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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA FACOLTA‟ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA TESI DI LAUREA MAGISTRALE in Gestione ed Economia dell‟Energia e Fonti Rinnovabili Valutazione del Potenziale Sfruttamento Energetico dei Sottobacini Idrografici del Paglia e del Chiascio nel Contesto del Bacino del Tevere Relatore: Correlatori: Prof. Ing. Angelo Spena Prof. Ing. Giuseppe M. Amendola Dott. Ing. Antonio Geracitano Candidato: Francesca Menichini AA 2009/2010

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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI ROMA

TOR VERGATA

FACOLTA‟ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE in

Gestione ed Economia dell‟Energia e Fonti Rinnovabili

Valutazione del Potenziale Sfruttamento Energetico dei

Sottobacini Idrografici del Paglia e del Chiascio

nel Contesto del Bacino del Tevere

Relatore: Correlatori:

Prof. Ing. Angelo Spena Prof. Ing. Giuseppe M. Amendola

Dott. Ing. Antonio Geracitano

Candidato:

Francesca Menichini

AA 2009/2010

A chi resta

A chi se ne va

Indice

Introduzione ...................................................................................................................................

Capitolo I - Cambiamenti Climatici

1.1 Riscaldamento Globale .......................................................................................................... 1

1.2 L‟ Effetto Serra ...................................................................................................................... 3

1.3 Protocollo di Kyoto ................................................................................................................ 5

1.4 Dopo Kyōto, la Conferenza di Copenhagen e di Cancùn ....................................................... 7

1.5 Possibilità di Intervento .......................................................................................................... 9

Capitolo II - Fonti Rinnovabili di Energia in Italia

2.1 Fonti Rinnovabili: normativa ............................................................................................... 12

2.2 Fonti Rinnovabili: incentivi.................................................................................................. 13

2.2.1 Incentivi per l’Energia Idroelettrica.............................................................................. 15

2.3 Energia Elettrica in Italia ...................................................................................................... 16

2.3.1 Energia Idroelettrica in Italia ....................................................................................... 21

Capitolo III - Energia da Fonte Idraulica

3.1 L‟energia Idroelettrica .......................................................................................................... 32

3.2 Gli Impianti Idroelettrici ...................................................................................................... 33

3.3 Fisica dell‟Energia Idroelettrica ........................................................................................... 36

3.4 Le Turbomacchine Idrauliche............................................................................................... 38

3.4.1 Le Turbine Idrauliche .................................................................................................... 39

3.4.2 Criteri di Scelta della Turbina....................................................................................... 51

3.4.3 Curve Caratteristiche delle Turbine .............................................................................. 60

3.5 Classificazione degli Impianti Idroelettrici........................................................................... 61

3.6 Impianti Idroelettrici Minori ................................................................................................ 64

3.6.1 Tipologia di Impianti Idroelettrici Minori ..................................................................... 66

3.7 Turbine per Impianti di Potenza Limitata ............................................................................. 72

3.8 Progetto di un Piccolo Impianto Idroelettrico ....................................................................... 72

Capitolo IV - Metodologia Proposta

4.1 Il Bacino del Tevere ............................................................................................................. 73

4.2 Attuale Sfruttamento Energetico del Bacino del Tevere ....................................................... 74

4.2.1 Il Sottobacino del Paglia ............................................................................................... 79

4.2.2 Il Sottobacino del Chiascio ........................................................................................... 81

4.3 Metodologia di Studio e di Analisi del Territorio ................................................................. 83

4.3.1 Studio Geomorfologico Attraverso il Software GIS ....................................................... 84

4.3.2 Studio Idrologico per Quantificare la Disponibilità Idrica ........................................... 85

4.4 Individuazione della Risorsa Idrica ...................................................................................... 92

Capitolo V - Due Applicazioni: Studi di Fattibilità

5.1 Criteri Generali del Modello di Analisi .............................................................................. 105

5.2 Portate Disponibili ............................................................................................................. 105

5.3 Schema Funzionale degli Impianti ..................................................................................... 109

5.4 Dimensionamento Impianto ............................................................................................... 112

5.4.1 Calcolo del Diametro delle Tubazioni ......................................................................... 112

5.4.2 Scelta e Dimensionamento delle Turbine .................................................................... 113

5.5 Calcolo della Produzione Media Annua ............................................................................. 115

5.6 Preventivo di Spesa ............................................................................................................ 118

Conclusioni ....................................................................................................................................

Bibliografia ....................................................................................................................................

Ringraziamenti ...............................................................................................................................

Introduzione

Negli ultimi anni, la minaccia del cambiamento climatico ha assunto un ruolo di primo

piano in ogni dibattito o discussione che ruota intorno alla questione energetica. Al contempo,

sono tornati alla ribalta altri elementi di preoccupazione. La crisi finanziaria del 2008 - 2009,

che alcuni analisti collegano alla volatilità delle quotazioni petrolifere, ha rafforzato il timore

che elevati prezzi dell‟energia possano compromettere la crescita economica. I titoli di cronaca

poi, che annunciano tagli alle forniture di gas che attraversano l‟Ucraina, petroliere ostaggio dei

pirati lungo le coste somale, attacchi agli oleodotti in Nigeria, uragani che distruggono le piatta-

forme petrolifere del Golfo del Messico e la recente guerra in Libia per l‟abolizione della ditta-

tura che sta mettendo in pericolo gli accordi precedentemente stipulati sul rifornimento di gas e

petrolio, sono una dimostrazione di come le minacce alla sicurezza energetica possano assumere

diverse forme e verificarsi in luoghi inaspettati. In questo contesto, l‟IEA, International Energy

Agency, ha evidenziato per molti anni la necessità di una rivoluzione energetica, basata sulla

diffusione su scala mondiale di tecnologie a basso contenuto di carbonio, essendo questo il pri-

mo responsabile dell‟emissioni di CO2 in atmosfera e quindi dell‟incremento dell‟effetto serra.

Nel IV Rapporto dell‟IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, è chiara la necessità

di contenere la crescita della temperatura media del pianeta a 2°C entro la fine del secolo e con-

siderati gli attuali ritmi di crescita della concentrazione di CO2, la stabilizzazione delle emissio-

ni sembra imporre di mettere in campo azioni che garantiscano la sostenibilità economica, so-

ciale e soprattutto ambientale degli odierni andamenti di domanda e offerta di energia. Oltre

all‟ipotesi di cambiamento climatico infatti, il settore energetico si trova ad affrontare la già ci-

tata progressiva riduzione della sicurezza degli approvvigionamenti e la crescente domanda di

energia nei Paesi in via di sviluppo. Una crescita economica sostenibile sarà quindi possibile so-

lo se il Mondo saprà garantire un‟offerta di energia affidabile a prezzi accessibili e solo se sarà

in grado di effettuare una rapida trasformazione verso approvvigionamenti energetici a basso

contenuto di carbonio, efficienti e rispettosi dell‟ambiente sviluppando quindi un portfolio di

tecnologie energetiche low-carbon di cui, come evidenzia l‟IEA nel “L’Energy Technology

Perspectives 2010”, le fonti rinnovabili costituiranno parte essenziale. Una tale filiera indu-

striale è pienamente compatibile con il tessuto economico italiano, caratterizzato da una presen-

za diffusa sul territorio di piccole e medie imprese che rendono le fonti rinnovabili una strategia

valida di sviluppo. In particolare, l‟energia idroelettrica già ampiamente sviluppata in Italia, è la

più antica fonte energetica pulita che al momento copre circa l‟70% delle rinnovabili italiane.

Percentuale che è in continua diminuzione (nel 1997 toccava l‟89%) data la continua crescita di

domanda di energia contro le potenzialità dei grandi impianti idroelettrici già completamente

sfruttate. Unica possibilità di incremento ricade quindi nei piccoli impianti idroelettrici che, se-

condo la normativa vigente, hanno un massimo di potenza installata pari a 1 MW e che, lavo-

rando con salti geodetici limitati e ridottissime portate (anche 1 l/s), permettono applicazioni

economicamente convenienti non solo in ambito energetico ma anche in termini di difesa del

suolo in territori montani grazie alle opere di sistemazione idraulica effettuate per la creazione

delle centrali.

Partendo da questi presupposti, in collaborazione con il Consorzio Tiberina, si è pensato

ad un‟applicazione energetica da fonte idraulica nel Bacino Idrografico del Tevere già parzial-

mente sfruttato nei suoi sub-bacini maggiori: il Bacino del Nera e il Bacino dell‟Aniene. Possi-

bile applicazione ricade quindi nei Sottobacini del Paglia e del Chiascio con zero impianti il

primo e solo un grande invaso il secondo. E‟ stato condotto, quindi, uno studio geomorfologico

e idrologico, con l‟aiuto del Software GIS, Geographic Information System, e con i dati pluvio-

metrici e idrologici del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano, per l‟individuazione della

risorsa idraulica ancora non sfruttata e per l‟elaborazione di un parametro di riferimento per altri

studi. Si tratta di una valutazione del potenziale energetico della risorsa idraulica che possa da-

re una prima quantificazione della convenienza di un possibile sfruttamento energetico. A veri-

fica di quanto dedotto dalla studio topografico e idrologico, è stato poi fatto uno studio di fatti-

bilità di primo livello di due soli impianti idroelettrici ad acqua fluente che in prima analisi pre-

sentavano il massimo e minimo potenziale energetico. Partendo dai dati ottenuti e dallo schema

funzionale dell‟impianto, lo studio è stato in grado di verificare la bontà del parametro individu-

ato dando anche una prima valutazione economica dell‟investimento.

Il presente lavoro di tesi si sviluppa con una prima analisi della situazione mondiale e ita-

liana in termini di cambiamenti climatici e di fonti rinnovabili con particolare attenzione per

l‟energia da fonte idraulica e gli impianti idroelettrici; propone una metodologia di studio per la

valutazione del potenziale energetico della risorsa idraulica del Bacino del Tevere i cui risultati

saranno verificati con uno studio di fattibilità conclusivo.

Capitolo I

Cambiamenti Climatici

I combustibili fossili rappresentano, nel settore della produzione di ener-

gia elettrica, una risorsa dalla quale non è possibile prescindere nel breve-

medio termine sebbene siano i maggiori responsabili delle emissioni di anidride

carbonica di origine antropogenica. Dal momento che la CO2 è un gas ad effet-

to serra, è necessario ridurne drasticamente le emissioni, viste le crescenti pre-

occupazioni in merito ai possibili cambiamenti climatici correlabili proprio

all’incremento della concentrazione di CO2 in atmosfera. Il IV Rapporto

dell’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, ha espressamente evi-

denziato tale correlazione ed ha ribadito la necessità di contenere la crescita

della temperatura media del pianeta a 2°C entro la fine del secolo. Considerati

gli attuali ritmi di crescita della concentrazione di CO2, la stabilizzazione delle

emissioni ai livelli di cui sopra impone già da ora di mettere in campo impo-

nenti azioni.

1

1.1 Riscaldamento Globale

Secondo quanto riportato dall'Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni

Unite, la temperatura superficiale globale del pianeta sarebbe aumentata di 0.74 ± 0.18 °C du-

rante gli ultimi 100 anni, fino al 2005. L'IPCC ha inoltre concluso che “la maggior parte

dell'incremento osservato delle temperature globali a partire dalla metà del XX secolo è proba-

bilmente da attribuire all'incremento delle concentrazioni di gas serra antropogenici” come

l‟anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l‟ossido di diazoto (N2O), l‟ozono (O3) nonché il

vapore acqueo (H2O). L‟aumento di concentrazione di questi gas, infatti, è causa di un maggio-

re Effetto Serra con una serie di conseguenze: aumento del livello del mare, cambiamento dei

modelli delle precipitazioni, espansione delle aree colpite da siccità. Tra questi gas, quello che

contribuisce maggiormente per abbondanza è l‟anidride carbonica che viene rilasciata dalla

combustione di combustibili fossili, dal disboscamento e in maggior parte dalla generazione di

energia elettrica come mostrano le Figure 1 e 2 [1].

Circa metà dell‟eccedenza di CO2 immessa nell‟atmosfera dovuta all‟uomo viene riassor-

bita dalla vegetazione o si discioglie negli oceani, causandone l‟acidificazione e provocando co-

Figura 1: Confronto tra gli andamenti della temperatura terre-

stre e della concentrazione di CO2 in atmosfera [2]

Figura 2: Andamento delle emissioni di CO2 dal 1970 al 2004 per

diversi settori produttivi [1]

2

sì effetti negativi sugli organismi marini. La quota restante si accumula nell‟atmosfera, dove

contribuisce ai cambiamenti climatici. Secondo NOAA, National Oceanic and Atmospheric Ad-

ministration, la concentrazione di CO2 in atmosfera è salita da 280 ppm del periodo pre-

industriale a circa 387 ppm nel 2009, con un tasso di crescite di 1,3 ppm/anno destinato ad au-

mentare data la crescita di popolazione e delle emissioni di gas serra pro-capite [3]. Il limite di

sicurezza è stato fissato a 500-550 ppm in base alle proiezioni climatiche ottenute mediante mo-

delli fisico-matematici basati su scenari di sviluppo che ipotizzano vari e verosimili tassi di e-

missione di gas serra e aerosol. Queste proiezioni sono di tipo probabilistico e seppur affette da

margini di incertezza, permettono una stima quantitativa della probabile evoluzione del clima

globale del nostro pianeta. Sebbene ci siano ancora significative incertezze, dovute alla insoddi-

sfacente conoscenza di molti processi climatici potenzialmente rilevanti, tutti i modelli concor-

dano nello stimare che il riscaldamento globale proseguirà nel corso del XXI secolo.

Anche in Italia, secondo le serie storiche di temperatura e precipitazione nell'ultimo seco-

lo, il clima sta diventando più caldo e più secco, in particolare al centro-sud, con la contempora-

nea tendenza all'aumento delle precipitazioni intense ed un maggiore rischio di eventi siccitosi

in molte aree mediterranee. Un aumento di precipitazioni intense comporta peraltro un incre-

mento del rischio di alluvioni, frane ed erosione dei suoli. Nell'Italia nord-occidentale e nella

regione alpina, l'analisi dei dati indica che negli ultimi cinquant'anni le temperature medie sono

aumentate di oltre 1°C, la copertura nevosa si è fortemente ridotta e molti ghiacciai alpini si so-

no ritirati anche per più di 500 metri.

Quanto elencato è causato da un aumento dell‟effetto serra. Per tenere conto di tutti questi

effetti sono stati sviluppati due indici: il RIRF, Relative Instantaneous Radiative Forcing, un in-

dice che misura l‟aumento dell‟assorbimento della radiazione infrarossa di un gas per incremen-

ti unitari di concentrazione, e il GWP, Global Warming Potential, potenziale di riscaldamento

globale, che è definito come:

Eq. 1.1 - Global Warming Potential [4]

ai è l‟assorbimento istantaneo per incremento unitario di concentrazione del gas i-esimo;

Ci è la sua concentrazione al tempo t;

ac è l‟assorbimento analogo del CO2;

Cc la concentrazione del biossido di carbonio al tempo t.

3

Il rapporto

con a0 assorbimento istantaneo al tempo , è equivalente al RIRF. Espresso in

questo modo il GWP fornisce la misura di quanto un dato gas serra contribuisce all'effetto serra.

Questo indice è basato su una scala relativa che confronta il gas considerato con un'uguale mas-

sa di biossido di carbonio, il cui GWP è per definizione pari a 1. Ogni valore di GWP è calcola-

to per uno specifico intervallo di tempo [4][5][6].

1.2 L’ Effetto Serra

L‟effetto serra è il fenomeno grazie al quale esiste vita sulla terra così come la conoscia-

mo. Questo processo consiste nel riscaldamento del pianeta per effetto dell‟azione dei gas serra

presenti naturalmente nell‟aria in piccole concentrazioni. I gas serra naturali comprendono il

vapor d‟acqua, l‟anidride carbonica, il metano, l‟ossido nitrico e l‟ozono troposferico. Ciascun

gas è caratterizzato da una banda di assorbimento e di trasmissione di radiazioni per cui risulta-

no trasparenti alle radiazioni provenienti dal Sole ma non a quelle provenienti dalla terra. Le ra-

diazioni provenienti dal Sole, che ha una temperatura superficiale di circa 6000 K, ricadono per

la maggior parte nel visibile.

Queste radiazioni attraversano l‟atmosfera e ricadono sulla superficie terrestre dove ven-

gono in parte assorbite e in parte riflesse. I raggi solari riflessi tornano di nuovo verso

l‟atmosfera, che si comporta come una membrana semi-trasparente che ancora una volta lascia

passare solo una quota di energia che corrisponde alle lunghezze d‟onda λ minori, mentre riflet-

te le radiazioni infrarosse (IR) aventi λ più elevata; ad esse si sommano anche le radiazioni IR

emanate dalla superficie riscaldata del pianeta, in virtù della sua temperatura superficiale di 288

K. In tale situazione, una parte della radiazione emessa dal suolo viene assorbita dall'atmosfera

e riemessa in tutte le direzioni, anche verso il suolo stesso sviluppando un meccanismo analogo

Figura 3: Percentuale di assorbimento delle radiazioni (µm) da parte dei principali

componenti dell’atmosfera [7]

4

a quello di una comune serra. Valutazioni medie globali delle percentuali di radiazione solare

coinvolte in questi processi indicano i seguenti valori: 33% riflessa all‟indietro dal pianeta, 24%

assorbita dall‟atmosfera, 43% assorbita dalla superficie terrestre [7].

In questa situazione, la radiazione elettromagnetica emessa dal Sole viene imprigionata

tra la superficie terrestre e la sua atmosfera. Ciò comporta che l'equilibrio radiativo per il Siste-

ma Sole-Terra si fissi ad una temperatura maggiore di quella che si stabilirebbe in assenza

dell'atmosfera. Tale fenomeno è sempre esistito, e ha fatto sì che si stabilissero temperature a-

datte allo sviluppo della vita sulla Terra (15°C anziché -18°C). Questo fenomeno sta però au-

mentando per le enormi emissioni antropogeniche di gas serra comportando un aumento della

temperatura terrestre determinando, di conseguenza, profondi mutamenti a carico del clima sia a

Figura 5: Schematizzazione dell'Effetto Serra [7]

Figura 4: Spettri di emissione del Sole e della Terra considerati corpi neri

che irradiano a temperature superficiali di 6000K e 288K, rispettivamente

(l’asse delle ascisse è in scala logaritmica) [7]

5

livello locale che globale. Il conseguente cambiamento climatico comporterà conseguenze e-

stremamente significative a carico della salute dell‟uomo e dell‟integrità dell‟ambiente. Il clima,

infatti, influenza fortemente l‟agricoltura, la disponibilità delle acque, la biodiversità, la richie-

sta di energia (ad esempio per il riscaldamento o il raffreddamento) e la stessa economia [5][7].

1.3 Protocollo di Kyoto

Le conseguenze del riscaldamento globale sono potenzialmente dannose per cui i Paesi

che hanno firmato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (U-

nited Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC, trattato internazionale per

la difesa del clima firmato nel 1992 da 186 Paesi) hanno concordato come obiettivo “la stabiliz-

zazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello che prevenga una pericolo-

sa interferenza di origine antropica con il sistema climatico”. Il trattato, come stipulato origina-

riamente, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra; era quindi legalmente non

vincolante ma includeva previsioni di aggiornamenti nei successivi COP (Conference of Par-

ties) denominati Protocolli che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni. Il principale di

questi è il Protocollo di Kyōto, diventato molto più noto della stessa UNFCCC e unica misura in

atto contro le emissioni di gas serra. Il Protocollo di Kyōto vincola i paesi industrializzati ma

non prevede limiti per i paesi emergenti (India, Brasile e Cina) il cui peso nelle emissioni globa-

li di CO2 è destinato a crescere in misura sempre più consistente. Il Protocollo è stato adottato

nel Dicembre 1997 ma per entrare in vigore e diventare vincolante doveva essere ratificato da

un numero di Paesi le cui emissioni totali, al 1990, rappresentavano almeno il 55% delle emis-

sioni di gas serra globali. Per questo è entrato in vigore solo il 16 Febbraio 2005, a seguito della

ratifica da parte della Russia (responsabile del 19,4% delle emissioni globali).

Il Protocollo di Kyōto, firmato globalmente da 164 Paesi industrializzati, prevede una ri-

duzione, nel periodo 2008-2012, delle emissioni di CO2 (oltre a CH4, N2O e idrofluorocarbu-

ri, perfluorocarburi ed e-safluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle e-

missioni registrate nel 1990, considerato come anno base. L‟Europa accettò di fissare il valore

minimo a 8% e si concordò successivamente per il nostro Paese la percentuale del 6,5%. L'o-

biettivo italiano risulta essere ambizioso considerando anche che dal 1990 ad oggi le emissioni

italiane di gas serra sono notevolmente aumentate. Per tale motivo lo sforzo reale richiesto per

rispettare al 2008-2012 gli obblighi previsti dal Protocollo di Kyōto è del 19% circa; in termini

6

assoluti ciò equivale ad una riduzione delle emissioni di circa 97,32 milioni di tonnellate di CO2

equivalente. Per alcuni Paesi, invece, non è prevista alcuna riduzione delle emissioni, ma solo

una stabilizzazione o possono addirittura aumentare la quantità di CO2 liberata in atmosfera.

Durante i vari incontri internazionali per la ratifica del Protocollo di Kyōto sono stati sta-

biliti anche i principali strumenti per conseguire le riduzioni proposte, tra cui i meccanismi fles-

sibili1:

- Clean Development Mechanism (CDM): è un meccanismo di collaborazione attraverso il

quale le aziende o gli stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in via di

sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si

sarebbero avuti senza progetto;

- Joint Implementation (JI): è un meccanismo di collaborazione tra paesi industrializzati e

quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi di riduzio-

ne delle emissioni. Analogamente al CDM, anche il JI permette di ottenere crediti di e-

missione attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi;

- International Emission Trading (IET): consiste nella possibilità che uno stato, ed even-

tualmente un‟azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende permessi di e-

missione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata.

L‟Italia non ha saputo in alcun modo cogliere l‟occasione di tali impegni per rinnovare il

sistema energetico accumulando una crescente distanza dagli obiettivi del Protocollo di Kyōto,

il chè non solo espone il nostro Paese a pesanti penalità economiche, ma accresce anche le diffi-

1 Sono meccanismi che permettono di utilizzare a proprio credito attività di riduzione delle emissioni effettuate al di

fuori del territorio nazionale. Questo è permesso considerando il fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale

viene realizzata.

Figura 6: Distanza dell'Italia dagli obiettivi del Protocollo di Kyoto (Mt CO2 eq.) [10]

7

coltà nel seguire le politiche europee con i ben più incisivi obiettivi per il 2020. Infatti, la EU si

è data entro il 2020 l'obiettivo unilaterale di ridurre del 20% le emissioni di gas serra, di conse-

guire un miglioramento del 20% dell‟efficienza dei processi energetici e di arrivare a coprire il

20% dei consumi finali di energia tramite fonti rinnovabili oltre a introdurre una quota del 10%

di biocombustibili per i trasporti.

Considerato il limite temporale di applicazione del Protocollo di Kyōto (2012) è evidente

che per perseguire la stabilizzazione della concentrazione di CO2 in atmosfera entro la soglia di

cui si è parlato e rispettare l‟obiettivo del 20-20-20 è necessario un accordo che coinvolga tutti i

maggiori produttori di anidride carbonica. Risultati interessanti potrebbero realizzarsi con un

impegno costante e immediato volto a ridurre le emissioni di gas serra, in un limite di tempo a-

deguato (i prossimi 50 anni), evitando ulteriori e pericolosissimi ritardi derivati dall‟attesa

dell‟avvento di future e qualche volta utopistiche tecnologie che possano risolvere definitiva-

mente il problema dei cambiamenti climatici ma considerando oggettivamente i limiti e le po-

tenzialità di tutte le tecnologie già disponibili.

Allo stato attuale esistono diverse opzioni per stabilizzare le emissioni di CO2 in atmosfe-

ra e contrastare i cambiamenti climatici prima che questi diventino irreversibili. Ovviamente

ognuna di queste opzioni, pur realizzabile con tecnologie già disponibili, è estremamente impe-

gnativa ed onerosa ed è impensabile che possa essere realizzata con iniziative unilaterali di al-

cuni paesi, come è avvenuto con il Protocollo di Kyōto, in quanto non può prescindere da un

consistente contributo da parte di tutti i componenti della comunità mondiale. Ci si può chiedere

allora se l‟unilateralismo europeo in questo settore, dal protocollo di Kyoto agli impegni attual-

mente in fase di acceso dibattito per il post-Kyōto (il pacchetto 20-20-20) abbia ancora una

qualche valenza. Dal punto di vista dei cambiamenti climatici la risposta è purtroppo negativa:

le emissioni dei paesi che hanno ratificato Kyōto ammontano, allo stato attuale, appena al 30%

delle emissioni globali per cui gli sforzi intrapresi comporteranno, come già affermato in prece-

denza, riduzioni del tutto marginali di tali emissioni: 1,5÷2% [2][6][8][9][10].

1.4 Dopo Kyōto, la Conferenza di Copenhagen e di Cancùn

Nel rispetto degli obiettivi imposti da Kyōto, l‟Europa ha già dato il buon esempio impe-

gnandosi a ridurre le proprie emissioni con il cosiddetto piano 20-20-20, ma ancora tanti sono i

problemi da risolvere per negoziare un nuovo trattato che completi e vada oltre il Protocollo di

8

Kyōto. Per questo a Dicembre del 2009 è stato riunito a Copenhagen, in Danimarca, il quindice-

simo COP. L‟obiettivo generale è stato quello di stabilire un ambizioso accordo globale sul cli-

ma per il periodo dopo il 2012, quando il Protocollo di Kyōto scadrà. Ministri e funzionari pro-

venienti da 192 Paesi hanno partecipato alla riunione di Copenaghen e in aggiunta ci sono stati

partecipanti provenienti da un gran numero di organizzazioni della società civile.

Scopo della conferenza era quello di definire un accordo mondiale, legalmente vincolan-

te e onnicomprensivo sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012 al fine di evi-

tare l'aumento della temperatura media globale di oltre 2°C al di sopra dei livelli pre-industriali.

Per raggiungere questo obiettivo i Paesi industrializzati (primo fra tutti gli USA che non aveva

ratificato il Protocollo di Kyōto sebbene sia uno dei maggiori responsabili assieme alla Cina

delle emissioni dei gas serra), dovrebbero ridurre drasticamente le emissioni di CO2 e fornire il

supporto finanziario necessario ai Paesi in via di sviluppo per intraprendere un percorso di ener-

gia pulita seguendo il processo avviato nel Dicembre 2007 con la Roadmap di Bali (COP13) e

basandosi sui pilastri già delineati nel Piano di Azione di Bali (Bali Action Plan – BAP). A Co-

penaghen però, non sono stati assunti impegni legalmente vincolanti per cui sono rimaste que-

stioni fondamentali da risolvere. Queste sono state affrontate nel COP16 a Cancùn in Messico

dal 29 Novembre al 10 Dicembre scorso. Alla fine della prima settimana di confronto il dissen-

so sul futuro del Protocollo di Kyōto, che impone a 40 Paesi ricchi vincoli costosi, ha creato non

poche difficoltà al negoziato. Il Giappone, appoggiato da Russia, Canada, Australia, Ucraina e

Stati Uniti, ha riproposto “no” alla conferma del protocollo di Kyōto. Una posizione giustificata

dal fatto che i Paesi non-Kyōto guadagnano competitività essendo sottoposti a vincoli solo vo-

lontari e non impegnativi sul taglio delle emissioni di CO2. A chiusura della prima settimana, la

presidenza messicana ha proposto un documento che non solo conferma l'obiettivo generale del-

la conferenza (contenere l'aumento della temperatura media mondiale entro i 2°C), ma ribadisce

la validità e la proroga del protocollo di Kyōto. I Paesi emergenti non- Kyōto “adotteranno im-

pegni comparabili”, mentre i Paesi in via di sviluppo si doteranno di una “strategia di conteni-

mento delle emissioni” assistita dai Paesi sviluppati con trasferimento di tecnologie, finanzia-

menti e supporto alla formazione [11].

I negoziati sono ripresi per un‟altra settimana alla fine della quale il presidente messicano

del COP16, Patricia Espinosa Cantellano, ha dichiarato “Questa bozza ci permetterà di avere

sott'occhio le idee generali e la serie di decisioni già prese insieme. Dobbiamo andare avanti

9

riconoscendo che questi testi sono un progresso reale e significativo” ha poi assicurato che

questi testi non sono “messicani” ma rappresentano il frutto degli sforzi di tutti i delegati e, per

questo, le opinioni di tutti gli interessati [12]. La bozza contiene diverse azioni tra cui u-

na formulazione concreta per stabilire i target di riduzione dei gas serra secondo il principio

di responsabilità comune ma differenziata, strumenti per sostenere i Paesi più deboli,

un fondo verde (già deciso a Copenaghen) che prevede 100 miliardi di dollari l'anno dal 2013 al

2020, la riforestazione e verifiche degli impegni per diminuire le emissioni di CO2 [12][13].

