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SIGNAL DETECTION NELLA WORKING MEMORY DI INDIVIDUI CON ESPERIENZE PSICOTICHE SUB-CLINICHE UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II Scuola di Medicina e Chirurgia Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche Scuola di Specializzazione in Psichiatria Direttore: prof. A. de Bartolomeis RELATORE Ch.mo Prof. Felice Iasevoli CANDIDATO Dott. Rodolfo Rossi Mat. N° V1700001 TESI DI SPECIALIZZAZIONE ANNO ACCADEMICO 2014 - 2015

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II · psicotici 2, 3, 6 e fino a 10 volte quella della schizofrenia 7. Le stime della reale prevalenza delle PLE nella popolazione generale

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SIGNAL DETECTION NELLA WORKING MEMORY DI

INDIVIDUI CON ESPERIENZE PSICOTICHE SUB-CLINICHE

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

Scuola di Medicina e Chirurgia

Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche

Scuola di Specializzazione in Psichiatria

Direttore: prof. A. de Bartolomeis

RELATORE Ch.mo Prof. Felice Iasevoli

CANDIDATO Dott. Rodolfo Rossi

Mat. N° V1700001

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

ANNO ACCADEMICO 2014 - 2015

2

Indice

Introduzione.....................................................................................................................3Esperienze Psicotiche..............................................................................................................3

Definizione.............................................................................................................................................3Inquadramento epidemiologico.......................................................................................................3Il modello proneness-persistence-impairment............................................................................7Valutazione delle PLE........................................................................................................................8

Neurocognitività ed Esperienze Psicotiche.........................................................................9Obiettivi..................................................................................................................................12

Materiali e metodi........................................................................................................14Disegno Dello Studio............................................................................................................14

Coorte....................................................................................................................................................14Campione.............................................................................................................................................15Misure....................................................................................................................................................15Signal Detection Theory (SDT)....................................................................................................17Analisi Statistiche..............................................................................................................................21

Risultati...................................................................................................................................23Campione.............................................................................................................................................23PLIKSi...................................................................................................................................................25Working Memory..............................................................................................................................27Regressione Logistica Univariabile.............................................................................................28Regressioni gerarchiche..................................................................................................................28Multiple Imputation..........................................................................................................................30

Discussione.............................................................................................................................32Implicazioni teoriche di un modello SDT.................................................................................34Punti di forza e limitazioni dello studio.....................................................................................37

Conclusioni.............................................................................................................................39Bibliografia...........................................................................................................................40Ringraziamenti....................................................................................................................47

3

Introduzione

Esperienze Psicotiche

Definizione

Le Psychotic-Like Experiences (PLE) sono manifestazioni psicotiche, in

particolare deliri ed allucinazioni, che non raggiungono un grado di severità o di

interferenza con il funzionamento tale da configurare un disturbo psicotico o

una condizione di interesse clinico.

Inquadramento epidemiologico

Le PLE sono fenomeni relativamente comuni nella popolazione generale,

essendo presenti come parte di un continuum in termini di frequenza, tipo e

numero di esperienze, preoccupazione ad esse associata e grado di convinzione

1-4. La prevalenza lifetime stimata per le PLE secondo un recente studio

mondiale è di 5.4% 5. Tale prevalenza è circa 3 volte quella di tutti i disturbi

psicotici 2, 3, 6 e fino a 10 volte quella della schizofrenia 7. Le stime della reale

prevalenza delle PLE nella popolazione generale mostrano un’ampia

eterogeneità, per lo più attribuibile alle diverse modalità di misurazione,

andando da un 5% quando misurate tramite un’ intervista semistrutturata fino ad

un 60% quando venga utilizzato un questionario autosomministrato 8-10.

I principali fattori di rischio associati alla presenza di PLE sono:

• le esperienze di vita avverse in infanzia (Childhood Adversities, CA),

che includono nella loro definizione l’esposizione alla povertà, la

rottura del nucleo familiare, la morte di un genitore, il neglect,

4

l’abuso verbale o fisico e il bullismo 11-17. Secondo la WHO, la

prevalenza dell’esposizione ad almeno una CA nel mondo è del 40%,

con un tasso di co-occorrenza di più di un’avversità del 60% 18.

Complessivamente, le CA conferiscono un aumento del rischio di

PLE di 2-3 volte rispetto alla popolazione non esposta (OR=2.78,

95%CI [2.34, 3.31])17, 19. Da un punto di vista neurobiologico, gli

eventi di vita avversi agirebbero modificando la funzionalità dell’asse

ipotalamo-ipofisi-surrene alterando la normale risposta allo stress ed

inducendo modificazioni strutturali e funzionali di alcune aree chiave

nell’ippocampo 20, 21. Da un punto di vista psicologico, le CA

impatterebbero sugli stili cognitivi degli esposti, aumentando la

tendenza alla paranoia, tramite meccanismi di worry, credenze

negative sul sé, sensitività interpersonale, esperienze interne anomale,

e bias di ragionamento quali il Jumping-to-Conclusions (JTC) (vedi

oltre) 22. Meno chiaro è il nesso tra CA e allucinazioni uditive, che

implicherebbe la mediazione di manifestazioni dissociative 23 e di

deficit di source monitoring 24.

• L’appartenenza ad una minoranza etnica: le PLE hanno una

prevalenza maggiore tra le minoranze etniche 15, 25, soprattutto in

adolescenza 26, in soggetti sensibili alla discriminazione 27 ed in

contesti ad elevata esclusione sociale delle minoranze 27, 28. Inoltre, la

struttura particolare della rete sociale, con maggiore percezione di

supporto emotivo e materiale, sembra essere fattore protettivo per le

5

PLE anche nei contesti di minoranza etnica 29. Infine, la densità

relativa del proprio gruppo etnico sembrerebbe attenuare l’effetto

dello svantaggio sociale nel determinare le PLE30. Lo status di

migrante per sé, che comunemente viene indicato come fattore di

rischio per i disturbi psicotici, di fatto sembrerebbe avere un effetto

secondario rispetto alla percezione di esclusione e diversità dal

contesto sociale ed ambientale 31.

• L’appartenenza ad una classe sociale bassa, le difficoltà ambientali e

lo svantaggio sociale sono importanti fattori di rischio per le PLE, in

accordo con l’ipotesi della “social causation” delle psicosi32. Inoltre,

tali condizioni di svantaggio sembrano separare i soggetti con PLE di

nessun significato clinico dai soggetti in condizioni clinicamente

significative 33.

• Un basso QI in infanzia e la presenza di disturbi del neurosviluppo

(tratti autistici, dislessia, disprassia, disgrafia, disortografia,

discalculia) sono associati alla presenza di PLE in adolescenza 34.

Inoltre, questi fattori di rischio sembrano essere gli unici di quelli

riportati che dimostrano una specificità per le PLE, essendo

specificatamente predittivi di quest’ultime e non di sintomi depressivi

o ansiosi alla stessa età 35.

