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UNIVERSITA’DI PISA Dipartimento di Farmacia Corso di Laurea specialistica in Farmacia Antagonisti del recettore dell’Orexina: nuovi agenti terapeutici per il trattamento dell’insonnia Candidata: Priscilla Bonotti Relatori: Prof.ssa Sabrina Taliani Dott.ssa Silvia Salerno Anno Accademico 2014-2015

UNIVERSITA’DI PISA Dipartimento di Farmacia · di conseguenti disturbi dell’umore, dell’ansia o dell’abuso di sostanze Ipersonnia primaria: episodio maggiore di sonno compreso

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UNIVERSITA’DI PISA

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea specialistica in Farmacia

Antagonisti del recettore dell’Orexina: nuovi agenti

terapeutici per il trattamento dell’insonnia

Candidata:

Priscilla Bonotti

Relatori:

Prof.ssa Sabrina Taliani

Dott.ssa Silvia Salerno

Anno Accademico 2014-2015

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INDICE

Pag

Premessa _____________________________________________ 1

Introduzione___________________________________________ 15

Antagonisti dell’Orexina__________________________________ 35

Agonisti dell’Orexina____________________________________ 84

Conclusioni____________________________________________ 95

Bibliografia____________________________________________ 97

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PREMESSA

Gli esseri viventi passano circa un terzo della loro vita a dormire; il sonno

fisiologico è un processo biologico attivo regolato dalla sostanza reticolare

ascendente e dal sistema limbico ed è suddiviso in due stadi: (1) il sonno ortodosso

o sincronizzato (NREM, Non-Rapid-Eye-Movement), il quale è suddiviso a sua

volta in quattro fasi caratterizzate da un aumento progressivo del numero di onde

di bassa frequenza e di alto voltaggio; (2) il sonno paradosso o desincronizzato

(REM, Rapid-Eye-Movement), in cui l’attività EEG è simile a quella dello stato di

veglia, caratterizzato da onde di elevata frequenza e di basso voltaggio. Il sonno

REM nell’uomo corrisponde all’attività onirica, quindi al sogno, che è essenziale

per il recupero dell’attività cerebrale. Durante il sonno si ha un’alternanza regolare

di fasi NREM e REM: dopo l’addormentamento il soggetto passa pian piano dallo

stadio 1 del sonno NREM allo stadio 4, poi ritorna fino allo stadio 3 o al 2 perciò

tra i 70 e i 90 minuti dopo l’addormentamento si verifica la prima fase di sonno

REM che dura circa 15 minuti e, alla fine di questa fase, si conclude il primo ciclo

che dura circa 80-100 minuti. Dopo il primo ciclo se ne susseguono altri di durata

costante dove il sonno REM aumenta in durata e gli stadi 3 e 4 si fanno più brevi.

Le fasi del sonno variano circa 5 volte durante una notte di riposo di circa 8 ore e il

sonno NREM costituisce circa il 70-75 % del sonno totale, il sonno REM circa il

25-30%. Il sonno NREM precede sempre il sonno REM quindi il sonno inizia

sempre con la fase NREM.

È stato stimato che il 50% degli adulti negli Stati Uniti (circa 120 milioni di persone

secondo il censimento 2010) non riposa bene almeno un paio di notti a settimana.[1]

Solo il 3-10% dei pazienti soddisfa le linee guida del Diagnostic and Statistical

Manual of the American Psychiatric Association (DSM-APA) per la diagnosi

dell’insonnia primaria, ma i disturbi del sonno sono una delle lamentele più

frequenti riscontrate nella pratica clinica. [2]

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I DISTURBI DEL SONNO

I disturbi del sonno comprendono quattro categorie di disturbi (disturbi primari del

sonno, disturbi del sonno correlati ad un altro disturbo mentale, disturbo del sonno

dovuto ad una condizione medica generale, disturbo del sonno indotto da sostanze)

organizzati in base alla presunta eziologia.

I disturbi primari del sonno riguardano principalmente :

dissonnie (anomalie della quantità, della qualità o del ritmo del sonno)

parasonnie (comportamenti anomali o eventi fisiopatologici che si presen-

tano durante il sonno, sia in specifiche fasi che nei passaggi sonno-veglia)

Dissonnie (tabella 1)

Questi disturbi ostacolano l'individuo dal prendere sonno o ne provocano il

risveglio precoce. Sono caratterizzate da qualità, quantità od orari disfunzionali del

sonno. Le persone che ne soffrono lamentano difficoltà ad addormentarsi, rimanere

addormentati, veglia notturna, o combinazioni di questi sintomi. Fattori scatenanti

comuni, a volte di disturbi transitori, possono essere lo stress, l'assunzione di

sostanze psicotrope, l'abitudine del riposo diurno ed altri.

Tra le dissonnie ritroviamo:

Insonnia primaria: sembra essere un fattore di rischio, o un sintomo precoce

di conseguenti disturbi dell’umore, dell’ansia o dell’abuso di sostanze

Ipersonnia primaria: episodio maggiore di sonno compreso tra le 8-12 ore,

associato a sonnolenza diurna con frequenti addormentamenti e difficoltà al

risveglio. Vi è un’associazione con i disturbi dell’umore e con l’abuso di

sostanze, tipicamente stimolanti

Narcolessia: ripetuti attacchi irresistibili di sonno ristoratore, cataplessia e

intromissioni di elementi di sonno REM nella transizione tra sonno e veglia.

Il 20-40% è associato ad allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche. Nel

40% dei casi si possono identificare un disturbo mentale concomitante o una

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storia di disturbi mentali: disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi cor-

relati a sostanze

Disturbo del sonno correlato alla respirazione

Disturbo del ritmo circadiano del sonno

Tabella 1.

DISSONNIE

INSONNIA PRIMARIA

Tipo Durata

Insonnia iniziale Insonnia occasionale

Insonnia centrale Insonnia transitoria

Insonnia terminale Insonnia cronica

IPERSONNIA

Ipersonnia idiopatica

Ipersonnia-Bulimia Sindrome di Kleine-Levin.

NARCOLESSIA

DISTURBO DEL SONNO CORRELATO ALLA RESPIRAZIONE

DISTURBO DEL RITMO CIRCADIANO DEL SONNO

Insonnia primaria

L’insonnia è definita come uno stato di diminuita durata del sonno, una sensazione

soggettiva di non avere tratto un adeguato beneficio dal sonno perché breve o poco

riposante. Ci sono vari tipi di insonnia che possono essere classificati come:

insonnia iniziale quando esiste una difficoltà nell’addormentamento;

insonnia centrale quando il sonno è interrotto da risvegli frequenti;

insonnia terminale quando il risveglio mattutino è precoce.

Si classifica anche la durata dell’insonnia e quindi è possibile distinguere:

insonnia occasionale che dura pochi giorni ed è causata da particolari fattori

come ansia, stati di malattia, cambiamento del fuso orario;

insonnia transitoria quando il disturbo si prolunga fino a tre settimane, è

causata da stress acuto in soggetti che non hanno problemi di sonno;

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insonnia cronica quando il disturbo persiste nel tempo a causa di fattori di

natura psicopatologica, alcol, farmaci, turbe psichiatriche.

I fattori che influenzano la quantità e qualità del sonno sono di varia natura: a volte

l’origine dell’insonnia può essere dovuta ad una sola causa, altre volte a più cause.

I meccanismi del sonno possono essere influenzati da fattori psicologici quali

tensione emotiva, problemi familiari ed economici, che causano stress ed ansia nel

soggetto; talvolta l’insonnia può essere causata dalla presenza di fattori ambientali,

legati ad esempio all’altitudine o alla sindrome del jet lag.

Si parla di insonnia primaria quando il disturbo si manifesta in un soggetto sano, di

insonnia secondaria quando l’alterazione del sonno è dovuta a particolari patologie.

L’insonnia provoca ripercussioni sull’efficienza e sul benessere dell’individuo quali

diminuzione della concentrazione, problemi di memoria, irritabilità e stanchezza

causando una diminuzione delle difese immunitarie, provocando maggiore

suscettibilità verso malattie ed infezioni.

I farmaci generalmente usati per curare l’insonnia appartengono alla classe delle

benzodiazepine (Bzd) o dei simil-benzodiazepinici come ad esempio lormetazepam,

triazolam, eszopiclone, zolpidem. Le Bzd ansiolitiche funzionano nella prima fase

del sonno, quelle ipnotiche nella fase intermedia e finale. Il nitrazepam, lorazepam,

flunitrazepam, flurazepam sono ipnotici. La somministrazione di farmaci

ansiolitici/sedativi ed antidepressivi è indicata per trattare l’insonnia cronica, di

grave entità, accompagnata da disturbi psicologici che ostacolano non solo il sonno,

ma anche la vita sociale del soggetto che ne è affetto. Anche se i sintomi

dell’insonnia dopo pochi giorni dall’assunzione spariscono, è sconsigliata

l’interruzione brusca ed improvvisa del trattamento che, infatti, potrebbe provocare

il tipico effetto di rimbalzo, con ricadute accompagnate talvolta da sintomi più gravi

del disturbo precedente.

Nel sonno indotto dagli ipnotici, cioè nel sonno farmacologico, il profilo del sonno

fisiologico viene alterato. Quasi tutti gli ipnotici provocano un REM-deficit

determinato dalla riduzione della fase REM, che comporta un effetto rebound, in

cui la fase REM dura più a lungo del solito provocando un sonno agitato, incubi e

quindi insonnia. Un farmaco ipnotico ideale dovrebbe avere certe proprietà come

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ad esempio la rapidità di assorbimento e di effetto, selettività recettoriale per i

recettori del SNC, indurre un sonno simile a quello fisiologico, mantenere il sonno

per un periodo adeguato, tale da garantire una copertura notturna, assenza di

metaboliti, assenza di assopimento, non perdere di efficacia se somministrato

ripetutamente, non accumularsi nell’organismo, non essere pericoloso in

sovradosaggio, non causare insonnia da rebound, non causare apnea notturna, non

creare dipendenza psicofisica e non avere effetti collaterali sulle funzioni cognitive

e di memoria.

I più nuovi agenti non-benzodiazepinici, Zopiclone, Zolpidem, e Zaleplon (detti

farmaci Z) hanno un’azione ipnosedativa comparabile a quella delle Bzd, ma

presentano proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche specifiche. Questi tre

agenti Z condividono tutti una breve emivita plasmatica e durata di azione limitata.

Inoltre questi agenti interagiscono preferenzialmente con i recettori omega-1

(effetto sedativo), mentre le Bzd interagiscono anche con i recettori omega-2 (effetti

avversi sulla performance cognitiva e sulla memoria). Zaleplon è caratterizzato da

un’emivita ultra-corta (approssimativamente 1 ora); Zolpidem e Zopiclone hanno

emivita più lunga (rispettivamente circa 2.4 e 5 ore). Queste proprietà, assieme al

basso rischio di effetto residuo, possono spiegare le limitate influenze negative degli

ipnotico-sedativi non-benzodiazepinici sulla performance diurna. Le attività

psicomotorie e le capacità mnemoniche appaiono essere meglio preservate dai

farmaci non-benzodiazepinici rispetto alle Bzd. Quando presenti, i deficit cognitivi

coincidono, quasi esclusivamente, con la concentrazione plasmatica di picco. In

particolare il disturbo cognitivo può emergere nelle prime ore dopo la

somministrazione del farmaco, mentre i test psicomotori e mnemonici eseguiti 7-8

ore più tardi (per esempio alla mattina) generalmente non risultano alterati in modo

rilevante. Come per le Bzd, i tre farmaci Z non-benzodiazepinici devono essere

impiegati per un limitato periodo, anche in condizioni patologiche croniche. [3]

La terapia cognitivo comportamentale (CBT) è attualmente considerata a livello

internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il

trattamento dei disturbi psicopatologici. La teoria di fondo sottolinea l’importanza

delle distorsioni cognitive e della rappresentazione soggettiva della realtà

nell’origine e nel mantenimento dei disturbi emotivi e comportamentali; ciò implica

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che non sarebbero gli eventi a creare e a mantenere i problemi psicologici, emotivi

e comportamentali, ma questi verrebbero piuttosto influenzati dalle strutture e

costruzioni cognitive dell’individuo. La CBT si propone di aiutare i pazienti ad

individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e

d’interpretazione della realtà al fine di sostituirli con convinzioni più funzionali.

Essa ha assunto il ruolo di trattamento di elezione per i disturbi dell’ansia, è

scientificamente fondata; infatti, ha mostrato risultati simili agli psicofarmaci nel

trattamento della depressione e dei disturbi dell’ansia ed assai più utile per evitare

le ricadute. Il terapeuta lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della

terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente un piano di

trattamento adatto alle sue esigenze e si preoccupa in seguito di verificare i

progressi, in modo tale da controllare se gli scopi sono stati raggiunti. È una terapia

a breve termine, di solito varia dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso;

problemi psicologici più gravi, che richiedono tempi più prolungati di cura,

traggono vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e

di altri trattamenti.

Ipersonnia primaria

L'ipersonnia può essere causata da un'eredità genetica, da un trauma cranico (nella

forma post-traumatica), da diversi disordini psicologici quali la depressione e da

eventi clinici come in caso di uremia e fibromialgia. L'ipersonnia può anche essere

dovuta ad altri disordini come la narcolessia o la sindrome metabolica

La diffusione di tale disturbo è stata calcolata nel 5% della popolazione generale;

altri studi non si allontanano da questa stima ponendo un range dal 4 al 6%.

Fra i sintomi e i segni clinici correlati ritroviamo irritazione, allucinazioni, perdita

di memoria, ansia, disorientamento, senso di fatica sia fisica che mentale.

Si possono avere due tipi di ipersonnia primaria:

Ipersonnia idiopatica;

Ipersonnia-Bulimia Sindrome di Kleine-Levin.

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Ipersonnia idiopatica

Caratterizzata da un sonno notturno di buona qualità che può avere una durata

normale (meno di 10 ore per notte) o eccessivamente lunga (più di 10 ore per notte)

e, a dispetto di ciò, da una eccessiva sonnolenza diurna, che si concretizza in

sonnellini diurni di durata eccessivamente lunga (più di una o due ore) e non

ristoratori.

Ipersonnia-Bulimia Sindrome di Kleine-Levin.

Condizione rara caratterizzata da attacchi ciclici di iperfagia seguiti da giorni in

cui non si riesce a dormire; nel resto del tempo il sonno e le condizioni risultano

normali; è più frequente nei giovani.

Narcolessia

La narcolessia è un disturbo che causa periodi di estrema sonnolenza diurna e, in

certi casi, anche debolezza muscolare. La maggior parte dei pazienti narcolettici

non riesce a dormire bene di notte, alcuni malati si addormentano all’improvviso,

anche mentre stanno parlando, mangiando o dedicandosi ad altre attività. La

narcolessia può inoltre causare cataplessia, la quale provoca una perdita improvvisa

di tono muscolare durante la veglia; la debolezza muscolare può colpire tutto il

corpo, o solo alcune zone. Chi soffre di narcolessia spesso entra troppo velocemente

nella fase REM e si sveglia durante quella fase, perciò può avere sogni vividi mentre

si addormenta e si sveglia, in quanto i sogni si verificano durante la fase REM; in

questa fase i muscoli normalmente si rilassano impedendo di muoverci, e si sogna

come se vivessimo davvero i nostri sogni. I pazienti narcolettici hanno carenza di

ipocretina, una sostanza chimica presente nel cervello, che serve per stimolare la

veglia. I ricercatori ritengono che la carenza sia dovuta a diversi fattori concomitanti,

tra cui fattori ereditari, infezioni, lesioni cerebrali, patologie autoimmuni. Alcune

ricerche indicano che le tossine ambientali come metalli pesanti, pesticidi,

diserbanti e fumo potrebbero essere fattori scatenanti della narcolessia. Per la

narcolessia non esiste alcuna cura, tuttavia i farmaci, le modifiche dello stile di vita

e altre terapie sono in grado di alleviare diversi sintomi. Per affrontare la narcolessia

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si può ricorrere a uno o più farmaci, tra cui stimolanti, per alleviare la sonnolenza

diurna ed aumentare la vigilanza, farmaci che aiutano a compensare la carenza di

ipocretina, antidepressivi per prevenire la cataplessia, le allucinazioni e la paralisi

del sonno; sono invece da evitare i farmaci antistaminici, cioè che sopprimono

l’azione dell’istamina, la sostanza presente nel sangue che aiuta a rimanere vigili.

Un’altra terapia potrebbe essere la fototerapia per mantenere un ritmo sonno-veglia

regolare: durante questa terapia, il paziente si espone per circa 30 minuti alla luce

di una lampada speciale in modo tale da sentirsi meno assonnato alla mattina.

Disturbo del sonno correlato alla respirazione

La sindrome delle apnee ostruttive morfeiche (OSAs) è una delle patologie del

sonno più frequenti (4% della popolazione) ed è caratterizzata da importante

russamento e dalla comparsa durante il sonno di numerosi episodi di ostruzione

delle vie aeree superiori con conseguente interruzione del flusso aereo;

generalmente sono i parenti o i conviventi del soggetto che riferiscono di percepire

delle interruzioni del respiro durante la notte ma talvolta anche i pazienti raccontano

episodi di risveglio improvviso con sensazione di soffocamento. Tali apnee

determinano alterazioni respiratorie e cardiocircolatorie e compromettono la

funzione ipnica con conseguente sonnolenza diurna e riduzione delle performances

durante la veglia. Tra gli elementi caratteristici di questa patologia vi sono inoltre

la cefalea e la secchezza delle fauci al risveglio, la nicturia. Nell’adulto tale

sindrome si associa ad un’importante morbilità e mortalità cardiovascolare e

cerebrovascolare, senza contare il fatto che può rendersi responsabile della

comparsa o dell’aggravamento di uno stato di ipertensione arteriosa (il 30 % dei

pazienti ipertesi sono apnoici ed il 50 % dei pazienti affetti da OSAs sono ipertesi).

La sindrome sembra inoltre aumentare il rischio di infarto del miocardio, di

insufficienza cardiaca e di disturbi vascolari cerebrali, e la mortalità è nettamente

più elevata nei pazienti con più di 20 apnee per ora di sonno. Inoltre, a causa dei

problemi di vigilanza diurna, il rischio di incidenti stradali, professionali e

domestici è valutato di 7-10 volte più elevato in questi pazienti rispetto ai controlli

sani.

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Il trattamento è fortemente correlato alla gravità del quadro clinico, alla costituzione

del paziente ed alle cause (malformazioni anatomiche dell’oro-faringe,

ipotiroidismo, acromegalia), qualora siano identificabili; infatti, ai pazienti obesi è

primariamente indicato un dimagrimento, oltre che il decubito laterale, e non supino

durante il sonno, in caso di apnee-posizione dipendenti; l’astensione dal tabacco,

dagli alcolici e dalle Bdz viene inoltre normalmente consigliata, in quanto fattori

aggravanti la sindrome. L’uvulo-palato-plastica, tecnica chirurgica

otorinolaringoiatrica può essere utile in casi specifici (russamento importante ed

apnee su base anatomica). Il trattamento a tutt’oggi di scelta dell’OSAs di tipo

ostruttivo è la respirazione notturna in pressione positiva continua (CPAP); il

principio si basa sull’utilizzo di una maschera nasale con cui si applica una

pressione positiva a livello delle vie aeree superiori mentre il paziente continua a

respirare normalmente nottetempo. Questa pressione agisce come “sostegno

pneumatico” interno che impedisce il collasso e la chiusura inspiratoria delle vie

aeree a livello faringeo, responsabili delle apnee-ipopnee ostruttive.

Disturbo del ritmo circadiano del sonno

Le patologie del ritmo circadiano possono originare da un’alterazione del pace

maker endogeno (sindrome da fase di sonno ritardata, sindrome da fase di sonno

anticipata, sindrome ipernictemerale) o da cause esterne (sindrome da jet-lag,

sindrome da turnismo).

Parassonnie (tabella 2)

Le diverse forme di parasonnia vengono classificate in base alla loro occorrenza

durante le diverse fasi del sonno:

Parasonnie del sonno NREM (disordini dell’arousal)

Parasonnie solitamente associate al sonno REM

Altre parasonnie

Parasonnie del sonno NREM (disordini dell’arousal)

Rappresentano un gruppo di manifestazioni motorie complesse che si verificano

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durante il sonno NREM, soprattutto durante la fase di “sonno profondo” che appare

maggiormente rappresentato nella prima parte della notte. Per tale motivo, queste

manifestazioni si verificano più frequentemente entro 1-2 ore

dall’addormentamento. Un episodio mediamente dura qualche minuto ma la sua

durata può essere molto variabile: da qualche secondo fino anche a 30 minuti.

Tabella 2.