1.5 Possibilità di Intervento

Le alternative tecnologiche attualmente disponibili per la stabilizzazione dei livelli di CO2

nell‟atmosfera includono [14]:

a) Efficienza energetica: riduzione dei consumi, uso razionale dell‟energia e aumento

dell‟efficienza degli impianti così da emettere meno CO2 a parità di energia elettrica prodotta;

b) Energia nucleare: incrementare la produzione di energia elettrica da fonte nucleare con im-

pianti di IV generazione che emettono poco o niente CO2;

c) Fonti rinnovabili: aumento dell‟impiego di fonti di energia rinnovabile (in particolare geo-

termica e idroelettrica) al fine di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera;

d) Zero emissioni: sequestro di CO2 dall‟atmosfera aumentando la capacità di assimilazione bio-

logica delle foreste oppure catturando e immagazzinando CO2, CCS.

Nel contesto delle fonti rinnovabili, una proposta originale è data dalla Teoria dei “Cunei

di Stabilizzazione” (Stabilization Wedges), ideata da Pacala e Socolow dell’Università di Prin-

ceton, che evidenzia come siano già disponibili adeguate tecnologie per ridurre le emissioni di

anidride carbonica e stabilizzarne la sua concentrazione in atmosfera.

L‟abbattimento delle emissioni relativo a ciascun cuneo di stabilizzazione può essere rea-

lizzato con diverse soluzioni tecnologiche: dal potenziamento del nucleare a quello delle fonti

rinnovabili, dallo switch verso combustibili a minore emissione specifica di carbonio (passaggio

da carbone a gas naturale) allo stoccaggio biologico del carbonio in foreste e terreni agricoli, dal

10

miglioramento dell‟efficienza energetica nel settore industriale, civile e dei trasporti al CCS,

Carbon Capture and Storage2 [2][4][15][16][17].

A tal proposito, tornano in gioco le fonti rinnovabili come esaminato dallo scenario

BLUE Map introdotto dalla IEA rapporto Energy Technology Perspectives 2010, ETP 2010, a-

nalizza e pone a confronto diversi scenari proponendo le principali opzioni che possono consen-

tire di creare un futuro energetico più sicuro e sostenibile. Lo scenario di base riprende lo scena-

rio di riferimento descritto nel World Energy Outlook 2009 con orizzonte al 2030 e lo estende

fino al 2050. L‟ipotesi di fondo è l‟assenza di introduzione da parte dei governi di qualsiasi

nuova politica energetica e climatica. Per contro, lo scenario BLUE Map (proposto in diverse

varianti) è target-oriented: definisce l‟obiettivo di dimezzamento delle emissioni di CO2 legate

al consumo di energia all‟orizzonte 2050 (rispetto ai livelli del 2005) ed esamina le opzioni me-

no costose per il suo raggiungimento attraverso la diffusione di tecnologie a basso contenuto di

carbonio sia esistenti che nuove. Raggiungere entro il 2050 una diminuzione delle emissioni del

50% potrebbe consentire, secondo l‟IPCC, di contenere l‟aumento della temperatura atmosferi-

ca entro un intervallo di 2°C e 2,4°C [16].

Da un‟osservazione della diminuzione di emissioni globali imputabile ad ogni settore nel

periodo 2005-2050 che è possibile ottenere passando dallo scenario tendenziale a quello BLUE

Map, ne emerge che il settore elettrico sarà quello responsabile della quota maggiore, pari al

41% del totale. Nel 2050, lo scenario di Base prevede il raddoppio di queste emissioni, in ragio-

2 Con il CCS si intende una serie di interventi che prevedono la cattura dell‟anidride carbonica, il trasporto in pipeli-

nes e lo stoccaggio finale. Solo solo negli ultimi anni sono state riconosciute le sue potenzialità nei confronti del pro-

blema globale del cambiamento climatico ma si tratta comunque di una Tecnologia Ponte nell‟era della Rivoluzione Energetica che vede la sostituzione completa dei combustibili fossili ormai in via di esaurimento. Da qui l'enorme

sforzo degli scienziati impegnati nella CCS e dei pochi legislatori che hanno "creduto" finora in questa tecnologia.

Figura 7: Andamento della concentrazione di CO2 emessa con relativa stabilizzazione

secondo la Teoria dei Cunei di Pacala e Socolow: il Triangolo di Stabilizzazione

è dato dalla somma di 7 Cunei di Stabilizzazione [15]

11

ne della continua dipendenza dai combustibili fossili. Per contro, lo scenario BLUE Map indica

una riduzione quasi del 90% (rispetto ai livelli del 2007) dell‟intensità carbonica della genera-

zione elettrica, con le fonti rinnovabili che contribuiscono con il 17% della produzione mondia-

le di elettricità. In particolare l‟energia rinnovabile da fonte idraulica, come spiegato nel Capito-

lo successivo, ricopre già una buona percentuale della produzione energetica italiana con possi-

bilità di incremento passando ai piccoli impianti idroelettrici [16][17].

Figura 9: Emissioni globali di CO2 nello scenario Base e nello scenario BLUE Map [15]

Figura 8: Le principali opzioni tecnologiche per la riduzione delle emissioni di

CO2 nello scenario BLUE Map [15]

Capitolo II

Fonti Rinnovabili di

Energia in Italia

Gli andamenti globali odierni di domanda e offerta di energia sono chia-

ramente insostenibili da un punto di vista ambientale, economico e sociale. Il

settore energetico si trova ad affrontare quattro sfide principali: la minaccia di

un cambiamento climatico con potenziali effetti distruttivi ed irreversibili, la ri-

duzione progressiva della sicurezza degli approvvigionamenti, la crescita e vo-

latilità dei prezzi dell’energia e la crescente domanda energetica nei Paesi in

via di sviluppo. Non è esagerato affermare che uno sviluppo economico soste-

nibile sarà possibile solo se il mondo saprà garantire un’offerta di energia affi-

dabile a prezzi accessibili ed effettuare una rapida trasformazione verso ap-

provvigionamenti energetici a basso contenuto di carbonio, efficienti e rispetto-

si dell’ambiente. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi occorrerà attuare

una rivoluzione negli usi e nella produzione di energia e sviluppare un portfolio

di tecnologie energetiche low-carbon di cui le fonti rinnovabili costituiranno

parte essenziale.

12

2.1 Fonti Rinnovabili: normativa

La regolazione del settore delle energie rinnovabili è uno dei principali pilastri della poli-

tica energetica europea. La Direttiva 77/2001, ancora oggi il più forte strumento legislativo a

favore dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (FER) nel contesto globale, è stata so-

stituita da un nuovo testo ancora più significativo. Il 17 Gennaio 2009, infatti, il Parlamento Eu-

ropeo ha approvato il pacchetto clima-energia volto a conseguire gli obiettivi al 2020 su cui i

capi di Stato dei Paesi dell‟UE avevano trovato un accordo nel 2007 con il pacchetto 20-20-20.

L‟approvazione del suddetto accordo è avvenuta a seguito di una serie di negoziati informali

che hanno portato all‟adozione congiunta del Parlamento e del Consiglio di sei proposte legisla-

tive tra cui la Direttiva 2009/28/EC conosciuta come “Direttiva sulla promozione e l’uso di

energia da fonti rinnovabili”. Questa fissa gli obiettivi nazionali per la quota delle energie rin-

novabili3, da raggiungere entro il 2020, con un obiettivo specifico del 10% di rinnovabili fra le

fonti energetiche per i trasporti (inglobando anche la Direttiva 30/2003 sulla promozione dei

biocombustibili ed altre fonti alternative nel settore dei trasporti). I target diventano vincolanti e

sarà responsabilità degli Stati membri dotarsi di piani d'azione nazionali per raggiungerli. Tutta-

via, all'interno di ciascun obiettivo nazionale, la ripartizione per fonte sarà lasciata allo Stato

membro in base alle potenzialità esistenti. Un‟eventuale violazione degli obiettivi non si traduce

in un meccanismo sanzionatorio automatico ma nella discrezionalità della Commissione di apri-

re una procedura d‟infrazione.

Gli Stati membri adotteranno quindi un piano di azione nazionale che fissa la quota di e-

nergia da fonti rinnovabili consumata nel settore dei trasporti, dell'elettricità e del riscaldamen-

to per il 2020. Tali piani di azione prenderanno in considerazione gli effetti di altre misure poli-

tiche relative all‟efficienza energetica sul consumo finale di energia (più alta sarà la riduzione

del consumo di energia, meno energia da fonti rinnovabili sarà necessaria per raggiungere l'o-

biettivo). I piani dovranno inoltre prevedere le modalità delle riforme dei regimi di pianificazio-

ne e di fissazione delle tariffe, nonché l'accesso alle reti elettriche, a favore dell‟energia da fonti

rinnovabili la cui quantità è scambiabile tra gli Stati membri mediante un trasferimento statisti-

co. Gli Stati possono inoltre intraprendere progetti comuni per la produzione di elettricità e di

riscaldamento da fonti rinnovabili e possono stabilire una cooperazione con Paesi terzi, sempre

3 Ai fini del calcolo dell‟obiettivo, le fonti rinnovabili riconosciute dalla direttiva sono: eolica, solare, aerotermica

(calore atmosferico), geotermica (calore sotterraneo), idrotermica (calore di acque superficiali), maremotrice, idroe-

lettrica, biomassa, gas da discarica, gas residuati da processi di depurazione e biogas.

13

che l‟elettricità così prodotta sia consumata all‟interno della Comunità, sia prodotta da un im-

pianto di nuova costruzione (dopo Giugno 2009) e che non abbia beneficiato di nessun altro so-

stegno.

Vengono imposti requisiti minimi di utilizzazione di fonti rinnovabili nei nuovi edifici o

nei progetti di ristrutturazione, e regimi di certificazione per gli installatori di impianti a energia

rinnovabile. La Direttiva richiede, in ultimo, che si dia accesso prioritario alla rete all'elettricità

prodotta da rinnovabili e che si sviluppi l'infrastruttura di trasmissione per facilitare la gestione

di questi flussi.

A seguito dei numerosi dubbi sollevati sull'effettivo impatto ambientale ed economico

(specialmente sui prezzi dei prodotti per alimentazione umana) dell'uso di biocombustibili nei

trasporti, la Direttiva pone anche le basi per la definizione dei criteri di sostenibilità ambientale

che i biocombustibili debbono rispettare per poter essere presi in considerazione ai fini del

target del 10%. Tali criteri includono un minimo del 35% di riduzione delle emissioni rispetto al

prodotto equivalente di origine fossile, il divieto di usare materiali da foreste primarie o aree

protette e quello di convertire zone umide o foreste per produrre biocombustibili. La mancata

ottemperanza a tali criteri provoca l'esclusione dai sussidi e dagli sgravi fiscali [10][18][19].

2.2 Fonti Rinnovabili: incentivi

Il 18 Dicembre 2008 il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto col Ministro

dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha adottato il Decreto “Incentivazione

della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell’articolo 2, comma 150,

della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, noto come DM 18 Dicembre 2008, che dà attuazione ai

meccanismi di incentivazione già introdotti dalla Legge Finanziaria 2008.

Il GSE, Gestore Servizi Energetici, ha un ruolo centrale nella promozione, incentivazione

e sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia, essendo l'ente attuatore del sistema di incentivazione

dell‟energia prodotta da fonti rinnovabili che prevede su richiesta dell'Operatore:

il rilascio di certificati verdi

la tariffa omnicomprensiva (solo per impianti di potenza inferiore ad 1 MW).

14

Secondo l‟art. 2, DL 387/2003 e l‟art. 11 DL 79/1999 i certificati verdi sono titoli che at-

testano la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e possono essere utilizzati dai

produttori o importatori da fonte convenzionale per adempiere all‟obbligo di immettere nel si-

stema elettrico nazionale una quota di energia prodotta da impianti di fonti rinnovabili. Secondo

l‟art. 3 del DM 18 Dicembre 2008, ha diritto ai certificati tutta la produzione generata in Italia

da fonti rinnovabili (anche per la parte rinnovabile in impianti ibridi dove vi sono sia fonti rin-

novabili che fonti convenzionali) superiore al 5,3% nel 2009 (con crescita di 0,75% ogni anno

fino al 2012). La richiesta di questi certificati va fatta dal produttore al GSE e può essere fatta

in due tempi per cui si parla di:

- domanda a consuntivo: la richiesta deve essere presentata dopo avere ottenuto la quali-

fica e al termine di ciascun anno in cui vi è stata produzione. La prima richiesta potrà

quindi essere presentata non prima dell‟anno successivo all‟inizio della produzione. In

ogni caso la data di entrata in esercizio commerciale cioè di decorrenza del periodo di

incentivazione deve essere entro diciotto mesi dalla entrata in esercizio;

- domanda a preventivo: la richiesta è presentata dopo avere ottenuto la qualifica, ma

prima di avere effettivamente prodotto l‟energia a cui i certificati verdi si riferiscono.

Con questo meccanismo possono essere richiesti a preventivo i certificati verdi per

l‟anno in corso o per l‟anno successivo, anche prima dell‟inizio della produzione. Que-

sta possibilità è però soggetta a delle limitazioni.

In questo secondo caso spetta al GSE quantificare la producibilità attesa nell‟anno di ri-

chiesta dei certificati: se l‟impianto ha iniziato la decorrenza dell‟incentivazione da più di due

anni il GSE fa la media della produzione degli anni precedenti altrimenti, se l‟impianto ha ini-

ziato la decorrenza dell‟incentivazione da meno di due anni il GSE valuta la producibilità attesa

sulla base dei dati progettuali trasmessi dal produttore, purché tali dati siano compatibili con i

valori medi a disposizione del GSE che, per gli eolici e i solari, corrisponderanno alla producibi-

lità media dell‟area.

Una volta accettata la richiesta, i certificati verdi sono emessi in numero pari al risultato

dei MWh prodotti4 moltiplicati per un coefficiente variabile per ciascuna fonte fra un minimo di

0,8 e un massimo di 1,8. Il coefficiente può essere aggiornato ogni tre anni assicurando la con-

gruità della remunerazione ai fini dell‟incentivazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili.

4 I MWh prodotti sono pari all‟energia misurata ai morsetti di uscita dei generatori al netto degli ausiliari, delle perdi-

te nei trasformatori principali e delle perdite di linea fino al punto di consegna.

15

Una volta rilasciati per la produzione elettrica di un certo anno, i certificati verdi hanno

una validità estesa ai due anni successivi. In questi due anni i produttori certificano il rispetto

dell‟obbligo di produrre energia elettrica da fonte rinnovabile. I produttori che non rispettano

queste percentuali o che importano energia elettrica da fonti convenzionali possono acquistare

le quote di energia rinnovabile da immettere per evitare sanzioni e i certificati verdi sono il tito-

lo rappresentativo di tali quote. Si mettono quindi sul mercato i certificati verdi con valori eco-

nomici stabiliti dal GSE o dal GME, Gestore del Mercato Elettrico, a seconda dei casi.

In alternativa ai certificati verdi, c‟è la tariffa omnicomprensiva definita dagli art. 2

comma 145 legge 244/2007, Art. 16 e 3 commi 2 e 5 DM 18 dicembre 2008, come una tariffa

fissa comprensiva sia dell‟incentivo che dell‟acquisto dell‟energia elettrica riconosciuta per 15

anni (con valori diversi a seconda della fonte rinnovabile da cui è ottenuta). Si applica solo a

impianti la cui produzione è inferiore a 1 MW (200 kW per gli eolici) e l‟energia per la quale è

attribuita la tariffa fissa non concorre all‟energia che i produttori da fonte convenzionale posso-

no utilizzare per soddisfare la quota di produzione da fonte rinnovabile. La tariffa fissa è pagata

esclusivamente a consuntivo ed è garantita all‟energia prodotta mediante impianti entrati in e-

sercizio in data successiva al 31 Dicembre 2007. Nel calcolo della potenza si tiene conto di tutte

le potenze installate per ciascuna fonte a monte di un punto di connessione. Se per potenziamen-

to o rifacimento si eccede la potenza ammessa si perde il diritto alla tariffa e si possono avere i

certificati verdi. Anche se non viene superata la potenza limite, si può passare dalla tariffa om-

nicomprensiva ai certificati verdi o viceversa ma non più di una volta con detrazione del periodo

già goduto con il primo incentivo [10][18][19][20].

2.2.1 Incentivi per l’Energia Idroelettrica

Secondo l‟art.2 della Finanziaria 2008 e l‟allegato A del DM 18 Dicembre 2008, gli im-

pianti idroelettrici entrati in esercizio dopo il 31 Dicembre 2007 hanno diritto ad agevolazioni:

- certificati verdi per 15 anni con un coefficiente variabile (in base al rifacimento totale o

parziale e al potenziamento dell‟impianto in questione);

- priorità nel dispacciamento e obbligo di utilizzazione prioritaria;

- ritiro dedicato dell‟energia, cioè possibilità di vendere l‟energia al GSE per impianti ad

acqua fluente e fino a 10 MVA per altri impianti;

16

- per gli impianti sino a 1 MW possibilità di ottenere tariffa fissa omnicomprensiva

dell‟ammontare di 22 Eurocent/kW sostitutiva dei certificati verdi.

Secondo l‟art. 10 del DM 18 Dicembre 2008, per gli impianti entrati in esercizio al 31

Dicembre 2007 aventi diritto al certificato verde, la durata del periodo di diritto ai certificati

verdi è 12 anni e il coefficiente per il calcolo dei MWh prodotti è 1.

L‟allegato A dello stesso Decreto Ministeriale regola inoltre l‟incentivazione di impianti

con rifacimenti totali o parziali o con potenziamenti. Per ottenere l‟incentivazione per il rifaci-

mento totale occorre che:

- l‟intervento di rifacimento totale sia effettuato sugli impianti idroelettrici di potenza in-

feriore a 10 MW entrati in esercizio da almeno 15 anni, oppure sugli impianti di potenza

superiore o uguale a 10 MW entrati in esercizio da almeno 30 anni;

- il rifacimento totale comporti la totale ricostruzione di tutte le opere idrauliche apparte-

nenti all‟impianto idroelettrico e la sostituzione con nuovi macchinari di tutti i gruppi

turbina alternatore. Per il rifacimento totale degli impianti idroelettrici installati negli

acquedotti è necessario provvedere almeno alla sostituzione con componenti nuovi del

gruppo turbina alternatore con annesso bypass e l‟impianto deve essere al servizio e-

sclusivo di un sistema acquedottistico.

Per ottenere l‟incentivazione per il rifacimento parziale occorre che:

- l‟impianto sia entrato in esercizio da almeno 15 anni se l‟impianto ha una potenza no-

minale media annua inferiore a 10 MW, ovvero da almeno 30 anni qualora abbia una

potenza nominale media annua maggiore o uguale a 10 MW;

- vi sia la completa sostituzione con nuovo macchinario di tutti i gruppi turbina alternatori

Per ottenere l‟incentivazione per il potenziamento occorre che:

- l‟impianto sia entrato in esercizio da almeno cinque anni;

- l‟intervento abbia avuto un costo minimo, cioè il rapporto fra il costo totale

dell‟intervento espresso in milioni di euro e la potenza delle turbine espressa in MW

non inferiore a 0,10 [18][19][20].

2.3 Energia Elettrica in Italia

La crisi economica, iniziata nella seconda metà del 2008, sta determinando un forte ral-

lentamento dell‟economia mondiale e una fase recessiva delle economie occidentali (la peggiore

17

5% 9%9%

36%

41%

En. elettrica Rinnovabile Solidi

Gas Petrolio

dal 1929) i cui esiti finali sono tuttora molto incerti. Anche l‟andamento della domanda di ener-

gia, la cui correlazione con la crescita economica dipende dalla fase di maturità economica di un

Paese, mostra sensibili differenze tra le aree geopolitiche. I Paesi emergenti e quelli in via di

sviluppo potrebbero vedere, pur nel rallentamento economico, una continuazione della crescita

della domanda di energia in atto da anni (+3,7% all‟anno nel periodo 1995-2008); per i Paesi

economicamente più maturi, Italia inclusa, e con una crescita della domanda di energia storica-

mente più contenuta (1% in media annua tra il 1995 e il 2008), la crisi prefigura invece una

flessione netta della domanda.

Rispetto alla media dei 27 Paesi dell‟Unione Europea, i consumi di energia primaria in I-

talia si caratterizzano per un maggiore ricorso a petrolio e gas, per una componente strutturale di

importazioni di elettricità (circa il 5% dei consumi primari), per un ridotto contributo del carbo-

ne (pari al 9% dei consumi primari di energia) e per l‟assenza di generazione elettronucleare; la

quota di fonti energetiche rinnovabili sul totale dei consumi primari di energia è leggermente

più elevata rispetto alla media dei paesi economicamente più maturi, soprattutto grazie al note-

vole apporto della fonte idroelettrica.

La domanda di energia primaria si attesta nel 2008 a 192,1 Mtep, subendo una flessione

di circa 2 Mtep rispetto al 2007. Il ricorso alle fonti di energia è caratterizzato nel 2008 da una

forte contrazione dei consumi di petrolio (-3,7%) e combustibili solidi (-1,5%). La domanda di

greggio e prodotti petroliferi resta tuttavia prevalente rispetto alle altre fonti, coprendo il 41%

del totale dei consumi primari, sostenuta quasi esclusivamente dal fabbisogno energetico del

settore dei trasporti. Le importazioni nette di energia elettrica, pur rimanendo una componente

strutturale del sistema energetico italiano, mostrano una sensibile riduzione, attribuibile alla

Figura 10: Disponibilità di energia per fonte

in Italia nel 2008 [10]

Figura 11: Consumi finali di energia in Italia

per settore nel 2008 [10]

32%

6%

3%

26%2%

31%

Usi civili Usi non civili Bunkeraggi

Industria Agricoltura Trasporti

18

contrazione della domanda complessiva di energia elettrica nei settori produttivi e agli incre-

menti di competitività del rinnovato parco termoelettrico nazionale che è riuscito ad aumentare

le esportazioni verso i paesi confinanti [10].

Nel dettaglio, le fonti rinnovabili di energia nel 2008 hanno contribuito al Consumo Inter-

no Lordo5 (CIL) italiano per una percentuale di poco superiore al 9,6%. In Tabella 1 viene e-

splicitato il contributo energetico delle diverse fonti rinnovabili in termini di equivalente fossile

sostituito. Complessivamente nel 2008 si è avuto un aumento della produzione da fonti rinnova-

bili in Italia del 18% (+2.860 ktep) rispetto a quella del 2007 (15.641 ktep).

1. Solo energia elettrica da apporto naturali valutata a 2200 kcal/kwh

2. Inclusa la parte organica

3. Non include risultato indagine ENEA sul consumo di legna da ardere nelle abitazioni

4. Eolico, solare, rifiuti, legna (esclusa quella da ardere), biocombustibili, biogas.

*Dati provvisori

Si noti come l‟incremento percentualmente più significativo, pur restando su valori asso-

luti molto bassi, provenga da fonti non tradizionali quali l‟eolico, il fotovoltaico, i rifiuti e le

biomasse (legna, biocombustibili, biogas) che passano, sul totale delle rinnovabili, da poco più

del 14% del 2000 al 34% del 2008. Un esame del contributo energetico, in termini di ktep di e-

nergia primaria sostituita, fornito negli ultimi cinque anni da alcune tipologie di fonti rinnovabi-

li evidenzia gli andamenti che seguono:

5 Consumo Interno Lordo di energia elettrica (CIL) è pari alla produzione lorda di energia elettrica al netto della pro-

duzione da pompaggi, più il saldo scambi con l‟estero (o tra le Regioni).

Tabella 1: Energia da rinnovabili in equivalente fossile

sostituito (ktep), 2000-2008 [17]

19

- l‟idroelettrico, che fornisce la quota più rilevante, è caratterizzato da una forte fluttuazio-

ne da attribuire a fattori di idricità;

- la geotermia mostra un contributo relativamente costante, che nel periodo considerato o-

scilla intorno a 1,4 Mtep;

- buon incremento della produzione eolica (+20%) e la sorprendente crescita dei biocom-

bustibili (+227%). Meno marcati invece gli aumenti di biomassa legnosa (+5%) che si at-

testa su valori ancora lontani da quelli tipici dei Paesi europei, dei rifiuti (+3%) e dei bio-

gas (+11%);

- molto bene inoltre le produzioni da fonti solari quali il solare termico (+44%) e il fotovol-

taico (quasi quattro volte rispetto al 2007) [17].

Il rapporto sulle fonti rinnovabili del 2010 del GSE riporta che nel 2009 gli impianti ali-

mentati a fonti rinnovabili in Italia hanno raggiunto le 74.282 unità con potenza installata com-

plessiva pari a 26.519 MW. Rispetto all‟anno precedente, la numerosità degli impianti è più che

raddoppiata, spinta dalla crescita del solare fotovoltaico che passa da 32.018 a 71.288 unità. Il

contributo maggiore alla crescita dell‟11% della potenza installata deriva invece dalla fonte eo-

lica. Solo nell‟ultimo anno sono stati installati circa 1.360 MW addizionali. Per quanto riguarda

Tabella 2: Produzione degli impianti da fonte rinnovabili in Italia, 2008 [21]

20

la produzione di energia elettrica, al 2009 la produzione effettiva è stata pari a 69.330 GWh, ol-

tre il 19% più elevata rispetto all‟anno precedente grazie alla straordinaria produzione idroelet-

trica riscontrata nel 2009 pari a 49.100 GWh (+18% rispetto al 2008) nonché alla crescita

dell'eolico e delle biomasse. La produzione normalizzata è pari a 63.422 GWh, questa differisce

dalla precedente perché, per la fonte idraulica e eolica, sono stati considerati valori depurati dal-

la componente climatica attraverso l‟applicazione delle formule indicate dalla Direttiva

28/2009/CE (in Tabella 2 segnati con apice 1) [21].

In particolare, il grafico in Figura 13 evidenzia come l‟andamento della produzione lorda totale

da fonte rinnovabile in Italia sia influenzata dalla variabilità della produzione idroelettrica che

Figura 13: Rapporto tra la produzione rinnovabile e quella totale in Italia [21]

Figura 12: Produzione da fonte rinnovabile in Italia dal 1999 al 2009 [21]

21

2005 2006 20072008

2009

912 778450 447 591

1.430 1.556 1.486 1.374 1.336

2.082 2.1251.880

2.362 2.773

5.130 5.367

4.070 3.836 3.780

Solare Eolica Idroelettrico Biomasse

rappresenta infatti la sua principale componente sebbene nell‟ultimo decennio anche le altre

fonti abbiano dato un contributo sempre maggiore alla produzione rinnovabile che ha raggiunto

nel 2009 il valore massimo (23,9% del totale rispetto al 18,2% dell‟anno precedente).

L‟incremento di tutte le fonti rinnovabili si vede anche dall‟andamento delle ore di funziona-

mento annuali degli impianti come riportato in Figura 14.

2.3.1 Energia Idroelettrica in Italia

La produzione di energia idroelettrica, pari a circa il 74% della produzione complessiva

lorda da fonti rinnovabili, rappresenta la più importante forma di energia rinnovabile in Italia.

L‟indagine ha considerato l‟evoluzione della capacità installata6 secondo la classe di potenza, da

cui è risultato che gli impianti di maggiore dimensione, quelli con potenza superiore a 10 MW,

costituiscono la più alta quota percentuale della potenza idroelettrica totale. Inoltre, anche

l‟analisi della potenza installata, secondo tipologia d‟impianto (bacino, serbatoio, acqua fluen-

te), ha mostrato, negli ultimi anni, variazioni non significative. Per il grande idroelettrico, prin-

cipalmente per impianti con grandi invasi e dighe, è poco ipotizzabile uno sviluppo futuro signi-

ficativo. Considerando l‟età media delle dighe italiane, superiore ai 60 anni (per molte delle

quali il periodo di vita residuo è stimabile in alcune decine di anni) è ragionevole attendersi una

sensibile riduzione della producibilità da fonte idroelettrica. Il quadro generale è più articolato

6 Gli impianti idroelettrici si suddividono in grandi impianti ed in impianti idroelettrici minori (mini-idroelettrico) in

base alla potenza installata; si può assumere come valore di soglia la potenza di 10 MW.

Figura 14: Andamenti delle ore di utilizzazioni medie degli impianti alimentati da fonte rinnovabile

dal 2005 al 2009 [Elaborazione personale dei dati GSE [21][22][23]]

22

per gli impianti mini-idroelettrici, dove i minori problemi di sicurezza e il vantaggio di una tipo-

logia distribuita di generazione, rende opere e macchinari più facilmente inseribili sul territorio.

Nei Paesi più industrializzati, però, secondo il World Energy Council, il potenziale idroelettrico

non ancora sfruttato potrà fornire nei prossimi decenni contributi marginali. Nel caso specifico

dell‟Europa si ritiene che sia già stato sviluppato oltre il 75% del potenziale idroelettrico.

A livello nazionale, secondo i dati pubblicati dal Gestore dei Servizi Elettrici, GSE sullo

sviluppo dell‟idroelettrico in Italia, al 31 Dicembre 2008 il parco impiantistico di consistenza

pari a 17.623 MW è costituito da 296 grandi impianti che, in termini di potenza efficiente lorda,

rappresentano l‟85,2% del totale.