• Familiarità per patologia psichiatrica: secondo le stime di una recente

metanalisi 2 la familiarità per patologia psichiatrica è associata ad in

OR per PLE di 3.06 (1.58, 5.94). Tuttavia, tale dato rimane

6

controverso, dal momento che la presenza di familiarità per SCZ

sembrerebbe conferire un rischio per PLE minore di quello della

familiarità per depressione, sebbene molte cautele statistiche vanno

prese in considerazione nell’interpretare questo dato 36. Un ulteriore

studio, con metodologia superiore, conferma l’associazione tra

familiarità per disturbi psicotici (non limitatamente alla SCZ) e PLE,

con un RR di 3.30 (1.82, 5.97) per almeno una PLE lifetime, ed un

RR di 6.12 (2.74–13.67) per la presenza combinata di almeno

un’allucinazione ed almeno un delirio 37.

• Cannabis ed altre sostanze d’abuso: l’uso di cannabis, alcol e altre

sostanze d’abuso è uno dei fattori di rischio più importanti per le PLE.

Stime metanalitiche riportano un OR di 2.51 2.

Le PLE mostrano un picco di prevalenza nella prima adolescenza, per poi

andare incontro ad un plateau nella prima età adulta 2, 38-40. Più in particolare,

uno studio longitudinale che ha utilizzato una valutazione basata su un’intervista

semistrutturata riporta che tra i 12 e i 18 anni di età il tasso di remissione delle

PLE è del 78% 39. Misurazioni longitudinali definitive della traiettoria di

prevalenza delle PLE attraverso le diverse età della vita non sono al momento

disponibili.

Le PLE sono un indice di rischio per i disturbi psicotici, inclusa la

schizofrenia. Una recente meta-analisi dimostra che la maggior parte degli

individui con PLE rimangono sub-sintomatici per tutta la vita senza mai

convertire a disturbo psicotico conclamato, sebbene il rischio di conversione

7

annuo a disturbo psicotico sia circa tre volte maggiore in individui con PLE

(0.56% VS 0.16%) 41. La presenza di PLE in adolescenza appare essere un

indice di rischio sostanzialmente aspecifico, in quanto le PLE sembrerebbero

predisporre sia ai disturbi psicotici sia a disturbi d’ansia, dell’umore e da uso di

sostanze 35. In base a queste evidenze, si è nel tempo affermata l’ipotesi che le

PLE nella tarda adolescenza, per come vengono attualmente rilevate, possano

rappresentare l’epifenomeno di vulnerabilità ancora differenziabile in differenti

esiti psichiatrici 35.

Il modello proneness-persistence-impairment

Le PLE condividono con i disturbi psicotici un elevato numero di fattori di

rischio. Tra questi, bullismo ed esperienze avverse in infanzia 12, 17, 42-45,

funzionamento intellettivo 9, 34, 46, uso di cannabis 47, 48, discriminazione etnica 49

e familiarità per disturbi psichiatrici maggiori 37. Sulla base di tali evidenze

epidemiologiche, si è ipotizzata l’esistenza di un fenotipo psicotico esteso, ai cui

estremi stanno le PLE da un lato, e la schizofrenia e i disturbi psicotici dall’altro

3. Secondo tale modello (fig. 1), le PLE degli individui inclini alla

sintomatologia psicotica, in risposta a vari stressors ambientali e al carico

genetico 50 perdono il carattere di transitorietà divenendo via via più stabili nel

tempo, per poi produrre una compromissione del funzionamento globale.

Numerose critiche sono tate mosse a tale modello, soprattutto circa la

discutibilità del sostenere una continuità fenomenologica tra due manifestazioni

sulla scorta della continuità dei fattori di rischio. Inoltre, recenti evidenze

suggeriscono che solo i fattori di rischio di natura neuroevolutiva sono

8

realmente specifici per lo spettro psicotico, mentre sembrerebbe che i fattori di

rischio ambientali siano relativamente aspecifici, conferendo un aumentato

rischio sia per le patologie dello spettro psicotico sia per manifestazioni ansioso-

depressive 35.

Valutazione delle PLE

Nonostante l’importanza della persistenza delle PLE come indice di rischio

per lo sviluppo di disturbi psicotici, tanto l’esatta stima della prevalenza delle

PLE tanto la stima del loro tasso di persistenza rimane estremamente variabile,

variando tra l’8% e il 30% negli adulti 51-53 e tra il 16% e il 40% negli

adolescenti 54, 55. La maggioranza di questa variabilità può essere spiegata sia

dalla natura del campione che dal tipo di strumento utilizzato 2. Il problema del

Figura1ModelloProneness-Persistence-Impairment.Secondoquestomodello,lemanifestazionievolutivedellePLEsonocomunieperlamaggiorpartetransitorie.Tuttavia,lePLEpossonodiventarepersistentiattraversomeccanismidisensitizzazionepsicologicaebiologica.Lapersistenzaasuavoltaaumentalaprobabilitàdiimpattonegativosulfunzionamentoelanecessitàdicure.DaVanOsetal.,2009

9

numero dei diversi strumenti utilizzati, nonché delle diverse definizioni

operative, è stato affrontato da una revisione sistematica 56 che ha identificato in

76 studi complessivi notevoli discrepanze nella definizione operativa delle PLE,

che nella maggior parte dei lavori includono sia deliri che allucinazioni, pur

essendo presente una minoranza di lavori che misura solo l’uno o l’altro

fenomeno. Sono stati inoltre identificati ben 41 diversi strumenti di misurazione,

i più comuni dei quali sono la Magical Ideation Scale (MIS), la Community

Assessments of Psychic Experiences (CAPE) e la Launay-Slade Hallucinations

Scale (LSHS). La stragrande maggioranza dei lavori inclusi utilizza strumenti

self-report. Dai risultati di tale revisione, si conclude che non esiste al momento

un consenso definitivo sulla definizione operativa delle PLE e sulla loro

separazione dalla schizotipia. È da notare che questo lavoro non include, per

difetto di metodo, lo strumento basato su intervista semistrutturata utilizzato nel

presente lavoro 57.

Neurocognitività ed Esperienze Psicotiche

Tra i vari fattori di rischio per i disturbi psicotici, i deficit neurocognitivi, in

particolare della Working Memory (WM), rivestono un ruolo di notevole

rilevanza 58, 59. La WM, infatti, è una funzione neurocognitiva di base che è

frequentemente compromessa negli individui affetti da schizofrenia (SCZ) e da

altri disturbi psicotici. Inoltre, tale deficit, essendo presente prima dell’esordio,

ed essendo presente in forma attenuata anche nei parenti di primo grado dei

soggetti affetti, è un endofenotipo candidato per la SCZ 60-62. I deficit di WM

sono, infatti, stati rilevati a cavallo del primo episodio psicotico 63-65. Per quanto

10

i criteri di Gottesman prevedano una stabilità nel tempo degli endofenotipi, i

deficit cognitivi nei pazienti psicotici seguono delle specifiche traiettorie di

deterioramento che non sembrano essere stato-dipendenti, non andando pertanto

in contraddizione con i criteri sovra citati 64, 66, 67. Inoltre, lievi ma significativi

deficit di WM sono stati rilevati nei parenti di primo grado dei soggetti affetti da

SCZ e in individui ad alto rischio familiare per disturbi psicotici, suggerendo

una possibile componente genetica in tali disfunzioni 62, 68-71. Una riduzione

della capacità, o span, di WM è stata rilevata in individui ad Ultra-High Risk

(UHR) o At-Risk-Mental-State (ARMS) afferenti spontaneamente ai servizi di

salute mentale, soprattutto in quelli che sarebbero poi transitati in disturbo

psicotico conclamato 72-76. Infine, deficit di WM sono stati identificati in

individui schizotipici, per quanto in questo ambito i dati risultino meno coerenti

data l’eterogeneità degli strumenti psicometrici utilizzati per la definizione di

schizotipia 61, 77, 78.

