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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO Dipartimento di Scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale Classe n. 18 - Descrizione Classe Economia e Direzione dell‟Impresa INTERNAZIONALIZZAZIONE & MADE IN ITALY: IL CASO SANPELLEGRINO S.P.A. Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Mariella Piantoni Tesi di Laurea Triennale Mara GASPARINI Matricola n. 1014555 ANNO ACCADEMICO 2012 / 2013

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO

Dipartimento di Scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi

Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale

Classe n. 18 - Descrizione Classe Economia e Direzione dell‟Impresa

INTERNAZIONALIZZAZIONE & MADE IN ITALY:

IL CASO SANPELLEGRINO S.P.A.

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa Mariella Piantoni

Tesi di Laurea Triennale

Mara GASPARINI

Matricola n. 1014555

ANNO ACCADEMICO 2012 / 2013

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A Mia Nonna…

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If I have seen farther than others,

it is because I was standing on the shoulders of giants.

Isaac Newton

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INDICE

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO 1 L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE 3

1.1. Analisi delle principali prospettive teoriche dell‟internazionalizzazione 4

1.1.1. Le teorie pre-Hymer 4

1.1.2. La teoria di Hymer 5

1.1.3. Le teorie post-Hymer 6

1.2. Modalità di entrata nei paesi esteri 8

1.2.1. Esportazioni dirette e indirette 10

1.2.2. Alleanze strategiche 16

1.2.3. Investimenti diretti esteri 18

1.3. Osservazioni conclusive 23

CAPITOLO 2 IL MADE IN ITALY 24

2.1. La creatività orientata al mercato 24

2.2. Country of origin 25

2.3. Che cosa si intende con “italianità”? 28

2.4. Osservazioni conclusive 29

CAPITOLO 3 ANALISI DEL SETTORE FOOD & BEVERAGE 31

3.1. Il commercio agroalimentare mondiale 33

3.2. Il commercio agroalimentare in Italia 36

3.2.1. I principali mercati di sbocco dell’industria italiana 39

3.2.2. Expo 2015 41

3.3. Quadro di sintesi dei consumi di bevande analcoliche nel mondo 42

3.4. Quadro di sintesi del settore bevande nell‟economia italiana 43

3.4.1. I consumi di bibite analcoliche in Italia 44

3.4.2. Il mercato delle acque minerali in Italia 45

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3.4.3. Il mercato delle acque minerali in Italia: analisi di alcuni dati

degli ultimi anni 2009-2012 46

3.4.4. Il mercato delle acque minerali in Italia: consumi di acqua

minerale per regione 50

3.5. Osservazioni conclusive 52

CAPITOLO 4 CASO AZIENDALE SANPELLEGRINO S.P.A. 55

4.1 La storia 56

4.2. La gamma di prodotti 57

4.2.1. L’adattamento dei prodotti 58

4.2.2. Gli stabilimenti produttivi 59

4.3. Sanpellegrino all‟estero 59

4.3.1. L’export fa da traino alla crescita: più di 130 Paesi 59

4.3.2. Francia: primo mercato a volume 63

4.3.3. Stati Uniti: primo mercato a valore 63

4.3.4. Il mercato italiano 65

4.3.5. Analisi di alcuni dati degli ultimi anni (2010 – 2012) 65

4.4. Progetti per sviluppare il brand S. Pellegrino a livello internazionale 69

4.4.1. Missoni veste S. Pellegrino (2010) 69

4.4.2. S. Pellegrino Sparkles with Bulgari (2011) 70

4.4.3. S. Pellegrino celebra Pavarotti (2013) 71

4.5. I canali distributivi di Sanpellegrino 73

4.5.1. Ho.Re.Ca. 73

4.5.2. Gdo 73

4.5.3. E-commerce 74

4.6. La copertura di nuove aree geografiche: i mercati emergenti 76

CONCLUSIONI 77

BIBLIOGRAFIA 81

ALLEGATI 85

RINGRAZIAMENTI 87

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1

INTRODUZIONE

Nell‟ultimo ventennio, con l‟avvento della globalizzazione, nello scenario mondiale, si

sono verificati importanti cambiamenti politici, economici, culturali e sociali che hanno

profondamente modificato il quadro di riferimento internazionale: l‟affermazione di

nuovi paesi e quindi l‟aumento della competizione globale, l‟evoluzione dell‟Unione

Europea con l‟avvento dell‟euro, la delocalizzazione delle attività produttive, lo

sviluppo delle telecomunicazioni e dei trasporti.

E‟ stata proprio la possibilità di comunicare a grandi distanze insieme alla capacità di

produrre e commerciare liberamente a portare all‟attuale globalizzazione dei mercati.

Se, in passato, la scelta di internazionalizzarsi riguardava solamente le imprese più

grandi e strutturate, oggi, la situazione è nettamente cambiata, e rappresenta una via

obbligata non solo per il successo, ma per la sopravvivenza dell‟impresa stessa.

L'internazionalizzazione, nell'era del mercato globale, non è più una scelta, ma una

realtà con la quale le imprese, grandi o piccole che siano, si devono confrontare

regolarmente.

Per quanto riguarda il mercato italiano, caratterizzato da un‟elevata competizione e dalla

saturazione della domanda nei mercati target tradizionali, l‟internazionalizzazione può

essere lo strumento per uscire dall‟attuale crisi aziendale che ha investito il nostro Paese

nel corso degli ultimi anni. Internazionalizzare, esportare e scoprire nuovi territori, più

dinamici, sono gli ingredienti necessari per ottenere non solo una crescita di profitti

aziendali, ma anche uno strumento per acquisire conoscenze, competenze e know how

che aumentano la competitività dell‟impresa stessa.

Risulta dunque fondamentale per le imprese italiane una ridefinizione delle proprie

strategie di internazionalizzazione e una nuova selezione dei mercati, ricordando che la

scelta della modalità di entrata e la scelta del paese estero obiettivo, rappresentano le

decisioni più critiche. In questo contesto, un‟attenzione particolare deve essere rivolta a

paesi che fino a qualche decennio fa erano considerati marginali dal punto di vista

economico, i cosiddetti paesi emergenti; con lo sviluppo dei cosiddetti BRICS (Brasile,

Russia, India, Cina, Sud Africa) lo scenario geografico rilevante per l‟impresa non è più

concentrato in pochi paesi europei, negli Stati Uniti, nel Giappone, ma si estende a

livello mondiale.

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Nella parte iniziale del presente lavoro lo scopo è quello di rispondere ad alcune

domande:

- Come e perché le imprese si internazionalizzano (Cap. 1): questa prima parte è

dedicata ad offrire una spiegazione teorica del processo di

internazionalizzazione, focalizzandosi in particolar modo sulle teorie alla base di

questo processo, nonché ai motivi che spingono un‟impresa all‟espansione

estera.

Vengono poi illustrate le possibili modalità di entrata di un‟impresa in un paese

estero, al fine di generare un vero e proprio vantaggio competitivo,

un‟espansione dei sistemi economici e di mercato, e un ampliamento dei propri

confini geografici in precedenza circoscritti alla sola dimensione nazionale.

- Cosa è il Made in Italy e la sua importanza come strumento, insieme

all‟internazionalizzazione, capace di rilanciare il nostro Paese sugli scenari

mondiali (Cap. 2).

Nella seconda parte del lavoro si procederà, invece, ad esaminare il settore

food&beverage (Cap. 3), con particolare riferimento al settore acque minerali,

procedendo poi, nel Cap. 4, con una disamina dettagliata relativa ad un concreto caso

aziendale: Sanpellegrino S.p.a., la più grande realtà nel campo del beverage in Italia. In

particolare viene approfondita la strategia di esportazione, che ha portato l‟azienda,

ambasciatrice del Made in Italy nel mondo, al successo internazionale. Questo grazie,

anche, alla sua capacità, come vedremo, di differenziare il prodotto italiano attraverso

elementi immateriali.

Ricordo che la scelta di queste tematiche nasce sia dal personale interesse alle strategie

di espansione internazionale, che ho avuto modo di approfondire nei corsi realizzati

durante il corso dell‟anno, sia dall‟esperienza di tirocinio maturata presso Sanpellegrino

S.p.a.

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CAPITOLO 1

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE

Con il termine internazionalizzazione si intende lo sviluppo dell‟impresa al di fuori dei

propri confini nazionali. Le imprese hanno, ormai, preso conoscenza dell‟importanza di

internazionalizzarsi e del fatto che non esiste più la demarcazione tra mercato domestico

e mercato estero. Esiste il mercato, inteso come “il luogo in cui i soggetti economici si

incontrano per stringere accordi e concludere operazioni destinate ad originare quei

flussi, sia di beni, che di servizi, che di mezzi finanziari, che ne alimentano l’attività e

ne giustificano l’esistenza”1.

Le condizioni che spingono un‟impresa ad attivare il processo di internazionalizzazione

sono numerose ma possono essere sintetizzate in cinque punti fondamentali 2:

1. l‟internazionalizzazione del mercato e della filiera produttiva,

2. l‟espansione internazionale dei principali clienti,

3. la reazione a strategie attuate dai concorrenti di riferimento,

4. l‟azione di soggetti pubblici o privati a favore dell‟internazionalizzazione,

5. il presentarsi di significative opportunità commerciali.

Oltre a queste motivazioni l‟entrata in un nuovo mercato può anche essere un effetto

naturale della crescita dell‟impresa che, raggiunte determinate dimensioni di mercato,

decide di orientare la propria strategia verso nuovi orizzonti, oppure semplicemente

perché il mercato d‟origine si trova in una fase di piena maturità o di declino; in questa

ultima ipotesi la capacità di internazionalizzarsi diventa fondamentale per la

sopravvivenza dell‟impresa stessa.

Molto spesso, quindi, le condizioni che spingono un‟impresa ad affacciarsi sui mercati

internazionali riguardano gli ambiti più significativi dell‟impresa, ovvero, l‟ambito

commerciale, finanziario e produttivo.

1 Di Meo A., Manuale pratico del commercio internazionale, Maggioli Editore, 2010, pp. 17-19.

2 Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 53-55.

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Per quanto riguarda l‟aspetto commerciale, oltre alla possibile saturazione del mercato

interno, l‟impresa allarga il proprio raggio d‟azione anche per la possibilità di sfruttare

la notorietà del marchio in altri paesi o, ancora, per la possibilità di vendere a prezzi più

elevati, incrementando, cosi, i profitti.

Da un punto di vista prettamente finanziario, invece, l‟impresa potrebbe avere

l‟opportunità di beneficiare, in paesi diversi dal proprio, di condizioni fiscali favorevoli.

Infine, per quanto concerne la produttività, i principali vantaggi derivano dal fatto di

poter attingere a tecnologie, risorse umane, nonché specifiche competenze, non presenti

nel proprio paese o la possibilità di impiegare forza lavoro a costi più contenuti.

1.1. Analisi delle principali prospettive teoriche dell’internazionalizzazione

Da un punto di vista cronologico lo studio del processo di internazionalizzazione

dell‟impresa e dei fattori che ne sono all‟origine nasce grazie al contributo di Hymer,

nel 1960. Il suo contributo fu talmente radicale che alcuni economisti (Kindeleberger,

1984) tendono a suddividere le teorie sull‟internazionalizzazione in contributi pre-

Hymer e post-Hymer.

1.1.1. Le teorie pre-Hymer

Prima del 1960 il fenomeno dell‟internazionalizzazione non poneva attenzione

all‟attività d‟impresa. Le teorie analizzavano l‟economia internazionale dalla sola

prospettiva macroeconomica, considerando cioè il comportamento delle nazioni e alla

differenze tra queste, anziché considerare anche quella microeconomica, cioè tenendo in

considerazione il comportamento delle singole imprese. Inoltre i principali autori

dell‟economia internazionale non si sono soffermati sullo studio delle distinzioni

esistenti tra investimenti esteri, investimenti finanziari di natura speculativa, e

investimenti diretti esteri, legati al rischio della gestione di un‟impresa estera. I due

modelli principali erano:

1) “Il modello del vantaggio assoluto di Adam Smith (1776), secondo il quale una

nazione esporta quei beni che produce ad un costo inferiore assoluto rispetto a

tutte le altre nazioni.

2) Il modello del vantaggio comparato di David Ricardo (1817), basato sul

teorema dei costi comparati, secondo il quale una nazione ha convenienza ad

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esportare quei prodotti che produce ad un costo relativamente inferiore rispetto

agli altri beni”3. Il modello di Ricardo è stato poi completato da Heckscher e

Ohlin (1933); i due autori spiegano che un paese ha un vantaggio comparato

quando produce/esporta un bene che richiede un intenso uso di fattori di

produzione che quel paese possiede in abbondanza. Quindi “i Paesi con una

dotazione relativamente più ricca di capitale si specializzano nella produzione

ed esportazione di prodotti ad alta intensità di tale fattore (prodotti ad alta

tecnologia) ed importino prodotti ad alta intensità di lavoro (prodotti a bassa

tecnologia) da Paesi relativamente più dotati di una abbondante manodopera”4.

La teoria di Heckscher e Ohlin (HO), fu però contraddetta dal “paradosso di Leontief”

(1954) secondo cui gli Stati uniti (nazione ad alta dotazione di capitale) esportavano

beni ad alta intensità di lavoro.

1.1.2. La teoria di Hymer

Stephen Hymer, fu il primo economista che, nel 1960, elaborò una teoria

dell‟internazionalizzazione delle imprese. Hymer era giunto alla conclusione che “gli

investimenti diretti esteri non fossero semplicemente movimentazioni di capitale, bensì

un insieme complesso e organizzato di transazioni che permettono il trasferimento di

capitali, tecnologia e competenze organizzative da un Paese all’altro e, come tali,

riconducibili più propriamente ad attività d’impresa”5. Elemento fondamentale per

l‟economista sono dunque gli IDE, intesi come un‟attività d‟impresa che permettono il

trasferimento non solo dei capitali, ma anche delle tecnologie, delle competenze tra

paesi.

Secondo Hymer, l‟espansione dell‟impresa all‟estero rappresenta solo un momento del

processo di sviluppo dell‟impresa stessa. In particolare “inizialmente l’impresa cresce

solo a livello nazionale grazie ad un processo di concentrazione consentendole di

ottenere profitti sempre maggiori; tuttavia il processo di concentrazione a livello locale

3 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p.1.

4 Dematté C., Perretti F., Marafioti E., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, pp. 1-2.

5 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, pp. 2-3.

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si arresta allorquando rimangono in gioco solo poche grandi imprese e l’elevato

profitto derivante dal grado di monopolio raggiunto è utilizzabile per investimenti

all’estero, il cui fine è espandere il processo di crescita oltre i propri confini

nazionali”6. Per Hymer, l‟impresa può ottenere all‟estero vantaggi superiori rispetto ai

concorrenti locali grazie alle risorse, alle competenze che l‟impresa internazionalizzata

ha acquisito. In funzione dei vantaggi competitivi posseduti dall‟impresa, quest‟ultima

opterà per le esportazioni o per la produzione nel paese target; questa seconda

alternativa, in particolare, attuata per esempio in caso di barriere tariffarie o elevati costi

di trasporto, verrà realizzata tramite IDE oppure cedendo licenze a produttori locali.

1.1.3. Le teorie post-Hymer

Dopo la seconda guerra mondiale emergono nuove teorie sull‟internazionalizzazione

che hanno come oggetto l‟impresa. Le teorie basate sull‟impresa considerano il

fenomeno dell‟internazionalizzazione come il risultato di un complesso sistema di

fattori, quali ad esempio i capitali, la tecnologia, il marchio, la qualità, le competenze

organizzative, dalla cui combinazione scaturisce il vantaggio per l‟impresa. Queste

teorie si sviluppano principalmente a Cambridge negli Stati Uniti e a Reading in

Inghilterra.

Per quanto riguarda le teorie di Cambridge si sono sviluppate negli Stati Uniti, paese

che per la sua superiorità tecnologica ed economica rappresentava il sistema economico

dominante. Il principale contributo è “la teoria del ciclo di vita del prodotto”, elaborata

da Vernon (1966). Secondo tale teoria pur essendoci uguali possibilità per le imprese

dei paesi sviluppati di accedere alla conoscenza scientifica, non ci sono uguali

possibilità che tali principi vengano applicati nella creazione di nuovi prodotti.

Il ciclo di vita internazionale del prodotto viene suddiviso in 3 stadi:

1) Ricerca ed introduzione dell‟innovazione: la produzione dei prodotti è destinata

al solo mercato interno.

2) Sviluppo e maturità del prodotto: il prodotto dopo essersi affermato sul mercato

interno inizia ad inserirsi nei mercati esteri attraverso una iniziale fase di

6 Boccia F., Internazionalizzazione, multinazionali e settore agroalimentare, ARACNE, 2009, p. 59-60.

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esportazione, in cui la produzione rimane concentrata nel paese di origine, per

poi espandere le unità produttive nei paesi esteri, attraverso gli IDE.

3) Standardizzazione e declino del prodotto: il prodotto è maturo e standardizzato.

La scomparsa della differenziazione spinge la produzione nei paesi a basso costo

del lavoro, in particolare nei paesi in via di sviluppo, in virtù della riduzione dei

costi di produzione. Il paese innovatore, in conseguenza della diminuzione delle

produzione interna, si trasforma da paese esportatore a paese importatore.

Le principali critiche, nonché limiti, della teoria elaborata da Vernon sono le seguenti:

spiega l‟internazionalizzazione dei soli settori manifatturieri e si fonda su una

innovazione tecnologica che è generata in un solo paese, gli Usa; al contrario di Hymer,

inoltre, si focalizza solo sul prodotto e non sull‟impresa, escludendo dall‟analisi le

imprese multi-product.

Le teorie di Reading si sviluppano durante il corso degli anni settanta nell‟omonima

università inglese. Un contributo importante è il “paradigma eclettico” di Dunning, il

quale individua tre fattori che spingono l‟impresa ad espandersi all‟estero:

1) Ownership advantage: l‟impresa possiede risorse e competenze che le

permettono di andare all‟estero e di avere così un vantaggio competitivo anche

nei mercati esteri.

2) Location advantage: l‟impresa trova in un‟area estera delle condizioni

favorevoli per le proprie attività che le permettono di valorizzare ulteriormente

le competenze e le risorse a sua disposizione.

3) Internalization advantage: l‟impresa sfrutta meglio l‟essenza competitiva di

particolari risorse che dispone, piuttosto che concedere la licenza a terzi.

Dunning vede, quindi, come spinta fondamentale all‟internazionalizzazione la volontà

dell‟impresa di sfruttare su più ampia scala i suoi fattori di vantaggio competitivo. Lo

stesso Dunning, partendo dal presupposto che lo sviluppo internazionale deriva da

obiettivi di redditività a lungo termine, indica anche quattro categorie principali di

imprese internazionali 7:

7 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p.10.

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1) Imprese natural resources seekers il cui obiettivo è quello di attuare

investimenti finalizzati ad ottenere un accesso privilegiato agli input produttivi

ad un costo inferiore rispetto a quello ottenibile dalla nazione d‟origine.

2) Imprese market seekers il cui scopo è quello di penetrare i mercati internazionali

che hanno elevati tassi di sviluppo per fornire beni e servizi ai clienti locali.

3) Imprese efficienty seekers cioè imprese che effettuano investimenti al fine di

ottenere economie di scala, di scopo o diversificazione del rischio.

4) Imprese strategic asset seekers il cui obiettivo è quello di acquisire imprese

straniere per rafforzare la propria posizione o per indebolire la posizione dei

concorrenti.

1.2. Modalità di entrata nei paesi esteri

Prima di entrare nello specifico tra le strategie di entrata nei mercati esteri occorre

definire il concetto di strategia. La strategia consiste in “quel sistema e di azioni che

consente all’impresa di raggiungere e mantenere simultaneamente e dinamicamente un

posizionamento sul mercato di sbocco, sui suoi diversi mercati di rifornimento dei

fattori di produzione e rispetto ai suoi principali interlocutori non commerciali tale da

assicurarle un vantaggio competitivo difendibile e di conseguenza il raggiungimento

dei tre ordini di equilibrio che assicurano all’impresa sopravvivenza e sviluppo:

l’equilibrio economico, quello finanziario e quello patrimoniale”8.