In termini di energia prodotta nel 2008, il grande, il piccolo e il mini idroelettrico hanno

contribuito rispettivamente per il 78%, il 17,8% e il 4,3% per un totale di 41,6 TWh di produ-

zione idroelettrica nazionale, superiore di circa 8,8 TWh (+26,8%) rispetto all‟anno predente.

Per le categorie d‟impianto del mini e piccolo idroelettrico dal 2007 al 2008 si sono riscontrati

incrementi di potenza efficiente lorda installata pari rispettivamente a 13 MW (+3,1%) ed a 70

MW (+3,4%), dovuti anche a nuove realizzazioni impiantistiche; ragionando invece per tipolo-

gia di impianto, il parco degli impianti idroelettrici in Italia non ha subito variazioni rilevanti

anche se si presenta molto più variegato. L‟unico tasso di crescita che merita di essere rilevato è

quello degli impianti ad acqua fluente che sono cresciuti mediamente in ogni anno del 3%. In

effetti, mentre gli impianti a serbatoio corrispondono sempre a circa il 46% della potenza instal-

lata totale, gli impianti ad acqua fluente che nel 1997 rappresentavano il 21% del totale, arriva-

no nel 2008 al 26% riuscendo a guadagnare spazio fino quasi a raggiungere gli impianti a baci-

no. La quota di questi ultimi si è infatti ridotta dal 33% del 1997 al 28% del 2008.

Tabella 3: Potenza efficiente lorda e numerosità degli impianti idroelettrici in Italia

al 31 Dicembre 2007 e 2008 [23]

23

Per avere chiaro il quadro italiano, si vedano i seguenti due grafici in cui l‟energia idroe-

lettrica prodotta è distribuita prima per classe di potenza dell‟impianto e poi per tipologia.

Figura 15: Evoluzione della potenza installata degli impianti idroelettrici in Italia dal

1997 al 2008, secondo classe di potenza [23]

Tabella 4: Produzione degli impianti idroelettrici in Italia dal 2004 al 2008 [23]

Figura 16: Evoluzione della potenza installata degli impianti idroelettrici in Italia dal

1997 al 2008, secondo tipologia di impianto [23]

24

Combinando i precedenti due grafici si può parlare di dimensione media degli impianti in Italia.

I grandi impianti a serbatoio sono quelli che hanno dimensione media maggiore. In effetti

questi 89 impianti rappresentano il 44% della potenza installata totale in Italia. Gli impianti ad

acqua fluente hanno dimensione media ridotta. In particolare quelli appartenenti alla classe 0-1,

che rappresentano il 55% dei 2.184 impianti presenti in Italia, hanno dimensione media intorno

a 370 kW. Facendo riferimento invece alla produzione totale di energia da fonte rinnovabile,

l‟energia idroelettrica ha seguito gli andamenti riportati in Figura 18 (per classe di potenza) e in

Figura 20 (per tipologia di impianto).

Figura 18: Produzione idroelettrica in Italia, secondo classe di potenza, dal 1997 al 2008 [23]

Figura 17: Dimensione media degli impianti idroelettrici in Italia nel 2008 [23]

25

Il contributo totale rispetto all‟energia elettrica in Italia è invece riportato nelle Figure 20 e 21.

Figura 20: Rapporto tra produzione idroelettrica e produzione da FER dal 1997 al 2008 [23]

Figura 21: Rapporto tra produzione idroelettrica e produzione totale di energia elettrica [23]

Figura 19: Produzione idroelettrica in Italia, secondo tipologia di impianto, dal 1997 al 2008 [23]

26

In ultimo, si riportano le distribuzioni degli impianti idroelettrici, della potenza installata

e della produzione di energia idroelettrica in Italia.

Dall‟analisi della distribuzione degli impianti idroelettrici in Italia, è evidente come la

maggior parte siano installati nel Settentrione. Solo tre delle sue Regioni (Piemonte, Trentino

Alto Adige ed Lombardia) rappresentano oltre il 55% del totale. Nell‟Italia centrale si distin-

guono le Marche, con il 4,7% d‟impianti installati e la Toscana, con il 4,4%. Nel Meridione

questa fonte è meno sfruttata. La Calabria è la regione del Sud con il maggior numero di im-

pianti installati e rappresentano solamente l‟1,4% del totale nazionale.

Figura 22: Distribuzione ragionale in percentuale del numero di impianti in

Italia nel 2009 [21]

27

Come riportato in Figura 23, in Italia alla fine del 2009 sono installati impianti idroelet-

trici per una potenza complessiva di 17.721 MW. Le Regioni settentrionali ne rappresentano

ben il 75%: la sola Lombardia rappresenta il 27,9% della potenza installata sul territorio nazio-

nale, seguita dal Trentino Alto Adige con il 17,6% e dal Piemonte con il 13,9%. Tra le Regioni

centrali, l‟Umbria ha la più elevata concentrazione di potenza pari al 2,9% insieme al Lazio con

il 2,3%. Nell‟Italia meridionale si distingue l‟Abruzzo dove la potenza installata è pari al 5,7%

del totale Italia e è seguito dalla Calabria con il 4,1%.

La rappresentazione cartografica della distribuzione regionale della produzione idroelet-

trica presenta valori molto elevati nelle Regioni Settentrionali, mentre nelle Regioni Meridionali

e nelle Isole i valori sono molto bassi. Il motivo, come già descritto in precedenza, è da ricon-

dursi alla limitata dimensione degli impianti dislocati sul territorio. Tra le Regioni del Nord si

segnalano la Lombardia, il Trentino Alto Adige ed il Piemonte, che assieme totalizzano il 57%

Figura 23: Distribuzione regionale in percentuale della potenza idroelettrica in

Italia nel 2009 [21]

28

della produzione idroelettrica nazionale rispetto al 61% dell‟anno precedente. Tra le Regioni

meridionali, l‟Abruzzo detiene il primato di produzione con quota 4,4%. La Sicilia e la Sarde-

gna presentano valori molto ridotti.

La possibilità di un recupero delle potenzialità dell‟idroelettrico minore non ancora esplo-

rate si fonda essenzialmente sulle effettive situazioni idrologiche e geomorfologiche finora tra-

scurate in Italia, sulle possibilità sinergiche con altri settori affini (come i sistemi acquedottisti-

ci, le reti di irrigazione e bonifica) i processi industriali bisognosi di ingenti risorse idriche, la

gestione e sviluppo delle opere di salvaguardia dei flussi idrici. Gli aspetti legati all‟impatto

ambientale e lo sfruttamento già in atto dei principali corsi d‟acqua rendono molto limitata la

possibilità di realizzare nuovi impianti di grande visti i vincoli imposti dal Decreto Legislativo 3

Figura 24: Distribuzione regionale in percentuale della produzione idroelettrica in

Italia nel 2009 [21]

29

Aprile 2006 n. 152 come il Deflusso Minimo Vitale7, DMV sulla portata derivabile o intercetta-

bile per scopi energetici e/o irrigui. In particolare, con riferimento al solo DMV, si stima una ri-

duzione dell‟energia prodotta pari al 12% nel 2008 e al 25% nel 2016 rispetto ai dati 2004. Per-

tanto, le attuali condizioni di mercato trovano oggi diversi motivi per una rivitalizzazione dei

settori del micro, mini e piccolo idroelettrico, fino a qualche anno fa trascurati, ma che oggi

funzionano con un coefficiente di utilizzazione più altro degli impianti tradizionali [17][21][23].

Questo coefficiente di utilizzazione è il rapporto tra energia prodotta e potenza installata e

in ultima analisi si parlerà delle ore di funzionamento degli impianti idroelettrici in Italia.

Nel grafico in Figura 25, ogni punto indica la percentuale di impianti che ha avuto ore di

utilizzazione maggiori del valore definito sull‟asse delle ascisse. Per esempio, il 100% degli im-

pianti ha avuto ore di utilizzazione maggiori di 0, mentre il 50% ha avuto nel 2007 performance

migliori di 2.930 ore e nel 2008 migliori di 3.600. La distribuzione generale indica come la per-

formance sia stata notevolmente migliore nel 2008 rispetto al 2007.

Di seguito sono presentati grafici che descrivono la distribuzione % delle ore di utilizza-

zione per il 2007 e per il 2008, prima secondo la tipologia di impianto (Acqua Fluente, Bacino e

Serbatoio), poi secondo la classe di potenza (<1 MW, 1 - 10 MW, >10MW).

7 Per Deflusso Minimo Vitale si intende quel quantitativo di acqua rilasciata da una qualsiasi opera di captazione

sull'asta di un corso d'acqua, in grado di garantirne la naturale integrità ecologica, con particolare riferimento alla tu-

tela della vita acquatica. Il concetto di Deflusso Minimo Vitale deve essere considerato quindi come portata residua relativamente ad un utilizzo umano della risorsa, e non ha niente a che vedere con il regime naturale di un fiume, che

può prevedere anche periodi di magra o di asciutta per sua stessa natura.

Figura 25: Distribuzione in percentuale delle ore di utilizzazione di impianti idroelettrici

in funzione in Italia nel 2008 [23]

30

Considerando sempre la soglia del 50% degli impianti, la tipologia a serbatoio è quella

che subisce la minore variazione tra i 2 anni (ore di utilizzazione maggiori di 1.700 nel 2008 e

di 1.270 nel 2007), ripercussioni maggiori si hanno sugli impianti a bacino (oltre 2.550 ore nel

2008 e 1.790 nel 2007) e ad acqua fluente (oltre 3.900 nel 2008 e 3.200 nel 2007).

Figura 26: Distribuzione percentuale delle ore di utilizzazione degli impianti idroelettrici

nel 2007 e nel 2008, secondo la tipologia di impianto [23]

31

L‟analisi della distribuzione % delle ore di utilizzazione secondo la classe di potenza degli

impianti evidenzia come il gap tra il 2007 e il 2008 sia ben distribuito. Considerando sempre la

soglia del 50% degli impianti, quelli piccoli hanno ore di utilizzazione maggiori di 4.050 nel

2008 e di 3.250 nel 2007, quelli con potenza compresa tra 1 e 10 MW oltre 3.471 ore nel 2008 e

2.718 nel 2007 ed infine quelli grandi oltre 2.600 nel 2008 e 2.040 nel 2007.

Le ore di utilizzazione più elevate sono proprie degli impianti più piccoli [23].

Figura 27: Distribuzione percentuale delle ore di utilizzazione degli impianti idroelettrici

nel 2007 e nel 2008, secondo la classe di potenza [23]

Capitolo III

Energia Elettrica da

Fonte Idraulica

I Greci e i Romani furono le prime civiltà nel Mondo allora conosciuto,

ad utilizzare la potenza dell'acqua, o più precisamente dell'energia cineti-

ca prodotta dal liquido, per azionare semplici mulini per macinare il grano. Si

deve aspettare il Basso Medioevo e le scoperte portate dal popolo degli Arabi

del Nord-Africa per avere altri metodi di sfruttamento dell'acqua: per l'irriga-

zione dei campi e per la bonifica di vaste zone paludose. Un progresso tecnico

di enormi proporzioni si è avuto alla fine dell'Ottocento, circa all'inizio della

Seconda Rivoluzione Industriale avvenuta in Europa, in seguito all'evoluzione

della ruota idraulica in turbina, macchina motrice molto grossolana all’inizio

ma via via perfezionata e sempre più funzionale dopo la prima metà del Nove-

cento. Nasce l’Energia Idroelettrica.

32

3.1 L’energia Idroelettrica

Per energia idroelettrica si intende l‟energia potenziale e cinetica posseduta dall‟acqua,

che è possibile convertire in energia elettrica tramite apposite turbine e alternatori. Questo tipo

di energia è stata la prima fonte rinnovabile ad essere utilizzata su larga scala, ed attualmente il

suo contributo alla produzione mondiale di energia elettrica è di circa il 20% [24].

La disponibilità di energia idraulica è conseguenza di interventi dell‟uomo volti a modifi-

care il naturale corso di un fiume attraverso la costruzione di una condotta forzata che dèvi

l‟acqua del fiume in una centrale idroelettrica all‟interno della quale avviene la trasformazione

di cui sopra. La prima trasformazione avviene nelle turbine idrauliche dette HPRT (Hydraulic

Power Recovery Turbine) che sono messe in rotazione dalla massa stessa di acqua che transita

al loro interno. Sfruttando l‟energia potenziale posseduta dalla massa d‟acqua tra un dislivello,

detto salto, si ottiene energia meccanica all‟asse che, se non utilizzata per compiere direttamente

lavoro (si pensi ai mulini ad acqua), viene trasformata a sua volta in energia elettrica collegando

l‟asse della turbina, tramite opportuni riduttori, ad un alternatore.

Non realizzando alcun processo di combustione, gli impianti idroelettrici contribuiscono

alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alla produzione di energia elettri-

ca. In questo modo si ha una riduzione di 670 g di CO2 per ogni kWh di elettricità prodotto,

nonché di 668 g/kWh di diossido di azoto e 282 mg/kWh di particolato [26]. In aggiunta, i pic-

coli impianti realizzati nei territori montani inducono miglioramenti in termini di difesa del suo-

lo, grazie alle opere di sistemazione idraulica effettuate per la creazione delle centrali. Oltre

all‟insieme di impatti ambientali positivi legati alla realizzazione di centrali idroelettriche, van-

no tenuti presente anche elementi che, se non adeguatamente affrontati, possono portare a rica-

dute ambientali negative in termini di impatto visivo, alterazione degli ecosistemi, rumore8. Più

grandi sono gli impianti e più rilevanti sono tali impatti ambientali. Il prelievo di acqua da un

fiume, infatti, comporta inevitabilmente una diminuzione di portata nel tratto compreso tra la

derivazione e la restituzione con conseguente riduzione della profondità della corrente. La dimi-

nuzione di portata causa, a sua volta, un peggioramento della capacità di diluizione di contami-

nanti e favorisce innalzamenti della temperatura in estate e abbassamenti di temperatura durante

la stagione invernale, dato che con la portata scende anche la sua inerzia termica, con conse-

8 Il funzionamento dei macchinari con cui si produce l‟energia elettrica comporta una certa emissione sonora che pe-

rò può essere contenuto fino a 70 dβ all‟interno della centrale ed essere praticamente impercettibile all‟esterno.

33

guenze sulla fauna e sulla flora sviluppatasi nel corso d‟acqua. Per questo è importante rispetta-

re la normativa che regolarizza l‟installazione di impianti idroelettrici e in particolare il DMV,

Deflusso Minimo Vitale ossia la quantità di acqua minima che garantisce la naturale integrità

ecologica di un corso d‟acqua. Si sta parlando, comunque, di un impatto ambientale che è mi-

nimo se confrontato con quello delle tradizionali centrali elettriche e che quindi consente di de-

finire l‟energia idroelettrica un‟energia pulita e rinnovabile9 [25][26].

3.2 Gli Impianti Idroelettrici

Gli impianti idroelettrici si dividono principalmente in impianti a bacino10 (o a serbatoio)

e ad acqua fluente; in entrambi i tipi di impianto le turbine sfruttano un salto geodetico, da cui

dipenderà l‟energia producibile, che è realizzato in modo diverso: in quello a serbatoio, le acque

di un dato bacino idrografico sono raccolte mediante uno sbarramento solitamente artificiale

(diga); nell‟impianto ad acqua fluente, il dislivello è ottenuto mediante lo sbarramento di un

corso d‟acqua (traversa).

Impianti ad acqua fluente

Sono impianti sprovvisti di serbatoio di regolazione delle portate di acqua utilizzata. La

potenza efficiente è commisurata a salti non troppo alti (dell‟ordine di decine di metri) e ai valo-

ri di portata di morbida11

normale quindi la produzione varia in relazione ai deflussi disponibili

9 Rinnovabile perché dipende anch‟essa dall‟azione del sole: in assenza di irradiamento solare sul pianeta non potreb-

be verificarsi il ciclo dell‟acqua e quindi l‟evaporazione superficiale del mare e dei fiumi e le conseguenti precipita-

zioni atmosferiche che rinnovano di continuo la disponibilità di energia idraulica. 10

Nel Capitolo 2 si è fatta una distinzione tra impianti a serbatoio e impianti a bacino ma in realtà la differenza sta

solo nel tipo di regolazione: i primi sono impianti a regolazione stagionale o annuale; i secondi sono impianti a rego-

lazione giornaliera o settimanale ma l‟impianto è schematizzabile allo stesso modo. 11 La quantità d'acqua che scorre in un fiume si misura con la portata che non è costante per cui si possono distingue-

re tre situazioni:

Figura 28: Schematizzazione di impianti idroelettrici ad acqua fluente (sinistra) e a bacino (destra) [27]

34

(si mantiene più o meno costante per 3 ÷ 6 mesi all‟anno). L‟impossibilità di regolazione e mo-

dulazione dell‟energia erogata porta questo tipo di impianti a lavorare in parallelo con altri im-

pianti dotati di regolazione: agli impianti ad acqua fluente si affida un servizio di base con pro-

duzione continua secondo il salto e la portata istantaneamente disponibili con coefficienti di uti-

lizzazione molto elevati (la metà degli impianti funzionanti in Italia lavora intorno a 4000 ore

all‟anno [23]).

Impianti a serbatoio

Sono impianti muniti di un serbatoio che consente di regolare in maggiore o minore misu-

ra la produzione della centrale in relazione alle esigenze del carico e sono caratterizzati da salti

molto elevati (i maggiori sono in Canada e toccano i 2000 metri). Secondo la capacità relativa

del serbatoio (grado di regolazione) si possono distinguere impianti a regolazione parziale, a

regolazione totale, impianti di integrazione o di punta.

Gli impianti a regolazione parziale sono impianti provvisti di modesti bacini che consen-

tono di regolare la produzione in relazione alle variazioni di carico giornaliere e settima-

nali. Ad essi si affida un servizio prevalentemente di base nei periodi di morbida e un ser-

vizio di punta giornaliera nei periodi di magra: l‟utilizzazione della potenza efficiente è

dell‟ordine di 2000†3000 ore annue [23];

Gli impianti a regolazione totale sono dotati di serbatoio di notevole capacità, che per-

mette una completa regolazione dei deflussi annuali in modo tale da adattare il diagram-

ma della disponibilità a quello del consumo. Tale risultato non si ottiene di solito da un

unico impianto ma da un insieme di impianti, che utilizzano razionalmente una o più val-

late. Ad essi si affida prevalentemente un servizio di punta, salvo nei periodi di forte ri-

chiesta nei quali il carico erogato può avere piccole variazioni nelle 24 ore; la potenza ef-

ficiente ha un‟utilizzazione dell‟ordine di 1500÷2000 ore annue [23];

Gli impianti di integrazione o di punta sono impianti provvisti di serbatoi di volume suf-

ficiente a trattenere integralmente i deflussi nei periodi di morbida e destinati a funzionare

soltanto nei periodi di magra: sono destinati al servizio di punta e la potenza installata è

prevista per utilizzazioni dell‟ordine di 1000 ore annue [23].

magra, nei periodi più secchi, quando nel fiume scorre poca acqua; morbida, nei periodi umidi, in cui nel fiume scorre abbondante acqua;

piena, quando scorre una quantità eccezionale di acqua tale da inondare aree che normalmente sono asciutte.

35

Questa capacità di regolazione e la velocità di risposta contraddistingue gli impianti idro-

elettrici dai tradizionali impianti termoelettrici che, invece, devono funzionare a potenza costan-

te evitando sensibili riduzioni di carico per non andare fuori progetto e far diminuire il rendi-

mento.

La richiesta di energia elettrica nei Paesi industrializzati, però, è molto variabile (Figura

29) con massimi nelle ore lavorative dei giorni feriali e minimi nelle ore notturne e nei giorni

festivi: questo è dovuto ai grandi consumatori di energia elettrica, quali le industrie, che sono

fermi. In queste ore, le centrali termoelettriche costrette a lavorare a carico nominale, per evitare

perdite di rendimento, rendono disponibile in rete una eccedenza di energia elettrica che non

può essere né utilizzata né conservata come tale. Si è pensato allora di immagazzinarla sotto-

forma di energia potenziale gravitazionale di masse d‟acqua che vengono sollevate nelle ore

vuote da un serbatoio inferiore ad uno superiore, con dislivelli tra 200 e 1000 m, mediante mo-

tori elettrici alimentati dall‟energia elettrica in esubero e a basso costo. L‟energia gravitazionale

dell‟acqua viene poi convertita in energia elettrica restituendo l‟acqua al serbatoio inferiore at-

traverso una turbina che muove un generatore che produce energia elettrica da immettere nella

rete nelle ore piene o di punta a costi più elevati e quindi con vantaggio economico. Tali sono

gli impianti reversibili di pompaggio (impianti ad accumulo), più complessi di quelli a serbatoio

e con maggiori perdite (il rendimento complessivo dell‟operazione si aggira intorno al 70-80%:

Figura 29: Andamento del fabbisogno energetico nazionale e la relativa copertura

con energia idroelettrica [28]

36

ciò significa che durante le ore di punta il 30-20% di energia elettrica prodotta nelle ore vuote si

dissipa).

Un impianto di pompaggio, in linea di principio, dovrebbe prevedere due macchine elet-

triche e due macchine idrauliche, ossia un gruppo motore-pompa durante il funzionamento in

pompaggio ed un gruppo turbina-generatore durante quello in generazione. La tendenza attuale

è però quella di usare un‟unica macchina idraulica ed un‟unica macchina elettrica: per salti mo-

tori inferiori a 500 ÷ 600 metri sono utilizzate macchine reversibili (pompe-turbine) quali la

Francis che è in grado di operare con buon rendimento (90%) sia come turbina in un senso di

rotazione sia come pompa in rotazione inversa; per salti motori superiori a 600 metri è più con-

veniente utilizzare un gruppo ternario costituito da una turbina Pelton (più indicata della Francis

per salti piuttosto elevati), una pompa centrifuga ed una macchina elettrica calettate sullo stesso

asse [27][28][29][30].

3.3 Fisica dell’Energia Idroelettrica

La corrente liquida di un corso naturale d‟acqua si dirige sempre nel verso dei livelli de-

crescenti per effetto della forza di gravità. All‟efflusso sono connesse trasformazioni di energia

che possono essere imposti tramite il Teorema di Bernoulli applicato tra due sezioni della con-

dotta forzata.

Considerando le due sezioni segniate, il Teorema di Bernoulli applicato all‟unità di massa

d‟acqua e sotto l‟ipotesi di moto unidimensionale è:

Eq.3.1 - Teorema di Bernoulli [25]

Figura 30: Schematizzazione di un impianto idroelettrico a bacino [23]

37

H [m] differenza di livello tra le due sezioni;

u [m/s] velocità media della corrente d‟acqua;

p [Pa] pressione media della corrente d‟acqua;

[kg/m3] la densità dell‟acqua;

ξ [J/kg] energia dissipata lungo il percorso.

Le pressioni nelle due sezioni coincidono con le pressioni sul pelo libero dei bacini; si

tratta di pressione atmosferica che è funzione della quota dei bacini stessi. L‟esperienza mostra

che sia la differenza di pressione che quella delle velocità sono praticamente trascurabili rispetto

le altre grandezze in gioco. Quel che resta è quindi che mostra come, in assenza di

opere derivative, l‟energia potenziale relativa alla caduta geodetica H è integralmente dissipata

in calore, per attriti e urti. Se, invece, mediante opportune condotte forzate si deriva nel rispetto

del DMV, una certa portata d‟acqua che viene restituita alla quota di scarico facendole percorre-

re un tragitto con delle perdite energetiche ξ‟ minori delle prime, si ottiene una differenza posi-

tiva E che rappresenta l‟energia trasformabile in energia meccanica prima, e in energie elettrica

dopo, per mezzo di turbine idrauliche adeguatamente dimensionate:

Eq.3.2 - Energia trasformabile in energia meccanica [25]

Un impianto sì fatto ma privo di perdite sarebbe un impianto perfetto che consentirebbe di pro-

durre con una portata volumetrica Q e un salto geodetico H una potenza pari a:

[W] Eq. 3.3 - Potenza di un sistema privo di perdite [24]

H [m] dislivello geodetico, ossia la differenza di quota tra la superficie libera dell‟acqua nel ba-

cino a monte e la superficie libera dello stesso liquido nel canale di scarico a valle;

Q [m3/s] portata volumetrica di acqua;

[kg/m3] densità dell‟acqua pari a 1000 kg/m

3;

g [m/s2] accelerazione di gravità pari a 9,81 m/s

2.

Nella realtà però non si può prescindere dalle perdite che sono di varia natura: nelle con-

dotte, nella macchina idraulica, nell‟alternatore, e perdite dovute a ipotesi semplificative fatte in

questa sede (le velocità nelle due sezioni sono simili ma non identiche). Quello che si ottiene è

una potenza elettrica ai morsetti dell‟alternatore Pe minore P0. Quindi quanto definito con P rap-

38

presenta la potenza che idealmente è ottenibile dalla trasformazione dell‟energia gravitazionale

del liquido erogato dal bacino a monte nell‟unità di tempo, e quindi fornisce valori maggiori di

quelli relativi ad un impianto reale funzionante con stessa portata Q e stesso salto geodetico H.

Per calcolare dunque la potenza effettiva si fa riferimento non più al salto geodetico ma al salto

utile Hu minore del precedente perché diminuito delle perdite di carico Hp; per cui si ottiene:

Eq.3.4 - Salto geodetico utile [30]

Eq. 3.5 - Potenza effettiva di un impianto idroelettrico [30]

Eq. 3.6 - Rendimento di un impianto idroelettrico [25]

Il rapporto tra la potenza elettrica effettiva e quella ideale è inevitabilmente inferiore all‟unita e

rappresenta il rendimento globale dell’impianto, in genere molto elevato: parte da un 60% nei

casi meno virtuosi e sale fino a valori superiori all‟ 80%12

se le condotte sono brevi e ben pro-

porzionate e le macchine ben costruite e opportunamente dimensionate.

Dall‟ultima espressione della potenza elettrica è facile ricavare l‟energia in kWh prodotta da 1

m3/s di portata d‟acqua considerando lo stesso salto geodetico [25][30]:

Eq. 3.7 - Energia elettrica di un impianto [25].

3.4 Le Turbomacchine Idrauliche

Le turbomacchine idrauliche sono macchine dinamiche operanti con fluidi assimilabili ad

incomprimibili quali sono i liquidi; costituiscono una categoria molto importante tra le macchi-

ne a fluido per le loro numerose applicazione.

Nell‟ambito delle turbomacchine idrauliche motrici, chiamate turbine idrauliche, verran-

no analizzate le tre principali soluzioni realizzative:

- Turbina Pelton

- Turbina Francis

- Turbina Kaplan o a elica

12 A differenza delle macchine termiche, nella catena dei rendimenti degli impianti idroelettrici non compare il ren-

dimento termodinamico (anello debole della catena) per cui si riescono a raggiungere rendimenti globali molto più

alti.

39

mentre per le turbomacchine idrauliche operatrici, che prendono il nome pompe dinamiche, si

ricordano tre classi di macchine distinte in base alla forma delle giranti:

- Pompe centrifughe

- Pompe a flusso misto

- Pompe assiali

non trattate in questa sede [31].

3.4.1 Le Turbine Idrauliche

Una turbina è una macchina che estrae energia da un fluido in possesso di un carico i-

draulico sufficientemente elevato generato dal dislivello esistente tra la quota a cui opera la tur-

bina e la quota a cui viene prelevato il fluido che deve lavorare nella turbina.

Elementi essenziali di una turbina sono il distributore e la girante.

Il distributore, ricavato nella parte fissa (statore), è costituito da condotti in cui l‟acqua,

proveniente dall‟impianto motore a monte, assume una velocità prestabilita adatta ad entrare

nella girante con i minimi urti. Qualora i condotti fissi del distributore siano costruiti in forma di

uno o più ugelli in modo da generare uno o più getti di acqua che colpiscono la girante, abbiamo

il distributore a getto, caratteristico della turbina Pelton (Figura 31). Nella turbina Francis, in-

vece, i condotti fissi del distributore sono generati da pale di adatto profilo (pale direttrici) e il

distributore consiste in una camera a spirale (Figura 32). Variando la sezione delle luci di pas-

saggio del distributore, e per le turbine a reazione anche la velocità di uscita dell‟acqua, si rego-

la la portata utilizzata: è pertanto sul distributore che agiscono gli organi di regolazione.

Figura 31: Dettaglio dei condotti fissi del distributore a

getto di una Turbina Pelton

40

La girante (o rotore) è la parte mobile della turbina. E‟ praticamente una ruota sulla cui

periferia sono riportate delle pale che, percorse dall‟acqua inviata dal distributore, permettono di

trasformare l‟energia posseduta dall‟acqua in energia meccanica resa disponibile all‟albero della

girante. Le pale della girante, portate da un disco oppure collegate direttamente al mozzo

dell‟albero, generano condotti che assumono forma diversa a seconda del tipo di turbina. In base

al modo in cui viene convertito il carico idraulico disponibile, si distinguono due tipi di turbine:

ad azione e a reazione.