Gli esatti meccanismi neuropsicologici tramite i quali i deficit di WM

contribuiscono ai sintomi psicotici è poco chiaro. La WM è stata messa in

relazione a specifiche anomalie neurocognitive, tra cui disturbi del source

monitoring 79, e bias di ragionamento come il jumping to conclusion. Il source

monitoring rappresenta la funzione neurocognitiva deputata al riconoscimento

della fonte di un atto mentale. Anomalie del source monitoring sono state messe

in relazione sia ai costrutti di natura fenomenologica della meità e

dell’agentività - che sarebbero alla base delle esperienze di passività dalle quali

11

trarrebbero origine i deliri di primo rango in senso Schneideriano - sia alla

allucinazioni uditive verbali.

Il Jumping-to-conclusions (JTC) è il fenomeno per cui i soggetti psicotici

sembrano richiedere una minore quantità di informazioni per operare delle

inferenze durante il processamento probabilistico dei dati di realtà. La presenza

di JTC è strettamente legata alla presenza di deliri di riferimento, interpretatività

e paranoia.

Nel loro complesso, i fenomeni psicotici sarebbero associati ad un elevato

numero di false memorie e/o all’incapacità di rigettarle, esitando nella

compromissione dell’analisi di realtà.

Pochi studi hanno finora indagato la relazione tra WM e PLE nella

popolazione generale. Ad esempio, Korponay 80 e colleghi negli USA hanno

rilevato un inaspettatamente alto punteggio nei task di WM, misurata

nell’ambito della MCCB, negli adulti con PLE identificate tramite il

questionario autosomministrato Community Assessment of Psychic Experiences

(CAPE). Il campione di questo studio non sarebbe idoneo a studiare la relazione

tra PLE e deficit cognitivi poiché l’elevata età media giustificherebbe un bias di

selezione in favore di quegli individui che non sarebbero comunque mai

transitati a disturbo psicotico, le cui elevate capacità cognitive potrebbero

rappresentare un fattore protettivo che ne avrebbe impedito la transizione a

psicosi. Un’associazione tra WM e PLE è stata invece rilevata in Germania in

un ampio studio di popolazione generale, anche in questo caso utilizzando la

12

CAPE 81. Tuttavia, in questo studio gli strumenti di misurazione della WM non

permettono un’approfondita valutazione dei meccanismi qualitativi sottostanti i

deficit di WM rilevati. Ad ogni modo, tale studio ha rilevato un’associazione

statisticamente significativa, seppur di modesto effect size, tra WM e PLE.

Entrambi gli studi citati valutano le PLE tramite strumenti autosomministrati,

che hanno la tendenza a sovrastimare la presenza di PLE e quindi ad includere

nel gruppo dei casi individui che in altre condizioni verrebbero valutati come

controlli, diluendo la magnitudine dei deficit rilevati. In Irlanda, un piccolo

studio 82 che utilizzava un’intervista per la valutazione delle PLE non ha rilevato

nessuna associazione con la WM, misurata con il digit span task. Lo stesso

gruppo ha inoltre riportato un lavoro indipendente, un correlazione tra PLE e

WM spaziale83. Uno studio dalla stessa coorte replica il risultato in una

subcampione di individui UHR82 .

Obiettivi

Data la sostanziale aspecificità delle PLE come indicatori di rischio, è

importante indagare alcuni dei fenotipi propri dei disturbi psicotici anche in

relazione alle PLE, il cui rilievo potrebbe aumentare il potere predittivo delle

PLE verso i disturbi psicotici maggiori.

In questo studio esamineremo il funzionamento della WM, utilizzando una

versione dell’N-Back task, sul più grade campione di popolazione generale

finora raccolto, e valuteremo le associazioni tra pattern di funzionamento N-

Back e prevalenza di PLE utilizzando un tipo di analisi qualitativa che

opereremo sul processamento dei dati mnestici dei soggetti con e senza PLE.

13

La nostra ipotesi di partenza è che esista una continuità tra PLE e disordini

psicotici; pertanto le anomalie di WM, accertate nei disturbi psicotici

conclamati, dovrebbero mostrare un’associazione nelle PLE indipendentemente

dalla presenza di un disturbo clinico.

14

Materiali e metodi

Disegno Dello Studio

Ai fini della nostra indagine, abbiamo eseguito uno studio osservazionale

cross-sectional inglobato in un più ampio studio di popolazione.

Coorte

ALSPAC (http://www.bristol.ac.uk/alspac/)

Il nostro campione è estratto dalla coorte

dello Studio ALSPAC (Avon Longitudinal

Study of Parents and Children, anche detto

Children of the ‘90s). ALPSAC è considerato

uno dei più ampi e più comprensivi studi

epidemiologici di coorte di nascita. Lo studio ha

avuto inizio nel 1991-1992 con lo scopo di esaminare il ruolo di variabili

genetiche, ambientali e genitoriali come predittori dello sviluppo psicofisico dei

bambini. 14541 donne gravide della contea di Avon (UK) (fig. 2) furono

reclutate, stimate come l’85-90% della popolazione target, ottenendo 14062 nati

vivi e 13988 infanti vivi a 12 mesi. Dati fenotipici, genetici, biologici ed

esposomici sono stati raccolti sulle madri, i loro partner e sui figli in numerosi

time-point. Le sorgenti dati includono questionari self-report, incontri durante i

quali si è proceduto a misurazioni fisiche ed interviste, integrazione di database

ostetrici, scolastici e delle forze dell’ordine, dati biologici inclusi dati genome-

Figura2ConteadiAvon,UK

15

wide ed epigenetici, scansioni tramite MRI ed fMRI. Una completa descrizione

della coorte può essere trovata in 84.

L’approvazione etica è stata ottenuta dall’ALSPAC Ethics and Law

Committee e dal Local Research Ethics Committee, ed è conforme alla

dichiarazione di Helsinki sull’etica nella ricerca biomedica.

Il progetto ALSPAC è finanziato dal Medical Research Council e dal

Wellcome Trust.

Campione

Il nostro campione è estratto dal time-point “Teen Focus 4” (TF4), iniziato

nel Dicembre 2008 e completato nel Dicembre 2010. L’età target di

reclutamento è di 17.5 anni. 5216 individui hanno partecipato al TF4. Per le

principali analisi, abbiamo selezionato gli individui che avessero almeno una tra

la variabile dipendente e la variabile indipendente non-mancante.