PARASONNIE

PARASONNIE DEL SONNO NREM

(DISORDINI DELL’AROUSAL)

Risvegli confusionali

Sonnambulismo

Terrori notturni

PARASONNIE SOLITAMENTE

ASSOCIATE AL SONNO REM

Disturbo comportamentale in fase

REM (REM sleep behavior disorder,

RBD)

Paralisi del sonno

Incubi notturni

ALTRE PARASONNIE

Enuresi notturna

Groaning (catathrenia)

Sindrome della testa che esplode

(“Exploding head syndrome”)

Allucinazioni ipnagogiche o

ipnopompiche

Sleep-related eating disorder

(SRED)

Solitamente le parasonnie del sonno NREM insorgono in età infantile

(probabilmente per l’alta rappresentazione del sonno profondo durante tale fase

della vita) e tendono a ridursi o scomparire con l’età adulta.

Spesso esiste una familiarità per tali episodi, che possono essere scatenati da alcuni

fattori quali la deprivazione di sonno, cicli sonno-veglia irregolari, febbre,

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infezioni, alcol, alcuni farmaci e altri disturbi del sonno tra cui le apnee notturne.

Spesso i pazienti non conservano alcun ricordo degli episodi stessi, le cui

caratteristiche cliniche possono essere molto eterogenee. Si distinguono 3 differenti

tipi di manifestazioni (che si possono verificare anche nello stesso soggetto) che,

secondo le interpretazioni più recenti, rappresentano un continuum dello stesso

fenomeno, con diversi gradi di complessità:

Risvegli confusionali

Sonnambulismo

Terrori notturni

Per quanto riguarda la diagnosi, solitamente questa viene posta unicamente in base

alla raccolta di una descrizione dettagliata degli episodi, senza la necessità di

ulteriori indagini. Il primo passo nella gestione di tali episodi consiste nel

rassicurare i pazienti e i suoi familiari circa la natura e l’evoluzione benigne delle

manifestazioni. Spesso non è necessario intraprendere una terapia farmacologica

che viene riservata solamente ai casi in cui le manifestazioni appaiono

particolarmente frequenti, violente o sono causa di sonnolenza diurna. Occorre

tuttavia informare il paziente e i familiari circa il rischio di traumi anche importanti

che si possono verificare durante gli episodi, consigliando di intraprendere misure

di sicurezza.

Parasonnie solitamente associate al sonno REM

Sono manifestazioni motorie complesse che si verificano durante il sonno REM

Disturbo comportamentale in fase REM (REM sleep behavior disorder,

RBD)

Il disturbo comportamentale in sonno REM (RBD) si contraddistingue per la perdita

della fisiologica atonia muscolare. Per tale motivo, durante gli episodi, i pazienti

presentano una eccessiva attività motoria, spesso caratterizzata da comportamenti

bruschi e possono compiere azioni violente, che comportano un alto rischio di

traumi sia per il paziente che per chi gli sta vicino. La loro durata solitamente è

compresa tra 2 e 10 minuti e la frequenza può essere molto varia: da episodi

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settimanali o mensili a plurinotturni (4-5/notte). L’RBD colpisce più

frequentemente il sesso maschile e solitamente insorge in età adulta-anziana (60-70

anni). Se ne riconosce una forma idiopatica (60% casi) mentre nel 40% si può

associare ad alcune patologie neurodegenerative, come Parkinson, Atrofia

Multisistemica e alcune forme di demenza. La diagnosi di RBD viene formulata

sulla base delle caratteristiche degli episodi riportate dal paziente e dal partner di

letto. Esistono trattamenti farmacologici (ad es. con Clonazepam) che risultano

molto efficaci nella riduzione (in intensità o frequenza) o completa scomparsa di

tali manifestazioni.

Paralisi del sonno

Consistono nell’incapacità di svolgere qualsiasi attività motoria volontaria,

nonostante il soggetto sia completamente cosciente. Possono essere accompagnate

da allucinazioni uditive o visive e possono durare da pochi secondi a parecchi

minuti, causando spesso intensa ansia nel soggetto che le vive. Si possono risolvere

spontaneamente o in seguito a stimolazioni sensoriali. Possono essere favorite da

un ritmo sonno-veglia irregolare e dalla deprivazione di sonno. Si verificano

frequentemente in soggetti senza altri disturbi del sonno, oppure possono

rappresentare uno dei sintomi della narcolessia.

Incubi notturni

Consistono in sogni paurosi, a contenuto negativo, spesso di lunga durata;

frequentemente tali sogni inducono il risveglio del soggetto che ne mantiene un

vivido ricordo. Sono frequenti nei bambini oppure nei pazienti con “disturbo post-

traumatico da stress”. Possono essere favoriti dalla febbre oppure dalla brusca

sospensione di alcol o di farmaci che riducono il sonno REM (anfetamine, alcuni

antidepressivi e Bdz). Queste condizioni, infatti, potrebbero portare ad un brusco e

significativo incremento della rappresentazione del sonno REM, favorendo il

verificarsi di incubi.

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Altre parasonnie

Enuresi notturna

Consiste in episodi ricorrenti (almeno 2 notti alla settimana) di perdita involontaria

e completa di urina durante il sonno in soggetti di età superiore ai 5 anni. Il

trattamento consiste in un approccio comportamentale (evitare l’assunzione di

liquidi prima di coricarsi; non ritardare la minzione e facilitare l’atto minzionale;

allenare il pavimento pelvico con esercizi di attivazione e rilasciamento; utilizzare

sistemi di allarme che si attivano quando si verifica un’emissione incontrollata di

urina con una suoneria che sveglia il bambino) o farmacologico (desmopressina).

Groaning (catathrenia)

Consiste nell’emissione di un vocalizzo monotono durante un’espirazione

prolungata associata a bradipnea (riduzione della frequenza respiratoria). Gli

episodi, che hanno una durata variabile di circa 2-20 secondi, si verificano più

frequentemente in corso di sonno REM. La causa appare ancora sconosciuta ed,

attualmente, non esiste un trattamento. Sono stati descritti casi in associazione con

le apnee notturne e solo alcuni si sono risolti con il trattamento ventilatorio notturno.

E’ importante tuttavia distinguere tali manifestazioni da episodi di russamento.

Sindrome della testa che esplode (“Exploding head syndrome”)

E’ caratterizzata dalla percezione di un suono spesso molto intenso, simile ad

un’esplosione o ad uno scoppio, che si verifica soprattutto durante la fase di

addormentamento, determinando spesso un risveglio improvviso. Il suono

percepito, seppur molto violento, non è mai accompagnato da dolore. Attualmente

non esiste una spiegazione univoca di tali fenomeni così come una terapia efficace

(alcuni casi descritti sono stati trattati con calcio-antagonisti).

Allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche

Esperienze vivide, simili al sogno, spesso a contenuto bizzarro o terrifico, che si

verificano all’addormentamento (“ipnagogiche”) o in seguito ad un risveglio

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(“ipnopompiche”). Durante gli attacchi le sensazioni fantastiche possono venire

scambiate per reali. Nella maggior parte dei casi si tratta di allucinazioni visive, ma

possono essere anche uditive, tattili, gustative o olfattive. Possono associarsi alle

paralisi del sonno e, come queste, si verificano frequentemente in soggetti senza

altri disturbi del sonno oppure possono rappresentare uno dei sintomi della

narcolessia.

Sleep-related eating disorder (SRED)

Consiste in episodi ripetuti durante il sonno di ingestione compulsiva di cibi o

bevande; spesso il livello di coscienza durante gli episodi appare nullo o parziale,

così come frequentemente il paziente al risveglio non conserva alcun ricordo

dell’accaduto. La SRED si può associare ad altri disturbi del sonno (disordini

dell’arousal, sindrome delle gambe senza riposo, apnee notturne, narcolessia) e può

essere scatenata dall’assunzione di alcuni farmaci (Bdz, zolpidem, litio) o dalla

brusca sospensione dell’assunzione di alcol. Tale sindrome deve essere distinta da

altre forme di comportamenti alimentari in sonno come la “Night Eating

Syndrome”, caratterizzata da iperfagia (alimentazione eccessiva) serale e notturna,

anoressia (mancanza di appetito) mattutina e insonnia. Esistono diversi farmaci

efficaci nel trattamento della SRED (codeina, clonazepam, antidepressivi

serotoninergici, topiramato).

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INTRODUZIONE

L’insonnia è definita come la difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, oppure

avere un sonno non ristoratore; si può presentare in assenza di un altro disturbo

(insonnia primaria) o in concomitanza con una condizione patologica, problemi di

abuso di sostanze, o altri stimoli causali.

Qualunque sia la causa, l’insonnia ha un altissimo costo sociale dovuto al tempo di

lavoro perso, così come al rischio di aumento di incidenti e di malattie accessorie.

Uno studio effettuato negli Stati Uniti a metà degli anni ’90 ha stimato che il costo

diretto di assenteismo e perdita di produttività fosse di circa 40 miliardi all'anno,

mentre i costi indiretti dovuti ad un aumento dei tassi di incidenti e a malattie cor-

relate all’insonnia fosse nel range di 92-107 miliardi di dollari.[4] Uno studio più

recente effettuato in Quebec nel 2009 ha confermato questi risultati, con un costo

totale di circa 5 miliardi all’anno attribuibile a assenteismo, perdita di produttività,

aumento degli infortuni e tassi di malattia.[5] Visto il costo, e tenendo in conside-

razione la salute dei pazienti, risulta evidente quanto sia necessario disporre di un

trattamento terapeutico sicuro ed efficace per l’insonnia.

Così come la diagnosi dei disturbi del sonno è piuttosto complessa per la difficoltà

nell’identificare le cause che portano a questa condizione, allo stesso modo le

terapie possono essere altrettanto complesse. Alcuni medici preferiscono un

intervento non farmaceutico, in forma di terapia cognitivo-comportamentale (CBT).

Questo trattamento implica uno stretto contatto tra il paziente e gli operatori sanitari,

in modo da identificare la causa del disturbo e poi procedere ad una rieducazione

comportamentale. [6] Spesso si ricorre ad altre strategie, compresa la diminuzione

del periodo dedicato al sonno, modifiche di igiene durante il sonno, ed il controllo

dello stimolo che spesso producono effetti benefici sui ritmo del sonno dei pazienti.

Uno svantaggio di questa terapia è che il paziente debba rimanere in CBT per

settimane o mesi prima di ottenere i risultati sperati. Ciò richiede alti livelli di

compliance del paziente ed uno contatto con il medico molto più stretto rispetto a

quello necessario quando si intraprende una terapia farmacologica.

Quando si ricorre a trattamenti farmacologici, i modulatori non benzodiazepinici

del recettore GABAA, quali zolpidem e eszopiclone, sono considerati farmaci di

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elezione per il trattamento dell’insonnia.[7] Questi farmaci esercitano i loro effetti

attraverso il potenziamento del principale neurotrasmettitore inibitorio, l’acido

gamma-aminobutirrico (GABA), che si traduce in una depressione del sistema

nervoso centrale (CNS), facilitando il sonno.[8,9] Questi farmaci hanno una breve

durata d’azione per cui risultano più efficaci nell’indurre il sonno, piuttosto che nel

mantenerlo. Questo problema è stato affrontato sviluppando formulazioni a rilascio

controllato, o cercando di identificare altri farmaci con caratteristiche

farmacocinetiche diverse; tuttavia, la generale depressione del sistema nervoso

centrale che si produce, comporta nei pazienti problemi di sicurezza [10] [aumento

delle parasonnie notturne (sonnambulismo,11 appetito,12), aumento degli incidenti

alla guida legati alla sonnolenza il giorno dopo.] [13,14]

Questi eventi hanno fatto sì che nel 2013 la US-FDA ha chiesto di abbassare i

dosaggi per tutti i farmaci ipnotici sedativi, a causa dell'impatto della sonnolenza

del giorno successivo sugli incidenti stradali.[15,16] Infine, nel trattamento con

zolpidem sono stati notati effetti di tolleranza e insonnia di rimbalzo, il che ha

portato alla raccomandazione di un suo uso intermittente per brevi periodi di tempo

per pazienti insonni.[9 ]

Considerato l’elevato numero di pazienti affetti da insonnia e visti i limiti delle

opzioni di trattamento ad oggi in uso, sarebbe auspicabile lo sviluppo di nuove

strategie terapeutiche per il trattamento di questo disturbo.

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IDENTIFICAZIONE DEL SISTEMA DELL’OREXINA E LEGAME

GENETICO CON IL CICLO SONNO/VEGLIA

Scoperta e Nomenclatura dei componenti delle vie di segnale delle Orexine

L'opportunità di studiare i disturbi legati al sonno da un punto di vista alternativo si

è presentata alla ribalta scientifica nel 1998.

In quell’anno i neuropeptidi dell’orexina sono stati descritti, contemporaneamente

da due gruppi di ricerca diversi, utilizzando distinti approcci molecolari e

biochimici, ancora prima che fosse scoperta l’associazione genetica con la

narcolessia. Dall’mRNA proveniente dall’ipotalamo di ratto, de Lecea et al. hanno

identificato, clonato e sequenziato una trascrizione di 569-nucleotidi codificando

un prepropeptide di 130 aminoacidi con sequenza simile a quella della secretina, un

ormone intestinale coinvolto nella osmoregolazione. A causa della sua espressione

limitata nel SNC ai grandi corpi cellulari dell’area ipotalamica laterale dorsale, e

della sua somiglianza sequenziale con la famiglia delle incretine (ormoni peptidici),

il gene è stato chiamato ipocretina (Hcrt). Studi di immunoistochimica hanno

confermato la formazione, da siti di rottura proteolitici, dei due peptidi presenti nei

corpi cellulari e nelle fibre efferenti, e uno dei peptidi prodotto sinteticamente è

risultato in grado di suscitare correnti depolarizzanti in colture primarie di neuroni

ipotalamici [17]. In un tentativo di "deorfanizzare" un gruppo di recettori accoppiati

a proteine G, un altro gruppo di ricerca [18] ha identificato un recettore in grado di

mediare la corrente del Ca2+ in estratti di cervello di ratto. La purificazione, il

sequenziamento, e la valutazione dell'attività biologica derivante da questo

recettore, ha rivelato una sequenza che codificava un precursore peptidico che poi

veniva trasformato in due peptidi correlati. Poiché l’mRNA era espresso

nell'ipotalamo laterale (LH), un'area implicata nella regolazione dell’alimentazione

[19], e poiché la somministrazione intraventricolare di entrambi i peptidi era capace

di modulare l’assunzione di cibo in modo dose-dipendente, i peptidi sono stati

denominati orexina-A e B (OX-A e OX-B) dalla parola greca “orexis”, che significa

appetito. Questi recettori deorfanizzati sono stati identificati come recettori

dell’orexina 1 e dell’orexina 2 (OX1R e OX2R) (18). Questi risultati hanno

stimolato la ricerca di molti gruppi di ricercatori, al fine di meglio chiarire il ruolo

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di questi fattori di segnalazione nel controllo dell'appetito [20], dell' omeostasi

energetica [21], e del metabolismo [22]. Le scoperte successive del collegamento

genetico alla narcolessia ed il ruolo predominante dell’orexina nel risveglio [24]

hanno tuttavia sollevato la possibilità che la fame indotta dall’orexina, osservata in

modelli preclinici, poteva costituire l’effetto secondario di un aumento della veglia

[25], alimentando il dibattito sulla nomenclatura di questo sistema.

La risoluzione al dibattito della nomenclatura è stata quella di denominare il gene e

l’mRNA ”ipocretina” (Abbreviazione umana: HCRT; roditore: Hcrt) e chiamare il

peptide precursore ed i peptidi elaborati con il termine “orexina” (Orexina A, Ox-

A, Orexina B, Ox-B), tabella 3.

Tabella 3.

Lo stesso vale per i due recettori accoppiati a proteine G per questi peptidi; i geni

HCRTR1 e HCRTR2 (Hcrtr1 e Hcrtr2 nei roditori) codificano rispettivamente per i

recettori OX1R ed OX2R. Sebbene questa nomenclatura possa creare confusione

per i non esperti nel campo, essa tuttavia tiene conto dell'identificazione del gene

dell’mRNA dell’ipocretina attraverso approcci di biologia molecolare, [17] della

scoperta biochimica dei peptidi dell’orexina e dei loro recettori accoppiati a

proteina-G.[18]. Queste denominazioni distinte di prodotti genetici e proteinici

sono tuttora una questione di necessità pratica. HCRT, HCRTR1, e HCRTR2 sono

ora i termini riconosciuti per i geni, riportati in tutti i database genetici, tra cui

GenBank e HUGO. Per quanto riguarda le proteine relative all’orexina, la

nomenclatura formale dell'International Union of Basic and Clinical

PharmacologyNomenclature Committee denomina "OX-A" e "OX-B" i ligandi

farmacologici dei recettori "OX1" e "OX2", rispettivamente. La letteratura biologica

utilizza principalmente la denominazione "orexina", con riferimenti anche

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all’"ipocretina". Tuttavia il termine "orexina" è usato molto di più sia nella chimica

che nella letteratura brevettuale che si è ampliata notevolmente negli ultimi 15 anni,

man mano che il potenziale terapeutico della modulazione del sistema dell’orexina

è risultato sempre più evidente (figura 1).

Figura 1.

Sebbene i primi brevetti siano stati depositati per derivati dell’orexina e

successivamente per le sonde molecolari (ad esempio, microarray e probe o primer

di reazione a catena della polimerasi), i brevetti relativi ai composti sono divenuti

più rilevanti grazie al crescente interesse nello sviluppo di small molecules quali

potenziali farmaci. Come si vede nella figura 1, il numero di brevetti riguardanti

solo l’"orexina" ha superato di gran lunga quelli della sola "ipocretina" fin dal 1999,

l’anno in cui c’è stato il collegamento genetico con la narcolessia. Al valore del

picco del numero dei brevetti depositati nel 2009, solo 6 su un totale di 965

menzionavano soltanto l’"ipocretina", mentre 866 riguardavano esclusivamente

l’"orexina" e 93 entrambi. Queste cifre dimostrano che le designazioni orexina e

recettore orexinico sono le denominazioni farmacologiche più accettate.

Entrambi i neuropeptidi OX-A e OX-B derivano dallo stesso precursore prepro-

orexina codificata dal gene HCRT. La struttura e l'organizzazione del gene

ipocretina risulta in gran parte conservata attraverso l'evoluzione. In tutti i vertebrati

esaminati, il gene è composto da due esoni con lo splicing dell’introne che rientra

nella porzione iniziale della struttura aperta codificante la sequenza di segnali

secretori (figura 2).

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Figura 2. La produzione di orexina-A (OX-A) e orexina-B (OX-B) dal gene HCRT

e dal peptide prepro-orexina e valori di binding nei confronti di OX1R e OX2R.

I geni HCRT provenienti da molti organismi, compresi i pesci teleostei, aviaria, e

alcuni mammiferi, si trovano all'interno di cromosomi che con i geni vicini

potrebbero conservare la loro funzione attraverso l'evoluzione [26].

L'organizzazione del precursore peptidico prepro-orexina e la sequenza dei ligandi

maturi di OX-A e OX-B, derivati da esso, sono altamente conservati. Il peptide

umano prepro-orexina da 131 aminoacidi è costituito da sequenze quasi contigue

che codificano la sequenza del segnale secretore (OX-A di 33 aminoacidi e OX-B

di 28 aminoacidi [27], e questa organizzazione, con le sequenze del sito cleavage,

sono esattamente conservate tra tutti gli organismi vertebrati esaminati, compresi

rana, pollo e pesce. Questo include una concomitante scissione "Glicina-base-base”

e siti di ammidazione C-terminali Gly-Lys-Arg, separando le sequenze OX-A e OX-

B, e quella Gly-Arg-Arg che termina la sequenza OX-B [26]. Tra i mammiferi, la

sequenza del ligando maturo OX-A è interamente conservata tra tutte le specie

esaminate e contiene due ponti disolfuro, uno formato dalle cisteine 6 e 12 e un

altro dai residui di cisteina 7 e 14. Questi quattro residui sono anche conservati al

100% dall’uomo fino agli anfibi [26]. L’OX-A maturo viene ulteriormente

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21

modificato dopo la traslazione con un acido piroglutammico N-terminale [18]. Le

sequenze di OX-B nei mammiferi, d'altra parte, sono molto ben conservate, ma

hanno due punti di differenziazione: un residuo di serina a livello del secondo

amminoacido nei roditori, canini e bovini, è sostituito da una prolina nella sequenza

umana, e una serina nella posizione 18 viene sostituita da un’asparagina nei roditori

[26]. La diversità di sequenza al di là del segnale secretore confermano l’importanza

funzionale di queste regioni definite. Inoltre, OX-A e OX-B condividono similarità

di sequenza l’una con l’altra, e per questo sono ligandi per entrambi i recettori OX1

e OX2, seppure con affinità diverse. A questo proposito, è opportuno notare che le

sequenze OX-A e OX-B nei mammiferi sono identiche nella porzione C-terminale

dei peptidi maturi, inclusa la sequenza dei 9 aminoacidi Gly-Asn-His-Ala-Ala-Gly-

Ile-Leu-Thr. Esse condividono anche sequenze Arg-Leu e Leu-Leu distanziate di

due amminoacidi l’una dall’altra e i tre amminoacidi N-terminali delle nove

posizioni conservate sopra menzionate, suggerendo che questi residui possono

esistere alla superficie di una struttura secondaria ad alpha–elica [18,26]. Poiché

entrambi i peptidi hanno affinità misurabili per entrambi i recettori OX1 e OX2,

queste osservazioni indicano che questi residui sono essenziali per un’interazione

col recettore dell’orexina. L’OX-A umana ha quasi uguale attività su entrambi i

recettori dell’orexina, con affinità di legame del ligando (IC50) di 20 nM e 38 nM

rispettivamente per OX1R e OX2R, e valori di EC50 rispettivamente di 30 nM e 34

nM nei saggi di mobilitazione del [Ca2+]i in cellule trasfettate per esprimere OX1R

e OX2R umani (figura 2) [18]. L’OX-B, tuttavia, ha un’attività notevolmente

inferiore nei confronti di OX1R con un IC50 di 420 nm e EC50 per [Ca2+]i di 2500

nM. È più selettivo per OX2R, con una IC50 di 36 nM e EC50 di 60 nM [18]. Questa

selettività di OX-B per OX2R è stata utilizzata per interpretare i relativi ruoli di

OX1R e OX2R nelle funzioni biologiche, perché le risposte differenziali alla

microiniezione di questi peptidi in regioni cerebrali indicano la funzione di OX1R,

mentre risposte simili per entrambi i peptidi potrebbero suggerire la funzione di

OX2R. La funzione del recettore, tuttavia, è dimostrata solo con antagonisti del

recettore dell’orexina altamente selettivi e/o genetici.

