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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO
Dipartimento di Scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi
Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale
Classe n. 18 - Descrizione Classe Economia e Direzione dell‟Impresa
INTERNAZIONALIZZAZIONE & MADE IN ITALY:
IL CASO SANPELLEGRINO S.P.A.
Relatore:
Chiar.ma Prof.ssa Mariella Piantoni
Tesi di Laurea Triennale
Mara GASPARINI
Matricola n. 1014555
ANNO ACCADEMICO 2012 / 2013
A Mia Nonna…
If I have seen farther than others,
it is because I was standing on the shoulders of giants.
Isaac Newton
INDICE
INTRODUZIONE 1
CAPITOLO 1 L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE 3
1.1. Analisi delle principali prospettive teoriche dell‟internazionalizzazione 4
1.1.1. Le teorie pre-Hymer 4
1.1.2. La teoria di Hymer 5
1.1.3. Le teorie post-Hymer 6
1.2. Modalità di entrata nei paesi esteri 8
1.2.1. Esportazioni dirette e indirette 10
1.2.2. Alleanze strategiche 16
1.2.3. Investimenti diretti esteri 18
1.3. Osservazioni conclusive 23
CAPITOLO 2 IL MADE IN ITALY 24
2.1. La creatività orientata al mercato 24
2.2. Country of origin 25
2.3. Che cosa si intende con “italianità”? 28
2.4. Osservazioni conclusive 29
CAPITOLO 3 ANALISI DEL SETTORE FOOD & BEVERAGE 31
3.1. Il commercio agroalimentare mondiale 33
3.2. Il commercio agroalimentare in Italia 36
3.2.1. I principali mercati di sbocco dell’industria italiana 39
3.2.2. Expo 2015 41
3.3. Quadro di sintesi dei consumi di bevande analcoliche nel mondo 42
3.4. Quadro di sintesi del settore bevande nell‟economia italiana 43
3.4.1. I consumi di bibite analcoliche in Italia 44
3.4.2. Il mercato delle acque minerali in Italia 45
3.4.3. Il mercato delle acque minerali in Italia: analisi di alcuni dati
degli ultimi anni 2009-2012 46
3.4.4. Il mercato delle acque minerali in Italia: consumi di acqua
minerale per regione 50
3.5. Osservazioni conclusive 52
CAPITOLO 4 CASO AZIENDALE SANPELLEGRINO S.P.A. 55
4.1 La storia 56
4.2. La gamma di prodotti 57
4.2.1. L’adattamento dei prodotti 58
4.2.2. Gli stabilimenti produttivi 59
4.3. Sanpellegrino all‟estero 59
4.3.1. L’export fa da traino alla crescita: più di 130 Paesi 59
4.3.2. Francia: primo mercato a volume 63
4.3.3. Stati Uniti: primo mercato a valore 63
4.3.4. Il mercato italiano 65
4.3.5. Analisi di alcuni dati degli ultimi anni (2010 – 2012) 65
4.4. Progetti per sviluppare il brand S. Pellegrino a livello internazionale 69
4.4.1. Missoni veste S. Pellegrino (2010) 69
4.4.2. S. Pellegrino Sparkles with Bulgari (2011) 70
4.4.3. S. Pellegrino celebra Pavarotti (2013) 71
4.5. I canali distributivi di Sanpellegrino 73
4.5.1. Ho.Re.Ca. 73
4.5.2. Gdo 73
4.5.3. E-commerce 74
4.6. La copertura di nuove aree geografiche: i mercati emergenti 76
CONCLUSIONI 77
BIBLIOGRAFIA 81
ALLEGATI 85
RINGRAZIAMENTI 87
1
INTRODUZIONE
Nell‟ultimo ventennio, con l‟avvento della globalizzazione, nello scenario mondiale, si
sono verificati importanti cambiamenti politici, economici, culturali e sociali che hanno
profondamente modificato il quadro di riferimento internazionale: l‟affermazione di
nuovi paesi e quindi l‟aumento della competizione globale, l‟evoluzione dell‟Unione
Europea con l‟avvento dell‟euro, la delocalizzazione delle attività produttive, lo
sviluppo delle telecomunicazioni e dei trasporti.
E‟ stata proprio la possibilità di comunicare a grandi distanze insieme alla capacità di
produrre e commerciare liberamente a portare all‟attuale globalizzazione dei mercati.
Se, in passato, la scelta di internazionalizzarsi riguardava solamente le imprese più
grandi e strutturate, oggi, la situazione è nettamente cambiata, e rappresenta una via
obbligata non solo per il successo, ma per la sopravvivenza dell‟impresa stessa.
L'internazionalizzazione, nell'era del mercato globale, non è più una scelta, ma una
realtà con la quale le imprese, grandi o piccole che siano, si devono confrontare
regolarmente.
Per quanto riguarda il mercato italiano, caratterizzato da un‟elevata competizione e dalla
saturazione della domanda nei mercati target tradizionali, l‟internazionalizzazione può
essere lo strumento per uscire dall‟attuale crisi aziendale che ha investito il nostro Paese
nel corso degli ultimi anni. Internazionalizzare, esportare e scoprire nuovi territori, più
dinamici, sono gli ingredienti necessari per ottenere non solo una crescita di profitti
aziendali, ma anche uno strumento per acquisire conoscenze, competenze e know how
che aumentano la competitività dell‟impresa stessa.
Risulta dunque fondamentale per le imprese italiane una ridefinizione delle proprie
strategie di internazionalizzazione e una nuova selezione dei mercati, ricordando che la
scelta della modalità di entrata e la scelta del paese estero obiettivo, rappresentano le
decisioni più critiche. In questo contesto, un‟attenzione particolare deve essere rivolta a
paesi che fino a qualche decennio fa erano considerati marginali dal punto di vista
economico, i cosiddetti paesi emergenti; con lo sviluppo dei cosiddetti BRICS (Brasile,
Russia, India, Cina, Sud Africa) lo scenario geografico rilevante per l‟impresa non è più
concentrato in pochi paesi europei, negli Stati Uniti, nel Giappone, ma si estende a
livello mondiale.
2
Nella parte iniziale del presente lavoro lo scopo è quello di rispondere ad alcune
domande:
- Come e perché le imprese si internazionalizzano (Cap. 1): questa prima parte è
dedicata ad offrire una spiegazione teorica del processo di
internazionalizzazione, focalizzandosi in particolar modo sulle teorie alla base di
questo processo, nonché ai motivi che spingono un‟impresa all‟espansione
estera.
Vengono poi illustrate le possibili modalità di entrata di un‟impresa in un paese
estero, al fine di generare un vero e proprio vantaggio competitivo,
un‟espansione dei sistemi economici e di mercato, e un ampliamento dei propri
confini geografici in precedenza circoscritti alla sola dimensione nazionale.
- Cosa è il Made in Italy e la sua importanza come strumento, insieme
all‟internazionalizzazione, capace di rilanciare il nostro Paese sugli scenari
mondiali (Cap. 2).
Nella seconda parte del lavoro si procederà, invece, ad esaminare il settore
food&beverage (Cap. 3), con particolare riferimento al settore acque minerali,
procedendo poi, nel Cap. 4, con una disamina dettagliata relativa ad un concreto caso
aziendale: Sanpellegrino S.p.a., la più grande realtà nel campo del beverage in Italia. In
particolare viene approfondita la strategia di esportazione, che ha portato l‟azienda,
ambasciatrice del Made in Italy nel mondo, al successo internazionale. Questo grazie,
anche, alla sua capacità, come vedremo, di differenziare il prodotto italiano attraverso
elementi immateriali.
Ricordo che la scelta di queste tematiche nasce sia dal personale interesse alle strategie
di espansione internazionale, che ho avuto modo di approfondire nei corsi realizzati
durante il corso dell‟anno, sia dall‟esperienza di tirocinio maturata presso Sanpellegrino
S.p.a.
3
CAPITOLO 1
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE
Con il termine internazionalizzazione si intende lo sviluppo dell‟impresa al di fuori dei
propri confini nazionali. Le imprese hanno, ormai, preso conoscenza dell‟importanza di
internazionalizzarsi e del fatto che non esiste più la demarcazione tra mercato domestico
e mercato estero. Esiste il mercato, inteso come “il luogo in cui i soggetti economici si
incontrano per stringere accordi e concludere operazioni destinate ad originare quei
flussi, sia di beni, che di servizi, che di mezzi finanziari, che ne alimentano l’attività e
ne giustificano l’esistenza”1.
Le condizioni che spingono un‟impresa ad attivare il processo di internazionalizzazione
sono numerose ma possono essere sintetizzate in cinque punti fondamentali 2:
1. l‟internazionalizzazione del mercato e della filiera produttiva,
2. l‟espansione internazionale dei principali clienti,
3. la reazione a strategie attuate dai concorrenti di riferimento,
4. l‟azione di soggetti pubblici o privati a favore dell‟internazionalizzazione,
5. il presentarsi di significative opportunità commerciali.
Oltre a queste motivazioni l‟entrata in un nuovo mercato può anche essere un effetto
naturale della crescita dell‟impresa che, raggiunte determinate dimensioni di mercato,
decide di orientare la propria strategia verso nuovi orizzonti, oppure semplicemente
perché il mercato d‟origine si trova in una fase di piena maturità o di declino; in questa
ultima ipotesi la capacità di internazionalizzarsi diventa fondamentale per la
sopravvivenza dell‟impresa stessa.
Molto spesso, quindi, le condizioni che spingono un‟impresa ad affacciarsi sui mercati
internazionali riguardano gli ambiti più significativi dell‟impresa, ovvero, l‟ambito
commerciale, finanziario e produttivo.
1 Di Meo A., Manuale pratico del commercio internazionale, Maggioli Editore, 2010, pp. 17-19.
2 Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 53-55.
4
Per quanto riguarda l‟aspetto commerciale, oltre alla possibile saturazione del mercato
interno, l‟impresa allarga il proprio raggio d‟azione anche per la possibilità di sfruttare
la notorietà del marchio in altri paesi o, ancora, per la possibilità di vendere a prezzi più
elevati, incrementando, cosi, i profitti.
Da un punto di vista prettamente finanziario, invece, l‟impresa potrebbe avere
l‟opportunità di beneficiare, in paesi diversi dal proprio, di condizioni fiscali favorevoli.
Infine, per quanto concerne la produttività, i principali vantaggi derivano dal fatto di
poter attingere a tecnologie, risorse umane, nonché specifiche competenze, non presenti
nel proprio paese o la possibilità di impiegare forza lavoro a costi più contenuti.
1.1. Analisi delle principali prospettive teoriche dell’internazionalizzazione
Da un punto di vista cronologico lo studio del processo di internazionalizzazione
dell‟impresa e dei fattori che ne sono all‟origine nasce grazie al contributo di Hymer,
nel 1960. Il suo contributo fu talmente radicale che alcuni economisti (Kindeleberger,
1984) tendono a suddividere le teorie sull‟internazionalizzazione in contributi pre-
Hymer e post-Hymer.
1.1.1. Le teorie pre-Hymer
Prima del 1960 il fenomeno dell‟internazionalizzazione non poneva attenzione
all‟attività d‟impresa. Le teorie analizzavano l‟economia internazionale dalla sola
prospettiva macroeconomica, considerando cioè il comportamento delle nazioni e alla
differenze tra queste, anziché considerare anche quella microeconomica, cioè tenendo in
considerazione il comportamento delle singole imprese. Inoltre i principali autori
dell‟economia internazionale non si sono soffermati sullo studio delle distinzioni
esistenti tra investimenti esteri, investimenti finanziari di natura speculativa, e
investimenti diretti esteri, legati al rischio della gestione di un‟impresa estera. I due
modelli principali erano:
1) “Il modello del vantaggio assoluto di Adam Smith (1776), secondo il quale una
nazione esporta quei beni che produce ad un costo inferiore assoluto rispetto a
tutte le altre nazioni.
2) Il modello del vantaggio comparato di David Ricardo (1817), basato sul
teorema dei costi comparati, secondo il quale una nazione ha convenienza ad
5
esportare quei prodotti che produce ad un costo relativamente inferiore rispetto
agli altri beni”3. Il modello di Ricardo è stato poi completato da Heckscher e
Ohlin (1933); i due autori spiegano che un paese ha un vantaggio comparato
quando produce/esporta un bene che richiede un intenso uso di fattori di
produzione che quel paese possiede in abbondanza. Quindi “i Paesi con una
dotazione relativamente più ricca di capitale si specializzano nella produzione
ed esportazione di prodotti ad alta intensità di tale fattore (prodotti ad alta
tecnologia) ed importino prodotti ad alta intensità di lavoro (prodotti a bassa
tecnologia) da Paesi relativamente più dotati di una abbondante manodopera”4.
La teoria di Heckscher e Ohlin (HO), fu però contraddetta dal “paradosso di Leontief”
(1954) secondo cui gli Stati uniti (nazione ad alta dotazione di capitale) esportavano
beni ad alta intensità di lavoro.
1.1.2. La teoria di Hymer
Stephen Hymer, fu il primo economista che, nel 1960, elaborò una teoria
dell‟internazionalizzazione delle imprese. Hymer era giunto alla conclusione che “gli
investimenti diretti esteri non fossero semplicemente movimentazioni di capitale, bensì
un insieme complesso e organizzato di transazioni che permettono il trasferimento di
capitali, tecnologia e competenze organizzative da un Paese all’altro e, come tali,
riconducibili più propriamente ad attività d’impresa”5. Elemento fondamentale per
l‟economista sono dunque gli IDE, intesi come un‟attività d‟impresa che permettono il
trasferimento non solo dei capitali, ma anche delle tecnologie, delle competenze tra
paesi.
Secondo Hymer, l‟espansione dell‟impresa all‟estero rappresenta solo un momento del
processo di sviluppo dell‟impresa stessa. In particolare “inizialmente l’impresa cresce
solo a livello nazionale grazie ad un processo di concentrazione consentendole di
ottenere profitti sempre maggiori; tuttavia il processo di concentrazione a livello locale
3 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p.1.
4 Dematté C., Perretti F., Marafioti E., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, pp. 1-2.
5 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, pp. 2-3.
6
si arresta allorquando rimangono in gioco solo poche grandi imprese e l’elevato
profitto derivante dal grado di monopolio raggiunto è utilizzabile per investimenti
all’estero, il cui fine è espandere il processo di crescita oltre i propri confini
nazionali”6. Per Hymer, l‟impresa può ottenere all‟estero vantaggi superiori rispetto ai
concorrenti locali grazie alle risorse, alle competenze che l‟impresa internazionalizzata
ha acquisito. In funzione dei vantaggi competitivi posseduti dall‟impresa, quest‟ultima
opterà per le esportazioni o per la produzione nel paese target; questa seconda
alternativa, in particolare, attuata per esempio in caso di barriere tariffarie o elevati costi
di trasporto, verrà realizzata tramite IDE oppure cedendo licenze a produttori locali.
1.1.3. Le teorie post-Hymer
Dopo la seconda guerra mondiale emergono nuove teorie sull‟internazionalizzazione
che hanno come oggetto l‟impresa. Le teorie basate sull‟impresa considerano il
fenomeno dell‟internazionalizzazione come il risultato di un complesso sistema di
fattori, quali ad esempio i capitali, la tecnologia, il marchio, la qualità, le competenze
organizzative, dalla cui combinazione scaturisce il vantaggio per l‟impresa. Queste
teorie si sviluppano principalmente a Cambridge negli Stati Uniti e a Reading in
Inghilterra.
Per quanto riguarda le teorie di Cambridge si sono sviluppate negli Stati Uniti, paese
che per la sua superiorità tecnologica ed economica rappresentava il sistema economico
dominante. Il principale contributo è “la teoria del ciclo di vita del prodotto”, elaborata
da Vernon (1966). Secondo tale teoria pur essendoci uguali possibilità per le imprese
dei paesi sviluppati di accedere alla conoscenza scientifica, non ci sono uguali
possibilità che tali principi vengano applicati nella creazione di nuovi prodotti.
Il ciclo di vita internazionale del prodotto viene suddiviso in 3 stadi:
1) Ricerca ed introduzione dell‟innovazione: la produzione dei prodotti è destinata
al solo mercato interno.
2) Sviluppo e maturità del prodotto: il prodotto dopo essersi affermato sul mercato
interno inizia ad inserirsi nei mercati esteri attraverso una iniziale fase di
6 Boccia F., Internazionalizzazione, multinazionali e settore agroalimentare, ARACNE, 2009, p. 59-60.
7
esportazione, in cui la produzione rimane concentrata nel paese di origine, per
poi espandere le unità produttive nei paesi esteri, attraverso gli IDE.
3) Standardizzazione e declino del prodotto: il prodotto è maturo e standardizzato.
La scomparsa della differenziazione spinge la produzione nei paesi a basso costo
del lavoro, in particolare nei paesi in via di sviluppo, in virtù della riduzione dei
costi di produzione. Il paese innovatore, in conseguenza della diminuzione delle
produzione interna, si trasforma da paese esportatore a paese importatore.
Le principali critiche, nonché limiti, della teoria elaborata da Vernon sono le seguenti:
spiega l‟internazionalizzazione dei soli settori manifatturieri e si fonda su una
innovazione tecnologica che è generata in un solo paese, gli Usa; al contrario di Hymer,
inoltre, si focalizza solo sul prodotto e non sull‟impresa, escludendo dall‟analisi le
imprese multi-product.
Le teorie di Reading si sviluppano durante il corso degli anni settanta nell‟omonima
università inglese. Un contributo importante è il “paradigma eclettico” di Dunning, il
quale individua tre fattori che spingono l‟impresa ad espandersi all‟estero:
1) Ownership advantage: l‟impresa possiede risorse e competenze che le
permettono di andare all‟estero e di avere così un vantaggio competitivo anche
nei mercati esteri.
2) Location advantage: l‟impresa trova in un‟area estera delle condizioni
favorevoli per le proprie attività che le permettono di valorizzare ulteriormente
le competenze e le risorse a sua disposizione.
3) Internalization advantage: l‟impresa sfrutta meglio l‟essenza competitiva di
particolari risorse che dispone, piuttosto che concedere la licenza a terzi.
Dunning vede, quindi, come spinta fondamentale all‟internazionalizzazione la volontà
dell‟impresa di sfruttare su più ampia scala i suoi fattori di vantaggio competitivo. Lo
stesso Dunning, partendo dal presupposto che lo sviluppo internazionale deriva da
obiettivi di redditività a lungo termine, indica anche quattro categorie principali di
imprese internazionali 7:
7 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p.10.
8
1) Imprese natural resources seekers il cui obiettivo è quello di attuare
investimenti finalizzati ad ottenere un accesso privilegiato agli input produttivi
ad un costo inferiore rispetto a quello ottenibile dalla nazione d‟origine.
2) Imprese market seekers il cui scopo è quello di penetrare i mercati internazionali
che hanno elevati tassi di sviluppo per fornire beni e servizi ai clienti locali.
3) Imprese efficienty seekers cioè imprese che effettuano investimenti al fine di
ottenere economie di scala, di scopo o diversificazione del rischio.
4) Imprese strategic asset seekers il cui obiettivo è quello di acquisire imprese
straniere per rafforzare la propria posizione o per indebolire la posizione dei
concorrenti.
1.2. Modalità di entrata nei paesi esteri
Prima di entrare nello specifico tra le strategie di entrata nei mercati esteri occorre
definire il concetto di strategia. La strategia consiste in “quel sistema e di azioni che
consente all’impresa di raggiungere e mantenere simultaneamente e dinamicamente un
posizionamento sul mercato di sbocco, sui suoi diversi mercati di rifornimento dei
fattori di produzione e rispetto ai suoi principali interlocutori non commerciali tale da
assicurarle un vantaggio competitivo difendibile e di conseguenza il raggiungimento
dei tre ordini di equilibrio che assicurano all’impresa sopravvivenza e sviluppo:
l’equilibrio economico, quello finanziario e quello patrimoniale”8.
