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Università degli Studi di Padova DIPARTIMENTO DI MEDICINA MOLECOLARE Master in Terapia Manuale e Riabilitazione Muscolo-Scheletrica DIRETTORE: Ch.mo Prof. Raffaele De Caro TESI Revisione della letteratura sull'efficacia del training eccentrico rispetto al training concentrico nel trattamento conservativo delle tendinopatie dell'arto inferiore RELATORE: Dott. Stefano Dorigo STUDENTE: Filippo Cacciola Anno Accademico 2012-2013

Università degli Studi di Padova. Filippo... · 2014. 1. 19. · 5 Il Tendine Struttura del tendine Il tendine è composto prevalentemente da collagene di tipo I residente in una

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Università degli Studi di Padova

DIPARTIMENTO DI MEDICINA MOLECOLARE

Master in Terapia Manuale e Riabilitazione Muscolo-Scheletrica

DIRETTORE: Ch.mo Prof. Raffaele De Caro

TESI

Revisione della letteratura sull'efficacia del training

eccentrico rispetto al training concentrico nel

trattamento conservativo delle tendinopatie dell'arto

inferiore

RELATORE: Dott. Stefano Dorigo

STUDENTE: Filippo Cacciola

Anno Accademico 2012-2013

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INDICE

Abstract pag. 2

Introduzione pag. 4

Il tendine pag. 5

Le tendinopatie pag. 11

Materiali e metodi pag. 17

Risultati pag. 18

Discussione pag. 20

Conclusioni pag. 27

Bibliografia pag. 29

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Abstract:

TITOLO: Revisione della letteratura sull'efficacia del training eccentrico

rispetto al training concentrico nel trattamento conservativo delle

tendinopatie dell'arto inferiore.

OBIETTIVI: lo scopo della tesi è confrontare attraverso una revisione

sistematica della letteratura quale tipo di training muscolare tra quello

eccentrico e concentrico possa essere più efficace nel trattamento

conservativo delle tendinopatie dell’arto inferiore.

MATERIALI E METODI: la ricerca è stata effettuata nelle banche dati

Pubmed e PEDro utilizzando come parole chiave: "tendinopathy" AND

"concentric training"; "tendinopathy" AND "concentric" AND "eccentric";

"tendinopathy" AND "eccentric training". Sono stati presi in

considerazione articoli in lingua inglese redatti entro 15 anni, con un

PEDro score almeno di 6/10. Sono stati invece esclusi articoli non correlati

all’argomento della revisione, che riportavano modalità di trattamento non

idonee ai fini dello studio.

RISULTATI: Sono stati reperiti 153 articoli, che in base ai criteri di

inclusione ed esclusione sono stati ridotti a 8. Dopo l'attenta lettura di

rewiew sono stati valutati alcuni articoli, di questi, oltre a quelli già

selezionati, solo uno rispondeva ai criteri di inclusione.

CONCLUSIONI: Sebbene il training eccentrico nel trattamento delle

tendinopatie sia oggetto di numerosi studi, vi sono pareri discordanti sulle

differenze rispetto ad un training concentrico. Il training eccentrico è da

considerarsi utile per la riduzione della sintomatologia algica ed il

protocollo che utilizza il drop squat su piano inclinato a 25° risulta

comunque avere maggiori risultati. Il training concentrico che sembra

essere più efficace è quello effettuato con esercizi a catena cinetica chiusa.

E' utile associare al protocollo di training un'attività fisica moderata dopo le

prime 6 settimane purchè il dolore sia tollerabile. L'eterogeneità del tipo di

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tendinopatia ma soprattutto del protocollo con cui viene applicato il

training concentrico rendono ancor più difficile trarre risultati certi sulla

gestione delle tendinopatie.

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Introduzione

Le tendinopatie rappresentano uno degli infortuni più frequenti negli atleti

professionisti ed amatoriali, in particolare in seguito a carichi eccessivi o

frequenti. Tuttavia è riscontrabile anche in soggetti sedentari [1, 2, 3].

Tra i fattori che contribuiscono all'evoluzione della patologia possono

essere considerati gli errori di allenamento [4, 5], gli infortuni pregressi a

carico dell'arto inferiore [4, 6], l'obesità, alterazioni metaboliche [7],

inadeguate calzature [8] e l'uso di alcuni farmaci [2, 7].

La patologia può evolvere positivamente come avere un peggioramento,

talvolta il tendine è già degenerato e ne viene compromessa la restitutio ad

integrum [9, 10, 11, 12].

Le strategie di intervento sono da sempre oggetto di discussione e gli studi

che prevedono un recupero attivo della funzionalità tendinea rispetto al

riposo sono sempre più frequenti [14, 15, 16, 17, 18].

Questa tesi analizza quale tipo di esercizio tra il lavoro eccentrico ed il

concentrico possa essere il più idoneo nel percorso riabilitativo.

