Aldo Capitini diede un contributoessenziale allo sviluppo dell’educazionedemocratica e non violenta. V F

3. Risposta aperta Rispondi alle domande in mas-simo 5 righe.a. Secondo Maria Montessori quali sono i compiti

dell’educatore?b. Che cosa intende Montessori per «mente assor-

bente»?c. Maria Montessori si occupò di bambini disabili?

CHE COMPETENZE APPLICO?

8. Esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni

A. In massimo 5 righe proponi una descrizione del concetto di “scuola inclusiva” utilizzando le seguen-ti parole e/o perifrasi:

comunità educante • visione scolastica partitiva • accoglienza

B. In massimo 5 righe proponi una descrizione del concetto di “omnicrazia” utilizzando le seguenti pa-role e/o perifrasi:

democrazia • partecipazione • inclusione non omologante

9. Comprendere le informazioni scritte

A. Completa il testo scegliendo in ciascuna coppia le parole o perifrasi appropriate:

della scuola come comunità educante • scolastica partitiva

avulsi dai contesti • inclusi in percorsi

Una tale visione si contrappone alla visione ……………………………………, segregante ed escludente, che fonda la

sua didattica esclusivamente su interventi individualizzati destinati a singoli soggetti ……………………………………

educativi generali e comuni.

10. Imparare a imparare, mantenere il proprio benessere fisico ed emotivo, empatizzare e gestire il con-flitto: Il public speaking - parlare in pubblico

A. Esegui una ricerca su Internet sul public speaking e sulle competenze che si ritengono necessarieper poter raccontare le proprie idee ed esperienze in pubblico.

B. Descrivi ai tuoi compagni, in massimo 3 minuti:• i risultati della tua ricerca• la modalità utilizzata per la raccolta ed elaborazione delle informazioni• la modalità di formulazione ed espressione delle argomentazioni

C. Puoi utilizzare per la descrizione un PowerPoint di non più di 3 slide

D. Esegui, infine, un’autoriflessione sull’attività che hai svolto:• sei riuscito a formulare ed esprimere le tue argomentazioni in modo convincente e appropriato?• sei consapevole dell’impatto della lingua sugli altri?• come verifichi i risultati del tuo public speech?

CHE COSA SO FARE?

METODO DI STUDIO

4. Uso appropriato del lessico Usando i seguen-ti termini ed espressioni in modo appropriato, inmassimo 15 righe, proponi una spiegazione dispazio educativo a misura di bambino:accoglienza • inclusione • individualizzazione

5. Uso appropriato del lessico Usando i seguen-ti termini ed espressioni in modo appropriato, inmassimo 15 righe, proponi una spiegazione delconcetto montessoriano di “autoeducazione”:potenzialità • libero sviluppo • forza spirituale

6. Costruire una mappa Costruisci una mappa cheriassuma gli aspetti più importanti del percorso.

7. Argomentare una tesi e sostenere le proprieopinioni Scrivi una tua riflessione, in massimo10 righe, prendendo spunto dalla seguente do-manda:Condividi le affermazioni di Capitini in relazione al-la «omnicrazia» e «nonviolenza» che devono esse-re sostenute da un costante dialogo reale fondatosu valori morali, spirituali e di solidarietà comuni cheescludono ogni forma di sopraffazione, prevaricazio-ne o imposizione?

• Competenze alfabetichefunzionali

• Competenze personali,sociali e di apprendimento

• Competenze digitali

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PERCORSO 2La pedagogia speciale 23

percorso

2La pedagogia speciale

in una didattica speciale alla quale contribuiscono, in relazione alle loro com-petenze, insegnanti, genitori, medici, pedagogisti, psicologi, assistenti sociali.

I primi tentativi d’insegnamento speciale li ritroviamo nelle proposte opera-tive di Ovide Decroly (1871-1932), medico, psicologo e pedagogista belga che si dedicò, ai fini della loro inclusione scolastica e rieducazione, ai bambini che egli chiamava bambini «non regolari». Anche Decroly, come Maria Montesso-ri, si rese conto che era necessaria una profonda riforma del sistema scolastico tradizionale e dei principi pedagogici sui quali era fondato, inefficaci per una reale funzionalità dell’insegnamento speciale, volto all’eliminazione delle cause del disadattamento dei bambini disabili che non trovavano realtà scolastiche inclusive.

VideomappaLa pedagogia speciale

Una scuola che vuole essere pienamente accogliente e inclusiva e soprattutto vuole rea-lizzare spazi educativi “su misura”, deve consapevolmente strutturare percorsi individualiz-zati, secondo un approccio olistico, che consideri lo studente come persona complessa e multidimensionale. Lo studente ha proprie caratteristiche personali, socio-culturali e bio-logiche, che non possono e non devono essere sottovalutate. Esse richiedono, dunque, un’attenta osservazione psicologica che possa evidenziare il suo adattamento emotivo, la sua affettività, le sue reali esigenze e motivazioni espresse e non. Soltanto in questo mo-do la scuola potrà offrire a ciascuno dei suoi studenti adeguate e funzionali opportunità di crescita e risposte educative inclusive.

Le parole chiave di questo percorso sono: pedagogia speciale, indivi-dualizzazione, edu-cazione funzionale, École active.

Pedagogia specialeOvide DecrolyLa pedagogia speciale è considerata l’evoluzione della originaria pedagogia differenziale. Con il termine pedagogia differenziale ci si riferiva all’insieme delle ricerche e delle tecniche mediante le quali veniva presa in esame la situa

zione educativa delle bambine e dei bambini che presentavano difficoltà nel loro sviluppo, al fine di recuperare la loro disabilità, di prevenire inibizio-ni allo sviluppo o sviluppi “sbagliati” mettendo a punto piani di interven-ti differenziati e individualizzati, cioè adeguati a fornire loro le migliori

opportunità educative, relazionali e d’integrazione nell’ambiente sociale. Oggi si preferisce il termine pedagogia speciale, che esclude compiti

“curativi” e si concentra sulla realizzazione, nei limiti imposti dalle varie, diver-se e particolari situazioni soggettive, di obiettivi propri di un percorso di crescita volto all’armonico sviluppo dell’intera personalità e socialità del disabile e per l’attuazione di un suo realizzabile progetto di vita futuro personale e socia-le. La pedagogia speciale, dunque, attinge alle scienze biologiche, psicologiche e neurologiche applicate all’educazione dei disabili per realizzarsi pienamente

Parola 1

Pedagogia differenziale Na-ta nei primi anni del Novecen-to, era il settore della pedagogia che si occupava dell’educazione dell’infanzia “irregolare”.

Ovide DecrolyOvide Decroly nacque a Renaix nel 1871, un Comune bel-ga situato nella regione fiamminga. È un giovanissimo neuropsichiatra quando comincia a occuparsi di psicope-dagogia dell’età evolutiva e di rinnovamento dei percorsi di apprendimento nelle scuole infantili. Le sue idee per una scuola nuova le espone nelle opere Una scuola per la vi-ta attraverso la vita e Vers l’école rénovée, pubblicati nel 1921. In essi egli considera il movimento in favore del rinno-vamento didattico una necessità per risolvere i problemi dell’educazione dei giovani in un periodo storico partico-larmente complesso come quello del dopoguerra. Le sue riflessioni, diffuse attraverso testi specifici pubblicati tra il 1921 e il 1932, diedero un notevole contributo pedagogi-co allo sviluppo di una scuola sensibile ai bisogni dei bam-bini, attenta alla valorizzazione della loro spontaneità e al-

la realizzazione di percorsi formativi calibrati alla loro età. Nel 1901 fondò la “scuola per i bambini irregolari” e nel 1907 aprì la scuola dell’Ermitage, tuttora esistente, a Ixel-les, un Comune belga situato nella Regione di Bruxelles, dove ebbe modo di sperimentare le sue ipotesi didattiche e le sue tecniche di osservazione per individuare quella che lui chiama la «tendenza dominante» del bambino e sostenere il suo «slancio vitale». Tali tecniche, che aveva in precedenza applicato per i bambini disabili, si dimostraro-no utilissime anche per i bambini normodotati.

Fu particolarmente interessato alla pedagogia di Cla-parède e di Dewey, di quest’ultimo tradusse in francese l’opera Come pensiamo. Nel 1930 si ammalò gravemente e morì a Uccle due anni dopo.

L’AUTORE

Un gruppo di alunni ciechi riconoscono un’anatra toccandola durante una lezione di zoologia in una scuola tedesca nel 1930. (Getty Images)

Una bambina cieca legge con l’ausilio del metodo Braille. (Wave Break Media/Shutterstock)

VUMARK 002

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24 PERCORSO 2La pedagogia speciale

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 25

Ereditarietà o ambiente?Decroly nell’opera Il trattamento e l’educazione dei fanciulli irregolari, del 1925, a proposito delle cause del disadattamento si pone di fronte al dilemma “eredita-rietà o ambiente”, tradizionalmente posto dai teorici e dagli educatori. I primi sostengono quale principio di causalità del deficit l’ereditarietà che impone al fanciullo determinate caratteristiche poco favorevoli che l’educazione non può in alcun modo mutare; mentre i secondi ritengono determinante l’ambiente edu-cativo, capace di trasformare e risolvere qualunque situazione di minorazione.

Secondo Decroly la soluzione sta nel considerare le caratteristiche di nascita indelebili, ma comunque modificabili per l’influenza dei genitori, dell’ambien-te sociale e soprattutto dagli interventi educativi speciali, perché adeguati a

situazioni di non “normalità”, attivati da una scuola che deve avere caratteristiche di inclusività positiva e stimolante.

È fondamentale, infatti, considerare che l’eredi-tarietà può essere la causa prima della disabilità, e che su di essa l’educatore non può nulla, ma si do-vrà operare attraverso l’ambiente, l’educazione e l’insegnamento speciale per offrire opportunità di crescita e strumenti, se non risolutivi, migliorativi, non perdendo mai la fiducia nell’efficacia della for-mazione e nella grande molteplicità di adattamenti che essa permette.

IndividualizzazionePer Decroly è importante non perdere mai di vista la situazione reale e pro-porzionare gli obiettivi che ci si propone di raggiungere alle capacità fisiche e mentali dell’individuo in un ambiente sapientemente strutturato e individua-lizzato per i singoli specifici casi. Decroly insiste molto sul ruolo dell’ambiente perché questo, se non adeguato e se non inclusivo, facilmente diviene una causa efficiente di degenerazione, di disadattamento e di emarginazione sociale, con-traria a qualunque principio di civiltà.

Le sue esperienze di insegnamento speciale, documentate in modo pun-tuale, furono molto positive e lo convinsero ad applicare la stessa didattica a bambini “normali”, inizialmente nel ciclo elementare e successivamente nella scuola infantile e nella scuola secondaria inferiore e superiore. Le attività pro-poste nella sua scuola di Uccle, nella periferia di Bruxelles, furono accompagna-te da osservazioni e attività di ricerca psicopedagogica per le quali si avvalse di colleghi psicologi e pedagogisti che contribuirono alla strutturazione delle sue teorie educative relative ai centri d’interesse individuali dei bambini, intorno ai quali è necessario far gravitare tutte le attività d’insegnamento, e alla funzione di globalizzazione nei processi di apprendimento.

Centri d’interesseNel 1921 Decroly pubblica una delle sue opere principali, Verso la scuola rinnova-ta, dove, dopo aver evidenziato i difetti dell’educazione tradizionale, propone come provvedimento risolutivo un programma scolastico con le seguenti carat-teristiche: la scuola deve preparare i bambini alla vita sociale iniziandoli in mo-do pratico alla vita stessa. A tal fine è fondamentale che il fanciullo sia guidato alla conoscenza della sua personalità perché prenda coscienza del suo io, dei

Parola 2

Trattamento educativoL’insegnamento speciale, per essere davvero funzionale, dovrà prevedere un at-tento trattamento educativo che è suddiviso in sei diversi aspetti fondamentali: 1. educazione sensoriale: riconoscimento di sensazioni esterne che stimolano

i nostri centri nervosi e attivano la memoria, sensazioni interne cenestesi-che, come per esempio fame, sete, freddo, dolore, tristezza, piacere, bisognodi movimento;

2. educazione motoria: consapevolezza del movimento come risposta a unostimolo rappresentato da bisogni e sentimenti;

3. educazione affettiva: gestione delle emozioni, dei sentimenti e della volon-tà, autocontrollo dell’aggressività e degli istinti sessuali;

4. educazione intellettuale: sviluppo della capacità di comprensione, di forma-zione di idee concrete e astratte, di espressione di giudizi;

5. educazione linguistica: sviluppo dell’espressione verbale e della comuni-cazione, attraverso strategie specifiche atte a semplificare e incrementare leinterazioni comunicative;

6. orientamento professionale: consapevolezza delle proprie inclinazioni, at-titudini e potenzialità, conoscenza del mercato del lavoro, acquisizione dicognizioni tecnico-professionali.

Cenestèsico Che attie-ne alla cenestèsi, parola (composta di ceno, dal greco koinós “comune”, ed -estesia, dal greco áisthēsis “sensazione”) che indica il complesso delle sensazioni che na-scono dal funzionamen-to del corpo umano, e che si concretizza in un senso di benessere o di malessere.

Il filo del discorso

attraverso

mira a realizzare

Educazione sensoriale

Educazione intellettuale

Educazione motoria

Educazione affettiva

Educazione linguistica

Orientamento professionale

Armonico sviluppo della personalità del fanciullo disabile

PEDAGOGIA SPECIALE

Due bambini comunicano con il linguaggio dei segni in una scuola irlandese per sordi. (Daragh McSweeney/Provision)

Una fisioterapista accompagna due bambini affetti da poliomelite in esercizi per gli arti inferiori in un istituto americano nel 1955. (Charles Farmer/Public Health Image Library)

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26 PERCORSO 2La pedagogia speciale

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 27

suoi bisogni, aspirazioni e fini, e alla conoscenza delle condizioni dell’ambiente naturale e umano nel quale vive, dal quale dipende e nel quale agisce.

In questo percorso di conoscenza e d’interazione con l’ambiente il fanciullo, guidato dall’insegnante, è animato dai suoi interessi e ciò gli facilita l’assimi-lazione delle nozioni che fanno parte del programma e il soddisfacimento dei suoi fondamentali bisogni vitali primordiali che per Decroly sono:• bisogno di nutrizione, al quale si collegano la respirazione e il possesso;• bisogno di proteggersi dalle intemperie;• bisogno di difendersi dai pericoli;• bisogno di interagire con solidarietà con gli altri, di ricrearsi e di migliorarsi,

al quale si aggiungono il riposo, la comunità, il mutuo aiuto.È fondamentale che le attività scolastiche siano organizzate per il soddisfaci-

mento di questi bisogni che sono per il fanciullo i suoi centri d’interesse. Le at-tività didattiche saranno davvero efficaci se saranno graduate e adattate all’età dei bambini. Esse dovranno prevedere esercizi di osservazione, di confronto, esercizi linguistici, di ortografia, esercizi fisici generali (ginnastica). L’insegna-mento, infine, deve essere coinvolgente, prevedere giochi istruttivi, privilegiare il rispetto, la confidenza, lo sviluppo dell’iniziativa, del senso di responsabilità e della solidarietà.

Si rompe così l’unitarietà disciplinare che dà una visione settoriale e analitica della conoscenza a favore dell’interdisciplinarità, dell’organicità della cultura che inoltre viene acquisita non attraverso l’insegnamento cattedratico ma attra-verso attività di ricerca, osservazione e riflessione sulle esperienze dirette delle bambine e dei bambini.