Misure

PLE: la presenza di PLE è stata rilevata utilizzando l’intervista

semistrutturata Psychosis-Like Symptom Interview (PLIKSi)9. La PLIKSi

include un primo set introduttivo di domande per introdurre il soggetto alle

esperienze bizzarre, seguito da un pool di domande per indagare 11 sintomi

“core”, la loro modalità di occorrenza e il loro impatto sul funzionamento

globale. La PLIKSi è derivata dalla “Schedule for Clinical Assessment in

Neuropsychiatry 2.0” (SCAN 2.0) 85, elaborata dalla World Health Organization

(WHO). Le PLE “core” indagate dalla PLIKSi includono allucinazioni (visive

16

ed uditive), deliri (di essere spiati, di persecuzione, di lettura del pensiero, di

riferimento e di grandiosità) ed esperienze di interferenza con il pensiero

(trasmissione, inserzione e furto). Ogni PLE può essere valutata come “Assente”

“Sospetta” o “Presente”. Le risposte ambigue o poco chiare sono state down-

rated. Nel nostro studio la variabile dipendente PLE è stata considerata positiva

per valutazione PLIKSi “sospetta” e “presente”, non attribuibili a sonno o

episodi febbrili.

Working Memory: la funzionalità della WM è stata indagata tramite l’N-

Back Task. 3986 soggetti avevano i dati N-Back disponibili. Di questi, 391 per

il 2-back e 341 per il 3-Back sono stati esclusi dalle analisi per non aver risposto

o non aver ingaggiato nel task. Nell’ N-Back, ai soggetti vengono presentati

numeri da 0 a 9 in ordine pseudo-randomizzato. Ciascuno stimolo è presentato

per 500ms con intervallo tra gli stimoli di 3000ms. I soggetti vengono istruiti a

premere il tasto “1” se lo stimolo corrente è identico a quello presentato “N”

stimoli prima, il tasto “2” se invece è diverso. Al fine di non influenzare la

strategia di risposta al task verso una massimizzazione degli HIT o dei Correct

rejection, le Istruzioni fornite erano neutre. Sono stati somministrati 2 differenti

blocchi (2-Back e 3-Back) di 48 trial ciascuno. Il computer ha generato

automaticamente 4 parametri:

a. target identification accuracy (Hit rate), essendo la percentuale di trial

correttamente identificati come target

b. non-target identification accuracy (CR), essendo la percentuale di trial

noise identificati come tali, ovvero le correct rejections.

17

c. target identification median reaction time (Hit_RT), essendo la mediana

dei tempi di reazione ai trial target

non-target identification median reaction time (nonT RT) essendo la

mediana dei tempi di reazione ai trial noise.

Signal Detection Theory (SDT)

La SDT fornisce una descrizione computazionale a tutte quelle situazioni in

cui vengono prese delle decisioni sulla presenza o assenza di una condizione in

condizioni di relativa incertezza, o meglio, le informazioni in base alle quali

viene operata una scelta hanno un certo grado di incompletezza o ambiguità 86.

Per quanto i processi neurali sottostanti la performance in diversi task siano

evidentemente diversificati, molte caratteristiche della performance in sé

trascendono tali meccanismi e possono essere decritti matematicamente

mediante un unico modello. La SDT può essere applicata in tutte quelle

situazioni in cui un osservatore è chiamato a rilevare la presenza di un segnale

(o signal) nel contesto di molti stimoli confondenti che interferiscono con le sue

capacità discriminative e percettive. In un task SDT, l’osservatore si può trovare

di fronte a due tipi di trial, uno composto da solo noise, ed uno nel quale è

presente il signal da rilevare. Di fronte a tali trial, l’osservatore risponde

all’avvenuta rilevazione del segnale in maniera dicotomica. Dall’incrocio dei

possibili trial (target/noise) con le possibili risposte (si/no), otteniamo 4 tipi di

possibili outcome, come nello schema di seguito:

18

Trial

Target Noise

Res

pons

e Si

Hit False Alarm

No Miss Correct rejection

Figura 3 Schema generale di risposta secondo la Signal Detection Theory. Adattato da Macmillan, N. A. and C. D. Creelman (2005). Detection theory : a user's guide. Mahwah, N.J. ; London, Lawrence Erlbaum Associates.

La SDT inoltre studia i processi probabilistici sottostanti il processamento

delle informazioni, partendo da tre assunti 86:

1. l’evidenza sul segnale che l’osservatore estrae dallo stimolo può

essere quantificata numericamente: la SDT non si addentra nella

specificazione biologica di tale variabile, per quanto è stato suggerito

che il reclutamento in termini di popolazioni neuronali segua

grossomodo un procedimento analogo

2. Tale evidenza ha una variazione casuale attraverso una serie di trial

uguali: tale varianza viene illustrata nel grafico di seguito (fig. 4), che

mostra la distribuzione della quantità di evidenza sotto le due

condizioni noise o signal. In questo grafico sull’ascissa riportiamo

l’intensità di questa riposta interna, sulle ordinate la probabilità di

ciascun valore di aver luogo. Come evidente, la presenza del signal

all’interno del trial sposta il centro (e la varianza, in modelli più

complessi) della distribuzione della risposta interna. La distanza che

19

separa la distribuzione delle risposte interne al noise e signal è detta

discriminabilità.

3. La scelta sulla risposta da dare viene fatta applicando un criterio

decisionale alla magnitudine di tale evidenza: quando la magnitudine

della risposta interna supera tale soglia, l’osservatore rileva il signal e

risponde di conseguenza, diversamente l’osservatore rileva solo noise.

Tale criterio è detto response bias. Più bassa è tale soglia, minore sarà

la quantità di evidenza richiesta dall’osservatore per rilevare un

segnale, indipendentemente dalla presenza o meno di quest’ultimo. In

questo caso il response bias viene detto liberale. Viceversa, una

soglia decisionale molto alta descrive un sistema che tenta di

minimizzare il numero di falsi riconoscimenti. Tale sistema viene

descritto come conservativo.

L’applicazione della SDT al campo delle psicosi ha rilevato, in maniera

piuttosto discontinua data la scarsa popolarità di questo metodo di indagine, un

costante spostamento del response bias in senso liberale ed un alto numero di

falsi allarmi. L’aspetto più interessante sta nel fatto che l’applicazione della

SDT riporti risultati piuttosto coerenti trasversalmente rispetto a diversi domini

cognitivi e di social cognition. Questo suggerisce che possa esistere un fattore

comune a tutto il processamento di realtà, che risulta inficiato nelle psicosi.

20

Figura 4 Distribuzione probabilistica equivariante dell'intensità della risposta interna di un sistema osservante a stimoli noise e signal. DImostrazione grafica del concetto di response bias e discriminability index. Adattato da Macmillan, N. A. and C. D. Creelman (2005). Detection theory : a user's guide. Mahwah, N.J. ; London, Lawrence Erlbaum Associates.

Misure derivate dalla SDT

Dai dati grezzi dell’N-Back, abbiamo calcolato il tasso di Falsi Allarmi

come

!" = 1 − (!"! !"#$%! !"#$%!&!'(%!)$ !""#$!"%)

Per il tasso di Hit, FA, e i rispettivi tempi di reazione sono stati calcolati ed

inclusi nelle analisi punteggi standardizzati.