In particolare, le principali strategie di entrata elaborate dalle imprese per insediarsi in
un nuovo mercato geografico sono:
1) Esportazioni (dirette – indirette)
2) Alleanze strategiche (accordi strategici – joint entures)
3) Investimenti diretti esteri.
La modalità d‟entrata si basa essenzialmente su tre elementi fondamentali: il tipo di
attività svolta nell‟area geografica estera (commercializzazione, produzione,
acquisizione e sviluppo di conoscenze/competenze), i soggetti esterni eventualmente
coinvolti ed infine l‟area geografica estera in cui si effettua l‟entrata per svolgere tali
attività. (Tabella 1.).
8 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p. 37.
9
Tabella 1. Modalità di entrata nel mercato estero in relazione al tipo di attività svolta e
al coinvolgimento di soggetti terzi.
Soggetti esterni coinvolti
No Si
Tipologia di attività
Commercializzazione Esportazioni dirette Esportazioni Indirette
Alleanze strategiche
Produzione Investimenti diretti esteri Alleanze strategiche
Sviluppo conoscenze Investimenti diretti esteri Alleanze strategiche
Fonte: Caroli 2012
In particolare le esportazioni dirette si basano su attività di commercializzazione in altri
paesi realizzate direttamente da strutture dell‟impresa esportatrice, quindi senza il
coinvolgimento di soggetti esterni; al contrario quelle indirette, descrivono operazioni di
vendita all‟estero realizzate mediante soggetti terzi, dello stesso paese dell‟impresa
esportatrice. Le attività produttive e lo sviluppo di competenze rimangono concentrate
nel paese d‟origine.
Per quanto riguarda le alleanze strategiche, l‟impresa entra in un mercato estero con la
collaborazione di soggetti esterni, e può scegliere quale tipologia di attività svolgere:
commercializzazione, produzione, sviluppo di conoscenze. Le attività possono anche
coesistere.
Infine, attraverso gli IDE, l‟impresa, in modo autonomo, entra in un nuovo mercato o
per collocare in paesi esteri le attività di produzione o per acquisire all‟estero almeno
una parte delle competenze utili per competere nel proprio mercato o anche a livello
internazionale.
Ogni modalità di entrata (Grafico 1.) richiede un diverso impegno finanziario e
organizzativo, che a sua volta implica un diverso livello di rischio e un maggiore o
minore grado di radicamento nel mercato estero.
10
Grafico 1. Le diverse modalità di entrata in un mercato estero
Fonte: Caroli 2012
1.2.1. Esportazioni dirette e indirette
L‟esportazione è certamente la modalità più semplice. Come detto in precedenza la
produzione viene effettuata nel paese d‟origine e, solo in seguito, il prodotto viene
esportato direttamente o indirettamente nei paesi esteri obiettivo. Questa modalità è
anche la più diffusa, impegnando poche risorse e permettendo di contenere i vari rischi
che l‟impresa deve affrontare nel processo di internazionalizzazione.
Attraverso l‟esportazione indiretta, il produttore, non gestendo direttamente le
operazioni con i mercati esteri, si avvale di un operatore indipendente, collocato nel suo
stesso paese. Sui mercati internazionali questa modalità richiede un coinvolgimento
minimo da parte dell‟azienda esportatrice e perciò sembrerebbe ideale per le aziende di
piccole dimensioni, all‟inizio del loro processo di espansione, o ancora per quelle
aziende che non hanno risorse ingenti o che non vogliono coricarsi rischi eccessivi.
Infine, questa modalità viene anche utilizzata per quelle aziende che devono piazzare un
eccesso di capacità produttiva, che il mercato nazionale non è riuscito ad assorbire.
11
Per l‟impresa esportatrice, quindi, il principale vantaggio risiede nel fatto che questa
modalità permette di espandere le proprie attività, cogliere nuove opportunità senza
dover sostenere né importati investimenti né cambiamenti organizzativi e produttivi.
Occorre, tuttavia evidenziare come questa modalità non permette il controllo sia sul
modo in cui il prodotto viene collocato nel mercato finale, sia su come le altre leve del
marketing mix vengono utilizzate.
Le esportazioni indirette possono essere attuate attraverso tre modalità, in base alla
natura del soggetto terzo che interviene; si va dal singolo professionista, che svolge una
semplice attività di intermediazione commerciale o che acquista i beni dal produttore
per poi rivenderli per conto proprio nei mercati esteri, alle grandi trading companies.
In particolare le tre modalità sono: intermediari, società specializzate indipendenti,
consorzi.
Gli intermediari internazionali “sono tutti quei soggetti che svolgono attività di
intermediazione tra Paesi diversi, agendo da canale di collegamento tra uno o più
produttori in un Paese e i compratori di determinati Paesi esteri”9. Tra i diversi tipi di
intermediari troviamo:
- Il buyer: soggetto indipendente, che risiede in un determinato paese, e che
rappresenta un certo numero di imprese che sono interessate ad avere un contatto
diretto e continuo con dei fornitori operanti nella sua stessa area geografica. Il
buyer rappresenta un ottimo strumento per un‟impresa che vuole sviluppare una
clientela estera, in quanto questo soggetto, normalmente, possiede relazioni
stabili con gli acquirenti esteri che rappresenta.
- Il broker: soggetto che, oltre a collegare il produttore con l‟acquirente estero,
fornisce un supporto consulenziale.
Per quanto riguarda le imprese nazionali specializzate nelle esportazioni, queste si
occupano essenzialmente di esportare i prodotti delle altre imprese, svolgendo il ruolo
di ufficio estero. La loro conoscenza dei mercati permette una penetrazione degli stessi
in maniera approfondita e con investimenti limitati. L‟acquirente straniero, inoltre, ha
un‟offerta più completa, in quanto queste aziende offrono sui mercati internazionali
prodotti di più aziende. Un esempio può essere l’export management company.
9 Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, p. 73.
12
- L‟Emc opera nei mercati esteri come unità di vendita all‟estero, accompagnando
le esportazioni di imprese la cui offerta non è in concorrenza; infatti, i diversi
produttori operano a livelli diversi della stessa filiera.
Lo svantaggio principale risiede nel fatto che l‟azienda produttrice diventa totalmente
dipendente da quella esportatrice ed inoltre non possiede il controllo sull‟evoluzione del
mercato, dei gusti, e delle aspettative dei clienti.
Troviamo poi, le grandi imprese come le trading companies, presenti in molti paesi del
mondo, che si occupano della commercializzazione dei prodotti sui mercati
internazionali; sono caratterizzate da un grado elevato di diversificazione sia per quanto
riguarda i prodotti commercializzati sia i paesi in cui operano. Si avvalgono anche di
società controllate in vari paesi alle quali è affidata la gestione del marketing e la
vendita nei rispettivi mercati locali. Oltre ad avere un‟elevata conoscenza del mercato,
forniscono spesso servizi accessori post-vendita, hanno una buona capacità finanziaria e
ricercano partner nei mercati esteri per realizzare accordi commerciali.
Infine, ricordiamo i consorzi per l‟esportazione, modalità diffusa per le piccole e
piccolissime imprese. Il loro obiettivo è, infatti, quello di compensare i limiti della
piccola dimensione delle imprese, raggiungere così la dimensione necessaria per
vendere all‟estero con successo, e limitare la concorrenza tra le imprese consorziate. “Il
consorzio per l’export organizza iniziative promozionali e di ingresso in nuovi mercati
attraverso l'adesione a missioni governative, partecipazione a fiere, ricerche di mercato
e ricerca di partnership commerciali.
L'adesione ad un consorzio per l'export rappresenta un vantaggio per il piccolo
imprenditore in quanto consente di ridurre le incertezze e i costi di
internazionalizzazione aumentando per contro la propria competitività”10
. Affinché un
consorzio possa essere efficace è necessario non solo un‟elevata coesione in termini di
obiettivi, risorse, strategie tra tutte le imprese aderenti ma anche la capacità ma
soprattutto la volontà di queste ultime di rinunciare a una buona parte di autonomia
imprenditoriale.
Concludendo, le esportazioni indirette sono, tra tutte le strategie di
internazionalizzazione, la forma meno impegnativa, ma anche la più labile. L‟assenza di
un contatto diretto con il mercato di sbocco e quindi con il cliente-consumatore finale
10
“Consorzi per l‟export”, Il sole 24 ore, 9 Maggio 2011.
13
rappresenta infatti il principale punto di debolezza. Tutto questo si riflette
sull‟incapacità dell‟impresa di comprendere in modo complessivo le determinanti del
proprio mercato, nonché anticipare le tendenze che caratterizzeranno in futuro il proprio
segmento di mercato.
Le esportazioni dirette, invece, al contrario di quelle indirette, richiedono un maggiore
impegno organizzativo, un maggior coinvolgimento finanziario e “un maggior impegno
imprenditoriale, in quanto in questa modalità di internazionalizzazione è assente la
figura dell’intermediario che si fa carico dei rischi connessi alla vendita del
prodotto”11
.
Con l‟esportazione diretta , infatti, l‟impresa vende nei mercati esteri attraverso una
propria struttura commerciale. A fronte dei maggiori rischi che l‟impresa deve caricarsi,
l‟esportazione diretta presenta molti più vantaggi rispetto a quella indiretta. Il vantaggio
principale è dato dal raggiungimento di un legame forte con il mercato di sbocco,
ovvero di intrattenere un rapporto diretto con la propria clientela, con la conseguenza di
una maggiore conoscenza dei propri consumatori; risulta, quindi, più facile per
l‟impresa sia comprendere ed anticipare le tendenze dei clienti sia individuare nuovi
segmenti in cui ampliare la propria attività.
Ricordo invece che lo svantaggio principale è rappresentato dalla complessità
manageriale, in quanto richiede competenze gestionali che non possono essere
improvvisate.
Solitamente questa modalità comporta la costituzione, all‟interno dell‟impresa, di
un‟unità organizzativa dedicata alle operazioni con l‟estero. Le modalità di
realizzazione sono però varie:
- Rete di vendita per l‟estero: le esportazioni dirette possono essere attuate
attraverso la costituzione di una rete di vendita dedicata allo specifico mercato
selezionato; può essere formata o da dipendenti dell‟impresa o da personale
indipendente. La creazione di una rete di vendita per l‟estero permette una
conoscenza più approfondita del mercato e della clientela, che insieme alla
possibilità di controllare i prezzi, rappresentano i principali vantaggi.
11
Aulicino D., “le strategie dell‟internazionalizzazione”, Commercio internazionale, 30, n. 23 (2006)
14
Gli agenti indipendenti, legati all‟azienda da contratti di collaborazione,
vengono individuati direttamente nel paese estero, e si pongono come
intermediari tra l‟esportatore e l‟acquirente realizzando la vendita in nome e per
conto dell‟azienda mandante. Il fatto che l‟agente sia scelto direttamente nel
paese straniero, rappresenta un forte vantaggio per l‟impresa, avendo
quest‟ultimo una conoscenza maggiore del mercato estero.
- Ufficio di rappresentanza: la finalità principale della costituzione di una
rappresentanza commerciale è quella di permettere una più rapida distribuzione
dei prodotti nel paese estero. La realizzazione di filiali commerciali, o branch,
infatti viene realizzata quando il volume delle vendite diviene significativo e
quando l‟impresa vuole raggiungere una posizione importante nel mercato estero
obiettivo.
- Centrale logistica: in alcune aree geografiche estere l‟impresa esportatrice può
costituire una centrale logistica dove viene in primis immagazzinata la
produzione per l‟estero per poi essere distribuita ai compratori in uno o più
mercati stranieri. In alcuni casi presso la centrale logistica possono essere anche
svolte lavorazioni sul prodotto. La funzione principale è quella di velocizzare la
distribuzione dei prodotti nel mercato estero, e quindi far arrivare il prodotto al
consumatore in tempi brevi.
- Sussidiaria commerciale estera: l‟impresa può decidere di costruire una propria
unità operativa nel paese estero, la sussidiaria commerciale, avendo una propria
autonomia societaria, pur rimanendo controllata dalla casa-madre. Vengono,
infatti, trasferite alla sussidiaria parte delle funzioni strategiche e operative.
L‟aspetto fondamentale deriva dal fatto che la sussidiaria acquista dalla
controllante i prodotti che avrà poi il compito di distribuire nel paese estero.
Questa modalità rappresenta la forma più avanzata della realizzazione delle
esportazioni, potendo anche rappresentare un‟evoluzione naturale di una centrale
logistica o di una rappresentanza commerciale.
- E-commerce: il commercio elettronico è lo strumento ideale per l‟export alla
portata anche delle aziende minori: attraverso internet l‟impresa comunica la
propria offerta a potenziali acquirenti in tutto il mondo. Il commercio elettronico
comporta una serie di vantaggi: dal punto di vista del consumatore l‟e-commerce
15
offre al cliente una gamma più completa e più ampia di prodotti da confrontare;
garantisce, inoltre, una risposta più rapida, più personalizzata e più economica
alle proprie esigenze. Dal punto di vista dell‟impresa, invece, il commercio
elettronico permette di ottenere una riduzione dei costi di comunicazione e di
pubblicità, e quindi la possibilità di stabilire in modo rapido e a costi contenuti
un contatto diretto con potenziali compratori residenti anche in paesi molto
lontani dal proprio. Tuttavia, questa modalità, comporta anche una serie di
problematiche: innanzitutto, a livello mondiale, l‟e-commerce presenza una
diffusione fortemente squilibrata e di conseguenza una limitata
informatizzazione delle famiglie e delle imprese in alcune aree del globo senza
dimenticare la limitata diffusione delle carte di credito.
Il commercio elettronico risulta efficace per le imprese che operano in nicchie di
mercato, con produzioni altamente specializzate.
Breve analisi delle esportazioni italiane 12
Le esportazioni di beni italiani nel 2012 hanno superato i 389 miliardi di euro tornando
ai livelli pre-crisi. Dopo una contrazione nel 2009 gli anni successivi hanno mostrato
tassi di crescita sempre positivi, anche se in rallentamento nell‟ultimo anno. (Grafico
2.).
Grafico 2. Esportazioni italiane (Mld €)
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati ISTAT elaborati da Agenzia ICE.
12
Italia: esportazioni ed investimenti diretti esteri, ministero degli affari esteri, 10 Giugno 2013.
16
A dicembre 2012, I principali settori di export italiano sono i macchinari e le
apparecchiature (più del 18%); sommando poi autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto,
il settore arriva a pesare oltre al 27%. Il sistema moda, composto da prodotti tessili,
prodotti di abbigliamento e prodotti in pelle, pesa per l‟11% delle esportazioni italiane.
Segue l‟agroalimentare con prodotti alimentari, bevande e prodotti dell‟agricoltura
(8,2%) e i prodotti della metallurgia (8,2%). (Grafico 3.).
Grafico 3. Composizione % dell‟export italiano (2012)
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati ISTAT elaborati da Agenzia ICE.
Infine, dal punto di vista geografico l‟Europa rimane il principale partner. Seguono i
paesi europei non appartenenti all‟UE, l‟Asia Orientale, l‟America settentrionale, il
Medio Oriente, l‟America centromeridionale, l‟Africa settentrionale, l‟Asia centrale e
l‟Africa Sub-Sahariana, e l‟Oceania.
1.2.2. Alleanze strategiche
A volte è preferibile entrare nei mercati esteri adottando un grado di coinvolgimento
maggiore rispetto a quello derivante dalle esportazioni dirette e indirette. Quando
l‟impresa decide di collocare la produzione in paesi esteri, oppure intende sviluppare
all‟estero parte delle competenze utili per competere, le due modalità di entrata sono le
alleanze strategiche e gli investimenti diretti esteri.
Macchinari e apparecchiature
18,1%
Altri settori46,5%
Bevande
1,6%
Prodotti
alimentari
4,9%
Prodotti dell'agricoltura
1,4%
Prodotti della metallurgia
8,2%
Articoli in pelle4,1%
Articoli di abbigliamento
4,3%
Prodotti tessili2,4%
Altri mezzi di trasporto
2,8%
Autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi6,2%
17
Le alleanze strategiche nascono dalla volontà delle imprese di aumentare la propria
influenza a livello internazionale; non si realizza solo una vera e propria integrazione
con i mercati esteri, ma si ottiene anche un maggior controllo sulle operazioni. Si
devono, però, ovviamente sopportare costi e rischi più elevati.
Le alleanze strategiche si distinguono in due gruppi:
- Accordi strategici
- Joint ventures
Gli accordi strategici sono accordi contrattuali, più o meno complessi e articolati,
generalmente di medio-lungo termine, tra due o più imprese, che rimangono
indipendenti, ma interagiscono scambiandosi o condividendo risorse, funzionali al
raggiungimento di obiettivi specifici.
“Queste intese sono normalmente promosse da un’impresa che vuole crescere a livello
internazionale con aziende sufficientemente consolidate nei Paesi che essa ha scelto
come target geografici. La prima apporta capacità produttiva, conoscenze, prodotti che
hanno buone opportunità in un determinato Paese estero; la seconda apporta la
capacità di distribuzione del prodotto nel proprio contesto geografico”13
.
I vantaggi di questa modalità di ingresso consistono in un impegno finanziario e
organizzativo ridotto in seguito alla condivisione degli investimenti necessari, nel fatto
di creare ricchezza sul territorio del paese straniero, cosa che i governi tendono sempre
a vedere di buon occhio, nell‟opportunità di valorizzare le proprie risorse e
contemporaneamente accedere a competenze distintive.
Lo svantaggio principale è connesso soprattutto alle potenziali difficoltà nella gestione
delle relazioni con i partner stranieri.
Gli accordi strategici hanno contenuti piuttosto differenziati e i principali sono: il
licensing, il franchising, i contratti di produzione e di gestione, le alleanze commerciali.
Per quanto riguarda, il secondo gruppo, le joint ventures, rappresentano la forma più
avanzata delle alleanze strategiche, poiché comportano un significativo investimento di
risorse finanziarie, oltre che un elevato impegno strategico e organizzativo; è la strategia
di internazionalizzazione che più si avvicina agli investimenti diretti esteri.
13
Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 88-89.
18
Le joint ventures si distinguono nettamente dagli accordi strategici perché queste, per
realizzare determinati obiettivi di interesse comune all‟alleanza (per esempio nel campo
del marketing, della produzione o della ricerca), implicano la costruzione di una nuova
azienda, cosiddetta joint ventures, tra due o più operatori di diversa nazionalità. Alla
base vi è quindi la creazione di una partnership tra due soggetti, partnership costruita
con un orizzonte temporale abbastanza definito, in quanto, una volta realizzate le attività
di interesse comune è abbastanza ovvio che la joint ventures sia sciolta o trasformata,
attraverso l‟acquisizione di uno dei partner coinvolti.
I modelli di joint ventures esistenti si basano essenzialmente sulla creazione, da parte
dell‟impresa entrante, con una o più imprese locali, di una nuova società, in un paese
straniero. Avere un partner locale, che garantisce la conoscenza del mercato locale e la
disponibilità della rete distributiva, consente di colmare le lacune per quanto riguarda il
radicamento sul mercato e i rapporti istituzionali. Al contrario l‟impresa entrante
apporta know-how, capacità tecnica, gestionale e competenze di prodotto.
I vantaggi che genera l‟accordo joint ventures sono molti; innanzitutto consente
all‟impresa di ridurre l‟investimento finanziario necessario per l‟entrata nel paese
estero, la nuova struttura aziendale può beneficiare di un insieme di conoscenze e di
risorse nettamente superiore ad una società che opera all‟estero in autonomia ed infine,
la presenza di un partner locale permette sia un migliore adattamento dell‟impresa in un
mercato sconosciuto, sia il fatto che le autorità locali straniere e i governi ospitanti
limitino le azioni contrastanti. Bisogna sottolineare come, però, queste forme di
cooperazione siano molto difficili da gestire.