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Recettore dell’Orexina 1.

I recettori delle Orexine 1 e 2 sono stati trovati attraverso tutte le specie dei

mammiferi, e le regioni centrali di queste proteine sono altamente conservate. La

maggiore diversità si verifica tra le sequenze di OX1R del ratto e dell’umano, ma

anche queste proteine sono identiche per il 91% e omologhe per 93% (tabella 4).

Tabella 4.

Come visto nella struttura di OX1R, basata su un modello di omologia recettoriale

beta2-adrenergico (figura 3A), la maggior parte dei residui divergenti si trovano nel

grande loop citoplasmatico tra le eliche transmembrana cinque e sei. Alcuni residui

all'interno dei loop, delle porzioni transmembrana, e della tasca di legame del

ligando divergono nelle sequenze di ratto, cane e umano, e questi cambiamenti sono

in gran parte omologhi. L'eccezione è una mutazione da Arg a His al residuo 205

compreso tra il secondo loop extracellulare tra le eliche transmembrana quattro e

cinque nella sequenza del cane, cosa che potrebbe influenzare il legame del ligando

e l’attività dell’antagonista. Le differenze nelle sequenze di OX1R del cane rispetto

a quelle dell’uomo e dei roditori, potrebbero risultare interessanti data la differenza

nei fenotipi basati su interruzioni nella via di segnale dell’orexina in queste specie.

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23

Figura 3.

Il troncamento di OX2R nel cane risulta in un fenotipo narcolettico accompagnato

da cataplessia [27], mentre l'eliminazione del gene Hcrt o di entrambi i recettori per

l’orexina nei topi [28] e la perdita del neurone dell’orexina in soggetti narcolettici

umani è associata con questo fenotipo [29]. Il cambiamento da Arg a His in OX1R

del cane, tuttavia, non sembra influenzare l’attivazione del ligando o l'attività di due

diversi antagonisti duali dei recettori dell’orexina [2(R,5R)-5-{[(5-fluoropiridin-2-

il)ossi]metil}-2-metilpiperidin-1-il][5-metil-2-(pirimidin-2-il)fenil]metanone

(MK-6096) e il DORA-22, verso il OX1R del cane [30], indicando che qualsiasi

differenza nella funzione biologica di questo recettore nei cani potrebbe non essere

dovuta a differenze nell’attività del recettore, ma potrebbe essere spiegato con

variazioni di espressione differenziale o regionale.

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24

Recettore dell’Orexina 2.

Le sequenze di OX2R dei mammiferi mostrano una conservazione ancora maggiore

tra le specie (tabella 5), cosa che è probabilmente una conseguenza del suo ruolo

principale nel mediare gli effetti dell’orexina sullo stato di eccitazione e di veglia.

Tabella 5.

Allo stesso modo di OX1R, la massima divergenza tra le sequenze di ratto, cane, e

umano si verifica all'interno del loop citoplasmatico tra le eliche transmembrana

cinque e sei (figura 3B), suggerendo che queste posizioni non sono critiche per la

trasduzione del segnale di attivazione o per un segnale successivo della proteina G.

All'interno delle regioni transmembrana e della regione del legame del ligando, si

osservano soltanto sostituzioni di aminoacido conservato. La posizione più

divergente sembra essere situata nel secondo loop extracellulare tra le eliche

transmembrana quattro e cinque dove si trova un residuo Phe al posto di Leu nelle

sequenze di ratto e cane. Sebbene questo cambiamento rappresenti una sostituzione

da un residuo aromatico a uno alifatico, entrambi sono idrofobi. Tra le regioni di

OX2R che rimangono invariate nelle sequenze di umano, cane, e ratto ci sono quelle

critiche per l'interazione con i peptidi OX-A e OX-B, come pure con small

molecules antagoniste del recettore. La tasca di legame del ligando è formata da

un’interfaccia tra le eliche transmembrana, in profondità all'interno della porzione

extracellulare di entrambi i recettori. Come indicato da studi funzionali, le small

molecules antagoniste descritte in letteratura agiscono in modo ortosterico, in

quanto competono per il legame con residui critici per l'interazione del peptide

endogeno. Il terzo dominio transmembrana sembra essere il più critico, visto che

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25

rappresenta la zona dove il cambio della sequenza di OX2R rispetto a OX1R varia

le proprietà di legame del ligando. [31] La porzione extracellulare del terzo dominio

transmembrana contiene anche Gln134 e Thr135, residui essenziali rispettivamente

per l’interazione con il ligando peptidico e con le small molecole [32]. È da notare

che la sostituzione di Thr135 con un’alanina in OX2R, che corrisponde all’Ala135

in OX1R, ostacola notevolmente il legame delle small molecules, ma induce un

piccolo aumento dell'attività verso OX-B [32]. Anche altri residui contenuti nelle

porzioni extracellulari dei domini transmembrana 6 e 7 contribuiscono alla

formazione del sito di legame delle small molecules[ 32].

Dal punto di vista dell’evoluzione, i OX2R sembrano essere una aggiunta più antica

alla classe B dei recettori accoppiati a proteine G, rispetto a OX1R, che invece

sembrano derivare da una più recente duplicazione del gene [26]. I geni Hcrtr1

codificanti i OX1R non sono stati identificati al di fuori della classe dei mammiferi

(figura 4), il che suggerisce che queste proteine rappresenti siano coinvolte nel

perfezionamento del sonno, nel controllo della veglia o potenzialmente in altre

funzioni comportamentali uniche nei mammiferi.

Figura 4.

Utilizzando le sequenze dei recettori umani per l’orexina nelle ricerche BLASTP,

sono state identificate proteine che mostravano similitudine con questi recettori,

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compresi i recettori FF1 e 2 (recettori NPFF1 e 2), i recettori per la sostanza K,

GPR83, i recettori per il neuropeptide Y, e i recettori del peptide QRF (recettore

QRFP, anche conosciuto come GPR103). Sebbene i recettori NPFF1 e 2

condividano un maggior numero di aminoacidi nelle identiche posizioni con OX2R

(31 e 33%) rispetto al recettore QRFP (27%), i recettori QRFP hanno un maggior

numero di posizioni di aminoacidi conservati o simili. Quando i recettori QRFP e

NPFF sono inclusi nell’analisi filogenetica, sono i recettori QRFP ad essere risultati

più simili ai recettori per l’orexina (figura 4). Questa analogia di sequenza e la

mancanza di identità, suggerisce che i recettori QRFP si sono discostati dai recettori

per l’orexina prima dei recettori NPFF, ma hanno acquisito una selettività tale da

mantenere una sequenza omologa. Dopo somministarzione centrale ligandi per il

recettore QRFP sono stati segnalati effetti quali aumenti di eccitazione e di attività

locomotoria, aumenti nell’alimentazione, regolazione del bilancio energetico,

modulazione delle risposte al dolore [33,34], funzioni molto simili a quelle

dell’orexina.

Vie di segnale della Proteina G del Recettore dell’Orexina.

L’attivazione di OX1R e OX2R da parte dell’orexina provoca un’attivazione delle

cellule bersaglio, e in genere si riflette in un aumento intracellulare di livelli di Ca2+

e di eccitazione postsinaptica che può durare diversi minuti [18,53, 42,35]. Sono

state anche evidenziate la modulazione presinaptica del rilascio di

neurotrasmettitore e la modulazione postsinaptica delle risposte ad altri

neurotrasmettitori, in particolare per OX2R, le cui vie di segnale cellulare sembrano

diverse. Le vie di segnale intracellulari specifiche a cui ciascuno di questi recettori

partecipa probabilmente dipendono dall’espressione cellulare e dalla localizzazione

subcellulare (ad esempio, presinaptica rispetto alla postsinaptica) di altri

componenti di segnalazione, come il secondo-messaggero. Gli studi eseguiti sia in

neuroni primari nativi e in sistemi cellulari che esprimono i recettori dell’orexina

ricombinanti, indicano che questi recettori accoppiati a proteine G aumentano il

Ca2+ intracellulare attraverso l’attivazione Gq/11 [36,37]. Pare che entrambi i

recettori dell’orexina agiscano principalmente attraverso Gq/11, ma qualche prova

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27

suggerisce che entrambi i recettori siano anche in grado di modulare i livelli ciclici

di nucleotidi attraverso Gas e Gai/o, anche se il loro effetto intracellulare

predominante è quello di aumentare il livello intracellulare di Ca2+ [38,37]. Il

meccanismo diretto attraverso il quale Gaq/11 induce i livelli di Ca2+ nelle cellule

responsive all’orexina è l’attivazione della fosfolipasi C (PLC), che innesca la

liberazione di inositolo-1,4,5-trifosfato (IP3) e il rilascio di Ca2+ dai depositi

intracellulari attraverso i recettori IP3 [39]. Tuttavia, la piena risposta del Ca2+

mediata da OX2R richiede Ca2+ extracellulare attraverso i canali per i cationi non-

voltaggio-dipendenti, che potenziano la risposta della PLC [36,41] o tramite i canali

di tipo L e N del Ca2+ [40]. Un altro lavoro ha suggerito un meccanismo attraverso

il quale il diacilglicerolo, liberato da PLC, potrebbe direttamente attivare i recettori

quali potenziali canali responsabili dell’afflusso di Ca2+ [41]. La capacità di OX2R

di aumentare il Ca2+ intracellulare, come pure di regolare i livelli di cAMP, permette

ai segnali dell’orexina di modulare sia il rilascio presinaptico di neurotrasmettitori

che la risposta postsinaptica ad altri trasmettitori. L’orexina può regolare il rilascio

presinaptico di serotonina, GABA o glutammato [42]. Postsinapticamente nella

VTA, le risposte Ca+2-indotte dall’orexina possono indurre cambiamenti di lunga

durata nell’espressione del recettore N-metil-D-aspartato, potenziando in tal modo

la risposta di questi neuroni per diverse ore. I neuroni dell’orexina rilasciano anche

dinorfina, che attenua i potenziali post-sinaptici inibitori, un effetto che in definitiva

potenzia l’attivazione post-sinaptica indotta dall’orexina nei neuroni dei nuclei

tuberomammillari (TMN) [43]. Questo effetto sinergico dei neuropeptidi potrebbe

fornire una spiegazione per l'obesità più pronunciata e per fenotipi di deregolazione

REM di modelli animali in cui OX2R e i neuroni che secernono orexina sono

geneticamente ablati, rispetto agli animali Hcrt-knockout che hanno una mutazione

nel gene codificante il peptide prepro-orexina [44].

Neuroni dell’Orexina quale componente chiave nelle vie di regolazione del

sonno

L'identificazione di geni mutanti hcrtr2 codificanti versioni tronche di OX2R

responsabili della narcolessia canina trasmessa geneticamente [27] e la descrizione

del fenotipo narcolettico di topi Hcrt-knockout, [45] hanno avviato approfondite

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indagini sui meccanismi attraverso i quali le orexine promuovono la veglia e il

controllo dello stato di vigilanza. Questi risultati hanno anche portato a focalizzare

gli sforzi per lo sviluppo di small molecules antagoniste per valutare la funzione dei

recettori dell’orexina nel sonno e per convalidare questi recettori quali target per lo

sviluppo di terapie farmacologiche.

Vie di regolazione neurologiche del sonno

L'identificazione dei neuropeptidi dell’orexina ed i loro recettori ha ampliato la

comprensione del network di vie neuronali coinvolte nell'interazione tra il sonno ed

i centri che stimolano l’eccitazione, e come queste aree interagiscono per

controllare lo stato di veglia. L’influenza predominante che favorisce il sonno nel

cervello è fornita dal nucleo preottico ventrolaterale (VLPO) e dalle aree preottiche

mediane adiacenti. I neuroni del VLPO sono per lo più attivi durante il sonno

NREM, parzialmente attivi durante il sonno REM, e silenti durante la veglia. Questi

mandano proiezioni inibitorie per promuovere l'eccitazione delle aree, tra cui i

nuclei tuberomammillari (TMN), i nuclei laterodorsali ed i nuclei tegmentali

pedunculopontini (LDT, PPT), il locus ceruleus (LC), i nuclei del rafe dorsale (DR),

l’area ventrale tegmentale (VTA) [46,47] ed, in particolare, i neuroni orexinergici

dell’LH. Questa influenza inibitoria è mediata principalmente dal GABA. Infatti, è

stato ipotizzato che il potenziamento dei segnali del GABA dal VLPO potesse

essere alla base del meccanismo d'azione dei farmaci che inducono il sonno

attualmente in commercio (ad esempio, zolpidem ed eszopiclone) [47]. I neuroni

che secernono orexina dall’LH si proiettano verso i nuclei del tronco cerebrale

coinvolti nella promozione dell’eccitazione (figura 5).

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Figura 5.

L’attività di questi nuclei, tra cui il TMN, LDT/PPT, DR e LC, dipende dal bilancio

dell’influenza imposta da entrambi i segnali inibitori provenienti dal VLPO e quelli

eccitatori forniti dall’orexina. In definitiva, l'integrazione di questi segnali

determina lo stato di veglia e quello comportamentale. Una primaria proiezione

orexinergica viene inviata ai TMN, che preferenzialmente esprimono OX2R rispetto

a OX1R [49]. I neuroni TMN si proiettano ampiamente alla corteccia prefrontale

(PFC), talamo, e altre strutture sottocorticali e sono normalmente attivi durante la

veglia e progressivamente meno attivi durante il sonno NREM e REM. Essi

rappresentano la fonte primaria di neuroni istaminergici (HA) nel cervello, ed

agonisti e antagonisti per i recettori HA rispettivamente promuovono e attenuano lo

stato di veglia [50]. L’up-regulation di questa attività istaminergica è alla base del

meccanismo di una nuova classe di farmaci che promuovono il risveglio mediante

inibizione dei recettori H3 dell'istamina, contrastando così i ridotti livelli di HA

osservati nei soggetti narcolettici [27,47]. I neuroni dell’orexina inviano anche

proiezioni ai nuclei colinergici tegmentali (LDT e PPT), come pure ai neuroni LC

noradrenergici ed ai DR serotoninergici. I OX1R sono principalmente espressi nel

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LC, mentre entrambi i recettori dell’orexina sono rilevabili nel LDT, PPT, e DR

(figura 5) [49]. Insieme ad influenze che promuovono l’eccitazione, queste aree del

tronco cerebrale sono anche responsabili in modo particolare dell’alternanza fra lo

stato di veglia e l’inizio e fine del sonno REM. Le influenze dell’orexina sui neuroni

del LDT e PPT regolano anche l’atonia muscolare che accompagna il sonno REM,

attraverso gli effetti sia diretti che indiretti sui neuroni ventromediali del midollo,

che a loro volta inibiscono i motoneuroni spinali attraverso le proiezioni del GABA

[46, 47].

Le orexine A e B promuovono il risveglio e modulano lo stato di veglia.

Le Orexine forniscono un segnale di eccitazione che è sia necessario che sufficiente

per la normale regolazione del ciclo sonno/veglia. Nel corso del ciclo circadiano

delle 24 ore, i cambiamenti nello stato di veglia sono concomitanti alle oscillazioni

dei livelli dell’orexina. In modelli di animali notturni, i livelli di orexina aumentano

durante le ore notturne, con un picco tardivo nella fase attiva, mentre nei primati, i

livelli di OX-A nel CSF si accumulano nelle ore diurne, con un picco appena prima

della fase di oscurità [52]. L’OX-A somministrata (tramite iniezione

intracerebroventricolare) ai ratti determina un aumento dell'attività locomotoria,

della cura di sé e della veglia, mentre il tempo medio trascorso nelle fasi NREM e

REM del sonno è ridotto. Questi effetti sono maggiori quando l’OX-A è

somministrata durante la fase inattiva, quando i livelli di orexina endogena sono al

minimo e a stento rilevabili, rispetto a quando viene applicata durante periodi di

veglia, come ci si aspetterebbe da un segnale di eccitazione [53]. L’OX-A promuove

anche il risveglio nei topi con una selezionata ablazione genetica dei neuroni

orexigenici. In questo caso, i livelli di veglia e di soppressione del sonno NREM e

REM in animali mutati superano quelli osservati negli animali wild-type trattati allo

stesso modo [24], indicando che i componenti di segnalazione dell’orexina a valle,

tra cui anche i recettori dell’orexina, sono intatti e sono up-regolati in questi mutati

e che il solo neuropeptide è sufficiente come segnale di veglia. Risultati simili sono

stati riscontrati in cani narcolettici dove l’OX-A risulta efficace in un fenotipo di

cataplessia e ipersonnolenza, in un animale che possiede una mutazione nel gene

Hcrt codificante la prepro-orexina, ma non ha alcun effetto su cani con mutazioni

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del gene per OX2R [54]. È sufficiente l’attivazione artificiale di neuroni secernenti

orexina per stimolare l'eccitazione. In un interessante set di esperimenti,

Adamantidis et al. (2007) [55] e successivamente Carter et al. (2009) [56], hanno

utilizzato topi in cui l’espressione del canale della rodopsina 2 è regolata dal

promotore Hcrt, in modo tale che i neuroni contenenti orexina potessero essere

stimolati con la luce per mezzo di fibre ottiche. L’attivazione dei neuroni orexigeni

nel LH di questi topi induceva transizioni dal sonno NREM o REM ad uno stato di

veglia [55], ma a fronte di un aumento di induzione al sonno causata da una

privazione del sonno, questi effetti che promuovono la veglia come pure

l'attivazione orexina-dipendente dei neuroni TMN e LC sono risultati minori,

indicando che le influenze omeostatiche convergono a valle dell’attivazione del

neurone dell’orexina [56].