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Il Tendine

Struttura del tendine

Il tendine è composto prevalentemente da collagene di tipo I residente in

una matrice extracellulare che si compone principalmente di

mucopolisaccaridi e di un gel di proteoglicani. Dunque, il tendine è

composto dal 68% di acqua, dal 30% di collagene e dal 2% di elastina. Le

cellule tendinee sono rappresentate dai tenociti [2].

Microscopicamente possiamo osservare che svariate unità tropocollagene si

uniscono a formare una microfibrilla (fig. 1). Diverse microfibrille,

immerse nella matrice extracellulare, costituiscono una fibrilla collagene.

Un gruppo di fibrille collagene costituiscono una fibra collagene. Più fibre

collagene, racchiuse dall’endotenone, costituiscono un fascio di fibre

primario. Sempre all’interno dell’endotenone, più fasci primari si uniscono

a formare fasci di fibre secondarie e terziarie. Più fasci di fibre terziarie

sono racchiusi dall’epitenonio per la formazione del tendine [2, 19].

Figura 1: Struttura del tendine

Il tendine è circondato da tessuto connettivo areolare denominato

paratenonio. Il sistema di fibre collagene del paratenonio è ben definito e

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gli elementi principali sono il collagene di tipo I, le fibrille di collagene di

tipo III e le fibrille elastiche [19]. Il paratenonio funziona come un

manicotto elastico che permette il libero movimento del tendine rispetto ai

tessuti circostanti. Profondamente al paratenonio, il tendine è interamente

circondato da una guaina di tessuto connettivo chiamato epitenonio (fig. 1).

Di tanto in tanto le fibre dell’epitenonio si fondono con le fibre più

superficiali del tendine e sono in continuità sia con le fibre del paratenonio,

tramite le sue fibre esterne, sia con l’endotenonio, tramite le sue fibre più

profonde. L’endotenonio, all’interno del tendine, riveste ogni fascio di fibra

primaria, secondaria e terziaria [9, 19, 20]. L’endotenonio, oltre

all’importante funzione di rivestimento e mantenimento delle diverse unità,

permette a gruppi di fibre di scivolare tra loro in modo indipendente,

portando vasi sanguigni, linfatici e nervi nella parte più profonda del

tendine [9, 20].

La matrice extracellulare è una struttura complessa che circonda e sostiene

la componente cellulare del tendine. L’interazione tra cellule del tendine

(tenociti) e la matrice extracellulare è bidirezionale, ovvero, i tenociti

possono apportare modifiche della matrice, e variazioni della matrice

possono portare alla proliferazione, migrazione, apoptosi e morfogenesi dei

tenociti. Il mantenimento della matrice ha importanti conseguenze per le

abilità del tendine di resistenza alle forze meccaniche e di riparazione al

danno. Alcuni autori sostengono che uno squilibrio tra sintesi e

degradazione della matrice evolverà in danno strutturale e degenerazione

tendinea. Il collagene principale nella matrice è di tipo I. I proteoglicani

sono in grado di trattenere acqua all’interno della matrice e di influenzare

le proprietà visco-elastiche del tessuto aiutando il tendine rotuleo a resistere

alle forze compressive. L’attività fisica e l’eventuale attività sportiva del

soggetto possono modificare l’allineamento delle fibre nella matrice del

tendine [21].

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Le fibre collagene, all’interno del tendine, hanno diversi schemi di

orientamento. Queste fibre erano generalmente descritte aventi una

direzione unica e parallela. E’ stato poi dimostrato che queste non hanno

solo una direzione parallela, ma anche trasversale, orizzontale e spirale. Le

fibre collagene sono flessibili e prese singolarmente non sono elastiche. La

disposizione e l’intreccio delle singole fibre e dei fasci del collagene

conferiscono a queste strutture un certo grado di elasticità [22].

Il tenocita è la cellula più importante del tendine. Esso svolge diversi ruoli

per il mantenimento del tendine sano: proliferano, producono collagene e

mantengono un’appropriata matrice extracellulare [22].

Le fibre elastiche, composte dalla proteina elastina, corrono singolarmente

mai in fasci e conferiscono al tessuto estensibilità, consentendo al tendine

di allungarsi nelle direzioni necessarie [22].

Funzione e proprietà meccaniche del tendine

Il tendine svolge diverse funzioni.

- La funzione primaria è quella di trasferire le forze prodotte dal muscolo

alle leve ossee per il movimento articolare. Il tendine è soggetto a

molteplici forze di trazione, compressione e di taglio. In confronto al

muscolo è più rigido e ha una maggiore resistenza alla trazione potendo

sopportare sforzi maggiori con deformazioni molto piccole. Questa

proprietà del tendine permette al muscolo di trasferire forze alle ossa senza

sprecare ulteriore energia per compensare un eventuale stiramento del

tendine. Allo stesso tempo sono sufficientemente flessibili per formare

angoli intorno alla superficie dell’osso e dell’articolazione [23].

- Aiutano a mantenere la postura grazie alle loro proprietà propriocettive

[23].