Le joint ventures molto spesso vengono utilizzate solo nella fase iniziale della
penetrazione di un mercato estero, per poi passare a forme più dirette, come gli
investimenti diretti esteri.
1.2.3. Investimenti diretti esteri
Gli IDE, investimenti diretti esteri, hanno assunto negli ultimi anni notevole rilievo tra
le strategie di internazionalizzazione e rappresentano la modalità di espansione più
avanzata.
Con l‟intensificarsi della concorrenza internazionale può essere conveniente per
l‟impresa un maggior coinvolgimento nel paese target, in modo che la presenza sui
mercati esteri non abbia carattere sporadico ma sia invece continua e duratura. Si
19
realizza una vera e propria integrazione con i mercati obiettivo ottenendo un maggior
controllo sulle operazioni estere. Tutto questo richiede però all‟impresa costi e rischi più
elevati, nonché un notevole impegno finanziario, strategico e la completa assunzione del
rischio-paese.
L‟investimento diretto estero può essere definito come un investimento produttivo
realizzato dall‟impresa al di fuori del proprio paese d‟origine 14
, finalizzato alla
realizzazione di prodotti da posizionare essenzialmente nel paese in cui è localizzato
l‟insediamento stesso. In particolare un IDE può essere realizzato attraverso due
modalità:
- realizzazione di una nuova struttura produttiva (stabilimenti, impianti, centri di
ricerca, strutture logistiche) nel paese estero. Una nuova struttura produttiva può
essere creata su un sito precedentemente non utilizzato per attività economiche,
oppure in un‟area già occupata in passato da altre attività economiche e
successivamente riconvertita e/o bonificata. Si parla rispettivamente di
investimenti greenfield e brownfield.
- acquisizione della proprietà di un‟impresa operante in un determinato paese
estero, ad esempio tramite il semplice acquisto della maggioranza delle azioni 15
,
o la fusione con tale impresa.
La scelta tra una modalità o l‟altra dipende sia dalle caratteristiche dell‟impresa sia dalle
risorse distintive che dispone.
L‟acquisizione consente all‟impresa un ingresso più rapido nel mercato selezionato
perché sfrutta un marchio già affermato nel paese estero, e tende ad essere preferibile
quando la società vuole acquisire, sviluppare nuove competenze, nonché appropriarsi
delle relazioni dell‟azienda estera acquisita. L‟acquisizione ha successo se, in seguito
alla trasformazione, l‟immagine della società non si indebolisce e non viene meno la
fedeltà dei clienti. Dal punto di vista delle risorse l‟acquisizione è da preferire quando
14
Gli IDE si differenziano perciò dagli investimenti in portafoglio, in quanto questi ultimi riguardano
attività puramente finanziarie, come azioni e obbligazioni, realizzate attraverso banche o altri istituti
finanziari che generano rendimenti più o meno variabili, in relazione al grado di avversione al rischio
dell‟investitore.
15 Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e l‟Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico (OCSE) si ha un IDE quando l‟investitore estero possiede almeno il 10% delle
azioni ordinarie, effettuato con l‟obiettivo di avere un interesse permanente, duraturo nel paese.
20
“queste possono essere efficacemente trasferite in nuove organizzazioni, ben
integrandosi con quelle esistenti, producendo fattori di vantaggio competitivo; oppure
se, al contrario, sono risorse fortemente radicate nell’impresa (…) risulta
tendenzialmente preferibile la strada dell’investimento greenfield”16
.
Le principali motivazioni della creazione di un insediamento produttivo sono da
ricondursi principalmente alla riduzione dei costi di produzione, di trasporto e delle
spese doganali, alla possibilità di stabilire una presenza diretta nel mercato estero,
all‟acquisizione di risorse materiali e immateriali, nonché all‟accesso a materie prime e
manodopera.
Importanti vantaggi sono, tuttavia, conseguiti anche sul territorio ospitante. Non solo un
trasferimento di conoscenze, competenze, tecnologie, un potenziamento delle
produzioni locali con un possibile incremento delle esportazioni, ma anche una vera e
propria valorizzazione del capitale umano, stimolando il tasso di imprenditorialità
locale. Negli ultimi vent‟anni, infatti, soprattutto i governi dei paesi emergenti hanno
attuato interventi legislativi favorevoli agli IDE, che si sono tradotti in incentivi,
benefici fiscali, semplificazione delle procedure amministrative a favore degli
investitori stranieri.
L‟investimento diretto estero presenta comunque anche degli svantaggi. Esso comporta
investimenti consistenti, capitali iniziali elevati, costi di informazione e di ricerca
elevati, richiede personale qualificato per gestire la nuova unità estera, non sempre
facilmente reperibile. Effetti negativi possono però presentarsi anche a danno del
sistema locale; un esempio può essere il caso in cui l‟investitore internazionale,
raggiungendo una posizione di dominio, argini gli operatori locali e influenzi le
istituzioni e gli organi di governo.
In sintesi, è essenziale trovare un punto d‟incontro, un equilibrio tra i benefici
dell‟impresa e quelli del paese ospitante.
Gli IDE hanno anche una duplice natura: possono essere investimenti attivi, in entrata,
ovvero investimenti realizzati da imprese straniere che entrano in un determinato
territorio, o investimenti passivi, cioè in uscita da un determinato territorio per essere
realizzati in un‟area in cui l‟impresa vuole raggiungere un presenza internazionale. Per
16
Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 99-100.
21
rendere la trattazione più interessante viene proposta, di seguito, l‟analisi del caso
italiano, evidenziando sia gli IDE in entrata che in uscita dal nostro Paese.
Breve analisi degli investimenti diretti esteri italiani 17
I flussi di IDE in uscita dal nostro Paese, sono stati, nel corso del 2012, di 23,2 miliardi
di euro, in riduzione del 40% rispetto all‟anno precedente; nel primo trimestre 2013
sono stati di 676 milioni (dati provvisori).
Per quanto riguarda la destinazione geografica, al 2011, degli IDE, si rileva come il
61% di tali flussi erano destinati all‟Ue a 27, in modo particolare nei Paesi Bassi
(probabilmente per il miglior regime fiscale), in Germania e in Spagna; seguono il
continente asiatico, 20,5%, africano, 7,3%, e americano, 5,6%. (Grafico 4.).
Il Grafico 5. mostra invece i principali settori di destinazione, e si evince che il 47,5%
dei flussi di investimenti diretti esteri in uscita dall‟Italia nel 2011 è destinato ai servizi,
il 28,5% alla manifattura, il 12,8% alle costruzioni.
Grafico 4. % della destinazione geografica dei flussi di investimenti italiani in uscita –
2011
(Totale flussi in uscita dall‟Italia – 2011: 38,6 mld €)
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia
17
Italia: esportazioni ed investimenti diretti esteri, ministero degli affari esteri, 10 Giugno 2013.
Altre destinazioni
5,2%America
5,6% Africa
7,3%
Asia
20,5%Unione Europea
61,4%
22
Grafico 5. % della destinazione settoriale dei flussi di investimenti italiani in uscita –
2011
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia
Nel 2012 sono stati di 12,5 miliardi di euro, invece, gli investimenti diretti esteri in
ingresso in Italia, circa la metà dell‟anno precedente (24,7 miliardi). I flussi in ingresso
nel primo trimestre 2013 sono stati di 1,3 miliardi (dati provvisori). Sulla base della
provenienza geografica al 2011, oltre il 90% di tali flussi originava dall‟UE27, in modo
particolare da Lussemburgo e Francia; tra i principali Paesi non Ue, spiccano invece
Svizzera e Stati Uniti. (Grafico 6.).
Circa i settori, nel 2011, il 42% dei flussi IDE in ingresso in Italia è destinato al
manifatturiero, il 39% ai servizi, il 5,3% alle costruzioni. (Grafico 7.).
Grafico 6. % della provenienza geografica dei flussi di investimenti in Italia dall‟estero
– 2011
(Totale flussi in ingresso in Italia – 2011: 24,7 mld €)
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia
Altre provenienze
9,3%
Unione Europea
90,7%
Altri settori
11,2%
Costruzioni
12,8%
Manifattura
28,5%
Servizi
47,5%
23
Grafico 7. % della destinazione settoriale dei flussi di investimenti in Italia dall'estero –
2011
Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia
1.3. Osservazioni conclusive
Concludendo l‟internazionalizzazione può favorire il raggiungimento di un vero e
proprio vantaggio competitivo: l‟azienda, grazie all‟espansione estera matura
conoscenze, competenze, sviluppa nuove relazioni, incrementa la sua reputazione
sicuramente in modo maggiore rispetto ad avere una sola dimensione nazionale.
Ulteriori vantaggi sono riscontabili anche nella strategia di marketing: l‟impresa genera
una valorizzazione internazionale dei propri marchi, dei propri prodotti, fidelizzando
ulteriormente il cliente e aumentando anche le occasioni in cui il consumatore finale ha
la possibilità di provare il prodotto.
Infine, un altro aspetto da considerare è il cosiddetto effetto Made-in, o effetto Paese, di
fondamentale importanza per il consumatore. È proprio il paese d‟origine che viene
sottolineato come reason why di attributi qualitativi e di immagine.
Altri settori
13,7%
Costruzioni
5,3%
Manifattura
42%
Servizi
39%
24
CAPITOLO 2
IL MADE IN ITALY
L‟attuale crisi aziendale che ha investito il nostro Paese nel corso degli ultimi anni può
rappresentare una straordinaria opportunità perché permette di ridefinire attori e regole
del gioco di un sistema che appare vecchio, ingessato; sono proprio
l‟internazionalizzazione e la capacità di offrire al mondo una “nuova dolce vita”18
,
rilanciando appunto il Made in Italy, gli strumenti necessari su cui il nostro Paese deve
puntare.
2.1. La creatività orientata al mercato
Durante il corso degli anni ‟80 il Made in Italy ha conquistato e affascinato il mondo:
una storia di idee, progettualità, amore per il ben fatto che viene dal vivere in uno dei
paesi più belli del mondo.
“Made in Italy, fatto in Italia, è il marchio più forte del mondo. Recenti ricerche lo
dimostrano con chiarezza. Nei prodotti italiani il consumatore cerca un’emozione che
gli consenta di condividere uno stile di vita, una visione estetica della qualità che è
unica al mondo, inimitabile…”19
.
“Il Made in Italy non è un’etichetta d’origine applicabile indistintamente a tutti i
prodotti fatti in Italia (…). Si tratta piuttosto di un concetto astratto, una firma d’autore
che definisce quei prodotti per cui l’Italia esprime un’effettiva specializzazione, dove
esiste un reale vantaggio in termini di innovazione, stile, servizio, prezzo”20
per i quali
esiste, almeno in teoria, la disponibilità a pagare un premium price. Made in Italy è un
concetto che vale molto per i mercati internazionali, rappresenta non solamente una
qualità superiore, ma un modo di essere, di vedere le cose, e proprio per questo è,
18
Il termine “dolce vita” indica lo stile di vita italiano fatto di ottimismo e allegria tipico dell‟Italia del
secondo dopoguerra.
19 Intervento del presidente della Repubblica Ciampi in occasione della consegna dei premi “Leonardo” e
“Leonardo qualità Italiana” (Roma 4 dicembre 2003).
Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 6.
20 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 39.
25
almeno in parte, inimitabile. Sono proprio questi i pilastri su cui si fondano i marchi più
rappresentativi del Made in Italy: basti pensare a nomi noti come Ferrari, che simbolizza
il piacere italiano della guida sportiva, Armani, nel campo della moda, che sulle
passerelle mondiali evoca la classe e lo stile tipico italiano senza dimenticare, nel settore
del beverage, l‟acqua S. Pellegrino, che significa convivialità, vivere il cibo come
un‟occasione per ritrovarsi e condividere emozioni. Questi sono solo alcuni grandi
marchi italiani che ci permettono di capire la potenza Made in Italy sulla scena
internazionale, identificandolo come una garanzia: alla dimensione intangibile, che
attraverso l‟associazione alla cultura, alla storia e all‟arte favorisce una percezione non
commerciale dei prodotti italiani, se ne affianca una tangibile, altrettanto importante.
“Acquistare un prodotto italiano, infatti, non significa solo acquistare un prodotto di
moda, di qualità, ma rappresenta la chiave di accesso ad una comunità che trova il suo
collante nel bello e nel gusto. Sono questi benefici sociali ed emozionali a giustificare il
premium price”21
.
Scommettere sul Made in Italy significa scommettere sulla nostra capacità di continuare
ad offrire al mondo piccole felicità ed emozioni quotidiane.
2.2. Country of origin
Ogni paese possiede un‟eredità di valori, simboli e tradizioni che costituiscono il suo
patrimonio intangibile. Storia, cultura e valori sono alla base del cosiddetto country of
origin: così come la marca ha la funzione di costruire la fiducia dei consumatori,
l‟immagine positiva di una nazione può migliorare sia la percezione commerciale di una
marca sia il consumo di prodotti o servizi originati in un determinato paese.
Le qualità associate ad un paese, nell‟attuale scenario globale e nell‟odierna “era
internet”, in cui i confini geografici spariscono e i consumatori vengono investiti da
proposte simili, diventano essenziali per le imprese le quali faticano sempre più a
trovare elementi di differenziazione rispetto ai competitors. Nel mercato attuale,
caratterizzato da complessità e dinamicità, quindi una positiva immagine del paese
diviene un fattore critico di successo. Il Made in Italy rientra a pieno titolo tra i brand
paese che sono in grado di dare un impulso determinante al successo delle imprese
21
Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 43.
26
italiane che operano su scala internazionale; il cosiddetto Made in, nella prospettiva
delle imprese italiane, è sempre stato una fonte di valore da sfruttare, salvaguardare ed
incrementare. La relazione esistente tra country of origin e buyer behavior si può
ricondurre a tre componenti principali: “una componente cognitiva in base alla quale
gli acquirenti ricavano dall’immagine della nazione di origine il livello degli attributi
(avanzamento tecnologico, affidabilità, durevolezza … ) che determinano la valutazione
complessiva del prodotto; una componente affettiva, in base alla quale l’immagine
della nazione di origine fornisce stereotipi emozionali che arricchiscono il prodotto di
benefici di natura simbolica, quali lo status sociale e l’orgoglio nazionale; una
componente normativa in base alla quale gli acquirenti associano alla nazione di
origine una serie di norme sociali e personali che influenzano le decisioni di acquisto
(ad esempio il rifiuto di acquistare prodotti da nazioni che hanno praticano politiche
ritenute eticamente scorrette)”22
.
Concludendo ricordo come “il primo utilizzo del country of origin, in termini di chiave
di accesso sui mercati esteri, si è reso particolarmente necessario per quei Paesi, come
la Francia e l’Italia, che non potevano fare affidamento solo sulla loro clientela interna
per sostenere la crescita”23
.
Con il passare del tempo, in seguito ai numerosi processi di delocalizzazione, il
significato del termine “Made in” ha allargato la sua portata fino ad essere sempre
meno vincolato dal paese nel quale avviene la produzione, “secondo il paradigma per
cui il prodotto nasce in fabbrica ma ciò che il cliente compra è il marchio. In tale
contesto ha assunto sempre più importanza la valenza allargata del country of origin
inteso come il Paese al quale un consumatore associa la fonte di provenienza di un
determinato prodotto o marchio indipendentemente da dove il prodotto sia stato
effettivamente fabbricato”24
. Un esempio sono le scarpe Geox dove la produzione è
delocalizzata in Romania, ma la percezione del marchio rimane Made in Italy; o ancora
le sneaker della Nike, prodotte nel Sud-Est asiatico, che grazie alla strategia di
22
Alessandro De Nisco, “Country of origin e buyer behavior: una meta-analisi dalla letteratura
internazionale”, mercati e competitività, 2007, pp. 82-84.
23 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, pp. 20-24.
24 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 25.
27
comunicazione vengono identificate come americane in relazione alla voglia di
emergere e all‟individualismo tipici della cultura statunitense.
La competitività del Made in Italy sullo scenario internazionale non deriva, quindi,
solamente “dall‟essere fatto in Italia”, in quanto sono molti i prodotti progettati in Italia
e realizzati altrove (concetto allargato del country of origin) essenzialmente per motivi
di costi. La potenza dei prodotti italiani va ben oltre; è il cosiddetto know how, la
conoscenza, la tradizione estetica e l‟abilità che fanno l‟Italia un paese unico. Il fatto
che un prodotto sia pensato in Italia, nonostante sia realizzato altrove, può essere
utilizzato a nostro vantaggio rispetto ad altri paesi, come “la Germania la cui
attrattività è profondamente legata a un modo di produzione più difficile da de-
localizzare in quanto basato sul territorio. Vale a dire che mentre il consumatore è
disposto ad accettare che un prodotto italiano sia realizzato altrove, la solidità, la
robustezza e la sicurezza evocate dal marchio Germania sono invece legate alla
produzione in sé. E’ molto difficile che un consumatore accetti come “tedesco” un
prodotto realizzato, per esempio, in Africa”25
.
Da queste riflessioni si può affermare come “la condizione necessaria per innescare
una rappresentazione mentale dell’italianità non è il luogo di produzione, ma quello del
comportamento. Nel senso che il prodotto è collegato ad un atteggiamento, al popolo,
allo stile, alla storia, alla terra, alla vita sociale dell’Italia”26
.
Da qui può derivare una domanda lecita ovvero come faccia un consumatore razionale
ad essere disposto ad acquistare un prodotto che non sia realizzato nel nostro Paese ma
lo simboleggia; semplice: il consumatore razionale non esiste; oggi nel cliente-
consumatore finale domina l‟aspetto emotivo. “La nostra mente ha due sistemi:
ragionante (conscio, seriale, lento ed esplicito); intuitivo (inconscio, parallelo, veloce
ed implicito). Nella presa di decisione prevale la mente intuitiva, legata alle emozioni
ed ai sentimenti. In riferimento ai prodotti Italiani, la teoria del consumatore emotivo
spiega bene come mai l’attrazione sia innescata da un nesso simbolico con l’italianità,
in assenza di ogni legame con una produzione italiana. Consciamente, razionalmente, il
consumatore potrebbe anche sapere che il prodotto non è italiano, ma emotivamente,
25
Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
26 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
28
inconsciamente, prova la sensazione contraria”27
. Quello che prevale sono la
comunicazione, gli sforzi di marketing, il nome del marchio associati all‟italianità.
Infatti, non è una scelta casuale della imprese quella di mantenere in Italia le
competenze core quali marketing, design, progettazione, in modo da conciliare i
vantaggi tipici della delocalizzazione (per esempio il basso costo della manodopera) e i
vantaggi che derivano da un‟immagine positiva del paese, derivante dal fatto di aver
concentrato le attività strategiche in Italia.
2.3. Che cosa si intende per italianità?
Come appena detto nel paragrafo precedente un marchio di una nazione può essere
analizzato attraverso variabili, classificazioni e varie associazioni mentali; così, secondo
alcuni studi, le principali associazioni che rimandano al marchio Italia sono associazioni
sensoriali (arte, cultura, cibo, moda, automobili), emotive (vacanze, amicizie, bellezze,
divertimento, bel tempo), razionali (linguaggio, storia) che lo differenziano, per
esempio, dal Made in Gemany al quale affianchiamo elementi come solidità,
affidabilità, perfezione, non amicizia. “Come ogni concetto complesso, quello di
italianità è rappresentato normalmente da un insieme di immagini mentali, che
corrispondono a tutta una serie di attributi che diventano “comuni modi di pensare”28
.
Basti pensare a immagini di Venezia, le piazze siciliane di Dolce & Gabbana, le spiagge
di Roberto Cavalli, la Cappella Sistina, il Barolo possono rappresentare il concetto
complesso di italianità. E‟ importante, ancora una volta, sottolineare come il concetto di
italianità, composto sia da immagini di prodotto che da valori culturali, possa
influenzare la competitività italiana.