Modulazione delle vie di segnale dell’Orexina

In generale, il tempo e la durata del sonno e della veglia sono regolati da due fattori

differenti: il ciclo circadiano che allinea i tempi fisiologici dell’organismo e il

comportamento dovuto ai fattori temporali ambientali quotidiani, e lo stimolo

omeostatico al sonno che allinea le proprietà ristoratrici del riposo con i bisogni

fisiologici ed energetici. Il pacemaker circadiano endogeno risiede nei nuclei

soprachiasmatici (SCN) dell'ipotalamo, e controlla i cicli giornalieri di veglia,

attività locomotoria, motilità intestinale, e la tempistica del sonno anche in assenza

di stimoli esterni, come cambiamenti dell'illuminazione ambientale è [57]. Quando

coltivati in coltura, i neuroni del SCN in sé hanno periodi di attività elettrica di circa

24 h. L'attività del SCN viene influenzata principalmente dall'ambiente, da stimoli

di illuminazione ambientale [58]. Lo stimolo proveniente dal SCN nei confronti del

sistema del sonno è veicolato attraverso la zona ventrale subparaventricolare verso

il nucleo dorso mediale dell'ipotalamo (DMH). Da qui il DMH si protende verso i

neuroni VLPO tramite proiezioni GABA inibitorie e invia le connessioni eccitatorie

all’orexina contenente i neuroni LH . Il DMH, che è in gran parte attivo durante la

veglia , riceve anche gli input relativi all'appetito, all’alimentazione, alla

temperatura corporea, tale che certi livelli di regolazione omeostatica possono

verificarsi a questo livello. Insieme, il DSM e il VLPO coordinano l'attività dei

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neuroni dell’orexina per regolare l'eccitazione in linea con gli stimoli ambientali

circadiani. Il meccanismo specifico attraverso il quale lo stimolo omeostatico verso

il sonno viene mediato è meno chiaro, tuttavia, si pensa che sia associato

all'omeostasi energetica e alla necessità di risparmiare energia metabolica. Il

bisogno di sonno si accumula con la veglia, così che lo stimolo al sonno si accumula

con la mancanza di sonno. L’evidenza che i neuroni dell’orexina sono un sito di

integrazione per influenze omeostatiche risiede nelle osservazioni che il cell firing

(aumento di energia) dell’orexina è aumentato dall’applicazione diretta di

acetilcolina, glutammato, e di grelina e diminuita dalla leptina, glucosio,

noradrenalina, 5-HT, e GABA [59]. Un candidato adatto a questa regolazione è

l’adenosina, perché durante la veglia prolungata, l’ATP è degradato ad ADP, AMP,

ed, infine, a adenosina, che si accumula nelle parti del cervello [60]. I neuroni

dell’orexina esprimono i recettori A1 dell’adenosina, e l'applicazione

dell'antagonista A1R dell’adenosina, l’1,3,-dipropil-8-fenilxantina, nell’LH

aumenta la veglia e sopprime sia il sonno REM che NREM [61]. La microinfusione

dell’agonista A2A dell’adenosina, il 2-[p-(2-carbossieti)fenil-etilammino]-5’-N-

etilcarbossammidoadenosina (CGS21680), nello striato ventrale promuove il sonno

e attenua la produzione di c-Fos in cellule produttrici di orexina, suggerendo non

solo che l’effetto promotore del sonno tipico dell’adenosina può essere agevolato

da un cell firing orexinergico ridotto, ma anche che la segnalazione orexinergica

non è necessariamente il meccanismo esclusivo per la promozione del sonno

mediato dall’adenosina [62]. Anche fattori di rilascio della corticotropina (CRF) e

dopamina sembrano modulare l'influenza dell’orexina sulla veglia. La segnalazione

CRF in risposta allo stress rappresenta una possibile interazione con il sistema

dell’orexina ed il sonno, perché gli elevati livelli di ormone sono associati al

risveglio, e la somministrazione intracerebroventricolare del CRF induce la veglia

e l’attività locomotoria [27]. Qualsiasi interazione con la via di segnale del CRF,

tuttavia, appare essere a monte dell’orexina, perché l’eccitazione indotta

dall’orexina persiste nei recettori CRF knockout, così come in presenza di

antagonisti del recettore CRF [63]. Di recente sono emerse anche prove relative alla

modulazione dei segnali dell’orexina nell’eccitazione e nello stato di veglia

prodotte dalla dopamina [27]. Nei topi knockout carenti del peptide orexina,

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l’attivazione del recettore farmacologico D1 fa diminuire gli attacchi di sonno

rispetto agli animali wild-type. Viceversa, l'ipersonnolenza di questi animali è

aggravata dall’antagonismo del D1, mentre il modulatore del recettore D2 ha un

effetto scarso o quasi nullo sull’eccitazione[64]. Attacchi di cataplessia, tuttavia,

sono interessati dall’attività del recettore D2; l’attivazione e l’inibizione

farmacologica del D2 sono associate rispettivamente a sostanziali aumenti e

diminuzioni nell’arresto comportamentale [64]. Questi ulteriori studi illustrano

l'esistenza di percorsi distinti per il controllo dell’eccitazione e la regolazione dello

stato di veglia, nonché del coinvolgimento del sottotipo recettoriale della dopamina.

In conclusione, raccogliendo le varie evidenze sperimentali a riguardo, è stato

possibile definire il ruolo delle orexine nelle vie di segnale del ciclo sonno/veglia

(figura 6).

La validazione genetica del sistema dell’orexina dai topi ai cani agli esseri umani

per il potenziale trattamento dei disturbi del sonno ha attratto rapidamente

l'attenzione dell'industria farmaceutica. Poco dopo le pubblicazioni sulla

narcolessia umana nel 2000, sono uscite le prime pubblicazioni riguardanti: (i) la

frammentazione dei peptidi orexinici [65,66] per l’ottenimento di nuovi agonisti

come potenziale trattamento per la narcolessia; (ii) lo sviluppo delle prime small

molecules antagonisti del recettore per il trattamento dei disturbi del sonno come

l'insonnia.[67,68]

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Figura 6. Vie di segnale associate all’orexina. NE = noradrenergici; 5-HT =

serotoninergici; Ach = colinergici; DA = dopaminergico; HA = istaminergico; NAc

= nucleo accumbens.

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ANTAGONISTI DELL’OREXINA

La scoperta, la caratterizzazione, e l'associazione genetica del sistema dell’orexina

con il ciclo sonno/veglia e l’ipotesi per altre potenziali indicazioni ha stimolato

un’intensa attività nel settore industriale tra il 1999 e il 2007, con l'obiettivo di

scoprire nuovi antagonisti di orexina. In questo breve periodo, sono state depositate

più di 50 domande di brevetto da parte di numerose aziende che hanno cercato di

identificare piccole molecole antagoniste, da impiegare come strumenti per studiare

la farmacologia del recettore. [69] Da notare che i ricercatori della SmithKline

Beecham (ora GlaxoSmithKline, GSK) erano coautori nelle prime comunicazioni

della scoperta del sistema dell’orexina nel 1998.

Nei primi anni del 2000, sono sorte alcune questioni sull’argomento durante la

progettazione di nuovi farmaci. In primo luogo, anche se i GPCR sono

generalmente ritenuti altamente interessanti quali target farmacologici, potrebbero

essere studiati al fine di identificare nuovi leads antagonisti dell’orexina?

In secondo luogo, quale tipo di antagonista dell’orexina sarebbe il più efficace per

il trattamento dell'insonnia: OX1R selettivo (l-SORA), OX2R selettivo (2-SORA),

o antagonisti duali dei recettori dell’orexina (DORA)? Infine, le piccole molecole

antagoniste potrebbero essere utilizzate per un efficace trattamento dell'insonnia?

Questa tesi cercherà di fornire delle prospettive in merito e possibili risposte a

queste domande.

Nella figura 7 sono riportate alcune piccole molecole, antagoniste dell’orexina con

diversi profili di selettività, scoperte prima del 2007.

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Figura 7. Esempi di ligandi 1-SORA, 2-SORA, e DORA.

Come indicato in precedenza, la GSK ha mostrato un notevole interesse per

l’orexina come target per la scoperta di farmaci. Infatti, il team della GSK ha

pubblicato per primo un documento sugli antagonisti dell’orexina, nel quale si

descrive la scoperta di una serie di uree 1,3-biariliche come molecole lead l-

SORA.[70,71] Questi risultati sono stati ottenuti utilizzando vari tipi di saggi:

(HTS), (FLIPR), su cellule CHO che esprimono OX1R e OX2R e misurando

l'inibizione del rilascio di calcio intracellulare indotto da orexina. Questo saggio

(potenze espresse in valori di IC50 o pKB), insieme a saggi di binding con

radioligando (potenze espresse in valori Ki), sono i saggi principali utilizzati nello

studio di modulatori del sistema dell’orexina.

Da notare che gli antagonisti selettivi dei recettori dell’orexina sono definiti quei

composti che mostrano una selettività maggiore di 20 per OX1R o OX2R, misurata

attraverso FLIPR o mediante saggi di binding, mentre si definiscono antagonisti

duali molecole che mostrano una selettività minore di 20 verso i due sottotipi

recettoriali [72]. L’ottimizzazione dell’hit iniziale ha portato alla scoperta di l-

SORA 1 (SB-334867), una piccola molecola potente, selettiva, e che è in grado di

superare la barriera ematoencefalica. Nonostante il composto 1 non mostrasse

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biodisponibilità orale, ha dimostrato, attraverso la somministrazione periferica, una

notevole inversione del comportamento indotto da orexina-A senza indurre

notevole sedazione nei ratti.[73]

Questi strumenti hanno gettato le basi per ulteriori scoperte da parte di altri gruppi

di ricerca.

I ligandi 2-SORA sono stati scoperti poco dopo 1-SORA da scienziati della Johnson

& Johnson (J&J), Merck e Actelion. 2-SORA 4 (JNJ-1037049) assomiglia a 1-

SORA 1 e 2 in quanto presenta anch’esso un gruppo centrale ureidico.[74] Questo

studio rappresenta un esempio di switching farmacologico nel campo dell’orexina,

da 1-SORA a 2-SORA, pur mantenendo il nucleo centrale comune. Il termine

switching farmacologico nel campo dell’orexina è definito in un recente lavoro [75]

come un passaggio da un profilo di selettività ad un altro (DORA, 1-SORA, 2-

SORA), ottenuto mediante piccole modifiche su uno stesso scaffold centrale.

Il composto 4 è risultato molto potente su OX2R, con una pKB di 8.3, una selettività

600 volte maggiore rispetto a OX1R, e alti livelli di selettività rispetto ad altri target.

Dopo diversi anni, è stato riportato che questo ligando 2-SORA è efficace nel

modulare il sonno nel ratto, come evidenziato da misurazioni

elettroencefalografiche (EEG), dopo somministrazione periferica (IP,

intraperitoneale). [76] Questo è il primo esempio di efficacia in vivo di un ligando

2-SORA.

Gruppi di ricercatori della Merck e Actelion hanno identificato altre serie di ligandi

2-SORA, tra cui la tetraidroisochinolina 5 e il derivato sulfonamidico della glicina

6 (EMPA), dimostrando notevole diversità strutturale nell’ambito degli antagonisti

dell’orexina.[77,78]. I gruppi di ricerca della Merck e Actelion hanno descritto

anche diverse serie interessanti di DORA come il chinazolinone triciclico 7, [79] la

bis-ammide della prolina 8, [80] e la sulfonammide della glicina 9.[81] Da notare

che DORA 8 e 9 possono essere considerati eccellenti esempi di switching

farmacologico a partire rispettivamente da 1-SORA 3 e 2-SORA 6. DORA 8 ha

dimostrato un'efficacia dose-dipendente nel saggio di iperlocomozione orexina-A

indotta, dopo somministrazione periferica. Sia DORA 8 che 9 hanno dimostrato

efficacia nella modulazione del sonno nei ratti dopo somministrazione orale, anche

se ad alte dosi, rispettivamente di 100mg/kg e 300mg/kg. Questi composti sono stati

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in grado di ridurre il risveglio attivo e di aumentare il sonno REM (movimento

rapido degli occhi) e NREM (movimento degli occhi non rapido) durante la fase

attiva dei ratti, con efficacia comparabile a quella riscontrata con 2-SORA 4. In

sostanza, la scoperta di molti differenti chemiotipi con vari profili di selettività

suggerisce che il sistema dell’orexina è altamente druggable. Anche se non ottimale,

l'efficacia in vivo dimostrata da 2-SORA e DORA, e la mancanza di efficacia per

1-SORA, suggerisce che le prime due classi di antagonisti dell’orexina hanno un

potenziale quali nuovi agenti terapeutici per il trattamento dell'insonnia.

CANDIDATI CLINICI DORA DELLA ACTELION

Actelion Pharmaceuticals, Ltd. è stata una delle prime aziende a mostrare notevole

interesse nel campo dell’orexina, in virtù della scoperta degli antagonisti, come 2-

SORA 6 e DORA 7 e 9 (figura 7). Mediante studi HTS si è inoltre identificata una

serie di antagonisti a struttura tetraidroisochinolina (THIQ), strutturalmente simili

a 2-SORA 5 (figura 7), che la Merck ha scoperto nello stesso periodo. Diversamente

da 2-SORA 5, il composto lead della Actelion 10 ha mostrato un profilo 1-SORA,

con una selettività funzionale di 68-volte (saggio FLIPR) rispetto a OX2R, come

mostrato in figura 4.[82]

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Figura 8. Strategia per lo sviluppo di DORA 15: il primo DORA a raggiungere

sperimentazione clinica per il trattamento dell'insonnia.

Sulla base della struttura del composto lead 10, sforzi chimici paralleli sono stati

condotti al fine di modificare alcuni gruppi funzionali per sviluppare nuovi derivati.

Modifiche della porzione ammidica hanno permesso un notevole aumento della

potenza su entrambi i recettori, come per l’ammide del metossindano 11. Piccole

modifiche della struttura della dimetossi-THIQ, hanno permesso un significativo

aumento di potenza e selettività nei confronti di OX1R, come per 12.

Complessivamente, è evidente che piccole modifiche strutturali potevano portare

ad ampie oscillazioni nel profilo di selettività. Ulteriori studi SAR (relazioni

struttura-attività) sui DORA hanno condotto alla modifica dell’anello aromatico

della catena laterale legata alla scaffold THQ, come la sostituzione della funzione

3,4-dimetossifenil con il sistema 3,4-diclorofenilico, che ha fornito il composto 13,

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con un profilo DORA. Il team di Actelion ha poi ampliato queste SAR iniziali con

varie tornate di sintesi parallele, ottenendo, in ultima analisi, attraverso la

trasposizione della funzione benzilammidica aromatica, la THIQ fenilglicina 14,

che è risultata ben tollerata e ha mantenuto un profilo eccellente di tipo DORA. In

seguito, alcuni lead come DORA 14, sono stati ulteriormente modificati al fine di

ottimizzare la potenza, le proprietà fisico-chimiche, la farmacocinetica e l'efficacia

in vivo in modelli preclinici di sonno. Questi sforzi hanno portato all’ottenimento

del composto 15, un DORA molto potente con proprietà appropriate per una

ulteriore caratterizzazione.

Il team di Actelion ha pubblicato un articolo nel 2007 sulla rivista Nature Medicine

dove descrive la caratterizzazione clinica e preclinica di DORA 15 (ACT-078573;

almorexant) in modelli di sonno di roditori e cani e in soggetti umani in buona

salute.[83] Questo antagonista dell’orexina è uno dei composti più potenti riportati

al momento, con un IC50 su OX1R di 13 nM e su OX2R di 8 nM e un profilo di

selettività eccellente nei confronti di un vasto pannello di GPCR, canali ionici, ed

enzimi (Figura 9).

Figura 9. Caratterizzazione preclinica di DORA 15.

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DORA 15 presenta una elevata percentuale di legame alle proteine nel roditore; la

concentrazione cerebrale di composto libero è proporzionale alla quantità

plasmatica di composto non legato, e questo suggerisce un'adeguata penetrazione

nel cervello. In particolare, DORA 15 era moderatamente biodisponibile nel ratto e

nel cane e ciò ha consentito la valutazione dell’efficacia del sonno. Somministrando

DORA 15 ai ratti, per via orale durante il loro periodo attivo del sonno, si è potuto

osservare la sua efficacia dose-dipendente sul sonno mediante EEG e EMG

(elettromiografia): si evidenzia una diminuita efficienza sul risveglio attivo

(efficienza=normalizzata per un determinato periodo di tempo, in questo caso 12 h)

ed un aumento dell’efficienza REM e NREM (>30 mg/kg) in proporzione al sonno

fisiologico normale.[84] La Tabella 6 mostra i dati che rappresentano il profilo di

efficacia di DORA sul sonno del topo, con significativi incrementi nella durata delle

fasi NREM e REM, come pure riduzioni nel tempo di passaggio da una fase all’altra

del sonno. Questo profilo EEG è stato confrontato con l’effetto di zolpidem nei topi

(100 mg/kg, Ambien) e sono state notate differenze nella proporzione

dell’efficienza REM. Zolpidem riduceva significamente l’efficienza REM, il che

costituiva la prima prova di differenziazione tra antagonismo dell’orexina e la

modulazione del GABAA, per quanto riguarda l’andamento del sonno.

Tabella 6. Caratteristiche del sonno di ratto dopo somministrazione orale di DORA

15 a ratti maschi Wistar.

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Oltre alle differenze strutturali del sonno, le differenze farmacologiche tra gli

antagonisti dell’orexina ed i modulatori del GABA sono state studiate da altri

gruppi di ricerca, evidenziando margini terapeutici preclinici più ampi per gli

antagonisti dell’orexina sulla cognizione.[85]

In uno studio condotto su cani beagle, la somministrazione di DORA 15 ha

determinato una diminuzione dose-dipendente nel grado di mobilità valutato

attraverso un video per monitorare le posture durante il sonno ed il tempo trascorso

in stato di veglia tranquilla. Questi effetti risultano statisticamente significativi alla

dose di 100 mg/kg, ed è stato osservato che l'ingresso di una persona familiare

durante il corso dell'esperimento non provoca una cataplessia stimolo-indotta, cosa

che si osserva spesso nei cani narcolettici. Questa è stata la prima indicazione che

l'antagonismo farmacologico del sistema dell’orexina con piccole molecole poteva

ridurre la veglia nei non roditori. Nei soggetti maschi sani, la somministrazione

orale di DORA 15 ha portato ad una minore vigilanza come registrato dalla scala

analogica visiva (VAS) Bond-Ladder, a dosi superiori o uguali a 400 mg. Le

registrazioni EEG di questi pazienti hanno anche indicato l'insorgenza del sonno in

fase 2 (NREM) a dosi di 200 mg di DORA 15. Questi studi sono stati i primi a

dimostrare l'efficacia preclinica sul sonno in soggetti umani; un risultato

fondamentale in questo campo. Sulla base di questi dati, DORA 15 è stato

sottoposto agli studi clinici più avanzati per il trattamento dell'insonnia.

Una recente pubblicazione del team Actelion descrive il metabolismo, la

distribuzione, e l'escrezione di una forma radiomarcata di DORA 15.[86,87] Dopo

somministrazione orale di 200 mg a sei volontari sani di sesso maschile, DORA 15

viene ampiamente metabolizzato, generando 47 metaboliti in vivo (21 nel plasma),

di cui quattro sono i composti principali, come illustrato nella figura 10. Dei quattro

principali metaboliti, l’isochinolinio 16 potrebbe essere considerato direttamente

elettrofilo ed i metaboliti fenolici 18 e 19 potrebbero generare intermedi elettrofili

sottoforma di orto-chinoni o para-chinoni metilati attraverso un’ulteriore

ossidazione. La concentrazione assoluta di ciascuno di questi metaboliti è risultata

paragonabile al composto di partenza DORA 15, e questo potrebbe rappresentare

un rischio per la tossicità idiosincratica per la cattura di nucleofili biologicamente

rilevanti. Questi risultati clinici sul metabolismo potrebbero aver contribuito alla

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fine dello sviluppo clinico di DORA 15 a causa di "aumenti transitori frequenti degli

enzimi epatici", come recentemente riportato.[88]

Figura 10. I principali metaboliti identificati dopo la somministrazione di una dose

di 200 mg di DORA 15 a volontari umani.

Inoltre è stato valutato che la biodisponibilità orale di DORA 15 nei soggetti umani

è circa l’11%, probabilmente a causa dell’elevato metabolismo di primo passaggio.

Nel loro insieme, il profilo metabolico e la biodisponibilità orale di DORA 15 ha

fornito ulteriori opportunità per l'ottimizzazione del composto. Tuttavia, la scoperta,

e la caratterizzazione preclinica e clinica di DORA 15 hanno rappresentato un

importante passo avanti nel campo dell’orexina.

Dopo la scoperta di DORA 15, i ricercatori di Actelion hanno studiato ulteriori serie

di antagonisti dell’orexina, da ottimizzare per l’ottenimento di candidati clinici.

Una recente pubblicazione ha descritto l'identificazione e lo sviluppo di una serie

strutturalmente distinta di composti DORA, sviluppata sulla base del lead

solfonammidico della prolina 20 (Figura 11).[89]

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44

Figura 11. Strategia per lo sviluppo di DORA 22: un derivato DORA

strutturalmente originale candidato allo sviluppo clinico per il trattamento

dell’insonnia.

Questa struttura lead, relativamente compatta, ha dimostrato un'eccellente potenza

funzionale su entrambi i recettori dell’orexina, paragonabile a DORA 15,

un'adeguata penetrazione cerebrale, ma una elevata clearance microsomiale sia nel

ratto che nell’uomo. La presenza di un gruppo tiofenico alogenato e di un’anilide

ariltiometilica non sono risultate ottimali rispetto al potenziale di bioattivazione e

al metabolismo, quindi i ricercatori di Actelion hanno utilizzato un approccio SAR

per ottimizzare DORA 20, procedendo alla sostituzione di tali gruppi. L’inserimento

di un sostituente 4-metossifenilico in DORA 21 come isostero del gruppo

bromotiofenico, ha mostrato lo svantaggio di produrre una moderata attività

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inibitoria del CYP3A4 (IC50=8 M). Modificando variamente la porzione anilidica

si è arrivati alla sottostruttura 3,5-dimetilfenilica in DORA 22, che mantiene la

potenza dell’orexina e presenta una minore attività inibitoria del CYP3A4(IC50=15

M). Sono stati eseguiti ampi studi SAR per ottimizzare ulteriormente le proprietà

di DORA 22, ma non è stato possibile trovare nessuna modifica che offrisse un

ulteriore miglioramento del profilo di inibizione di CYP3A4. Quindi, questa

molecola è stata avanzata per ulteriori studi in vivo. DORA 22 ha mostrato

un’eccellente specificità per l’attività su orexina, risultando inattiva, a dosi inferiori

a 10 M, su un ampio panel di 124 target (Figura 12).

Figura 12. Caratterizzazione preclinica di DORA 22. (a) mL/min/kg.

DORA 22 si lega in alta percentuale alle proteine plasmatiche e mantriene la

permeazione nel sistema nervoso centrale del composto lead iniziale.