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- I tendini non si comportano come corpi rigidi. Il tendine assorbe le forze

esterne limitando i possibili danni muscolari e fungendo da

immagazzinatori temporanei di energia. Inoltre, il tendine, per adempiere il

suo compito di ammortizzatore deve avere una grande forza meccanica,

una buona flessibilità e un livello ottimale di elasticità [23].

- Il tendine generalmente concentra la trazione derivante dalla contrazione

del muscolo su una piccola area di tessuto osseo. Ciò consente al muscolo

di cambiare la direzione della trazione e di far agire a distanza ottimale il

muscolo stesso [23].

La classica configurazione delle fibrille e delle fibre di collagene a riposo è

ondulata (0%). Un carico molto leggero determina lo stiramento del tendine

di circa il 2% che farà perdere questa conformazione ondulata denominata

“crimped”. I tendini sono sottoposti a questi carichi nello svolgimento di

normali attività della vita quotidiana. Con l’aumentare del carico aumenta

l’allungamento sino al 4%-5%. Con tali stiramenti la struttura comincia a

deformarsi, le fibre divengono più parallele e il tendine presenta una

risposta lineare allo stress oltre il quale perderà la sua capacità elastica. Qui

i carichi agiscono direttamente sulle fibre collagene e i valori della curva

sono determinati dalle proprietà fisiologiche delle fibre stesse. Stiramenti

entro il 4%-5% sono ritenuti fisiologici, ma oltre (5%-8%) potrebbero

comportare microrotture all’interno della struttura tendinea, dove le fibre

collagene cominciano a scivolare le une sulle altre come risultato della

rottura dei cross-link [1, 12]. Ulteriori stiramenti e la mancata trasmissione

di trazione delle fibre già rotte, causeranno danni macroscopici nel tendine

e tali rotture avverranno in modo imprevedibile. Con stiramenti superiori

all’8% si assisterà alla rottura totale del tendine [1].

L’elasticità esibita dal tendine, sottoposto a un carico di trazione, ha

importanti implicazioni funzionali per l’unità funzionale muscolo-tendine.

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Infatti un muscolo che presenta un tendine debole sarà svantaggiato nella

funzione di controllo dell’articolazione attraversata da quel tendine.

Consideriamo ad esempio una forza esterna che agisce su di

un’articolazione posta a una certa angolazione, per mantenere la posizione,

il muscolo dovrà generare una forza contrattile costante. Nonostante il

muscolo mantenga la sua lunghezza, se il tendine è molto debole la

lunghezza cambierà per l’azione della forza esterna. Ciò si tradurrà

funzionalmente con l’incapacità di mantenere ferma l’articolazione ad una

certa angolazione durante una contrazione isometrica [23].

E’ inoltre dimostrato come l’allungamento di un tendine durante la

contrazione isometrica del muscolo sarà necessariamente compensato da un

ulteriore accorciamento del muscolo, che si tradurrà in una perdita di forza

contrattile [23].

Infine è utile sottolineare come maggiore è l’estensibilità del tendine e

maggiore sarà l’immagazzinamento di energia elastica, infatti il tendine

restituirà l’energia elastica accumulata durante l’allungamento quando

cesserà la trazione che agisce su di esso. Questo meccanismo passivo di

fornitura energetica è indispensabile per il risparmio energetico durante la

locomozione e altre attività [23].

L’interazione tra le proprietà meccaniche dei tendini e la funzione

muscolare necessita piena comprensione per poter ristabilire una normale

performance articolare e muscolo-tendinea [23].

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Il comportamento del tendine sotto carico può essere rappresentato con un

grafico stress-stiramento (fig. 2).

Figura 2: Grafico stress-stiramento del tendine

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Le tendinopatie

Classificazione delle tendinopatie

La tendenza negli ultimi anni è di classificare questa condizione patologica

con una terminologia molto generica (tendinopatia), rispetto agli anni

passati dove la terminologia usata era più specifica (tendinite, tendinosi).

Ciò tiene conto delle nuove conoscenze eziopatogenetiche e dei

conseguenti orientamenti terapeutici che prima erano indirizzati verso una

condizione infiammatoria non esistente e pertanto inefficaci. Difatti nelle

condizioni tipiche di overuse, intorno e all’interno del tendine, è più raro

trovare processi infiammatori di rotture parziali o totali del tendine. E’

ormai dimostrato che alla base della tendinopatia non vi è alcun processo

infiammatorio, se non nelle primissime fasi della patologia (prime tre

settimane dall’esordio). Pertanto il termine tendinite era comunemente ed

erroneamente usato anche per condizioni che rappresentavano reali

tendinosi. Dunque, è più corretto indicare le condizioni patologiche del

tendine con il termine tendinopatia compreso il dolore cronico e la rottura

tendinea [7, 24, 25].

Tuttavia l’utilizzo del termine tendinite è ancora molto comune e questo

conduce lo staff medico, gli atleti e gli allenatori a commettere un errore di

sottovalutazione della condizione che, se non adeguatamente trattata,

manterrà attiva la cronicizzazione e quindi la progressione degenerativa

[26, 27] .