Nelle turbine ad azione, in contenuto energetico del fluido dovuto alla variazione di quota

piezometrica viene trasformato interamente in energia cinetica all‟interno del distributore; nelle

turbine a reazione l‟energia potenziale viene trasformata in energia cinetica in parte nel distribu-

tore e in parte nella girante. Pertanto si definisce grado di reazione R il rapporto fra l‟aliquota di

carico idraulico che viene trasformato in energia cinetica nella girante e l‟intero valore del

carico idraulico stesso.

Indicando con l‟energia potenziale gravitazionale di 1kg di acqua e con la velocità

di uscita dell‟acqua dal distributore della turbina, risulta quindi che il grado di reazione R è:

Eq. 3.8 - Grado di reazione di una turbomacchina [30]

- se , turbina ad azione in cui l‟energia potenziale gravitazionale si trasforma nella

parte fissa della macchina in energia cinetica per cui risulta

;

Figura 32: Dettaglio, in giallo, del distributore con pale direttrici

della Turbina Francis

41

- se , turbina a reazione in cui l‟energia potenziale gravitazionale si trasforma in

parte nel distributore e in parte nella girante in energia cinetica per cui risulta

.

Le turbine vengono scelte e installate13

in base alle caratteristiche della risorsa e, quindi,

principalmente in base al salto e alla portata per garantire il massimo rendimento dell‟impianto

[27][29][30].

Turbine ad azione: la Turbina Pelton

Nella seconda metà del XIX Secolo, per impianti che potevano disporre di dislivelli da

100 a 1000 m, entrò in uso la Turbina Pelton progettata dall'ingegnere statunitense Lester Allen

Pelton e unica turbina ad azione che si sia affermata nelle applicazioni tecniche.

Dal bacino a monte l‟acqua viene inviata alla turbina mediante una condotta in pressione

al termine della quale è posto il sistema di distribuzione. Questo è costituito da uno o più ugelli

(generalmente non più di sei) e ha il compito di accelerare l‟acqua sino alla velocità

di ingresso nella girante, convertendo l‟energia potenziale, corrispondente al salto

utile, in energia cinetica. L‟ugello distributore è fornito all‟interno di una spina centrale detta

Spina Doble che spostandosi assialmente, varia la sezione di uscita e quindi la portata , es-

sendo la velocità praticamente costante ( ), con conseguente variazione della po-

tenza nominale:

Eq. 3.9 - Potenza della turbina Pelton [30]

La Spina Doble ha una forma affusolata ottima per rendere minime le perdite per attrito

fluidodinamico nel distributore ed ottenere un getto avente un profilo di velocità pressoché uni-

dimensionale. In questo modo il getto in uscita è stabile, compatto e privo di vortici, e raggiunge

la pala mantenendo un diametro d praticamente costante così che la trasformazione dell‟energia

posseduta dal fluido in energia cinetica sia ottimale.

13 Vedere paragrafo 3.4.2.

42

La girante, che viene investita tangenzialmente dal liquido, è costituita da una ruota che

conta 20 ÷ 24 pale aventi la caratteristica forma a doppio cucchiaio: le pale sono munite di uno

spigolo centrale assai affilato, che taglia in due il getto. Ciascuno dei due flussi in cui il getto è

ripartito subisce una deviazione di , dove l‟angolo è in genere pari a . Tale ango-

lo è diverso da zero affinché l‟acqua si allontani dalla pala senza interferire con il dorso della

pala successiva provocando un dannoso effetto frenante. Inoltre, ripartendo il getto in due parti

uguali, si bilancia la variazione della quantità di moto nella direzione assiale e quindi la spinta

assiale sulla ruota risulta nulla.

Figura 33: Fotografia di una Turbina Pelton

Figura 34: Schematizzazione del distributore della Turbina Pelton con dettaglio

della Spina Doble e del tegolo deviatore [32]

43

Da quanto detto, il funzionamento della turbina Pelton dipende dall'azione diretta del get-

to sulla girante che è riempita d‟acqua solo parzialmente cosicché l‟aria vi circola liberamente e

la pressione sulla vena fluida è quella atmosferica: le turbine ad azione debbono pertanto essere

poste al di sopra del livello di scarico. Dato il funzionamento a pressione costante, la velocità

relativa del getto d‟acqua in uscita dal distributore non viene modificata per cui le turbine

Pelton sono chiamate a getto libero: nel tratto compreso tra uscita dal distributore e ingresso

nella girante, il getto non viene guidato da un condotto e si muove sempre in un ambiente a

pressione atmosferica.

Detta la velocità periferica della ruota in corrispondenza dell‟asse del getto ed essendo la

velocità di rotazione (in giri/min), vale la relazione:

Eq. 3.10 - Velocità periferica della turbina [30]

Figura 36: Rappresentazione schematica di una Turbina Pelton a più getti d'acqua [29]

Figura 35: Schematizzazione della pala a cucchiaio di una Turbina Pelton con

dettaglio sul moto del fluido [29]

44

Il lavoro meccanico trasferito alla girante è pari alla diminuzione dell‟energia cinetica del fluido

nella girante, come in ogni macchina ad azione:

Eq. 3.11 - Variazione di energia cinetica del fluido [30]

Il rendimento della turbina, trascurando in prima approssimazione le perdite meccaniche e quel-

le per attrito dell‟acqua nel bocchello e nelle pale, risulta:

Eq. 3.12 - Rendimento della turbina idraulica [30]

Nel caso reale, con attriti, l‟espressione del rendimento è più complessa e la trattazione relativa,

omessa in questa sede, porta alla conclusione che il massimo rendimento si ha per valori di

Eq. 3.13 - Rapporto delle velocità per avere massimo rendimento [30]

A livello costruttivo, il diametro della girante è strettamente legato alla velocità e al

numero di giri come già visto nell‟equazione 3.10. Il numero di giri è fissato dalle caratteri-

stiche dell‟alternatore secondo la seguente relazione:

Eq. 3.14 - Velocità di rotazione della turbina connessa alla rete [30]

la frequenza imposta dalla rete elettrica (50 Hz in Europa e 60 Hz negli USA)

le coppie di poli (con e n=3600 giri/min si ottiene proprio )

D‟altra parte per ogni diametro della ruota vi sono dei limiti nelle dimensioni delle pale

dipendenti dal diametro del getto d‟acqua calcolato tramite la portata e il numero di getti

(ossia il numero dei distributori). Per un solo distributore si ha:

Eq. 3.15- Diametro del distributore della Pelton [30]

Se per una qualsiasi necessità si deve fermare la turbina, si procede in modo graduale alla

riduzione della sezione di uscita del distributore con il movimento assiale della Spina Doble. In

una prima fase, il getto viene deviato con un Tegolo Deviatore interposto tra distributore e ruo-

ta, in modo che il getto non colpisca più le pale; in una seconda fase si sposta lentamente

45

l‟otturatore a spina fino a chiudere la bocca d‟efflusso. Una chiusura veloce della bocca

d‟efflusso provocherebbe un arresto improvviso della vena fluida all‟interno della condotta for-

zata, con conseguente improvviso aumento della pressione. Tale pressione propagandosi, ad alta

velocità, lungo la condotta (Colpo d’Ariete) potrebbe provocare anche la sua rottura (figura 33).

In generale, le turbine Pelton sono in grado di erogare potenze dell‟ordine di decine di

migliaia di kW (anche oltre 100 MW) e per gruppi di grande potenza il rendimento globale rag-

giunge e supera il 90%. Hanno trovato larga diffusione nel nostro Paese grazie all‟orografia al-

pina che ha consentito la creazione di grandi bacini a quote relativamente elevate per le quali

queste turbine risultano particolarmente indicate [23][25][30][31][34].

Altre Turbine ad Azione

Altri tipi di turbine ad azione, meno diffuse delle turbine Pelton, sono le Turbine Turgo e

le Turbine Crossflow.

La Turbina Turgo, può lavorare con salti tra i 15 e 300 m; rispetto alla Pelton, presenta

delle pale con forma e disposizioni diverse; inoltre il getto colpisce simultaneamente più pale. Il

volume d‟acqua che una Pelton può elaborare è limitato dal fatto che il flusso di ogni ugello

possa interferire con quelli adiacenti, mentre la Turgo non presenta questo inconveniente. E‟

dunque possibile ridurre il diametro della girante: ne deriva, a pari velocità periferica, una mag-

gior velocità angolare [29][32].

La Turbina Crossflow è una macchina molto semplice e poco costosa; non necessita di

particolare manutenzione ed è adatta ad impieghi per piccole potenze. E‟ una turbina a flusso

incrociato, la cui teoria fu sviluppata per la prima volta da Poncelet nel XIX secolo applicando

la teoria euleriana delle turbine ad una ruota idraulica modificata. E‟ utilizzata con una gamma

Figura 37: Rappresentazione della turbina ad azione Turgo [29]

46

molto ampia di portate (tra i 20 l/s ed i 10 m3/s) e salti tra 5 m e i 200 m. Il suo rendimento mas-

simo è inferiore all‟87%, però si mantiene quasi costante quando la portata discende fino al 16%

della nominale e può raggiungere una portata minima teorica inferiore al 10% della portata di

progetto. L‟acqua entra nella turbina attraverso un distributore e passa nel primo stadio della

ruota, che funziona quasi completamente sommersa (con un piccolo grado di reazione). Il flusso

che abbandona il primo stadio cambia di direzione al centro della ruota e s‟infila nel secondo

stadio, totalmente ad azione. Questo cambio di direzione non è facile da ottenere correttamente

e le perdite d‟energia per urti e vortici sono la causa del basso rendimento nominale.

La prima realizzazione pratica di questo tipo di turbina si deve all‟ingegnere australiano

A.S.Michell che brevettò la sua macchina nel 1903. Ulteriori sviluppi al modello di Michell fu-

rono fatti dall‟ingegnere ungherese D.Banki. Da allora la turbina è conosciuta come Turbina

Banki-Michell. Successivamente, nel 1922 Michell in collaborazione con F.Ossberger, brevettò

la versione “free stream turbine” che con ulteriori modifiche diventa nel 1933 la Turbina Cros-

sflow nota anche come Turbina Michell-Ossberger ed è quella di maggior successo e prodotta

su scala industriale [29][32].

Figura 38: Rappresentazione della turbina ad azione Crossflow [29]

Figura 39: Schematizzazioni delle turbine Banki e Ossberger, future turbine Crossflow [29]

47

Turbine a reazione: Turbina Francis

La più antica turbina a reazione è la turbina Francis, brevetta dall‟ingegnere americano

James Bickens Francis, a metà del XIX secolo. E‟ una macchina a vena chiusa, vale a dire senza

punti di contatto con l‟atmosfera e con pressione variabile da punto a punto tra l‟ingresso del

distributore e l‟uscita della girante. Il distributore è fisso, disposto attorno alla girante e suddivi-

so da una serie di pale orientabili in tanti condotti a sezione gradualmente decrescente. L‟acqua

proveniente dalla condotta forzata riempie l‟intera camera a spirale chiamata voluta a chiocciola

(distributore ad immissione totale) a sezione decrescente in modo da accelerarla trasformando

l‟altezza piezometrica in altezza cinetica. Dal distributore l‟acqua passa alla girante, costituita

da un mozzo centrale e da una corona, fra i quali trova posto un certo numero di pale sagomate

che formano condotti convergenti e quindi acceleranti. Nella girante avviene, infatti, lo scambio

di momento della quantità di moto tra fluido e pale mobili per cui si ha generazione di energia

meccanica e contemporaneamente viene completata la trasformazione di altezza piezometrica in

altezza cinetica. Le pale nella girante guidano i filetti fluidi fino a portarli da un moto radiale ad

uno assiale, in corrispondenza dello scarico, che è la condizione di massimo rendimento in cui

la velocità è

Eq. 3.16 - Velocità in ingresso alla girante della Francis [30]

Uscendo dalla girante l‟acqua cade nel diffusore: un canale di scarico di forma divergen-

te. Poiché l‟acqua possiede la velocità , ha ancora un‟altezza cinetica pari a

. Il diffusore

permette di recuperare una parte di questa energia, che andrebbe altrimenti persa allo scarico,

aspirando l‟acqua dalla girante mediante la depressione creata nella sua sezione minima, posta

Figura 40: Immagini reali di un distributore a chiocciola (a sinistra) e una girante

(a destra) di una turbina Francis

48

all‟uscita della girante. Infatti nel divergente la velocità diminuisce e per Bernoulli si

ha un aumento della pressione, e poiché al livello dello scarico si ha la pressione atmosferica,

ciò implica che all‟uscita della girante la pressione relativa è negativa (depressione). Questa de-

pressione all‟uscita della girante aspira l‟acqua dal distributore ed ha come effetto quello di re-

cuperare il dislivello h tra turbina e bacino di scarico. Infatti l‟acqua oltre ad essere spinta nel

distributore per la pressione dovuta al salto H, viene aspirata per effetto della depressione creata

allo scarico. Questa depressione non deve assumere valori vicini a (altezza del diffusore

di 10,33 m) per evitare il fenomeno della cavitazione14 quindi l‟altezza non supera mai i 7 m.

Le Francis sono utilizzate per salti geodetici variabili da qualche decina di metri sino a

300 ÷ 400 m, con portate molto elevate (150 ÷ 200 m3/s) e potenze di molte centinaia di MW;

14

Vedere paragrafo 3.4.2.

Figura 41: Schematizzazione di una turbina Francis: 1. distributore a chiocciola; 2. distibutore

palettato; 3. girante. Dopo la girante il fluido entra nel diffusore [27]

Figura 42: Schematizzazione di una turbina Francis inserita in un

impianto idroelettrico [29]

49

vengono classificate in base al numero di giri caratteristico al variare del quale assumono forme

e velocità diverse: si passa dalle turbine lente (cioè basso valore di 15 e salti elevati) a turbine

ultraveloci (elevato valore di e salti piccoli). Infatti, all‟aumentare del numero di giri caratte-

ristico:

- Diminuisce il diametro esterno D perché diminuisce la velocità di massimo rendi-

mento ;

- Aumenta l‟altezza della palettatura h perché per mantenere valori accettabili di po-

tenza, la turbina deve elaborare portate elevate e ciò è possibile solo se la sezione

d‟ingresso della turbina è grande;

- Aumenta il grado di reazione R.

Le figure sopra riportate si riferiscono ad una turbina ad asse verticale, molto più frequen-

te della configurazione ad asse orizzontale [27][29][30][31][33].

Turbine a reazione: Turbina Kaplan

La turbina Kaplan, ideata dall‟ingegnere austriaco Victor Kaplan tra il XIX e il XX seco-

lo, ha pale completamente assiali, differenti da quelle di un‟elica di propulsione solo per il fatto

che nella Kaplan le pale sono in ghisa ed orientabili: per ogni posizione del distributore e quindi

per ogni valore della portata, la ruota si deforma allo scopo di presentare la più adatta inclina-

zione delle pale per avere un imbocco regolare nella girante ed una velocità assoluta di uscita

praticamente assiale. Rispetto alla turbina ad elica, la Kaplan è più complessa come meccanica,

15 Vedere paragrafo 3.4.2.

Figura 43: Evoluzione della sezione di passaggio del fluido nel passare da una turbina

Francis lenta ad una ultraveloce [29]

50

ma ha il notevole vantaggio di essere più compatta e di poter conservare rendimenti elevati an-

che quando viene utilizzata a carichi inferiori al carico massimo.

L‟orientabilità delle pale in relazione alla variazione del carico è stata introdotta nel per-

fezionamento del 1916 della turbina con l‟introduzione di un dispositivo, sistemato all‟interno

del mozzo, che consente di variare l‟inclinazione delle pale anche con la macchina in moto.

Le turbine Kaplan sono turbine a reazione adatte a grandi portate (anche 500 m3/s) e mo-

desti salti motori (5 ÷ 40 m) con conseguente elevato numero di giri caratteristico, superiore a

quello delle Francis e una potenza di 300 ÷ 500 MW. Gli impianti con turbine Kaplan sono

normalmente privi di condotta forzata come accade per le turbine Francis veloci. In genere la

macchina ha asse verticale e il bacino di prelievo è collegato direttamente con una camera che

circonda il distributore. Nel condotto che collega l‟uscita del distributore con l‟ingresso della

girante l‟acqua compie una deviazione di 90° e poi attraversa assialmente la girante costituita da

poche e grosse pale fissate ad un mozzo di rilevanti dimensioni e con profilo piuttosto piatto.

Figura 44: Schematizzazione di una turbina Kaplan con dettaglio di tutti i componenti [27]

Figura 45: Girante di una turbina ad elica (sinistra) e di una turbina Kaplan

(destra) con pale orientabili in posizione di chiusura completa [27]

51

Si è visto che nelle turbine ad alto grado di reazione, il salto geodetico utile può essere

anche molto modesto, di qualche centinaia di metri o a volte di pochi metri; in questo caso la

perdita allo scarico dovuta alla velocità assoluta in uscita può avere un‟incidenza percentuale

eccessiva, con conseguente sensibile diminuzione del rendimento. L‟inconveniente risulta for-

temente attenuato installando la turbina ad un livello superiore al canale di scarico e sistemando

all‟uscita della macchina un tubo diffusore con le stesse caratteristiche di quello già descritto

per le turbine Francis. Anche in questo caso bisogna stare attenti a non scendere fino a –

per non incorrere nel problema della cavitazione [27][29][30][31][33].

3.4.2 Criteri di Scelta della Turbina

Nello sviluppo delle macchine verso soluzioni tecnologiche sempre più progredite gioca-

no un ruolo fondamentale la fase di sperimentazione e il know-how, cioè l‟esperienza acquisita

nel settore. Tali elementi risultano fondamentali anche per la valutazione delle prestazioni in

tutto il campo di funzionamento della macchina nonché in fase di selezione della macchina più

idonea all‟impiego nella particolare applicazione. La teoria della similitudine risponde proprio a

questa esigenza, consentendo un efficace trasferimento dei risultati sperimentali dell‟esperienza

acquisita in fase di progettazione e di esercizio su macchine assimilabili a modelli o prototipi.

La teoria della similitudine risulta poi particolarmente interessante anche per la classificazione

delle turbomacchine secondo le loro caratteristiche geometriche e funzionali; tali classificazioni

possono rilevarsi estremamente utili sia per la progettazione che per la scelta di una macchina

che debba soddisfare prescritte condizioni operative.

Figura 46: Girante di una turbina Kaplan con profilo delle

pale piatto [27]

52

Generalmente, nello studio delle macchine a fluido si pongono in evidenza tre tipi di si-

militudine:

- similitudine geometrica: due elementi rispettano la similitudine geometrica quando il

rapporto tra due lunghezze omologhe è costante, ovvero quando sono uguali a meno di

un fattore di scala;

- similitudine cinematica: rappresenta l‟uguaglianza, a meno di un fattore di scala, del

campo delle velocità. Nel caso delle turbomacchine, la similitudine cinematica implica

che i triangoli di velocità delle due macchine siano simili. La similitudine geometrica e

condizione necessaria ma non sufficiente affinché sussista la similitudine cinematica;

- similitudine dinamica: si verifica quando nelle apparecchiature in esame le forze scam-

biate tra fluido e macchine sono uguali a meno di un fattore di scala. Questa condizione

è realizzata quando sussistono sia la similitudine geometrica sia quella cinematica.

In base a quanto detto possono essere introdotti dei parametri per lo studio delle macchine

e la loro scelta in fase di progettazione. Tali indici di similitudine sono invarianti per macchine

dinamicamente simili (quindi già cinematicamente e geometricamente simili) [31][35].

Il tipo, la geometria e le dimensioni di una turbina sono condizionati essenzialmente dai

seguenti parametri: salto netto, portata da turbinare, velocità di rotazione, problemi di cavitazio-

ne, velocità di fuga, rendimento [32].

Salto netto

Come già introdotto, il salto lordo è la distanza verticale tra il livello del pelo acqua alla

presa e quello nel canale di scarico (nelle turbine a reazione) oppure tra il livello del pelo acqua

alla presa e quello dell‟asse dei getti (nelle turbine ad azione). Noto il salto lordo, per calcolare

il salto netto basta togliere le perdite di carico lungo il percorso idraulico. Nella Tabella 5 sono

specificati, per ogni tipo di turbina, gli ambiti di salto netto entro i quali può lavorare. Si osserva

che ci sono evidenti sovrapposizioni, di modo che per un determinato valore del salto possono

adottarsi diversi tipi di turbina.

La scelta è piuttosto critica negli impianti a bassa caduta, che, per essere convenienti, de-

vono utilizzare grandi volumi d‟acqua. Si tratta d‟impianti con salti da 2 a 5 m e portate tra 10 e

100 m3/s, che richiedono turbine con diametro di ruota tra i 1,6 e 3,2 m di diametro, accoppiate

ai generatori tramite moltiplicatori. I condotti idraulici, ed in particolare le opere di presa, hanno

53

dimensioni notevoli e richiedono l‟esecuzione di notevoli opere civili, con un costo che gene-

ralmente supera quello dell‟equipaggiamento elettromeccanico. Per ridurre il costo globale (o-

pere civili + elettromeccaniche) e in particolare il volume delle opere civili, sono stati concepiti

un certo numero di schemi, ormai considerati classici [32].

Portata

Un unico valore di portata non ha significato; è necessario conoscere il regime delle por-

tate, preferibilmente rappresentate dalla curva delle durate delle portate (FDC)16

ottenuta dai

dati idrometrici oppure da studi idrologici, antecedenti alla scelta della turbina. Non tutta la por-

tata disponibile, rappresentata sulla curva delle durate, può essere utilizzata per produrre energia

elettrica. In primo luogo deve essere scartato il Deflusso Minimo Vitale (DMV), che deve tran-

sitare tutto l‟anno nel tratto di corso d‟acqua sotteso. In secondo luogo ogni tipo di turbina può

lavorare con portate comprese tra la nominale e la minima tecnica, sotto la quale le macchina

non è stabile. La scelta finale della turbina sarà quindi il risultato di un processo iterativo, che

tenga conto della produzione annuale di energia, dei costi d‟investimento e di manutenzione e

dell‟affidabilità del macchinario. La Figura 47 mostra i campi di funzionamento dei diversi tipi

di turbine più utilizzate: i limiti non sono rigidi, variando da costruttore a costruttore in funzione

della tecnologia utilizzata e pertanto il diagramma ha carattere orientativo [32]

Numero di giri caratteristico

Gli indici di similitudine geometrica e cinematica sono efficacemente riassunti dal nume-

ro caratteristico di giri, un parametro che permette di correlare le grandezze che definiscono le

prestazioni della macchina (velocità di rotazione n, portata volumetrica Q e salto H) con i para-

16

Vedere Capitolo 4.

Tabella 5: Campo dei salti di funzionamento per le turbine idrauliche [32]

54

metri geometrici e cinematici caratteristici della macchina stessa. Quindi il numero di giri carat-

teristico riassume le caratteristiche delle turbine idrauliche e costituisce un eccellente criterio di

selezione delle turbine (sicuramente più preciso di quello dei campi di funzionamento sopra il-

lustrato):

Eq. 3.17 - Numero caratteristico di giri [35]

è la velocità di rotazione della turbina in giri/min

è il salto motore netto in metri

è la potenza erogata dalla turbina in CV

Il numero di giri caratteristico definisce una serie di turbine simili e si può considerare come il

numero di giri/min che avrebbe una turbina ideale che con un salto motore di un metro svilup-

passe la potenza di 1 CV.

Figura 47: Campi di funzionamento dei diversi tipi di turbina in funzione della

portata e del salto disponibili [32]

55

In Figura 48 sono rappresentati quattro diversi profili di ruote a reazione, ottimizzate dal

punto di vista del rendimento, ed il numero di giri caratteristico corrispondente. Si vede come la

ruota evolve con il numero di giri caratteristico per adattarsi ai parametri idrodinamici

dell‟impianto: una ruota Francis lenta sarà utilizzata in impianti a salto alto, nei quali una ruota

ad alto numero di giri caratteristico girerebbe a velocità angolari troppo elevate.

In generale, i costruttori di turbine dichiarano il numero di giri caratteristico delle loro

macchine. Un gran numero di studi statistici hanno portato a relazioni analitiche, rappresentate

graficamente in Figura 49 Si osserva che esistono zone di sovrapposizione nelle quali il proget-

tista baserà la sua scelta in ragione del costo.

In sintesi, assumendo come riferimento l‟elemento motore (un getto per le turbine Pelton

e una ruota per le turbine a reazione) si può affermare che i valori di variano in un certo in-

torno per ogni tipo di turbina. Considerata una famiglia di turbine geometricamente simili, il

numero di giri caratteristico è funzione delle condizioni di funzionamento ( ), perciò si

usa classificare le turbine in base al valore del numero di giri caratteristico nelle condizioni di

massimo rendimento. In base al valore di tale parametro è possibile, in sede di progetto, indivi-

Figura 48: Rappresentazione di quattro diversi profili di ruota a reazione con il nu-

mero di giri caratteristico corrispondente per avere rendimento massimo [32]

56

duare facilmente la geometria ottimale perché ad ogni valore del parametro corrisponde una

geometria fissata [32][33][35].

Cavitazione

Quando la pressione in un liquido in movimento scende sotto la sua tensione di vapore,

ha luogo l‟evaporazione del liquido, con la formazione di un gran numero di piccole bolle che

collassano quando giungono nelle zone a pressione maggiore. La formazione di queste bolle ed

il loro collasso è ciò che viene definito cavitazione. Questo fenomeno crea degli impulsi di pres-

sione molto elevati, accompagnati da forte rumore (una turbina che cavita fa un rumore come se

fosse attraversata da ghiaia). L‟azione ripetuta di queste pressioni a carattere impulsivo produce

una specie di erosione diffusa, formando delle cavità nel metallo (pitting) fino a formare cric-

che. Le temperature elevate generate dagli impulsi di pressione e la presenza di ossigeno nei gas

rilasciati aggravano il fenomeno dando origine a corrosione, cosicché in un tempo relativamente

breve la turbina risulta danneggiata seriamente: se si interviene in tempo, la turbina va fermata e

riparata. Esiste un Coefficiente di Thoma che definisce con precisione i parametri che danno

luogo a cavitazione:

Eq. 3.18 - Coefficiente di Thoma [32]

Figura 49: Andamento del numero di giri caratteristico in funzione del salto

netto per le diverse turbine idrauliche [32]

57

Eq. 3.19 - Altezza netta d’aspirazione [32]

[m] altezza netta positiva d‟aspirazione;

[m] altezza in metri di colonna d‟acqua equivalente alla pressione atmosferica del luogo

dove è ubicata la centrale;

[m] tensione di vapore dell‟acqua, in metri di colonna d‟acqua;

[m] altezza d‟aspirazione pari alla distanza tra il pelo d‟acqua nel canale di restituzione e

l‟asse di rotazione delle macchine;

[m/s] velocità media nel canale di scarico;

[m] perdita di carico nel diffusore [32].

Per non avere cavitazione, la turbina dovrebbe essere installata ad un‟altezza sopra il livello

minimo del pelo d‟acqua nel canale di restituzione [32]:

Eq. 3.20 - Altezza di istallazione della turbina [32]

Velocità di rotazione

Secondo l‟equazione 3.17, la velocità di rotazione è funzione del numero di giri caratteri-

stico, della potenza e del salto netto. Nei piccoli impianti si è soliti impiegare generatori stan-

dard, per cui, nello scegliere la turbina, si deve tenere conto delle possibili velocità di sincroni-

Figura 50: Rappresentazione grafica delle altezze considerate nel calcolo di Hasp [32]

58

smo, come mostrato nella Tabella 6, sia che essa sia accoppiata direttamente al generatore sia

che venga interposto un moltiplicatore di giri [32].

Velocità di fuga

In caso di distacco improvviso del carico esterno (per l‟apertura dell‟interruttore di paral-

lelo o per un guasto all‟eccitazione) mentre il gruppo idroelettrico sta lavorando al massimo ca-

rico, la turbina aumenta la sua velocità di rotazione fino a raggiungere, teoricamente, quella che

è nota come velocità di fuga. Questa varia a seconda del tipo di turbina, dell‟angolo di apertura

dell‟eventuale distributore e del salto. Nelle turbine Kaplan arriva fino a 3,2 volte la velocità

nominale, nelle Francis, Pelton, Banki e Turgo il rapporto varia tra 1,8 e 2. Si deve tener presen-

te che all‟aumentare della velocità di fuga aumenta il costo del generatore e del moltiplicatore, i

quali devono essere progettati per resistere alle sollecitazioni indotte in questa situazione [32].