GlobalismoDecroly nel 1929 espose nella sua opera La funzione di globalizzazione e l’inse-gnamento i presupposti teorici del suo pensiero pedagogico, derivati dalle sue attente osservazioni sull’interesse e la motivazione delle bambine e dei bambi-ni a osservare e apprendere. Egli partì dalla constatazione che l’attività cono-scitiva preferenziale nel bambino è la percezione della globalità, un insieme di dati associati da non confondere con la sintesi. La globalità, infatti, è relativa a un insieme di elementi non ancora discriminati e differenziati; la seconda, invece, avviene dopo un lavoro di analisi, di riflessione e generalizzazione. Di conseguenza qualunque attività di apprendimento nel bambino deve partire da un approccio globale, che gli permette di cogliere l’insieme indistinto in una visione sincretica e semplice, per poi procedere all’esame dei vari elementi distinti da ricostruire, infine, attraverso la sintesi che permette di avere piena consapevolezza della complessità.

I bambini, anche nell’apprendimento della lettura e della scrittura, utilizzano il globalismo ed essi, infatti, appaiono molto più attratti dalla lettura se si pre-senta loro una parola completa accompagnata da un’immagine che la esprime.

Il metodo globale offre ai bambini l’opportunità di creare in modo imme-diato un’associazione tra il segno grafico, percepito con la vista, il suono della parola udita, e l’articolazione del suono della parola pronunciata. In questo modo, la lettura e la scrittura di complete parole, diversamente dalle sillabe

insignificanti, possono evocare idee e concetti, oggetti e situazioni familiari, divenendo funzionali allo sviluppo delle capacità percettivo-cognitive del bam-bino. Tale processo avviene spontaneamente nel bambino che così apprende in modo naturale e motivato senza sforzo mnemonico meccanico assecondando la funzione principale della sua mente che è fondamentalmente predisposta per cogliere stimoli, eventi, elementi dell’esperienza in modo indistinto.

Il metodo globale, i centri d’interesse, la teoria sui bisogni primari, il princi-pio di individualizzazione hanno inciso in modo rilevante sullo sviluppo della pedagogia e della didattica che si sono rinnovate ed evolute ulteriormente sino alle attuali proposte formative.

Visione sincretica Nel-la psicologia dell’età evolutiva, quella propria dell’età infantile, la per-cezione che tende a co-gliere la realtà esterna non nei suoi particolari, ma in modo globale.

Educazione funzionale

Édouard ClaparèdeLa psicologia funzionale ha avuto origine in America grazie agli studi di Wil-liam James (1842-1910), filosofo e psicologo statunitense che, alla Harvard Uni-versity, fondò il primo laboratorio statunitense di psicologia sperimentale. Egli applicò alla psicologia il punto di vista pragmatistico, secondo il quale ciò che importa è l’azione che è sempre guidata dal pensiero che è costantemente funzionale alla vita.

James ebbe grande influenza e fascino sui giovani del suo tempo, che si ap-passionavano nel leggere le sue Conversazioni pedagogiche (raccolte in Talks to te-achers on psychology and to students on some of life’s ideals del 1899). Egli in quest’o-pera espose le sue teorie sul bambino, che considerava come un organismo in azione che agisce per adattarsi all’ambiente, mettendo in luce l’importanza del lato pratico dell’attività umana che la pedagogia precedente aveva quasi sem-pre trascurato.

Édouard Claparède (1873-1940), uno dei fondatori a Ginevra dell’Istituto J.-J. Rousseau (1912), centro tuttora molto attivo nel campo psicopedagogico, si occupò di educazione funzionale, intendendo con essa quell’educazione che ha valore imprescindibile in quanto costruita sui reali bisogni e interessi del bambino in preparazione alla vita adulta.

Parola 3

Il filo del discorso

si realizza attraverso

Ambiente strutturato

Soddisfacimento dei bisogni primari

Valorizzazione dei centri d’interesse

Metodo globale

INDIVIDUALIZZAZIONE

Zinaida Serebriakova, Ritratto del figlio Alexandre che disegna nello studio dell’artista, 1922. (Collezione privata)

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28 PERCORSO 2La pedagogia speciale

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 29

Egli raccolse nel 1931 numerosi articoli e i risultati dei suoi studi specifici nell’opera L’éducation fonctionnelle, dove mostra di aver affrontato le proble-matiche pedagogiche essenzialmente da psicologo più che da educatore, nella consapevolezza che l’approccio psicologico è fondamentale per comprendere meglio come poter intervenire nella soluzione di situazioni scolastiche parti-colarmente problematiche.

Per Claparède è importante rimanere convinti che i bisogni e gli interessi dei bambini hanno una profonda realtà psicologica propria della fanciullezza che ciascun insegnante deve sempre considerare. Egli, infatti, deve poter con-formare necessariamente i suoi interventi a essa, affrontando anche eventuali problemi di adattamento emotivo nella convinzione che l’emozione costitui-sca una risorsa organica utilissima per accrescere negli studenti l’autostima e la qualità degli apprendimenti. Le bambine e i bambini, infatti, non sono donne e uomini in miniatura, perché l’infanzia ha una sua specifica funzione nella vita della specie e dell’individuo che non deve essere sottovalutata. Essa, dunque, non deve essere considerata una fase transitoria da superare il più in fretta pos-sibile. L’infanzia richiede cura, rispetto e attesa per darle la possibilità di ma-nifestarsi in modo spontaneo in tutte le sue tipiche caratteristiche che sono la curiosità, l’imprevedibilità, l’impetuosità, la motricità, gli interessi, la ricerca, il gioco e l’imitazione.

L’infanzia, dunque, deve essere considerata come il periodo indispensabile per lo sviluppo delle attitudini di cui l’adulto avrà bisogno, secondo il principio che più la bambina e il bambino avranno vissuto la loro infanzia pienamente e meglio potranno divenire donne e uomini maturi.

Claparède riconosce che tali postulati psicopedagogici della teoria dell’edu-cabilità funzionale sono stati già enunciati nell’opera di Rousseau che affer-mava che l’educazione ha davvero senso soltanto se si riconosce il significato positivo che si attribuisce all’infanzia, come momento determinante e condizio-nante l’intero sviluppo di un individuo. L’infanzia, la fanciullezza e l’adolescen-za hanno un enorme valore funzionale e devono, dunque, essere considerate fasi di uno sviluppo che non deve in alcun modo prevedere salti o forzature; di-versamente si rischia di strappare al bambino la sua stessa età, che lentamente e spontaneamente gli permette di crescere da tutti i punti di vista: fisico, cogni-tivo, affettivo, comportamentale, morale e socio-relazionale.

Gli interessi e i bisogniClaparède nella sua riflessione sull’educazione funzionale considera centrali i concetti di interesse e di bisogno. Egli li presenta come elementi necessari per l’individuo e per il suo adattamento all’ambiente. L’interesse in un individuo è sempre il sintomo della presenza di un bisogno. Nel senso che un individuo mostra un interesse quando ritiene necessario intervenire con un suo partico-lare atteggiamento o comportamento per il soddisfacimento di un bisogno fondamentale, che gli permette di autoregolarsi e di mantenere il giusto equi-librio nel rapporto tra sé e il mondo. La rottura dell’equilibrio in un organismo è ciò che Claparède chiama «bisogno» ed è sempre il movente primitivo. Se, per esempio, un organismo ha bisogno di acqua è perché difetta di acqua e a tal fine attuerà comportamenti e reazioni adatte a soddisfare tale bisogno. L’interesse è quindi sempre il motore della condotta umana finalizzata a mantenere, pre-servare o restaurare l’integrità e l’equilibrio di un organismo. Nel momento in cui la funzione autoregolativa non può avvenire, l’organismo non riesce ad adattarsi e muore. La vita, dunque, non è altro che la continua ricerca del giu-sto equilibrio.

Claparède parla di legge del bisogno per esprimere la coordinazione fonda-mentale tra i bisogni e le reazioni relative, considerando il bisogno un agente eccitante, per cui: in ciascun individuo ogni bisogno tende a innescare le rea-zioni adatte al suo soddisfacimento. Egli chiarisce che “tende a innescare” e non “innesca”, perché spesso capita che queste reazioni sono ostacolate da altri bisogni interferenti o da semplice mancanza d’interesse o mancanza di corri-spondenza tra l’oggetto e i bisogni reali presenti nel soggetto. Perché si abbia

Édouard ClaparèdeÉdouard Claparède ha dedicato la sua vita all’osservazio-ne degli aspetti psicologici dell’educazione e alle oppor-tunità offerte da essi nei percorsi formativi dei bambini.

Nasce a Ginevra nel 1873 da una famiglia di pastori protestanti che gli permette di coltivare i suoi interessi na-turalistici, la sua formazione culturale scientifica e i suoi sentimenti religiosi. Presso la facoltà di Scienze ginevrina si laurea in Medicina, segue l’insegnamento di psicologia sperimentale e ha l’opportunità di conoscere William Ja-mes, del quale ammirava la teoria della psicologia funzio-nale ed emotiva, che tanto condizionerà la formazione della sua visione dell’educazione funzionale.

Claparède espone le sue idee psico-pedagogiche in mo-do particolare nell’opera L’école sur mesure (“La scuola su misura”) del 1920, tradotto in italiano oltre trent’anni do-po, precisamente nel 1952. Nel testo egli afferma che la scuola può essere considerata davvero “a misura di bam-bino”, e quindi funzionale alla sua crescita, soltanto se gli insegnanti riescono a conoscerne adeguatamente la realtà psicologica. I bisogni e gli interessi dei singoli studenti so-no specifici e si manifestano sempre in modo particolare

e singolare alle osservazioni psicologiche: è tale particola-rità e singolarità che l’educatore deve cogliere se vuole es-sere davvero efficace nell’azione educativa. Diversamen-te le sue azioni saranno inutili e non funzionali. Questa convinzione viene confermata anche nell’apertura della sua Autobiografia del 1952 quando scrive che «ogni vita è unica come lo è un fiume che nel suo scorrere serpeggia in un modo suo particolare». È pertanto fondamentale che nell’educazione l’insegnante sappia cogliere, attraver-so l’osservazione psicologica, tale particolarità per cono-scere realmente e in profondità gli interessi, le specificità e le reali esigenze dello studente. Soltanto in questo mo-do l’educazione potrà dare i suoi frutti e potrà far vivere al bambino pienamente la sua vita preparandolo alla vita futura.

Claparède muore a Ginevra nel settembre del 1940 senza riuscire a vedere la pubblicazione del suo ultimo libro Morale e Politica, nel quale mette in risalto il suo im-pegno sociale, i suoi ideali di coerenza e giustizia, il suo patriottismo e la sua personale visione di un’Europa fon-data sulla pace e sulla tolleranza.

L’AUTORE

A sinistra, Winslow Homer, Snap the Whip,1872. (New York, Metropolitan Museum of Art)

A destra, bambini e bambine si lavano e imparano a prendersi cura di sé in una scuola per l’infanzia. (Oleg Vinnichenko/Shutterstock)

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30 PERCORSO 2La pedagogia speciale

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 31

eccitazione, cioè spinta ad agire, è necessario che ci sia nel soggetto una certa sensibilizzazione all’elemento eccitante, cioè è necessario che, in quel partico-lare momento, ci sia una disposizione a essere stimolati. In assetto educativo, per esempio, un qualunque oggetto estraneo non è di per sé stimolante, ma è necessario che esso sia adeguato ai bisogni generali o momentanei dell’alunno perché diventi stimolo attraente per l’attenzione e l’apprendimento.

Alla legge del bisogno corrisponde la legge dell’interesse. L’interesse è ciò che si manifesta a un dato momento nel soggetto ed esprime una relazione uti-litaristica tra il soggetto e l’oggetto. Esso, dunque, ha valore di azione, perché risponde a un bisogno: l’oggetto che è lo strumento che ci permette di soddi-sfare un bisogno diventa per noi, in quel momento, interessante da raggiungere e ci attiviamo per appropriarcene. Pertanto, la legge dell’interesse può essere la seguente: ogni azione consiste nel raggiungere un obiettivo che ci preme in uno specifico momento.

La legge dell’interesse-bisogno ha ricadute educative importanti e sottolinea, ancora una volta, la necessità di collocare la bambina e il bambino con i loro interessi e i loro bisogni al centro degli interventi educativi: Claparède a questo proposito, nella sua opera La scuola su misura, parla di «rivoluzione copernicana dell’educazione».

Autonomia funzionaleIn relazione alla sua affermazione della necessità della realizzazione di una scuola su misura, Claparède formula la legge dell’autonomia funzionale che egli ritiene di grandissima importanza per l’educatore. Per Claparède infatti un individuo, in ogni specifico momento del suo sviluppo, deve essere considera-to un’unità funzionale, perché le sue capacità di reazione sono relative ai suoi reali bisogni in quel particolare momento.

Ciò vuol dire che bambine e bambini devono necessariamente essere con-siderati in se stessi e non come esseri imperfetti, cioè donne e uomini incom-

pleti, ma individui con la loro autonomia. Tale legge permette di comprendere il processo educativo da un altro punto di vista: esso è rivolto a fanciulli che sono individui autonomi e completi, che hanno una pro-pria personalità, una propria emotività e affettività, pertanto esso non deve essere considerato un mo-mento di preparazione alla vita, ma la vita stessa in un momento ben preciso della fase di crescita e di sviluppo cognitivo.

L’educatore, secondo Claparède, sarà un eccel-lente educatore soltanto se saprà essere alleato della natura del fanciullo: egli deve assecondare la natura, trattando gli alunni secondo la loro età perché ciascu-na età ha le sue specifiche energie che la mettono in movimento. Pertanto, è fondamentale evitare gli inefficaci e desolanti comuni metodi scolastici, che sono causa di insofferenza negli studenti, sovraccari-

cati nella memoria dalla quantità eccessiva di conoscenze da apprendere, e che non consentono la necessaria attenzione al loro equilibrato sviluppo intellet-tuale, psichico e morale e all’acquisizione di adeguate competenze.

L’organizzazione scolastica viene molto criticata da Claparède che si rende conto che è necessario un cambiamento radicale in essa e nelle idee di molti ge-nitori che comunque la sostengono ritenendola adeguata. Questi, infatti, riten-gono indispensabile che la bambina e il bambino si formino attraverso gli sforzi e il rispetto di rigidi doveri e per il semplice rispetto di una disciplina astratta. L’errore fondamentale che qui si commette è legato al fatto che si dimentica che il bambino ha degli obiettivi per lui validissimi ma che non corrispondono ai valori degli adulti. Questi, che si riferiscono alle necessità della vita sociale, agli impegni di lavoro, agli ideali di onestà, ai doveri morali, sociali ed econo-mici, non esistono nella vita delle bambine e dei bambini e non devono esiste-re. Essi esercitano soltanto una semplice funzione capace di sostituirli tutti: il gioco: «Nel bambino il gioco è lavoro, è ciò che è bene, è il dovere, è l’ideale di vita. È l’unica atmosfera nella quale il suo essere psicologico possa respirare e, per conseguenza, possa agire.» (É. Claparède, Psicologia del fanciullo, trad. it. B. Garau e G. Petter, Editrice universitaria, Firenze 1955).

Il filo del discorso

è costruita su

è rivolta a

Bambini considerati come unità funzionali

Interessi e bisogni dei bambini

EDUCAZIONE FUNZIONALE

École activeAdolphe FerrièreParticolarmente sensibile alla necessità di una riforma immediata della scuo-la è Adolphe Ferrière (1879-1960), che nota come essa sia ormai invecchiata sia a livello organizzativo che nei suoi scopi e mezzi. Ferrière è convinto che la decadenza della scuola tradizionale sia essenzialmente dovuta al suo attacca-mento a un passato ormai superato, considerato il progresso permesso dalla ricerca psicologica in campo educativo, e al ritorno a una didattica coercitiva e autoritaria, fondata sul controllo e sulla punizione, ritenuta irragionevolmente necessaria per frenare l’emancipazione dei giovani.