Come per la maggior parte dei paesi, anche l‟Italia è percepita agli occhi dei
consumatori internazionali positiva per alcuni aspetti e in maniera meno positiva per
altri. Tra i principali valori positivi che vengono associati all‟Italia e che, quindi,
contribuiscono a formare l‟immagine Made in Italy, troviamo il valore dell‟estetica
ovvero lo stile (prima nel mondo), il design (prima nel mondo) l‟eleganza, il buon gusto
e il valore dell‟abilità artigianale rappresentato da rifinitura (seconda nel mondo dopo la
27
Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
28 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
29
Francia) precisione, qualità, tradizione e creatività. “E’ dimostrato da numerosi studi,
infatti, che il prodotto italiano trova una sua precisa nicchia di mercato a livello
sempre più globale, proprio grazie a questa serie di fattori distintivi”29
.
Al contrario, è radicata nella mente dei consumatori, un immagine non positiva del
nostro Paese, per quanto riguarda la tecnologia, la resistenza, e l‟affidabilità, mentre è
considerata nella media quanto a assistenza, prezzo e rapporto qualità/prezzo. “Questa
valutazione rispecchia perfettamente i dati economici della nostra bilancia
commerciale e del valore aggiunto. Il rapporto sull’innovazione del 2011 indica che
l’Italia è molto competitiva nel campo dell’innovazione “soft” e delle esportazioni di
cibo, vini, abbigliamento e moda”30
. Infatti, le cosiddette 4 A, ovvero i principali settori
in cui il Made in Italy detiene un‟immagine e un primato d‟eccellenza sono il settore
Abbigliamento-moda, Alimentare, Arredamento-casa e Automazione-meccanica. In
relazione a ciò le imprese, nelle loro strategia di internazionalizzazione, dovranno tenere
ben presente di come è percepito il Made in Italy dai consumatori stranieri, e adeguare
di conseguenza le loro strategie.
2.4. Osservazioni conclusive
Sempre in riferimento al concetto di Made in Italy è utile sottolineare l‟importanza dei
prodotti italiani “Belli e Ben Fatti” (BBF), che rappresentano un sottoinsieme del Made
in Italy. Questi prodotti sono beni di fascia medio-alta (escluso il segmento del lusso)
nei settori chiave del Made in Italy, i settori alimentare, arredamento, abbigliamento,
calzature e gioielleria.
Le esportazioni dei prodotti BBF crescono in modo esponenziale, soprattutto nei trenta
mercati più dinamici, grazie all‟ampliamento della classe benestante. In particolare nel
mondo nel 2018 ci saranno 194 milioni di nuovi ricchi rispetto al 2012, cioè individui
con reddito annuo superiore, o almeno pari, a 30 mila dollari (a prezzi del 2005 e a
parità di potere di acquisto), in grado di acquistare prodotti Belli e Ben Fatti. La
maggior parte di questi “nuovi ricchi” risiederà in Cina, India, Brasile, Emirati Arabi,
29
Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
30 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.
30
Russia e Turchia, tutti paesi in cui, già oggi il Made in Italy è presente e afferma il
proprio valore, rappresentando per il consumatore uno status symbol.
Le importazioni, nei trenta mercati emergenti, supereranno nel 2018 i 169 miliardi di
euro.
Nonostante l‟enorme opportunità offerta dai mercati emergenti bisogna comunque
sottolineare come la situazione non sia rosea; le imprese italiane si trovano a competere
in contesti difficili; data la debolezza della domanda interna dei paesi avanzati, a causa
del protrarsi delle conseguenze della crisi, le imprese, come detto, si orientano verso
novi mercati, ma questi molto spesso innalzano barriere e dazi per contrastare l‟ingresso
dei prodotti esteri.
31
CAPITOLO 3
ANALISI DEL SETTORE FOOD & BEVERAGE
L‟obiettivo del presente capitolo è quello di fornire un‟analisi del settore agro-
alimentare 31
, analizzando in modo particolare le bevande.
Il settore alimentare, è il principale comportato manifatturiero Europeo, ma soprattutto
ha un ruolo fondamentale nell‟economia italiana; rappresenta, quindi, un settore
portante per l‟economia del nostro Paese, i cui prodotti sono venduti e apprezzati in
tutto il mondo. “Il settore rappresenta un importante fattore di valorizzazione
dell’agricoltura, tanto da costituire quel “sistema agroalimentare” che oggi è in grado
di soddisfare i bisogni di mezzo miliardo di cittadini comunitari”32
.
Il ruolo dell‟Italia nel commercio internazionale, negli ultimi 15 anni, è mutato
trasformandosi da esportatore ad importatore di beni e servizi. In questi ultimi anni la
nostra economia è rimasta ai margini, non riuscendo a sfruttare a proprio vantaggio i
cambiamenti del contesto europeo e mondiale, come ad esempio il declino dei vecchi
protagonisti del mondo occidentale e la contemporanea affermazione di nuove aree e
nuovi paesi (Asia e Cina in modo particolare).
E‟ interessante notare come il comparto alimentare, nonostante il quadro appena
descritto, e ovviamente senza tralasciare la crisi internazionale del biennio 2008-2009,
sia andato in contro-tendenza, configurandosi come un settore anti-ciclico. Questo è
avvenuto grazie al cosiddetto Made in Italy agroalimentare, un‟icona dell‟Italia nel
mondo, che rappresenta una delle componenti più robuste delle nostre esportazioni.
Rispetto ai player internazionali le nostre imprese alimentari possono infatti godere del
vantaggio competitivo offerto, appunto, dal Made in Italy, che, come ha evidenziato
un‟indagine del Comitato Leonardo 33
, rappresenta un sinonimo di qualità e bellezza
estetica. Per esempio, i consumatori degli Stati Uniti, nostro principale mercato di
31
Il sistema agro-alimentare è quel ramo del sistema economico che approvvigiona il paese degli
alimenti. Con il termine filiera agro-alimentare, infatti, si intende l‟insieme delle principali attività,
tecnologie, risorse che permettono di creare, trasformare, distribuire, commercializzare un prodotto agro-
alimentare.
32 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 46.
33 Il comitato Leonardo è nato nel 1993 con l‟obiettivo di promuovere e affermare la “qualità Italia” nel
mondo.
32
sbocco, associano essenzialmente ai prodotti alimentari il concetto di Made in Italy.
L‟anti-ciclicità del comparto viene raffigurata e confermata nel grafico seguente, dove
viene mostrata un elevata dinamicità del settore alimentare, confrontandolo con gli altri
settori trainanti l‟export italiano (cosiddette 4 A).
Grafico 8. I settori trainanti l‟export italiano
Fonte: Largo Consumo
Mentre l‟export dei prodotti arredamento-casa e abbigliamento-moda sono rimasti
stazionari, per poi subire con la crisi del 2009 un crollo del 20%, automazione e
alimentare hanno continuato a crescere fino al 2008, per poi arretrare nell‟anno
seguente. Questo ultimo trend non riguarda i prodotti alimentari che hanno mostrato una
crescita annuale, rispetto al settore automazione-meccanica, sia nelle fasi positive di
mercato sia in quelle negative, proprio a testimonianza dell‟anti-ciclicità che
caratterizza il settore in esame.
33
3.1. Il commercio agroalimentare mondiale
Dato il quadro appena descritto, le esportazioni mondiali di prodotti agroalimentari sono
cresciute molto negli ultimi quindici anni (1996-2011), ma in maniera ancora più
significativa nell‟ultimo quinquennio (2007-2011) rispetto al commercio totale di beni e
servizi 34
. Soprattutto per l‟ultimo periodo, questo andamento si collega “alla crescente
domanda di cibo dei Paesi emergenti che si è aggiunta a quella di materie prime di
base e di prodotti più sofisticati e costosi, sempre richiesti dai Paesi avanzati e in
misura sempre maggiore anche dai “nuovi ricchi”35
. In particolare, negli ultimi 5 anni,
vi è stato un aumento delle importazioni in tutte le aree geografiche del mondo, con
esclusione dell‟UE a 15 36
e del Nord America.
“Attualmente, i primi dieci Paesi esportatori di prodotti agroalimentari, ordinati
rispetto alla loro quota del biennio 2010/2011, coprono il 53% delle esportazioni
mondiali di tali prodotti, mentre i primi venticinque ne coprono l’80%”37
. (Tabella 2.).
34
De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e
dinamiche, Tellus, 2012, p. 25.
35 De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e
dinamiche, Tellus, 2012, p. 8.
36 UE a 15: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda (1957, 6 paesi fondatori); Danimarca,
Irlanda, Regno Unito (1973); Grecia (1981); Portogallo, Spagna (1986); Austria, Fillandia, Svezia (1995).
37 De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e
dinamiche, Tellus, 2012, p. 26.
34
Tabella 2. I primi 25 Paesi esportatori di prodotti agroalimentari, ordinati per quota di
export media 2010/11.
(Per Paesi Bassi e Spagna l‟ultimo dato disponibile è il 2010,
Belgio e Lussemburgo fino al 1998)
Fonte: elaborazioni su dati Un-Comtrade
Dal lato delle esportazioni si sono affermati nuovi protagonisti sullo scenario del
commercio mondiale come Brasile, Cina, Argentina e Indonesia, mentre altri paesi
come Polonia e Ucraina hanno fatto il loro ingresso nel gruppo dei 25 leader in seguito
alle opportunità derivanti sia del processo di allargamento ad Est dell‟Unione Europea
sia dell‟apertura degli scambi dei Paesi dell‟ex Unione Sovietica. Alcuni concorrenti
emergenti temibili, come Argentina, Tailandia, India, Indonesia, Messico e Cile, hanno
aumentato le proprie quote nel settore agroalimentare scalando il gruppo dei maggiori
esportatori, e facendo indietreggiare paesi come Australia, Nuova Zelanda e Irlanda.
35
In conclusione, se le performance dei singoli paesi sono varie, “le tendenze medie dei
25 maggiori esportatori raggruppati per aree geografiche mostrano una complessiva
perdita di peso sul mercato mondiale dei leader storici dell’Ue, dei concorrenti
nordamericani (Stati Uniti e Canada) e dei grandi esportatori dell’Oceania (Australia e
Nuova Zelanda), per fare spazio soprattutto agli emergenti asiatici e latino-americani.
Nel continente europeo, solo l’area dell’Est Europa ed ex-Urss, qui rappresentata da
Polonia e Ucraina, aumenta il peso tra i leader, ma con una quota complessivamente
ancora molto limitata”38
. (Tabella 3.).
Tabella 3. Quote di mercato all‟export degli attuali venticinque maggiori esportatori,
raggruppati per appartenenza geografica.
(% sul totale mondiale)
Fonte: Elaborazioni su dati Un-Comtrade
Per completezza di informazioni indichiamo nella Tabella 4. la composizione delle
esportazioni agroalimentari mondiali.
Attualmente, il comparto più rilevante in valore è quello delle carni, seguito dagli oli e
grassi vegetali e animali, dai cereali e dalle bevande, alcoliche e non.
38
De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e
dinamiche, Tellus, 2012, p. 30-31.
36
Tabella 4. Composizione delle esportazioni agroalimentari
(comparti ordinati in base al valore medio 2010/11)
Fonte: Elaborazioni su dati Un-Comtrade
3.2. Il commercio agroalimentare in Italia
L‟industria alimentare italiana, “con 6250 aziende con più di 9 addetti per ettaro e un
fatturato di 130 miliardi di Euro”39
, costituisce il secondo settore manifatturiero
italiano.
L‟Italia ha raggiunto importanti primati nel settore; in primis le produzioni alimentari
sono sollecitate da un mercato interno caratterizzato da consumatori esperti e
consapevoli; in secondo luogo la qualità produttiva riscontrabile nella Penisola, che
favorisce l‟export, può essere testimoniata dalla presenta di numerose produzioni
39
Export: un “tavolo internazionalizzazione” tra industria alimentare e istituzioni per sostenere il Made
in Italy alimentare nei suoi 12 mercati chiave, comunicato stampa, 3 luglio 2013, www.federalimentare.it
37
certificate: “246 tra Denominazioni di Origine Protetta (Dop), Indicazioni Geografiche
Protette (Igp) e Specialità Tradizionali Garantite (Stg); 521 tra vini a Denominazione
di Origine Controllata e Garantita (Docg) o a Indicazione Geografica Tipica
(Igt); 4.671 specialità tradizionali regionali”40
.
L‟insieme di questi elementi contribuisce a far emergere un quadro produttivo e
qualitativo senza eguali nel mondo. Nell‟attuale economia globale in cui i paesi in via di
sviluppo competono sempre più in termini di costo, le economie avanzate, ed in modo
particolare l‟Italia, prevalgono in qualità.
Nel contesto europeo, il mercato italiano rappresenta, uno dei principali bacini di
consumo dei prodotti alimentari; in particolare “l’Italia si configura come il terzo
mercato europeo, dopo Germania e Regno Unito, per valore dei beni consumati, sia in
casa sia nel fuori casa”41
.
Bisogna ricordare come sui consumi alimentari pesano rilevanti fattori; innanzitutto la
crisi ha messo a dura prova i consumi delle famiglie italiane che vedono ridurre il
proprio potere d‟acquisto. Questo non poteva non riflettersi anche sui consumi. “Nel
primo semestre del 2010 le vendite di prodotti alimentari, sono diminuite dell’1,1%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”42
. Allargando la visione negli ultimi
30 anni si nota come il peso degli alimenti sul totale dei consumi sia diminuito, pur
mantenendo una certa importanza sulla spesa complessiva degli italiani; questo a causa
di diversi fattori: cambiamenti socio-demografici (invecchiamento della popolazione,
affermazione di famiglie mononucleari), mutamenti nello stile di vita, ossia l‟emergere
di un segmento più consapevole e attento alle diete, il galoppare della crisi economica,
la disoccupazione, la pressione fiscale e la crescita dei prezzi dell‟energia, tariffe e
servizi. Ma quello che più e grave è il fatto che il target qualitativo dei prodotti
acquistati sia sceso; il prezzo è diventato la principale variabile di scelta del
consumatore.
I dati diffusi dall‟ISTAT, in riferimento ai consumi alimentari domestici, una volta
deflazionati, mostrano la lenta ma inarrestabile erosione avviata nel 2007 con un calo di
40
I.T.A.L.I.A., geografie del nuovo Made in Italy, I quaderni di symbola, p. 77.
41 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 48.
42 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 48.
38
-7,7 punti dal 2007 al 2012, contro i consumi finali totali scesi di -1,4 punti 43
. (Tabella
5., Grafico 9.).
Tabella 5. Consumi alimentari delle famiglie
Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT
Grafico 9. Spesa per consumi finali delle famiglie 2006-2011
Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT
*stime
Con i consumi interni in recessione, l‟export rappresenta la più importante valvola di
sfogo e di redditività per il food and drink: “nel 2012 ha raggiunto quasi 25 miliardi di
43
www.federalimentare.it.
39
euro, con un'incidenza sul fatturato totale dell''industria alimentare (130 miliardi di
euro) del 19%”44
.
Tabella 6. Le cifre base dell‟industria alimentare italiana
Fatturato: valore - Mld/€
2010 2011 2012
124
(+3,3%)
127
(+2,4%)
130
(+2,3%)
Export: valore - Mld/€
2010 2011 2012
21
(+10%)
23
(+10%)
24,8
(+8%)
Produzione: quantità
2010 2011 2012
+1,8% -1,2% -1,4%
Fonte: FOODDRINKEUROPE – European Food and Drink Industry 2012 – Data Trends
3.2.1. I principali mercati i sbocco dell’industria italiana
I principali partner commerciali, che coprono circa il 48% delle esportazioni, sono
rappresentati dalla Germania, con una quota export pari al 16,9% (4,3 Mln), dalla
Francia, con una quota export pari al 12,2% (3 Mln), e dal Regno Unito, con una quota
export pari al 9% (2,3 Mln). Gli Stati Uniti sono al terzo posto in termini di destinazione
dell‟alimentare italiano, con una quota export pari al 10% (2,6 Mln). (Grafico 10.).
44
Export: un “tavolo internazionalizzazione” tra industria alimentare e istituzioni per sostenere il Made
in Italy alimentare nei suoi 12 mercati chiave, comunicato stampa, 3 luglio 2013,
www.federalimentare.it.
40
Grafico 10. Export 2012 – I primi 4 paesi di destinazione
(Milioni di Euro)
Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT
Grafico 11. Export 2012 – I principali paesi di destinazione dopo Germania, Francia,
USA e UK
(principali Paesi di destinazione con un valore export 2012 compreso tra 1,000 e 150 milioni di Euro)
Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT
Se si guarda alle performance di paesi dinamici e in crescita, l‟andamento delle vendite
mostra evoluzioni importanti evidenziando crescite più significative nei mercati Extra-
UE. “Nel 2012 si rilevano eccellenti dinamiche in alcuni mercati emergenti. Dopo
l’ultimo aggiornamento ISTAT: Thailandia (+50,6%), Emirati Arabi Uniti (+39,5%),
Messico (+32,5%), Arabia Saudita (+30,5%) e Libia (+30,3%). Interessanti anche gli
41
spunti di Cina (+24,3), India (+22,8), Corea del Sud (+22,5%), Giappone (+20,5),
Ucraina (+18,5%)”45
Grafico 12. Export 2012 – I paesi più dinamici
(Paesi più dinamici in termini di variazioni percentuali 2012/2011 maggiori o uguali a +5%)
Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT
Le evoluzioni osservate sono da ricondurre essenzialmente alla crescita economica che
ha caratterizzato questi paesi, che si traduce in un miglioramento del benessere
collettivo e del reddito disponibile da destinare ad acquisti di prodotti di “fascia
elevata”, come può essere ad esempio i consumi di vini italiani. “La crescita che ha
caratterizzato l’export ha permesso all’Italia, pur in un momento congiunturale tra i
più difficili dell’ultimo secolo, di consolidare le proprie quote sui mercati
internazionali, accusando meglio il colpo della crisi economica rispetto a quanto
accaduto ai principali competitor”46.
3.2.2. Expo 2015
Parlando del settore agroalimentare in Italia non si può non citare l‟esposizione
universale; Milano tra l‟ 1 Maggio e il 31 Ottobre 2015, diventerà meta privilegiata di
oltre 20 milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, il cui tema, “nutrire il
pianeta, energia per la vita”, vuole dare visibilità alla tradizione, alla creatività,
all‟innovazione nel settore dell‟alimentazione, sottolineando in particolar modo
l‟aspetto della sicurezza e della qualità alimentare. Con un totale di 142 paesi
45
www.federalimentare.it.
46 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 51.
42
partecipanti, ad oggi, l‟Expo è un occasione di incontro, di confronto e di dialogo con
tutti i paesi, ma in modo particolare per l‟Italia è un‟opportunità di crescita economica,
un volano per la nostra economia, rappresentando le eccellenze del settore alimentare
dell‟Italia e di Milano.
Concludendo, va ricordato come la Lombardia, rappresenta il 25% del fatturato
nazionale del comparto agroalimentare ed è la terza regione in Italia, dopo Emilia
Romagna e Veneto, per numero di prodotti agroalimentari certificati.
3.3. Quadro di sintesi dei consumi di bevande analcoliche nel mondo 47
Nel mondo si consumano circa 600 miliardi di litri di bevande analcoliche fredde tra cui
acque confezionate, bibite, succhi e altre bevande naturali frutta, pari ad un consumo
pro-capite di circa 83 litri/anno. Questo dato è ovviamente la media tra situazioni di alto
consumo, come per esempio in Nord America e in Europa Occidentale dove vengono
consumati oltre 200 litri/pro-capite, e situazioni di basso consumo delle regioni più
povere dove si sfiorano appena i 30 litri/anno. Il consumo delle bevande analcoliche è
migliorato nel 2012 del 3%, ma bisogna evidenziare che la leadership storica che ha
caratterizzato le bibite, nel 2011 è stata ceduta alle acque confezionate, consolidando il
proprio primato nel 2012 con 246 miliardi circa di litri. Le acque confezionate, infatti,
godono di importanti vantaggi: innanzitutto hanno prezzi più contenuti ed inoltre hanno
un consumo universale dato dal fatto che non hanno nessuna controindicazione per
nessuna fascia di consumatori.