L'eliminazione del bromotiofene nella molecola lead DORA 20 ha determinato un

miglioramento dei parametri farmacocinetici in vitro (clearance microsomiale) e in

vivo, anche se si deve notare che i metaboliti dell'anilina possono rappresentare un

rischio di bioattivazione nello sviluppo clinico.[90] DORA 22 ha mostrato moderata

clearance e biodisponibilità orale nel ratto e nel cane, nonchè un'emivita accettabile

per un agente per il trattamento dell'insonnia (circa 2 h). Questo DORA ottimizzato

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è stato caratterizzato in esperimenti EEG orali e ha determinato riduzioni

significative nella veglia attiva e aumenti della fase NREM e REM del sonno, a dosi

di 100 mg/kg e 100 mg/die (circa 10 mg/kg per un cane di 10 kg) rispettivamente

nel ratto e nel cane. Sulla base di questa caratterizzazione, DORA 22 (ACT-462206)

è in fase avanzata di sperimentazione clinica.

ANTAGONISTI DELL’OREXINA E UN CANDIDATO CLINICO DORA DELLA

GSK.

La GSK ha svolto un ruolo chiave nella ricerca in questo campo fin dall’inizio.

Mentre la pubblicazione che descrive la scoperta di DORA 28 (SB-649868) è

apparsa nel 2011,[91] nella letteratura brevettuale questa era già stata in parte

descritta qualche anno prima.[92] Come altre società, la GSK ha effettuato uno

screening su una libreria in-house di piccole molecole alla ricerca di interessanti

punti di partenza per la medicinal chemistry. Diversi derivati della piperidina 23

con struttura ammidica hanno mostrato attività antagonista funzionale su entrambi

i recettori dell’orexina (figura 13), ed il composto 24 è un esempio di composto

lead, con una efficacia di antagonista a concentrazioni nell’ordine del nanomolare.

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47

Figura 13. Strategia per lo sviluppo di DORA 28: un candidato clinico DORA

altamente potente e biodisponibile per os.

Visto che la piperidina è una struttura privilegiata in medicinal chemistry,[93]

questo lead ha rappresentato un ottimo punto di partenza dal punto di vista chimico.

Uno screening iniziale di ammidi variamente sostituite ha rivelato che il gruppo

orto-biarilico, come in 25, fornisce un significativo aumento della potenza sia verso

OX1R che OX2R, producendo antagonisti funzionali con efficacia a concentrazioni

nanomolari. È interessante notare che questo gruppo orto-biaril/bieterociclo

scoperto nei primi anni del 2000 è poi diventato un elemento chiave per le SAR per

molti studi successivi sull’orexina. Sebbene molto potente, DORA 25 ha mostrato

una clearance elevata in incubazioni microsomiali. Il gruppo della GSK ha

attribuito questo alla natura altamente lipofila del composto lead e/o alla labilità del

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gruppo etereo. Nel tentativo di sostituire la funzione etereo, sono stati studiati

linkers di tipo carbonilico, ureidico, e ammidico, identificando la bis-ammide S-26

come antagonista di entrambi i recettori dell’orexina a concentrazioni nell’ordine

del sub-nanomolare, con una migliore stabilità microsomiale. Dal composto lead

DORA 26, sono stati intrapresi due studi paralleli al fine di ridurre la lipofilia data

dal biarile della piperidina e per sostituire l’anello aromatico di destra (struttura

generale 27). Un ampio studio ha portato ad identificare il gruppo 2-aril-5-

metiltiazolico come il sostituente isostero capace di conferire il miglior equilibrio

di potenza, selettività, e migliorate proprietà fisico-chimiche. Un secondo studio

dell’eterociclico ha portato alla sostituzione dell'anello fluorofenilico in 26 con un

benzofurano; si è ottenuto il composto 28, un DORA molto potente a bassa

clearance microsomiale nel ratto e nel cane. DORA 28 ha dimostrato una potenza

nell’ordine del subnanomolare nei confronti di entrambi i recettori dell’orexina,

eccellenti livelli di selettività rispetto ad altri target, binding elevato per le proteine

nel ratto, e moderata permeazione nel cervello (figura 14).

Figura 14. Caratterizzazione preclinica di DORA 28. TST=tempo totale del sonno.

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Sebbene il rapporto di distribuzione del composto nel cervello rispetto al sangue sia

basso in questo caso, i livelli nel sangue (5.3%) rispetto a quelli nel plasma (l.4%)

indicano un'adeguata permeazione cerebrale. Questo composto ha dimostrato una

moderata clearance nel plasma, breve emivita, ed eccellente biodisponibilità nel

ratto, il che supporta la risultante efficacia. Somministrato per via orale, DORA 28

è stato in grado di invertire il comportamento usuale indotto dall’orexina-A nel ratto

(un saggio simile a quello di locomozione indotta dall’orexina-A effettuato per

DORA 8, figura 7) alla dose di 3 mg/kg. A dosi orali leggermente superiori di 10

mg/kg, DORA 28 è stato in grado di aumentare in modo significativo le fasi REM

e NREM e il tempo totale del sonno (TST) in ratti telemetrizzati e liberi di muoversi

durante la fase attiva. Questi risultati danno le stesse indicazioni, ma sono più

significativi rispetto a quelli ottenuti per DORA 15 e 22, probabilmente a causa di

una maggiore potenza di questo antagonista dell’orexina. Quindi, DORA 28 è stato

scelto per un’ulteriore caratterizzazione verso gli studi clinici.

La presenza di un benzofurano 2,3-non sostituito in DORA 28 ha fatto discutere

sulla possibilità di una bioattivazione analoga a quella di DORA 15 (figura 14),

sebbene con un diverso decorso meccanicistico. La GSK ha pubblicato uno studio

sul metabolismo del farmaco in soggetti umani sani nello stesso anno in cui ha

pubblicato lo sviluppo di DORA 28, facendo chiarezza su questo aspetto.[94] In

questo studio si è monitorato il metabolismo di una dose orale di 30 mg di DORA

28 radiomarcato in otto soggetti. Sorprendentemente, l'emivita apparente di

radioattività (39 h) ha superato significativamente l'emivita della molecola

originaria (5 h), suggerendo la formazione di metaboliti di lunga emivita (figura 15).

Gli Autori riportano che DORA 28 viene ampiamente metabolizzato in vivo

fornendo due principali metaboliti identificati negli estratti di plasma, e cioè 31 e

32, rispettivamente alla concentrazione presenti di 11% e 2% rispetto alla dose

radioattiva. La presenza di questi metaboliti suggerisce che l'ossidazione del nucleo

benzofuranico rappresenta la via metabolica principale per DORA 28, e il

meccanismo di formazione di 31 e 32 può essere razionalizzato attraverso

l’epossido 29 e l’aldeide 30. La presenza dell’epossido 29 è stata confermata tramite

esperimenti di trapping con glutatione (GSH), dimostrando così che nucleofili

biologicamente importanti potrebbero essere efficacemente intrappolati da questi

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intermedi. Secondo la letteratura intermedi come 29 e 30 potrebbero aumentare il

potenziale di tossicità idiosincrasica; tuttavia, la bassa dose terapeutica di DORA

28 prevista (~20 mg) potrebbe ridurre questo inconveniente.[86] L'efficacia sul

sonno dei derivati DORA è impressionante, anche se il rischio di bioattivazione

preclinica per DORA 15 e 28 ha offerto ulteriori opportunità di ottimizzazione di

questa classe.[95]

Figura 15. Principali metaboliti identificati dopo la somministrazione di DORA 28

(30 mg) a volontari umani. Le strutture in parentesi rappresentano ipotetici

intermedi metabolici.

CANDIDATI CLINICI DORA DELLA MERCK

Un gruppo della Merck ha intrapreso la progettazione di composti DORA all'inizio

del 2005 passando in rassegna tutta la letteratura relativa all’orexina ed effettuando

un HTS mediante saggi funzionali FLIPR sia su OX1R che OX2R. Questo ha

portato all’identificazione della piperidina 33 che ha mostrato potenza significativa

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nei confronti di entrambi i recettori, ma inappropriate proprietà fisico-chimiche.

Modifiche del nucleo della benzammide, della piperidina, e di una parte del sistema

eterociclico hanno permesso di ottenere composti come la diamina lineare 34 che

ha mostrato potenza eccellente, buona permeazione nel cervello, ed efficacia in vivo

in studi sul sonno di ratto dopo somministrazione periferica (figura 16).[96]

Purtroppo, le proprietà farmacocinetiche di queste diammine lineari non potevano

essere ottimizzate per soddisfare i criteri di sviluppo, a causa di un intenso

metabolismo ossidativo, soprattutto sui sostituenti N-alchilici. Parte della strategia

volta a limitare i problemi di metabolismo ad opera di CYP, si è focalizzata sulla

reintroduzione di nuovi cicli condensati rispetto alla struttura della diammina

lineare, per proteggere queste posizioni dal metabolismo con l'ulteriore vantaggio

di ridurre la libera rotazione dei legami.[94] Sono stati studiati più di due dozzine

di diversi composti ciclici condensati, ma il sistema di maggior successo è risultato

l'anello diazepanico a sette termini, presente nel composto 35.

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Figura 16. Strategia per lo sviluppo di DORA 39: un candidato clinico DORA

potente e biodisponibile per os.

La struttura di 35 ha permesso di indagare le SAR a livello sia dell’eterociclo che

dell’ammide mediante un approccio di sintesi parallela, e la struttura diazepanica

36 ha mostrato di possedere una eccellente combinazione di potenza funzionale e

proprietà fisico-chimiche su entrambi i recettori. (cLogP=3.1 per 36, 4.5 per 35).[97]

In seguito a ulteriori studi, la Merck ha scoperto che 36 possedeva una permeazione

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nel cervello accettabile, senza usufruire del meccanismo di trasporto mediato della

glicoproteina-P (Pgp), una eccellente permeabilità cellulare, una alta selettività per

i recettori dell’orexina (attraverso lo screening Panlabs), e una frazione libera

misurabile che ha portato a livelli significativi di esposizione del composto nel CSF.

Dopo somministrazione orale alla dose di 100 mg/kg, 36 ha diminuito il periodo in

cui i ratti rimanevano in uno stato di veglia attiva, e ha incrementato la durata del

sonno NREM e REM. Quindi, il composto 36 è stato indicato come un candidato

promettente per lo sviluppo; comunque, la sua farmacocinetica sfavorevole ed il

suo potenziale di bioattivazione, hanno ostacolato l’ulteriore avanzamento del

composto come tale nello sviluppo clinico, e hanno spinto la Merck a perfezionare

questi aspetti.

Nel tentativo di comprendere meglio il destino metabolico di 36, sono stati effettuati

una serie di studi tra cui gli studi di farmacocinetica endovenosa e orale (ratto e

cane), l’incubazione microsomiale con l’identificazione del metabolita (ratto, cane

e umano con e senza semicarbazide), uno studio nel coledoco cannulato con

infusione nella vena portale/cefalica (cane), e studi di binding covalente (ratti e

umani). La Merck ha ottenuto molti risultati importanti da questi studi che hanno

influito sulla strategia di ottimizzazione del lead: (l) il cane era una delle specie più

adatte all'ottimizzazione della farmacocinetica rispetto al ratto, vista la somiglianza

con il metabolismo umano; (2) nonostante la bassa clearance plasmatica nel cane,

il composto 36 subiva un ulteriore significativo metabolismo di primo passaggio

che limitava la biodisponibilità; (3) sorprendentemente sono stati rivelati elevati

livelli di binding covalente, indicando che si verifica un metabolismo ossidativo di

36 a dare un metabolita reattivo; (4) in realtà si verificavano livelli significativi di

metabolismo ossidativo attraverso tutta la molecola compresa, l’ossidazione del

gruppo metilico del tolile, sul nucleo diazepanico e sulla chinazolina; (5)

incubazioni microsomiali contenenti semicarbazide hanno intrappolato degli

intermedi suggerendo che, probabilmente, una via metabolica era l'ossidazione di

uno dei gruppi metilenici adiacenti ad un atomo di azoto. In sintesi, è stato

ipotizzato che l’eliminazione del gruppo tolilico, il blocco delle posizioni del nucleo

adiacenti agli atomi di azoto, e modifiche sull’eterociclo potessero migliorare la

farmacocinetica e ridurre la bioattivazione di 36.

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Durante lo studio sintetico iniziale del derivato diazepanico, le analisi degli spettri

NMR hanno indicato che questi composti non solo esistevano in molteplici

conformazioni a bassa energia in soluzione, ma che alcune di queste conformazioni

davano significativi shift di risonanza protonica a campi più alti, probabilmente a

causa di una schermatura isotropica intramolecolare. Una analisi dettagliata di 36 e

di un suo analogo strettamente correlato con varie tecniche NMR ha rivelato che

l'energia più bassa era relativa alla conformazione in cui le due funzioni aromatiche

esistevano in una disposizione -stacking, il che comportato complessivamente una

conformazione a ferro di cavallo o a U, che quindi rappresenta la conformazione

più popolata, Figura 16. Studi computazionali condotti su 36 hanno supportato

questa ipotesi e l'analisi ai raggi X sul cristallo ha rivelato che la conformazione a

bassa energia di 36 allo stato solido è proprio quella a U. Queste osservazioni hanno

portato la Merck ad ipotizzare che un motivo per cui i diazepani mostravano una

potenza rilevante poteva risiedere nel fatto che questa conformazione a bassa

energia sia simile alla conformazione di binding con il recettore, di modo che i

diazepani non subiscono alcuna diminuzione di entropia nell’assumere la

conformazione bioattiva. Per provare questo, sono stati sintetizzati e saggiati per

valutare la loro capacità di legare OX1R e OX2R, l’analogo macrociclico 41, ed il

suo precursore non ciclico 40.[98] Come illustrato nella figura 17, i derivati ciclico

e non ciclico hanno mostrato potenza molto simile nel legare i recettori,

supportando l'ipotesi che la conformazione ad U rappresenta la conformazione

bioattiva.

Figura 17. Struttura e potenza di legame dell’analogo macrociclico di 36 (41) e del

suo precursore non ciclico (40).

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Attenendosi all'ipotesi della conformazione bioattiva a forma di U, il gruppo di

ricerca ha iniziato a progettare nuovi composti con scaffold diazepanico

caratterizzati da un anello centrale opportunamente modificato in modo tale da

favorire la conformazione a U. Questa strategia avrebbe potuto non solo condurre

a composti più potenti e biodisponibili a causa di una flessibilità molecolare ridotta,

ma potrebbe anche bloccare o ridurre l'accesso a siti di metabolismo e la potenziale

bioattivazione osservata per il composto 36.

Analoghi “a ponte” come il 37 (figura 16) esistono in una conformazione a U a

bassa energia e mostrano una modesta potenza funzionale per l’orexina; tuttavia,

l’aumento di lipofilia (LogP>3.4) dovuto all'aggiunta di un ponte a due carboni

influenza negativamente le proprietà fisicochimiche, e questo ha determinato a una

ridotta efficacia negli esperimenti sul sonno dei ratti.[99] Al contrario, l'analogo

metildiazepanico 38 possiede lipofilia simile (LogP=3.0) a 36 e mantiene

un’eccellente efficacia sul sonno del ratto. Il composto 38, contenente la

fluorochinazolina e la demetil triazolofenil ammide, risulta dagli sforzi di

ottimizzare la farmacocinetica nel cane dei composti della serie metildiazepanica.

Esso ha mostrato adeguate clearance e biodisponibilità nel cane (Cl=5.2 mL/min/kg;

F=37%) e un profilo complessivo eccellente, che include un’efficacia negli

esperimenti sul sonno del ratto ad una dose orale 10 volte inferiore rispetto a quella

del composto 36 (10 mg/Kg). Questo gruppo di ricerca ha anche sviluppato e

utilizzato un saggio per valutare il potenziale di bioattivazione, incubando i

composti nei microsomi epatici del ratto e umani in presenza di glutatione e

valutando la formazione di addotti rispetto ad uno standard interno. Purtroppo, la

capacità di bioattivazione di 36 non è stata attenuata dalle modifiche strutturali che

hanno portato al composto 38, come si può riscontrare dal rapporto tra l'area sotto i

picchi di tutti gli addotti GSH rispetto allo standard interno (rapporto GSH/IS=3.3

per 38). Un'attenta analisi dei dati HRMS di 38 ha rivelato che il maggiore addotto

GSH non presentava più l'atomo di fluoro, e aveva guadagnato un atomo di

ossigeno, suggerendo che non era il nucleo centrale, ma piuttosto l’eterociclo

pendente il sito più probabile di attivazione elettrofila. La figura 18 illustra il

possibile meccanismo (attraverso l’epossido 43) ed il maggiore addotto formatosi

(44) durante l'incubazione di 38 (sottostruttura della chinazolina 42) nei microsomi

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sia di ratto che umani in presenza di GSH.

Figura 18. Probabile struttura e meccanismo di formazione dell’addotto covalente

relativo all’incubazione di 38 in presenza di glutatione (GSH).

Sulla base di questi studi relativi al meccanismo di bioattivazione, il gruppo di

ricerca ha rivolto l'attenzione verso nuove funzioni eterocicliche al fine di limitare

l’attivazione metabolica. Sono stati così studiati nuovi eterocicli, e si è scoperto che

analoghi diazepanici che incorporavano la funzione benzossazolica possedevano

eccellente farmacocinetica nel cane, ma non mostravano la potenza degli eterocicli

6,6-fusi, come le chinazoline. La combinazione dell’aggiunta di un atomo di cloro

in posizione 5 del benzossazolo e l’inserimento del gruppo metilico del tolile

sull’ammide triazolofenilica, ha portato all’ottenimento di 39, un composto potente,

con farmacocinetica favorevole in ratti e cani e, sorprendentemente, con una

minima formazione di addotti GSH (rapporto GSH/IS=0.1; riduzione del 97% in

38), il che indicava la minimizzazione del percorso di bioattivazione per 38 (figura

19).

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Figura 19. Caratterizzazione preclinica di DORA 39. (a) mL/min/kg; (b) Saggio di

occupazione di OX2R.

L’ulteriore caratterizzazione di 39 ha indicato un chiaro profilo off-target, una

elevata capacità di penetrazione nel cervello, una alta occupazione di OX2R in un

modello umanizzato di topo, ed una eccellente efficacia in esperimenti effettuati sul

sonno di ratto e di cane, rispetto ai precedenti analoghi nelle serie precednti,[100]

così come proprietà farmaceutiche e un profilo di sicurezza favorevole allo sviluppo

clinico. Il composto 39 è entrato in fase di sviluppo clinico come MK-4305,[101]

in seguito chiamato suvorexant.

Dopo molti tentativi falliti, alla fine è stata ottenuta la struttura a raggi X di una

singola molecola del composto 39 ed ha mostrato che la conformazione nello stato

solido era in realtà una forma estesa.[102] Questo era in contrasto con la

conformazione ad U che guidava gli sforzi di ottimizzazione; inoltre, anche l’analisi

NMR del composto 39 ha suggerito che le conformazioni predominanti in soluzione

erano estese. Un’ampia analisi computazionale dei derivati diazepanici inclusi il 38

e il 39 ha dimostrato che, nonostante la bassa energia, la conformazione potrebbe

variare da U ad estesa in base ai sostituenti nonché ai metodi di calcolo utilizzati;

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in ogni caso, una conformazione a U è subito disponibile con energia minima di

circa 1-2 kcal/mol. Il gruppo di ricerca ha quindi ipotizzato che un lieve

cambiamento nella struttura a partire dall’eterociclo chinazolinico 6,6-fuso (ad

esempio, 36 e 38) per ottenere quello ossazolico 5,6-fuso in 39, ha leggermente

alterato il profilo energetico in modo che la conformazione estesa è risultata la

conformazione ad energia più bassa. Tuttavia, la potenza di 39 indica che, in seguito

al legame con i recettori dell’orexina, l'aumento dell’entalpia di legame colma

qualsiasi piccola diminuzione di entropia dovuta ad un cambiamento nella

conformazione a bassa energia.

È stata recentemente identificata una struttura a raggi X di DORA 39 in una forma

stabilizzata di OX2R e dimostra che la forma legata è effettivamente una

conformazione a U, come era stato correttamente previsto.[103] La figura 20 mostra

l'ottimale sovrapposizione della conformazione legata del composto 39 e la forma

a U a bassa energia come calcolato dall’analisi originale. Come è evidente, le

conformazioni prevista e osservata sono quasi identiche, validando così l'ipotesi che

il team ha seguito nel progettare il composto 39. Nella figura 21 possiamo vedere

DORA 39 legato nella struttura cristallina recentemente riportata.

Figura 20. Sovrapposizione delle due strutture (a più bassa energia e ligando-legata)

ai raggi X di DORA 39.