Parola 4

Kazimir Malevic, Bambini sul prato, 1908. (Mosca, Museo Puskin)

Un bambino gioca con bottoni e tappi di bottiglia durante un laboratorio sul riuso creativo di materiali di recupero.

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SINTESI 3332 UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

Una vera riforma della scuola, una reale école active, può essere realizzata a patto che le autorità scolastiche siano gestite da personale qualificato non solo a livello amministrativo ma soprattutto a livello psico-pedagogico, e che siano disposte ad ascoltare tutti coloro che sono interessati al miglioramento della scuola perché personalmente coinvolti: studenti, genitori e insegnanti.

Per Ferrière sono essenzialmente tre i punti critici che caratterizzano la deca-denza della scuola: l’autoritarismo, il dogmatismo e l’intellettualismo.

L’autoritarismo impedisce agli alunni di esprimere liberamente i loro pen-sieri e svolgere autonomamente le loro attività; il dogmatismo impone cono-scenze considerate vere e indiscutibili, annullando di fatto l’interesse personale, la curiosità, la ricerca, il volere conoscere direttamente attraverso l’esperienza e il succedersi degli avvenimenti che le circostanze della vita impongono; l’in-tellettualismo dà assoluta priorità all’intelletto e con il suo costante eccessivo razionalismo alimenta l’individualismo egoista che porta donne e uomini alla decadenza spirituale e all’analfabetismo emotivo, causa prima della mancanza di solidarietà e benevolenza nell’umanità, della perdita del sentimento di ap-partenenza sociale.

È necessario riconsiderare la scuola come luogo in cui alunne e alunni pos-sano liberamente avere l’opportunità di scegliere, volere e compiere in modo autonomo e consapevole, senza costrizioni, sanzioni e punizioni, ma attraver-so una metodologia che si ispiri agli ideali della scuola attiva. Questa, infatti, stimola l’esplorazione dell’ambiente, l’apprendimento collaborativo, le intera-zioni sociali che favoriscono la cooperazione e la creazione collettiva che per-mettono la piena realizzazione dell’individuo.

La pedagogia speciale (evoluzione della pedagogia differenziale) costituisce il com-plesso degli interventi pedagogici per l’integrazione degli alunni con disabilità. Tali interventi escludono compiti “curativi”, ma si concentrano sulla realizzazione, nei li-miti imposti dalle varie e particolari situazioni soggettive, di obiettivi propri di un per-corso di crescita volto all’armonico sviluppo dell’intera personalità e socialità del di-sabile al fine della realizzazione di un suo progetto di vita futuro personale e sociale.

Decroly, affrontando il problema “ereditarietà-ambiente”, afferma che l’eredita-rietà può essere la causa prima della disabilità, ma che si dovrà operare attraverso l’ambiente, l’educazione e l’insegnamento speciale per offrire opportunità di cre-scita e strumenti, se non risolutivi, migliorativi, non perdendo mai la fiducia sull’ef-ficacia della formazione e sulla molteplicità di adattamenti che essa permette.

Per questo scopo Decroly si avvale di un approccio sincretico cognitivo, che con-duce all’elaborazione del metodo globale: un metodo che offre a tutti i bambini l’op-portunità di creare in modo immediato associazioni tra segno grafico, il suono della parola e articolazione del suono della parola pronunciata.

Claparède introduce il concetto di educazione funzionale, riferito a quel tipo di educazione che ha valore in quanto costruita sui reali bisogni e interessi del fanciullo in preparazione alla vita adulta.

La necessità di una riforma della scuola tradizionale appare urgente a Ferrière, che individua i punti critici della decadenza di essa nell’autoritarismo, nel dogmatismo e nell’intellettualismo. Il filo del discorso

contrasta

promossa da

Intellettualismo

Autoritarismo

Dogmatismo

Cause della decadenza della scuola

Adolphe Ferrière

ÉCOLE ACTIVE

Percorso 2 La pedagogia speciale

Le parole e i concetti

La PEDAGOGIA SPECIALE ha come obiettivo lo sviluppo della personalità e socialità dei bambini disabili al fine della realizzazione di un loro futuro progetto di vita

Decroly propugna l’INDIVIDUALIZZAZIONE dell’apprendimento: ogni bambino deve essere guidato al soddisfacimento dei propri bisogni e interessi

Claparède affronta le problematiche pedagogiche con approccio psicologico nella sua EDUCAZIONE FUNZIONALE, costruita sui reali bisogni e inte-ressi del bambino

Ferrière propone l’ÉCOLE ACTIVE, una scuola che stimoli l’esplorazione dell’ambiente, l’apprendimento collaborativo e le interazioni sociali

Allievi giocano insieme in una scuola elementare. (Light Field Studios/Shutterstock)

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34 VERSO LE COMPETENZEVERSO LE COMPETENZE 35Mettiti alla prova con gli esercizi interattivi

PERCORSO 2PERCORSO 2

CHE COSA SO?

1. Risposta multipla Completa le affermazioni sce-gliendo quella che reputi corretta.

1. Una scuola che vuole essere non selettiva ma pienamente accogliente e inclusiva deve:a. riconoscere i reali bisogni degli alunni e delle

loro famiglieb. curare soprattutto che l’ambiente sia davvero

accoglientec. riconoscere le esigenze psico-pedagogiche de-

gli alunni, curarsi del loro adattamento emoti-vo per offrire loro reali e funzionali opportunità di crescita

d. garantire la libertà d’insegnamento dei docenti

2. Inizialmente Decroly si dedicò:a. all’integrazione dei bambini «non regolari»b. al recupero dei bambini che frequentavano la

scuola in modo irregolarec. all’integrazione dei bambini poveri e disagiatid. all’attività d’insegnamento del metodo sincre-

tico

3. Le intuizioni pedagogiche di Decroly che hanno inciso in modo determinante sull’evoluzione del-la pedagogia contemporanea sono: a. sincretismo, individualizzazione, handicapb. metodo globale, centri d’interesse, educazio-

ne funzionalec. metodo globale e visione sincreticad. metodo globale, centri d’interesse, teoria dei

bisogni primari, individualizzazione

2. Vero/Falso Indica se le affermazioni sono vere o false. a. Claparède sostiene che un individuo,

in ogni specifico momento del suo sviluppo, deve essere considerato come un’unità funzionale in grado di reagire con risposte funzionali ai suoi reali bisogni in quel particolare momento. V F

b. Ferrière considera la scuola tradizionale essenzialmente adeguata alla realtà e non bisognosa di riforme istituzionali. V F

c. Per Ferrière, una école active deve essere caratterizzata dal coinvolgimento di studenti, genitori, insegnanti e amministratori pubblici. V F

d. Per Ferrière l’intellettualismo alimenta l’altruismo e aiuta la comprensione degli stati emotivi che condizionano l’apprendimento. V F

3. Risposta aperta Rispondi alle domande in mas-simo 5 righe. a. Per Claparède è importante l’osservazione psi-

co-emotiva dello studente. Perché?b. Che cosa intende Claparède per «legge del biso-

gno» e «legge dell’interesse»?c. Descrivi i tre punti critici che per Ferrière caratte-

rizzano la decadenza della scuola

CHE COSA SO FARE?

METODO DI STUDIO

4. Uso appropriato del lessico Usando le seguenti espressioni in modo appropriato, in massimo 10 righe, fai una distinzione tra l’educazione senso-riale e l’educazione motoria:memoria • cenestesia

5. Uso appropriato del lessico Usando le seguenti espressioni in modo appropriato, in massimo 10 righe, spiega in cosa consiste l’approccio globa-le per Decroly:visione sincretica • analisi • sintesi

6. Costruire una mappa Costruisci una mappa che riassuma gli aspetti più importanti del percorso.

7. Argomentare una tesi e sostenere le proprie opinioni Scrivi una tua riflessione, in massimo 10 righe, prendendo spunto da una delle due se-guenti affermazioni: a. È necessario riconsiderare la scuola come luo-

go in cui gli studenti possano liberamente avere l’opportunità di scegliere i loro percorsi formativi senza costrizioni.

b. Il dogmatismo impone conoscenze considerate vere e indiscutibili, annullando di fatto l’interesse personale, la curiosità, la ricerca.

CHE COMPETENZE APPLICO?

8. Esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni

A. In massimo 5 righe, spiega la differenza tra:

pedagogia differenziale • pedagogia speciale

B. In massimo 5 righe, proponi una descrizione del concetto di “progetto di vita” utilizzando le seguen-ti parole e/o perifrasi:

crescita • sviluppo armonico

9. Comprendere le informazioni scritte

A. Completa il testo scegliendo in ciascuna coppia le parole o perifrasi appropriate:

speciale • generale

dei propri limiti • delle proprie inclinazioni

Per Decroly l’insegnamento …………………………………… deve necessariamente prevedere anche l’orientamento

professionale per rendere consapevole il disabile ……………………………………, attitudini e potenzialità, fargli co-

noscere il mercato del lavoro, fargli acquisire cognizioni utili per la sua formazione tecnico-professionale.

10. Imparare a imparare, mantenere il proprio benessere fisico ed emotivo, empatizzare e gestire il con-flitto: il public speaking - parlare in pubblico - il debate

A. Rifletti sulle affermazioni di Claparède relative alla legge del bisogno e in particolare sul fatto che egli considera il bisogno un agente eccitante, per cui in ciascun individuo ogni bisogno tende a innescare le reazioni adatte al suo soddisfacimento

B. Presenta ai tuoi compagni la tua idea al riguardo, in massimo 3 minuti

C. Esegui, infine, un’autoriflessione sull’attività che hai svolto:• sei riuscito a formulare ed esprimere le tue argomentazioni in modo convincente e appropriato?• sei consapevole dell’impatto della lingua sugli altri?• come verifichi i risultati del tuo public speech?

• Competenze alfabetiche funzionali

• Competenze personali, sociali e di apprendimento

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PERCORSO 3Le scuole progressive negli Stati Uniti 37

percorso

3Le scuole progressive negli Stati Uniti

che permettono di creare ambienti di apprendimento coinvolgenti ed efficaci: il fare ovvero la produzione, il consumare ovvero la fruizione, l’indagine ov-vero la ricerca, l’addestramento ovvero la padronanza.

A queste quattro azioni corrispondono quattro tipi fondamentali di progetti che assumono caratteristiche diverse a seconda della loro finalità: progetti di produzione che mirano alla costruzione di un prodotto; progetti di consumo, relativi alla fruizione di un prodotto finito; progetti di problemi, che hanno come finalità la soluzione di una situazione problematica; progetti di addestra-mento, relativi all’acquisizione di livelli di padronanza specifici in relazione a specifiche competenze.

Il suo impianto psicopedagogico-filosofico è dunque fortemente caratteriz-zato da una concezione pragmatistica socializzante nella convinzione che la scuola svolga un ruolo fondamentale non solo per l’apprendimento cognitivo, ma anche, e soprattutto, per lo sviluppo di competenze sociali. Il suo Metodo dei progetti è perciò il risultato di riflessioni pedagogiche che considerano l’e-ducatore come colui che deve indirizzare i suoi studenti verso lo sviluppo di una socializzazione collaborante che non li riduca a semplici ingranaggi passivi della società, ma li formi come soggetti attivi e produttivi secondo una visione che contraddice gli egoismi.

Al riguardo, nella sua Filosofia dell’educazione, egli riflette sulla contrapposi-zione tra l’«io ristretto» – tipico dell’egoista che ha interessi limitati o privi di reale valore e che non riesce ad andare oltre il proprio essere personale e il sod-disfacimento dei suoi piaceri angustamente concepiti – e l’«io ampio». Quest’ul-timo, invece, include in sé gli altri riconoscendone diritti, identità, emozioni e sentimenti e ricerca costantemente il modo di raggiungere obiettivi comuni che possano giovare a tutti quelli che vi sono interessati.

In quest’ottica, il “progetto” assume un significato inclusivo e dinamico nel senso che esso permette la realizzazione di un’attività spontanea che attiva lo studente nell’esprimere pienamente se stesso in una didattica significativa, perché generata da un interesse sociale condiviso dall’intero gruppo classe. Lo studente, quindi, collabora in modo sinergico con i compagni al raggiungi-mento di una finalità comune attraverso attività che sono pienamente ed effet-tivamente gratificanti e che gli permettono di acquisire nozioni e competenze complesse e soprattutto autostima.

VideomappaLe scuole pro-gressive negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti il movimento delle “scuole progressive” fu avviato da Francis Wayland Par-ker (1837-1902), che fu l’ispiratore delle teorie di John Dewey e di tutti gli altri pedagogisti statunitensi che proposero idee innovative per la ristrutturazione del sistema scolastico americano, considerato molto lontano dai reali bisogni degli studenti troppo spesso appiat-titi a un’inutile uniformità di discipline e metodi non più adeguati. Tra questi pedagogisti, di particolare rilievo sono: William Heard Kilpatrick, che propose il Metodo dei progetti; Helen Parkhurst con il suo Piano Dalton; Carleton Wolsey Washburne fondatore della scuola di Winnetka e ideatore del Winnetka Plan del 1920.

Anche negli Stati Uniti, quindi, le idee di rinnovamento pedagogico partono dalle rifles-sioni sulla scuola intesa come comunità consapevolmente educante capace di progettare ambienti di apprendimento coinvolgenti con finalità cognitive e di ampia socializzazione. Il metodo dei progetti nelle scuole progressive degli Stati Uniti assume un forte signifi-cato inclusivo perché at-tiva negli studenti azioni spontanee attraverso le quali essi esprimono pie-namente se stessi con-frontandosi e collaboran-do con l’intero gruppo classe al raggiungimen-to di un fine comune.

Le parole guida del percorso sono: Metodo dei progetti, Piano Dal-ton, Winnetka Plan.

Metodo dei progetti

William Heard KilpatrickIl pensiero pedagogico di William Heard Kilpatrick (1871-1965) è legato alle idee di rinnovamento pedagogico di Dewey ma anche al sistema montessoria-no e ai principi del Kindergarten di Fröbel. Egli lo esprime interamente con la pubblicazione del suo saggio The Project Method (“Il Metodo del progetto”) del 1918, nel quale la metodologia attivistica e del lavoro di gruppo viene trattata in modo sistematico. Essa verrà ulteriormente approfondita nel 1936 nei suoi Discorsi informali sull’insegnamento e nella Filosofia dell’educazione del 1951, nei quali approfondisce la sua ricerca pedagogica sullo studio delle motivazioni so-cio-psicologiche dell’apprendimento e dell’adattamento emotivo necessari per una scuola che vuole essere consapevolmente educante.

Nel saggio The Project Method, Kilpatrick specifica la sua idea di metodo de-scrivendone le quattro azioni intenzionali fondamentali, dette «progettanti»,

Parola 1

Il filo del discorso

basato su

elaborato da

Quattro azioni «progettanti»

Addestramento

IndagineConsumareFareWilliam Heard Kilpatrick

METODO DEI PROGETTI

Attività di falegnameria in una scuola elementare. (Olga Savina/Shutterstock)

VUMARK 003

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38 PERCORSO 3Le scuole progressive negli Stati Uniti

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 39

Piano Dalton

Helen ParkhurstDopo un periodo d’intensa formazione che le fece conoscere le opere di Dewey e Montessori, Helen Parkhurst (1887-1973) ampliò la sua iniziale idea peda-gogica, fondata sulla didattica individualizzata, proponendo una sua originale sperimentazione presso la città di Dalton (Massachusetts). Qui fondò una scuo-la-laboratorio caratterizzata da due principi essenziali: la libertà del bambino nello sperimentare la realtà a seconda dei suoi interessi e lo scambio costante di vita all’interno del gruppo di lavoro.

