Upload
phungdieu
View
214
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
BARI
II FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA - TARANTO
TESI DI LAUREA
IN
DIRITTO DEL LAVORO
LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA
SICUREZZA NEL LAVORO MARITTIMO
RELATORE:
Ch.mo Prof. Domenico Garofalo
LAUREANDO:
Michele Leone
ANNO ACCADEMICO 2008/2009
2
PREMESSA
Ogni percorso formativo universitario incontra e conosce la sua tappa
conclusiva attraverso l‟elaborato di tesi.
Sovente, la tesi di laurea, nella vita di una persona costituisce la prima
e significativa esperienza di ricerca.
Con questa consapevolezza, cogliendo diverse sensibilità e fruendo di
vissuti culturali e professionali ho voluto, nella presente elaborazione,
confrontare due aspetti e accostare due modalità espressive
dell‟esperienza lavoristica: il genus della la sicurezza e della salute nei
luoghi di lavoro, facendo focus sulla species del lavoro marittimo, del
lavoro prestato a bordo delle navi da crociera, da pesca, da trasporto di
merci.
E quindi analizzare e cogliere in maniera sistematica i momenti
evolutivi della normativa in tema di safety in Italia, a valle
dell‟esperienza di recepimento delle norme comunitarie e condensate
nel varo del c.d. Testo Unico della Sicurezza, ma con lo sguardo
rivolto al mare, dove operano uomini a bordo delle navi, dove i rischi
sono notevoli e l‟attenzione è modesta.
3
Eppure se non ci fosse stata il disastro del cantiere Mecnavi1 a
Ravenna in cui, il 13 marzo 1987, 13 operai morirono soffocati nella
stiva della nave Elisabetta Montanari, , la 626 difficilmente avrebbe
visto la luce, come invece, si soggiunge, se non ci fosse stata la
sciagura della Thyssengroup2, il 6 novembre 2007, non avremmo
conosciuto il TUS.
Ma il nostro impegno di ricostruzione e di approfondimento
scientifico è rivolto alla prevenzione e alla protezione, allo studio
della scienza e della organizzazione della sicurezza e salute nei luoghi
di lavoro.
Questa è la bussola che orienterà il nostro elaborato.
1 La vicenda rappresentò una svolta nel modo di operare nella legislazione e dette vita alla nota
Commissione bicamerale presieduta da Luciano Lama, da cui nacquero gli RLS all‟interno delle
aziende. 2 La vicenda dell‟incendio è ancora al vaglio della Corte d‟Assise di Torino, perché si procede, per
la prima volta nella storia della legislazione antinfortunistica, per omicidio volontario.
5
Se volessimo collocarci in uno spazio di osservazione, di riflessione e
di analisi attorno alla copiosa normativa prodotta in tema di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro, ricaveremmo agevolmente una
fondamentale acquisizione, ovvero la constatazione che essa
costituisca il portato finale, non certamente esaustivo di una
stratificazione di norme, molte delle quali di derivazione comunitaria,
emanate nell'arco di quasi sessanta anni3.
E l‟esigenza di procedere ad un riordino, ad una semplificazione delle
norme in materia venne avvertita dal legislatore della prima riforma
sanitaria, quella universalistica (l.833 del ‟78)4 che, all‟art.24,
delegava il Governo ad emanare il Testo Unico in materia di sicurezza
nei luoghi di lavoro entro il 31 dicembre 1979. Il Testo Unico, se così
si può definire il d.lgs. 81 vede la luce nell‟aprile del 2008, a quasi
trent‟anni dalla scadenza contenuta nella legge 833/78.
Ecco perché merita apprezzamento il fatto che il Governo, nella
consapevolezza della assoluta priorità della materia della sicurezza, ha
perseguito con convinzione l'obiettivo di procedere al riassetto ed alla
3 Così l‟incipit del testo governativo (governo Prodi con ministro del Lavoro Damiano) di
presentazione del d.lgs. 81/08. 4 E‟ la prima legge di riforma sanitaria dell‟Italia.
6
riforma delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
attraverso la legge delega 3 agosto 2007, n. 1235.
Infatti tale legge, attraverso la delega contenuta nell‟art.1, ha previsto,
non solo un'operazione di riorganizzazione della normativa di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro ma anche la rivisitazione della
medesima materia attraverso l'armonizzazione di tutte le leggi vigenti
in una logica unitaria ed innovativa e nel pieno rispetto delle
previsioni dell'art. 117 della Costituzione, il cui terzo comma
attribuisce alla competenza ripartita di Stato e Regioni la materia della
tutela e sicurezza del lavoro.
Il decreto legislativo n.81/08 è stato elaborato dal legislatore delegato
dall‟art.1 della l.123 del 2007 nel pieno rispetto della filosofia delle
direttive comunitarie in materia e del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, il quale - come noto - trova i suoi capisaldi nella
programmazione della sicurezza in azienda, da realizzare tramite la
partecipazione di tutti i soggetti delle comunità di lavoro.
Il decreto è stato predisposto all'esito di un serrato e costante
confronto con le Regioni, gli enti competenti in materia e le parti
sociali e tenendo conto di ogni altra segnalazione, proveniente da
5 La legge delega n.123/07 costituisce un momento di forte sintesi in Parlamento, che raggiunge
consensi plebiscitari, di reale unità nelle sedi parlamentari.
7
organizzazioni ed associazioni con competenze in materia, comunque
pervenuta ai Ministeri competenti - di iniziativa congiunta dei
Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute e secondo
una tecnica legislativa largamente ispirata alla matrice europea
(direttive CE) ed internazionale (Convenzioni dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro)6.
LA STORIA
La “Delega al governo per l'emanazione di un Testo Unico per il
riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro” considera sia l'attività di riordino della
normativa sia quella di riforma delle disposizioni preesistenti e
successive al decreto 626.
L'Italia dice addio alla vecchia legge 626, meglio conosciuta come la
legge sulla sicurezza sul lavoro. Il Consiglio dei Ministri ha approvato
il decreto che dà attuazione al Testo Unico in materia di tutela della
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo la delega contenuta
nella legge n. 123 del 3 agosto 2007. Ad agosto, infatti, vine
6 La materia della sicurezza è un caposaldo nella legislazione europea, unendo aspetti di direttive
sociali e di prodotto.
8
approvata in via definitiva dal Parlamento la delega per il riordino
della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, varata a
febbraio 2007 dal Consiglio dei ministri. Il Testo Unico comprende 13
Titoli e 306 articoli. È stato un lavoro lungo e complesso di
rivisitazione della materia, un testo che innova sul piano della
prevenzione, della formazione, del potenziamento e del
coordinamento della vigilanza, del ruolo delle parti sociali e dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e della diffusione della
cultura della sicurezza, assicurando un sistema sanzionatorio
equilibrato.
Ma facciamo un passo indietro. L'attuale normativa in materia di
salute e sicurezza sul lavoro è il risultato di una progressiva
stratificazione di fonti molto diverse tra loro, succedutesi senza
soluzione di continuità dagli anni Cinquanta ad oggi7. Ne è derivato
un quadro regolatorio particolarmente complesso, in cui i
provvedimenti di recepimento delle direttive comunitarie di “nuovo
approccio 8” si sono sommati a disposizioni vecchie di decenni e di
ben diversa logica dando vita a una difficile compresenza. Pertanto, si
è reso necessario il riassetto della materia, da realizzare nel pieno
7 Si fa riferimento ai decreti prevenzionistici degli anni 50, oggi tutti abrogati dal TUS.
8 Intendiamo per nuovo approccio il superamento del concetto di “requisito minimo” e il
riconoscimento del “requisito essenziale”, affidando agli organi nazionali di normalizzazione gli
aspetti specifici di dettaglio
9
rispetto delle disposizioni comunitarie e dell'equilibrio delle
competenze tra Stato e Regioni garantendo, al contempo, l'uniformità
della tutela sull'intero territorio nazionale. Di conseguenza, la
formulazione del titolo “Delega al governo per l'emanazione di un
Testo Unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di
tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” considera sia l'attività
di riordino della normativa sia quella di riforma delle disposizioni
preesistenti e successive al decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, meglio conosciuto come legge sulla sicurezza, da ricondurre,
appunto, in un „Testo unico' non meramente compilativo.
I decreti attuativi della delega sono stati adottati su proposta del
ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, con il ministro della
Salute, il ministro delle Infrastrutture (limitatamente alla revisione
della normativa in materia di appalti), il ministro dello Sviluppo
economico (limitatamente al riordino della normativa in materia di
macchine, impianti, attrezzature di lavoro), e di concerto con il
ministro per le Politiche europee, il ministro della Giustizia, il
ministro dell'Economia e delle finanze e il ministro della Solidarietà
sociale.
10
Previste nella delega anche misure premiali soprattutto per le piccole e
medie aziende, un sistema di qualificazione per le imprese edili, i
meccanismi per stabilire l'idoneità tecnico-professionale delle imprese
ai fini della partecipazione agli appalti pubblici, la previsione
dell'indicazione nei bandi di gara per i contratti pubblici dei costi della
sicurezza, l'esclusione di questi dal ribasso d'asta, la concessione di un
credito d'imposta per le aziende che fanno formazione9, il
coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e delle
politiche in materia di salute e sicurezza, e l'avvio già nell'anno
scolastico 2007-2008 di iniziative sperimentali per diffondere la
cultura della sicurezza nelle scuole e nei corsi di formazione.
Inoltre, è previsto il coordinamento a livello territoriale e nazionale
dell'attività di vigilanza, l'assunzione di 300 nuovi ispettori (si è già
proceduto a realizzare tale volontà) oltre ai 300 già previsti in
Finanziaria, l'estensione della sospensione delle attività a causa di
gravi e reiterate violazioni della normativa sulla sicurezza,
l'interdizione all'accesso di benefici di finanza pubblica per le imprese
non virtuose. L'impegno finanziario disponibile è pari a 40 milioni e
400 mila euro finalizzati all'assunzione dei nuovi ispettori, per il
9 Si tratta di una disposizione di forte valenza promozionale, in una prospettiva di sviluppo della
c.d. “cultura della sicurezza”
11
credito d'imposta e i progetti formativi sperimentali, oltre alla
destinazione di risorse dell'Inail per finanziamenti di investimenti in
materia di salute e sicurezza del lavoro delle piccole medie imprese e
a consistenti risorse previste nel Fondo sociale europeo per la
formazione dei lavoratori10
.
La legge delega prevede anche la valorizzazione di accordi aziendali
e, su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone
prassi che orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche
secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i
soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela
definiti legislativamente. Viene anche definito un assetto istituzionale
fondato sull'organizzazione e circolazione delle informazioni, delle
linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la
tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso il sistema
informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro che
valorizzi le competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o
duplicazione di interventi.
10
È un ruolo innovativo per l‟Inail, che diviene ente centrale per la prevenzione, ampliando le
prerogative legate all‟impostazione del rischio presunto
12
I CONTENUTI DEL TESTO UNICO PER LA SICUREZZA
Con l'approvazione in via definitiva da parte del Consiglio dei Ministri
del decreto legislativo, il n.81 del 9 aprile 2008, l'Italia dispone
finalmente di un Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro. Il
provvedimento, giunto a compimento dopo un lungo iter, attua l‟art. 1
della legge delega 123 del 3 agosto 2007.
In sintesi il contenuto del Testo Unico comprende l‟ampliamento
dell‟applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza per
tutti i lavoratori, rivisitazione e coordinamento delle attività di
vigilanza, finanziamento delle azioni promozionali per la sicurezza sul
lavoro, revisione del sistema delle sanzioni ed alleggerimento degli
adempimenti di tipo burocratico a carico delle imprese: questo il
contenuto del Testo unico per la sicurezza sul lavoro, documento che
dà attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge 3 agosto
2007 n. 123 in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il Ministro del Lavoro Cesare Damiano11
ha commentato così
l‟approvazione definitiva del provvedimento: “E‟ stato raggiunto un
positivo equilibrio tra le diverse opinioni e mi auguro che tutte le parti
apprezzino l'impegno del Governo per una lunga trattativa durata sei
11
È opinione diffusa tra i giuslavoristi che la legislazione del governo breve (quello Prodi) è stata
ricchissima e tipica di un governo dotato di un forte impianto programmatorio
13
mesi”. Ha aggiunto poi: “il risultato sanzionatorio è calibrato”, anche
perché il Governo “si è mosso in una logica semplice, quella di
prevedere sanzioni proporzionate alle violazioni”12
.
Il Testo unico interviene, in particolare, su queste aree:
Riordino della normativa vigente
Revisione del sistema delle sanzioni
Estensione dei diritti
Coordinamento delle informazione
RIORDINO DELLA NORMATIVA VIGENTE.
L'obiettivo centrale del Testo unico è quello di riordinare e coordinare
tutte le disposizioni sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
attraverso un provvedimento legislativo (il d.lgs. n.81/08) che dia
uniformità alla tutela del lavoro su tutto il territorio nazionale. A tale
proposito la normativa prevede, ad esempio, la semplificazione degli
adempimenti burocratici a carico delle imprese e la rivisitazione delle
12
Gli aspetti sanzionatori sono destinati ad occupare un grande spazio nel decreto correttivo del
Governo approvato dal CdM il 27 marzo 2009 ed oggi al varo delle competenti commissioni
parlamentari
14
modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria. Il tutto avviene
attraverso l‟ottimizzazione delle risorse, l‟eliminazione delle
sovrapposizioni e il miglioramento dell‟efficienza degli interventi.
Revisione del sistema delle sanzioni. Il sistema sanzionatorio è stato
modificato e la sanzione verrà calibrata sulla gravità della violazione
delle norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Infatti, il
datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei pericoli a
cui possono essere esposti i lavoratori nelle aziende ad alto rischio,
potrà incorrere in tipologie diverse di sanzioni.
Per i casi gravi: è prevista la pena dell‟arresto da 6 a 18 mesi13
.
Per i casi meno gravi: ad esempio quelli di inadempienza, si applica la
sanzione dell‟arresto alternativo all‟ammenda o l‟ammenda, con la
graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni;
Per chi si mette subito in regola: non è applicata la sanzione penale ma
una sanzione pecuniaria. Nella stessa logica, il datore di lavoro che
cominci ad eliminare concretamente le conseguenze della violazione o
che adempia, anche in ritardo, all‟obbligo violato, ottiene, nel primo
caso, una riduzione della pena, nel secondo caso, la sostituzione della
13
Il contenuto della legge delega (art.1 co.1 lett.f) prevedeva come massimo l‟arresto fino a tre
anni.
15
stessa con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 a un
massimo di 24.000 euro.
Per il datore di lavoro recidivo: tale possibilità è esclusa qualora il
datore di lavoro sia recidivo o si siano causati, in conseguenza della
mancata valutazione del rischio, infortuni sul lavoro con danni alla
salute del lavoratore.
ESTENSIONE DEI DIRITTI.
Viene ampliata l‟applicazione delle disposizioni in materia di salute e
sicurezza, con conseguente innalzamento dei livelli di tutela, a tutte le
tipologie di lavoratori; è previsto anche il rafforzamento delle
rappresentanze in azienda, in particolare di quelle dei lavoratori
territoriali, e la creazione di un rappresentante di sito produttivo che
sia presente in realtà particolarmente complesse e pericolose (ad
esempio, le aree portuali).
Coordinamento delle informazioni. E‟ prevista la creazione di un
sistema informativo pubblico14
, al quale partecipano anche le parti
sociali, per la condivisione e la circolazione di notizie sugli infortuni,
14
Il SINP, certamente uno dei punti di forza dell‟intero Testo Unico, che realizza sinergie
istituzionali e crea adeguate banche dati.
16
sulle ispezioni e sulle attività in materia di salute e sicurezza sul
lavoro. Il sistema sarà utile anche ad indirizzare le azioni pubbliche.
Sono previsti inoltre i finanziamenti per le azioni promozionali private
e pubbliche come l‟inserimento nei programmi scolastici e universitari
della materia “salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Analizzare il complesso il sistema sicurezza così come determinato e
voluto dal legislatore concorre a raggiungere l‟obiettivo di fornire
degli spunti di riflessione, anche in ordine ai ruoli che la legge assegna
a ciascuno dei soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza.
La trattazione di una problematica tanto complessa come quella
afferente alla sicurezza dei lavoratori risulta, infatti, di particolare
interesse per i profondi risvolti interdisciplinari con cui si caratterizza.
Analizzare la normativa che disciplina la materia significa occuparsi
di tematiche che, prima di avere evidenti riflessi civilistici (artt. 2043,
2050, 2060, 2087 c.c.) e penalistici (artt. 437, 451, 589, 590 c.p.15
),
soprattutto inerenti alle responsabilità dell‟imprenditore o comunque
del datore di lavoro, sono dotate di enorme rilevanza sociale e
costituzionale (artt. 32, 35, 36, 38, 41 Cost.).
15
Sono fattispecie di reati delitti, mentre nel TUS sono presenti soltanto reati di tipo
contravvenzionale
17
Non a caso, la tutela della salute del lavoratore è imprescindibilmente
correlata alla tutela del cittadino, la quale, in un ordinamento come il
nostro, da un lato diviene il perno della convivenza civile; dall‟altro
rappresenta quella funzione irrinunciabile che coinvolge tutti i
consociati, sia singolarmente che collettivamente.
Se in questa ottica si può facilmente cogliere lo stretto rapporto che
lega il cittadino-lavoratore allo Stato, nello svolgimento delle sue
funzioni (legislativa, amministrativa-esecutiva e giurisdizionale) non
può non tenere conto di queste esigenze di tutela, non deve trascurarsi
l‟importanza e l‟influenza assunta nel tempo dalla legislazione
comunitaria.
La tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, infatti, ha
oggi in tutti gli Stati europei una obiettiva centralità, raggiunta, nel
corso degli anni, grazie al continuo affermarsi di una legislazione
comunitaria specifica, di carattere generale e di carattere tecnico, la
quale ha avuto un positivo ruolo di promozione e di impulso nei
confronti dei sistemi nazionali16
.
In ciascuno degli Stati appartenenti all‟Unione Europea, seppur con
una diversa sensibilità derivante dalla dissimile tradizione
16
Il Parlamento europeo è costantemente impegnato su questi fronti anche attraverso sessioni di
controllo e pubblicazione di testi di coordinamento tra i paesi europei
18
giuslavoristica di ognuno, esiste ormai da anni un complesso
legislativo primario che fissa i principi generali, servendo da quadro a
una legislazione secondaria più dettagliata.
D‟altra parte, in tutte le legislazioni moderne vengono riconosciuti
diritti e attribuiti obblighi ai datori di lavoro ed ai lavoratori ed esiste
comunque un obbligo generale a carico del datore di lavoro di
assicurare un ambiente di lavoro sicuro e sano17
.
La costante evoluzione legislativa registratasi negli ultimi anni in
Italia è pertanto dovuta, in gran parte, al recepimento di direttive
europee ed in altra parte alla volontà-necessità del nostro legislatore di
adeguarsi ai più alti livelli di tutela presenti negli Stati membri.
Ed invero, prima dell‟emanazione del D.Lgs. n. 81/2008, il principale
ancoraggio normativo era rappresentato dal D.Lgs. n. 626/94 nel quale
venivano contemporaneamente recepite ben otto direttive CEE (oggi
UE), ciascuna delle quali contenuta in un apposito Titolo del decreto.
In tal senso, è opportuno sottolineare che il decreto legislativo n. 626,
emanato il 19 Settembre del 1994, subito dopo la sua entrata in vigore
subisce immediatamente un attento lavorio parlamentare che porta
all‟emanazione, nei primi mesi del 1996, di un altro decreto legislativo
17
La materia della sicurezza si sposa con le problematiche della qualità e dell‟ambiente, formando
un trittico inscindibile
19
(n. 242/96), a sua volta subito modificato sempre in ottemperanza alla
normativa europea.
Oltre che, purtroppo, ad alcuni tragici eventi che hanno spinto il
legislatore a rivedere la normativa nel tentativo di ridurre l’enorme
numero di vittime sul lavoro. Basti in proposito pensare
all’accelerazione improvvisa che il cammino di approvazione del
nuovo Testo Unico ha subito a seguito del funesto rogo alla Tyssen
Group.
La stessa identica situazione rischia di riverificarsi oggi, a distanza di
oltre quattordici anni, dal momento che, nel rispetto della legge delega
e del Testo Unico, il governo in carica ha approvato, il 27 marzo 2009,
un decreto correttivo, che rimodella il TUS e che attualmente, dopo il
passaggio alla Conferenza Stato – Regioni, che non lo ha approvato, è
al vaglio delle competenti Commissioni Lavoro di Camera e Senato.
Come è possibile evincere, la tematica che ci si propone di esaminare
è particolarmente rilevante tanto in ambito europeo quanto entro i
nostri confini. Ed a testimonianza di ciò basti guardare l‟enorme mole
di sentenze emesse da giudici italiani in tema di sicurezza sul lavoro e
20
la crescente importanza che tali decisioni assumono giorno dopo
giorno nell‟opera di riforma dell‟ordinamento18
.
La CEE, peraltro, era già intervenuta, fin dal 1982, con una serie di
Direttive riguardanti i rischi industriali di particolare rilievo e
gravità presenti negli ambienti di lavoro: in proposito, un caso a noi
drammaticamente noto è la cosiddetta “Direttiva Seveso” (n. 501 del
1982 che è stata recepita con il D.P.R. 175/88) emanata all’indomani
della sciagura provocata dalla fabbrica Icmesa nell’omonimo comune
milanese.
Tuttavia, nonostante in Europa il quadro normativo si stia
omogeneizzando e nonostante la giurisprudenza italiana abbia
dimostrato grande capacità nella risoluzione di nuove ed intricate
fattispecie, restano da chiarire alcuni aspetti problematici sorti tra le
falle del sistema. Proprio la vastità della materia e dei possibili
collegamenti interdisciplinari impone pertanto un‟attenta
individuazione degli argomenti che si vogliono trattare allo scopo di
condurre un‟analisi quanto più possibile sistematica.
In tal senso, dopo aver svolto un‟analisi dell‟evoluzione storico-
legislativa delle fonti normative, ci si propone di condurre un
18
Non si intende affrontare un dibattito tra diverse posizioni politiche e di schieramento, ma
soltanto evidenziare come un TUS abbisogna di decreti d‟attuazione non già di riforme permenti,
che alimentano incertezze e favoriscono illegalità
21
dettagliato esame del D.Lgs. n. 81/2008 e delle innovazioni da esso
apportate, per poi giungere alla spinosa questione della responsabilità
del datore di lavoro, con una maggiore attenzione ad alcune ipotesi
problematiche (cause di esclusione della responsabilità civile,
responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, concorso di colpa del lavoratore).
Infine, sarà possibile un‟analisi delle varie tipologie di danno
elaborate dalla giurisprudenza nelle ipotesi di infortuni (o malattie)
derivanti e conseguenti all‟attività lavorativa (in particolare danno
biologico differenziale e c.d. danno biologico da super lavoro).
Tuttavia, nelle successive direttive sulla sicurezza, la Commissione
Europea, al fine di evitare interventi non armonici, ha adottato
preliminarmente una “Direttiva quadro” (n. 391 del 12 giugno 198919
)
riguardante le misure da attuare per promuovere il miglioramento
della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
In essa sono contenuti i principi fondamentali di tutto l‟impianto della
sicurezza afferenti tanto al campo di applicazione (art. 1), quanto
all‟indicazione di tutti i soggetti coinvolti (art. 2), nonché alle
indicazioni da seguire nella generalità dei casi: è su questo impianto
normativo che si sono poi articolate le direttive successive.
19
Spesso chiamata anche direttiva madre, un caposaldo di tutta la cultura e la normativa in materia
22
Le Direttive, insomma, si sono susseguite e si susseguono
rapidamente: il Consiglio dell'UE ha approvato una raccomandazione
diretta a determinare il miglioramento della protezione della salute e
della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi20
. In particolare si
raccomanda agli Stati membri di promuovere, nel quadro delle loro
politiche di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali,
la sicurezza e la salute dei lavoratori autonomi, tenendo conto dei
particolari rischi esistenti in settori specifici e della natura specifica
della relazione tra le imprese contraenti e i lavoratori autonomi e di
adottare le misure necessarie, comprese le campagne di
sensibilizzazione, per garantire che i lavoratori autonomi possano
ottenere, presso i servizi e/o gli organismi competenti, nonché presso
le loro organizzazioni rappresentative, informazioni e consigli utili
riguardo alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali
(Consiglio dell'Unione Europea, Raccomandazione 18 febbraio 2003
(2003/134/CE): relativa al miglioramento della protezione della salute
e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi - pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 18 febbraio 2003, L 53) e
tutte si ispirano non tanto all‟applicazione tecnologica di norme e
divieti, ma si basano sull‟analisi dei singoli rischi e delle relative
20
La tutela viene estesa a tutte le figure di lavoratori e tanto è un bene strategico
23
misure di sicurezza da adottare da parte di tutti i soggetti che vengono
così coinvolti nel processo della sicurezza.
UN BREVE EXCURSUS STORICO
La storia dell‟evoluzione normativa in materia di sicurezza e salute sui
luoghi di lavoro accompagna lo sviluppo economico e lo condiziona
sui valori e sugli obiettivi ed attraverso lo sguardo del divenire
giuridico in materia è possibile comprendere i traguardi raggiunti dalla
normativa ed i progressi ancora possibili.
L‟esigenza legislativa di tutelare i lavoratori nella quotidianità della
loro attività, infatti, sebbene sentita sin dalla fine del XIX secolo, non
si è concretizzata, agli albori della sua evoluzione, in una disciplina
organicamente definita né, tantomeno, tale da offrire al lavoratore un
sufficiente grado di protezione
Il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si sviluppa
gradualmente nel corso del Novecento, anche se si ritiene che la
prima legge sulla sicurezza sul lavoro possa essere considerata la n.
3567 del 188621
, concernente il lavoro dei fanciulli negli opifici.
21
In quel periodo l‟esperienza normativa venne condivisa da tutti i paesi europei, interessati alla
c.d.” rivoluzione industriale”
24
Le difficili condizioni igieniche delle fabbriche, gli orari di lavoro
prolungati al limite della sopportabilità dell‟organismo umano (anche
fino a 18 ore al giorno), l‟impiego indiscriminato di mano d‟opera
femminile, di ragazzi ed anche di fanciulli determinano in breve
tempo la comparsa di gravissime conseguenze sia sul piano sanitario
che su quello sociale.
Tuttavia, solo alla fine del 1800 il progresso delle conoscenze
mediche consente di mettere in luce i gravi pericoli per la salute insiti
in molte lavorazioni industriali: fra la fine dell‟800 e gli inizi del „900,
infatti, vengono eseguite ricerche sul saturnismo (intossicazione da
piombo) dei fonditori di piombo e dei tipografi, sul fosforismo
(intossicazione da fosforo) nelle fabbriche di fiammiferi,
sull‟anchilostomiasi (malattia infettiva) dei minatori del traforo del
Gottardo, sulla silicosi (malattia polmonare da inalazione di polveri)
dei minatori, ecc.
La tutela contro gli infortuni sul lavoro è prevista per la prima volta
nella legge n. 80 del 1898 con cui si impone ai datori di lavoro
dell'industria l'obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile dei
danni derivanti dagli infortuni sul lavoro (ciò al fine di garantire gli
operai per il caso di insolvibilità dello stesso datore di lavoro).
25
Tuttavia, seppur importante dal punto di vista economico, questa
forma di intervento legislativo non mirava alla riduzione del numero
degli infortuni, né alla protezione psico-fisica del lavoratore, ma solo
a garantire una certa “remunerazione” laddove, a seguito di
infortunio, il lavoratore avesse perso, in tutto o in parte, la propria
capacità produttiva.
I primi atti normativi e regolamentari risalgono dunque al biennio
1898-1899, periodo in cui, in concomitanza con lo sviluppo delle
fabbriche e dei cantieri, se per un verso si impone, con la sopra
richiamata legge n. 80, l‟assicurazione obbligatoria; per altro verso,
con una serie di regi decreti, vengono emanati regolamenti aventi ad
oggetto la prevenzione degli infortuni nelle industrie oltre un certo
numero di dipendenti (R.D. n. 230/1899); la sicurezza all‟interno di
miniere e cave (R.D. n. 231/1899); la protezione di lavoratori a
contatto con materiale esplodente (R.D. n. 233/1899) e già nell‟anno
successivo, nel 1900, intervengono alcuni decreti applicabili al settore
delle costruzioni edili, delle strade ferrate, ed ai settori che
comportavano l‟impiego di gas tossici.
Una siffatta forma di legislazione, sebbene contenente in sé, almeno a
livello embrionale, i fondamenti dell‟odierna regolamentazione,
26
presentava tuttavia evidenti limiti, riscontrabili sia nella
frammentazione eccessiva della disciplina, sia nella limitatezza del
campo di applicazione della stessa22
.
Dal primo punto di vista, infatti, si palesava una regolamentazione
frastagliata che si modificava in modo determinante a seconda della
tipologia di lavoro prestato, senza che fossero presenti dei principi di
fondo in grado di dare un substrato comune alla tutela del lavoratore.
Dal secondo punto di vista, invece, il grande difetto di questa iniziale
forma di legislazione era ravvisabile nel fatto che venivano omessi
interi settori del sistema lavorativo, con un conseguente vuoto di tutela
del tutto inaccettabile: si pensi in tal senso al fatto che il lavoro
agricolo, nel settore commerciale e nelle piccole e medie imprese non
veniva affatto tutelato23
.
In altri termini, veniva assicurato un aiuto economico al lavoratore
vittima dell‟infortunio, senza che alcuna disposizione fosse dettata per
evitare o ridurre i rischi presenti sul lavoro.
Ove a ciò si aggiunga che l‟economia italiana, praticamente da
sempre, si fonda sui predetti settori, si comprende ancora meglio
l‟inadeguatezza della legislazione di questi anni.
22
Ma costituiva, senza ombra di dubbio, un viatico all‟evoluzione normativa in materia 23
L‟approccio era fortemente legato al mondo industriale per la presenza dei lavoratori
organizzati, sia pure in forme embrionali.
27
Inoltre, in questo periodo, alla generiche e spesso inadeguate
previsioni legislative, non solo non si accompagnavano sanzioni tali
da fungere da deterrente in caso di violazioni (per cui nella maggior
parte dei casi le norme che imponevano degli obblighi di sicurezza al
datore di lavoro risultavano imperfette), ma non era altresì prevista
alcuna azione di vigilanza od ispezione a rafforzamento del rispetto
degli obblighi.
Soltanto nel 1927 viene approvato un provvedimento più organico in
tema di igiene sul lavoro che estende la tutela a tutti i principali settori
lavorativi (industria, agricoltura e commercio) e che regolamenta la
costruzione e la manutenzione dei locali di lavoro fissando anche
l‟obbligatorietà di alcuni requisiti di natura ambientale.
Nel 1929 nasce la prima assicurazione contro le malattie professionali
nell‟industria (malattie assicurate: saturnismo, fosforismo,
mercurialismo, solfocarbonismo, intossicazioni da benzolo,ecc.), la
cui gestione viene affidata nel 1933 all‟Istituto Nazionale per
l‟Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro - INAIL.
Molto presto inoltre, nel ventennio 1930-1950, con l‟emanazione del
Codice “Rocco”, del Codice Civile e soprattutto della Costituzione,
vengono approvate importantissime disposizioni, ancora oggi in
28
vigore, tali da portare ad un evidente avanzamento della tutela del
lavoratore24
.
In particolare, si fa riferimento agli artt. 437 (Rimozione od omissione
dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) (4) e 451 (Omissione
colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro) (5)
c.p. ; agli artt. 2043 (Risarcimento per fatto illecito) (6) e 2087 (Tutela
delle condizioni di lavoro) (7) c.c.
Art. 437 - Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni
sul lavoro
Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati
a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li
danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della
reclusione da tre a dieci anni.
Art. 451 - Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o
infortuni sul lavoro
Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende
inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un
incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul
24
Molte di quelle norme sono in vigore ancora oggi e costituiscono un enorme baluardo di
certezze normative
29
lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da
lire duecentomila a un milione.
Art. 2043 Risarcimento per fatto illecito Qualunque fatto doloso o
colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha
commesso il fatto a risarcire il danno (Cod. Pen. 185).
Art. 2087 Tutela delle condizioni di lavoro
L'imprenditore e tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità
morale dei prestatori di lavoro.
Nonché, agli artt. 32, 35, 36, 37, 38, 41 Cost. con cui si afferma che la
salute è tutelata, da un lato, come fondamentale diritto dell‟individuo e
interesse della collettività e, dall‟altro, come limite all‟esercizio
dell‟iniziativa economica privata.
Articolo 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite
agli indigenti.
30
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Articolo 35
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali
intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla
legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
Articolo 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite, e non può rinunziarvi.
Articolo 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro
31
devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata
protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e
garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di
retribuzione.
Articolo 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi
adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,
invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento
professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
Articolo 41
L'iniziativa economica privata è libera.
32
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché
l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali.
In questo quadro normativo costantemente in evoluzione, si
inseriscono nel 1955 e nel 1956, due importantissimi decreti che,
caratterizzati dalla enucleazione e normazione di nuovi concetti, quali
ad esempio quelli di “rischio specifico” e di “obbligo di rendere edotti
i lavoratori”, comportano una ulteriore e significativa evoluzione
verso un sistema di prevenzione e protezione più puntuale.
I decreti di cui si parla sono il D.P.R. n. 547 del 27.4.1955 ed il D.P.R.
n. 303 del 19.3.1956 aventi ad oggetto rispettivamente “Norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro” e “Norme generali per l‟igiene
sul lavoro”25
.
In particolare, il D.P.R. n. 547, sebbene sia stato di volta in volta
aggiornato in seguito all'evoluzione delle conoscenze e della
25
Sono i famosi decreti prevenzionistici degli anni ‟50, espressivi del modello top down ovvero
comanda e controlla, comanda ed esegui. Oggi sono abrogati dal TUS.
33
tecnologia, è stato un caposaldo della prevenzione degli infortuni sul
lavoro.
Esso rappresenta il primo tentativo moderno di creare un corpo
integrato di norme di sicurezza sul lavoro ed è stato, per molti aspetti,
il testo fondamentale sull'argomento (anche se contiene molte norme
anacronistiche quali ad esempio l‟art. 380 che prescrive solo per le
lavoratrici che operino presso organi in rotazione che possono
rappresentare pericoli per i capelli, l'obbligo di una cuffia di
protezione).
Meno di un anno dopo l'emanazione del D.P.R. n. 547, avvertita la
necessità di dettare norme più precise in materia di igiene e sicurezza
del lavoro, viene invece emanato il D.P.R. n. 303, che in 5 titoli ed un
allegato specifica una serie di obblighi di tipo prevalentemente
igienico-sanitario (mentre il D.P.R. n. 547 mirava soprattutto alla
prevenzione degli infortuni).
Per la prima volta ad esempio, viene stabilito che gli addetti a
lavorazioni a rischio, definite in una apposita tabella, 26
devono essere
sottoposti a visite mediche periodiche, in modo che sia possibile
mettere in evidenza rapidamente eventuali anomalie legate al loro
26
Le c.d. malattie tabellate, espressive della cultura del c.d. rischio presunto, legate ad una visione
tipicamente assicurativa
34
lavoro; vengono inoltre previsti in modo abbastanza dettagliato una
serie di nuovi obblighi in materia di igiene del lavoro.
Come può facilmente evincersi dalla breve elencazione di norme
sopra riportata, il sistema prevenzionistico italiano si è sviluppato
attraverso la stratificazione e la sovrapposizione di vari interventi
legislativi, i quali hanno portato ad un importantissimo passaggio nella
metodologia di valutazione del rischio di infortuni.
Dalle disposizioni risalenti alla fine dell‟800, essenzialmente di natura
assicurativa e non direttamente protettive del lavoratore, bensì solo
miranti a risarcirlo in caso di infortunio, si passa negli anni 1930-1950
ad una legislazione contraddistinta dal protagonismo della persona-
lavoratore e dalle responsabilità del datore di lavoro.
È proprio in virtù di questa chiave interpretativa nuova che le norme
dei suddetti decreti, anche grazie a numerose iniziative sindacali,
danno il via ad una riscoperta e ad una rivisitazione, in termini
multidisciplinari, del sistema sicurezza.
Sennonché, negli anni ‟6027
, a fronte di una tutela legislativa che
cominciava a diventare così articolata e minuziosa, viene messo in
evidenza come l‟obiettivo della prevenzione degli infortuni e delle
27
Cominciano a svilupparsi forme di lotta sindacale e di organizzazione del consenso tra i
lavoratori sulla c.d. non monetizzazione del rischio
35
malattie professionali rimanesse inattuato, in quanto, da un lato, il
diritto alla sicurezza era posto in capo ai singoli lavoratori (e quindi le
disposizioni normative venivano invocate ex post, al verificarsi
dell‟evento lesivo ed al fine di fondare l‟obbligo del datore di lavoro
al risarcimento dei danni già occorsi); dall‟altro, il compito della
vigilanza era affidato all‟Ispettorato del lavoro che non sempre era
fornito dei mezzi adeguati ed all‟altezza di problematiche tecniche.
Il quadro normativo in materia di sicurezza si completa così,
successivamente negli anni ‟70, con l‟art. 9 dello Statuto dei
lavoratori28
, il quale attribuisce alle rappresentanze dei lavoratori la
tutela della salute e dell‟integrità fisica degli stessi, sia attraverso il
controllo e la promozione delle necessarie iniziative contrattuali (con
il diritto dei lavoratori di controllare l‟applicazione delle norme di
prevenzione e di promuoverne l‟attuazione), sia attraverso la
partecipazione al processo penale, avente ad oggetto la responsabilità
penale dei titolari dell‟impresa per inosservanza delle norme sulla
sicurezza del lavoro.
Art. 9. Tutela della salute e dell'integrità fisica.
28
La l.300 del maggio del 70
36
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di
controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,
l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro
salute e la loro integrità fisica.
In questo modo, si introduce un ulteriore livello di tutela collettiva,
che si aggiunge a quella pubblica ed individuale, configurando in capo
ai lavoratori, mediante le loro rappresentanze, il “diritto di
controllare” l‟applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali
Con l‟approvazione della riforma sanitaria (Legge n. 833 del 1978)
invece, i compiti di prevenzione, in relazione ai fattori di nocività e di
vigilanza sull‟igiene e sicurezza del lavoro, sono attribuiti alle ASL
(succedute alle USL), le quali, attraverso un apposito servizio29
,
svolgono oggi anche compiti di informazione, formazione e supporto
dei lavoratori stessi (ad es. coinvolgendoli nei sopralluoghi o rendendo
loro noti i verbali).
Non dimentichiamo che nella stesse legge di riforma sanitaria era
ricompresa, all‟art.24, la delega al Governo affinché varasse, il Testo
Unico sulla sicurezza del lavoro.
29
Oggi si chiama SPESAL, servizio inserito nel Dipartimento della Prevenzione
37
Negli anni 1979-1991, anche grazie agli enormi progressi tecnico-
scientifici, si giunge ad una ulteriore evoluzione normativa
caratterizzata dal superamento del concetto di rischio specifico, verso
una dettagliata definizione del complesso dei rischi inerenti ad una
determinata attività o a determinate sostanze.
Il legislatore insomma, tenta per la prima volta di fornire alla
normativa un substrato omogeneo tramite la individuazione di
procedure da seguire a seconda del diverso rischio cui il lavoratore va
incontro ed a seconda di valutazioni predefinite su rischi sistemici.
Lo spunto per questo cambiamento di prospettiva è l‟emanazione di
due Circolari del ministero del Lavoro emanate negli anni 197930
e
1981 a seguito del lavoro svolto da un‟apposita commissione
ministeriale, le quali dettavano specifici criteri per la individuazione
dei rischi globali correlati alle lavorazioni con ammine aromatiche.
Le circolari classificavano cioè le lavorazioni con ammine secondo
uno schema molto innovativo fondato sulla divisione delle stesse in
differenti classi di rischio ed a seconda della classe di rischio di
30
Era il 12 giugno, la famosa circolare degli ammino – acidi, che centrò la sua attenzione sul
rischio e sulla sua valutazione
38
appartenenza era prescritta l‟eliminazione della sostanza o la
lavorazione in zona di alta sorveglianza.
Come può facilmente dedursi, il lavoratore risultava garantito da
previsioni fatte ex ante, grazie all‟applicazione in ambito lavorativo
delle ricerche scientifiche e soprattutto in virtù di una pre - definizione
normativa delle procedure da seguire.