In particolare, le principali strategie di entrata elaborate dalle imprese per insediarsi in

un nuovo mercato geografico sono:

1) Esportazioni (dirette – indirette)

2) Alleanze strategiche (accordi strategici – joint entures)

3) Investimenti diretti esteri.

La modalità d‟entrata si basa essenzialmente su tre elementi fondamentali: il tipo di

attività svolta nell‟area geografica estera (commercializzazione, produzione,

acquisizione e sviluppo di conoscenze/competenze), i soggetti esterni eventualmente

coinvolti ed infine l‟area geografica estera in cui si effettua l‟entrata per svolgere tali

attività. (Tabella 1.).

8 Dematté C., Marafioti E., Perretti F., Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea, 2008, p. 37.

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Tabella 1. Modalità di entrata nel mercato estero in relazione al tipo di attività svolta e

al coinvolgimento di soggetti terzi.

Soggetti esterni coinvolti

No Si

Tipologia di attività

Commercializzazione Esportazioni dirette Esportazioni Indirette

Alleanze strategiche

Produzione Investimenti diretti esteri Alleanze strategiche

Sviluppo conoscenze Investimenti diretti esteri Alleanze strategiche

Fonte: Caroli 2012

In particolare le esportazioni dirette si basano su attività di commercializzazione in altri

paesi realizzate direttamente da strutture dell‟impresa esportatrice, quindi senza il

coinvolgimento di soggetti esterni; al contrario quelle indirette, descrivono operazioni di

vendita all‟estero realizzate mediante soggetti terzi, dello stesso paese dell‟impresa

esportatrice. Le attività produttive e lo sviluppo di competenze rimangono concentrate

nel paese d‟origine.

Per quanto riguarda le alleanze strategiche, l‟impresa entra in un mercato estero con la

collaborazione di soggetti esterni, e può scegliere quale tipologia di attività svolgere:

commercializzazione, produzione, sviluppo di conoscenze. Le attività possono anche

coesistere.

Infine, attraverso gli IDE, l‟impresa, in modo autonomo, entra in un nuovo mercato o

per collocare in paesi esteri le attività di produzione o per acquisire all‟estero almeno

una parte delle competenze utili per competere nel proprio mercato o anche a livello

internazionale.

Ogni modalità di entrata (Grafico 1.) richiede un diverso impegno finanziario e

organizzativo, che a sua volta implica un diverso livello di rischio e un maggiore o

minore grado di radicamento nel mercato estero.

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Grafico 1. Le diverse modalità di entrata in un mercato estero

Fonte: Caroli 2012

1.2.1. Esportazioni dirette e indirette

L‟esportazione è certamente la modalità più semplice. Come detto in precedenza la

produzione viene effettuata nel paese d‟origine e, solo in seguito, il prodotto viene

esportato direttamente o indirettamente nei paesi esteri obiettivo. Questa modalità è

anche la più diffusa, impegnando poche risorse e permettendo di contenere i vari rischi

che l‟impresa deve affrontare nel processo di internazionalizzazione.

Attraverso l‟esportazione indiretta, il produttore, non gestendo direttamente le

operazioni con i mercati esteri, si avvale di un operatore indipendente, collocato nel suo

stesso paese. Sui mercati internazionali questa modalità richiede un coinvolgimento

minimo da parte dell‟azienda esportatrice e perciò sembrerebbe ideale per le aziende di

piccole dimensioni, all‟inizio del loro processo di espansione, o ancora per quelle

aziende che non hanno risorse ingenti o che non vogliono coricarsi rischi eccessivi.

Infine, questa modalità viene anche utilizzata per quelle aziende che devono piazzare un

eccesso di capacità produttiva, che il mercato nazionale non è riuscito ad assorbire.

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Per l‟impresa esportatrice, quindi, il principale vantaggio risiede nel fatto che questa

modalità permette di espandere le proprie attività, cogliere nuove opportunità senza

dover sostenere né importati investimenti né cambiamenti organizzativi e produttivi.

Occorre, tuttavia evidenziare come questa modalità non permette il controllo sia sul

modo in cui il prodotto viene collocato nel mercato finale, sia su come le altre leve del

marketing mix vengono utilizzate.

Le esportazioni indirette possono essere attuate attraverso tre modalità, in base alla

natura del soggetto terzo che interviene; si va dal singolo professionista, che svolge una

semplice attività di intermediazione commerciale o che acquista i beni dal produttore

per poi rivenderli per conto proprio nei mercati esteri, alle grandi trading companies.

In particolare le tre modalità sono: intermediari, società specializzate indipendenti,

consorzi.

Gli intermediari internazionali “sono tutti quei soggetti che svolgono attività di

intermediazione tra Paesi diversi, agendo da canale di collegamento tra uno o più

produttori in un Paese e i compratori di determinati Paesi esteri”9. Tra i diversi tipi di

intermediari troviamo:

- Il buyer: soggetto indipendente, che risiede in un determinato paese, e che

rappresenta un certo numero di imprese che sono interessate ad avere un contatto

diretto e continuo con dei fornitori operanti nella sua stessa area geografica. Il

buyer rappresenta un ottimo strumento per un‟impresa che vuole sviluppare una

clientela estera, in quanto questo soggetto, normalmente, possiede relazioni

stabili con gli acquirenti esteri che rappresenta.

- Il broker: soggetto che, oltre a collegare il produttore con l‟acquirente estero,

fornisce un supporto consulenziale.

Per quanto riguarda le imprese nazionali specializzate nelle esportazioni, queste si

occupano essenzialmente di esportare i prodotti delle altre imprese, svolgendo il ruolo

di ufficio estero. La loro conoscenza dei mercati permette una penetrazione degli stessi

in maniera approfondita e con investimenti limitati. L‟acquirente straniero, inoltre, ha

un‟offerta più completa, in quanto queste aziende offrono sui mercati internazionali

prodotti di più aziende. Un esempio può essere l’export management company.

9 Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, p. 73.

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- L‟Emc opera nei mercati esteri come unità di vendita all‟estero, accompagnando

le esportazioni di imprese la cui offerta non è in concorrenza; infatti, i diversi

produttori operano a livelli diversi della stessa filiera.

Lo svantaggio principale risiede nel fatto che l‟azienda produttrice diventa totalmente

dipendente da quella esportatrice ed inoltre non possiede il controllo sull‟evoluzione del

mercato, dei gusti, e delle aspettative dei clienti.

Troviamo poi, le grandi imprese come le trading companies, presenti in molti paesi del

mondo, che si occupano della commercializzazione dei prodotti sui mercati

internazionali; sono caratterizzate da un grado elevato di diversificazione sia per quanto

riguarda i prodotti commercializzati sia i paesi in cui operano. Si avvalgono anche di

società controllate in vari paesi alle quali è affidata la gestione del marketing e la

vendita nei rispettivi mercati locali. Oltre ad avere un‟elevata conoscenza del mercato,

forniscono spesso servizi accessori post-vendita, hanno una buona capacità finanziaria e

ricercano partner nei mercati esteri per realizzare accordi commerciali.

Infine, ricordiamo i consorzi per l‟esportazione, modalità diffusa per le piccole e

piccolissime imprese. Il loro obiettivo è, infatti, quello di compensare i limiti della

piccola dimensione delle imprese, raggiungere così la dimensione necessaria per

vendere all‟estero con successo, e limitare la concorrenza tra le imprese consorziate. “Il

consorzio per l’export organizza iniziative promozionali e di ingresso in nuovi mercati

attraverso l'adesione a missioni governative, partecipazione a fiere, ricerche di mercato

e ricerca di partnership commerciali.

L'adesione ad un consorzio per l'export rappresenta un vantaggio per il piccolo

imprenditore in quanto consente di ridurre le incertezze e i costi di

internazionalizzazione aumentando per contro la propria competitività”10

. Affinché un

consorzio possa essere efficace è necessario non solo un‟elevata coesione in termini di

obiettivi, risorse, strategie tra tutte le imprese aderenti ma anche la capacità ma

soprattutto la volontà di queste ultime di rinunciare a una buona parte di autonomia

imprenditoriale.

Concludendo, le esportazioni indirette sono, tra tutte le strategie di

internazionalizzazione, la forma meno impegnativa, ma anche la più labile. L‟assenza di

un contatto diretto con il mercato di sbocco e quindi con il cliente-consumatore finale

10

“Consorzi per l‟export”, Il sole 24 ore, 9 Maggio 2011.

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13

rappresenta infatti il principale punto di debolezza. Tutto questo si riflette

sull‟incapacità dell‟impresa di comprendere in modo complessivo le determinanti del

proprio mercato, nonché anticipare le tendenze che caratterizzeranno in futuro il proprio

segmento di mercato.

Le esportazioni dirette, invece, al contrario di quelle indirette, richiedono un maggiore

impegno organizzativo, un maggior coinvolgimento finanziario e “un maggior impegno

imprenditoriale, in quanto in questa modalità di internazionalizzazione è assente la

figura dell’intermediario che si fa carico dei rischi connessi alla vendita del

prodotto”11

.

Con l‟esportazione diretta , infatti, l‟impresa vende nei mercati esteri attraverso una

propria struttura commerciale. A fronte dei maggiori rischi che l‟impresa deve caricarsi,

l‟esportazione diretta presenta molti più vantaggi rispetto a quella indiretta. Il vantaggio

principale è dato dal raggiungimento di un legame forte con il mercato di sbocco,

ovvero di intrattenere un rapporto diretto con la propria clientela, con la conseguenza di

una maggiore conoscenza dei propri consumatori; risulta, quindi, più facile per

l‟impresa sia comprendere ed anticipare le tendenze dei clienti sia individuare nuovi

segmenti in cui ampliare la propria attività.

Ricordo invece che lo svantaggio principale è rappresentato dalla complessità

manageriale, in quanto richiede competenze gestionali che non possono essere

improvvisate.

Solitamente questa modalità comporta la costituzione, all‟interno dell‟impresa, di

un‟unità organizzativa dedicata alle operazioni con l‟estero. Le modalità di

realizzazione sono però varie:

- Rete di vendita per l‟estero: le esportazioni dirette possono essere attuate

attraverso la costituzione di una rete di vendita dedicata allo specifico mercato

selezionato; può essere formata o da dipendenti dell‟impresa o da personale

indipendente. La creazione di una rete di vendita per l‟estero permette una

conoscenza più approfondita del mercato e della clientela, che insieme alla

possibilità di controllare i prezzi, rappresentano i principali vantaggi.

11

Aulicino D., “le strategie dell‟internazionalizzazione”, Commercio internazionale, 30, n. 23 (2006)

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14

Gli agenti indipendenti, legati all‟azienda da contratti di collaborazione,

vengono individuati direttamente nel paese estero, e si pongono come

intermediari tra l‟esportatore e l‟acquirente realizzando la vendita in nome e per

conto dell‟azienda mandante. Il fatto che l‟agente sia scelto direttamente nel

paese straniero, rappresenta un forte vantaggio per l‟impresa, avendo

quest‟ultimo una conoscenza maggiore del mercato estero.

- Ufficio di rappresentanza: la finalità principale della costituzione di una

rappresentanza commerciale è quella di permettere una più rapida distribuzione

dei prodotti nel paese estero. La realizzazione di filiali commerciali, o branch,

infatti viene realizzata quando il volume delle vendite diviene significativo e

quando l‟impresa vuole raggiungere una posizione importante nel mercato estero

obiettivo.

- Centrale logistica: in alcune aree geografiche estere l‟impresa esportatrice può

costituire una centrale logistica dove viene in primis immagazzinata la

produzione per l‟estero per poi essere distribuita ai compratori in uno o più

mercati stranieri. In alcuni casi presso la centrale logistica possono essere anche

svolte lavorazioni sul prodotto. La funzione principale è quella di velocizzare la

distribuzione dei prodotti nel mercato estero, e quindi far arrivare il prodotto al

consumatore in tempi brevi.

- Sussidiaria commerciale estera: l‟impresa può decidere di costruire una propria

unità operativa nel paese estero, la sussidiaria commerciale, avendo una propria

autonomia societaria, pur rimanendo controllata dalla casa-madre. Vengono,

infatti, trasferite alla sussidiaria parte delle funzioni strategiche e operative.

L‟aspetto fondamentale deriva dal fatto che la sussidiaria acquista dalla

controllante i prodotti che avrà poi il compito di distribuire nel paese estero.

Questa modalità rappresenta la forma più avanzata della realizzazione delle

esportazioni, potendo anche rappresentare un‟evoluzione naturale di una centrale

logistica o di una rappresentanza commerciale.

- E-commerce: il commercio elettronico è lo strumento ideale per l‟export alla

portata anche delle aziende minori: attraverso internet l‟impresa comunica la

propria offerta a potenziali acquirenti in tutto il mondo. Il commercio elettronico

comporta una serie di vantaggi: dal punto di vista del consumatore l‟e-commerce

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15

offre al cliente una gamma più completa e più ampia di prodotti da confrontare;

garantisce, inoltre, una risposta più rapida, più personalizzata e più economica

alle proprie esigenze. Dal punto di vista dell‟impresa, invece, il commercio

elettronico permette di ottenere una riduzione dei costi di comunicazione e di

pubblicità, e quindi la possibilità di stabilire in modo rapido e a costi contenuti

un contatto diretto con potenziali compratori residenti anche in paesi molto

lontani dal proprio. Tuttavia, questa modalità, comporta anche una serie di

problematiche: innanzitutto, a livello mondiale, l‟e-commerce presenza una

diffusione fortemente squilibrata e di conseguenza una limitata

informatizzazione delle famiglie e delle imprese in alcune aree del globo senza

dimenticare la limitata diffusione delle carte di credito.

Il commercio elettronico risulta efficace per le imprese che operano in nicchie di

mercato, con produzioni altamente specializzate.

Breve analisi delle esportazioni italiane 12

Le esportazioni di beni italiani nel 2012 hanno superato i 389 miliardi di euro tornando

ai livelli pre-crisi. Dopo una contrazione nel 2009 gli anni successivi hanno mostrato

tassi di crescita sempre positivi, anche se in rallentamento nell‟ultimo anno. (Grafico

2.).

Grafico 2. Esportazioni italiane (Mld €)

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati ISTAT elaborati da Agenzia ICE.

12

Italia: esportazioni ed investimenti diretti esteri, ministero degli affari esteri, 10 Giugno 2013.

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16

A dicembre 2012, I principali settori di export italiano sono i macchinari e le

apparecchiature (più del 18%); sommando poi autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto,

il settore arriva a pesare oltre al 27%. Il sistema moda, composto da prodotti tessili,

prodotti di abbigliamento e prodotti in pelle, pesa per l‟11% delle esportazioni italiane.

Segue l‟agroalimentare con prodotti alimentari, bevande e prodotti dell‟agricoltura

(8,2%) e i prodotti della metallurgia (8,2%). (Grafico 3.).

Grafico 3. Composizione % dell‟export italiano (2012)

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati ISTAT elaborati da Agenzia ICE.

Infine, dal punto di vista geografico l‟Europa rimane il principale partner. Seguono i

paesi europei non appartenenti all‟UE, l‟Asia Orientale, l‟America settentrionale, il

Medio Oriente, l‟America centromeridionale, l‟Africa settentrionale, l‟Asia centrale e

l‟Africa Sub-Sahariana, e l‟Oceania.

1.2.2. Alleanze strategiche

A volte è preferibile entrare nei mercati esteri adottando un grado di coinvolgimento

maggiore rispetto a quello derivante dalle esportazioni dirette e indirette. Quando

l‟impresa decide di collocare la produzione in paesi esteri, oppure intende sviluppare

all‟estero parte delle competenze utili per competere, le due modalità di entrata sono le

alleanze strategiche e gli investimenti diretti esteri.

Macchinari e apparecchiature

18,1%

Altri settori46,5%

Bevande

1,6%

Prodotti

alimentari

4,9%

Prodotti dell'agricoltura

1,4%

Prodotti della metallurgia

8,2%

Articoli in pelle4,1%

Articoli di abbigliamento

4,3%

Prodotti tessili2,4%

Altri mezzi di trasporto

2,8%

Autoveicoli, rimorchi e

semirimorchi6,2%

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17

Le alleanze strategiche nascono dalla volontà delle imprese di aumentare la propria

influenza a livello internazionale; non si realizza solo una vera e propria integrazione

con i mercati esteri, ma si ottiene anche un maggior controllo sulle operazioni. Si

devono, però, ovviamente sopportare costi e rischi più elevati.

Le alleanze strategiche si distinguono in due gruppi:

- Accordi strategici

- Joint ventures

Gli accordi strategici sono accordi contrattuali, più o meno complessi e articolati,

generalmente di medio-lungo termine, tra due o più imprese, che rimangono

indipendenti, ma interagiscono scambiandosi o condividendo risorse, funzionali al

raggiungimento di obiettivi specifici.

“Queste intese sono normalmente promosse da un’impresa che vuole crescere a livello

internazionale con aziende sufficientemente consolidate nei Paesi che essa ha scelto

come target geografici. La prima apporta capacità produttiva, conoscenze, prodotti che

hanno buone opportunità in un determinato Paese estero; la seconda apporta la

capacità di distribuzione del prodotto nel proprio contesto geografico”13

.

I vantaggi di questa modalità di ingresso consistono in un impegno finanziario e

organizzativo ridotto in seguito alla condivisione degli investimenti necessari, nel fatto

di creare ricchezza sul territorio del paese straniero, cosa che i governi tendono sempre

a vedere di buon occhio, nell‟opportunità di valorizzare le proprie risorse e

contemporaneamente accedere a competenze distintive.

Lo svantaggio principale è connesso soprattutto alle potenziali difficoltà nella gestione

delle relazioni con i partner stranieri.

Gli accordi strategici hanno contenuti piuttosto differenziati e i principali sono: il

licensing, il franchising, i contratti di produzione e di gestione, le alleanze commerciali.

Per quanto riguarda, il secondo gruppo, le joint ventures, rappresentano la forma più

avanzata delle alleanze strategiche, poiché comportano un significativo investimento di

risorse finanziarie, oltre che un elevato impegno strategico e organizzativo; è la strategia

di internazionalizzazione che più si avvicina agli investimenti diretti esteri.

13

Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 88-89.

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18

Le joint ventures si distinguono nettamente dagli accordi strategici perché queste, per

realizzare determinati obiettivi di interesse comune all‟alleanza (per esempio nel campo

del marketing, della produzione o della ricerca), implicano la costruzione di una nuova

azienda, cosiddetta joint ventures, tra due o più operatori di diversa nazionalità. Alla

base vi è quindi la creazione di una partnership tra due soggetti, partnership costruita

con un orizzonte temporale abbastanza definito, in quanto, una volta realizzate le attività

di interesse comune è abbastanza ovvio che la joint ventures sia sciolta o trasformata,

attraverso l‟acquisizione di uno dei partner coinvolti.

I modelli di joint ventures esistenti si basano essenzialmente sulla creazione, da parte

dell‟impresa entrante, con una o più imprese locali, di una nuova società, in un paese

straniero. Avere un partner locale, che garantisce la conoscenza del mercato locale e la

disponibilità della rete distributiva, consente di colmare le lacune per quanto riguarda il

radicamento sul mercato e i rapporti istituzionali. Al contrario l‟impresa entrante

apporta know-how, capacità tecnica, gestionale e competenze di prodotto.

I vantaggi che genera l‟accordo joint ventures sono molti; innanzitutto consente

all‟impresa di ridurre l‟investimento finanziario necessario per l‟entrata nel paese

estero, la nuova struttura aziendale può beneficiare di un insieme di conoscenze e di

risorse nettamente superiore ad una società che opera all‟estero in autonomia ed infine,

la presenza di un partner locale permette sia un migliore adattamento dell‟impresa in un

mercato sconosciuto, sia il fatto che le autorità locali straniere e i governi ospitanti

limitino le azioni contrastanti. Bisogna sottolineare come, però, queste forme di

cooperazione siano molto difficili da gestire.