Il Piano Dalton prevede attività organizzate con mezzi adeguati e in modo tale da far funzionare la scuola come una vera e propria comunità la cui condi-zione essenziale è la libertà del bambino di svilupparsi utilizzando la sua ener-gia in modo efficace, positivo e non arbitrariamente e senza alcuna finalità. Il bambino, infatti, soltanto se è interessato sarà mentalmente più propenso a svolgere un lavoro e soprattutto diverrà capace di superare qualsiasi difficoltà gli si possa presentare. Dal momento che libertà vuol dire per il bambino po-ter impiegare il proprio tempo come desidera, nel Piano Dalton non esistono scansioni orarie, non vi sono piani didattici rigidi perché fondamentale è con-sentire al bambino di assimilare la conoscenza secondo il proprio ritmo. Ogni bambino dovrà svolgere il programma scolastico mensile previsto per la sua classe impegnandosi a realizzare tutte le unità previste attraverso percorsi di ricerca individuali adatti ai propri interessi e ai propri ritmi di apprendimento.

Parola 2

Per quanto riguarda il secondo principio, cioè quello dello scambio costante della vita di gruppo, Helen Parkhurst sostiene che scopo della scuola è rendere l’alunno partecipe non solo del suo ambiente nel quale fa esperienze personali, ma anche quello di offrirgli l’opportunità di confrontarsi socialmente e di vivere costantemente nelle interazioni di collaborazione e scambio.

A PROPOSITO DI

Dalton PlanHelen Parkhurst elaborò il suo “Piano Laboratorio” intorno al 1911 ed ebbe modo di migliorarlo grazie anche alle riflessioni innescate dalla sua osservazione di metodi altrui. Particolarmente significativi furono i sugge-rimenti che nel 1914 ricevette in Italia durante un corso montessoriano per educatrici. Da Maria Montessori apprese il metodo della libera scelta – che rifiuta l’imposizione di programmi e l’apprendimento eterodiretto – e successivamente lo diffuse in California, divenendo collaboratrice ufficiale Montessori in America per l’or-ganizzazione delle scuole preparatorie per insegnanti montessoriane.

«Non desidero costringere ad un percorso stabilito questa linfa vitale della società. In proposito posso dire soltanto che i programmi d’ogni scuola dovrebbero uniformarsi alle necessità degli alunni, ed anche in quelle ove i programmi sono stabiliti per servire un fine assolutamente accademi-co, non si dovrebbe perdere di vista questo aspetto, co-me accade spesso. Fino a quando il mondo pedagogico non si renderà conto che i programmi non rappresentano il problema primo della società, ho timore che continuere-mo ad ostacolare i giovani osservandoli col cannocchiale alla rovescia.

Oggi ci si preoccupa troppo dei corsi scolastici e troppo poco dei fanciulli. Il Piano Dalton non è una panacea per malanni accademici. È una via attraverso la quale il mae-stro può accostarsi al problema della psicologia del fanciul-lo e lo scolaro al problema dell’apprendere.

Esso diagnostica la situazione scolastica attraverso gli stessi ragazzi. Le difficoltà inerenti alle materie interessano

gli alunni, non gli insegnanti. Il corso è solo una tecnica, il mezzo per raggiungere una mèta. Lo strumento che ci oc-corre è il fanciullo o la bimba.

Nelle condizioni che esistono in genere nella scuola le energie di questi ragazzi e di queste ragazze non posso-no fluire liberamente […]; [lo scolaro] è reso inefficiente ed irritato di essere costretto a far uso d’un meccanismo che non è il suo.

[…] L’esperienza del Piano di Laboratorio Dalton dimo-stra inoltre che esso giova agli alunni moralmente, oltre che mentalmente. Dove lo si pratica cessano i conflitti, scom-pare il disordine. L’opposizione al processo d’apprendere prodotta nel fanciullo dal vecchio rigido apparato si trasfor-ma […] in interesse e impegno, non appena gli si dà l’op-portunità di svolgere a suo modo il programma educativo.

La libertà e la responsabilità insieme compiono il mira-colo.»

H. Parkhurst, L’educazione secondo il Piano Dalton, La Nuova Italia, Firenze 1955

Nessuno vive per se stessoKilpatrick nel suo libro Filosofia dell’educazione, pubblicato a New York nel 1951, riflette in modo critico su questio-ni messe in evidenza dalle due ultime grandi guerre mondiali e dalla grande depressione americana. Egli considera queste due tematiche di discussione ineludibili all’interno di percorsi di filosofia dell’educazione affinché si possa pervenire a elaborare una teoria valida circa la relazione tra gli individui all’interno del gruppo di cui fanno parte. Egli è fermamente convinto della natura sociale dell’uomo e che ciascuno di noi è parte integrante l’uno dell’altro.

«Molta gente sembra pensare – ed un numero ancora maggiore di persone sembra operare – come se all’indi-viduo necessiti solo considerare se stesso ed i suoi propri interessi; o solo se stesso e la propria famiglia, o il gruppo sociale a lui immediatamente vicino. E molti sembrano stimare un siffatto comportamento egoistico come insie-me naturale e giustificabile. Alle obiezioni degli altri essi rispondono: “Perché mai dovrei nutrire considerazione per una qualsiasi altra persona? Io devo vivere. Tocca a me badare a me stesso ed alle mie cose; se non lo facessi io, chi vi penserebbe?”.

Ora naturalmente il compito proprio di ognuno è di badare a se stesso: ma il problema è se bisogna far que-sto senza tener conto degli altri che sono cointeressati ai nostri atti. Non c’è davvero alcun bisogno di tener conto

degli altri? Del modo in cui i propri atti influenzano quel-li degli altri? Il termine “dovere” non possiede veramente nessun proprio significato, non comporta nessuna vera e propria obbligazione? Le risposte che noi possiamo dare a tali domande toccano la vita nella infinitamente moltepli-ce varietà delle sue relazioni, per l’intera distesa che va dal semplice gioco di un bambino a tutta l’umanità raccolta in una comprensiva organizzazione mondiale.

[…] [Consideriamo che] la vita di ogni essere umano è inestricabilmente legata a quella degli altri; […] l’indi-viduo normale [è] in forza della sua stessa natura non già un essere individualistico, bensì un essere indissolubil-mente sociale.»

W.H. Kilpatrick, Filosofia dell’educazione, La Nuova Italia, Firenze 1963

PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE

Il filo del discorso

caratterizzato da

sperimentato da

Due principi essenziali

Libertà del fanciullo di sperimentare la realtà

Scambio costante della vita di gruppo

Helen Parkhurst

PIANO DALTON

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SINTESI 4140 UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

Winnetka PlanCarleton Wolsey WashburneIl pedagogista statunitense Carleton Wolsey Washburne (1889-1968) propose in un sobborgo di Chicago (Winnetka) un modello didattico, caratterizzato dall’in-dividualizzazione dell’insegnamento, che aveva avuto modo di sperimentare du-rante le sue esperienze d’insegnamento in California in una classe speciale.

Il modello, che prese il nome di Winnetka Plan, si diffuse molto rapidamente negli anni Venti anche in molti Paesi europei e asiatici. In Italia, tra il 1943 e il 1945, in qualità di consigliere scolastico del Governo militare alleato, ispirò la redazione dei programmi previsti per la scuola elementare e per gli Istituti magistrali.

Il Winnetka Plan segue le indicazioni pedagogico-didattiche di Dewey e so-prattutto la prospettiva che vede la scuola come istituzione educativa finalizzata a favorire il completo sviluppo dei giovani per un loro efficace e maturo inse-rimento nella società. Essa, in attuazione dell’ideale proprio di un’educazione progressiva, deve perfezionarsi incessantemente per tenersi allineata con un mondo reso costantemente mutevole dal progresso scientifico e tecnologico e dalla relativa evoluzione culturale dell’umanità. In questo percorso di formazio-ne ciascuno studente ha l’opportunità di crescere autonomamente e di svilup-pare in modo equilibrato le sue capacità seguendo i suoi interessi, le sue inclina-zioni e trovando le risposte alle sue esigenze e ai suoi bisogni di realizzazione.

Il programma scolastico del Piano è incentrato su tutto ciò che è necessario per la vita e sui contenuti essenziali disciplinari che lo studente deve acquisire attraverso attività di ricerca e approfondimento che il docente deve saper ade-guare alle sue reali capacità individualizzando le attività d’insegnamento.

A tal fine vengono distinti i contenuti in “minimi essenziali” – i cosiddetti common essentials, che tutti gli alunni devono possedere (lettura, scrittura, com-putazione, storia, geografia, educazione civica) – e contenuti “di sviluppo”, detti group and creative activities, comprendenti le attività di elaborazione scritta di contenuti, attività artistico-musicali, recitazione e tutte le attività di gruppo ricreative e di laboratorio.

Parola 3

Nel Metodo dei progetti, Kilpatrick descrive quattro azioni intenzionali fondamen-tali dette «progettanti» perché permettono di progettare ambienti di apprendimento coinvolgenti ed efficaci. Queste sono sono: il fare, il consumare, l’indagare ovvero la ricerca, l’addestramento per la padronanza.

Nel Piano Dalton la scuola è considerata come una vera e propria comunità, la cui condizione essenziale è la libertà del bambino di svilupparsi utilizzando la sua energia in modo efficace. Si tratta di una scuola laboratorio, nella cui realizzazione Helen Parkhurst ritiene fondamentali due principi: la libertà di sperimentazione del bambino guidato dai suoi interessi e lo scambio costante di vita all’interno del grup-po di lavoro.

La caratteristica più significativa del Winnetka Plan è costituita dal doversi perfe-zionare costantemente per rimanere adeguato alla velocità di rinnovamento tecno-logico e scientifico e all’evoluzione culturale dell’umanità.

Il filo del discorso

incentrato su

distinti inproposto da

è

Ciò che è necessario per la vita

Contenuti disciplinari essenziali

Contenuti “minimi essenziali”

Contenuti “di sviluppo”

Washburne

Modello didattico

WINNETKA PLAN

Percorso 3 Le scuole progressive negli Stati Uniti

Le parole e i concetti

Il METODO DEI PROGETTI è fondato su una concezione pragmatistica socializzante. In esso quattro azioni «progettanti» (il fare, il consumare, l’indagare, la padronanza) sono fondamentali per creare ambienti di apprendimento efficaci

Helen Parkhurst sperimentò il suo PIANO DALTON in una scuola organizzata come una comunità, in cui il bambino è libero di sperimentare e in cui vi è uno scambio costante di vita all’interno del gruppo di lavoro

Il modello didattico del WINNETKA PLAN, improntato a un ideale di educazione progressiva, impone il continuo perfezionamento della scuola. Il suo programma è basato su tutto ciò che è necessario per la vita e sui contenuti essenziali disciplinari

Attività artistiche in una scuola materna. (Antonio Diaz/Shutterstock)

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42 VERSO LE COMPETENZEVERSO LE COMPETENZE 43Mettiti alla prova con gli esercizi interattivi

PERCORSO 3PERCORSO 3

CHE COSA SO?

1. Risposta multipla Completa le affermazioni sce-gliendo quella che reputi corretta.

1. Il Piano Dalton concedeva agli alunni:a. la massima libertà di agire senza alcun controllo

e in modo arbitrariob. la massima libertà nell’organizzazione efficace

del loro tempo e del loro lavoroc. momenti di libertà e autonomia scanditi dal

suono della campanad. la possibilità di scegliere gli argomenti da stu-

diare con la massima libertà

2. Il Winnetka Plan prevede che l’offerta formativa delle scuole:a. sia costantemente aggiornata e adeguata alle

richieste della società e all’evoluzione culturaleb. sia costantemente aggiornata alle richieste del-

le famiglie della classe dirigentec. tenga conto della realizzazione dei programmi

ministeriali previsti per ciascuna classed. si concentri esclusivamente sui common es-

sentials

2. Vero/Falso Indica se le affermazioni sono vere o false. a. Il pensiero pedagogico di Kilpatrick

si sviluppa indipendentemente dalle idee di Dewey. V F

b. Nei Discorsi informali sull’insegnamento e nella Filosofia dell’educazione Kilpatrick affronta le problematiche relative alle motivazioni socio-psicologiche dell’apprendi-mento e dell’adattamento emotivo necessari per una scuola progressiva realmente educante. V F

c. L’impianto psicopedagogico-filosofico di Kilpatrick è fortemente caratterizzato da una concezione pragmatistica socializzante. V F

d. Parkhurst fondò una scuola laboratorio dove la priorità veniva assegnata alle attività scientifiche da svolgere in laboratori appositamente attrezzati. V F

3. Risposta aperta Rispondi alle domande in mas-simo 5 righe.a. Quali sono, secondo Kilpatrick, i tipi fondamen-

tali di progetti corrispondenti alle azioni «proget-tanti»?

b. In Filosofia dell’educazione Kilpatrick parla di «io ristretto» e «io ampio». Come si distinguono?

c. In che senso nel Metodo dei progetti il «proget-to» assume un significato inclusivo e dinamico?

d. Qual è il senso di scuola-laboratorio per Helen Parkhurst?

CHE COMPETENZE APPLICO?

8. Esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni

A. In massimo 5 righe, spiega l’impianto psicopedagogico-filosofico di Kilpatrick utilizzando le seguen-ti parole e/o perifrasi:

pragmatismo • socialità

B. In massimo 5 righe, spiega la visione di “scuola” di Washburne, utilizzando le seguenti parole e/o perifrasi:

educazione progressiva • perfezionamento • inserimento sociale

9. Comprendere le informazioni scritte

A. Completa il testo scegliendo in ciascuna coppia le parole o perifrasi appropriate:

dipendente • partecipe

offrirgli • negargli

A proposito dello scambio costante della vita di gruppo, Helen Parkhurst sostiene che scopo della scuola è

rendere l’alunno …………………………………… non solo del suo ambiente nel quale fa esperienze personali, ma

anche quello di …………………………………… l’opportunità di confrontarsi socialmente e di vivere costantemente

nelle interazioni di collaborazione e scambio.

10. Imparare a imparare, mantenere il proprio benessere fisico ed emotivo, empatizzare e gestire il con-flitto: il public speaking - parlare in pubblico - il debate

A. Quali discipline e/o attività consideri essenziali e irrinunciabili nel curricolo scolastico e quali invece ritieni superflue?

B. Presenta ai tuoi compagni, la tua idea a riguardo, in massimo 3 minuti

C. Esegui un’autoriflessione sull’attività che hai svolto:• sei riuscito a formulare ed esprimere le tue argomentazioni in modo convincente e appropriato?• sei consapevole dell’impatto della lingua sugli altri?• come verifichi i risultati del tuo public speech?

CHE COSA SO FARE?