Khan ha adeguato la classificazione istopatologica del disturbo tendineo,

già elaborata anni prima da altri autori, sulla base delle nuove conoscenze

[1]. La classificazione comprende:

1) tendinite, intesa come processo degenerativo sintomatico del tendine con

distruzione vascolare e risposta riparativa infiammatoria, fase che per molti

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autori è molto breve e raramente riscontrata in condizioni croniche (più di

tre settimane);

2) tendinosi, definizione che risale a più di 25 anni fa [27], è intesa come

degenerazione intratendinea non necessariamente sintomatica e senza segni

clinici o istologici di infiammazione;

3) peritendinite, intesa come un processo infiammatorio a carico di strutture

limitrofe al tendine come il paratenonio (paratenonite) o la sinovia

(sinovite-tenosinovite). E’ caratterizzata da edema acuto e iperemia del

paratenone, con infiltrazione di cellule infiammatorie e possibile

produzione di essudato fibrinoso all’interno della guaina tendinea,

causando il tipico crepitio riscontrabile anche nella clinica;

4) peritendinite con tendinosi, è caratterizzata da infiammazione dei tessuti

peritendinei associata a degenerazione intratendinea [1].

Il termine tendinopatia viene utilizzato per descrivere una condizione di

dolore, gonfiore e/o funzionalità compromessa del tendine. La tendinopatia

può essere sintomatica o asintomatica nel caso in cui vi sono alterazioni del

tessuto tendineo senza alcuna sintomatologia riferita dal paziente. Il

termine entesopatia indica che l’area affetta è la giunzione osteotendinea.

Nel tendine rotuleo è coinvolta più frequentemente l’entesi prossimale

rispetto all’entesi distale [28, 29].

La progressione clinica della tendinopatia spesso è comune negli atleti e

diversi autori accettano a tutt’oggi la classificazione di Stanish modificata

[30, 31]. Questa si basa sulla sintomatologia e descrive l’influenza di

questa sulla performance dell’atleta e si suddivide in 6 stadi:

1°) nessun sintomo;

2°) dolore solo con esercizi estremi – performance normale;

3°) dolore con sforzo o esercizio estremo e per 1-2 ore dopo – performance

normale o leggermente influenzata;

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4°) dolore durante e dopo attività fisica – performance moderatamente

alterata;

5°) l’atleta non termina l’attività per la presenza del dolore, che persiste a

lungo anche dopo l’attività – perfomance marcatamente alterata;

6°) dolore nelle attività della vita quotidiana – impossibile partecipare ad

attività fisiche e sportive [30, 31, 32].

Eziologia delle tendinopatie

La tendinopatia rotulea, così come tante altre tendinopatie, può essere

associata a delle ampie varietà di fattori intrinseci ed estrinseci [3].

L’eziologia è di cruciale importanza per la scelta di alcune strategie

terapeutiche.

La tendinopatia da overuse spesso ha eziologia multifattoriale [5].

In generale i tipici fattori intrinseci sono:

- età e sesso;

- ipertensione;

- steroidi;

- alterati allineamenti;

- discrepanza di lunghezza degli arti.;

- alto indice di massa corporea (BMI) [6, 7];

- Squilibri muscolari [8];

- debolezza muscolare;

- eccessiva rigidità (articolare o muscolare);

- iperlassità articolare [6, 33];

- terapia ormonale sostitutiva [34].

I tipici fattori estrinseci sono:

-tipo di sport (di salto, esplosivi)

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- errori nell’allenamento (intensità, frequenza, tecnica, fatica, distanza);

- superficie di allenamento inadeguata;

- cattive condizioni ambientali;

- calzature e/o attrezzature di bassa qualità o non appropriate.

La combinazione di fattori estrinseci e/o intrinseci può esporre il tendine

rotuleo a modelli di carico eccessivi o anormali [33, 35].

Eziopatogenesi delle tendinopatie

Nel corso degli anni sono stati presentati vari modelli per comprendere

l'eziopatogenesi di questa patologia.

Fino a poco tempo fa il modello concettuale si basava sulla componente

infiammatoria ed una serie di mediatori che, chiamati in causa seguito di un

danno tissutale tendevano a riparare l'alterazione istopatologica, ovvero la

rottura delle fibre collagene che scatenava la sintomatologia. Oggi questa

teoria non è più considerata valida poiché non supportata appropriatamente

da studi. Come già detto precedentemente il cambio di terminologia da

tendinite a tendinopatia nasce proprio dal fatto che la componente

infiammatoria è poco presente.[36]

Se questo modello fosse valido la guarigione sarebbe progressiva e sarebbe

sufficiente il solo riposo per risolvere il problema. [11]