Tabella 7. Consumi bevande analcoliche nel mondo
Fonte: Elaborazioni Beverfood.com Edizioni su dati Global Drinks
47
BEVITALIA, acque minerali, bibite e succhi, SOFT DRINK DIRECTORY, 2013-2014.
43
3.4. Quadro di sintesi del settore bevande nell’economia italiana 48
L‟industria italiana delle bevande e delle acque minerali offre una gamma molto
articolata di prodotti, nonché continue novità, in modo che il consumatore scelga in base
ai propri bisogni, alle proprie esigenze; è considerato uno dei settori produttivi più
“effervescenti”.
Con il solo riferimento al settore “bevande fredde” si evidenzia che gli italiani, ogni
anno, consumano 21 miliardi di litri di bevande fredde confezionate; in particolare:
- 4 miliardi circa di litri di bevande alcoliche, tra cui vini, birre, liquori e
acquaviti, per un consumo pro-capite medio di 70 litri/anno.
- 17 miliardi di litri di bevande analcoliche tra cui acque minerali, bibite lisce e
gassate, succhi e bevande frutta, per un consumo pro-capite di 265 litri/anno.
Il valore alla produzione globale delle bevande confezionate è stimabile intorno ai 20
miliardi di euro su base annua, pari a poco più del 15% del totale fatturato annuo
dell‟intera industria alimentare italiana. L‟andamento è stato positivo per le acque
minerali che hanno chiuso il 2012 in leggera crescita, mentre bibite, succhi e bevande
frutta hanno accusato un calo di consumi. “Per il 2013, sulla base delle rilevazioni di
mercato della prima parte dell’anno, si prospetta un’annata in negativo per tutti i
comparti del beverage analcolico, in considerazione della congiuntura economica
negativa ma anche a causa di una situazione climatica sfavorevole”49
.
L‟Italia si classifica ai primi posti per i consumi di acque minerali e vini, ai vertici delle
classifiche mondiali. Bisogna tenere in considerazione che l‟acqua minerale, in Italia, è
venduta mediamente a prezzi molto bassi, il che spiega, assieme ad altri fattori, l‟elevato
consumo. Il nostro Paese, invece, si colloca nettamente al disotto della media europea,
per quanto riguarda il consumo delle altre bevande sopra citate. Le acque minerali sono
considerate un valore italiano, un simbolo dell‟italianità, una delle componenti del
Made in Italy insieme alla buona cucina, alla dieta mediterranea, alla moda, al design.
48
“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria
delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-
corporate.it.
49 www.beverfood.com.
44
3.4.1. I consumi di bibite analcoliche in Italia 50
L‟accentuarsi della crisi economica ha inciso notevolmente su questo settore. Le bibite
sono percepite dagli italiani con una connotazione più voluttuaria e a più caro prezzo
€/litro e sono evidentemente più sacrificate in un contesto di crisi economica rispetto
alle altre bevande di base come le acque minerali, vissute come bene primario
irrinunciabile. A fine 2012 i consumi complessivi di bibite, lisce e gassate, sono stati
valutati complessivamente intorno ai 3.660 milioni di litri con un calo medio del 3,7%
rispetto all‟anno precedente. Il consumo pro-capite è sceso 61 litri/anno, un valore che
pone il mercato italiano al disotto della media di consumo dei paesi UE, indicata in circa
96 litri/anno. Anche per l‟esercizio 2013 le rilevazioni sul mercato italiano nella GDO,
relativamente alla prima parte dell‟anno, confermano un andamento negativo dei
consumi in quantità.
Tabella 8. Consumi bibite analcoliche in Italia
Fonte: Elaborazioni Beverfood.com su dati dei produttori e di istituti di ricerca
L‟area con maggior consumo è l‟America; nel 2012 sono state consumate 63 miliardi di
bibite. Gli americani bevono oltre 200 litri a testa ogni anno, di cui 163 sono bibite
gassate. Queste ultime sono state proprio inventate, sul finire dell‟800, negli Stati Uniti
da Coca-Cola e Pepsico, le due principali multinazionali del bere analcolico nel mondo.
Bisogna però ricordare che in molti paesi sia del Nord America che dell‟Europa
Occidentale le bibite gassate zuccherate sono messe sotto accusa a causa dei problemi di
obesità che generano, soprattutto nell‟infanzia. Proprio per questo motivo già da diversi
anni i grandi produttori di soft drinks hanno sviluppato la versione non zuccherata delle
principali categorie di bibite, avendo anche molto successo.
50
“I consumi di bibite analcoliche in Italia”, 13 Dicembre 2013, www.beverfood.com.
45
3.4.2. Il mercato delle acque minerali in Italia
Prima di procedere all‟analisi del settore “acque confezionate” vengono di seguito
precisate le caratteristiche dell‟acqua minerale. L‟acqua minerale, regolamentata da
direttive europee, direttiva 2009/54/CE e direttiva 2003/40/CE, è un prodotto naturale,
puro, di qualità, proveniente da falde o giacimenti sotterranei profondi. Inoltre, “è
imbottigliata alla fonte, senza ulteriore lavorazione, non subisce alcun tipo di
trattamento e/o filtratura”51
, ed è sottoposta a numerosissimi controlli giornalieri.
Queste caratteristiche permettono di differenziare l‟acqua minerale dall‟acqua potabile,
quest‟ultima proveniente da acque di superficie e che viene opportunamente trattata per
renderla appunto potabile. La sua qualità dipende dai trattamenti effettuati e dallo stato
delle reti idriche fino al rubinetto. Per mantenere elevata la qualità dell‟acqua minerale,
e di conseguenza mantenere competitivo il settore, è necessario investire molto nel
controllo qualità.
La cultura dell‟acqua minerale è molto radicata nel nostro Paese; è considerata la
bevanda per eccellenza degli italiani, acquistata, secondo un indagine Gfk Eurisko
commissionata da Mineraqua, dal 98% delle famiglie e collocando così l‟Italia tra i
leader mondiali nei consumi. Il merito dell‟industria italiana delle acque minerali è stato
quello di saper comunicare le qualità intrinseche del prodotto, contribuendo a diffondere
la cultura dell‟acqua minerale, risorsa che nel nostro Paese ha radici antichissime legate
ai numerosi centri termali presenti. A conferma della passione per l‟acqua minerale da
parte degli italiani è stato condotto da Gfk Eurisko, nel Gennaio 2013, uno studio su 822
italiani di età compresa tra i 18 e i 64 anni. “Ben il 37% del campione sondato, infatti
dichiara di consumare esclusivamente acqua minerale, preferita prevalentemente per il
gusto gradevole e per le proprietà benefiche per la salute. (…) E tra le tipologie di
acqua preferite da chi beve minerale, il primato spetta alla naturale, seguita da quella
frizzante e da quella leggermente frizzante”52
. Dalla ricerca emerge, inoltre, che il 62%
dei consumatori dichiara di berla oltre le tre volte al giorno, facendo così emergere
l‟immagine di un consumatore consapevole, a seguito dell‟importanza dell‟acqua quale
alimento essenziale del nostro organismo.
51
www.sanpellegrino.com.
52 “Oltre un italiano su 3 continua ad amare la minerale”, In a Bottle Magazine, 13 Giugno 2013,
www.sanpellegrino-corporate.it
46
3.4.3. Il mercato delle acque minerali in Italia: analisi di alcuni dati degli ultimi
anni 2009-2012
La crisi economica, iniziata alla fine del 2008, ha colpito anche il settore alimentare che,
per la prima volta in tanti anni, subisce una contrazione nei consumi. Come scritto nel
paragrafo 3.2., “il commercio agroalimentare in Italia”, il consumatore oltre a spendere
di meno si focalizza maggiormente sul rapporto qualità/prezzo del prodotto che
acquista. Anche l‟acqua minerale è stata travolta dalla crisi economica e, “dopo anni di
crescita ininterrotta ha fatto registrare una piccola flessione nei consumi, complice
anche, tra il 2009 e il 2010, una situazione climatica particolare, con temperature al di
sotto delle medie stagionali”53
.
In seguito all‟analisi di dati degli ultimi anni si evince, infatti, che dopo una battuta
d‟arresto avvenuta nel 2009, il mercato italiano delle acque confezionate ha chiuso in
positivo il 2011. Questo si evince anche dal trend delle esportazioni di acque minerali
nel mondo, che nel periodo 2010-2011, è stato positivo; dai dati esposti in tabella
(Tabella 9.) si nota che la crescita ha caratterizzato sia i volumi (portati a 1.042 milioni
di litri nel 2011) che i valori (portati ad oltre 323 milioni di euro nel 2011), mentre i
prezzi sono rimasti sostanzialmente fermi 54
. Nel 2011 la ripresa dei consumi è stata
agevolata da una evoluzione climatica positiva, senza dimenticare il contenimento dei
prezzi che, come mostra la tabella, sono rimasti allo stesso livello del 2010.
Tabella 9. Volumi e valori delle esportazioni di acque minerali italiane 2009-2011
Fonte: Elaborazioni Beverfood su dati ICE/Area Agro-alimentare
Nel 2011 le esportazioni di acque minerali hanno quindi prodotto introiti per 323
milioni di euro, in aumento del 3,1%. “La Francia, rappresenta il principale mercato di
53
“Acqua minerale Italia: nuove sfide all‟orizzonte”, 25 Giugno 2012, www.beverfood.com
54 “Acque minerali italiane: esportazioni nel triennio 2009-2011”, 30 Luglio 2012, www.beverfood.com
47
riferimento nell’area comunitaria, e registra una variazione positiva dell’1,9%
interrompendo la serie negativa degli ultimi 2 anni. Oltre alla Germania (+6,6%), le
performance annue migliori si evidenziano in Paesi Bassi (+13,9%), Malta (+14,4%),
Ungheria (+40,3%). Le esportazioni verso la Bulgaria sono aumentate del 727,4% a
1,5 milioni di euro.
L’America settentrionale si conferma l’area più ricettiva dopo l’Unione Europea
nonostante il calo della domanda da Stati Uniti (-4,4%) e Canada (-15,1%). Segnali
migliori, invece, provengono da alcune mercati minori tra i quali Brasile (+144,2%),
Giappone (+54,6%) e Singapore (+47,1%)”55
. (Tabella 10.).
Tabella 10. Italia: esportazioni di acque minerali verso i primi 20 Paesi.
(anno 2011, valori espressi in migliaia di euro e quantità in migliaia di litri)
Fonte: elaborazioni ICE/Area Agro-alimentare su dati ISTAT
55
Simonelli P. (a cura di), Esportazioni di prodotti agro-alimentari italiani, le acque minerali, Marzo
2012, http://www.ice.gov.it/statistiche/pdf/acque_minerali.pdf.
48
Nel 2012, il mercato italiano delle acque confezionate, ha ulteriormente consolidato i
volumi, registrando un consumo complessivo di acque minerali pari a 11.400 milioni
litri, con un corrispondente consumo pro-capite di circa 190 litri/anno 56
.
I consumi pro-capite degli italiani si collocano al vertice nell‟UE, ma si stanno
riducendo le distanze con altri paesi, come per esempio la Germania, dove l‟acqua
minerale sta diventando la bevanda fredda più consumata dai tedeschi, superando anche
il consumo di birra che sta notevolmente diminuendo. In particolare il consumo pro
capite di acque minerali e acque curative, heilwasser, è salito nel 2012 a 136 litri, il
secondo più alto valore pro-capite in Europa dopo l‟Italia 57
.
Per quanto riguarda la ricchezza prodotta dal mercato italiano delle acque minerali va
sottolineato come, con una produzione di 12.460 milioni di litri nel 2012, l‟industria
imbottigliatrice realizza un fatturato netto di circa 2,5 miliardi di euro, di cui 340
milioni percepiti grazie all‟export rivolto soprattutto verso Germania, Svizzera, Francia
e Stati Uniti. Le importazione, invece, sono del tutto marginali.
Per quanto riguarda l‟esercizio 2013, si sono confermate le previsioni, infatti, si è
chiuso negativamente sia a causa della crisi economica sia a causa dell‟evoluzione
climatica non favorevole nel corso dell‟anno. Comunque la diminuzione dei consumi di
acqua, -1,4% a volume, è molto più contenuta di quella del settore bibite (gassate e
lisce) in diminuzione a volume del -5,5%. In termini di valore il mercato dell‟acqua
minerale italiano evidenzia nel 2013 una diminuzione del -1,9%; inoltre emerge uno
spostamento delle preferenze dei consumatori verso le acque a minor prezzo 58
.
(L‟Italia vanta il prezzo medio per litro tra i livelli più bassi d‟Europa, appena 0,22
€/litro, rispetto a paesi dove è quasi il doppio, come in Gran Bretagna, 0,37 €/litro, se
non oltre come Usa con 0,50 €/litro). (Tabella 10.).
La spesa totale degli italiani per l‟acqua minerale è stimata in circa 4,5 miliardi di euro,
mentre, secondo le stime di Mineracqua, questo settore genera un‟occupazione diretta di
56
“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria
delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-
corporate.it.
57 “Il mercato tedesco delle acque minerali è cresciuto a 11,2 miliardi di litri, con un procapite di 136
litri”, 7 Ottobre 2013, www.beverfood.com.
58 “In calo il mercato delle acque minerali Italia 2013 nella distribuzione moderna”, 4 Febbraio 2014,
www.beverfood.com.
49
7.500 dipendenti, a cui si aggiungono 30.000 occupati nell‟indotto ovvero nei servizi di
trasporto, logistica, distribuzione, vendita e packaging. Va inoltre ricordato che nel
settore operano circa 150 aziende che commercializzano 300 marche di acque minerali,
anche se le grandi aziende, il cui giro d‟affari supera i 100 milioni di euro, sono poche;
oltre 40 le imprese il cui fatturato supera i 6 milioni di euro l‟anno; numerose, invece,
su tutto il territorio nazionale le piccole aziende locali.
“Un mercato dominato essenzialmente da due player che insieme coprono il 57% del
totale del volume: Nestlè (34%) e San Benedetto (24%)”59
. (Grafico 13.).
Grafico 13. I principali produttori nel 2011
(Le maggiori aziende detengono il 57% del totale del volume così suddiviso)
Fonte: Zenithinternational, specialist consultants to the food and drink industries worldwide
Invece, i canali distributivi vedono la GDO in testa, con una quota del 36,6%, seguita
rispettivamente dai discount (24,5%) e dal fuori casa (22,5%). (Grafico 14.).
59
“Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 41.
Nestlé
34%
San Benedetto
24%
Coca-Cola
6%
Ferrarelle
5%
CoGeDi
10%
Vinadio
8%
Norda
13%
50
Grafico 14. Suddivisione del mercato per canali 2011
Fonte: Zenithinternational, specialist consultants to the food and drink industries worldwide
3.4.4. Il mercato delle acque minerali in Italia: consumi di acqua minerale per
regione 60
Per quanto riguarda i consumi di acqua nelle varie regioni del nostro Paese sono
abbastanza omogenei, con alcune lievi differenze che con il passare del tempo si stanno
affievolendo.
Questa diffusione capillare in tutte le aree geografiche è favorita anche dal fatto che le
fonti di acqua minerali sono ben distribuite in tutte le regioni d‟Italia. Il Nord Ovest, che
rappresenta il 27% della popolazione italiana, assorbe circa il 30% del totale consumi
nazionali, con un consumo pro-capite leggermente superiore alla media. L‟area del
Centro + Sardegna, che rappresenta quasi il 30% della popolazione, assorbe il 27% dei
consumi. Infine, Nord Est e Sud+Sicilia, sono mediamente nella media nazionale. Va
ricordato che le regioni meridionali spiccano per un elevato consumo delle acque
minerali in bottiglie da due litri, generalmente vendute a prezzo euro/litro più basso
delle classiche bottiglie da 1,5 litri, e ciò è abbastanza comprensibile in relazione alla
differenza reddituale che esiste fra Nord e Sud d‟Italia.
60
“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria
delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-
corporate.it
GDO36,6%
Discounts24,5%
Dettaglio tradizionale
16,4%
OOH22,5%
51
Tabella 11. I numeri chiave del mercato Italia: mercato Italia acque confezionate 2011-
2012
Fonte: Stime Annuario Bevitalia Beverfood.com su dati associativi, aziendali e di istituti di ricerca
52
Tabella 12. I numeri chiave del mercato Italia: unità produttive e marche acque
confezionate in Italia
UN Regioni Italiane Stabilimenti di
imbottigliamento
Marche acque confezionate
Valle d‟Aosta 1 1
Piemonte 13 35
Liguria 4 4
Lombardia 18 37
Trentino Alto Adige 7 8
Friuli Venezia Giulia 5 8
Veneto 6 16
Emilia Romagna 10 22
Toscana 12 19
Umbria 9 21
Marche 11 22
Lazio 9 10
Abruzzo + Molise 4 5
Campania 7 12
Puglia 3 4
Basilicata 5 15
Calabria 12 16
Sicilia 10 23
Sardegna 10 18
Totale Italia 156 280
Fonte: Rilevazioni Annuario BEVITALIA Beverfood.com
3.5. Osservazioni conclusive
Concludendo, l‟Italia è il paese europeo che più ama e consuma acqua minerale; proprio
per questo motivo le aziende produttrici hanno ormai da tempo capito l‟importanza della
riduzione dell‟impatto ambientale sia nella produzione che nella logistica. Basti
immaginare non solo allo smaltimento del Pet, ma anche alle emissioni di CO2 , a causa
dei tir che ogni giorno viaggiano in tutta Italia per trasportare le bottiglie, senza
dimenticare l‟impatto degli stabilimenti produttivi nei luoghi di prestigio.
Un‟importante battaglia che tutte le aziende del beverage cercano di portare avanti,
battaglia che si fonda sull‟innovazione, sulla ricerca tecnologica per ridurre l‟impatto
ambientale e per rendere gli impianti sempre più green; tutto questo si associa alla
cosiddetta social responsibility dell‟impresa stessa.
53
Qui di seguito vengono proposti solo alcuni esempi dei principali leader che hanno
risposto positivamente per ridurre il proprio impatto ambientale:
- San Benedetto: “L’azienda veneta negli ultimi 30 anni ha ridotto del 25% il
peso delle bottiglie, utilizzando meno plastica (..). Nel 2011, in seguito ad un accordo
con il Ministero dell’Ambiente, ha lanciato Easy, una bottiglia da un litro con il 30% di
Pet rigenerato (..). Un Impegno che si è spinto oltre: grazie ad un impianto fotovoltaico
e a interventi di risparmio energetico, nel biennio 2008-2010, si è ottenuto una
riduzione delle emissioni di CO2 del 13%, pari a 30.000 tonnellate”61
.
- Ferrarelle: “ha istallato nello stabilimento di Riardo (CE) nel Dicembre 2008 un
inpianto fotovoltaico dotato di 4.732 pannelli che si estendono su una superficie di
circa 16.000 m2. Nello stesso anno si è avviata una nuova linea per l’imbottigliamento
in Pet che ha permesso di risparmiare circa 1.000 tonnellate di Pet e 365 tonnellate di
Hdpe (plastica dei tappi) all’anno”62
.
- Sanpellegrino: L‟azienda per due anni di fila (2012-2013) si è aggiudicata il
premio logistico, per le azioni di efficienza e sostenibilità ambientale. “Sanpellegrino è
l’azienda che utilizza in percentuali più elevate il trasporto ferroviario, oltre ad essere
il cliente più importante di Trenitalia, nel settore del largo consumo. Solo nel 2011
sono state movimentate da Trenitalia circa 473 mila tonnellate di prodotti del Gruppo
Sanpellegrino: questo ha permesso di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera del
64% (pari a 18.494 tonnellate) rispetto al tradizionale trasporto su strada”63
.