Le joint ventures molto spesso vengono utilizzate solo nella fase iniziale della

penetrazione di un mercato estero, per poi passare a forme più dirette, come gli

investimenti diretti esteri.

1.2.3. Investimenti diretti esteri

Gli IDE, investimenti diretti esteri, hanno assunto negli ultimi anni notevole rilievo tra

le strategie di internazionalizzazione e rappresentano la modalità di espansione più

avanzata.

Con l‟intensificarsi della concorrenza internazionale può essere conveniente per

l‟impresa un maggior coinvolgimento nel paese target, in modo che la presenza sui

mercati esteri non abbia carattere sporadico ma sia invece continua e duratura. Si

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19

realizza una vera e propria integrazione con i mercati obiettivo ottenendo un maggior

controllo sulle operazioni estere. Tutto questo richiede però all‟impresa costi e rischi più

elevati, nonché un notevole impegno finanziario, strategico e la completa assunzione del

rischio-paese.

L‟investimento diretto estero può essere definito come un investimento produttivo

realizzato dall‟impresa al di fuori del proprio paese d‟origine 14

, finalizzato alla

realizzazione di prodotti da posizionare essenzialmente nel paese in cui è localizzato

l‟insediamento stesso. In particolare un IDE può essere realizzato attraverso due

modalità:

- realizzazione di una nuova struttura produttiva (stabilimenti, impianti, centri di

ricerca, strutture logistiche) nel paese estero. Una nuova struttura produttiva può

essere creata su un sito precedentemente non utilizzato per attività economiche,

oppure in un‟area già occupata in passato da altre attività economiche e

successivamente riconvertita e/o bonificata. Si parla rispettivamente di

investimenti greenfield e brownfield.

- acquisizione della proprietà di un‟impresa operante in un determinato paese

estero, ad esempio tramite il semplice acquisto della maggioranza delle azioni 15

,

o la fusione con tale impresa.

La scelta tra una modalità o l‟altra dipende sia dalle caratteristiche dell‟impresa sia dalle

risorse distintive che dispone.

L‟acquisizione consente all‟impresa un ingresso più rapido nel mercato selezionato

perché sfrutta un marchio già affermato nel paese estero, e tende ad essere preferibile

quando la società vuole acquisire, sviluppare nuove competenze, nonché appropriarsi

delle relazioni dell‟azienda estera acquisita. L‟acquisizione ha successo se, in seguito

alla trasformazione, l‟immagine della società non si indebolisce e non viene meno la

fedeltà dei clienti. Dal punto di vista delle risorse l‟acquisizione è da preferire quando

14

Gli IDE si differenziano perciò dagli investimenti in portafoglio, in quanto questi ultimi riguardano

attività puramente finanziarie, come azioni e obbligazioni, realizzate attraverso banche o altri istituti

finanziari che generano rendimenti più o meno variabili, in relazione al grado di avversione al rischio

dell‟investitore.

15 Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e l‟Organizzazione per la Cooperazione e lo

Sviluppo Economico (OCSE) si ha un IDE quando l‟investitore estero possiede almeno il 10% delle

azioni ordinarie, effettuato con l‟obiettivo di avere un interesse permanente, duraturo nel paese.

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20

“queste possono essere efficacemente trasferite in nuove organizzazioni, ben

integrandosi con quelle esistenti, producendo fattori di vantaggio competitivo; oppure

se, al contrario, sono risorse fortemente radicate nell’impresa (…) risulta

tendenzialmente preferibile la strada dell’investimento greenfield”16

.

Le principali motivazioni della creazione di un insediamento produttivo sono da

ricondursi principalmente alla riduzione dei costi di produzione, di trasporto e delle

spese doganali, alla possibilità di stabilire una presenza diretta nel mercato estero,

all‟acquisizione di risorse materiali e immateriali, nonché all‟accesso a materie prime e

manodopera.

Importanti vantaggi sono, tuttavia, conseguiti anche sul territorio ospitante. Non solo un

trasferimento di conoscenze, competenze, tecnologie, un potenziamento delle

produzioni locali con un possibile incremento delle esportazioni, ma anche una vera e

propria valorizzazione del capitale umano, stimolando il tasso di imprenditorialità

locale. Negli ultimi vent‟anni, infatti, soprattutto i governi dei paesi emergenti hanno

attuato interventi legislativi favorevoli agli IDE, che si sono tradotti in incentivi,

benefici fiscali, semplificazione delle procedure amministrative a favore degli

investitori stranieri.

L‟investimento diretto estero presenta comunque anche degli svantaggi. Esso comporta

investimenti consistenti, capitali iniziali elevati, costi di informazione e di ricerca

elevati, richiede personale qualificato per gestire la nuova unità estera, non sempre

facilmente reperibile. Effetti negativi possono però presentarsi anche a danno del

sistema locale; un esempio può essere il caso in cui l‟investitore internazionale,

raggiungendo una posizione di dominio, argini gli operatori locali e influenzi le

istituzioni e gli organi di governo.

In sintesi, è essenziale trovare un punto d‟incontro, un equilibrio tra i benefici

dell‟impresa e quelli del paese ospitante.

Gli IDE hanno anche una duplice natura: possono essere investimenti attivi, in entrata,

ovvero investimenti realizzati da imprese straniere che entrano in un determinato

territorio, o investimenti passivi, cioè in uscita da un determinato territorio per essere

realizzati in un‟area in cui l‟impresa vuole raggiungere un presenza internazionale. Per

16

Piantoni M., Economia e gestione delle imprese internazionali, McGraw-Hill Create, 2012, pp. 99-100.

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rendere la trattazione più interessante viene proposta, di seguito, l‟analisi del caso

italiano, evidenziando sia gli IDE in entrata che in uscita dal nostro Paese.

Breve analisi degli investimenti diretti esteri italiani 17

I flussi di IDE in uscita dal nostro Paese, sono stati, nel corso del 2012, di 23,2 miliardi

di euro, in riduzione del 40% rispetto all‟anno precedente; nel primo trimestre 2013

sono stati di 676 milioni (dati provvisori).

Per quanto riguarda la destinazione geografica, al 2011, degli IDE, si rileva come il

61% di tali flussi erano destinati all‟Ue a 27, in modo particolare nei Paesi Bassi

(probabilmente per il miglior regime fiscale), in Germania e in Spagna; seguono il

continente asiatico, 20,5%, africano, 7,3%, e americano, 5,6%. (Grafico 4.).

Il Grafico 5. mostra invece i principali settori di destinazione, e si evince che il 47,5%

dei flussi di investimenti diretti esteri in uscita dall‟Italia nel 2011 è destinato ai servizi,

il 28,5% alla manifattura, il 12,8% alle costruzioni.

Grafico 4. % della destinazione geografica dei flussi di investimenti italiani in uscita –

2011

(Totale flussi in uscita dall‟Italia – 2011: 38,6 mld €)

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia

17

Italia: esportazioni ed investimenti diretti esteri, ministero degli affari esteri, 10 Giugno 2013.

Altre destinazioni

5,2%America

5,6% Africa

7,3%

Asia

20,5%Unione Europea

61,4%

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Grafico 5. % della destinazione settoriale dei flussi di investimenti italiani in uscita –

2011

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia

Nel 2012 sono stati di 12,5 miliardi di euro, invece, gli investimenti diretti esteri in

ingresso in Italia, circa la metà dell‟anno precedente (24,7 miliardi). I flussi in ingresso

nel primo trimestre 2013 sono stati di 1,3 miliardi (dati provvisori). Sulla base della

provenienza geografica al 2011, oltre il 90% di tali flussi originava dall‟UE27, in modo

particolare da Lussemburgo e Francia; tra i principali Paesi non Ue, spiccano invece

Svizzera e Stati Uniti. (Grafico 6.).

Circa i settori, nel 2011, il 42% dei flussi IDE in ingresso in Italia è destinato al

manifatturiero, il 39% ai servizi, il 5,3% alle costruzioni. (Grafico 7.).

Grafico 6. % della provenienza geografica dei flussi di investimenti in Italia dall‟estero

– 2011

(Totale flussi in ingresso in Italia – 2011: 24,7 mld €)

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia

Altre provenienze

9,3%

Unione Europea

90,7%

Altri settori

11,2%

Costruzioni

12,8%

Manifattura

28,5%

Servizi

47,5%

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Grafico 7. % della destinazione settoriale dei flussi di investimenti in Italia dall'estero –

2011

Fonte: rielaborazioni ministero affari esteri su dati Eurostat e Banca d‟Italia

1.3. Osservazioni conclusive

Concludendo l‟internazionalizzazione può favorire il raggiungimento di un vero e

proprio vantaggio competitivo: l‟azienda, grazie all‟espansione estera matura

conoscenze, competenze, sviluppa nuove relazioni, incrementa la sua reputazione

sicuramente in modo maggiore rispetto ad avere una sola dimensione nazionale.

Ulteriori vantaggi sono riscontabili anche nella strategia di marketing: l‟impresa genera

una valorizzazione internazionale dei propri marchi, dei propri prodotti, fidelizzando

ulteriormente il cliente e aumentando anche le occasioni in cui il consumatore finale ha

la possibilità di provare il prodotto.

Infine, un altro aspetto da considerare è il cosiddetto effetto Made-in, o effetto Paese, di

fondamentale importanza per il consumatore. È proprio il paese d‟origine che viene

sottolineato come reason why di attributi qualitativi e di immagine.

Altri settori

13,7%

Costruzioni

5,3%

Manifattura

42%

Servizi

39%

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CAPITOLO 2

IL MADE IN ITALY

L‟attuale crisi aziendale che ha investito il nostro Paese nel corso degli ultimi anni può

rappresentare una straordinaria opportunità perché permette di ridefinire attori e regole

del gioco di un sistema che appare vecchio, ingessato; sono proprio

l‟internazionalizzazione e la capacità di offrire al mondo una “nuova dolce vita”18

,

rilanciando appunto il Made in Italy, gli strumenti necessari su cui il nostro Paese deve

puntare.

2.1. La creatività orientata al mercato

Durante il corso degli anni ‟80 il Made in Italy ha conquistato e affascinato il mondo:

una storia di idee, progettualità, amore per il ben fatto che viene dal vivere in uno dei

paesi più belli del mondo.

“Made in Italy, fatto in Italia, è il marchio più forte del mondo. Recenti ricerche lo

dimostrano con chiarezza. Nei prodotti italiani il consumatore cerca un’emozione che

gli consenta di condividere uno stile di vita, una visione estetica della qualità che è

unica al mondo, inimitabile…”19

.

“Il Made in Italy non è un’etichetta d’origine applicabile indistintamente a tutti i

prodotti fatti in Italia (…). Si tratta piuttosto di un concetto astratto, una firma d’autore

che definisce quei prodotti per cui l’Italia esprime un’effettiva specializzazione, dove

esiste un reale vantaggio in termini di innovazione, stile, servizio, prezzo”20

per i quali

esiste, almeno in teoria, la disponibilità a pagare un premium price. Made in Italy è un

concetto che vale molto per i mercati internazionali, rappresenta non solamente una

qualità superiore, ma un modo di essere, di vedere le cose, e proprio per questo è,

18

Il termine “dolce vita” indica lo stile di vita italiano fatto di ottimismo e allegria tipico dell‟Italia del

secondo dopoguerra.

19 Intervento del presidente della Repubblica Ciampi in occasione della consegna dei premi “Leonardo” e

“Leonardo qualità Italiana” (Roma 4 dicembre 2003).

Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 6.

20 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 39.

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almeno in parte, inimitabile. Sono proprio questi i pilastri su cui si fondano i marchi più

rappresentativi del Made in Italy: basti pensare a nomi noti come Ferrari, che simbolizza

il piacere italiano della guida sportiva, Armani, nel campo della moda, che sulle

passerelle mondiali evoca la classe e lo stile tipico italiano senza dimenticare, nel settore

del beverage, l‟acqua S. Pellegrino, che significa convivialità, vivere il cibo come

un‟occasione per ritrovarsi e condividere emozioni. Questi sono solo alcuni grandi

marchi italiani che ci permettono di capire la potenza Made in Italy sulla scena

internazionale, identificandolo come una garanzia: alla dimensione intangibile, che

attraverso l‟associazione alla cultura, alla storia e all‟arte favorisce una percezione non

commerciale dei prodotti italiani, se ne affianca una tangibile, altrettanto importante.

“Acquistare un prodotto italiano, infatti, non significa solo acquistare un prodotto di

moda, di qualità, ma rappresenta la chiave di accesso ad una comunità che trova il suo

collante nel bello e nel gusto. Sono questi benefici sociali ed emozionali a giustificare il

premium price”21

.

Scommettere sul Made in Italy significa scommettere sulla nostra capacità di continuare

ad offrire al mondo piccole felicità ed emozioni quotidiane.

2.2. Country of origin

Ogni paese possiede un‟eredità di valori, simboli e tradizioni che costituiscono il suo

patrimonio intangibile. Storia, cultura e valori sono alla base del cosiddetto country of

origin: così come la marca ha la funzione di costruire la fiducia dei consumatori,

l‟immagine positiva di una nazione può migliorare sia la percezione commerciale di una

marca sia il consumo di prodotti o servizi originati in un determinato paese.

Le qualità associate ad un paese, nell‟attuale scenario globale e nell‟odierna “era

internet”, in cui i confini geografici spariscono e i consumatori vengono investiti da

proposte simili, diventano essenziali per le imprese le quali faticano sempre più a

trovare elementi di differenziazione rispetto ai competitors. Nel mercato attuale,

caratterizzato da complessità e dinamicità, quindi una positiva immagine del paese

diviene un fattore critico di successo. Il Made in Italy rientra a pieno titolo tra i brand

paese che sono in grado di dare un impulso determinante al successo delle imprese

21

Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 43.

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italiane che operano su scala internazionale; il cosiddetto Made in, nella prospettiva

delle imprese italiane, è sempre stato una fonte di valore da sfruttare, salvaguardare ed

incrementare. La relazione esistente tra country of origin e buyer behavior si può

ricondurre a tre componenti principali: “una componente cognitiva in base alla quale

gli acquirenti ricavano dall’immagine della nazione di origine il livello degli attributi

(avanzamento tecnologico, affidabilità, durevolezza … ) che determinano la valutazione

complessiva del prodotto; una componente affettiva, in base alla quale l’immagine

della nazione di origine fornisce stereotipi emozionali che arricchiscono il prodotto di

benefici di natura simbolica, quali lo status sociale e l’orgoglio nazionale; una

componente normativa in base alla quale gli acquirenti associano alla nazione di

origine una serie di norme sociali e personali che influenzano le decisioni di acquisto

(ad esempio il rifiuto di acquistare prodotti da nazioni che hanno praticano politiche

ritenute eticamente scorrette)”22

.

Concludendo ricordo come “il primo utilizzo del country of origin, in termini di chiave

di accesso sui mercati esteri, si è reso particolarmente necessario per quei Paesi, come

la Francia e l’Italia, che non potevano fare affidamento solo sulla loro clientela interna

per sostenere la crescita”23

.

Con il passare del tempo, in seguito ai numerosi processi di delocalizzazione, il

significato del termine “Made in” ha allargato la sua portata fino ad essere sempre

meno vincolato dal paese nel quale avviene la produzione, “secondo il paradigma per

cui il prodotto nasce in fabbrica ma ciò che il cliente compra è il marchio. In tale

contesto ha assunto sempre più importanza la valenza allargata del country of origin

inteso come il Paese al quale un consumatore associa la fonte di provenienza di un

determinato prodotto o marchio indipendentemente da dove il prodotto sia stato

effettivamente fabbricato”24

. Un esempio sono le scarpe Geox dove la produzione è

delocalizzata in Romania, ma la percezione del marchio rimane Made in Italy; o ancora

le sneaker della Nike, prodotte nel Sud-Est asiatico, che grazie alla strategia di

22

Alessandro De Nisco, “Country of origin e buyer behavior: una meta-analisi dalla letteratura

internazionale”, mercati e competitività, 2007, pp. 82-84.

23 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, pp. 20-24.

24 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, La scommessa del Made in Italy, ETAS, 2004, p. 25.

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27

comunicazione vengono identificate come americane in relazione alla voglia di

emergere e all‟individualismo tipici della cultura statunitense.

La competitività del Made in Italy sullo scenario internazionale non deriva, quindi,

solamente “dall‟essere fatto in Italia”, in quanto sono molti i prodotti progettati in Italia

e realizzati altrove (concetto allargato del country of origin) essenzialmente per motivi

di costi. La potenza dei prodotti italiani va ben oltre; è il cosiddetto know how, la

conoscenza, la tradizione estetica e l‟abilità che fanno l‟Italia un paese unico. Il fatto

che un prodotto sia pensato in Italia, nonostante sia realizzato altrove, può essere

utilizzato a nostro vantaggio rispetto ad altri paesi, come “la Germania la cui

attrattività è profondamente legata a un modo di produzione più difficile da de-

localizzare in quanto basato sul territorio. Vale a dire che mentre il consumatore è

disposto ad accettare che un prodotto italiano sia realizzato altrove, la solidità, la

robustezza e la sicurezza evocate dal marchio Germania sono invece legate alla

produzione in sé. E’ molto difficile che un consumatore accetti come “tedesco” un

prodotto realizzato, per esempio, in Africa”25

.

Da queste riflessioni si può affermare come “la condizione necessaria per innescare

una rappresentazione mentale dell’italianità non è il luogo di produzione, ma quello del

comportamento. Nel senso che il prodotto è collegato ad un atteggiamento, al popolo,

allo stile, alla storia, alla terra, alla vita sociale dell’Italia”26

.

Da qui può derivare una domanda lecita ovvero come faccia un consumatore razionale

ad essere disposto ad acquistare un prodotto che non sia realizzato nel nostro Paese ma

lo simboleggia; semplice: il consumatore razionale non esiste; oggi nel cliente-

consumatore finale domina l‟aspetto emotivo. “La nostra mente ha due sistemi:

ragionante (conscio, seriale, lento ed esplicito); intuitivo (inconscio, parallelo, veloce

ed implicito). Nella presa di decisione prevale la mente intuitiva, legata alle emozioni

ed ai sentimenti. In riferimento ai prodotti Italiani, la teoria del consumatore emotivo

spiega bene come mai l’attrazione sia innescata da un nesso simbolico con l’italianità,

in assenza di ogni legame con una produzione italiana. Consciamente, razionalmente, il

consumatore potrebbe anche sapere che il prodotto non è italiano, ma emotivamente,

25

Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

26 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

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28

inconsciamente, prova la sensazione contraria”27

. Quello che prevale sono la

comunicazione, gli sforzi di marketing, il nome del marchio associati all‟italianità.

Infatti, non è una scelta casuale della imprese quella di mantenere in Italia le

competenze core quali marketing, design, progettazione, in modo da conciliare i

vantaggi tipici della delocalizzazione (per esempio il basso costo della manodopera) e i

vantaggi che derivano da un‟immagine positiva del paese, derivante dal fatto di aver

concentrato le attività strategiche in Italia.

2.3. Che cosa si intende per italianità?

Come appena detto nel paragrafo precedente un marchio di una nazione può essere

analizzato attraverso variabili, classificazioni e varie associazioni mentali; così, secondo

alcuni studi, le principali associazioni che rimandano al marchio Italia sono associazioni

sensoriali (arte, cultura, cibo, moda, automobili), emotive (vacanze, amicizie, bellezze,

divertimento, bel tempo), razionali (linguaggio, storia) che lo differenziano, per

esempio, dal Made in Gemany al quale affianchiamo elementi come solidità,

affidabilità, perfezione, non amicizia. “Come ogni concetto complesso, quello di

italianità è rappresentato normalmente da un insieme di immagini mentali, che

corrispondono a tutta una serie di attributi che diventano “comuni modi di pensare”28

.

Basti pensare a immagini di Venezia, le piazze siciliane di Dolce & Gabbana, le spiagge

di Roberto Cavalli, la Cappella Sistina, il Barolo possono rappresentare il concetto

complesso di italianità. E‟ importante, ancora una volta, sottolineare come il concetto di

italianità, composto sia da immagini di prodotto che da valori culturali, possa

influenzare la competitività italiana.