Rendimento delle turbine

Il rendimento è definito come il rapporto tra la potenza meccanica trasmessa all‟asse tur-

bina e la potenza idraulica assorbita nelle condizioni di salto e di portata nominali. E‟ necessario

Tabella 6: Velocità di sincronizzazione (rpm) di generatori [32]

Tabella 7: Rapporto della velocità massima e quella nominale per i diversi tipi di turbina idraulica [32]

59

osservare che nelle turbine ad azione (Pelton, Turgo e Cross-Flow), il salto si misura dal punto

d‟impatto del getto, che è sempre sopra il livello di valle per evitare che la ruota sia sommersa

durante le piene; ciò comporta una certa perdita di salto rispetto alle turbine a reazione, che uti-

lizzano tutto il dislivello disponibile. La differenza è tutt‟altro che trascurabile negli impianti a

bassa caduta. A causa delle perdite di carico presenti nelle turbine a reazione, esse utilizzano un

salto minore di quello netto . Si tratta essenzialmente di perdite per attrito nella cassa spi-

rale, nel passaggio tra le pale del distributore e tra quelle della ruota, ma soprattutto nel diffuso-

re. Esso è progettato per recuperare la maggior percentuale di perdite d‟energia cinetica corri-

spondente alla velocità di uscita dell‟acqua dalla ruota e la sua funzione è critica specialmente

con ruote ad elevato numero di giri caratteristico, nelle quali le perdite di carico di questo tipo

potrebbero raggiungere il 50% del salto (mentre nella Francis lenta rappresentano solo il 3-4%).

In Figura 51 si riportano le curve di rendimento in funzione del salto per diversi tipi di

turbina. La turbina è progettata per funzionare al punto di massimo rendimento, che corrisponde

normalmente all‟80% della portata massima. Quando la portata si allontana da questo punto ot-

timale (sia in aumento sia in diminuzione) il rendimento scende fino a che, raggiunto il minimo

tecnico, la turbina non può più funzionare. Le turbine Kaplan a doppia regolazione e le Pelton

mantengono un rendimento accettabile fino al 20% della portata massima. Le semi-Kaplan lavo-

rano efficientemente sopra il 40% e la Francis con camera a spirale solamente fino al 50% [32].

Figura 51: Andamento delle curve di rendimento in funzione del salto per

diverse turbine idrauliche [32]

60

3.4.3 Curve Caratteristiche delle Turbine

I costruttori di turbine ricavano in laboratorio, su modelli in scala ridotta, le curve tipiche

che correlano le principali caratteristiche delle macchine.

Curve caratteristiche di potenza/velocità

Sono curve (Figura 52) tracciate in funzione del grado d‟apertura (a) a salto netto costan-

te. Le curve, di forma parabolica, incontrano l‟asse delle ascisse in due punti che corrispondono

a velocità nulla e velocità di fuga.

Curve caratteristiche di portata/velocità

Praticamente lineari (Figura 54), mettono in relazione la portata che può entrare nella tur-

bina a differenti velocità di rotazione, sotto salto costante e a diversi gradi d‟apertura (a). Nelle

turbine Pelton le rette sono quasi orizzontali; nelle Francis lente sono in discesa (all‟aumento

della velocità la turbina accetta una portata minore); nelle Francis veloci, in salita.

Curve caratteristiche delle prestazioni

Unendo i punti ad egual rendimento in un piano portata/velocità, si ottengono dei tracciati

simili alle curve di livello di un piano topografico (Figura 53). Se si aggiunge la potenza come

terzo asse, queste curve tridimensionali formano i cosiddetti collinari del rendimento [32].

Figura 53: Andamento della potenza in funzione

del numero di giri al variare del grado

di apertura del diffusore [32]

Figura 52: Diagramma collinare del rendimento in fun-

zione di portata, velocità e carico [32]

61

3.5 Classificazione degli Impianti Idroelettrici

La potenza elettrica che un impianto idroelettrico è in grado di erogare dipende dalla por-

tata, ovvero dalla massa d‟acqua per unità di tempo che fluisce attraverso la turbina e dal salto

compiuto dall‟acqua, determinato dal dislivello tra la quota cui è disponibile la risorsa idrica e il

livello cui la stessa viene restituita dopo il passaggio in turbina. In base al salto disponibile, gli

impianti possono essere divisi in tre categorie:

- Alta caduta: al di sopra di 100 m

- Media caduta: 30-100 m

- Bassa caduta: 2-30 m.

Gli impianti a medio ed alto salto utilizzano sbarramenti per avviare l‟acqua verso l‟opera

di presa dalla quale l‟acqua è convogliata alle turbine attraverso una tubazione in pressione

(condotta forzata) (Figura 55). Le condotte forzate sono opere costose e quindi uno schema di

progetto come quello descritto di solito è antieconomico per i piccoli impianti.

Gli impianti a bassa caduta sono realizzati presso l‟alveo del fiume. Si possono scegliere

due soluzioni tecniche. La prima è quella di derivare l‟acqua fino all‟ingresso delle macchine

mediante una breve condotta forzata come negli impianti ad alta caduta (Figura 56); la seconda

è quella di creare il salto mediante una piccola diga equipaggiata con paratoie a settore e nella

quale è inserita l‟opera di presa, la centrale e la scala dei pesci (Figura 57) [32].

Figura 54: Curve caratteristiche portata/velocità per le diverse turbine [32]

62

Figura 55: Profilo e pianta di un impianto ad alta caduta [32]

Figura 56: Schema di un impianto a bassa caduta con condotta forzata [32]

63

Tuttavia, la suddivisione maggiormente utilizzata anche a fini legislativi è effettuata sulla

base della taglia di potenza nominale fissata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Svi-

luppo Industriale, UNIDO. Gli impianti idroelettrici sono suddivisi in:

- micro impianti (P < 100 kW);

- mini impianti (100 kW < P <1 MW);

- piccoli impianti (1 MW < P < 10 MW);

- grandi impianti (P > 10 MW).

Va specificato che, per quanto concerne questa definizione, l‟Italia si distingue dal resto dei Pa-

esi europei perché la categoria dei mini impianti è compresa tra i 100 kW e i 3 MW. Tuttavia

questa “eccezione” italiana è puramente legislativa: venivano classificati in questo modo gli im-

pianti che avevano diritto a usufruire degli incentivi della ormai scaduta Delibera AEEG 62/02

[26][31][32].

Figura 57: Sezioni di un impianto a bassa caduta con piccola diga [32]

64

3.6 Impianti Idroelettrici Minori

Gli impianti idroelettrici di taglia limitata sono generalmente costituiti dalle stesse opere

civili che caratterizzano i grandi impianti e quindi da:

- opere di sbarramento (piccole dighe o traverse di altezza contenuta) con cui viene inter-

cettato il corso d‟acqua e innalzato il livello al fine di rendere possibile il prelievo;

- opere di presa e derivazione, poste a monte della turbina, mediante le quali l‟acqua viene

prelevata e trasportata alla centrale. Al punto di presa vengono installati dispositivi di re-

golazione e di filtraggio atti a trattenere le impurità e a salvaguardare la turbina. Il tra-

sporto dell‟acqua dal punto di prelievo alla turbina può avvenire mediante condotta forza-

ta in pressione o con canale aperto: nel primo caso al termine si troverà una vasca di cari-

co, nel secondo caso un pozzo piezometrico, ambedue con la funzione di serbatoio per le

brusche variazioni di portata.

- centrali elettriche, che sono il complesso di edifici contenenti il macchinario e le appa-

recchiature necessarie alla trasformazione dell‟energia idraulica in energia elettrica vale a

dire turbine idrauliche, generatori (in genere a corrente alternata a trifase) e le apparec-

chiature di protezione, di comando e di controllo;

- opere di restituzione (o di scarico), che convogliano le acque dall‟uscita delle turbine

all‟alveo del fiume oppure alle opere di presa del salto successivo [26][27][28][29].

Quanto detto vale in generale, anche se non mancano le eccezioni: nel caso di impianti di

potenza estremamente ridotta (2-3 kW) la turbina può alloggiare direttamente all‟interno del

corso d‟acqua, non richiedendo così la realizzazione di tutte le opere civili che servono per gli

Figura 58: Schematizzazione degli elementi costruttivi di un impianto

idroelettrico a bacino [26]

65

impianti di potenza superiore per cui le opere civili sono necessarie e possono essere realizzate

solo dopo aver ottenuto le giuste autorizzazioni.

La progettazione e il dimensionamento di un impianto idroelettrico si basa sulle caratteri-

stiche del sito in cui si realizza l‟opera e in base al corso d‟acqua, naturale o artificiale, che si va

a sfruttare. La specifica tipologia di turbina da installare dipende, come visto, dalla portata del

corso d‟acqua e dal salto idraulico presente ed è pertanto necessario effettuare una preliminare

valutazione di questi parametri: generalmente le turbine ad azione sono maggiormente indicate

per situazioni in cui si ha un salto elevato ed una bassa portata, mentre le turbine a reazione si

adattano meglio a salti più bassi e portate più elevate di quelli richiesti dalle turbine ad azione.

Un settore di applicazione in crescente sviluppo è quello del cosiddetto recupero energe-

tico. In linea generale ogni qualvolta ci si trovi di fronte a sistemi di tipo dissipativo, quali punti

di controllo e regolazione della portata (vasche di disconnessione, sfioratori, traverse, partitori,

paratoie) con presenza di salti, è possibile installare una turbina finalizzata al recupero energe-

tico della corrente. Se si parte da zero, i costi di investimento per la realizzazione di impianti i-

droelettrici sono molto variabili a seconda del sito e della taglia dell‟impianto:

- il costo finale è particolarmente influenzato dalle opere civili realizzate per lo sbarra-

mento e l‟adduzione dell‟acqua. In Italia il costo di un impianto di taglia ridotta può

variare da 1.500 e 2.000 €/kW istallato, spesa che si riduce se si passa a impianti che

sfruttano salti maggiori;

- i costi operativi sono solitamente compresi tra il 2 e il 3% dell‟investimento iniziale

per una durata di produzione di 3700 ore circa;

- i costi di gestione possono essere ridotti nel caso di impianti automatizzati con sistemi

di controllo da remoto che non richiedono una presenza fissa di personale presso la

centrale.

In conseguenza del costo piuttosto rilevante delle opere civili (pari a circa il 60% dei costi

iniziali complessivi), le installazioni più convenienti delle centrali di piccole dimensioni si han-

no in corrispondenza di opere di sbarramento, presa e derivazione pre-esistenti, realizzate ad usi

diversi da quello di produzione di energia elettrica (utilizzi irrigui o industriali, alimentazione di

acquedotti, deflusso degli esuberi di portata, alimentazione di circuiti di raffreddamento). Il

tempo di ritorno dell‟investimento è tra i 10 e i 20 anni, in base alla taglia dell‟impianto: per

centrali al di sotto dei 10 kW di potenza l‟investimento viene recuperato in un lasso di tempo

66

inferiore a 10 anni mentre per quelle con potenza tra 10 e 100 kW si attesta sui 15-20 anni

[26][27][29][31][33].

Molti impianti di piccola taglia sono stati installati in aree montane su corsi d‟acqua a re-

gime torrentizio o permanente per alimentare utenze isolate o per alimentare le reti elettriche.

Quindi le applicazioni principali dei piccoli impianti sono:

- Off-grid o stan-alone: sistemi non collegati in rete; si tratta di pico-centrali a servizio di

utenze da pochi kilowatt;

- On-grid o grid-connected: sistemi connessi alla rete BT; sono micro-impianti realizzati

per l‟autoconsumo che possono cedere la rimanente energia prodotta al Distributore.

Il vantaggio dei piccoli impianti, dal punto di vista operativo, è la facilità nella gestione

dovuta all‟introduzione di telecontrollo e telecomando, in un‟ottica di risparmio del personale di

gestione che si limita alla sola manutenzione ordinaria e straordinaria [32][33][36].

3.6.1 Tipologia di Impianti Idroelettrici Minori

Gli impianti idroelettrici minori possono anche essere definiti in base alla tipologia:

- impianti ad acqua fluente;

- impianti con centrale al piede di una diga;

- impianti inseriti in un canale o in una condotta per approvvigionamento idrico [32].

Impianti ad acqua fluente

Negli impianti ad acqua fluente la turbina produce con modi e tempi totalmente dipenden-

ti dalla disponibilità nel corso d‟acqua. Quando il corso d‟acqua è in magra e la portata scende

al di sotto di un certo valore predeterminato (la portata minima della turbina installata

sull‟impianto) la produzione di energia cessa.

Un‟alternativa è quello di addurre l‟acqua per mezzo di un canale poco pendente che cor-

re accanto al fiume fino ad un bacino di carico e da qui in una breve condotta forzata fino alle

turbine. Se la topografia e la morfologia del terreno non consentono l‟agevole realizzazione di

un canale a pelo libero, una soluzione economicamente valida è quella di realizzare una tuba-

zione in bassa pressione che consente una maggior libertà nella scelta delle pendenze. Allo sca-

rico delle turbine l‟acqua viene reimmessa nel corso attraverso un canale di restituzione [32].

67

Impianti con la Centrale al Piede di una Diga

Un piccolo impianto idroelettrico non può permettersi il lusso di un grande serbatoio per

essere in esercizio quando ciò è più conveniente; il costo di una diga relativamente grande e del-

le opere idrauliche connesse sarebbe troppo elevato per renderlo economicamente fattibile. Se

viceversa il serbatoio è già stato costruito per altri scopi (controllo delle piene, irrigazione, ap-

provvigionamento potabile di una popolosa città, turismo, etc.) può darsi sia possibile produrre

energia elettrica utilizzando le portate compatibili con l‟uso prevalente del serbatoio o con i rila-

sci a fini ecologici.

Il problema principale è quello di realizzare una via d‟acqua che colleghi idraulicamente

monte e valle della diga, in modo che le turbine possono adattarsi a questa via d‟acqua. Se la di-

ga possiede già uno scarico di fondo, come nella Figura 60, la soluzione è evidente. Altrimenti,

se la diga non è troppo alta, si può installare una turbina in sifone. Queste turbine rappresentano

una soluzione elegante per impianti con salto fino a 10 metri e gruppi con non più di 1.000 kW

di potenza, sebbene ci siano esempi di turbine in sifone con potenza installata fino a 11 MW

(Svezia) e salti fino a 30,5 metri (USA). La turbina può essere collocata sia sul coronamento

della diga sia sulla sua parte di valle. Il gruppo può essere fornito già adattato in officina alle

opere esistenti ed installato senza significative modificazioni della diga (Figura 59) [32].

Figura 59: Diga con scarico di fondo [32]

68

Impianti Inserti in Canali Irrigui o di Approvvigionamento Idrico

Due tipi di schemi di impianto possono essere utilizzati per sfruttare salti esistenti su ca-

nali irrigui:

- Il canale viene allargato in modo da poter ospitare la camera di carico, la centrale, il

canale di restituzione e il by-pass laterale. La Figura 62 mostra uno schema di questo tipo, con

una centrale sotterranea dotata di una turbina Kaplan a rimando d‟angolo. Per assicurare la con-

tinuità della fornitura dell‟acqua per l‟irrigazione, anche in caso di fuori servizio del gruppo lo

schema dovrebbe includere un bypass laterale, come in figura. Questo tipo di impianto deve es-

sere progettato contemporaneamente al canale perché l‟ampliamento del canale quando è già in

esercizio è un operazione costosa;

Figura 61: Soluzione proposta per impianto inserito in canali irrigui senza canale [32]

Figura 60: Esempio di installazione di una turbina a sifone [32]

69

- Se il canale è già esistente, una soluzione adeguata è rappresentata in Figura 62 in cui

il canale viene leggermente allargato per poter ospitare la presa e lo scaricatore di superficie

[32].

Per ridurre al minimo la larghezza della presa si dovrebbe realizzare uno sfioratore allun-

gato. Dalla presa una condotta forzata che corre lungo il canale convoglia l‟acqua in pressione

alla turbina, attraversata la quale, tramite un breve canale di restituzione, l‟acqua è scaricata nel

corso d‟acqua. Poiché solitamente nei canali irrigui non è presente fauna ittica, la scala dei pesci

non è necessaria [32].

Impianti inseriti in sistemi di approvvigionamento potabile

L‟acqua potabile è approvvigionata ad una città adducendo l‟acqua da un serbatoio di te-

sta mediante una condotta in pressione. Solitamente in questo genere di impianti la dissipazione

dell‟energia all‟estremo più basso della tubazione in prossimità dell‟ingresso all‟impianto di

trattamento acque viene conseguito mediante l‟uso di valvole speciali. Un‟alternativa interes-

sante, purché venga evitato il colpo d‟ariete che può danneggiare le condotte, è quella di inserire

una turbina alla fine della tubazione allo scopo di convertire in elettricità l‟energia che verrebbe

altrimenti dissipata.

Figura 62: Soluzione proposta per un impianto inserito in canali irrigui con canale già esistente [32]

70

Per assicurare l‟approvvigionamento idrico in ogni situazione deve essere comunque pre-

visto un sistema di valvole di by-pass. Il sistema di regolazione mantiene il livello nel serbatoio

automaticamente e senza intervento di personale. In caso di fuori servizio del gruppo o di di-

stacco del carico, la turbina si chiude e la valvola di by-pass principale mantiene automatica-

mente il livello nel serbatoio. Talvolta se la valvola principale di by-pass è fuori servizio e si ve-

rifica una sovrapressione, una valvola ausiliaria di by-pass è rapidamente aperta mediante un

contrappeso e successivamente richiusa. Tutte le operazioni di apertura e di chiusura di queste

valvole devono essere sufficientemente lente da mantenere le variazioni di pressione entro limiti

accettabili. Il sistema di regolazione è più complesso in quei sistemi dove lo scarico delle turbi-

ne è soggetto alla contropressione della rete, come mostrato in Figura 63 [32].

3.7 Turbine per Impianti di Potenza Limitata

Microturbina Pelton

E‟ una turbina ad azione, adatta ad impianti con alto salto, fino a qualche centinaio di me-

tri. Molto simile alle turbine utilizzate negli impianti di taglia maggiore, può essere ad asse oriz-

zontale o verticale, dotata di un numero di getti fino a 6, e pale a doppio cucchiaio. Generalmen-

te tutte le principali parti meccaniche sono realizzate in acciaio inox.

I vantaggi di questa turbina sono:

- lavora a pressione atmosferica (non pone problemi di tenuta o di cavitazione);

- costruzione semplice e robusta, ingombro molto ridotto, ottimo rendimento;

- numero di giri relativamente basso (adattabile a salti d‟acqua anche molto elevati)

[33][36].

Figura 63: Sistema di impianto collegato alla rete: lo scarico della turbina risente

della contropressione della rete [32]

71

Microturbina Turgo

Non diffusa in Italia, bensì nel resto dell‟Europa, è una turbina ad azione simile ad una

Pelton ed adatta a salti da 30 a 300 m. I costruttori la consigliano per situazioni con notevole va-

riazione di afflussi ed acque torbide [33][36].

Microturbina a flusso radiale o incrociato

Adatta per installazioni a basso e medio salto, da pochi metri fino a circa 100, e portate da

20 a 1000 l/s circa, è utilizzata esclusivamente in impianti di piccola potenza. Sono in corso spe-

rimentazioni con prototipi anche più innovativi, ma attualmente i modelli più diffusi sono quelli

detti Banki-Michell. Si tratta di una macchina ad ingresso radiale dell‟acqua, caratterizzata da

una doppia azione del fluido sulle pale, regolazione della portata da 0 a 100% garantita da un

particolare tegolo e trasmissione del moto al generatore affidata ad una cinghia dentata. Gene-

ralmente i componenti metallici sono realizzati in acciaio inox

Vantaggi e svantaggi delle turbine a flusso incrociato sono simili a quelli delle turbine

Pelton, fatta eccezione per un minor rendimento. Hanno una maggiore facilità costruttiva ed a-

dattabilità anche a salti inferiori rispetto alle Pelton [33][36].

Miniturbina Francis

La Francis è una turbina a reazione realizzabile per potenze con limite inferiore intorno ai

100 kW: per questo motivo è denominata miniturbina. L‟applicazione di turbine a reazione in

piccoli impianti appare più problematica di quelle ad azione. Nonostante ciò nelle applicazioni a

piccola scala vengono utilizzate turbine tipo Francis, adatte a medi salti (da una decina a qual-

che centinaio di metri). Sono molto simili alle turbine per impianti di taglia maggiore.

I vantaggi sono:

- sfruttamento di tutto il salto disponibile fino al canale di scarico;

- velocità di rotazione alta, adatta a salti medio-piccoli, e non strettamente legata

all‟entità del salto, ma invece variabile con il grado di reazione;

- possibilità di applicazione ad impianti in camera libera per salti molto piccoli.

Allo stesso tempo ha una costruzione complessa e sono stati rilevati problemi di tenuta

(per la differenza di pressione tra monte e valle della girante), di cavitazione (per la depressione

del diffusore), e di attrito ed usura (dovuti all‟alta velocità dell‟acqua contro le pale) [33][36].

72

3.8 Progetto di un Piccolo Impianto Idroelettrico

Il progetto definitivo di un impianto è il risultato di un complesso processo iterativo dove,

avendo sempre in mente l‟impatto sull‟ambiente, le diverse soluzioni tecniche sono confrontate

da un punto di vista economico. I passi fondamentali da compiere prima di decidere se si debba

procedere o meno con uno studio di fattibilità sono:

- Topografia e geomorfologia del sito;

- Valutazione della risorsa idrica e del suo potenziale energetico;

- Selezione del sito e schema base d‟impianto;

- Turbine idrauliche, generatori elettrici e loro regolazione;

- Studio d‟Impatto Ambientale e misure di mitigazione;

- Valutazione economica del progetto e possibilità di finanziamento;

- Ambito istituzionale e procedure amministrative per l‟ottenimento delle autorizzazioni.

Per la realizzazione di un impianto idroelettrico di taglia limitata, soprattutto nel caso del-

le micro-centrali ad acqua fluente, si deve disporre di un corso d‟acqua sfruttabile, ossia dotato

di un salto e di una portata mediamente costante nel corso dell‟anno seppure di entità contenuta

(le micro-centrali lavorano con portate anche di 1 l/s) [32][33]. Per la valutazione della risorsa

idrica selezionata, si deve introdurre quindi un potenziale energetico di riferimento che possa

dare una prima idea dell‟entità della risorsa.

Questo punto verrà affrontato nel prossimo Capitolo.

Capitolo IV

Metodologia Proposta

Il presente lavoro è stato svolto presso il Consorzio Tiberina - Agenzia di svi-

luppo per la valorizzazione integrale e coordinata del Bacino del Tevere. Il Consorzio

Tiberina è nato come momento di aggregazione tra Persone Giuridiche raggruppando

su un obiettivo comune Istituzioni, Università, Imprenditori e Associazioni. L'Univer-

sità di Roma "Tor Vergata" è fra i Fondatori ed è rappresentata, oltre che in Assem-

blea, in C.d.A. Per questo è stato più volte beneficiato di supporti e patrocini dai Mi-

nisteri, dalla Commissione Italiana dell’UNESCO e dal Quirinale. Sul fronte statale,

l’organismo territoriale connesso è l’Autorità del Bacino del fiume Tevere che si oc-

cupa di programmazione e regolamentazione in ambiti quali assetto geomorfologico,

assetto idraulico, protezione coste, tutela degli assetti ambientali connessi. In questo

contesto, si è deciso di affrontare una tematica relativa alle fonti rinnovabili e in par-

ticolare all’energia idroelettrica ricavabile da un possibile sfruttamento della risorsa

idrica del Bacino del Tevere [37].

73

4.1 Il Bacino del Tevere

Il Bacino del Tevere interessa un territorio di 17.156 km2 all‟interno dei confini ammini-

strativi di 6 Regioni, 12 Province e 355 Comuni nonché numerosi Enti di Gestione di aree natu-

rali protette e Comunità montane. Costituisce un patrimonio nazionale per ambiente, paesaggio,

storia, coltura e tradizioni dalle montagne al mare lungo le vie dell‟acqua che portano alla città

di Roma. L‟ambiente naturale comprende parchi, riserve, aree protette e luoghi di incomparabile

bellezza ma anche una presenza antropica che ha fortemente segnato il territorio [38].

Tabella 8: Inquadramento Territoriale [39]

REGIONI PROVINCE SUPERFICIE (km2) %SUPERFICIE TOT

Emilia Romagna Forlì-Cesena 27 0,12

Umbria Perugia-Terni 8.040,24 95,08

Toscana Arezzo-Grosseto-Siena 1.162,65 5,06

Marche Macerata 210,78 2,17

Abruzzo L‟Aquila 619,29 5,74

Lazio Roma-Rieti-Frosinone-

Viterbo 7.096,16 41,19

TOTALE 17.156,12

Figura 64: Bacino del Tevere (immagine fornita dall'Autorità del Bacino del Tevere) [40]

74

Il Tevere è, con i suoi 409 km, il terzo fiume italiano per lunghezza dopo il Po e l'Adige

ed è anche il terzo fiume italiano per volume di acqua, dopo Po e Ticino, con una portata media

annua alla foce pari a quasi 240 m3/s. Nasce a 1.268 m di altitudine sul Monte Fumaiolo e

l‟altitudine media del bacino idrografico è pari a 524 metri, mentre la cima più elevata è il mon-

te Velino (altitudine 2.487 metri s.l.m.); contribuisce per circa il 20% agli apporti fluviali com-

plessivamente riversati nel mar Tirreno. Numerosi i laghi naturali, tra i quali i più estesi: Trasi-

meno, Vico, Albano, Martignano e Piediluco.

I quattrocento chilometri dell‟asta principale lasciano sulla sinistra idrografica gli Appen-

nini e sulla destra gli alti collinari del senese e dell‟aretino seguiti dai complessi vulcanici vulsi-

no, cimino e sabatino. L‟immagine che se ne trae immediatamente è quella di un versante, in si-

nistra, che sostiene il deflusso perenne, in destra, che caratterizza le piene e gli stati di forte in-

tumescenza e la quota di trasporto solido che ancora arriva al mare. Il versante in sinistra idro-

grafica ha il suo baricentro nel fiume Nera, il versante in destra idrografica nel fiume Paglia. Al-

la “tranquillità” del primo fa da contraltare la “irrequietezza” del secondo.

Il fiume Tevere quindi riceve la maggior parte delle sue acque dalla riva sinistra, dove ha

come adduttori principali il sistema Chiascio - Topino, il Nera (che raccoglie le acque del fiume

Velino) e l'Aniene. I tributari della riva destra sono il Nestore, il Paglia (con il Chiani), e il Tre-

ja, a cavallo tra le province di Roma e Viterbo [38].

Tabella 9: Tabella riassuntiva delle caratteristiche dei principali affluenti del Tevere [38]

Affluente Chiascio Paglia Nera Aniene

Portata 20 m3/s 12 m

3/s 108 m

3/s 35 m

3/s

Lunghezza 82 km 86 km 116 km 99 km

4.2 Attuale Sfruttamento Energetico del Bacino del Tevere

Il regime delle precipitazioni nel bacino del Tevere, basato sulla distribuzione mensile,

può essere classificato come regime sub-costiero, caratterizzato da due valori minimi di precipi-

tazione in estate ed in inverno (con il minimo estivo più basso di quello invernale) e da due va-

lori massimi di precipitazione in autunno ed in primavera (con il valore autunnale più alto di

quello estivo). Pertanto, il regime delle precipitazioni è più simile a quello costiero, caratterizza-

to da valori estivi minimi e valori massimi invernali. La precipitazione media annua è pari a cir-

75

ca 1.200 mm e varia tra i 700 mm a livello del mare ed i 2.000 mm nell‟Appennino. La Figura

66 illustra la distribuzione delle precipitazioni nel bacino [38].

Il Tevere è caratterizzato da una complessa struttura idrologica. Esistono diversi metodi

di classificazione del reticolo, tutti però riconducibili all‟ordinamento in funzione della posizio-

ne rispetto alle confluenze, dalla sorgente alla foce. Lo schema irriguo dell‟Alto Tevere e quello

Figura 66: Distribuzione delle precipitazioni nel Bacino del Tevere [38]

Figura 65: Bacino del Tevere con in evidenzia i sub-bacini più grandi

76

idroelettrico del Nera-Velino evidenziano gli elementi caratteristici delle utilizzazioni servite e

danno un‟idea dell‟estensione e dell‟importanza degli schemi stessi, con un approvvigionamen-

to idrico dall‟Appennino, che rende Roma l‟unica capitale al mondo alimentata da sorgenti natu-

rali, anche se integrabile da una riserva strategica costituita dal lago di Bracciano, che entra in

funzione in condizioni di crisi delle sorgenti principali. Infatti, già dieci anni prima che negli

Stati Uniti fosse istituita la Tennesse Valley Authority per contrastare i colpi della grande crisi

economica del 1929, nel Bacino del Nera era entrata in funzione la centrale idroelettrica di Gal-

leto a sostegno del polo industriale di Terni. I decenni successivi hanno visto l‟originario sche-

ma ampliarsi verso tutto il Nera e verso il Velino, completando così un mosaico del quale fanno

parte l‟invaso di Corbara, gli impianti sul Farfa e sull‟Aniene e le traverse di Alviano, Ponte Fe-

lice, Nazzano e Castel Giubileo.

Sul Tevere, tra i primi del Novecento e gli anni Settanta si anticipa, dunque, l‟orizzonte

strategico della produzione di energia da fonti rinnovabili, delineato dalle Leggi n. 9 e n. 10 del

1991 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'e-

nergia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), promulgate do-

po il referendum sul nucleare, e dal Programma d‟azione adottato a Rio de Janeiro nel 1992 sul-

lo sviluppo sostenibile. Difendere questo valore significa difendere il più efficace deterrente nei

confronti di usi (e prelievi) meno sostenibili e la più grande opportunità di rendere tale schema

un domani funzionale a più usi [38].