L’indice di discriminabilità d’ è stato calcolato usando la sintassi STATA®

!’ = !"#"$%&(!) – !"#"$%&(!")

Il response bias c è stato calcolato usando la sintassi STATA®

c = − !"#$"%& !"#$ + !"#$"%& !" 2

Per dettagli, vedere 87.

21

Confounders

Una serie di potenziali confounders di area socio-demografica è stata

selezionata a priori dall’intero database ALSPAC, in accordo con precedenti

output scientifici dalla stessa coorte. Tra questi: genere, etnia, diagnosi ICD-10

di depressione, derivata dalla versione computerizzata della Clinical Interview

Schedule (CIS-R), profilo di bullismo (subito/agito/subito e agito), IQ

standardizzato, misurato a 8 anni di età mediante Wechsler Intelligence Scale

for Children – III (WISC-III UK version), utilizzo di cannabis, misurato

mediante Cannabis Abuse Screening Test (CAST) riferito ai precedenti 6 mesi

rispetto alla data dell’intervista (codificato come positivo se CAST≥1, negativo

se il soggetto non ha mai provato la cannabis o CAST=0), uso di altre sostanze

nei 3 mesi precedenti l’intervista, uso di alcolici misurato tramite Alcohol Use

Disorder Identification Test (AUDIT).

Analisi Statistiche

Tutte le analisi statistiche sono state eseguite usando STATA® ver.13

(StataCorp, College Statio, Texas). Sono state calcolate le frequenze per le

variabili categoriali, e le medie con Intervalli di Confidenza al 95% (95%CIs)

per le variabili continue. Nella prima fase di analisi, abbiamo eseguito delle

regressioni logistiche univariate con le PLE come outcome e i diversi indici di

performance dell’N-Back come predittori. In una seconda fase, è stato eseguito

un pannello di regressioni logistiche gerarchiche a 2 blocchi per separare

l’effetto confondente dall’effetto dei dati mancanti. Nel primo blocco, abbiamo

22

calcolato gli ORs grezzi per i vari indici di performance dell’N-Back su un

campione ristretto per dati mancanti su tutti i confounders. Nel secondo blocco

sono stati introdotti i confounders sopra citati.

È stato inoltre analizzato il pattern di mancanza dati sulle variabili

dipendente, indipendenti e confounders, confermando che la mancanza delle

variabili in oggetto non era predetta dal valore della variabili stessa, suggerendo

che la struttura dei dati mancanti non violavano la condizione di Missing Not At

Random. Solo alcune correlazioni esterne tra variabili demografiche e mancanza

delle variabili di interesse è stata confermata, suggerendo che la struttura dei

dati mancanti sia Missing At Random (MAR). Pertanto i dati mancanti sono

stati imputati utilizzando il protocollo di Multiple Imputation by Chained

Equation (MICE), implementato dal comando ice in STATA®. La MICE è stata

eseguita sul subsample inizialmente selezionato per le analisi (N=4744).

23

Risultati

Campione

Un totale di 4744 soggetti sono stati selezionati per le analisi, avendo

partecipato al TF4 e avendo disponibile almeno uno tra PLIKSi e N-Back. Di

questi, 56.5% [55.1, 57.9] erano femmine e il 95.7% [95.1, 96.3] erano di etnia

bianca. L’età media del campione era di 17.78 anni [17.77, 17.79], il QI medio

di 107.3 [106.8, 107.8]. Inoltre, cumulativamente il 63.9% del campione

apparteneva a classi sociali elevate. La presenza di sintomi depressivi coerenti

per una diagnosi secondo ICD-10 di depressione maggiore era presente nel

7.7% del campione totale, mentre l’utilizzo di cannabis, alcohol e sostanze

d’abuso maggiori era presente rispettivamente nel 4.7%, nel 42.3% e nel 5.5%.

Infine, il 15.75% del campione riportava di essere stato vittima di bullismo, il

3.9% di aver perpetrato atti di bullismo verso i propri pari, e il 11.6% di aver sia

subito che perpetrato atti di bullismo. Le statistiche descrittive complete sono

riportate in tabella 1.

24

Tabella 1 Caratteristiche del campione

Overall

(Mean [95%CI] or Count (%))

Non-PLEs (Mean [95%CI] or Count

(%))

PLEs (Mean [95%CI] or Count

(%))

Effect Size (Cohen’s d or Cramer’s V)

Genere (femmine) 2681 (56.5%) 2425 (55.8%) 240 (64.2%) -0.04

Età 17.77 [17.76, 17.78] 17.77 [17.76, 17.78] 17.81 [17.77, 17.85] -0.11

QI Totale 107.3 [106.80, 107.81] 107.54 [107.01, 108.07] 104.17 [102.30, 106.04] 0.20

Classe Sociale Genitori

I+II 2646 (63.93%) 2,469 (64.89%) 166 (53.21%) 0.07

III non manuale 964 (23.3%) 870 (22.86%) 86 (27.56%)

III manuale 367 (8.90%) 326 (8.57%) 38 (12.18%)

IV or V 162 (3.91%) 140 (3.68%) 22 (7.05%)

Depressione (ICD-10) 335 (7.71%) 257 (6.41%) 78 (23.08%) 0.16

FAI 1.01 [0.97, 1.05] 0.97 [0.93, 1.01] 1.50 [1.31, 1.68] -0.37

Cannabis 165 (4.75%) 123 (3.81%) 42 (16.34%) 0.15

AUDIT 1571 (42.36%) 1433 (41.9%) 137 (47.9%) 0.03

Sostanze d’Abuso 206 (5.70%) 165 (4.8%) 41 (17.15%) 0.13

Bullismo

Vittima 616 (15.75%) 551 (15.21%) 65 (22.57%) 0.11

Perpetratore 155 (3.96%) 143 (3.95%) 12 (4.17%)

Vittima e Perpetratore 457 (11.68%) 395 (10.9%) 62 (21.53%)

FAI: Family Adversity Index; AUDIT: Alcohol Use Disorder Identification Test;

25

PLIKSi

Un totale di 4718 soggetti aveva dati completi della PLIKSi. Di questi, 7.9%

[7.19, 8.73] (N=374) avevano riferito almeno una PLE sospetta o accertata. Di

questi, il 64.2% [59.3, 69.0] erano femmine, il 93.5% [90.8, 96.2] di etnia

Bianca. Il loro QI medio era di 104.2 [102.4, 106.0], leggermente più basso di

quello dei soggetti senza PLE (107.6 [107.0, 108.1]). La PLE più prevalente era

“Allucinazioni Uditive”. L’esatta prevalenza delle singole PLE è riportata in

tabella 2.