La mission del gruppo, garantire all‟acqua un futuro di qualità, è infatti perseguita con
impegno e costanza. L‟azienda, nel 2009, ha inoltre adottato il Global Environmental
Footprint (GEF), per essere consapevoli di quanto gli sforzi del gruppo abbiano
riscontri concreti sull‟ambiente; Daniela Murelli, direttore corporate social
responsibility di Sanpellegrino, afferma che viene misurato “l’impatto ambientale
determinato direttamente o indirettamente dai prodotti durante tutte le fasi del loro
61
“Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 45.
62 “Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 45.
63 “Il Gruppo Sanpellegrino riceve il premio logistico dell‟anno 2012”, In a Bottle Magazine, 15 Febbraio
2013, www.sanpellegrino-corporate.it.
54
ciclo di vita, dall’acquisto delle materie, al processo produttivo negli stabilimenti, fino
al trasporto presso i clienti/distributori”64
.
Tabella 13. I risultati conseguiti da Sanpellegrino grazie al GEF
• Riduzione emissioni gas serra del 19% per ogni litro di acqua minerale
imbottigliato
• Abbattimento del 30% emissioni gas serra riconducibili alla sola fase
inerente al packaging
• Diminuzione dell‟utilizzo delle energie non rinnovabili dell‟8%
• Riduzione del 35% dei volumi di acqua impiegati durante il ciclo di
vita dei prodotti, sempre per ogni litro imbottigliato.
Fonte: Sanpellegrino, Largo Consumo
64
“L‟impatto ambientale di Sanpellegrino”, Largo Consumo, 33, n. 1 (2013), p. 18.
55
CAPITOLO 4
CASO AZIENDALE SANPELLEGRINO SPA
Il pianeta è composto per un terzo di terra, per due terzi d‟acqua. Parte di questi due
terzi sono illuminati da una stella rossa, simbolo della Sanpellegrino.
Sanpellegrino S.p.a., fondata nel 1899, appartiene all‟universo Nestlé Waters ed è oggi
“la più grande realtà nel campo del beverage in Italia, e una delle più importanti a
livello internazionale, con acque minerali, aperitivi analcolici, bibite e tè freddi”65
, che
da più di un secolo grazie al brand S. Pellegrino è presente sulle tavole più prestigiose
di tutto il mondo, immagine di eleganza, raffinatezza, del Made in Italy 66
.
“I suoi prodotti, sintesi di benessere, salute ed equilibrio, sono presenti in oltre 130
paesi attraverso filiali e distributori sparsi nei cinque continenti. Sanpellegrino, in
qualità di principale produttore di acqua minerale, è da sempre impegnata per la
valorizzazione di questo bene primario per il pianeta e lavora con responsabilità e
passione per garantire a questa risorsa un futuro di qualità”67
.
L‟acqua S. Pellegrino, uno dei prodotti italiani più amati, viene definita come “lo
champagne delle acque minerali ed è riconosciuta come una delle migliori acque
commercializzate a livello internazionale per la finezza del suo gusto e per il suo
perlage leggero”68
. Interpreta la vera essenza del gusto e dello stile di vita all‟italiana
inteso come sintesi di convivialità, eleganza e fine dining. Da non dimenticare che,
Sanpellegrino, è tra i membri fondatori della Fondazione Altagamma. Le imprese
65
www.sanpellegrino-corporate.it.
66 Il titolo di campione del Made in Italy nel mondo è stato assegnato dal presidente Emma Marcegaglia
nell‟ambito dei Confindustria Awards for Excellence (Torino, 24 Ottobre 2011). Il premio è stato
riconosciuto grazie alle importanti sinergie che l‟azienda ha avviato nel 2010 con altre imprese italiane, di
reputazione internazionale, allo scopo di affermare nel mondo innovazione, qualità del servizio, design e
prestigio, caratteristiche che rendono lo stile di vita e la cultura italiana famosi in tutto il mondo.
“Il Gruppo Sanpellegrino è campione del Made in Italy nel mondo”, comunicato stampa 24 Ottobre
2011, www.sanpellegrino-corporate.it.
67 www.sanpellegrino-corporate.it.
68 www.sanpellegrino-corporate.it.
56
fondatrici operano nella fascia più alta del mercato il cui fine principale è quello di
promuovere a livello internazionale l‟industria italiana di eccellenza e la sua cultura 69
.
4.1. La storia
“Sanpellegrino 70
occupa un posto di primo piano nel panorama delle aziende italiane
con una storia ricca e radici lontane nel tempo”71
.
La sua storia, inizia in provincia di Bergamo, nella Val Brembana per l‟esattezza, ed è
ricca di eventi importanti. Le principali tappe seguite dall‟azienda produttrice di acqua e
soft drink sono le seguenti:
- 1899: Cesare Mazzoni fonda la società anonima delle terme di San Pellegrino, in
provincia di Bergamo, famosa per le sue qualità benefiche dell‟acqua. In
quest'anno vengono prodotte 35.343 bottiglie di acqua frizzante, di cui oltre
5.000 destinate all'estero.
- 1908: Le bottiglie S. Pellegrino raggiungono già i cinque continenti: oltre che
nelle principali città europee l'acqua S. Pellegrino è venduta anche al Cairo, a
Tangeri, a Shangai, negli Usa, in Brasile, Perù e Australia.
- 1925: Il nuovo manager Ezio Granelli introduce la meccanizzazione degli
impianti e nuove tecnologie, che comportano un aumento della produzione di
oltre il 60%.
- 1932: Viene lanciato sul mercato il primo soft drink di successo: l‟Aranciata.
- 1956: Vengono introdotte Chinotto e altre bevande.
- 1957: La società delle terme di San Pellegrino acquisisce di nuovi brand, tra cui
Acqua Panna (acqua non gassata), marchio importante per il futuro della società
che viene commercializzato prima in Italia e poi all‟estero. Lanciano inoltre il
Sanbitter. Viene nominato amministratore della società Giuseppe Mentasti.
- 1970: La società cambia assetto diventando società per azioni, nasce la
Sanpellegrino S.p.a. conquistando la posizione di leader indiscusso nel settore
del beverage.
69
www.altagamma.it. 70
Con il termine Sanpellegrino si intende l‟azienda, con S. Pellegrino il marchio, ed infine, con San
Pellegrino il luogo.
71 www.sanpellegrino-corporate.it.
57
- 1990-1995: Si assiste, alla progressiva cessione da parte della famiglia Mentasti
alla multinazionale Nestlé, attraverso la controllata Perrier. Acquisizioni di
Levissima, Recoaro e Pejo.
- 1998: Nestlé 72
acquisisce il 100% di Sanpellegrino.
- 2010: La produzione raggiunge 1 miliardo e 100 milioni di bottiglie, esportate in
tutto il mondo, il 75% dei quali in acqua.
- 2012: La società raggiunge un traguardo prestigioso: Crystal Taste Award
dall‟istituto internazionale del gusto e della qualità.
Sono momenti storici che affascinano i consumatori e che rendono l‟azienda celebre in
tutto il mondo.
4.2. La gamma di prodotti
I prodotti offerti da Sanpellegrino sono molteplici e diversificati, adatti a soddisfare
tutte le esigenze. I principali marchi di acque minerali sono S. Pellegrino, Levissima,
Acqua Panna, Nestlé Vera, Recoaro, S. Bernardo, Pejo (Nestlé Water Italia).
Sanpellegrino è anche produttrice di bibite ed aperitivi che stanno riscuotendo successo
non solo in Italia ma anche all‟estero. Tra le bevande abbiamo Aranciate Sanpellegrino,
Chinò, Acqua Brillante Recoaro, Belté, Limonata Sanpellegrino, Incontri Sanpellegrino.
Per gli aperitivi si annoverano invece Sanbitter, Sanbitter Emozioni di Frutta, Sanbitter
Emozioni di Spezie, Gingerino.
72
Il gruppo Nestlé , di cui Sanpellegrino fa parte sotto il ramo di Nestlé Water Italia, fu fondata nel 1867;
Il Gruppo Nestlé è presente in Italia dal 1875 e, oltre ai marchi di acqua possiede, tra gli altri brand,
Buitoni e Perugina nell'alimentare e il pet-food Purina. Oggi Nestlé è la prima azienda alimentare del
mondo. Fin dai primi decenni di vita, Nestlé ha dimostrato di saper oltrepassare i propri confini
geografici, non limitandosi ad esportare prodotti, ma sviluppando direttamente attività industriali in
numerosi paesi. Il Gruppo è oggi presente in oltre 80 paesi, con oltre 320.000 dipendenti e una vendita
quotidiana di oltre 1 miliardo di prodotti, pensati per il gusto e le esigenze locali.
58
Figura 1. La gamma di prodotti offerti da Sanpellegrino
Fonte: Sanpellegrino S.p.a.
4.2.1. L’adattamento dei prodotti
Esportando in tutto il mondo l‟azienda si confronta con ambienti eterogenei, andando
cioè incontro ad una clientela con esigenze, gusti, preferenze che possono differire da
nazione a nazione. La pressione per l‟adattamento locale è per Sanpellegrino bassa, se
non nulla; l‟acqua minerale, infatti, nonostante sia esportata in tutto il mondo, è offerta
indistintamente in tutti i mercati. Questo essenzialmente per due ragioni fondamentali:
In primis questa è una motivazione dal punto di vista legislativo; per essere chiamata
acqua minerale “l’acqua, infatti, non può essere modificata ovvero non può subire
alcun tipo di trattamento e/o filtratura, se non quello consentito, dell’aggiunta di
anidride carbonica”73
.
S. Pellegrino è un‟acqua minerale naturale che fluisce spontaneamente da sorgenti in
Val Brembana, ai piedi delle alpi, nell‟area di San Pellegrino Terme, e Sanpellegrino
non fa altro che imbottigliarla, aggiungere anidride carbonica naturale ed esportarla in
tutto il mondo.
La seconda motivazione è essenzialmente una ragione strategica: ovunque vai nel
mondo devi poter gustare la stessa S. Pellegrino. La stessa acqua S. Pellegrino che si
beve qui in Italia è assolutamente identica a quella che si può bere in ogni angolo del
pianeta. Anche da qui deriva la potenza di Sanpellegrino che è in grado di esportare in
tutto il mondo lo stesso tipo di prodotto.
73
www.sanpellegrino.it.
59
In compenso, Sanpellegrino, come detto precedentemente, opera una diversificazione
della propria offerta, con acque minerali, bibite e aperitivi, prodotti di qualità collocati
in diverse fasce di prezzo.
4.2.2. Gli stabilimenti produttivi
Il processo produttivo dell‟acqua è situato unicamente in Italia e prevede
l‟imbottigliamento delle acque minerali e delle bibite, direttamente in prossimità delle
sorgenti del Nord, del Centro e Sud Italia attraverso 11 unità produttive. Sono, inoltre,
attivi due centri di produzione per estratti e aromi (Flavourint). Ogni marchio del
gruppo Sanpellegrino ha quindi un proprio stabilimento di produzione:
- San Giorgio in Bosco (PD) – Acqua Nestlé Vera
- Scarperia, (FI) – Acqua Panna
- Garessio (CN) – S. Bernardo
- Ormea (CN) – Acqua Nestlé Vera
- Cogolo di Pejo (TN) – Pejo
- Recoaro Terme, (VI) – Recoaro
- San Pellegrino Terme/Ruspino, (BG) – Acqua e Bibite S. Pellegrino
- Santo Stefano di Quisquina, (AG) – Acqua Nestlé Vera
- Flavourint (ME) (BG)
4.3. Sanpellegrino all’estero
L’International Business Unit (IBU) di Sanpellegrino si focalizza essenzialmente sui
marchi internazionali S. Pellegrino, Acqua Panna e Sanpellegrino Sparkling Fruit
Beverages.
4.3.1. L’export fa da traino alla crescita: più di 130 Paesi
L‟ attività di Sanpellegrino è caratterizzata sia all‟attenzione dei mercati globali sia alla
cura nella gestione dell‟identità del marchio.
“La vocazione all’esportazione si manifestò fin dalle origini (1899), quando l’azienda
si costituì per commercializzare S. Pellegrino. Da subito S. Pellegrino iniziò a
raggiungere in tutto il mondo una sempre più vasta clientela che ne faceva richiesta:
delle 35.000 bottiglie vendute nell’anno 1900, 5000 andarono all’estero. Lo sviluppo
60
del marchio S. Pellegrino – e di conseguenza dell’azienda – si fonda su questo grande
successo internazionale che ha reso il prodotto un’icona del Made in Italy come
espressione di qualità italiana protagonista sulle migliori tavole del mondo”74
.
L‟orientamento all‟esportazione, che è alla base dello sviluppo del brand, si è quindi,
rilevato vincente e rappresenta una leva importante per il business dell‟azienda leader
nel comparto delle acque minerali in Italia.
“Con i suoi marchi internazionali S. Pellegrino (Acqua, Bibite e Aperitivi) e Acqua
Panna, Sanpellegrino è presente in più di 130 paesi del mondo, attraverso filiali e
distributori presenti nei cinque continenti, per un totale di oltre 900 milioni di bottiglie
vendute ogni anno”75
.
E‟ grazie anche al traino di questi importanti brand (S. Pellegrino e Acqua Panna) che
l‟industria italiana delle acque minerali si sta ritagliando una posizione di rilevo
nell‟ambito delle ristorazione italiana di qualità all‟estero; Bisogna comunque ricordare
che è S. Pellegrino il marchio maggiormente esportato; l‟80% della sua produzione è
infatti assorbita dall‟estero.
Grafico 15. Brand S.Pellegrino
Fonte: Elaborazione personale
Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Svizzera, UK, Australia, Canada, Belgio
rappresentano i maggiori mercati. Il mercato internazionale rappresenta, quindi, il target
74
www.sanpellegrino-corporate.it.
75 www.sanpellegrino-corporate.it.
Export
80%
Italia
20%
61
di riferimento dell‟azienda, in particolare, con la Francia in testa (primo mercato a
volume), seguita dagli Stati Uniti (primo mercato a valore) e dalla Germania 76
.
I prodotti, grazie alle loro origini, rappresentano l‟eccellenza della qualità e sono
diventati perfetti interpreti dello stile italiano nel mondo come sintesi di piacere, salute e
benessere.
“È soprattutto l’acqua minerale S. Pellegrino, proveniente dal cuore della Val
Brembana ed imbottigliata a San Pellegrino Terme, ad essere apprezzata in Italia e nel
resto del mondo. Nonostante la crisi economica mondiale e il contenimento dei consumi
soprattutto nel fuori casa, l’export continua infatti a crescere, in particolare nei mercati
cosiddetti maturi come Stati Uniti (+15%, a volume rispetto al 2009), Canada (+10%),
Francia (+14%), Germania (+5%), Regno Unito (+10%), Belgio (+16%) e Svizzera
(+2%). A questi si affiancano i mercati emergenti verso i quali l’azienda sta rivolgendo
la propria attenzione, come testimoniato dalle crescite consistenti di vendite S.
Pellegrino in Cina (+183%), Australia (+12%), Brasile (+80%), Russia(+38%) e
Medio Oriente (+37%)”77
.
Questi eclatanti risultati sono anche la sintesi della strategia di marketing attuata
dall‟azienda: Sanpellegrino fa leva su il cosiddetto “live in italian”78
, payoff vincente
che sottolinea valori quali eleganza, convivialità, bien vivre, tutti valori positivi che
riconducono da un lato ad un‟immagine di successo del nostro Paese e dall‟altro
rimandano al suo inscindibile legame con il territorio d‟origine.
Sanpellegrino è così entrata nel ristretto novero di prodotti più apprezzati nella
ristorazione internazionale.
A conferma di tutto ciò, Fabio degli Esposti, ex direttore di International Business Unit
79 del gruppo Sanpellegrino, afferma che:
76
“Le acque minerali italiane seducono l‟estero”, In a Bottle Magazine, 7 Novembre 2013,
www.sanpellegrino-corporate.it.
77 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 Gennaio 2011,
www.sanpellegrino-corporate.it.
78 www.sanpellegrino-corporate.it
79 Giorgio Mondovi, nominato l‟11 Novembre 2013, è il nuovo direttore della Business Unit
internazionale del gruppo Sanpellegrino.
62
“L’espansione sui mercati esteri di S. Pellegrino è il risultato di un lavoro sulla marca
che ha saputo tradurre l’eccellenza qualitativa di quest’acqua in uno stile di vita
vincente, che sa coniugare perfettamente gusto e benessere”.
“Negli Stati Uniti ad esempio – continua degli Esposti – il consumo di S. Pellegrino
registra un’ importante crescita non solo nella ristorazione ma anche nei consumi delle
famiglie; un segnale che evidenzia come la cultura alimentare del live in italian stia
diventando uno stile di vita quotidiano anche oltreoceano”80
.
Figura 2. Sanpellegrino presente in oltre 130 Paesi, nei cinque continenti.
Fonte: Sanpellegrino S.p.a.
80
“Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 Gennaio 2011.
www.sanpellegrino-corporate.it.
63
4.3.2. Francia, primo mercato a volume
Il perché la Francia è considerato il primo mercato è essenzialmente una motivazione
territoriale. La prima bottiglia di S. Pellegrino è stata prodotta nel 1899, quando
l‟azienda non era ancora proprietà di Nestlé. il fatto di essere ubicata nel Nord Italia
(San Pellegrino Terme) ha permesso al proprietario di quel tempo, Mazzoni, di
esportare nei mercati limitrofi come la Francia e la Svizzera. Proprio questa vicinanza,
dal punto di vista logistico, ha fatto si che Sanpellegrino ha iniziato a vendere in Francia
ed è diventato negli anni un prodotto che i francesi chiamano per assurdo “Sanpè”
anziché S. Pellegrino considerandolo appunto francese. Quindi il motivo per cui la
Francia è uno dei primi mercati è proprio un banale motivo storico legato al fatto che è
dai primi del „900 che l‟azienda vende in Francia. Ovviamente il consolidamento negli
anni, insieme agli investimenti in comunicazione, marketing e distribuzione ha fatto si
che le vendite sono aumentate in modo esponenziale facendo diventare S. Pellegrino,
insieme a Perrier, i marchi di acqua gassata più conosciuti in Francia.
4.3.3. Stati Uniti, primo mercato a valore
In America la conoscenza dell‟acqua è sempre stata minima, è infatti noto come gli
americani prediligano le bibite energetiche. Proprio per questo motivo, durante il corso
degli anni, Sanpellegrino ha svolto un piano di education, ovvero un programma volto
ad educare, insegnare cosa significhi bere l‟acqua minerale, evidenziando le differenze
con l‟acqua potabile.
Oggi, il consumo di acqua in bottiglia, sta aumentando anche oltreoceano;
“Nel 1998 gli americani consumavano in media solo 170 litri d'acqua a persona. Oggi,
la quantità media d’acqua che la gente beve è arrivata a 232 litri l’anno, per un
aumento pari al 38 per cento”81
. E‟ quanto emerso dallo studio American Drinking
Habits, tra il 2001 e il 2011, commissionato dal Beverage Information Group.
I seguenti dati (Grafico 16.) mostrano la crescita o il declino in percentuale di ogni
categoria di bevande, nel corso dell'ultimo decennio, in America 82
.
81
“Gli americani pazzi per l‟acqua, consumi aumentati del 38% negli ultimi 15 anni”, In a Bottle
Magazine, 3 Maggio 2013, www.sanpellegrino-corporate.it.
82 Derek T., “How America Drinks: Water and Wine Surge, Cheap Beer and Soda Crash”, The Atlantic,
15 Gennaio 2013.
64
Grafico 16. How America’s Drinking Habits Change.
(%Grow/Decline 2001-2011)
Fonte: Beverage information group
Dal grafico si può rilevare come, solo negli ultimi dieci anni, negli Stati Uniti, il
consumo di acqua in bottiglia sia aumentato del 50%.