A scopo ricognitivo del grado di saturazione della risorsa idraulica sotto il profilo energe-

tico, il Professor Angelo Spena dell‟Università di Roma “Tor Vergata” nel lavoro “L’energia

prodotta e non la potenza installata misurano le realistiche prospettive delle fonti rinnovabili.

Dati consuntivi in Italia e critica metodologia tra pessimismo della ragione e ottimismo della

volontà”, presentato al 3° Congresso Nazionale AIGE nel 2009, propose l‟analisi della dispo-

nibilità di energia idraulica del Bacino del Tevere attraverso due coefficienti: l‟Indice di sfrut-

tamento energetico e l‟Indice di residualità energetica [40][41][42]. Lo studio sviluppava

anche una mappatura del territorio italiano su scala più ampia di quella relativa a singole curve

idrodinamiche, e cioè per Regioni, effettuate in termini di Indice di sfruttamento idroelettrico

definito come il rapporto tra l‟energia idroelettrica prodotta in

e quella teorica producibile

sempre in

[40].

77

0,65 0,35

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1

Teve

re

Is Ir

Eq. 4.1 - Indice di sfruttamento idroelettrico [40]

L‟energia teoricamente producibile viene calcolata considerando la piovosità media in

corretta dal coefficiente di deflusso e moltiplicata per i di superficie , per il di-

slivello orografico logaritmico medio della macroarea considerata espresso in metri e per

la densità dell‟acqua pari a

. Quello che si ottiene è:

Eq. 4.2 – Indice di sfruttamento idroelettrico [40]

Questo rapporto, più che in termini assoluti, ha utilità in termini relativi quale indicatore

di massima dell‟attuale intensità d‟uso. Si considera quindi l‟Indice di residualità energetica :

Eq. 4.3 – Indice di residualità energetica [40]

che risulta un espressivo indicatore della rimanente potenzialità produttiva dei bacini imbrifero

della macroarea.

Focalizzando l‟attenzione sulla Regione Lazio e in particolare sul Bacino del Tevere, lo

studio ha calcolato un pari al 65% riportato in Tabella 10 e in Figura 67.

Tabella 10: Indice di sfruttamento idroelettrico

del Bacino del Tevere [40]

Portata media giornaliera 232 m3/s

Altitudine media 524 m

Energia teorica 4293GWh

Producibilità annua 2808 GWh

0,65

Il metodo sviluppato consente altresì di esplorare i sottobacini idrografici, in particolare i

sottobacini dell‟Aniene, del Nera, del Paglia e del Chiascio i cui indici di sfruttamento idroelet-

trico sono riportati di seguito.

Figura 67: Indice di Sfruttamento Idroelettrico

del Bacino del Tevere [40]

78

Il procedimento seguito per il calcolo dell‟Indice di sfruttamento energetico del bacino

idrografico del Chiascio parte dall‟analisi dei dati pluviometrici disponibili al Servizio Idrogra-

fico e Mareografico Italiano. Le stazioni pluviometriche disponibili sono 16 e sono disposte a

quote differenti del bacino. Per avere una media annua che rappresenti la disponibilità idrica del

Chiascio, sono stati considerate le medie annuali di ogni stazione già disponibili sugli annali dal

1951 al 2003 [43]. Dopo aver fatto una media annuale del bacino, facendo la media aritmetica

delle medie annuali di tutte le stazioni, si è passati ad una media della piovosità nel periodo con-

siderato. Il valore ottenuto, 1.027

, è stato moltiplicato per il coefficiente di deflusso medio,

per la superficie e la quota media del bacino riportati sugli annali idrologici del Servizio Idro-

grafico e Mareografico Italiano. Considerando i seguenti valori:

- Coefficiente di deflusso medio: 0,34 [44];

- Superficie del Bacino idrografico: 1.956 km2 [43];

- Quota media del Bacino Idrografico: 350 m s.l.m [43];

- Pioggia media nel periodo 1951-2003: 1.027

[elaborazione di [43]];

- Energia idroelettrica prodotta: 6.000.000

[45].

Figura 68: Indice di sfruttamento energetico e di residualità energetica per i sottobacini

Idrografici analizzati [40][43][44][45]

79

e applicando la relazione di cui sopra per il calcolo dell‟Indice di sfruttamento energetico, è sta-

to ottenuto un pari a 0,978. Questo valore, diverso dall‟unità ma più grande di zero, segnala,

in prima analisi, la possibilità di intervenire con nuovi impianti idroelettrici data la presenza di

energia idraulica residua nel bacino considerato. Il fatto che sia minore di uno è dovuto alla

presenza della Diga di Casanova in funzione nel Comune di Valfabbrica. Le caratteristiche di

questo grande invaso sono [45]:

- Potenza installata: 1200 kW

- Energia elettrica prodotta: 6.000.000

- Capacità del serbatoio: 160.000.000 m3

Dati questi risultati si è pensato di sfruttare i sottobacini del Paglia e del Chiascio elabo-

rando una metodologia di studio che porti alla valutazione di un parametro di riferimento per

altri studi e in grado di quantificare il reale possibile sfruttamento energetico del Bacino analiz-

zato. Tale sfruttamento verrà poi confermato con uno studio di fattibilità di possibili impianti

nei siti che sembrano più convenienti.

4.2.1 Il Sottobacino del Paglia

Il sottobacino del fiume Paglia ha un‟estensione di oltre 1.300 km2 di cui circa 634 in ter-

ritorio umbro. Il fiume Paglia nasce dalle pendici orientali del monte Amiata in Toscana e nel

tratto umbro si sviluppa per una lunghezza di circa 27 km per andare a confluire nel fiume Te-

vere poco a valle dell'invaso di Corbara. La pendenza media dell'alveo è di circa 0,2%. Lungo il

suo corso riceve l'apporto di numerosi affluenti, di cui il principale è il torrente Chiani, che con-

fluisce nel Paglia in sinistra idrografica nel suo tratto terminale.

L'intero bacino del Paglia è caratterizzato da una quota media di 443 m s.l.m., con circa il

27% del territorio al di sopra di 900 m s.l.m.. La densità di drenaggio è di circa 1.37

, che

sale a 1,43

nel sottobacino del fiume Chiani che ha origine poco a sud del lago di Chiusi

dalla confluenza del torrente Astrone con il canale Chianetta e rappresenta il recipiente di tutte

le acque del comprensorio della Val di Chiana romana. Nel primo tratto, per circa 13 km, il suo

alveo ha una pendenza media dell'1% ed è sopraelevato rispetto al piano di campagna, poiché

scorre canalizzato tra argini artificiali. Più a valle prosegue il suo corso incassato con pendenza

80

media dell'alveo del 5% e assume caratteristiche torrentizie. L'asta del torrente ha una lunghezza

complessiva di 42 km.

La parte centro settentrionale del bacino del Paglia, comprendente l'intero bacino del

Chiani è costituita per la maggior parte da rocce poco permeabili, quali argille plioceniche e al-

tre formazioni ad elevata componente argillosa, quali arenarie alternate a marne ed argille silto-

se. Solo sulle colline più elevate della porzione orientale del bacino si trovano terreni più per-

meabili; questi sono rappresentati soprattutto da arenarie che passano poi a calcari arenacei nei

pressi del Monte Peglia (837 m), la cui ossatura è formata da calcari e calcari marnosi. Questi

terreni risultano discretamente permeabili.

La parte meridionale del bacino invece, è caratterizzata da terreni ricollegabili alle mani-

festazioni vulcaniche del Quaternario. Queste hanno portato alla formazione di un esteso tavola-

to tufaceo sovrapposto alle argille plioceniche. In questi terreni i corsi d'acqua scavano profonde

forre fino alla formazione argillosa sottostante perché il materiale tufaceo è discretamente per-

meabile ed è sede di un acquifero di notevole interesse. Al contatto con le argille sottostanti si

originano varie emergenze sorgentizie con portata perenne, anche se molto variabile.

Figura 69: Carta topografica del Bacino del Paglia da elaborazione GIS

81

Il principale nucleo urbano presente nell'Unità Territoriale è Orvieto, il cui comune rap-

presenta da solo il 50% della popolazione dell'intero bacino. Nel bacino sono presenti aree indu-

striali di ridotta importanza localizzate nella Valle del Paglia [46].

4.2.2 Il Sottobacino del Chiascio

Il fiume Chiascio ha origine nella fascia collinare compresa tra i Monti di Gubbio e la

dorsale appenninica, ad una quota di circa 850 m s.l.m. e, dopo un corso di 95 km, confluisce

nel fiume Tevere a Torgiano, in sinistra idrografica. La sezione di chiusura sottende un bacino

di 1.956 km2, di cui più del 60% ricadenti nel bacino del fiume Topino.

Figura 70: Carta topografica del Bacino del Chiascio da elaborazione GIS

82

Il bacino è delimitato a Nord-Est da una serie di rilievi, che costituiscono, tra l'altro, il li-

mite amministrativo fra le regioni Umbria e Marche. Quest'area, che rappresenta l'unica parte

del bacino di quote superiori a 1000 m s.l.m., è formata da rocce prevalentemente calcaree, con

spiccate caratteristiche di permeabilità. La circolazione idrica sotterranea che ne deriva alimenta

quindi alcune sorgenti perenni (emergenze dell'acquifero carbonatico dell'unità di Monte Cucco)

che, laddove non captate da acquedotti, danno origine a corsi d'acqua brevi, con portata variabi-

le ma perenne durante il corso dell'anno.

La restante parte del bacino è delimitata a Nord dal valico di Madonna della Cima (809 m

s.l.m.) e dal Monte Foce (983 m s.l.m.). Il limite attraversa poi la Conca Eugubina e prosegue

sulle colline che separano tale conca dalla valle del Tevere. La formazione geologica prevalente

in quest'area è quella marnoso-arenacea. La componente marnosa conferisce al terreno una bas-

sa permeabilità che attiva una circolazione superficiale marcatamente torrentizia, alimentata da

scarse sorgenti con portata molto variabile e tendenza ad esaurirsi in assenza di precipitazioni.

A sud-est lo spartiacque attraversa la conca di Gualdo Tadino, supera le colline che si in-

terpongono tra la Valtopina e il Monte Subasio e da qui discende verso l'ampia area valliva rap-

presentata dalla porzione settentrionale della Valle Umbra nord, sede di uno degli acquiferi al-

luvionali più importanti della regione.

A monte della confluenza con il fiume Topino la quota media del bacino è di 524 m s.l.m.

e la densità di drenaggio pari a 1.48

. Alla sezione di chiusura questa scende a 1.43

. La

pendenza media dell'alveo è di 0,7%.

Gli affluenti principali del fiume Chiascio sono il torrente Saonda in destra idrografica, il

fiume Topino, il fiume Tescio e il torrente Rasina in sinistra. Lungo il corso del fiume Chiascio,

in località Valfabbrica, è stato realizzato uno sbarramento per la creazione di un invaso artificia-

le, il Lago di Valfabbrica, attualmente in fase di invaso.

Dal punto di vista degli insediamenti antropici, i principali nuclei urbani sono rappresen-

tati dagli abitati di Gubbio e Gualdo Tadino nella porzione settentrionale ed orientale e dagli a-

bitati di Bastia e Santa Maria degli Angeli in Valle Umbra. Per quanto riguarda il settore indu-

striale, le attività produttive sono concentrate nelle tre aree vallive principali. In Valle Umbra le

aree industriali si sviluppano lungo le principali vie di comunicazione nei Comuni di Bastia e

Assisi [46].

83

4.3 Metodologia di Studio e di Analisi del Territorio

Da quanto riportato nel rapporto "L'idrico – Dati Statistici 2008", elaborato dal GSE, il

grande idroelettrico in Italia è ormai saturo avendo già sfruttato i maggiori dislivelli a disposi-

zione. L‟unica soluzione ad un incremento della potenza installata ricade quindi nei piccoli im-

pianti (micro P < 100kW, mini 100 kW < P < 1 MW, piccoli 1 MW < P < 10 MW) che funzio-

nano con dislivelli e portate minori [23].

Focalizzando poi l‟attenzione sul Bacino del Tevere, i sottobacini idrografici del Paglia e

del Chiascio presentano un indice di residualità energetica tale da consentire un incremento di

produzione energetica da fonte idraulica.

La potenza di un impianto idroelettrico è funzione del salto utile e della portata d‟acqua a

disposizione secondo la seguente relazione:

Eq.4.4 – Potenza elettrica di un impianto idroelettrico [30]

Valutare la disponibilità di questi due fattori è il primo passo per poter valutare il poten-

ziale di energia idraulica di un sito. Lo studio quindi consisterà in una prima analisi geomorfo-

logica e una seconda idrologica. L‟individuazione e l‟utilizzazione della risorsa idrica ancora

disponibile in natura deve però essere accessibile quindi, nel rispetto delle Direttive europee, le

prime indagini geomorfologiche e idrologiche sono volte a ridurre l‟area di interesse che sarà

poi indagata con sopralluoghi e rilievi necessari al completamento dello studio.

Per prima cosa si devono escludere i tratti già utilizzati a scopo energetico, industriale, ir-

riguo e acquedottistico procedendo per bacini idrografici prescindendo dai confini amministrati-

vi delle Regioni e dei Comuni interessati.

Dopo una prima selezione, si passa alla fase operativa con lo studio geomorfologico che

l‟azienda ICQ Holding SpA17 ha condotto con l‟ausilio del Software GIS, Geographic Informa-

tion System, ossia un sistema informativo computerizzato che permette l'acquisizione, la regi-

strazione, l'analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da dati geografi-

17 ICQ Holding SpA è la utility italiana specializzata nella produzione di energia da fonte eolica, idroelettrica, da

biomassa e da gas da rifiuti. ICQ sviluppa anche soluzioni per la cogenerazione di energia elettrica ed energia termi-ca, sistemi alimentati con combustibili convenzionali e non (biofuel), impianti che abbinano lo sfruttamento di fonti

diverse, per esempio la biomassa e il fotovoltaico, e progetti di risparmio ed efficienza energetica per l‟illuminazione

e per il recupero delle dispersioni di calore (cascami termici a bassa entalpia). ICQ ottiene un vantaggio competitivo

dalla capacità di gestire internamente l‟intero processo realizzativo: dall‟individuazione e valutazione dei siti fino alla produzione di energia. Questo consente di costruire sistemi più efficienti, con tempi di messa in opera e investimenti

inferiori, a parità di potenza installata e/o di energia prodotta.

84

ci (geo-referenziati). Partendo dalle coordinate cartografiche dell‟area studiata, il GIS è in gra-

do, tra le varie cose, di riprodurre il profilo del corso d‟acqua e dare informazioni circa la quota,

l‟area interessata e la progressione dell‟asta fluviale. Una volta a disposizione questi output, si è

in grado di quantificare i possibili salti geodetici sfruttabili [46].

Il secondo passo è l‟analisi idrologica per quantificare la disponibilità idrica. Per la quan-

tificazione degli afflussi meteorici sono stati utilizzati i dati pluviometrici disponibili dagli anna-

li del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano, assumendo come anno base di osservazione

il 1934. Per la valutazione dei deflussi, si sono utilizzati i dati di portata misurati nelle stazioni

idrometriche del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano nello stesso periodo, adottando

sempre lo stesso coefficiente di deflusso medio preso negli stessi annali idrometrici.

Ipotizzato il coefficiente di deflusso è possibile calcolare la portata media d‟acqua e quin-

di, in prima approssimazione, la potenza teorica nominale, l‟energia prodotta attraverso le ore di

utilizzazione e il potenziale energetico: parametro scelto come indicatore di bontà di un sito per

un‟eventuale utilizzazione energetica il cui andamento viene sovrapposto al profilo del fiume

così da individuare i picchi di produzione sul fiume stesso.

4.3.1 Studio Geomorfologico Attraverso il Software GIS

Come già introdotto, lo studio geomorfologico del territorio del Bacino scelto è stato

svolto dall‟azienda ICQ Holding SpA con l‟ausilio del Software GIS, Geographic Information

System i cui output verranno inseriti in un foglio di calcolo Excel insieme ai dati idrografici ela-

borati nella seconda parte dello studio.

Il Software GIS ha a disposizione una serie di funzioni idrologiche che, a partire dalle co-

ordinate geografiche del terreno inserite, è in grado di individuare il percorso del fiume conside-

rato del Bacino idrografico scelto. L‟area che viene analizzata e riprodotta attraverso il GIS vie-

ne suddivisa in sottoaree quadrate di 20 m x 20 m realizzando una maglia di quadrati uguali

(pixel) le cui informazioni vengono restituite in tabelle numeriche a più strati. Lo strato princi-

pale riporta le coordinate geografiche dell‟area considerata e poi, a seconda del tipo di studio

che si sta seguendo, si aggiungono le informazioni necessarie attraverso la programmazione e

l‟utilizzo delle funzioni installate nel software.

Il primo passo è la riproduzione in 3D del Bacino Idrografico scelto attraverso la funzione

DEM, Digital Elevation Model in grado di restituire la quota media di ogni quadrato della ma-

glia calcolata al centro del pixel. Riprodotto nel dettaglio il profilo del terreno e individuata la

85

sorgente del fiume, la direzione di deflusso viene calcolata attraverso una serie di funzioni idro-

logiche già impostate. Il Software analizza le quote dei pixel adiacenti a quello di partenza e,

attraverso una codifica numerica, ricostruisce il deflusso reale del fiume attraverso la funzione

Flow Direction. Queste informazioni vengo aggiunte in tabella insieme a coordinate e quote.

Il passo successivo è quantificare l‟area del bacino e le progressive dell‟asta fluviale. Per

questi due punti vengono utilizzate nell‟ordine le funzioni Flow Accumulation e Flow Lenght.

La prima funzione riprende quanto dedotto da Flow Direction e determina l‟area di drenaggio

del Bacino man mano che l‟acqua si accumula lungo il percorso; la seconda calcola la distanza

in metri di ogni pixel che rientra nel deflusso rispetto a quello di partenza.

Riportate tutte queste informazioni in tabella, non resta che far tracciare dal sistema il

percorso del fiume. Per questo passo viene utilizzata la procedura Blueline che traccia il corso

del fiume nel reticolo 3D precedentemente ottenuto.

Quello che si ottiene è una riproduzione in 3D del territorio e una tabella in cui sono ri-

portate le coordinate geografiche completate dai dati di quota, direzione, area e progressive.

Questi valori vengono poi riportati in un foglio di calcolo Excel in cui sono stati selezionati i

punti più indicativi del fiume per avere tabelle più gestibili (da 2800 coordinate si passa a 300).

4.3.2 Studio Idrologico per Quantificare la Disponibilità Idrica

La stima dell‟entità delle risorse potenzialmente disponibile deve necessariamente essere

condotta, in assenza di dati idrometrici rilevati alla sezione di sbarramento, utilizzando i dati

pluviometrici in stazioni di monitoraggio prossime al bacino di interesse. La stima della portata

del fiume è corretta se si considerano i dati di almeno 30 anni.

I dati pluviometrici a disposizione sono numerosi; si suddividono in base alle stazioni di

monitoraggio pluviometrico prossime al bacino di interesse e sono sia giornalieri che mensili.

Per ogni stazione si provvede ad elaborare statisticamente i relativi dati pervenendo a determi-

nare i valori degli afflussi piovosi per l‟anno medio (ogni valore annuale è debitamente disag-

gregato nelle sue dodici componenti mensili). Dai valori lordi degli afflussi piovosi, elaborati

nelle varie stazioni, si risale agli afflussi netti tramite l‟utilizzo di un opportuno coefficiente ri-

duttivo, coefficiente di deflusso, che tiene conto delle perdite per infiltrazione nel terreno, eva-

porazione e dispersioni varie. A tal fine devono essere analizzati i coefficienti di deflusso ripor-

tati negli annali su una media di lungo periodo delle osservazioni condotte alle stazioni idrome-

triche limitrofe al bacino in esame [44]. Per i Bacini selezionati, le stazioni sono:

86

Chiascio a Torgiano: Area ~ 1956 km2 (anni 1936 – 1996 con dati discontinui);

Paglia a Ponte dell’Adunata: Area ~ 1320 km2 (anni 1930 – 1996 con dati discontinui);

I risultati dell‟analisi degli annali delle stazioni idrometriche riportano come coefficiente

di deflusso per il Paglia e per il Chiascio [44].

Per il calcolo delle risorse idriche disponibili è stata svolta un‟elaborazione dei dati plu-

viometrici al fine di individuare le caratteristiche del regime pluviometrico della zona in esame.

Quest‟analisi pluviometrica può essere schematizzata in due passaggi:

1. Elaborazione statistica delle serie di pioggia per ricavare, per ciascun mese e per ogni

stazione pluviometrica, il valore medio di pioggia totale mensile ed annua;

2. Individuazione di una correlazione tra le componenti mensili delle precipitazioni ed i

valori medi annui per ricavare una legge di distribuzione temporale delle precipitazioni.

Tabella 12: Estratto degli annali idrologici del Bacino del Chiascio con dettaglio del coefficiente di deflusso [44]

Tabella 11: Estratto degli annali idrologici del Bacino del Paglia con dettaglio del coefficiente di deflusso [44]

87

Tabella 13: Medie mensili espresse in mm degli afflussi del Bacino del Paglia

Tabella 14: Medie mensili espressi in mm degli afflussi del Bacino del Chiascio

Stazione Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Totale Media

Acquapendente 81,92 83,60 73,14 74,41 75,60 47,93 34,23 52,37 88,05 116,80 126,17 84,84 939,07 78,26

Ficulle 69,02 79,24 57,96 83,62 71,72 66,73 39,26 48,41 87,71 125,18 129,20 73,78 931,84 77,65

Orvieto 48,39 58,43 56,86 70,63 57,23 49,06 27,23 37,01 70,98 94,28 97,41 73,40 740,89 61,74

Piancastagnaio 107,32 102,51 105,63 101,94 79,63 60,67 34,81 63,14 109,97 164,31 147,80 135,44 1213,15 101,10

Pratolungo 102,83 100,54 85,09 95,85 79,42 51,04 38,35 57,55 104,08 134,00 143,73 113,98 1106,48 92,21

Proceno 91,30 85,61 86,18 82,76 91,12 49,50 38,48 59,88 91,74 138,15 148,93 107,96 1071,61 89,30

Stazione Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Totale Media

Bagnara 82,08 88,99 90,14 114,81 95,16 89,70 51,90 80,25 105,23 106,96 139,71 116,43 1161,35 96,78

Bevagna 48,19 57,23 56,79 72,64 64,01 59,09 34,93 42,45 77,40 86,05 96,87 69,59 765,24 63,77

Gualdo Tadino 75,90 91,04 89,84 95,38 87,72 82,33 46,54 73,78 94,41 89,54 108,87 97,33 1032,67 86,06

Montefalco 52,73 56,90 66,63 80,70 76,39 58,28 28,49 53,54 81,50 86,77 102,63 73,36 817,90 68,16

Nocera Umbra 90,41 94,72 89,92 117,09 95,40 84,70 52,41 67,50 107,10 114,69 142,38 127,37 1183,69 98,64

Sorgenti scirca 102,05 113,43 112,43 127,13 97,72 102,33 57,67 76,31 113,55 127,01 164,41 142,36 1336,41 111,37

Spoleto 67,43 73,49 67,03 92,73 77,52 62,74 37,92 59,94 83,67 99,46 124,16 98,51 944,60 78,72

88

Da questa analisi è emerso nuovamente come esista una distribuzione delle precipitazioni

nell‟arco dell‟anno simile tra tutte le stazioni prese in esame, andamento che viene confermato an-

che con lo studio del coefficiente di forma ossia i valori medi mensili delle precipitazioni nel perio-

do di riferimento con il valore medio annuo della precipitazione mensile, come di seguito riportato:

;

Eq. 4.5 – Coefficiente di forma e pioggia media per stazione

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

160,00

180,00

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

Piogge mensili Paglia in mm

Acquapendente Ficulle Orvieto Piancastagnaio Pratolungo Proceno

Figura 72: Andamento delle piogge mensili del Bacino del Paglia

Figura 71: Andamento delle piogge mensili del Bacino del Chiascio

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

160,00

180,00

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

Piogge mensili Chiascio in mm

Bagnara Bevagna Gualdo Tadino Montefalco

Nocera Umbra Sorgenti scirca Spoleto

89

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

1,40

1,60

1,80

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

Coefficiente di Forma Paglia

Acquapendente Ficulle Orvieto Piancastagnaio Pratolungo Proceno

dove il pedice i =1,2,..., n rappresenta il numero di anni di misura disponibili ed il pedice j =

1,2,...,12 rappresenta il j-esimo mese dell‟anno (Gennaio, Febbraio, …, Dicembre). Inoltre è stato

calcolato l‟andamento medio riferito a tutte le stazioni di misura su cui è stata calcolata la distribu-

zione temporale delle precipitazioni.

Figura 73: Andamento del coefficiente di forma per ogni stazione del Bacino del Paglia

Figura 74: Andamento del coefficiente di forma per ogni stazione del Bacino del Chiascio

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

1,40

1,60

1,80

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

Coefficiente di Forma Chiascio

Bagnara Bevagna Gualdo Tadino MontefalcoNocera Umbra Sorgenti scirca Spoleto

90

Data l‟omogeneità nelle precipitazioni nelle stazioni di entrambi i bacini, è possibile ricavare

la legge di distribuzione temporale delle precipitazioni in funzione della quota. Per farlo si è passati

per il Log10 [47] delle piogge totali e i valori ottenuti sono stati poi graficati in funzione della quota

stessa così da estrarre la linea di tendenza necessaria per il calcolo della portata disponibile.

Tabella 15: Tabella della pioggia totale annua in mm/anno

del Bacino del Paglia in funzione della quota

Tabella 16: Tabella della pioggia totale annua in mm/anno

del Bacino del Chiascio in funzione della quota

Sono state individuate, quindi, le linee di tendenza della distribuzione ottenendo le seguenti

equazioni del secondo ordine e i grafici in Figura 73 e 74:

Paglia

Chiascio

Come già detto, gli andamenti ottenuti permettono di valutare la pioggia totale annua del Ba-

cino partendo dalla quota; considerando la quota media dei due Bacini riportata negli annali idrolo-

gici del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano, 443 m s.l.m. per il Bacino del Paglia e 350 m

s.l.m. per il Bacino del Chiascio, la pioggia totale annua è rispettivamente

e

Stazione Quota [m] P.Tot Log (P.Tot)

Acquapendente 425 939,07 2,97

Ficulle 437 931,84 2,97

Orvieto 315 740,89 2,87

Piancastagnaio 772 1213,15 3,08

Pratolungo 374 1106,48 3,04

Proceno 392 1071,61 3,03

Stazione Quota [m] P.Tot Log (P.Tot)

Bagnara 620 1161,35 3,06

Bevagna 225 765,24 2,88

Gualdo Tadino 535 1032,67 3,01

Montefalco 473 817,90 2,91

Nocera Umbra 548 1183,69 3,07

Sorgenti scirca 750 1336,41 3,13

Spoleto 317 944,60 2,98

91

y = 7,7000E-07x2 - 2,2999E-04x + 2,9200E+00

2,80

2,90

3,00

3,10

3,20

3,30

3,40

3,50

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100

Logaritmo della pioggia totale annua Chiascio

y = -1,20E-06x2 + 1,80E-03x + 2,43E+00

2,80

2,85

2,90

2,95

3,00

3,05

3,10

3,15

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900

Logaritmo della pioggia totale annua Paglia

. A questo punto è possibile calcolare con la superficie S in l‟Afflusso

medio annuo affluito mediamente nel bacino sotteso alla sezione di sbarramento, che è dato da:

Eq. 4.6 – Afflusso medio annuo del Bacino considerato

ottenendo

per il Bacino del Paglia e

per quello del Chiascio.

Figura 75: Andamento della pioggia totale annua del Bacino del Paglia

in funzione della quota con linea di tendenza

Figura 76: Andamento della pioggia totale annua del Bacino del Chiascio

in funzione della quota con linea di tendenza

92

Il valore della pioggia in funzione della quota così calcolato deve essere depurato delle per-

dite per infiltrazione nel terreno, evaporazione, invaso nei bacini di modulazione, prelievi acque-

dottistici ed irrigui attraverso il Coefficiente di Deflusso così come verrà fatto nell‟Eq. 4.11 in cui

Eq. 4.7 – Deflusso medio annuo del Bacino considerato

Eq. 4.8 – Afflusso netto annuo

4.4 Individuazione della Risorsa Idrica

Il passaggio finale del lavoro è stato quello di unire quanto ottenuto dallo studio geomorfo-

logico con quello ottenuto dallo studio idrologico sovrapponendo sul profilo del fiume

l‟istogramma del parametro introdotto così da individuare subito la reale potenzialità della risorsa

idrica scelta.

Per l‟individuazione del parametro è stato elaborato un foglio Excel in cui gli input sono dati

geomorfologici e idrologici.

Gli input geomorfologici sono:

- Progressive dell‟asta fluviale;

- Quote sul livello del mare;

- Superficie bacino idrografico.