26

Tabella 2. Prevalenza Delle single PLE nel campione

PLIKS Item None Suspect Definite Any (Suspect+Definitive)

Allucinazioni Uditive 4465 (94.66%) 107 (2.27%) 145 (3.07%) 252 (5.34%)

Allucinazioni Visive 4516 (95.74%) 88 (1.87%) 112 (2.37%) 200 (4.24%)

Illusioni Visive 4654 (98.66%) 34 (0.72%) 29 (0.61%) 63 (1.33%)

Delirio di venire Spiato 4635 (98.24%) 55 (1.17%) 26 (0.55%) 81 (1.72%)

Delirio di Persecuzione 4679 (99.17%) 22 (0.47%) 12 (0.25%) 34 (0.72%)

Delirio di lettura del pensiero 4700 (99.62%) 12 (0.25%) 6 (0.13%) 18 (0.38%)

Delirio di Riferimento 4685 (99.32%) 23 (0.49%) 8 (0.17%) 31 (0.66%)

Delirio di Controllo 4708 (99.79%) 6 (0.13%) 4 (0.08%) 10 (0.21%)

Delirio di Grandiosità 4696 (99.53%) 13 (0.28%) 5 (0.11%) 18 (0.39%)

Trasmissione del Pensiero 4677 (99.24%) 28 (0.59%) 8 (0.17%) 36 (0.76%)

Inserzione del Pensiero 4685 (99.41%) 15 (0.32%) 13 (0.28%) 28 (0.6%)

Furto del pensiero 4708 (99.89%) 4 (0.08%) 1 (0.02%) 5 (0.1%)

27

Working Memory

I punteggi 2-Back e 3-Back erano disponibili per 3595 e 3551 soggetti

rispettivamente. Tutti gli indici di performance differivano tra 2- e 3-Back,

avendo i soggetti un minore tasso di Hit, un maggiore tasso di FA e un c più

liberale al 3-Back. I dettagli sulle performance sono riportati in tabella 3.

Tabella 3. Performance all’N-Back nel campione totale

Mean Mean 95% CI Range Mean Mean 95% CI Range

2-Back (N=3595) 3-Back (N=3551)

Hits 0.71 [0.71, 0.72] 0.13, 0.94 0.56 [0.55, 0.57] 0.13, 0.94

FA 0.21 [0.20, 0.21] 0.01, 0.97 0.22 [0.21, 0.22] 0.01, 0.97

Hits RT 702.84 [695.11, 710.57] 139.50, 2002.50 737.12 [727.20, 747.04] 74.5, 2410

nonT RT 671.91 [664.92, 678.89] 6.50, 1858.50 696.94 [688.27, 705.61] 32, 2278

d’ 1.73 [1.69, 1.77] -3.01, 3.79 1.12 [1.08, 1.15] -2.77, 3.79

ca 0.19 [0.17, 0.21] -1.70, 1.50 0.37 [0.35, 0.38] -1.53, 1.70

a negative values of c signify liberal bias, whereas positive values signify conservative bias.

28

Regressione Logistica Univariabile

Nel modello grezzo, dei parametri del 2-Back, i FA erano associati con le

PLE (OR=1.17 [1.01,1.35]). Al 3-Back, i FA (OR=1.35 [1.18,1.54]), il response

bias c (OR=1.59 [1.09,2.34]), e il d’ (OR=0.76 [0.65,0.89]) risultavano associate

con le PLE. Nessuno degli altri parametri dimostrava un’associazione

statisticamente significativa con la presenza di PLE. I risultati delle regressioni

lineari sono riportati integralmente in tabella 4.

Regressioni gerarchiche

Nei modelli gerarchici, la dimensione del campione è scesa da 3576 a 1970 e

da 3527 a 1947 per il 2-Back e 3-Back rispettivamente, a causa dei dati

mancanti sui confounders. Nel Blocco 1, non corretto, solo i FA e d’ del 3-Back

dimostravano un’associazione con le PLE, rispettivamente OR=1.26 [1.03,

1.54] e 0.8 [0.64, 1.00]. L’associazione trovata tramite regressione lineare tra

FA al 2-Back e PLE non ha retto alla riduzione del campione. Nel Blocco 2,

delle associazioni precedentemente rilevate alla regressione lineare, nessuna

sopravviveva alla correzione per confounders (Tabella 4).

29

30

Multiple Imputation

Dopo la MICE, il campione imputato era di 4744 soggetti. Su questo

campione, le associazioni tra indici di performance all’N-Back e PLE erano

simili al modello non corretto, suggerendo che la riduzione nella dimensione del

campione dovuta alla listwise deletion potrebbe aver influenzato i risultati. Nei

modelli MICE non corretti, i FA e il d’ 2-Back avevano un OR per le PLE

rispettivamente di OR=1.17 [1.01, 1.34] e OR=0.89 [0.79, 0.99], mentre i FA, d’

e c 3-Back avevano OR rispettivamente di OR=1.36 [1.20, 1.55], OR=0.74

[0.64, 0.86] e OR=0.64 [0.43, 0.93]. Introducendo la correzione per i

confounders, gli indici che sopravvivevano alla correzione erano solo i FA e il

d’ al 3-Back, rispettivamente OR=1.25 [1.08, 1.44] e OR=0.82 [0.69, 0.96]. I

risultati in dettaglio delle analisi sul campione MICE sono riportati in tabella 5.

31

Tabella 5. Regressione univariabile e multivariabile su campione imputato tramite MICE N-Back Parameters OR p 95%CI OR p 95%CI

2-Back unadjusted MICE (N=4744)

2-Back adjusteda MICE (N=4744)

z-Hits 0.92 0.292 [0.78, 1.08] 1.00 0.965 [0.84, 1.19]

z-False Alarms 1.17 0.034 [1.01, 1.34] 1.03 0.721 [0.88, 1.21]

d’ 0.89 0.040 [0.79, 0.99] 0.99 0.841 [0.87, 1.13]

cb 0.82 0.317 [0.56, 1.22] 0.96 0.852 [0.66, 1.42]

z-Hits RT 1.00 0.987 [0.83, 1.20] 1.03 0.755 [0.85, 1.24]

z-nonT RT 1.04 0.633 [0.88, 1.23] 1.08 0.360 [0.91, 1.29]

3-Back unadjusted MICE (N=4744)

3-Back adjusteda MICE (N=4744)

z-Hits 0.88 0.118 [0.75, 1.03] 0.94 0.465 [0.79, 1.12]

z-False Alarms 1.36 <0.001 [1.20, 1.55] 1.25 0.003 [1.08, 1.44]

d’ 0.74 <0.001 [0.64, 0.86] 0.82 0.015 [0.69, 0.96]

cb 0.64 0.022 [0.43, 0.93] 0.73 0.117 [0.49, 1.09]

z-Hits RT 0.85 0.118 [0.69, 1.04] 0.92 0.383 [0.75, 1.12]

z-nonT RT 0.92 0.339 [0.77, 1.10] 1.00 0.982 [0.83, 1.20] a adjusted for: ICD-10 Diagnosis of depression, Bullying profile, Total IQ at age 8, Family Adversity Index, cannabis abuse, Hard Drugs use, Gender b Negative values of c signify liberal bias, whereas positive values signify conservative bias.

32

Discussione

Questo studio conferma ed approfondisce la correlazione tra le

caratteristiche delle performance mnesiche ed esperienze psicotiche nella

popolazione generale. I nostri risultati replicano ed ampliano precedenti lavori

sullo stesso argomento 80, 81. Rispetto a tali studi, i nostri risultati possono essere

considerati di maggiore qualità per almeno tre motivi:

- in primo luogo, il campione analizzato è nettamente più ampio in termini

di numerosità rispetto agli studi precedenti. Tale numerosità permette di

aumentare notevolmente il potere statistico delle nostre analisi.