In America S. Pellegrino e Acqua Panna sono nel segmento delle acque minerali
premium, i marchi più importati. Il mercato Statunitense è infatti noto per l‟amore
indiscusso dei prodotti italiani.
Negli Usa, per concludere, Sanpellegrino effettua due diversi tipi di investimenti
correlati tra loro: collocamento del prodotto, nel senso di distribuzione, di conoscenza,
di cultura dell‟acqua minerale, attraverso piani di education, e investimenti in
comunicazione e marketing.
Questi ultimi vengono effettuati proprio per legare S. Pellegrino al mondo dei film 83
,
delle celebrities, attraverso i product placement. L‟esempio del diavolo veste Prada è un
classico: un film scritto e prodotto in America dove viene abbinato al grande capo di
Vogue il fatto che lei beva solo ed esclusivamente S. Pellegrino. Questo fa si che la
premiumness del prodotto diventi sempre più alta e così anche l‟americano, è disposto a
83
S. Pellegrino e il cinema hanno un feeling che risale al 1959, anno del debutto sul grande schermo della
raffinata acqua minerale, icona del Made in Italy. Negli anni S. Pellegrino è diventato attore di numerosi
film tra cui: La Dolce Vita di Federico Fellini (1959), Ocean 's Twelve (2004), Hitch (2005), Il diavolo
veste Prada (2006), solo per citarne alcuni.
“Una bottiglia appositamente designata per rendere omaggio al mondo del cinema”, In a Bottle Magazine,
21 Maggio 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.
65
spendere di più e chiede perciò S. Pellegrino (l‟acqua gassata infatti in America costa di
più, come una bibita, e non tutti se la possono permettere come in Italia ad esempio).
4.3.4. Il mercato italiano
“L’Italia per il marchio S. Pellegrino rappresenta, invece, il quarto mercato,
nonostante sia quello di origine; questo perché il mercato italiano è molto competitivo
per la grande presenza di acqua e di sorgenti (il suo principale competitor è l‟acqua
Sant‟Anna). Bisogna inoltre sottolineare che ciò che frena le potenzialità del comparto
delle acque minerali in Italia è sempre legato alla limitata capacità, tutta interna alla
cultura imprenditoriale italiana, di saper valorizzare al massimo ciò che si ha a portata
di mano, in questo caso una risorsa straordinaria come l’acqua effervescente naturale.
Sanpellegrino si conferma comunque leader nel mercato italiano grazie a numerosi
marchi di acque minerali posseduti (Nestlé Water Italia), ognuna con le sue
caratteristiche legate alle diverse fonti di origine presenti in diverse regioni”84
.
4.3.5. Analisi di alcuni dati degli ultimi anni (2010 – 2012)
In questo paragrafo vengono illustrati alcuni dati record per l‟export che Sanpellegrino
ha realizzato in questi ultimi anni, nonostante il momento difficile per l‟economia
mondiale e il calo generale dei consumi nel nostro Paese. In un contesto così difficile
per l‟economia, l‟intento del Gruppo è fortemente focalizzato nella diffusione della
qualità e dello stile Made in Italy nel mondo.
Le vendite estere, delle acque minerali S. Pellegrino ed Acqua Panna, delle bibite a
marchio Sanpellegrino e degli aperitivi Sanbitter, realizzate durante il corso del 2010
sono testimoni dell‟eccellenza Made in Italy nel mondo; “si registra, infatti, una
crescita del 17% a volume rispetto al 2009, con un giro d’affari di circa 200 milioni di
euro, pari al 20% del fatturato totale”85
.
In questo scenario un ruolo fondamentale è giocato dallo stabilimento produttivo di San
Pellegrino Terme (BG), che “ha registrato nel 2010 circa 1,1 miliardi di pezzi prodotti,
84
Fabbri F. (a cura di), “Fabio Degli Esposti: dissetare anche Leonardo con l'acqua S. Pellegrino”
intervista al Direttore internazionale del Gruppo, Specchio Economico, Febbraio 2010.
85 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,
www.sanpellegrino-corporate.it.
66
di cui 700 milioni di bottiglie di acqua minerale S. Pellegrino, 250 milioni di bibite a
marchio Sanpellegrino e 115 milioni di aperitivi Sanbitter”86
. Questi dati evidenziano
la qualità dei prodotti Sanpellegrino, ambasciatori dell‟eccellenza Made in Italy nei
cinque continenti e l‟efficienza dello storico sito produttivo bergamasco. “Il 70% circa
di tale produzione è stata destinata all’export grazie ad una capillare ed efficiente rete
di distribuzione in 120 Paesi mondiali”87
.
L'azienda del beverage, dopo i risultati record del 2010, è sempre più apprezzata sul
mercato estero. I paesi che contribuiscono in maniera significativa al positivo trend
dell‟export sono Stati Uniti, Francia, Germania e Svizzera cui si aggiungono mercati
emergenti quali Cina, Russia e Brasile.
Anche nel corso del 2011 la Sanpellegrino ha registrato numeri importanti, con un boom
nelle vendite per l‟export. È stato ancora superato il miliardo di bottiglie vendute in
tutto il mondo in un mercato che si sviluppa in 120 paesi. I dati dei primi nove mesi del
2011 confermano come “l’export rappresenti la principale leva di business, il
principale fattore di crescita del Gruppo Sanpellegrino. Dopo i risultati record del
2010 (+17% a volume rispetto al 2009, per un giro di affari di 200 milioni di euro), le
vendite estere continuano a crescere grazie soprattutto alle acque minerali S.
Pellegrino e Acqua Panna e alle bibite a marchio S. Pellegrino che registrano
un’ottima ed ulteriore crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”88
.
I mercati esteri sono sempre stati una prerogativa dell‟impresa, sempre intenta ad
investire in attività di Ricerca & Sviluppo per promuovere il marchio dell‟acqua
minerale in tutto il mondo. Nel 2011 sono state, infatti, lanciate diverse novità come ad
esempio il codice QR 89
e la tecnologia coating 90
; il Codice QR è presente su centinaia
86
“Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,
www.sanpellegrino-corporate.it.
87 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,
www.sanpellegrino-corporate.it.
88 “Bollicine da record per la San pellegrino”, Bergamo news, quotidiano on-line, 16 Dicembre 2011.
89 “S. Pellegrino: un QR Code per promuovere i territori bergamaschi nel mondo”, comunicato stampa
16 marzo 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.
90 “S.Pellegrino “riveste” la bottiglia in PET da 50 cl. con la tecnologia coating”, comunicato stampa,
16 Febbraio 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.
67
di milioni di bottiglie che verranno destinate in cinque paesi: Italia, Stati Uniti,
Germania, Svizzera e Belgio. Questo codice, se fotografato con dispositivi tipo
smartphone, permette di visualizzare spot e filmati della terra bergamasca. Le bottiglie
con il nuovo QR code saranno distribuite nei canali sia Ho.Re.Ca sia retail.
La tecnologia coating, invece, riveste interamente le bottiglie in Pet con uno strato
sottilissimo di ossidi di silicio che funziona come una barriera protettiva; questo
consente all‟azienda di raggiungere anche i mercati più lontani garantendo una perfetta
gassatura e la premium quality.
Il colosso mondiale delle acque minerali, ha avuto nel 2012 un giro d‟affari di 766
milioni ovvero una crescita dell‟ +8,3% rispetto all‟anno precedente, con un incremento
dell‟export del 13,9% e con il raggiungimento di 130 milioni di unità vendute in più
rispetto al 2011.
Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato del gruppo Sanpellegrino,
afferma che:
“Abbiamo chiuso un anno impegnativo con una buona performance di Gruppo che ci
ha permesso di superare le sfide di un 2012 molto impegnativo. Se sui mercati
internazionali registriamo risultati brillanti, in Italia la fiducia delle famiglie è stata
invece messa a dura prova, soprattutto nella seconda metà dell’anno, a causa della
difficile situazione economica e finanziaria con una conseguente contrazione dei
consumi”91
.
Sui mercati esteri, infatti, durante il corso del 2012 si assiste ad un ampliamento dei
confini geografici dell‟impresa, raggiungendo oltre i 130 Paesi. Tra questi, l‟attenzione
è rivolta soprattutto ai paesi in via di sviluppo come Cina, Corea, Russia, Brasile e
Giappone, mentre si confermano i buoni trend nei top big markets, USA e Canada, UK
e Francia. Nonostante gli ottimi risultati sui mercati internazionali non bisogna però
dimenticare l‟attuale situazione di difficoltà dell‟economia italiana; Stefano Agostini
commenta:
91
“Sanpellegrino 766 milioni il giro d‟affari 2012, l‟export fa da traino”, Bergamo news, quotidiano on-
line, 13 Maggio 2013.
68
“Il dato positivo sull’export impone però una riflessione sul mercato italiano che, nel
primo trimestre del 2013, registra un calo di circa il 6% (…). Il perdurare della crisi
sta mettendo a dura prova il nostro settore in Italia, occorre lavorare senza indugi su
soluzioni di rilancio a livello di comparto e, più in generale, a livello di politica di
sviluppo economico del Paese”92
.
Questa analisi con numeri e dati è la testimonianza dell‟ importanza di essere presenti
sui mercati internazionali e della qualità dei prodotti Sanpellegrino, eccellenza del Made
in Italy nei cinque continenti.
“I risultati 2012 confermano il successo ottenuto negli ultimi anni dalle nostre strategie
internazionali e ne testimoniano l’evoluzione su tre assi: estensione del portafoglio
prodotti, diversificazione dei canali e copertura di nuove aree geografiche”93
–
continua Agostini –.
Paradossalmente, la Sanpellegrino è più conosciuta all‟estero piuttosto che in Italia;
questo perché – afferma Degli Esposti – in nostro Paese nonostante abbia prodotti di
primo livello manca di strutture e di strategie manageriali d‟avanguardia che permettono
di commercializzare i nostri prodotti di prima qualità. L‟acquisizione di Nestlé, durante
la fine degli anni novanta, è stata fondamentale per Sanpellegrino; ha infatti permesso
all‟azienda di entrare in una dimensione diversa, cioè di avere la possibilità di allargare i
propri orizzonti grazie a strutture adeguate posizionate in tutto il mondo.
Dall‟ inizio del secolo scorso ad oggi, l‟acqua S. Pellegrino non ha fatto dunque che
progredire in termini di produzione, quote di mercato e notorietà.
Il Grafico 17. mostra quanto appena detto; la difformità dei dati con quelli sopra
riportati è da imputare al fatto che questo grafico si riferisce solamente al totale export,
senza tenere in considerazione l‟Italia.
92
“Gruppo Sanpellegrino: un 2012 in crescita grazie all‟export”, comunicato stampa, si veda allegato 1.
93 “Gruppo Sanpellegrino: un 2012 in crescita grazie all‟export”, comunicato stampa, si veda allegato 1.
69
Grafico 17. International Business Unit Sanpellegrino
Fonte: Sanpellegrino S.p.a.
4.4. Progetti per sviluppare il brand S. Pellegrino a livello internazionale
S. Pellegrino Meets Italian Talent è un progetto di respiro internazionale promosso da
Sanpellegrino S.p.a. che debutta nel 2010, con l‟obiettivo primario dell‟azienda di
“avviare importanti sinergie con altre imprese italiane di reputazione internazionale
allo scopo di affermare nel mondo innovazione, qualità del servizio, design e prestigio,
caratteristiche che rendono lo stile di vita e la cultura italiana famosi in tutto il
mondo”94
. Il progetto, che ha alla base la condivisione di valori, ha portato alla
realizzazione di importanti partnership, di seguito analizzate.
4.4.1. Missoni veste S. Pellegrino (2010)
L‟iniziativa lanciata nel 2010 prevede il coinvolgimento, accanto a S. Pellegrino, di un
altro grande marchio italiano leader nel proprio settore, sinonimo di eccellenza e
riconosciuto a livello internazionale da oltre 50 anni: Missoni.
Alla prestigiosa maison di moda milanese è stata affidata la storica bottiglia di S.
Pellegrino, per interpretarla e dare vita ad un' edizione speciale, ad una bottiglia da
94
“Il Gruppo Sanpellegrino è campione del Made in Italy nel mondo”, comunicato stampa, 24 ottobre
2011, www.sanpellegrino-corporate.it.
70
collezione a tiratura limitata. Le confezioni limitate sono avvolte nel caratteristico
motivo “zig-zag” tipico della celebre casa di moda, per una rielaborazione rispettosa del
brand, con logo e colori rimasti inalterati. I 30 milioni di pezzi prodotti sono stati
distribuiti nei migliori ristoranti in Italia e all‟estero.
Il punto di partenza è stato l‟identificazione dei punti di forza in comune dei due grandi
marchi: l‟alta qualità percepita, la leadership nel proprio settore, l‟alta reputazione sul
piano internazionale.
Il secondo grande obiettivo è stato quello di evidenziare il “concetto di valore nel tempo
rappresentato dai due marchi ovvero quel valore intangibile che costituisce il vero
vantaggio competitivo delle migliori aziende protagoniste del Made in Italy.
Valorizzarlo è indispensabile – sottolinea Stefano Agostini – perché contribuisce ad
innestare strategie di medio e lungo periodo che permettono di raggiungere un
posizionamento ed un prestigio unici al mondo. Non solo: quando si tratta di uscire dai
confini nazionali, le iniziative comuni non possono che contribuire a consolidare e
sviluppare l’autorevolezza raggiunta dal singolo marchio”.
Fabio degli Esposti conclude: “La partnership si è poi concretizzata grazie alla
possibilità di rendere esplicita – attraverso una bottiglia unica, veicolo di
comunicazione in 120 paesi nel mondo – una condivisione di valori autentica che passa
attraverso il culto per l’eleganza e la bellezza, il gusto per la qualità e la convivialità,
in un percorso che sa accogliere anche la sfida dei nuovi materiali e delle nuove
tecnologie”95
.
4.4.2. S. Pellegrino sparkles with Bulgari (2011)
La seconda edizione del progetto S. Pellegrino Meets Italian Talents sfoggia per
l‟occasione una splendida etichetta firmata Bulgari, per celebrare la collaborazione tra
l‟acqua di punta del gruppo Nestlé e la gioielleria di lusso.
L‟etichetta della bottiglia si ispira ad una collana di oro e gioielli della collezione
Bulgari vintage del 1965. “Circa 50 milioni di bottiglie limited edition sono state
distribuite nei ristoranti più raffinati di oltre 120 Paesi nel mondo per tre mesi.
L’edizione speciale “S. Pellegrino sparkles with Bulgari” è stata il risultato di una
95
Belloni M., “San Pellegrino e Missoni insieme per promuovere l‟eccellenza italiana”, Marketing
Journal, 26 Maggio 2010.
71
partnership fondata sulla condivisione di valori comuni: storia, prestigio, qualità,
originalità, fascino senza tempo”96
.
4.4.3. S. Pellegrino celebra Pavarotti (2013)
La limited edition dell‟acqua S. Pellegrino, durante il corso del 2013 ha coinvolto anche
il marchio Acqua Panna. Durante questo anno anziché associarsi ad un brand, quindi ad
un nome, S. Pellegrino si è associata a quello che è per noi italiani la forma d‟arte
italiana più conosciuta al mondo: l‟opera, rendendo omaggio al più grande tenore di
tutti i tempi, il Maestro Luciano Pavarotti, che ha il merito di aver fatto conoscere al
mondo l'eccellenza italiana attraverso lo splendore dell'opera lirica. Talento di successo
internazionale, Luciano Pavarotti ha rappresentato con la sua voce eccezionale la stessa
cultura, la stessa passione e la stessa gioia di vivere che S. Pellegrino esporta in tutto il
mondo; sono state 50 milioni le bottiglie special edition distribuite in 120 Paesi. È
attraverso questa iniziativa che S. Pellegrino, si trasforma in un eccezionale veicolo di
promozione del talento, della passione e della bellezza, che eccelle nel nostro Paese.
Stefano Agostini afferma: “(..) Dopo le edizioni speciali lanciate da S. Pellegrino con
la collaborazione di Missoni e Bulgari, in un anno ricco di eventi straordinari per il
mondo della musica e dell’Opera Italiana, sarebbe stato impensabile non celebrarne il
più illustre rappresentante che ha contribuito a diffondere un’immagine forte e positiva
dell’Italia così come da sempre è negli obiettivi di S. Pellegrino e Acqua Panna”97
.
96
“Quando la classe…è acqua”, In a Bottle Magazine, 1 Marzo 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.
97 “S. Pellegrino celebra Luciano Pavarotti con una speciale limited edition”, In a Bottle Magazine, 26
Giugno 2013, www.sanpellegrino-corporate.it.
72
Figura 3. S. Pellegrino Meets Italian Talents
Fonte: Elaborazione personale
Il progetto quindi si basa essenzialmente sull‟associazione del marchio S. pellegrino ad
altri brand italiani, molto famosi a livello mondiale. Il vantaggio risiede nel fatto che le
bottiglie limited edition si presentano come bottiglie diverse che danno un fascino in
più, quel glamour di dire che Sanpellegrino è unica.
La ristorazione lo percepisce come un prodotto esclusivo, il consumatore finale come
qualcosa di nuovo, mentre l‟azienda riesce a comunicare il suo obiettivo strategico che è
appunto l'essere il brand ambasciatore dell'italianità nel mondo. Per quanto riguarda la
distribuzione, le bottiglie in edizione limitata, sono state destinate in esclusiva al canale
Ho.Re.Ca., sia in Italia che all‟estero.
73
4.5. I canali distributivi di Sanpellegrino
Tra i principali canali distributivi adottati da Sanpellegrino per commercializzare i
propri prodotti troviamo il canale Ho.Re.Ca., la Gdo e l‟e-commerce, di seguito
analizzati.
4.5.1. Ho.Re.Ca.
La strategia di Sanpellegrino si focalizza essenzialmente su HOtels, REstaurants and
CAfés, ovvero sul canale commerciale Ho.Re.Ca, in cui Sanpellegrino è leader sia in
Italia che all‟estero. Nel mercato italiano, l‟80% della distribuzione si concentra in
questo canale e, in generale, nei consumi fuori casa. In Italia, il canale Ho.Re.Ca
rappresenta quindi il primo canale di distribuzione, in particolare per quanto riguarda il
mondo della ristorazione. I marchi coinvolti sono essenzialmente S. Pellegrino e Acqua
Panna, considerati fiori all‟occhiello dall‟azienda; sono, infatti, questi i due marchi che
vengono esportati in tutto il mondo simbolo del Made in Italy. Anche per quanto
riguarda i mercati esteri il consumo fuori casa ha un ruolo predominante, in linea con la
strategia del gruppo che punta alla copertura sempre più capillare del canale ristorazione
con l‟obiettivo di esportare il meglio dell‟italianità nei cinque continenti. Proprio a
questo proposito sono stati realizzati importanti progetti per avvalorare
l‟internazionalità dei prodotti Sanpellegrino all‟estero. Tra questi progetti ritroviamo S.
Pellegrino Meets Italian Talent dove la distribuzione, sia in Italia che all‟estero, delle
bottiglie in edizione limitata, ha riguardato esclusivamente il canale Ho.Re.Ca. Per
ampliare ulteriormente la propria reputation nei mercati, ricordiamo, che il marchio S.
Pellegrino viene distribuito nel top Ho.Re.Ca, cioè nel top della gamma della
ristorazione.