I dati idrologici sono:

- Polinomiale delle piogge;

- Coefficiente di deflusso;

- Portata massima.

L‟obiettivo è fare un primo studio della possibile energia ricavabile dall‟utilizzazione dei

corsi d‟acqua considerati. Si fa quindi un calcolo di potenza e di energia di prima approssimazione

considerando ogni intervallo tra coordinate successive come un dislivello. Una volta emersi i punti

93

più sfruttabili energeticamente, si ipotizza il posizionamento di impianti a valle dei salti corrispon-

denti, lungo il tratto di fiume.

Le relazioni utilizzate sono [30]:

Eq. 4.9 – Potenza nominale in kW di prima approssimazione

Eq. 4.10 – Energia in kWh di prima approssimazione

Eq. 4.11 – Portata volumetrica media

Eq. 4.12 – Relazione tra portata volumetrica max e media

Eq. 4.13 – Potenziale energetico in

di prima approssimazione

dove:

[m/s2] accelerazione di gravità pari a 9,81 m/s

2

[m3/s] portata volumetrica massima di acqua

[m3/s] portata volumetrica media di acqua

[m] salto geodetico

[km2] superficie del bacino

coefficiente di deflusso medio preso dagli annali idrologici del bacino

coefficiente caratteristico della curva di durata

[mm/anno] polinomiale in funzione della quota ottenuta dallo studio idrologico

[m] lunghezza dell‟asta fluviale

rendimento della turbina pari a 0,87 [30]

rendimento totale dell‟impianto pari a 0,80 [30]

ore di utilizzazione dell‟impianto in un anno pari a 24 ore per 250 giorni.

I rendimenti e le ore di utilizzazione sono comuni ad entrambi i bacini considerati mentre le

polinomiali delle piogge e i valori del coefficiente di deflusso sono già stati spiegati nello studio

idrologico. Resta da motivare la relazione tra portata media e portata massima e la scelta del poten-

ziale come parametro dei riferimento e indicatore di bontà.

94

Dallo studio idrologico si ricava una certa portata volumetrica media. Nel dimensionamento

dell‟impianto per il calcolo della potenza massima installabile però si utilizza una portata volume-

trica massima. Questa portata deve essere scelta in base alla curva di durata riportata negli annali

idrologici del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano. Per definizione, la curva di durata, rap-

presenta i giorni in un anno complessivi e non consecutivi in cui il fiume presenta una data portata.

Nel caso del Paglia, per circa 120 giorni all‟anno, si ha una portata di circa

[44] mentre

per il Chiascio la portata è 19

[44]. Per ottenere valori di massima portata simili a questi ri-

portati, partendo dalla portata media calcolata con la polinomiale di cui sopra, è stato considerato

un coefficiente caratteristico della curva di durata pari a 1,6 per il Paglia e a 3 per il Chiascio (que-

sto coefficiente può oscillare da 1,5 a 3); da qui il calcolo della potenza installabile. Per il calcolo

dell‟energia producibile, e quindi del potenziale, invece, è stata utilizzata la portata media.

Per quanto riguarda il potenziale, la scelta è stata dettata dalla necessità di avere un parame-

tro il più possibile adimensionale che fosse in grado di quantificare la bontà di un sito in maniera

del tutto indipendente da quota, superficie e portata. Il parametro scelto non rispetta appieno questa

richiesta, infatti il potenziale non è adimensionale, ma già prescinde dalla lunghezza di asta fluviale

e dalla superficie di bacino nel punto di presa. Il fatto che sia stata considerata l‟area nel punto di

derivazione è stata una decisione successiva; inizialmente si pensava al potenziale come ad energia

producibile su superficie di bacino nel punto di restituzione dell‟acqua così da considerare anche la

lunghezza dell‟asta fluviale e quindi delle condotte forzate. In questo modo, però, si ottenevano dei

valori non corretti perché considerare la superficie nel punto di adduzione, più grande di quella alla

presa, portava a dei valori minori del potenziale dato che l‟energia producibile, funzione della por-

tata che a sua volta è funzione della superficie di bacino, considerava invece la superficie del baci-

no nel punto di presa. Per uniformare il tutto allora si è deciso di considerare per entrambi i calcoli

(portata volumetrica media di acqua e potenziale) l‟area del bacino nel punto di presa e tenere con-

to della lunghezza dell‟asta fluviale dividendo il potenziale stesso per i metri di condotta forzata

che separano il punto di derivazione da quello di adduzione. Si potrebbe fare un ulteriore passaggio

dividendo il potenziale anche per la portata volumetrica.

Come già detto, gli output di questa ricerca, basata su successivi screening selettivi, sono i

profili altimetrici (quota in funzione delle progressive) dei fiumi considerati con sovrapposti gli i-

stogrammi del potenziale energetico calcolato per ogni dislivello presente sul corso d‟acqua. Si e-

videnziano i punti potenzialmente adatti ad un‟utilizzazione energetica dove l‟andamento del po-

95

tenziale presenta dei picchi (questo perché anche il potenziale è rappresentato in funzione della

lunghezza dell‟asta fluviale quindi i due andamenti sono perfettamente sovrapposti).

Quanto descritto consiste nello studio di prima approssimazione. Nella seconda e ultima fase

si passa a considera dei veri e propri salti individuati lungo il profilo del fiume. Un ipotetico im-

pianto idroelettrico va posizionato ai piedi di un dislivello geodetico ma non tutti i salti sono adatti

ad uno sfruttamento energetico; il calcolo del potenziale e il suo andamento fanno si che i salti se-

lezionati in questa fase siano gli unici per cui valga la pena fare calcoli aggiuntivi.

Di seguito si riportano i grafici ottenuti per i soli fiumi Paglia e Chiascio.

96

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

0 10000 20000 30000 40000 50000

Pote

nzi

ale

[k

Wh

/m/k

m2]

Qu

ota

[m

]

Lunghezza asta fluviale [m]

Fiume Paglia

Figura 77: Profilo altimetrico del fiume Paglia con l’andamento del potenziale: il tratto in blu rappresenta il profilo altimetrico del fiume;

l’andamento rosso rappresenta, invece, il potenziale calcolato

97

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

80,00

90,00

100,00

150

200

250

300

350

400

450

0 10000 20000 30000 40000 50000 60000

Pote

nzi

le k

Wh

/km

2/m

Qu

ote

[m

]

Lunghezza asta fluviale [m]

Fiume Chiascio

Figura 78: Profilo altimetrico del fiume Chiascio con l’andamento del potenziale: il tratto in blu rappresenta il profilo altimetrico del fiume;

l’andamento rosso rappresenta, invece, il potenziale calcolato

98

Tabella 17: Tabella riassuntiva di tutte le caratteristiche dei salti idraulici interessanti nel Bacino del Paglia

FIUME del

sottobacino

del PAGLIA

QUOTA

PRESA SALTO AREA BACINO PROGRESSIVA PORTATA LUNGHEZZA POTENZA ENERGIA POTENZIALE

m s.l.m. m km2 m mc/sec m kW kWh kWh/(km

2m)

Stridolone 347 22 86 5360 1,029 193 193,17 666.089 40,10

Elvella 392 14 21 0 0,276 157 33,00 113.776 34,60

Paglia 469 22 24 89 0,362 345 67,89 234.090 28,25

Stridolone 398 44 52 3928 0,692 711 259,82 895.927 24,24

Paglia 416 16 28 1959 0,385 286 52,64 181.515 22,63

Romealla 188 13 37 3954 0,290 217 32,14 110.824 13,83

Siele 393 22 20 82 0,264 672 49,48 170.614 12,69

Elvella 373 24 24 1692 0,304 738 62,20 214.471 12,11

Romealla 273 48 23 431 0,230 1336 94,15 324.665 10,57

Stridolone 299 24 94 6938 1,004 725 205,66 709.185 10,40

Elvella 344 19 28 3503 0,333 655 53,95 186.042 10,15

Senna 364 24 24 0 0,307 975 70,84 244.042 10,01

99

Tabella 18: Tabella riassuntiva di tutte le caratteristiche dei salti idraulici interessanti nel Bacino del Chiascio

FIUME del

sottobacino del

CHIASCIO

QUOTA

PRESA SALTO AREA BACINO PROGRESSIVA PORTATA LUNGHEZZA POTENZA ENERGIA POTENZIALE

m s.l.m. m km2 m mc/sec m kW kWh kWh/(km

2m)

Tescio 324 24 45 3780 1,197 124 251,61 462.723 82,93

Rasina 424 49 25 475 0,658 486 309,05 568.369 46,78

Tescio 297 22 47 5481 1,251 222 237,20 436.231 41,81

Tescio 349 24 43 2481 1,143 281 244,45 449.555 37,21

Chiascio 240 15 511 43071 13,644 205 1716,52 3.156.815 30,14

Tescio 374 24 38 874 1,010 471 220,12 404.823 22,62

Tescio 274 24 55 6705 1,462 459 299,47 550.741 21,82

Saonda 372 22 97 8561 2,739 503 514,25 945.750 19,38

Chiascio 447 22 21 1248 0,559 542 119,31 219.418 19,28

Saonda 400 25 72 4121 2,081 721 444,08 816.693 15,73

Chiascio 322 22 403 25131 10,725 664 2062,95 3.793.938 14,18

Chiascio 348 23 327 17961 8,699 792 1780,21 3.273.947 12,64

Chiascio 399 24 86 7732 2,287 884 508,76 935.645 12,31

Chiascio 298 23 429 30606 11,412 790 2262,38 4.164.950 12,29

Rasina 371 21 39 3591 1,038 775 197,21 362.680 12,00

Come si può vedere dai due grafici, ci sono delle possibilità di intervento più o meno

buone. E‟ stato preso come riferimento minimo un potenziale di

ottenendo quindi le

Tabelle 17 e 18 in cui compaiono tutti i casi più interessanti e in particolare sono segnati in

grassetto il fiume Senna del Bacino del Paglia che ha il potenziale energetico minimo

(

) e il fiume Tescio del Bacino del Chiascio che ha quello massimo (

).

Figura 80: Andamento del potenziale dei salti selezionati nel Bacino del Paglia

Figura 79: Andamento del potenziale dei salti selezionati nel Bacino del Chiascio

0,00

5,00

10,00

15,00

20,00

25,00

30,00

35,00

40,00

45,00

Stridolone Elvella Paglia Stridolone Paglia Romealla Siele Elvella Romealla Stridolone Elvella Senna

Paglia

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

80,00

90,00

Tescio Rasina Tescio Tescio Chiascio Tescio Tescio Saonda Chiascio Saonda Chiascio Chiascio Chiascio Chiascio Rasina

Chiascio

0

10

20

30

40

50

60

250

270

290

310

330

350

370

390

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000

Pote

nzi

ale

[k

Wh

/km

2/m

]

Qu

ote

[m

]

Lunghezza asta fluviale [m]

Torrente Senna del Bacino del Paglia

Figura 81: Profilo altimetrico del torrente Senna del Bacino del Paglia con l’andamento del potenziale: il tratto in blu rappresenta il profilo altimetrico del fiume;

l’andamento rosso rappresenta, invece, il potenziale calcolato

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

160,00

180,00

150

200

250

300

350

400

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000

Pote

nzi

ale

[k

Wh

/km

2/m

]

Qu

ote

[m

]

Lunghezza asta fluviale [m]

Torrente Tescio del Bacino del Chiascio

Figura 82: Profilo altimetrico del torrente Tescio del Bacino del Chiascio con l’andamento del potenziale: il tratto in blu rappresenta il profilo altimetrico del fiume;

l’andamento rosso rappresenta, invece, il potenziale calcolato

104

Capitolo V

Due Applicazioni:

Studi di Fattibilità

Nel presente paragrafo si vuole fare un’analisi di dettaglio per verificare la

bontà dei risultati ottenuti nel Capitolo 4 sviluppando uno studio di fattibilità di primo

livello. Si tratta di una valutazione di tipo tecnico (dimensioni delle opere di presa, dei

canali di derivazione, delle tubazioni, delle turbine e della centrale) e di tipo econo-

mico (il costo specifico di ogni impianto) al fine di ottenere il minimo rapporto tra in-

vestimento e produzione degli impianti così da sfruttare al massimo le potenzialità i-

driche degli impianti in progetto. Nei seguenti paragrafi verrà spiegata la procedura

di analisi utilizzata e verranno riportate le tabelle numeriche contenenti i risultati

dell’analisi dei due casi: il torrente Senna nel Bacino del Paglia che presenta un po-

tenziale minimo (10,01

); il torrente Tescio nel Bacino del Chiascio che ha il po-

tenziale più alto ottenuto (82,93

).

105

5.1 Criteri Generali del Modello di Analisi

La scelta dello schema funzionale dell‟impianto è stata effettuata costruendo un modello

di analisi per confrontare le diverse scelte progettuali con il criterio dell‟analisi costi/benefici al

fine di evidenziare lo schema economicamente vantaggioso. Questo modello di analisi, partendo

dallo schema geometrico dell‟impianto e dalla portata massima derivabile, definisce i costi di

realizzazione, la produzione e la potenza installata dell‟impianto per ogni valore dei parametri

sopra citati. Sebbene il dimensionamento sia influenzato da diversi fattori, nel modello è stata

presa la portata massima derivabile come parametro di riferimento18

.

Per l‟analisi economica, per verificare la redditività dell‟impianto è stato scelto come

termine di confronto un parametro sintetico19

definito come il rapporto tra il costo di investimen-

to iniziale e la produttività media annua dell‟impianto, definito in

, che rappresenta un indi-

ce univoco e di semplice interpretazione per confrontare le diverse soluzioni tecniche.

5.2 Portate Disponibili

Con lo studio idrologico del Capitolo 4, è stato possibile definire l‟afflusso meteorico to-

tale annuo nei Bacini del Paglia e del Chiascio. Per valutare la disponibilità idrica, questo valore

di portata, che rappresenta l‟afflusso lordo sul bacino, è stato depurato delle perdite per infiltra-

zione nel terreno, evaporazione, invaso nei bacini di modulazione, prelievi acquedottistici ed ir-

rigui attraverso il Coefficiente di Deflusso ottenendo così il deflusso medio annuo e la Curva di

durata il cui andamento viene generalmente assunto a rappresentare il regime idrologico o flu-

viale del corso d‟acqua nella sezione considerata: regime alpino (o glaciale), regime appennini-

co e suoi sottogruppi (a bacino permeabile o impermeabile). Nel caso in esame non disponendo

di tali misurazioni idrometriche dirette si è cercato di definire la forma della curva di durata re-

lativa alle portate medie giornaliere defluenti attraverso la sezione di sbarramento ipotizzando

che la curva abbia la stessa forma della curva delle durate relativa ad una stazione di idrometrica

riferimento.

18 La scelta è stata suggerita dal fatto che tutti i componenti dell‟impianto hanno una correlazione più o meno diretta con questo

parametro (si pensi alle perdite di carico che sono fortemente influenzate dalla relazione tra portata e diametro delle tubazioni; si

pensi alle dimensioni del dissabbiatore, dei canali di derivazione, delle turbine e del canale di scarico che sono sempre legate alla

massima portata derivabile). Quindi in definitiva la produzione e la potenza installata (dipendenti dalle portate e dal salto) ed il costo

(dipendente dalle dimensioni dell‟impianto) sono necessariamente variabili in funzione della portata massima derivabile. 19

La scelta di questo tipo di parametro per valutare la redditività dell‟impianto, inoltre, è stata suffragata dalle numerose analisi

costi/benefici eseguite in diversi paesi europei su impianti con dimensioni da 1 MW a 100 MW di potenza installata.

106

Figura 83: Carte topografiche da elaborazione GIS del Bacino del Paglia con in evidenzia il Bacino del Senna (sinistra)

e del Bacino del Chiascio con in evidenza il Bacino del Tescio (destra)

107

Tabella 19: Coefficienti di forma e di deflusso con pioggia media annua del bacino del Chiascio e portata media annua disponibile

Tabella 20: Coefficiente di forma e di deflusso con pioggia media annua del bacino del Paglia e portata media annua disponibile

Tabella 21: Portate medie annue e mensili per la costruzione della curva di durata per i due Bacini idrografici

CHIASCIO Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Tot

Coeff. Forma 0,8 0,9 0,9 1,2 1,0 0,9 0,5 0,8 1,1 1,2 1,5 1,2 #

Coeff. Deflusso 0,51 0,56 0,54 0,39 0,33 0,25 0,26 0,16 0,15 0,21 0,26 0,45 # C. deflus

Pioggia netta bacino[mm] 42 52 50 44 32 22 13 12 16 24 37 52 395 0,338 0,527 m3/s

PAGLIA Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Tot

Coeff. Forma 1,0 1,0 0,9 1,0 0,9 0,7 0,4 0,6 1,1 1,5 1,6 1,2 #

Coeff. Deflusso 0,38 0,44 0,49 0,37 0,21 0,14 0,13 0,08 0,10 0,12 0,24 0,38 # C. deflus

Pioggia netta bacino [mm] 37 44 44 37 19 9 5 5 11 18 37 43 308 0,264 0,235 m3/s

Bacino di

riferimento

(m3/s)

Coefficiente

di Durata

Bacino

CHIASCIO

(m3/s)

Giorni

22,20 m3/s

0,527 m3/s

10 99,70 4,49 2,365

30 57,60 2,59 1,366

60 34,40 1,55 0,816

91 24,20 1,09 0,574

135 16,40 0,74 0,389

182 11,60 0,52 0,275

274 7,30 0,33 0,173

355 3,33 0,15 0,079

Bacino di

riferimento

(m3/s)

Coefficiente

di durata

Bacino

PAGLIA

(m3/s)

Giorni

11,90 m3/s

0,235 m3/s

10 69,70 5,86 1,375

30 31,90 2,68 0,629

60 18,10 1,52 0,357

91 11,80 0,99 0,233

135 7,12 0,60 0,140

182 4,34 0,36 0,086

274 1,76 0,15 0,035

355 0,54 0,05 0,011

108

0,000

0,200

0,400

0,600

0,800

1,000

1,200

1,400

1,600

0 30 60 90 120 150 180 210 240 270 300 330 360 390

Po

rtata

Baci

no

[m

3/s

]

Giorni

Curva di durata Chiascio

Per ricostruire la curva di durata relativa al bacino in esame è stata inizialmente adimen-

sionalizzata la curva delle durate di riferimento calcolando il rapporto tra la portata media men-

sile ( ) e la portata media annua ( ), una volta noto il rapporto

per ogni durata t e

conoscendo la portata media annua , pari a 0,527 m3/s per il Chiascio e 0,235 m

3/s per il

Bacino del Paglia, relativa alla sezione di derivazione, è stato possibile valutare la corrispon-

dente ad ogni durata t, e tracciare, quindi, la curva di durata delle portate medie giornaliere de-

fluenti nella sezione di progetto.

0,000

0,100

0,200

0,300

0,400

0,500

0,600

0,700

0 30 60 90 120 150 180 210 240 270 300 330 360 390

Po

rtate

Baci

no

[m

3/s

]

Giorni

Curva di durata Paglia

Figura 84: Curva di durata del Bacino del Chiascio

Figura 85: Curva di durata del Bacino del Paglia

109

Quanto ottenuto non è ancora la portata utile ai fini energetici perché la vigente normativa

prevede il rilascio nel fiume di una quantità d‟acqua per la salvaguardia degli ecosistemi naturali

a valle delle opere di derivazione ossia, bisogna garantire il Deflusso Minimo Vitale. Questa

portata è stata calcolata pari a 2 l/s 20

per km2. Calcolato il DMV, la Curva di durata “effettiva”,

utile ai fini energetici, è stata calcolata sottraendo ai valori delle portate naturali il valore di de-

flusso ambientale e discretizzando i valori di portata in intervalli regolari di 30gg. I valori

ottenuti sono stati riassunti in Tabella 22 in cui la colonna “Days” contiene i valori dei giorni

della durata, “Natural discharge” i valori di portata naturale defluente nei fiumi, “Available di-

scharge” i valori di portata disponibile per la produzione, ossia sottratta del rilascio ambientale.

Tabella 22: Portate naturale ed effettive per entrambi i Bacini idrografici

Mantenendo una portata minima vitale di 60 l/s per il fiume Senna e 105 l/s per il fiume

Tescio si prevedono 160 giorni di funzionamento in un anno per il Senna e 245 per il Tescio.

5.3 Schema Funzionale degli Impianti

L‟impianto per la produzione di energia elettrica è per entrambi i Torrenti ad acqua fluen-

te sviluppato lungo il torrente stesso. Per il fiume Senna, la quota di derivazione è circa 364 m

20 Questo valore è in bibliografia un valore di riferimento che viene usato quando non esistono studi specifici di caratterizzazione

ambientale dei fiumi ed analisi sulla specifica fauna acquatica anche perché il metodo proposto dall‟Autorità di Bacino del Tevere

non è ufficializzato e quindi non usato.

BACINO PAGLIA BACINO CHIASCIO

Days Discharge

[m3/s]

Available

[m3/s]

Discharge

[m3/s]

Available

[m3/s]

10 0,68 0,618 1,25 1,141

30 0,53 0,474 1,06 0,956

60 0,37 0,314 0,83 0,728

90 0,26 0,202 0,65 0,549

120 0,18 0,124 0,51 0,409

150 0,13 0,069 0,40 0,299

180 0,09 0,030 0,32 0,212

210 0,06 0,003 0,25 0,144

240 0,04 -0,016 0,20 0,091

270 0,03 -0,029 0,15 0,049

300 0,02 -0,038 0,12 0,016

330 0,02 -0,045 0,09 -0,010

365 0,01 -0,050 0,07 -0,033

110

s.l.m. e quella di restituzione a quota 340 m s.l.m.; per il Tescio, la quota di derivazione è circa

340 m s.l.m. e quella di restituzione a quota 292 m s.l.m.. Il manufatto di derivazione è costitui-

to da una piccola opera di sbarramento, detta traversa21, e da un‟opera di presa realizzata sulla

sponda sinistra di detto sbarramento per il Senna e sulla sponda destra per il Tescio. I manufatti

descritti sono stati dimensionati per derivare per il Senna una portata pari a 510 l/s, corrispon-

dente alla portata che dura mediamente 25 gg all‟anno e ad una portata media annua di 120 l/s,

consentendo in ogni caso un deflusso minimo vitale pari a 60 l/s; per il Tescio una portata pari a

800 l/s, corrispondente alla portata che dura mediamente 50 gg all‟anno e ad una portata media

annua di 300 l/s, consentendo in ogni caso un DMV pari a 105 l/s.

Le opere di presa sono costituite da due vasche di dissabbiamento e da una camera di ca-

rico della condotta di adduzione; l„acqua attraverso una bocca a battente, corredata da uno sgri-

gliatore oleodinamico, si immette in una vasca di calma dove deposita il materiale solido gros-

solano che inevitabilmente porta con se. Dalla prima vasca l‟acqua sfiora nel dissabbiatore dove

deposita il materiale più fine, il dissabbiatore è stato dimensionato per far depositare particelle

di dimensioni pari a 0,5 mm. Un altro sfioro immette l‟acqua, ormai priva di materiale trasporta-

to in sospensione, nella camera di carico della condotta di adduzione che conduce la portata de-

rivata alla centrale.

La portata derivata viene convogliata tramite un canale di derivazione in PRFV (Vetrore-

sina rinforzata con fibre di vetro), di diametro DN 600 e lunghezza pari a 1150 m per il Senna,

di diametro DN 800 e lunghezza22

pari a 2100 m per il Tescio, in un manufatto di interconnes-

sione tra condotta forzata e pozzo piezometrico23

. Le condotte, interrate ad una profondità di

circa 2 m dal piano campagna, saranno posate in asse con la pista di servizio di nuova realizza-

zione mentre il pozzo piezometrico è alimentato da una tubazione di acciaio DN 600 e DN 800

rispettivamente per i due fiumi che si sviluppa a partire dalla interconnessione tra condotta for-

zata e condotta di adduzione e termina in corrispondenza della vasca di espansione del pozzo.

La vasca verrà realizzata in calcestruzzo armato ed avrà capacità utile pari a circa 10 m3. A par-

21 La traversa viene realizzata per creare un innalzamento del livello idrico nel fiume in modo da potere derivare con facilità l„acqua

che in esso defluisce ed in modo da poter stabilizzare il livello dell‟acqua rendendolo indipendente dalle variazioni di portata per

disporre di una quota costante di derivazione. 22 Nel realizzare un impianto si cerca di massimizzare il salto disponibile facendo percorrere alla condotta forzata, nei limiti delle

possibilità del terreno da attraversare (l‟impianto deve essere necessariamente accessibile), il tracciato più breve che renda minime

le perdite di carico; questa è la ragione per cui la lunghezza delle condotte non sempre si avvicina a quella della lunghezza fluviale

considerata; se a questo fattore si aggiunge l‟errore di DEM che è uno strumento fallace, si raggiungono lunghezze molto diverse

come nel caso in esame. 23

Il pozzo piezometrico, collocato in corrispondenza dell‟interconnessione tra condotta di avvicinamento e forzata, assolve il com-

pito di proteggere dai fenomeni di moto vario, detti “colpi d‟ariete” la condotta di avvicinamento situata a monte del manufatto.

111

tire dal manufatto di interconnessione si svilupperà la condotta forzata costituita da una tubazio-

ne in acciaio, di qualità Fe510B (S355JR) e con rivestimento interno in resine epossidiche ed

esterno bituminoso pesante, di diametro DN 600 e lunghezza pari a L = 180 m per il Senna e di

diametro DN 800 e lunghezza pari a L=50 m per il Tescio, che assicurerà il carico idraulico alla

centrale posta sulla sponda sinistra del Torrente. L‟edificio della centrale, di dimensioni pari a

circa 100 mq, sarà costituito da un locale macchine, dove saranno alloggiate le apparecchiature

elettromeccaniche, da un locale quadri, contenente tutte le apparecchiature elettriche (quadri,

sistemi di protezione, etc) ed il sistema di telecontrollo. Al di sotto della centrale verrà realizza-

to il canale di scarico delle portate turbinate, detto canale, realizzato in calcestruzzo, sarà posi-

zionato ad una quota superiore alla massima piena del torrente in modo da impedire il rigurgito

delle portate all‟interno del canale stesso.

Gli impianti idroelettrici così configurati sono caratterizzati da una Potenza nominale pari

a 35 kW per l‟impianto sul Senna e 177 kW per quello sul Tescio, definite come:

Eq. 5.1 – Potenza nominale dell’impianto

dove:

è il salto nominale (24 m per il Senna e 48 m per il Tescio);

è la portata media annua derivabile (150 l/s per il Senna e 370 l/s per il Tescio);

è l‟accelerazione di gravità.

La potenza installata, ossia la massima potenza erogabile dall‟impianto, è di 89 kW per

l‟impianto sul Senna e 321 kW per quello sul Tescio, definite come:

Eq. 5.2 – Potenza installata sull’impianto

dove:

è la portata massima derivabile (510 l/s per il Senna e 800 l/s per il Tescio);

è il rendimento medio annuo (88,2% per il Senna e 89,3% per il Tescio) dei gruppi di produ-

zione che erogano rispettivamente le seguenti potenze di 59 kW e 30 kW (due turbine sul Sen-

na) e 214 kW e 107 kW (due turbine sul Tescio).

La produzione media annua attesa dell‟impianto è definita da:

112

Eq. 5.3 – Produzione media annua dell’impianto

dove sono le ore di funzionamento nell‟anno dell‟impianto (160 giorni di funziona-

mento per l‟impianto sul Senna e 245 per quello sul Tescio), quindi la produzione media annua

sarà pari a 168.427 kWh per il Senna e di 995.721 kWh per il Tescio.

5.4 Dimensionamento Impianto

Nei seguenti paragrafi verranno sinteticamente descritte le metodologie di calcolo adotta-

te per il dimensionamento dei componenti dell‟impianto (dalle condotte di adduzione fino al

tratto terminale della condotta forzata che arriva in centrale) le cui dimensioni sono influenzate

dalla variazione della portata derivata e che comportano una variazione consistente nel costo di

realizzazione dell‟impianto.

Verranno descritte le formule generali di calcolo idraulico per il dimensionamento dei

componenti dell‟impianto solo al fine di evidenziare la correlazione esistente tra la portata mas-

sima derivata e le dimensioni degli stessi componenti. Inoltre verranno descritte le scelte proget-

tuali adottate nel dimensionamento dei componenti per ridurre al minimo le perdite di carico e

quindi per massimizzare l‟energia prodotta e la potenza installata delle turbine idrauliche.