Come per la maggior parte dei paesi, anche l‟Italia è percepita agli occhi dei

consumatori internazionali positiva per alcuni aspetti e in maniera meno positiva per

altri. Tra i principali valori positivi che vengono associati all‟Italia e che, quindi,

contribuiscono a formare l‟immagine Made in Italy, troviamo il valore dell‟estetica

ovvero lo stile (prima nel mondo), il design (prima nel mondo) l‟eleganza, il buon gusto

e il valore dell‟abilità artigianale rappresentato da rifinitura (seconda nel mondo dopo la

27

Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

28 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

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29

Francia) precisione, qualità, tradizione e creatività. “E’ dimostrato da numerosi studi,

infatti, che il prodotto italiano trova una sua precisa nicchia di mercato a livello

sempre più globale, proprio grazie a questa serie di fattori distintivi”29

.

Al contrario, è radicata nella mente dei consumatori, un immagine non positiva del

nostro Paese, per quanto riguarda la tecnologia, la resistenza, e l‟affidabilità, mentre è

considerata nella media quanto a assistenza, prezzo e rapporto qualità/prezzo. “Questa

valutazione rispecchia perfettamente i dati economici della nostra bilancia

commerciale e del valore aggiunto. Il rapporto sull’innovazione del 2011 indica che

l’Italia è molto competitiva nel campo dell’innovazione “soft” e delle esportazioni di

cibo, vini, abbigliamento e moda”30

. Infatti, le cosiddette 4 A, ovvero i principali settori

in cui il Made in Italy detiene un‟immagine e un primato d‟eccellenza sono il settore

Abbigliamento-moda, Alimentare, Arredamento-casa e Automazione-meccanica. In

relazione a ciò le imprese, nelle loro strategia di internazionalizzazione, dovranno tenere

ben presente di come è percepito il Made in Italy dai consumatori stranieri, e adeguare

di conseguenza le loro strategie.

2.4. Osservazioni conclusive

Sempre in riferimento al concetto di Made in Italy è utile sottolineare l‟importanza dei

prodotti italiani “Belli e Ben Fatti” (BBF), che rappresentano un sottoinsieme del Made

in Italy. Questi prodotti sono beni di fascia medio-alta (escluso il segmento del lusso)

nei settori chiave del Made in Italy, i settori alimentare, arredamento, abbigliamento,

calzature e gioielleria.

Le esportazioni dei prodotti BBF crescono in modo esponenziale, soprattutto nei trenta

mercati più dinamici, grazie all‟ampliamento della classe benestante. In particolare nel

mondo nel 2018 ci saranno 194 milioni di nuovi ricchi rispetto al 2012, cioè individui

con reddito annuo superiore, o almeno pari, a 30 mila dollari (a prezzi del 2005 e a

parità di potere di acquisto), in grado di acquistare prodotti Belli e Ben Fatti. La

maggior parte di questi “nuovi ricchi” risiederà in Cina, India, Brasile, Emirati Arabi,

29

Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

30 Viale R., “Che cosa si intende per italianità”, Il sole 24 ore, 10 Marzo 2012.

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30

Russia e Turchia, tutti paesi in cui, già oggi il Made in Italy è presente e afferma il

proprio valore, rappresentando per il consumatore uno status symbol.

Le importazioni, nei trenta mercati emergenti, supereranno nel 2018 i 169 miliardi di

euro.

Nonostante l‟enorme opportunità offerta dai mercati emergenti bisogna comunque

sottolineare come la situazione non sia rosea; le imprese italiane si trovano a competere

in contesti difficili; data la debolezza della domanda interna dei paesi avanzati, a causa

del protrarsi delle conseguenze della crisi, le imprese, come detto, si orientano verso

novi mercati, ma questi molto spesso innalzano barriere e dazi per contrastare l‟ingresso

dei prodotti esteri.

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31

CAPITOLO 3

ANALISI DEL SETTORE FOOD & BEVERAGE

L‟obiettivo del presente capitolo è quello di fornire un‟analisi del settore agro-

alimentare 31

, analizzando in modo particolare le bevande.

Il settore alimentare, è il principale comportato manifatturiero Europeo, ma soprattutto

ha un ruolo fondamentale nell‟economia italiana; rappresenta, quindi, un settore

portante per l‟economia del nostro Paese, i cui prodotti sono venduti e apprezzati in

tutto il mondo. “Il settore rappresenta un importante fattore di valorizzazione

dell’agricoltura, tanto da costituire quel “sistema agroalimentare” che oggi è in grado

di soddisfare i bisogni di mezzo miliardo di cittadini comunitari”32

.

Il ruolo dell‟Italia nel commercio internazionale, negli ultimi 15 anni, è mutato

trasformandosi da esportatore ad importatore di beni e servizi. In questi ultimi anni la

nostra economia è rimasta ai margini, non riuscendo a sfruttare a proprio vantaggio i

cambiamenti del contesto europeo e mondiale, come ad esempio il declino dei vecchi

protagonisti del mondo occidentale e la contemporanea affermazione di nuove aree e

nuovi paesi (Asia e Cina in modo particolare).

E‟ interessante notare come il comparto alimentare, nonostante il quadro appena

descritto, e ovviamente senza tralasciare la crisi internazionale del biennio 2008-2009,

sia andato in contro-tendenza, configurandosi come un settore anti-ciclico. Questo è

avvenuto grazie al cosiddetto Made in Italy agroalimentare, un‟icona dell‟Italia nel

mondo, che rappresenta una delle componenti più robuste delle nostre esportazioni.

Rispetto ai player internazionali le nostre imprese alimentari possono infatti godere del

vantaggio competitivo offerto, appunto, dal Made in Italy, che, come ha evidenziato

un‟indagine del Comitato Leonardo 33

, rappresenta un sinonimo di qualità e bellezza

estetica. Per esempio, i consumatori degli Stati Uniti, nostro principale mercato di

31

Il sistema agro-alimentare è quel ramo del sistema economico che approvvigiona il paese degli

alimenti. Con il termine filiera agro-alimentare, infatti, si intende l‟insieme delle principali attività,

tecnologie, risorse che permettono di creare, trasformare, distribuire, commercializzare un prodotto agro-

alimentare.

32 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 46.

33 Il comitato Leonardo è nato nel 1993 con l‟obiettivo di promuovere e affermare la “qualità Italia” nel

mondo.

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32

sbocco, associano essenzialmente ai prodotti alimentari il concetto di Made in Italy.

L‟anti-ciclicità del comparto viene raffigurata e confermata nel grafico seguente, dove

viene mostrata un elevata dinamicità del settore alimentare, confrontandolo con gli altri

settori trainanti l‟export italiano (cosiddette 4 A).

Grafico 8. I settori trainanti l‟export italiano

Fonte: Largo Consumo

Mentre l‟export dei prodotti arredamento-casa e abbigliamento-moda sono rimasti

stazionari, per poi subire con la crisi del 2009 un crollo del 20%, automazione e

alimentare hanno continuato a crescere fino al 2008, per poi arretrare nell‟anno

seguente. Questo ultimo trend non riguarda i prodotti alimentari che hanno mostrato una

crescita annuale, rispetto al settore automazione-meccanica, sia nelle fasi positive di

mercato sia in quelle negative, proprio a testimonianza dell‟anti-ciclicità che

caratterizza il settore in esame.

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33

3.1. Il commercio agroalimentare mondiale

Dato il quadro appena descritto, le esportazioni mondiali di prodotti agroalimentari sono

cresciute molto negli ultimi quindici anni (1996-2011), ma in maniera ancora più

significativa nell‟ultimo quinquennio (2007-2011) rispetto al commercio totale di beni e

servizi 34

. Soprattutto per l‟ultimo periodo, questo andamento si collega “alla crescente

domanda di cibo dei Paesi emergenti che si è aggiunta a quella di materie prime di

base e di prodotti più sofisticati e costosi, sempre richiesti dai Paesi avanzati e in

misura sempre maggiore anche dai “nuovi ricchi”35

. In particolare, negli ultimi 5 anni,

vi è stato un aumento delle importazioni in tutte le aree geografiche del mondo, con

esclusione dell‟UE a 15 36

e del Nord America.

“Attualmente, i primi dieci Paesi esportatori di prodotti agroalimentari, ordinati

rispetto alla loro quota del biennio 2010/2011, coprono il 53% delle esportazioni

mondiali di tali prodotti, mentre i primi venticinque ne coprono l’80%”37

. (Tabella 2.).

34

De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e

dinamiche, Tellus, 2012, p. 25.

35 De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e

dinamiche, Tellus, 2012, p. 8.

36 UE a 15: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda (1957, 6 paesi fondatori); Danimarca,

Irlanda, Regno Unito (1973); Grecia (1981); Portogallo, Spagna (1986); Austria, Fillandia, Svezia (1995).

37 De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e

dinamiche, Tellus, 2012, p. 26.

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34

Tabella 2. I primi 25 Paesi esportatori di prodotti agroalimentari, ordinati per quota di

export media 2010/11.

(Per Paesi Bassi e Spagna l‟ultimo dato disponibile è il 2010,

Belgio e Lussemburgo fino al 1998)

Fonte: elaborazioni su dati Un-Comtrade

Dal lato delle esportazioni si sono affermati nuovi protagonisti sullo scenario del

commercio mondiale come Brasile, Cina, Argentina e Indonesia, mentre altri paesi

come Polonia e Ucraina hanno fatto il loro ingresso nel gruppo dei 25 leader in seguito

alle opportunità derivanti sia del processo di allargamento ad Est dell‟Unione Europea

sia dell‟apertura degli scambi dei Paesi dell‟ex Unione Sovietica. Alcuni concorrenti

emergenti temibili, come Argentina, Tailandia, India, Indonesia, Messico e Cile, hanno

aumentato le proprie quote nel settore agroalimentare scalando il gruppo dei maggiori

esportatori, e facendo indietreggiare paesi come Australia, Nuova Zelanda e Irlanda.

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35

In conclusione, se le performance dei singoli paesi sono varie, “le tendenze medie dei

25 maggiori esportatori raggruppati per aree geografiche mostrano una complessiva

perdita di peso sul mercato mondiale dei leader storici dell’Ue, dei concorrenti

nordamericani (Stati Uniti e Canada) e dei grandi esportatori dell’Oceania (Australia e

Nuova Zelanda), per fare spazio soprattutto agli emergenti asiatici e latino-americani.

Nel continente europeo, solo l’area dell’Est Europa ed ex-Urss, qui rappresentata da

Polonia e Ucraina, aumenta il peso tra i leader, ma con una quota complessivamente

ancora molto limitata”38

. (Tabella 3.).

Tabella 3. Quote di mercato all‟export degli attuali venticinque maggiori esportatori,

raggruppati per appartenenza geografica.

(% sul totale mondiale)

Fonte: Elaborazioni su dati Un-Comtrade

Per completezza di informazioni indichiamo nella Tabella 4. la composizione delle

esportazioni agroalimentari mondiali.

Attualmente, il comparto più rilevante in valore è quello delle carni, seguito dagli oli e

grassi vegetali e animali, dai cereali e dalle bevande, alcoliche e non.

38

De Filippis F. (a cura di), L’agroalimentare nel commercio mondiale, Specializzazione, competitività e

dinamiche, Tellus, 2012, p. 30-31.

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36

Tabella 4. Composizione delle esportazioni agroalimentari

(comparti ordinati in base al valore medio 2010/11)

Fonte: Elaborazioni su dati Un-Comtrade

3.2. Il commercio agroalimentare in Italia

L‟industria alimentare italiana, “con 6250 aziende con più di 9 addetti per ettaro e un

fatturato di 130 miliardi di Euro”39

, costituisce il secondo settore manifatturiero

italiano.

L‟Italia ha raggiunto importanti primati nel settore; in primis le produzioni alimentari

sono sollecitate da un mercato interno caratterizzato da consumatori esperti e

consapevoli; in secondo luogo la qualità produttiva riscontrabile nella Penisola, che

favorisce l‟export, può essere testimoniata dalla presenta di numerose produzioni

39

Export: un “tavolo internazionalizzazione” tra industria alimentare e istituzioni per sostenere il Made

in Italy alimentare nei suoi 12 mercati chiave, comunicato stampa, 3 luglio 2013, www.federalimentare.it

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37

certificate: “246 tra Denominazioni di Origine Protetta (Dop), Indicazioni Geografiche

Protette (Igp) e Specialità Tradizionali Garantite (Stg); 521 tra vini a Denominazione

di Origine Controllata e Garantita (Docg) o a Indicazione Geografica Tipica

(Igt); 4.671 specialità tradizionali regionali”40

.

L‟insieme di questi elementi contribuisce a far emergere un quadro produttivo e

qualitativo senza eguali nel mondo. Nell‟attuale economia globale in cui i paesi in via di

sviluppo competono sempre più in termini di costo, le economie avanzate, ed in modo

particolare l‟Italia, prevalgono in qualità.

Nel contesto europeo, il mercato italiano rappresenta, uno dei principali bacini di

consumo dei prodotti alimentari; in particolare “l’Italia si configura come il terzo

mercato europeo, dopo Germania e Regno Unito, per valore dei beni consumati, sia in

casa sia nel fuori casa”41

.

Bisogna ricordare come sui consumi alimentari pesano rilevanti fattori; innanzitutto la

crisi ha messo a dura prova i consumi delle famiglie italiane che vedono ridurre il

proprio potere d‟acquisto. Questo non poteva non riflettersi anche sui consumi. “Nel

primo semestre del 2010 le vendite di prodotti alimentari, sono diminuite dell’1,1%

rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”42

. Allargando la visione negli ultimi

30 anni si nota come il peso degli alimenti sul totale dei consumi sia diminuito, pur

mantenendo una certa importanza sulla spesa complessiva degli italiani; questo a causa

di diversi fattori: cambiamenti socio-demografici (invecchiamento della popolazione,

affermazione di famiglie mononucleari), mutamenti nello stile di vita, ossia l‟emergere

di un segmento più consapevole e attento alle diete, il galoppare della crisi economica,

la disoccupazione, la pressione fiscale e la crescita dei prezzi dell‟energia, tariffe e

servizi. Ma quello che più e grave è il fatto che il target qualitativo dei prodotti

acquistati sia sceso; il prezzo è diventato la principale variabile di scelta del

consumatore.

I dati diffusi dall‟ISTAT, in riferimento ai consumi alimentari domestici, una volta

deflazionati, mostrano la lenta ma inarrestabile erosione avviata nel 2007 con un calo di

40

I.T.A.L.I.A., geografie del nuovo Made in Italy, I quaderni di symbola, p. 77.

41 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 48.

42 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 48.

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38

-7,7 punti dal 2007 al 2012, contro i consumi finali totali scesi di -1,4 punti 43

. (Tabella

5., Grafico 9.).

Tabella 5. Consumi alimentari delle famiglie

Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT

Grafico 9. Spesa per consumi finali delle famiglie 2006-2011

Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT

*stime

Con i consumi interni in recessione, l‟export rappresenta la più importante valvola di

sfogo e di redditività per il food and drink: “nel 2012 ha raggiunto quasi 25 miliardi di

43

www.federalimentare.it.

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39

euro, con un'incidenza sul fatturato totale dell''industria alimentare (130 miliardi di

euro) del 19%”44

.

Tabella 6. Le cifre base dell‟industria alimentare italiana

Fatturato: valore - Mld/€

2010 2011 2012

124

(+3,3%)

127

(+2,4%)

130

(+2,3%)

Export: valore - Mld/€

2010 2011 2012

21

(+10%)

23

(+10%)

24,8

(+8%)

Produzione: quantità

2010 2011 2012

+1,8% -1,2% -1,4%

Fonte: FOODDRINKEUROPE – European Food and Drink Industry 2012 – Data Trends

3.2.1. I principali mercati i sbocco dell’industria italiana

I principali partner commerciali, che coprono circa il 48% delle esportazioni, sono

rappresentati dalla Germania, con una quota export pari al 16,9% (4,3 Mln), dalla

Francia, con una quota export pari al 12,2% (3 Mln), e dal Regno Unito, con una quota

export pari al 9% (2,3 Mln). Gli Stati Uniti sono al terzo posto in termini di destinazione

dell‟alimentare italiano, con una quota export pari al 10% (2,6 Mln). (Grafico 10.).

44

Export: un “tavolo internazionalizzazione” tra industria alimentare e istituzioni per sostenere il Made

in Italy alimentare nei suoi 12 mercati chiave, comunicato stampa, 3 luglio 2013,

www.federalimentare.it.

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40

Grafico 10. Export 2012 – I primi 4 paesi di destinazione

(Milioni di Euro)

Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT

Grafico 11. Export 2012 – I principali paesi di destinazione dopo Germania, Francia,

USA e UK

(principali Paesi di destinazione con un valore export 2012 compreso tra 1,000 e 150 milioni di Euro)

Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT

Se si guarda alle performance di paesi dinamici e in crescita, l‟andamento delle vendite

mostra evoluzioni importanti evidenziando crescite più significative nei mercati Extra-

UE. “Nel 2012 si rilevano eccellenti dinamiche in alcuni mercati emergenti. Dopo

l’ultimo aggiornamento ISTAT: Thailandia (+50,6%), Emirati Arabi Uniti (+39,5%),

Messico (+32,5%), Arabia Saudita (+30,5%) e Libia (+30,3%). Interessanti anche gli

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41

spunti di Cina (+24,3), India (+22,8), Corea del Sud (+22,5%), Giappone (+20,5),

Ucraina (+18,5%)”45

Grafico 12. Export 2012 – I paesi più dinamici

(Paesi più dinamici in termini di variazioni percentuali 2012/2011 maggiori o uguali a +5%)

Fonte: Elaborazioni Federalimentare su dati ISTAT

Le evoluzioni osservate sono da ricondurre essenzialmente alla crescita economica che

ha caratterizzato questi paesi, che si traduce in un miglioramento del benessere

collettivo e del reddito disponibile da destinare ad acquisti di prodotti di “fascia

elevata”, come può essere ad esempio i consumi di vini italiani. “La crescita che ha

caratterizzato l’export ha permesso all’Italia, pur in un momento congiunturale tra i

più difficili dell’ultimo secolo, di consolidare le proprie quote sui mercati

internazionali, accusando meglio il colpo della crisi economica rispetto a quanto

accaduto ai principali competitor”46.

3.2.2. Expo 2015

Parlando del settore agroalimentare in Italia non si può non citare l‟esposizione

universale; Milano tra l‟ 1 Maggio e il 31 Ottobre 2015, diventerà meta privilegiata di

oltre 20 milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, il cui tema, “nutrire il

pianeta, energia per la vita”, vuole dare visibilità alla tradizione, alla creatività,

all‟innovazione nel settore dell‟alimentazione, sottolineando in particolar modo

l‟aspetto della sicurezza e della qualità alimentare. Con un totale di 142 paesi

45

www.federalimentare.it.

46 Pantini D., “Il cibo italiano che piace in Europa”, Largo Consumo, 31, n. 4 (2011): p. 51.

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42

partecipanti, ad oggi, l‟Expo è un occasione di incontro, di confronto e di dialogo con

tutti i paesi, ma in modo particolare per l‟Italia è un‟opportunità di crescita economica,

un volano per la nostra economia, rappresentando le eccellenze del settore alimentare

dell‟Italia e di Milano.

Concludendo, va ricordato come la Lombardia, rappresenta il 25% del fatturato

nazionale del comparto agroalimentare ed è la terza regione in Italia, dopo Emilia

Romagna e Veneto, per numero di prodotti agroalimentari certificati.