Non a caso, è proprio in questo periodo che cominciano a circolare
concetti nuovi, quali quelli di preindividuazione, eliminazione o
riduzione dei rischi, adozione di misure adeguate, informazione e
formazione dei lavoratori ecc.
Si creano allora le condizioni per l‟affermazione del nuovo concetto di
rischio, quale rischio di sistema, collegato all‟attività posta in essere
ed a fattori generali anche solo ipotetici.
A testimonianza della suddetta evoluzione ed in attuazione di una
serie di direttive CEE in materia di protezione contro i pericoli
derivanti dall'esposizione ad agenti fisici, chimici e biologici, nel
1991, il 15 agosto, viene emanato il decreto legislativo n. 277 che
regolamenta l'esposizione a tre importanti fattori di rischio: il piombo,
l'amianto ed il rumore31
.
31
A questa legge si deve l‟introduzione nel nostro paese della figura del medico competente
39
Uno degli aspetti più innovativi di questa norma è l'individuazione
dettagliata di metodi di analisi e soprattutto di campionamento per la
determinazione delle sostanza pericolose e per il rumore: fino al 1991
infatti, non esistendo una normativa specifica, i prelievi dei campioni
da analizzare potevano essere eseguiti in modo arbitrario.
Il D.Lgs. n. 277 anticipa di quattro anni la legge-quadro
sull'inquinamento acustico, emanata a fine 1995, (in quanto il rischio
rumore negli ambienti di lavoro non è voluto, ma il lavoratore è
praticamente costretto a subirlo); introduce con riferimento
all‟amianto una serie di norme di tutela, ancora in via di
completamento; stabilisce per il piombo una serie di analisi su sangue
ed urine dei soggetti esposti.
Ma le vere innovazioni del D.Lgs. n. 277 sono riscontrabili
nell'istituzione di registri dei soggetti esposti a rischi particolarmente
elevati (rumore oltre 90 dB(A), alte concentrazioni di piombo o
amianto) e nell‟imposizione di uno specialista in medicina del lavoro
come unico abilitato al controllo periodico degli esposti, in questo
modo superando la vecchia figura del medico di fabbrica (magari
40
specializzato in pediatria) che aveva il compito generico di controllare
la salute32
.
Recependo tutte le diverse esigenze manifestate fino a quel momento,
nel 1994 giunge il D.Lgs. n. 626 che integra e completa la sequenza
logica delle normative precedenti prendendo il meglio delle diverse
disposizioni.
Grazie alla 626 il sistema italiano di prevenzione e sicurezza, posto a
fondamento della tutela del lavoratore, si allinea alle indicazioni
europee, innovando la magmatica normativa precedente più in termini
qualitativi e sistemici che quantitativi.
Dopo quattordici anni “di servizio”, tuttavia, il decreto è stato
formalmente abrogato per essere di fatto trasportato all‟interno del più
complesso sistema del D.Lgs. n. 81/2008, come si vedrà, ormai
divenuto il riferimento principale in materia di salute e sicurezza.
LA SICUREZZA SUL LAVORO COME BENESSERE
ORGANIZZATIVO
Tra le novità apportate dal D.Lgs. n. 81/2008 vi è una forte
32
Questa figura, inserita nel sistema di protezione aziendale, assicura la sorveglianza sanitaria
41
impostazione volta ai rischi nuovi, quelli trasversali come li definiva
l‟Ispesl, è necessario affrontare il problema concernente
l‟individuazione del b ovvero psico – sociali, cioè stress, mobbing e
burn out.
In ogni caso è necessario definire il bene giuridico sostanzialmente
tutelato dalla normativa.
La normativa ha subito una lunga evoluzione, ampliando negli anni la
propria sfera di tutela dalla sicurezza sui luoghi di lavoro (intesa come
protezione dagli infortuni) all'igiene sul lavoro fino a ricomprendere il
completo benessere psico-fisico del lavoratore: ciò in quanto la
regolamentazione in materia di sicurezza comprende, quale genus, sia
la species delle norme antinfortunistiche, sia quella delle norme in
materia di igiene del lavoro, le quali risultano complementari e
teleologicamente orientate alla protezione del lavoratore.
Con riferimento al bene giuridico oggetto di tutela si può dunque
affermare che sicurezza, igiene e benessere psico-fisico sono elementi
da considerare come parametri della protezione che alla salute del
lavoratore deve essere offerta nell‟ambito lavorativo33
.
33
È un elemento di forte rilevanza, in linea con le sensibilità volute dall‟OMS e legate alla
prevenzione del rischio e non già alla cura dei soggetti affetti da tale patologia
42
Tuttavia, se si guarda complessivamente la normativa in questione può
facilmente comprendersi come il concetto stesso di sicurezza non sia,
sic et simpliciter, limitato alla salute del lavoratore, bensì accresciuto
sino a ricomprendere il più ampio concetto di benessere organizzativo,
inteso quale rappresentazione della salute, ma anche come idoneità dei
mezzi, delle attrezzature e dei locali di lavoro in termini di
compatibilità con i bisogni del lavoratore.
Le prescrizioni tese a ridurre per quanto possibile i lavori ripetitivi,
quelle che attenzionano la aerazione e la temperatura dei locali, le
norme in tema di lotta al mobbing, il recente obbligo di valutazione
dello stress, devono essere lette esattamente come norme che tutelano,
oltre alla salute, il benessere dell'organizzazione, intesa come
l'insieme delle relazioni in seno al luogo di lavoro34
.
Non si tratta di una differenziazione accademica, in quanto salute e
benessere organizzativo, pur essendo concetti complementari,
comprendono valori differenti: la salute infatti attiene solo
all'individuo, inteso nella sua accezione personalista, mentre il
benessere organizzativo si riferisce alla comunità organizzativa nel
suo complesso, in relazione a quella che è la realtà aziendale.
34
Sono tutti elementi che spingono verso la cultura della motivazione, della salute, del benessere
nelle sue diverse accezioni
43
Se, dunque, garantire la salute significa impedire che il singolo
lavoratore possa contrarre malattie di natura psichica o fisica a causa
del lavoro, ovvero subire traumi derivanti da eventi infortunistici,
offrire un alto grado di benessere sul luogo professionale implica
rendere la vita in seno alla comunità lavorativa il più confortevole
possibile.
Ciò risulta ancor più palese oggi, laddove ci si rapporti con il concetto
stesso di salute che non è più semplicemente limitato alla “assenza di
malattia”, ma inteso come “stato di completo benessere fisico, mentale
e sociale”35
.
Sulla scorta di queste premesse è chiaro che la responsabilità dei
soggetti della sicurezza non può comprendere soltanto una costante
vigilanza sullo stato di salute del lavoratore, ma impone anche la
predisposizione di misure tali da evitare ogni forma di malessere
legato a disfunzioni organizzative, soprattutto quando ciò sia possibile
attraverso una diligente opera direzionale.
L'affaticamento, ad esempio, è una chiarissima ipotesi di malessere
che, pur non rientrando (se circoscritto sul piano temporale) nel
concetto di malattia, incide talvolta in modo grave sul livello di
sicurezza di un ufficio o di un reparto. Maggiore, infatti, è il livello di
35
È la definizione contenuta nell‟art. 2 lett.o) del Testo Unico
44
affaticamento, maggiore sarà la probabilità che si verifichino errori nei
processi di lavoro, con la conseguenza di abbassare notevolmente il
livello di sicurezza della comunità di lavoro.
I più recenti studi in tema di rapporto tra sicurezza e produttività
dimostrano, peraltro, come ci sia un rapporto direttamente
proporzionale tra la i due elementi, poiché un lavoratore che opera in
condizioni di sicurezza (intesa nella descritta accezione di benessere
organizzativo) è inevitabilmente più produttivo di un lavoratore che
non gode delle stesse condizioni.
Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte intorno allo stress,
da cui, talvolta, derivano disorganizzazione e disattenzione.
Tanto viene ampiamente contemplato nell'ambito civilistico dall‟art.
2087 c.c.36
, che impone al datore di lavoro di "adottare nell'esercizio
dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro,
l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e
la personalità morale del lavoratore".
Il datore di lavoro è quindi chiamato, in primis, ad adottare non solo le
misure di sicurezza previste dalla legislazione vigente in materia, ma
anche quelle ritenute necessarie alla luce delle cognizioni della
36
L‟importante e sempre attuale norme di chiusura ed elastica del sistema prevenzionale
45
migliore tecnologia e del patrimonio di esperienza tipici di un
determinato momento storico.
La norma avrebbe potuto essere utilizzata in tutte le sue potenzialità
semantiche, se fosse stata applicata dagli organi di controllo in termini
di prevenzione dei fattori di rischio.
In questo modo, infatti, attraverso una periodica attività ispettiva, si
sarebbe potuto imporre alle imprese un adattamento al livello
tecnologico, evitando in tal modo l'obsolescenza delle misure di
sicurezza. Al contrario si è applicata la norma solo in termini
sanzionatori per il riconoscimento del risarcimento del danno quando
l'infortunio si era già verificato.
Sotto quest'ultimo aspetto la giurisprudenza ha valorizzato al massimo
le potenzialità operative della norma, rilevando nella previsione di cui
all'art. 2087 c.c. una facilitazione probatoria in favore del lavoratore al
quale è sufficiente provare il danno ed il nesso causale, spettando alla
controparte la dimostrazione di avere fatto tutto il possibile per evitare
lo stesso37
.
Peraltro, il datore di lavoro è tenuto ad un'attività di controllo e di
vigilanza costante, volta ad impedire comportamenti del lavoratore tali
37
Tutta la giurisprudenza, anche quella di legittimità, è concorse su questo punto di valutazione e
di analisi
46
da rendere inutili od insufficienti le cautele tecniche apprestate e deve
adottare, se necessario, sanzioni di carattere disciplinare anche di
carattere espulsivo, come il licenziamento. A titolo esemplificativo
Cass. Civile, 5 Marzo 2002, n. 3162; Cass. Civile 28 Luglio 2000, n.
9981; Cass. Civile 18 Febbraio 2000, n. 1886; Cass. Civile 7 Agosto
1998, n. 7792
Del resto, questa impostazione teorica ha il vantaggio di comprendere
nell'ambito della sicurezza le politiche di prevenzione di tutti i rischi o
le situazioni organizzative che possono compromettere la salute psico-
fisica del lavoratore, in quanto tale opera preventiva coincide con un
alto grado organizzativo nel lavoro.
C'è, tuttavia, un'altra conseguenza di grande portata teorica38
.
Se, infatti, sicurezza significa benessere organizzativo, allora concetti
quali efficienza o efficacia si trasformano in valori non tanto a
servizio dell'attività organizzativa, ma dell'organizzazione stessa e del
suo ordinato e ragionevole sviluppo.
In altre parole, attraverso il D.Lgs. 626/94 prima ed il D.Lgs. n. 81/08
adesso, diventa più chiaro il significato giuridico di efficienza ed
efficacia , laddove queste devono inevitabilmente essere sacrificate
38
È lo sviluppo della cultura della sicurezza e salute, nel senso della prevenzione e del benessere
47
nel caso in cui una loro eccessiva enfatizzazione risulti dannosa per la
salute dei lavoratori.
Tutto ciò è in perfetta armonia con il citato principio giurisprudenziale
che concepisce la salute come bene supremo della persona e tale da
prevalere su ogni altro interesse pubblico o privato.
Alla luce di queste considerazioni vanno lette le norme tese a ridurre il
lavoro ripetitivo 39
o le regole destinate a ridurre al minimo i rischi
della persona.
D'altra parte anche la scienza che studia l'organizzazione e la gestione
organizzativa ha ormai concluso che il fattore umano è preponderante
sull'attività dell'organizzazione.
Secondo alcuni autori infatti, ogni organizzazione efficiente si
caratterizza per tre fattori:
l'hardware, inteso come l'insieme dei mezzi di produzione;
il software, complesso delle procedure decisionali,
l'humanware, vale a dire la totalità delle risorse umane.
L'humanware in particolare è considerato un elemento strategico
aziendale e più genericamente organizzativo, di fondamentale
39
È il moderno concetto dell‟ergonomia, di cui all‟art.15, lett.d) delle Misure di Tutela contenute
nel Testo Unico
48
importanza: anzi costituisce la base teorica, prima che giuridica, della
normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
E' importante effettuare un chiarimento perché concetti che da sempre
hanno connotato la produzione (l'efficienza non è altro che la misura
del livello di produzione di una certa impresa) diventano, nell'intento
della normativa sulla sicurezza, “misure dell’adattabilità
organizzativa ai processi psico-fisici dell'organismo umano”.
Sul piano costituzionale, peraltro, se la sicurezza implica da un lato il
riconoscimento della tutela della salute come diritto fondamentale
dell'individuo e interesse della collettività (art. 32 cost.) e dall'altro
l'imposizione di un limite all'esercizio dell'iniziativa economica
privata e pubblica (art. 41 cost.), ciò che conta maggiormente è che,
sussistendo questi chiari fondamenti costituzionali il valore della
sicurezza, così come ampiamente inteso, non può essere subordinato a
nessun altro valore per quanto meritevole di tutela giuridica.
49
L’ATTENZIONE DEI MASS MEDIA SULLA SICUREZZA DEL
LAVORO
Da qualche anno l‟interesse dei media e dell‟opinione pubblica si è
focalizzato sulle cosiddette morti bianche.
E‟ come se di colpo tutti, politici compresi, si fossero svegliati da un
lungo letargo accorgendosi che il lavoro uccide.
Nell‟affrontare questo argomento spesso ci si confronta con una fitta
ragnatela di leggi, riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro.
Infatti, la legislatura Italiana, come scrive Soprani, avvocato e
magistrato inquirente40
, «per effetto del recepimento, nell‟ultimo
ventennio, delle direttive comunitarie di settore, è diventata un corpo
legislativo frammentato e complesso, il quale si è progressivamente
affiancato, e in parte sovrapposto, alla legislazione precedente
emanata per lo più nella seconda metà degli anni ‟50».
Abbiamo già detto come risalga al 1978, con l’art. 24 della legge n.
833/78 di istituzione del servizio sanitario nazionale, il primo tentativo
di riassetto e di riforma della normativa in materia.
40
V. Ambiente e Lavoro, n.14 del 2005
50
Il secondo tentativo arriva con l’art. 3 della legge n. 229/2003 (legge
di semplificazione amministrativa per l‟anno 2001), cui era seguito il
Testo Unico Berlusconi, peraltro ritirato il 3 maggio 20054 dopo avere
incassato il parere negativo sia della Conferenza Stato-Regioni (3
marzo 2005), sia del Consiglio di Stato (31 gennaio – 7 aprile 2005).
L‟ultimo tentativo in ordine di tempo è rappresentato dall’art. 1 della
legge 3 Agosto 2007, n. 123 (G.U. n. 185 del 10 agosto).
Tentativo riuscito, come abbiamo avuto modo di evidenziare.
Il provvedimento si inserisce in una precisa linea di tendenza che
coltiva lo scopo di perseguire l‟obiettivo della semplificazione della
legislazione vigente, specie mediante lo strumento della delegazione
legislativa.
Effetto di questo filone e dello sviluppo della formazione come
strumento di gestione è quello che negli anni il numero degli infortuni
(tra cui quelli mortali) è calato sensibilmente, e nel primo anno di vita
del TUS il numero degli infortuni mortali è sceso sotto i 1300.
E la domanda spontanea è la seguente: come mai proprio adesso che il
numero delle vittime sul lavoro è in calo si sono accese le luci su di
esso?
51
Secondo Michele Tiraboschi41
, professore di Diritto del Lavoro
all‟Università di Modena e consulente del ministero del Welfare per la
riforma sul mercato del lavoro, questo è «frutto di uno sciacallaggio
sulle morti bianche, utilizzate non di rado a fini puramente politici e
per alimentare, attraverso l‟immagine evocativa del padrone feroce,
l‟ennesimo scontro ideologico tra capitale e lavoro».
La verità è che c‟è chi vede nella mancanza di controlli il principale
problema. Secondo Franco Carinci, Ordinario di diritto del Lavoro
all‟Università di Bologna42
, «il difetto maggiore del nostro sistema di
sicurezza sul lavoro non era e non è costituito da un deficit di regole e
di sanzioni, ma sostanzialmente da tre fattori: emersione del lavoro
nero come fattore generale, controlli e formazione come fattori
particolari».
Proprio del problema dei controlli tratta un articolo, a cura di Marco
Bucciantini e Roberto Rossi, di inchiesta sulle morti bianche, che
equipara la frequenza con cui l‟Ispettorato del Lavoro si vede nel
cantiere o in fabbrica con quella della cometa di Halley che passa
sopra il nostro pianeta ogni 75 anni e 3 mesi. Infatti, continua
l‟articolo, «incrociando il numero degli ispettori che devono vigilare
41
Il Sole 24 ore del 13 maggio 2008 42
Rivista di Diritto del Lavoro, nr.4 del 2008
52
sulla sicurezza dei posti di lavoro – meno di 6 mila e 500 – e il totale
delle aziende da controllare (più di 6 milioni per Unioncamere) viene
fuori un rapporto senza scampo: si rischia un controllo ogni passaggio
di cometa. Basti pensare che l‟obiettivo ideale del nostro Paese è
arrivare ad un 5% dei controlli: se fossero sempre viaggi unici, senza
nuove visite nei posti sanzionati, si visionerebbero tutte le aziende in
circa 20 anni».
Un secondo aspetto, che starebbe tra le cause degli infortuni sul
lavoro, viene identificato nella mancanza di un‟adeguata formazione.
Le aziende lamentano infatti gli alti costi della formazione che rientra
tra i loro obblighi. La stessa Presidente di Confindustria Emma
Marcegaglia ha espresso la propria contrarietà alle misure del
Governo Prodi perché «troppo sbilanciate sul profilo sanzionatorio,
anziché essere focalizzate sulla prevenzione e sulla formazione».
Riguardo a questo, l’art. 10 del D.Lgs. n. 81, prevede che i diversi
attori in materia prevenzionistica, accanto agli enti di patronato e agli
organismi paritetici, costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale, svolgono, anche sulla base di specifiche
convenzioni, attività di informazione, assistenza, consulenza,
53
formazione e promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro.
Il giornalista Pietro Veronese 43
ha analizzato il fenomeno ed ha
verificato come oltre al bilancio umano, l‟alto tasso di mortalità sul
lavoro e la frequenza degli infortuni hanno naturalmente un costo.
Secondo i calcoli dell‟Inail, per l‟anno 2005 il costo sociale è stato per
l‟Italia di 45,5 miliardi di euro. Il 3,2 per cento del Pil.
In questo totale da capogiro l‟Inail fa rientrare i costi assicurativi, gli
interventi di prevenzione, le spese direttamente collegate ai danni (ore
di lavoro perdute, guasti, sostituzioni, perdita d‟immagine delle
aziende coinvolte)44
.
Il professore Luciano Gallino45
, sociologo e saggista, ha più volte e
giustamente rilevato come «l‟incremento del fenomeno infortunistico
sia in larga parte addebitabile ai recenti cambiamenti nei modelli
organizzativi della produzione e del lavoro; cioè, la frammentazione
pianificata dei processi produttivi in imprese e squadre di lavoro
sempre più piccole, collegate da lunghe catene di esternalizzazioni a
cascata e subappalti, disincentiva la formazione alla sicurezza. E in
molti casi la rende tecnicamente inattuabile. L‟elevato numero di
43
Ambiente Lavoro, nr. 18 del 2007 44
Rivista Inail, Inail docum. Nr. 21 del 2008 45
La Repubblica, 23 maggio 2008
54
datori di lavoro che reclutano masse di lavoratori in nero, connazionali
e immigrati, è un altro fattore che dalle due parti fa venir meno la
voglia, il tempo, la stabilità dell‟occupazione che sono indispensabili
per la formazione alla sicurezza. Allo stesso effetto operano i contratti
di lavoro atipici, in specie quelli con una durata di pochi mesi. Alle
carenze formative si aggiungono i costi dei dispositivi attivi e passivi
per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro che molte
imprese, vuoi perché premute dalle pressioni sui costi provenienti
dagli anelli superiori della catena di creazione del valore, vuoi perché
nella loro agenda gli investimenti in sistemi di sicurezza non sono una
priorità, cercano di limitare il più possibile. D‟altra parte tale tendenza
è stata accentuata dal decreto attuativo della legge 30 (la cd. Legge
Biagi), che ha facilitato la cessione di rami d‟impresa anche nel caso
in cui non erano in precedenza funzionalmente autonomi».
Non può mancare naturalmente, nell‟analisi delle cause che
contribuiscono a generare gli infortuni sul lavoro, quella
dell‟emersione del lavoro nero e della regolarizzazione del lavoro
irregolare, che, secondo Carinci, «deve essere preso dalla testa, a
cominciare dall‟immigrazione clandestina».
55
Lavoro nero e scarsa sicurezza vanno di pari passo. Lo dicono le
statistiche e lo raccontano le storie di chi esce di casa la mattina e non
rientra più. Essere irregolari, infatti, significa non avere alcuna
informazione sui rischi nei luoghi di lavoro e specialmente nei
cantieri46
.
Il fenomeno comprende milioni di persone che non soltanto lavorano
totalmente o parzialmente in situazioni irregolari, dal punto di vista
contributivo e fiscale, ma sono anche, e questo è l‟aspetto cui
andrebbe attribuito un maggior peso, totalmente prive di diritti.
Il 1° Aprile 2008 (il termine per l‟esercizio della delega era fissato al
25 maggio 2008, ma la crisi di Governo e la scadenza elettorale hanno
accelerato i tempi) il Governo Prodi ha varato in via definitiva il Testo
Unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
lavoro. L‟atto di approvazione, è stato l‟ultimo anello di una catena di
provvedimenti susseguitisi in tempi assai ristretti (Parere della
Conferenza Stato-Regioni in data 12 marzo; parere della Commissione
permanente lavoro del Senato in data 20 marzo). A determinare in via
definitiva il governo all‟emanazione del provvedimento è stata la
tragica catena di morti, avvenuta anche con modalità che hanno
profondamente scosso l‟opinione pubblica: basti pensare al tragico
46
Commissione d‟inchiesta Tofani. Senato della Repubblica, 2008
56
rogo della ThyssenKrupp del 6 dicembre 2007, o ai 5 morti
nell‟autocisterna di zolfo nella zona industriale di Molfetta del 3-4
marzo 200847
.
Secondo Tiraboschi «la decisiva spinta della opzione pubblica e delle
più alte cariche istituzionali, in uno con la paziente e meritoria opera
di mediazione del Ministro del lavoro Cesare Damiano, hanno cosi
consentito di raggiungere, invero inaspettatamente, quell‟ampio e
(quasi) unanime consenso da parte delle Regioni, necessario per
intervenire su una materia come questa».
Secondo Francesco Bacchini48
, «l‟accelerazione con cui è stato
emanato il nuovo Testo Unico era facilmente prevedibile anche se,
forse, tecnicamente non auspicabile, laddove, per la fretta di dare, in
qualsiasi modo a qualsiasi prezzo, risposte normative e soddisfare così
l‟opinione pubblica, prevalesse l‟emozione sul giudizio, il sentimento
sulla ragione; giudizio e ragione i quali, invece, è bene accompagnino,
sempre, qualsiasi provvedimento legislativo, specie di particolare
complessità e di difficile equilibrio come quello avente ad oggetto la
tutela della vita e l‟incolumità dei lavoratori».
47
Una vicenda che ha fatto molto discutere e che è oggi al vaglio del Tribunale di Trani 48
Ambiente e Lavoro, nr. 6 del 2008
57
Giovanni Bissoni, assessore alla sanità della Regione Emilia
Romagna, alla conferenza sulla salute e sicurezza nel lavoro, tenutasi
alla Sala Auditorium della Regione Emilia-Romagna l‟ 8 luglio 2008,
ha affermato perentoriamente «i risultati sono iniziati ad arrivare dal
momento in cui si è alzata l‟attenzione dell‟opinione pubblica».
58
L’ANDAMENTO INFORTUNISTICO IN ITALIA TRA 1966-2008
Da un recente studio di Antonio Frenda, ricercatore Istat presso la
contabilità nazionale, vediamo che «i dati Eurostat per l‟anno 2005
evidenziano come l‟Italia presenti, per gli infortuni sul lavoro, un
tasso di incidenza pari a 2.900 infortuni per 100.000 occupati per
l‟intera economia, inferiore al valore medio calcolato sia per i 15 Paesi
dell‟UE (3.098) e sia per i 12 Paesi della zona euro (3.545)».
Sulla base dei dati rilevati per l‟anno 2005, continua Frenda49
, «l‟Italia
ha un numero di infortuni sul lavoro in linea con la media europea, e
sale poco al di sopra per quanto concerne i casi mortali; si osserva
tuttavia che nel settore agricolo il tasso di incidenza complessivo
risulta nettamente superiore alla media europea.
Gli ultimi dati dell‟Inail indicano che nel 2007 sono avvenuti circa
1.250 infortuni mortali, cioè 84 in meno (secondo le stime non
definitive) rispetto ai 1.341 del 2006, evidenziando quindi una
diminuzione percentuale vicina al 6.8 per cento».
«A partire dal 1966 è infatti cominciato un lento e continuo
decremento delle morti bianche in Italia: in quell‟anno se ne
49
Documenti ISTAT, 2008
59
contavano 3.744, mentre nel 2007 si rilevano 1.250 casi, una
diminuzione in 31 anni del 67 per cento».
Il dato degli infortuni nel sommerso, poiché concerne l‟economia non
direttamente osservabile, sfugge alle statistiche amministrative degli
enti previdenziali ed assicurativi (Inps, Inail) e ad indagini statistiche
ad hoc.
Il caso del sommerso italiano è molto interessante: le Regioni dove
l‟economia sommersa è più diffusa tendono ad avere una più bassa
percentuale di infortunati, rispetto al totale nazionale. E siccome non è
ipotizzabile che il ricorso all‟irregolarità abbia effetti benefici sulla
qualità del lavoro con conseguente riduzione del numero di infortuni,
è del tutto legittimo affermare che, pur essendo maggiore, il tasso di
incidenza degli infortuni in dette zone del Paese appare minore per
mancata denuncia dell‟evento all‟ente previdenziale e, talvolta, per
l‟influenza della criminalità organizzata che, soprattutto nelle Regioni
del sud, ha grossi interessi economici nell‟economia sommersa»
Paolo Berizzi, scrittore e giornalista del quotidiano La Repubblica50
,
afferma che «i lavoratori che si muovono nel sommerso, sono un vero
e proprio esercito: 5 milioni secondo l‟Istat e il Censis (su un totale di
24 milioni e 450 mila unità di lavoro complessive). Un numero che
50
13 maggio 2008
60
comprende gli irregolari in senso stretto, gli occupati non dichiarati e
gli stranieri non in regola.
Un milione e mezzo, secondo stime attendibili, sono i lavoratori
sottoposti a restrizioni e condizionamenti della libertà. Tradotto vuol
dire: vittime del caporalato, in qualsiasi forma esso si esprima».
Il lavoro nero, continua Berizzi, «è diventato, paradossalmente, una
componente di incidenza decisiva, tristemente necessaria
nell‟economia nazionale: basti pensare che il reddito ricavato dal
sommerso ammonterebbe al 27%. La media europea del sommerso è
del 18%»24.
L‟analisi dei dati di fonte Inail evidenzia quanto segue: nel periodo
1980–2005 gli infortuni sul lavoro (riconosciuti come tali e
indennizzati dall‟Inail) definiti nell‟insieme dell‟industria e dei
servizi, si sono nel complesso più che dimezzati, passando da 54,15 a
23,78 casi per milione di ore lavorate.
Si registra, per il decennio 1995–2005, una diminuzione del totale
degli infortuni denunciati in tutti i settori da 1.038.492 casi a 966.568
casi. Nello stesso periodo i casi mortali denunciati passano, nel
complesso, da 1.375 a 1.27826. Rispetto al totale dei casi mortali, la
componente degli infortuni legati alla circolazione stradale raggiunge
61
circa il 50%, la metà dei quali, nel 2005, occorsi lungo il percorso
casa-lavoro (in itinere).
E‟ da notare che nello stesso periodo il numero degli occupati ha
conosciuto una lenta ma continua espansione (secondo l‟Istat, tasso
medio annuo dell‟1,4%). Pertanto rapportando il numero degli
infortuni denunciati a tale dinamica occupazionale, la flessione reale
del fenomeno infortunistico risulta ancora più decisa, attestandosi su
un indice di incidenza in calo del 9,5%. In particolare nel terziario, ad
un calo del numero complessivo degli infortuni del 13,3% in valore
assoluto, si accompagna una contrazione del relativo indice di
incidenza addirittura di oltre il 17%, a conferma di una marcata
tendenza di questo settore al ridimensionamento del rischio
infortunistico.
Secondo Masciocchi e Leboffe51
«i dati ufficiali mostrano che la
situazione italiana non corrisponde a quella gravissima che viene
spesso riportata nei titoli della stampa nazionale. L‟Italia risulta infatti
collocata al di sotto della media europea sia per il totale degli infortuni
che per quelli mortali (per questi ultimi, al netto della infortunistica
stradale)» .
51
Ambiente e lavoro, nr.2 del 2008
62
Davvero l‟economia sommersa e il lavoro nero, come dice il
Professore Gallino, sono importanti al punto che, «ove simile universo
venisse improvvisamente a mancare, l‟economia regolare entrerebbe
in crisi entro breve tempo»?
Questo aspetto meriterebbe sicuramente un maggiore
approfondimento, come altresì meriterebbe approfondimento il
rapporto tra l‟Italia e gli altri Paesi dell‟Unione Europea, purtroppo
poco affrontato dagli Autori citati.
64
Capitolo secondo
PARERI SUL NUOVO TESTO UNICO D.LGS. N. 81/2008.
Il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, adottato dal governo in forza
della delega prevista dalla legge n. 123 del 3 agosto 2007,
generalmente noto come Testo Unico in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul luogo di lavoro, è entrato in vigore il 15 maggio
2008. Esso fornisce, come sostiene Gian Carlo Caselli, Procuratore
generale presso la Corte d‟appello di Torino52
, «nuovi e incisivi
strumenti di prevenzione nei luoghi di lavoro».
I settori oggetto della delega e i suoi criteri direttivi sono i seguenti:
a) riordino, coordinamento, armonizzazione e semplificazione delle
disposizioni vigenti per l‟adeguamento alle normative comunitarie ed
alle convenzioni internazionali in materia.
b) Determinazione di misure tecniche ed amministrative di
prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed
organizzative delle imprese, in particolare di quelle artigiane e delle
piccole imprese, anche agricole, forestali e zootecniche.
52
Corriere della Sera, 12 maggio 2008
65
c) Riordino delle norme tecniche di sicurezza delle macchine e degli
istituti concernenti l‟omologazione, la certificazione e
l‟autocertificazione.
d) Riformulazione dell‟apparato sanzionatorio, con riferimento, in
particolare, alle fattispecie contravvenzionali a carico dei preposti, alla
previsione di sanzioni amministrative per gli adempimenti formali di
carattere documentale; alla revisione del regime di responsabilità
tenuto conto della posizione gerarchica all‟interno dell‟impresa e dei
poteri in ordine agli adempimenti in materia di prevenzione sui luoghi
di lavoro; al coordinamento delle funzioni degli organi preposti alla
programmazione, alla vigilanza ed al controllo, qualificando
prioritariamente i compiti di prevenzione e di informazione rispetto a
quelli repressivi e sanzionatori.
e) Promozione dell‟informazione e della formazione preventiva e
periodica dei lavoratori sui rischi connessi all‟attività dell‟impresa in
generale e allo svolgimento delle proprie mansioni.
f) Assicurazione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in
tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutti i lavoratori,
indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di
lavoro o con il committente.
66
g) Adeguamento del sistema prevenzionistico e del relativo campo di
applicazione alle nuove forme di lavoro e tipologie contrattuali, anche
in funzione di contrasto rispetto al fenomeno del lavoro sommerso ed
irregolare.
h) Promozione di codici di condotta e diffusione di buone prassi che
orientino la condotta dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti i
soggetti interessati.
i) Riordino e razionalizzazione delle competenze istituzionali al fine
di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e competenze,
garantendo indirizzi generali uniformi su tutto il territorio nazionale.
j) Realizzazione delle condizioni per una adeguata informazione e
formazione di tutti i soggetti impegnati nell‟attività di prevenzione per
la circolazione di tutte le informazioni rilevanti per l‟elaborazione e
l‟attuazione delle misure di sicurezza necessarie.
k) Modifica o integrazione delle discipline vigenti per i singoli settori
interessati, per evitare disarmonie.
l) Conferma del principio di esclusione di qualsiasi onere finanziario
per il lavoratore in relazione all‟adozione delle misure relative alla
sicurezza, all‟igiene e alla tutela della salute dei lavoratori.
67
Il decreto legislativo n.81/08 ha innescato un acceso dibattito tra
giornalisti, politici e tecnici.
Ecco alcuni esempi, che riguardano le considerazioni delle
Associazioni datoriali e di alcuni politici, che si focalizzano
soprattutto sul tema dell‟inasprimento delle sanzioni e sul Documento
di Valutazione dei Rischi.
Mario Casati, AIAS53
“vogliamo mettere in evidenza le preoccupazioni suscitate dalla legge
specialmente nel settore delle imprese medio piccole. E‟ una legge che
manca di senso della mediazione, troppo istantaneamente punitiva,
senza proposte riparatorie alternative, al punto che si prevedono
preoccupati scenari. La nostra preoccupazione risale alla
incapacità/impossibilità di fare applicare le leggi in Italia”.
Nicoletta Picchio54
: La critica delle imprese: sanzioni indiscriminate:
«Troppa demagogia, troppa sproporzione tra sanzioni e mancanze.
Questo il motivo del no del mondo imprenditoriale al testo del
Governo sulla sicurezza. Prima dell'incontro finale di ieri pomeriggio
a Palazzo Chigi, che ha anticipato il Consiglio dei ministri convocato
oggi per varare la riforma, Alberto Bombassei, vicepresidente di
53
Rivista Aias, maggio 2008 54
Ambiente e Lavoro, giugno 2008
68
Confindustria55
, ha voluto precisare con una nota, la posizione di viale
dell'Astronomia: “Sono indignato. La tragedia delle morti sul lavoro
non può creare contrapposizioni e divisioni. Nessuno è contrario a
questo provvedimento, sono state proprio le imprese a invocare un
Testo Unico per dare maggiori certezze ai datori di lavoro e ai
lavoratori. Ma non vogliamo che gli eventi drammatici di questi giorni
vengano strumentalizzati”.
Nessuna contestazione – spiega Bombassei – sul fatto che le aziende
non in regola debbano essere sanzionate. Ma ci deve essere un
rapporto tra inadempienza e punizione: “Riteniamo corretto che
l'imprenditore venga punito con la pena massima dell'arresto se omette
di procedere alla valutazione dei rischi, ma è ingiustificato l'arresto se
ha scritto il documento di valutazione n maniera incompleta”.
Nel testo, aggiunge Bombassei, “non solo sono stati quadruplicati gli
importi, ma non si distingue tra mancanze meramente formali e
mancanze che invece possono creare reali situazioni di pericolo per i
lavoratori”. Un meccanismo di sanzioni che punisce
indiscriminatamente tutti i comportamenti dell'impresa, secondo
Bombassei, ha l'effetto di mettere in difficoltà le imprese serie e
55
Il Sole 24 ore, 19 maggio 2008
69
rischia di far aumentare l'economia sommersa, che è all'origine degli
infortuni. Continuando sullo stesso articolo, troviamo interessanti
dichiarazioni del Ministro Pierluigi Bersani: “L'impianto della delega
prevede certamente una maggiore severità, ma non tale da giustificare
l'allarme delle imprese”. Bersani lascia uno spiraglio a “qualche
aggiustamento”, ma niente di più.
Più duri il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, e il
Sottosegretario alla salute, Giampaolo Patta56
: “L'indignazione
l'abbiamo noi verso gli industriali. Stanno cercando di bloccare
l'azione del Governo. Non si può conteggiare la sicurezza come un
costo in più”, ha detto Ferrero, mentre Patta, ancora prima
dell'incontro, aveva detto no a modificare le sanzioni.
Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha definito
“intollerabile” l'atteggiamento di Confindustria. “Non posso pensare”
– ha detto invece l‟onorevole del Pd, Matteo Colaninno – “che per
risolvere un problema così drammatico si debbano dare delle sanzioni,
pensando che al sistema imprenditoriale non interessi la situazione
drammatica. Scaricare la responsabilità con delle sanzioni è mancare il
bersaglio”»
56
L‟Unità del 21 giugno 2008
70
Luca Cordero di Montezemolo Presidente di Confindustria57
:
«Inasprendo le pene non si salvano le vite. Un provvedimento centrato
su un fortissimo inasprimento delle sanzioni dedica poco o nulla alla
prevenzione. E‟ l‟ultimo atto di una sinistra demagogica e
antindustriale. Quella sinistra che vuol far piangere i ricchi e parla di
imprenditori a pancia piena, parole che non si sentivano nemmeno a
Cuba negli anni Sessanta. E‟ come se le aziende lavorassero a
consuntivo: cosi si chiude. Le imprese lavorano sui budget preventivi.
Lo stesso vale per la sicurezza: bisogna formare, innovare nella
prevenzione. Le pene possono essere anche durissime ma le regole
devono essere chiare. Il piccolo imprenditore piuttosto che andare in
giro per il mondo a trovare nuovi mercati si troverebbe invischiato in
una burocrazia delle pene, quando già la farraginosità delle procedure
è il motivo numero uno per cui gli investitori esteri non vengono in
Italia. Le imprese sane devono essere supportate, accompagnate verso
livelli di sicurezza sempre maggiori, non devono sentirsi minacciate.
Si deve contrastare l‟economia sommersa e illegale, quella dove si
concentrano i rischi. La vita delle persone è il bene primario, che noi
imprenditori vogliamo tutelare».
57
Il Sole 24 ore del 19 giugno 2008
71
Romano Prodi Presidente del Consiglio58
: «Il decreto non ha intenti
punitivi. Mette al centro la tutela della persona umana e il suo diritto a
un lavoro sicuro. E‟ un risultato importante purtroppo messo in ombra
dallo stillicidio di infortuni di questi giorni».
Cesare Damiano Ministro del lavoro59
: «E‟ esagerata la reazione del
Presidente di Confindustria, il testo non rappresenta una logica
antindustriale. Sarebbe utile darne una lettura razionale: è un testo di
straordinario equilibrio e non mette al centro le sanzioni rispetto alla
formazione e alla prevenzione».
Maurizio Sacconi Ministro del lavoro: «Un testo, ha osservato il
Ministro, che “presenta significative ambiguità, laddove parla di
sicurezza del lavoro, che ha avuto il dissenso di tutte le 15
associazioni dei datori di lavoro. Il punto di discussione non é se
occorrano adempimenti formali e sanzioni, il punto é se esista una
soglia oltre la quale la richiesta di adempimenti formali determina una
minima attenzione”. In sostanza “una esasperata attenzione
formalistica a scapito di un atteggiamento a creare un ambiente sicuro,
tanto più in presenza di una origine comportamentale degli infortuni”.
58
La Repubblica, 29 maggio 2008 59
Sito del Governo,
72
Il ministro ha ricordato che il 50,5% degli infortuni nel Paese avviene
su strada, in itinere o svolgendo attività lavorativa.
Sono sempre più, ha sottolineato il Ministro, gli incidenti sul lavoro su
strada (il dato è in crescita anche nel 2007), mentre gli altri infortuni
sono in calo, concentrati ancora nell'economia sommersa»
Basta leggere il contenuto della delega sulle sanzioni e si perverrà alla
semplice conclusione che il legislatore della delega si è attenuto ad
una soglia minimale delle sanzioni60
.
Secondo Franco Carinci, «è evidente lo sforzo del legislatore di
realizzare, coi principi e criteri direttivi, un giusto mix tra una politica
di semplificazione, incentivazione, formazione e promozione di una
cultura della sicurezza, con particolare rimando al mondo delle micro,
piccole e medie imprese e, rispettivamente, una rivisitata politica
sanzionatoria». Ci troviamo in presenza, secondo Carinci, di «una
riformulazione e razionalizzazione dell‟apparato sanzionatorio
amministrativo e penale, che fin dalla sua battuta iniziale rivela di
muoversi all‟insegna della proporzionalità, chiamando in causa sia il
criterio soggettivo della responsabilità, sia il criterio oggettivo della
natura della violazione (sostanziale o formale)». A giudizio di Carinci
«una certa tendenza ad un‟utilizzazione più parca, più selettiva e più
60
Art. 1, co. 1, lett.f) del dlgs. 81/08.