Invece grazie alle nuove conoscenze [11] sembra che il tendine ed in

particolare la matrice si adatti bene, rinforzandosi, quando viene stimolato

adeguatamente con carichi appropriati, quando però viene stressato in

maniera inadeguata come per esempio a seguito di riposo prolungato od

eccessivo allenamento, il tendine reagisce proliferando. In questa fase il

tendine si presenta integro, si può notare un ispessimento della guaina.

tuttavia questa fase è ancora completamente recuperabile. Se però non si

ricorre ad appropriati trattamenti e non si eliminano i fattori intrinseci ed

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estrinseci sopra citati responsabili dell'instaurarsi di questa sintomatologia,

si va incontro ad una fallita guarigione dove saranno presenti all'imaging

regioni microipoecoiche. Ovviamente in questa fase è estremamente

importante capire che il tendine non ha più la caricabilità di prima ed anche

in questa condizione alterati carichi potranno far evolvere negativamente la

patologia verso una vera e propria degenerazione dove il tendine non ha più

la capacità di recuperare il danno ed è soggetto a rottura (fig. 3) [11, 36].

Fig. 3: Modello concettuale della meccano trasduzione secondo Cook et al. 2009

Questo modello si spiega anche grazie all'azione delle integrine,

glicoproteine di membrana nella membrana cellulare che legano le

proteine della matrice extracellulare, in particolare le fibronectine che

svolgono un ruolo nel collegamento della cellula con la matrice

extracellulare (MEC) e nella trasduzione del segnale dalla MEC alla cellula

[36].

Attraverso le integrine le deformazioni meccaniche della MEC vengono

trasmesse direttamente al citoscheletro innescando una complessa cascata

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di trasduzione del segnale che permette un rimodellamento del

citoscheletro stesso trasferendo segnali di modificazione genica, della

sintesi proteica e del differenziamento cellulare [36].

E' così che si creano quegli adattamenti che permettono al tendine di un

atleta di ispessirsi, di adattarsi per rispondere meglio a carichi sempre

crescenti. Questa risposta, poiché sottende a questi meccanismi dove è

presente una variazione metabolica non è così immediati. La piena risposta

per la produzione di collagene di tipo I per esempio avviene dopo circa tre

mesi. Quello che inizialmente si nota è un turnover del collagene [36].

Secondo questo modello il carico applicato alla struttura tendinea può

essere considerato sia un fattore positivo che negativo; va pertanto

contestualizzato alla fase in cui ci si trova ed al tipo di paziente [11, 36].

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Materiali e Metodi

La ricerca è stata effettuata a partire dal 20 agosto 2013 fino al 25

novembre 2013 tra la letteratura indicizzata nelle banche dati MEDLINE e

PEDro. Sono state utilizzate le seguenti parole chiave: "tendinopathy"

AND "concentric training"; "tendinopathy" AND "concentric" AND

"eccentric"; "tendinopathy" AND "eccentric training". Sono stati presi in

considerazione tutti i tipi di articoli, aventi come oggetto individui

appartenenti alla razza umana, senza alcuna restrizione relativa a sesso, età

o attività praticate dai soggetti.

CRITERI D’INCLUSIONE: Nello studio sono stati inclusi solamente

articoli in lingua inglese, con un PEDro score di almeno 6/10 ed un limite

temporale di 15 anni, il cui abstract indicasse appropriatezza rispetto

all'argomento dello studio e di cui sia stato possibile reperire il full text. In

aggiunta agli articoli così identificati, sono stati inseriti altri articoli indicati

nelle bibliografie degli articoli esaminati, allo scopo di integrare il

materiale disponibile per una trattazione più approfondita ed appropriata

dell’argomento oggetto di studio. Le revisioni della letteratura sono state

utilizzate solo al fine di ricavarne articoli originali che non erano stati

inseriti precedentemente ma che tuttavia rispondevano ai criteri di

inclusione.

CRITERI D’ESCLUSIONE: Sono stati esclusi tutti quegli articoli che non

sono risultati pertinenti con l'argomento oggetto dello studio, che

riportavano tipi di trattamento non idonei ai fini dello studio, con abstract

non disponibile o di cui non sia stato possibile reperire il full text, articoli

non in lingua inglese, studi non condotti su persone o studi il cui oggetto

fosse esclusivamente la chirurgia o riguardanti malformazioni congenite

senza relazione con il trattamento riabilitativo.

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Risultati

La ricerca ha prodotto 153 articoli da cui, eliminando gli articoli che non

rispettavano i criteri di inclusione e gli articoli riportati più volte, sono

rimasti 8 articoli. Come scritto precedentemente, dopo la lettura del full

text, qualora non fosse pertinente o ben specificata la modalità di

trattamento, l'articolo non veniva considerato nella revisione. Dopo l'attenta

lettura di rewiew e la loro relativa bibliografia sono stati valutati alcuni

articoli, di questi, oltre a quelli già selezionati, solo uno rispondeva ai

criteri di inclusione.