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Figura 21. Struttura ai raggi X di 39 legato a OX2R.[103]

Nel 2011 è stata descritta una seconda classe di potenti molecole DORA da parte

dei ricercatori della Merck. Queste molecole possiedono un nucleo

carbossammidico piperidinico 2,5-trans-disostituito stereochimicamente definito,

che conferisce un’eccellente affinità per OX1R e OX2R. Gli studi preliminari sono

iniziati con il composto noto 33 che mostrava una buona potenza ma inappropriata

farmacocinetica preclinica e proprietà fisico-chimiche (vedi anche figura 16). Lo

spostamento del sostituente etossifenilico dalla posizione 2 alla posizione 3

dell'anello della piperidina (da 33 a 45), comporta una perdita di potenza di più di

40 volte per entrambi i sottotipi di recettori (figura 22). Questa perdita di potenza è

avvenuta nonostante il fatto che il composto 45 mantenesse la stessa distanza

atomica tra l’azoto della piperidina e l’ossigeno dell'etere arilico. In effetti, studi

precedenti avevano indicato che la piperidina ciclica non era essenziale per la

potenza, e che composti lineari come il 46 avevano una significativa affinità

recettoriale. Composti lineari come il 46 soffrivano di elevata clearance intrinseca

e proprietà fisico-chimiche non appropriate.

Sono state effettuate analisi conformazionali più dettagliate per razionalizzare la

potenza dei composti 33, 45 e 46. Lo stato fondamentale a più bassa energia previsto

per il composto 33 ha il sostituente in posizione 2 orientato assialmente rispetto

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all’anello per evitare la sfavorevole tensione 1,3-allilica tra questo sostituente e

l’atomo di azoto ibridizzato sp2 della piperidina (figura 22). Studi computazionali

condotti su 33 hanno indicato una preferenza stereoelettronica per il sostituente in

2 nell’adottare un orientamento assiale che permetta ai due anelli arilici di essere

coplanari, mimando la conformazione bioattiva di DORA 39 (figure 20 e 21).

Tuttavia, lo spostamento del sostituente dalla posizione 2 (33) alla posizione 3

dell'anello piperidinico (45) attenua la tensione del sistema 1,3-allilico e permette a

questo sostituente di adottare un orientamento equatoriale più stabile. Quindi, la

conformazione bioattiva ad U era una conformazione ad alta energia, e questo

probabilmente spiega la perdita in potenza di più di 40 volte passando da 33 a 45.

Il gruppo della Merck ha valutato una strategia per indurre un orientamento assiale

del sostituente alchilico in 3 tramite l’inserimento di un metile in entrambe le

posizioni adiacenti all’atomo di azoto ibridizzato sp2 della piperidina. Questo

gruppo metilico potrebbe adottare in modo preferenziale un orientamento assiale e

guidare anche il sostituente in posizione 3 in una disposizione assiale, purché i due

sostituenti siano in trans sull'anello della piperidina. Il composto 47, ulteriormente

modificato a partire da 45 con sostituzioni sulla carbossamide e sull’etere arilico

mirate a migliorare la potenza, è stato selezionato come template per l'inserimento

dei sostituenti metilici sul nucleo. L’inserimento di un gruppo metilico in posizione

2 in 47 ha fornito i diastereoisomeri cis e trans (48 e 49, rispettivamente) che

possono essere ulteriormente caratterizzati rispetto all’affinità di legame e alla

preferenza conformazionale.

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Figura 22. Strategia per lo sviluppo di DORA 50: un potente candidato clinico

DORA.

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62

L'isomero cis (48) ha una potenza due volte inferiore rispetto a quella di 47, e questo

è in accordo con l'ipotesi iniziale. Al contrario, il diastereoisomero trans di DORA

49 è molto più potente, con un guadagno di affinità di binding di 20 e 90 volte,

rispettivamente per OX1R e OX2R. La metilazione in 2 determina un

miglioramento maggiore in potenza rispetto all'alternativa metilazione in 6, per

ulteriori studi di ottimizzazione si sono basati su questo nucleo disostituito della

piperidina.

Altri studi si sono concentrati sulla progettazione di molecole correlate a DORA 49,

ma dotate di migliori proprietà fisico-chimiche, farmacocinetiche più favorevoli, e

promettente attività in vivo. Da questi studi, il gruppo di ricerca ha individuato il

composto 50, un potente DORA con buona solubilità e biodisponibilità sia nei ratti

che nei cani (figura 23).

Figura 23. Caratterizzazione preclinica di DORA 50. (a) mL/min/kg; (b) Saggio di

occupazione di OX2R.

Studi di 1H-NMR a bassa temperatura hanno rivelato che il conformero più

abbondante in soluzione ha l'anello piperidinico in una conformazione a sedia con

la disposizione del sostituente trans-diassiale. Un'unica struttura a raggi X per 50

ha confermato la disposizione trans-diassiale della piperidina 2,5-disostituita e

differisce dalla conformazione in soluzione solo per la rotazione del legame

ammidico. [104]

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63

DORA 50 ha mostrato negli studi preclinici una farmacocinetica favorevole,

possiede un chiaro profilo accessorio, una elevata capacità di penetrazione nel

cervello, una eccellente occupazione di OX2R negli esperimenti di topo umanizzato,

e favorisce un sonno dose-dipendente sia nei ratti che nei cani (figura 23).[105]

Inoltre, il composto 50 possiede proprietà farmaceutiche favorevoli e un profilo di

tossicità preclinica a sostegno dello sviluppo clinico. Il composto 50 è entrato nello

sviluppo clinico come MK-6096 e successivamente è stato denominato

filorexant.[104] DORA 50 è risultato più potente di suvorexant negli studi preclinici

di EEG e può raggiungere livelli più elevati di occupazione del recettore OX2R a

concentrazioni plasmatiche inferiori, presumibilmente a causa di concentrazioni

plasmatiche in vivo più elevate.

SWITCHING FARMACOLOGICO DAI DORA AI SORA.

La scoperta di molteplici candidati clinici DORA ha fornito una notevole quantità

di SAR relative alla selettività tra OX1R e OX2R. In alcuni casi, piccoli

cambiamenti nella struttura producono effetti drammatici sulla potenza verso i due

recettori (per esempio composti 10 e 11, figura 8,). Una necessità critica per la

ricerca nel campo dell’orexina è stata l'identificazione di ligandi DORA, 2-SORA,

e 1-SORA di alta qualità, che potessero essere utilizzati per delineare una

farmacologia preclinica e clinica specifica dei recettori. Molte strutture diverse per

ciascuna classe di antagonisti dell’orexina sono state identificate attraverso cicli di

screening, progettazione, ottimizzazione (figura 7), ma solo pochi ligandi SORA

sono stati ben caratterizzati in ambiente clinico e preclinico. L’identificazione di

piccole molecole DORA con profilo preclinico adatto ad una ulteriore valutazione

clinica ha suggerito che una strategia di switching farmacologico da DORA a

SORA, basato sulle SAR, potrebbe risultare utile per sviluppo di molecole di alta

qualità con profilo farmacologico paragonabile a quello dei candidati clinici

esistenti.

La figura 24 illustra molti esempi recenti di studi in cui candidati clinici DORA, o

loro stretti analoghi, sono stati utilizzati come lead per la sviluppo di composti

SORA. Ricercatori della Actelion sono stati in grado di delineare una SAR fine sul

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candidato clinico DORA 15 che ha consentito di sviluppare dei composti SORA-1

molto potenti (figura 24A). Combinando l’accorciamento del linker feniletilico di

un atomo, con la modifica della sostituzione sull’anello aromatico e la conversione

dell’ammide da metilica ad isopropilica, si è ottenuto 1-SORA 51 (ACT-335827),

che, di fatto, mantiene la potenza per OX1R, ma è 70 volte più selettivo nei

confronti di OX2R.[106] Il composto 51 è risultato capace di penetrante nel cervello,

biodisponibile per via orale, altamente selettivo su un vasto panel di bersagli

molecolari, e provoca un effetto ansiolitico nel ratto dopo somministrazione orale.

È importante sottolineare che gli effetti ansiolitici di 1-SORA 51 non sono

accompagnati da una diminuzione della veglia come ci si aspetterebbe da un DORA;

che questa molecola potrebbe quindi rappresentare uno interessante punto di

partenza per ulteriori studi di farmacologia.

Altri due esempi di switching farmacologico condotti da Merck sono illustrati nella

figura 24B,C. In uno studio, DORA 38 non è stato utilizzato solo come struttura

lead per lo sviluppo del candidato clinico DORA 39, ma anche come utile scaffold

per investigare la selettività. Visto gli alti livelli di bioattivazione osservati

nell’incubazione microsomiale di DORA 38, si è pensato di sostituire la chinazolina

con nuclei isosterici. L’impiego della pirimidina ha fornito il composto 2-SORA 52

che possiede una potenza per OX2R simile a DORA 38, ma ha una selettività 200

volte maggiore verso OX1R.[107] Dopo somministrazione orale, il composto 52

risulta efficace nel sonno dei topi, in modo paragonabile ai DORA della serie

diazepanica. Una strategia simile a quella riportata nella figura 24A ha condotto allo

sviluppo composti SORA a partire dai DORA della serie piperidinica (figura 23),

come mostrato nella figura 24C.[108] La rimozione di un atomo di carbonio dal

linker di DORA 50 e modifiche dell’eterociclo terminale ha portato

all’identificazione di 2-SORA 53, molto potente, biodisponibile per via orale,

efficace nel sonno del ratto.

Sorprendentemente, combinando la modifica del nucleo centrale a

difluoropiperidina e l’inserimento di una chinolina isomera il profilo di selettività

si sposta verso un 1-SORA molto potente 54. Ciò rappresenta un eccellente esempio

di come si riesca ad ottenere composti con diversi profili di selettività a partire da

uno stesso nucleo. Questi esempi sono interessanti dal punto di vista preclinico,

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anche se l'utilizzo mirato della strategia di shift farmacologico per la progettazione

di candidati clinici nel campo dell’orexina è piuttosto raro.

Nella prossima sezione si descriverà un esempio di shift farmacologico che ha

consentito lo sviluppo di un candidato clinico per il trattamento dell'insonnia.

Figura 24. Esempi di switching farmacologico da DORA a SORA.

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SWITCHING FARMACOLOGICO: CANDIDATO CLINICO 2-SORA DELLA

MERCK.

La studio della selettività nella serie piperidinica descritto nella figura 20C aveva

anche portato allo sviluppo di due analoghi chinolinici isomeri con un profilo di

selettività notevolmente diverso. I composti 55 e 56 nella figura 25 differiscono

solo per la posizione di un atomo di azoto del sistema eterociclico; tuttavia, i loro

profili di selettività funzionale differiscono di oltre 200 volte.

Figura 25. Strategia per lo sviluppo di 2-SORA 60: un potente candidato clinico 2-

SORA.

Come è illustrato dalla figura 24, le strategie di semplificazione strutturale degli

eterociclici hanno avuto successo nell'identificazione di SORA molto potenti. A tal

fine, il team Merck ha studiato la semplificazione dell’anello chinolinico fuso,

tenendo in considerazione gli aspetti relativi alla bioattivazione derivanti dalle

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ricerche nella serie diazepanica, sviluppando la metilpiridina 57 che perde 50 volte

in potenza verso OX2R, rispetto al suo analogo chinolinico. Sorprendentemente, un

analogo metilpiridinico di DORA 56 molto simile 58 mantiene l’antagonismo

funzionale per OX2R, epresenta una selettività 49 volte superiore rispetto a OX1R,

mettendo in evidenza una SAR incredibilmente sottile per quel che riguarda la

selettività per i sottotipi recettoriali dell’orexina. Una grande varietà di sostituzioni

sono state esplorate per il gruppo metile, ottenendo la 4-ciano-2-piridina 59, con

una potenza paragonabile per OX2R ed una maggiore selettività funzionale (290

volte) verso OX1R. Oltre alla potenza e selettività, 2-SORA 59 possiede una

moderata lipofilia (log D=3.0), elevata solubilità cinetica (148 mM a pH=7), e bassa

clearance in incubazioni microsomiali umane, indicando buone proprietà

farmaceutiche. Purtroppo, il composto 59 ha mostrato una bassa biodisponibilità

orale nel ratto e nel cane (% F<20), che ha ostacolato il suo ulteriore sviluppo. Una

libreria di ammidi è stata quindi studiata per identificare altri candidati che

presentassero una migliore biodisponibilità orale. L'ammide pirimidin-biarilica 60,

analoga a DORA 50 (figura 23), ha mostrato un eccellente profilo 2-SORA con

proprietà farmaceutiche simili al 2-SORA 59 (logD=2.9, solubilità cinetica=148

mM, clearance microsomiale=17 mL/min/kg), una alta solubilità della base libera

di 0.25 mg/ml, a pH=7.4. Quindi, il 2-SORA 60 è stato scelto per una valutazione

più approfondita.

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Figura 26. Caratterizzazione preclinica di 2-SORA 60. (a) mL/min/kg.

2-SORA 60 ha mostrato una eccellente selettività verso un’ampia gamma di

bersagli, un’alta permeabilità passiva, e nessuna suscettibilità verso Pgp (figura 26).

Il composto 60 non è né un inibitore né un induttore delle isoforme enzimatiche

CYP, e questo comporta un basso rischio di interazioni cliniche farmacologiche

farmaco-farmaco. Questo composto possiede una clearance moderata, breve

emivita, ed elevata biodisponibilità nel ratto e nel cane. Questo spettro di proprietà

si traduce in una ottima efficacia sul sonno del ratto e del cane. Dopo

somministrazione orale di 1 mg/kg di 2-SORA 60 ai ratti durante la fase attiva, si

sono osservate significative riduzioni nella veglia attiva e un concomitante aumento

del sonno NREM e REM, effetti paragonabili a quelli dei DORA. Effetti analoghi

si sono osservati nel cane dopo somministrazione di dosi di 0.05 mg/kg, anche se

con questo dosaggio il sonno REM è stato meno modificato. Va osservato che dosi

più elevate di 60 nei cani hanno fatto effettivamente aumentare significativamente

il sonno REM. Sulla base di questi dati, 2-SORA 60 è stato selezionato per

un'ulteriore valutazione clinica, indicato con la sigla MK-8133.[109] Per quel che

sappiamo, la scoperta di 2-SORA 60 rappresenta ad oggi il primo tentativo di shift

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farmacologico che ha consentito di ottenere un antagonista dell’orexina quale

candidato clinico.

CANDIDATI CLINICI 2-SORA DELLA MERCK

I ricercatori della Merck hanno studiato una serie 2-SORA a struttura

triarilammidica, identificata mediante strategia HTS. Il composto 61 ha mostrato

una promettente potenza funzionale per OX2R (53 nM, analoga a quella del

candidato clinico DORA 39, Figura 27) e una moderata selettività verso OX1R.[110]

Figura 27. Strategia per lo sviluppo di 2-SORA 66: il primo 2-SORA a raggiungere

la valutazione clinica per il trattamento dell’insonnia.

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La struttura modulare del composto lead ha permesso una rapida sintesi di una

libreria di analoghi (anelli A e D) per esplorare le SAR relativamente alla potenza

e alla selettività, culminando nella scoperta del 2-SORA 62. Questo composto è

risultato molto potente per OX2R, biodisponibile per via orale sia nel ratto (%F=55)

che nel cane (%F=37), e selettivo (più di 100 volte) rispetto ad un ampio pannl

target. Queste proprietà hanno spinto ad una valutazione della sua efficacia orale

sulla fase attiva del sonno nei ratti: 62 si è mostrato capace di produrre riduzioni

nella veglia attiva e aumenti di sonno NREM e REM, in modo analogo ai precedenti

2-SORA e DORA. Tuttavia, un aspetto da considerare è il grado di selettività del

lead (26x verso OX1R) che poteva produrre un significativo antagonismo di OX1R

durante l'esperimento in vivo; quindi, il successivo obiettivo di ottimizzazione è

stato quello di migliorare la selettività. Tre ulteriori problemi sono stati evidenziati

per il composto 62: una potente inibizione reversibile del CYP3A4 (IC50=300nM),

la suscettibilità Pgp (nel ratto e nell’uomo), e la possibilità di bioattivazione tramite

la formazione di intermedi del metide dell’orto o del para-chinone derivati

dall’attivazione metabolica della porzione dimetossifenilica.

Sorprendentemente, la presenza dell’anello-C piridinico regioisomero nel

composto 63 ha determinato un aumento notevole dell’inibizione reversibile del

CYP3A4 con un IC50 di 38 µM, mantenendo il profilo di potenza e di moderata

selettività di 62. Nonostante questo miglioramento del profilo, il composto 2-SORA

63 soffriva ancora di una lipofilia relativamente elevata (logD=3.2) e alta

percentuale di legame con le proteine del plasma umano (99.5%). Una valutazione

delle SAR relative all’anello-A ha rivelato che la sostituzione della porzione 3,5-

dimetil fenilica con un sostituente 3-metil-5-piridinico (64) forniva un composto

con simili potenza e selettività, e produceva un notevole miglioramento delle

proprietà fisiche (logD=1.5; legame con le proteine plasmatiche del 62%). Questi

miglioramenti erano in parte compensati da una significativa suscettibilità per la

glicoproteina umana con un rapporto di efflusso di 4 (rapporto substrato≥3), una

caratteristica non proprio ottinale per molecole dirette verso bersagli molecolari del

CNS.[111] La riduzione della basicità dell’anello-A mediante sostituzione del

metile con il cloro ha condotto a 65, un non-substrato Pgp (rapporto umano=1.7),

con una migliore selettività rispetto a OX1R. Purtroppo, nel test microsomiale di

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bioattivazione (vedi la sezione del DORA 39, figura 18) sono stati osservati

significativi livelli di addotti di GSH per il 2-SORA 65, probabilmente a causa

dell’attivazione metabolica della porzione dimetossifenilica. Per migliorare questo

aspetto, si è condotto un ampio studio relativo alla sostituzione del gruppo

dimetossifenilico con altre porzioni eterocicliche, e l’inserimento di un atomo di

azoto nell’anello-D del 2-SORA 66 è risultato strategico nel ridurre dell'85% la

formazione di addotti di GSH in incubazioni microsomiali umane. Il 2-SORA 66

mantiene la potenza per OX2R, la biodisponibilità orale, produce una limitata

inibizione reversibile del CYP3A4 (IC50=28 µM), mostra eccellenti proprietà

fisiche (logD=1.8), e una migliore selettività verso OX1R (99 volte). Sulla base di

questi dati, il 2-SORA 66 è stato scelto per un’ulteriore caratterizzazione.

Il 2-SORA 66 ha mostrato alta selettività verso un panel dei più comuni target, una

significativa frazione libera nel plasma, moderata clearance e biodisponibilità orale

nelle specie utilizzate per la valutazione in vivo del suo profilo farmacologico 2-

SORA (figura 28).

Figura 28. Caratterizzazione preclinica di 2-SORA 66. (a) mL/min/kg; (b) saggio

di occupazione di OX2R umanizzato.

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In un esperimento di occupazione di OX2R umanizzato nei ratti, il composto 66 ha

mostrato il 90% di occupazione ad una concentrazione plasmatica di 695 nM e una

concentrazione di CSF di 52 nM. La capacità di legame per OX2R e OX1R e la

potenza funzionale di 2-SORA 66, si sono rivelati consistenti tra topo, ratto, cane,

scimmia, e linee cellulari umane, sostenendo la possibilità di una chiara efficacia di

questo ligando 2-SORA. Dopo somministrazione orale di 66 a topi (100 mg/kg),

ratti (20 mg/kg), cani beagle (l mg/kg), e scimmie rhesus (10 mg/kg), si osservano

riduzioni immediate e significative nella veglia attiva e concomitanti aumenti di

sonno NREM e sonno REM in tutti gli esperimenti. La valutazione della

concentrazione di 66 libero in ogni esperimento ha indicato una occupazione molto

alta di OX2R e un bassissimo antagonismo OX1R. Questi studi rappresentano la

prima valutazione riportata in letteratura relativa all’efficacia trasversale nelle

specie per un 2-SORA. Infine, 2-SORA 66 risulta molto ben tollerato in studi di

sicurezza sul topo e sul cane commisurati. Questa serie di dati ha sostenuto

l'avanzamento di 2-SORA 66 come candidato preclinico per il trattamento

dell’insonnia, e 2-SORA 66 è ad oggi indicato con la sigla MK-1064.[112]

Due questioni sono poi emerse durante lo sviluppo preclinico del composto.

Innanzitutto, la valutazione della forma farmaceutica del sale ha rivelato una

notevole quantità di prodotto derivante dall’idrolisi del gruppo ammidico a pH

basso (circa 2), e questo ha richiesto necessariamente, per gli studi clinici, l’utilizzo

della base libera di 2-SORA 66 in una dispersione stabilizzata amorfa. In secondo

luogo, anche se il composto 66 non era risultato né un potente inibitore reversibile

né un induttore di enzimi del CYP, l’osservazione di una moderata inibizione

tempo-dipendente del CYP3A4 (TDI) ha evidenziato un rischio di interazioni

cliniche farmacologiche. A causa di queste questioni, si è compiuto un ulteriore

sforzo di ottimizzazione per identificare un altro candidato clinico 2-SORA nella

serie triarilammidica.

Il team di chimica farmaceutica ha ipotizzato che la protonazione dell’anello-C

della piridina poteva contribuire all’attivazione del vicino gruppo carbonilico

ammidico, aumentando la suscettibilità dell’ammide all’idrolisi. Lo studio di una

serie di anelli-C non basici ha rivelato che un cambiamento da piridina a fenile è

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stato in grado di conferire stabilità completa a pH basso per 24 ore, supportando

l’ipotesi meccanicistica (figura 29).