73
graduata dell‟arresto e della stessa ammenda, è certo percepibile; ma
non sembra proprio che debba essere considerata come una caduta di
considerazione del bene della sicurezza, perché quel che conta non è
l‟astratta gravità di una sanzione, ma la sua effettività e tempestività:
anche la strumentazione sanzionatoria deve essere funzionale alla
prevenzione».
Pierluigi Rausei, Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro
all‟Università di Modena e Reggio Emilia61
, afferma che «la riforma
del quadro sanzionatorio e punitivo in materia di sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro rappresenta uno dei profili di maggiore criticità e di
più ampia discussione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 qui esaminato.
La scelta del legislatore delegato, anche a fronte della scarsa chiarezza
dei criteri orientativi della delega proprio sul piano sanzionatorio,
sembra essere quella di un atteggiamento largamente conservatore
rispetto all‟impianto sanzionatorio delineato dal D.Lgs. n. 626/1994,
con un notevole incremento dell‟impatto punitivo».
Dall‟altra parte politica assistiamo comunque a dichiarazioni, non
sempre condivisibili per esempio il Ministro del Welfare Maurizio
Sacconi, in un articolo a cura di Marco Bellinazzo, rimarca come
61
Ambiente Lavoro, febbraio 2009
74
occorra in materia di sicurezza «un approccio meno formalistico,
meno burocratico ma più orientato a investimenti nella formazione».
Sacconi non condivide la legge che affida alle Asl regionali il compito
di vigilanza ma vorrebbe portare le stesse sotto le competenze dello
Stato62
.
Sempre sullo stesso articolo vediamo che il 18 settembre 2008 il
Ministro del lavoro Maurizio Sacconi ha firmato una delibera di 15
pagine, assai fumosa: cari ispettori (suonava grosso modo così) non
accanitevi contro le aziende. Non le controllate più di una volta. E
quando vi presentate nei cantieri, nelle fabbriche, ovunque, siate meno
poliziotti e più consulenti, «cercando comunque di garantire la
continuità produttiva dell‟impresa».
L‟ultima frase è letterale: ma come fa il controllore a «garantire la
continuità produttiva» del controllato?
Il nuovo Testo Unico per essere efficace dovrà essere completato con
decreti attuativi e dovrà essere corretto in alcuni allegati tecnici. Per
tali motivi questo strumento legislativo rischia di perdere la propria
efficacia ancor prima di essere collaudato sul campo.
62
Sul sito istituzionale del Governo, ministero del Welfare
75
CONCLUSIONI
È interesse di chi scrive porre l‟accento e attirare l‟attenzione su un
aspetto oggettivamente posto in secondo piano, quello che oggi viene
conosciuto da tutti come know how e cioè: quanto, i trucchi del
mestiere dei lavoratori, il sapere che gli anziani tramandano ai
giovani, il fare una determinata cosa in sicurezza, sono tenuti in
considerazione da chi, oggi, occupa le stanze dei bottoni?
In genere i lavoratori nella fase della implementazione delle norme
non entrano negli orizzonti del legislatore come soggetti attivi
portatori di esperienze utili alla gestione dei rischi presenti nel lavoro.
Il lavoratore viene considerato prevalentemente come destinatario
passivo di misure tese alla tutela della propria incolumità e salute.
Se prendiamo in esame il D.lgs 81/2008 possiamo individuare come
all‟art.20 63
si richieda un obbligo generico di attenzione rispetto al
tema salute e sicurezza: “Ogni lavoratore deve prendersi cura della
propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul
luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni,
63
Anche in relazione a quanto era contenuto nell‟art. 4 del dpr 547/55 in cui veniva affermato che
“l‟imprenditore rende edotto il lavoratore” quasi a voler indicare la diffusione della cultura tra i
lavoratori
76
conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti
dal datore di lavoro”.
Spesso constatiamo che in alcune aziende, anche di grosse dimensioni,
molti lavoratori anziani considerino più fastidiose che utili alcune
misure di gestione della sicurezza, decise ed imposte da chi quel
lavoro non lo svolge e nella maggior parte dei casi non lo ha mai
svolto.
Ma è sempre stato così, c‟è sempre stata questa esclusione dei
lavoratori dalle decisioni in materia o la spinta delle lotte operaie del
‟68 aveva impostato una gestione della sicurezza diversa da quella
attuale?64
Secondo Francesco Carnevale, medico del lavoro e storico, «sia sul
tema della partecipazione sia sulle prospettive della prevenzione nei
luoghi di lavoro, in Europa è stato dato tutto il potere alla valutazione
dei rischi e solo adesso finalmente si vuole vedere come i lavoratori
utilizzino e partecipino a questa valutazione implementandola e
migliorandola. La valutazione dei rischi non può essere fine a se
stessa, ma deve essere vista come uno strumento, tra i tanti, finalizzato
a gestire il rischio. I lavoratori devono partecipare, alla gestione e alla
64
Resta nella storia del movimento sindacale la riunione di Rimini del ‟69 e l‟abbandono del
principio della c.d. monetizzazione del rischio.
77
valutazione dei rischi. Per riuscire ad impostare un sano lavoro,
bisogna superare i vizi ideologici che ci sono attualmente e si
presentano con diversa forza e natura».
I vizi ideologici cui fa riferimento Carnevale65
sono quelli che
inducono la parte datoriale a reputare assolutamente inutile l‟aiuto e la
collaborazione, delle volte anche il consenso, da parte dei lavoratori
stessi. Questo è un vizio molto diffuso in certe situazioni, delle volte
viene anche vantato come alibi per non far perdere tempo e non
prendere in giro i lavoratori. In effetti, è anche vero che in certe
situazioni degradate, potrebbe ricorrere una situazione di questo
genere e cioè i lavoratori alla ricerca di una partecipazione a tutti i
costi, possono introdurre degli elementi di disturbo in una corretta
gestione dei rischi.
Un altro vizio ideologico, sicuramente più diffuso del primo, è
presente soprattutto nel settore della pubblica amministrazione.
Il vizio consiste nel voler entrare mediante il Documento di
Valutazione dei Rischi nella discussione sindacale o parasindacale
rivolgendosi così a temi che con la sicurezza hanno poco a che
vedere».
65
Noto medico del lavoro, impegnato in commissioni consultive europee in materia
78
Ma cosa significa partecipazione oggi?66
Secondo Carnevale, è qualcosa di diverso da come la intendeva la
linea sindacale. «La linea sindacale è nata e maturata in un contesto
del tutto eccezionale, in una congiuntura del tutto eccezionale, in cui,
bisogna riconoscerlo, con quelle azioni direttamente o indirettamente
il livello produttivo italiano ha recuperato ritardi, di tipo tecnologico e
per la sicurezza, che erano stati accumulati negli anni. Parliamo del
periodo che va dalla metà degli anni „60 fino alla fine degli anni „70.
Attualmente, il modello impostato dalla linea sindacale non esiste più,
siamo in un sistema, di modello Europeo, assolutamente in alternativa
a quello degli anni ‟70, che vedeva come protagonisti indiscussi i
lavoratori e la loro cultura del lavoro. Il modello Europeo è tutt‟altra
cosa; è un modello in cui la partecipazione dei lavoratori è vista in
maniera molto piatta, come possibile collaborazione ai datori di
lavoro, ad un progetto che comunque è e rimane dei datori di lavoro e
dei suoi esperti. Oggi di certo, dire che bisogna chiudere con questo
modello e ricominciare da capo sarebbe affermare una sciocchezza,
perché abbiamo comunque una macchina da tenere in movimento.
66
Dobbiamo tener conto della crescita della consapevolezza dei lavoratori che non si misura nel
tasso di adesione alle OO.SS., ma a far funzionare gli organismi della partecipazione
79
Bisogna più che altro adeguare gli strumenti rispetto agli obiettivi da
raggiungere. Per fare ciò, lo strumento della valutazione dei rischi, che
era sembrato lo strumento più efficace, oggi non basta più».
L‟argomento trattato da Carnevale può essere realmente un fattore che
venendo introdotto, può migliorare i sistemi di gestione della
sicurezza.
Altre proposte, provenienti da Magistratura Democratica, vengono
elencate da Gian Carlo Caselli67
, Procuratore generale presso la Corte
d‟Appello di Torino, nella sua introduzione al libro di Diego Novelli
sulla ThyssenKrupp. Vediamole nello specifico: «Per quel che
concerne l‟organizzazione degli uffici della Procura della Repubblica
e degli uffici giudicanti penali, di primo grado, di appello e di
legittimità, l‟introduzione (a opera del CSM) di indicazioni
obbligatorie per l‟istituzione di sezioni specializzate, composte da uno
o più magistrati dotati di specifica formazione professionale in materia
ed esclusa in assoluto la possibilità di assegnazione dei relativi
procedimenti ai magistrati ordinari.
L‟obbligatorietà per i magistrati addetti a tali sezioni di un percorso
permanente di formazione specialistica, comune a tutti gli organismi
67
Nella Procura di Torino opera anche un altro magistrato impegnato su queste tematiche, il dr.
Raffaele Gauriniello
80
di vigilanza e alle sezioni di polizia giudiziaria, capace di
aggiornamenti tempestivi in caso di innovazioni legislative.
La formazione a cura del Consiglio Superiore della Magistratura, con
successiva diffusione a tutte le Procure, di protocolli d’indagine sui
reati in materia di sicurezza sul lavoro68
.
L‟istituzione presso gli enti locali territoriali di osservatori
sull’andamento della giustizia in tema di sicurezza del lavoro
composti da magistrati, dai rappresentanti delle parti collettive e dai
responsabili degli organismi pubblici di vigilanza e controllo, cui
affidare il monitoraggio dell‟andamento dei processi specialistici,
sotto il profilo sia statistico (indicativo di situazioni di pericolo) sia
della dinamica processuale».
Infine, un cenno al tema dell‟opportunità o meno di istituire una
Procura nazionale in materia di infortuni. Secondo Caselli, «una
procura nazionale con funzioni di semplice coordinamento delle varie
Procure territoriali potrebbe utilmente contribuire alla diffusione di
una miglior cultura della sicurezza, alla proposizione di modelli
organizzativi già efficacemente sperimentati, alla costituzione di una
banca dati cui potrebbero attingere tutte le istituzioni interessate.
Soprattutto, la Procura nazionale potrebbe curare la progressiva
68
Di tanto sovente si occupa il dr. Beniamino Deidda, procuratore generale della Toscana
81
specializzazione dei magistrati chiamati a occuparsi (nelle varie sedi)
di sicurezza sui posti di lavoro, specializzazione che è sicuramente
indispensabile. Non solo per i Pm, ma anche per i magistrati
giudicanti».
Forse il semplice riordino della normativa vigente non appare
sufficiente ad arrestare gli infortuni, ma come scrive il presidente
Napolitano69
, che ha fatto dell‟impegno nella sicurezza sui luoghi di
lavoro la cifra del suo settennato, le leggi e i regolamenti non bastano,
ma sono strumenti indispensabili”.
Ha ragione Franco Carinci nell‟individuare grossa parte delle cause di
infortuni, nel lavoro nero, nella mancanza di controlli e nella
mancanza di formazione.
Abbiamo visto che in effetti il numero di infortuni è in calo, siamo
infatti passati da 3744 morti avvenuti nel 1966 ad un numero di 1250
morti avvenuti nel 2007. Tuttavia, nello stesso tempo, il fenomeno in
questi anni non subisce significativi cali e si mantiene stabile.
L‟economia sommersa è tristemente presente nel nostro Paese e gli
infortuni che avvengono al suo interno sfuggono alle statistiche qui
considerate.
69
Non ci si stancherà mai di annotare la continua sollecitazione che il presidenet Napolitano
assicura alla materia
82
Anche l‟allarmismo delle Associazioni datoriali, soprattutto sul tema
delle sanzioni, non incontra riscontri oggettivi70
.
La flessibilizzazione e la precarizzazione del lavoro, siano fattori che
mettono a rischio la salute e la sicurezza non solo degli stessi
lavoratori precari ma nello stesso tempo anche di tutti gli altri
lavoratori.
Occorre un cambiamento culturale e la leva della formazione opererà
come volano di sensibilizzazione, come strumento di gestione e come
leva dei diritti dei lavoratori ed espressione della loro tutela.
70
Ambiente Lavoro, gennaio 2009
83
Capitolo terzo
ORIENTAMENTI DI GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI
SICUREZZA DEL LAVORO
E‟ tempo di operare un trait d‟union tra le norme generali sulla salute
e sicurezza del lavoro a quelle speciali che afferiscono al lavoro
marittimo.
In subiecta materia vigono norme internazionali71
, tanto è vero che il
legislatore della delega per il Testo Unico, consapevole delle
specificità, ma anche vincoli, derivanti da accordi e trattati
internazionali. Infatti l‟art. 3 comma 2 rinvia la normazione in
materia, attraverso successivi decreti da emanarsi entro il maggio
2009 (ma il termine è spirato infruttuosamente), da parte dei ministri
competenti, di concerto con i ministri del Welfare, acquisito il parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, al
fine di consentire il coordinamento tra la disciplina contenuto nel
Testo Unico alla normativa relativa alle attività lavorative a bordo
71
Norme ILO, IMO ecc.
84
delle navi di cui ai diversi decreti sui quali ci diffondiamo nel presente
lavoro.
Tanto conferma il percorso logico e sequenziale che ha ispirato e
permeato il presente lavoro che analizzando i contenuti delle norme
offrono la sintesi unitaria della legislazione in materia e le sue
esigenze di armonizzazione e coordinamento.
Al fine di poter analizzare i contenuti delle attuali norme operanti a
livello internazionale, abbiamo inteso procedere ad uno sguardo
d‟insieme sulle norme internazionali, recepite dallo Stato italiano,
sulle quali, a fronte della loro oggettiva rilevanza, svilupperemo i
contenuti e forniremo le indicazioni opportune e significative, dal
momento che tali norme non solo sono l‟unico corpus normativo in
vigore, ma anche che costituiscono la fonte giuridica operante nel
settore.
ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI
SICUREZZA DEL LAVORO
Sorge quindi, a carico del datore di lavoro e dei suoi collaboratori, un
“debito di sicurezza” che implica comunque una presunzione di
85
responsabilità civile datoriale72
in ogni caso di danno a carico del
lavoratore, salva la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure
idonee di prevenzione, comprese iniziative disciplinari e sanzionatorie
nei confronti di comportamenti ed atteggiamenti di leggerezza ed
incoscienza da parte del lavoratore come sancito dai tre principi
generali dell‟art. 2087 del c.c. oltre che dalle leggi specifiche di
settore. Il lavoratore invece dovrà dimostrare solo il danno ed il nesso
causale.
“L’IMPRENDITORE E’ TENUTO AL RISARCIMENTO DEL
DANNO PER INFORTUNI SUL LAVORO ANCHE SE
L’INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI DI SICUREZZA SIA
STATA DA LUI AFFIDATA AD ALTRA IMPRESA” – Il
dipendente deve essere informato e controllato (Cassazione Sezione
Lavoro n. 18603 del 5 dicembre 2003, Pres. Sciarelli, Rel. Vidiri).
Angelo B., dipendente della società Tecnolifts, ha subito un infortunio
mentre stava montando l‟impianto elettrico di un ascensore. Egli ha
chiesto al Giudice del Lavoro di Brescia la condanna dell‟azienda al
risarcimento del danno biologico e morale. L‟azienda si è difesa
sostenendo che l‟infortunio si era verificato perché il lavoratore aveva
72
A valere sull‟art.2087 del codice civile
86
operato stando sul tetto anziché all‟interno della cabina e che
comunque essa non poteva essere ritenuta responsabile della mancanza
dell‟apparato di fermo corsa, in quanto aveva incaricato un‟altra ditta
di provvedere alla sua installazione. Il Tribunale di Brescia ha
condannato l‟azienda al risarcimento del danno, ma la sua decisione è
stata integralmente riformata dalla Corte d‟Appello che ha escluso la
responsabilità della Tecnolifts per l‟infortunio, in quanto ha ritenuto
che l‟installazione del “fermo corsa” fosse a carico della ditta cui tale
compito era stato affidato e che il lavoratore avrebbe dovuto verificare
se questo congegno fosse in opera. Angelo B. ha proposto ricorso per
cassazione, censurando la decisione impugnata per difetto di
motivazione e violazione di legge..
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 18603 del 5 dicembre 2003,
Pres. Sciarelli, Rel. Vidiri) ha accolto il ricorso. Le norme dettate in
tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire
l‟insorgenza di situazioni pericolose – ha affermato la Cassazione –
sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti
dalla sua disattenzione ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia,
negligenza ed imprudenza dello stesso, per cui ne consegue che il
datore di lavoro è sempre responsabile dell‟infortunio occorso al
87
lavoratore, sia allorquando ometta di adottare le idonee misure
protettive sia allorquando non accerti e vigili che di queste misura
venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo
attribuirsi alcun effetto esimente per l‟imprenditore – allorquando si
sia verificato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative
prescrizioni protettive – al concorso di colpa del lavoratore. La
condotta del dipendente può, infatti, comportare l‟esonero totale del
datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri
dell‟abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento
lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell‟aticipità ed
eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell‟evento.
Nel caso di specie – ha osservato la Cassazione – la Corte d‟appello di
Brescia, nel riformare la decisione del primo giudice e nel rigettare la
domanda del lavoratore, ha considerato quest‟ultimo unico
responsabile dell‟infortunio occorsogli; in tal modo non ha tenuto in
alcun conto delle norme antinfortunistiche e, segnatamente, dell‟art. 4,
lettera b), e dell‟art. 5, ultimo comma, del d. P.R. 27 aprile 1955 n.
547, che prescrivono rispettivamente che il datore di lavoro deve
rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui essi sono esposti
nell‟espletamento della loro attività e che i macchinari ed attrezzi di
88
sua proprietà che siano usati dal lavoratore siano muniti di dispositivi
di sicurezza. La Cassazione ha anche ritenuto che la Corte d‟Appello
di Brescia sia incorsa in errore attribuendo rilevanza alla circostanza
che l‟installazione del “fermo corsa” fosse stata affidata ad un‟impresa
terza.
Nel contesto attuale – ha osservato la Suprema Corte – è sempre più
frequente il c.d. “processo di esternalizzazione” in base al quale le
imprese spesso si affidano per l‟esecuzione di opere essenziali per
l‟esercizio della loro attività produttiva, ad imprese terze e a dette
imprese affidano anche fasi e parti significative del processo
produttivo, soprattutto quando questo risulti articolato, complesso ma
nello stesso tempo agevolmente scindibile; le opere commissionate o,
più in generale, affidate a vario titolo (ad esempio attraverso appalti o
contratti d‟opera) a soggetti esterni costituiscono peraltro una fase
dell‟intero processo produttivo dell‟impresa che commissiona detti
lavori. Corollario di tutto ciò – ha affermato la Corte – è che il datore
di lavoro, quale responsabile dell‟intero processo produttivo, deve
accertare, prima di disporre la continuazione dell‟attività lavorativa da
parte dei propri dipendenti, se la condotta dei soggetti cui ha affidato
l‟esecuzione di una fase della produzione sia – in ragione di colpose
89
inadempienze, di censurabili negligenze o anche per meri fatti
oggettivi - fonte di pericolo per i lavoratori73
. Solo attraverso tale
accertamento - di particolare rilevanza proprio allorquando le opere
affidate a terzi attengano all‟apprestamento di misure necessarie per la
messa in sicurezza di tutte le fasi lavorative- il datore di lavoro deve
assolvere all‟obbligo su di esso gravante di rendere edotti i propri
dipendenti “dei rischi specifici cui essi sono esposti”. L‟imprenditore –
ha concluso la Corte – potrà ritenersi esentato dalla responsabilità al
riguardo solo ove provi di avere adempiuto al suddetto obbligo
informativo e di avere anche dotato i propri dipendenti, così come
voluto dall‟art. 5, ultimo comma, del d.P.R. n. 547/1955, dei
dispositivi di sicurezza necessari in presenza di situazioni di pericolo
che, comunque, si presentino.
Anche a fronte dunque, di un comportamento disattento, imprudente
negligente o d‟imperizia del proprio dipendente, il datore è sempre
responsabile degli incidenti sul lavoro ed inoltre, in caso di violazione
di prescrizioni delle normative antinfortunistiche, non beneficerà di
alcuna attenuante malgrado il concorso di colpa del lavoratore; può
73
La parcellizzazione e la frammentazione del lavoro è una delle cause più importanti degli
infortuni sul lavoro
90
tuttavia aversi un esonero totale di responsabilità per la parte datoriale
quando il comportamento del dipendente presenti le caratteristiche
dell‟abnormità e della imprevedibilità assoluta, da considerarsi e
valutarsi anche rispetto all‟esperienza lavorativa e all‟anzianità di
servizio del dipendente medesimo.
“Esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità penale del
datore di lavoro - Rischi conseguenti ad eventuali imprudenze e
disattenzioni dei lavoratori – rilevanza della condotta del
lavoratore - inosservanza di precise disposizioni antinfortunistiche
- la colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento -.74
”
La prevalente giurisprudenza di questa Suprema Corte è orientata nel
senso che "..le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la
funzione propria di evitare che si verifichino eventi lesivi della
incolumità, intrinsecamente connaturati alla esecuzione di talune
attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano
conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori, la
cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele..".
"..Solo se il lavoratore ponga in essere una condotta inopinabile,
imprevedibile, esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile
74
Cass. 3 marzo 1980, Sez. IV penale, sentenza nr. 1588 del 16.1.02
91
con il sistema di lavorazione oppure si concreta nella inosservanza, da
parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche, solo in questa
evenienza è configurabile la colpa dell'infortunato nella produzione
dell'evento, con esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità
penale del datore di lavoro..".
Questo “debito” di sicurezza “impone” al datore di lavoro la
consapevolezza della particolarità del lavoro della sua impresa:
conoscenze specifiche che deve avere o comunque acquisire attraverso
consulenze di esperti, al fine di costruire l‟azienda predisponendo
luoghi, attrezzature e scegliendo i collaboratori in modo da
ottimizzare sia il risultato produttivo che la tutela dei lavoratori e di
tutti coloro che potrebbero avere danni dall‟esercizio d‟impresa.
Ancor prima dell‟esperienza il datore di lavoro deve attenzione ai fatti,
con specifico riferimento agli incidenti, agli infortuni ed alle malattie
professionali del proprio settore di attività ed in particolare allo
svolgimento delle stesse nella propria realtà aziendale.
“Infortuni sul lavoro - responsabilità del datore di lavoro - sussiste
anche quando l’infortunio sia derivato da imperizia, negligenza od
92
imprudenza del lavoratore - pericolosità della macchina operatrice
- l'obbligo di predisporre adeguata protezione - esonero da
responsabilità dell'imprenditore.”75
La responsabilità del datore di lavoro in casi di infortunio occorso ad
un proprio dipendente addetto ad un macchinario pericoloso non è
esclusa anche in caso di osservanza di specifiche prescrizioni
contenute in una norma o disciplina antinfortunistica, laddove
l'infortunio stesso sia derivato non per verificarsi del pericolo previsto
dalla norma antinfortunistica e nei confronti del quale erano dirette le
prescrizioni tecniche in essa contenute, ma per effetto della specifica
pericolosità della macchina operatrice, verso cui sorge l'obbligo di
predisporre adeguata protezione, ovvero della applicazione di più
specifiche ed idonee misure di sicurezza. La normativa dettate
riguardante la prevenzione degli infortuni sul lavoro, finalizzata ad
impedire l'insorgenza di situazioni pericolose prevede la tutelare del
lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione,
ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza
dello stesso: ne consegue che il datore di lavoro e' sempre responsabile
dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le
idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste
75
Corte di Cassazione, 21.05.2002 nr. 7454
93
misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non
potendo attribuirsi alcun effetto liberatorio all'eventuale concorso di
colpa del lavoratore, per l'imprenditore che abbia provocato un
infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni;
conseguentemente si afferma che l'imprenditore e' esonerato da
responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i
caratteri dell'abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure
dell'atipicità e dell‟ eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva
dell'evento, interrompendo il nesso di causalità tra i fattori scatenanti
l‟avvenimento dannoso e il contenuto proprio dell‟attività lavorativa
dell‟infortunato.
Il datore e i suoi collaboratori devono inoltre adottare, fin dalla
progettazione d‟impresa tutti gli accorgimenti possibili per garantire
l‟incolumità dei lavoratori e ,successivamente seguire tutte le
evoluzioni tecnologiche e scientifiche del proprio settore produttivo,
in un percorso continuo di sicurezza secondo i noti criteri del nostro
diritto positivo di prudenza, diligenza e perizia.
94
La giurisprudenza ha sancito che per “aggiornamento tecnico
scientifico” è da intendersi “ ..il massimo tecnicamente possibile,
ormai in uso comune ed in proporzione alla tipologia ed alla gravità di
rischio specifica della propria attività..”.
“Inquinamento da rumore - obbligo per il datore di lavoro di
ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore
mediante le misure concretamente attuabili - i mezzi di protezione
dell'udito”76
.
Con il decreto legislativo n. 277 del 15 agosto 1991,il Governo ha dato
attuazione alle direttive C.E.E. comprese nell'elenco allegato alla
Legge 29 dicembre 1990 n. 428. Premesso che il datore di lavoro deve
ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante
l‟attuazione di tutte le misure concretamente possibili, l'art. 41 di tale
decreto legislativo, fissa talune prescrizioni (esposizione di una
appropriata segnaletica, ecc.) relative ai luoghi di lavoro che possono
comportare un'esposizione personale quotidiana superiore a 90 dBA;
l'art. 42 precisa il contenuto della "informazione e formazione" che
deve essere trasmesso ai lavoratori esposti ad un rumore superiore a 80
76
Cassazione Civile, sez.Lavoro; 7 aprile 1998, n.3582,
95
od a 85 dBA; negli artt. 43 e 44 vengono indicati i mezzi di protezione
dell'udito da fornire ai lavoratori che siano effettivamente esposti ad
oltre 85 decibel ed i controlli sanitari cui essi devono sottoporsi; e
nell'art. 45, infine (Superamento dei valori limite di esposizione), viene
stabilito che, se nonostante le misure di applicazione previste dall'art.
41, comma primo, l'esposizione al rumore risulta superiore a 90 dBA,
il datore di lavoro ha l‟obbligo di comunicare all'organo di vigilanza le
misure tecniche ed organizzative applicate, informando i lavoratori o i
loro rappresentanti. Da ciò si evince , che i così detti valori - limite di
esposizione al rumore rappresentano una soglia inaccettabile, al cui
superamento gravano sul datore di lavoro specifici oneri, e che tuttavia
l'esposizione a rumori che pur raggiungendo soglie inferiori ma
superiori, in particolare, ad 85 decibel, richiede comunque l'adozione
di adeguati mezzi di protezione e la sottoposizione del lavoratore a
controllo sanitario; è da ritenersi, in definitiva, che anche l'esposizione
ad una rumorosità inferiore ai 90 decibel sia idonea a pregiudicare
l'apparato uditivo. “..secondo quanto affermato da questa Corte in un
una fattispecie sostanzialmente analoga a quella in esame77
, può quindi
affermarsi che l'accertamento che la rumorosità lavorativa svolta non
supera i valori indicati dall'art. 45 del d.l.vo n. 277 del 19919 non può
77
Cass. 26 agosto 1992, n. 9860
96
costituire idonea fonte di valutazione della richiesta diretta ad ottenere
la prestazione prevista per la malattia professionale denunciata, ne
quindi esime il giudice dall'indagine medico - legale in ordine alla
sussistenza o meno della malattia, atteso che la tabella delle malattie
professionali contempla la sola esposizione al rischio della lavorazione
e che, del resto, la diversa capacità di resistenza di ciascun organismo
esposto al rischio non può influire sul riconoscimento della
tecnopatia.”
“Inquinamento acustico - esposizione dei lavoratori a rumori
dannosi - l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore
di lavoro - natura del reato”78
. La omessa valutazione del rischio da
rumore configura il reato di cui agli art. 40 e 50 d.lg. 15 agosto 1991 n.
277; questo ha natura permanente e la permanenza cessa con
l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore di lavoro,
ovvero con la sentenza di primo grado.
“La delega dei compiti antinfortunistici - esonero della
responsabilità del datore di lavoro – condizioni”79
.
78
Cassazione penale, sez. III, 18 febbraio 1998, n.4133 79
Cass.Penale sez. IV 4 aprile 2002, sentenza 12771
97
La delega dei compiti antinfortunistici esonera da responsabilità il
datore di lavoro, a condizione che sia inequivoca, specifica e sia
accettata dal delegato. Ovviamente, quest'ultimo deve essere fornito di
adeguati mezzi di spesa. La Corte ha, altresì, stabilito che la prova di
tali condizioni spetta al datore di lavoro.
“Violazione di norme antinfortunistiche - la recidiva quale
insuperabile ostacolo ai fini del riconoscimento delle attenuanti
generiche - il pericolo l'incolumità dei lavoratori”.
Può essere anche vero che l'unico precedente in tema di violazione di
norme antinfortunistiche sia risalente nel tempo, anche se all'imputato
è stata contestata la recidiva infraquinquennale; ma, è pur sempre un
precedente che, proprio perché attinente alla violazione delle norme
che pongono in pericolo l'incolumità dei lavoratori, la Corte di Appello
ha correttamente sottolineato ritenendolo, con assoluta ragionevolezza,
parametro negativo e, quindi, di insuperabile ostacolo ai fini del
riconoscimento delle attenuanti generiche.
98
“L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro
esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile - danno
biologico e morale - risarcimento dei danni non patrimoniali -
danno differenziale - responsabilità del datore di lavoro”80
.
L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro esonera il
datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al
lavoratore e ne limita l'azione risarcitoria al danno differenziale nel
caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità
penali ex. art. 10 DPR n. 1124/1965: in sostanza, l'assicurazione copre
il danno patrimoniale legato alla riduzione della capacità lavorativa e
non il danno alla salute o quello morale di cui all'art. 2059 C.C. che il
lavoratore, in accordo con i principi ricavabili dalle sentenze della
Corte Costituzionale n. 356 e n. 485 del 1991, può rivendicare in caso
di sussistenza dei presupposti di responsabilità del datore di lavoro.
“Mobbing - delitto di maltrattamento”81
.
Commette il delitto di maltrattamento previsto dall'art. 572 c.p. il
datore di lavoro che realizzi nei confronti di lavoratori dipendenti
80
Cassazione del 16 giugno 2001 sentenza n. 8182 81
Cassazione Penale Sezione VI, del 12 marzo 2001, sentenza n. 10090
99
ripetute e sistematiche vessazioni atte a produrre in essi uno stato di
abituale sofferenza fisica e morale.
“Obbligo di formazione dei lavoratori: rischi specifici e
comuni”82
,
La Corte di Cassazione, con la sentenza 6 febbraio 2004, n. 4870, si è
pronunciata in tema di infortunio sul lavoro, ricordando che il risalto
palesemente dato dalle norme di legge, e in particolare dall'articolo 22
del Decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, sulla necessità di
una sostanziale formazione del lavoratore sui rischi specifici non
consente al datore di lavoro di disinteressarsi dei rischi comuni
nell'ordinario svolgimento del lavoro sulla presunzione della loro
evidenza.La Suprema Corte ha ricordato, riportandosi a precedenti e
ben note pronunzie, che “..il responsabile della sicurezza deve avere la
cultura e la "forma mentis" del garante del bene costituzionalmente
rilevante costituito dalla integrità fisica del lavoratore ed ha perciò il
preciso dovere di non limitarsi ad assolvere formalmente il compito di
informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma di
82
Corte di Cassazione IV Sez. pen. - Sentenza 6 febbraio 2004, n. 4870.
100
attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano
assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro..”
“Obbligo di formazione dei lavoratori: rischi specifici e comuni.-
Lavori pericolosi.- Obbligo di intesa.- Formazione dei
lavoratori.”83
La Corte di Cassazione conferma l‟incondizionato obbligo per il datore
di lavoro di formare ed educare in modo permanente, insistente e
ripetitivo i lavoratori, tra cui a maggior ragione coloro i quali vengano
destinati ,in solitario, a lavori pericolosi.
In questa sentenza La Suprema Corte si è occupata di un infortunio
occorso ad un dipendente di una società il quale mentre caricava un
camion di altra società esterna alla quale era stato dato in appalto il
servizio di trasporto dei rifiuti, a carico ultimato, constatato che il
telone di copertura si era impigliato sulle spallate del camion, era salito
sul bordo superiore del cassone servendosi di una scaletta di cui
l‟automezzo era dotato e, ciò facendo, aveva perso l‟equilibrio
cadendo da una altezza di circa due metri e mezzo e procurandosi
83
Corte di Cassazione, sezione IV penale, 7 dicembre 2000 n. 12775, Pres. Sciuto, rel. Battisti P.M.
Murie (conf.), ric. Fornaciari.
101
lesioni personali tali da tenerlo assente dal lavoro per tre mesi. Sia il
Giudice di merito che la Cassazione, hanno addebitato alla parte
datoriale la responsabilità di non aver reso sicuro l‟accesso al cassone
mediante adeguati mezzi di sicurezza, ad esempio funi o cinture di
sicurezza, non presenti invece sul luogo di lavoro, evidenziando inoltre
che l‟iniziativa del lavoratore di issarsi fino alla sponda del cassone
dell‟automezzo per sbrogliare il telone, e per agganciarlo affinché non
volasse via nel corso del viaggio, non può definirsi “isolata e
straordinaria” (come sostento dalla difesa dell‟imprenditrice), poiché
“..si trattò di operazione certamente rischiosa, ma non eccezionale, né
imprevedibile, come tale conosciuta o doverosamente conoscibile da
parte dell‟imputata..”.Così enunciati i principi fondamentali:“..in
materia di prevenzione degli infortuni non può ritenersi eccezionale,
imprevedibile, abnorme la condotta del lavoratore, dalla quale siano
derivate lesioni personali, posta in essere nell‟esecuzione del lavoro
che gli è stato affidato. Le norme antinfortunistiche, infatti, sono
previste dal legislatore anche per prevenire le imprudenze del
lavoratore e spetta incondizionatamente al datore di lavoro di adottare i
presidi di sicurezza previsti dalla legge o suggeriti dalla migliore
ricerca tecnica del settore. E questa adozione non significa e non può
102
significare che il datore di lavoro possa limitarsi a munire il lavoratore
di quei presidi, ma significa, anche e soprattutto, che il datore di lavoro
educhi il lavoratore ad avvalersene e accerti, quindi, sia che quegli sia
“formato/educato” a servirsene, sia che sia solito a farlo, vincendo le
prevedibili pigrizie. Questa educazione, o formazione, deve essere,
inoltre, tanto più attenta e insistita allorchè il lavoratore esegua lavori
in solitudine come quello di autotrasportatore, per la esecuzione dei
quali non può ragionevolmente pretendersi che il lavoratore sia
costantemente accompagnato dal datore di lavoro o da un preposto per
imporre il rispetto delle norme antinfortunistiche..”.
Come si evince dagli esempi di giurisprudenza riportati, vera “cartina
tornasole” dello stato dell‟arte sostanziale, oltre le previsioni
normative formali, della sicurezza e prevenzione sul lavoro, e
confortati da una giusta distanza temporale, dalla loro presa in
considerazione negli ordinamenti positivi, affinché anche le esigenze
di affidabilità delle discipline statistiche ed epidemiologiche potessero
essere soddisfatte, si può oggi affermare che la rapida trasformazione
tecnologica, ma anche l‟evoluzione socioeconomica dei paesi
industrializzati del nostro continente, hanno trasformato la natura del
103
rischio infortunistico ed il quadro ambientale in cui si svolge l‟attività
lavorativa.
Da realtà aziendali con un impiantistica sempre più sofisticata e
generalmente in regola con le sempre più esigenti norme comunitarie
di sicurezza, emergono dati inquietanti , in quanto si azzera
tendenzialmente il rischio legato al “grande e gravissimo infortunio”,
per lasciare il posto ad un troppo elevato numero di micro incidenti sul
lavoro, di gravità medio-bassa al punto da non venire nemmeno
sempre classificati come infortuni, ma di costo sociale elevatissimo.
Da tutti gli studi di settore, autorevole nel nostro paese il rapporto
INAIL-CENSIS e le considerazioni elaborate dall‟Osservatorio
Statistico Attuariale dal titolo “Verso un modello partecipato di
prevenzione”, ma ormai numerosi nei paesi UE e tutti convergenti agli
stessi risultati, emerge come forte criticità ed urgente necessità una
maggiore formazione e consulenza sui rischi unitamente alla necessità
di unificazione del quadro normativo, (siamo nel nostro paese ai
dettagli sulla definitiva stesura di un testo unico in materia).
Si pone dunque una forte attenzione sui paradigmi culturali della
prevenzione e sicurezza , temi in cui disattenzione e fatalità sono
ormai diventati un luogo comune, l‟ormai più importante fattore di
104
rischio degli eventi infortunistici ma anche capro espiatorio di
motivazioni necessarie ad eventi inspiegabili.
Ad un‟analisi multidisciplinare rivolta alla comprensione di tutti i
possibili fattori e cause di questi fenomeni, impegno ad oggi costante
di tutte le organizzazioni istituzionali sul lavoro tanto dell‟Unione
Europea84
, quanto di ogni singolo Stato membro ma anche
dell‟Organizzazione Internazionale del Lavoro85
, emerge con chiarezza
che l‟attuale fenomeno infortunistico dato dal progressivo
trasferimento del rischio verso eventi lesivi di minore gravità ma di
elevato costo socioeconomico sia imprescindibilmente legato al lavoro
che cambia ed alle nuove dinamiche occupazionali.
Se ad esempio, dopo il primo momento di stupore davanti all‟inatteso
risultato, nel nostro paese, di una correlazione inversa tra rischio di
infortunio e indice di rischio sommerso, se ne considerano le possibili
cause, si scopre che nei territori ad alto indice di lavoro sommerso,
corrisponde un‟elevata incidenza di omissione di denuncie di infortuni
ed incidenti occorsi durante lo svolgimento di attività lavorative,
proprio perché prestazioni rese “in nero”.
84
dalla Commissione Europea sull‟Impiego e gli Affari sociali ed il suo Comitato consultivo per la
sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, all‟Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul posto
di lavoro 85
OIL, presso le Nazioni Unite
105
Quindi un dato appare evidente: il lungo cammino verso l‟emersione
di tutte le forme di lavoro illegale, iniziata con il “Libro Bianco”, può
ingannevolmente elevare il numero degli infortuni nelle statistiche, in
quanto “recupera” al conteggio quegli incidenti che ad oggi finivano
sotto altre cause; indubbiamente la maggiore flessibilizzazione e
deregolamentazione del mercato del lavoro ed anche l‟introduzione di
nuove forme e modelli contrattuali, comportano un inevitabile periodo
di adattamento che può disorientare prima di arrivare ad una loro
approfondita conoscenza.
C‟è comunque anche un trasferimento del rischio infortunistico verso i
soggetti più deboli del mercato del lavoro, in particolare le donne e la
spiegazione anche in questo caso riguarda fattori socioeconomici e
culturali: nell‟occupazione femminile si ricorre spesso a forme di
lavoro atipiche, con conseguente combinazione tra tempi ed orari di
lavoro e di impegni familiari tali da abbassare la soglia di attenzione e
di percezione del rischio.
Anche il sempre maggiore ricorso al lavoro individuale risulta un
fattore di criticità per la sicurezza ed il rischio infortunistico: le
trasformazioni conseguenti dalla new economy ed alle esigenze indotte
dalle dinamiche della destrutturazione del sistema di impresa, con la
106
conseguente esternalizzazione e decentramento di fasi produttive,
generano un continuo aumento del numero di ditte individuali i cui
titolari, sottoponendosi a ritmi e tempi incalzanti in funzione del
guadagno, abbassano il loro livello di attenzione aumentando così la
loro esposizione al rischio come infatti si evince dall‟elevato numero
di infortuni accaduti nella categoria.
107
Capitolo quarto
IL LAVORO MARITTIMO
“I lavoratori del mare”, mutuando l‟espressione del titolo di un
romanzo di Victor Hugo86 , rappresentano una realtà del tutto
particolare in campo occupazionale. L‟ambiente lavorativo mutevole
(il mare), il luogo di lavoro (gli ambienti e le attrezzature della nave)
e la durata dell‟esposizione a diversi agenti (che di fatto si protrae per
l‟intera durata dell‟imbarco) costituiscono peculiari fattori di rischio
per la salute degli operatori.
Le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori del mare sono state
oggetto di analisi da parte di diverse normative che, sia a livello
nazionale, comunitario e con particolare intensità in ambito globale,
con il dichiarato intento di ridurre gli infortuni mortali e di infortuni
gravi.
