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Unità di apprendimento 3A-IPMM Lavori, mestieri, artigianato della realtà sambenedettese tra Ottocento e Novecento

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Unità di apprendimento3A-IPMM

Lavori, mestieri, artigianato della realtà sambenedettese tra Ottocento e Novecento

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LA PESCA - tecniche ed organizzazione del lavoro

a cura di Drini Sotir, Prendi Arbri, Sanbouli AmineSe la navigazione costituiva l'elemento nodale dello "stare in mare" e si avvaleva di un bagaglio secolare di esperienze, la perizia del "parò" trovava la sua migliore estrinsecazione nella pesca. La scelta dei fondali adatti, la capacità di non incappare nelle "presure" ( relitti che potevano lacerare le reti ), la regolazione della velocità di traino, l'intuizione di eventuali cambiamenti metereologici erano alcune delle conoscenze che il repertorio di un parò prevedeva: le pescate, mai casuali, testimoniano spesso l'effettiva capacità del capopesca

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Allo stesso modo pescavano le lancette, che effettuavano però bordate di un giorno, partendo all'alba e tornando al tramonto: di notte venivano utilizzate per trainare il "carpasfoglie", lunga rete a sacco con l'imboccatura tenuta costantemente aperta da un palo di faggio di circa due metri: adatto a fondali particolarmente bassi e fangosi. Il "carpasfoglie" fu la rete tipica della pesca notturna e di fondo.La presenza di eventuali ostacoli e la necessità di difendersi dai delfini consigliavano l'uso di reti protettive a maglie larghe ed incatramate ( lu iacchere e la parnanza ), le quali, disposte sulla coda e sul fondo assicuravano una maggiore resistenza della rete.

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Sui fondi di sabbia pulita la "cala" durava da due a quattro ore, sui fondali fangosi e sporchi non superava le due ore.

Il nome stesso dell'imbarcazione indica che la pesca veniva effettuata a coppia: la paranza del parone e quella del sottoparone. Le barche avevano colori diversi a seconda del compito che dovevano svolgere. Delle due barche una guidava la manovra e l’altra la seguiva; la distanza di navigazione doveva essere di un massimo di 150 mt.

Con la nebbia le paranze si legavano insieme con una cima e un componente dell'equipaggio ne controllava la continua tensione per evitare pericolosi avvicinamenti.

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A bordo la vita dei pescatori era estremamente dura e solo una attenta ripartizione dei compiti riusciva a renderla sopportabile. Una lancetta di media grandezza poteva essere governata da quattro o cinque marinai; gli angusti spazi di una paranza invece dovevano contenere un equipaggio invernale di un minimo di dieci marinai ed uno estivo di otto o nove. La differenza stagionale era dovuta all'uso solo estivo del battello portapesce sul quale doveva essere imbarcato sempre un marinaio della paranza; d'inverno il battello veniva disarmato e a svolgere la sua funzione erano le "sciabiche" che invece di raggiungere le paranze al largo attendevano che si avvicinassero alla costa.

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Le Barche a cura di Gasmi Mohammed e Hamida Al Addin

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La paranza

Barca a scafo tondo con lunghezza media tra i 14-16 mt. e larghezza 4-5 mt. con un albero d'altezza pari alla lunghezza e armato, solo nell'area sambenedettese, a vela latina mentre nel resto dell'Adriatico la vela era al terzo: l'antenna, la cui lunghezza minima era di 27 mt., costituiva la caratteristica preminente della paranza sambenedettese.

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La lancetta

Barca a scafo tondo di varie dimensioni tra i 7 e i 12 mt. ( lancettuccia, papagnutte, ecc..) con vela alla terza ( la vela alla terza oltre l'antenna aveva il bome in basso ) armata su un albero pari alla lunghezza dell'imbarcazione.

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I FUNAI a cura di D’Angelo Manuel, Giannetti Eugenio Troka

Michelian

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• Luogo dove la memoria ha conservato vivo il ricordo del mestiere dei funai è certamente San Benedetto del Tronto. Negli anni del 700 inizia ad affermarsi la pesca e si ha anche una crescita sempre più evidente delle persone addette alla produzione delle reti e dei cavi, per il governo delle barche. Nei primi funai ci saranno imprenditori e maestranze che si trasferiranno in molti mari italiani. la classe dei funai si divideva in due categorie:

• I funai di fino;• I funai di grosso.