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diagramma di flusso

articoli reperiti in base alle parole chiave (n=153)

articoli esclusi dai criteri di selezione (n=83)

Articoli valutati secondo titolo/abstract (n=70)

articoli esclusi in base al titolo/abstract (n=57)

articoli esclusi poiché duplicati (n=12)

articoli esclusi per mancata reperibilità del full text (n=1)

articoli valutabili con full text disponibile (n=12)

Articoli eliminati dopo lettura full text (n=4)

articoli inclusi in seguito (n=1)

articoli inclusi nella revisione (n=9)

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Discussione

Nello studio di Bahr et al. [37] è stata valutata l'efficacia del trattamento

conservativo tramite un training eccentrico rispetto all'intervento chirurgico

nei soggetti sportivi con tendinopatia rotulea. Sono stati selezionati 40

tendini di 35 pazienti di età compresa tra i 19 ed i 49 anni suddivisi in due

gruppi da venti. Come misura di outcome è stato utilizzato il VISA score

(da 0 a 100). I soggetti sottoposti al trattamento chirurgico venivano

successivamente sottoposti ad un trattamento riabilitativo che prevedeva

carichi crescenti, partendo da un reclutamento isometrico del quadricipite

nella prima settimana, assenza di carico ed esercizi di mobilità in assenza di

dolore. Progressivamente i carichi aumentavano ed alla sesta settimana

cominciavano lo sesso protocollo del gruppo in cui era stato effettuato il

trattamento conservativo in eccentrico. Il trattamento eccentrico consisteva

in tre serie da 15 ripetizioni di squat (da 60° a 90° di flessione di ginocchio)

con un inclinazione di 25° a casa due volte al giorno, monitorati

settimanalmente da un fisioterapista. La gestione del dolore era la stessa

utilizzata nel protocollo di Alfredson nel programma di esercizi per la

tendinopatia achillea [38]. Non essendo oggetto della tesi il confronto con

la chirurgia ci limitiamo a prendere atto che non ci sono state differenze

significative nel confronto tra i due gruppi a 12 mesi. Risulta interessante e

pertinente tuttavia valutare l'efficacia del trattamento eccentrico dove

riscontriamo che dei venti tendini sottoposti al trattamento conservativo

cinque sono ricorsi al trattamento chirurgico dopo 3-6 mesi di esercizi, dei

restanti quindici, sette sono risultati asintomatici, i restanti otto hanno avuto

un miglioramento ma rimangono sintomatici a dodici mesi (p<0,001).

Rispetto alla ripresa delle attività sportive sei hanno ripreso ad allenarsi a

pieno carico senza sintomi, cinque hanno ripreso a pieno carico ma persiste

una sintomatologia da media a moderata, due si allenano con carichi ridotti

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e due non hanno ripreso ad allenarsi, pertanto non si raggiunge la

significatività statistica (p=0,49).

Lo studio di Kongsgaard et al. [39] prende in esame tre diverse tipologie di

trattamento nella tendinopatia rotulea cronica, dove per cronico

considerano un persistere della patologia maggiore di tre mesi. In

particolare valuta l'iniezione di corticosteroidi (CORT), l'allenamento di

resistenza alla forza (Heavy Slow Resistent Training - HSR), ed un

allenamento in contrazione eccentrica (ECC). Ogni gruppo era composto

da 13 pazienti, il gruppo ECC eseguiva il protocollo di allenamento

identico a quello sopra citato nel lavoro di Bahr et al. per dodici settimane,

mentre il gruppo HSR eseguiva tre volte a settimana un allenamento che

prevedeva tre esercizi bilaterali: squat, leg press ed hack squat (fig. 4 e 5)

per lo stesso periodo.

Fig. 4: Modalità di esecuzione dell’hack squat

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La seduta prevedeva quattro serie per ogni esercizio riducendo le

ripetizioni da 15 a 6 per serie col progredire delle settimane ed aumentano

il sovraccarico. La presenza di dolore tollerabile non era causa di

interruzione dell'allenamento che veniva monitorato una volta a settimana

da un supervisore. I pazienti del gruppo HSR durante le dodici settimane

erano autorizzati a svolgere prestazioni sportive solo se la gestione del

dolore non superasse un punteggio di 30 nella scala VAS attenendosi alle

indicazioni relative allo studio di Silbernagel et al. [40]. I parametri

utilizzati per valutare l'efficacia di questo tipo di trattamento sono stati la

VISA-p e la VAS. Alla fine delle dodici settimane i risultati tra i tre gruppi

erano sovrapponibili con una significatività statistica sia per VISA-p che

per VAS (p<0.05). Al follow-up a sei mesi i risultati erano differenti poiché

il gruppo CORT non manteneva risultati significativi mentre i gruppi ECC

ed HSR mostravano un miglioramento sia rispetto all'inizio (p<0,01) che

rispetto ai risultati ottenuti a dodici settimane (p<0,05). Non vi erano

differenze significative tra i gruppi ECC ed HSR.