Tuttavia l‟approccio non si è connotato è stato in termini di
prevenzione, se non nel caso del comparto della pesca; per la restante
parte del settore marittimo (trasporto di persone, merci, ecc.) non è
86
I lavoratori del mare (Les Travailleurs de la mer) è un romanzo di Victor Hugo. L'opera è
dedicata all'isola di Guernsey, dove Hugo passò 15 anni in esilio.
108
agevole evincere una modalità di accostamento al problema, che
prevede anche l‟analisi delle cause degli infortuni e che può sfociare
in proposte nell‟ottica della limitazione dei rischi e dei danni.
I dati forniti dalle Organizzazioni Internazionali - Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL)87
, International Maritime
Organization (IMO)88
, e la Food and Agriculture Organization
(FAO)89
- e dalla Commissione europea (Direzione Generale per
l'Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità - Unità “Salute,
Sicurezza e Igiene sul Lavoro”), comunque, evidenziano che in
Europa l‟attività della pesca ha un‟incidenza di infortuni mortali
superiore a quella dell‟industria di trasformazione . Tale situazione
87 L'Organizzazione Internazionale del Lavoro è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite
che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani internazionalmente riconosciuti,
con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro in tutti i suoi aspetti. È stata la prima
agenzia specializzata a far parte del sistema delle Nazioni Unite nel 1946, ma la sua fondazione
risale al 1919 in seno alla Società delle Nazioni. Ne fanno parte 178 Stati e le lingue ufficiali sono
inglese, francese e spagnolo. Ha sede principale a Ginevra. In Italia è presente a
Torino.L'Organizzazione è comunemente conosciuta attraverso i suoi acronimi: ILO in inglese
(International Labour Organization), OIT in francese (Organisation International du Travail) e
OIL in italiano.
88 L'Organizzazione marittima internazionale, in acronimo IMO (dall'inglese International
Maritime Organization) è un'agenzia autonoma delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i
principi e le tecniche della navigazione marittima internazionale, promuovere la progettazione e lo
sviluppo del trasporto marittimo internazionale rendendolo più sicuro ed ordinato.
89
L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) è
un‟agenzia specializzata delle Nazioni Unite con il mandato di aiutare ad accrescere i livelli di
nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e
contribuire alla crescita economica mondiale. La FAO lavora al servizio dei suoi paesi membri per
ridurre la fame cronica e sviluppare in tutto il mondo i settori dell‟alimentazione e dell‟agricoltura.
Fondata il 16 ottobre 1945 a Città del Québec, Québec, Canada, dal 1951 la sua sede è stata
trasferita da Washington a Roma. Da Novembre 2007[1]
, ne sono membri 191 paesi più la
Comunità Europea.
109
suggerisce alla comunità scientifica la necessità di un
approfondimento riguardante i determinanti di questi infortuni, con
l‟obiettivo di programmare ed attuare efficaci interventi preventivi.
Con presente studio si intende analizzare i dati relativi agli infortuni
avvenuti a bordo di natanti e segnalati alle Capitanerie di Porto
secondo quanto previsto dalla normativa vigente, ossia il Decreto
Legislativo 27 luglio 1999, n. 271 - Adeguamento della normativa
sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi
mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998,
n. 485 (Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999, SO n. 151), al
fine di quantificare e determinare la gravità degli eventi accaduti ai
lavoratori del comparto marittimo.
Le analisi effettuate potrebbero consentire lo sviluppo di
raccomandazioni, indicazioni procedurali, supporti ed azioni di tipo
informativo-formativo per interventi di prevenzione mirati.
Un ruolo importante nella formazione dei futuri lavoratori marittimi
italiani è dato dall‟Accademia Italiana della Marina Mercantile90
, un
90 L'Accademia Italiana della Marina Mercantile è un istituto di formazione per personale
marittimo per la carriera di coperta o di macchina
110
istituto di formazione post-diploma IFTS indirizzato al personale
direttivo marittimo.
L'offerta formativa di base dell'Accademia si indirizza essenzialmente
ai giovani che intendano intraprendere la carriera marittima come
Capitano di Lungo Corso o come Direttore di Macchina.
L'Accademia Italiana della Marina Mercantile è un soggetto senza fini
di lucro, e i suoi corsi, cui si accede dopo una selezione, sono gratuiti,
in quanto finanziati dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Per tutti gli anni 1980 e buona parte degli anni 1990 l'armamento
italiano ha puntato, per motivi essenzialmente economici, all'utilizzo
di forza lavoro straniera a bordo delle proprie navi mercantili, finendo
così da un lato per trascurare la lunga tradizione marinara italiana,
dall'altro per chiudere le porte e disincentivare all'accesso delle
professioni marittime le giovani generazioni nazionali.
Alla lunga "l'andar per mare" è diventato un lavoro poco ambito, uno
di quei lavori che "gli italiani non vogliono più fare".
La fonte principale del personale marittimo direttivo, ossia gli istituti
scolastici a indirizzo nautico, hanno conosciuto così un graduale
declino, confermato dal fatto che una crescente quota di diplomati
111
presso queste scuole assai raramente poi intraprendeva la carriera di
ufficiale.
A complicare il quadro fu anche la fissazione di standard di legge
internazionali per il personale di bordo, che resero la preparazione
degli istituti nautici statali italiani quantitativamente insufficiente: se
da un lato la scuola forniva all'allievo tutti gli strumenti teorici
indispensabili per affrontare la professione marittima, dall'altro le
leggi richiedevano patenti, certificati ed esperienza aggiuntive, che
l'allievo doveva provvedere autonomamente ad acquisire, effettuando
corsi di formazione a pagamento di stampo internazionale riconosciuti
dai nostri ministeri.
Nel dettaglio il passaggio da diplomato nautico (allievo ufficiale) a
ufficiale può avvenire, sulla base della normativa, solo dopo aver
conseguito le patenti relative ai corsi sulla sicurezza IMO-STCW91
(STCW - Standards of training, certification and watchkeeping),
costituiti dal seguente "pacchetto formativo ":
Corso di Primo soccorso;
Corso di Sicurezza e salvataggio;
91
STCW (Standards of training, certification and watchkeeping) è una convenzione
internazionale creata da l'IMO (International Maritime Organizzation) e L'ILO (International
Labour Organization).
112
Corso di Sicurezza personale e Responsabilità sociale;
Corso di Antincendio di base;
Corso di Antincendio avanzato;
Corso di Radarista (osservatore semplice e, in taluni casi, anche
osservatore al radar elettronico).
La convenzione STCW, adottata in sede IMO nel 1978 e
completamente rivisitata nel 1995, è lo strumento normativo
internazionale che fissa gli standard di competenza professionale
propri ad ogni figura professionale e ne disciplina la relativa attività di
certificazione.
Questi corsi del “pacchetto IMO-STCW”sono particolarmente
impegnativi, ma soprattutto fuori dalla portata degli istituti scolastici
classici che solo in rari casi sono in grado di organizzare l'acquisizione
da parte degli allievi di tali patenti.
L'aspirante ufficiale di macchina o di coperta, dunque, dopo il diploma
deve provvedere autonomamente e a sue spese all'acquisizione di
questi titoli, rivolgendosi a soggetti formativi e di addestramento
privati.
113
Lo scrivente ha svolto per alcuni anni funzioni di tutoraggio ed anche
di docenza nei corsi tenuti a Taranto da un ente di formazione la
T.S.T. (Tema Safety and Training)92
.
Nel percorso formativo, insieme a queste "patenti" è indispensabile
aver effettuato almeno 18 mesi di esperienza a bordo, certificati nel
libretto di navigazione (il documento d'identità e di lavoro del
lavoratore marittimo), di cui almeno 6 come allievo ufficiale. Questi
passaggi nel tempo hanno creato uno scollamento notevole tra il
percorso scolastico e lo sbocco lavorativo, allontanando istruzione e
impresa. Da un lato infatti la necessità di specializzare la propria
formazione e l'addestramento richiede tempo e risorse economiche
significative, che non tutte le famiglie sono in grado di sostenere;
dall'altro la necessità di reperire imbarchi, che corrisponde alla ricerca
di un lavoro, ha rappresentato una notevole difficoltà per il marittimo,
specie nel momento in cui il trend delle compagnie di navigazione era
indirizzato all'imbarco di personale straniero, più conveniente dal
punto di vista economico.
92
La Tema Safety & Training Srl, costituitasi nell‟anno 2001, è una società italiana di consulenza
e formazione sulla safety and security la cui attività è rivolta ad offrire ai propri clienti assistenza
nell‟ambito della prevenzione, nell‟ottenimento delle certificazioni e a promuovere la formazione
in ogni ambito lavorativo.
114
Nel corso dei decenni, dunque, questo "vuoto formativo" è diventato
un disincentivo per i giovani a intraprendere gli studi prima e la
carriera poi nell'ambito marittimo, svuotando la flotta mercantile
italiana di quel personale professionale e ad alta caratterizzazione di
efficienza che storicamente ha sempre caratterizzato la marineria
italiana. Lo scollamento tra scuola e impresa, poi, ha determinato
anche un abbassamento evidente nello standard delle performance
qualitative espresse dalle compagnie di navigazione.
L'aspetto delle gratuità fu un elemento su cui conversero tutti i
progettisti e successivamente i soci dell'Accademia Italiana della
Marina Mercantile.
Uno degli elementi che più allontanava i giovani dalla carriera
marittima era la spesa richiesta per l'acquisizione delle patenti
richieste per legge, e gli alti costi per i corsi di specializzazione fissati
da altre strutture formative private di settore.
Su questa linea si decise di sfruttare le linee dei finanziamenti per i
corsi I.F.T.S. (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore), inventati
dal Ministero della Pubblica Istruzione con l'esplicita finalità di
115
specializzare i giovani in specifici ambiti economici, per avvicinarli in
modo concreto al mondo del lavoro.
Ufficiale di Navigazione, Sezione Coperta
Ufficiale di Navigazione, Sezione Macchina
Ufficiale Commissario di Bordo.
I periodi di riposo precedono e seguono i periodi d'imbarco, e hanno
durate variabili. I periodi di imbarco si svolgono a bordo solamente di
navi battenti bandiera italiana, per garantire all'allievo le tutele
sindacali e l'imbarco a libretto, diritti protetti dalle leggi italiane. Le
navi su cui imbarcano gli allievi sono di diverse tipologie: passeggeri,
chimichiere, gasiere, merci, traghetti.
Gli imbarchi durano in media quattro mesi, e durante l'esperienza di
lavoro a bordo l'allievo riceve il trattamento dell'allievo ufficiale,
contrattualizzato secondo il CCNL. L'esperienza a bordo viene
registrata nel "Training book", fornito gratuitamente a tutti i cadetti.
116
Capitolo Quinto
INDAGINE SULLE CAUSE DI INFORTUNIO DEI
LAVORATORI MARITTIMI
Da vari studi di settore emerge un quadro che evidenzia per i
lavoratori marittimi livelli di rischio infortunistico elevati, soprattutto
in riferimento agli eventi mortali. L‟Organizzazione Internazionale del
Lavoro (OIL) ha recentemente approvato la nuova e tanto attesa
Convenzione sul Lavoro Marittimo del 200693
nella quale vengono
riuniti ed aggiornati 68 documenti (Convenzioni e Raccomandazioni
ILO) e sono stabiliti importanti principi su salute e sicurezza dei
lavoratori marittimi, sull‟inquinamento ambientale e sull‟attività di
supervisione e coordinamento riguardanti le condizioni delle navi
anche in relazione alle operazioni che i lavoratori delle navi stesse ed i
lavoratori portuali svolgono in porto. In Italia il recepimento delle
Direttive europee di settore, avvenuto nel 1999, ha colmato un vuoto
normativo che preoccupava gli operatori della prevenzione, proprio
93
Ginevra, 23 febbraio 2006
117
perché il settore della navigazione marittima presenta caratteristiche
peculiari di rischio.
In risposta al nuovo quadro normativo, l‟Istituto Superiore per la
Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL)94
ha avviato nel 2001
un progetto di ricerca per l‟implementazione di un sistema
informativo di prevenzione nel settore marittimo, all‟interno del quale
il recupero e l‟ottimizzazione dei flussi informativi relativi agli
infortuni ed alle malattie professionali rappresentano la fase di analisi
necessaria per pianificare interventi di prevenzione, attraverso la
creazione e la divulgazione di supporti informativi e formativi diretti
ai diversi attori del sistema nazionale per la sicurezza sul lavoro.
L‟indagine che qui viene
presentata, quindi, si inserisce in questo ambito progettuale e si
prefigge di quantificare gli infortuni dei lavoratori del mare, la loro
gravità e le loro cause, in un‟ottica di prevenzione.
94 SPESL è l'acronimo di Istituto Superiore per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro, un
ente di diritto pubblico del settore della ricerca, sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro,
della Salute e delle Politiche Sociali. E' organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale
di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e
documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza
sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, del quale si
avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro,
della produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.E' focal point italiano
nel network informativo dell'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro.
118
Lo studio è basato sull‟osservazione delle informazioni contenute
nelle schede degli infortuni ricevute dalle Capitanerie di Porto e si
riferisce agli eventi avvenuti in Italia al personale marittimo nel
periodo 2007 - 2008.
L‟analisi dei dati e gli approfondimenti sulle cause degli infortuni sul
lavoro sono stati realizzati mediante procedure statistiche e condotti in
modo da dare priorità alla ricostruzione dell‟evento ed
all‟individuazione delle cause che lo hanno determinato. Si sono
applicate metodologie di statistica descrittiva, non essendo i dati
osservati un campione, ma anzi costituendo virtualmente
essi l‟universo da studiare.
Il risultato principale di questa prima analisi dei flussi informativi
provenienti dalle Capitanerie di Porto riguarda la modalità di
accadimento degli incidenti che si presenta con maggiore frequenza:
la caduta a bordo. Le cadute a bordo sembrerebbero non essere tanto
legate alle condizioni climatiche, alla forza delle onde o a fattori
riconducibili ai pericoli del mare, quanto soprattutto alla specifica
attività lavorativa svolta dal personale di bordo.
Questa osservazione evidenzia l‟importanza del fattore
“organizzazione del lavoro a bordo” nell‟ambito dei determinanti
119
degli infortuni, che troppo spesso invece vengono imputati a “cause
accidentali”. La conoscenza approfondita dei cicli lavorativi e l‟attenta
e corretta valutazione dei rischi a bordo, grazie ad un‟analisi dei
determinanti infortunistici, potranno portare alla individuazione delle
“buone pratiche”95
per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e
salute dei lavoratori marittimi.
Questa indagine sugli infortuni è stata effettuata anche grazie alla
collaborazione fornita dal Comando Generale del Corpo delle
Capitanerie di Porto che, trasmettendo anche all‟Istituto Superiore per
la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL) le schede di
rilevazione degli infortuni, ha permesso di intraprendere un processo
di ottimizzazione dei flussi di dati infortunistici del comparto
marittimo, quale supporto alla programmazione di interventi di
prevenzione e protezione.
MATERIALI E METODI
95
Riferimento alle best practies introdotte nel nuovo Codice ILO
120
La segnalazione di un infortunio di un marittimo avviene tramite
schede standardizzate disciplinate all‟art. 26, comma 2, del D. Lgs.
271/99, l‟attuale formato delle schede è quello previsto dal Decreto
Ministeriale del 30 maggio 2000, che vengono presentate alla
Capitaneria di Porto competente, (Ministero dei Trasporti e della
Navigazione - Approvazione del modello del registro degli infortuni e
della scheda di rilevazione statistica degli infortuni a bordo delle navi
mercantili e da pesca nazionali , Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24
giugno 2000). La struttura di tale scheda di infortunio è diretta
principalmente alla rilevazione specifica dell‟evento infortunistico e
delle sue conseguenze. L‟ISPESL ha sottoscritto un accordo con il
Comando Generale delle Capitanerie di Porto che prevede che tutte le
Capitanerie di Porto italiane trasmettano all‟Istituto copia delle schede
di infortunio ad esse prevenute.
L‟importanza che l‟ISPESL abbia un database costruito su queste
schede (finora poco sfruttate da un punto di vista di prevenzione)
consiste nel fatto che la scheda chiede notizie che approfondiscono
l‟evento più di quanto non facciano i dati degli archivi dell‟Istituto
Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro
121
(INAIL)96
e dell‟Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo
(IPSEMA)97
. La scheda infatti (come si desume dalla Tabella A ,
riportata nelle pagine che seguono) è composta da diverse sezioni
contenenti informazioni sul natante (tipo, armatore e nome), sul
lavoratore (ad esempio nazionalità, età e qualifica a bordo), sulle
condizioni in cui gli incidenti si sono verificati (ad esempio condizioni
del mare, posizione della nave e occupazione del lavoratore al
momento dell‟incidente), sulle caratteristiche e le conseguenze
dell‟incidente (ad esempio tipo di lesione, parte del corpo interessata e
misure adottate) ed, infine, su quelle che vengono definite le “cause”
dell‟infortunio (rappresentate da modalità come caduta a bordo per
scivolata, esplosione, attrezzature da ormeggio, ecc.).
Nella versione della scheda trasmessa all‟ISPESL, in rispetto alle
leggi sulla privacy98
, alcuni campi contenenti dati sensibili sono
96
L‟Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) è un ente
pubblico non economico italiano istituito nel 1933 con lo scopo di tutelare, dal punto di vista
assicurativo, le vittime degli infortuni sul lavoro. Nato come INFAIL (acronimo di Istituto
Nazionale Fascista per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) venne rinominato INAIL
nel 1943, dopo la caduta del fascismo. 97
L'IPSEMA, o Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo, è un ente pubblico previdenziale
che ha il compito precipuo di assicurare la tutela previdenziale, infortunistica e delle malattie
professionali ai soli dipendenti del settore marittimo. Con il D. Lgs. n. 479/1994 dalla fusione
delle tre Casse, nasce l'IPSEMA, l'Istituto di Previdenza del Settore Marittimo.
98 La legislazione sulla privacy in Italia è attualmente contenuta nella Costituzione (articoli 15 e
21), nel Codice penale (Capo III - Sezione IV) e - parzialmente - nel Decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196, intitolato Codice in materia di protezione dei dati personali e noto
impropriamente [1]
anche come Testo unico sulla privacy.Il D.Lgs 196/2003 abroga la precedente
legge 675/96, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, che
era stata introdotta per rispettare gli Accordi di Schengen ed era entrata in vigore nel maggio 1997.
122
oscurati (nome del lavoratore, dell‟armatore e della nave). Nella
pratica gli infortuni effettivamente segnalati sono quasi
esclusivamente quelli che hanno comportato uno sbarco a terra, ma si
nota che anche per i dati dei due istituti assicuratori (INAIL e
IPSEMA) sussiste lo stesso problema.
Nel periodo osservato (2007 - 2008) sono pervenute all‟ISPESL 1.114
schede infortuni. La quantità di schede, pur essendo consistente per
affrontare un primo studio statistico, rappresenta, in base alle verifiche
effettuate per il 2008, circa la metà degli infortuni avvenuti in totale,
queste sono informazioni deducibili dal numero delle Capitanerie di
Porto che non hanno mai inviato schede infortuni e dal numero delle
denunce presentate presso l‟IPSEMA nel 2008.
Potenzialmente, quindi, le schede degli infortuni dei marittimi sono
riferite a tutti gli eventi subiti dai lavoratori del mare; pur non essendo
così nella pratica, però, i dati contenuti in esse non possono essere
considerati e trattati come un campione casuale o rappresentativo: per
questo motivo l‟analisi si è basata sulla sola statistica descrittiva.
Con il tempo a tale norma si erano affiancate ulteriori diverse disposizioni, riguardanti singoli
specifici aspetti del trattamento dei dati, che sono state riassunte nel Testo Unico vigente, entrato
in vigore il 1º gennaio 2004.Sull'applicazione della normativa vigila l'Autorità Garante per la
protezione dei dati personali, istituita dalla L. 675/1996 e confermata dal Testo Unico del 2003.
124
Tabella A - Scheda di rilevazione degli infortuni dei lavoratori
marittimi. Informazioni desumibili, divise per tipologia
Fonte: elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi
IMBARCAZIONI LAVORATORE LAVORATORE INCIDENTE
INFORTUNIO
Tipo nave Nazionalità Data Natura della lesione
Armatore Qualifica a bordo Ora Zona della lesione
Nome nave Sezione Condizioni luce Causa dell’incidente
Durata abituale dell’uscita in mare
Misure adottate
Posizione nave al momento dell’incidente
Conseguenze
Tempo di permanenza al lavoro dell’infortunato al momento dell’incidente da <2h a>7h consecutive
Condizione meteorologiche: forza del vento, forza del mare
Luogo dell’incidente
Occupazione del lavoratore al momento dell’incidente
125
Le schede ricevute sono state protocollate ed archiviate mediante l‟uso
di un software di gestione di dati prodotto dall‟Istituto. Nel database
sono stati inseriti tutti i campi contenuti nella scheda ed, inoltre, un
campo relativo alla Capitaneria di Porto che ha provveduto all‟invio
della scheda stessa. Una volta archiviati i dati, si è proceduto al
trattamento degli stessi attraverso l‟applicativo statistico SPSS99
. La
prima fase del trattamento ha riguardato l‟eliminazione degli errori di
digitazione avvenuti nella fase di inserimento. Nel corso di questa
fase, sono state calcolate le distribuzioni di frequenza per tutte le
variabili e sono state ricodificate in classi le variabili riguardanti l‟ora
dell‟incidente e la parte del corpo infortunata. Successivamente,
considerato l‟alto numero di modalità all‟interno del campo “qualifica
a bordo”, si è creata la nuova variabile “qualifica” (Tabella B,
riportata nella pagina seguente),con sette modalità.
99
SPSS v. 16.0, SPSS Inc., Chicago Illinois, USA
126
Tabella B - Qualifiche a bordo. Classificazione aggregata
CLASSE QUALIFICA DETTAGLIO QUALIFICA
(in base al dato originario della qualifica a bordo)
1 Comandante Comandante, Comandante in seconda, Direttore di macchina, Capo commissario, Direttore sanitario
2 Ufficiali e Allievi 1° Ufficiale di coperta, 1° Ufficiale di macchina, 1° Commissario, 2° Ufficiale di coperta, 2° Ufficiale di macchina, 2° Commissario, 3° Ufficiale di coperta, 3° Ufficiale di macchina, 3° Commissario, Allievo uff. di coperta, Allievo uff. di macchina, Allievo commissario
3 Personale di coperta nostromo, marinaio, giovanotto di coperta, mozzo
4 Altro personale di coperta carpentiere, ottonaio, operaio di coperta, pompiere, addetto al garbage utility
5 Altro personale di macchina (sottoufficiali e comuni)
capo operaio, operaio meccanico, operaio motorista, elettricista, ingrassatore, saldatore, tubista, giovanotto di macchina
6 Altro personale di Hotel e servizi (sottoufficiali e comuni)
Maître d'hôtel, cuoco,
cambusiere, bottigliere, panettiere, pasticciere, macellaio, garzone di cucina, piccolo di cucina, lavapiatti, maestro di casa, guardarobiere, cameriere, garzone di camera, piccolo di camera, lavandaio, stiratore, assistente di ufficio, tipografo, operatore, hostess, estetista, manicure, parrucchiere, orchestrale, ginnasta ecc.
7 Personale del servizio sanitario 1° medico, 2° medico, 3° medico, Infermiere/a
Fonte: elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi
127
Le frequenze di questa nuova variabile ed il relativo incrocio con il
campo “tipo nave” hanno permesso di osservare che le qualifiche sono
fortemente legate al tipo di nave. Alla luce di questa informazione è
stato aggregato anche il campo “tipo nave” secondo il principio della
finalità di utilizzo dell‟imbarcazione (Tabella C,riportata nella pagina
che segue).
128
Tabella C - Tipo nave. Classificazione aggregata
TIPO NAVE AGGREGAZIONE
Navi per il trasporto di carico liquido Navi da carico generale Navi per il trasporto di contenitori
Navi per il Trasporto Merci
Navi da pesca Navi da Pesca
Aliscafi Navi veloci Navi traghetto Navi per il trasporto di passeggeri
Navi per il Trasporto di Persone
Rimorchiatori Rimorchiatori
Altro Altre Navi
Fonte : elaborazioni ISPESL su scheda rilevazione infortuni marittimi
129
Con queste nuove aggregazioni, si osserva che l‟82% degli infortuni
coinvolge navi dedite al trasporto di persone, alla pesca ed al trasporto
di merci. Considerata l‟alta percentuale, per ognuna di queste tre
tipologie sono state effettuate analisi di approfondimento, verificando
che l‟alta frequenza delle “cadute a bordo” è comune a tutti i tipi di
nave. In particolare, questo tipo di infortunio riguarda maggiormente i
lavoratori che hanno la qualifica di marinaio sulle navi da pesca e di
personale di hotel o di servizio sulle navi dedite al trasporto di
persone. Si è stabilito, quindi, di risalire alle principali cause che
determinano questo tipo di incidente. Con tale proposito, si è
esaminata la variabile “causa dell‟incidente”, concentrandosi sulle tre
modalità relative alle cadute (a bordo e oltre-bordo100
): per scivolata,
per ondata, per altre cause. Utilizzando le tre modalità, per ogni tipo di
nave si sono prodotte nuove distribuzioni di frequenza e nuove tavole
di contingenza tra variabili relative al lavoratore, all‟incidente e
all‟infortunio.
100
Spesso bei testi e documenti ufficiali viene utilizzato l‟acronimo MOB, dall‟inglese man over
board
130
Tabella D.1 - Analisi delle cadute a bordo e oltre-bordo.
(periodo 2007 - 2008) Tipi di navi
Variabile Modalità Trasporto persone Pesca Trasporto merci Totale
Freq % Freq % Freq. % Freq. %
Castello di prua 6 2.33 3 2.63 4 5.71 13 2.95 Ponte principale 12 4.67 47 41.23 19 27.14 78 17.69 Ponte imbarcazioni 6 2.33 1 0.88 7 1.59 Ponte comando 6 2.33 5 4.32 0 11 2.49 Altro ponte 15 5.84 6 5.32 4 5.71 25 5.67 Verricello principale 1 0.39 2 1.75 1 1.43 4 0.91 Verricelli secondari 0 0.00 1 0.88 0 1 0.23 Plancia 1 0.39 1 0.88 2 0.45 Stiva 3 1.17 2 1.75 4 5.71 9 2.04 Locali macchina 29 11.28 9 7.89 12 17.74 50 11.34 Luogo Cucina/refertorio 31 12.06 1 0.88 3 4.23 35 7.94 incidente Alloggi 33 12.84 4 3.51 4 5.71 41 9.30 Accesso nave 3 1.17 2 1.75 5 1.13 Via di fuga 1 0.39 1 0.23 Accessi/vie di
circolazione/scale 59 22.96 9 7.89
10 14.23 78 17.69
Locali chiusi 5 1.95 2 1.75 5 7.14 12 2.72 Depositi 4 1.56 0 0 4 0.91 Locali garage 16 6.23 0 0 16 3.63 Tragitto casa/lavoro 0 0.00 0 4 5.71 4 0.91 Altro ambiente di
lavoro 26 10.12 19 16.67 45 10.20
Fonte: elaborazioni ISPESL su dati Capitanerie di Porto
131
Tabella D.2 - Analisi delle cadute a bordo e oltre-bordo.
(periodo 2007 - 2008) Qualifica dell’infortunato
Variabile Modalità Trasporto
Persone Pesca Trasporto
merci Totale
Qualifica a Bordo
Freq % Freq % Freq % Freq % Comandante 10 4.37 12 12.24 8 13.79 30 7.79 Ufficiali e Allievi
17 7.42 2 2.04 13 22.41 32 8.31
Personale di coperta
56 24.45 67 68.37 24 41.38 147 38.18
Altro personale di coperta
14 6.11 4 4.08 3 5.17 21 5.54
Altro personale di macchina
29 12.66 10 10.20 9 15.52 48 12.47
Altro personale di Hotel e servizi
103 44.98 3 3.06 1 1.72 107 27.79
Fonte: elaborazioni ISPESL su dati Capitanerie di Porto
132
I risultati sono stati messi a confronto tra loro per capire se nei diversi
tipi di imbarcazione le condizioni ambientali in cui si verificano gli
incidenti sono le medesime. Ciò ha permesso di arrivare ad alcune
considerazioni utili allo studio dei pericoli e dei fattori di rischio che
possono provocare infortuni.
RISULTATI
I dati analizzati riguardano 1.194 schede di infortuni avvenuti tra il
2008 e il 2009. I dati relativi agli infortuni per tipo di nave ( Tabella
001 ) mostrano che gli incidenti avvengono con maggiore frequenza
nelle navi che trasportano persone (489 pari a 47%) catalogate come
aliscafi, navi veloci, navi traghetto o navi per il trasporto di
passeggeri, nelle navi da pesca (234 pari a 22%) e nelle navi per il
trasporto delle merci (135 pari a 13%): in queste tre tipologie di
imbarcazione si concentra l‟82% degli incidenti.
133
TABELLA 001
Per quanto riguarda le qualifiche degli infortunati, il personale di
coperta risulta essere il più coinvolto, con il suo 32% degli eventi
denunciati, seguito da altro personale di hotel e di servizio, con il
21%. La causa principale di infortunio è la caduta a bordo per
scivolata (42%), mentre la parte della nave in cui si verificano più
incidenti è il ponte principale (18%); inoltre le contusioni ed i colpi
134
(51%) sono i danni fisici più frequenti. Le lesioni riguardano
soprattutto gli arti inferiori (24%) e le mani (18%). Il 44% degli
incidenti accadono nella fascia oraria compresa tra le 6:00 e le 12:00
del mattino e per l‟80% dei casi è stata richiesta una esenzione dal
servizio maggiore di 24 ore.
La descrizione delle cause di incidente, come già indicato, si è
concentrata sulle cadute. Sommando le frequenze delle diverse cause
di caduta a bordo e oltre-bordo (per scivolata, per ondata e per altre
cause) si arriva al 55% degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi; il
restante 45% è suddiviso in altre tredici modalità, ognuna delle quali
non raggiunge il 5%. Nella tabelle riepilogativa 001 sono stati
riportati, relativamente alle cadute, i valori assoluti e percentuali delle
distribuzioni doppie degli infortuni per la variabile “tipo di nave”
accoppiata con diverse variabili ambientali e anagrafiche. Dal
confronto dei dati per tipo di imbarcazione, si riscontrano differenze
sostanziali per quanto riguarda le condizioni di luce, la posizione della
nave e l‟occupazione dell‟infortunato al momento dell‟incidente e,
inoltre, per quanto riguarda il luogo dell‟evento, l‟età e la qualifica del
lavoratore. Al contrario, non ci sono grandi discordanze relativamente
alla durata abituale dell‟uscita in mare, alle condizioni di visibilità,
135
alla forza del mare, alla forza del vento, alle ore di permanenza in
mare al momento dell‟evento ed all‟orario dell‟infortunio stesso. Nelle
navi per il trasporto di persone, i lavoratori che hanno qualifica di
“altro personale di hotel o di servizio” subisce il maggior numero di
cadute (45%). Queste avvengono per lo più in condizioni di luce
artificiale (72%) e con la nave posizionata in banchina (53%). Gli
infortuni avvengono maggiormente lungo le vie di circolazione, le
scale e gli accessi della nave (23%) durante l‟attività di camera e
cucina (35%) e coinvolgono i marittimi con età compresa tra i 16 ed i
25 anni (20%). Gli arti inferiori e la testa (cranio, viso, collo) sono le
parti del corpo più lesionate principalmente a causa di contusioni e
colpi. Nelle navi da pesca il personale di coperta è quello più
danneggiato da questo tipo di infortunio (68%). Gli incidenti
avvengono in condizione di luce viva (62%) quando la nave si trova in
navigazione (62%). Il luogo della nave più pericoloso è il ponte
principale (41%) e le incombenze più a rischio sono costituite dalle
attività lavorative che si svolgono in coperta (45%). In questo caso la
fascia di età maggiormente interessata è quella compresa tra i 45 ed i
50 anni (23%). Le zone del corpo che subiscono più lesioni sono le
136
mani e gli arti inferiori, mentre i danni più frequenti sono le
contusioni, i colpi e le fratture.
Infine, per quanto concerne le navi per il trasporto di merci, la
qualifica che subisce più infortuni è quella del personale di coperta
(41%); il luogo di incidente più frequente è il ponte principale (27%) e
la circostanza più comune è quella in cui il lavoratore si trova in
coperta (47%). Al momento dell‟incidente, la posizione della nave è
per il 50% dei casi in banchina, le condizioni sono indifferentemente
di luce viva (48%) o di luce artificiale (46%). La fascia di età più
infortunata è quella tra i 50 ed i 55 anni; le parti del corpo più
implicate sono gli arti inferiori ed i tipi di lesione maggiormente
riscontrati sono le contusioni ed i colpi.
Considerate le peculiarità delle qualifiche a bordo, il quadro che
descrive la corrispondente distribuzione degli eventi non è così
sorprendente. Ciò che invece appare più inatteso è, per tutte le
tipologie di navi, la bassa incidenza che hanno le condizioni meteo, le
condizioni del mare e l‟orario di lavoro sul verificarsi degli infortuni.
Infatti, nella gran parte dei casi (72%), la durata abituale di uscita in
mare è compresa tra zero e due giorni. Il tempo di attività continuativa
al momento dell‟infortunio, poi, spesso non supera le quattro ore
137
(79%) ed, anzi, in molti casi non eccede le due ore (40%). La presenza
di foschia è rilevata solo nel 5% degli eventi; la forza del vento è
sovente (77%) minima, cioè compresa tra 0 e 3 nodi, ed il mare non
supera forza 3 nel 76% dei casi. Infine, il 73% degli infortuni avviene
tra le 6:00 e le 18:00, che spesso, considerando le molte attività
marittime soggette a stagionalità, equivalgono a situazioni diurne, cioè
a situazioni in cui, almeno all‟esterno, l‟illuminazione è quella
naturale dell‟irraggiamento solare.
CONCLUSIONI
Gli esiti di questa analisi degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi,
basata sulle schede delle Capitanerie di Porto, sono un supporto
informativo utile al miglioramento della valutazione dei rischi a bordo
ed alla pianificazione degli interventi di prevenzione mirati a gestire i
fattori che contribuiscono a determinare gli infortuni o a modulare la
loro gravità. E‟ ovvio, comunque, che ulteriori analisi, fondate sui dati
che continuano a giungere dalle Capitanerie in modo sempre più
138
esaustivo, potranno costituire una conferma (o, al contrario, una
confutazione) di ciò che è finora emerso.
La tipologia principale degli infortuni dei lavoratori marittimi è la
“caduta a bordo”, ma, attenendosi alle informazioni contenute nel
database dell‟ISPESL, questo evento non è particolarmente correlato
né alle condizioni meteorologiche o del mare sfavorevoli né
all‟accumulo di tensione e di carico di lavoro dovuto ad una lunga
permanenza in mare o ad un orario di lavoro estenuante. Anche le
condizioni di luce non sembrano essere determinanti e, inoltre, non
emerge una chiara tendenza riguardo alle età più colpite. A proposito
dell‟età ed anche delle nazionalità più a rischio, però, non è da
escludere che i risultati siano parzialmente inficiati dalla presenza di
lavoro irregolare; si tenga presente, ad esempio, che le nazionalità dei
lavoratori infortunati è per il 64% italiana e per il 29% non dichiarata;
questo potrebbe essere un campanello d‟allarme. Per ogni nazionalità
straniera101
non si supera il numero di tre infortunati per il periodo
considerato.
Un altro dato interessante, che dovrà essere approfondito, è la
presenza di cause comuni a tutte le tipologie di navi, cioè la
circostanza che si verifichino infortuni simili pur in presenza di
101
ad eccezione di quella tunisina, che arriva a coprire il 5% dei casi
139
diverse attività lavorative a bordo; questo aspetto, però, richiede uno
studio più approfondito, che potrà essere realizzato grazie alla buona
collaborazione avviata tra l‟ISPESL e le Capitanerie di Porto, che
prevede anche un processo di ottimizzazione quantitativa e qualitativa
dei flussi di dati provenienti dalle stesse Capitanerie.
Il potenziamento della banca-dati a disposizione dell‟ISPESL
consentirà di migliorare le capacità di analisi e di valutazione dei
rischi a bordo delle navi, oltre che di implementare indirettamente
altre banche-dati dell‟ISPESL, che fungono da supporto tecnico-
organizzativo e formativo per la gestione della salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro.
Le azioni di bonifica, che possono essere intraprese per migliorare la
sicurezza degli ambienti di lavoro con attenzione particolare ai
“percorsi di trasferimento” da un ambiente ad un altro102
, e le
iniziative di informazione e formazione, rivolte ai marittimi per
sviluppare una maggiore consapevolezza dei rischi lavorativi legati
alla loro qualifica, rappresentano fondamentali misure di prevenzione
da pianificare dopo una completa e coerente valutazione dei rischi a
bordo.
102
accessi, vie di circolazione, scale, ponti.
140
A tal fine, il monitoraggio delle dinamiche infortunistiche, sviluppato
con la collaborazione del Comando Generale del Corpo delle
Capitanerie di Porto, potrà fornire utili informazioni quantitative e
qualitative.
141
Capitolo sesto
CONVENZIONE INTERNAZIONALE PER LA SALVAGUARDIA DELLA VITA UMANA IN MARE (SOLAS)
La Convenzione SOLAS, dall‟acronimo inglese di International
Convention for the Safety of Life at Sea è una convenzione
internazionale dell'Organizzazione Marittima Internazionale
(International Maritime Organization - IMO) agenzia delle Nazioni
Unite103
per il miglioramento della sicurezza marittima e la
prevenzione dell‟inquinamento derivante dalle imbarcazioni.
E‟ uno dei più importanti trattati internazionali sulla sicurezza
marittima volta a tutelare la sicurezza della navigazione mercantile,
con esplicito riferimento alla salvaguardia della vita umana a bordo.
Venne adottata per la prima volta nel 1914, dopo il gravissimo
naufragio del Titanic104
avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 aprile
103
L'Organizzazione delle Nazioni Unite (in inglese United Nations, in sigla UN; in francese
Organisation des Nations unies ; in spagnolo Organización de las Naciones Unidas; in russo
Организация Объединённых Наций; in cinese 聯合國; in arabo algis ni ,(تحدة م م ال ,ONUاألم
spesso abbreviata in Nazioni Unite, è la più importante organizzazione internazionale, in
particolare è un'organizzazione intergovernativa. 104
Il RMS Titanic era una nave passeggeri britannica della Olympic Class, divenuta famosa per la
collisione con un iceberg nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, e il conseguente drammatico
affondamento avvenuto nelle prime ore del giorno. Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic,
142
1912. La sciagura del Titanic fu uno dei primi grandi incidenti
marittimi, anche perché il primo ad essere documentato dai media e
quindi ad interessare grandi masse di persone.
L‟IMO dopo la prima convenzione del 1914, costituita invero di
poche pagine ma che mostravano una volontà di porre sotto
regolamentazione ogni aspetto della vita di bordo che potesse
comportare pericolo per la vita umana: non solo i passeggeri, ma
anche l'equipaggio, l‟organizzazione Internazionale Marittima
pubblicò successivamente una nuova versione della Convenzione
Internazionale per la Sicurezza della vita in mare, ovvero la
convenzione SOLAS del 1960.
La versione del 17 giugno 1960 entrò in vigore il 26 maggio 1965 e fu
il più grande atto di studio dell'IMO dopo la sua creazione; in tale
occasione le misure che vennero adottate palesarono la volontà di una
modernizzazione delle norme per restare al passo coi tempi, date le
nuove costruzioni e i nuovi sviluppi del mondo marittimo.
Questa fu poi rivista negli anni seguenti. L'intenzione fu quella di
mantenere la Convenzione aggiornata periodicamente attraverso una
con le sue due navi gemelle Olympic e Britannic, era stato progettato per offrire un collegamento
settimanale con l‟America, e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line.
143
serie di emendamenti105, ma di fatto tale idea si rivelò irrealizzabile,
data la lentezza del processo.
Nel 1974, per far fronte a tali difficoltà, venne approvata una nuova
versione della Convenzione, che riportava molti degli emendamenti
proposti fino a quel momento, usando la procedura del tacito accordo:
per accelerare i tempi, si dichiarò che i suddetti emendamenti
sarebbero entrati in vigore in una specifica data, a meno che una serie
di Paesi membri entro tale data non avessero opposto obiezione.
Operando in tal modo, è stata adottata una nuova convenzione che
include tutti gli emendamenti concordati fino a quella data e che, tra le
altre cose, stabilisce quindi una nuova procedura più snella, veloce ed
efficiente per apportare le correzioni alla Convenzione.