Figura 29. Strategia per lo sviluppo di 2-SORA 69: un candidato clinico 2-SORA.

Sfortunatamente, molti analoghi C-fenilici mostravano scarse proprietà fisiche e

solubilità, ma l'inserimento di un anello-A 3-metil-5-piridinico ha condotto a 2-

SORA 67 con eccellente stabilità a pH basso e una adeguata solubilità a pH=7 (61

µM ). Queste modifiche relative agli anelli A e C hanno aumentato in modo

significativo la clearance nel cane (Cl=27 mL/min/kg), rispetto a 66 (15

mL/min/kg), per cui si sono avviate una serie di modifiche all’anello-B con

l'obiettivo di migliorare il profilo farmacocinetico di 67. La B-isonicotinamide

regioisomera in 68 è stata in grado di mantenere la potenza per OX2R, la selettività,

la stabilità a pH=2, e ha ridotto la clearance nel cane a 15 mL/min/kg. Purtroppo, la

valutazione TDI di 2-SORA 68 non ha evidenziato alcun miglioramento rispetto a

66 (Kinact/Ki=0.012 min-1 µM-1) con un Kinact/Ki=0.013 min-1 µM-1. Lo studio

dell’anello-C nella serie B-isonicotinammidica ha condotto al derivato C-2-2-

tiazolico 69, isostero del C-fenilico. Per quest’ultimo composto, studi TDI hanno

mostrato una significativa riduzione del rischio TDI con una Kinact/Ki=0.012 min-1

µM-1=0.004 min-1/µM-1 e, molto importante, mantenendo la stabilità a pH basso.

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La stabilità a bassi valori di pH per 2-SORA 69 è probabilmente dovuta alla natura

non basica del residuo 2-tiazolico, pKa calcolata=0.3 (contro 3.2 per il derivato C-

piridinico). Questi dati indicano il composto 2-SORA 69 quale ottimo candidato per

una caratterizzazione supplementare.

2-SORA 69 mantiene l’eccellente profilo off-target del suo predecessore, mostra

una adeguata frazione libera sia nel cane che nel ratto, e appropriata occupazione di

OX2R umanizzato nel ratto (figura 30).

Figura 30. Caratterizzazione preclinica di 2-SORA 69. (a) mL/min/kg; (b) saggio

di occupazione di OX2R umanizzato.

Il composto 69 ha mostrato da bassa a moderata clearance e breve emivita nel cane

e nel ratto, nonché biodisponibilità accettabile in entrambe le specie. Studi di EEG

dopo somministrazione orale nel ratto e nel cane, hanno confermato l'efficacia nel

produrre a basse dosi un sonno potente, simile a quello prodotto da 2-SORA 66.

Studi preclinici di sicurezza in un protocollo simile a quello usato per 2-SORA 66,

hanno sostenuto l’avanzamento del composto 2-SORA 69 nello sviluppo clinico,

con la sigla MK-3697.[113]

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CONFRONTO DEI CANDIDATI CLINICI DORA E 2-SORA

Otto antagonisti dell’orexina sono stati sottoposti agli studi clinici sull’uomo e

almeno quattro di essi hanno completato i test di efficacia della fase II: DORA 15

(figura 9), DORA 28 (figura 14), DORA 39 (figura 19), e DORA 50 (figura 23).

Questi composti Dora hanno tutti determinato un effetto dose-dipendente in termini

di efficienza del sonno, con diversi livelli di efficacia nel ridurre il tempo di

instaurarsi del sonno (latenza verso un sonno persistente, LPS) e nell'aumentare il

mantenimento del sonno (periodi di veglia dopo l’avvio del sonno; WASO). Lo

sviluppo clinico di DORA 15 e di DORA 28 è stato interrotto, mentre DORA 39 è

stato approvato negli Stati Uniti e in Giappone.[114] DORA 50 ha completato gli

studi di fase II ed è stato studiato anche per altre indicazioni neurologiche.[115]

Sono stati intrapresi studi per lo sviluppo clinico anche per altri composti DORA

(Actelion, DORA 22, figura 8; Eisai, vide infra), e per due antagonisti selettivi per

OX2R (Merck, 2-SORA 66, figura 28; Janssen, vide infra).

Actelion è stata la prima azienda farmaceutica a riportare i dati clinici umani per

una molecola DORA e a stabilire che l’antagonismo del sistema dell’orexina

potrebbe fornire un beneficio terapeutico per il trattamento dei disturbi del sonno.

DORA 15 (almorexant) è stato inizialmente studiato in un protocollo sperimentale,

in maschi sani a dosi crescenti da 1 mg a 1000 mg, e confrontato con lo zolpidem,

per quanto riguarda il profilo farmacodinamico e la segnalazione di effetti

indesiderati.[116] Questo studio ha evidenziato che DORA 15 un Tmax breve (0.7-

2.3 h) ed un profilo PK bifasico. L'emivita di eliminazione varia da 13.1 a 19.0 ore

e aumenta con la dose. Non sono stati osservati effetti collaterali relativamente a

cataplessia o narcolessia, ed la modulazione legata al farmaco relativa ai movimenti

di oscillazione del corpo e ai movimenti oculari regolari sono generalmente inferiori

a quelli prodotti dallo zolpidem. DORA 15 è generalmente ben tollerato nei

volontari sani, con segnalazioni di sonnolenza, vertigini, disturbi dell’attenzione, e

fatica che si verificano con maggior frequenza a dosi superiori a 200 mg. Non sono

stati osservati effetti correlati al farmaco su peso corporeo, elettrocardiogramma,

valori clinici di laboratorio, e altri segni vitali. Le valutazioni farmacodinamiche

includevano una scala visuale analogica (VAS) per lo stato di veglia soggettiva,

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cosa che ha indicato riduzioni dose-dipendenti nello stato di veglia a 400 mg e 1000

mg. La vigilanza soggettiva ritorna allo stato di base dopo circa 6 ore con una

singola dose da 400 mg e dopo circa 10 ore con una dose da 1000 mg. Gli Autori

riportano che la grandezza assoluta di questo risultato è simile a quello ottenuto con

lo zolpidem (10 mg), con un effetto più sostenuto sulla vigilanza.

Sulla base dei dati incoraggianti ottenuti nella fase I in volontari sani, DORA 15 è

stato promosso agli studi di fase II, dove è stato valutato in 161 pazienti, maschi e

femmine, affetti da insonnia primaria, a dosi di 50-400 mg in confronto con un

placebo.[117] Il parametro primario valutato in questo studio è stata l'efficienza del

sonno (SE), misurata mediante polisonnografia (PSG), insieme ad altri parametri

secondari come LPS, WASO, sicurezza e tollerabilità. Si sono osservati un aumento

significativo in termini di efficienza del sonno e tempo totale di sonno (TST) dopo

somministrazione di una singola dose di almorexant di 200mg e 400 mg. DORA 15

è risultato capace di ridurre il tempo di esordio del sonno alla dose più elevata ed

di diminuire il WASO a 200 mg e 400 mg, con una buona tollerabilità (tabella 7).

Tabella 7. Parametri principali del sonno oggettivo (relativi al placebo) in seguito

a somministrazione di una singola dose di DORA 15 a pazienti con insonnia

primaria.

Sulla base dei risultati favorevoli della fase II, DORA 15 è stato promosso agli studi

di fase III in pazienti affetti da insonnia cronica, e nel 2008 la GlaxoSmithKline ha

stipulato un accordo di collaborazione con Actelion per sviluppare insieme DORA

15.[118] Nel gennaio 2011, la Actelion ha annunciato che lo sviluppo clinico di

DORA 15 è stato interrotto a causa di problemi di sicurezza

clinica,[119]successivamente identificati come aumenti poco frequenti e transitori

degli enzimi epatici.

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L’antagonista duale dei recettori dell’orexina di GlaxoSmithKline, DORA 28

(figura 14), è stato testato in sette studi clinici (sei di fase I e una fase II).[120] Negli

studi iniziali a dose singola crescente, DORA 28 è stato ben tollerato a dosi di 10-

80 mg.[121] L’emivita plasmatica varia da 4 a 7 h con rapido assorbimento. DORA

28 è stato somministrato a tre gruppi di volontari sani per valutare gli effetti del

farmaco su sicurezza, farmacocinetica, su EEG con dosaggio diurno e per valutare

i parametri oggettivi del sonno tramite PSG in seguito a somministrazione serale.

Gli effetti di DORA 28 sulla induzione del sonno e il suo manutenimento sono state

valutati in volontari sani a dosi di 30 mg e 60 mg. Miglioramenti statisticamente

significativi rispetto al placebo su TST sono stati osservati a 30 e 60 mg. DORA 28

ha anche ridotto sia LPS che WASO ad entrambi i dosaggi. Nessuna delle due dosi

ha compromesso la capacità cognitiva, come rilevato dal digit symbol substitution

test (DSST) eseguito nella mattina seguente alla somministrazione serale del

farmaco.

Nel 2007, GSK ha annunciato la promozione di DORA 28 ai test clinici di fase 2.

DORA 28 è stato studiato in uno studio di efficacia multidose di fase II su 52

pazienti di sesso maschile, che avevano soddisfatto i criteri per una diagnosi di

insonnia primaria.[122] Il farmaco è stato somministrato per due notti consecutive,

90 minuti prima di coricarsi, e gli effetti di induzione del sonno sono stati misurati

tramite PSG e confrontati con quelli di un placebo. DORA 28 ha determinato

significativi aumenti dose-dipendenti di SE e TST, mentre ha ridotto LPS e WASO

(tabella 8). Il farmaco è ben tollerato e gli effetti sono descritti dagli autori come

paragonabili all'effetto ipnotico prodotto dalle benzodiazepine, dai modulatori del

GABA non benzodiazepinici, sedativi e antidepressivi. I più comuni eventi avversi

riportati in questo studio sono stati mal di testa, secchezza della bocca, e

nasofaringite.

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Tabella 8. Effetti sui parametri del sonno dopo somministrazione di DORA 28 a

maschi insonni (media di due notti consecutive) rispetto al placebo.

Ulteriori studi clinici di interazione tra un farmaci hanno rivelato che DORA 28 è

capace di aumentare l'esposizione di simvastatina, se co-somministrata. Con una

dose di 30 mg di DORA 28, l’esposizione plasmatica totale di simvastatina aumenta

più di 6 volte, dopo 15 giorni consecutivi di co-somministrazione (vedi rif 121). In

accordo con queste osservazioni, DORA 28 è risultato un potente inibitore del

CYP3A4 in vitro. Nel 2007 gli studi clinici di fase II di DORA 28 sono stati

interrotti a causa della segnalazione di una non specificata tossicità preclinica.[123]

Il primo antagonista dell’orexina candidato clinico della Merck, DORA 39

(suvorexant), è entrato nella fase di sviluppo clinico nel 2007. Negli studi di fase I,

DORA 39 è stato ben tollerato in volontari sani, con picchi plasmatici dopo 1.5-4

ore ed un’emivita plasmatica di 8-14 ore.[124] La mattina seguente ad una

somministrazione serale, non si osserva sedazione residua a dosi di 10 mg e 50 mg,

mentre queste stesse dosi producono aumenti dose-dipendenti nel SE complessivo

e riduzioni di WASO e LPS. I risultati dello studio di fase II hanno dimostrato che

DORA 39 risulta più efficace del placebo nel migliorare SE la prima notte di

trattamento, nonché alla fine delle 4 settimane nei pazienti con insonnia primaria

(tabelle 9 e 10).[125]

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Tabella 9. Effetti sui parametri del sonno (relativi al placebo) dopo la

somministrazione di DORA 39 a pazienti insonni alla prima notte di trattamento.

Tabella 10. Effetti sui parametri del sonno (relativi al placebo) dopo la

somministrazione di DORA 39 a pazienti insonni alla notte 28 di trattamento

Si sono osservati miglioramenti nella SE a tutti i dosaggi (10, 20, 40, e 80 mg).

DORA 39 ha anche mostrato risultati favorevoli nei punti terminali secondari di un

WASO ridotto a tutti i dosaggi e ha ridotto LPS a dosi di 40 e 80 mg. In questi

studi, DORA 39 è stato ben tollerato, e l'evento avverso più comune segnalato è

stata la sonnolenza, in modo dipendente dal dosaggio. Non è stata rilevata insonnia

di rimbalzo o effetto post-sbornia dopo 4 settimane di dosaggio. Test cognitivi

standard (DSST e DSCT) effettuati 9 ore dopo la somministrazione, non hanno

evidenziato effetti residui del giorno dopo al termine di 4 settimane di trattamento.

Nel 2010, la Merck ha annunciato che DORA 39 era entrato in tre sperimentazioni

di fase III. Due studi cardine hanno reclutato oltre 2000 pazienti, non anziani e

anziani, paragonando il suvorexant a due livelli di dosaggio con il placebo per una

durata di 3 mesi.[126] L’ efficacia è stata valutata alla prima settimana, al primo

mese, e al terzo mese 3 su parametri quali, WASO e LPS tramite PSG, tempo totale

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di sonno e inizio dell’ora del sonno riferiti dai pazienti. In questi studi gli effetti del

placebo sono stati confrontati con una dose alta (40 mg e 30 mg rispettivamente per

non anziani ed anziani) e una dose bassa (20 e 15 mg rispettivamente per non

anziani e anziani) di DORA 39. Le differenze medie rispetto al placebo nei

parametri di PSG per i gruppi ad alto dosaggio, negli studi 1 e 2 sono riportati nella

tabella 6. DORA 39 ha determinato beneficio nel ridurre il tempo di insorgenza del

sonno e ha migliorato il mantenimento del sonno a tutti gli intervalli di tempo testati,

con l’unica eccezione del parametro LPS al terzo mese.

Tabella 11. Efficacia di DORA 39 su pazienti insonni alle alte dosi di 40/30 mg

nell’arco di 3 mesi.

Le differenze medie nei parametri PSG per i gruppi a basso dosaggio per le prove

1 e 2 rispetto al placebo sono riassunti nella tabella 12.

Tabella 12. Efficacia di Suvorexant in pazienti insonni alla dose bassa di 20/15 mg

nell’arco di 3 mesi.

Anche per quanto riguarda i parametri soggettivi di insorgenza di sonno e di

mantenimento del sonno si sono osservati miglioramenti significativi rispetto al

placebo, e i pazienti hanno riportato un miglioramento di percezione della qualità

del sonno e nella sensazione di riposo al mattino. Le dosi più elevate di DORA 39

sembrano essere più efficaci rispetto alle dosi più basse; tuttavia, le dosi non sono

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state confrontate direttamente. In questi studi, DORA 39 è stato ben tollerato e

l’incidenza degli eventi avversi sono generalmente paragonabili tra i gruppi trattati

con suvorexant e placebo. L'effetto indesiderato più comune segnalato per DORA

39 è stata la sonnolenza del giorno successivo , che tende ad essere maggiore alle

alte dosi.

DORA 39 è stato sottoposto ad un terzo studio di fase 3, nel quale sono state valutate

la sicurezza e l'efficacia alle dosi di 40/30 mg (per non anziani e anziani) in pazienti

nell’arco di un anno.[127] In questo studio, DORA 39 è risultato generalmente

sicuro e ben tollerato, e l'evento avverso segnalato più comune è stata la sonnolenza.

L'efficacia di DORA 39 si è mantenuta per la durata dell’anno di studio, in termini

di TST soggettivo e LPS soggettivo, senza una prova evidente di tolleranza. Sulla

base della totalità dei dati clinici raccolti, la Food and Drug Administration ha

approvato l'uso di di suvorexant alledosi più basse, 5, 10, 15 e 20 mg, in accordo

con la norma dell'agenzia che prevede di utilizzare le dosi efficaci più basse per i

farmaci per l’insonnia.[128,129]

La Merck ha intrapreso lo sviluppo clinico per un secondo candidato DORA,

DORA 50 (filorexant). Dati clinici dettagliati per DORA 50 non sono ancora stati

pubblicati, anche se sono stati presentati in diversi convegni scientifici.[130] È

interessante notare che DORA 50 è stato studiato per indicazioni che vanno oltre il

trattamento dell’insonnia primaria, tra cui la profilassi dell’emicrania, la nevralgia

posterpetica, e come terapia aggiuntiva per i disturbi depressivi maggiori.[131]

DORA 50 è stato studiato a livello di singola dose (10 mg) in 120 pazienti con

frequenti episodi di emicrania.[132] In questo studio, DORA 50 è stato

somministrato prima di andare a dormire e non ha mostrato efficacia su alcuna

emicrania o cefalea. L’efficacia di DORA 50 per le altre indicazioni non è stata

ancora pubblicata.

Altre due molecole DORA sono entrate nella fase degli studi clinici sull’uomo. Uno

studio a dose singola crescente con DORA 22 (figura 12) è stato effettuato su

volontari sani, in confronto sia con il placebo che con gruppi di controllo trattati

con DORA 15.[133] DORA 22 è stato studiato in un intervallo di dose ampia (5-

1500 mg) mediante vari test di farmacodinamica. DORA 22 è stato ben tollerato, e

gli eventi avversi più comuni segnalati sono stati sonnolenza, affaticamento e

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disturbi dell'attenzione a dosi più elevate. Il Tmax per DORA 22 varia da 1.5 a 4

ore, con una tendenza a un Tmax più lungo a dosi più elevate. L'emivita plasmatica

è di circa 10 ore e varia con la dose. Come si è visto con almorexant, dosi crescenti

di DORA 22 riducono la vigilanza soggettiva (VAS), con l’effetto massimo

osservato a 1000 mg. Questo effetto farmacodinamico massimo per DORA 22 a

1000 mg è paragonabile all'effetto di DORA 15 a 400 mg, usato in questo studio

come controllo positivo. Gli autori sottolineano che il profilo farmacocinetico per

DORA 22 a 400 mg non è l'ideale per un induttore del sonno, dato l'assorbimento

ritardato osservato per questo farmaco.

I dati clinici provenienti da Eisai per DORA 71 (E2006, figura 31) sono riportati in

una pubblicazione in corso di stampa.[134,135] DORA 71 è un DORA potente ed

è stato studiato a dosi di 1, 2.5, 5, 10, 15, e 25 mg, in uno studio di fase II, sulla

base del parametro SE primario per 15 giorni, in confronto con un placebo. DORA

71 è risultato capace di migliorare l'efficienza del sonno a tutti i dosaggi, e di ridurre

sia LPS che WASO a tutte le dosi maggiori di 2.5 mg. I più comuni eventi avversi

correlati al trattamento sono stati: sonnolenza, cefalea, e, meno frequentemente,

paralisi del sonno. Solo il gruppo di dosaggio a 25 mg ha mostrato un aumento

statisticamente significativo della sonnolenza nel giorno successivo. Anche se dati

di farmacodinamica sono stati ricavati da studi su volontari sani e su pazienti, dati

di farmacocinetica umana (Tmax, T1/2) non sono stati resi noti. Sulla base dei dati

di fase II, Eisai Co. ha annunciato l'intenzione di promuovere DORA 71 alla fase

III.

Due composti 2-SORA sono stati sottoposti a studi clinici umani. 2-SORA 66

(figura 28) è stato il primo 2-SORA sottoposto a studi clinici. Il composto 66 è stato

studiato su volontari sani a un dosaggio compreso tra 5mg e 250 mg, al fine di

valutarne la sicurezza, la tollerabilità e il profilo farmacodinamico.[136] Dopo

somministrazione orale, 2-SORA 66 ha evidenziato un T1/2 breve (1.6-4.0 h) con

un rapido Tmax (l-2 h). 2-SORA 66 ha ridotto, in modo dose-dipendente, lo stato

di allerta, come misurato dalla VAS, fornendo un picco di diminuzione a 100 mg.

2-SORA 66 è stato ulteriormente valutato in uno studio PSG in soggetti sani a dosi

singole di 50, 120, e 250 mg, in confronto con un placebo. Tutte le dosi sono

risultate capaci di aumentare SE e LPS, mentre solo le due dosi più elevate hanno

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prodotto effetti significativi sul WASO rispetto al placebo. Tutte le dosi hanno

determinato un aumento di TST, senza modificare le proporzioni REM/NREM nei

soggetti sani, in modo simile agli effetti osservati con DORA nei soggetti sani.[137]

Un secondo 2-SORA, JNJ-42847922 (2-SORA 73, figura 31), è stato sviluppato

dalla Janssen Pharmaceuticals.[138] Interessante è notare che questo antagonista

dell’orexina è stato valutato in uno studio PSG in pazienti con disturbo depressivo

maggiore in uno studio di fase 2, ma i dati clinici di questa molecola non sono stati

ancora divulgati.

Figura 31. Molecole più rappresentative sviluppate da aziende impegnate nello

sviluppo clinici o preclinici degli antagonisti dell’orexina.