3.3. Quadro di sintesi dei consumi di bevande analcoliche nel mondo 47

Nel mondo si consumano circa 600 miliardi di litri di bevande analcoliche fredde tra cui

acque confezionate, bibite, succhi e altre bevande naturali frutta, pari ad un consumo

pro-capite di circa 83 litri/anno. Questo dato è ovviamente la media tra situazioni di alto

consumo, come per esempio in Nord America e in Europa Occidentale dove vengono

consumati oltre 200 litri/pro-capite, e situazioni di basso consumo delle regioni più

povere dove si sfiorano appena i 30 litri/anno. Il consumo delle bevande analcoliche è

migliorato nel 2012 del 3%, ma bisogna evidenziare che la leadership storica che ha

caratterizzato le bibite, nel 2011 è stata ceduta alle acque confezionate, consolidando il

proprio primato nel 2012 con 246 miliardi circa di litri. Le acque confezionate, infatti,

godono di importanti vantaggi: innanzitutto hanno prezzi più contenuti ed inoltre hanno

un consumo universale dato dal fatto che non hanno nessuna controindicazione per

nessuna fascia di consumatori.

Tabella 7. Consumi bevande analcoliche nel mondo

Fonte: Elaborazioni Beverfood.com Edizioni su dati Global Drinks

47

BEVITALIA, acque minerali, bibite e succhi, SOFT DRINK DIRECTORY, 2013-2014.

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43

3.4. Quadro di sintesi del settore bevande nell’economia italiana 48

L‟industria italiana delle bevande e delle acque minerali offre una gamma molto

articolata di prodotti, nonché continue novità, in modo che il consumatore scelga in base

ai propri bisogni, alle proprie esigenze; è considerato uno dei settori produttivi più

“effervescenti”.

Con il solo riferimento al settore “bevande fredde” si evidenzia che gli italiani, ogni

anno, consumano 21 miliardi di litri di bevande fredde confezionate; in particolare:

- 4 miliardi circa di litri di bevande alcoliche, tra cui vini, birre, liquori e

acquaviti, per un consumo pro-capite medio di 70 litri/anno.

- 17 miliardi di litri di bevande analcoliche tra cui acque minerali, bibite lisce e

gassate, succhi e bevande frutta, per un consumo pro-capite di 265 litri/anno.

Il valore alla produzione globale delle bevande confezionate è stimabile intorno ai 20

miliardi di euro su base annua, pari a poco più del 15% del totale fatturato annuo

dell‟intera industria alimentare italiana. L‟andamento è stato positivo per le acque

minerali che hanno chiuso il 2012 in leggera crescita, mentre bibite, succhi e bevande

frutta hanno accusato un calo di consumi. “Per il 2013, sulla base delle rilevazioni di

mercato della prima parte dell’anno, si prospetta un’annata in negativo per tutti i

comparti del beverage analcolico, in considerazione della congiuntura economica

negativa ma anche a causa di una situazione climatica sfavorevole”49

.

L‟Italia si classifica ai primi posti per i consumi di acque minerali e vini, ai vertici delle

classifiche mondiali. Bisogna tenere in considerazione che l‟acqua minerale, in Italia, è

venduta mediamente a prezzi molto bassi, il che spiega, assieme ad altri fattori, l‟elevato

consumo. Il nostro Paese, invece, si colloca nettamente al disotto della media europea,

per quanto riguarda il consumo delle altre bevande sopra citate. Le acque minerali sono

considerate un valore italiano, un simbolo dell‟italianità, una delle componenti del

Made in Italy insieme alla buona cucina, alla dieta mediterranea, alla moda, al design.

48

“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria

delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-

corporate.it.

49 www.beverfood.com.

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44

3.4.1. I consumi di bibite analcoliche in Italia 50

L‟accentuarsi della crisi economica ha inciso notevolmente su questo settore. Le bibite

sono percepite dagli italiani con una connotazione più voluttuaria e a più caro prezzo

€/litro e sono evidentemente più sacrificate in un contesto di crisi economica rispetto

alle altre bevande di base come le acque minerali, vissute come bene primario

irrinunciabile. A fine 2012 i consumi complessivi di bibite, lisce e gassate, sono stati

valutati complessivamente intorno ai 3.660 milioni di litri con un calo medio del 3,7%

rispetto all‟anno precedente. Il consumo pro-capite è sceso 61 litri/anno, un valore che

pone il mercato italiano al disotto della media di consumo dei paesi UE, indicata in circa

96 litri/anno. Anche per l‟esercizio 2013 le rilevazioni sul mercato italiano nella GDO,

relativamente alla prima parte dell‟anno, confermano un andamento negativo dei

consumi in quantità.

Tabella 8. Consumi bibite analcoliche in Italia

Fonte: Elaborazioni Beverfood.com su dati dei produttori e di istituti di ricerca

L‟area con maggior consumo è l‟America; nel 2012 sono state consumate 63 miliardi di

bibite. Gli americani bevono oltre 200 litri a testa ogni anno, di cui 163 sono bibite

gassate. Queste ultime sono state proprio inventate, sul finire dell‟800, negli Stati Uniti

da Coca-Cola e Pepsico, le due principali multinazionali del bere analcolico nel mondo.

Bisogna però ricordare che in molti paesi sia del Nord America che dell‟Europa

Occidentale le bibite gassate zuccherate sono messe sotto accusa a causa dei problemi di

obesità che generano, soprattutto nell‟infanzia. Proprio per questo motivo già da diversi

anni i grandi produttori di soft drinks hanno sviluppato la versione non zuccherata delle

principali categorie di bibite, avendo anche molto successo.

50

“I consumi di bibite analcoliche in Italia”, 13 Dicembre 2013, www.beverfood.com.

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45

3.4.2. Il mercato delle acque minerali in Italia

Prima di procedere all‟analisi del settore “acque confezionate” vengono di seguito

precisate le caratteristiche dell‟acqua minerale. L‟acqua minerale, regolamentata da

direttive europee, direttiva 2009/54/CE e direttiva 2003/40/CE, è un prodotto naturale,

puro, di qualità, proveniente da falde o giacimenti sotterranei profondi. Inoltre, “è

imbottigliata alla fonte, senza ulteriore lavorazione, non subisce alcun tipo di

trattamento e/o filtratura”51

, ed è sottoposta a numerosissimi controlli giornalieri.

Queste caratteristiche permettono di differenziare l‟acqua minerale dall‟acqua potabile,

quest‟ultima proveniente da acque di superficie e che viene opportunamente trattata per

renderla appunto potabile. La sua qualità dipende dai trattamenti effettuati e dallo stato

delle reti idriche fino al rubinetto. Per mantenere elevata la qualità dell‟acqua minerale,

e di conseguenza mantenere competitivo il settore, è necessario investire molto nel

controllo qualità.

La cultura dell‟acqua minerale è molto radicata nel nostro Paese; è considerata la

bevanda per eccellenza degli italiani, acquistata, secondo un indagine Gfk Eurisko

commissionata da Mineraqua, dal 98% delle famiglie e collocando così l‟Italia tra i

leader mondiali nei consumi. Il merito dell‟industria italiana delle acque minerali è stato

quello di saper comunicare le qualità intrinseche del prodotto, contribuendo a diffondere

la cultura dell‟acqua minerale, risorsa che nel nostro Paese ha radici antichissime legate

ai numerosi centri termali presenti. A conferma della passione per l‟acqua minerale da

parte degli italiani è stato condotto da Gfk Eurisko, nel Gennaio 2013, uno studio su 822

italiani di età compresa tra i 18 e i 64 anni. “Ben il 37% del campione sondato, infatti

dichiara di consumare esclusivamente acqua minerale, preferita prevalentemente per il

gusto gradevole e per le proprietà benefiche per la salute. (…) E tra le tipologie di

acqua preferite da chi beve minerale, il primato spetta alla naturale, seguita da quella

frizzante e da quella leggermente frizzante”52

. Dalla ricerca emerge, inoltre, che il 62%

dei consumatori dichiara di berla oltre le tre volte al giorno, facendo così emergere

l‟immagine di un consumatore consapevole, a seguito dell‟importanza dell‟acqua quale

alimento essenziale del nostro organismo.

51

www.sanpellegrino.com.

52 “Oltre un italiano su 3 continua ad amare la minerale”, In a Bottle Magazine, 13 Giugno 2013,

www.sanpellegrino-corporate.it

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46

3.4.3. Il mercato delle acque minerali in Italia: analisi di alcuni dati degli ultimi

anni 2009-2012

La crisi economica, iniziata alla fine del 2008, ha colpito anche il settore alimentare che,

per la prima volta in tanti anni, subisce una contrazione nei consumi. Come scritto nel

paragrafo 3.2., “il commercio agroalimentare in Italia”, il consumatore oltre a spendere

di meno si focalizza maggiormente sul rapporto qualità/prezzo del prodotto che

acquista. Anche l‟acqua minerale è stata travolta dalla crisi economica e, “dopo anni di

crescita ininterrotta ha fatto registrare una piccola flessione nei consumi, complice

anche, tra il 2009 e il 2010, una situazione climatica particolare, con temperature al di

sotto delle medie stagionali”53

.

In seguito all‟analisi di dati degli ultimi anni si evince, infatti, che dopo una battuta

d‟arresto avvenuta nel 2009, il mercato italiano delle acque confezionate ha chiuso in

positivo il 2011. Questo si evince anche dal trend delle esportazioni di acque minerali

nel mondo, che nel periodo 2010-2011, è stato positivo; dai dati esposti in tabella

(Tabella 9.) si nota che la crescita ha caratterizzato sia i volumi (portati a 1.042 milioni

di litri nel 2011) che i valori (portati ad oltre 323 milioni di euro nel 2011), mentre i

prezzi sono rimasti sostanzialmente fermi 54

. Nel 2011 la ripresa dei consumi è stata

agevolata da una evoluzione climatica positiva, senza dimenticare il contenimento dei

prezzi che, come mostra la tabella, sono rimasti allo stesso livello del 2010.

Tabella 9. Volumi e valori delle esportazioni di acque minerali italiane 2009-2011

Fonte: Elaborazioni Beverfood su dati ICE/Area Agro-alimentare

Nel 2011 le esportazioni di acque minerali hanno quindi prodotto introiti per 323

milioni di euro, in aumento del 3,1%. “La Francia, rappresenta il principale mercato di

53

“Acqua minerale Italia: nuove sfide all‟orizzonte”, 25 Giugno 2012, www.beverfood.com

54 “Acque minerali italiane: esportazioni nel triennio 2009-2011”, 30 Luglio 2012, www.beverfood.com

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47

riferimento nell’area comunitaria, e registra una variazione positiva dell’1,9%

interrompendo la serie negativa degli ultimi 2 anni. Oltre alla Germania (+6,6%), le

performance annue migliori si evidenziano in Paesi Bassi (+13,9%), Malta (+14,4%),

Ungheria (+40,3%). Le esportazioni verso la Bulgaria sono aumentate del 727,4% a

1,5 milioni di euro.

L’America settentrionale si conferma l’area più ricettiva dopo l’Unione Europea

nonostante il calo della domanda da Stati Uniti (-4,4%) e Canada (-15,1%). Segnali

migliori, invece, provengono da alcune mercati minori tra i quali Brasile (+144,2%),

Giappone (+54,6%) e Singapore (+47,1%)”55

. (Tabella 10.).

Tabella 10. Italia: esportazioni di acque minerali verso i primi 20 Paesi.

(anno 2011, valori espressi in migliaia di euro e quantità in migliaia di litri)

Fonte: elaborazioni ICE/Area Agro-alimentare su dati ISTAT

55

Simonelli P. (a cura di), Esportazioni di prodotti agro-alimentari italiani, le acque minerali, Marzo

2012, http://www.ice.gov.it/statistiche/pdf/acque_minerali.pdf.

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48

Nel 2012, il mercato italiano delle acque confezionate, ha ulteriormente consolidato i

volumi, registrando un consumo complessivo di acque minerali pari a 11.400 milioni

litri, con un corrispondente consumo pro-capite di circa 190 litri/anno 56

.

I consumi pro-capite degli italiani si collocano al vertice nell‟UE, ma si stanno

riducendo le distanze con altri paesi, come per esempio la Germania, dove l‟acqua

minerale sta diventando la bevanda fredda più consumata dai tedeschi, superando anche

il consumo di birra che sta notevolmente diminuendo. In particolare il consumo pro

capite di acque minerali e acque curative, heilwasser, è salito nel 2012 a 136 litri, il

secondo più alto valore pro-capite in Europa dopo l‟Italia 57

.

Per quanto riguarda la ricchezza prodotta dal mercato italiano delle acque minerali va

sottolineato come, con una produzione di 12.460 milioni di litri nel 2012, l‟industria

imbottigliatrice realizza un fatturato netto di circa 2,5 miliardi di euro, di cui 340

milioni percepiti grazie all‟export rivolto soprattutto verso Germania, Svizzera, Francia

e Stati Uniti. Le importazione, invece, sono del tutto marginali.

Per quanto riguarda l‟esercizio 2013, si sono confermate le previsioni, infatti, si è

chiuso negativamente sia a causa della crisi economica sia a causa dell‟evoluzione

climatica non favorevole nel corso dell‟anno. Comunque la diminuzione dei consumi di

acqua, -1,4% a volume, è molto più contenuta di quella del settore bibite (gassate e

lisce) in diminuzione a volume del -5,5%. In termini di valore il mercato dell‟acqua

minerale italiano evidenzia nel 2013 una diminuzione del -1,9%; inoltre emerge uno

spostamento delle preferenze dei consumatori verso le acque a minor prezzo 58

.

(L‟Italia vanta il prezzo medio per litro tra i livelli più bassi d‟Europa, appena 0,22

€/litro, rispetto a paesi dove è quasi il doppio, come in Gran Bretagna, 0,37 €/litro, se

non oltre come Usa con 0,50 €/litro). (Tabella 10.).

La spesa totale degli italiani per l‟acqua minerale è stimata in circa 4,5 miliardi di euro,

mentre, secondo le stime di Mineracqua, questo settore genera un‟occupazione diretta di

56

“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria

delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-

corporate.it.

57 “Il mercato tedesco delle acque minerali è cresciuto a 11,2 miliardi di litri, con un procapite di 136

litri”, 7 Ottobre 2013, www.beverfood.com.

58 “In calo il mercato delle acque minerali Italia 2013 nella distribuzione moderna”, 4 Febbraio 2014,

www.beverfood.com.

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49

7.500 dipendenti, a cui si aggiungono 30.000 occupati nell‟indotto ovvero nei servizi di

trasporto, logistica, distribuzione, vendita e packaging. Va inoltre ricordato che nel

settore operano circa 150 aziende che commercializzano 300 marche di acque minerali,

anche se le grandi aziende, il cui giro d‟affari supera i 100 milioni di euro, sono poche;

oltre 40 le imprese il cui fatturato supera i 6 milioni di euro l‟anno; numerose, invece,

su tutto il territorio nazionale le piccole aziende locali.

“Un mercato dominato essenzialmente da due player che insieme coprono il 57% del

totale del volume: Nestlè (34%) e San Benedetto (24%)”59

. (Grafico 13.).

Grafico 13. I principali produttori nel 2011

(Le maggiori aziende detengono il 57% del totale del volume così suddiviso)

Fonte: Zenithinternational, specialist consultants to the food and drink industries worldwide

Invece, i canali distributivi vedono la GDO in testa, con una quota del 36,6%, seguita

rispettivamente dai discount (24,5%) e dal fuori casa (22,5%). (Grafico 14.).

59

“Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 41.

Nestlé

34%

San Benedetto

24%

Coca-Cola

6%

Ferrarelle

5%

CoGeDi

10%

Vinadio

8%

Norda

13%

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50

Grafico 14. Suddivisione del mercato per canali 2011

Fonte: Zenithinternational, specialist consultants to the food and drink industries worldwide

3.4.4. Il mercato delle acque minerali in Italia: consumi di acqua minerale per

regione 60

Per quanto riguarda i consumi di acqua nelle varie regioni del nostro Paese sono

abbastanza omogenei, con alcune lievi differenze che con il passare del tempo si stanno

affievolendo.

Questa diffusione capillare in tutte le aree geografiche è favorita anche dal fatto che le

fonti di acqua minerali sono ben distribuite in tutte le regioni d‟Italia. Il Nord Ovest, che

rappresenta il 27% della popolazione italiana, assorbe circa il 30% del totale consumi

nazionali, con un consumo pro-capite leggermente superiore alla media. L‟area del

Centro + Sardegna, che rappresenta quasi il 30% della popolazione, assorbe il 27% dei

consumi. Infine, Nord Est e Sud+Sicilia, sono mediamente nella media nazionale. Va

ricordato che le regioni meridionali spiccano per un elevato consumo delle acque

minerali in bottiglie da due litri, generalmente vendute a prezzo euro/litro più basso

delle classiche bottiglie da 1,5 litri, e ciò è abbastanza comprensibile in relazione alla

differenza reddituale che esiste fra Nord e Sud d‟Italia.

60

“Pasquale Muraca, presidente della Beverfood.com Edizioni, spiega dimensione e valore dell‟industria

delle bevande e delle acque minerali”, In a Bottle Magazine, 24 Aprile 2013, www.sanpellegrino-

corporate.it

GDO36,6%

Discounts24,5%

Dettaglio tradizionale

16,4%

OOH22,5%

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51

Tabella 11. I numeri chiave del mercato Italia: mercato Italia acque confezionate 2011-

2012

Fonte: Stime Annuario Bevitalia Beverfood.com su dati associativi, aziendali e di istituti di ricerca

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52

Tabella 12. I numeri chiave del mercato Italia: unità produttive e marche acque

confezionate in Italia

UN Regioni Italiane Stabilimenti di

imbottigliamento

Marche acque confezionate

Valle d‟Aosta 1 1

Piemonte 13 35

Liguria 4 4

Lombardia 18 37

Trentino Alto Adige 7 8

Friuli Venezia Giulia 5 8

Veneto 6 16

Emilia Romagna 10 22

Toscana 12 19

Umbria 9 21

Marche 11 22

Lazio 9 10

Abruzzo + Molise 4 5

Campania 7 12

Puglia 3 4

Basilicata 5 15

Calabria 12 16

Sicilia 10 23

Sardegna 10 18

Totale Italia 156 280

Fonte: Rilevazioni Annuario BEVITALIA Beverfood.com

3.5. Osservazioni conclusive

Concludendo, l‟Italia è il paese europeo che più ama e consuma acqua minerale; proprio

per questo motivo le aziende produttrici hanno ormai da tempo capito l‟importanza della

riduzione dell‟impatto ambientale sia nella produzione che nella logistica. Basti

immaginare non solo allo smaltimento del Pet, ma anche alle emissioni di CO2 , a causa

dei tir che ogni giorno viaggiano in tutta Italia per trasportare le bottiglie, senza

dimenticare l‟impatto degli stabilimenti produttivi nei luoghi di prestigio.

Un‟importante battaglia che tutte le aziende del beverage cercano di portare avanti,

battaglia che si fonda sull‟innovazione, sulla ricerca tecnologica per ridurre l‟impatto

ambientale e per rendere gli impianti sempre più green; tutto questo si associa alla

cosiddetta social responsibility dell‟impresa stessa.

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53

Qui di seguito vengono proposti solo alcuni esempi dei principali leader che hanno

risposto positivamente per ridurre il proprio impatto ambientale:

- San Benedetto: “L’azienda veneta negli ultimi 30 anni ha ridotto del 25% il

peso delle bottiglie, utilizzando meno plastica (..). Nel 2011, in seguito ad un accordo

con il Ministero dell’Ambiente, ha lanciato Easy, una bottiglia da un litro con il 30% di

Pet rigenerato (..). Un Impegno che si è spinto oltre: grazie ad un impianto fotovoltaico

e a interventi di risparmio energetico, nel biennio 2008-2010, si è ottenuto una

riduzione delle emissioni di CO2 del 13%, pari a 30.000 tonnellate”61

.

- Ferrarelle: “ha istallato nello stabilimento di Riardo (CE) nel Dicembre 2008 un

inpianto fotovoltaico dotato di 4.732 pannelli che si estendono su una superficie di

circa 16.000 m2. Nello stesso anno si è avviata una nuova linea per l’imbottigliamento

in Pet che ha permesso di risparmiare circa 1.000 tonnellate di Pet e 365 tonnellate di

Hdpe (plastica dei tappi) all’anno”62

.