La SOLAS 1974 è stata ratificata in Italia con la Legge n. 313 del 23
maggio 1980, recante: "Adesione alla convenzione internazionale del
1974 per la salvaguardia della vita umana in mare, con allegato, aperta
alla firma a Londra il 1° novembre 1974, e sua esecuzione" e
pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 190 del 12 luglio 1980,
(Supplemento Ordinario).
105
L' emendamento è una proposta di parziale modifica di un disegno di legge in ambito
legislativo, prima che esso diventi legge a tutti gli effetti.
144
Le regole di tale Convenzione si applicano unicamente alle navi che
effettuano viaggi internazionali (escluse le navi da guerra o addette al
trasporto di truppe, le navi da carico inferiori a 500 tonnellate di
stazza lorda, le navi senza mezzi di propulsione meccanica, le navi in
legno di costruzione primitiva, le navi da diporto che non si dedicano
ad alcun traffico commerciale, le navi da pesca).
In seguito, in particolare nel 1988 fu presentato un emendamento che
aggiornò il capitolo riguardante le radiocomunicazioni e sostituì il
Codice Morse106 con il GMDSS Code107 ed è applicata dal 1992.
106
Continuous wave code - CW 107
Global Maritime Distress and Safety System
145
Capitolo settimo
SISTEMA MONDIALE DI SOCCORSO
E SICUREZZA IN MARE ( GMDSS )
La mia esperienza come tutor e di docente in alula , mi ha permesso di
conoscere in profondità un mondo con specifiche regole e con un
modello di elevata formazione alla prevenzione.
Infatti, il sistema mondiale di soccorso e sicurezza in mare, conosciuto
anche come "Sistema Mondiale di Soccorso e Sicurezza Marittimi", è
noto a livello internazionale con l'acronimo GMDSS (Global
Maritime Distress Safety System).
Il GMDSS è un sistema di comunicazioni radio con copertura
globale108
ideato e progettato per la sicurezza marittima , per
imbarcazioni e natanti , ma che al suo interno integra anche funzioni
di telecomunicazione e quindi permette anche di inviare e ricevere
messaggi in tempo reale, elaborato dall'IMO fin dal 1970, per
realizzare un sistema automatico nella gestione delle Emergenze in
108
Intendendo l‟uso di Satelliti specifici per il settore marittimo
146
mare.
Il sistema deve consentire alle autorità responsabili della ricerca e del
soccorso ed alle navi che si trovino nelle immediate vicinanze di
un'unità in pericolo , di essere informate della situazione in tempo
reale, e quindi poter intervenire con la maggiore tempestività per
salvare vite umane. Inoltre il sistema GMDSS consente, la diffusione
di messaggi urgenti per la sicurezza della navigazione in riferimento ai
fenomeni meteorologici. La nascita del sistema GMDSS non è
avvenuta immediatamente, ma come spesso accade dopo un incidente
marittimo di importanza globale, per gravità e per lo scalpore che ha
generato non solo nel settore marittimo, mi riferisco alla tremenda
sciagura del Titanic, avvenuta il 15 aprile del 1912. In realtà tutto ebbe
inizio con il codice morse ( CW ) acronimo inglese per Continuos
Wave109
, quando a partire dal 1845 le navi utilizzavano il Codice per
trasmettere le proprie chiamate d‟allarme, ma solo dopo la spaventoso
disastro del Titanic, si intuì fino in fondo la vera importanza che il
mezzo radio poteva offrire a differenza dei segnali morse.
109 Il codice Morse, detto anche alfabeto Morse, è un sistema per trasmettere lettere, numeri e
segni di punteggiatura per mezzo di un segnale in codice ad intermittenza. È stato sviluppato da
Alfred Vail nel 1835 durante la sua collaborazione con Samuel Morse nello sviluppo della
telegrafia e completato l'8 gennaio del 1838.Il codice Morse è una forma ante litteram di
comunicazione digitale
147
L‟affondamento del transatlantico suscitò un‟enorme impressione
aggravata dal fatto che altre navi sentirono il segnale Morse ma non
capirono la posizione in mare, nonostante il Titanic fosse affondato
non molto distante dalla costa. Questa fu l‟occasione per la
convocazione della prima conferenza per la “sicurezza della vita
umana in mare”. Da quel momento in poi le navi ebbero l‟obbligo di
attrezzarsi con apparati radiotelegrafici più sofisticati e le chiamate
d‟allarme e soccorso permisero immediatamente il salvataggio di
migliaia di vite. Si perfeziono la figura professionale dell‟operatore
radio che tuttavia trascorreva moltissime ore all‟ascolto per le
chiamate di soccorso. Il range delle onde medie (500 kHz)110
era
limitato così come lo era anche il numero di stazioni che si potevano
contemporaneamente ascoltare. Più di 15 anni fa l‟IMO (International
Maritime Organization presso le Nazioni Unite) cercò una via
definitiva per aumentare ed estendere la sicurezza in mare tramite
procedure e sistemi di comunicazioni radio maggiormente affidabili.
Un gruppo di esperti tracciò una convenzione internazionale sulla
“ricerca e salvataggio in mare” (con l‟acronimo inglese Search and
110
Le onde medie sono uno spettro di frequenza che spazia da 300 kHz e 3000 kHz (pari a 3
MHz).
148
Rescue Operation -SAR)111
, tramite lo sviluppo di un piano generale
di livello mondiale. Per perfezionare la ricerca e anche grazie alle
nuove tecnologie è stato necessario passare al GMDSS. Il compito
primario di questo sistema di soccorso è quello di allertare le autorità
costiere dello stato di pericolo di una nave e richiedere immediata
assistenza per il soccorso. Il centro di coordinamento al salvataggio
(dall‟acronimo inglese MRCC)112
che viene contattato ha un ruolo
chiave, ovvero coordina quindi le operazioni di ricerca e salvataggio
(SAR), mentre le navi eventualmente in zona, sono obbligate a
prestare assistenza diretta partecipando alle operazioni.
Questo assicura alle navi in difficoltà di ricevere aiuti senza alcun
ritardo e con una efficienza caratterizzata da procedure
standardizzzate che non consentono o limitano enormemente ogni
possibile errore salvando quindi il maggior numero di vite possibili, e
non da ultimo il carico della nave con tutto quello che ne comporta in
termini economici e ambientali ( si pensi alle gigantesche navi
petroliere).
111
Search and rescue ovvero Ricerca e salvataggio, spesso abbreviato come SAR, sono le
operazioni di ricerca e soccorso in montagna, forra o mare (ambiente ostile) condotte da mezzi
navali o aerei; ogni paese ha assegnate delle zone di competenza nelle quali è tenuto a fornire una
simile operatività. 112
Centrale operativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto nelle sue funzioni di
MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre).
149
Con il sistema GMDSS, perfezionato dalle varie nazioni, si è voluto
quindi superare alcune limiti nei collegamenti terrestri con
l‟introduzione di satelliti mirati esclusivamente alle comunicazioni
marittime (COSPAS/SARSAT o INMARSAT EPIRB, collegamenti
satellitari all‟Inmarsat-C )113
.
Indubbio vantaggio ad esempio nella possibilità di radiolocalizzazione
della nave in emergenza tramite sistemi di radionavigazione (GPS114
,
DGPS, Decca, Loran, ...) e altre apparecchiature d‟alta tecnologia a
bordo delle navi e barche e comprenderanno la cosiddetta stazione
GMDSS che annovera al suo interno terminali o sistemi
computerizzati, boe di radio allarme, radio satellitari,con il
caratteristico inoltro automatico di chiamate d‟allerta (Distress alert
Call ) e soccorso anche nei casi in cui l‟operatore radio non abbia
tempo o modo per mandare la chiamata SOS o MAYDAY115
,
113
Il COSPAS-SARSAT è un sistema satellitare ideato e gestito da Canada, Francia, USA e
Russia mediante il quale è possibile localizzare, con una certa precisione e tempestività (variabile a
seconda che siano utilizzati radiotrasmettitori di allarme operanti sulle frequenze di 121,5 Mhz e
243,0 Mhz o 406,025 Mhz) il vettore, sia esso terrestre, marittimo o aereo che, dotato di uno di tali
trasmettitori, si trovi in situazione di pericolo e necessiti di soccorso.
114
Il Global Positioning System (abbreviato in GPS, a sua volta abbreviazione di NAVSTAR
GPS, acronimo di NAVigation System Time And Ranging Global Positioning System), è un
sistema di posizionamento su base satellitare, a copertura globale e continua, gestito dal
dipartimento della difesa statunitense.
115 La parola mayday è utilizzata per indicare un'immediata necessità di aiuto da parte di
un'imbarcazione o di un velivolo.
In radiotelefonia, il segnale internazionale di richiesta d'aiuto consiste nell'enunciazione della
parola "Mayday", pronunciata come l'espressione francese "m'aider". In caso d'emergenza, la
150
esercitando un ruolo fondamentale nella tempistica del salvataggio.
Naturalmente l‟introduzione di queste nuove tecnologie ha
ovviamente mandato in soffitta le comunicazioni marittime in segnali
Morse, e per la maggior parte dei paesi evoluti, a partire dal 1/2/1999,
il GMDSS sarà obbligatorio su tutte le navi. Inoltre si assisterà ad altri
profondi cambiamenti. Ad esempio la conosciutissima frequenza di
2.182 kHz , utilizzata per comunicazioni in mare di qualsiasi tipo, ora
sarà riservata solo per chiamate "DISTRESS116
/SAFETY" ovvero di
emergenza e soccorso e non più "CALLING" o chiamate comuni per
le quali ne sarà assegnata una nuova.
I requisiti dei sistemi di comunicazione da installare a bordo non sono
più basati sul tonnellaggio delle navi, ma sul tipo di navigazione da
effettuare, in quanto i sistemi previsti presentano delle limitazioni
dipendenti sia dall'area geografica sia dalle prestazioni delle singole
apparecchiature.
Quindi, tutte le navi, in relazione alla zona di navigazione, devono
trasmissione di questo particolare segnale è allo scopo di assicurare riconoscimento alla chiamata
radiotelefonica d'emergenza da stazioni di ogni nazionalità.Quindi, il segnale che indica pericolo è
la parola francese "m'aider" cioè "aiutatemi", che, per esser meglio compreso anche dai non
francofoni, è stato anglofonizzato con la parola inglese "mayday".
116
Distress è forma aulica del termine stress, di cui condivide il significato. Più in dettaglio, il
termine "distress" rappresenta l'aspetto negativo dello stress, e viene contrapposto ad "Eustress"
(che rappresenta l'aspetto positivo, di stimolazione fisiologica, dello stress inteso nel senso
originario di "sindrome di adattamento").
151
essere dotate di apparecchiature ricetrasmittenti sufficienti per
comunicare nelle 4 zone chiamate Aree Marittime. Tutti i mari e gli
oceani del mondo sono stati suddivisi in 4 aree , associando ad ogni
Area Marittima delle procedure di chiamata d‟allerta diverse a
seconda dell‟area interessata. Le quattro aree sono:
Area A1: Area coperta da almeno una stazione costiera in
ascolto permanente DSC (Digital Selective Calling)117
in
VHF118. Il segnale inviato dalla nave può essere ricevuto entro
un raggio di circa 30 mg (miglia marittime) dalla stazione
costiera;
Area A2: Area coperta da almeno una stazione costiera in
ascolto permanente DSC in MF. Il segnale inviato dalla nave
può essere ricevuto entro un raggio di fino alle 250/400 mg
(miglia marittime) dalla stazione costiera;
Area A3: Area coperta da almeno una stazione costiera in
ascolto permanente DSC in MF/HF; inoltre la copertura in
quest'area viene assicurata da 4 satelliti geostazionari 117
Il DSC ( digital selective calling) è una importante funzionalità di sicurezza che può essere
presente negli apparati di trasmissione VHF marini ed opera sul canale 70. Premendo un singolo
bottone (tipicamente rosso) il sistema provvede a trasmettere l‟identificativo della barca ed anche
la posizione da cui si invia la richiesta di aiuto se lo strumento è interfacciato con un GPS.
118 VHF è l'acronimo di Very High Frequency e sta ad indicare la parte dello spettro delle onde
radio compresa tra 30 e 300 MHz
152
(INMARSAT) posti ad una altezza di 36000 km dalla superficie
terrestre e ricevono segnali da imbarcazioni che si trovino a non
più di 70° di latitudine;
Area A4: È tutta la zona che resta fuori dalle zone A1, A2, A3,
copre le zone con latitudine maggiore di 70° mediante stazioni
costiere che trasmettono in MF/HF con DSC e radiotelex.
Tutte le navi in relazione alla loro dislocazione devono disporre
degli apparati radio necessari per fare in modo che:
1. il segnale di soccorso possa essere emesso, ricevuto e rilanciato
in qualsiasi momento, in tutte le zone trasmettendo sui tre
circuiti nave-terra, nave-nave, e terra-terra:
2. le navi dislocate nelle aree entro la A2 possano emettere il
segnale di soccorso sui circuiti nave-nave, e nave-terra sulla
frequenza di 2187.5 KHz; quelle che navigano entro la A1
utilizzeranno i circuiti nave-nave e nave-terra sulla frequenza di
156.525 MHz per mezzo della DSC.
3. Le navi dislocate nelle aree A3 possano, emettere il segnale di
soccorso sul circuito nave- nave, sulla frequenza di 2187.5 KHz
, e , sul circuito nave-terra per mezzo della stazione satellitare di
153
bordo, e/o per mezzo della chiamata selettiva numerica DSC
(Digital Select Call) o a mezzo della EPIRB119
(Emergency
Position Indicating Radio beacon);
La normativa IMO prevede che le navi siano equipaggiate con i
seguenti apparati radio:
apparati VHF in grado di ricevere e trasmettere comunicazioni
in DSC sul canale 70, ed in radiotelefonia sui canali 6, 13 e 16;
apparati in ascolto continuo DSC su VHF canale 70;
risponditori Radar (SART) operanti sulla banda 9 GHz;
ricevitori di avvisi di sicurezza (nautici e meteorologici),
Navtex, sulla frequenza di 518 KHz, per le aree dove questo
servizio è operativo;
apparati di ricezione delle MSI (Maritime Safety
Information) del sistema Inmarsat EGC (Enhanced Group
Call) per le zone non coperte dal servizio Navtex;
indicatori di posizione EPIRB a funzionamento manuale ed
automatico.
119
Boa galleggiante per segnalare emergenze gravi
154
L‟introduzione di queste nuove tecnologie comporterà molto presto la
fine delle comunicazioni marittime in Codice Morse (CW) per la
maggior parte dei paesi più sviluppati.
Oggi l‟uso delle apparecchiature GMDSS è consentito solo ai
possessori del certificato generale (GOC) o del certificato ristretto di
operatore GMDSS (ROC) che vengono rilasciati previo esame nelle
sedi competenti e autorizzate dall‟IMO.
L'abilitazione all'utilizzo di apparecchiature digitali selettive prevede
una adeguata certificazione di un ministero con specifiche deleghe. In
Italia il ministero competente è il Ministero delle Comunicazioni,
tuttavia, in virtù di esami di competenza presso la sede ministeriale di
Roma, grazie a convenzioni internazionali è possibile anche convertire
(ovvero effettuare il cosidetto Endorsement) certificati emessi da stati
europei secondo standard CEPT (Conferenza Europea delle
amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni)120
.
120
La Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni, in
francese Conférence européenne des administrations des postes et des télécommunications,
acronimo CEPT, è un'organizzazione nata il 26 giugno 1959 in Francia per assolvere a compiti di
coordinamento, uniformando norme procedurali e tecniche, e di organizzazione in ambito europeo
riguardo gli standard di telecomunicazione e servizi postali.
155
Si ricordano le frequenti campagne volute dal Ministero delle
Comunicazioni e dall‟ IMO innanzitutto per verificare la capacità
degli operatori GMDSS ad utilizzare con competenza tali
apparecchiature, affinché si possano evitare utilizzi errati delle
strumentazioni che causavano numerosi falsi allarmi sul sistema
satellitare con conseguenti ripercussioni sulle procedure di soccorso e
salvataggio (SAR).
Recentemente è stata prevista l‟obbligatorietà delle apparecchiature
radio GMDSS sulle imbarcazioni e navi da diporto, attualmente la
normativa in vigore (Decreto ministeriale 21 gennaio 1994, n.232 e il
Decreto 5 ottobre 1999,n.478) non prevede tale obbligo per le navi da
pesca di piccole dimensioni. Qualora il Comandante di un'unità da
diporto decidesse, volontariamente, di installare a bordo dette
apparecchiature, egli dovrà dotarsi di apposita abilitazione GMDSS,
effettuando un corso di alcune settimane presso il Ministero delle
Comunicazioni o un centro di Formazione specializzato in questi corsi
e riconosciuto dall‟IMO e dal Ministero Italiano.
La richiesta di un titolo GMDSS proviene dall'IMO-STCW e
non è nei poteri delle singole nazioni aderenti modificarne le
regole.
156
L'esame per il GMDSS "Global Maritime Distress and Safety
System" è un esame molto complesso e necessita inoltre di una
cultura generale minima di base e di una buona conoscenza
della lingua inglese.
Le navi sono "equipaggiate" a seconda del range di navigazione,
indipendentemente dalla loro stazza, in quattro tipologie:
Il DSC è parte integrante del GMDSS (secondo le CCIRR Rec. 493-6,
541-5) essendo sostanzialmente un sistema di "chiamate selettive"
delle navi e il relativo riconoscimento da parte della stazione costiera.
Infatti ogni "chiamata" consta di un pacchetto dati digitale in una delle
quattro tipologie previste: Distress, Safety, Routine o Urgency.
I messaggi „Distress‟ sono trasmessi in automatico a tutte le stazioni
nelle bande marittime: MF (2187.5 kHz), HF (4207.5, 6312, 8414.5,
12577, 16804.5 kHz), VHF (Ch.70 - 156.525 MHz).
Le informazioni contenute nel pacchetto dati DSC coprendono:
il proprio numero identificativo MMSI121
il numero MMSI del destinatario (o più di uno nel caso di
chiamate collettive) 121
Acronimo dall‟ inglese Maritime Mobile Service Identities
157
la propria posizione geografica
la richiesta di una frequenza e modo d‟emissione per continuare
la comunicazione. Il DSC serve per stabilire un primo contatto
iniziale scegliendo successivamente la frequenza e il modo
d‟emissione (fonia, fax) per far seguire il traffico vero e proprio.
la tipologia della chiamata (Distress, Safety, Routine, Urgency),
nel caso specificando anche il tipo di emergenza. Queste sono
trasmesse secondo la tipologia FEC con correzione d‟errore,
verificando inoltre l‟integrità di ogni pacchetto tramite un
"check sum" dei dati ricevuti. Il modo d‟emissione è l‟F1B (o
J2B) a 100 Baud in banda MF/HF e 1200 Baud in VHF.
Più in dettaglio il numero identificativo MMSI è rappresentato da un
codice di nove numeri assegnato univocamente a ogni stazione. Tre
numeri identificano i paesi di appartenenza o MID e sono posizionati
diversamente a seconda si tratti di:
navi (MIDxxxxxx) stazioni costiere (00MIDxxxx)
----------------------------------------------------------
218.. GERMANIA 00211.. GERMANIA
232.. INGHILTERRA 00237.. GRECIA
158
Per le stazioni costiere il seguente schema è di esempio per la
Germania:
MMSI Stazione (MRCC associato)
-----------------------------------------------------
002114200 Norddeich Radio (MRCC Bremen)
002114300 Elbe Weser Radio (MRCC Bremen)
002114400 Keil Radio (MRCC Bremen)
002114500 Rugen Radio (MRCC Bremen)
I messaggi DSC, possono essere indirizzati a tutte le stazioni o,
contrariamente alle tradizionali chiamate in fonia, ad alcune in
particolare utilizzando il loro proprio codice di chiamata selettiva. I
possibili destinatari possono essere:
una nave specifica o una stazione costiera
i mezzi in una specifica area geografica
un gruppo specifico (es. Guardia Costiera)
Il ricevitore DSC "seleziona" automaticamente le varie chiamate
trasmesse on-air esaminando l‟MMSI, l‟area geografica e la tipologia
di chiamata allertando l‟operatore radio o il personale incaricato
solamente se la chiamata è diretta alla propria unità. Si elimina quindi
159
la necessità di monitorare costantemente gli apparati radio o, in caso
di piccole imbarcazioni, di avere personale specifico a bordo.
Il NAVTEX è un altro sistema facente parte del GMDSS e consiste
nella trasmissione di avvisi per la navigazione, dati meteorologici e
informazioni urgenti ai naviganti. I dati sono trasmessi dalle varie
stazioni costiere principalmente in lingua inglese a determinati minuti
ogni 4 ore. Il modo d‟emissione è il SITOR-B (con correzione
d‟errore). Le trasmissioni sulla frequenza mondiale di 518 kHz,
possono tranquillamente coprire un range di circa 400 miglia marine,
ma in caso di problemi di ricezione, dovuti a forti rumori statici, esiste
anche la frequenza 4209,5 kHz.
Ogni messaggio NAVTEX, della durata di 10/15 min., è preceduto da
blocco di 4 caratteri (2 lettere più 2 numeri) secondo il seguente
schema ed esempi: zczc (inizio messaggio) t (ID stazione) a
(Categoria messaggio) 10 (n°messaggio)
L‟IDENTIFICATIVO della stazione è costituito da una singola lettera
che serve al ricevitore di bordo per far "accettare" o meno i messaggi
provenienti da una certa zona. Tuttavia l‟ID può esser uguale anche ad
altri trasmettitori che devono però essere situati in aree geografiche
160
diverse per non causare errate ricezioni da due stazioni
contemporaneamente. Nell‟area mediterranea si possono facilmente
ricevere :
ID Nazione Stazione (orario di trasmissione in UTC)
------------------------------------------------------------------
F Azzorre Horta (0050,0450,0850,1250,1650,2050)
T Belgio Ostenda (0248,0648,1048,1448,1848,2248)
I Canarie Las Palmas (0120,0520,0920,1320,1720,2120)
M Cipro Troodos (0200,0600,1000,1400,1800,2200)
A Francia Corsica (0000,0400,0800,1200,1600,2000)
W Francia La Garde (0340,0740,1140,1540,1940,2340)
K Grecia Kerkyra (0140,0540,0940,1340,1740,2140)
H Grecia Iraklion (0110,0510,0910,1310,1710,2110)
S Inghilterra Niton (0018,0418,0818,1218,1618,2018)
O Malta (0220,0620,1020,1420,1820,2220)
P Olanda CG Ijmuiden (0348,0748,1148,1548,1948,2348)
D Spagna Coruna (0030,0430,0830,1230,1630,2030)
G Spagna Tarifa (0100,0500,0900,1300,1700,2100)
X Spagna Valencia (0350,0750,1150,1550,1950,2350)
161
La CATEGORIA MESSAGGI è composta da diverse tipologie
d‟avvisi che possono essere selezionati sul ricevitore di bordo a
seconda della loro importanza, mentre altri invece, sono stampati
automaticamente (*). Dall‟ultimo aggiornamento del 1/5/95 esse
comprendono:
A - Avvisi per la navigazione (*)
B - Avvisi meteo (*)
C - Avvisi sui ghiacci
D - Informazioni SAR (*)
E - Previsioni meteo
F - Messaggi di servizio per i piloti
G - Messaggi DECCA
H - Messaggi LORAN
I - Messaggi OMEGA
J - Messaggi SATNAV (es. GPS)
K - Altri messaggi, oltre a quelli dei gruppi G/J
V - Altri messaggi, oltre a quelli del gruppo A
Z - nessun messaggio
162
Come in ogni sistema, dove nuove tecnologie vanno ad impattare con
le precedenti, rimangono ancora molti punti e questioni "scottanti". La
data del 1/2/1999 è molto vicina e la situazione a livello mondiale non
è delle migliori. Innanzitutto la figura del radio-operatore vedrà
compromessa fortemente la propria posizione verso sistemi
computerizzati. Da mesi i marconisti italiani discutono e conversano
via radio sulle sorti della loro categoria e sull‟aggiornamento tecnico
necessario alle loro mansioni. Attualmente la diffusione globale di
sistemi GMDSS completi è bassissima. Alcuni paesi europei contano
poche navi totalmente equipaggiate e a livello mondiale la percentuale
di flotte già "convertite" è molto lontana dai piani di attuazione.
Inoltre si dovranno ancora effettuare importanti implementazioni e
correzioni al sistema ad esempio contro le "false chiamate". Era molto
alta la percentuale di avvisi e chiamate di tipo "distress" accidentali e
involontarie dovute solamente ad un tasto premuto per sbaglio! Per
questo motivo gli apparecchi usciti in questi anni hanno un piccolo
sportellino che copre il tasto Distress e evita ogni involontario
allarme.
Il continuo monitoraggio radio ha evidenziato in questi ultimi mesi
alcuni aspetti interessanti:
163
una media di 4/5 DSC ogni ora (e specialmente di giorno)
i messaggi sono stati quasi sempre del tipo ROUTINE con
pochi altri casi
la tipologia di chiamata è stata al 50% tra nave-nave e nave-
stazione costiera
Pertanto ci saranno ancora buone possibilità di dx sulle bande
marittime per diverso tempo e il tanto amato codice morse, ascoltato
per decenni dai luoghi più esotici della Terra…
Ecco le frequenze "all-mode" per avvicinarsi subito all‟GMDSS:
Tipo Frequenza
----------------------------------------------------------------------
DSC: 2187.5, 4207.5, 6312.0, 8414.5, 12577.0, 16804.5 kHz,
in VHF 156.525 MHz
NBDP: 2174.5, 4177.5, 6268, 8376.5, 12520, 16695 kHz
NBDP/FEC: 490, 518, 4209.5, 4210, 6314, 8416.5, 12579, 16806.5,
19680.5, 22376, 26100.5 kHz
Fonia: 2182, 3023 (*), 4125, 5680 (*), 6215, 8291, 12290, 16420
kHz,
121.5, 123.1, 156.3, 156.650, 156.8 MHz,
164
1.530-1.544, 1.626,5-1.645,5 GHz
EPIRB: 121.5, 243, 406-406.1 MHz,
1.544-1.545, 1.645,5-1646,5 GHz
SART: 9.2-9.5 GHz
Zattere di salvataggio:
-----------------------
in fonia tra 156 e 174 MHz e sempre su 156.8 MHz.
DSC nel range 1605-2850 kHz, per trasmettere a 2187.5 kHz;
4000-27500 Khz per trasmettere a 8414.5 Khz;
156-174 MHz, per trasmettere a 156.525 MHz.
(*) Frequenze aeronautiche usate per intercomunicazioni
tra stazioni mobili e terrestri in operazioni SAR
165
Sigle ed abbreviazioni utilizzate nel testo:
COSPAS sistema SARSAT russo
CW Codice Morse (Continuos Wave)
D&S Distress and Safety
DSC Digital Selective Calling (variante del Sitor-B)
EPIRB Emergency Position Indicating Radio Beacon
FEC Forward Error Correction
GMDSS Global Maritime Distress and Safety System
GPS Global Positioning System
IMO International Maritime Organization
INMARSAT International Marine Satellite
MID Maritime Identification Digits
MMSI Maritime Mobile Service Identity
MRCC Maritime Rescue Coordination Centre
NAVTEX Navigational Telex
NBDP Narrow Band Direct-Printing
SAR Search and Rescue
166
SARSAT Search and Rescue Satellite Aided Tracking
SART Search and Rescue Transponder
Capitolo ottavo
REGOLAMENTO CE N. 725-2004 DEL 31-3-2004, GAZZETTA
UFFICIALE DELL' UNIONE EUROPEA L 129/6 DEL 29
APRILE 2004. IL MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA
DELLE NAVI E DEGLI IMPIANTI PORTUALI.
Il Regolamento (CE) N. 725/2004 mira a migliorare la sicurezza delle
navi e degli impianti portuali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'
UE L 129/6 del 29 aprile 2004 il Regolamento(CE) N. 725/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004.
Obiettivo principale del regolamento è l' introduzione e l' applicazione
delle misure comunitarie finalizzate a migliorare la sicurezza delle
navi adibite al commercio internazionale ed al traffico nazionale,
nonché dei relativi impianti portuali, contro le minacce di azioni
167
illecite intenzionali , come gli atti di terrorismo, gli atti di pirateria122
,
divenuti recentemente piuttosto frequenti o altri atti dello stesso tipo e
portata. Nel trasporto di merci contenenti sostanze particolarmente
pericolose, come le sostanze chimiche e radioattive, i pericoli causati
da azioni illecite intenzionali possono avere gravi conseguenze per i
cittadini e per l' ambiente dell' Unione Europea.
Il regolamento intende inoltre fornire una base per l'interpretazione e
l'applicazione armonizzate e per il controllo comunitario delle misure
speciali per migliorare la sicurezza marittima adottate dalla
Conferenza diplomatica dell' organizzazione marittima internazionale
(IMO) il 12 dicembre 2002, alcuni emendamenti alla Convenzione
internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare
(definita anche Convenzione SOLAS), nonché un Codice
internazionale per la sicurezza delle navi e degli impianti portuali
(cosiddetto Codice ISPS123
, il Codice internazionale per la sicurezza
delle navi e degli impianti portuali dell'IMO).
122
Pirateria è il termine che indica l'attività di quei marinai denominati pirati che, abbandonando
per scelta o per costrizione la precedente vita sui vascelli mercantili, abbordano, depredano o
affondano le altre navi in alto mare, nei porti, sui fiumi e nelle insenature. 123
Il nuovo Codice per la Security per le navi e le strutture portuali nel mondo contiene in
dettaglio i requisiti di Security per i Governi, le Autorità portuali e le società armatrici nella
sezione obbligatoria – chiamata “A” insieme ad una serie di linee-guida (non obbligatoria)
relativa ad ottenere tali requisiti e denominata “B”. La stessa Conferenza ha altresì adottato una
serie di risoluzioni ispirate ad aumentare l‟importanza agli emendamenti ed incoraggiare
l‟applicazione di tali norme alle navi, alle attrezzature portuali e tracciare la strada per futuri lavori
sull‟argomento.
168
Essi costituiscono degli idonei strumenti tesi a migliorare la sicurezza
delle navi adibite al commercio internazionale e dei relativi impianti
portuali, comprendono disposizioni di natura obbligatoria, di alcune
delle quali dovrà essere precisata l' efficacia nella Comunità e
disposizioni con valore di raccomandazione , alcune delle quali - con l'
adozione del Regolamento - vengono rese obbligatorie.
In relazione al traffico marittimo internazionale, gli Stati membri sono
impegnati ad applicare integralmente, entro il 1° luglio 2004, le
misure speciali previste dalla Convenzione SOLAS e la parte A del
Codice ISPS, secondo le modalità e nei confronti delle navi, delle
società e degli impianti portuali prescritti dagli strumenti citati.
Per quanto riguarda il traffico marittimo nazionale, gli Stati membri
devono applicare, entro il 1° luglio 2005, le misure speciali per
migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS e della
parte A del Codice ISPS, nella versione adottata dalla Conferenza
diplomatica internazionale IMO il 12 dicembre 2002, alle navi
passeggeri di classe A ai sensi dell' art. 4 della direttiva 98/18/CE del
Consiglio, del 18 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di
sicurezza per le navi passeggeri, adibite al traffico nazionale nonché
Tutto ciò premesso, vediamo ora di analizzare come e che cosa comporterà per gli utenti,
intendendo per essi: i naviganti, gli Armatori e le aziende portuali.
169
alle loro società, quali definite alla Regola IX/1 della Convenzione
SOLAS, ed agli impianti portuali che ad esse prestano servizi.
Dopo una valutazione obbligatoria dei rischi per la sicurezza, entro il
1° luglio 2007, gli Stati membri dovranno decidere in che misura
applicare le disposizioni del Regolamento alle varie categorie di navi
che effettuano il servizio locale, alle loro società e agli impianti
portuali che ad esse prestano i servizi.
Le decisioni prese dovranno essere notificate alla Commissione
europea a intervalli non superiori a cinque anni.
Ai fini del Regolamento, la Regola 11 ( accordi di sicurezza
alternativi) delle misure speciali per migliorare la sicurezza marittima
della Convenzione SOLAS può applicarsi anche al traffico marittimo
intracomunitario di linea effettuato su rotte fisse che fanno uso di
impianti portuali associati.
Inoltre, sulla medesima lunghezza d‟onda, mette conto rilevare che il
successivo regolamento europeo (N. 884/2005 –CE , della
commissione del 10 giugno 2005 ) ha istituito una nuova procedura
per lo svolgimento di ispezioni della Commissione nel settore della
sicurezza marittima .
Tale norma ribadisce, con la dovuta evidenza quanto segue:
170
“È opportuno garantire in permanenza la sicurezza dei trasporti
marittimi della Comunità europea, quella dei cittadini che fanno uso di
detti trasporti, nonché la sicurezza dell'ambiente dinanzi alla minaccia
di azioni illecite intenzionali, come gli atti di terrorismo, gli atti di
pirateria o altri atti dello stesso tipo. Nel trasporto di merci contenenti
sostanze particolarmente pericolose , come le sostanze chimiche e
radioattive, i pericoli causati da azioni illecite intenzionali
possono avere gravi conseguenze per i cittadini e per l'ambiente
dell'Unione”.
Inoltre la Conferenza diplomatica dell'Organizzazione marittima
internazionale (IMO) ha adottato, il 12 dicembre 2002, alcuni
emendamenti alla Convenzione internazionale del 1974 per la
salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS), nonché
un Codice internazionale per la sicurezza delle navi e degli impianti
portuali (Codice ISPS). Questi strumenti, che sono intesi a migliorare
la sicurezza delle navi adibite al commercio internazionale e dei
relativi impianti portuali, comprendono disposizioni di natura
obbligatoria, di alcune delle quali dovrà essere precisata l'efficacia
nella Comunità e disposizioni con valore di raccomandazione, alcune
171
delle quali dovranno essere rese obbligatorie all'interno della
Comunità.
Ferma restando la normativa degli Stati membri nel settore della
sicurezza nazionale e delle misure che possono essere adottate sulla
base del titolo VI del Trattato sull'Unione europea, è opportuno che il
conseguimento dell'obiettivo di sicurezza di cui al considerando n. 2
avvenga tramite l'adozione di misure idonee nel settore della politica
del trasporto marittimo, definendo norme comuni relative
all'interpretazione, all'applicazione ed al controllo all'interno della
Comunità delle disposizioni adottate dalla Conferenza diplomatica
dell'IMO il 12 dicembre 2002. Per l'adozione delle modalità di
applicazione dettagliate è opportuno delegare alla Commissione le
necessarie competenze di esecuzione.
Inoltre il Regolamento concorre a rispettare i diritti fondamentali e ad
osservare i principi riconosciuti, in particolare dalla Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea.
Infatti il Regolamento sottolinea come “La sicurezza dovrebbe essere
rafforzata non solo per le navi adibite al traffico marittimo
internazionale e per gli impianti portuali che ad esse forniscono
servizi, ma anche per le navi che effettuano servizi di linea in traffico
172
nazionale in seno alla Comunità e per i relativi impianti portuali; in
particolare dovrebbe essere rafforzata la sicurezza delle navi
passeggeri a motivo dell'elevato numero di vite umane che questo tipo
di traffico espone a rischi.
Per contribuire alla realizzazione dell'obiettivo riconosciuto e
necessario di promuovere il traffico marittimo intracomunitario a
corto raggio, è opportuno che gli Stati membri vengano invitati a
concludere, in relazione alla Regola 11 delle misure speciali per
migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS, gli
accordi riguardanti le disposizioni in materia di sicurezza per il
traffico marittimo intracomunitario di linea su rotte fisse che fanno
uso di impianti portuali associati specifici, senza per questo
compromettere il livello generale di sicurezza auspicato.
Per gli impianti portuali situati in porti che solo occasionalmente
forniscono servizi al traffico marittimo internazionale potrebbe
risultare non proporzionato applicare in via permanente il complesso
di regole di sicurezza previste dal presente regolamento. Gli Stati
membri dovrebbero determinare, in base alle valutazioni di sicurezza
che effettueranno, i porti interessati e le misure alternative atte a
garantire un livello di protezione adeguato”.
173
Viene poi ribadito nel Regolamento che “gli Stati membri dovrebbero
sottoporre ad un attento controllo dell'osservanza delle norme di
sicurezza le navi di qualunque origine che intendono entrare in un
porto della Comunità.
Come effetto di tale disposizione si apprezza come lo Stato membro
interessato dovrebbe designare una «autorità competente per la
sicurezza marittima» incaricata di coordinare, attuare e controllare
l'applicazione delle misure di sicurezza prescritte dal presente
regolamento in relazione alle navi ed agli impianti portuali. Tale
autorità dovrebbe esigere da ogni nave che chieda di entrare in un
porto di fornire anticipatamente le informazioni riguardanti il suo
certificato internazionale di sicurezza ed i livelli di sicurezza ai quali
sta operando ed ha in precedenza operato, come pure qualunque altra
informazione pratica relativa alla sicurezza”.
Inoltre è importante rilevare come “ controlli di sicurezza nel porto
possono essere effettuati dalle autorità competenti per la sicurezza
marittima degli Stati membri, ma anche, per quanto concerne i
certificati internazionali di sicurezza, dagli ispettori che operano ai fini
del controllo da parte dello Stato di approdo, quale previsto dalla
direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995 relativa
174
all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la
prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a
bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano
nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello
Stato di approdo). Occorre quindi prevedere la complementarità delle
autorità qui richiamate qualora tali operazioni non vengano compiute
dalla stessa autorità. Stante l'esistenza di una pluralità di soggetti
competenti per l'applicazione delle misure di sicurezza, ciascuno Stato
membro dovrebbe designare un'unica autorità competente
responsabile del coordinamento e del controllo, a livello nazionale,
dell'applicazione delle misure di sicurezza del trasporto marittimo. Gli
Stati membri dovrebbero predisporre i mezzi necessari ed elaborare un
piano nazionale per l'applicazione del presente regolamento allo scopo
di conseguire l'obiettivo di sicurezza descritto al considerando n. 2, in
particolare attraverso un calendario di applicazione anticipata di talune
misure, secondo le indicazioni della risoluzione 6 adottata il 12
dicembre 2002 dalla Conferenza diplomatica dell'IMO. È necessario
che l'efficacia dei controlli sull'applicazione di ciascun sistema
nazionale sia oggetto di ispezioni effettuate sotto la supervisione della
Commissione.
175
L'applicazione effettiva ed uniforme delle misure di tale politica
solleva importanti questioni connesse agli aspetti del suo
finanziamento. Il finanziamento di talune misure addizionali di
sicurezza non deve portare a distorsioni della concorrenza. Al
riguardo, la Commissione dovrebbe avviare immediatamente uno
studio (dedicato in particolare alla ripartizione del finanziamento tra le
autorità pubbliche e gli operatori, fatta salva la ripartizione delle
competenze tra gli Stati membri e la Comunità europea) e sottoporre
al Parlamento europeo e al Consiglio i risultati e le eventuali proposte,
se opportuno. Poiché gli scopi del presente regolamento, ossia
l'introduzione e l'applicazione di misure utili nel settore della politica
dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura
sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della
dimensione europea del presente regolamento, essere realizzati meglio
a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio
di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato”.
Il Regolamento, ovviamente, si limita a quanto è necessario per
conseguire tali scopi, in ottemperanza al principio di proporzionalità
enunciato nello stesso articolo.
176
Per quanto riguarda il traffico marittimo internazionale ,intendendo
cosi qualunque collegamento marittimo via nave tra un impianto
portuale di uno Stato membro e un impianto portuale situato fuori di
tale Stato membro o viceversa gli Stati membri applicano
integralmente, entro il 10 luglio 2004, le misure speciali per
migliorare la sicurezza marittima della Convenzione SOLAS e la parte
A del Codice ISPS, secondo le modalità e nei confronti delle navi,
delle società e degli impianti portuali prescritti dagli strumenti
suddetti.
Per quanto riguarda il traffico marittimo nazionale, ovvero qualunque
collegamento via nave effettuato nelle zone marittime tra un impianto
portuale di uno Stato membro e lo stesso impianto portuale o un altro
impianto portuale di tale Stato membro gli Stati membri applicano,
entro l‟ 1 luglio 2005, le misure speciali per migliorare la sicurezza
marittima della Convenzione SOLAS e della Parte A del Codice ISPS,
nella versione adottata dalla Conferenza diplomatica internazionale
dell'IMO il 12 dicembre 2002, alle navi passeggeri di classe A ai sensi
dell'articolo 4 della direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo
1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da
passeggeri, adibite al traffico nazionale nonché alle loro società, quali
177
definite alla Regola IX/1 della Convenzione SOLAS, ed agli impianti
portuali che ad esse prestano servizi.