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La raccolta delle funi o dei cavi realizzati avveniva ad opera dello stesso funaio, o da parte di una donna di casa. Spesso la gente che conosceva a malapena il mestiere il mestiere si tratteneva ad osservare questa operazione che vedeva il filo correre come una piccola serpe. Gli spaghi raccolti venivano legati in un fascio sul corpo di una donna per verificare il peso e la qualità dei fili. La canna, i vimini, pezzi di legno, chiodi, barattoli di lamiera, pezzi di pellame vecchio, erano le materie prime di questo universo tecnologico che serviva a realizzare: "lu pere", "lu crastille", "lu torte", "le gerelle","lu legnette", "lu panerille", ecc..(dialetto Sambenedettese).

A sera tutti gli spaghi venivano raccolti e arrotolati su due paletti e quindi portati ad ammollare per essere lasciati e raccolti definitivamente il giorno dopo. L'infissione dei palaferri da parte delle centinaia di funai che si riunivano, dava luogo ad un suono metallico acuto, rimato e caratteristico che si percepiva da molto lontano e che per oltre un secolo ha caratterizzato le albe e la nostra cara San Benedetto del Tronto.

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Le reti come universo femminileA cura di: Abdulahi Nuriman, Quinzi Luca, Sbaa Mohamed

La donna oltre a svolgere faccende domestiche, confezionava la rete. Per fare questo lavoro c'era bisogno dell'abbiatore, cioè della parte iniziale, ma anche dello spago, della “laguette” e de “lu murelle”, ma soprattutto occorreva tanta fora di braccia poiché i nodi dovevano essere ben tirati e stretti.La maglia della rete era grossa o sottile a seconda della grossezza dello spago e, cambiando spessore si cambiava “lu murelle”, pezzo di canna, fatto di un particolare legno dove si poggiavano le maglie. La rete era divisa in sei parti così chiamate: la “lenza”, lu “cilette”, i “parà”, lu “iaccure”, i “scajette” e la “coda”. Le ultime due parti fatte in forma circolare, si restringevano per arrivare al sacco, il pesce veniva preso. Alla retara venivano spesso date indicazioni precise per la sua confezione: per le “casse”(cosce), occorrevano 60 maglie, per la “lenze” ed i “scajette” 120, per i “parà” 300. Per una rete intera occorreva quindi un quintale di spago. Durante il lavoro, si facevano delle “semature”, punti dei successivi graduali restringimenti; quando il pezzo della rete era terminato, lo si piegava in un modo meno ingombrante, e per far questo lavoro tutta la rete doveva essere allungata ed aperta in casa, ma meglio lungo le strade. Fatto di essa un pacco, la donna se la caricava in testa e andava a riconsegnare il lavoro.

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Durante il lavoro, si facevano delle “semature”, punti dei successivi graduali restringimenti; quando il pezzo della rete era terminato, lo si piegava in un modo meno ingombrante, e per far questo lavoro tutta la rete doveva essere allungata ed aperta in casa, ma meglio lungo le strade. Fatto di essa un pacco, la donna se la caricava in testa e andava a riconsegnare il lavoro.

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Sul “piccolo”, un giornale indipendente veniva scritto:“Qui... l'ignoranza è crassa ed incosciente ed impera in questa felicissima plaga. L'operaio ha l'istruzione che si impartisce nelle prime classi delle scuole elementari: non si ha un marinaio che possa agire di propria iniziativa.L'istruzione e l'educazione sono impossibilitate perché la madre deve rompersi le ossa tutto il giorno nel telaio a fare la rete, ed i bimbi, anche teneri, a girare la ruota o a pescare insieme al genitore perché con il loro lavoro possono concorrere ad accrescere la tisica entrata della casa...”.

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Don Francesco Sciocchettia cura di Pignati Mario Krasyuk Dimitro

Lu curate

…fu chiamato a San Benedetto per dare una mano in occasione della tremenda epidemia di colera che falcidiò il piccolo centro rivierasco. Quando “lu curate” si trovò davanti a tanta tragedia, povertà e fierezza decise che quell’umile borgo sarebbe diventato il luogo della sua missione terrena e pastorale.