METODO DI STUDIO

4. Uso appropriato del lessico Usando i seguen-ti termini ed espressioni in modo appropriato, in massimo 10 righe, proponi una spiegazione del Piano Dalton:didattica individualizzata • sperimentazione

5. Uso appropriato del lessico Usando i seguenti termini in modo appropriato, in massimo 10 righe, proponi una tua spiegazione del Winnetka Plan:contenuti “minimi essenziali” • contenuti “di sviluppo”

6. Costruire una mappa Costruisci una mappa che riassuma gli aspetti più importanti del percorso.

7. Costruire uno schema Rileggendo il percorso, individua gli elementi che ti permettono di com-pletare la seguente tabella:

Quattro azioni intenzionali che creano ambienti di apprendimento coinvolgenti ed efficaci: fare, consumare, indagine, addestramento

Piano Dalton

Carleton Wolsey Washburne

Modello didattico con contenuti “minimi essenziali” e contenuti di “sviluppo” (elaborazione scritta di contenuti, attività artistico-musicali, di gruppo)

• Competenze alfabetiche funzionali

• Competenze personali, sociali e di apprendimento

• Competenze civiche

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PERCORSO 4Didattica inclusiva e integrazione 45

percorso

4Didattica inclusiva e integrazione

canali comunicativi, con particolare riguardo al linguaggio orale e alla scrittu-ra, fruire di percorsi di istruzione e formazione, svolgere in autonomia attività quotidiane e impegni lavorativi alle stesse condizioni degli altri.

Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la “Classifi-cazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”, l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), un modello che descrive funzionamenti e disabilità dei singoli soggetti con riferimento ai diversi ambiti di funzionamento. Tale visione della disabilità evidenzia la necessità di un approccio scientifico integrato e sistemico a essa, che tenga conto dei fattori ambientali, relazionali e psicologici, ostacolanti o facilitanti, e delle interazio-ni che la persona ha con essi. Infatti, tra gli scopi della classificazione ci sono i seguenti:• fornire certezze scientifiche allo studio e comprensione della salute di un in-

dividuo che interagisce con il suo contesto;• disporre di un linguaggio condiviso per la descrizione dello stato di salute

individuale per migliorare le comunicazioni tra i diversi operatori sanitari, gli amministratori e gli stessi soggetti con disabilità.

È indispensabile, dunque, sensibilizzare e adeguare le politiche locali e nazionali ai bisogni e alle esigenze dei soggetti disabili, perché si creino tutte le condizio-ni necessarie capaci di evitare le situazioni che possano essere causa di handicap. Fra gli obiettivi da raggiungere è certamente prioritario quello del rinnovamen-to dell’atteggiamento culturale che la comunità deve avere nei confronti del disabile: da una visione puramente pietistica e assistenzialistica si deve passare a una visione di integrazione e inclusione. La rimozione e la progressiva elimi-nazione delle barriere fisiche ambientali e di quelle esistenti nell’ambito della comunicazione e del trasporto, il superamento di ostacoli di natura culturale, sociale ed economica sono essenziali per consentire ai soggetti disabili la loro partecipazione attiva alla vita sociale, economica e politica.

Gli interventi devono essere attivati, dopo attenta e specifica valutazione, secondo criteri di flessibilità e di adeguatezza, fin dalla prima infanzia, o sin dalla fase di identificazione, per assicurare alle persone disabili la fruizione di tutte le possibilità di crescita e di inclusione offerte dalla comunità nella quale

Con questo percorso completiamo l’unità che ci ha permesso di comprendere e riflettere sull’evoluzione del concetto di inclusività, che nel dibattito contemporaneo presuppone i principi dell’accoglienza, della cura, dell’individualizzazione, della didattica per l’integrazio-ne dei disabili e dell’attenzione al disagio e alle pari opportunità per tutti gli studenti.

In meno di mezzo secolo i percorsi speciali per i disabili sono passati dall’isolamento alla piena integrazione e hanno permesso l’evoluzione qualitativa della scuola. La Riforma Gentile del 1928 istituì scuole speciali, classi differenziali e istituti per i cosiddetti “corrigen-di”; nel 1962, la legge n. 1859 previde la scuola media unica, con classi di aggiornamento e classi differenziali; nella scuola materna, con la legge n. 444 del 1968, furono costituite sezioni speciali e scuole materne speciali. Nel 1971, grazie alla legge n. 118, gli alunni disa-bili senza particolari gravità poterono frequentare la scuola dell’obbligo in classi “normali”, e poco dopo, nel 1977 con la legge n. 517, furono definitivamente abolite le classi diffe-renziali. Da questo momento, la presenza di alunni disabili nella scuola rappresenterà una vera e propria risorsa che permetterà un tale suo rinnovamento che la porterà verso realtà sempre più inclusive e di grande valore formativo per l’intera utenza. La legge n. 104 del 1992 – Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone han-dicappate – unificherà e completerà tutta la nor-mativa precedente.

Le parole chiave so-no: disabilità vs handi-cap, integrazione, rete, svantaggio, promozio-ne dell’inclusione.

Disabilità vs handicapNel 1993 le Standard Rules delle Nazioni Unite distinguono disabilità e handi-cap. La prima viene ricondotta alle differenti limitazioni, permanenti o transi-torie, fisiche, intellettuali o sensoriali, causate da condizioni mediche o malat-tie mentali diffuse in ogni popolazione e in tutti i Paesi del mondo. L’handicap, invece, viene inteso come una specifica situazione di limitazione o di perdita delle opportunità di partecipazione autonoma alla vita sociale e culturale allo stesso livello degli altri. L’handicap, dunque, riferendosi alla relazione tra l’in-dividuo e il suo contesto, è quella situazione di svantaggio personale che può riguardare sia disabili sia normodotati. Cioè, esso si concretizza quando, per particolari situazioni, diviene difficile o addirittura impossibile per un soggetto, per esempio, accedere a strutture o servizi, partecipare ad attività organizzate, scambiare informazioni e comunicare a causa di difficoltà a usare i più comuni

Parola 1

VideomappaDidattica in-clusiva e inte-grazione

VUMARK 004

A sinistra, il logo dell’Associazione per i diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite. (UN)

A destra, una bambina disabile gioca con lettere dell’alfabeto in una scuola materna. (Eleonora_os/Shutterstock)

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46 PERCORSO 4Didattica inclusiva e integrazione

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 47

vivono e di sfruttare in modo mirato le proprie capacità fisiche e intellettive. A tal fine, è particolarmente interessante considerare anche la possibilità di sfrut-tare gli sviluppi positivi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazio-ne. Soltanto in questo modo si potranno garantire loro pari opportunità, libero accesso ai servizi comuni e, soprattutto, diritto a proprie e legittime scelte per adeguati progetti di vita fondati essenzialmente su: autonomia, autosuffi-cienza e indipendenza.

riceveranno il necessario sostegno e il supporto adeguato al loro pieno e com-pleto sviluppo.

In tal modo, si eviterà che il soggetto disabile venga marginalizzato anche in casi di estrema difficoltà d’integrazione. Infatti, si deve tener conto che molte situazioni di disabilità presentano gravi complessità che richiedono interventi specifici per il raggiungimento di obiettivi molto lontani da quelli previsti per il gruppo classe e risorse aggiuntive per una didattica realmente inclusiva che abbia come finalità la costruzione di un vero e proprio progetto di vita del singolo e del gruppo. Questo deve potersi aprire alla dimensione della “adulti-tà” e può davvero essere realizzato soltanto se la scuola, con il coinvolgimento della famiglia e di tutte le strutture territoriali, ha una conoscenza globale e complessa del soggetto da considerare con le sue capacità, i suoi deficit, il suo funzionamento cognitivo e soprattutto se lo si pensa già proiettato nel futuro di una sua autonoma realizzazione personale e sociale.

Nei percorsi d’integrazione, il ruolo dell’insegnante di soste-gno è strategico perché può realizzare una reale ed efficace atti-vazione di risorse per una completa offerta formativa intenzio-nalmente multidimensionale. Questa deve poter comprendere:• interventi di sensibilizzazione e promozione culturale; • supporto per le abilità comunicative e per la comunicazione

sociale e l’interazione; • costruzione di alleanze extrascolastiche strategiche per il

coinvolgimento delle famiglie, del territorio e della comunità (gruppi giovanili, associazioni, centri per l’impiego ecc.);

• didattica inclusiva;• utilizzo di ausili, tecnologie e materiali speciali; • formazione continua degli insegnanti; • coinvolgimento di cooperative per interventi di assistenza e di

aiuto per l’autonomia personale; • interventi sanitari e riabilitativi in accordo con le strutture sa-

nitarie del territorio.Per realizzare un alto livello di qualità quotidiana dell’integrazione e dell’in-

clusione sono, quindi, necessarie strategie e interventi adeguati nonché un cam-biamento della visione della disabilità da non considerare più “anormalità”, ma una “normalità speciale”. In questo modo, la scuola dimenticherà definitiva-mente le classi speciali, separate e segreganti, e i laboratori per disabili e sarà in grado di offrire opportunità educative personalizzate di vera integrazione e inclusione. Infatti, la vera uguaglianza delle opportunità non si garantisce con l’uniformità, che non fa che portare a ignorare e ad appiattire le differenze, ma con il riconoscere a ciascuno ciò di cui ha realmente bisogno: una scuola equa è quella capace di assicurare l’uguaglianza proprio a partire dalle differenze. Ciò che ha permesso alla scuola di comprendere questa verità è stata proprio l’in-clusione del disabile nelle scuole comuni, l’elemento discrepante che ha avviato una riflessione ricca di conseguenze di grandissimo valore educativo.

Nella scuola inclusiva la diversità, dunque, è da considerare una ricchezza, una risorsa, non un handicap.

IntegrazioneNel 1977, grazie alla legge n. 517, si attua pienamente l’integrazione scolasti-ca: finalmente ci si rende conto che l’accesso all’istruzione non può essere ga-rantito nella segregazione nelle “scuole speciali” o nelle “classi differenziali”, ma nelle classi e scuole “normali”. La scuola, infatti, istruisce, educa e forma soltanto se è scuola di tutti e per tutti, dove si rispettano le differenze, dove si accolgono le persone e si valorizzano le caratteristiche e le capacità dei bambini e si insegna loro a dialogare, rispettare, accogliere e valorizzare.

Nella scuola inclusiva l’attenzione è posta alle persone: essa, infatti, si ade-gua ai bisogni e agli interessi di ognuna. Questa scuola è il risultato di una lenta e graduale evoluzione cominciata nella storia della pedagogia quando si sentì il bisogno di cambiare, perché qualcosa non funzionava e non permetteva di raggiungere i risultati sperati. Allora si sentì il bisogno di capovolgere i percorsi di istruzione: il centro dell’interesse non poteva essere più il programma, ma l’allievo. Tale rivoluzione «copernicana», così come fu definita da Claparède, ha permesso a maestri e insegnanti, a educatori e pedagogisti, politici e rifor-matori di concentrarsi sui fanciulli, ponendo attenzione alle individualità di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi, giovani donne e giovani uomini, ve-ro abbrivio di percorsi formativi di qualità, differenziati e personalizzati. Le peculiarità e diversità degli studenti, la loro eccellenza o debolezza evidenziano una ricchezza tale che è necessario coltivare, insieme alle loro passioni, sogni e talenti che se valorizzati e promossi consentono la loro piena realizzazione come adulti consapevoli e attivi nel loro futuro. E tutto ciò può realizzarsi sol-tanto se nella scuola si attivano percorsi educativi fondati sulla cooperazione e non sulla competizione, sull’individualizzazione e non sulla generalizzazio-ne, sull’inclusione di tutti senza l’esclusione del diverso o del più debole: tutti

Parola 2

Il filo del discorso

distingue fra Disabilità fisica, intellettuale o sensoriale

Situazione di svantaggio personale riferito al contesto

DISABILITÀVSHANDICAP

La lettura tattile con il metodo messo a punto per i non vedenti da Louis Braille nell’Ottocento.

Il ruolo dell’insegnante di sostegno diventa strategico all’interno della didattica inclusiva.

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48 PERCORSO 4Didattica inclusiva e integrazione

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 49

ReteLa parola d’ordine di tutte le iniziative recenti funzionali all’inclusività è re-te. La legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti dei disabili (legge n. 104 del 5 febbraio 1992) ritiene essenziale, infatti, che gli interventi in favore dei disabili siano previsti all’interno di un piano operativo da realizzare con il concorso di tutte le realtà che operano nel territorio. Sono pertanto chia-mati a collaborare, secondo le specifiche loro competenze, le aziende sanitarie locali, gli Enti locali, le istituzioni scolastiche che necessariamente devono pre-vedere attività di orientamento e d’inserimento concordato. Successivamente, la legge 8 novembre 2000, n. 328, fornisce chiare indicazioni perché si realizzi un vero e proprio sistema integrato di interventi e servizi sociali e la legge 8 ottobre 2010 n. 170, recante Norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, conferma la necessità del coinvolgimento di scuole, fami-glie e servizi territoriali per la corretta ed efficace gestione di tutte le situazioni legate a tali disturbi.

Più recentemente, la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 fornisce in-dicazioni d’intervento per alunni con Bisogni educativi speciali (BES) e richiede che si realizzi un’opportuna organizzazione territoriale per l’inclusione scola-stica. Essa, inoltre, estende l’opportunità di iniziative d’integrazione scolastica non soltanto ai disabili ma a tutte le alunne e gli alunni che mostrano Bisogni educativi speciali, per i quali è necessario che l’intera comunità educante inter-venga in modo adeguato.

Tutta la legislazione vigente, insomma, ritiene assolutamente necessaria la costituzione di reti per il coinvolgimento attivo e integrato di tutte le realtà so-ciali impegnate nella risoluzione delle situazioni problematiche scolastiche e socio-assistenziali di soggetti deboli. In ambito scolastico un ruolo fondamen-tale è svolto dagli Uffici Scolastici Regionali perché essi devono incentivare e promuovere l’attivazione di diverse azioni che possano costituire un sistema di interventi e di procedure tali da assicurare uguaglianza di opportunità for-

Parola 3 Il filo del discorso

fondata su

resa possibile da

Insegnanti di sostegno

Offerta formativa multidimensionale

INTEGRAZIONE

dotata di

Scuola inclusiva

Cooperazione

Individualizzazione

Inclusione

Supporti educativi per le abilità comunicative e sociali

Nelle Linee guida del Ministero della Sanità su Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescen-ti pubblicate nel 2011 e aggiornate nel 2015, a proposito di programmi d’intervento che possono essere mediati dai genitori e, se opportunamente programmati, anche proposti in ambito scolastico, si suggeriscono attività che possono migliorare la loro comunicazione sociale e i com-portamenti problema, promuovendo migliori livelli d’in-terazione verbale e l’incremento del benessere emotivo.

Le ricerche in questa direzione hanno dimostrato che gli interventi che offrono un supporto visivo alla comu-nicazione sembrano determinare un incremento dell’i-mitazione linguistica spontanea e dei comportamenti di comunicazione sociale e il miglioramento di capacità di attenzione e di gioco simbolico.

Nello specifico le Linee guida si riferiscono alle attivi-tà di Comunicazione aumentativa e alternativa (CAA), sperimentate negli anni Cinquanta negli Stati Uniti, che prevedono l’utilizzo di strumenti e dispositivi tecnologi-ci, di oggetti, figure, disegni, foto e supporti modificabili e personalizzabili che potrebbero migliorare la compro-missione qualitativa delle interazioni sociali e della comu-nicazione interpersonale. I benefici della CAA sarebbe-ro legati al fatto che la comunicazione viene favorita dall’associazione a immagini visive, essendo, general-mente, l’abilità visiva un punto di forza in persone con autismo. Il condizionale è d’obbligo perché le ricerche, condotte con una metodologia rigorosa, sull’efficacia degli interventi CAA sulla produzione del linguaggio in bambini con autismo hanno soltanto dimostrato, fino-

ra, un’efficacia di modesta rilevanza sulle competenze nell’articolazione dei suoni, sul linguaggio orale e sulla comunicazione verbale.