Gli Stati membri decidono, dopo una valutazione obbligatoria dei
rischi per la sicurezza, in che misura applicano, entro l‟1 luglio 2007,
le disposizioni del presente regolamento alle varie categorie di navi
che effettuano servizio nazionale diverse da quelle di cui al paragrafo
2, alle loro società e agli impianti portuali che ad esse prestano servizi.
Il livello globale di sicurezza non dovrebbe essere compromesso da
una decisione di questo tipo.
Gli Stati membri notificano alla Commissione le decisioni adottate
nonché le loro revisioni periodiche che devono effettuarsi a intervalli
non superiori a cinque anni.
Queste revisioni periodiche sono effettuate anche dal «punto di
contatto per la sicurezza marittima», un organismo nominato da ogni
Stato membro per fungere da punto di contatto per la Commissione e
gli altri Stati membri per l'attuazione, il controllo e l'informazione
sull'applicazione delle misure di sicurezza marittima definite nel
presente regolamento.
178
Altro organismo competente in materia è “l‟autorità per la sicurezza
marittima”124
, nominata da uno Stato membro per coordinare, attuare e
controllare l'applicazione delle misure di sicurezza definite dal
presente regolamento in relazione alle navi e/o ad uno o più impianti
portuali.
124
Le gravi conseguenze dovute all'inquinamento delle acque e delle coste europee che hanno
provocato gravi conseguenze negli ultimi anni ha spinto le istituzioni europee ad istituire l'Agenzia
europea per la sicurezza marittima - EMSA - che è stata istituita con regolamento CE n.1406/2002
del 27 giugno 2002.
179
APPENDICE LEGISLATIVA
Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 271
"Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle
navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999 - Supplemento Ordinario n. 151
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 31 dicembre 1998, n. 485, concernente delega al Governo in materia di sicurezza del
lavoro nel settore portuale marittimo;
Vista la legge 16 giugno 1939, n. 1045, inerente le condizioni di igiene ed abitabilita' degli
equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali;
Vista la legge 2 agosto 1952, n. 1305, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni
internazionali del lavoro n. 68 sul servizio di alimentazione a bordo delle navi e n. 69 concernente
il diploma di capacita' professionale dei cuochi di bordo;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni
internazionali del lavoro n. 109 relativa alla durata del lavoro a bordo e gli effettivi
dell'equipaggio, n. 134 sulla prevenzione degli infortuni della gente di mare e n.139 sulla
prevenzione ed il controllo dei rischi professionali causati da sostanze ed agenti cancerogeni;
Vista la Convenzione di Londra sulla salvaguardia della vita umana in mare di cui alla legge 23
maggio 1980, n.313, e successivi emendamenti di seguito denominata Convenzione Solas;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 158, inerente la ratifica ed esecuzione delle convenzioni
internazionali del lavoro n. 92 e n. 133 sugli alloggi dell'equipaggio a bordo delle navi;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 159, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione
internazionale del lavoro n.147 relativa alle norme minime di sicurezza da osservare sulle navi
mercantili;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, concernente
regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, inerente attuazione di direttive comunitarie
riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, e
successive modificazioni ed integrazioni;
180
Visto il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, inerente attuazione della direttiva
92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e
della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a
cielo aperto o sotterranee;
Vista la preliminare determinazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28
maggio 1999; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata, nella riunione
del 23 luglio 1999; Sulla proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione;
E M A N A
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Oggetto
1. Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro, alle particolari esigenze dei servizi espletati su tutte le navi o unita'
indicate all'articolo 2, in modo da:
a) assicurare, in materia di sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la prevenzione dagli
infortuni e dalle malattie professionali;
b) determinare gli obblighi e le responsabilita' specifiche da parte di armatori, marittimi ed altre
persone interessate in relazione alla valutazione dei rischi a bordo delle navi;
c) fissare, in materia di igiene del lavoro, i criteri relativi alle condizioni di igiene ed abitabilita'
degli alloggi degli equipaggi;
d) definire i criteri relativi al l'organizzazione del sistema di prevenzione, igiene e sicurezza del
lavoro a bordo ed all'impiego dei dispositivi di protezione individuale;
e) definire la durata dell'orario di lavoro e del periodo di riposo del personale marittimo;
f) dettare le misure di sicurezza in presenza di particolari condizioni di rischio;
g) assicurare l'informazione e la formazione degli equipaggi;
h) prevedere i criteri per il rilascio delle certificazioni e attestazioni dell'avvenuta formazione.
Art. 2
Campo di applicazione
1. Le norme del presente decreto si applicano ai lavoratori marittimi imbarcati a bordo di tutte le
navi o unita' mercantili, nuove ed esistenti, adibite a navigazione marittima ed alla pesca nonche'
alle navi o unita' mercantili in regime di sospensione temporanea di bandiera, alle unita' veloci e
alle piattaforme mobili.
Art. 3
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) nave : qualsiasi costruzione adibita per fini commerciali, al trasporto marittimo di merci o
passeggeri, alla pesca o qualsiasi altro fine di natura commerciale;
b) nave nuova: qualsiasi nave la cui chiglia sia stata impostata, o che si trovava ad un equivalente
stadio di costruzione, alla data di entrata in vigore del presente decreto o successivamente ad esso;
c) nave esistente: qualsiasi nave che non sia nuova;
d) unita' veloci: unita' cosi' come definite alla regola 1 del capitolo X della Convenzione
internazionale SOLAS ed a cui si applica il Codice internazionale per le unita' veloci (International
Code of Safety for High Speed - HSC Code);
e) piattaforme mobili: destinate al servizio di perforazione del fondo marino per la ricerca e lo
sfruttamento del fondo stesso e del relativo sottosuolo;
f) regime di sospensione temporanea di bandiera: il periodo di tempo nel quale, ai sensi di quanto
181
previsto dagli articoli 28 e 29 della legge 14 giugno 1989, n. 234, la nave o unita' mercantile e'
autorizzata a dismettere temporaneamente la bandiera;
g) Ministero: il Ministero dei trasporti e della navigazione Dipartimento della navigazione
marittima ed interna - Unita' di gestione del trasporto marittimo e per vie d'acqua interne;
h) Autorita' marittima: organo periferico del Ministero dei trasporti e della navigazione e,
all'estero, le autorita' consolari;
i) organi di vigilanza: l'Autorita' marittima, le Aziende Unita' sanitarie locali e gli Uffici di sanita'
marittima;
l) armatore: il responsabile dell'esercizio dell'impresa di navigazione, sia o meno proprietario della
nave, ovvero il titolare del rapporto di lavoro con l'equipaggio;
m) medico competente: medico in possesso di uno dei titoli indicati all'articolo 2, lettera d) del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 come sostituito dall'articolo 2 del decreto legislativo
19 marzo 1996, n. 242;
n) lavoratore marittimo: qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio che svolge, a qualsiasi
titolo, servizio o attivita' lavorativa a bordo di una nave o unita' mercantile o di una nave da pesca ;
o) personale adibito a servizi generali e complementari: personale imbarcato a bordo non facente
parte ne' dell'equipaggio ne' dei passeggeri e non impiegato per i servizi di bordo;
p) ambiente di lavoro: tutti i locali presenti a bordo di una unita' mercantile o da pesca frequentati
dal lavoratore marittimo;
q) locali di lavoro: sono tutti i locali di bordo, chiusi o all'aperto, in cui i lavoratori marittimi
esplicano normalmente la propria attivita' lavorativa a bordo e nei quali sono presenti macchinari
di propulsione, caldaie, apparati ausiliari, generatori e macchinari elettrici, apparati di controllo o
comando, locali destinati al carico, depositi, officine;
r) locali di servizio: si intendono gli spazi usati per le cucine e locali annessi, i locali destinati ai
presidi sanitari (ospedale di bordo, cabina isolamento), ripostigli e locali deposito;
s) locali alloggio: comprendono le cabine, i locali mensa, i locali di ritrovo, i locali adibiti ai
servizi igienici, i locali destinati agli uffici.
Art. 4
Esclusioni
1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle:
a) navi o unita' appartenenti alle Amministrazioni militari, doganali, di polizia ed al Corpo dei
vigili del fuoco, o da essi direttamente esercitate, ai servizi di protezione civile ed alle navi adibite
al trasporto di truppe, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242;
b) navi da diporto che non sono impiegate in attivita' di traffico commerciale ;
c) navi in cui la vela costituisce il principale mezzo di propulsione, anche se dotate di motore
ausiliario.
Art. 5
Misure generali di tutela
1. A bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2 - ai fini della prevenzione degli infortuni e
dell'igiene del lavoro dei marittimi - sono attuate le seguenti misure di tutela:
a) valutazione delle situazioni di rischio per la salute e la sicurezza, connesse all'esercizio
dell'attivita' lavorativa a bordo;
b) eliminazione dei rischi derivanti dall'impiego di materiali nocivi alla salute del lavoratore,
mediante sostituzioni da realizzare conformemente alle tecnologie disponibili nel settore della
progettazione e costruzione navale, e, qualora cio' non fosse possibile, riduzione al minimo del
loro impiego a bordo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione delle attivita' di prevenzione in stretta relazione con la gestione tecnico-
operativa dell'unita' navale, anche al fine di limitare al minimo il numero di lavoratori marittimi
che sono, o possono essere, esposti al rischio;
e) sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o e' meno pericoloso;
182
f) rispetto dei principi ergonomici nella progettazione e costruzione dei locali di lavoro, nella
scelta delle attrezzature di lavoro e nella definizione delle metodologie di lavoro, anche al fine di
limitare i fattori di fatica;
g) priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di' protezione individuale;
h) misure di protezione collettiva ed individuale;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici a bordo delle navi;
l) predisposizione di un programma di controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi
specifici individuati nella valutazione di cui alla lettera a);
m) allontanamento del lavoratore marittimo dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la
sua persona;
n) idonee misure igieniche;
o) misure di emergenza in caso di operazioni di soccorso, antincendio, abbandono nave e di
pericolo grave ed immediato;
p) impiego di idonea segnaletica di sicurezza;
q) corretta e regolare manutenzione degli ambienti di lavoro, dei locali di servizio e dei locali
alloggio nonche' delle attrezzature di lavoro, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in
conformita' alle indicazioni dei fabbricanti;
r) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori marittimi alle questioni
relative alla prevenzione degli infortuni, all'igiene ed alla sicurezza del lavoro a bordo;
s) istruzioni per i lavoratori, adeguate all'attivita' lavorativa da svolgere a bordo.
2. Le misure relative alla prevenzione degli infortuni, all'igiene ed alla sicurezza del lavoro a bordo
sono a carico dell'armatore e non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i
lavoratori marittimi.
Art. 6
Obblighi dell'Armatore e del Comandante
1. L'armatore delle navi o unita' di cui all'articolo 2 in relazione alle caratteristiche tecnico-
operative dell'unita', valuta, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori marittimi
predisponendo il piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro che deve contenere i seguenti elementi:
a) progetto dettagliato dell'unita' - nel quale sono riportate le sistemazioni inerenti l'ambiente di
lavoro;
b) specifica tecnica dell'unita', comprendente tutti gli elementi ritenuti utili per l'esame delle
condizioni di igiene e sicurezza del lavoro presenti a bordo della nave;
c) relazione tecnica sulla valutazione dei rischi per la tutela della salute e la sicurezza del
lavoratore marittimo connessi allo svolgimento dell'attivita' lavorativa a bordo; nella relazione
sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa e le misure di prevenzione e protezione
dei lavoratori, nonche' il programma di attuazione di eventuali interventi migliorativi dei livelli di
igiene e sicurezza a bordo.
2. La documentazione di cui al comma 1, redatta da personale tecnico delle costruzioni navali di
cui all'articolo 117 del codice della navigazione e articolo 275 del relativo regolamento di
attuazione, e' inviata, a cura dell'armatore, al Ministero ai fini dell'approvazione secondo le
seguenti modalita':
a) per le navi o unita' nuove: almeno sei mesi prima dell'entrata in esercizio;
b) per le navi o unita' esistenti: entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) per le navi o unita' acquistate all'estero: al momento della richiesta di immatricolazione
dell'unita' e comunque entro e non oltre tre mesi dalla predetta data;
d) per le navi sottoposte a trasformazione o modifica: almeno sei mesi prima dell'entrata in
esercizio.
3. Il piano di sicurezza e' integrato ed aggiornato ogni volta che siano apportate modifiche o
trasformazioni a bordo ai sensi di quanto previsto dall'articolo 33, comma 3.
183
4. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed
esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza
inferiore a 24 m, o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, la documentazione di
cui al comma 2, autocertificata da parte dell'armatore o dal proprietario, non e' inviata al Ministero
per l'approvazione ma e' conservata a bordo ed esibita a richiesta degli organi di vigilanza, al fine
di verificarne la conformita' alle disposizioni del presente decreto.
5. L'armatore ed il comandante della nave, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze,
sono obbligati a:
a) designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei lavoratori marittimi nel
rispetto delle disposizioni di cui all'art. 12, commi 1, 2 e 5;
b) designare il personale addetto al servizio di prevenzione e protezione nel rispetto delle
disposizioni di cui all'art. 12, commi 1, 2 e 5;
c) designare il medico competente di cui all'articolo 23;
d) organizzare il lavoro a bordo, in modo da ridurre al minimo i fattori di fatica di cui all'allegato I
e verificare il rispetto della durata del lavoro a bordo secondo quanto previsto dal presente decreto
e dai contratti collettivi nazionali di categoria;
e) informare i lavoratori marittimi dei rischi specifici cui sono esposti nello svolgimento delle loro
normali attivita' lavorative ed addestrarli sul corretto utilizzo delle attrezzature di lavoro nonche'
dei dispositivi di protezione individuali;
f) limitare al minimo il numero dei lavoratori marittimi esposti a bordo ad agenti tossici e nocivi
per la salute, nonche' la durata del periodo di esposizione a tali agenti nocivi, anche mediante
isolamento delle aree o locali interessati dalla presenza degli agenti, e predisporre un programma
di sorveglianza sanitaria mirato;
g) fornire ai lavoratori marittimi i necessari dispositivi individuali di sicurezza e di protezione,
conformi alle vigenti norme e mantenerne le condizioni di efficienza;
h) informare i lavoratori marittimi sulle procedure da attuare nei casi di emergenza,
particolarmente per l'incendio a bordo e l'abbandono della nave, secondo quanto indicato nel
vigente regolamento di sicurezza adottato con decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre
1991, n. 435 di seguito denominato regolamento di sicurezza;
i) formare e addestrare il personale marittimo in materia di igiene e di sicurezza dell'ambiente di
lavoro a bordo predisponendo in merito appositi manuali operativi di facile consultazione;
l) richiede l'osservanza da parte dei lavoratori marittimi delle norme di igiene e di sicurezza e
l'utilizzazione dei mezzi individuali di protezione messi a loro disposizione;
m) tenere a bordo della singola unita' navale ed aggiornare il "registro degli infortuni",di cui
all'articolo 25, comma 2, nel quale sono annotati gli infortuni occorsi ai lavoratori e la tipologia
dell'infortunio;
n) garantire le condizioni di efficienza dell'ambiente di lavoro ed, in particolare, la regolare
manutenzione tecnica degli impianti, degli apparati di bordo e dei dispositivi di sicurezza;
o) permettere ai lavoratori marittimi, mediante il rappresentante alla sicurezza, di verificare
l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consentire al rappresentante
stesso di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale cosi' come indicato all'art.
16 comma 2, lettera d);
p) fornire e mettere a disposizione dell'equipaggio tutta la raccolta di normative nazionali ed
internazionali, documentazione tecnica; il manuale di cui all'articolo 17 e la guida di cui
all'articolo 24 comma 4, e le procedure di sicurezza utili per lo svolgimento delle attivita'
lavorative di bordo in condizioni di sicurezza;
q) attuare misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi
all'impiego delle attrezzature di lavoro presenti a bordo ed impedire che queste vengano utilizzate
per operazioni o in condizioni per le quali non sono adatte;
6. L'armatore non puo' delegare gli adempimenti previsti dai commi 1, 2, 3, 4 e 5 lettera a).
Art. 7
Obblighi del Comandante della nave
184
1. Ferme restando le disposizioni previste dal codice della navigazione e dal relativo regolamento
di attuazione nonche' dalle norme vigenti in materia di sicurezza della navigazione, il comandante
della nave deve:
a) emettere procedure ed istruzioni per l'equipaggio, relative all'igiene, salute e sicurezza del
lavoro, in forma chiara e comprensibile;
b) segnalare all'armatore, sentito il servizio di prevenzione e protezione di bordo di cui all'articolo
13, le deficienze ed anomalie riscontrate che possono compromettere l'igiene, la salute e la
sicurezza del lavoro a bordo;
c) valutare, d'intesa con il servizio di prevenzione e protezione, la tipologia di infortuni occorsi al
lavoratore marittimo a bordo e comunicare tale dato all'armatore;
d) designare, tra i componenti dell'equipaggio, i lavoratori marittimi incaricati dell'attuazione delle
misure di prevenzione nelle situazioni di emergenza, anche in relazione a quanto previsto
dall'articolo 203 del regolamento di sicurezza;
e) informare l'armatore ed il rappresentante alla sicurezza di cui all'articolo 16, nel caso in cui si
verifichino a bordo eventi non prevedibili o incidenti che possano comportare rischi per la salute e
la sicurezza dei lavoratori ed adottare idonee misure atte a identificare e rimuovere la causa
dell'evento ed a limitare al minimo i rischi per i lavoratori.
Art. 8
Obblighi del lavoratore marittimo
1. Il lavoratore marittimo imbarcato a bordo delle navi o unita' di cui all'articolo 2, deve:
a) osservare le misure disposte dall'armatore e dal comandante della nave, ai fini della igiene e
della sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo;
b) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che possano compromettere la
sicurezza propria e di altri lavoratori;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze ed i dispositivi tecnico-sanitari di
bordo, nonche' i dispositivi individuali di protezione forniti dall'armatore;
d) segnalare al comandante della nave o al responsabile del servizio di prevenzione e di protezione
di cui all'articolo 13 le deficienze eventuali dei dispositivi e dei mezzi di protezione suddetti,
dandone notizia al rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16;
e) cooperare, insieme all'armatore ed al comandante o al responsabile del servizio di prevenzione e
di protezione, al fine di dare piena attuazione a tutti gli obblighi imposti dagli organi di vigilanza e
di ispezione o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori marittimi
durante il lavoro;
f) sottoporsi ai controlli sanitari secondo quanto disposto dalle vigenti normative in materia;
g) attuare, con diligenza, le procedure previste nei casi di emergenza di cui al comma 5 lettera h)
dell'articolo 6.
Art. 9
Obblighi dei progettisti, dei costruttori, dei fornitori e degli installatori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, i progettisti ed i costruttori di navi
mercantili e da pesca nazionali devono rispettare i principi generali di prevenzione in materia di
tutela della salute e di sicurezza del lavoro a bordo, secondo le disposizioni del presente decreto e
di quanto stabilito, rispettivamente, dall'articolo 232 del codice della navigazione e dall'articolo
275 del relativo regolamento di attuazione, integrato dalle disposizioni contenute all'articolo 20
della legge 14 giugno 1989, n. 234 e nel decreto del Ministro della marina mercantile 18 febbraio
1992, n. 280.
Art. 10
Contratto d'appalto o d'opera
185
1. L'armatore, in caso di affidamento di lavori o di servizi a bordo della nave mercantile o da pesca
nazionale, ad imprese appaltatrici od a lavoratori autonomi, deve:
a) verificare l'idoneita' tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in
relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera, secondo quanto previsto dall'articolo
68 del Codice della Navigazione;
b) fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti a bordo delle
navi e nei locali interessati alle attivita' appaltate e sulle relative misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro da adottare;
c) fornire istruzioni al servizio di prevenzione e protezione di bordo di cui all'articolo 13 del
presente decreto, al fine di coordinare le misure di protezione di cui al comma 2 lettera b) con le
attivita' oggetto dell'appalto o del contratto d'opera.
2. Il titolare della impresa appaltatrice o il lavoratore autonomo e l'armatore devono:
a) cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi di cui al comma 1
lettera b), incidenti sulle attivita' oggetto dell'appalto o del contratto d'opera;
b) coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi dei propri lavoratori, al fine di
evitare interferenze con l'attivita' lavorativa di bordo connessa all'esercizio della navigazione.
3. L'armatore promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non
si estende ai rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi.
Art. 11
Orario di lavoro a bordo delle navi mercantili e da pesca
1. Per "durata del lavoro a bordo della nave" si intende il tempo durante il quale un lavoratore
marittimo e' tenuto ad effettuare l'attivita' lavorativa connessa all'esercizio della navigazione.
Rientrano nella durata del lavoro a bordo, oltre alle normali attivita' di navigazione e di porto:
a) gli appelli per le esercitazioni di emergenza antincendio ed abbandono nave, nonche' tutte le
esercitazioni prescritte dal regolamento di sicurezza e dalla Convenzione di Londra sulla
salvaguardia della vita umana in mare di cui alla legge 23 maggio 1980, n. 313 e successivi
emendamenti di seguito denominata Convenzione Solas;
b) le attivita' richieste dal comandante inerenti la sicurezza della navigazione, in caso di pericolo
per l'equipaggio e la nave;
c) le attivita' di formazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo, in relazione alle
mansioni svolte;
d) le attivita' di manutenzione ordinaria della nave;
e) le attivita' richieste dal comandante nel caso di operazioni di soccorso ad altre unita' mercantili o
da pesca o di soccorso a persone.
2. Per "ore di riposo" si intende il tempo non compreso nella durata del lavoro; questa espressione
non comprende le interruzioni di breve durata.
3. Fatte salve le disposizioni presenti nei contratti collettivi nazionali di categoria, la durata
dell'orario di lavoro del lavoratore marittimo, a bordo delle navi mercantili e delle navi da pesca, e'
stabilita in otto ore giornaliere, con un giorno di riposo a settimana, oltre ai giorni di ferie.
4. I limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi sono cosi' stabiliti:
a) il numero massimo di ore di lavoro a bordo non deve superare:
1. 14 ore in un periodo di 24 ore;
2. 72 ore per un periodo di sette giorni;
ovvero:
b) il numero minimo delle ore di riposo non e' inferiore a:
1. 10 ore in un periodo di 24 ore;
2. 77 ore per un periodo di sette giorni.
186
5. Le ore di riposo non possono essere suddivise in piu' di due
periodi distinti, cui uno e' almeno di 6 ore consecutive, e
l'intervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve super-
are le 14 ore.
6. Le attivita' di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 sono svolte, per quanto possibile, in
maniera tale da non disturbare i periodi di riposo e da non provocare fatica.
7. Nelle situazioni in cui il lavoratore marittimo si trovi in disponibilita' alle chiamate, il marittimo
dovra' usufruire di un adeguato periodo di riposo compensativo qualora la durata normale del suo
periodo di riposo sia interrotta da una chiamata di lavoro.
8. Per le navi impiegate in viaggi di breve durata e per le particolari tipologie di navi impiegate in
servizi portuali, la contrattazione collettiva potra' derogare a quanto previsto nei commi 4 e 5,
tenendo conto di periodi di riposo piu' frequenti o piu' lunghi oppure della concessione di riposi
compensativi ai marittimi impiegati nel servizio di guardia o ai marittimi che operano a bordo.
9. A bordo di tutte le navi mercantili e da pesca nazionali e' affissa, in posizione facilmente
accessibile e redatta in lingua italiana ed in lingua inglese, una tabella con l'organizzazione del
servizio di bordo, contenente per ogni posizione lavorativa:
a) l'orario del servizio in navigazione e del servizio in porto;
b) il numero massimo di ore di lavoro o il numero minimo di ore di riposo previste ai sensi del
presente decreto o dai contratti collettivi in vigore.
10.Una copia dei contratto collettivo e' conservata a bordo, a disposizione di tutti i lavoratori
imbarcati e degli organi di vigilanza.
Art. 12
Servizio di prevenzione e protezione - criteri generali
1. L'armatore designa per ogni unita' navale, tra il personale di bordo, una o piu' persone che
espleteranno i compiti del servizio di prevenzione e protezione, nonche' il responsabile del servizio
stesso, sentito il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16.
2. Il personale di cui al comma 1 e' rappresentativo delle diverse categorie di equipaggio presenti a
bordo ed e' in numero sufficiente, in relazione alla tipologia dell'unita' ed al tipo di navigazione,
allo svolgimento dell'incarico ricevuto. Esso deve inoltre possedere le necessarie capacita'
professionali e deve ricevere, da parte dell'armatore, tutte le informazioni appropriate in materia di
igiene e sicurezza del lavoro a bordo, nonche' le risorse adeguate al compito assegnato.
3. Il personale designato al servizio di prevenzione e protezione di bordo non puo' subire
pregiudizio alcuno a causa dell'esercizio delle funzioni connesse all'espletamento del proprio
incarico.
4. I nominativi del personale designato sono annotati nel ruolo di equipaggio o nella licenza ed a
tale annotazione e' allegata una dichiarazione nella quale si attesti, con riferimento alle singole
persone designate:
a) i compiti svolti all'interno del servizio di prevenzione e protezione a bordo;
b) il curriculum professionale.
187
5. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nazionali
nuove ed esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di
lunghezza inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il servizio di
prevenzione e protezione puo' essere istituito a terra ed il responsabile del servizio di prevenzione
e protezione e gli addetti possono essere nominati nell'ambito del personale appartenente alla
struttura armatoriale di terra.
6. Per le unita' indicate al comma 5, i dati e le informazioni di cui al comma 4 sono conservati
presso la sede della struttura armatoriale.
7. L'armatore ed il comandante forniscono al servizio di prevenzione e protezione a bordo
informazioni in merito:
a) alla natura dei rischi;
b) all'organizzazione del lavoro, alla programmazione ed all'attuazione delle misure preventive e
protettive;
c) alla descrizione delle attrezzature di lavoro di bordo;
d) ai dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali.
Art. 13
Servizio di prevenzione e protezione a bordo - compiti
1. Il servizio di prevenzione e protezione provvede a:
a) collaborare con il comandante dell'unita' e con il responsabile della sicurezza dell'ambiente di
lavoro a bordo dell'unita', al fine di attuare le norme in materia di igiene e sicurezza del lavoro a
bordo predisposto dall'armatore;
b) segnalare al responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro le deficienze ed anomalie
riscontrate che possono compromettere l'igiene, la salute e la sicurezza del lavoro a bordo;
c) individuare i fattori di rischio connessi alle attivita' lavorative svolte a bordo dell'unita' e relativi
al normale esercizio della stessa;
d) individuare, in collaborazione con l'armatore, le misure di igiene e sicurezza dell'ambiente di
lavoro, ai fini della prevenzione e protezione contro i rischi identificati;
e) esaminare, congiuntamente al responsabile alla sicurezza dell'ambiente di lavoro, gli infortuni
verificatisi a bordo dell'unita' a carico dei lavoratori marittimi, al fine di relazionare in merito alla
struttura armatoriale di terra;
f) informare l'equipaggio sulle problematiche inerenti l'igiene e la sicurezza del lavoro a bordo
dell'unita';
g) proporre programmi di formazione e di informazione dei lavoratori marittimi imbarcati.
2. Il servizio di prevenzione e protezione ha accesso a tutte le informazioni inerenti l'igiene, la
salute e la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo dell'unita' ed e' consultato dall'armatore per
l'elaborazione delle metodologie di lavoro a bordo che possono avere degli effetti sulla salute e
sulla sicurezza del lavoratore marittimo.
Art. 14
Riunione periodica di prevenzione e protezione a bordo
1. L'armatore, tramite il servizio di prevenzione e protezione, deve convocare, almeno una volta
l'anno, una riunione alla quale partecipano il comandante della nave, il responsabile della sicurezza
dell'ambiente di lavoro ed il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro, al fine di
esaminare:
a) le misure di igiene e sicurezza dell'ambiente di lavoro previste a bordo, ai fini della prevenzione
e protezione, con riferimento a quanto indicato nel piano di sicurezza di cui all'articolo 6, comma l;
b) l'idoneita' dei mezzi di protezione individuali previsti a bordo;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori marittimi, predisposti dall'armatore, ai
fini della sicurezza e della protezione della loro salute;
188
d) eventuali variazioni, rispetto alle normali condizioni di esercizio dell'unita', delle situazioni di
esposizione del lavoratore a fattori di rischio, con particolare riferimento all'organizzazione del
lavoro a bordo ed all'introduzione di nuove tecnologie che potrebbero comportare riflessi
sull'igiene e la sicurezza dei lavoratori.
2. A conclusione della riunione e' redatto apposito verbale che e' conservato tra i documenti di
bordo a disposizione degli organi di vigilanza e di ispezione. Copia del suddetto verbale e' affissa a
bordo per opportuna conoscenza di tutto l'equipaggio.
Art. 15
Il responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro
1. Ferme restando le responsabilita' del comandante della nave previste dal codice della
navigazione e dell'ufficiale responsabile della sicurezza, ove previsto, stabilite dal regolamento di
sicurezza, a bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2, il responsabile del servizio di cui
all'articolo 13, deve:
a) sensibilizzare l'equipaggio all'applicazione delle direttive in materia di igiene e sicurezza del
lavoro a bordo;
b) controllare lo stato di applicazione delle prescrizioni specifiche in materia di igiene e sicurezza
del lavoro procedendo alle verifiche inerenti l'igiene e la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo;
c) segnalare al comandante della nave le deficienze ed anomalie riscontrate che possono
compromettere l'igiene, la salute e la sicurezza del lavoro a bordo;
d) valutare, d'intesa con il comandante, la tipologia di infortuni occorsi al lavoratore marittimo a
bordo, al fine di individuare nuove misure di prevenzione degli infortuni.
2. Nello svolgimento delle sue funzioni, il responsabile della sicurezza dell'ambiente di lavoro si
avvale del servizio di prevenzione e protezione e della collaborazione del rappresentante alla
sicurezza.
Art. 16
Il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro
1. A bordo di tutte le navi o unita' di cui all'articolo 2, i lavoratori marittimi eleggono il proprio
rappresentante all'igiene e sicurezza dell'ambiente di lavoro, secondo le modalita' previste dai
contratti collettivi nazionali di categoria.
2. Il rappresentante alla sicurezza:
a) collabora con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 13;
b) e' consultato preventivamente sulla designazione effettuata dall'armatore del personale addetto
al servizio di prevenzione e protezione;
c) propone iniziative in materia di prevenzione e protezione del lavoratore a bordo;
d) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le
misure di prevenzione relative, nonche' quelle riguardanti le sostanze ed i materiali pericolosi, le
attrezzature di lavoro, l'organizzazione e l'ambiente di lavoro a bordo, gli infortuni e le malattie
professionali.
3. Il rappresentante della sicurezza non puo' subire pregiudizio alcuno a causa della sua attivita' e
beneficia delle misure di salvaguardia e liberta' dei diritti sindacali, previste dalle vigenti norme in
materia di tutela dei lavoratori. Egli, inoltre, deve disporre del tempo necessario allo svolgimento
del proprio incarico senza perdita di retribuzione, nonche' dei mezzi necessari per l'esercizio delle
funzioni connesse al compito assegnato.
4. Il rappresentante della sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di igiene e
sicurezza del lavoro a bordo delle navi, concernente la normativa nazionale ed internazionale
189
vigente nel settore ed i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da
assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. Per le unita' adibite ai servizi tecnico-nautici e portuali, per le navi o unita' mercantili nuove ed
esistenti di stazza lorda inferiore a 200 e per quelle da pesca nuove ed esistenti di lunghezza
inferiore a 24 m o con equipaggio fino a sei unita' di tabella di armamento, il rappresentante alla
sicurezza puo' essere eletto nell'ambito del personale appartenente alla struttura armatoriale di
terra.
Art. 17
Manuale di gestione della sicurezza dell'ambiente di lavoro
1. Nel "Manuale di gestione per la sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo" sono riportati gli
strumenti e le procedure utilizzate dall'armatore per adeguarsi alle disposizioni previste dal
presente decreto e dalle norme internazionali. Esso puo' costituire parte integrante del "Safety
Management Manual" redatto ai sensi di quanto previsto dal codice internazionale di gestione per
la sicurezza delle navi (ISM Code) di cui alla Convenzione Solas.
Art. 18
Tipi di Visite
1. Ai fini di verificare l'applicazione delle disposizioni contenute nel presente decreto, le navi di
cui all'articolo 2, sono sottoposte alle seguenti visite:
a) visita iniziale:
1) per le navi o unita' mercantili nazionali nuove;
2) per le navi da pesca nuove di lunghezza superiore ai 24 m;
b) visita periodica:
1) per le navi o unita' mercantili nazionali esistenti di stazza lorda superiore a 200;
2) per le navi da pesca esistenti di lunghezza superiore a 24 m;
c) visita occasionale:
1) per le navi o unita' mercantili nazionali nuove ed esistenti;
2) per le navi da pesca nuove ed esistenti;
3) per le navi adibite al servizio di pilotaggio e per quelle adibite a servizio di rimorchio in ambito
portuale;
4) per le navi in regime di sospensione temporanea di bandiera;
5) per le navi o unita' mercantili straniere.
2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 21, comma 1, le visite di cui al comma 1 sono disposte
dall'Autorita' marittima del compartimento marittimo di iscrizione della nave su richiesta
dell'Azienda unita' sanitaria locale competente, dell'armatore o di un suo rappresentante.
3. Le visite sono eseguite dalla Commissione territoriale per la prevenzione degli infortuni, igiene
e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 31, di seguito denominata Commissione territoriale.
4. Le risultanze delle visite sono annotate in apposito documento conforme a modello approvato
dal Ministero. Copia del documento e' conservata tra i documenti di bordo, a disposizione degli
organi di vigilanza.
Art. 19
Visita iniziale
190
1. Le unita' di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 18 sono sottoposte a visita iniziale:
a) entro la data di fine lavori della costruzione e comunque prima che avvenga l'immatricolazione,
per le navi o unita' nuove;
b) al primo porto nazionale di approdo, per le navi nuove acquistate dall'estero.
2. Al fine di verificare la corretta compilazione del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro di
cui all'articolo 6, comma 1 nonche' di prevenire costruzioni non conformi alle disposizioni del
presente decreto e del regolamento di cui all'articolo 34, la visita iniziale puo' essere preceduta da
visite informali e preliminari.
3. La visita iniziale e' effettuata, in riferimento al tipo di unita', alla specie di navigazione ed al
servizio svolto dall'unita' stessa, in modo da verificare che i materiali impiegati, le sistemazioni dei
locali alloggio, dei locali di lavoro e di quelli di servizio, le condizioni climatiche ed ambientali
interne ai suddetti locali, gli accessi e le vie di sfuggita, l'impiego dei macchinari e degli impianti,
le apparecchiature nonche' le dotazioni sanitarie siano conformi alle disposizioni del presente
decreto e del regolamento di cui all'articolo 34.
Art. 20
Visita periodica
1. Le unita' di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 18 sono visitate, a cadenza biennale, al
fine di verificare il mantenimento della conformita' dell'ambiente di lavoro a quanto riscontrato nel
corso della visita iniziale ovvero il rispetto delle norme previste dal presente decreto e dal
regolamento di cui all'articolo 34.
Art. 21
Visita occasionale
1. Al fine di verificare il mantenimento della conformita' dell'ambiente di lavoro e ogni qualvolta
se ne verifichi la necessita' una visita occasionale e' disposta, a bordo delle unita' di cui all'articolo
18 comma 1 lettera c), dall'Autorita' marittima competente di propria iniziativa, o su richiesta
dell'Azienda unita' sanitaria locale competente, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali,
degli armatori o della gente di mare. La visita puo', inoltre, essere richiesta direttamente dai
lavoratori mediante il rappresentante alla sicurezza dell'ambiente di lavoro di cui all'articolo 16.
2. Le navi o unita' in regime di sospensione temporanea di bandiera sono sottoposte a visita
occasionale al primo porto nazionale di approdo.
3. La visita occasionale effettuata a bordo delle navi o unita' mercantili straniere e' svolta secondo
le procedure indicate nel Memorandum di intesa sul controllo dello stato del porto di approdo.
Art. 22
Mantenimento delle condizioni dopo le visite
1. Dopo l'effettuazione delle visite di cui all'articolo 18, svolte con riferimento a quanto riportato
nel piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo di cui all'articolo 6 comma 1, nessun
cambiamento puo' essere apportato se non con le procedure di cui all'articolo 33, comma 3.
2. Il comandante ha l'obbligo di sostituire immediatamente, di propria iniziativa, le dotazioni che
presentino deterioramenti o deficienze tali da compromettere l'igiene e la sicurezza dell'ambiente
di lavoro.
Art. 23
Medico competente e sorveglianza sanitaria del lavoratore marittimo
191
1. Il medico competente:
a) collabora con l'armatore e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 13, sulla
base della specifica conoscenza dell'organizzazione del lavoro a bordo e delle situazioni di rischio,
alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute del lavoratore marittimo;
b) effettua gli accertamenti sanitari ed esprime i giudizi di idoneita' alla mansione specifica indicati
al comma 6;
c) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio da
custodire, presso l'armatore con salvaguardia del segreto professionale;
d) fornisce informazioni ai lavoratori marittimi sul significato degli accertamenti sanitari cui sono
sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' che comporta
l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi' a richiesta informazioni analoghe al rappresentante alla
sicurezza dell'ambiente di lavoro;
e) informa il lavoratore marittimo dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e a
richiesta rilascia copia della documentazione sanitaria;
f) comunica in occasione delle riunioni di cui all'articolo 14, i risultati anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato degli stessi;
g) congiuntamente al responsabile della sicurezza visita gli ambienti di lavoro almeno due volte
l'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori marittimi;
h) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b) effettua le visite mediche richieste dai
lavoratori qualora tali richieste siano correlate ai rischi professionali.
2. Il medico competente puo' avvalersi nello svolgimento della propria attivita' di sorveglianza
sanitaria, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti, scelti dall'armatore che
ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente a seguito degli accertamenti sanitari di cui al comma 1, lettera b)
esprima un giudizio di inidoneita' parziale o temporanea o totale del lavoratore imputabile
all'esposizione a situazioni di rischio, ne informa per iscritto l'armatore ed il lavoratore. A seguito
di tale informazione l'armatore dispone una nuova valutazione del rischio e una analisi ambientale
finalizzata alla verifica dell'efficacia delle nuove misure di protezione adottate.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 e' ammesso ricorso entro trenta giorni dalla data di
comunicazione del giudizio medesimo all'Ufficio di sanita' marittima del Ministero della sanita'
territorialmente competente.
5. Il medico competente puo' essere dipendente di una struttura pubblica o privata convenzionata
con l'armatore, libero professionista o dipendente dell'armatore. Il dipendente di una struttura
pubblica non puo' svolgere l'attivita' di medico competente qualora esplichi l'attivita' di vigilanza.
6. La sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i
lavoratori marittimi sono destinati ai fini della valutazione della loro idoneita' alla mansione
specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di
idoneita' alla mansione specifica.
7. Gli accertamenti di cui al comma 6 comprendono esami clinici, biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 24
Assistenza sanitaria a bordo
192
1. L'armatore provvede alla fornitura ed al mantenimento a bordo delle dotazioni mediche,
medicinali ed attrezzature sanitarie adeguate al tipo di navigazione, alla durata della linea, nonche'
al numero dei lavoratori marittimi imbarcati previsto dalla vigente normativa.
2. Il comandante dell'unita' provvede a che il materiale sanitario di cui al comma 1 sia sempre
disponibile ed e' responsabile della custodia e della gestione delle sostanze stupefacenti facenti
parte di tali dotazioni. Ferma restando tale responsabilita', il comandante della nave puo' delegare
la custodia del suddetto materiale sanitario a personale dell'equipaggio, componente del servizio di
prevenzione e protezione.
3. Il comandante puo' richiedere, qualora lo ritenga necessario, assistenza medica tramite radio alla
nave piu' vicina con medico a bordo o al Centro Internazionale Medico (C.I.R.M.) nonche' alla
stazione costiera che offre assistenza medica.
4. Per pronta consultazione dell'equipaggio, e' disponibile a bordo, a spese dell'armatore, la "Guida
Pratica medica per l'assistenza ed il pronto soccorso a bordo delle navi" o altra analoga
pubblicazione.
Art. 25
Infortuni a bordo delle navi mercantili e da pesca
1. In caso di infortunio, indipendentemente dalla durata del periodo di inattivita' del lavoratore
marittimo, l'armatore - sulla base di quanto indicato dal servizio di prevenzione e protezione di cui
all'articolo 13 - segnala l'infortunio all'Autorita' Marittima ed all'istituto assicuratore ai sensi di
quanto previsto dalla normativa vigente, nonche' alla Azienda Unita' sanitaria locale del
compartimento di iscrizione della nave.