Nello stesso studio venivano analizzati anche altri parametri quali lo

spessore tendineo, la vascolarizzazione, la concentrazione di collagene e di

pentosidine; a dodici settimane lo spessore tendineo dei gruppi CORT ed

HSR era ridotto (p<0,01 per entrambi) rispetto all'inizio ed erano presenti

differenze significative tra il gruppo HRS ed i gruppo ECC (p<0,05). La

vascolarizzazione misurata tramite color doppler risulta ridotta a dodici

settimane nei gruppi CORT e HSR (p<0,01) ma non nel gruppo ECC. La

concentrazione di collagene risulta invariata nei tre gruppi a dodici

settimane, l'HP/LP ratio risulta incrementata nel gruppo HSR (p<0,05). la

concentrazione di pentosodina risulta ridotta nel gruppo HSR (p<0,05). le

altre proprietà meccaniche sottoposte a studio non hanno evidenziato

modifiche significative.

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L'effetto del training eccentrico sulla microcircolazione del tendine è stato

attentamente valutato anche in un lavoro di Knobloch [41] dove viene

valutato tramite un laser doppler la vascolarizzazione dei tendini achillei

affetti da tendinopatia in diversi distretti. 59 soggetti venivano istruiti ad

eseguire giornalmente tre serie da 15 ripetizioni di esercizio eccentrico per

il tricipite surale con il ginocchio esteso. I risultati di questo studio

dimostrano che la vascolarizzazione si riduce all'inserzione e nel terzo

distale del tendine (p<0,05 per entrambi i valori). Viene inoltre valutato il

dolore (p<0,05), la sintomatologia (p=0,01), il ritorno all'attività sportiva

(p<0,05) e la qualità della vita (p=0,0001) tramite la scala Foot and Ankle

Outcome Score. La VAS riporta invece una riduzione del dolore maggiore

(p<0,005).

L'articolo di Cannel et al. [42] paragona gli effetti terapeutici di due

differenti programmi di trattamento in atleti affetti da tendinopatia rotulea

per la prima volta da almeno quattro settimane. Il primo gruppo (10

persone) effettuava 3x20 ripetizioni di drop squat (esercizio eccentrico)

cinque giorni a settimana aumentando il carico quando venivano eseguite

facilmente, il secondo gruppo (9 persone) effettuava esercizi concentrici di

leg extension e leg curl 3x10 ripetizioni con un sovraccarico crescente di

5kg per volta. Entrambi i gruppi venivano valutati secondo la scala VAS

(da 1 a 10) per il dolore, erano istruiti ad applicare ghiaccio alla fin di ogni

trattamento e veniva concesso loro di correre per 1km quando il VAS

score era uguale ad 1 con un aumento graduale della velocità. Dopo le 12

settimane di trattamento entrambi i gruppi hanno avuto una riduzione del

dolore (p<0,01); seppur alcuni atleti abbiano ripreso l'attività sportiva con

un dolore lieve non ci sono differenze tra i due gruppi nel considerare la

piena funzionalità ed il grado di soddisfazione del paziente.

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L'esercizio di drop squat utilizzato in diversi studi ha due varianti, infatti

alcuni protocolli utilizzano un piano inclinato di 25°(fig. 5). Purdam et al.

[44] hanno messo a confronto le due tipologie di esecuzione dell'esercizio

in uno studio non randomizzato riscontrando un'efficacia significativa nel

trattamento della tendinopatia rotulea solo con l'utilizzo del piano inclinato.

Fig. 5: drop squat senza e con piano inclinato a 25°. Da Purdam et al. 2004

Visnes et al. [15] invece confrontano gli effetti di un programma di

esercizio eccentrico effettuato su un piano inclinato di 25° a casa, 3x15

ripetizioni, due volte al giorno per 12 settimane, in pallavolisti (n=13)

senza interrompere l'attività sportiva, il gruppo di controllo (n=16) continua

l'attività senza effettuare alcun trattamento. Non si è registrata alcuna

differenza di punteggio nella scala VISA tra i valori iniziali e quelli rilevati

alla fine del periodo di trattamento od al follow-up. Nessuna differenza è

stata rilevata tra i due gruppi.

A differenza dei precedenti lavori oggetto della revisione, un recente studio

di Yu et al.[44] ha evidenziato che l'esercizio di rinforzo eccentrico in

pazienti con tendinopatia achillea migliora il dolore, la forza muscolare, la

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resistenza e funzionalità. Yu et al. hanno diviso i soggetti i due gruppi

(n=16 per entrambi) sottoponendoli ad un protocollo di rinforzo muscolare

eccentrico o, nel caso del gruppo controllo, concentrico per 8 settimane (50

minuti al giorno, tre volte alla settimana). La particolarità del lavoro

effettuato sta nel fatto che è stato sottoposto un trattamento combinato tra

quello messo a punto da Curwin e Stanish [30] e quello di Alfredson et

al.[38] (tabella 1); mentre il gruppo concentrico effettuava il lavoro con gli

elastici gradualmente più resistenti dopo aver effettuato un warm-up alla

cyclette e successivamente stretching. In confronto al gruppo di controllo,

il gruppo sperimentale ha mostrato un significativo miglioramento del

dolore, della dorsiflessione della caviglia, della resistenza, dell'indice di

equilibrio totale ed agilità (P <0.05). Non vi era alcuna differenza

significativa nella destrezza tra i due gruppi.