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La Barca rivoluzionaria

Monsignor Schiocchetti si rese subito conto che per elevare gli spiriti bisognava innanzitutto iniziare ad elevare un tenore

di vita spaventosamente povero che abbruttiva la mente e i cuori del suo

gregge. Il suo grande pensiero era nel rinnovamento della pesca con

l'immissione del motore a bordo delle barche

nel maggio del 1912 scendeva in mare il "San Marco", il primo battello portapesce che aveva lo scopo di raccogliere il pesce

a bordo delle paranze in alto mare, assicurando la freschezza del prodotto

ittico ed evitando, soprattutto, i frequenti naufragi dei poveri battellanti costretti a

ritornare frequentemente a terra.

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La vendita del pescea cura di: Fulgenzi Matteo, Silecchia Enrico, Ubaldi Paolo,

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LA VENDITA ALL’ASTA

All’alba tornavano i

motopescherecci dalle varie zone di

pesca. Le partite di pesce venivano

sbarcate dai natanti, dai “zautte”, i

braccianti di mare, e portare

nell’interno del mercato e disposte

nell’ampia platea.

L’astatore iniziava a scalare “alla

voce” il valore indicato inizialmente

con un ritmo suo particolare e con

riferimento, in base alla qualità del

prodotto.

Il ritmo era rapido o lento a

secondo che si fosse all’inizio della

vendita e per un valore ritenuto

ancora elevato o quasi per un

prezzo più reale. Ad un tratto, quasi

sibilato, si sentiva un “peje je”

(piglio io) detto da uno dei

commercianti presenti alla vendita.

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METAMARINEA CURA DI CELA ASTRIT

CIARROCCHI YURI

Una esperienza decennale nelle costruzione di componenti di altissimo livello, con la maniacale attenzione ai particolare. L'esperienza maturata in 10 corse ha fatto si che negli anni, metamarine raggiungesse stanadard costruttivi altissimi. La continua ricerca, anche in direzioni di contro tendenza, lo sviluppo di soluzioni tecniche innovative tutte concentrate nei componenti metamarine. Le più avanzate tecniche di costruzione, con l'impiego di processi di infusione sottovuoto, vengono utilizzate per lo stampaggio di tutte le strutture in resina. Le lavorazioni su acciai e leghe vengono fatti con macchine a controllo numerico a 5 assi. Tutti i componenti realizzati da Metamarine sono progettati con l'ausilio di software di modellazione cad 3D.

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LO TNT REPLICAQuesto è il TNT replica Dati tecnici :progettista: metamarinecostruttore: metamarineomologazione ce: classe Blunghezza massima: f.t. 14,70 mtlunghezza massima: 3mtaltezza di costruzione: 2,6 mt Pescaggio alle eliche: 0,8 mtPeso con motore: 8100 KG (SEATEK 850 PLUS)Portata omologata: 1700 kgNumero motori: 2 Marca e modello motori: seatek 850 plus Potenza complessiva: 170 cv Tipo di trasmissione: trasm. Di superficie metamarine Peso totale motori: 2200 kg ( seatek 850 plus )Velocità massima dichiarata: max omologata 50 knt max 82 kntCapacità serbatoio carburante: 1100 ltCapacità serbatoio acqua. 250 lt.   

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Marco PennesiHa iniziato la sua carriera sportiva a 14 anni partecipando con successo a vari Campionati di motocross, distinguendosi per una caratteristica che tutt’ora lo riguarda: ha sempre usato mezzi da lui stesso costruiti, grazie ad una geniale concezione della meccanica che è alla base del suo successo professionale. Marco Pennesi, infatti, è titolare e fondatore della Metameccanica Evoluzione, azienda leader nella produzione di originali linee di confezionamento alimentare.Segue tutta la progettazione e la realizzazione dei bolidi del mare costruiti nel cantiere sambenedettese Matetamarine, per cui è direttore tecnico del reparto corse.

Il suo esordio nella motonautica sportiva risale al 2001 quando partecipa al Campionato Mondiale Powerboat P1 nella Categoria Super Sport, classificandosi al secondo posto; nel 2004 si laurea Campione Mondiale e negli anni successivi vince numerose importanti competizioni, tra le quali l’ultima edizione del Giro del Lario, una delle più antiche e impegnative competizioni motonautiche.

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… sotto l’azzurro fittodel cielo qualche uccello di mare se ne va;né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:"più in là"! (da Maestrale di Eugenio Montale)