2. Gli elementi significativi relativi all'infortunio a bordo sono annotati su apposito "registro degli
infortuni" conforme al modello approvato dal Ministero. Il registro e' tenuto a bordo della nave a
disposizione degli organi di vigilanza.
Art. 26
Statistiche sugli infortuni
1. Ai fini della elaborazione di specifiche statistiche, ogni infortunio verificatosi a bordo,
indipendentemente dalla durata del conseguente periodo di inattivita' del lavoratore marittimo, e'
segnalato dall'Autorita' marittima che ha svolto l'inchiesta sommaria o formale, al Ministero.
2. L'Autorita' di cui al comma 1, entro un mese dalla fine dell'anno di riferimento, invia al
Ministero, statistiche sul numero, la natura, le cause e le conseguenze degli infortuni sul lavoro,
specificando in quale parte della nave (ponte, sala macchine o locali adibiti ai servizi generali) ed
in quale luogo (in mare o in porto) gli incidenti si sono verificati. Tali informazioni saranno redatte
su appositi modelli approvati dal Ministero.
3. I dati statistici forniti saranno elaborati a cura del Ministero e, ai fini della prevenzione degli
infortuni, annualmente sara' predisposto un rapporto informativo che sara' inviato al Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, al Ministero della sanita', alle parti sociali interessate e, per
conoscenza, all'Ufficio internazionale del lavoro ai sensi della legge 10 aprile 1981, n. 157.
Art. 27
Informazione e formazione dei lavoratori marittimi
1. L'armatore e il comandante provvedono affinche' ciascun lavoratore marittimo imbarcato riceva
una adeguata informazione su:
193
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'esercizio della navigazione marittima;
b) le misure e le attivita' di protezione adottate;
c) i rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita' svolta a bordo, le normative di sicurezza e
le disposizioni armatoriali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso di sostanze e dei preparati pericolosi presenti a bordo;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'abbandono nave;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione a bordo ed il medico competente.
2. L'armatore assicura che ciascun lavoratore marittimo riceva una formazione sufficiente ed
adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento alla tipologia di nave ed
alle mansioni svolte a bordo.
3. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'imbarco;
b) del trasferimento e cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie, di nuove sostanze o
preparati pericolosi.
4. La formazione deve essere ripetuta periodicamente in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero
all'insorgenza di nuovi rischi.
5. Il Ministero dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministeri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanita', d'intesa con le organizzazioni di categoria degli armatori e dei
lavoratori, puo' promuovere, istituire ed organizzare corsi di formazione ed aggiornamento dei
lavoratori marittimi in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo delle navi mercantili e da
pesca , tenendo presente quanto indicato in merito dalle Convenzioni internazionali di settore.
6. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione saranno stabiliti i criteri per il rilascio
delle certificazioni relative alla formazione del personale marittimo.
Art. 28
Vigilanza
1. L'attivita' di vigilanza sull'applicazione della normativa in materia di tutela della salute e
sicurezza del lavoro a bordo delle navi o unita' di cui all'articolo 2, e' di competenza dell'organo di
vigilanza di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i).
2. Le visite e gli accertamenti di cui agli articoli 19, 20 e 21 sono effettuati dalle Commissioni
territoriali e dagli Uffici periferici della sanita' marittima del Ministero della sanita'.
3. Con atto di indirizzo e coordinamento, su proposta dei Ministri dei trasporti e della navigazione,
del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i criteri per
assicurare unitarieta' ed omogeneita' di comportamento in tutto il territorio nazionale
nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori marittimi.
Art. 29
Informazione, consulenza ed assistenza
1. Il Ministero dei trasporti e della navigazione, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
il Ministero della sanita', l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), nonche' gli
altri organismi previsti dall'articolo 24 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, le
organizzazioni sindacali degli armatori e dei lavoratori di categoria del settore marittimo svolgono
194
attivita' di informazione, consulenza ed assistenza in materia di tutela della salute e sicurezza dei
lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili e da pesca.
2. L'attivita' di consulenza non puo' essere prestata dai soggetti che svolgono attivita' di controllo e
di vigilanza.
Art. 30
Comitato tecnico per la prevenzione degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a bordo:
composizione e funzioni
1. Nell'ambito della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
l'igiene del lavoro di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, e' istituito un Comitato tecnico permanente con il compito di esaminare i
particolari problemi applicativi della normativa nazionale ed internazionale, in materia di tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori marittimi nell'ambiente di lavoro a bordo delle navi, nonche'
esaminare le proposte avanzate dalle Commissioni territoriali di cui all'articolo 31.
2. Ai fini di cui al comma 1 la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni ed igiene dei lavoro e' integrata dai seguenti componenti:
a) due dirigenti del Ministero dei trasporti e della navigazione - Dipartimento della navigazione
marittima ed interna - esperti nel settore dell'igiene e della sicurezza del lavoro marittimo, di cui
uno in possesso di laurea in ingegneria;
b) tre esperti designati dalle organizzazioni sindacali della gente di mare maggiormente
rappresentative a livello nazionale, di cui uno rappresentante dei lavoratori della pesca;
c) tre esperti designati dalle associazioni armatoriali maggiormente rappresentative a livello
nazionale, di cui uno rappresentante delle associazioni della pesca.
3. I componenti di cui al comma 2 sono nominati con decreto del Ministro dei trasporti e della
navigazione e durano in carica tre anni.
Art. 31
Commissione Territoriale per la prevenzione degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a
bordo: composizione e funzioni
1. Con decreto del Direttore marittimo sono istituite le Commissioni territoriali per la prevenzione
degli infortuni, igiene e sicurezza del lavoro a bordo, presiedute dai capi dei compartimenti
marittimi dipendenti o da un Ufficiale superiore, da lui delegato, cosi' composte:
a) l'ufficiale responsabile della sezione sicurezza della navigazione, della Capitaneria di Porto
territorialmente competente in relazione al luogo in cui la nave effettua la visita;
b) il medico di porto, o medico designato dall'Ufficio di sanita' marittima competente per
territorio;
c) un rappresentante della Azienda unita' sanitaria locale competente per territorio;
d) un ingegnere o capo tecnico, dipendente del Ministero;
e) due rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali della gente di mare, maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
f) due rappresentanti designati dalle associazioni degli armatori.
2. I componenti di cui al comma 1, lettere b), c), d), e) ed f) possono far parte di piu' Commissioni
territoriali della stessa zona marittima. Le funzioni di segreteria sono svolte da personale
dell'Amministrazione periferica del Ministero.
3. Per le navi da pesca, i componenti di cui al comma 1 lettere e) ed f), sono sostituiti da due
rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori della pesca e da due rappresentanti
delle associazioni della pesca.
195
4. Per le problematiche concernenti le unita' che svolgono servizio di pilotaggio, ai componenti di
cui alla lettera f) del comma 1, e' aggiunto un rappresentante della federazione italiana piloti dei
porti.
5. Per ogni rappresentante effettivo e' designato un supplente.
6. I componenti della Commissione territoriale sono nominati dal Direttore marittimo, durano in
carica tre anni e possono essere riconfermati.
7. La Commissione territoriale ha il compito di:
a) effettuare le visite di cui all'articolo 18;
b) effettuare visite occasionali al fine di rilevare le condizioni tecniche ed igieniche delle singole
navi mercantili e da pesca, il numero e le condizioni di lavoro dei marittimi imbarcati, il numero e
le cause degli infortuni eventualmente occorsi a bordo delle unita' ispezionate;
c) formulare proposte al Comitato di cui all'articolo 30 per le modifiche delle sistemazioni e delle
dotazioni delle navi esistenti al fine di rendere le stesse navi rispondenti alle condizioni di igiene e
di sicurezza disciplinate dal presente decreto e di prevenire gli incidenti a bordo;
d) effettuare accertamenti preliminari durante i lavori di costruzione o trasformazione delle navi;
e) vigilare sull'applicazione dei contratti collettivi di lavoro di categoria per le materie inerenti il
presente decreto;
f) inviare, annualmente, al Comitato di cui all'articolo 30, una relazione sull'attivita' di vigilanza
effettuata.
8. La Commissione territoriale, istituita ai sensi del presente articolo sostituisce la Commissione
locale per l'igiene degli equipaggi di cui all'articolo 82 della legge 16 giugno 1939, n. 1045.
Art. 32
Approvazione del piano di sicurezza dell'ambiente di lavoro
1. Entro centoventi giorni dalla data di presentazione, la documentazione di cui all'articolo 6,
comma 1, lett. a) e b), dopo l'eventuale verifica della Commissione territoriale, e' munita di visto
di approvazione da parte del Ministero che attesta la conformita' delle condizioni inerenti
l'ambiente di lavoro a quanto richiesto dal presente decreto e dal regolamento di cui all'articolo 34.
2. Una copia della documentazione di cui al comma 1 e' conservata agli atti della Capitaneria di
porto di iscrizione della nave ed una ulteriore copia e' conservata a bordo della nave ed esibita
durante le visite effettuate dagli organi di vigilanza.
Art. 33
Certificato di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo
1. A seguito della conclusione dell'istruttoria e dopo l'approvazione della documentazione di cui
all'articolo 32, comma 1, e' rilasciato, da parte dei Ministero, un certificato attestante la conformita'
alle disposizioni del presente decreto e del regolamento di cui all'articolo 34.
2. Per le unita' indicate nell'articolo 6, comma 4, il certificato e' rilasciato dall'Autorita' marittima,
a seguito di verifica nel corso di una visita occasionale da parte degli organi di vigilanza.
3. Dopo il rilascio del certificato, l'Autorita' marittima, sentita l'Azienda unita' sanitaria locale
competente, qualora lo ritenga opportuno, autorizza cambiamenti di lieve entita' rispetto alle
condizioni inerenti l'ambiente di lavoro a bordo indicate nel piano di sicurezza approvato, purche'
sia garantito un livello equivalente di sicurezza ed igiene dell'ambiente di lavoro.
196
Art. 34
Criteri progettuali e costruttivi
1. Con regolamento da adottare, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 agosto 1988, n. 400 entro
90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, dal Ministro dei trasporti e della Navigazione
di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, della sanita', e' emanata la
normativa tecnica per la costruzione e le sistemazioni relative all'ambiente di lavoro a bordo delle
navi mercantili e da pesca nazionali, in conformita' anche con le disposizioni di cui alle
convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n.109, n. 134 ratificate e rese
esecutive con la legge 10 aprile 1981, n. 157, nonche' n. 92 e n. 133 ratificate e rese esecutive con
la legge 10 aprile 1981, n. 158.
2. Con l'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, la legge 16 giugno 1939, n.1045 e'
abrogata.
Art. 35
Sanzioni relative agli obblighi dell'armatore e del comandante
1. L'armatore e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la
violazione degli articoli 6 commi 1, 2, 3, 5 lettera a); 23 comma 3, secondo periodo; 24, comma 1;
27, commi 2, 3 e 4;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione
dell'articolo 14.
2. Il comandante e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la
violazione degli articoli 22, comma 2; 24, comma 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per
la violazione dell'articolo 7, comma 1, lettere a), b), d) ed e).
3. L'armatore ed il comandante sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per
violazione degli articoli 6, comma 5 lettere f), g), i), n) e q); 16, comma 4; 22, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per
la violazione degli articoli 6, comma 5, lettere b), c), d), e), h), l), o) e p); 12, comma 7; 27, comma
1;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione
dell'articolo 6, comma 5, lettera m).
Art. 36
Sanzioni relative agli obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori marittimi sono puniti con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire
quattrocentomila a lire un milioneduecentomila per la violazione dell'articolo 8.
Art. 37
Sanzioni relative agli obblighi del medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione dell'articolo 23, comma 1, lettere b), c), g);
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecento mila a lire tre milioni per la
violazione dell'articolo 23, comma 1, lettere d), e), f), h) e comma 3 primo periodo.
197
Art. 38
Sanzioni relative agli obblighi del titolare dell'impresa appaltatrice e dell'armatore
1. La violazione dell'articolo 10, comma 2, e' punita con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda
da lire tre milioni a lire otto milioni.
2. La violazione dell'articolo 10, commi 1 e 3, e' punita con l'arresto da due a quattro mesi o con
l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni.
Art. 39
Estinzione delle contravvenzioni
1. Alle contravvenzioni di cui agli articoli 35, commi 1, lettera a), 2, 3, lettere a), b); 36; 37 e 38 si
applicano le disposizioni del Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.
Art. 40
Sanzioni amministrative
1. Qualora l'Autorita' marittima riscontri che a bordo dell'unita' mercantile o da pesca nazionale vi
siano difformita' rispetto al piano di sicurezza approvato ed al relativo "Certificato di sicurezza
dell'ambiente di lavoro" che comportino rischi per l'igiene e la sicurezza del lavoratore marittimo,
provvede, ai sensi dell'articolo 181 del codice della navigazione, non concedendo il rilascio delle
spedizioni.
Art. 41
Disciplina sanzionatoria
1. All'accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto e
all'applicazione delle sanzioni amministrative provvede l'Autorita' marittima. Alla vigilanza ai fini
penali, alle prescrizioni e alla applicazione del Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758, provvedono gli organi di vigilanza di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), in coordinamento
tra loro.
Art. 42
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri del lavoro
e previdenza sociale e della sanita', si provvede:
a) al riconoscimento della conformita' alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori
marittimi di mezzi e sistemi di sicurezza utilizzati a bordo delle navi;
b) all'attuazione di direttive della Unione europea in materia di sicurezza e salute dei lavoratori
marittimi a bordo delle navi per le parti in cui modificano modalita' esecutive e caratteristiche di
ordine tecnico di altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
c) all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica degli allegati al presente decreto
e del regolamento di cui all'articolo 34 in relazione al progresso tecnologico nel settore marittimo.
Art. 43
Oneri relativi a prestazioni e controlli
1. Gli oneri derivanti al Ministero per le spese relative a studi, analisi, istruttorie, valutazioni
tecniche, controlli e vigilanza da eseguirsi in applicazione delle disposizioni del presente decreto
sono poste a carico dei richiedenti, secondo tariffe e modalita' da stabilirsi entro 90 giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o piu' decreti del Ministro dei trasporti e
198
della navigazione di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione e
economica.
ALLEGATO I
(rif. art. 6 comma 5 lettera d)
FATTORI DI FATICA
1 Introduzione
1.1 Lo scopo di questo documento e' quello di fornire una descrizione generale del fattore fatica, al
fine di identificare le attivita' lavorative a bordo delle navi che possono contribuire alla fatica,
classificare tali fattori in esplicite categorie e indicare il punto con cui i fattori possono essere
messi in relazione.
1.2 L'obiettivo e' quello di aumentare la consapevolezza di coloro che svolgono attivita' in campo
marittimo dell'importanza di questi fattori e di tenerne conto nel momento in cui si prendono
decisioni operative.
2 Descrizione generale della fatica
2.1 La fatica ha come conseguenza la diminuzione delle prestazioni dell'uomo, il rallentamento dei
riflessi fisici e mentali e/o la riduzione della capacita' di fare valutazioni razionali.
2.2 La fatica puo' essere provocata da fattori come il prolungamento di periodi di attivita' fisiche o
mentali, riposo inadeguato, condizioni ambientali avverse, fattori fisiologici e/o stress o altri fattori
psicologici.
3 Classificazione dei fattori di fatica collegati al gruppo
3.1 Nel caso dei marittimi le principali cause di fatica piu' comunemente riconosciute e
documentate sono la cattiva qualita' del riposo, gli eccessivi carichi di lavoro, l'eccessivo rumore
ed i rapporti interpersonali. I fattori che contribuiscono a creare tali cause di fatica sono vari.
L'importanza dei fattori che contribuiscono alle cause di fatica si differenziano in relazione alle
varie attivita'. Alcuni fattori sono piu' trattabili che altri. Alcuni possono essere raggruppati come
segue:
3.1.1 Gestione a terra e a bordo della nave e responsabilita' di Amministrazione:
- programmazione del lavoro e periodi di riposo;
- gradi di armamento;
- assegnazione di mansioni;
- comunicazione a terra della nave;
- unificazione delle procedure di lavoro;
- pianificazione dei viaggi;
- procedure di tenuta della guardia;
- politica di armamento;
- operazioni portuali;
- servizi ricreativi;
- compiti amministrativi;
3.1.2 Fattori relativi alla nave:
- grado di automazione;
- affidabilita' delle attrezzature;
- caratteristiche del movimento;
- livelli di rumore, calore e delle vibrazioni;
- qualita' dell'ambiente di vita e di lavoro;
- caratteristiche e requisiti del carico;
199
- progettazione navale;
3.1.3 Fattori relativi all'equipaggio:
- completezza di addestramento;
- esperienza;
- compatibilita' della composizione dell'equipaggio;
- qualita' e competenza dell'equipaggio.
3.1.4 Fattori ambientali esterni:
- condizioni meteorologiche;
- condizioni portuali;
- condizioni di ghiaccio;
- densita' del traffico navale.
4 Disposizioni generali
4.1 Direzione a terra a bordo e altre responsabilita' di Amministrazione
4.1.1 E' essenziale che la Direzione fornisca chiare concise e scritte guide al fine di assicurare che
l'equipaggio della nave abbia familiarita' con le procedure operative della nave, le caratteristiche
del carico, la lunghezza del viaggio, la destinazione, le normali procedure di comunicazione
interna ed esterna e l'acquisizione della conoscenza delle procedure di gestione della nave.
4.1.2 La Direzione deve controllare che l'equipaggio che si assegna alla nave deve essere
sufficientemente riposato prima di assumere le mansioni di bordo.
4.2 Fattori specifici della nave
4.2.1 Nella progettazione o modificazione delle navi devono essere tenuti in conto le prescrizioni,
raccomandazioni, norme e pubblicazioni che riguardano i sopra elencati fattori di fatica. Inoltre
dovrebbero essere considerati, nel momento di progettazione delle navi, l'adozione di mezzi per
prevenire la fatica da questi fattori.
4.3 Fattori specifici dell'equipaggio
4.3.1 Il perfezionamento dell'addestramento deve essere considerato importante nella prevenzione
della fatica. Idoneita' alla mansione, compresa l'idoneita' medica, appropriati titoli professionali
esperienza lavorativa e caratteristiche dei membri dell'equipaggio sono considerati importanti in
questo contesto.
4.3.2 E' importante che la Direzione della nave riconosca le problematiche che derivano
dall'impiego di equipaggi multinazionali sulla stessa unita', consuetudine che potrebbe avere come
conseguenza ostacoli nel linguaggio, isolamento sociale, culturale e religioso, tutto cio' puo'
portare problemi alla sicurezza.
4.3.3 Particolare accento deve essere posto dalla Direzione sui rapporti interpersonali, sulla
solitudine carenza sociale e aumenti dei carichi di lavoro che possono verificarsi con un
equipaggio ridotto.
4.3.4 La noia puo' contribuire alla fatica percio' e' necessario fornire ai marittimi opportuni stimoli.
4.4 Fattori ambientali esterni
4.4.1 Si dovrebbe riconoscere che i fattori ambientali esterni contribuiscono alla fatica.
200
Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 272
"Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di
operazioni e servizi portuali, nonche' di operazioni di manutenzione, riparazione e
trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 1999 - Supplemento Ordinario n. 151
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 31 dicembre 1998, n. 485, concernente la delega al Governo in materia di sicurezza
del lavoro nel settore portuale marittimo;
Visto il codice della navigazione approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327;
Visto il regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima)
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.547, recante norma per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, recante norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante norme generale per
l'igiene del lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321, recante norme per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione
internazionale del lavoro n. 139 sulla prevenzione ed il controllo dei rischi professionali causati da
sostanze ed agenti cancerogeni;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 159, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione
internazionale del lavoro n. 147 relativa alle norme minime di sicurezza da osservare sulle navi
mercantili;
Vista la legge 19 novembre 1984, n. 862, inerente la ratifica ed esecuzione della convenzione
dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) n. 152 relativa alla sicurezza e all'igiene del
lavoro nelle operazioni portuali;
Vista la legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato;
201
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, concernente attuazione di direttive in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 1991, n. 304, concernente l'attuazione di direttive relative
ai carrelli semoventi per movimentazione;
Visto il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, concernente attuazione della direttiva
89/686/CEE in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai
dispositivi di protezione individuale;
Vista la legge 28 gennaio 1994, n. 84, concernente il riordino della legislazione in materia
portuale, e successive modificazioni ed integrazioni;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, inerente attuazione di direttive riguardanti il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, concernente attuazione di direttive Euratom in
materia di radiazioni ionizzanti;
Visto il decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, recante modifiche ed integrazioni al citato
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, concernente le prescrizioni minime di sicurezza
e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, concernente attuazione della direttiva
92/58/CEE in ordine alle prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e salute sul luogo di
lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, concernente attuazione di
direttive riguardanti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1997, n. 268, concernente attuazione di
direttive relative alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della
Comunita' o che ne escano e che trasportano merci pericolose o inquinanti;
Visto il decreto legislativo 3 agosto 1998, n. 314, concernente attuazione di direttive relative alle
disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo
delle navi e per le pertinenti attivita' delle amministrazioni marittime;
Vista la preliminare determinazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 4 giugno
1999; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 23 luglio
1999; Sulla proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione;
E M A N A
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI SICUREZZA E IGIENE DEL LAVORO INERENTI
LE OPERAZIONI E I SERVIZI PORTUALI
202
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Oggetto
1. Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro alle particolari esigenze delle operazioni e dei servizi svolti nei porti,
comprese le operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito
portuale, in modo da:
a) assicurare la tutela della salute e la prevenzione degli infortuni e malattie professionali;
b) determinare gli obblighi e le responsabilita' specifiche del datore di lavoro, dei lavoratori in
relazione alla valutazione dei rischi derivanti da agenti chimici, fisici e biologici;
c) definire i criteri relativi all'organizzazione dei sistema di prevenzione, igiene e sicurezza dei
lavoro;
d) dettare le disposizioni generali sull'impiego dei mezzi personali di protezione;
e) adottare le misure di sicurezza in presenza di condizioni particolari di rischio;
f) assicurare la formazione e l'informazione del personale addetto alle operazioni ed ai servizi
portuali, nonche' alle operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in
ambito portuale.
2. Per quanto non diversamente previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni di cui al
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo
1996, n. 242.
Art. 2
Campo di applicazione
1. Le norme del presente decreto si applicano alle operazioni ed ai servizi portuali e alle operazioni
di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale.
2. Il presente decreto non si applica ai depositi e stabilimenti di prodotti petroliferi o chimici allo
stato liquido e di altri prodotti affini, siti in ambito portuale.
Art. 3
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) operazioni e servizi portuali: operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e
movimentazione in genere delle merci e di ogni altro materiale, operazioni complementari ed
accessorie svolte nell'ambito portuale;
b) operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione navale: qualsiasi operazione di
manutenzione, riparazione e trasformazione effettuata su navi in armamento o in disarmo
ormeggiate o ancorate in ambito portuale;
c) datore di lavoro: il titolare dell'impresa portuale; il comandante della nave che si avvale dei
membri dell'equipaggio per i servizi e le operazioni portuali, in regime di autoproduzione, ai sensi
dell'articolo 16, comma 4 lettera d) della legge 28 gennaio 1994, n. 84, o per operazioni di
riparazione e manutenzione navale; il titolare dell'impresa di manutenzione, riparazione e
trasformazione delle navi;
d) merce pericolosa: la merce di cui al codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci
pericolose (Codice I.M.D.G.);
e) accessori di sollevamento e di imbracatura: quelli definiti dal punto 4.1.1. dell'allegato I del
decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996, n. 459;
f) luoghi di lavoro a terra: aree di carico, scarico e trasbordo delle merci e relativi accessi;
g) luoghi di lavoro a bordo: luoghi ove si svolgono operazioni e servizi portuali e operazioni di
203
manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale;
h) locali chiusi e angusti: ambienti di lavoro chiusi a bordo di nave, di dimensioni ridotte, privi di
adeguata ventilazione naturale;
i) Autorita': l'Autorita' portuale o, ove non istituita, l'Autorita' marittima;
l) ambito portuale: area delimitata e disegnata dal piano regolatore portuale.
Art. 4
Documento di sicurezza
1. Il datore di lavoro elabora il documento di cui articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994
e successive modifiche, di seguito denominato documento di sicurezza, contenente anche:
a) la descrizione delle operazioni e dei servizi portuali oggetto dell'attivita' dell'impresa portuale;
b) l'individuazione di ogni fase o ciclo di lavoro, in relazione alla tipologia della nave, della merce
e dei materiali movimentati e dell'attrezzatura portuale utilizzata;
c) il numero medio dei lavoratori ed il loro impiego per ogni ciclo ed ambiente di lavoro;
d) la descrizione dei mezzi ed attrezzature utilizzati dall'impresa per le operazioni e i servizi
portuali;
e) l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione e dei dispositivi di protezione
individuale da adottare in relazione ai rischi derivanti dalle operazioni e dai servizi portuali;
f) le misure da mettere in atto per la prevenzione e la lotta contro l'incendio, per la gestione
dell'emergenza e per il pronto soccorso;
g) per il titolare dell'impresa concessionaria del terminal di cui all'articolo 18, della legge n. 84 del
1994, le misure adottate per la circolazione all'interno dell'area.
2. Il documento di sicurezza deve essere custodito presso la sede dell'impresa portuale e copia
dello stesso deve essere trasmessa all'Autorita' e all'Azienda unita' sanitaria locale competente.
3. Qualora nel corso delle operazioni e dei servizi portuali insorgano fatti tali da comportare la
sospensione delle operazioni stesse, il datore di lavoro e' tenuto a ripristinare le condizioni di
sicurezza.
4. Il datore di lavoro comunica all'Autorita' gli eventi di cui al comma 3.
Art. 5
Obblighi del datore di lavoro in ordine alla prevenzione incendi evacuazione dei lavoratori,
pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, nel corso delle operazioni e dei servizi portuali, deve:
a) prevedere, in caso di operazioni nave-nave, un mezzo nautico o idoneo mezzo collettivo di
salvataggio allo scopo di garantire sia l'evacuazione dei lavoratori sia l'eventuale trasporto di
infortunati;
b) avvalersi del "servizio integrativo antincendio portuale", di cui alla legge 13 maggio 1940, n.
690 ed alla legge 27 dicembre 1973, n. 850, in tutti i casi previsti dall'Autorita' in regolamenti od
ordinanze, emanati su conforme parere del comandante provinciale dei vigili dei fuoco, ferma
restando la possibilita' di avvalersi dell'autoproduzione prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n.
287.
Art. 6
Formazione dei lavoratori
1. Il Ministero dei trasporti e della navigazione promuove corsi di formazione ed aggiornamento
dei lavoratori addetti alle operazioni ed ai servizi portuali, nonche' alle operazioni di
manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale in materia di sicurezza
ed igiene del lavoro, con onere a carico dei datori di lavoro.
204
2. Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri del lavoro
e della previdenza sociale e della sanita', sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative a livello nazionale delle imprese datoriali e dei lavoratori, sono stabiliti contenuti e
modalita' per lo svolgimento dei corsi di cui al comma 1, nonche' criteri per il rilascio delle
relative certificazioni.
Art. 7
Comitato di igiene e sicurezza del lavoro
1. In sede locale l'Autorita' puo' istituire comitati di sicurezza e igiene del lavoro presieduti
dall'Autorita' stessa, con la partecipazione di un rappresentante dell'Azienda unita' sanitaria locale
competente, e composti da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, per la formulazione
di proposte in ordine alle misure di prevenzione e tutela per la sicurezza ed igiene del lavoro.
CAPO II
DISPOSIZIONI INERENTI LE OPERAZIONI E I SERVIZI PORTUALI
Art. 8
Mezzi di accesso a bordo non in dotazione della nave
1. Il datore di lavoro mette a disposizione mezzi di accesso a bordo aventi le seguenti
caratteristiche:
a) larghezza minima di 0,55 m.;
b) corrimano ai lati o barriere di protezione laterali di altezza netta minima non inferiore a 0,80 m.;
c) listelli antisdrucciolo e di tipo fisso;
d) sistemi di illuminazione;
e) rete di protezione da posizionarsi in corrispondenza del punto terminale dei mezzi al di sotto
degli stessi.
Art. 9
Scale di accesso alle stive non in dotazione alla nave
1. Nella nave il cui fondo e' situato a piu' di 1,50 metri dal livello della coperta, e non vi siano
scale di accesso alle stive in corrispondenza delle paratie terminali, il datore di lavoro mette a
disposizione scale di accesso alle stive aventi le seguenti caratteristiche:
a) per i piedi un appoggio sicuro la cui profondita', aumentata dello spazio retrostante alla scala,
sia di almeno 115 mm. per una larghezza di almeno 250 mm., e per le mani un appoggio robusto;
b) non ubicate internamente sotto il ponte piu' di quanto sia necessario per non ostruire il
boccaporto;
c) poste sulla stessa linea dei dispositivi, che la continuano attraverso i battenti o mastre dei
boccaporti, fissati ai battenti o alle mastre stesse e che offrano sostegno ai piedi e alle mani come
indicato alla lettera a);
d) munite di ganci di trattenuta da ancorare ad elementi fissi e aventi una lunghezza tale che
almeno un montante superi di 1 metro il piano di calpestio superiore, qualora le scale impiegate
siano di tipo non fisso.
2. Ove non sia possibile, in relazione alla costruzione della nave o al tipo di merce trasportata,
utilizzare una scala, il datore di lavoro mette a disposizione altri mezzi di accesso alle stive,
purche' soddisfino le condizioni di sicurezza; e', comunque, vietato l'utilizzo di scale di corda di
forma marinaresca del tipo biscagline.
Art. 10
Spazio libero per l'accesso alle stive
205
1. Il datore di lavoro deve:
a) in corrispondenza dei battenti o mastre dei boccaporti dei corridoi lasciare libero uno spazio di
larghezza non inferiore a 80 cm per poter raggiungere i mezzi di accesso alle stive;
b) per le navi aventi merci in coperta prendere opportune misure atte a rendere possibile il
passaggio in sicurezza dei lavoratori.
Art. 11
Boccaporti
1. Il datore di lavoro deve provvedere affinche':
a) durante le fasi di chiusura e apertura dei boccaporti e di manovra di dispositivi di chiusura,
azionati da forza motrice, come porte a murata, rampe, ponti garage mobili, le operazioni siano
segnalate in modo da consentire l'allontanamento tempestivo dei lavoratori;
b) i boccaporti delle stive, il cui fondo sia situato a piu' di 1,50 metri dal livello della coperta,
quando non protetti fino ad una altezza netta di almeno 75 cm. da battenti o mastre, siano chiusi,
se non utilizzati per le operazioni; nel caso in cui tali boccaporti siano aperti, ma coperti da tendoni
o da cagnari, siano opportunamente protetti e segnalati.
2. Le misure del presente articolo si applicano anche durante i periodi di riposo ed altre
interruzioni di lavoro.
Art. 12
Locali chiusi a bordo delle navi
1. Il datore di lavoro, prima di fare iniziare il lavoro in qualsiasi locale chiuso, deve:
a) provvedere che l'ambiente sia stato convenientemente aerato;
b) far sottoporre ad adeguato periodo di ventilazione locali o depositi chiusi contenenti prodotti,
merci o sostanze che possono emanare esalazioni tossiche e nocive per la salute del lavoratore
stesso.
2. Il datore di lavoro deve provvedere affinche' il lavoratore che per primo accede ai predetti
ambienti sia munito di cintura di sicurezza con corde di adeguata lunghezza e sorvegliato
dall'esterno dell'apertura di accesso in modo da poter essere tratto fuori tempestivamente in caso di
emergenza.
Art. 13
Lavoro in stiva
1. Il datore di lavoro non puo' far lavorare nella stessa stiva piu' di una squadra alla volta, a meno
che il lavoro non si svolga in sezioni non adiacenti situate in modo tale che la distanza fra i ganci
dei rispettivi mezzi di sollevamento risulti comunque non inferiore a 6 metri e sempreche' non
sussista la possibilita' di contatto tra mezzi di sollevamento al massimo sbraccio. Non puo', altresi',
impiegare nella medesima stiva piu' di due squadre dislocate a livelli diversi, ma sovrastanti.
Art. 14
Registro degli apparecchi e degli accessori
1. E' istituito, secondo un modello da stabilirsi con decreto del Ministro dei trasporti e della
navigazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un registro
in cui siano indicati il numero e la tipologia degli apparecchi di sollevamento e degli accessori e,
limitatamente alla nave, a quei mezzi non fissi in dotazione della nave, che deve essere custodito
dal datore di lavoro.
206
2. Il registro, comprensivo di certificati ovvero verbali rilasciati ai sensi della vigente normativa in
occasione di verifiche degli apparecchi di sollevamento e degli accessori da parte dei competenti
organi, deve essere tenuto a disposizione dell'Autorita', che puo' richiederne l'esibizione.
Art. 15
Controllo degli accessori degli apparecchi di sollevamento a terra
1. Il datore di lavoro deve sottoporre a controllo integrale almeno una volta all'anno ogni tipo di
accessorio e verificare, prima di ogni movimentazione, le braghe nei carichi pre-imbragati.
Art. 16
Manovra degli apparecchi di sollevamento di bordo
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il carico sia sollevato solo dopo essere stato imbracato o altrimenti fissato in modo sicuro
all'apparecchio di sollevamento dal segnalatore.
b) non sia superata in alcun caso la portata massima indicata sugli apparecchi di sollevamento e,
qualora gli stessi abbiano piu' di una portata massima di utilizzo, siano dotati di efficaci dispositivi
che permettano al manovratore di determinare la portata massima in tutte le condizioni di utilizzo,
informandone l'impresa portuale.
Art. 17
Utilizzo dei veicoli nei magazzini e nelle stive
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i magazzini o le stive, nei quali si opera con carrelli, siano convenientemente aerati;
b) sia apposta ben chiara, nei piani superiori, l'indicazione del carico ammissibile per metro
quadrato e del peso lordo a pieno carico del carrello impiegabile.
Art. 18
Uso dei trasportatori meccanici continui
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i trasportatori meccanici continui, nei punti di carico e scarico, alla testa motrice e a quella di
rinvio, nonche' in altri punti, siano dotati di appropriati dispositivi per il rapido arresto
dell'apparecchio;
b) i comandi per la manovra di due o piu' trasportatori meccanici continui che lavorano in serie,
consentano che il movimento s'interrompa, anche quando uno di essi si arresta;
c) ogni inizio e ripresa del movimento, quando i trasportatori si prolungano fuori del campo visivo
dei posti di comando, sia preceduto da un segnale convenuto, ottico od acustico;
d) i trasportatori meccanici continui siano dotati di dispositivi atti ad evitare l'accumulo e la
fuoriuscita del materiale e siano facilmente individuabili e raggiungibili senza pericolo i punti di
lubrificazione ed ingrassaggio.
Art. 19
Uso dei trasportatori pneumatici
1. Il datore di lavoro, per l'uso dei trasportatori pneumatici, provvede affinche':
a) le aperture d'entrata dell'aria delle soffiere e dei ventilatori aspiranti siano protette con robusti
graticci o griglie metalliche;
b) ogni mezzo di aspirazione sia dotato di un idoneo strumento di misura della depressione che dia
all'operatore un'indicazione visiva in qualunque momento dello stato della depressione;
c) ogni mezzo di aspirazione sia in grado di emettere un segnale acustico a qualsiasi persona che
lavori nelle vicinanze quando la depressione scende all'80% o meno del valore di regime stabilito
o nella eventualita' che una pompa di aspirazione cessi di funzionare;
207
d) il dispositivo di aspirazione sia usato solamente sul tipo di merce particolarmente adatta ad
essere trattenuta o aspirata con la depressione o, altrimenti, su carichi che abbiano una superficie
idonea per la presa a "ventosa";
e) durante le operazioni di aspirazione, nessuna persona possa accedere nella stiva o in qualsiasi
altro luogo dove possa esservi un cedimento del carico o parte di esso, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
Art. 20
Operazioni sui vagoni ferroviari
1. Il datore di lavoro deve:
a) vietare, durante le manovre di carico e scarico di merci alla rinfusa e di carico di tronchi sui
vagoni, la presenza dei lavoratori sui vagoni stessi;
b) fornire ai lavoratori scale o altri mezzi idonei, qualora esigenze operative impongano la verifica
delle merci o la copertura dei carri scoperti;
c) far utilizzare, per il carico e lo scarico di merci in colli, appositi piani caricatori mobili ausiliari
del tipo piattaforme, plancher, sui quali i lavoratori possano trovare collocazione esterna al campo
di azione dei mezzi di sollevamento;
d) provvedere affinche' i piani caricatori siano completi di indicazione di massimo carico espresso
in kg per mq di superficie e protetti sui lati da parapetti o difese equivalenti qualora la loro altezza
da terra superi 1,50 metri.
Art. 21
Informazioni ai lavoratori relativamente alle merci pericolose
1. Il datore di lavoro, in base alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione d'imbarco o nel nulla-
osta allo sbarco rilasciata dall'Autorita' marittima, deve informare i lavoratori incaricati della
esecuzione delle operazioni portuali sulla natura pericolosa delle merci, impartendo istruzioni in
ordine alle modalita' delle operazioni, agli attrezzi da usare ed alle cautele da adottare per la loro
manipolazione.
Art. 22
Sosta nelle aree portuali di merci pericolose
1. L'Autorita', sentita l'azienda unita' sanitaria locale competente, stabilisce i tempi, i limiti e le
modalita' relativi al deposito temporaneo delle merci pericolose nelle aree portuali in attesa di
imbarco o di deflusso.
Art. 23
Sostanze radioattive
1. Il datore di lavoro deve assicurarsi che la movimentazione o la manipolazione ed il deposito di
colli contenenti sostanze radioattive siano effettuati per il tempo strettamente necessario secondo
le modalita' individuate dall'Autorita' sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente.
Art. 24
Utilizzazione delle pallets
1. Il datore di lavoro provvede affinche' le pallets, comprese quelle "a perdere", siano:
a) di buona e di adeguata resistenza allo scopo per cui sono impiegate;
b) mantenute in buono stato di conservazione;
c) impiegate in modo appropriato.
208
2. Il datore di lavoro provvede, altresi', affinche':
a) nell'alzata il carico sia ben bilanciato e le braghe, stringendosi, non danneggino il carico e le
stesse pallets;
b) per l'accatastamento, con non piu' di quattro pallets cariche, sia costituita una solida base sul
pavimento, o sul ponte, o sopra le precedenti pallets;
c) i forcali dei carrelli per la movimentazione penetrino nelle pallets per una profondita' pari al
75% della sua larghezza parallelamente ad essa;
d) le pallets a perdere non siano reimpiegate; qualora esse siano reimpiegabili, le stesse siano
maneggiate accuratamente e sistemate con ordine.
Art. 25
Precauzioni per i lavoratori per le operazioni relative a merci alla rinfusa solide e merci
pericolose
1. Il datore di lavoro deve:
a) qualora il carico alla rinfusa sia suscettibile di emettere gas tossico o infiammabile o di causare
impoverimento del contenuto di ossigeno nell'ambiente provvedere, tramite un consulente chimico
di porto, alla misurazione della concentrazione di gas ed ossigeno nell'aria e all'adozione, sulla
base dei risultati delle analisi, delle opportune misure di sicurezza; comunicandole all'Autorita',
che puo' disporre controlli;
b) qualora durante le operazioni relative a merci alla rinfusa i lavoratori debbano scendere ad
operare in stiva o negli interponti, mettere a disposizione dei lavoratori scale fisse, o mobili pronte
all'uso, atte ad assicurare un'immediata evacuazione in caso di pericolo per carico franante;
c) nello sbarco di rinfusa a mezzo apparecchi aspiranti, assicurarsi che i lavoratori, addetti ad
operazioni da effettuarsi in stiva, utilizzino idonee cinture di sicurezza.
Art. 26
Utilizzo di benne
1. Il datore di lavoro deve, quando lo scarico viene eseguito per mezzo della "benna" o altri mezzi
simili, provvedere affinche' non sia effettuato il cosiddetto "lancio della benna", teso a raccogliere
la merce in punti della stiva difficilmente accessibili all'attrezzo.