- Sanpellegrino: L‟azienda per due anni di fila (2012-2013) si è aggiudicata il

premio logistico, per le azioni di efficienza e sostenibilità ambientale. “Sanpellegrino è

l’azienda che utilizza in percentuali più elevate il trasporto ferroviario, oltre ad essere

il cliente più importante di Trenitalia, nel settore del largo consumo. Solo nel 2011

sono state movimentate da Trenitalia circa 473 mila tonnellate di prodotti del Gruppo

Sanpellegrino: questo ha permesso di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera del

64% (pari a 18.494 tonnellate) rispetto al tradizionale trasporto su strada”63

.

La mission del gruppo, garantire all‟acqua un futuro di qualità, è infatti perseguita con

impegno e costanza. L‟azienda, nel 2009, ha inoltre adottato il Global Environmental

Footprint (GEF), per essere consapevoli di quanto gli sforzi del gruppo abbiano

riscontri concreti sull‟ambiente; Daniela Murelli, direttore corporate social

responsibility di Sanpellegrino, afferma che viene misurato “l’impatto ambientale

determinato direttamente o indirettamente dai prodotti durante tutte le fasi del loro

61

“Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 45.

62 “Gli italiani non hanno molta sete”, Largo Consumo, n. 9 (2012): p. 45.

63 “Il Gruppo Sanpellegrino riceve il premio logistico dell‟anno 2012”, In a Bottle Magazine, 15 Febbraio

2013, www.sanpellegrino-corporate.it.

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54

ciclo di vita, dall’acquisto delle materie, al processo produttivo negli stabilimenti, fino

al trasporto presso i clienti/distributori”64

.

Tabella 13. I risultati conseguiti da Sanpellegrino grazie al GEF

• Riduzione emissioni gas serra del 19% per ogni litro di acqua minerale

imbottigliato

• Abbattimento del 30% emissioni gas serra riconducibili alla sola fase

inerente al packaging

• Diminuzione dell‟utilizzo delle energie non rinnovabili dell‟8%

• Riduzione del 35% dei volumi di acqua impiegati durante il ciclo di

vita dei prodotti, sempre per ogni litro imbottigliato.

Fonte: Sanpellegrino, Largo Consumo

64

“L‟impatto ambientale di Sanpellegrino”, Largo Consumo, 33, n. 1 (2013), p. 18.

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CAPITOLO 4

CASO AZIENDALE SANPELLEGRINO SPA

Il pianeta è composto per un terzo di terra, per due terzi d‟acqua. Parte di questi due

terzi sono illuminati da una stella rossa, simbolo della Sanpellegrino.

Sanpellegrino S.p.a., fondata nel 1899, appartiene all‟universo Nestlé Waters ed è oggi

“la più grande realtà nel campo del beverage in Italia, e una delle più importanti a

livello internazionale, con acque minerali, aperitivi analcolici, bibite e tè freddi”65

, che

da più di un secolo grazie al brand S. Pellegrino è presente sulle tavole più prestigiose

di tutto il mondo, immagine di eleganza, raffinatezza, del Made in Italy 66

.

“I suoi prodotti, sintesi di benessere, salute ed equilibrio, sono presenti in oltre 130

paesi attraverso filiali e distributori sparsi nei cinque continenti. Sanpellegrino, in

qualità di principale produttore di acqua minerale, è da sempre impegnata per la

valorizzazione di questo bene primario per il pianeta e lavora con responsabilità e

passione per garantire a questa risorsa un futuro di qualità”67

.

L‟acqua S. Pellegrino, uno dei prodotti italiani più amati, viene definita come “lo

champagne delle acque minerali ed è riconosciuta come una delle migliori acque

commercializzate a livello internazionale per la finezza del suo gusto e per il suo

perlage leggero”68

. Interpreta la vera essenza del gusto e dello stile di vita all‟italiana

inteso come sintesi di convivialità, eleganza e fine dining. Da non dimenticare che,

Sanpellegrino, è tra i membri fondatori della Fondazione Altagamma. Le imprese

65

www.sanpellegrino-corporate.it.

66 Il titolo di campione del Made in Italy nel mondo è stato assegnato dal presidente Emma Marcegaglia

nell‟ambito dei Confindustria Awards for Excellence (Torino, 24 Ottobre 2011). Il premio è stato

riconosciuto grazie alle importanti sinergie che l‟azienda ha avviato nel 2010 con altre imprese italiane, di

reputazione internazionale, allo scopo di affermare nel mondo innovazione, qualità del servizio, design e

prestigio, caratteristiche che rendono lo stile di vita e la cultura italiana famosi in tutto il mondo.

“Il Gruppo Sanpellegrino è campione del Made in Italy nel mondo”, comunicato stampa 24 Ottobre

2011, www.sanpellegrino-corporate.it.

67 www.sanpellegrino-corporate.it.

68 www.sanpellegrino-corporate.it.

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fondatrici operano nella fascia più alta del mercato il cui fine principale è quello di

promuovere a livello internazionale l‟industria italiana di eccellenza e la sua cultura 69

.

4.1. La storia

“Sanpellegrino 70

occupa un posto di primo piano nel panorama delle aziende italiane

con una storia ricca e radici lontane nel tempo”71

.

La sua storia, inizia in provincia di Bergamo, nella Val Brembana per l‟esattezza, ed è

ricca di eventi importanti. Le principali tappe seguite dall‟azienda produttrice di acqua e

soft drink sono le seguenti:

- 1899: Cesare Mazzoni fonda la società anonima delle terme di San Pellegrino, in

provincia di Bergamo, famosa per le sue qualità benefiche dell‟acqua. In

quest'anno vengono prodotte 35.343 bottiglie di acqua frizzante, di cui oltre

5.000 destinate all'estero.

- 1908: Le bottiglie S. Pellegrino raggiungono già i cinque continenti: oltre che

nelle principali città europee l'acqua S. Pellegrino è venduta anche al Cairo, a

Tangeri, a Shangai, negli Usa, in Brasile, Perù e Australia.

- 1925: Il nuovo manager Ezio Granelli introduce la meccanizzazione degli

impianti e nuove tecnologie, che comportano un aumento della produzione di

oltre il 60%.

- 1932: Viene lanciato sul mercato il primo soft drink di successo: l‟Aranciata.

- 1956: Vengono introdotte Chinotto e altre bevande.

- 1957: La società delle terme di San Pellegrino acquisisce di nuovi brand, tra cui

Acqua Panna (acqua non gassata), marchio importante per il futuro della società

che viene commercializzato prima in Italia e poi all‟estero. Lanciano inoltre il

Sanbitter. Viene nominato amministratore della società Giuseppe Mentasti.

- 1970: La società cambia assetto diventando società per azioni, nasce la

Sanpellegrino S.p.a. conquistando la posizione di leader indiscusso nel settore

del beverage.

69

www.altagamma.it. 70

Con il termine Sanpellegrino si intende l‟azienda, con S. Pellegrino il marchio, ed infine, con San

Pellegrino il luogo.

71 www.sanpellegrino-corporate.it.

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57

- 1990-1995: Si assiste, alla progressiva cessione da parte della famiglia Mentasti

alla multinazionale Nestlé, attraverso la controllata Perrier. Acquisizioni di

Levissima, Recoaro e Pejo.

- 1998: Nestlé 72

acquisisce il 100% di Sanpellegrino.

- 2010: La produzione raggiunge 1 miliardo e 100 milioni di bottiglie, esportate in

tutto il mondo, il 75% dei quali in acqua.

- 2012: La società raggiunge un traguardo prestigioso: Crystal Taste Award

dall‟istituto internazionale del gusto e della qualità.

Sono momenti storici che affascinano i consumatori e che rendono l‟azienda celebre in

tutto il mondo.

4.2. La gamma di prodotti

I prodotti offerti da Sanpellegrino sono molteplici e diversificati, adatti a soddisfare

tutte le esigenze. I principali marchi di acque minerali sono S. Pellegrino, Levissima,

Acqua Panna, Nestlé Vera, Recoaro, S. Bernardo, Pejo (Nestlé Water Italia).

Sanpellegrino è anche produttrice di bibite ed aperitivi che stanno riscuotendo successo

non solo in Italia ma anche all‟estero. Tra le bevande abbiamo Aranciate Sanpellegrino,

Chinò, Acqua Brillante Recoaro, Belté, Limonata Sanpellegrino, Incontri Sanpellegrino.

Per gli aperitivi si annoverano invece Sanbitter, Sanbitter Emozioni di Frutta, Sanbitter

Emozioni di Spezie, Gingerino.

72

Il gruppo Nestlé , di cui Sanpellegrino fa parte sotto il ramo di Nestlé Water Italia, fu fondata nel 1867;

Il Gruppo Nestlé è presente in Italia dal 1875 e, oltre ai marchi di acqua possiede, tra gli altri brand,

Buitoni e Perugina nell'alimentare e il pet-food Purina. Oggi Nestlé è la prima azienda alimentare del

mondo. Fin dai primi decenni di vita, Nestlé ha dimostrato di saper oltrepassare i propri confini

geografici, non limitandosi ad esportare prodotti, ma sviluppando direttamente attività industriali in

numerosi paesi. Il Gruppo è oggi presente in oltre 80 paesi, con oltre 320.000 dipendenti e una vendita

quotidiana di oltre 1 miliardo di prodotti, pensati per il gusto e le esigenze locali.

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58

Figura 1. La gamma di prodotti offerti da Sanpellegrino

Fonte: Sanpellegrino S.p.a.

4.2.1. L’adattamento dei prodotti

Esportando in tutto il mondo l‟azienda si confronta con ambienti eterogenei, andando

cioè incontro ad una clientela con esigenze, gusti, preferenze che possono differire da

nazione a nazione. La pressione per l‟adattamento locale è per Sanpellegrino bassa, se

non nulla; l‟acqua minerale, infatti, nonostante sia esportata in tutto il mondo, è offerta

indistintamente in tutti i mercati. Questo essenzialmente per due ragioni fondamentali:

In primis questa è una motivazione dal punto di vista legislativo; per essere chiamata

acqua minerale “l’acqua, infatti, non può essere modificata ovvero non può subire

alcun tipo di trattamento e/o filtratura, se non quello consentito, dell’aggiunta di

anidride carbonica”73

.

S. Pellegrino è un‟acqua minerale naturale che fluisce spontaneamente da sorgenti in

Val Brembana, ai piedi delle alpi, nell‟area di San Pellegrino Terme, e Sanpellegrino

non fa altro che imbottigliarla, aggiungere anidride carbonica naturale ed esportarla in

tutto il mondo.

La seconda motivazione è essenzialmente una ragione strategica: ovunque vai nel

mondo devi poter gustare la stessa S. Pellegrino. La stessa acqua S. Pellegrino che si

beve qui in Italia è assolutamente identica a quella che si può bere in ogni angolo del

pianeta. Anche da qui deriva la potenza di Sanpellegrino che è in grado di esportare in

tutto il mondo lo stesso tipo di prodotto.

73

www.sanpellegrino.it.

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59

In compenso, Sanpellegrino, come detto precedentemente, opera una diversificazione

della propria offerta, con acque minerali, bibite e aperitivi, prodotti di qualità collocati

in diverse fasce di prezzo.

4.2.2. Gli stabilimenti produttivi

Il processo produttivo dell‟acqua è situato unicamente in Italia e prevede

l‟imbottigliamento delle acque minerali e delle bibite, direttamente in prossimità delle

sorgenti del Nord, del Centro e Sud Italia attraverso 11 unità produttive. Sono, inoltre,

attivi due centri di produzione per estratti e aromi (Flavourint). Ogni marchio del

gruppo Sanpellegrino ha quindi un proprio stabilimento di produzione:

- San Giorgio in Bosco (PD) – Acqua Nestlé Vera

- Scarperia, (FI) – Acqua Panna

- Garessio (CN) – S. Bernardo

- Ormea (CN) – Acqua Nestlé Vera

- Cogolo di Pejo (TN) – Pejo

- Recoaro Terme, (VI) – Recoaro

- San Pellegrino Terme/Ruspino, (BG) – Acqua e Bibite S. Pellegrino

- Santo Stefano di Quisquina, (AG) – Acqua Nestlé Vera

- Flavourint (ME) (BG)

4.3. Sanpellegrino all’estero

L’International Business Unit (IBU) di Sanpellegrino si focalizza essenzialmente sui

marchi internazionali S. Pellegrino, Acqua Panna e Sanpellegrino Sparkling Fruit

Beverages.

4.3.1. L’export fa da traino alla crescita: più di 130 Paesi

L‟ attività di Sanpellegrino è caratterizzata sia all‟attenzione dei mercati globali sia alla

cura nella gestione dell‟identità del marchio.

“La vocazione all’esportazione si manifestò fin dalle origini (1899), quando l’azienda

si costituì per commercializzare S. Pellegrino. Da subito S. Pellegrino iniziò a

raggiungere in tutto il mondo una sempre più vasta clientela che ne faceva richiesta:

delle 35.000 bottiglie vendute nell’anno 1900, 5000 andarono all’estero. Lo sviluppo

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60

del marchio S. Pellegrino – e di conseguenza dell’azienda – si fonda su questo grande

successo internazionale che ha reso il prodotto un’icona del Made in Italy come

espressione di qualità italiana protagonista sulle migliori tavole del mondo”74

.

L‟orientamento all‟esportazione, che è alla base dello sviluppo del brand, si è quindi,

rilevato vincente e rappresenta una leva importante per il business dell‟azienda leader

nel comparto delle acque minerali in Italia.

“Con i suoi marchi internazionali S. Pellegrino (Acqua, Bibite e Aperitivi) e Acqua

Panna, Sanpellegrino è presente in più di 130 paesi del mondo, attraverso filiali e

distributori presenti nei cinque continenti, per un totale di oltre 900 milioni di bottiglie

vendute ogni anno”75

.

E‟ grazie anche al traino di questi importanti brand (S. Pellegrino e Acqua Panna) che

l‟industria italiana delle acque minerali si sta ritagliando una posizione di rilevo

nell‟ambito delle ristorazione italiana di qualità all‟estero; Bisogna comunque ricordare

che è S. Pellegrino il marchio maggiormente esportato; l‟80% della sua produzione è

infatti assorbita dall‟estero.

Grafico 15. Brand S.Pellegrino

Fonte: Elaborazione personale

Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Svizzera, UK, Australia, Canada, Belgio

rappresentano i maggiori mercati. Il mercato internazionale rappresenta, quindi, il target

74

www.sanpellegrino-corporate.it.

75 www.sanpellegrino-corporate.it.

Export

80%

Italia

20%

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61

di riferimento dell‟azienda, in particolare, con la Francia in testa (primo mercato a

volume), seguita dagli Stati Uniti (primo mercato a valore) e dalla Germania 76

.

I prodotti, grazie alle loro origini, rappresentano l‟eccellenza della qualità e sono

diventati perfetti interpreti dello stile italiano nel mondo come sintesi di piacere, salute e

benessere.

“È soprattutto l’acqua minerale S. Pellegrino, proveniente dal cuore della Val

Brembana ed imbottigliata a San Pellegrino Terme, ad essere apprezzata in Italia e nel

resto del mondo. Nonostante la crisi economica mondiale e il contenimento dei consumi

soprattutto nel fuori casa, l’export continua infatti a crescere, in particolare nei mercati

cosiddetti maturi come Stati Uniti (+15%, a volume rispetto al 2009), Canada (+10%),

Francia (+14%), Germania (+5%), Regno Unito (+10%), Belgio (+16%) e Svizzera

(+2%). A questi si affiancano i mercati emergenti verso i quali l’azienda sta rivolgendo

la propria attenzione, come testimoniato dalle crescite consistenti di vendite S.

Pellegrino in Cina (+183%), Australia (+12%), Brasile (+80%), Russia(+38%) e

Medio Oriente (+37%)”77

.

Questi eclatanti risultati sono anche la sintesi della strategia di marketing attuata

dall‟azienda: Sanpellegrino fa leva su il cosiddetto “live in italian”78

, payoff vincente

che sottolinea valori quali eleganza, convivialità, bien vivre, tutti valori positivi che

riconducono da un lato ad un‟immagine di successo del nostro Paese e dall‟altro

rimandano al suo inscindibile legame con il territorio d‟origine.

Sanpellegrino è così entrata nel ristretto novero di prodotti più apprezzati nella

ristorazione internazionale.

A conferma di tutto ciò, Fabio degli Esposti, ex direttore di International Business Unit

79 del gruppo Sanpellegrino, afferma che:

76

“Le acque minerali italiane seducono l‟estero”, In a Bottle Magazine, 7 Novembre 2013,

www.sanpellegrino-corporate.it.

77 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 Gennaio 2011,

www.sanpellegrino-corporate.it.

78 www.sanpellegrino-corporate.it

79 Giorgio Mondovi, nominato l‟11 Novembre 2013, è il nuovo direttore della Business Unit

internazionale del gruppo Sanpellegrino.

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“L’espansione sui mercati esteri di S. Pellegrino è il risultato di un lavoro sulla marca

che ha saputo tradurre l’eccellenza qualitativa di quest’acqua in uno stile di vita

vincente, che sa coniugare perfettamente gusto e benessere”.

“Negli Stati Uniti ad esempio – continua degli Esposti – il consumo di S. Pellegrino

registra un’ importante crescita non solo nella ristorazione ma anche nei consumi delle

famiglie; un segnale che evidenzia come la cultura alimentare del live in italian stia

diventando uno stile di vita quotidiano anche oltreoceano”80

.

Figura 2. Sanpellegrino presente in oltre 130 Paesi, nei cinque continenti.

Fonte: Sanpellegrino S.p.a.

80

“Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 Gennaio 2011.

www.sanpellegrino-corporate.it.

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4.3.2. Francia, primo mercato a volume

Il perché la Francia è considerato il primo mercato è essenzialmente una motivazione

territoriale. La prima bottiglia di S. Pellegrino è stata prodotta nel 1899, quando

l‟azienda non era ancora proprietà di Nestlé. il fatto di essere ubicata nel Nord Italia

(San Pellegrino Terme) ha permesso al proprietario di quel tempo, Mazzoni, di

esportare nei mercati limitrofi come la Francia e la Svizzera. Proprio questa vicinanza,

dal punto di vista logistico, ha fatto si che Sanpellegrino ha iniziato a vendere in Francia

ed è diventato negli anni un prodotto che i francesi chiamano per assurdo “Sanpè”

anziché S. Pellegrino considerandolo appunto francese. Quindi il motivo per cui la

Francia è uno dei primi mercati è proprio un banale motivo storico legato al fatto che è

dai primi del „900 che l‟azienda vende in Francia. Ovviamente il consolidamento negli

anni, insieme agli investimenti in comunicazione, marketing e distribuzione ha fatto si

che le vendite sono aumentate in modo esponenziale facendo diventare S. Pellegrino,

insieme a Perrier, i marchi di acqua gassata più conosciuti in Francia.

4.3.3. Stati Uniti, primo mercato a valore

In America la conoscenza dell‟acqua è sempre stata minima, è infatti noto come gli

americani prediligano le bibite energetiche. Proprio per questo motivo, durante il corso

degli anni, Sanpellegrino ha svolto un piano di education, ovvero un programma volto

ad educare, insegnare cosa significhi bere l‟acqua minerale, evidenziando le differenze

con l‟acqua potabile.

Oggi, il consumo di acqua in bottiglia, sta aumentando anche oltreoceano;

“Nel 1998 gli americani consumavano in media solo 170 litri d'acqua a persona. Oggi,

la quantità media d’acqua che la gente beve è arrivata a 232 litri l’anno, per un

aumento pari al 38 per cento”81

. E‟ quanto emerso dallo studio American Drinking

Habits, tra il 2001 e il 2011, commissionato dal Beverage Information Group.

I seguenti dati (Grafico 16.) mostrano la crescita o il declino in percentuale di ogni

categoria di bevande, nel corso dell'ultimo decennio, in America 82

.

81

“Gli americani pazzi per l‟acqua, consumi aumentati del 38% negli ultimi 15 anni”, In a Bottle

Magazine, 3 Maggio 2013, www.sanpellegrino-corporate.it.