Nonostante tali risultati siano parziali e non partico-larmente esaltanti, le Linee guida raccomandano l’impie-go della CAA come supporto visivo alla comunicazione, ma con un’applicazione circostanziata e costantemente valutata nell’efficacia.

Vengono inoltre presentati i risultati di ricerche sull’ef-ficacia di programmi educativi specifici. Il programma TEACCH (Treatment and education of autistic and related communication handicapped children), un programma di educazione speciale rivolto a bambini con disturbi dello spettro autistico, risulta efficace nel migliorare varie abi-lità tra cui abilità motorie, performance cognitive, funzio-namento sociale e comunicazione linguistica.

Molto diffusi sono gli interventi che prevedono l’uso delle nuove tecnologie, di software e filmati. Il filmato, sfruttando la capacità imitativa dei bambini e un processo di apprendimento basato sulla trasmissione visiva dell’in-formazione, fornisce direttamente al bambino con distur-bi dello spettro autistico le istruzioni per l’esecuzione di semplici compiti e lo sviluppo di competenze comunicati-ve e sociali o abilità scolastiche. Il principio sul quale si ba-sano i filmati è quello del video modelling o del video promp-ting (letteralmente “suggerimento attraverso il video”): con un attore (adulto o coetaneo) oppure sotto forma di cartone animato viene proposta una scena in cui il prota-gonista realizza il compito o riproduce il comportamento che il bambino apprenderà per imitazione.

PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE

Un’insegnante di sostegno con un ragazzo disabile. (Olesia Bilkei/Shutterstock)

Il sistema integrato dei servizi sociali per la promozione dell’inclusione scolastica dei bambini disabili.

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50 PERCORSO 4Didattica inclusiva e integrazione

UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA 51

mative a ciascuna alunna e a ciascun alunno, in qualunque realtà scolastica del territorio. Queste azioni prevedono la predisposizione di protocolli regionali, l’impiego di strategie idonee per individuare precocemente i segnali di rischio, la predisposizione di Piani didattici personalizzati concordati con le famiglie, la costituzione di gruppi di coordinamento provinciale, la stipula di conven-zioni e accordi con le associazioni attive sul territorio e con le strutture del Servizio sanitario nazionale, l’organizzazione di attività di formazione per i docenti, il potenziamento dei Centri territoriali di supporto per tecnologie e disabilità (CTS) per l’acquisto dei sussidi e degli strumenti tecnologici specifici da fornire agli alunni per iniziative di formazione.

più possibile l’inevitabile shock culturale, dai percorsi di recupero linguistico agli interventi integrativi individualizzati per singole discipline. Il ruolo della scuola, in tali situazioni, è dunque strategico e non soltanto perché offre istru-zione e formazione, ma soprattutto perché diviene, per coloro che chiedono l’inclusione, il luogo, anzi, la comunità dove si realizzano intenzionalmente, attraverso il dialogo, le relazioni e la vita reale, quei rapporti di solidarietà, lealtà e cooperazione tra i suoi componenti che sono alla base del concetto di cittadi-nanza come fattore d’integrazione sociale.

Le teorie psicoanalitiche hanno evidenziato, inoltre, che le difficoltà di ap-prendimento e le situazioni di svantaggio educativo possono essere, in alcu-ni casi, anche strettamente dipendenti da problematiche affettive e relazionali molto profonde. Queste impegnano la mente del soggetto in modo così assor-bente che la disponibilità ad apprendere e a svolgere compiti in modo adegua-to diviene impossibile. È stato, infatti, dimostrato che un notevole numero di bambini disturbati emotivamente assume atteggiamenti di rifiuto scolastico, d’insofferenza, di impenetrabile chiusura in se stessi o di provocazione e ag-gressività o opposizione rispetto all’aiuto offerto dagli insegnanti, perché non riescono a tollerare le difficoltà dei percorsi di conoscenza che richiedono con-centrazione e impegno e trovano nella scuola il luogo dove riversare il proprio disagio, le proprie incomprensioni, insieme ad ansie e paure.

SvantaggioRicerche e studi psicopedagogici condotti negli anni Sessanta hanno osservato il fenomeno dello svantaggio scolastico non necessariamente legato a situazio-ni di disabilità o a disturbi specifici dell’apprendimento. La normativa recente considera lo svantaggio educativo all’interno dell’area dei cosiddetti BES, e può essere sostanzialmente di tre tipi: socioeconomico, linguistico, culturale. Tali tipologie sono secondarie a situazioni precedenti la scolarizzazione caratteriz-zate da deprivazione socioeconomica, da conoscenze linguistiche diverse, da formazioni culturali differenti che, pur in presenza di adeguate capacità intellet-tuali, non essendo pienamente corrispondenti alla cultura scolastica accoglien-te, possono creare disagio educativo, scarsi risultati scolastici, rifiuto della fre-quenza dei percorsi d’istruzione, rallentamento o disturbo dell’apprendimento, mancanza di efficace e positiva integrazione.

La scuola ha il compito di individuare precocemente tali situazioni di svan-taggio, rispetto alle quali è necessario che si adoperi per dare risposte adeguate e il sostegno necessario attraverso interventi personalizzati. Per le alunne e gli alunni, per esempio, di origine straniera di recente immigrazione è necessario che la scuola si attivi per garantire loro una reale ed efficace inclusione utiliz-zando tutti i mezzi disponibili, dall’accoglienza e inserimento in classi adegua-tamente preparate, al sostegno psicologico ed emotivo-affettivo per ridurre il

Parola 4

Il filo del discorso

costituita da

prevede e realizza

Aziende sanitarie locali

Enti locali

Istituzioni scolastiche

Piani operativi per l’inclusione scolastica

RETE

Promozione dell’inclusioneDi recente il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), con l’approvazione del decreto legislativo n. 66 del 13 aprile 2017, ha ritenuto opportuno procedere a disciplinare il riordino e l’adeguamento di tutta la nor-mativa in materia d’inclusione scolastica. In esso si afferma che l’inclusione sco-lastica riguarda tutti gli studenti e risponde ai differenti bisogni educativi. Essa si realizza attivando specifiche strategie educative e didattiche che devono essere finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno soprattutto nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e di un progetto di vita di qualità personale e sociale. Per realizzare tali finalità è fondamentale che l’inclusione si realizzi a livello progettuale nell’organizzazione dell’intera comunità scolastica e nel curricolo. Ma ciò naturalmente non basta, perché è necessario che vi sia una virtuosa condivisione del progetto individuale coinvolgendo scuole in rete, fa-miglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio.

Parola 5

Il filo del discorso

Interventi personalizzati

Socioeconomico

Linguistico

Culturale

BES

SVANTAGGIO La formazione e

l’aggiornamento dei docenti assume grande importanza all’interno del piano strategico per l’inclusione scolastica. (Pressmaster/Shutterstock)

La scuola diventa il luogo in cui si promuovono i rapporti di solidarietà fondamentali per l’integrazione. (Wavebreakmedia/Shutterstock)

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SINTESI 5352 UNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

Infatti, è indispensabile che gli Enti locali provvedano ad assicurare gli inter-venti necessari per garantire l’assistenza per l’autonomia e per la comunicazio-ne personale, i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica, l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali e dei sussidi di-dattici, nonché degli strumenti tecnologici e digitali necessari per l’inclusione scolastica.

Ciascuna istituzione scolastica è tenuta, inoltre, alla predisposizione di un Piano per l’inclusione nel quale sono definite le modalità per l’utilizzo coor-dinato delle risorse, compresi il superamento delle barriere e l’individuazione dei facilitatori che opereranno all’interno delle varie classi insieme ai docenti per l’attuazione degli interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica.

Il decreto legislativo prevede anche la possibilità, per garantire il diritto allo studio di tutti, che le scuole, in collaborazione con gli Enti locali e le Aziende sanitarie locali, si attivino per l’istruzione domiciliare, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie, in favore di quegli studenti che non possono frequen-tare a causa di gravi patologie.

Il contesto normativo oggi, dunque, si è modificato grazie a nuovi ideali di ri-ferimento che considerano la necessità di interventi d’inclusione sempre e non esclusivamente in presenza di criticità certificate. La recente Circolare MIUR n. 1143 del 17 maggio 2018, con oggetto L’autonomia scolastica quale fondamento per il successo formativo di ognuno, infatti, così si esprime al riguardo:

«I docenti e i dirigenti che contribuiscono a realizzare una scuola di qualità, equa e inclusiva, vanno oltre le etichette e, senza la necessità di avere alcuna classificazione “con BES” o di redigere Piani Didattici Personalizzati, ricono-scono e valorizzano le diverse normalità, per individuare, informando e coin-volgendo le famiglie, le strategie più adeguate a favorire l’apprendimento e l’educazione di ogni alunno loro affidato. In questa dimensione la soluzione al problema di un alunno non è formalizzarne l’esistenza, ma trovare le soluzioni adatte affinché l’ostacolo sia superato.»

Le Standard Rules delle Nazioni Unite distinguono disabilità e handicap. La disa-bilità viene ricondotta alle differenti limitazioni, permanenti o transitorie, fisiche, intellettuali o sensoriali, causate da condizioni mediche o malattie mentali; l’handi-cap, invece, e inteso come una specifica situazione di limitazione o di perdita delle opportunità di partecipazione autonoma alla vita sociale allo stesso livello degli altri.

Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la “Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”. Esso evidenzia la necessità di un approccio scientifico integrato alla disabilità, che tenga conto dei fattori ambientali e relazionali.

La nuova visione della scuola inclusiva; per la quale Claparède parla di rivoluzione «copernicana», ha permesso a insegnanti, pedagogisti, e riformatori di porre atten-zione alle individualità dei singoli studenti.

Nei percorsi d’integrazione è strategico il ruolo dell’insegnante di sostegno per-ché permette la realizzazione di una reale ed efficace attivazione di risorse formative multidimensionali e intenzionali.

Gli interventi d’inclusione e integrazione scolastica non possono essere affidati solo alla responsabilità della scuola ma devono prevedere la collaborazione di tutte le “agenzie” che operano nel territorio per il medesimo fine.

La normativa recente inserisce lo svantaggio educativo nell’area dei BES, Bisogni educativi speciali. Esso può essere: socioeconomico, linguistico, culturale.

Il MIUR, con l’approvazione del decreto legislativo n. 66/aprile 2017, afferma che l’inclusione scolastica riguarda tutti gli studenti e risponde ai differenti bisogni edu-cativi. Essa si realizza attivando specifiche strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodetermina-zione e di un progetto di vita di qualità personale e sociale.

Il filo del discorso

sostenuta da

riguarda

risponde ai Tutti gli studenti

Differenti bisogni educativi

D. Lgs. n. 66/2017PROMOZIONE DELL’INCLUSIONE

Percorso 4 Didattica inclusiva e integrazione

Le parole e i concetti

DISABILITÀ VS HANDICAP esprime la distinzione fra la condizione di limitazione causata da malattia e la situazione di svantaggio personale in relazione alla vita sociale

L’accesso all’istruzione del disabile è garantito solo dall’INTEGRAZIONE in una scuola inclusiva con percorsi basati su cooperazione e individualizzazione

È essenziale che gli interventi in favore dei disabili avvengano in base a un piano che coinvolga la RETE di tutte le realtà sociali del territorio

La scuola ha il compito di individuare le situazioni di SVANTAGGIO educativo e di offrire risposte personalizzate

Il MIUR, con il D.Lgs. 66/2017, ha esteso la PROMOZIONE DELL’INCLUSIONE per tutti gli studenti per rispondere ai loro differenti bisogni educativi

La scuola deve permettere a tutti di sentirsi parte di una comunità in cui vengono rispettate le individualità dei suoi componenti, ognuno con i propri interessi, bisogni e talenti. (Eleonora_os/Shutterstock)

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54 VERSO LE COMPETENZEVERSO LE COMPETENZE 55Mettiti alla prova con gli esercizi interattivi

PERCORSO 4PERCORSO 4

CHE COSA SO?

1. Risposta multipla Completa le affermazioni sce-gliendo quella che reputi corretta.

1. Uguaglianza delle opportunità vuol dire:a. riconoscere a ciascuno ciò di cui ha realmen-

te bisognob. riconoscere a ciascuno i suoi limitic. appiattimento delle differenzed. uniformità di trattamento, di metodi e di scel-

te didattiche

2. Nella scuola la diversità è da considerare:a. una ricchezza perché permette l’attivazione di

progetti didattici che possono essere utili a tuttib. un impedimento c. una ricchezza perché è una risorsa educativa

per tuttid. un elemento di disturbo del normale andamen-

to della didattica di classe

2. Vero/Falso Indica se le affermazioni sono vere o false. a. Secondo le Standard Rules l’handicap

si riferisce alla relazione tra l’individuo e il suo contesto. V F

b. Gli interventi per l’integrazione e l’inclusione devono essere attivati su segnalazione della scuola. V F

c. Il progetto di vita può davvero essere realizzato soltanto se la scuola, la famiglia e tutte le strutture territoriali hanno una cono-scenza completa del soggetto con disabilità e intervengono pensandolo già proiettato nel futuro di una sua autonoma realizzazione personale e sociale. V F

d. Per realizzare un alto livello di qualità dell’integrazione e dell’inclusione è necessaria una nuova visione curativa dell’handicap. V F

3. Risposta aperta Rispondi alle domande in mas-simo 5 righe.a. Cosa si intende per «sistema integrato»?b. Cosa sono i CTS?c. Le problematiche affettivo-relazionali possono

essere causa di difficoltà di apprendimento?d. Quali possono essere le cause dell’abbandono

scolastico?

CHE COMPETENZE APPLICO?

8. Esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni

A. In massimo 5 righe, spiega a cosa si riferisce la sigla ICF utilizzando le seguenti parole e/o perifrasi:

modello • approccio sistemico

B. In massimo 5 righe, spiega la differenza tra “anormalità” e “normalità speciale” utilizzando le seguen-ti parole e/o perifrasi:

uniformità • riconoscimento • opportunità

9. Comprendere le informazioni scritte

A. Completa il testo scegliendo in ciascuna coppia le parole o perifrasi appropriate:

scuola inclusiva • scuola selettiva

evoluzione • integrazione

l’allievo • il programma

l’allievo • il programma

Nella …………………………………… l’attenzione è posta alle persone: essa, infatti, si adegua ai bisogni e agli inte-

ressi di ciascun alunno. Questa scuola è il risultato di una lenta e graduale …………………………………… cominciata

nella storia della pedagogia quando si sentì il bisogno di capovolgere i percorsi di istruzione: il centro dell’inte-

resse non poteva essere più ……………………………………, ma …………………………………….

10. Imparare a imparare, mantenere il proprio benessere fisico ed emotivo, empatizzare e gestire il con-flitto: il public speaking - parlare in pubblico - il debate

A. Rifletti sulle differenze tra pietismo-assistenzialismo e integrazione-inclusione

B. Presenta ai tuoi compagni la tua idea a riguardo, in massimo 3 minuti

C. Esegui, infine, un’autoriflessione sull’attività che hai svolto:• sei riuscito a formulare ed esprimere le tue argomentazioni in modo convincente e appropriato?• sei consapevole dell’impatto della lingua sugli altri?• come verifichi i risultati del tuo public speech?

CHE COSA SO FARE?