Art. 27
Precauzioni per i lavoratori relativamente alle merci congelate o refrigerate
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i pompaggi di alimentazione del circuito frigorifero cessino prima dell'inizio delle operazioni
nell'ambiente interessato;
b) quando all'interno della stiva o locale' o contenitore frigorifero la temperatura e' inferiore a -14
c, il tempo di impiego dei lavoratori addetti alla movimentazione delle merci all'interno di detti
locali sia contenuto in modo da garantire condizioni di sicurezza e di salute;
c) non siano effettuate operazioni quando la temperatura all'interno della stiva o cella frigorifera e'
inferiore a -22 c.
Art. 28
Merce in colli e in contenitori
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) l'accesso dei lavoratori al piano superiore di merci in colli che non superino i 5 metri di altezza e
dei contenitori appilati su due ordini sia consentito con l'uso di scale portatili, purche' queste siano
di lunghezza tale da garantire un sicuro ed agevole accesso alla zona di lavoro;
b) ai piani superiori delle merci in colli oltre i 5 metri di altezza e dei contenitori appilati su tre o
piu' ordini i lavoratori accedano:
1) a mezzo di piattaforme di lavoro elevabili, 2) a mezzo di gabbia, movimentata da portainer,
209
solidale con lo spreader ovvero a mezzo di spreader dotato di vano con adeguato parapetto e che la
movimentazione della gabbia avvenga lentamente ed il mezzo di sollevamento non effettui piu' di
un movimento per volta;
c) i lavoratori, che operano oltre i 5 metri di altezza o sul tetto di contenitori oltre il secondo
ordine, od ove si presenti comunque il rischio di caduta, indossino una cintura di sicurezza e siano
agganciati all'apparecchio che li ha trasportati sulla postazione di lavoro o ad altro apparecchio
equivalente.
Art. 29
Movimentazione dei contenitori
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) nelle operazioni di imbarco o sbarco, il sollevamento dei contenitori pieni sia effettuato facendo
uso degli appositi spreaders e il manovratore non proceda a virare il contenitore prima di aver
ottenuto la sicurezza della chiusura dei twist-locks, attraverso l'indicazione delle apposite alette o
delle apparecchiature automatiche di controllo; nel caso di sollevamento da camion a mezzo gru,
l'autista posizioni il contenitore nel punto di aggancio sotto lo spreader solo dopo essersi assicurato
che il contenitore sia libero dai twist. Nel caso di utilizzo di spreaders a chiusura manuale, al
manovratore sia comunicato che la chiusura dei twist-locks e' stata effettuata; qualora non siano
disponibili spreaders, la manovra dei contenitori sia effettuata mediante imbragatura che assicuri la
verticalita' dei calanti d'angolo;
b) i contenitori siano movimentati uno per volta, a meno che non siano disponibili spreaders od
idonei congegni predisposti per operazioni multiple;
c) i contenitori siano movimentati anche con carrelli elevatori equipaggiati con idonee forche, solo
nel caso in cui siano forniti delle apposite tasche di presa.
2. Il datore di lavoro puo' derogare alle prescrizioni di cui al comma 1, lettera a), per la
movimentazione dei contenitori vuoti, purche' siano adottate cautele volte ad assicurare la corretta
esecuzione delle operazioni ed a garantire l'incolumita' dei lavoratori.
Art. 30
Contenitori appilati e su pianali
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i contenitori appilati su piu' ordini siano sistemati in modo che i blocchi d'angolo combacino fra
di loro, per garantire stabilita' a tutto l'appilaggio e che il massimo strapiombo rispetto alla
verticale non superi l'1,5%;
b) i contenitori caricati su pianale siano ad esso assicurati mediante serraggio dei rispettivi twist -
locks, a meno che il pianale non sia fornito di apposite guide laterali e d'angolo di invito e
contenimento.
Art. 31
Protezioni e dotazioni dei mezzi addetti alla movimentazione dei contenitori
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) la parte retrostante della cabina di guida dei trattori e delle automotrici addetti alla
movimentazione dei contenitori nei terminali sia dotata di strutture idonee a proteggere il
conducente da contatti violenti in direzione orizzontale, salvo l'utilizzo di rimorchi specializzati;
b) i mezzi meccanici di sollevamento e movimentazione dei contenitori siano dotati di fanaleria di
circolazione di efficacia almeno pari a quella prevista per le macchine operatrici in genere; siano
inoltre equipaggiati con fanali atti a realizzare condizioni di illuminazione di massima sicurezza
nell'area operativa, oltre che con dispositivo acustico, con luce gialla lampeggiante ed ogni altro
dispositivo che le condizioni di esercizio locali facciano presumere utile per la sicurezza degli
addetti;
210
c) ogni mezzo, oltre ai normali freni di esercizio, sia dotato di freno di soccorso da azionarsi in
caso di pericolo.
2. Il datore di lavoro provvede, altresi', che all'interno del terminale nessun mezzo, compresi gli
autoveicoli, superi la velocita' di 30 Km/h.
Art. 32
Ausilio ai conducenti dei mezzi di movimentazione dei contenitori
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) la circolazione dei mezzi operativi lungo la viabilita' sia eseguita con l'ausilio di segnalatori a
terra ogni qual volta il conducente del mezzo non sia in grado di controllare visivamente, in tutto o
in parte, il percorso da seguire;
b) il segnalatore ed i lavoratori presenti nelle aree operative indossino indumenti ad alta visibilita'
con bande o bretelle rifrangenti.
Art. 33
Movimentazione di merci in colli e in contenitori in aree portuali non specializzate e non recintate
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) non siano utilizzate macchine movimentatrici a portale del tipo transcontainers, ponti mobili su
rotaie, e quelle di tipo a cavaliere, quali straddle carriers e simili;
b) la velocita' di spostamento dei mezzi meccanici di sollevamento e movimentazione non superi i
20 Km/h;
Art. 34
Divieto di imbarco di veicoli con sovraccarico su navi traghetto e navi a carico orizzontale
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) non vengano imbarcati veicoli merci il cui carico risulti superiore alla portata indicata nel
documento di circolazione;
b) la manovra di imbarco e sbarco avvenga con a bordo solamente il conducente.
Art. 35
Stivaggio dei veicoli e sistemazione a bordo su navi traghetto e navi a carico orizzontale
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) prima dell'imbarco a bordo sia accertato che non vi siano perdite di combustibile dal mezzo da
imbarcare;
b) i veicoli siano rizzati in modo sicuro;
c) i veicoli e le merci siano distanziati in maniera da consentire un agevole accesso ai lavoratori
addetti alle operazioni di rizzaggio e derizzaggio e comunque intorno ad ogni veicolo sia lasciato
uno spazio libero non inferiore a 40 cm;
d) siano lasciati liberi i passaggi di disimpegno e le zone prospicienti i mezzi antincendio;
e) siano tenuti fermi il tergicristallo ed eventuali altri servizi elettrici;
f) siano tenute spente le luci esterne ed interne;
g) non siano chiuse a chiave le porte;
h) durante l'imbarco, la permanenza a bordo e lo sbarco dei veicoli non sia consentito fumare ed
eseguire sulla nave lavori che comportino l'uso di fiamme libere o che possano generare sorgenti
di ignizione nel locale veicoli e nelle zone scoperte di ponte su cui sono sistemati;
i) il motore dei veicoli sia tenuto acceso soltanto per il tempo strettamente necessario alle
operazioni di imbarco e sbarco.
Art. 36
Livello di inquinamento e rumorosita' sulle navi traghetto e sulle navi a carico orizzontale
211
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) durante le operazioni di imbarco e sbarco il limite di inquinamento dell'aria da ossido di
carbonio sia contenuto al di sotto di 50 ppm; se tale limite e' superato, siano utilizzate idonee
misure protettive individuali; se la concentrazione di ossido di carbonio raggiunge 75 ppm le
operazioni siano sospese e le persone presenti nel locale siano allontanate;
b) qualora il livello di rumorosita' superi gli 85 decibels siano utilizzate idonee misure protettive
individuali.
Art. 37
Norme particolari per le navi a piu' ponti provviste di elevatori
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) durante la manovra di imbarco e sbarco e in fase di movimentazione all'interno della nave, il
conducente del veicolo sia assistito da un segnalatore il quale deve indossare indumenti ad alta
visibilita' con bande o bretelle rifrangenti;
b) siano predisposte idonee misure, quali difese mobili, candelieri o mezzi simili, volte a
proteggere il vano di corsa dell'elevatore da qualsiasi possibilita' di accesso, quando la piattaforma
mobile non e' presente.
TITOLO II
DISPOSIZIONI INERENTI LE OPERAZIONI DI MANUTENZIONE, RIPARAZIONE E
TRASFORMAZIONE
Art. 38
Documento di sicurezza
1. Qualora i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione siano eseguiti da piu' imprese,
l'armatore o il comandante della nave designa l'impresa capo-commessa.
2. Il titolare dell'impresa capo-commessa nomina il responsabile tecnico dei lavori a bordo ed
elabora il documento di sicurezza di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 626 dei 1994 e
successive modifiche, contenente anche:
a) l'individuazione delle fasi di lavoro e delle principali attrezzature utilizzate, e delle imprese che
eseguono i lavori;
b) l'indicazione del tecnico responsabile dei lavori a bordo;
c) la localizzazione ed il numero medio dei lavoratori per ogni fase ed ambiente di lavoro;
d) le fasi nelle quali si puo' verificare la presenza contemporanea di un numero consistente di
lavoratori che svolgono lavorazioni diverse in uno stesso ambiente;
e) la descrizione delle misure di sicurezza e di igiene per le diverse fasi di lavorazione, con
particolare riguardo a quelle svolte in ambienti nei quali siano prevedibili situazioni di maggiore
rischio;
f) l'indicazione delle misure da mettere in atto per la prevenzione, la lotta contro l'incendio, per la
gestione dell'emergenza e del pronto soccorso.
3. Il titolare dell'impresa capo-commessa consegna copia del documento di cui al comma 2 alle
imprese che operano a bordo, che hanno l'obbligo di attenersi alle procedure in esso contenute ed a
informare i lavoratori del suo contenuto prima dell'inizio dei lavori.
4. Gli obblighi relativi ai rischi specifici propri dell'attivita' delle singole imprese fanno capo alle
imprese stesse.
5. Il titolare dell'impresa capo-commessa e' tenuto a conservare copia del documento e degli
eventuali aggiornamenti presso i propri uffici e a bordo, nonche' a consegnarne copia all'Autorita'
ed all'Azienda unita' sanitaria locale competente.
212
Art. 39
Accesso alla nave, posti di lavoro e di passaggio
1. Il datore di lavoro, tenendo conto del numero dei lavoratori presenti a bordo e delle operazioni
in corso, provvede affinche':
a) siano messe a disposizione, per una rapida evacuazione in caso di emergenza, oltre allo
scalandrone in dotazione della nave, altre passerelle di adeguata robustezza e sicurezza, poste in
banchina, in zone sgombre per facilitare il transito delle persone;
b) le vie di fuga dai vari locali siano segnalate con apposite "frecce" fluorescenti, ed illuminate con
impianto di luce di emergenza.
Art. 40
Parapetti dei bacini galleggianti
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i bacini galleggianti siano provvisti di piani percorribili di sommita' di parapetto normale su tutti
i lati verso il vuoto;
b) il parapetto verso l'interno del bacino sia abbattibile per consentire le operazioni di ormeggio e
disormeggio delle navi in entrata o in uscita;
c) le scale fisse, a gradini, poste all'interno dei bacini, siano, altresi', fornite di parapetto.
Art. 41
Galleggianti adibiti a lavori di manutenzione
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) le opere provvisionali, installate sui galleggianti, siano solidali con il galleggiante stesso, su cui
devono essere previste apposite sedi di ancoraggio e adeguati tiranti;
b) i ponteggi, facenti parte delle opere provvisionali del galleggiante, siano protetti su tutti i lati da
robusto parapetto ed idoneo fermapiede.
Art. 42
Impianti elettrici della nave
1. Il datore di lavoro, ove un impianto elettrico della nave venga alimentato da energia elettrica
dall'esterno, provvede affinche':
a) tutti i circuiti per ricevere l'energia elettrica siano dotati di idonea protezione di sicurezza;
b) tutti i circuiti prima di essere inseriti siano ispezionati al fine di accertarne l'idoneita' a ricevere
energia elettrica da terra in condizioni di sicurezza;
c) se la nave si trova in bacino galleggiante, essa sia messa a terra.
Art. 43
Impianti elettrici all'interno dei bacini galleggianti
1. Il datore di lavoro provvede che ogni impianto elettrico, posizionato sulla platea del bacino
galleggiante, necessario all'esecuzione dei lavori, sia a tensione di sicurezza non superiore a 50 V
o munito di idonea protezione differenziale.
Art. 44
Illuminazione di sicurezza
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) le zone interessate alla lavorazione ed al transito delle persone siano dotate di un impianto per
l'illuminazione di sicurezza alimentato da batterie di accumulatori, provviste di dispositivi di
ricarica, ovvero da gruppi elettrogeni indipendenti con dispositivo automatico di avviamento,
213
ovvero ancora da lampade di emergenza fisse con batteria incorporata.
b) le vie di sfuggita siano segnalate anche in condizione di illuminazione ordinaria.
Art. 45
Illuminazione di emergenza
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) l'impianto di illuminazione di emergenza per transito con esodo sia indipendente dall'impianto
di normale illuminazione della nave e sia adeguato a garantire l'esodo in sicurezza dei lavoratori,
assicurando l'individuazione delle vie di emergenza e delle uscite di sicurezza;
b) l'alimentazione dell'impianto di emergenza sia effettuata tramite linee dedicate ed indipendenti,
tali da garantire la normale energia di distribuzione dello stabilimento e, in caso di emergenza,
un'alternativa;
c) le lampade dell'impianto di illuminazione di emergenza siano tenute sempre accese.
Art. 46
Misure di prevenzione in caso di uso di miscele ossiacetileniche, della fiamma ossidrica, della
saldatura elettrica e sicurezza nelle operazioni di ossitaglio
1. In caso di uso a bordo di miscele ossiacetileniche, fiamma ossidrica , saldatura elettrica ad arco
per lavori di qualsiasi genere, nonche' in caso di operazioni di ossitaglio, il datore di lavoro deve
presentare domanda, corredata dal certificato di non pericolosita' rilasciato dal consulente chimico
di porto, all'Autorita' marittima affinche' la stessa, su conforme parere del comandante provinciale
dei vigili del fuoco e sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente, rilasci il nulla-osta all'uso
della fiamma.
2. La domanda di cui al comma 1 deve contenere:
a) natura e durata del lavoro;
b) descrizione dei locali nei quali viene usata la fiamma o altri simili mezzi;
c) denominazione dell'impresa che eseguira' i lavori;
d) nominativo della persona esperta responsabile dell'operazione.
3. L'Autorita' marittima rilascia il nulla-osta di cui al comma 1 indicando le misure che devono
essere adottate ai fini della sicurezza e si riserva la facolta' di avvalersi, a spese del richiedente,
dell'opera di un organo tecnico per accertamenti e controlli.
4. L'Autorita' marittima provvede a trasmettere copia dei nulla-osta di cui al comma 1 all'Azienda
unita' sanitaria locale competente ai fini della vigilanza.
5. E' vietato l'uso di fiamma e di mezzi simili su navi con passeggeri a bordo, salvo che per lavori
di lieve entita' o improrogabili.
6. Prima di iniziare i lavori di taglio, il datore di lavoro deve munirsi di un certificato di "gas-free"
rilasciato da un consulente chimico di porto, attestante che nei locali, compresi quelli adiacenti in
cui devono essere eseguiti lavori, non vi siano sostanze suscettibili di infiammarsi od esplodere
sotto l'azione del calore o delle scintille.
Art. 47
Operazioni di saldatura elettrica
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) sia predisposto un adeguato sistema di ventilazione, nonche' un sistema di aspirazione
localizzata dei fumi alla sorgente, tenuto conto della cubatura del locale;
214
b) la zona di saldatura sia protetta con schermi di intercettazione di radiazioni dirette o riflesse,
quando queste costituiscono pericolo per gli altri lavoratori.
2. Per operazioni di saldatura da effettuare in ambienti con presenza di gas inerte o in atmosfera
protetta, il datore di lavoro e' tenuto a:
a) munire i lavoratori, qualora non sia possibile dotare l'ambiente di adeguati sistemi di
ventilazione, di adeguati respiratori isolanti;
b) munire, inoltre, i lavoratori di idonea cuffia protettiva per le radiazioni U.V. e di casco con
visiera dotato di vetro inattinico;
c) schermare, nelle operazioni di saldatura su lega leggera, la zona interessata all'operazione in
modo adeguato per evitare che altri lavoratori possano essere colpiti dalle radiazioni UV. riflesse
sulla lamiera.
Art. 48
Lavori in locali chiusi e angusti
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) negli spazi chiusi e angusti, l'accesso di operai isolati avvenga soltanto con assistenza esterna;
b) sia prevista idonea ventilazione forzata ed adeguata illuminazione;
c) ove, a causa di lavori gia' effettuati o di sostanze precedentemente contenute, esistano rischi di
esplosione, incendio, intossicazione o asfissia, prima di fare accedere il personale, anche nei locali
adiacenti, intervenga un consulente chimico di porto che accerti, preventivamente, le condizioni di
respirabilita' o di infiammabilita' dell'aria presente nell'ambiente;
d) nei lavori che implicano l'uso di cannelli ossiacetilenici, di pinze per la saldatura, di utensili
sprigionanti scintille, un consulente chimico di porto accerti che nel locale non vi siano gas in
concentrazioni tali da provocare incendi od esplosioni;
e) per le lavorazioni a fuoco sia predisposta idonea aspirazione alla fonte dei fumi prodotti. Una
persona addestrata a svolgere il servizio di prevenzione antincendio assista all'operazione. Qualora
il servizio non fosse svolto da membri dell'equipaggio, l'assistenza sia prestata da personale
appartenente ai "servizi integrativi antincendio" autorizzati dall'Autorita'.
Art. 49
Lavori entro cisterne, casse, depositi di combustibile, doppi fondi e locali simili
1. Il datore di lavoro deve impedire che i lavoratori effettuino lavori all'interno di cisterne, casse
nafta, depositi di combustibile o di lubrificanti, doppi fondi, intercapedini, o altri locali interni,
comunque pericolosi, delle navi, delle macchine o delle apparecchiature, se prima non si sia
provveduto alla degasificazione degli ambienti ed alla loro aerazione, se necessario anche forzata.
2. Quando debbono effettuarsi eccezionalmente sopralluoghi o lavori di breve durata in cisterne di
petroliere od in grandi depositi con accesso dall'alto, se la presenza di gas, vapori nocivi e
temperature molto elevate non possono evitarsi con sufficiente sicurezza, il datore di lavoro deve
munirsi dei nulla osta dell'Autorita' marittima di cui all'articolo 46 e deve, comunque, provvedere
affinche':
a) i lavoratori siano muniti di cintura di sicurezza, e, ove necessario, di idonei apparecchi atti a
consentire la normale respirazione; e che essi siano assistiti da un operaio presso l'accesso dei
predetti locali, pronto ad intervenire in caso di necessita';
b) le valvole e gli altri dispositivi dei condotti in comunicazione coi suddetti locali siano chiusi e
bloccati, i tratti di tubazione eventualmente liberi siano intercettati mediante flange cieche o mezzi
equivalenti e che sia applicato sui dispositivi di chiusura o di isolamento un avviso con
l'indicazione del divieto di manovra.
Art. 50
Operazioni di sabbiatura su navi sottoposte a lavori
215
1. Il datore di lavoro vieta nei lavori di sabbiatura "a secco" l'uso della sabbia silicea e di materiali
che diano luogo allo sviluppo di polveri contenenti silice libera, assicurando l'utilizzazione solo di
graniglia di metalli o di altre sostanze prive di silice.
2. Tali lavori devono essere effettuati con modalita' che non interferiscano con altri lavori ed in
orari differiti.
3. Il datore di lavoro deve:
a) dotare i lavoratori addetti all'operazione di sabbiatura dei seguenti dispositivi di protezione
individuale:
1) cappuccio o casco con visiera, con idonei protettori oculari, dotato di regolatore di flusso d'aria;
2) scarpe antiscivolo;
3) idonea tuta protettiva;
4) guanti;
5) protettori auricolari;
6) respiratore a presa d'aria esterna.
b) controllare i filtri di depurazione dell'aria di alimentazione al casco proveniente dal
compressore;
c) assicurare un sistema per l'interruzione automatica del getto che entri in azione allo
sganciamento accidentale della spingarda;
d) predisporre per le operazioni di sabbiatura nei locali interni:
1) adeguata illuminazione;
2) sufficiente ventilazione di diluizione, garantendo il controllo visivo o sonoro e l'assistenza da
parte di un operatore esterno, ovvero attraverso l'adozione dei doppi controlli e dei doppi comandi
alla spingarda ed all'esterno.
e) assicurare periodiche pulizie delle zone di lavoro, utilizzando anche idonee apparecchiature
meccaniche, al termine del turno di lavoro e, comunque, al termine della lavorazione;
f) predisporre un idoneo sistema per la raccolta del materiale di risulta, da smaltire nel rispetto
delle norme vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.
3. Le operazioni di sabbiatura al fasciame esterno delle navi, all'interno dei bacini galleggianti e ad
accosti ben definiti e, comunque, lontani dalle zone dove si compiono operazioni commerciali,
sono autorizzate dall'Autorita' su conforme parere dell'Azienda unita' sanitaria locale competente.
Art. 51
Operazioni di pitturazione a spruzzo (airless)
1. Il datore di lavoro, per le operazioni di pitturazione a spruzzo di tipo airless, che nel corso della
lavorazione e nella successiva fase di essiccazione possono produrre atmosfere tossiche od
esplosioni, deve provvedere a:
a) togliere nella zona di lavoro e negli ambienti comunicanti tutto quanto possa innescare incendi
od esplosioni;
b) interrompere l'alimentazione elettrica, ad esclusione delle utenze antideflagranti;
c) rimuovere gli oggetti metallici, che cadendo possono provocare scintille;
d) verificare che nessuno porti con se' fiammiferi, accendini, chiavi, coltelli ed ogni altro elemento
che cadendo o sfregando possa provocare scintille;
e) segnalare con idonei cartelli la zona interessata alla pitturazione;
f) ventilare l'ambiente con estrattori, di idonea portata e di tipo "a sicurezza", che garantiscano
l'allontanamento dei vapori di solventi;
g) preparare e miscelare pitture nello stesso ambiente di lavoro, purche' idoneo, controllato e
ventilato ai sensi della lettera f);
h) disporre che nei locali interessati non si svolgano altre lavorazioni;
i) predisporre un impianto elettrico di illuminazione del tipo "a sicurezza";
l) disporre che i contenitori di pittura e di solvente, non usati, siano chiusi e separati da fonti di
calore, compresi i raggi del sole;
m) munirsi di pittura in quantita' necessaria al tipo di lavoro;
216
n) conservare, al termine dei lavori, ogni quantita' residua di pittura o solvente in recipienti
ermeticamente chiusi, con l'indicazione in ordine al contenuto;
o) non far effettuare, a fine pitturazione, alcun'altra lavorazione, se non dopo una valutazione
ambientale eseguita dall'organo tecnico in ordine alla situazione dell'ambiente di lavoro;
p) effettuare la pitturazione delle parti esterne della nave con modalita' tali da evitare interferenze
con altre eventuali lavorazioni, o in orari differiti;
q) dotare il personale addetto alla pitturazione di indumenti antistatici, scarpe con suola senza
chiodatura e prive di rifiniture metalliche, respiratore isolante a presa d'aria esterna o maschera a
filtro in modo che il sistema di areazione in funzione garantisca una concentrazione di ossigeno
non inferiore al 17%.
2. Le operazioni di cui al comma 1 devono essere effettuate in condizioni meteorologiche idonee
secondo le prescrizioni dettate dall'Autorita' sentita l'Azienda unita' sanitaria locale competente.
Art. 52
Operazioni di coibentazione
1. Il datore di lavoro non deve consentire, sia in fase di nuove applicazioni sia in fase di ripristino
di coibentazioni, l'uso di materiali contenenti amianto, ne' aria compressa per pulizie di qualunque
tipo nel corso o alla fine dei lavori di coibentazione.
2. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il materiale costituito da fibre minerali artificiali (MMMF), quali fibra di vetro, lana di vetro e
di roccia, fibre ceramiche o altro, che si puo' presentare sotto forma di materassini, di cordolo, di
coppella preformata, di foglio, di pannello, ed altro, non sia accumulato nei locali di lavoro in
quantita' superiore a quella necessaria per la lavorazione e protetto in idonee condizioni;
b) nelle operazioni di taglio, sagomatura e adeguamento dimensionale dei materiale di cui alla
lettera a), per la successiva applicazione, in caso di formazione di polveri di qualunque specie,
siano adottate misure volte a impedire o ridurre lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro
delle polveri derivanti;
c) i locali di lavoro siano puliti mediante aspiratori a fine turno e non contemporaneamente
all'applicazione o installazione dei materiali;
d) i locali in cui sono eseguite operazioni di coibentazione di consistente entita' e durata o
interventi con materiali che possano disperdere fibre siano isolati dai locali in cui si eseguono altre
lavorazioni;
e) le operazioni di taglio ed incollaggio di pannelli in poliuretano e l'applicazione di schiume
poliuretaniche siano effettuate usando idonei sistemi di aspirazione alla fonte, e gli addetti alla
lavorazione siano dotati di tute monouso e idonei respiratori a filtro.
TITOLO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROVE A MARE DI NUOVE COSTRUZIONI E DI OPERE
DI GRANDE TRASFORMAZIONE NAVALE
Art. 53
Documento di sicurezza
1. Il datore di lavoro deve, con congruo anticipo rispetto al momento di inizio delle prove,
elaborare il documento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994, e successive
modifiche, contenente anche:
a) l'individuazione delle situazioni di emergenza ed i relativi piani predisposti;
b) la descrizione della situazione degli alloggiamenti e dei servizi igienico-assistenziali aggiuntivi
alla dotazione della nave.
Art. 54
Equipaggio e personale tecnico imbarcato
217
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, del decreto del presidente della Repubblica 8
novembre 1991, n. 435 per l'esecuzione di prove di navigazione di nuove costruzioni o di navi che
abbiano subito lavori di trasformazione o riparazione, il datore di lavoro provvede affinche':
a) sia assegnato un equipaggio, in conformita' alla tabella di armamento determinata dall'Autorita'
marittima, addestrato secondo la tipologia e le caratteristiche della costruzione o nave oggetto
delle prove;
b) l'equipaggio riceva adeguata formazione relativamente alle caratteristiche degli impianti di
bordo e della loro utilizzazione, con chiamata a bordo in congruo anticipo, in modo da garantire
che lo stesso sia in grado di fronteggiare situazioni di emergenza come l'abbandono della nave,
l'incendio grave, la collisione, l'incaglio, la falla, il pronto intervento, l'uomo a mare, il pronto
soccorso;
c) nel corso delle ore notturne il personale che rimane a bordo, abbia adeguata sistemazione
logistica;
d) sia garantita la presenza a bordo di un medico e di un infermiere, di dotazioni mediche,
medicinali ed attrezzature sanitarie adeguate in relazione alla tipologia ed alla durata delle prove,
nonche' al numero del personale imbarcato, secondo la vigente normativa;
e) prima dell'imbarco la verifica dell'integrita' e dell'efficienza degli impianti e dei mezzi di
sicurezza di bordo e di quelli imbarcati per lo svolgimento delle prove e l'applicazione di tutte le
norme previste dal documento di sicurezza di cui all'articolo 53 ed un controllo accurato dei mezzi
di salvataggio;
f) a tutto il personale imbarcato sia consegnato un vademecum contenente le informazioni di
sicurezza e le norme di comportamento a bordo, e che tale personale, prima dell'inizio delle prove,
sia formato sulle materie contenute nel vademecum.
Art. 55
Dimostrazioni al personale imbarcato
1. Il datore di lavoro, prima dell'uscita in mare della costruzione o della nave in prove di
navigazione, provvede affinche' sia effettuata una dimostrazione pratica delle azioni di sicurezza,
con particolare riguardo all'illustrazione dei segnali di pericolo ed ai mezzi di salvataggio.
TITOLO IV
SANZIONI
Art. 56
Norma generale
1. I datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, il medico competente ed i lavoratori sono soggetti alle
sanzioni previste nel Titolo IX del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato
dall'articolo 13 dei decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 e dal decreto legislativo 19 marzo
1996, n. 242, salvo quanto previsto nel presente titolo.
Art. 57
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro, dai dirigenti e dai preposti
1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a
lire otto milioni per violazione dell'articolo 5.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da
lire cinquecentomila a lire due milioni per violazione dell'articolo 46, commi 1 e 6, ovvero per
violazione delle prescrizioni di cui all'articolo 46, comma 3, e di cui all'articolo 22.
3. Il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per
violazione dell'articolo 4, comma 3;
218
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per
violazione dell'articolo 21;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per le
violazioni degli articoli da 8 a 13; da 15 a 20; da 23 a 37; da 39 a 45; 46, comma 5 ; da 47 a 52; 54.
Art. 58
Contravvenzioni del titolare dell'impresa capo-commessa
1. Il titolare dell'impresa capo-commessa e' punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da
lire cinquecentomila a lire tre milioni per violazione dell'articolo 38, comma 3.
Art. 59
Sanzioni amministrative
1. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire sei milioni
per violazione dell'articolo 14.
2. Il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono puniti con la sanzione amministrativa da lire
un milione a lire sei milioni per violazione dell'articolo 4, comma 4.
Art. 60
Misure accessorie
1. Nel caso di reiterate violazioni delle disposizioni previste e sanzionate dagli articoli 56, 57, 58 e
59, che comportino concreto pericolo per l'igiene, la salute e la sicurezza dei lavoratori, l'Autorita'
puo' sospendere, per un periodo non superiore a tre mesi, l'atto autorizzatorio o concessorio
all'esercizio dell'attivita'.
Art. 61
Estinzione delle contravvenzioni
1. Alle contravvenzioni di cui agli articoli 57 e 58 si applicano le disposizioni del capo II del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758. Le aziende unita' sanitarie locali sono l'organo di
vigilanza competente per il procedimento diretto alla estinzione della contravvenzione di cui al
Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 e agiscono a tal fine in coordinamento
con le autorita' indicate all'articolo 23 del decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 e
successive modificazioni.
219
Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 298
"Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni
minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da
pesca"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 201 del 27 agosto 1999
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 93/103/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, riguardante le
prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da
pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della
direttiva 89/391/CEE);
Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, recante disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (legge
comunitaria 1995-1997), ed in particolare gli articoli 1 e 51, nonche' gli allegati A
e B;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 157;
Vista la legge 10 aprile 1981, n. 158;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed
integrazioni;
Visto il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella
riunione del 14 maggio 1999;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione
del 4 agosto 1999;
220
Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie e del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e
giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per le
politiche agricole, dei trasporti e della navigazione e della sanita';
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo fissa prescrizioni minime di tutela della salute e
di sicurezza dei lavoratori a bordo delle navi da pesca quali definite all'articolo 2.
2. Le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modifiche ed integrazioni, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, nonche'
della vigente legislazione in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro
si applicano al settore di cui al comma 1, fatte salve le disposizioni specifiche
contenute nel presente decreto legislativo.
Art. 2.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) nave da pesca: ogni imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro
dell'Unione europea o registrata sotto la piena giurisdizione di uno Stato membro,
impiegata per fini commerciali per la cattura, o per la cattura e la lavorazione, del
pesce o di altre risorse vive del mare;
b) nave da pesca nuova: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le perpendicolari
e' superiore o uguale a quindici metri, per la quale, alla data di entrata in vigore
del presente decreto:
1) e' stato concluso un contratto di costruzione o di importante trasformazione;
oppure
2) in mancanza di un contratto di costruzione, e' stata effettuata la posa della
chiglia, ovvero e' stata effettuata una costruzione identificabile con una nave
particolare, ovvero e' iniziato il montaggio, con l'impiego di almeno 50 tonnellate
o l'1% della massa stimata di tutti i materiali di struttura, se quest'ultimo valore e'
inferiore;
c) nave da pesca esistente: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le
perpendicolari e' superiore o uguale a diciotto metri e che non e' una nave da
pesca nuova;
d) nave: ogni nave da pesca nuova od esistente;
e) lavoratore marittimo: qualsiasi persona che svolga un'attivita' professionale a
bordo di una nave, nonche' i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione del
personale a terra che effettua lavori a bordo di una nave all'ormeggio e dei piloti
portuali;
f) armatore: il proprietario registrato di una nave. Se la nave e' stata noleggiata a
221
scafo nudo o e' gestita interamente o parzialmente da una persona fisica o
giuridica diversa dal proprietario registrato in base ad un contratto di gestione, si
considera armatore rispettivamente il noleggiatore a scafo nudo o la persona fisica
o giuridica che gestisce la nave;
g) comandante: la persona cui e' affidato il comando della nave.
Art. 3.
Obblighi dell'armatore
1. L'armatore, fatta salva la responsabilita' del comandante ai sensi della
legislazione vigente e tenendo conto delle condizioni meteorologiche prevedibili,
nonche' delle caratteristiche tecniche operative della nave, assicura che la stessa
venga impiegata senza compromettere la sicurezza e la salute dei lavoratori.
2. In particolare, l'armatore:
a) assicura la manutenzione tecnica delle navi, degli impianti e dei dispositivi, in
particolare di quelli indicati agli allegati I e II e l'eliminazione dei difetti
riscontrati;
b) adotta misure organizzative intese a garantire la regolare pulizia delle navi e del
complesso degli impianti e dei dispositivi per mantenere condizioni adeguate di
igiene;
c) tiene a bordo delle navi mezzi di salvataggio e di sopravvivenza appropriati, in
buono stato di funzionamento e in quantita' sufficiente per i lavoratori;
d) osserva le prescrizioni minime di sicurezza e di salute riguardanti i dispositivi
di salvataggio e di sopravvivenza di cui all'allegato III;
e) osserva, fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, titolo IV, e successive modifiche ed integrazioni, le specifiche in materia di
dispositivi di protezione individuali di cui all'allegato IV;
f) fornisce al comandante i mezzi necessari per conformarsi agli obblighi
contenuti nel presente decreto legislativo;
g) dispone che gli eventi verificatisi durante la navigazione e che hanno o che
possono avere effetto sulla sicurezza e la salute dei lavoratori a bordo siano
oggetto di un resoconto dettagliato da trasmettere all'autorita' marittima del primo
porto di approdo e siano accuratamente e circostanziatamente registrati per
iscritto;
h) assicura che anche nei confronti dei lavoratori non marittimi presenti a bordo,
in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, si applichino le disposizioni
previste per i lavoratori marittimi.
Art. 4.
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Le navi da pesca nuove e quelle oggetto di riparazioni, ovvero trasformazioni,
ovvero modifiche di grande portata devono soddisfare alle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute di cui all'allegato I a partire dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
222
2. Fermo restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti, le navi da
pesca esistenti devono essere adeguate alle prescrizioni di sicurezza e di salute di
cui all'allegato II entro il 23 novembre 2002.
Art. 5.
Informazione dei lavoratori
1. Le informazioni di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, e dell'articolo 27, comma 1, del
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, che i lavoratori devono ricevere a bordo
della nave da pesca sulla quale sono imbarcati devono essere comprensibili per
tutti i lavoratori.
Art. 6.
Formazione dei lavoratori
1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, e dell'articolo
27, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, l'armatore
deve garantire che i lavoratori ricevano una formazione adeguata in particolare:
a) per quanto riguarda la sicurezza e la salute a bordo delle navi, con particolare
riferimento alla lotta antincendio e all'impiego di mezzi di salvataggio e di
sopravvivenza, in conformita' al decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1996, n. 474;
b) per quanto attiene il pronto soccorso e l'assistenza medica a bordo ai sensi della
normativa vigente;
c) in relazione all'impiego delle apparecchiature utilizzate e delle attrezzature di
trazione, nonche' ai differenti metodi di segnalazione specie di quella gestuale. 2.
Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', da adottarsi entro il
31 marzo 2000, sono definiti la durata ed i contenuti minimi della formazione di
cui al comma 1, lettera c).
Art. 7.
Formazione del comandante della nave da pesca
1. L'armatore assicura che il comandante riceva una formazione approfondita
riguardante in particolare:
a) la prevenzione delle malattie e degli infortuni sul lavoro a bordo e le misure da
prendere in caso di infortuni;
b) la stabilita' della nave ed il mantenimento della stabilita' stessa in tutte le
condizioni prevedibili di carico e all'atto delle operazioni di pesca;
c) la navigazione e le comunicazioni via radio, comprese le procedure.
Art. 8.
Vigilanza
223
1. La vigilanza sull'applicazione del presente decreto e' svolta ai sensi dell'articolo
28 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271.
Art. 9.
S a n z i o n i
1. L'armatore e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettere a), c),
d), e) ed f), 4 e 7.
2. L'armatore ed il comandante sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto
milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettera h), e 6;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire
cinque milioni per la violazione degli articoli 3, comma 2, lettera b), e 5.
3. L'armatore ed il comandante sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione dell'articolo 3,
comma 2, lettera g).
Art. 10.
Entrata in vigore
1. Le disposizioni del presente decreto legislativo entrano in vigore sei mesi dopo
la data della pubblicazione nella Gazzetta-Ufficiale Repubblica italiana.
225
BIBLIOGRAFIA:
sono stati consultati i seguenti testi:
Edoardo Ghera - “Diritto del Lavoro” – Cacucci editore
Gino Giugni - “Diritto Sindacale” – Cacucci editore
Bruno Galli – “Lo Statuto dei Lavoratori” commento alla legge
– Edizioni Cetim
Pietro Di Pietri – “La tutela della salute nell‟ambiente di
lavoro”- manuale edito dall‟A.I.O.P
Fist Cisl lazio – “Enti Locali e Servizio Sanitario Nazionale – Il
Ruolo del Lavoratori e del Rappresentante per la Sicurezza nel
Percorso Prevenzionistico del Decreto legislativo 626/94” –
Pubblicazione patrocinata dall‟ISPESL – Ministero della Sanità.
1. Brandt LP, Kirk NU, Jensen OC, Hansen HL. Mortality
among Danish merchant seamen from 1970 to 1985. Am J Ind
Med. 1994 Jun;25(6):867-76
2. Hansen HL. Surveillance of deaths on board Danish
merchant ships, 1986-93: implications for prevention. Occup
Environ Med. 1996 Apr;53(4):269-75
3. Jaremin B, Kotulak E, Starnawska M, Tomaszunas S. Causes
and Circumstances of Deaths of Polish Seafarers During Sea
Voyages. J Travel Med. 1996 Jun 1;3(2):91-95 4. Giorgianni C,
226
Bondì L, Dugo G, Barbaro Martino L, Abbate C. La pesca a
strascico: valutazione del fenomeno infortunistico nella più
grande marineria italiana. G Ital Med Lav .2000; 22:296-298
5. Jensen OC. Work related injuries in Danish fishermen. Occup
Med 1996; 46:414-420 6. 6. Jensen OC. Non-fatal occupation
fall and slip injuries among commercial fishermen analyzed by
use of the NOMESCO injuriy registration system. Am J Ind
Med. 2000;37:637- 644
7. Jensen OC, Stage S, Noer P. Classification and coding of
commercial fishing injuries by work process: an experience in
the Danish fresh market fishing industry. Am J Ind Med.
2005;47:528-537
8. Norrish AE, Cryer P C. Work related injury in New Zeland
commercial fishermen. Br J Ind Med. 1990; 47:726-732
9. Thomas TK, Lincoln JM, Husberg BJ, Conway GA. Its it
safe on deck? Fatal and non-fatal workplace injuries among
Alaskan commercial fishermen. Am J Ind Med. 2001; 40:693-
702
10. Tomaszunas S. Work-related lost time accidents in deep-sea
fishermen. Bull Inst Mar Trop Gdynia. 1992; 43:35-41
11. International Labour Organization. Report for discussion at
the Tripartite Meeting on Safety and Health in the Fishing
Industry. Ginevra. 1999.
12. Norušis MJ. SPSS 16.0 Guide to Data Analysis. Prentice
Hall. 2008
228
INDICE
Premessa …………………………………………..………………….2
Capitolo 1
L‟evoluzione giuridica della normativa antinfortunistica…………..4
Capitolo 2
Testo Unico sulla Sicurezza D.Lgs.81/08 TUS……………………..62
Capitolo 3
Gli orientamenti giurisprudenziali…………………………….……81
Capitolo 4
Il lavoro marittimo……………………..………………………….105
Capitolo 5
Gli infortuni nel settore marittimo……………………….……….114
Capitolo 6
La Convenzione SOLAS…………………………………………..138
Capitolo 7
Il GMDSS……………………………………….…………………141
Capitolo 8
Regolamento UE 725/2004…………………..…………………….163