82 Derek T., “How America Drinks: Water and Wine Surge, Cheap Beer and Soda Crash”, The Atlantic,

15 Gennaio 2013.

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Grafico 16. How America’s Drinking Habits Change.

(%Grow/Decline 2001-2011)

Fonte: Beverage information group

Dal grafico si può rilevare come, solo negli ultimi dieci anni, negli Stati Uniti, il

consumo di acqua in bottiglia sia aumentato del 50%.

In America S. Pellegrino e Acqua Panna sono nel segmento delle acque minerali

premium, i marchi più importati. Il mercato Statunitense è infatti noto per l‟amore

indiscusso dei prodotti italiani.

Negli Usa, per concludere, Sanpellegrino effettua due diversi tipi di investimenti

correlati tra loro: collocamento del prodotto, nel senso di distribuzione, di conoscenza,

di cultura dell‟acqua minerale, attraverso piani di education, e investimenti in

comunicazione e marketing.

Questi ultimi vengono effettuati proprio per legare S. Pellegrino al mondo dei film 83

,

delle celebrities, attraverso i product placement. L‟esempio del diavolo veste Prada è un

classico: un film scritto e prodotto in America dove viene abbinato al grande capo di

Vogue il fatto che lei beva solo ed esclusivamente S. Pellegrino. Questo fa si che la

premiumness del prodotto diventi sempre più alta e così anche l‟americano, è disposto a

83

S. Pellegrino e il cinema hanno un feeling che risale al 1959, anno del debutto sul grande schermo della

raffinata acqua minerale, icona del Made in Italy. Negli anni S. Pellegrino è diventato attore di numerosi

film tra cui: La Dolce Vita di Federico Fellini (1959), Ocean 's Twelve (2004), Hitch (2005), Il diavolo

veste Prada (2006), solo per citarne alcuni.

“Una bottiglia appositamente designata per rendere omaggio al mondo del cinema”, In a Bottle Magazine,

21 Maggio 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.

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spendere di più e chiede perciò S. Pellegrino (l‟acqua gassata infatti in America costa di

più, come una bibita, e non tutti se la possono permettere come in Italia ad esempio).

4.3.4. Il mercato italiano

“L’Italia per il marchio S. Pellegrino rappresenta, invece, il quarto mercato,

nonostante sia quello di origine; questo perché il mercato italiano è molto competitivo

per la grande presenza di acqua e di sorgenti (il suo principale competitor è l‟acqua

Sant‟Anna). Bisogna inoltre sottolineare che ciò che frena le potenzialità del comparto

delle acque minerali in Italia è sempre legato alla limitata capacità, tutta interna alla

cultura imprenditoriale italiana, di saper valorizzare al massimo ciò che si ha a portata

di mano, in questo caso una risorsa straordinaria come l’acqua effervescente naturale.

Sanpellegrino si conferma comunque leader nel mercato italiano grazie a numerosi

marchi di acque minerali posseduti (Nestlé Water Italia), ognuna con le sue

caratteristiche legate alle diverse fonti di origine presenti in diverse regioni”84

.

4.3.5. Analisi di alcuni dati degli ultimi anni (2010 – 2012)

In questo paragrafo vengono illustrati alcuni dati record per l‟export che Sanpellegrino

ha realizzato in questi ultimi anni, nonostante il momento difficile per l‟economia

mondiale e il calo generale dei consumi nel nostro Paese. In un contesto così difficile

per l‟economia, l‟intento del Gruppo è fortemente focalizzato nella diffusione della

qualità e dello stile Made in Italy nel mondo.

Le vendite estere, delle acque minerali S. Pellegrino ed Acqua Panna, delle bibite a

marchio Sanpellegrino e degli aperitivi Sanbitter, realizzate durante il corso del 2010

sono testimoni dell‟eccellenza Made in Italy nel mondo; “si registra, infatti, una

crescita del 17% a volume rispetto al 2009, con un giro d’affari di circa 200 milioni di

euro, pari al 20% del fatturato totale”85

.

In questo scenario un ruolo fondamentale è giocato dallo stabilimento produttivo di San

Pellegrino Terme (BG), che “ha registrato nel 2010 circa 1,1 miliardi di pezzi prodotti,

84

Fabbri F. (a cura di), “Fabio Degli Esposti: dissetare anche Leonardo con l'acqua S. Pellegrino”

intervista al Direttore internazionale del Gruppo, Specchio Economico, Febbraio 2010.

85 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,

www.sanpellegrino-corporate.it.

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di cui 700 milioni di bottiglie di acqua minerale S. Pellegrino, 250 milioni di bibite a

marchio Sanpellegrino e 115 milioni di aperitivi Sanbitter”86

. Questi dati evidenziano

la qualità dei prodotti Sanpellegrino, ambasciatori dell‟eccellenza Made in Italy nei

cinque continenti e l‟efficienza dello storico sito produttivo bergamasco. “Il 70% circa

di tale produzione è stata destinata all’export grazie ad una capillare ed efficiente rete

di distribuzione in 120 Paesi mondiali”87

.

L'azienda del beverage, dopo i risultati record del 2010, è sempre più apprezzata sul

mercato estero. I paesi che contribuiscono in maniera significativa al positivo trend

dell‟export sono Stati Uniti, Francia, Germania e Svizzera cui si aggiungono mercati

emergenti quali Cina, Russia e Brasile.

Anche nel corso del 2011 la Sanpellegrino ha registrato numeri importanti, con un boom

nelle vendite per l‟export. È stato ancora superato il miliardo di bottiglie vendute in

tutto il mondo in un mercato che si sviluppa in 120 paesi. I dati dei primi nove mesi del

2011 confermano come “l’export rappresenti la principale leva di business, il

principale fattore di crescita del Gruppo Sanpellegrino. Dopo i risultati record del

2010 (+17% a volume rispetto al 2009, per un giro di affari di 200 milioni di euro), le

vendite estere continuano a crescere grazie soprattutto alle acque minerali S.

Pellegrino e Acqua Panna e alle bibite a marchio S. Pellegrino che registrano

un’ottima ed ulteriore crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”88

.

I mercati esteri sono sempre stati una prerogativa dell‟impresa, sempre intenta ad

investire in attività di Ricerca & Sviluppo per promuovere il marchio dell‟acqua

minerale in tutto il mondo. Nel 2011 sono state, infatti, lanciate diverse novità come ad

esempio il codice QR 89

e la tecnologia coating 90

; il Codice QR è presente su centinaia

86

“Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,

www.sanpellegrino-corporate.it.

87 “Gruppo Sanpellegrino: dati record per l’export 2010”, comunicato stampa, 1 gennaio 2011,

www.sanpellegrino-corporate.it.

88 “Bollicine da record per la San pellegrino”, Bergamo news, quotidiano on-line, 16 Dicembre 2011.

89 “S. Pellegrino: un QR Code per promuovere i territori bergamaschi nel mondo”, comunicato stampa

16 marzo 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.

90 “S.Pellegrino “riveste” la bottiglia in PET da 50 cl. con la tecnologia coating”, comunicato stampa,

16 Febbraio 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.

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di milioni di bottiglie che verranno destinate in cinque paesi: Italia, Stati Uniti,

Germania, Svizzera e Belgio. Questo codice, se fotografato con dispositivi tipo

smartphone, permette di visualizzare spot e filmati della terra bergamasca. Le bottiglie

con il nuovo QR code saranno distribuite nei canali sia Ho.Re.Ca sia retail.

La tecnologia coating, invece, riveste interamente le bottiglie in Pet con uno strato

sottilissimo di ossidi di silicio che funziona come una barriera protettiva; questo

consente all‟azienda di raggiungere anche i mercati più lontani garantendo una perfetta

gassatura e la premium quality.

Il colosso mondiale delle acque minerali, ha avuto nel 2012 un giro d‟affari di 766

milioni ovvero una crescita dell‟ +8,3% rispetto all‟anno precedente, con un incremento

dell‟export del 13,9% e con il raggiungimento di 130 milioni di unità vendute in più

rispetto al 2011.

Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato del gruppo Sanpellegrino,

afferma che:

“Abbiamo chiuso un anno impegnativo con una buona performance di Gruppo che ci

ha permesso di superare le sfide di un 2012 molto impegnativo. Se sui mercati

internazionali registriamo risultati brillanti, in Italia la fiducia delle famiglie è stata

invece messa a dura prova, soprattutto nella seconda metà dell’anno, a causa della

difficile situazione economica e finanziaria con una conseguente contrazione dei

consumi”91

.

Sui mercati esteri, infatti, durante il corso del 2012 si assiste ad un ampliamento dei

confini geografici dell‟impresa, raggiungendo oltre i 130 Paesi. Tra questi, l‟attenzione

è rivolta soprattutto ai paesi in via di sviluppo come Cina, Corea, Russia, Brasile e

Giappone, mentre si confermano i buoni trend nei top big markets, USA e Canada, UK

e Francia. Nonostante gli ottimi risultati sui mercati internazionali non bisogna però

dimenticare l‟attuale situazione di difficoltà dell‟economia italiana; Stefano Agostini

commenta:

91

“Sanpellegrino 766 milioni il giro d‟affari 2012, l‟export fa da traino”, Bergamo news, quotidiano on-

line, 13 Maggio 2013.

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“Il dato positivo sull’export impone però una riflessione sul mercato italiano che, nel

primo trimestre del 2013, registra un calo di circa il 6% (…). Il perdurare della crisi

sta mettendo a dura prova il nostro settore in Italia, occorre lavorare senza indugi su

soluzioni di rilancio a livello di comparto e, più in generale, a livello di politica di

sviluppo economico del Paese”92

.

Questa analisi con numeri e dati è la testimonianza dell‟ importanza di essere presenti

sui mercati internazionali e della qualità dei prodotti Sanpellegrino, eccellenza del Made

in Italy nei cinque continenti.

“I risultati 2012 confermano il successo ottenuto negli ultimi anni dalle nostre strategie

internazionali e ne testimoniano l’evoluzione su tre assi: estensione del portafoglio

prodotti, diversificazione dei canali e copertura di nuove aree geografiche”93

continua Agostini –.

Paradossalmente, la Sanpellegrino è più conosciuta all‟estero piuttosto che in Italia;

questo perché – afferma Degli Esposti – in nostro Paese nonostante abbia prodotti di

primo livello manca di strutture e di strategie manageriali d‟avanguardia che permettono

di commercializzare i nostri prodotti di prima qualità. L‟acquisizione di Nestlé, durante

la fine degli anni novanta, è stata fondamentale per Sanpellegrino; ha infatti permesso

all‟azienda di entrare in una dimensione diversa, cioè di avere la possibilità di allargare i

propri orizzonti grazie a strutture adeguate posizionate in tutto il mondo.

Dall‟ inizio del secolo scorso ad oggi, l‟acqua S. Pellegrino non ha fatto dunque che

progredire in termini di produzione, quote di mercato e notorietà.

Il Grafico 17. mostra quanto appena detto; la difformità dei dati con quelli sopra

riportati è da imputare al fatto che questo grafico si riferisce solamente al totale export,

senza tenere in considerazione l‟Italia.

92

“Gruppo Sanpellegrino: un 2012 in crescita grazie all‟export”, comunicato stampa, si veda allegato 1.

93 “Gruppo Sanpellegrino: un 2012 in crescita grazie all‟export”, comunicato stampa, si veda allegato 1.

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Grafico 17. International Business Unit Sanpellegrino

Fonte: Sanpellegrino S.p.a.

4.4. Progetti per sviluppare il brand S. Pellegrino a livello internazionale

S. Pellegrino Meets Italian Talent è un progetto di respiro internazionale promosso da

Sanpellegrino S.p.a. che debutta nel 2010, con l‟obiettivo primario dell‟azienda di

“avviare importanti sinergie con altre imprese italiane di reputazione internazionale

allo scopo di affermare nel mondo innovazione, qualità del servizio, design e prestigio,

caratteristiche che rendono lo stile di vita e la cultura italiana famosi in tutto il

mondo”94

. Il progetto, che ha alla base la condivisione di valori, ha portato alla

realizzazione di importanti partnership, di seguito analizzate.

4.4.1. Missoni veste S. Pellegrino (2010)

L‟iniziativa lanciata nel 2010 prevede il coinvolgimento, accanto a S. Pellegrino, di un

altro grande marchio italiano leader nel proprio settore, sinonimo di eccellenza e

riconosciuto a livello internazionale da oltre 50 anni: Missoni.

Alla prestigiosa maison di moda milanese è stata affidata la storica bottiglia di S.

Pellegrino, per interpretarla e dare vita ad un' edizione speciale, ad una bottiglia da

94

“Il Gruppo Sanpellegrino è campione del Made in Italy nel mondo”, comunicato stampa, 24 ottobre

2011, www.sanpellegrino-corporate.it.

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collezione a tiratura limitata. Le confezioni limitate sono avvolte nel caratteristico

motivo “zig-zag” tipico della celebre casa di moda, per una rielaborazione rispettosa del

brand, con logo e colori rimasti inalterati. I 30 milioni di pezzi prodotti sono stati

distribuiti nei migliori ristoranti in Italia e all‟estero.

Il punto di partenza è stato l‟identificazione dei punti di forza in comune dei due grandi

marchi: l‟alta qualità percepita, la leadership nel proprio settore, l‟alta reputazione sul

piano internazionale.

Il secondo grande obiettivo è stato quello di evidenziare il “concetto di valore nel tempo

rappresentato dai due marchi ovvero quel valore intangibile che costituisce il vero

vantaggio competitivo delle migliori aziende protagoniste del Made in Italy.

Valorizzarlo è indispensabile – sottolinea Stefano Agostini – perché contribuisce ad

innestare strategie di medio e lungo periodo che permettono di raggiungere un

posizionamento ed un prestigio unici al mondo. Non solo: quando si tratta di uscire dai

confini nazionali, le iniziative comuni non possono che contribuire a consolidare e

sviluppare l’autorevolezza raggiunta dal singolo marchio”.

Fabio degli Esposti conclude: “La partnership si è poi concretizzata grazie alla

possibilità di rendere esplicita – attraverso una bottiglia unica, veicolo di

comunicazione in 120 paesi nel mondo – una condivisione di valori autentica che passa

attraverso il culto per l’eleganza e la bellezza, il gusto per la qualità e la convivialità,

in un percorso che sa accogliere anche la sfida dei nuovi materiali e delle nuove

tecnologie”95

.

4.4.2. S. Pellegrino sparkles with Bulgari (2011)

La seconda edizione del progetto S. Pellegrino Meets Italian Talents sfoggia per

l‟occasione una splendida etichetta firmata Bulgari, per celebrare la collaborazione tra

l‟acqua di punta del gruppo Nestlé e la gioielleria di lusso.

L‟etichetta della bottiglia si ispira ad una collana di oro e gioielli della collezione

Bulgari vintage del 1965. “Circa 50 milioni di bottiglie limited edition sono state

distribuite nei ristoranti più raffinati di oltre 120 Paesi nel mondo per tre mesi.

L’edizione speciale “S. Pellegrino sparkles with Bulgari” è stata il risultato di una

95

Belloni M., “San Pellegrino e Missoni insieme per promuovere l‟eccellenza italiana”, Marketing

Journal, 26 Maggio 2010.

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partnership fondata sulla condivisione di valori comuni: storia, prestigio, qualità,

originalità, fascino senza tempo”96

.

4.4.3. S. Pellegrino celebra Pavarotti (2013)

La limited edition dell‟acqua S. Pellegrino, durante il corso del 2013 ha coinvolto anche

il marchio Acqua Panna. Durante questo anno anziché associarsi ad un brand, quindi ad

un nome, S. Pellegrino si è associata a quello che è per noi italiani la forma d‟arte

italiana più conosciuta al mondo: l‟opera, rendendo omaggio al più grande tenore di

tutti i tempi, il Maestro Luciano Pavarotti, che ha il merito di aver fatto conoscere al

mondo l'eccellenza italiana attraverso lo splendore dell'opera lirica. Talento di successo

internazionale, Luciano Pavarotti ha rappresentato con la sua voce eccezionale la stessa

cultura, la stessa passione e la stessa gioia di vivere che S. Pellegrino esporta in tutto il

mondo; sono state 50 milioni le bottiglie special edition distribuite in 120 Paesi. È

attraverso questa iniziativa che S. Pellegrino, si trasforma in un eccezionale veicolo di

promozione del talento, della passione e della bellezza, che eccelle nel nostro Paese.

Stefano Agostini afferma: “(..) Dopo le edizioni speciali lanciate da S. Pellegrino con

la collaborazione di Missoni e Bulgari, in un anno ricco di eventi straordinari per il

mondo della musica e dell’Opera Italiana, sarebbe stato impensabile non celebrarne il

più illustre rappresentante che ha contribuito a diffondere un’immagine forte e positiva

dell’Italia così come da sempre è negli obiettivi di S. Pellegrino e Acqua Panna”97

.

96

“Quando la classe…è acqua”, In a Bottle Magazine, 1 Marzo 2012, www.sanpellegrino-corporate.it.

97 “S. Pellegrino celebra Luciano Pavarotti con una speciale limited edition”, In a Bottle Magazine, 26

Giugno 2013, www.sanpellegrino-corporate.it.

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Figura 3. S. Pellegrino Meets Italian Talents

Fonte: Elaborazione personale

Il progetto quindi si basa essenzialmente sull‟associazione del marchio S. pellegrino ad

altri brand italiani, molto famosi a livello mondiale. Il vantaggio risiede nel fatto che le

bottiglie limited edition si presentano come bottiglie diverse che danno un fascino in

più, quel glamour di dire che Sanpellegrino è unica.

La ristorazione lo percepisce come un prodotto esclusivo, il consumatore finale come

qualcosa di nuovo, mentre l‟azienda riesce a comunicare il suo obiettivo strategico che è

appunto l'essere il brand ambasciatore dell'italianità nel mondo. Per quanto riguarda la

distribuzione, le bottiglie in edizione limitata, sono state destinate in esclusiva al canale

Ho.Re.Ca., sia in Italia che all‟estero.

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4.5. I canali distributivi di Sanpellegrino

Tra i principali canali distributivi adottati da Sanpellegrino per commercializzare i

propri prodotti troviamo il canale Ho.Re.Ca., la Gdo e l‟e-commerce, di seguito

analizzati.

4.5.1. Ho.Re.Ca.

La strategia di Sanpellegrino si focalizza essenzialmente su HOtels, REstaurants and

CAfés, ovvero sul canale commerciale Ho.Re.Ca, in cui Sanpellegrino è leader sia in

Italia che all‟estero. Nel mercato italiano, l‟80% della distribuzione si concentra in

questo canale e, in generale, nei consumi fuori casa. In Italia, il canale Ho.Re.Ca

rappresenta quindi il primo canale di distribuzione, in particolare per quanto riguarda il

mondo della ristorazione. I marchi coinvolti sono essenzialmente S. Pellegrino e Acqua

Panna, considerati fiori all‟occhiello dall‟azienda; sono, infatti, questi i due marchi che

vengono esportati in tutto il mondo simbolo del Made in Italy. Anche per quanto

riguarda i mercati esteri il consumo fuori casa ha un ruolo predominante, in linea con la

strategia del gruppo che punta alla copertura sempre più capillare del canale ristorazione

con l‟obiettivo di esportare il meglio dell‟italianità nei cinque continenti. Proprio a

questo proposito sono stati realizzati importanti progetti per avvalorare

l‟internazionalità dei prodotti Sanpellegrino all‟estero. Tra questi progetti ritroviamo S.

Pellegrino Meets Italian Talent dove la distribuzione, sia in Italia che all‟estero, delle

bottiglie in edizione limitata, ha riguardato esclusivamente il canale Ho.Re.Ca. Per

ampliare ulteriormente la propria reputation nei mercati, ricordiamo, che il marchio S.

Pellegrino viene distribuito nel top Ho.Re.Ca, cioè nel top della gamma della

ristorazione.