- In secondo luogo, il nostro campione è estratto da uno studio di

popolazione generale, garantendo alta ecologicità e generalizzabilità dei

nostri risultati. Gli studi di popolazione consentono di evitare i bias di

selezione tipici dei campioni clinici, quali la selezione di soggetti che

mettono in atto comportamenti di richiesta di aiuto potenzialmente

associati a differenti caratteristiche cliniche (es. insight), o di soggetti che

appartengono agli estremi della distribuzione della gravità clinica del

fenotipo indagato. L’attrito negli studi longitudinali di popolazione

introduce a sua volta un bias di selezione verso l’uscita dallo studio e

rappresenta la principale fonte di bias, oltre a ridurre il potere statistico

delle analisi. I dati mancanti potrebbero infatti spiegare una certa quantità

di varianza nell’effetto osservato, essendo possibile che alcune variabili di

tipo sociodemografico potrebbero avere una relazione sia verso l’uscita

dallo studio sia verso i fenotipi indagati. Nella coorte ALSPAC infatti

33

risultano sotto-rappresentate le classi sociali più basse e le minoranze

etniche. La Multiple Imputation dei dati mancanti, entro certi limiti,

controbilancia tali bias, garantendo alti standard di qualità epidemiologica

dei dati nonostante l’attrito 9.

- In terzo luogo, abbiamo utilizzato una valutazione delle PLE basata su

un’intervista clinica effettuata da operatori specificamente formati, e non

su un questionario autosomministrato. La tendenza alla sovrastima della

prevalenza delle PLE tipica degli strumenti autosomministrati rispetto agli

strumenti basati su interviste è ampiamente riconosciuta in letteratura 2, 3.

L’utilizzo di un’intervista semi-strutturata come la PLIKSi permette di

minimizzare il numero di falsi-positivi per le PLE, riducendo il rumore

delle analisi statistiche.

- Infine, il nostro utilizzo della SDT ci ha consentito un approfondimento dei

processi probabilistici che guidano la performance all’N-Back.

Nel nostro campione, la maggiore differenza tra soggetti con e senza PLE

era associata al 3-Back, suggerendo che a questo livello di espressione

fenotipica del continuum psicotico le alterazioni specifiche del processamento

dei dati cognitivi e mnesici emergono solo per carichi di lavoro più elevati,

ovvero per un utilizzo maggiore del buffer di WM. In questo senso, il rilievo di

anomalie neurocognitive nel 3-Back potrebbe essere considerato un parallelo

della riduzione di estensione del buffer di WM osservato nei task quantitativi di

34

WM in soggetti variamente collocati lungo il continuum psicotico (PLE,

ARMS, UHR, familiari di primo grado, schizotipici e schizofrenici).

Implicazioni teoriche di un modello SDT

I nostri dati dimostrano che la presenza di PLE è associata ad una minore

discriminabilità signal/noise (ossia un minore d’) e ad un response bias più

liberale (ossia c).

Da un punto di vista statistico, il parametro maggiormente associato alle

PLE è il tasso di Falsi Allarmi. La maggiore forza di questa associazione

potrebbe essere spiegata dal fatto che il tasso di Falsi Allarmi, in un modello di

SDT, è determinato sinergicamente sia dal d’ che dal response bias, i quali in

effetti presi isolatamente presentano un’associazione più debole con le PLE. In

quest’ottica, il tasso di Falsi Allarmi è da considerarsi una manifestazione

fenotipica intermedia tra d’ e response bias prossimalmente, e le PLE

distalmente. La trattazione delle implicazioni teoretiche dei nostri dati pertanto

si concentrerà maggiormente su questi due indici, che consideriamo come

maggiormente descrittivi delle caratteristiche intrinseche del sistema osservante

analizzato.

Il response bias è funzione della quantità di evidenza richiesta per operare

una scelta in un task di discriminazione signal/noise 86. È importante chiarire

che il response bias viene spesso utilizzato come una misura di impulsività e di

mancata inibizione della risposta – ad esempio nella letteratura sull’ADHD 88.

In linea con questa ipotesi, il response bias dovrebbe anche associarsi ad un

35

accorciamento dei tempi di risposta. Per chiarire questo punto, abbiamo

prodotto post hoc (tabella 5) una matrice di correlazione tra tutti gli indici di

performance analizzati. Il valore di response bias, sia per il 2- che per il 3-back,

non presenta alcuna correlazione con i tempi di risposta, suggerendo che i

processi di impulsività appartengono ad un dominio neurocognitivo diverso da

quelli indagati.

Tabella 5 Correlazione tra gli indici di performance dell’N-Back

z-Hits z-False Alarms z-Hits RT z-nonT RT c 2-Back (N=3594) z-False Alarms -0.313*** z-Hits RT 0.212*** -0.171*** z-nonT RT 0.244*** -0.200*** 0.775*** c -0.433*** -0.691*** 0.001 -0.014 d’ 0.782*** -0.811*** 0.221*** 0.251*** 0.208*** 3-Back (N=3550) z-False Alarms -0.201*** z-Hits RT 0.328*** -0.283*** z-nonT RT 0.349*** -0.292*** 0.812*** c -0.626*** -0.610*** -0.038* -0.053** d’ 0.788*** -0.736*** 0.378*** 0.400*** -0.025

* p<0.05, ** p<0.01, *** p<0.001

La nostra analisi della compromissione della WM in soggetti con PLE è in

linea con altri modelli neuropsicologici di psicosi. Gli indici di performance

SDT da noi esaminati ci consentono di descrivere le proprietà del sistema di

percezione/inferenza attiva dei contenuti del buffer di WM in termini

probabilistici 89. La scarsa accuratezza nel rigettare gli stimoli noise è in linea

con i più recenti modelli neuropsicologici delle allucinazioni uditive. In termini

36

SDT, le allucinazioni possono essere concettualizzate come degli equivalenti di

falsi allarmi, nel senso che l'assenza di uno stimolo provoca una risposta come

se tale stimolo fosse effettivamente presente 90. Coerentemente, è stato rilevato,

in task che non implicano le funzioni mnesiche, che le allucinazioni uditive sono

legate a scarsa discriminabilità e response bias liberale 91, 92, i quali a loro volta

potrebbero essere influenzati da sistemi attentivi ipervigili. Tale sistema

esiterebbe in un’aumentata rilevazione, come falsi allarmi, di stimoli interni

ambigui 93, 94 che in ultimo producono l’allucinazione uditiva. L'importanza dei

sistemi attentivi è stato affrontato da Cohen e colleghi 95-97 utilizzando il

principalmente il Contextual Continuous Performance Test (AX-CPT), di cui

l’N-back è uno stretto parente. I nostri risultati sono in linea con i loro, per

quanto noi ci siamo concentrati sul processamento di dati mnesici, mentre altri

task analizzano il processamento di dati on-line. Il nostro dato di un response

bias liberale con un alto tasso di falsi allarmi nei soggetti con PLE è coerente

con i modelli neurocognitivi di psicosi che coinvolgono i bias nella raccolta dei

dati, in particolare il modello del Jumping-to-Conclusions (JTC) dei deliri 98-104.