5.4.1 Calcolo del Diametro delle Tubazioni

La scelta dei diametri delle tubazioni è stata effettuata con il criterio di ridurre al minimo

le perdite di carico e quindi per massimizzare l‟energia prodotta e la potenza installata delle tur-

bine idrauliche. In questo caso bisogna però tenere in considerazione alcuni ulteriori fattori che

influiscono in maniera decisiva sulla scelta del diametro della tubazione; infatti, se

all‟aumentare del diametro diminuiscono le perdite di carico è anche vero che aumentano note-

volmente le quantità di acciaio e le difficoltà di realizzazione di tubazioni di diametri molto

grandi, quindi i costi relativi alla realizzazione delle tubazioni stesse. Per contenere i costi delle

tubazioni e per ridurre a valori accettabili le perdite di carico è stato adottato il criterio di conte-

nere la velocità all‟interno della condotta a valori inferiori a 2,0

; questa scelta in impianti già

realizzati si è dimostrata quella economicamente più vantaggiosa. Il calcolo del diametro delle

tubazioni è stato quindi effettuato utilizzando la nota Formula del moto uniforme di Chezy (Ste-

ady Flow):

113

Eq. 5.4 – Velocità media dell’acqua

Eq. 5.5 – Portata transitante

Eq. 5.6 – Coefficiente di scabrezza della sezione fluviale

dove:

è la portata transitante in

;

è il raggio idraulico in definito come

;

è la pendenza del pelo libero dell‟acqua (nel moto uniforme è la pendenza del fondo);

è la velocità media dell‟acqua in

;

è il coefficiente di scabrezza della sezione fluviale;

è la scabrezza di Strickler pari a

.

Combinando le tre formula sopra riportate ed imponendo che la velocità dell‟acqua non sia

maggiore di 2,0

, si otterrà il diametro teorico della tubazione; confrontando questo valore con

i diametri che vengono commercialmente realizzati viene univocamente definito il diametro ot-

timale per ogni portata di progetto.

Per il calcolo del diametro della galleria è stata ipotizzata la realizzazione di una sola gal-

leria indipendentemente dalla portata d‟acqua transitante perché, a differenza delle tubazioni,

aumentando il diametro della galleria, il costo specifico rapportato al diametro stesso decresce.

Per la scelta del diametro ottimale della galleria è stato sempre utilizzato il criterio adottato per

le tubazioni ossia velocità interna minore di 2,0

.

5.4.2 Scelta e Dimensionamento delle turbine

Come riportato nel Capitolo 3, la scelta della Turbina idraulica da installare in un impian-

to idroelettrico è influenzata dal salto a disposizione e dalla portata massima derivata .

Per ognuno degli impianti previsti dal presente progetto, in base alle catratteristiche di salto e

portata, sono state scelte due turbine Kplan per entrambi gli impianti in progetto. L‟analisi per il

dimensionamento delle turbine è stata svolta prendendo in esame tre scenari caratterizzati da tre

turbine nominate “1”, “2”, “3”. La scelta di più di una turbina comporta che, a parità di portata

114

massima dell‟impianto, la portata specifica di ogni turbina sarà inferiore allo scenario con una

sola turbina garantendo quindi il funzionamento a buoni rendimenti anche per le portate minime

del fiume, ossia nei mesi estivi dove il fiume è in magra.

Nell‟analisi svolta per la scelta del numero di turbine da installare, nell‟ottica di ottimiz-

zare la produzione, è stata imposta una regola di gestione delle turbine, Turbine’s Management

Rules al fine di garantire il funzionamento nelle migliori condizioni delle turbine installate. Tale

regola di gestione impone il fermo di una turbina quando scende al di sotto di un certo livello di

funzionamento per cui, nel caso di una sola turbina, l‟impianto si fermerà perché al di sotto di

un certo livello di funzionamento le perdite energetiche ed il costo di gestione sono maggiori dei

benefici ottenuti dalla produzione. Se si utilizzano due o più turbine, quando una macchina, par-

tendo da quella di dimensioni maggiori, scende al di sotto del 30% del livello di funzionamento,

si ferma e si attiva la seconda turbina finché non arriva anch‟essa alla soglia del 30% del livello

di funzionamento, e si procede fino alla turbina più piccola che quando arriva alla sua soglia del

30% di funzionamento l‟impianto si fermerà. In questo caso con più di una turbina, ovviamente,

ogni macchina avrà la capacità di scendere al di sotto del livello massimo di funzionamento del-

la turbina successiva in modo che in caso di guasto di una macchina le perdite di produzione

dovute al fermo siano minime.

Alla luce della regola di gestione adottata è stato necessario anche creare una ripartizione

delle portate, e quindi delle potenze, in modo da garantire che le macchine in funzione siano

sempre in condizioni di avere un rendimento buono. Per garantire questo livello di funziona-

mento è stata scelta una ripartizione delle portate tra le turbine come di seguito riportato:

Tabella 23: Ripartizione nelle tre turbine della portata massima derivata

n° turbina Livello massimo

funzionamento

Livello minimo di

funzionamento

n° 1 turbina 1a turbina 100,0% 30,0%

n° 2 turbine 1

a turbina 66,6% 22,2%

2a turbina 33,3% 11,1%

n° 3 turbine

1a turbina 50,0% 16,6%

2a turbina 33,3% 11,1%

3a turbina 16,6% 5,5%

dove è la massima portata derivabile dall‟impianto.

La potenza installata, ossia la massima potenza erogabile da una turbina, è definita come:

115

Eq. 5.7 – Potenza installata sull’impianto

dove:

è il salto netto in ;

è la massima portata derivabile (510 l/s per il Senna e 800 l/s per il Tescio);

è l‟accelerazione di gravità pari a

;

è il rendimento massimo della turbina (88,2% per il Senna e 89,3% per il Tescio).

5.5 Calcolo della Produzione Media Annua

Per ognugno degli impianti progettati viene valutata la produzione media annua

applicando alle curve di durata sopra riportate le regole di gestione presentate nel paragrafo

precedente. Nelle tabelle specifiche di seguito riportate sono riassunti i risultati del calcolo delle

portate utilizzate da ogni turbina, il livello di funzionamento, il rendimento delle macchine e la

produzione relativa agli intervalli regolari di 5 gg in cui è stata scomposta la curva delle durate.

La discretizzazione della curva di durata è stata effettuata in modo da ottenere intervalli di inte-

grazione abbastanza piccoli per il calcolo della produzione e ridurre al minimo le approssima-

zioni del calcolo.

Nella prime due colonne sono riportati rispettivamente i valori delle durate e delle porta-

te disponibili, mentre nelle successive colonne sono riportati rispettivamente:

: Portata utilizzata dalla prima turbina

: livello di funzionamento della prima turbina

Rend1: rendimento della prima turbina per il livello di funzionamento

Prod1: produzione attesa per l‟intervallo temporale e il rendimento.

Le successive quattro colonne riportano i valori relativi alla seconda. Come precedentemente

specificato la portata massima derivata viene ripartita tra le turbine come riportato in Tabella 23.

Dall‟analisi dei risultati delle simulazioni, contenuti nelle tabella, è possibile notare come

la regola di gestione vada ad influenzare l‟attivazione delle macchine, infatti per le portate fino

ad una certa durata vengono tenute in funzione tutte le macchine perché la portata disponibile

permette di produrre ad tutte le macchine con un buon rendimento. Dopo, la seconda e terza

116

macchina si fermano per lasciar produrre la macchina più potente con buoni rendimenti fino al

livello minimo di funzionamento imposto al 50%. Dopo questo giorno si riattivano le altre tur-

bine fino alle portate minime dell‟anno. Lo schema di calcolo della produzione mostra come le

regole di gestione delle turbine consentano di funzionare l‟impianto per la maggior parte

dell‟anno riducendo al minimo i periodi di impianto fermo, in modo da sfruttare al massimo le

potenzialità idriche del fiume.

Tabella 24: Tabella riassuntiva della produzione delle due turbine dell’impianto sul Senna

SENNA TURBINA 1 TURBINA 2

Days Discharge

[m3/s]

[m3/s]

%

Rend1

%

Prod1

[kWh]

[m3/s]

% Rend2

Prod2

[kWh]

5 0,66 0,35 100 91,00 7.044 0,17 100 91,00 3.522

10 0,62 0,35 100 91,00 7.044 0,17 100 91,00 3.522

15 0,58 0,35 100 91,00 7.044 0,17 100 91,00 3.522

20 0,54 0,35 100 91,00 7.044 0,17 100 91,00 3.522

25 0,51 0,35 100 91,00 7.044 0,16 93 91,58 3.281

30 0,47 0,35 100 91,00 7.044 0,13 74 91,56 2.613

35 0,44 0,28 80 91,80 5.685 0,17 96 91,35 3.393

40 0,41 0,28 80 91,80 5.685 0,14 79 91,78 2.814

45 0,39 0,28 80 91,80 5.685 0,11 63 90,65 2.226

50 0,36 0,28 80 91,80 5.685 0,00 0 0,00 0

55 0,34 0,34 97 91,25 6.871 0,00 0 0,00 0

60 0,31 0,31 91 91,67 6.434 0,00 0 0,00 0

65 0,29 0,29 84 91,83 6.003 0,00 0 0,00 0

70 0,27 0,27 79 91,77 5.582 0,00 0 0,00 0

75 0,25 0,25 73 91,52 5.176 0,00 0 0,00 0

80 0,24 0,24 68 91,11 4.786 0,00 0 0,00 0

85 0,22 0,22 63 90,59 4.414 0,00 0 0,00 0

90 0,20 0,20 58 89,96 4.061 0,00 0 0,00 0

95 0,19 0,19 54 89,25 3.728 0,00 0 0,00 0

100 0,17 0,00 0 0,00 0 0,17 100 91,03 3.513

105 0,16 0,00 0 0,00 0 0,16 92 91,61 3.261

110 0,15 0,00 0 0,00 0 0,15 85 91,83 3.010

115 0,13 0,00 0 0,00 0 0,13 78 91,74 2.763

120 0,12 0,00 0 0,00 0 0,12 71 91,40 2.523

125 0,11 0,00 0 0,00 0 0,11 65 90,85 2.293

130 0,10 0,00 0 0,00 0 0,10 59 90,13 2.074

135 0,09 0,00 0 0,00 0 0,09 54 89,26 1.867

140 0,08 0,00 0 0,00 0 0,08 49 88,28 1.672

145 0,08 0,00 0 0,00 0 0,08 44 87,22 1.490

150 0,07 0,00 0 0,00 0 0,07 40 86,09 1.319

155 0,06 0,00 0 0,00 0 0,06 35 84,92 1.161

160 0,05 0,00 0 0,00 0 0,05 31 83,71 1.013

165 0,05 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

Tabella 25: Tabella riassuntiva della produzione delle tre turbine dell’impianto sul Tescio

TESCIO TURBINA 1 TURBINA 2

Days Discharge

[m3/s]

[m3/s]

%

Rend1

%

Prod1

[kWh]

[m3/s]

% Rend2

Prod2

[kWh]

5 1,19 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

10 1,14 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

15 1,09 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

20 1,04 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

25 1,00 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

30 0,96 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

35 0,91 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

40 0,87 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

45 0,84 0,55 100 91,00 25.469 0,27 100 91,00 12.734

50 0,80 0,55 100 91,00 25.469 0,25 92 91,61 11.786

55 0,76 0,55 100 91,00 25.469 0,22 79 91,77 10.133

60 0,73 0,55 100 91,00 25.469 0,18 66 90,97 8.451

65 0,70 0,44 80 91,80 20.554 0,26 94 91,47 12.078

70 0,66 0,44 80 91,80 20.554 0,23 83 91,83 10.642

75 0,63 0,44 80 91,80 20.554 0,20 72 91,43 9.176

80 0,60 0,44 80 91,80 20.554 0,17 61 90,34 7.720

85 0,58 0,44 80 91,80 20.554 0,14 51 88,66 6.306

90 0,55 0,44 80 91,80 20.554 0,00 0 0,00 0

95 0,52 0,52 96 91,37 24.491 0,00 0 0,00 0

100 0,50 0,50 91 91,65 23.402 0,00 0 0,00 0

105 0,47 0,47 87 91,80 22.321 0,00 0 0,00 0

110 0,45 0,45 83 91,83 21.254 0,00 0 0,00 0

115 0,43 0,43 79 91,77 20.206 0,00 0 0,00 0

120 0,41 0,41 75 91,62 19.183 0,00 0 0,00 0

125 0,39 0,39 71 91,38 18.186 0,00 0 0,00 0

130 0,37 0,37 68 91,09 17.218 0,00 0 0,00 0

135 0,35 0,35 64 90,73 16.281 0,00 0 0,00 0

140 0,33 0,33 61 90,31 15.376 0,00 0 0,00 0

145 0,32 0,32 58 89,86 14.504 0,00 0 0,00 0

150 0,30 0,30 55 89,36 13.666 0,00 0 0,00 0

155 0,28 0,28 52 88,84 12.861 0,00 0 0,00 0

160 0,27 0,00 0 0,00 0 0,27 98 91,20 12.489

165 0,25 0,00 0 0,00 0 0,25 92 91,58 11.852

170 0,24 0,00 0 0,00 0 0,24 87 91,79 11.215

175 0,23 0,00 0 0,00 0 0,23 82 91,83 10.583

180 0,21 0,00 0 0,00 0 0,21 78 91,73 9.961

185 0,20 0,00 0 0,00 0 0,20 73 91,51 9.351

190 0,19 0,00 0 0,00 0 0,19 69 91,18 8.756

195 0,18 0,00 0 0,00 0 0,18 64 90,76 8.179

200 0,16 0,00 0 0,00 0 0,16 60 90,25 7.621

205 0,15 0,00 0 0,00 0 0,15 56 89,66 7.083

210 0,14 0,00 0 0,00 0 0,14 53 89,02 6.565

215 0,13 0,00 0 0,00 0 0,13 49 88,32 6.069

220 0,12 0,00 0 0,00 0 0,12 46 87,57 5.595

225 0,12 0,00 0 0,00 0 0,12 42 86,79 5.142

230 0,11 0,00 0 0,00 0 0,11 39 85,98 4.711

118

Days Discharge

[m3/s]

[m3/s]

%

Rend1

%

Prod1

[kWh]

[m3/s]

% Rend2

Prod2

[kWh]

235 0,10 0,00 0 0,00 0 0,10 36 85,14 4.300

240 0,09 0,00 0 0,00 0 0,09 33 84,28 3.910

245 0,08 0,00 0 0,00 0 0,08 30 83,41 3.540

250 0,08 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

255 0,07 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

260 0,06 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

265 0,05 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

270 0,05 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

275 0,04 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

280 0,04 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

285 0,03 0,00 0 0,00 0 0,00 0 0,00 0

5.6 Preventivo di Spesa

Il calcolo del costo di realizzazione di ognuno degli scenari analizzati è stato effettuato

prendendo in considerazione i prezzi di mercato attualmente in uso. La quantità dei lavori da ese-

guire sono stati calcolati in base alle specifiche caratteristiche di ogni simulazione effettuata fa-

cendo variare la portata massima derivabile, e quindi facendo variare le dimensioni di tutte le o-

pere connesse con il trasporto dell‟acqua, quali canali di derivazione, tubazioni del sifone, nume-

ro e diametro delle condotte forzate, diametro della galleria e dimensioni della centrale.

Per quanto riguarda le condotte il calcolo del costo è stato effettuato sulle effettive quantità

di acciaio necessarie per le tubazioni tenendo in considerazione le pressioni massime di esercizio

e le sovrappressioni dovute alle manovre in centrale, perché al variare della pressione deve neces-

sariamente variare lo spessore delle tubazioni, quindi il costo di realizzazione. Per l‟installazione

delle condotte è stata prevista la realizzazione di una platea di base e di selle di appoggio, in ce-

mento armato, per l‟appoggio delle condotte al fine di semplificare le operazioni di posa delle tu-

bazioni e consentire un facile accesso alle stesse in caso di manutenzione.

Per quanto riguarda la voce relativa alle apparecchiature elettromeccaniche (turbines) è sta-

ta calcolata considerando il costo relativo alla realizzazione della turbina idraulica, del generatore,

della valvola di sicurezza, dei quadri di potenza e del sistema di telegestione e telecontrollo per la

regolazione e supervisione del funzionamento della turbina. Il calcolo del costo delle apparecchia-

ture elettromeccaniche è stato effettuato tenendo in considerazione la tipologia della turbina e la

potenza installata, inoltre è stata tenuta in considerazione la variabilità del numero di turbine da

installare in centrale, in quanto a parità di potenza massima erogata l‟installazione di più di una

turbina comporta un numero maggiore di apparecchiature di regolazione, di quadri di controllo e

119

di tutte le strumentazioni necessarie al corretto funzionamento delle stesse, e quindi comporta ne-

cessariamente un costo maggiore. Anche per la centrale i criteri di dimensionamento sono stret-

tamente legati al numero ed alla dimensione delle turbine dato che con questi parametri varia la

dimensione del canale di scarico, lo spazio necessario per l‟alloggiamento dei quadri di potenza e

le dimensioni del blocco di ancoraggio delle turbine.

Tabella 26: Tabella riassuntiva delle spese associate ai due impianti

PREVENTIVO SPESA IMPIANTO SENNA IMPIANTO TESCIO

Descrizione n° 1 n° 2 n° 1 n° 2

Allestimento cantiere € 5.907 € 8.435

TOTALE Allestimento cantiere € 5.907 € 8.435

Opere di presa

Opera di presa € 125.958 € 0 € 87.317 € 0

TOTALE Opere di presa € 125.958 € 87.317

Condotte di avvicinamento

Apertura piste condotte in pressione € 83.413 € 0 € 152.320 € 0

Opere di regimazione/bonifica e attraversamenti/interferenze

€ 57.500 € 0 € 63.000 € 0

Fornitura tubazioni € 93.543 € 0 € 250.532 € 0

Posa in opera tubazioni € 40.250 € 0 € 52.500 € 0

Saldature tubazioni € 19.259 € 0 € 46.891 € 0

TOTALE Condotte di avvicinamento € 293.965 € 565.243

Condotte forzate

Apertura piste condotte forzate € 0 € 18.644 € 0 € 5.179

Opere di regimazione/bonifica e attraversamenti/interferenze

€ 0 € 1.620 € 0 € 600

Fornitura tubazioni € 0 € 20.025 € 0 € 8.526

Posa in opera tubazioni € 0 € 16.416 € 0 € 5.530

Saldature tubazioni € 0 € 3.014 € 0 € 1.116

Galleria € 0

€ 0

TOTALE Condotte forzate € 59.719 € 20.951

Turbine € 155.413 € 133.700 € 225.531 € 176.000

TOTALE Turbine € 289.113 € 425.293

Strumentazioni e pezzi speciali € 16.825 € 2.054 € 25.012 € 789

TOTALE Strumentazioni e pezzi speciali € 18.879 € 25.801

Centrale € 96.744 € 128.053

Elettrodotto € 57.000 € 85.000

Strade di accesso € 0 € 0

Espropri ed occupazione temporanea € 26.094 € 29.780

Ingegneria (6%) € 47.258 € 67.476

TOTALE € 1.020.638 € 1.443.333

120

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0 9,5 10,0

Qm

ax

rea

le

Costo specifico del kWh

Simulazioni impianto Senna Nr 1 Turbine Nr 2 TurbinesNr 3 Turbines

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

1,10

1,20

1,35 1,40 1,45 1,50 1,55 1,60 1,65 1,70 1,75 1,80

Qm

ax r

eale

Costo specifico del kWh

Simulazioni impianto Tescio Nr 1 Turbine Nr 2 Turbines

Nr 3 Turbines

Il numero di simulazioni effettuato è dipeso da due fattori principali: la discretizzazione

dell‟intervallo di portata ed il numero massimo di turbine potenzialmente installabili; quindi sono

state eseguite 30 simulazioni per entrambi gli impianti in progetto. Il termine di confronto per ve-

rificare la redditività dell‟impianto, come detto, è un parametro definito come il rapporto tra il co-

sto di investimento iniziale e la produttività media annua dell‟impianto, espresso in

.

Figura 86: Schematizzazione riassuntiva del costo specifico del kWh

per l'impianto sul Torrente Senna (sopra) e sul Tescio (sotto)

Tabella 27: Tabella riassuntiva con le caratteristiche dei due impianti in progetto

Dati generali Nome impianto SENNA TESCIO

Bacino idrografico Paglia Chiascio

Sottobacino idrografico Senna Tescio

Tipologia impianto Acqua fluente Acqua fluente

Dati geomorfologici Area sottesa bacino (km2) 24,00 42,00

Lunghezza asta principale bacino (km) 6,80 9,00

Lunghezza fluviale tra presa e restituzione bacino (km) 0,95 1,70

Quota massima bacino (m slm) 1041 1286

Quota minima bacino (m slm) 364 340

Quota media bacino (m slm) 689 635

Bacino sotteso totale (km2) 24,00 42,00

Quota massima bacini (m slm) 1041 1286

Quota minima bacini (m slm) 364 340

Dati idrologici Afflusso meteorico annuo bacino (mm) 1169 1168

Volume afflussi bacino (m3) 28.064.008 49.071.299

Coefficiente di deflusso medio annuo 0,26 0,34

Portata media annua naturale bacino (m3/s) 0,17 0,40

Portata media derivata bacino (m3/s) 0,15 0,37

Portata massima derivata bacino (m3/s) 0,51 0,80

DMV bacino (m3/s) 0,06 0,11

Dati progetto Quota opera di presa (m slm) 364 340

Numero tubazioni condotta adduzione 1 1

Diametro tubazioni condotta adduzione (mm) 600 800

Lunghezza condotta adduzione (m) 1150 2100

Numero tubazioni condotta forzata 1 1

Diametro condotta (mm) 600 800

Lunghezza condotte (m) 180 50

Massima pressione di esercizio (bar) 2,40 4,80

Quota restituzione (m slm) 340 292

Dati macchinari Salto lordo (m) 24,00 48,00

Perdite quota canali (m) 4,55 4,44

Perdite carico condotte (m) 0,48 0,07

Salto netto (m) 18,97 43,49

Numero turbine 2 2

Tipologia turbine Kaplan Kaplan

Portata massima turbina n°1 (m3/s) 0,34 0,53

Portata massima turbina n°2 (m3/s) 0,17 0,27

portata massima turbina n°3 (m3/s) 0,00 0,00

Potenza installata turbina n°1 (kW) 59 214

Potenza installata turbina n°2 (kW) 30 107

Potenza installata turbina n°3 (kW) - -

Potenza installata totale (kW) 89 321

Produzione Produzione media annua (kWh/anno) 168.427 995.721

Giorni di funzionamento (gg) 160 245

Rendimento medio annuo dei gruppi di produzione (%) 88,2% 89,3%

Rendimento medio annuo impianto (%) 64,4% 72,6%

Coefficiente utilizzazione risorse idriche (%) 68,1% 68,1%

Conclusioni

Dati gli ultimi sviluppi in termini di domanda e offerta di energia, è necessario reimpostare

il settore energetico spostando la produzione di energia elettrica da fonti fossili a fonti rinnovabili.

Purtroppo però, non si può prescindere dai combustibili tradizionali in breve tempo quindi il pas-

saggio deve essere graduale. In questo contesto, l‟energia idroelettrica prende peso soprattutto in

un Paese come l‟Italia che ha sempre fatto uso della risorsa idrica tanto da produrre il 70%

dell‟energia da fonte rinnovabile proprio dall‟acqua. C‟è però un limite perché i grandi dislivelli

disponibili nel nostro Paese sono stati già ampiamente sfruttati, tanto che le percentuali di energia

idroelettrica rispetto all‟energia da fonti rinnovabili scendono anno dopo anno. Unica possibilità

di miglioramento quindi, ricade nella realizzazione di piccoli impianti idroelettrici che lavorano

con portate minime (anche 1 l/s) e dislivelli limitati.

Fatta questa premessa, il presente lavoro ha proposto un parametro di riferimento attraverso

cui individuare a priori una risorsa idraulica che valga la pena sfruttare da un punto di vista ener-

getico. Lo studio ha come base gli indici di sfruttamento energetico IS e di residualità IR introdotti

nel 3° Congresso Nazionale AIGE nel 2009; indici che, come spiegato nel Capitolo 4, permettono

una prima valutazione del potenziale energetico di un Bacino idrografico attraverso il rapporto

della producibilità effettiva e quella teorica. Nel presente lavoro sono stati calcolati questi indici

per il Bacino del Tevere e l‟indagine si è concentrata sui suoi sub-bacini meno sfruttati quali il

Bacino del Paglia e Il Bacino del Chiascio. I risultati ottenuti sono stati riassunti nelle Tabelle 17

e 18. E‟ stata fatta una suddivisione preliminare in base ai due Bacini e successivamente sono sta-

ti analizzati i singoli affluenti. Per ognuno di questi sono stati riportati in Tabella solo i punti più

energeticamente validi con le principali caratteristiche: salto utile, portata disponibile e lunghezza

dell‟asta fluviale. Per ogni punto è stato calcolata potenza installabile e l‟energia producibile con-

siderando 6000 ore di funzionamento in un anno (il 30% dell‟anno l‟impianto non funziona per

manutenzione e interruzioni straordinarie). Delle Tabelle 17 e 18, importante è il potenziale ener-

getico della risorsa calcolato come il rapporto tra energia producibile e superficie del bacino e

lunghezza dell‟asta fluviale. Si tratta, come già spiegato in dettaglio nel Capitolo 4, di un parame-

tro che identifica la producibilità specifica di ogni impianto selezionato. Nelle Tabelle 17 e 18 so-

no stati riportati solo i potenziali più interessanti con un valore numerico maggiore di

fino al massimo ottenuto pari a circa

. Dei salti disponibili per ogni affluente, riportati

nelle Figure 75 e 76 (per ragioni di sintesi sono stati riportai solo i profili altimetrici dei fiumi Pa-

glia e Chiascio), sono stati selezionati i salti migliori eliminando tutti i potenziali minori di

anche per l‟irrisoria producibilità che non avrebbe portato a nessun tipo di guadagno.

Già confrontando le Figure 77 e 78 nelle quali sia il potenziale minimo che quello massimo

del Fiume Chiascio (

) superano i corrispettivi potenziali del Fiume Paglia

(

), si vede come il primo presenti una potenzialità maggiore rispetto

al secondo.

Il massimo valore di potenziale ottenuto, da cui ci si aspetta un certo guadagno nella realiz-

zazione dell‟impianto, è associato al Torrente Tescio, affluente del Chiascio, che arriva fino a cir-

ca

(24 m di salto in 124 m di lunghezza dell‟asta fluviale con una portata di 1,197

e

una producibilità di 462.723

con potenza installabile di 251 ) mentre, il caso peggiore

risulta essere il Torrente Senna nel Bacino del Paglia con

(24 m di salto in 975 m di

lunghezza dell‟asta fluviale con una portata di 0,307

e una producibilità di 244.042

con

potenza installabile di circa 70 ). Questi due impianti, il migliore e il peggiore caso studiato,

sono stai poi oggetto di uno studio di fattibilità di primo livello a verifica di quanto concluso a

priori dalla quantificazione dei due potenziali, in particolare per il Torrente Senna che ha un po-

tenziale al limite della prima selezione.

I risultati ottenuti da questo studio di fattibilità sono stati riportati nel Capitolo 5 e confer-

mano quanto ci si aspettava: un riscontro economico positivo per il primo e uno altamente negati-

vo per il secondo.

Nel dettaglio, l‟impianto scelto sul Tescio presenta, con un salto utile pari a 43,51 m e una

portata massima derivabile pari a 800 l/s, una potenza installata di 321 e una producibilità

annua pari a 995.721

per 245 gg di funzionamento in un anno. Per quantificare il guadagno

effettivo dell‟impianto è stata considerata una vita media dell‟impianto di 30 anni di cui 15 coper-

ti con la tariffa omnicomprensiva spiegata nel Capitolo 2 (che prevede una retribuzione per 15

anni di 0,22 € a prodotto) e 15 nei quali è stato previsto un ricavo a prodotto pari a

0,07 €. Il ricavo totale quindi è di € 4.331.386 contro € 1.443.333 di investimento che rende la re-

alizzazione dell‟impianto economicamente vantaggiosa. Al contrario, l‟impianto sul Senna, che

già nella prima analisi è sembrato un investimento rischioso, si è rivelato tale anche nello studio

di fattibilità. Seguendo il ragionamento seguito per valutare il guadagno dell‟impianto sul Torren-

te Tescio, l‟impianto sul Senna prevede un investimento minore e pari a € 1.020.638 ma con una

producibilità di 168.427

il ricavo è molto ridotto: € 732.658. Per lo scarto negativo che si ot-

tiene, l‟impianto sul Senna identificato inizialmente con un potenziale minimo di

(potenza installata di 89 per 160 gg di funzionamento con una portata massima derivabile di

510 l/s e un salto netto pari a circa 19 m), non risulta assolutamente realizzabile mentre quello sul

Tescio, che presentava un potenziale di circa

, è economicamente vantaggioso tanto che

la sua realizzazione potrà essere un possibile prossimo sviluppo del presente lavoro.

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare il prof. Angelo Spena per la grande disponibilità e cortesia dimostratemi e

per tutto l’aiuto fornito durante l’elaborazione del lavoro.

Vorrei ringraziare anche l’ing. Antonio Geracitano per i preziosi consigli e la pazienza mostrata

durante tutto il periodo di tesi.

In ultimo ringrazio il prof. Giuseppe Maria Amendola per avermi proposto questo lavoro, per la

sua costante disponibilità e attenzione e per avermi messo in contatto con l’ing. Carlo Sabbadini

che ringrazio in modo particolare e il cui aiuto è stato fondamentale.