Tabella 1: Protocollo di training eccentrico secondo Yu et al. 2013

Anche Jonsson et al. [45] hanno sperimentato un ulteriore protocollo di

training eccentrico che si differenzia poiché effettuato senza dorsiflessione.

Valutando l'efficacia di questo protocollo su 27 pazienti (ridotti a 18 al

follow-up) con tendinopatia inserzionale istruiti a riprendere gradualmente

l'attività fisica dopo la sesta settimana di trattamento (delle 12

complessive). Seppur riscontrando una riduzione della VAS (p<0,001) la

soddisfazione misurata attraverso il ritorno alla piena funzionalità non era

significativa.

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Nella tendinopatia achillea lo spessore del tendine è un'altra importante

misura di outcome utile a comprendere l'efficacia delle due tipologie di

trattamento; lo studio di Grigg et al.[46] hanno evidenziato come lo

spessore tendineo si riduce maggiormente con il protocollo di esercizi

eccentrici nell'immediato rispetto al protocollo di esercizi concentrici

(p<0,05), ma già dopo tre ore non ci sono differenze significative.

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Conclusioni

Le tendinopatie dell'arto inferiore pur essendo patologie di grande riscontro

nella pratica clinica non trovano forti riscontri sulle modalità del

trattamento conservativo. Sembra infatti che il protocollo di trattamento

eccentrico più frequentemente utilizzato non abbia un efficacia

significativa se si prendono in considerazioni studi di una certa rilevanza.

Sicuramente nella tendinopatia rotulea l'utilizzo di un piano inclinato di 25°

durante l'esecuzione del drop squat da risultati migliori [44] mentre per la

tendinopatia achillea l'esercizio eccentrico senza dorsiflessione della tibio-

tarsica migliora la sintomatologia [45].

Diversi autori hanno valutato l'efficacia del training eccentrico nella

riduzione del dolore delle tendinopatie, tutti i lavori inclusi in revisione

trovano una riduzione significativa misurata tramite VISA score [37, 39],

FAOS [41] e VAS [39, 41, 45] ma difficilmente la significatività statistica

si raggiunge quando si rileva la soddisfazione del paziente in relazione al

ritorno all'attività.

Nei lavori in cui si applicano le stesse scale di valutazione confrontate tra i

due tipi di training i risultati non sono così omogenei, infatti mentre negli

studi di Cannell et al.[42] e di Kongsaard et al. [39] non vi erano differenze

al follow-up per il dolore, hanno riscontrato differenze Yu et al.[44]

attraverso un protocollo frutto di un'integrazione tra quello proposto da

Curwin e Stanish [30] e quello da Alfredson et al. [38] hanno riscontrato

migliori risultati col training in eccentrico per dolore, dorsiflessione,

resistenza ed agilità; Kongsaard et al. [39] invece, hanno riscontrato

differenze significative in favore del training concentrico per l'aumento di

collagene e ridotta vascolarizzazione.

Questi risultati disomogenei potrebbero essere dovuti alle diverse modalità

di esercizio. Mentre l'esercizio eccentrico era sempre un drop squat ma con

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modalità differenti relativamente al piano inclinato ed alla progressione del

carico, per l'esercizio concentrico Kongsgaard et al. utilizzano tre differenti

esercizi a catena cinetica chiusa [39], Cannell et al. utilizzano esercizi a

catena cinetica aperta [42] ed infine Yu et al. utilizzano esercizi con elastici

[44].

Nella ricerca sono emersi altri dati interessanti e correlabili all'evoluzione

della patologia ovvero la vascolarizzazione e lo spessore tendineo. Nel loro

studio Kongsgaard et al. hanno riscontrato una riduzione della

vascolarizzazione solo nel gruppo concentrico al follow up dopo dodici

settimane non nel gruppo eccentrico [39] mentre Knobloch ha riscontrato

una ridotta vascolarizzazione tendinea dopo training eccentrico [41].

Secondo Grigg et al. lo spessore tendineo si riduce significativamente solo

nell'immediato tramite un training eccentrico, senza però mantenere questa

riduzione dopo tre ore, dove i risultati sono sovrapponibili al training

concentrico [ 46] mentre Kongsgaard et al. hanno riscontrato una differenza

significativa in favore del concentrico [39].

Ricollegandoci alle nuove teorie sulla meccanotrasduzione ed al concetto di

progressione del carico è importante segnalare come alcuni autori

consigliano la ripresa dell'attività sportiva seppur in maniera graduale e

quando viene percepito un dolore tollerabile (VAS<30) [40, 42]. Lo studio

di Visnes invece considera inefficace trattare le tendinopatie con il

trattamento eccentrico senza sospendere l'attività sportiva [15].

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