Questo bias di ragionamento è stato rivelato in individui a rischio di psicosi 105,

106 e negli individui a tendenti al delirio 107, 108, suggerendo che la raccolta di dati

può essere compromessa prima della comparsa della psicosi conclamata.

Un modello unificante che mette insieme la raccolta dei dati, il

processamento percettivo e la SDT deriva dalle neuroscienze computazionali 89,

109, 110. In termini computazionali, un elevato "rumore cognitivo" è associato ad

una ridotta precisione delle rappresentazioni di alto livello, e con una maggiore

37

rilevanza e forza delle nuove informazioni sensoriali, portando infine ai sintomi

psicotici 89. I modelli computazionali di WM suggeriscono che l'effetto netto

della perturbazione dopaminergica in corteccia prefrontale dorsolaterale (dlPFC)

si traduce in un aumento del "rumore cognitivo" e in significative alterazioni del

gating 111, 112, riducendo la discriminabilità del sistema 113. Inoltre, le

perturbazioni dopaminergiche in dlPFC producono un persistente stato di

"attivazione” della WM, che, insieme alle disfunzioni del gating, si traduce in

elevati tassi di errore, che produce infine un alto numero di falsi riconoscimenti

degli stimoli presenti come corrispondenti a stimoli precedenti, il che porta ad

un falso allarme 111. Infine, la tendenza di un eccesso di rispondere a fronte di

incertezza, espressa da un liberale bias di risposta, potrebbe essere spiegato dal

concetto bayesiana di precisione [90] e la forza metacognitiva di "fede prima".

In questo caso, il soggetto avrebbe attributo precisione eccessiva o sarebbe

troppo fiducioso nelle sue rappresentazioni mentali, indipendentemente dal

grado di incertezza ad essi associati [91, 96].

Punti di forza e limitazioni dello studio

Il nostro studio replica diversi precedenti lavori. Sebbene l’argomento sia già

stato trattato in precedenza, al momento nessuno studio è stato fatto su un

campione di tale dimensione. Inoltre, nessun altro lavoro ha utilizzato una

metodologia basata sulla SDT, che consente un livello di approfondimento

unico delle proprietà psico-matematiche del processamento di realtà in relazione

alle PLE. Una prima limitazione è il focus ristretto sulla WM e sui risultati

dell’N-Back. L’N-Back esplora solo alcuni aspetti dei meccanismi neurali

38

facenti parte della WM. Comunque, l’utilizzo di tale task ci ha consentito di

analizzare gli aspetti non strettamente mnemonici implicati nel processamento

di materiale mnesico. Che possono essere generalizzati anche ad altri domini

neurocognitivi. Coerentemente, i nostri risultati sono in linea con risultati

derivati ad esempio dal CPT-IP, di cui l’N-Back è una variante. La valutazione

della performance all’N-Back nell’ambito di un più ampio screening cognitivo

avrebbe aiutato a chiarire le mutue relazioni tra i diversi domini cognitivi. Una

seconda limitazione dello studio ALSPAC è la sotto-rappresentazione delle

classi sociali più basse e delle minoranze etniche, nonché da un considerevole

attrito, con la conseguente introduzione di un bias di selezione 9. Tale tipo di

bias è stato controbilanciato parzialmente dall’utilizzo della MICE.

Il nostro studio ha numerosi punti di forza. In primo luogo, come riportato,

la dimensione del campione è maggiore di qualsiasi altro studio precedente

sull’argomento. In secondo luogo, abbiamo analizzato un campione di

popolazione generale. Diversi studi hanno già analizzato il funzionamento della

WM in gruppi clinici e ad alto rischio 63, 74, 114. Tali studi, concentrandosi su

campioni clinici, introducono un bias di selezione sulla base dei comportamenti

di ricerca di assistenza e scarse strategie di coping, oltre che il bias di eventuali

trattamenti farmacologici. In terzo luogo, il nostro studio utilizza un’intervista

semi-strutturata per la rilevazione delle PLE, evitando la sovrastima della loro

prevalenza tipica degli strumenti autosomministrati. In ultimo, questo studio ci

ha consentito di introdurre un gran numero di importanti potenziali confounders

39

di natura cognitiva, sociale e demografica raccolti longitudinalmente, quindi

senza introdurre alcun recall bias.

Conclusioni

Il presente studio descrive un profilo di analisi probabilistica dei contenuti

mnesici proprio dei soggetti con PLE. Tale tipo di analisi potrebbe in futuro,

quando affiancata a valutazioni psicopatologiche classiche, aiutare a meglio

caratterizzare, distinguere e predire i diversi fenotipi psicotici. Tali

approfondimenti richiederanno l’analisi di dati longitudinali, quando disponibili.

Più in generale, tale approccio supporta l’importanza dell’integrazione dei dati

neurocognitivi e dei dati psicopatologici non solo per fini meramente

conoscitivi, ma anche di supporto alla pratica clinica quotidiana, così come oggi

vengono usate valutazioni neurocognitive “quantitative” di routine.

40

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Ringraziamenti

Il presente studio è stato eseguito durante un periodo di formazione all’estero presso

l’Institute of Psychiatry, Psychology and Neuroscience, King’s College London, sotto

la supervisione del Prof. Anthony David, al quale va tutta la mia stima per l’enorme

professionalità, umiltà, ed umanità. A lui vanno inoltre i più profondi ringraziamenti

per avermi dato la possibilità di respirare un clima di enorme fervore scientifico che

ha accresciuto in modo irripetibile le mie conoscenze in campo psichiatrico. Ringrazio

inoltre i coautori del lavoro scientifico pubblicato dall’analisi di questi dati: il già

citato prof. David, il prof. Glyn Lewis, il prof. Stan Zammit, il prof. Marcus Munafò

e la dr. Kate Button.

Ringrazio inoltre il prof. Giovanni Stanghellini per la stima e la fiducia accordatami

in diverse occasioni, nonché per gli importantissimi insegnamenti nel campo della

Psicopatologia Fenomenologica, nonché per l’avermi insegnato il rispetto della

soggettività di ogni persona che afferisca ad una clinica psichiatrica in cerca di aiuto.

Tale lavoro conclude un percorso formativo non libero da momenti di tensione e

difficoltà che è stato possibile superare grazie a colleghi onesti e leali. I miei

ringraziamenti vanno pertanto ai dottori Emiliano Prinzivalli, Maria Vittoria

Formato, Chiara Colletti, Annasara Meola, Sara Patti ed Elena Toscano e a tutti gli

altri colleghi specializzandi per la vicinanza dimostrata in questi anni.

Un ringraziamento va al dott. Giordano D’Urso per l’ottimo lavoro svolto insieme

durante l’ultimo anno e al prof. Felice Iasevoli per gli anni passati.

Ringrazio i miei genitori Alessandro e Sabrina per avermi ispirato come medico e

cresciuto secondo principi di lealtà e coraggio verso l’atro e verso il mondo.

Infine ringrazio Sara, per avermi supportato, incoraggiato e spronato durante gli

ultimi anni, e per avermi dato un punto fisso dal quale guardare un mondo in

constante movimento.