METODO DI STUDIO

4. Uso appropriato del lessico Usando i seguen-ti termini ed espressioni in modo appropriato, in massimo 10 righe, proponi una spiegazione di svantaggio scolastico:socioeconomico • linguistico • culturale

5. Uso appropriato del lessico Usando i seguenti termini in modo appropriato, in massimo 10 ri-ghe, spiega i possibili interventi di promozione dell’inclusione:autodeterminazione • progetto di vita

6. Costruire una mappa Costruisci una mappa che riassuma gli aspetti più importanti del percorso.

7. Argomentare una tesi e sostenere le proprie opinioni Secondo te qual è il senso della seguen-te affermazione? Come pensi possa intervenire la scuola per andare oltre le etichette, riconoscere e valorizzare le diversità?

I docenti di una scuola di qualità, equa e inclusiva, vanno oltre le etichette, riconoscono e valorizzano le diverse normalità, per individuare, informando e coinvolgendo le famiglie, le strategie più adeguate a favorire l’apprendimento e l’educazione di ogni stu-dentessa e ogni studente.

• Competenze alfabetiche funzionali

• Competenze personali, sociali e di apprendimento

• Competenze civiche

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56

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

57

UNITÀ 1 UNITÀ 1

LIVELLO BASE

1. Indica se le affermazioni sono vere o false.a. Il concetto di “ambiente a misura di bambino”

in Maria Montessori deriva dalla sua fiducia nella spontaneità del bambino, che viene valorizzata da un ambiente d’apprendimento adatto, organizzato e preparato in modo scientifico per lui. V F

b. Secondo Maria Montessori l’errore dell’educazione tradizionale consiste

nell’aver inteso la scuola come luogo in cui sperimentare contesti di vita reale. V F

c. Capitini chiama la partecipazione “corale”, attiva e consapevole di tutti alla comunità, «compresenza». V F

d. La pedagogia speciale esclude interventi “curativi” sugli alunni che presentano disabilità. V F

0,5 punti per ogni risposta esatta …/2

4. Descrivi per iscritto, in massimo 5 righe, quali sono i compiti indispensabili degli Enti locali per promuovere e sviluppare l’inclusione.

…/8

TOTALE LIVELLO BASE …/18

LIVELLO INTERMEDIO

5. Completa il testo inserendo nel punto corretto le seguenti parole.disabilità • apporti • interventi • facilitanti • riabilitativi • scientifico • risoluzione • soggetti • fattori • problematiche

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in relazione agli .............................. in favore dei soggetti con ..............................,

ritiene necessario un approccio .............................. che consideri gli .............................. integrativi e ..............................

di più .............................. impegnati nella .............................. o diminuzione delle .............................. derivanti da

.............................. socio-relazionali, ambientali, .............................. e assistenziali.

…/3

1-4/10 = 1 punto; 5-7/10 = 2 punti; 8-10/10 = 3 punti

6. Rispondi sinteticamente alle domande (massimo 3 righe).a. Cosa s’intende per “scuola inclusiva”?b. Qual è la differenza tra disabilità e svantaggio scolastico?c. Quali sono le caratteristiche delle scuole progressive negli Stati Uniti?

1 punto per ogni risposta esatta …/3

TOTALE LIVELLO INTERMEDIO …/6

LIVELLO AVANZATO

7. Spiega, in massimo 10 righe, se una scuola che vuole essere pienamente accogliente e inclusiva debba tenere in considerazione l’adattamento emo-tivo degli studenti.

…/3

8. Leggi il seguente brano ed esprimi le tue riflessioni:«[Vi è] una correlazione tra una classe e un’orchestra.“Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musi-cisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa so-lo bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica”.[…] “Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini”.»

D. Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli, Milano 2008

…/3

TOTALE LIVELLO AVANZATO …/6

TOTALE VERIFICA …/30

VALUTAZIONE• Se nelle prove del livello 1

il tuo risultato è inferiore a 18, sei insufficiente e devi ripassare i concetti di base.

• Se complessivamente il punteggio dei primi due livelli è 21, la valutazione è 7; se è 24, la valutazione è 8.

• Se sommando i risultati dei tre livelli ottieni 27, la valutazione è 9; se ottieni 30, la valutazione è 10.

2. Completa la mappa inserendo nei riquadri vuoti i seguenti nodi concettuali.condotta con bambini problematici • sulle reali esigenze psico-socio-affettive dei bambini • in ambito educativo delle relazioni e degli apprendimenti • e sulle loro emozioni, come risorse o limiti • La sperimentazione didattica speciale • servì alla Montessori per riflettere

1 punto per ogni risposta esatta …/6

La sperimentazione didattica speciale

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

........................................

3. Individua la risposta corretta in ciascun gruppo.

1. Per Decroly una scuola inclusiva deve predi-sporre:a. adeguati interventi educativi speciali che pos-

sano migliorare le conoscenze di tutti gli alunnib. interventi educativi speciali idonei per diminuire

l’influenza negativa dei genitori e dell’ambien-te sociale

c. azioni specifiche per limitare gli effetti negativi della non “normalità” nell’ambiente sociale

d. adeguati interventi educativi speciali in situazio-ni di non “normalità”

2. Per Claparède:a. l’educazione funzionale è costruita sui reali bi-

sogni e interessi del fanciullob. l’educazione funzionale mira a far ottenere agli

studenti risultati d’apprendimento positivic. l’educazione funzionale ha come finalità il rag-

giungimento degli obiettivi disciplinarid. l’educazione funzionale ha come finalità l’inse-

rimento nel mondo del lavoro

1 punto per ogni risposta esatta …/2

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58 59LEGGERE LA PEDAGOGIA UNITÀ 1 – ANTOLOGIA

V E R S O L’ E S A M E D I S TATO

La scuola a misura di bambino

Le trasformazioni storico-sociali e i drammi prodotti dalle guerre mon-diali hanno posto al centro dell’attenzione l’infanzia come futuro dell’u-manità e la necessità di una didattica in grado di far raggiungere a tutti gli alunni il massimo grado possibile di apprendimento e partecipazione sociale rispettando la loro intima natura e rispondendo ai loro bisogni.

liceo, sono sempre sinonimi di prigioni dell’infan-zia. Tutto l’attuale sistema scolastico è dominato dall’autoritarismo, dall’intimidazione, dalla coerci-zione, dalla compressione delle tendenze naturali e, di conseguenza, dalla noia.

[…] L’organizzazione scolastica attuale, da que-sto punto di vista, deve essere rivoluzionata da cima a fondo, come d’altra parte anche le idee di molti genitori, che la appoggiano tacitamente con le loro sconsiderate esigenze su ciò che “occorre” che i lo-ro bambini sappiano, anche se queste pretese “co-noscenze” dovessero essere acquisite in condizioni di assimilazione assolutamente nulle.

L’errore che si commette pretendendo che il bambino si sforzi per semplice amore del dovere, per semplice rispetto della disciplina astratta, è di dimenticare che il bambino non è un uomo, e che ai valori che sono validi per l’adulto, in lui corrispon-dono altri valori. Quei molteplici valori che si rife-riscono alle necessità della vita sociale e della vita di lavoro, […] dovere morale, sociale o economico […] non esistono per lui, e non devono esistere. Una semplice ed unica funzione li sostituisce tutti: il gioco. Nel bambino il gioco è lavoro, è ciò che è bene, è il dove-re, è l’ideale di vita. È l’unica atmosfera nella quale il suo essere psicologico possa respirare e, per conseguenza, possa agire.

É. Claparède, Psicologia del fanciullo, trad. it. di B. Garau e G. Petter, Editrice universitaria, Firenze1955

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Competenze di analisi del testo• comprendere• interpretare• ragionare

ÉDOUARD CLAPARÈDE

T1 Capire la psicologia del fanciulloClaparède è molto critico nei confronti della scuola tradizionale perché segue principi che ormai da tempo dovrebbero essere stati superati. È errato considerare il fanciullo un uomo in miniatura. Egli vive la sua vita in funzione di quella che sarà la vita dell’adulto. L’infanzia, dunque, ha un importante valore funzionale e l’insegnante non dovrà più, con il proposito di accelerare il passaggio all’età adulta, essere un trasmettitore di conoscenze; piuttosto dovrà essere un facilitatore che guida il fanciullo nella sua crescita attraverso ciò che egli fa in modo naturale e spontaneo: il gioco.

L’infanzia serve a giocare e a imitare. Un bambino è un bambino non perché non ha esperienza, ma perché ha un bisogno naturale di impadronirsi di questa

esperienza. Il bambino è giovane non perché non è grande, ma perché un segreto istinto lo spinge a fare tutto quello che fa, per diventare grande. Ora, […] questa tendenza istintiva allo sviluppo si manifesta mediante il gioco e l’imitazione. […] In realtà, più è lunga l’infanzia, più aumenta il periodo di plasticità durante il quale il bambino gioca, imita, fa esperienza, ossia moltiplica le proprie possibilità d’azio-ne, ed arricchisce con il frutto della propria esperienza individuale il capitale troppo piccolo che gli è stato trasmesso in eredità.

L’età adulta è la cristallizzazione, la pietrificazione; l’infanzia ha lo scopo di dif-ferire il più possibile quel momento in cui l’essere, perdendo la sua attitudine a “di-venire”, si immobilizza, si fissa definitivamente nella sua forma […].

Se l’infanzia fosse solo un danno, un accidente, una conseguenza secondaria dello sviluppo, tutti i fenomeni senza immediata utilità che l’infanzia produce (i giochi) dovrebbero essere repressi, arginati, spazzati via come scorie ingombranti […] e in nessun caso sarebbe vantaggioso stimolarli e fondarsi su essi dal punto di vista educativo. La pedagogia allora dovrebbe essere in gran parte repressiva, di-sciplinare e rigida.

Una simile concezione dell’educazione ha regnato per molto tempo e, purtrop-po, regna ancora. Non è sempre stato così; gli antichi […] davano ai giochi, nell’e-ducazione, il posto d’onore che loro spetta e che loro era riconosciuto da spiriti come Platone e Aristotele. Ma più tardi, nel medioevo, per l’influenza di credenze religiose sbagliate, cominciò una crociata contro tutto ciò che poteva procurare qualche gioia all’esistenza: si bandivano le arti, la musica, la buona tavola, e perfino i bagni e le passeggiate. Anche il gioco dei bambini fu compreso in questo dannoso ostracismo, poiché si credeva che il merito fosse necessariamente legato alla soffe-renza, e che, per essere utile, un dovere dovesse fondamentalmente essere noioso. Questa concezione nefasta pesa ancora sulla pedagogia moderna; scuola, collegio,

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COMPRENDERE

GUIDA ALLA LETTURA

1. Dalla lettura del testo possiamo affermare che Claparède non condivide l’abbreviazione delle tappe nel per-corso di crescita del fanciullo?

2. Come viene considerata nel testo l’età adulta?

3. Perché Claparède considera l’infanzia un «periodo di plasticità»?

INTERPRETARE

4. Perché la scuola non deve ostacolare lo sviluppo naturale del bambino?

5. Quale dovrebbe essere il ruolo della famiglia nella realizzazione di un’educazione funzionale?

ARGOMENTARE

6. Alla luce di quanto affermato nel brano e facendo riferimento alle tue conoscenze acquisite durante lo studio fin qui svolto e alla tua esperienza rispondi ad almeno uno dei seguenti quesiti, in massimo 25 righe:a. perché assume valore pedagogico il differire il più possibile l’età adulta? b. come può essere agevolata l’«attitudine a “divenire”» del bambino?

Bambini della scuola all’aria aperta di Brackenhill, nel Kent, giocano liberi tra i rami di un albero nel 1930. (Fox Photos/Getty Images)

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60 61UNITÀ 1 – ANTOLOGIAUNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

ÉDOUARD CLAPARÈDE

T2 L’educazione funzionaleClaparède sostiene che l’educazione funzionale deve considerare la scuola un luogo attivo dove il fanciullo deve provare piacere al lavoro senza sentirsi mortificato in caso di errore o fallimento ma spinto a comprendere dove ha sbagliato e a ricominciare. Ma tale concezione nuova dell’insegnamento richiede necessariamente una formazione specifi-ca per gli insegnanti per evitare che essi trasmettano stanchezza e noia nei loro studenti.

Il fondamento dell’educazione non deve essere il timore del [castigo], né il deside-rio di una ricompensa, ma l’interesse, l’interesse profondo per le cose che si tratta

di assimilare o di eseguire. Il fanciullo non deve lavorare, comportarsi bene per ob-bedire ad altri, ma perché questo modo di comportarsi è sentito da lui come desi-derabile. Insomma, la disciplina interiore deve sostituire la disciplina esteriore.

[…] La scuola deve preservare il periodo dell’infanzia. Spesso essa lo abbrevia bruciando le tappe che dovrebbero essere rispettate.

[…] L’educazione deve tendere a sviluppare le funzioni intellettuali e morali, più che a [riempire la testa] di una massa di cognizioni che (quando non sono subito dimenticate), rimangono molto spesso delle cognizioni [inerti], trattenute nella memoria come dei corpi estranei, senza riferimento alla vita.

[…] La scuola deve essere attiva, cioè mettere in moto l’attività del fanciullo. Essa deve essere un laboratorio più che un uditorio. A questo scopo essa potrà trarre un utile vantaggio dal [gioco], che stimola al massimo l’attività del fanciullo.

[…] La scuola deve far amare il lavoro. Troppo spesso essa insegna a detestarlo, creando intorno ai doveri che impone delle associazioni affettive sgradevoli.

[…] Poiché la vita che attende il fanciullo all’uscita dalla scuola è una vita in seno all’ambiente sociale, presentare il lavoro e le materie di studio sotto un aspetto vi-tale è anche presentarli sotto il loro aspetto sociale, come degli strumenti di azione sociale (ciò che essi sono in realtà). La scuola ha troppo trascurato questo aspetto sociale, e, portando il lavoro fuori del suo contesto naturale, essa ne ha fatto qual-cosa di vuoto e di artificiale.

[…] In questa nuova concezione dell’educazione, la funzione del maestro è completamente trasfor-mata. Egli non deve essere più un onnisciente in-caricato di impastare l’intelligenza e di riempire la mente di cognizioni. Deve essere uno stimolatore di interessi, un risvegliatore di bisogni intellettuali e morali. Deve essere per i suoi scolari ben più un col-laboratore che un insegnante ex cathedra. In luogo di limitarsi a trasmettere loro delle cognizioni che egli stesso possiede, li aiuterà ad acquistarle da loro stessi con un lavoro e con ricerche personali. La sua principale virtù sarà l’entusiasmo, non l’erudizione.É. Claparède, L’educazione funzionale, trad. it di M. Valeri, Ca-

sa Editrice Marzocco, Firenze 1952

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COMPRENDERE

GUIDA ALLA LETTURA

1. A cosa si riferisce l’autore quando distingue la disciplina interiore dalla disciplina esteriore?

2. Dalla lettura del brano si evince che Claparède è contrario a un tipo di studio mnemonico e nozionistico. Sa-presti indicare il riferimento testuale?