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PROGETTAZIONE E SINTESI DI AGONISTI SELETTIVI NON

PEPTIDICI DEL RECETTORE 2 DELL’OREXINA

Come abbiamo già ampiamente decsritto nell’introduzione, le Orexine (orexina A

e B, note anche come ipocretina 1 e 2) sono una coppia di neuropeptidi ipotalamici

originariamente identificati come ligandi endogeni per due recettori accoppiati a

proteine G, il recettore 1 dell’orexina (OX1R) ed il recettore 2 dell’orexina

(OX2R);[18] entrambe derivano dal singolo peptide precursore preproorexina,

definito anche preproipocretina. [17,18]. L’Orexina A, un peptide costituito da 33

residui peptidici con due ponti disolfurici intramolecolari, con un residuo C-

terminale ammidico ed un residuo N-terminale di piroglutamato, mostra elevata

potenza per entrambi i recettori OX1R e OX2R; l’Orexina B, un peptide di 28

aminoacidi, con un residuo C-terminale lineare ammidico, presenta una selettività

per OX2R di circa 10 volte maggiore rispetto a OX1R.

Il ruolo essenziale del sistema orexina nella regolazione del sonno e della veglia è

stato inizialmente dimostrato verificando che sia cani carenti di OX2R [27] che topi

knockout carenti di preproorexina [45] presentano entrambi sintomi molto simili a

disturbi del sonno quali narcolessia/cataplessia. La narcolessia/cataplessia è una

malattia neurologica cronica caratterizzata da sintomi legati al sonno N-REM, come

l'eccessiva sonnolenza diurna e "attacchi di sonno", e da sintomi collegati al sonno

REM che includono la cataplessia (improvvisa perdita bilaterale del tono

muscolare spesso causato da una forte emozione), allucinazioni ipnagogiche, e

paralisi del sonno. [139] Mentre i topi che mancano di entrambi OX1R/OX2R

mostrano un marcato fenotipo narcolettico che è indistinguibile da quello osservato

nei topi carenti di preproorexina, i topi OX2R-null presentano un fenotipo di

narcolessia un po’ meno marcato. [140] Inoltre, topi OX1R-null non mostrano un

apprezzabile fenotipo relativo al sonno/veglia [141] suggerendo che è OX2R,

piuttosto che OX1R a svolgere un ruolo predominante nella regolazione del

sonno/veglia, ed un segnale OX2R mediato intatto è sufficiente a prevenire i

sintomi della narcolessia/cataplessia. L'importanza dei segnali di OX2R nella

regolazione del sonno/veglia è stato dimostrato anche farmacologicamente dalla

scoperta che antagonisti selettivi per OX2R o duali per OX1R/OX2R inducono il

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sonno, mentre antagonisti OX1R selettivi sono in gran parte privi di effetti sul sonno.

[142]

Inoltre, la stragrande maggioranza (>90%) dei pazienti umani affetti da

narcolessia/cataplessia non presenta livelli rilevabili di peptidi orexinici nel fluido

cerebrospinale. [143,144] La mancanza di orexina nei pazienti con narcolessia è

dovuta ad una perdita, altamente selettiva, di neuroni che producono orexina

nell'ipotalamo laterale [145,146] e questo è probabilmente causato da un

meccanismo autoimmune. [147] Queste scoperte indicano che la

narcolessia/cataplessia umana è essenzialmente una sindrome dovuta alla mancanza

di orexina e implica che la sostituzione dei segnali dell’orexina (soprattutto quelli

di OX2R) può rappresentare un approccio terapeutico meccanicistico per tale

disturbo. In verità, il ripristino, per via genetica o farmacologica, dei livelli di

peptidi orexinici migliora effettivamente il fenotipo narcolessia/cataplessia in un

modello di topo in cui i neuroni per orexina vengono asportati geneticamente, e

questo costituisce il razionale per una terapia sostitutiva a base di orexina.

[24,148,149]Tuttavia, dal momento che i peptidi orexinici non penetrano

sufficientemente la barriera emato-encefalica, [54,150] sarebbe difficile utilizzare

gli stessi neuropeptidi come farmaci.

Si potrebbe supporre che gli agonisti del recettore OX2R potrebbero risultare utili

non solo per la terapia farmacologica meccanicistica della narcolessia/cataplessia,

ma anche per altre condizioni patologiche caratterizzate da eccessiva sonnolenza,

dal momento che è ben noto che le orexine, a livello centrale, inducono

efficacemente la veglia. [24,151,152] Sebbene il ruolo dei pathways dell’orexina

endogena nella narcolessia senza cataplessia (narcolessia di tipo 2) non sia ancora

del tutto chiaro, [153] agonisti per OX2R potrebbero risultare utili anche in questa

condizione. Inoltre, agonisti per OX2R potrebbero essere potenzialmente utili nella

prevenzione e nel trattamento dell'obesità e della sindrome metabolica, poiché è

stato recentemente riportato che un potenziamento genetico o farmacologico dei

segnali OX2R ha effetti nettamente-negativi sull’omeostasi del peso corporeo e

previene l’obesità indotta da una dieta ricca di grassi nei topi. [154] Del resto è stato

anche riportato che pazienti umani con narcolessia hanno un indice di massa

corporea più elevato e sono più inclini alla sindrome metabolica rispetto ad

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individui di controllo di pari età. [155,156]

Sulla base di queste osservazioni, Nagahara et al. [157] hanno avviato uno studio

volto allo sviluppo di piccole molecole quali agonisti non peptidici per i recettori

dell’orexina. È stato intrapreso lo screening di una libreria di circa 250000 composti

druglike per valutarne l’attività agonista OX2R ed in seguito si è intrapreso uno

studio sistematico di medicinal chemistry dei composti "hit" ottenuti dallo

screening iniziale.

Si è iniziato con lo screening della Universal Chemical Library [158] Particolare

attenzione è stata posta al gruppo sulfonammidico del composto hit 1, costituito da

due anelli aromatici (A e B) collegati tra loro da un linker (figura 32).

Il composto 1 è stato modificato a dare in derivati solfonammidici terziari, definiti

composti di tipo I, figura 1. Tuttavia, nessuno dei derivati ottenuti ha mostrato

attività, e questo ha portato a sintetizzare le solfonammidi secondarie 2-6, definite

come composti di tipo II; i composti 2-4 hanno mostrato debole attività agonista

OX2R nel saggio NFAT-luciferasi, ma non sono risultati efficaci nel saggio

dell’influsso di calcio. Questi risultati hanno suggerito che il protone sul gruppo

sulfammidico secondario potrebbe avere un ruolo importante per ottenere l’attività

agonista. Inoltre, la conversione della funzione 1,2-fenilendiamminica del

composto 4 nelle funzioni 1,3- e 1,4-fenilendiamminica (composti 5 e 6), ha portato

ad un notevole miglioramento nell’attività. Sostituendo il gruppo isopropilico

sull’anello-A del derivato più attivo 5 con un gruppo fenilico ed rimuovendo il

gruppo metilico, si ottiene il composto 7 che ha mostrato maggiore attività (attività

NFAT-luciferasi del 41% (efficacia a 10 M), influsso di calcio del 48% (efficacia

a 10 M)), come mostrato nella tabella 13.

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Figura 32 Approccio di drug design dal composto hit 1 al composto lead 5.

Infine, dopo aver esaminato la posizione del sostituente R1 sul gruppo arilico (Ar)

del composto 7, è risultato che il sostituente in posizione 3 favoriva maggiormente

l’attività agonista per OX2R rispetto alle posizioni 2 o 4. Quindi è stata studiata

l'introduzione di altri gruppi funzionali, indicati con R1, nella posizione 3 del

gruppo arilico (tabella 13).

Dall’analisi dei risultati è emerso che in molti casi è stata ulteriormente aumentata

l’efficacia per OX2R sia nel saggio NFAT-luciferasi che nell’influsso di calcio. Il

valore di EC50 del composto 8 con il gruppo metossilico è risultato di 0.800 M.

Allo stesso tempo, l’introduzione di un gruppo estereo o del fluoro ha determinato

una diminuzione dell’attività (composti 9 e 14). È interessante notare che

l'introduzione dei gruppi ammidici ha notevolmente aumentato sia la potenza che

l’efficacia, ed anche il gruppo 3-piridilico ha aumentato l'attività (composti 10-12 e

15).

Successivamente, l’attenzione è stata rivolta al composto 11, con il gruppo

dimetilammidico, che ha mostrato la più alta attività tra quelli riportati nella tabella

14 ed è stato ipotizzato di modificare l’anello B di questo composto.

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Tabella 14. Relazioni struttura-attività tra il sostituente Ar sull’anello A e l’attività

sul flusso di calcio mediata da OX2R in saggi in vitro.

aIl valore è la media di n=5. Emax espressa come percentuale di massima OXA. bEfficacia a 10 M. cEfficacia a 1 M.

L'introduzione del sostituente R2 sull’anello B ha permesso di modificare

notevolmente la potenza e l’efficacia come indicato nella tabella 15. La rimozione

del gruppo metossilico sull’anello B del composto 11 porta ad una significativa

perdita sia di potenza che di efficacia nei confronti di OX2R (composto 22: EC50≥10

M per OX2R.). Cambiando la posizione del gruppo metossilico dalla posizione 2

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alla posizione 3 dell’anello B, determina un leggero aumento di potenza e selettività,

ma non di efficacia (composto 23, EC50=0.033 M, Emax=54% per OX2R). D'altra

parte, la sostituzione del gruppo metossilico in posizione 4 porta ad una

diminuzione di 20 volte della potenza (composto 24, EC50=1.047 M, Emax=94%

per OX2R). L’introduzione di un gruppo metilico in posizione 2 risulta in una

diminuzione di potenza (composto 25, EC50=0.800 M, Emax=85% per OX2R),

mentre un gruppo metilico in posizione 3 porta ad un aumento sia di potenza che di

efficacia (composto 26, EC50=0.023 M, Emax=98% per OX2R). L’introduzione di

un atomo di cloro in posizione 2 o 3 ha dato risultati analoghi a quelli ottenuti con

il gruppo metossilico (composti 27 e 28). I composti 11, 23, 26, 27 e 28 hanno

mostrato non solo una potente attività ma anche alta selettività per OX2R rispetto a

OX1R (tabella 15). In cellule CHO che sovraesprimono hOX1R e cellule HEK-293

che sovraesprimono hOX2R, il composto 26 spiazza la [125I]-orexina-A in modo

concentrazione dipendente: il 26 si lega a hOX2R e hOX1R con una Ki

rispettivamente di 0.14 M e 0.77 M.

Tabella 15. Relazioni struttura-attività tra il sostituente R2 dell’anello B e l’effetto

sul flusso di calcio mediata da OX2R in saggi in vitro

Quindi, il gruppo solfonammidico di 26 è stato convertito in un gruppo

carbossammidico nel composto 29, allo scopo di esaminare l'importanza della

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funzione solfonammidica per l'attività agonista verso OX2R. Sorprendentemente, il

derivato carbossammidico 29 è risultato inattivo sia verso OX1R che verso OX2R,

a sostegno dell’ipotesi che la funzione solfonammidica è uno dei più importanti

elementi strutturali per l'attività agonista OX2R (figura 33).

Figura 33. Strutture del derivato solfonammidico 26 e del derivato

carbossammidico 29.

Recentemente, [159] è stata risolta a 2.5 Å la struttura cristallina a raggi X del

recettore OX2R umano legato all’antagonista duale dell’orexina, il suvorexant.

[160,161]Con l'utilizzo di questa struttura a raggi X, è stato studiato il binding mode

del composto 26 con OX2R utilizzando studi di docking molecolare. Il binding

mode risultante per 26 (figura 34) suggerisce che il gruppo dimetilcarbamoilico del

composto 26 si trova in profondità nel sito di legame di OX2R, e il suo gruppo

carbonilico forma un legame ad idrogeno con N324 (elica transmembrana 5, TM5).

Il composto 26 utilizza anche un atomo di azoto della funzione etilenediamminica

per formare un ulteriore legame ad idrogeno con il gruppo carbonilico della catena

principale di C210 (TM3). Il gruppo bifenilico di 26 si colloca nella tasca idrofobica

costituita da V138 (TM3), F227 (TM5), Y317 (TM6), I320 (TM6), e V353 (TM7)

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per instaurare interazioni idrofobiche. Il gruppo sulfonilammidico di 26 si trova in

prossimità di T111 (TM2), H350 (TM7), e Y354 (TM7). È interessante notare che

26 orienta i due ossigeni del gruppo sulfonilammidico rispettivamente verso i

gruppi ossidrilici di T111 (TM2) e Y354 (TM7), e l'anello imidazolico di H350

(TM7). Il gruppo sulfonilammidico di 26 può formare legami ad idrogeno anche

durante i cambiamenti strutturali connessi con l'attivazione del recettore.

Figura 34. Binding mode del composto 26 con OX2R determinata mediante

docking. Le interazioni di legame ad idrogeno sono indicate da linee tratteggiate

rosse.

Questo può spiegare il motivo per cui il derivato carbossammidico 29 è risultato

inattivo, considerando la direzione dell’ossigeno che è diversa tra i gruppi

carbossammidico e solfonilammidico. Il residuo T111 (TM2) di OX2R è mutato a

Ser in OX1R. Questa mutazione potrebbe essere correlata alla alta selettività per

OX2R dei composti nella tabella 16. I gruppi benzenici nelle porzioni intermedie e

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terminali di 26 instaurano anche interazioni idrofobiche con V114 (TM2), W120

(ECL1), I130 (TM3), Y343 (TM7) e F346 (TM7). Questo può spiegare anche

perchè i composti 23, 26, e 28 con un gruppo sostituente in posizione 3 possiedono

una potente attività, visto che è presente un ampio spazio in direzione della

posizione 3 per ospitare il gruppo sostituente. La figura 34 confronta il binding

mode di suvorexant e di 26 con OX2R. Come riportato in letteratura, [160] il

suvorexant adotta una conformazione a ferro di cavallo -stacked per dirigere il suo

anello a sette termini verso TM5 e TM6 di OX2R.

Figura 35 Sovrapposizione di suvorexant (verde) e del composto 26 (viola) nel sito

di binding di OX2R.

Si pensa che questo binding mode sia responsabile dell'attività antagonista OX2R di

suvorexant, poichè l'anello a sette termini sembra ostacolare i movimenti interni di

TM5 e di TM6 rispetto al resto dei TM, che rappresentano un innesco generale per

l'attivazione di GPCR. Al contrario, 26 si lega a OX2R con una conformazione

estesa, ed è stata evidenziata anche qualche tolleranza spaziale tra 26 e TM5 e TM6

di OX2R. Pertanto, si potrebbe considerare che il legame di 26 a OX2R possa

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consentire i movimenti interni di TM5 e di TM6, e questo conferirebbe a 26 una

attività agonista per OX2R.

Nella tabella 16, il composto più potente è il 3-metil derivato 26, il composto più

selettivo per OX2R è il 3-metossi derivato 23. Inoltre, i composti 11 e 22-28 (tabella

16) sono scarsamente solubili in acqua, cosa che ha comportato difficoltà nel

confermare l’attività in vivo, anche se tutti i composti hanno mostrato attività e

potenze soddisfacenti in vitro.

Pertanto, si è pensato di introdurre un gruppo 2-dimetilamminico sull'anello B,

ottenendo il derivato più polare 30 (figura 37), che è stato poi convertito nel sale

dicloridrato 31, che potrebbe essere sciolto in soluzione salina a 1.3M.

Figura 37 Strutture di 30 e del suo sale dicloridrato idrosolubile 31.

Per valutare l'effetto farmacologico di 31 in vivo, questo è stato somministrato per

via intracerebroventricolare ed è stato osservato l'effetto sugli stati di sonno/veglia,

registrando EEG/EMG in topi C57BL/6J. Il composto 31 ha favorito uno stato di

veglia in modo dose-dipendente (figura 38). 260 nmol di 31 aumentano il tempo

della veglia di 53 minuti, analogamente a quanto osservato con 3.0 nmol di orexina

A (58 min). Al contrario, 31 non aumenta la veglia nei topi double knockout carenti

di OX1R/OX2R (DKO), dimostrando che gli effetti di 31 necessitano dei recettori

orexina come previsto.

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Figura 38 Effetto dell’iniezione intracerebroventricolare di 31 sugli stati sonno-

veglia in topi wild-type e topi DKO.

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CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE

I disturbi del sonno sono una delle patologie più frequenti riscontrate nella pratica

clinica.

L’insonnia è definita come la difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, oppure

avere un sonno non ristoratore; si può presentare in assenza di un altro disturbo

(insonnia primaria) o in concomitanza con una condizione patologica, problemi di

abuso di sostanze, o altri stimoli causali.

Qualunque sia l’eziologia, l’insonnia ha un altissimo costo sociale dovuto al tempo

di lavoro perso, così come al rischio di aumento di incidenti e di malattie accessorie.

Tra i trattamenti farmacologici attualmente in uso, i modulatori non

benzodiazepinici del recettore GABAA, quali zolpidem e eszopiclone, sono

considerati i farmaci di elezione per il trattamento dell’insonnia. Questi farmaci

esercitano i loro effetti attraverso il potenziamento del principale neurotrasmettitore

inibitorio del sistema nervoso centrale, l’acido gamma-aminobutirrico (GABA), e

questo si traduce in una depressione centrale generalizzata, facilitando il sonno. In

ogni caso, questi farmaci hanno una breve durata d’azione, per cui risultano più

efficaci nell’indurre il sonno, piuttosto che nel mantenerlo.

Considerato l’elevato numero di pazienti affetti da insonnia e visti i limiti delle

opzioni di trattamento ad oggi in uso, sarebbe auspicabile lo sviluppo di nuove

strategie terapeutiche per il trattamento di questo disturbo.

L'opportunità di studiare i disturbi legati al sonno da un punto di vista alternativo si

è presentata nella letteratura scientifica nel 1998, anno in cui sono stati descritti per

la prima volta i neuropeptidi dell’orexina, contemporaneamente da due gruppi di

ricerca diversi, utilizzando distinti approcci molecolari e biochimici, e ancora prima

che fosse scoperta la loro associazione genetica con la narcolessia.

Le Orexine (orexina A e B, note anche come ipocretina 1 e 2) sono una coppia di

neuropeptidi ipotalamici originariamente identificati come ligandi endogeni per due

recettori accoppiati a proteine G, il recettore 1 dell’orexina (OX1R) ed il recettore

2 dell’orexina (OX2R); entrambe derivano dal singolo peptide precursore

preproorexina, definito anche preproipocretina. L’Orexina A, un peptide costituito

da 33 residui peptidici con due ponti disolfuro intramolecolari, con un residuo C-

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terminale ammidico ed un residuo N-terminale di piroglutamato, mostra elevata

potenza per entrambi i recettori OX1R e OX2R; l’Orexina B, un peptide di 28

aminoacidi, con un residuo C-terminale lineare ammidico, presenta invece una

selettività per OX2R di circa 10 volte rispetto a OX1R.

La scoperta, la caratterizzazione, e l'associazione genetica del sistema dell’orexina

con il ciclo sonno/veglia e l’ipotesi per altre potenziali indicazioni ha stimolato

un’intensa attività nel settore industriale tra il 1999 e il 2007, con l'obiettivo di

scoprire nuovi antagonisti dell’orexina. In particolare, le ricerche di Medicinal

Chemistry nel campo degli antagonisti dell’orexina nel corso degli ultimi 17 anni

hanno portato alla formulazione di oltre 200 domande di brevetto da parte di 15

aziende farmaceutiche, lo sviluppo di 11 candidati clinici, e l'approvazione da parte

della FDA del Belsomra (suvorexant, DORA 39), il primo antagonista dell’orexina

entrato in commercio per il trattamento dell’insonnia.

Il livello di interesse per gli antagonisti dell’orexina rimane tutt’ora alto dal

momento che alcune aziende sono attive in studi clinici o in programmi preclinici

incentrati sul trattamento dell'insonnia. Gli sforzi futuri in questo senso potrebbero

andare oltre l'insonnia, con i derivati 1-SORA (antagonisti selettivi del recettore

OX1R) che hanno dimostrato efficacia preclinica in modelli di ansia, e i 2-SORA

(antagonisti selettivi del recettore OX2R) e i DORA (antagonisti duali dei recettori

OX1R/OX2R) che hanno dimostrato efficacia in modelli preclinici di dipendenza e

ricaduta.

D’altro canto, prove genetiche e farmacologiche hanno indicato che gli agonisti dei

recettori dell’orexina, soprattutto agonisti OX2R, potrebbero risultare utili per un

approccio terapeutico meccanicistico dei disturbi del sonno quali

narcolessia/cataplessia. In questo ambito è stato recentemente avviato uno studio

per scoprire ed ottimizzare piccole molecole agonisti non peptidici dei recettori

dell’orexina, che ha fornito risultati utili per l’ulteriore progettazione di nuovi

agonisti.

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[135] This manuscript was published concomitant with the submission of this

perspective: Yoshida, Y.; Naoe, Y.; Terauchi, T.; Ozaki, F.; Doko, T.; Takemura, A.;

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and Exposition, Denver, CO, March 22−26, 2015, MEDI-244. (b) This manuscript

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was published concomitant with the submission of this perspective: Letavic, M. A.;

Bonaventure, P.; Carruthers, N. I.; Dugovic, C.; Koudriakova, T.; Lord, B.;

Lovenberg, T. W.; Ly, K. S.; Mani, N. S.; Nepomuceno, D.; Pippel, D. J.; Rizzolio,

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