4.5.2. Gdo

La distribuzione di Sanpellegrino si concentra, nei mercati leader come Francia,

Svizzera, Stata Uniti, Italia, anche sul canale della grande distribuzione, in cui non è più

il ristoratore che sceglie l‟acqua ma, il cliente, consumatore finale che la prende dallo

scaffale (esempio Esselunga, Carrefour, … ). In questo segmento il gruppo

Sanpellegrino a livello di quote di mercato è leader sia a valore che a volume,

logicamente perché si sommano le quote di mercato di tutti i brand posseduti dal

gruppo (Levissima, Sanbernardo, Acqua Panna, Pejo, …, S. Pellegrino); a livello di

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singoli brand la situazione è ovviamente diversa a causa della presenza di competitor

molto forti come Sant‟Anna. La grande distribuzione viene definita qualificata

soprattutto all‟estero, dove con il termine qualificata si intende una distribuzione che

coinvolge non solo il classico supermercato, ma che riguarda anche i punti vendita un

po‟ più raffinati (ad esempio Dean & Deluca a New York) dove il prodotto italiano

viene valorizzato.

4.5.3. E-commerce

Il canale e-commerce rappresenta per Sanpellegrino la terza modalità di distribuzione, e

viene sfruttato soprattutto in Giappone, Usa (con Amazon) e Uk (con il retailer Tesco).

Si deve ricordare che ogni paese possiede la propria regolamentazione legislativa in

campo alimentare ed essendo, appunto l‟acqua, un prodotto alimentare, le etichette sono

diverse per ogni paese (caratteristiche/informazioni organolettiche dell‟acqua in base ai

diversi paesi). Per Sanpellegrino, quindi, dal punto di vista logistico, avere una

piattaforma e-commerce per tutto il mondo sarebbe impossibile. L‟azienda si appoggia

così alle piattaforme dei retailer in modo tale da distribuire anche on-line. In alcuni

paesi come in Giappone e in America Sanpellegrino stringe degli accordi con i grandi

player del mondo e-commerce, come ad esempio Amazon, che riescono a favorire

appunto la distribuzione.

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Figura 4. Distribuzione di Sanpellegrino: Ho.Re.Ca & Retail 98

Fonte: Sanpellegrino S.p.a.

A livello distributivo, nei grandi mercati come la Francia, la Svizzera, gli Usa,

Sanpellegrino si avvale della presenza delle filiali Nestlé Waters in quei paesi: quindi il

prodotto non viene distribuito direttamente da Sanpellegrino Italia ma viene da

quest‟ultima inviato alle filiali Nestlé Waters che si occupano di curare la distribuzione

nei ristoranti, nei bar e nella grande distribuzione. Sanpellegrino, così facendo, sfrutta la

potenza della filiali presenti nei mercati leader per distribuire il prodotto.

Nei mercati emergenti come Medio Oriente, Sud Africa, Russia, invece, o non vi è la

presenza della filiale Nestlé Waters oppure, essendo mercati più piccoli, non se ne ha

bisogno e si procede quindi ad una distribuzione diretta. Sanpellegrino si avvale di una

fitta rete di distributori locali che non distribuiscono solo S. pellegrino (ma anche birra,

vino, super alcolici); in questo modo l‟azienda effettua un presidio diretto sul canale

d‟entrata arrivando anche in questo modo al cliente, consumatore finale.

98

Il termine vendita al dettaglio (Retail) viene utilizzato per indicare la vendita di prodotti al consumatore

finale e può essere realizzata attraverso due modalità, utilizzate entrambe da Sanpellegrino: vendita al

dettaglio attraverso negozi, supermercati oppure, on-line, attraverso la tecnologia e-commerce.

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4.6. La copertura di nuove aree geografiche: i mercati emergenti

L‟internazionalizzazione fa parte infatti del DNA di Sanpellegrino; l‟obiettivo

dell‟azienda è quello della penetrazione di nuovi mercati, in particolar modo quelli del

vicino Medio Oriente, dove i consumi di acqua confezionata sono in notevole crescita,

senza dimenticare i paesi mediterranei dell‟Africa del Nord, raggiungibili via mare con

bassi costi di distribuzione. Il trasporto via mare, oltre ad essere il meno costoso, è

anche il meno inquinante, quindi con un basso impatto ambientale; è infatti noto

l‟impegno di Sanpellegrino verso la sostenibilità e l‟ambiente.

In primis è fondamentale per l‟azienda il mercato cinese, anche per l‟elevato numero di

abitanti, in cui ha avviato un importante piano di investimenti, di cultura ed education,

con il fine di sviluppare la propria immagine anche in Estremo Oriente. La Cina nei

prossimi cinque anni potrebbe diventare uno dei cinque mercati per i marchi del gruppo.

La massima aspirazione per il gruppo sarebbe quella di vendere anche in India, ma la

legislatura locale in tema di acqua minerale è abbastanza ferrea; per il momento, infatti,

non è possibile raggiungere questo mercato per la presenza di numerosi ostacoli, come

l‟obbligo di importare l‟acqua solo in bottiglie bianche a differenza del classico verde

adottato dalla Sanpellegrino.

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CONCLUSIONI

I fenomeni di internazionalizzazione, nell‟ultimo secolo, hanno conosciuto una

diffusione senza precedenti grazie alla capacità di spostare con relativa facilità le attività

della catena del valore, da un‟area all‟altra, in funzione delle condizioni di convenienza

economica.

Uno dei principali obiettivi di questo lavoro è stata la disamina delle molteplici modalità

di penetrazione in un paese estero, comprendendo come la scelta della modalità di

entrata sia una decisone critica, attentamente da valutare, sia sotto il profilo delle risorse

disponibili sia per quanto riguarda la consistenza degli investimenti finanziari e il loro

diverso grado di recupero. Ogni singola modalità di entrata determina l‟assunzione di

diversi livelli di rischio; gli investimenti diretti sono la modalità più vincolante ma che

allo stesso tempo offrono un maggior radicamento nel mercato estero.

Nell‟attuale scenario globale per fronteggiare la concorrenza internazionale è necessario

concentrare i proprio sforzi nei mercati di sbocco più remunerativi, sfruttando vantaggi

di costo, di risorse, di logistica e di mercato, e ridurre gli investimenti nei mercati

cosiddetti maturi.

Emerge, inoltre, che l‟internazionalizzazione sia in grado di generare un‟evoluzione

complessiva dell‟impresa permettendole di acquisire risorse e competenze, rafforzare la

propria immagine e reputazione, accedere a conoscenze e relazioni non disponibili nel

proprio paese. Nel rapportarsi in nuovi contesti bisogna però ricordare che, l‟impresa

deve superare non solo ostacoli burocratici ma anche distanze culturali; in questo

quadro enti locali, banche e istituzioni possono rappresentare uno strumento utile per

facilitare l‟impresa ad operare nel nuovo mercato.

Il fenomeno dell‟internazionalizzazione riguarda in modo trasversale sia tutti i settori

economici sia le diverse aree geografiche; in particolare è stata presentata un‟analisi del

sistema agroalimentare, inteso come l‟insieme di settori integrati, dall‟agricoltura,

all‟industria alimentare, alla distribuzione, ai trasporti fino alla ristorazione, dove è

emerso che questo settore per certi versi è andato in controtendenza, grazie al Made in

Italy agro-alimentare, una delle componenti più robuste delle nostre esportazioni. Infatti

nella fase di declino il settore ha migliorato le proprie performance. I prodotti Dop,

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Docg e Igp, la cui qualità è indiscussa, rappresentano la punta di diamante dell‟offerta

nazionale.

In particolare è stata svolta un‟attenta analisi del settore beverage, sia a livello nazionale

che mondiale, in cui l‟attenzione si è concentrata sul segmento delle acque minerali e

dove è emerso che, nonostante una battuta d‟arresto dovuta alla crisi economica, l‟Italia

è tra i principali paesi esportatori e consumatori di acqua minerale. Sottolineo, inoltre,

come l‟acqua rappresenti un valore italiano, un simbolo dell‟italianità nel mondo.

A conclusione della tesi, vengono fornite, di seguito, alcune sintetiche ed ulteriori

riflessioni.

L‟attuale panorama socio-economico è caratterizzato da una generale recessione, non

solo a livello nazionale, ma anche europeo e mondiale. Il quadro economico appena

descritto si riflette anche su piano sociale, caratterizzato sia da una diminuzione del

benessere sia da un aumento della disoccupazione. Emerge quindi la necessità di

ridisegnare i modelli economici, attuando politiche orientate alla crescita e alla

sostenibilità sociale.

Dal presente lavoro è emerso come, in un momento di crisi economica come quello che

sta vivendo il nostro Paese, la valorizzazione dell‟internazionalizzazione sia una

strategia per rilanciare l‟Europa, ma soprattutto l‟Italia. Per molte imprese, infatti

l‟internazionalizzazione da semplice possibilità si è trasformata in necessità.

Sono proprio l‟internazionalizzazione e la capacità di offrire al mondo una “nuova dolce

vita”, rilanciando appunto il Made in Italy, gli strumenti necessari su cui il nostro Paese

deve puntare.

Il Made in Italy sinonimo di qualità, stile, immagine, fama e prestigio, è un elemento

centrale dell‟identità culturale di questo Paese; quando si pensa al Made in Italy si pensa

a quei prodotti che hanno un alto contenuto estetico. Made in Italy è mangiare bene,

Made in Italy è vestirsi bene, Made in Italy è vivere bene, in un ambiente gradevole,

Made in Italy è tutto questo.

L‟immagine dell‟Italia, intesa come un paese che ha un profilo fortemente estetico, non

va vissuto come qualcosa di effimero, di banale o di superfluo: va vissuto come un

elemento di forza.

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I nuovi mercati, i nuovi sfidanti globali che si sono affacciati sullo scenario mondiale,

Cina in primis, possono, infatti, offrire enormi opportunità per le aziende italiane che

propongono prodotti di qualità e capaci di dare emozioni. Inoltre si tratta di paesi in cui

il Made in Italy, già oggi, afferma il proprio valore e, grazie alla potenza dei marchi

italiani rappresenta uno status symbol per i consumatori. I consumatori stanno, inoltre,

imparando a riconoscere il valore dei prodotti italiani anche quando non si tratta di

marchi noti. In questi nuovi mercati i consumi sono decisamente in crescita, grazie ad

aumenti salariali, avanzamento delle politiche di welfare e dal processo di

urbanizzazione.

Le nostre imprese, però, si trovano ad operare in contesti non rosei; da un lato la

concorrenza si è fatta più dura perché, a causa delle debolezza della domanda interna, le

imprese orientano i propri sforzi ai mercati emergenti, dall‟altro lato, molto spesso,

questi nuovi sfidanti ostacolano l‟ingresso di prodotti esteri innalzando barriere e dazi.

Entrare nei nuovi mercati è quindi una sfida per le imprese. Conoscere l‟andamento e le

potenzialità dei consumi, analizzare il profilo dei consumatori e il sistema distributivo,

delineare il proprio mercato e conoscere gli ostacoli commerciali per l‟ingresso dei

propri prodotti rappresentano punti di partenza per vincere la sfida.

Il gruppo Sanpellegrino, famosa azienda attiva nel settore beverage, che produce acqua

minerale e bevande soft drink, con i suoi marchi internazionali S. Pellegrino e Acqua

Panna, rappresenta una delle realtà italiane in cui il binomio internazionalizzazione e

Made in Italy si è dimostrato vincente a livello mondiale. In particolare le bollicine

dell‟acqua S. Pellegrino, vera icona della qualità Made in Italy, incantano i palati del

mondo e registrano un boom nelle vendite per l'export. Le vendite all‟estero sono una

componente essenziale per il gruppo.

S. Pellegrino è presente sulle tavole più prestigiose, ambasciatrice nel mondo del nostro

inconfondibile stile di vita; interpreta alla perfezione lo stile italiano, inteso come sintesi

di convivialità, eleganza e fine dining.

Lo stile italiano, l‟eleganza e la tradizione sono tutti valori che S. Pellegrino incarna,

contribuendo a diffonderli nel resto del mondo. Proprio a questo proposito spiccano le

partnership di S. pellegrino con marchi italiani di fama mondiale come Bulgari e

Missoni.

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E‟ opportuno sottolineare come il gruppo Sanpellegrino, lavorando con responsabilità e

passione, sia un esempio virtuoso di creazione di valore condiviso che fa crescere

l‟Italia. Le caratteristiche Made in Italy dei prodotti Sanpellegrino sono, infatti, un

importante volano per la creazione di valore nel nostro Paese; i prodotti sono realizzati

in Italia generando valore aggiunto e occupazione a livello nazionale.

In conclusione mi sembra opportuno ricordare come il 2013 sia stato definito da

autorevoli economisti come uno degli ultimi anni di recessione anche per il nostro

Paese. Speriamo che tali previsioni si avverino, ciononostante dobbiamo comunque

essere consci che la via della ripresa sarà lunga. Il principale augurio, di un 2014 in

grande ripresa, è che questo viaggio si rilevi il più breve possibile e meno gravoso del

previsto sia per le famiglie, messe alla prova ormai già da tempo, sia per quelle aziende

che sono riuscite a non piegarsi sotto il peso della crisi.

Per far si che tutto questo si realizzi è necessario puntare su qualità e su quell‟allure non

sempre definibile, ma di sicuro di successo, che va sotto il nome di Made in Italy. E‟

necessario impadronirsi al più presto di questo nostro valore culturale, ma soprattutto

economico, orientando in questo verso la nostra politica industriale ed essendo

consapevoli dell‟enorme potenziale che l‟italianità ci può dare per ampliare la nostra

presenza commerciale in tutti quei paesi in cui sta nascendo un nuovo consumatore,

appunto i paesi emergenti, in cui esistono reali prospettive di mercato.

L‟Italia sta ancora lottando contro i prodotti contraffatti, anche se purtroppo non sarà

mai una guerra vinta completamente, ma grazie a tradizione, design, tecnologia e

creatività si potrà sconfiggere questa competizione ingiusta garantendo il successo dei

prodotti italiani nel mondo.

Think local, act global – pensare localmente e agire globalmente – sembra essere la

ricetta per rilanciare l'economia Made in Italy.

In particolare, il progetto Made in Italy non può prescindere dal passato ma deve saper

guardare al futuro – If I have seen farther than others it is because I was standing on the

shoulders of giants (Isaac Newton) – Stare sulle spalle dei giganti significa basarsi sugli

studi, sulle scoperte passate, sulle tradizioni e sulla nostra cultura perché il pensiero di

oggi non è che il completamento di quello di ieri e, rimanendo in piedi sulle spalle del

passato, è possibile guardare avanti e più lontano.

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BIBLIOGRAFIA

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ALLEGATI

Allegato 1

GRUPPO SANPELLEGRINO:

UN 2012 IN CRESCITA GRAZIE ALL‟EXPORT

Il giro d‟affari 2012 è di 766 milioni di euro con un incremento dell‟8,3%

rispetto all‟anno precedente;

A guidare la crescita è l‟export (+15,2% a volume) i cui introiti rappresentano il

40% del giro d‟affari complessivo. Cresce anche il numero dei Paesi raggiunti

dai prodotti del Gruppo, arrivato a oltre 130 in tutto il mondo; tra i mercati esteri

è della Cina la performance più significativa che registra un raddoppio delle

vendite;

Le vendite estere delle acque minerali S.Pellegrino e Acqua Panna e dei fruit

beverages Sanpellegrino hanno raggiunto il miliardo di unità vendute, 130

milioni in più rispetto all‟anno precedente.

Milano, 2013 – Il Gruppo Sanpellegrino, azienda leader in Italia nel settore beverage, ha

chiuso il 2012 con un giro d‟affari di 766 milioni di euro in crescita dell‟8,3% rispetto

all‟anno precedente. In un momento difficile dell‟economia globale, il risultato è stato

trainato soprattutto dalla continua e considerevole crescita delle vendite estere (+13,9%

di crescita organica). Sul mercato italiano si è registrato un sostanziale mantenimento

delle vendite nonostante la diminuzione riportata nel periodo post-estivo, un trend in

linea con il generale calo dei consumi alimentari nel nostro Paese.

“Abbiamo chiuso un anno impegnativo con una buona performance di Gruppo che ci

ha permesso di superare le sfide di un 2012 molto impegnativo - afferma Stefano

Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino – Se sui

mercati internazionali registriamo risultati brillanti, in Italia la fiducia delle famiglie è

stata invece messa a dura prova, soprattutto nella seconda metà dell’anno, a causa

della difficile situazione economica e finanziaria con una conseguente contrazione dei

consumi”.

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I prodotti Sanpellegrino allargano i propri confini internazionali raggiungendo nel corso

del 2012 nuovi mercati mondiali per un totale di circa 130 Paesi nei cinque continenti.

Al contempo le esportazioni delle acque minerali S.Pellegrino e Acqua Panna e dei fruit

beverages Sanpellegrino hanno raggiunto il miliardo di unità vendute, 130 milioni in più

rispetto all‟anno precedente.

“I risultati 2012 confermano il successo ottenuto negli ultimi anni dalle nostre strategie

internazionali e ne testimoniano l’evoluzione su tre assi: estensione del portafoglio

prodotti, diversificazione dei canaIi e copertura di nuove aree geografiche – continua

Agostini - È stato un anno di grande sviluppo del business nei nostri mercati in

sviluppo, in particolare Cina, Corea, Russia, Brasile e Giappone e buoni trend li

abbiamo registrati anche nei top big markets, USA e Canada, UK e Francia. Riteniamo

che, soprattutto nell’attuale contesto di difficoltà dell’economia italiana, il modello del

Gruppo Sanpellegrino, fortemente focalizzato nella diffusione della qualità e dello stile

Made in Italy nel mondo, possa rappresentare una case history importante nel settore

agroalimentare italiano”.

Il 2012 è stato in particolare l‟anno dello sviluppo Sanpellegrino in Cina: il percorso che

ha visto un‟accelerazione da parte del Gruppo nel 2008 è giunto, infatti, ad una svolta

con l‟avvio di un importante piano di investimenti volto a sviluppare la presenza e

l‟immagine nel Paese dell‟estremo oriente, dove l‟obiettivo è di rendere la Cina, entro i

prossimi cinque anni, uno dei primi 5 mercati per i marchi del Gruppo.

“Il dato positivo sull’export – conclude Agostini – impone però una riflessione sul

mercato italiano che, nel primo trimestre del 2013, registra un calo di circa il 6%: le

acque del Gruppo sgorgano in Italia, qui abbiamo i nostri stabilimenti e qui lavorano le

nostre Persone. Il perdurare della crisi sta mettendo a dura prova il nostro settore in

Italia, occorre lavorare senza indugi su soluzioni di rilancio a livello di comparto e, più

in generale, a livello di politica di sviluppo economico del Paese”.

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RINGRAZIAMENTI

Doverosi ringraziamenti vanno a tutti coloro che mi hanno permesso di portare a

termine questa tesi:

- In primis ringrazio la Prof.ssa Mariella Piantoni per il suo supporto, per la sua

disponibilità e cortesia offertami nella sua attività di relatrice, senza dimenticare

i preziosi consigli che ha saputo darmi.

- Un grazie sincero va alla Sanpellegrino S.p.a., località Ruspino, in modo

particolare a Manuel Cadei, per avermi dato la possibilità di svolgere il tirocinio.

Ringrazio, inoltre, Paolo Passoni, S. Pellegrino Senior Brand Manager –

International Business Unit –, per l‟aiuto e per le preziose informazioni che ha

saputo fornirmi.

- Un sentito ringraziamento ai miei genitori, per essermi sempre stati vicini, per

avermi incoraggiato e sostenuto nelle mie scelte, per avermi permesso di

studiare e di conseguire la mia prima laurea; grazie per la fiducia che avete

avuto, e che continuate ad avere in me.

- Ringrazio poi la mia inimitabile nonna, la persona alla quale ho deciso di

dedicare questa tesi; anche se non può più essere fisicamente presente nella mia

vita, la ringrazio perché la sento sempre vicina e accanto a me e la ringrazio

anche per darmi la forza, ogni giorno, di raggiungere tutti i miei obiettivi.

- Desidero, infine, ringraziare Mattia, una persona unica, essenziale nella mia vita,

che giorno dopo giorno mi dimostra il suo incrollabile sostegno morale; grazie

perché credi in me, perché ci sei… Sempre.