4.5.2. Gdo
La distribuzione di Sanpellegrino si concentra, nei mercati leader come Francia,
Svizzera, Stata Uniti, Italia, anche sul canale della grande distribuzione, in cui non è più
il ristoratore che sceglie l‟acqua ma, il cliente, consumatore finale che la prende dallo
scaffale (esempio Esselunga, Carrefour, … ). In questo segmento il gruppo
Sanpellegrino a livello di quote di mercato è leader sia a valore che a volume,
logicamente perché si sommano le quote di mercato di tutti i brand posseduti dal
gruppo (Levissima, Sanbernardo, Acqua Panna, Pejo, …, S. Pellegrino); a livello di
74
singoli brand la situazione è ovviamente diversa a causa della presenza di competitor
molto forti come Sant‟Anna. La grande distribuzione viene definita qualificata
soprattutto all‟estero, dove con il termine qualificata si intende una distribuzione che
coinvolge non solo il classico supermercato, ma che riguarda anche i punti vendita un
po‟ più raffinati (ad esempio Dean & Deluca a New York) dove il prodotto italiano
viene valorizzato.
4.5.3. E-commerce
Il canale e-commerce rappresenta per Sanpellegrino la terza modalità di distribuzione, e
viene sfruttato soprattutto in Giappone, Usa (con Amazon) e Uk (con il retailer Tesco).
Si deve ricordare che ogni paese possiede la propria regolamentazione legislativa in
campo alimentare ed essendo, appunto l‟acqua, un prodotto alimentare, le etichette sono
diverse per ogni paese (caratteristiche/informazioni organolettiche dell‟acqua in base ai
diversi paesi). Per Sanpellegrino, quindi, dal punto di vista logistico, avere una
piattaforma e-commerce per tutto il mondo sarebbe impossibile. L‟azienda si appoggia
così alle piattaforme dei retailer in modo tale da distribuire anche on-line. In alcuni
paesi come in Giappone e in America Sanpellegrino stringe degli accordi con i grandi
player del mondo e-commerce, come ad esempio Amazon, che riescono a favorire
appunto la distribuzione.
75
Figura 4. Distribuzione di Sanpellegrino: Ho.Re.Ca & Retail 98
Fonte: Sanpellegrino S.p.a.
A livello distributivo, nei grandi mercati come la Francia, la Svizzera, gli Usa,
Sanpellegrino si avvale della presenza delle filiali Nestlé Waters in quei paesi: quindi il
prodotto non viene distribuito direttamente da Sanpellegrino Italia ma viene da
quest‟ultima inviato alle filiali Nestlé Waters che si occupano di curare la distribuzione
nei ristoranti, nei bar e nella grande distribuzione. Sanpellegrino, così facendo, sfrutta la
potenza della filiali presenti nei mercati leader per distribuire il prodotto.
Nei mercati emergenti come Medio Oriente, Sud Africa, Russia, invece, o non vi è la
presenza della filiale Nestlé Waters oppure, essendo mercati più piccoli, non se ne ha
bisogno e si procede quindi ad una distribuzione diretta. Sanpellegrino si avvale di una
fitta rete di distributori locali che non distribuiscono solo S. pellegrino (ma anche birra,
vino, super alcolici); in questo modo l‟azienda effettua un presidio diretto sul canale
d‟entrata arrivando anche in questo modo al cliente, consumatore finale.
98
Il termine vendita al dettaglio (Retail) viene utilizzato per indicare la vendita di prodotti al consumatore
finale e può essere realizzata attraverso due modalità, utilizzate entrambe da Sanpellegrino: vendita al
dettaglio attraverso negozi, supermercati oppure, on-line, attraverso la tecnologia e-commerce.
76
4.6. La copertura di nuove aree geografiche: i mercati emergenti
L‟internazionalizzazione fa parte infatti del DNA di Sanpellegrino; l‟obiettivo
dell‟azienda è quello della penetrazione di nuovi mercati, in particolar modo quelli del
vicino Medio Oriente, dove i consumi di acqua confezionata sono in notevole crescita,
senza dimenticare i paesi mediterranei dell‟Africa del Nord, raggiungibili via mare con
bassi costi di distribuzione. Il trasporto via mare, oltre ad essere il meno costoso, è
anche il meno inquinante, quindi con un basso impatto ambientale; è infatti noto
l‟impegno di Sanpellegrino verso la sostenibilità e l‟ambiente.
In primis è fondamentale per l‟azienda il mercato cinese, anche per l‟elevato numero di
abitanti, in cui ha avviato un importante piano di investimenti, di cultura ed education,
con il fine di sviluppare la propria immagine anche in Estremo Oriente. La Cina nei
prossimi cinque anni potrebbe diventare uno dei cinque mercati per i marchi del gruppo.
La massima aspirazione per il gruppo sarebbe quella di vendere anche in India, ma la
legislatura locale in tema di acqua minerale è abbastanza ferrea; per il momento, infatti,
non è possibile raggiungere questo mercato per la presenza di numerosi ostacoli, come
l‟obbligo di importare l‟acqua solo in bottiglie bianche a differenza del classico verde
adottato dalla Sanpellegrino.
77
CONCLUSIONI
I fenomeni di internazionalizzazione, nell‟ultimo secolo, hanno conosciuto una
diffusione senza precedenti grazie alla capacità di spostare con relativa facilità le attività
della catena del valore, da un‟area all‟altra, in funzione delle condizioni di convenienza
economica.
Uno dei principali obiettivi di questo lavoro è stata la disamina delle molteplici modalità
di penetrazione in un paese estero, comprendendo come la scelta della modalità di
entrata sia una decisone critica, attentamente da valutare, sia sotto il profilo delle risorse
disponibili sia per quanto riguarda la consistenza degli investimenti finanziari e il loro
diverso grado di recupero. Ogni singola modalità di entrata determina l‟assunzione di
diversi livelli di rischio; gli investimenti diretti sono la modalità più vincolante ma che
allo stesso tempo offrono un maggior radicamento nel mercato estero.
Nell‟attuale scenario globale per fronteggiare la concorrenza internazionale è necessario
concentrare i proprio sforzi nei mercati di sbocco più remunerativi, sfruttando vantaggi
di costo, di risorse, di logistica e di mercato, e ridurre gli investimenti nei mercati
cosiddetti maturi.
Emerge, inoltre, che l‟internazionalizzazione sia in grado di generare un‟evoluzione
complessiva dell‟impresa permettendole di acquisire risorse e competenze, rafforzare la
propria immagine e reputazione, accedere a conoscenze e relazioni non disponibili nel
proprio paese. Nel rapportarsi in nuovi contesti bisogna però ricordare che, l‟impresa
deve superare non solo ostacoli burocratici ma anche distanze culturali; in questo
quadro enti locali, banche e istituzioni possono rappresentare uno strumento utile per
facilitare l‟impresa ad operare nel nuovo mercato.
Il fenomeno dell‟internazionalizzazione riguarda in modo trasversale sia tutti i settori
economici sia le diverse aree geografiche; in particolare è stata presentata un‟analisi del
sistema agroalimentare, inteso come l‟insieme di settori integrati, dall‟agricoltura,
all‟industria alimentare, alla distribuzione, ai trasporti fino alla ristorazione, dove è
emerso che questo settore per certi versi è andato in controtendenza, grazie al Made in
Italy agro-alimentare, una delle componenti più robuste delle nostre esportazioni. Infatti
nella fase di declino il settore ha migliorato le proprie performance. I prodotti Dop,
78
Docg e Igp, la cui qualità è indiscussa, rappresentano la punta di diamante dell‟offerta
nazionale.
In particolare è stata svolta un‟attenta analisi del settore beverage, sia a livello nazionale
che mondiale, in cui l‟attenzione si è concentrata sul segmento delle acque minerali e
dove è emerso che, nonostante una battuta d‟arresto dovuta alla crisi economica, l‟Italia
è tra i principali paesi esportatori e consumatori di acqua minerale. Sottolineo, inoltre,
come l‟acqua rappresenti un valore italiano, un simbolo dell‟italianità nel mondo.
A conclusione della tesi, vengono fornite, di seguito, alcune sintetiche ed ulteriori
riflessioni.
L‟attuale panorama socio-economico è caratterizzato da una generale recessione, non
solo a livello nazionale, ma anche europeo e mondiale. Il quadro economico appena
descritto si riflette anche su piano sociale, caratterizzato sia da una diminuzione del
benessere sia da un aumento della disoccupazione. Emerge quindi la necessità di
ridisegnare i modelli economici, attuando politiche orientate alla crescita e alla
sostenibilità sociale.
Dal presente lavoro è emerso come, in un momento di crisi economica come quello che
sta vivendo il nostro Paese, la valorizzazione dell‟internazionalizzazione sia una
strategia per rilanciare l‟Europa, ma soprattutto l‟Italia. Per molte imprese, infatti
l‟internazionalizzazione da semplice possibilità si è trasformata in necessità.
Sono proprio l‟internazionalizzazione e la capacità di offrire al mondo una “nuova dolce
vita”, rilanciando appunto il Made in Italy, gli strumenti necessari su cui il nostro Paese
deve puntare.
Il Made in Italy sinonimo di qualità, stile, immagine, fama e prestigio, è un elemento
centrale dell‟identità culturale di questo Paese; quando si pensa al Made in Italy si pensa
a quei prodotti che hanno un alto contenuto estetico. Made in Italy è mangiare bene,
Made in Italy è vestirsi bene, Made in Italy è vivere bene, in un ambiente gradevole,
Made in Italy è tutto questo.
L‟immagine dell‟Italia, intesa come un paese che ha un profilo fortemente estetico, non
va vissuto come qualcosa di effimero, di banale o di superfluo: va vissuto come un
elemento di forza.
79
I nuovi mercati, i nuovi sfidanti globali che si sono affacciati sullo scenario mondiale,
Cina in primis, possono, infatti, offrire enormi opportunità per le aziende italiane che
propongono prodotti di qualità e capaci di dare emozioni. Inoltre si tratta di paesi in cui
il Made in Italy, già oggi, afferma il proprio valore e, grazie alla potenza dei marchi
italiani rappresenta uno status symbol per i consumatori. I consumatori stanno, inoltre,
imparando a riconoscere il valore dei prodotti italiani anche quando non si tratta di
marchi noti. In questi nuovi mercati i consumi sono decisamente in crescita, grazie ad
aumenti salariali, avanzamento delle politiche di welfare e dal processo di
urbanizzazione.
Le nostre imprese, però, si trovano ad operare in contesti non rosei; da un lato la
concorrenza si è fatta più dura perché, a causa delle debolezza della domanda interna, le
imprese orientano i propri sforzi ai mercati emergenti, dall‟altro lato, molto spesso,
questi nuovi sfidanti ostacolano l‟ingresso di prodotti esteri innalzando barriere e dazi.
Entrare nei nuovi mercati è quindi una sfida per le imprese. Conoscere l‟andamento e le
potenzialità dei consumi, analizzare il profilo dei consumatori e il sistema distributivo,
delineare il proprio mercato e conoscere gli ostacoli commerciali per l‟ingresso dei
propri prodotti rappresentano punti di partenza per vincere la sfida.
Il gruppo Sanpellegrino, famosa azienda attiva nel settore beverage, che produce acqua
minerale e bevande soft drink, con i suoi marchi internazionali S. Pellegrino e Acqua
Panna, rappresenta una delle realtà italiane in cui il binomio internazionalizzazione e
Made in Italy si è dimostrato vincente a livello mondiale. In particolare le bollicine
dell‟acqua S. Pellegrino, vera icona della qualità Made in Italy, incantano i palati del
mondo e registrano un boom nelle vendite per l'export. Le vendite all‟estero sono una
componente essenziale per il gruppo.
S. Pellegrino è presente sulle tavole più prestigiose, ambasciatrice nel mondo del nostro
inconfondibile stile di vita; interpreta alla perfezione lo stile italiano, inteso come sintesi
di convivialità, eleganza e fine dining.
Lo stile italiano, l‟eleganza e la tradizione sono tutti valori che S. Pellegrino incarna,
contribuendo a diffonderli nel resto del mondo. Proprio a questo proposito spiccano le
partnership di S. pellegrino con marchi italiani di fama mondiale come Bulgari e
Missoni.
80
E‟ opportuno sottolineare come il gruppo Sanpellegrino, lavorando con responsabilità e
passione, sia un esempio virtuoso di creazione di valore condiviso che fa crescere
l‟Italia. Le caratteristiche Made in Italy dei prodotti Sanpellegrino sono, infatti, un
importante volano per la creazione di valore nel nostro Paese; i prodotti sono realizzati
in Italia generando valore aggiunto e occupazione a livello nazionale.
In conclusione mi sembra opportuno ricordare come il 2013 sia stato definito da
autorevoli economisti come uno degli ultimi anni di recessione anche per il nostro
Paese. Speriamo che tali previsioni si avverino, ciononostante dobbiamo comunque
essere consci che la via della ripresa sarà lunga. Il principale augurio, di un 2014 in
grande ripresa, è che questo viaggio si rilevi il più breve possibile e meno gravoso del
previsto sia per le famiglie, messe alla prova ormai già da tempo, sia per quelle aziende
che sono riuscite a non piegarsi sotto il peso della crisi.
Per far si che tutto questo si realizzi è necessario puntare su qualità e su quell‟allure non
sempre definibile, ma di sicuro di successo, che va sotto il nome di Made in Italy. E‟
necessario impadronirsi al più presto di questo nostro valore culturale, ma soprattutto
economico, orientando in questo verso la nostra politica industriale ed essendo
consapevoli dell‟enorme potenziale che l‟italianità ci può dare per ampliare la nostra
presenza commerciale in tutti quei paesi in cui sta nascendo un nuovo consumatore,
appunto i paesi emergenti, in cui esistono reali prospettive di mercato.
L‟Italia sta ancora lottando contro i prodotti contraffatti, anche se purtroppo non sarà
mai una guerra vinta completamente, ma grazie a tradizione, design, tecnologia e
creatività si potrà sconfiggere questa competizione ingiusta garantendo il successo dei
prodotti italiani nel mondo.
Think local, act global – pensare localmente e agire globalmente – sembra essere la
ricetta per rilanciare l'economia Made in Italy.
In particolare, il progetto Made in Italy non può prescindere dal passato ma deve saper
guardare al futuro – If I have seen farther than others it is because I was standing on the
shoulders of giants (Isaac Newton) – Stare sulle spalle dei giganti significa basarsi sugli
studi, sulle scoperte passate, sulle tradizioni e sulla nostra cultura perché il pensiero di
oggi non è che il completamento di quello di ieri e, rimanendo in piedi sulle spalle del
passato, è possibile guardare avanti e più lontano.
81
BIBLIOGRAFIA
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85
ALLEGATI
Allegato 1
GRUPPO SANPELLEGRINO:
UN 2012 IN CRESCITA GRAZIE ALL‟EXPORT
Il giro d‟affari 2012 è di 766 milioni di euro con un incremento dell‟8,3%
rispetto all‟anno precedente;
A guidare la crescita è l‟export (+15,2% a volume) i cui introiti rappresentano il
40% del giro d‟affari complessivo. Cresce anche il numero dei Paesi raggiunti
dai prodotti del Gruppo, arrivato a oltre 130 in tutto il mondo; tra i mercati esteri
è della Cina la performance più significativa che registra un raddoppio delle
vendite;
Le vendite estere delle acque minerali S.Pellegrino e Acqua Panna e dei fruit
beverages Sanpellegrino hanno raggiunto il miliardo di unità vendute, 130
milioni in più rispetto all‟anno precedente.
Milano, 2013 – Il Gruppo Sanpellegrino, azienda leader in Italia nel settore beverage, ha
chiuso il 2012 con un giro d‟affari di 766 milioni di euro in crescita dell‟8,3% rispetto
all‟anno precedente. In un momento difficile dell‟economia globale, il risultato è stato
trainato soprattutto dalla continua e considerevole crescita delle vendite estere (+13,9%
di crescita organica). Sul mercato italiano si è registrato un sostanziale mantenimento
delle vendite nonostante la diminuzione riportata nel periodo post-estivo, un trend in
linea con il generale calo dei consumi alimentari nel nostro Paese.
“Abbiamo chiuso un anno impegnativo con una buona performance di Gruppo che ci
ha permesso di superare le sfide di un 2012 molto impegnativo - afferma Stefano
Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino – Se sui
mercati internazionali registriamo risultati brillanti, in Italia la fiducia delle famiglie è
stata invece messa a dura prova, soprattutto nella seconda metà dell’anno, a causa
della difficile situazione economica e finanziaria con una conseguente contrazione dei
consumi”.
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I prodotti Sanpellegrino allargano i propri confini internazionali raggiungendo nel corso
del 2012 nuovi mercati mondiali per un totale di circa 130 Paesi nei cinque continenti.
Al contempo le esportazioni delle acque minerali S.Pellegrino e Acqua Panna e dei fruit
beverages Sanpellegrino hanno raggiunto il miliardo di unità vendute, 130 milioni in più
rispetto all‟anno precedente.
“I risultati 2012 confermano il successo ottenuto negli ultimi anni dalle nostre strategie
internazionali e ne testimoniano l’evoluzione su tre assi: estensione del portafoglio
prodotti, diversificazione dei canaIi e copertura di nuove aree geografiche – continua
Agostini - È stato un anno di grande sviluppo del business nei nostri mercati in
sviluppo, in particolare Cina, Corea, Russia, Brasile e Giappone e buoni trend li
abbiamo registrati anche nei top big markets, USA e Canada, UK e Francia. Riteniamo
che, soprattutto nell’attuale contesto di difficoltà dell’economia italiana, il modello del
Gruppo Sanpellegrino, fortemente focalizzato nella diffusione della qualità e dello stile
Made in Italy nel mondo, possa rappresentare una case history importante nel settore
agroalimentare italiano”.
Il 2012 è stato in particolare l‟anno dello sviluppo Sanpellegrino in Cina: il percorso che
ha visto un‟accelerazione da parte del Gruppo nel 2008 è giunto, infatti, ad una svolta
con l‟avvio di un importante piano di investimenti volto a sviluppare la presenza e
l‟immagine nel Paese dell‟estremo oriente, dove l‟obiettivo è di rendere la Cina, entro i
prossimi cinque anni, uno dei primi 5 mercati per i marchi del Gruppo.
“Il dato positivo sull’export – conclude Agostini – impone però una riflessione sul
mercato italiano che, nel primo trimestre del 2013, registra un calo di circa il 6%: le
acque del Gruppo sgorgano in Italia, qui abbiamo i nostri stabilimenti e qui lavorano le
nostre Persone. Il perdurare della crisi sta mettendo a dura prova il nostro settore in
Italia, occorre lavorare senza indugi su soluzioni di rilancio a livello di comparto e, più
in generale, a livello di politica di sviluppo economico del Paese”.
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RINGRAZIAMENTI
Doverosi ringraziamenti vanno a tutti coloro che mi hanno permesso di portare a
termine questa tesi:
- In primis ringrazio la Prof.ssa Mariella Piantoni per il suo supporto, per la sua
disponibilità e cortesia offertami nella sua attività di relatrice, senza dimenticare
i preziosi consigli che ha saputo darmi.
- Un grazie sincero va alla Sanpellegrino S.p.a., località Ruspino, in modo
particolare a Manuel Cadei, per avermi dato la possibilità di svolgere il tirocinio.
Ringrazio, inoltre, Paolo Passoni, S. Pellegrino Senior Brand Manager –
International Business Unit –, per l‟aiuto e per le preziose informazioni che ha
saputo fornirmi.
- Un sentito ringraziamento ai miei genitori, per essermi sempre stati vicini, per
avermi incoraggiato e sostenuto nelle mie scelte, per avermi permesso di
studiare e di conseguire la mia prima laurea; grazie per la fiducia che avete
avuto, e che continuate ad avere in me.
- Ringrazio poi la mia inimitabile nonna, la persona alla quale ho deciso di
dedicare questa tesi; anche se non può più essere fisicamente presente nella mia
vita, la ringrazio perché la sento sempre vicina e accanto a me e la ringrazio
anche per darmi la forza, ogni giorno, di raggiungere tutti i miei obiettivi.
- Desidero, infine, ringraziare Mattia, una persona unica, essenziale nella mia vita,
che giorno dopo giorno mi dimostra il suo incrollabile sostegno morale; grazie
perché credi in me, perché ci sei… Sempre.