INTERPRETARE

3. La scuola come può preservare il periodo dell’infanzia?

4. Che giudizio dà Claparède della scuola che dovrebbe essere impegnata a far amare agli studenti il lavoro?

ARGOMENTARE

5. Alla luce di quanto affermato nel brano e facendo riferimento alle tue conoscenze acquisite durante lo studio fin qui svolto e alla tua esperienza rispondi ad almeno una delle seguenti affermazioni, in massimo 25 righe:a. L’insegnante, con entusiasmo, deve aiutare gli studenti ad acquistare cognizioni e sviluppare competenze at-

traverso l’impegno personale e il lavoro comune. b. La scuola ha troppo trascurato gli aspetti sociali dell’apprendimento, e, portando il lavoro fuori del suo conte-

sto naturale, ne ha fatto qualcosa di vuoto e di artificiale. Ragazzini inglesi giocano a biglie in

un dipinto di Harold Harvey del 1929. (Collezione privata)

Bambini giocano con la ghiaia nel cortile di una scuola per l’infanzia americana nel 1920. (Jessie Tarbox Beals)

Un maestro con i suoi allievi durante una lezione di botanica nel bosco. (Dmytro Zinkevych/Shutterstock)

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62 63UNITÀ 1 – ANTOLOGIAUNITÀ 1LA SCUOLA INCLUSIVA

MARIA MONTESSORI

T3 Il metodo montessorianoIl valore del metodo montessoriano consiste nell’aver liberato il bambino dalle costrizioni imposte da un sistema educativo arretrato e fondato su posizioni sostanzialmente im-prontate ai principi eteroeducativi. La formula della “liberazione del bambino”, fondamen-tale nella concezione pedagogica di Maria Montessori, infatti, in realtà risulta stretta-mente legata ai concetti di autoeducazione e di spontaneità che si realizzano pienamente nel momento in cui la maestra riconosce al bambino l’indipendenza della sua personalità e della sua natura.

La spontaneità del bambinoDisporre i bambini allineati come in una scuola comune, assegnare a ogni piccino un posto e pretendere che i fanciulli vi rimangano fermi, osservanti dell’ordine convenuto, ciò può essere attuato in seguito come una mossa di educazione collettiva.Anche nella vita accade di dover rimanere tutti seduti e fermi per assistere, per esempio, a un concerto o ad una conferenza.

E sappiamo come, a noi adulti, ciò costi [un] non piccolo sacrificio!Si possono dunque [tenere] i bambini disponendoli al loro posto, in ordine, cercan-

do di far loro intendere l’idea che così disposti stanno bene, che è un bene stare così, che nella sala [la loro sistemazione] ordinata e tranquilla è una bella disposizione; allora lo stare al posto fermi e zitti risulta da una specie di lezione, non da una impo-sizione. Far capire tale idea senza curarsi della pratica, in modo che essi imparino, assimilino un principio di ordine collettivo – ecco l’importante.

Se dopo aver compreso questa idea, essi si alzano, parlano, cambiano posto, non lo fanno più come prima senza saperlo e senza pensarci, ma lo fanno perché vogliono alzarsi, parlare eccetera: cioè da quello stato di riposo e di ordine ben noto, essi par-tono, per intraprendere qualche azione volontaria […].

Salvaguardare la spontaneitàUna […] preoccupazione della maestra comune è quella di dover dilatare le cono-scenze del bambino con continue applicazioni all’ambiente o con le “generalizza-zioni”. Il “fargli veder tutto”, [il] “riflettere su tutto”, è un ansioso lavoro e, pur-troppo, è uno spegnitoio delle energie infantili, un crudele strappo di tutte le cose che formerebbero in lui “un interesse”. È la parte spirituale di quel fatale intervento dell’adulto che vuole sostituirsi al bambino e agire per lui, e così facendo pone il più duro ostacolo al suo sviluppo. Le bellezze che, scoperte spontaneamente dal bambino nel mondo esterno che lo circonda, gli porterebbero di volta in volta gio-ia e soddisfazione, diventano, per opera della istruzione di un adulto […], il tedio della inerzia mentale. Non si preoccupi dunque la nostra maestra delle “applicazioni” per il timore che il fanciullo, come tanti vogliono insi-nuare, si arresti miseramente al materiale, che noi abbiamo limitato, sostituendolo alla grandezza di varietà delle cose offerte dalla natura o dal più vasto ambiente che circonda il bambino a scuola e a casa. Perché, se il fanciullino esercitandosi con il materiale sensoriale ha“accresciuto” la sua capacità di distinguere tra loro le cose e ha aperto le vie dell’anima a una sempre crescente attività di lavoro, egli è certo diventato un osservatore più perfetto e intelligente di prima, e chi fu veramente interessato al meno lo sarà potentemente al di più.

M. Montessori, Educare alla libertà, Mondadori Libri, Milano 2015

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COMPRENDERE

GUIDA ALLA LETTURA

1. Che cosa intende Maria Montessori per «mossa di educazione collettiva»?

2. In che cosa consiste la preoccupazione principale della maestra comune?

INTERPRETARE

3. Perché Maria Montessori, a un certo punto del testo, considera «fatale» l’intervento dell’adulto?

4. In quali passaggi del testo si comprende che l’autrice non condivide l’eteroeducazione?

ARGOMENTARE

5. Alla luce di quanto affermato nel brano e facendo riferimento alle tue conoscenze acquisite durante lo studio fin qui svolto e alla tua esperienza rispondi ad almeno una delle seguenti affermazioni, in massimo 25 righe:a. Non bisogna preoccuparsi di dilatare le conoscenze del bambino ma alimentare i suoi interessi.b. La capacità di osservazione di un bambino deve essere esercitata partendo da un ambiente limitato per giun-

gere ad ambienti più vasti.

I solidi geometrici in legno di colore blu del metodo Montessori introducono il bambino allo studio della geometria solida e permettono l’esplorazione tattile.

Bambini in una classe montessoriana alle prese con gli strumenti didattici per l’apprendimento della matematica. (Jimmy Tran/Shutterstock)

Un bambino con i solidi geometrici in legno di colore blu del metodo Montessori. Hanno la funzione di avviare allo studio della geometria solida e permettono l’esplorazione tattile. (Sergei Kolesnikov/Shutterstock)

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UNITÀ 1

VERSO L’ESAME DI STATO64

UNITÀ 1

La scuola inclusiva se con le specificità dei singoli individui e dei diversi gruppi sociali attraverso un approccio didattico basato sulla personalizzazione. Solo l’attenta coniugazione di questi elementi può dare vita a un sistema scolastico in grado di garantire qualità educativa e contemporaneamente di garantirla al numero massimo di persone. […]

Adottare una didattica inclusiva implica dunque, promuovere azioni in grado di garantire un apprendimento che nasce ed evolve come co-costruzione e non come trasferimento di elementi da implementare o da sommare – come spesso accade nella scuola tradizionale. Secondo tale approccio la didattica dell’inclusione favo-risce apprendimenti significativi per gli allievi disabili e per tutti gli studenti, anche per i più dotati, sul piano sia delle competenze disciplinari sia dell’educazione ai valori della legalità, della solidarietà e della partecipazione al fine di una piena cit-tadinanza attiva.

Educazione inclusiva delle persone con disabilità e cooperazione allo sviluppo, Documento redatto dal Gruppo tecnico “Educazione Inclusiva” nell’ambito

delle attività del Tavolo di Lavoro del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Rete Italiana Disabilità e Sviluppo, Roma 2015

Prima parteLeggi il brano e rifletti sulla questione del diritto all’inclusione e del diritto all’educazio-ne delle persone con disabilità.

L’educazione inclusiva è intesa come processo volto a garantire il diritto all’e-ducazione per tutti a prescindere dalle diversità di ciascuno che derivino da

condizioni di disabilità e/o svantaggio psico-fisico, socio-economico e culturale. Alla base di questo concetto di educazione vi è un approccio all’inclusione che su-pera i confini della scuola per proiettarsi in una dimensione sociale, nella prospet-tiva di uno sviluppo integrale della persona e di quello complessivo della società di appartenenza. Da qui l’importanza di sviluppare interventi focalizzati sul progetto di vita del singolo e del gruppo che deve svilupparsi nella scuola e parallelamente nei contesti sociali di appartenenza. La scuola, quindi, oltre a rispondere al diritto all’apprendimento di tutti (un diritto che riguarda sia l’accesso, sia la piena parteci-pazione) dovrebbe essere in grado di offrire le opportunità formative funzionali allo sviluppo di competenze di base di tutti gli studenti per facilitare il loro processo di inclusione nel proprio territorio e il loro divenire risorse per l’intera comunità. […]

La risposta al diritto all’educazione passa attraverso l’inclusione scolastica di tut-ti, senza distinzioni. La scuola che include opera perché la comunità diventi in-clusiva e pertanto educa all’inclusione sociale.

L’inclusione educativa, premessa e strumento di costruzione dell’inclusione so-ciale, è un diritto fondamentale ed è in relazione con il concetto di “appartenenza”.

Le persone con o senza bisogni educativi speciali possono interagire alla pari. Un’educazione inclusiva permette alla scuola regolare di “riempirsi” di qualità po-nendo le condizioni affinché ciascuno si senta accolto, possa apprendere con i pro-pri tempi e soprattutto possa partecipare alla vita scolastica. La prospettiva è quel-la di considerare la diversità come parte della normalità dunque come valore, non solo nella scuola ma anche nella vita sociale, culturale e professionale.[…]

La scuola per essere inclusiva deve saper rispondere al diritto all’uguaglianza e a quello della diversità. Rispondere al primo significa qualificare il compito tradi-zionale della scuola di garantire ad ogni individuo pari opportunità di sviluppo delle proprie competenze verso una piena realizzazione individuale e sociale. In questa prospettiva, la scuola deve attrezzarsi per eliminare le barriere all’apprendimento connesse con il quadro delle diversità individuali attraverso modelli pedagogici e didattici capaci di individualizzazione nel rispetto degli stili e delle condizioni di apprendimento che caratterizzano ogni persona. Rispondere al diritto alla diversità significa concepire la scuola come ambiente educativo almeno in parte flessibile e quindi disponibile a valorizzare motivazioni, risorse, prospettive culturali connes-

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Nuclei tematici fondamentali:

• Il sistema scolastico italiano, le politi-che europee e internazionali di fronte ai nuovi bisogni formativi;

• Educazione alla cittadinanza, ai diritti umani e inclusione sociale e culturale.

Seconda parteRispondi alle domande

1. Rifletti sulle problematiche relative all’integrazione dei disabili e alla didattica inclusiva.

2. Spiega il concetto di “scuola su misura” di Cla-parède.

3. Descrivi brevemente l’importanza psicopedago-gica delle recenti disposizioni ministeriali per la promozione dell’inclusione scolastica.

4. Descrivi brevemente le problematiche relative alle politiche sociali e al welfare state.

TABELLA DI AUTOVALUTAZIONE

Indicatori Evidenze Sì No In parte Perché?

1. Conoscere concetti, teorie, temi e problemi delle scienze umane

Ho saputo collegare il te-sto della prova a quanto studiato

2. Comprendere conte-nuto e significato del brano e le consegne previste dalla prova

Ho compreso il testo e ri-sposto ai quesiti

3. Interpretare in modo coerente ed essenzia-le le informazioni

Ho saputo ricostruire un’interpretazione coe-rente del testo

4. Argomentare effet-tuando collegamen-ti, confronti tra l’ap-proccio pedagogico e quello sociologico in tema d’inclusività

Ho saputo confrontare e collegare discipline diver-se delle scienze umaneHo saputo argomenta-re in modo corretto dal punto di vista logico e linguistico

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66 COMPITO DI REALTÀ 67

UNITÀ 1 UNITÀ 1

La scuola inclusiva:un progetto contro la dispersione scolastica

FASE 2: Confronto, ideazione di un intervento e simulazione della presentazioneConsegne operative• I gruppi discutono e si confrontano sui dati delle ricerche che hanno effettuato e, con la consulenza del

docente, ipotizzano uno o più possibili interventi da proporre successivamente all’assemblea d’Istituto• Si realizza un PPT o un ipertesto di presentazione delle proposte che verranno infine discusse durante

l’assemblea d’Istituto• Vengono individuati i relatori che presenteranno la proposta ideata ed elaborata durante l’assemblea

d’Istituto

Vincoli di realizzazione: durata 3 ore

Risorse: pc o tablet con collegamento a Internet; LIM; appunti personali; libro di testo

TRAGUARDI DI COMPETENZA COMPETENZE TRASVERSALI

• Padroneggiare gli strumenti espressivi e argomentativi indi-spensabili per gestire l’interazio-ne comunicativa verbale in vari contesti

• Produrre testi di vario tipo in re-lazione ai differenti scopi comu-nicativi

COMPETENZE DISCIPLINARI

• Riconoscere in un’ottica multidi-sciplinare le principali problemati-che del confronto educativo con-temporaneo

• Comprendere la necessità della promozione dello sviluppo delle competenze di tutti nel rispetto dei loro diritti a una formazione di qualità e inclusiva.

MATERIE COINVOLTE

• Scienze umane

• Italiano

• Storia

CONTESTO DI REALTÀLa tua scuola è inserita in un contesto territoria-le caratterizzato da una costante immigrazione di singoli individui e di interi nuclei familiari che, con usi, consuetudini, costumi e lingue proprie, dan-no vita a una ricca e complessa varietà cultura-le. Molti ragazzi provenienti da Paesi lontani fre-quentano la tua scuola. Alcuni di loro si sono in-tegrati perfettamente a scuola e non vivono par-ticolari situazioni di disagio, mentre molti a causa di problemi linguistici, mancanza di coinvolgimen-to e demotivazioni allo studio frequentano saltua-

riamente fino al completo abbandono scolastico. Questo problema è stato discusso durante le as-semblee di Istituto e, in accordo con i docenti e il dirigente scolastico, è stato deciso di organizzare, all’interno delle singole classi, gruppi di studio per approfondire la problematica e proporre attività di lotta alla dispersione scolastica che possano dare una risposta agli emergenti bisogni d’istruzione, ac-coglienza e inclusione degli alunni che vivono una tale situazione di disagio.

FASE 1: Lavoro preliminare Consegne operative• La classe viene divisa in quattro gruppi di lavoro e, seguendo le indicazioni date dal docente di scienze

umane, si avvia una ricerca sul problema “abbandono scolastico”. • Il gruppo di lavoro “A” fa una ricerca per approfondire il problema della dispersione scolastica in Italia e

per conoscere gli interventi previsti nello specifico da alcune norme quali per esempio il decreto legisla-tivo 15/04/2005 n. 76, che ha istituito l’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS); il decreto ministeriale 74/2010; l’articolo 7 del decreto legge 104/2013; la legge 107/2015

• Il gruppo di lavoro “B” studia il documento disponibile online della VII Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei Deputati “Indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica”

• Il gruppo di lavoro “C” studia il documento disponibile online, “Audizione dell’ISFOL presso la VII Com-missione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei Deputati in occasione dell’indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica”

• Il gruppo di lavoro “D” fa una ricerca sulle soluzioni proposte a livello di cooperazione internazionale (analisi del fenomeno degli abbandoni scolastici in Europa e dei diversi sistemi di monitoraggio, preven-zione e reintegro degli studenti).

Vincoli di realizzazione: durata 2 ore di lavoro in classe e 2 ore di ricerca a casa

Risorse: libro di testo per gli aspetti pedagogici unità 1, testi presenti nella biblioteca di Istituto, materiale reperibile sul Web

CRITERI DI VALUTAZIONE

CRITERI

1 Riconoscimento in un’ottica multidisciplinare della problematica della dispersione scolastica

2 Comprensione della necessità della promozione dello sviluppo delle competenze di tutti nel rispetto dei lo-ro diritti a una formazione di qualità e inclusiva

3 Autonomia nell’uso di strumenti espressivi e argomentativi per gestire l’interazione comunicativa verbale nel contesto classe e nel più ampio contesto assembleare

4 Progettazione e svolgimento di una ricerca su Internet

5 Rispetto dei vincoli

6 Utilizzo delle risorse

TABELLA DI AUTOVALUTAZIONE

Sì No In parte Perché?

Ho svolto la mia ricerca e raccolto i dati in modo autonomo ed efficace

Ho saputo gestire e analizzare le fonti e le risorse

Ho comunicato in modo chiaro ed efficace

Ho messo alla prova le mie capacità comunicative e le competenze rela-zionali

Ho rispettato i tempi di consegna